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Capitolo 15

Politica economica internazionale

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La storia dei tassi di cambio Il sistema corrente dei tassi di cambio si caratterizza come

un regime di tassi di cambio fluttuanti. La storia della politica economica internazionale si è basata

per più di un secolo su un regime di tassi di cambio fissi Analizzeremo il funzionamento di questo regime di cambi

per comprendere come si sia arrivati al regime alternativo Analizzeremo le tre crisi finanziarie internazionali degli anni

’90 determinate dai regimi di tassi di cambio fissi:- Crisi europea del 1992- Crisi messicana del1995- Crisi del Sud-Est asiatico del 1997-1998 - Cenni alla crisi argentina- Il funzionamento del modello Mundel-Fleming nei due

regimi di cambio

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Gold standard Nella generazione precedente la I guerra mondiale il regime

di tassi di cambio vigenti era un sistema a cambi fissi chiamato sistema monetario aureo o gold standard.

Le autorità monetarie fissavano la parità della propria moneta in termini di una certa quantità di oro ed erano pronte ad acquistare e a vendere la propria valuta in cambio di oro alla parità prefissata.

Il tasso di cambio bilaterale tra due paesi era pari al rapporto tra le parità auree delle due monete. Se per esempio il prezzo dell’oro in $ è fissato dalla FR a 35$ per oncia e dalla Banca d’Inghilterra a 14,58 £ per oncia il tasso di cambio dollaro/sterlina è : 35/14,58= 2,40 $ per sterlina

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Gold standard (2) L’arbitraggio internazionale sui cambi faceva sì che l’acquisto o la

vendita di valuta a un prezzo diverso dal rapporto tra le due parità avrebbe innescato dei meccanismi ( spedizione di oro per i pagamenti internazionali) che avrebbero riportato il tasso di cambio al suo valore prefissato. La parità poteva variare entro margini ristretti detti: punti dell’oro (pari alle spese di trasporto e assicurazione dell’oro)

Aggiustamento automatico delle bilance dei pagamenti. Se un paese aumentava l’offerta di moneta, i sarebbe diminuito. Ciò avrebbe reso le attività estere più redditizie. La valuta interna non può svalutarsi ma i detentori della valuta la scambiano contro oro, spediscono l’oro all’estero e acquistano attività estere. Il paese sperimenta un deflusso di oro. L’offerta di moneta diminuisce nel paese in questione e il tasso di interessa aumenta di nuovo. Il contrario avviene nei paesi in cui è affluito l’oro: l’offerta di moneta aumenta e il tasso di interesse diminuisce.

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Il gold standard è deflazionistico Nonostante la simmetria già enunciata in cui nessun paese ha una

posizione privilegiata (come avverrà con un sistema basato su 1 valuta di riserva) e nonostante che un sistema aureo poneva dei vincoli automatici all’aumento dei prezzi (offerta di moneta legata all’afflusso di riserve auree), a controbilanciare questi vantaggi vi sono degli svantaggi (o asimmetrie).

Il più importante è che il suo operare pone dei vincoli all’utilizzo della politica monetaria per contrastare la disoccupazione.

Questa asimmetria è dovuta al fatto che in un regime di gold standard si deve avere:

NX+NIA-FG =0 Se un paese si trova a sperimentare un deficit, il paese perde oro.

Per arginare il deflusso di oro è costretto a seguire politiche restrittive di aumento di i per ridurre il deflusso di oro e la contrazione delle riserve.

I paesi in deficit per rimanere nel sistema aureo devono aumentare i

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Crollo del gold standard

Il gold standard fu sospeso durante la I guerra mondiale perché ogni paese fu costretto ad utilizzare politiche monetarie espansive per finanziare le spese di guerra.

Con l’inflazione ognuno avrebbe desiderato la conversione immediata della valuta in oro

Il tentativo di ripristinare il sistema aureo naufragò dopo circa 5 anni dal suo ripristino e secondo alcuni economisti fu causa della Grande depressione.

