Ragazziche arrıvano soli - Caritas...

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POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 – AUT. GIPA/NE/PD/31/2014 Reddito d’inclusione Ok dal parlamento, ma non resti un’incompiuta Nepal Le angosce e le pietre, a due anni dal terremoto Centrafrica Leader religiosi in dialogo, c’è una Piattaforma per la pace MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO L - NUMERO 3 - WWW.CARITAS.IT aprile 2017 Italia Caritas arrıvano soli che I minori che emigrano “non accompagnati” sono sempre di più. L’Italia ha una nuova legge. Per superare i limiti del sistema di accoglienza Ragazzi

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Reddito d’inclusione Ok dal parlamento, ma non resti un’incompiutaNepal Le angosce e le pietre, a due anni dal terremotoCentrafrica Leader religiosi in dialogo, c’è una Piattaforma per la pace

M E N S I L E D I C A R I T A S I T A L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O L - N U M E R O 3 - W W W. C A R I T A S . I T

aprile 2017

Italia Caritas

arrıvanosoliche

I minori che emigrano “non accompagnati” sono sempre di più. L’Italia ha una nuova legge.Per superare i limiti del sistema di accoglienza

Ragazzi

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editoriali

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LA PAROLACHE CAMBIAGLI EVENTI

papa Francesco, a orientare il camminofuturo. Dovrà essere un percorso con-diviso, con strategie che tocchino tuttele dimensioni della vita sociale e dellarelazione tra società umane e ambien-te. Perché la questione dello sviluppoinveste il senso dell’esistenza umana.

Tra le sfide più drammatiche, dalConvegno è emersa la questione del la-voro, fondamento della dignità dellapersona. Il nostro paese ha una quotadi giovani disoccupati tra le più alte intermini assoluti, nell’Unione europea,e la maggiore percentuale di giovaniche non lavorano né studiano (Neet).Non a caso il tema della prossima Settimana sociale dei cattolici in Italia (Cagliari,26-29 ottobre) è “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale”.Tra gli obiettivi principali della Settimana, vi è la denuncia delle situazioni disfruttamento, illegalità, insicurezza e disoccupazione – specie al Sud e tra i gio-vani – e dei problemi legati al lavoro dei migranti. Vi è inoltre la volontà di far co-noscere le buone pratiche che, in aziende, territori e istituzioni, stanno già of-frendo nuove soluzioni, per costruire proposte da presentare alla politica.

Siamo dunque nel mezzo di un percorso che affonda le radici nel passato e siproietta nel futuro, con l’obiettivo di operare per il bene comune, privilegiando leazioni che generano nuovi dinamismi. Ci guida la convinzione che le comunitàdevono assumere un ruolo pastorale sempre più centrale e propulsivo, perché«mentre l’ordine mondiale si mostra impotente ad assumere responsabilità,l’istanza locale può fare la differenza. È lì che possono nascere una maggiore re-sponsabilità, un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura e una crea-tività più generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensarea quello che si lascia ai figli e ai nipoti» (papa Francesco, Laudato si’ 179).

on le parole non si cambiano glieventi, i fatti, gli uomini… Le pa-role devono essere seguite daifatti. Questo è un tempo in cui la

storia sta cambiando, è un tempo, daquando è iniziata la globalizzazione,in cui continuiamo a mettere al centrola finanza e l’economia. Ma non sap-piamo mettere al centro l’uomo.

L’economia, per come la stiamo fa-cendo sviluppare, serve a far diventarepiù ricchi i ricchi e più poveri i poveri.Ma la globalizzazione non doveva es-sere un modo per far sedere tutti allostesso tavolo? Invece la storia di Laz-zaro, che sta ai piedi del tavolo del ric-co Epulone, sta continuando. E noisiamo i ricchi Epuloni, ma nello stessotempo siamo anche Lazzaro. Se ce nericordassimo, forse cambierebbero inostri atteggiamenti.

Bisogno di rinnovarsiA volte invece si tende a pensare chela fede la si possa vivere solo parteci-pando ai Sacramenti o pregando nelleforme più svariate, escludendo dallavita spirituale i bisogni dell’uomo esoprattutto dei più poveri. Ma Gesù,nel Vangelo, ci invita a riscoprire e apercorrere un’altra strada, quella dellaParola che riesce a cambiare gli even-ti, i fatti, gli uomini. Quella Parola che– come ricorda il Papa nel Messaggioper la Quaresima – è un dono ed è for-za viva che porta a un vero camminodi conversione, per «essere purificatidal peccato che ci acceca e servire Cri-sto presente nei fratelli bisognosi. (...)Allora potremo vivere e testimoniarein pienezza la gioia della Pasqua».

Tutti abbiamo bisogno di rinnovar-ci e cambiare, credenti e non credenti.Gesù risorto ci dice che una stradanuova è sempre possibile trovarla.

Il concetto di “Sviluppointegrale” ha guidato

il 39° Convegno delle Caritas

diocesane, svoltosi a Castellaneta (Taranto). La questione del lavoro

è emersa con forza: sarà al centro

anche della Settimanasociale dei cattolici,

in autunno a Cagliari

Cdi Francesco Soddu di Francesco Montenegro

IL LAVOROCONDIZIONE DISVILUPPO AUTENTICO

o sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica.Per essere sviluppo autentico, deve essere integrale, il chevuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto

l’uomo». Parole attualissime, scritte dal beato Paolo VI, 50 anni fanell’enciclica Populorum progressio. Proprio il tema dello sviluppoumano integrale – a livello locale, nazionale, europeo e internazio-nale – è stato al centro dei lavori del 39° Convegno nazionale delleCaritas diocesane, svoltosi a fine marzo a Castellaneta, in Puglia.

Riflessione e confronto serviranno, anche alla luce dell’istituzionedel Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, voluto da

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direttoreFrancesco Soddu

direttore responsabileFerruccio Ferrante

coordinatore di redazionePaolo Brivio

in redazionePaolo Beccegato, Renato Marinaro,Francesco Marsico, Sergio Pierantoni, Domenico Rosati, Francesco Spagnolo

hanno collaboratoDanilo Angelelli, Francesco Carloni,Francesco Dragonetti, RobertaDragonetti

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UN BUON FINE NON HA FINE

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sommario

rubriche

3 editorialidi Francesco Soddu

e Francesco Montenegro

4 parola e paroledi Benedetta Rossi

14 databasedi Walter Nanni

19 contrappuntodi Domenico Rosati

20 panoramaitalia SODDU DIRETTORE,PREMIO NERVO-PASINI

24 poster CARESTIA IN AFRICA:FAME, MA DI PACE

30 zeropovertydi Alberto Bobbio

34 cibo di guerradi Paolo Beccegato

39 contrappuntodi Giulio Albanese

47 a tu per tuDAVIDE PERON:«L’ANGOLO DI LUCECHE NOI PERDIAMO:NELL’ALTRO, NON DIVERSO,IO MI RICONOSCO»di Daniela Palumbo

anno L numero3

IN COPERTINAGiovanissimi africani ospiti,dopo essere sbarcatisulle coste siciliane,di un centro d’accoglienzaallestito a Trabia (Palermo)(foto Unicef/UN020052Gilbertson VII Photo)

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sciarsi coinvolgere nella relazione con la folla, indipen-dentemente dalla quantità e adeguatezza delle risorse adisposizione. I pani sono così affidati alle mani di Gesù ela sua benedizione li rende capaci di sfamare: «Tutti man-giarono a sazietà» (6,42).

Ma si va oltre il soddisfacimento del bisogno e del desi-derio: il cibo è in eccesso, così i discepoli «dei pezzi di paneportarono via dodici ceste piene» (6,43). Il pane in sovrap-più è il pane della compassione, quello che trabocca a chisi è lasciato coinvolgere; un pane che deve essere raccoltoaffinché la sua condivisione possa continuare ancora e al-trove, facendo sì che i discepoli possano farsi carico dellavita di altri fratelli. Il pane in sovrappiù, non lasciato maraccolto e accuratamente portato dietro, è una provoca-zione e contiene un mandato: la compassione profondadel Maestro e dei suoi, con altri innumerevoli e sconosciutivolti, non dovrà avere fine.

necessariamente raccolto. Di frontealla folla numerosa, che ha anticipatoi suoi spostamenti precedendolo, Ge-sù è preso da profonda compassione(6,34) e si dedica a essa a lungo, inse-gnando. I discepoli, al contrario sonodistanti dalla gente e anche dal mae-stro, al quale si avvicinano solo per in-vitarlo a congedare le persone (6,35-36). Il maestro si avvicina e si lasciacoinvolgere, i dodici invece restanolontani, invocando distanza e separa-zione: la risposta di Gesù è spiazzantee indica la necessità di un cambia-mento, nel momento in cui chiede aisuoi un coinvolgimento diretto («Voistessi date loro da mangiare», 6,37).

La priorità, per Gesù, non è tantosfamare, ma suscitare nei discepoligli stessi suoi sentimenti, la stessasua passione per gli uomini, nono-stante che i dodici insistano nel con-siderare assurda una tale richiesta:«Dobbiamo andare a comprare due-cento denari di pane per dar loro damangiare?» (6,37). Il maestro è irre-movibile e l’invito successivo a veri-ficare «quanti pani avete» (6,38) sot-tolinea la necessità e l’urgenza di la-

è una sapienza nel cibo e nella sua misura, una sapienza daleggere attraverso le pagine della Scrittura; è una sapienzamai uguale, che chiede discernimento, affinché – al di là del-

la superficie del racconto – sia svelato il senso di ciò che si mangia.C’è un pane che non si può accumulare e c’è un pane che, al con-trario, avanza, rendendo necessaria la sua raccolta.

La manna è il primo pane, donato in risposta ai rimpianti di unpopolo che rammenta con nostalgia il cibo vario e sovrabbondantedella terra d’Egitto: «Fossimo morti per mano del Signore nella terrad’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne,

IL PANE MISURATOE QUELLO IN SOVRAPPIÙ

mangiando pane a sazietà» (Esodo16,3). In risposta il Signore offre in do-no un pane dal cielo, totalmente gra-tuito, ben diverso da quello egiziano,pagato a prezzo della libertà, ma misu-rato: «Io sto per far piovere pane dal cie-lo per voi: il popolo uscirà a raccoglier-ne ogni giorno la razione di un giorno»(16,4). È un pane da raccogliere secon-do la necessità, «secondo quanto cia-scuno può mangiarne» (16,16), un pa-ne che non dovrà né potrà avanzare(«nessuno ne faccia avanzare fino almattino», 16,19), che imputridisce seaccumulato di nascosto (16,20).

La misura stabilita per la manna, che sazia completa-mente il desiderio, ma non deve avanzare, è una prova(«perché io lo metta alla prova: camminerà nella mia leggeo no?», 16,4), una provocazione alla libertà di Israele, chia-mato alla fiducia quotidiana nella vita (simbolicamenterappresentata dal cibo) donata da Dio. Ma la manna mi-surata è anche un’educazione imposta all’ingordigia illi-mitata, alla pretesa di avere cibo senza fine, ben oltre leproprie necessità, atteggiamento che conduce alla morte(Numeri 11,31-34). La sapienza del pane che non avanzaè dunque quella della fiducia in Dio, ma anche la sapienzache educa alla gestione del proprio desiderio, imponendoa esso il limite che consente la vita.

Affinché la condivisione continuiIl pane raccontato nel Vangelo di Marco (6,35-44) è, al con-trario, un pane sovrabbondante, un pane che avanza e va

La manna è cibo che il Signore fa piovere

su Israele, provocazionealla sua libertà

ed educazione impostaall’ingordigia. Le dodici

ceste raccolte dopoche Gesù ha sfamatola folla sono il panedella compassione,che trabocca a chi

si lascia coinvolgere

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C’6

parolaeparoledi Benedetta Rossi

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nazionale6 MIGRANTI RAGAZZINI,

SOLI INCONTRO AL FUTUROdi Monia Giovannetti

I CANALI UMANITARIFUNZIONANO:REGOLARE LE MIGRAZIONINON È UTOPIA

12 BENVENUTO AL REDDITOD’INCLUSIONE,NON SIA UN’INCOMPIUTAdi Francesco Marsico

15 CIBO,MENO SPRECHI, PIÙ AIUTI:LA TRIPLA SFIDAÈ LANCIATAdi Monica Tola

internazionale26 NEPAL:

LE ANGOSCEE LE PIETRENEI GIORNI DI SUBASHdi Beppe Pedron

31 CENTRAFRICA:I LEADER IN DIALOGO,PIATTAFORMA PER LA PACEdi Anna Pozzi

35 KOSOVO:ZUCCHERO ANTI-PREGIUDIZI,BERAT HA FATTO L’IMPRESAdi Valentina Lappi

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Molti sono partiti per seguire l’esempiodi amici o parenti. A queste motivazioni,si connette la “costruzione sociale”

dell’Italia nell’immaginario dei minori,in base a diverse fonti di conoscenza

crudeli sistemi di sfruttamento.Il 93,3% dei Msna sono maschi,

prevalentemente prossimi al compi-mento della maggiore età; ha un’etàinferiore ai 15 anni solo il 7,6%. L’etàpiù rappresentata si è confermataquella dei 17enni (56,6% dei Msnapresenti); seguiti i 16enni e i 15enni(il 26% e il 9,8%).

