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Una pistola già buona riceve le cure del Mastershop per tramutarsi in un’arma di elevatissima qualità: la preparazione artigianale delle caratteristiche meccaniche ne fa una pistola speciale, per chi ama anche la precisione e il bello oltre alla

tradizionale affidabilità Sig-Sauer

Sig-Sauer P226 Custom Equos

di Roberto Allara

Al suo temine la città di Suhl, che nel corso del conflitto strana-mente non fu mai bombardata, fu liberata inizialmente dagli ameri-cani; molti di loro erano cacciatori e anche per gli altri la guerra de-finisce con certezza un interesse per le armi, sia pure con gradi mol-to diversi di entusiasmo.La fraternizzazione fu un fenomeno spontaneo e natu-rale, destinato a un brusco esaurimento quando, nella spartizione della Germania occupata in zone di influen-za, si stabilì che Suhl avrebbe fatto parte di quella so-vietica. Gli armaioli andarono immediatamente dagli americani, ormai quasi amici, a implorare che fosse loro consentito di lasciare la città prima dell’arrivo delle truppe comuniste. Ottennero di poter portare con sé il contenuto di un camion per ciascuna azienda e fecero salire i camion – delle dimensioni dell’epoca, non pen-siamo agli odierni TIR – su un treno che si fermò a Ulm perché lì la ferrovia era interrotta.L’eccezione fu la Sauer, che si trasferì a Eckernförde dove c’era un silurificio, con la dirigenza del quale quel-la della Sauer aveva eccellenti rapporti personali. Un si-lurificio possiede sia macchinari per lavorazioni mecca-niche di precisione sia personale esperto nel loro uso, che dopo la guerra si sarebbe trovato in difficoltà e ve-rosimilmente senza lavoro; la scelta fu quindi oculata.Questa ricostruzione è dovuta a Carlo Berti, della Bi-

Alcuni siti americani afferma-no che la Sig-Sauer P226, fin dal suo apparire, è stata l’arma con cui tutte le altre

devono confrontarsi.Come in molte affermazioni d’oltreoce-

ano c’è un po’ di esagerazione, visto che quella famosa apparizione avvenne alle prove statuni-tensi per la sostituzione della Colt modello 1911, con l’esito che tutti conosciamo. Sono peraltro veri due fat-ti: uno è che la P226 è stata adottata, negli States, dai Navy Seals, dai Texas Rangers, dagli agenti federali e da svariati corpi di polizia, l’altro è che la P226 è senza alcun dubbio un’arma eccellente.Ergonomica e ben bilanciata, è una pistola ‘facile’ che fin dal primo contatto sembra conosciuta da sempre.

Un po’ di storiaL’arma è costruita dalla Sigarms Sauer di Eckernförde (nel nord della Germania) e anche dalla Sigarms Inc. di Exeter, nel New Hampshire. Se l’ubicazione della se-conda non ha radici storiche ed è giustificata, magari, da qualche legislazione fiscale, quella della prima risale alla fine della Seconda guerra mondiale.

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Il cane è armato e il grilletto è nella posizione della singola azione

La corsa del carrello è piuttosto lunga, cosa che contribuisce all’affidabilità dell’arma

Eccellente qualità per il noce delle guancette L’onnipresente e ubiquitaria slitta per gli accessori

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Lo sgancio del serbatoio caricatore è del tipo Colt Government

La leva che serve per lo smontaggio dell’arma

La leva abbatticane, che qui non serve anche per ar-marlo

La tacca con il riferimento tipo von Stavenhangen. La faccia rivolta al tiratore è sempre in ombra

Il riferimento sul mirino è un pallino bianco

La volata dell’arma: la canna appoggia sulla parte inferiore del foro di egresso del carrello

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gnami, che la udì da uno dei dirigenti all’epoca coin-volti; probabilmente è la seconda volta in assoluto che viene narrata in una pubblicazione a stampa.La Sig e la Sauer unirono i loro sforzi intorno alla metà degli anni Settanta del secolo scorso.L’azienda svizzera aveva un’eccellente pistola, la Sig 210, che però stava invecchiando e non aveva la doppia azione, oltre a essere insostenibilmente costosa, men-tre Sauer aveva il progettista della 38 (H) che ancora all’epoca della iniziale collaborazione tra le aziende era una pistola avanzatissima.Le tracce della 38 (H), semplificate per via del cane esterno, si trovano ancora nella P226. Inoltre Sig aveva problemi legislativi all’esportazione: un suo dirigente, in un attimo di sconforto, ebbe a dire che possiamo vendere armi solo a coloro che non le compreranno perché non ne hanno bisogno.La soluzione realistica per uscire sul mercato ed essere in condizione di competere partiva dalla progettazione di nuove armi che potessero conservare la qualità della P210, magari senza certe esagerazioni per le quali, tal-volta, durante gli inverni più rigidi la Pistole Modell 49 (denominazione militare della civile P210) si rifiutava di funzionare a meno di essere completamente smontata e sgrassata.Dalla nuova progettazione uscì la P220, origine di tutta la produzione Sig-Sauer: era una pistola a doppia azio-ne e chiusura geometrica sistema Colt-Browning mo-dificato che mutuava, con la semplificazione dovuta al cane esterno, il sistema abbatticane della Sauer 38 (H). La mano dello stesso progettista era ben riconoscibile.