Il sistema non resse secondo l’analisi di Eichengreen e Bernanke per le seguenti ragioni:

- aspettative di abbandono della parità permettevano al sistema di funzionare solo se le autorità possedevano riserve consistenti

- I paesi detenevano le riserve in valuta anziché in oro. Se al primo segno di difficoltà gli operatori avessero chiesto la convertibilità il regime sarebbe crollato

- I paesi in avanzo non ridussero i tassi di interesse in risposta all’afflusso di oro (le asimmetrie di cui si è detto). Non rispettarono le regole del gioco e non aumentarono l’offerta di moneta in seguito all’afflusso di oro. L’onere dell’aggiustamento ricadeva sui paesi in deficit

- I paesi in deficit per rimanere nel sistema aureo erano costretti a mantenere alti tassi di interesse ed economie in recessione

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Deprezzamento del cambio durante la GD. I paesi che abbandonarono la parità uscirono prima dalla GD

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Bretton Woods: il gold exchange standard Poiché i tentativi di ricostruire il sistema aureo creò un

regime vulnerabile agli shock, dopo la II guerra mondiale gli economisti (piano White versus Piano keynes) costruirono un nuovo sistema conosciuto come sistema a cambio aureo o sistema di Bretton Woods

Lo scopo era di creare un sistema con i vantaggi del gold standard (cambi fissi) ma esente dagli inconvenienti del precedente regime. Le sue caratteristiche erano:

Cambi fissi, le parità espresse in termini di $ (il $ era agganciato all’oro e indirettamente si poteva acquistare oro al prezzo di 35$ l’oncia).

I cambi fissi avevano il vantaggio di stimolare il commercio internazionale rendendo prevedibili i prezzi dei beni esteri

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Gold exchange standard (2) Il paese che si trovava sia in deficit di BP sia in surplus doveva

mettere a punto delle politiche che riportassero i conti con l’estero in equilibrio. Se un paese si trovava con una valuta sopravvalutata che scoraggiava le esportazioni i tassi di cambio potevano essere variati.

Gli squilibri fondamentali di bilancia dei pagamenti potevano essere corretti tramite svalutazione o rivalutazione della propria moneta

Venne istituita un’autorità il FMI che sorvegliava sul corretto funzionamento del sistema. Assicurava che i paesi non abusassero della loro prerogativa di variare il tasso di cambio che richiedeva una preventiva autorizzazione del FMI per svalutazioni o rivalutazioni che superassero il 10%

Il FMI concedeva altresì prestiti nella valuta richiesta per sanare deficit temporanei di BP

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L’asimmetria del sistema di BW Il sistema creato a BW pensato originariamente come un

gold exchange standard in quanto le banche centrali potevano detenere sia oro sia valute di riserve convertibili in oro e quindi permetteva maggiore flessibilità rispetto al gold standard puro, in realtà operò dalla metà deglianni ’60 come un regime a valuta di riserva (dollar standard)

Il principale svantaggio di un sistema a valuta di riserva è che esiste una grave asimmetria in questo sistema.

Il paese la cui moneta viene usata come valuta di riserva occupa una posizione speciale e non ha bisogno di intervenire sul mercato dei cambi

Esistono N-1 tassi di cambio che devono essere mantenuti fissi . Il paese a valuta di riserva (N) non deve intervenire mai sul mercato dei cambi e non deve preoccuparsi di problemi di riequilibrio di bilancia dei pagamenti

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Come funziona un sistema di cambi fissi? Distinguiamo due scenari in cui può trovarsi a funzionare un

regime di cambi fissi:1. Un sistema di alta mobilità di capitali in cui una grande massa di

moneta fluisce da un paese all’altro in reazione a differenziali positivi o negativi nei tassi di interesse . Gli speculatori giocano in questo scenario un grande ruolo e i governi devono sottostare alle decisioni degli operatori sui cambi

2. Ambiente di bassa mobilità di capitali. I flussi di capitale da un paese all’altro sono limitati. Le autorità che vogliono spostare capitali sono in grado di farlo variando il tasso di cambio utilizzando le loro riserve valutarie.