Al 31 dicembre 2016, il 40,9% deiMsna erano accolti in strutture di ac-coglienza della regione Sicilia, segui-ta da Calabria (8,2%), Emilia Roma-gna (6,2%), Lombardia (6,1%), Lazio(5,3%) e Puglia (5,1%). Il 92,5% deiminori presenti a fine anno risultava-no accolti in strutture di accoglienza,il 4% collocati presso privati: la quotadegli affidati rimane molto bassa.

Negli anni anche la componentedei richiedenti protezione internazio-nale è andata crescendo: nel 2016 so-no state presentate 5.930 domande diprotezione, mentre nel 2015 ne risul-tavano 3.959. Coloro che richiedonoprotezione internazionale provengo-no soprattutto dall’Africa (5.244), inparticolare da Gambia (1.697 minori),Nigeria (758) e Senegal (540).

Legge a larga maggiornazaOra una legge, approvata dal parla-mento a larga maggioranza il 29 marzo,cercherà di mettere ordine nel sistemadi accoglienza dei Msna che giungonoin Italia. Fino a oggi, il sistema si è ba-sato sul “Piano nazionale per fronteg-giare il flusso straordinario di cittadiniextracomunitari adulti, famiglie e mi-

adolescenti e giovanissimi, perlopiùdi sesso maschile, provenienti spe-cialmente da Albania, Marocco, Af-ghanistan, Bangladesh, Egitto, Tuni-sia, Eritrea e Gambia. Le motivazionialla base dei loro spostamenti sonoframmentate e rappresentano unriassunto delle più antiche e delle piùmoderne aspirazioni migratorie: dal-la fuga dalla guerra alla ricerca dinuove opportunità lavorative, fino al-l’inquietudine generazionale chespinge verso la sperimentazione di

nuovi modelli di vita. Senza trascura-re il ruolo dei comportamenti e l’im-portanza della filiera migratoria;molti, infatti, sono partiti per seguirel’esempio di amici o parenti. A questemotivazioni, si connette la “costru-zione sociale” dell’Italia nell’immagi-nario dei minori, in base a diversefonti di conoscenza, spesso combi-nate tra loro: da quelle più ricorrenti,di natura parentale o amicale, a quel-le “mediatiche o esemplari”.

Soprattutto dall’AfricaIn base al monitoraggio svolto dallaDirezione generale dell’immigrazionee delle politiche di integrazione delministero del lavoro e delle politichesociali, i minori stranieri non accom-pagnati (Msna) sbarcati in Italia nel2016 sono stati 25.846, più del doppiorispetto all’anno precedente, il 14%degli sbarchi complessivi. A fine 2016,risultavano però presenti nel paese17.373 Msna (il 45,7% in più rispetto al2015), provenienti principalmente daEgitto, Gambia, Albania, Nigeria edEritrea. Queste cinque cittadinanzerappresentano, insieme, più della me-tà (54,5%) dei Msna presenti. Moltiminori restano nel sistema di acco-glienza, ma altri si rendono irreperibi-li. Cadendo in molti casi nelle spire di

IL TEMPO DELL’ATTESATre ragazzi del Gambia “parcheggiati”

nell’hot spot di Pozzallo (Sicilia).A destra, altri ospiti con una cartina

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ragazzini,Migranti

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egli ultimi dieci anni, la pre-senza dei minori soli è dive-nuta un fattore comunenelle migrazioni a livellomondiale. Il numero è dram-

maticamente aumentato; i minori co-stituiscono, in molti paesi di destina-zione, un segmento importante dellapopolazione alla ricerca di protezio-ne e asilo. L’Alto commissariato Onuper i rifugiati stima che circa la metàdelle persone rifugiate al mondo sia-no minorenni; i minori soli rappre-sentano tra il 4% e il 15% della popo-lazione richiedente asilo. Nel 2015, ledomande di protezione internazio-nale presentate da minori soli in 78paesi sono state 98.400 (in particola-re da afghani, eritrei, siriani e somali),

mentre risultavano 34.300 nel 2014 e25.300 nel 2013.

I minori e i giovani “in movimento”costituiscono, ormai, un vero e pro-prio soggetto migratorio. Questo nuo-vo fenomeno globale ha indotto diver-si paesi, soprattutto europei, a porre iltema dei minori soli al centro del-l’azione pubblica e dell’agenda politi-ca; al contempo, ha spinto molti ricer-catori a interrogarsi sulle sue cause.

Le prime apparizioni di stranierinon ancora maggiorenni che aveva-no intrapreso il viaggio da soli si sonomanifestate in Italia negli anni No-vanta, contestualmente all’intensifi-carsi dei movimenti migratori globa-li. Da allora, alcune ricerche qualita-tive hanno raccolto le storie di vita di

N

nazionale migrazioni

di Monia Giovannetti responsabile Dipartimento studi e ricerche Cittalia-Anci

soli incontroal futuro

I minori che emigrano“non accompagnati”sono sempre di più, a livello mondiale. E anche verso l’Italia.A fine 2016, il nostropaese ne avevaregistrati più di 17 mila. Nel sistemadi accoglienza a duelivelli permangonodiverse criticità.Ma ora c’è una legge

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La nuova legge sui minori stranieri non accompagnati è stata approvatadalla Camera, in via definitiva, mercoledì 29 marzo. Larga maggioranza,per un testo che per la prima volta si propone di affrontare in modo organico e specifico un fenomeno in costante e tumultuosa crescita in Italia. Ecco alcune novità previste dalle nuove norme.ACCERTAMENTO DELL’ETÀ E IDENTIFICAZIONE. Per la prima volta vengono

disciplinate per legge modalità e procedure, garantendone l’uniformi-tà a livello nazionale. Finora non esisteva un provvedimento di attri-buzione dell’età, che d’ora in poi sarà notificato sia al minore che al tutore provvisorio, assicurando così anche la possibilità di ricorso.

ASSISTENZA. Viene prevista la presenza di mediatori culturali durante l’intera procedura. Viene regolato il sistema di accoglienza integratotra strutture di prima accoglienza (dedicate esclusivamente ai minori,all’interno delle quali i minori possono risiedere non più di 30 giorni)e sistema di protezione per richiedenti asilo e minori non accompa-gnati (Sprar), che la legge estende appunto ai Msna.

CARTELLA SOCIALE. Confluirà in una nuova banca dati nazionale e accompa-gnerà il minore durante tutto il suo percorso. Viene prevista la necessi-tà di svolgere indagini familiari da parte delle autorità competenti, nel superiore interesse del minore, e vengono disciplinate le modalitàdi comunicazione degli esiti delle indagini sia al minore che al tutore.

PERMESSI. Il minore potrà richiedere il permesso di soggiorno alla questuracompetente, anche in assenza della nomina del tutore. Entro tre mesidalla data di entrata in vigore della legge, ogni Tribunale per i minorennidovrà istituire un elenco di “tutori volontari” disponibili ad assumere la tutela anche dei Msna, per assicurare a ogni minore una figura adul-ta di riferimento adeguatamente formata. La legge promuove poi lo svi-luppo dell’affido familiare come strada prioritaria di accoglienza.

DIRITTO ALL’ISTRUZIONE E ALLA SALUTE. Introdotte maggiori tutele, con misu-re che superano gli impedimenti burocratici. Viene ad esempio ricono-sciuta la possibilità di procedere all’iscrizione al servizio sanitario na-zionale anche prima della nomina del tutore, così come l’attivazionedi specifiche convenzioni per l’apprendistato, nonché la possibilità diacquisire i titoli conclusivi dei corsi di studio anche quando, al compi-mento della maggiore età, non si possieda un permesso di soggiorno.

NUOVA LEGGEOgni ragazzo, una cartella. E più diritti sociali

guardarli in faccia, vedi quel-lo che sono realmente: ado-lescenti – a volte anche piùpiccoli – costretti a cresceremolto in fretta, a cavarsela e

a sopravvivere nelle peggiori situazio-ni. Tecnicamente, però, li definiscono“minori non accompagnati”. In Italia,ne risultavano censiti e accolti, a fine2016, più di 17 mila. Oltre ai registrati,

altri 6-8 mila, dopo essere stati identi-ficati, hanno fatto perdere le loro trac-ce: scappati subito dalla prima acco-glienza o più tardi dalle comunità a cuierano stati affidati, ripartiti verso altripaesi europei, o bloccati alle frontieree rimasti incastrati al di qua del confi-ne, a fare la spola tra accoglienze diemergenza e reti di conoscenti.

Sono tanti. E alle spalle hanno si-

Atuazioni difficili, sia familiari che diviaggio. Ma quando arrivano, le cosecominciano a cambiare. I minorenniin Italia non sono considerati clande-stini, anche se non hanno un regola-re permesso: non possono essereespulsi, anzi vanno protetti e aiutati.Ed è proprio questo che li spinge avenire nel nostro paese. A volte sonoincoraggiati dalle famiglie, che si in-

Spaesati, ma contenti di essere tra noi:«Facilitiamo le famiglie che accolgono»I minori non accompagnati aumentano. Così come, da Milano allaSicilia, le esperienze di ospitalità. Che la burocrazia non incoraggia…di Marta Zanella e Stefania Culurgioni

LA SPERANZA NELPALLONE

Un altro ragazzo del Gambiaospite di una struttura in

Sicilia: a 16 anni ha lasciato il suo paese, sperando di diventare

calciatore professionista

8 I TA L I A C A R I TA S | A P R I L E 2 0 1 7

nori stranieri non accompagnati”, ap-provato il 10 luglio 2014. Esso ha inau-gurato un nuovo approccio all’acco-glienza, attribuendo la responsabilità diorganizzarla al ministero dell’interno(prima si distingueva tra Msna richie-denti asilo e non richiedenti asilo).

Il nuovo sistema, confermato dal de-creto legislativo 142/2015, rafforza ilruolo del ministero dell’interno nellagovernance dei Msna, articolandola indue fasi: attivazione di strutture gover-native, individuate e autorizzate dalleregioni e deputate all’accoglienza dibrevissima durata per la fase di primorintraccio (con funzioni di identifica-zione, eventuale accertamento dell’etàe dello status); specifici e successiviprogetti territoriali nell’ambito della re-te Sprar, potenziata e finanziata.

Pertanto, dopo la primissima acco-glienza nelle strutture governative, loSprar si configura progressivamentecome il sistema nazionale di accoglien-za per tutti i Msna, coerentemente conl’approccio e la qualità dei servizi chetale sistema può garantire, in manierauniforme a livello nazionale.

Dagli ultimi mesi del 2014 il ministe-ro dell’interno ha avviato la sperimen-tazione nei centri di prima accoglienzacon il Fondo asilo migrazione e immi-grazione (Fami), che contano su un mi-gliaio di posti; in caso di momentaneaindisponibilità di posti, assistenza e ac-coglienza vengono comunque tempo-raneamente assicurate dal comune incui il minore si trova, con la possibilitàdi accedere a contributi erogati dal mi-nistero dell’interno. Inoltre, in caso diarrivi consistenti e ravvicinati, qualoral’accoglienza non possa essere assicu-rata nemmeno dai comuni, è previstal’attivazione, da parte dei prefetti, distrutture ricettive temporanee.

Sul fronte della seconda accoglien-za, tra 2015 e 2016 il numero dei postidedicati ai Msna all’interno della reteSprar è più che raddoppiato, passandoda 977 a 2.039; inoltre è stato introdotto

Riguardo alla tutela del minore, è crucialegarantire tempi rapidi per l’identificazione,per la nomina del tutore e per il rilascio

di un titolo di soggiorno, nonché assicurareun’accurata determinazione dell’età

è necessario adoperarsi per aumentarei posti nelle reti di prima accoglienza,facendo del ricorso all’accoglienzaemergenziale un’eventualità residualeed eccezionale. Occorre, per questo,mettere in pratica quanto previsto daun decreto del 1° settembre 2016, cheprevede l’istituzione, da parte del mini-stero dell’interno, di centri governatividi prima accoglienza dedicati ai Msna.

