Red baikalkipplauf 2012
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Kipplauf Baikal: perché no?
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In un momento storico in cui tutti i mercati sono in forte sof-ferenza, ci sembra giusto pre-
sentare armi che dal punto di vista economico sono davvero alla porta-ta di tutti, senza che la funzionalità, e quindi la resa sul campo, venga in qualche modo inficiata. Certo, piace a tutti andare a caccia con armi belle, che paghino l’occhio e che rispondano alle nostre esigenze estetiche, ma ciò che si chiede, e parliamo da un punto di vista for-male, a un’arma da caccia è che sia precisa e affidabile. Tutto il resto è certamente importante, ma va a in-teressare la sfera del personale, non
della funzionalità. E dobbiamo am-mettere che dopo le prime perples-sità, forse anche un po’ da presun-tuosi, nate quando abbiamo tirato fuori dalla scatola il nostro Kipplauf Baikal, perplessità dipese dall’anoni-mato dei legni e dalle linee decisa-mente spartane, dopo aver montato un’ottica da puntamento in linea con i costi dell’arma (quindi non ec-celsa) e abbiamo iniziato a sparare, le valutazioni sono subito cambia-te… in meglio! Già imbracciandolo si capisce che questo Kipplauf ha poco da spartire con le raffinate e leggerissime armi di brand molto più quotati; ma il peso (3,2 kg) è una discriminante essenziale per far sparare bene qualsiasi arma rigata (certo, all’interno di un range san-cito dalla logica). Quando abbiamo appoggiato l’arma sul rest per i primi colpi di prova ecco la seconda sor-presa (sorpresa fino a un certo pun-to, in quanto un occhio allenato è in grado di leggere immediatamente vantaggi e svantaggi di un’arma out of the box): quella esteticamente terribile astina larga e piatta, così
diversa da quelle dei basculanti cui siamo abituati, si è letteral-mente “inchiodata” sul cuscino di cuoio, offrendo una stabili-tà (in particolar mo-do al basculaggio) davvero eccezionale. Ora, è chiaro che stiamo parlando di un’arma che, al pub-blico, costa 357 euro (avete capito bene, trecentocinquanta-sette euro compresa la slitta per il mon-taggio del cannoc-chiale, senza ne
Questo monocanna basculante, la cui sigla è IZH-18MH, condensa tutte le caratteristiche delle armi di produzione russa: poca importanza viene data all’estetica e alle finiture, molta, moltissima alla robustezza e all’affidabilità
testo e foto di M.C. di Danilo Liboi & C.
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L’estrazione è manuale, ma garantita da un estrattore che potrebbe finire sotto a un camion senza subire alterazioni
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costa più di 100 in meno) e che quindi non può competere a livello di finiture con le “cugine” più blaso-nate. L’apertura, deputata a una le-va presente dietro il ponte è un po’ dura, così come il basculaggio della canna, l’estrazione è manuale (ma garantita da un estrattore che po-trebbe finire sotto a un camion sen-za subire alterazioni…), il grilletto “gratta” un pochino ed è necessario “farci il dito” per ottenere qualcosa di buono… Se volete dei Kipplauf di alta genealogia ce ne sono una di-
screta quantità in giro, ma per i più non è sufficiente aggiungere uno ze-ro alla cifra occorrente per portarsi a casa un Baikal…
La prova a fuocoNon ci piace sparare al poligono con i Kipplauf, in particolar modo con gli ultra-leggeri, così come non ci piace tirare con le bolt camerate in calibri esuberanti (se non frenate). Quindi dobbiamo ammettere che gli scatti “in bianco”, con la susa di provare lo scatto (invero piuttosto duro e poco
pulito, ma con semplicissimi inter-venti è possibile “pulirlo” a livelli più che accettabili) si sono protratti un po’ più del dovuto… Ma quando fi-nalmente e con la solita apprensione è partito il primo colpo, ecco l’ulte-riore sorpresa: il Baikal non si è mos-so (complice certo anche il buon vec-chio calibro scelto, il 308 Winchester, che accoppia precisione, micidialità e splendida gestione dell’arma). A questo punto abbiamo iniziato a divertirci un po’, maltrattando l’arma a dovere (serie di 10 colpi
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La Baikal nasce a izhevsh, nella regione dell’Udmurtia (russia), nel 1942, con il complicatissimo nome di izhevsky mekhanichesky Zavod, in piena Seconda Guerra mondiale, per con-correre, attraverso la realiz-
zazione di armi militari, allo sforzo bellico sovietico. Nel 1949 l’azienda inizia la produzione di armi civili a canna liscia (ZK e iZH-49) e nel 1956 inaugura la propria scuola di armaioli e incisori per formare le nuove gene-razioni di “addetti ai lavori” attraverso l’insegnamento dei grandi maestri russi. La Baikal si evolve, differenzia la produzione in diversi ambiti quali il tiro e la difesa, affermandosi a livello internazionale. indubbiamente le armi russe godono di una fama particolare: sono affidabili e praticamente indistruttibili e le Baikal non fanno eccezione.
Baikal: un po’ di storia
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velocissime, quanto lo può concedere un basculante, con qual-che piccolo problema a estrarre con le dita i bossoli ormai roventi); nemmeno una piega: le palle, delle pesanti Geco T-Mantel da 170 grani, continuavano a battere tutte lì. La canna da 60 cm (la lunghezza complessiva del fucile è di 1.015 mm) ha svolto egregia-mente il proprio lavoro
anche quando fumava (non dalla volata…). Abbiamo spa-rato qualche colpo di imbracciata, apprezzando il giusto peso dell’arma e le pieghe azzeccate. La rosata finale di tre colpi, tirati aspettando i canonici cinque minuti fra un colpo e l’altro, è quella che potete vedere in foto: circa 2,7 centimetri a 100 metri, dovuti essenzialmente alla scarsa dimestichezza che abbiamo con scatti molto duri. Il Baikal IZH-18MH ha dato prova che la sua fama di arma indi-struttibile e affidabile non è certamente usurpata, anzi, ci ha anche dimostrato che non sempre la quantità di denaro necessaria per acquistare un buon prodotto è direttamen-te proporzionale alla sua affidabilità.Per info: www.primarmi.it, www.bignami.it
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L’apertura è deputata a una leva presente dietro al ponte3.
Abbiamo sparato qualche colpo senza appoggi, apprezzando il giusto peso dell’arma e le pieghe azzeccate4.
La rosata finale di tre colpi, tirati aspettando i canonici cinque minuti fra un colpo e l’altro, è quella che potete vedere in foto: circa 2,7 centimetri a 100 metri, dovuti essenzialmente alla scarsa dimestichezza che abbiamo con scatti molto duri
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