Poiché le autorità si impegnano a mantenere il tasso di cambio fisso devono avere riserve sufficienti affinché il sistema possa funzionare

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Alta mobilità di capitali Quando esiste perfetta mobilità di capitali le riserve valutarie

perdono efficacia come strumento per stabilizzare il tasso di cambio. L’equazione del valore di equilibrio del tasso di cambio reale è:

= 0 - r(r-rf) Dove 0 è il tasso di cambio reale di lungo periodo secondo

l’opinione degli speculatori sui cambi ed r è un parametro che indica la reattività degli agenti rispetto al differenziale nei tassi di interesse.

Più alto (basso) è il differenziale dei tassi di interesse più il cambio si apprezza (deprezza)

Se r-rf =0 allora il tasso di cambio è uguale al suo valore di lungo periodo 0

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La condizione di parità dei tassi di interesse Affinché l’equazione sia soddisfatta la banca centrale deve

stabilire il tasso di interesse interno:

La politica monetaria non può svolgere un ruolo attivo. La politica monetaria non è in grado di abbassare i tassi di interesse perché il tasso di interesse serve a guidare il tasso di cambio. Per cui il tasso di interesse (di cambio) è fissato dagli speculatori sui cambi

r

frr

*0

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Perché deve essere soddisfatta questa equazione per il tasso di cambio? Supponiamo che le autorità stabiliscano una parità in cui il

tasso di cambio della valuta nazionale è apprezzato e gli speculatori considerano l’acquisto di valuta estera un affare. Il rendimento in interessi e il guadagno in conto capitale della valuta estera li spingerà a recarsi alla BC per vendere la valuta interna (sopravvalutata) ed acquistare la valuta estera (sottovalutata) alla parità fissa.

La BC utilizza le proprie riserve per comprare la propria valuta

In condizioni di alta mobilità di capitali le riserve ben presto si esauriscono

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Andamento del tasso di cambio reale

Relazione inversa tra tasso di interesse e tasso di cambio reale

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spiegazione Quando è nullo il differenziale fra il tasso di interesse reale

interno e quello estero, il valore del tasso di cambio reale è 0: ovvero è pari al valore di equilibrio di lungo periodo del tasso di cambio secondo le opinioni e le aspettative degli speculatori sui cambi.

Quando i tassi di interesse interni sono più alti di quelli esteri, il tasso di cambio si apprezza (diminuisce). Gli speculatori considerano un affare acquistare la valuta estera. Ciò induce aspettative di deprezzamento del cambio e spinge gli speculatori ad acquistare valuta estera per lucrare guadagni in conto capitale.

Quando i tassi di interesse interni sono più bassi di quelli esteri, il valore del tasso di cambio è più alto (deprezzamento) si innescano aspettative di apprezzamento del cambio che indurranno le autorità ad aumentare il tasso di interesse.

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Il tasso di cambio è stabilito dagli speculatori sui cambi

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Uno shock estero

Effetto degli shock esteri in regime di tassi di cambio fissi. Se il tasso di cambio è fisso e se la mobilità dei capitali è

elevata, variazioni esogene delle opinioni degli speculatori sui cambi o dei tassi di interesse esteri hanno effetti diretti e immediati sui tassi di interesse interni e sul livello di produzione interno.