Sul fronte della tutela del minore, èfondamentale garantire tempi rapidiper l’identificazione, la nomina del tu-tore e il rilascio di un titolo di soggiorno,nonché assicurare un’accurata deter-minazione dell’età. In generale, risultaimportante potenziare, nell’ambitodelle strutture residenziali per minori,servizi diversificati e adeguati alle ne-cessità di ogni giovane migrante. Biso-gna altresì evitare assolutamente lacreazione di circuiti di integrazione de-dicati esclusivamente ai Msna e rico-noscere ai comuni risorse economichee di personale adeguate alla presa in ca-rico di questi ragazzi, soprattutto quan-do manifestano particolari fragilità.

un sistema d’accesso permanente. Il si-stema di seconda accoglienza dedicatoai Msna risulta in continua evoluzione:progetti e posti riservati ai minori solisono destinati a incrementarsi e a ride-finirsi nel corso del tempo.

Servizi diversificatiSeppure il sistema sia oramai delineato,il percorso di accoglienza risulta ancoranon strutturato e definito. La presa incarico dei Msna in Italia è a tutt’oggi ca-ratterizzato da una forte eterogeneitàdelle politiche sociali e socio-educative,dall’assenza di un unico modello socia-le di riferimento e da ricadute differen-ziate a livello locale.

Nonostante le iniziative intraprese,permangono diverse criticità. Al fine digiungere effettivamente a un sistema diaccoglienza e integrazione strutturato,

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l’insufficienza delle strutture. Il sistemadi prima accoglienza in Italia è sottodi-mensionato, molti minori rimangonoconcentrati nelle regioni e nei comunidi sbarco, con un onere insopportabileper gli enti locali più esposti. In Siciliae a Palermo la situazione rischia di pro-durre gravi tensioni sociali.

«Ci sono le strutture inserite nel cir-cuito Sprar che ospitano al massimo12 ragazzi, e queste sono le migliori –osserva il direttore di Piana degli Alba-nesi –: lì i ragazzi vanno a scuola, sonoseguiti da un assistente sociale e dauno psicologo. Ma queste comunitàsono poche, tutte le altre sono strut-ture di prima accoglienza che non rie-scono a gestire l’intero flusso. Spessomi trovo davanti a famiglie che vor-rebbero prendere in carico i ragazzi,ma di fronte alle complicazioni dellaburocrazia, che prevede che la casa incui sono accolti abbia certe caratteri-stiche e richiede un’infinità di docu-menti, fanno un passo indietro e pre-feriscono aiutarli così, da fuori, senzaniente di scritto…».

Altri ragazzini invece si dileguano,salvo poi trovare le porte chiuse allefrontiere e tornare in Sicilia, da dovesono partiti. Tanti, infine, dichiarano

di essere minorenni, ma magari non losono. Esiste il cosiddetto “esame delpolso”, una radiografia fatta in ospeda-le, tramite la quale i medici, con un’ap-prossimazione del 90%, individuanol’età vera del ragazzo. «Ma questo esa-

me ha tempi lunghi e soprattutto costielevati – conclude don Enzo –. E anco-ra una volta intasa il sistema». Tenen-do intrappolate giovani esistenze, cheil limbo dell’attesa e dell’inerzia nonrenderà certo buoni cittadini.

Sì, è possibile. Far muovere da paese a paese, da continente a continen-te, persone e famiglie provate dalla guerra. Senza esporle a ulteriori, ter-ribili prove. Senza metterle nelle mani di organizzazioni criminali. Gover-nando i flussi e organizzando le accoglienze, perché il loro impatto socia-le – nel paese d’approdo – non sia dirompente (o percepito come tale).

La scelta di aprire di canali umanitari sicuri, e di farli percorrere a mi-granti e profughi, non è utopia. Dopo la recente firma di un protocollo d’in-tesa con il ministero dell’interno (insieme a Cei e Comunità di Sant’Egidio)per la sperimentazione di corridoi umanitari che permetteranno l’arrivoin Italia, nei prossimi mesi, di 500 profughi eritrei, somali e sud-sudanesi,Caritas Italiana all’inizio di marzo ha condotto in porto con successo la prima operazione di reinsediamento (in gergo tecnico, resettlement) di due nuclei famigliari siriani (per un totale di 15 persone, tra cui 11 minori) provenienti dal campo profughi di Za’atari, in Giordania. Sono l’avanguardia di un gruppo più ampio di persone con gravi problemidi salute (in totale 41, dopo le prime si attendono altre 5 famiglie) chebeneficeranno di un’iniziativa voluta e finanziata dalla Conferenza episco-pale italiana con fondi otto per mille, nell’ambito del più vasto program-ma di reinsediamento dei profughi siriani gestito dal ministero dell’interno.

Resettlement e corridoi umanitari sono entrambi canali umanitari. La Chiesa italiana ha deciso di investire in modo deciso su queste op-portunità, a dimostrazione del fatto che le migrazioni non devono neces-sariamente essere lasciate a rotte e meccanismi irregolari, che offendo-no la dignità e ledono i diritti di chi è costretto a ricorrervi, ne mettono a repentaglio la vita e ingrassano agguerrite filiere criminali. Al trasferi-mento dei primi due nuclei beneficiari di un reinsediamento hanno lavorato l’ambasciata italiana in Giordania e la Nunziatura apostolica, in sinergia con Caritas Italiana, Alto commissariato Onu per i rifugiati(Unhcr) e Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Le fami-glie sono state indirizzate a due strutture sanitarie di San Giovanni Rotondo (Fg), mentre l’accoglienza è assicurata dalla Caritas diocesanadi Manfredonia, nell’ambito del progetto “Protetto. Rifugiato a casa mia”.

Intanto, oltre ad aver inaugurato il portale internet In-migration(http://inmigration.caritas.it/), con l’obiettivo di realizzare un canale unitario di comunicazione e riflessione sul tema delle migrazioni, CaritasItaliana ha presentato ai media a metà marzo, in occasione del sestoanniversario dell’inizio della guerra in Siria, il dossier Come fiori trale macerie. Giovani e ragazzi che restano. Contiene i risultati di uno stu-dio, realizzato tra gennaio e febbraio da Caritas Siria e Caritas Italiana,

su un campione di 132 giovani ope-ratori siriani (insegnanti, animatori,educatori, catechisti), impegnati a loro volta con giovani connazionalirimasti in patria. È l’interessanteanalisi di una generazione che, no-nostante tutto (la guerra, la diaspo-ra, l’odio, le distruzioni) crede possi-bile un futuro nel paese d’origine.

CHIESA ITALIANAI canali umanitari funzionano, grazie ai fondi Cei-otto per mille

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nazionale migrazioni

debitano per pagare ai figli la migra-zione (e che spesso, una volta che iragazzi sono in Italia, fanno pressioniperché rimandino indietro i soldi); avolte partono di testa propria, perchéhanno amici che li hanno preceduti.

Molti, si diceva, diventano prestoirreperibili: per loro l’Italia è solo untransito, la vera meta sono i paesi delnord Europa, dove li aspetta una reteconsolidata di parenti. Le loro condi-zioni di salute sono generalmentebuone, ma sovente presentano soffe-renze psichiche: disturbi dell’emoti-vità, ansia e depressione, disturbi delsonno e sintomi psicosomatici. Tutteconseguenze del dolore di essersi se-parati dai genitori, della lunga depri-vazione di acqua e cibo, delle torture,degli abusi e delle vessazioni chehanno vissuto durante il viaggio, eanche del costante terrore di morirecon cui hanno convissuto.

Minori prima che stranieriTra le principali destinazioni, in Ita-lia, di questo crescente flusso di mi-nori, c’è la Lombardia. La maggiorparte dei ragazzi presi in carico dalcomune di Milano è accolta in strut-ture specifiche per minorenni, esi-stenti e riadattate, o aperte apposita-mente in sinergia con realtà del pri-vato sociale. Ma i posti non sonocomunque sufficienti e sono decine iragazzini che restano per strada. Op-pure accolti in strutture per adulti.

Per rispondere all’emergenza po-sti si è tentata anche la strada deicentri Sprar, il sistema per l’acco-glienza rifugiati e richiedenti asilo,per minori. «Ma noi pensiamo chequesto modello, efficace per gli adul-ti, non sia adatto per i ragazzini, chehanno bisogno di una forte presenzaeducativa – commenta Matteo Zap-pa, responsabile dell’area minori diCaritas Ambrosiana –. Bisogna ribal-tare la prospettiva con cui si guarda aquesti ragazzi: sono minorenni con

esigenze specifiche perché migranti,non stranieri con esigenze specificheperché minori. Sul fronte dell’acco-glienza, insieme alle comunità, le fa-miglie che scelgono l’affido possonodare un grande contributo. Spesso ri-ceviamo richieste di famiglie dispo-nibili ad adottare. Non è però questolo strumento. Per il semplice motivoche la stragrande maggioranza diquesti cosiddetti minori non accom-pagnati non sono affatto orfani. Lostrumento migliore è l’affido familia-re. In fondo è anche un modo peresprimere in modo attivo il proprioruolo di cittadini responsabili».

Sfamare col “pocket money”In Sicilia, dove gli sbarchi, negli ultimianni, si sono fatti sempre più nume-

Spesso riceviamo richieste di famigliedisponibili ad adottare. Non è però questolo strumento. La maggioranza di questi

minori non sono affatto orfani. Lo strumentomigliore per aiutarli è l’affido familiare

rosi (e dove, con il ritorno della buonastagione, sono attese altre decine dimigliaia di migranti), la situazione èfortemente problematica. «La que-stione è seria, ma non posso certo direche nelle comunità si respiri una brut-ta atmosfera – confida don Enzo Co-sentino, direttore della Caritas di Pia-na degli Albanesi, a Palermo –. Loro, igiovanissimi migranti, sono come pri-ma cosa contenti. Contenti di esserearrivati vivi, contenti di essere in Italia,contenti che il loro viaggio sia finito.Hanno una grande voglia di sentire igenitori, di far sapere a casa che ce l’-hanno fatta e che sono vivi, e vorreb-bero subito mettersi a lavorare».

Questo è uno degli ostacoli più ar-dui: l’aspettativa così forte e radicata,costruita e maturata nelle frequenta-zioni sui social network, in base allaquale in Italia si trova subito lavoro econ poco ci si fa ricchi. «Spesso il poc-ket money di 2,50 euro che ricevonoogni giorno lo conservano – continuadon Enzo –: a fine mese le 50 euro cheavanzano rappresentano comunquequalcosa da mandare alle famiglie. Ein posti come la Nigeria, significa farmangiare tante persone».

Ma il problema, nell’isola, riguarda

IN FUGA DALLA LEVAMinori non accompagnati di origineeritrea pranzano nel centrodi accoglienza Baobab, a Roma

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d’ora appaiono chiare le sue virtù e isuoi limiti. Il valore del Rei è rappre-sentato dall’avvio di un processo chenei prossimi anni potrà portare il no-stro paese ad avere una misura uni-versale di contrasto alla povertà, conun mix di sostegno al reddito e presain carico dei destinatari.

Questo processo è reso però com-plicato dai cosiddetti “differenzialiregionali”: buona parte delle regionidel sud ha contemporaneamenteservizi territoriali più deboli e unamaggiore percentuale di famiglie po-vere. Senza un finanziamento deiservizi, si rischia dunque di avere unariforma zoppa.

D’altro canto la prospettiva uni-versalistica va resa concreta attraver-so un finanziamento via via maggio-

riservato a una parte dei poveri asso-luti, che la norma approvata indivi-dua con criteri molto simili a quellidel Sia: nuclei con minori o con figligravemente disabili o donne in gra-vidanza, oppure con almeno un55enne disoccupato. Il finanziamen-to rappresenta inoltre un altro vinco-lo significativo: dal 2018 il Rei avràuna dotazione di risorse di circa 2miliardi di euro, non sufficiente perraggiungere tutte le famiglie in po-vertà assoluta. La graduale estensio-ne dell’area dei beneficiari sarà con-dizionata dall’effettivo aumento del-le risorse a disposizione.

Per vedere l’effettivo avvio dellamisura si dovrà attendere il decretoattuativo che tradurrà in concreto leindicazioni della norma, ma già sin

Buona parte delle regioni del Sud ha serviziterritoriali più deboli e una maggiorepercentuale di famiglie povere. Senza

un finanziamento dei servizi, si rischiadunque di avere una riforma zoppa

re, tale da coprire il target di povertàassoluta, oggi a quota 4,6 milioni dipersone. Partire gradualmente puòessere più efficace, per abilitare i ser-vizi a nuove forme di presa in caricoe per rafforzarli se carenti. Ma la pro-spettiva deve essere indicata. In que-sto senso, si è in attesa di un Pianonazionale di contrasto alla povertà,che potrebbe definire le prospettiveanche finanziarie di una azione resanecessaria dal disagio sociale gene-rato da anni di crisi economica, co-struendo un programma di lavoropluriennale e verificabile.

In altri termini: la legge delega èun primo passo importante, forsestorico, di un percorso che deve esse-re graduale, ma chiaro nel definiretempi, priorità e risorse, al fine diconsentire un grande investimentocollettivo, che renda possibile la rea-lizzazione della legge delega. Per evi-tare un’altra incompiuta, da colloca-re nella sconsolante e affollata galle-ria delle riforme a metà.