Nasce la P226A seguito di ulteriori evoluzioni, nel 1983 fu posta sul mercato la P226, diretta discendente della P220 came-rata, inizialmente, per il 9 mm Parabellum.Progettata per adeguarsi a quelle che stavano emergen-do come specifiche richieste dei reparti militari e dei corpi di polizia, aveva un serbatoio bifilare disponibile

La chiusura geometrica avviene nella finestra di espulsione

Il serbatoio caricatore è a presentazione monofilare

Un pistone caricato da una molla dà l’elasticità all’estrattore

L’intervento del Mastershop è testimoniato dalla scritta sul carrello

La chiusura geometrica avviene nella finestra di espulsione

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anche in versione maggiorata e capace di ben venti col-pi, e infine aveva due tipi di mire: sia quella a tre punti al trizio sia quella, standard, del tipo von Stavenhangen. Gli americani lo chiamano Bar-Dot perché pensano di es-sere all’origine di ogni sviluppo in campo armiero e non c’è verso di convincerli che in tema di pistole semiauto-matiche, dalla Schoemberger-Laumann fino alle attuali soluzioni plasticose, incluse le ultime che si producono negli Emirati ma sono nate a Wiener Neustadt, sostan-zialmente possono solo venire nella vecchia Europa a prendere appunti: tutti rispettiamo l’opera di Browning, ma ricordiamoci che la sua prima pistola di successo fu prodotta dalla Fabrique Nationale.La finitura della nuova P226 poteva essere brunita op-pure a due toni o ancora ricoperta di Ilatron, una spe-ciale vernice teflonata.

L’armaNella versione che partecipò alle prove americane il fu-sto era di alluminio mentre di acciaio erano il carrello e la rampa di alimentazione integrale alla canna.Nel fusto era incluso un elemento di acciaio sul quale si

L’eccellente presentazione della cartuccia è alla ba-se di un’alimentazione regolare

La parte anteriore dell’impugnatura ha una solca-tura orizzontale che facilita una presa salda

Anche il guardamano è solcato. Qui il cane è abbat-tuto e il grilletto è nella posizione della doppia azione

Con questa posizione della leva è possibile smon-tare l’arma

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muoveva la canna per realizzare l’oscillazione in senso verticale della culatta caratteristica del sistema Colt-Browning, peraltro qui portato all’ultima evoluzione con tenone di chiusura costituito da un ingrossamento prismatico della culatta che si inserisce di precisione nella finestra di espulsione. In pratica l’unica solleci-tazione trasmessa direttamente all’alluminio è quella dovuta alla corsa del carrello.Visto che la precisione della pistola non dipende dallo strettissimo accoppiamento tra carrello e fusto (persi-no gli svizzeri, per i quali in meccanica occorre ovun-que una precisione da orologiaio, se ne sono dovuti accorgere!) ma dal costante accoppiamento tra canna e carrello, per cui l’usura derivata dallo scorrimento di quest’ultimo sull’alluminio non inficia la precisione ot-tenibile dall’arma, dopo i primi colpi di assestamento le prestazioni ottenibili nel tiro non cambiano più.Se mai, il problema della lega leggera, con il suo peso ridotto rispetto all’acciaio, può consistere in una mag-giore percezione del rinculo, almeno per tiratori che sparano moltissimo. Ma nel nostro caso non si tratta di un’arma concepita per il tiro dinamico, che nelle forme

attuali era ancora di là da venire quando fu concepita la P226.

Le peculiaritàUn altro segno di continuità con la Sauer 38 (H) sta nel fatto che in tutti i modelli non di acciaio inossidabile il carrello è realizzato a partire da una spessa lamiera di acciaio piegata, stampata in due parti su un mandrino e successivamente saldata.L’otturatore, che contiene il percussore, è separato come nella 38 (H), lavorato ‘a cielo aperto’ con i vantag-gi produttivi del caso e unito al carrello da una spina, elastica nel nostro caso.Questa soluzione non vale nel caso di realizzazione con acciaio inox, che è macchinata dal pieno di una barra. L’acciaio inossidabile non deve essere in contatto pro-lungato con elementi di acciaio non inox, nel nostro caso con la spina elastica di acciaio al C-Si. Se la ma-nutenzione non fosse proprio costante si inneschereb-bero corrosioni, con buona pace dell’affidabilità totale che si era voluta ottenere in sede di progetto.Alcuni hanno sostenuto che la costruzione dal pieno