Ciò significa che gli shock internazionali si trasmettono all’economia interna

Un aumento di if si riflette sui tassi di interesse interni e provoca un movimento verso l’alto e verso sinistra lungo la curva IS

Un aumento di 0 di lungo periodo secondo le aspettative

degli speculatori richiede un aumento di i pari a 0 / r

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Limiti alla mobilità dei capitali Quando vi sono limiti alla mobilità di capitali le riserve delle

BC sono considerevoli e il tasso di interesse (e quindi la politica monetaria) può essere in parte manovrato per fini di equilibrio interno

Il sistema di Bretton Woods ha potuto operare perché vi erano vincoli alla mobilità dei capitali internazionali.

Il tasso di cambio infatti è determinato non solo dalle aspettative degli speculatori sui cambi ma anche dall’ammontare e dalla velocità con cui la BC accumula riserve valutarie:

= 0 - r(r-rf)+ R R

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Vincoli alla mobilità dei capitali In presenza di barriere alla mobilità di capitali la BC

riacquista libertà di azione nell’impiego della politica monetaria per usi interni. Gli shock avversi degli speculatori sui cambi o dei tassi di interesse esteri non sono trasmessi immediatamente sull’economia nazionale sotto forma di aumenti di i che innescano recessioni.

La possibilità di più ampie manovre della BC la si desume dal fatto che il tasso di interesse interno ora è:

Rrrr

R

r

f

*

0

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Quando la mobilità dei capitali è limitata, una banca centrale è in grado di variare il tasso di cambio spendendo le proprie riserve valutarie.

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Cambi fissi o flessibili? Milton Friedman (Nobel nel 1976) della Università di

Chicago, asserisce che i prezzi, compresi i tassi di cambio, devono essere stabiliti dalle forze della domanda e dell’offerta e non da decreti del governo. L’impostazione di questa scuola giudica pertanto altamente positiva l’esperienza dei cambi fluttuanti e l’abbandono del regime di cambi fissi

Robert Mundell ( Nobel nel 1999) della Columbia University, ritiene che un tasso di cambio fisso significa che il governo rispetta il contratto che il governo ha stipulato con gli investitori esteri. Lasciar fluttuare il tasso di cambio vuol dire infrangere il contratto stesso. In questa ottica viene valutato negativamente il sistema basato sui cambi flessibili.

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Modello IS-LM con cambi fissi (modelloMundell-Fleming) e perfetta mobilità dei capitali

La LM ritorna nella posizione di partenza per mantenere i=if

Y

i=if

IS

LM

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Politica fiscale con cambi fissi (M-F)

LM deve spostarsi

Per assecondare la politica fiscale espansiva

Y

i=if BP

IS

LM

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benefici del regime dei cambi fissi Favorisce il commercio internazionale riducendo il rischio di

fluttuazione dei cambi Permette una migliore divisione internazionale del lavoro

che altrimenti richiederebbe continui spostamenti di risorse tra i settori dei beni commerciabili e non commerciabili in seguito a fluttuazioni del cambio intorno al suo valore fondamentale

Questo vantaggio è alla base della decisione presa dai paesi europei di istituire un’unione monetaria (UEM) con il potere di fissare irrevocabilmente i tassi di cambio. Il funzionamento e l’esperienza dello SME ha dimostrato che i tassi di cambio rimangono fissi solo con la scomparsa delle valute nazionali

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Costi dei regimi di cambio fissi La politica monetaria è vincolata a mantenere fisso il tasso

di cambio Se i tassi di interesse restano per troppo tempo bassi, le

riserve valutarie si riducono e la parità fissa non potrà essere mantenuta

La politica monetaria non può essere usata per mantenere l’equilibrio interno

Hanno lo svantaggio di trasmettere immediatamente gli shock internazionali

La banca centrale deve reagire agli shock di fiducia e alle aspettative degli investitori internazionali variando i tassi di interesse a breve termine

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Aree monetarie ottimali Secondo Robert Mundell i cambi fissi funzionano meglio se i

paesi che li utilizzano formano un’area valutaria ottimale. Il vantaggio dei cambi flessibili, che è quello di permettere

ai paesi di reagire agli shock asimmetrici (che influenzano differentemente più paesi), perderebbe di rilevanza se i paesi che utilizzano i cambi fissi formano un’AVO

Quando gli shock sono di tipo asimmetrico, per eliminare i vantaggi dei cambi flessibili, è necessaria un’alta flessibilità delle risorse produttive (lavoro, capitale etc.)