«Si tratta di un deciso passo in avanti, pur nella consapevolezza della necessità di unadecretazione attuativa all’altezza della sfida». Così l’Alleanza contro la povertà in Italia,raggruppamento di 35 sigle del mondo sociale, associativo e sindacale italiano (com-presa Caritas Italiana, che fu tra i promotori nel 2013), ha commentato l’approvazionein via definitiva, da parte del Senato, della legge istitutiva del Reddito d’inclusione.

«Va riconosciuto – ha sostenuto il comunicato dell’Alleanza – l’impegno del Parla-mento e delle forze politiche che, anche attraverso l’ascolto del nostro appello del 28dicembre, hanno sostenuto, in diversi modi, questa battaglia. Così come vanno ricorda-te con gratitudine le parole d’incoraggiamento» del Presidente della Repubblica in occa-sione del Messaggio di fine d’anno.

Ora però, secondo l’Alleanza, si pone una sfida «duplice: sviluppare una decretazioneefficace per una misura che è contestualmente di sostegno al reddito e di inclusionesociale; d’altro canto, predisporre un Piano nazionale contro la povertà, che definiscastrategie attuative e di finanziamento incrementali, che consentano il progressivo ampliamento dell’utenza, sino a raggiungere tutta la popolazione in povertà assoluta».

Quattro sono gli «elementi principali» che, secondo l’Alleanza, «vanno incorporati nei decreti delegati, per garantire l’efficacia della misura:. assicurare che il fondo povertà sia articolato in due componenti complementari: contributi

economici e servizi alla persona, garantiti attraverso il welfare locale. Ai servizi alla perso-na dovrebbe essere assicurato un finanziamento adeguato: solo così, infatti, il Rei puòrisultare effettivamente inclusivo e capace di modificare le condizioni di vita delle persone;. assicurare eque condizioni di accesso alla misura, attraverso un utilizzo dello stru-mento dell’Isee e sulla base del reddito disponibile, che dovrà servire da riferimentoper la quantificazione del beneficio, tenendo anche conto dei costi dell’abitare;. garantire assistenza tecnica a tutti i territori coinvolti, così da porli nelle migliori condizioni per costruire percorsi d’inclusione. Sempre a tal fine, prevedere forme associate di gestione del Rei tra i comuni di un medesimo ambito territoriale; . assicurare un incisivo sistema di monitoraggio e valutazione dei servizi, per verificar-ne l’efficacia, la crescita incrementale e la qualità».

L’ALLEANZA CONTRO LA POVERTÀ«Quattro elementi, per una reale efficacia»

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Ok definitivo del Parlamento al Reddito d’inclusione,strumento a vocazioneuniversale, sul qualegravano vincolirelativi ai destinatari,al finanziamento, ai servizi. Si attende il decreto attuativo:porrà le basi per unvero Piano nazionaledi lotta alla povertà?

a qualche settimana l’Italiaha finalmente una legge chesi occupa di povertà. Ma èsolo l’inizio di un percorsoche sarà necessariamente

lungo e complesso. Il 9 marzo scorso,infatti, il Senato ha approvato in viadefinitiva il disegno di legge delega sulcontrasto della povertà, senza modifi-che rispetto al testo già passato allaCamera nel luglio 2016. La legge intro-duce una misura nazionale di contra-sto della povertà assoluta, denominataRei, cioè Reddito di inclusione, checonsiste in un trasferimento moneta-rio riservato alle famiglie con Isee mol-to basso, insieme a forme di presa incarico da parte dei servizi territoriali.

Ormai è dunque certo: il reddito diinclusione sarà una misura che dovràessere garantita in ogni regione, aogni cittadino che si trovi in determi-nate condizioni di povertà. Potrà es-sere erogata anche alle famiglie stra-niere, purché con un requisito mini-mo di residenza in Italia.

La misura dovrà essere resa progres-sivamente universale, vale a dire nonriservata a specifiche categorie, ma su-bordinata alla verifica dei mezzi eco-nomici, da effettuarsi sulla base del-l’Isee. E sarà erogata sulla base di con-dizionalità connesse all’impegno, daparte del soggetto interessato, a rispet-tare un progetto personalizzato di rein-serimento sociale e lavorativo, che saràpredisposto dalla rete dei servizi socialiterritoriali. Il reddito di inclusione as-sorbirà il Sia (Sostegno per l’inclusioneattiva), entrato in vigore a settembre2016, riservato solo alle famiglie conminori o con figli disabili, anche adulti,o donne in gravidanza. Il Rei dovrebbeassorbire anche altre misure destinateal contrasto alla povertà, come la cartaacquisti ordinaria o l’assegno per le fa-miglie con almeno tre minori, in tempiragionevolmente non brevi.

Circa 2 miliardi dal 2018Il Rei è, quindi, una misura a vocazio-ne universale. Ma sarà inizialmente

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Benvenuto Rei,al

nazionale lotta alla povertà

di Francesco Marsico

non sia un’incompiuta

OLTRE L’ASSISTENZAUtente di un centro d’ascoltonella diocesi di Milano attendeuna borsa alimentare. Il Reidarà risposte strutturalia questi soggetti?

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Caritas diocesane e chiese locali intutta Italia, offre numerosi spunti dianalisi e delinea interessanti prospet-tive di lavoro. La legge non si esauri-sce infatti nelle disposizioni imme-diate, ma continuerà a proporre sfide.Anzi, una tripla sfida: di partecipazio-ne e collaborazione, culturale e orga-nizzativa. Che imprese, istituzioni e ingenerale la società italiana sembranodisposte a cogliere.

Una logica di sistemaAssociazione Banco Alimentare Ro-ma, Associazione Sempre Insiemeper la Pace, Croce Rossa Italiana, Co-munità di Sant’Egidio, FondazioneBanco Alimentare, Fondazione Ban-co delle Opere di Carità e Caritas Ita-liana, in quanto enti caritativi iscrittiall’albo istituito presso l’Agea (l’agen-zia governativa competente in mate-ria) ai fini dell’assegnazione dei pro-dotti alimentari, sono anche tra icomponenti del Tavolo permanentedi coordinamento, promosso dal mi-

di Monica Tola

A sei mesi dall’ok in Parlamento,organismi caritativi e istituzioni si misurano con la legge 166, chefavorisce la donazionedi eccedenzealimentari. È prestoper un bilancio. Ma le prospettive di lavoro sono chiare.E non mancanoincoraggiantiesperienze

metà dello scorso settem-bre è entrata in vigore lalegge 166/2016. Conosciu-ta soprattutto come “leggeantispreco”, sulla base della

principale finalità esplicitamenteprevista, la norma persegue anche al-tri importanti obiettivi, volti a favori-re il recupero e la donazione delle ec-cedenze alimentari. «La legge final-mente stabilisce che è prioritariorecuperare il cibo, invece che distrug-gerlo, perché sia donato alle personepiù povere. E ha il merito di riorga-nizzare il quadro normativo che re-gola le donazioni degli alimenti in-venduti, con misure di semplificazio-ne e incentivazione», commentòall’epoca dell’approvazione il segre-tario generale della Fondazione Ban-co Alimentare, Marco Lucchini.

Valutare oggi, a sei mesi dal varo, ilgrado di attuazione della legge è pre-maturo. Ma il susseguirsi di incontrie confronti territoriali, con l’attivapartecipazione di enti caritativi, di

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Menosprechi

la tripla sfida è lanciataaiutipiù

nazionale cibo

RIFORNITI CON ECCEDENZEEmporio Caritas a Roma,“capostipite”, in Italia,di una serie che ormaiconta decine di servizi

ARRIVI E RIMPATRI,I DIRITTI SONO GARANTITI?

ste, spesso organizzate o sostenuteda gruppi di estrema destra e dal par-tito Lega Nord.

A metà dicembre, circa 120 milapersone avevano cercato asilo in Ita-lia, un dato in aumento rispetto alle83mila del 2015. I cittadini nigeria-ni e pachistani sono stati i due grup-pi più numerosi. Nel corso del 2016,circa il 40% dei richiedenti ha rice-vuto qualche forma di protezione inprima istanza.

Il programma di ricollocazionedei richiedenti asilo provenienti daItalia e Grecia in altri paesi dell’Ue,adottato a settembre 2015, non si èconcretizzato. Dei 40 mila richie-denti asilo che avrebbero dovuto es-sere trasferiti dall’Italia, soltanto2.654 sono stati ricollocati in altripaesi. Nessun minore non accompa-gnato è stato trasferito.

L’Italia ha anche garantito l’acces-so umanitario a circa 500 persone tra-sferite grazie a un programma finan-ziato dalle ong religiose Sant’Egidio eFederazione delle chiese evangelichein Italia. Invece il governo non haadottato i decreti necessari ad abolire

il reato di “ingresso e soggiorno illegale”, nonostante glifosse stato richiesto dal parlamento nell’aprile 2014.

A dicembre, nel caso “Khlaifia e altri vs. Italia”, la Corteeuropea dei diritti umani ha stabilito che alcuni migrantitunisini, giunti in Italia nel 2011, erano stati arbitraria-mente arrestati e privati della possibilità di fare ricorsocontro la loro detenzione prima di essere rimpatriati inTunisia. A novembre, la procura di Perugia ha incrimina-to sette funzionari di polizia, una giudice di pace e tre di-plomatici kazaki per reati connessi al rapimento e al-l’espulsione illegale in Kazakistan, avvenuta nel maggio2013, di Alma Shalabayeva e Alua Ablyazova, moglie e fi-glia di 6 anni di Mukhtar Ablyazov, un politico kazako del-l’opposizione. A luglio 2013, il governo italiano aveva an-nullato retroattivamente l’ordine di espulsione, ricono-scendo che il loro rimpatrio forzato ad Almaty avevaviolato la legge italiana.

l Rapporto 2017 di Amnesty International contiene una dettaglia-ta analisi della situazione dei diritti umani in 159paesi e denun-cia che 36paesi nel mondo hanno violato il diritto internaziona-

le, rimandando illegalmente rifugiati in paesi dove i loro diritti umanierano in pericolo. Criticità sono segnalate anche nel nostro paese.

È stato calcolato che nel 2016 oltre 4.500 persone siano morte nelMediterraneo centrale nel tentativo di raggiungere l’Italia su imbarca-zioni sovraffollate e insicure, il dato peggiore mai registrato. Oltre 181mila rifugiati e migranti hanno raggiunto l’Italia dall’Africa del nord,con un leggero aumento rispetto agli anni precedenti. La stragrandemaggioranza era partita dalla Libia edè stata salvata in mare dalla guardiacostiera e della marina militare italia-na e di altri paesi, da imbarcazionimercantili e, sempre più spesso, danavi delle organizzazioni non gover-native. Tra gli sbarcati, oltre 25.700erano minori che viaggiavano da soli,più del doppio rispetto al 2015. Leautorità hanno avuto difficoltà a ga-rantire che fossero trattati secondogli standard internazionali.

I cittadini dei paesi con cui l’Italiaha negoziato accordi di rimpatriohanno continuato a essere rinviatiforzatamente nei paesi d’origine, sollevando il timore chenon avessero avuto accesso a un’adeguata procedura diasilo e che fossero stati espulsi senza una valutazione deirischi potenziali connessi al ritorno in patria. Il 24 agosto2016, per esempio, un gruppo di 40 persone identificatecome cittadini sudanesi è stato rimpatriato dall’Italia al Su-dan. All’arrivo il gruppo, che comprendeva persone fuggitedalle violenze in Darfur, è stato interrogato dal serviziod’intelligence e sicurezza nazionale sudanese, un’agenziaimplicata in gravi violazioni dei diritti umani in Sudan.

Nigeriani e pachistani i più numerosiA fine 2016, il sistema di accoglienza italiano ospitava ol-tre 176.500 persone, per lo più in centri di emergenza.La ridistribuzione dei richiedenti asilo in tutto il paese hacontinuato a incontrare l’opposizione di alcune autoritàlocali e dei residenti. In diverse città si sono svolte prote-

Amnesty International:

tra i punti critici perl’Italia, il dubbio chei migranti rimpatriati

non abbiano avutoun’adeguata procedura

d’asilo e siano statiriconsegnati ad autorità

non democratiche.Segnalati arresti

ed espulsioni illegali

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databasedi Walter Nanni

Rapporto 2017

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La filiera di FirenzeLe esperienze di lavoro in questo am-bito sono ormai molteplici e spessoconsolidate. In prospettiva, però, an-che aspetti squisitamente logisticipotrebbero essere (ri)progettati insie-me, per evitare o limitare la dispersio-ne di depositi e mezzi. Nei contestimetropolitani, esigenze di specializ-zazione del servizio (mense, distribu-zione di pacchi a domicilio, empori,unità di strada) potrebbero beneficia-re di specializzazioni anche sul frontede recupero delle eccedenze.