La pistola in smontaggio da campagna

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serva a garantire sufficiente robustezza nel caso in cui si vogliano camerare calibri vigorosi come il .40 S&W o il .357 Sig, cartuccia quest’ultima nata in laborato-rio più che dalle richieste dell’utenza ed elaborata in omaggio a quelle consuetudini d’oltreoceano secondo le quali non c’è motivo di usare uno spray contro le zan-zare quando sono disponibili i cannoni navali. In ogni caso, la costruzione di carrello e otturatore separati e uniti da una spina elastica è abbondantemente robusta anche per gli ultimi due calibri citati.Lo sgancio del caricatore è reversibile ed è posto sul lato sinistro del fusto, nella stessa posizione in cui lo si trova nella Colt Government.Entrambe le mire, anteriore e posteriore, sono inserite sul carrello a coda di rondine e possono essere regolate trasversalmente; il mirino può essere sostituito da un altro di altezza diversa. La tacca di mira è conformata in modo tale da presentare sempre in ombra la faccia rivolta al tiratore. In questo gli svizzeri non si smenti-

scono: hanno combattuto le ultime guerre mezzo mil-lennio fa, valutano le loro armi in poligono anziché sul campo di battaglia e costituiscono il più grande club di tiratori del mondo, per cui i sistemi di mira progettati da loro sono sempre eccellenti.Il sistema di chiusura non rappresenta semplicemen-te l’ultima evoluzione del sistema ideato da Browning da un punto di vista meccanico, ma anche una grande semplificazione produttiva con significativi riflessi sui costi, perché con una sola passata di broccia si realiz-zano sia le giuste quote della finestra di espulsione sia il sistema di vincolo tra canna e carrello che vale per la prima fase del rinculo. Quanto alla sicurezza intrinseca dell’arma, premesso che l’unica sicura efficiente è quel-la collocata tra le orecchie di chi la usa, se il numero de-gli accorgimenti adottati è indice reale della sicurezza dell’arma allora qui abbiamo una pistola decisamente sovradimensionata sotto questo aspetto in quanto i si-stemi sono ben quattro.

La parte superiore è stata sfilata verso l’avanti

Il carrello separato dall’arma

La molla di recupero è a due trefoli

Le appendici sotto la canna, viste di lato

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E mai come in questo caso la definizione di standard applicata a un’arma di altissimo livello mostra tutta la sua inadeguatezza. Semplicemente, si tratta di una se-rie di interventi che generano un preciso modello: que-sta Equos. Interventi che all’esterno si identificano per la finitura bicolore e le guancette di noce di qualità con il logo dell’azienda, ma che contano soprattutto per ciò che non si vede. Ma si sente, eccome: basta provare lo scatto per rendersene conto.E, benché le Sig-Sauer siano tradizionalmente armi pre-cise, se non bastasse la rosata di fabbrica consegnata insieme all’arma, le due rosate ottenute con due diver-se munizioni nel balipedio di Bignami parlano da sole.A dimostrazione che non occorre che un intervento sia clamorosamente visibile perché sia efficace. Ciò che oc-corre è che chi interviene sia capace, come sicuramen-te è per gli armaioli del Mastershop.

Oltre alla sicura manuale tradizionale e alla leva di di-sarmo del cane, vanno aggiunte la sicura automatica al percussore e un congegno meccanico per cui il cane di-sarmato non va a contatto con il percussore ma resta in una sicura posizione intermedia. Tutto ciò non impedi-rà a un imbecille di spararsi in un piede, ma gli imbecilli non dovrebbero possedere armi da fuoco.

Il MastershopL’arma già di per sé sarebbe customizzabile pressoché a piacere, data la presenza nella parte infero-anteriore del telaio dell’ormai onnipresente slitta per gli acces-sori. Sul mercato americano, che essendo il più grande del mondo è quello ritenuto in maggior considerazione dai costruttori, se ne trovano di ogni genere e alcuni di essi possono persino essere di qualche utilità.Ma qui abbiamo l’intervento dei preparatori di Eckernförde, che possono allestire una pistola uni-ca oppure intervenire, come in questo caso, in modo ‘standard’.

Scheda tecnica

Costruttore: Sig-Sauer

Distributore: Bignami, via Lahn 1, 39040 Ora (BZ); telefono 0471.803000; www.bignami.it

Modello: P226 Custom Equos

Tipo: pistola semiautomatica

Calibro: 9x21 mm

Chiusura: geometrica

Funzionamento: semiautomatico a corto rinculo sistema Colt-Browning

Azione: mista

Alimentazione: serbatoio caricatore da 15 colpi

Prezzo: 1.960,00 euro (al pubblico, suggerito)

Si vede la sicura automatica al percussore

Sotto la culatta c’è un vasto invito per l’alimentazione

Questa è stata ottenuta a due mani, senza appog-gio, a 25 metri con cartuc-ce Geco

Una rosata a 12 metri con cartucce RWS, sem-pre a due mani e senza appoggio

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