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Gli USA costituiscono un’AVO Esiste l’opinione condivisa che l’UEM non è un’AVO mentre

gli stati USA lo siano (approfondimenti al capitolo successivo)

La ragione non sta nella esistenza di shock simmetrici in USA e di shock asimmetrici nell’UEM. Anche all’interno degli USA le strutture produttive dei vari stati sono diverse e gli shock che colpiscono la California sono differenti da quelli che colpiscono il Texas o qualsiasi altro stato dell’Unione. Analogamente gli shock che colpiscono il Portogallo sono diversi da quelli che colpiscono la Danimarca.

La differenza fondamentale tra USA e UEM è che all’interno degli USA esiste un’alta mobilità dei fattori produttivi capitale e lavoro che si muovono velocemente verso i luoghi in cui i rendimenti e i salari sono alti.

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Il principale svantaggio dei cambi fissi è quello di innescare crisi finanziarie La crisi europea del 1992 La prima crisi finanziaria che colpì i paesi che utilizzavano cambi fissi (dopo

il crollo di Bretton Woods) si verificò in Europa e fu innescata dalla riunificazione tedesca

Fu intrapreso un programma di investimenti pubblici massivi per cercare di riportare la Germania orientale agli standard dei livelli di reddito della Germania Occidentale.

L’incremento della spesa pubblica spostò verso l’alto la curva IS. La Bundesbank reagì innalzando i tassi di interesse (politica monetaria restrittiva) . Questo avrebbe consentito di mantenere il PIl reale nell’intervallo ritenuto compatibile con gli obiettivi di inflazione della BC e nello stesso tempo avrebbe attratto capitali dall’estero utili a finanziare il processo di riunificazione.

L’aumento del tasso di interesse (e l’apprezzamento del cambio) ridusse le esportazioni nette e fece affluire capitali.

Gli altri paesi che aderivano allo SME avrebbero dovuto aumentare i tassi di interesse affinché il meccanismo dei cambi fissi continuasse ad operare

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Politiche delle autorità tedesche

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Effetto della politica tedesca sugli altri Paesi europei

All’inizio degli anni Novanta, i Governi degli altri Paesi europei stavano alzando i tassi di interesse e contraendo le loro economie, rischiando una recessione, per mantenere le parità dei tassi di cambio nell’ambito del meccanismo europeo dei cambi (ERM= exchange rate mechanism).

Gran Bretagna, Italia Francia confermavano il loro impegno a mantenere la parità fissa dei loro tassi di cambio.

Quando la disoccupazione e la recessione in quei paesi conciarono a farsi sentire gli speculatori sui cambi non credettero alle promesse delle rispettive BC di mantenere fisso il cambio. Gli attacchi speculativi sulla sterlina, sulla lira, sul franco francese furono massicci .

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Recessioni per mantenere fisso il cambio

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Perdite di riserve rilevanti Il tentativo da parte delle autorità monetarie di resistere

agli attacchi speculativi non ebbe successo. La banca d’Inghilterra perse 7 miliardi di $ di riserve in poche ore durante l’attacco speculativo del settembre 1992 volto verso la sterlina. Questo non fece altro che rafforzare l’opinione degli speculatori che il costo di mantenere il tasso di cambio fisso era troppo elevato.