A Firenze, ad esempio, Banco Ali-mentare e Caritas diocesana gesti-scono insieme rispettivamente il re-cupero e la distribuzione delle ecce-denze alimentari della mensaregionale di Novoli. Caritas, sollecita-ta dalle richieste di alcune realtà par-rocchiali, ha inoltre attivato da circaun anno un semplice sistema di con-divisione delle donazioni effettuate alivello parrocchiale. Ogni cessioneeccedente le possibilità di recuperodella parrocchia confluisce a livellodiocesano, per poi raggiungere tuttele altre 40 realtà aderenti al progetto“Perché niente vada perduto”. «È unmodo per potenziare la filiera del re-

vazione, la legge 166/2016, conside-rata a ragione una delle eredità di Ex-po 2015, ha suscitato un rinnovatointeresse attorno al tema del contra-sto allo spreco, e reso attuali e final-mente approcciabili anche per pic-cole realtà associative e aziendali i te-mi della cessione gratuita e delrecupero dei beni alimentari.

Considerare la donazione comeparte di un processo riconosciuto estandardizzato di riduzione deglisprechi è infatti traguardo auspicabi-le, ma non facilmente raggiungibile,tanto più per le piccole imprese. Tut-tavia l’interesse è crescente: «Conl’entrata in vigore della legge sonoaumentati i contatti da parte di pic-cole realtà produttive o della distri-buzione, in cerca di informazionichiare su come procedere per le do-nazioni – rileva Cristina Valesani, vi-cepresidente esecutivo dell’Associa-zione sempre insieme per la pace –.Si tratta di disponibilità preziose, cheabbiamo il dovere di sostenere».

Cominciano a cambiare, dunque,anche le aspettative nei confronti de-gli enti caritativi, la cui responsabilitàè chiamata in causa non solo sul fron-te dell’aiuto agli indigenti, ma anche

rispetto alla capacità di offrire infor-mazioni puntuali e aggiornate perpromuovere la donazione. Si tratta diuna sfida organizzativa e una pro-spettiva di investimento non da poco,per realtà che si reggono soprattuttosu preziose risorse volontarie.

Ai soggetti donatari è richiesta, indefinitiva, la capacità di rispondere ef-ficacemente e rapidamente all’oppor-tunità, offerta dalle aziende, di distri-buire agli indigenti prodotti non di ra-do facilmente deperibili. «Si tratta dilivelli operativi, in termini di disponi-bilità di mezzi e persone, non semprealla portata delle piccole organizza-zioni, comprese le parrocchie – osser-va Luigi Tamburro, presidente dellaFondazione Banco delle opere di ca-rità –. Il nostro servizio deve suppor-tarle, inserendole in reti più ampie,per una migliore gestione del recupe-ro e per garantire risorse maggiori emigliori alle persone in difficoltà».

Offrire piattaforme, organizzan-dole nei territori, per renderle facil-mente accessibili a parrocchie e pic-cole organizzazioni, è in effetti unaprospettiva che la legge propone,seppur indirettamente, agli enti cari-tativi di secondo livello.

PRASSI DA CONVERTIRELo spreco domestico in Italia vale 13 miliardi all’anno. A sinistra, RefettorioAmbrosiano, mensa gestita da Caritas

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mestico, 110,5 chili di cibo all’anno perconsumatore finale finiscono nellaspazzatura. Sommati allo spreco indu-striale, sfamerebbero quasi 44 milionie mezzo di persone.

Alla luce di questi dati appare evi-dente perché, tra gli aspetti più posi-tivi della legge, si annoveri la chiarez-za con la quale viene indicata la pos-sibilità di donare alimenti anche incaso di irregolarità di etichettatura(purché non riconducibili alle infor-mazioni relative alla data di scadenzao alle sostanze o prodotti che provo-cano allergie e intolleranze) e oltre il“termine minimo di conservazione”(quello attestato dalla formula “con-sumarsi preferibilmente entro”), pur-ché siano garantite l’integrità del-l’imballaggio primario e le idoneecondizioni di conservazione. La leggeprecisa anche che il pane rimasto in-venduto può essere donato entro le24 ore successive alla produzione.

Si tratta di decisioni importanti,

nistero delle politiche agricole, ali-mentari e forestali.

Al tavolo siedono diversi soggetti,con competenze specifiche e com-plementari in ordine al recupero e al-la distribuzione delle eccedenze perfinalità sociali. Sono chiamati a co-struire proposte concretamente per-corribili per l’attuazione delle legge,su diversi fronti: la gestione del fondoper la distribuzione di derrate ali-mentari alle persone indigenti; lapromozione di progetti innovativiper la limitazione degli sprechi; lamessa in rete delle iniziative territo-riali di distribuzione; la conoscenzadegli strumenti, anche di natura fi-scale, in materia di erogazioni libera-li; la sensibilizzazione e le attività dimonitoraggio di eccedenze e sprechi.

«A livello nazionale – osserva BrunoIzzi, responsabile del reperimento aiu-ti alimentari della Comunità S. Egidio– è stata riconosciuta, valorizzata e raf-forzata una logica di “sistema”, che ve-de tutti gli operatori del settore ali-mentare contribuire a promuovere lalotta lo spreco e il recupero delle ecce-denze». È una logica giustamente ap-prezzata anche a livello europeo, cherichiede l’impegno di tutti i soggetti adandare oltre logiche autoreferenziali eche già promuove frutti nei territori.Per esempio a Pisa e Nola, dove tavolidi lavoro locali promuovono capacitàdi partecipazione, attitudine al dialogoe incisive sperimentazioni.

Risultati da socializzareIl 5 febbraio, Giornata nazionale con-tro lo spreco alimentare, il Barilla Cen-ter for Food & Nutrition ha presentatouno studio sullo spreco alimentare,condotto in 25 paesi. L’Italia, che pureottiene il massimo punteggio sulle“politiche messe in campo per rispon-dere allo spreco di cibo” proprio in vir-tù dell’entrata in vigore della166/2016, occupa il 9° posto in terminidi “cibo perso e sprecato”. A livello do-

Tra gli aspetti più positivi della legge, c’è la chiarezza con la quale viene indicatala possibilità di donare alimenti anche

in caso di irregolarità di etichettatura e oltreil “termine minimo di conservazione”

nazionale cibo I DATI

Sprecare costa caro

15miliardi 615milioni L’ammontare, in euro, dello spreco ali-mentare annuale in Italia (1% del Pil)

Più di13miliardi Il valore annuo, in euro, dello spreco domestico, che rappresenta il 75% del totale dello spreco.Lo spreco medio annuale per famigliaequivale a circa 145 chili di cibo, ovvero circa 30 euro mensili per famiglia. Le perdite annue, in euro,di alimenti in agricoltura ammontano invece a 1 miliardo 25 milioni, nell’industria a 1 miliardo 160 milioni, nella distribuzione a 1 miliardo e 430 milioni

550 mila tonnellateIl cibo recuperato in un anno in Italia e donato a chi ne ha bisogno. Il governoha dichiarato di voler raggiungere1 milione di tonnellate

che rendono immediatamente recu-perabili grandi quantità di prodottialimentari perfettamente commesti-bili, altrimenti destinati alla discarica.Eppure, questi alimenti sono ancoraguardati con preoccupazione. Unasfida importante si apre dunque sulpiano culturale. Per questo sono stra-tegiche le previsioni dell’articolo 9della legge, relative alla promozione dicomportamenti e misure per la pre-venzione degli sprechi. Alle trasmis-sioni radiofoniche e televisive da par-te del servizio pubblico, è previsto peresempio che si aggiungano campagnenazionali di comunicazione dei datirelativi al recupero alimentare e allaredistribuzione a fini benefici. Anchele organizzazioni caritative, e anche alivello locale, dovranno dunque nonsolo sensibilizzare le imprese e infor-mare i cittadini che guardano conpreoccupazione agli alimenti recupe-rati, ma dovranno investire sul frontedel monitoraggio, della verifica e dellasocializzazione dei risultati raggiunti.L’attuazione di questa (buona) leggepassa anche da queste azioni.

Piattaforme nei territoriMentre ancora era in corso di appro-

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rizzato da un’incrollabile fiducia nellemagnifiche sorti e progressive del siste-ma economico vigente. In più, Novakappartiene al gruppo dei neoconserva-tori americani che negli anni Ottantadel secolo scorso vollero utilizzare ilVangelo per sostenere la deregulationdel presidente Reagan. Così presenta-rono il libero mercato come “corollarioeconomico della comprensione cristia-na della natura umana”. Di più: per essiil “capitalismo democratico” era daconsiderare “il sistema più vicino aiVangeli realizzato dalla razza umana”.

Queste posizioni erano anche unareazione alla linea che in quegli anni laChiesa americana andava elaborando,per arginare le politiche di Reagan nonsolo sul terreno economico, ma anchesu quello militare. Un documento, daltitolo Giustizia economica per tutti, eraall’esame dell’episcopato statunitensee contro di esso si schierarono i gruppiteocon, legati a fondazioni e istituti distampo conservatore.

In effetti Novak contestava l’interoimpianto della dottrina sociale dellaChiesa e la sua critica all’ordine capi-talista dell’economia, e rifiutava una

norma etica valida anche per l’agire economico. La scuoladi Novak, presente anche in Italia, credette di trovare unaconferma della proprie tesi nel magistero di Giovanni PaoloII. Quando uscì l’enciclica Centesimus annus, Novak ebbea scrivere: «Nel Concilio Vaticano II Roma ha accettatol’idea americana di libertà religiosa, nella Centesimus an-nus ha assimilato l’idea americana di libertà economica».

Era un’affermazione infondata. Ma i seguaci del pensie-ro di Novak rimasero tuttavia saldi nelle loro convinzioni e– bisogna riconoscerlo – la mancanza di un’opinione pub-blica nella comunità cristiana ha impedito che si manife-stasse un adeguato approccio critico verso di esse. Oggi ilmagistero di papa Francesco offre in proposito spunti cri-tici e persuasivi ulteriori. E forse – sorpresa delle avventuredelle idee – proprio il “sistema delle incertezze” di Baumanpuò offrire una preziosa inseminazione di dubbi sull’ecces-so di certezze del pensatore americano.

ll’inizio del 2017 sono usciti di scena due personaggi chehanno lasciato un'impronta nella cultura del nostro tempo.Le loro dottrine, peraltro discusse e talora discutibili, hanno

fortemente influenzato (e continuano a farlo) la formazione del-l'opinione pubblica. Si tratta del sociologo Zygmunt Bauman e delteologo economista Michael Novak. Figure assai diverse: i loro in-segnamenti, assolutamente incomponibili, si prestano però a es-sere considerati come complementari.

Bauman è divenuto famoso per aver confezionato e accreditatoil concetto di “società liquida”, formula che ha avuto il successo piùgrande e la diffusione più estesa dopola soluzione dell’enigma di Edipo.Scienziati, pensatori, politici l’hannoadottata e usata come chiave di lettu-ra della cosiddetta “post-modernità”,descritta come uno stato di cose cherigetta ogni riferimento certo e stabileed eleva il... galleggiamento a criteriodi discernimento, se non a vera e pro-pria norma di vita.

I sociologi adottano un approcciodefinito “avalutativo”. Altro però èfermarsi davanti alla “complessità”,intesa come limite oggettivo allacomprensione umana. Altro è inveceadottare la “liquidità” non come ambientazione, ma co-me stato di cose durevole e strutturale. In questo secondocaso, l’immagine che meglio rende l’idea è quella dellaBabele come punto di confusione dei linguaggi e dellacapacità di comunicare, prima ancora che di scegliere. Iriflessi sono evidenti anche in politica.

È peraltro doveroso sottolineare che, dopo aver spa-ziato sulle contraddizioni e sulle tragedie del postmoder-no (comprese le “vite di scarto”), Bauman alluda a unavia d’uscita basata sul dialogo tra le entità che popolanoBabele. Un dialogo con le caratteristiche adombrate daun altro sociologo, Richard Sennet: “informale, aperto,cooperativo”. Con la speranza di reimmettere qualcosa disolido nel fluido che ci avvolge.

Vangelo e capitaleSu tutt’altro versante si colloca il pensiero di Novak, caratte-

A inizio 2017 sonoscomparsi il sociologoZygmunt Bauman e il

teologo Michael Novak,pensatori che hanno

influenzato l’opinionepubblica negli ultimi

decenni. Pensieriincomponibili, macomplementari: cisalverà un “dialogo

cooperativo”?

I FEDELI AL MERCATOE I TEORICI DI BABELE

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contrappuntodi Domenico Rosati

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cupero, valorizzare le donazioni e ga-rantire la capillarità e la rapidità delladistribuzione – osserva il direttorediocesano, Alessandro Martini –. Masoprattutto per promuovere la comu-nione tra le parrocchie, che presto,oltre alle eccedenze, condividerannoanche le disponibilità dei volontari».