Dopo due mesi dall’inizio degli attacchi speculativi il sistema di tassi di cambio fissi in Europa riguardava ormai solo pochi paesi

La crisi fece comprendere che se si volevano mantenere i cambi fissi all’interno dell’Europa le valute nazionali dovevano essere sostituite da una valuta comune. Non più tassi di cambio fissi tra diverse valute ma una valuta comune ( nascita dell’UEM nel gennaio 1999)

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Crisi messicana 1994-1995 La crisi del peso messicano è difficile da spiegare anche per gli

economisti. Il tasso di cambio non era sopravvalutato né c’erano grandi

disavanzi di bilancio che potessero far temere processi inflazionistici in atto. Non c’erano quindi ragioni per attendersi una svalutazione

Il timore di attacchi speculativi era quasi nullo perché non esistevano incompatibilità tra le politiche di governo per mantenere il cambio fisso e i fondamentali dell’economia (bilancio pubblico in pareggio, inflazione sotto controllo, crescita sostenuta) Inoltre il paese era appena entrato nel club dell’OCSE e nel NAFTA (North American Free Trade Agreement) che assicurava mercati ampi privi di dazi doganali che avrebbero favorito le esportazioni delle merci messicane.

Ci si aspettava quindi un rafforzamento del peso messicano in termini reali (apprezzamento)

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Tasso di cambio nominale del Messico: il valore del dollaro statunitense espresso in peso messicano. L’entità e la rapidità del crollo del peso messicano alla fine del 1994 destò sorpresa.

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Cause della crisi messicana L’inversione di tendenza nelle aspettative degli investitori finanziari

internazionali ebbe ragioni politiche. All’inizio del 1994 la rivolta zapatista scoppiata nella provincia povera del Ciapas fece temere sulla stabilità politica del paese.

Le autorità messicane spesero 50 miliardi di $ di riserve valutarie per sostenere il peso. Esaurite le riserve lasciarono fluttuare il peso nei confronti del $

La svalutazione ebbe conseguenze disastrose. Ogni deprezzamento del peso aumentava il valore del debito pubblico messicano (perché denominato in $) accrescendo la possibilità che il governo ripudiasse il debito.

L’alternativa delle autorità messicane era quella di lasciare deprezzare ancora di più il peso abbassando ulteriormente i tassi di interesse. Questo però significava aumentare ancora di più il valore del debito estero denominato in $. Gli aiuti e i prestiti del FMI e del governo statunitense aiutarono a ripristinare la fiducia degli investitori nell’economia messicana e la crisi fu meno catastrofica di quella prevista.

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Crisi dei paesi del Sud est asiatico Dopo 2 anni e mezzo dalla crisi messicana si sviluppò una nuova

crisi finanziaria che colpì Tahilandia, Malaysia, Corea del Sud e Indonesia

La crisi scoppiò quando gli investitori finanziari cambiarono le loro aspettative sulla sostenibilità di lungo periodo dello sviluppo economico in quei paesi e gli speculatori sui cambi rividero il valore di 0 .

Il tasso di cambio indonesiano (rupia) perse ¾ del suo valore rispetto al $ e i tassi di interesse a breve nominali salirono al 60%

Quando i tassi di cambio si deprezzarono si innescarono ulteriori ragioni per aspettative pessimistiche. Era chiaro che le banche e le imprese che avevano contratto prestiti denominati in $ o yen si sarebbero trovati in grande difficoltà e la probabilità di una serie di fallimenti generalizzati aumentò.

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La crisi asiatica 1997-1998 Tassi di cambio durante la crisi monetaria asiatica (vedi

figg. successive). Quando si sviluppò la crisi asiatica il FMI intervenne con

ingenti prestiti per ricostituire le riserve valutarie di quei paesi.

I prestiti vennero concessi a condizione che i paesi colpiti dalla crisi riformassero i loro sistemi bancari e finanziari (basati su stretti legami tra banche, governo e imprese)

Gli investitori internazionali hanno riacquistato fiducia nelle economie di quei paesi: coloro che ritirarono i loro portafogli dalla Corea del Sud, dalla Thailandia e dalla Malaysia nel 1997 e nel 1998 hanno difficoltà a spiegare i motivi del loro comportamento.