La promozione e il monitoraggiostabile delle sinergie, a livello locale,tra enti caritativi iscritti nell’albo isti-tuito presso l’Agea, rafforzerebberoin effetti il sistema complessivo di re-cupero e distribuzione delle ecce-denze alimentari. La legge, come giàevidenziato, apre non pochi spazi adalleanze e collaborazioni. Spazi chealcuni cominciano già a sfruttare.

A Roma, ad esempio, lo scorso 23febbraio la Croce Rossa Italiana ha sot-toscritto con Confartigianato impreseRoma e Qui Foundation il protocollod’intesa del progetto #FoodSharing.«Noi ci impegniamo nella distribuzio-ne di beni alimentari vicini alla sca-denza recuperati dagli esercizi aderentiall’iniziativa, a vantaggio di personeanziane e famiglie in povertà, e perso-ne senza dimora che assistiamo rego-larmente. Ma il progetto è molto inte-ressante anche sul piano ambientale»,evidenzia Debora Diodati, presidentedel Comitato area metropolitana diRoma Capitale. Parallelamente, infatti,l’amministrazione capitolina ha siglatoun accordo con Confartigianato. «En-tro fine marzo sarà avviato un progettopilota di raccolta differenziata porta aporta presso duemila utenze non do-mestiche, in due municipi – chiarisceRiccardo Bucci, dell’area ambiente esostenibilità di Confartigianato –. I datirelativi ai beni alimentari recuperati da#FoodSharing saranno inoltre esami-nati, per individuare coefficienti di ri-duzione della tassa rifiuti».

Le scelte educative di AstiOggi solo pochissimi comuni (tra essi,Empoli, Ferrara e Prato) hanno dispo-

sto l’applicazione di un coefficiente diriduzione della tassa sui rifiuti per leimprese che donano eccedenze. Laquestione è rilevante e potrebbe con-dizionare in termini positivi l’attua-lizzazione delle legge nei territori, fa-vorendo cessioni capillari, soprattut-to da parte della grande distribuzionee di esercizi commerciali che hannoeccedenze importanti ed utili. Ma èevidente che il percorso può prose-guire solo nel confronto costante coni comuni, cui competono il calcolo ela formalizzazione degli incentivi.

Oltre a ciò, e in attesa del decretoattuativo sulla donazione dei farma-ci, resta aperta la questione delle mo-dalità telematiche di comunicazionedelle donazioni, da parte del cedente,agli uffici dell’amministrazione fi-nanziaria o alla guardia di finanza. «Ègià possibile non inviarla per le ces-sioni di beni alimentari facilmentedeperibili, qualora il valore dei beninon sia superiore a 15 mila euro almese. Però certamente la modalitàtelematica costituirà una semplifica-zione rilevante per le imprese», os-serva il presidente del Banco Alimen-tare Roma, Massimo Perrotta.

Il ministero della salute ha invece

nazionale cibo

UN PRANZO BUONOGenova, mensa delle suore Brignoline.Sempre più servizi simili stringonoaccordi per il recupero di eccedenze

Tra i nodi da sciogliere, resta aperta la questione delle modalità telematiche di comunicazione delle donazioni, da parte

del cedente, agli uffici dell’amministrazionefinanziaria o alla guardia di finanza

già avviato un tavolo per la predispo-sizione delle linee di indirizzo rivolteagli enti gestori delle mense, al fine diprevenire e ridurre gli sprechi, comeprevede l’articolo 10 della legge. Inattesa dell’emanazione, gli enti si or-ganizzano. Ad Asti il comune, lascuola primaria Rio Crosio, l’ente ge-store della mensa scolastica e la Ca-ritas della parrocchia Nostra Signoradi Lourdes hanno siglato un accordoper il recupero di quasi 9 mila pastiin un anno. «Il primo contatto lo ab-biamo avuto in Caritas diocesana –spiega il direttore, Giuseppe Amico –. Ma abbiamo ritenuto che i volontaridella Caritas parrocchiale coinvoltapotessero molto più efficacementegarantire il recupero puntuale e la di-stribuzione diretta alle famiglie be-neficiarie. Così è, infatti, con tutti ivantaggi della prossimità reale, an-che sul piano delle relazioni».

Il progetto astigiano è da studiare,perché è nato da precise scelte edu-cative, condivise da scuola e gestoredella mensa: i bambini possono sce-gliere la mezza porzione di ogni por-tata, eventualmente chiedendo il re-sto in seguito; non possono elimina-re un cibo dal piatto; tutte le pietanzedevono essere mangiate, anche se inporzioni piccole. In questo modo, ol-tre a responsabilizzarli, si garantisceche il cibo non consumato rimangaperfettamente confezionato e quindirecuperabile dalla parrocchia, cheprovvede alla distribuzione quotidia-na per 15 famiglie.

Non resta che allargare l’esperien-za ad altre scuole e parrocchie di Asti.E magari d’Italia!

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ca), attivo in 14 zone della diocesi. I volontari si occupano di ascolto, valutazione del biso-gno e accompagnamento di chi, soprattutto per la man-canza o per la riduzione del red-dito da lavoro, si trova in difficol-tà economica. Evoluzione delprogetto di microcredito etico-sociale, Strade utilizza strumentidiversi, calibrati sulla singola

MILANOFrancesco consegna55 case popolariristrutturatedalla diocesi

Sonostate

idealmenteconsegnatedurante

la messa celebrata da papa Fran-cesco, sabato 25 marzo nel par-co di Monza, le 55 case ristruttu-rate da Caritas Ambrosiana perfamiglie in difficoltà: il progettoha riguardato un lotto di alloggipubblici sfitti, assegnati con ban-do pubblico dal comune di Mila-no alla Fondazione San Carlo.L’intervento è stato possibile grazie alla diocesi di Milano, cheha attinto a fondi otto per mille.Quattro famiglie sono entrate neiprimi appartamenti tra fine mar-zo e i primi di aprile, altre ottosono pronte a entrare nella pri-ma metà di aprile e tutte le altrenei prossimi tre mesi. All’avvisopubblico hanno risposto 800 famiglie, Caritas Ambrosiana ha selezionato i beneficiari cherispettavano i requisiti stabiliti.Le case si trovano nel quartieredi Niguarda e sono offerte conun canone in affitto calmierato.

VICENZAVolontari cercansiper dare continuitàa Strade, serviziocontro la crisi

LaCari-

tas dioce-sana cercavolontari

per accompagnare di chi è in difficoltà economica; così a finemarzo ha avviato un corso di for-mazione, per trovare persone disposte ad affiancare i circa150 volontari che già operanonel servizio Strade (Servizio terri-toriale relazione di accompagna-mento nella difficoltà economi-

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Elisa Cavandoli (Caritas Reggio Emilia – Guastalla). «Attraverso la mostra interatti-va In fuga dalla Siria proviamo a far capire i sentimenti e le ragioni di chi fugge dalproprio paese a causa della guerra. Promossa dal Granello di Senapa, la mostrapuò essere utilizzata da parrocchie, scuole, associazioni. Pone una domanda preci-sa: se fossi costretto a lasciare il tuo paese, che cosa faresti? Noi consegniamo a ogni visitatore un’identità, un passaporto di un immigrato. La persona inizia la visita e passa davanti ai vari pannelli, ciascuno deiquali descrive un evento e invita a una scelta. A seconda della scelta, si va a un altro pannello.È il visitatore che crea il proprio percorso. Allafine si arriva a un cartello: “La tua storia finiscequi”, in riferimento al nome e alla storia di unapersona che ha fatto davvero, durante il suoviaggio reale, le stesse scelte del visitatore».

Luca Grandi (Caritas Grosseto). «C’è un’altra economia, che non è legata alle logiche del profitto, ma è capace di creare relazione, comunione. Ruota intor-no a questo tema anche la seconda edizione della scuola “Economia e comuni-tà”. L’economia diventa davvero strumento di relazione nel momento in cui si rie-sce a costruire una rete, facendo anche proposte a privati, liberi professionisti,persone che possono incidere sul tessuto sociale. Deve essere una relazione che sappia creare una nuova cultura, un nuovo modo di vedere le azioni, l’accom-pagnamento della comunità».

Daniela Marlina (Caritas Trapani). «La mia città, breve video dei ragazzi dei Centridi aggregazione giovanile (Cag) della Caritas di Trapani, ha vinto un concorso pro-mosso in ambito locale. C’è la periferia di Trapani, nel corto, e ci sono soprattut-to i bambini dei Cag. Il video ritrae i minori nei loro quartieri, dove prevalgono il degrado urbano, l’immondizia, palazzoni, strade un po’ dissestate. Tutto all’ini-zio viene filmato in bianco e nero, per sottolineare la trascuratezza di certi luoghi,che sembra quasi annullare la voglia di futuro. Ma i bambini continuano a corre-re, a scherzare, quindi il futuro c’è, e va costruito attraverso l’impegno di ciascu-no. L’anno scorso, dopo l’enciclica Laudato Si’, abbiamo cominciato con i ragazzia fare una riflessione sull’ambiente, li abbiamo portati fuori dai loro quartieri, in giro per la città, a fotografare il mare, la spiaggia, le chiese, e ci siamo resiconto che nel territorio in cui vivono non ci sono spazi ludici, non ci sono parchi.Da lì l’idea del video, e attività come i laboratori di riciclo, la raccolta differenziata...».

Guerra in mostra, visitare è fare scelte.La città dei ragazzi, oltre il bianco e nero

3levocingiro di Danilo Angelelli

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situazione: dal microcredito ai sostegni di vicinanza, dall’af-fiancamento nei rapporti con le banche e le finanziarie alla re-visione delle priorità del budgetfamiliare, dalle pratiche di rateiz-zazione delle bollette all’acces-so agli “affitti sociali sicuri”. In 11 anni, il servizio ha seguitocirca 5.700 persone, erogandoaiuti per quasi 6 milioni di euro.

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Si sono aperte il 26 marzo e si concludono il 27 aprile le iscrizioni al concorso“In un altro mondo”, promosso da Conferenza episcopale italiana e Caritas Italia-na. Giunto alla quarta edizione, il progetto – rivolto a giovani dai 20 ai 30 anni –mette in palio trenta giorni di formazione umana in luoghi del mondo in cui si rea-lizzano progetti otto per mille. Ai quattro vincitori sarà chiesto – spiegano i promo-tori – «di misurarsi concretamente con quattro valori da non dimenticare: solida-rietà, altruismo, condivisione e fraternità». I giovani saranno accolti in strutture dipaesi poveri, sostenute con le risorse che gli italiani destinano alla Chiesa cattoli-ca. Anche quest’anno la selezione avverrà sul web: www.inunaltromondo.it

Il Consiglio permanente della Ceiha nominato a marzo per un nuo-vo mandato alla guida di CaritasItaliana monsignor FrancescoSoddu, della diocesi di Sassari. Il presidente di Caritas Italiana, il cardinale Francesco Montenegro,arcivescovo di Agrigento, interpre-tando i sentimenti di operatori

e collaboratori ha espresso un sentito ringraziamento a don Soddu per la competenza, la passione, la capacitàdi ascolto e di dialogo con cui ha guidato Caritas Italiananel suo primo quinquennio da direttore, incoraggiandoloa proseguire con lo stesso impegno «a servizio delleChiese che sono in Italia, per portare insieme un contri-buto al rinnovamento della diaconia della carità, dellagiustizia e della pace». Nel ringraziare per la fiducia con-fermata, don Soddu ha esortato tutti a continuare nel la-voro comune e condiviso, in un percorso di costante rin-novamento in consonanza ai tempi e ai bisogni, per unaCaritas sempre più capace di comunicare e testimonia-re, animare e promuovere, attraverso i fatti e le opere,nel rispetto del suo ruolo prevalentemente educativo.

A metà marzo erano ancora 11.295 le persone assistitedal Servizio nazionale della Protezione Civile in seguito ai terremoti che hanno colpito l’Italia centrale il 24 agosto,il 26 e il 30 ottobre 2016 e il 18 gennaio 2017, a cui sisono sommati il forte maltempo e la riattivazione di alcu-ni movimenti franosi. Altrettanto numerose sono inoltrele famiglie in autonoma sistemazione, che attendono leverifiche di agibilità. La fase della prima emergenza nonè dunque ancora conclusa, e Caritas Italiana ritiene im-portante continuare a stare accanto alla gente, tramitegli operatori delle Caritas diocesane dei territori colpiti e delle Chiese sorelle nei gemellaggi. Oltre alla vicinanzaper i bisogni quotidiani, Caritas sta avviando la progetta-zione sociale, utilizzando due strumenti: la mappaturadei territori e dei bisogni delle persone e delle famiglie,per mantenere la coesione di comunità che vogliono con-tinuare a esistere e pensarsi come popolo dell’Appenni-no; l’analisi strutturale di tipo socio-economico. Spettaalle istituzioni locali e nazionali assicurare le soluzioniabitative temporanee e il ripristino del territorio e proget-tare il futuro dei centri terremotati, ma l’impegno di Cari-tas per tessere comunità è immutato, e verrà espressocon continuità tramite azioni che dureranno anni.