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Tasso di cambio $-won

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Tasso di cambio $-bath

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Cenni alla crisi argentina La maggior parte degli osservatori ritiene che le crisi fin qui

esposte siano state causate dal fatto che i tassi di cambio nei paesi del Sud-est Asiatico e in Messico non fossero abbastanza fissi e che gli investitori internazionali temevano la svalutazione delle monete da parte dei rispettivi governi

La crisi argentina del 2001 e 2002 confuta questa tesi. Il governo argentino aveva delegato il controllo sul tasso di cambio a un’autorità esterna (currency board o comitato valutario) che aveva il compito di mantenere fisso il tasso di cambio rispetto al dollaro.

In realtà un tasso di cambio sopravvalutato determinò problemi interni, e in particolare una recessione che ampliò i disavanzi di bilancio sia del governo federale sia delle province. Di fronte a una forte crescita del debito pubblico il comitato valutario non infondeva più alcuna fiducia e il timore della svalutazione innescò la crisi reale e valutaria dell’Argentina. La fuga di capitali che ha caratterizzato le altre crisi è stata la principale causa anche della crisi argentina

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Come gestire le crisi finanziarie Ricordiamo l’equazione fondamentale del tasso di cambio:

= 0 - r(r-rf) Essa offre un menu di scelte ai policy maker che permette

loro di variare il tasso di cambio reale oppure il tasso di interesse reale interno.

Quanto più alto è r tanto più il tasso di cambio si apprezza e tanto minore è

Tuttavia se cambia 0 che rappresenta la valutazione che del tasso di cambio fanno gli speculatori , il menu di scelte dei governi si riduce drasticamente.

Se 0 si deprezza per mantenere costante il tasso di interesse interno deve aumentare. Il che implica una probabile recessione interna

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Come gestire la crisi (2) Pertanto, quando cambiano le opinioni degli investitori la scelta

più naturale sarebbe quella di lasciar deprezzare il cambio Di solito questo non accade perché estremamente pericoloso: se i

governi, le banche, le imprese hanno contratto massicci prestiti all’estero il deprezzamento del cambio può determinare una catena di fallimenti.

Per ridurre la vulnerabilità dei sistemi si dovrebbero scoraggiare, tassandoli, i mutuatari dal prendere a prestito in valute estere ovvero bisognerebbe controllare i movimenti di capitali

Tuttavia, se riteniamo (e molti economisti condividono questa visione) che il libero flusso di capitali sia importante per finanziare lo sviluppo e la crescita dei paesi dobbiamo assicurarci che il tasso di cambio possa fluttuare senza provocare danni all’economia interna.

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Argomenti a favore dei cambi flessibili All’aumentare del numero e dell’intensità delle crisi

finanziarie internazionali gli economisti pensarono che un regime di cambi flessibili poteva produrre benefici per l’economia mondiale.

Gli argomenti a favore dei cambi flessibili sono:- Autonomia della politica monetaria che può essere

usata per il raggiungimento dell’equilibrio interno ed esterno

- Simmetria : non vi sono situazioni di privilegio per i paesi con valuta di riserva (dollar standard)

- Tassi di cambio che funzionano come stabilizzatori automatici anche in assenza di politiche monetarie attive

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Cambi flessibili e modello Mundel-Fleming A differenza del regime di cambi fissi, in

un regime di cambi flessibili la politica monetaria è pienamente efficace.

La politica fiscale, invece, determinando variazioni di i può determinare apprezzamenti del tasso di cambio reale che la rendono inefficace.

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Politica monetaria con cambi flessibili in M-F

E

D

i

i=if

IS

LM

LM’

Efficacia della Politica monetaria

Y

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Politica fiscale in M-F con cambi flessibili

E

A

i=if

IS

IS’

Inefficacia dellapolitica fiscaleLa IS ritorna

Nella posizioneprecedente

Y