GIOVANI“In un altro mondo”: formazione nei paesi dell’otto per mille

INCARICHIMonsignor Soddu confermatodirettore di Caritas Italiana

TERREMOTOProgettazione socio-economica,per consolidare le comunità

«Il 21 marzo è il primo giorno di primavera ed è lasciandoci in questo giorno che don Giuseppe e don Giovanni ci hanno detto come continuare a inseguire le gemme del cambiamento sociale». Così si legge in una nota dellaFondazione “Emanuela Zancan”, che il primo giorno di primavera ha presentato le iniziative previste a Padova,

una messa in cattedrale e un convegno, per ricordare i suoi due presidenti (e “padri fondato-ri” di Caritas Italiana) scomparsi nel 2013 e 2015, monsignor Giovanni Nervo e monsignorGiuseppe Pasini. Il presidente, il direttore e gli operatori di Caritas italiana hanno ricordato il loro primo presidente e direttore, monsignor Nervo, e colui che gli succedette per due man-dati, monsignor Pasini, con una celebrazione eucaristica a Roma. Intanto è aperto il nuovobando relativo al premio “Teologia della carità e solidarietà”, intitolato ai due sacerdoti e giuntoalla seconda edizione: mette a disposizione quattro borse di studio, scade il 21 luglio (info www.caritas.it).

FONDATORI CARITASNervo e Pasini, celebrazioni e nuova edizione del premio

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e San Policarpo, entrambe nella periferia est di Roma, con il coinvolgimento di una quaranti-na di persone. Seguirà un’altra parrocchia,dove sono già attivi un’unità di strada,che incontra e cerca di instaurare un rapporto di vicinanza con le prostitute,e un gruppo di monitoraggio che si recanei campi rom.

La formazione ha come suo perno lo Sni, il Ser-vizio notturno itinerante che da anni assicura la pre-senza di volontari Caritas dal centro all’estrema periferia,per incontrare gli homeless nelle stazioni, sotto i ponti o nei parchi, non con lo scopo di portare viveri o abbiglia-mento, bensì di entrare in contatto con le persone che vivo-no sulla strada, costruendo un rapporto di fiducia. Ora laformazione (di qualità, non rivolta genericamente a grandinumeri) mira a coinvolgere le parrocchie, per individuarepersone disposte a favorire un servizio capillare nei territori.

un supporto alle loro famiglie.Casa Wanda, situata nel cuoredel parco di Villa Glori, è attrezza-ta con ambienti interni protetti e sicuri e dotata di spazi esterniprogettati con cura per un’appro-priata stimolazione mentale e fi-sica del malato di Alzheimer. Nelconcreto, il centro offre ascolto e supporto psicologico alla popo-lazione che invecchia, ai familiarie ai caregiver, azioni di valutazio-ne cognitiva ed emotivo-compor-tamentale, ma anche momentiaggregativi e riabilitativi e un laboratorio di “musicArterpia”.L’obiettivo è favorire la perma-nenza della persona malata nel contesto sociale e familiaredi appartenenza, offrendo un’as-sistenza globale e calibrata supiani di intervento personalizzati.

TRANI-BARLETTA-BISCEGLIECorsi per potatorie per giardinieri:agricoltura, chanceper chi cerca lavoro

Si è svolta a marzo, pressola sede della Caritas citta-

dina di Corato (Bari), la consegnadegli attestati a coloro che han-no frequentato il corso per pota-tori di alberi di ulivo. L’iniziativa

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La Caritas diocesana di Roma vuole sperimentareun nuovo modo per affrontare l’homelessness

e in generale le marginalità di strada. Per questo ha pro-mosso un innovativo progetto di formazione nelle parroc-chie della capitale. Lo scopo è fornire un’adeguata infor-mazione a giovani e adulti che vogliono offrire un servizioe un aiuto agli altri e al territorio, preparandoli, attraversoincontri settimanali, a diventare promotori della carità nei loro quartieri di residenza. Il progetto è cominciatonelle parrocchie Santissimo Sacramento a Tor de’ Schiavi

RAGUSAIntimidazionedopo la denuncia,ma il Presidioprosegue il lavoro

Hanno rotto una finestra e messo sottosopra gli sca-

toloni, senza rubare nulla. Intimi-dazione, ma eloquente e pesan-te, quella subita a fine febbraiodal Presidio Caritas a Marina di Acate, nel ragusano. Il servizioopera all’interno del ProgettoPresidio, iniziativa nazionale (atti-va in 18 territori, soprattutto nelSud, grazie ad altrettante Caritasdiocesane) contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo, in particolare in agricoltura. L’inti-midazione è avvenuta pochi gior-ni dopo che alcuni operatori delcentro avevano partecipato allatrasmissione Rai Radio Anch’ioper parlare di agromafie. Il Presi-dio è tornato operativo pochigiorni dopo l’accaduto; vi opera-no uno sportello legale e unosindacale curato dalla Cgil, unservizio di medicina e infermeriae la fornitura di alimenti per neo-nati. A responsabili e operatoridel Presidio ragusano hannoespresso solidarietà, tra i molti,anche presidente e direttore di Caritas Italiana.

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ha coinvolto una trentina di per-sone ed è il primo dei tanti corsiabilitanti a professioni agricoleche si terranno in futuro, su ini-ziativa della Caritas diocesana e locale. Sono infatti in program-ma anche corsi per potatori di vigna e per giardinieri.

LAMEZIA TERMEImmobile confiscatoalla mafiadiventa centrod’accoglienza

A fine 2016 la giunta co-munale di Lamezia Terme

ha assegnato alla Caritas dioce-sana un bene confiscato alla mafia, per la durata di 15 annirinnovabili. L’immobile servirà a realizzare un centro di acco-glienza per i giovani con dipen-denze patologiche e uno spaziodi pronta accoglienza per donne(con bambini) senza dimora. La realizzazione di questa operasegno rappresenta il raggiungi-mento di un obiettivo che le Cari-tas calabresi si sono date nel-l’ambito del progetto “CostruireSperanza”. Sarà la FondazioneCaritas di Lamezia Terme a gesti-re l’immobile e il terreno di perti-nenza, della superficie di quasi 4 mila metri quadri.

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ROMAFormazione nelle parrocchieper promuovere l’incontro conhomeless e marginalità di strada

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le difficoltà che possono derivareda una situazione d’indigenza.Chi ha poche risorse economi-che, infatti, a volte viene privatodella possibilità o addirittura della volontà di curarsi, a causadi fenomeni di depressione. Gli operatori del Punto d’ascolto,tutti professionisti, ricevono su appuntamento: hanno aderitoall’iniziativa 19 medici specialistie un’ostetrica. I sanitari sono disponibili per una valutazioneiniziale delle stato di salute dellapersona, inviata dalla Caritas, e offrono consigli per una corret-ta educazione sanitaria.

LIVORNOCucina, fotografiae ciclo-officina:Scuola dei Mestieri,si impara facendo

Sono aperte le iscrizioni ai corsi di aprile e maggio

della Scuola dei Mestieri, il pro-getto della Caritas diocesana di Livorno rivolto a disoccupati,inoccupati e a persone a rischiodi esclusione sociale. Attraversola Scuola dei Mestieri la Caritaspromuove percorsi di reinseri-mento sociale attraverso la “for-mazione non formale”. I parteci-panti hanno l’opportunità diessere introdotti ai mestieri arti-giani, di apprendere nuove abilitàe di scoprire nuovi interessi,spendibili sul mercato del lavoro.Ad aprile e maggio si terrannocorsi di cucina sociale, fotografiae ciclo-officina. Per aderire è ne-cessario avere più di 18 anni.

ROMAAscolto e servizi per i malati di Alzheimere le loro famiglie

Ha aperto le porte da iniziomarzo Casa Wanda, il cen-

tro promosso dalla Caritas dioce-sana di Roma per accogliere e aiutare persone affette da de-menza e da Alzheimer e offrire

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PARMAPunto d’ascoltoper favorirele cure sanitarietra gli indigenti

Asl e Caritas diocesana di Parma hanno siglato un

protocollo che riconosce l’attivitàdel “Punto d’ascolto sanitario”,aperto la scorsa estate dall’orga-

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nismo diocesano per le personeindigenti. Anche nel territorio par-mense, a causa della crisi eco-nomica, un numero sempre mag-giore di famiglie faticano adaccedere alle cure mediche. Con l’accordo prende forma pie-na e sistematica l’attività delPunto d’ascolto, che si affiancaai servizi pubblici per migliorarel’accesso alle cure, superando

Già prima del 2008 la città di Prato era in crisi, avendo accusato gli affanni del settore tessile. In dieci anni, la spina dorsale dell’economia locale ha accu-sato una sensibile riduzione, con migliaia di aziende chiuse.

La Caritas diocesana, attraverso i suoi centri di ascolto, ha colto da subito le sol-lecitazioni provenienti dal mondo del lavoro e si è attivata per cercare soluzioni. Nel2010 nacque un primo progetto d’inclusione lavorativa: orientamento alla fruizionedei servizi locali (centro per l’impiego, agenzie del lavoro, associazioni di categoria,ecc.) e aiuto nella costruzione di curriculum vitae; in base a competenze e bisognifamiliari, si selezionarono poi alcuni candidati per percorsi di inserimento aziendale.Nel tempo i progetti si sono evoluti, arrivando a utilizzare altri strumenti: tirocini for-mativi, voucher Inps, inserimenti in associazioni di volontariato con rimborso spese.

Colloqui e percorsiUna nuova fase del progetto è stata sviluppata dal 2016, con il titolo “Occupia-moci”. La finalità non è tanto far ottenere a chi cerca lavoro contratti a tempo indeterminato, quanto restituire dignità a chi non è più in grado di provvedere alle necessità essenziali proprie o della famiglia, limitando il più possibile il ricor-so ad aiuti assistenziali (anche per rafforzare l’autostima, connessa alla perce-zione di sé come soggetto che torna a essere utile alla famiglia).

Lo sportello può contare su un’operatrice che accompagna le persone duran-te gli inserimenti, stimolandole al maggior impegno possibile nella mansione che sarà loro affidata in azienda e ad acquisire competenze e professionalità,elementi che possono favorire una successiva assunzione. L’operatrice cura anche la ricerca di aziende sensibili al valore della solidarietà, con un’imposta-zione etica del lavoro e una spiccata attenzione alla formazione dei candidati.

Il progetto si rivolge a persone disoccupate, senza più ammortizzatori sociali,segnalate dai centri di ascolto. Anche se la maggioranza dei colloqui riguardapersone che hanno un’età compresa fra i 45 e i 60 anni, si affacciano con sem-pre maggior frequenza giovani dai 18 ai 20 anni, muniti di formazione medio-alta, che non riescono a trovare un’occupazione.

Solo nell’anno 2016 sono stati effettuati 96 colloqui, con 20 percorsi attivati, di cui 5 sfociati in assunzione (3 in seguito a tirocinio e 2 in seguitoa colloquio in azienda). Dei 20 percorsi, 9 tirocinisono stati attivati con fondi della provincia; 3 confondi del progetto; 8 hanno riguardato inserimentiin associazioni di volontariato o voucher Inps.

La crisi (del tessile) viene da lontano,“Occupiamoci” restituisce dignità

5di Claudia Santiniottopermille/Prato

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Fame

ARMATA DI SOLA ZAPPAAfaf Ngor pulisce un terreno

per preparare una seminadi fronte a ciò che resta

della sua vecchia casa nelvillaggio di Mading Achueng,regione di Abyei, Sud Sudan,

da anni teatro di aspri conflittiLa siccità diventa carestia nei paesi stremati da conflitti e da sistemi istituzionali fragili o falliti.Accade, oggi, in Sud Sudan, dove 5 milionisoffrono una pesante crisi alimentare:appello del Papa, risposta di Caritas

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ma di pace

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braccia, un guadagno sicuro per chissàquanto tempo, una pausa dai pensieripaurosi. E forse un cancro polmonareassicurato per i prossimi anni.

La sera, tutto si placa. E mentre nellamente di Subash – come in quella diDeepu, di Usha, di Sunil, di Mandani-ka, della piccola Nadeema, di Bishal edi molti altri – tornano a farsi stradapaure e idee di morte, ecco arrivare insoccorso l’alcol. Che sia sotto forma diwhisky o birra o raksi – bevenda locale,prodotto dalla fermentazione del mi-glio –, è la cura perfetta per molti. Noncosta tanto, scioglie i ricordi, addor-menta la rabbia che attende di scattare

come un lupo in agguato, allontanaper un po’ l’idea di farla finita. E conci-lia il sonno.

Assorbire le vibrazioniA due anni dal catastrofico terremotoche, il 25 aprile 2015 (con repliche nellesettimane successive), ha causato oltre8 mila morti e danni ingentissimi, ilNepal è ancora in piena ricostruzione.

Diversi problemi ambientali e poli-tici hanno rallentato per mesi le opera-zioni di soccorso e aiuto: i governi delpaese hanno continuato ad avvicen-darsi, rendendo le decisioni lente eprovvisorie; l’autorità per la ricostru-

ESISTENZE CAPOVOLTE DAL TERREMOTONiente più ponte, bisogna guadare il fiume per andarea scuola; training di beneficiari per la ricostruzionedi case; una famiglia guarda foto di prima del sisma;anziana ex albergatrice cuce borse per studenti

La sera, tutto si placa. Ed ecco arrivarein soccorso l’alcol. Che sia sotto formadi whisky o birra o raksi, è la cura perfetta

per molti. Non costa tanto, scioglie i ricordi,addormenta la rabbia, lupo in agguato...

zione è sistematicamente affidata aleader diversi, che costringono popo-lazione e organizzazioni a fare slalomtra regole e contro-regole; gli inverni ri-gidi si alternano a stagioni di battentipiogge monsoniche; scioperi, dimo-strazioni, blocchi locali sono all’ordinedel giorno.

Tutto ciò appesantisce un Nepal ric-chissimo di bellezze naturali e di turi-smo, ma povero di infrastrutture, vie dicomunicazione e servizi efficienti.

Le pietre che raccoglie Subash per-corrono chilometri per diventare fon-damenta di case nuove, non grandi masolide, di abitazioni resistenti agli urti,di rifugi sicuri in cui tenere le famiglie,qualora tutto d’intorno dovesse scuo-tersi ancora. In ogni angolo del paesediverse generazioni di muratori appli-cano quanto insegnato dagli ingegnerivenuti da Kathmandu, la capitale, e si-stemano con cura ogni pietra, cosicchési incastri con la vicina, in modo chepossano assorbire le vibrazioni e,amalgamate con il cemento, si inclini-no senza spezzarsi.

Primo, case agli emarginatiLe organizzazioni impegnate negli in-terventi post-terremoto, attenendosialle regole stabilite dall’Autorità per laricostruzione del Nepal (Nra), forni-scono alle popolazione corsi di forma-zione per la costruzione di abitazioniresistenti al sisma. Vi partecipano siamuratori già esperti – che spesso fannofatica a cambiare il metodo applicatoper anni e a credere alle novità intro-dotte da ingegneri incravattati –, maanche ragazzi e uomini dei villaggi.

Lo scopo è ricostruire il paese inmodo più sicuro, ma anche coinvolge-re le popolazioni nelle operazioni di ri-costruzione. Così possono ottenere unguadagno e collaborare attivamentealla rinascita della propria terra, po-nendo le basi per una società che par-tecipa maggiormente e si responsabi-lizza.

Il meccanismo dei progetti, applica-to anche dalla rete Caritas, è virtuoso:dopo la costruzione dell’abitazionemodello, le squadre procedono a rico-struire una ad una tutte le case. Gliadulti delle famiglie costruiscono lapropria casa, ma partecipano ancheall’edificazione delle case dei vicini: lacomunità rinasce ad opera di tutti, sul-le fondamenta di una solidarietà per

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di Beppe Pedron

pietreangosceLe

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elle notti di Subash ci sonosempre almeno quattro sve-glie.

Non servono né orologi,né allarmi dei telefoni, né che

Preeda lo chiami. Puntuali, ogni notte,ormai da troppi mesi, risuonano forti irumori dei ricordi. E con essi l’allarme,l’istinto di alzarsi a sedere sul letto econtrollare che tutto sia in ordine.

All’inizio c’erano anche la corsa ver-so l’uscita, il rendersi conto, qualchesecondo dopo, che un tetto di lamieracaduto in testa non fa gran male, il ri-tornare mesto nel letto condiviso conmoglie e tre figli ad ascoltare il russaredei vicini, le sveglie parallele di Deepu– il dirimpettaio, anch’egli ingabbiatodai ricordi – e il lento trascorrere delleore, fino all’alba.

Poi le corse si sono placate, la mentesi è convinta che tutto è quasi finito.Anche se non se ne sono andate le an-

Il Nepal è stato colpito due anni fa da un devastanteterremoto. A fatica, tra molti ostacoli,procede l’opera di ricostruzione. Che fa i conti con popolazionitraumatizzate. Ma capaci,se coinvolte,di svolgere un ruoloda protagoniste

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internazionale nepal

gosce, le immagini nere, le urla fortis-sime nel silenzio e l’abitudine snervan-te di aprire gli occhi, passare in rasse-gna la baracca e attendere il prossimosonno, nel quale attendere la prossimasveglia.

Di giorno è diverso: ci sono i bam-bini da mandare a scuola, l’erba da ta-gliare per il vitello, il lavarsi all’unicafonte del villaggio, per poi avviarsi allaraccolta, insieme a tutti gli altri.

La raccolta avviene al fiume, chescorre da sempre placido, sconfinato,inattaccabile dalle vicende umane:lungo le sue rive si raccolgono le pietreche sono diventate l’“oro bianco”. Daquando si ricostruisce l’intero paese,infatti, vengono da ogni dove per cari-care camion, rompere i sassi in pezzi,farne ghiaia di misure varie o polveredi cemento. Così Subash – che da sem-pre vive qui, giusto sopra il letto del fiu-me –, oggi ha la miniera a portata di

nei giorni di Subash

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sto. I bambini sono contenti della scuo-la nuova e i docenti, supportati da unaong italiana, vanno a scuola quasi sem-pre, si fermano sino a tardi e insegnanoin modo più efficace di quanto avveni-va prima del sisma. Preeda legge a ma-lapena ma vede l’impegno dei suoi trebimbi, vede i quaderni pieni zeppi dilettere e conti, vede i voti più alti e la ca-rica con cui i bambini si alzano la mat-tina, aiutano nei campi, si lavano, fan-no colazione, vanno a prendere l’acquapotabile e vestono l’uniforme consun-ta, per essere in classe prima di tutti.

Subash a volte salta ancora sul lettola notte, ma meno di prima. E ha smes-so di menare le mani. Certo, non ci so-no nemmeno troppe carezze. Ma,Preeda lo sa, verranno col tempo.

Il lavoro delle pietre e il piccolopezzo di terra ora coltivato a ortaggiaiutano a vivere meglio, mentre la ca-

Caritas Italiana, presente in Nepal da anni, con un supporto a distanza per programmi di sviluppo e di prevenzione della tratta di essere umani, dal 2015 finanzia un massiccio intervento di ricostru-zione, in seguito ai devastanti terremoti del 25 aprile e 12 maggio.

Attraverso Caritas Nepal, congregazioni religiose e ong, Caritas Italiana finanzia interventi di edilizia, recupero delle attività produttive,per l’istruzione, la sanità e l’aiuto psico-sociale.

Sul versante della ricostruzione, sono stati condotti 174 corsi di formazione per leader dei villaggi sugli edifici antisismici e 249 corsiper muratori e capi-cantiere. Le abitazioni vengono ricostruite (secondoun modello proposto dal governo, che mira a coinvolgere le vittime e a ridurre i costi) dai benificiari stessi, con il supporto tecnico di ingegne-ri e muratori formati. Caritas eroga il supporto economico in tranche; la prima è stata consegnata a 4.137 famiglie. Sono state realizzate 7 abitazioni modello, paradigma per la ricostruzione, assegnate a sogget-ti vulnerabili (vedove, famiglie con persone diversamente abili, orfani).

Sul fronte idrico, sono stati condotti 16 studi di fattibilità per la ricostruzione di cisterne, 70 test di potabilità e 8 disinfezioni di cisterne esistenti. Si lavora poi per la formazione all’igiene e al corretto uso dell’acqua potabile, anche tramite il teatro di strada.

Corsi di formazione (5 per agricoltori e 4 per allevatori) sono stati organizzati per favorire il ripristino di piccole attività produttive, kit perla semina sono stati consegnati a 6.200 contadini, 20 giorni di lavoropagati a 4.233 persone per lavori socialmente utili. Infine 8 cooperativedi lavoratori hanno ottenuto supporto organizzativo e di micro-credito.

Il supporto psicologico d’emergenza parte dall’identificazione dei casi bisognosi di intervento immediato e di quelli differibili: CaritasItaliana ha promosso 157 attività di sensibilizzazione comunitaria, labo-ratori per bambini e interventi di protezione per categorie deboli (donnesole, minori, persone affette da disabilità e anziani) attraverso la diffu-sione di opuscoli in 55 località. I casi più complessi vengono indirizzativerso servizi specifici.

Case, acqua, produzione.E supporto psicologico

L’impegno Caritas

sa nuova si leva lentamente dalle fon-damenta.

La pancia di Preeda cresceA due anni dal terremoto, anche se visono ancora diffuse situazioni di preca-rietà, anche se moltissime abitazioniattendono di essere ricostruite e la po-polazione continua a vivere in rifugipensati come temporanei, anche se neicampi profughi le comunità attendonodi sapere se e quando potranno tornarealle loro terre di origine, in tutto il Nepalsi moltiplicano i cantieri, le iniziativecomunitarie, le attività produttive.

Nell’approccio integrale, ormaiprassi nel post-emergenza umanitaria,alla ricostruzione materiale si associail recupero delle fonti di guadagno fa-miliare, sia attraverso il coinvolgimen-to delle popolazioni nelle attività edili-zie e di pubblica utilità, sia costruendo

con gli abitanti alternative in campoagricolo, artigianale e commerciale.

I prestiti che le organizzazioni forni-scono, ma anche la guida all’uso ocu-lato delle risorse esistenti, permettonoa individui, gruppi e famiglie di ripren-dere quanto il terremoto ha distrutto,o di iniziare nuove micro-esperienze diimprenditorialità, spesso rurale.

Preeda e Subash, dalla loro baracca,vicino alle fondamenta in fermento,possono vedere dall’alba al tramontoil fiume con la sua acqua vivificante econ le sue dure pietre bianche, tesorodell’intera vallata.

Oggi Subash lavora di più e beve dimeno, dorme male ma con minoreangoscia. I suoi occhi profondi e neriosservano attenti il brulicare del vil-laggio al tramonto. E la pancia diPreeda, che cresce in silenzio, attesasolenne di una nuova esistenza.

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GENERAZIONI SCOSSEHari Maya Rama, 83 anni, in posadavanti alla sua casa distrutta,a Narsun Gaon, distretto di Gurkha.A destra, studentesse in una scuolaricostruita da Caritas a Dubachour

certi aspetti nuova, ma che rimanda auna tradizione di millenni.

Per decisione formale, con la finalitàdi includere tutte le fasce della popola-zione in un Nepal più accogliente e at-tento, Caritas Nepal sceglie, come pri-ma casa da ricostruire nei villaggi,un’abitazione di persone emarginate oappartenenti a categorie deboli (don-ne sole, persone malate o diversamen-te abili, orfani, ecc). Si tratta, in effetti,di un’occasione unica, per avvicinarele persone, togliere stigma ed emargi-nazione ed aumentare l’armonia dellecomunità. La coesione comunitaria èfondamentale e necessaria, non soloper avere case solide, ma anche per re-sistere agli urti interiori delle catastrofinaturali.

A distanza di 24 mesi dal sisma, in-fatti, le popolazioni dei distretti più col-piti, senza grandi distinzioni di età, ses-so o estrazione sociale, risultano anco-ra traumatizzate; molte persone ecomunità faticano a ritrovare la nor-malità del periodo pre-terremoto.

La coesione comunitaria è intessu-ta principalmente di relazioni tra lereti familiari, amicali ed istituzionali,di scambi di esperienze, di favori e dioggetti, di condivisione delle gioie edelle difficoltà, di corresponsabilitàverso il prossimo. Tutte le attività co-munitarie che consolidano questatrama di relazioni sono dunque enfa-tizzate e promosse, in un’ottica disupporto psico-sociale alle vittime.Celebrazioni di feste tradizionali, ritiper i defunti, proposte ludiche per ibambini e ricreative per gli adulti:queste occasioni consentono agli in-dividui di rifondare insieme solidecondizioni di convivenza e a costruireun senso comunitario. Lo stesso sen-so che le catastrofi naturali, come pro-vano le ricerche scientifiche, distrug-gono insieme alle abitazioni, alla sicu-rezza alimentare, alla protezione dellefasce deboli, ai mezzi di sussistenza eai ruoli individuali.

internazionale nepal

Traumi di massaPer uno come Subash, abituato allepietre, al martello, all’acqua gelida del-la fonte, alle salite e discese del villag-gio e della vita, all’alcol della sera e alsolo abbraccio delle coperte polverose,quel giovanotto un po’ strano, dal ma-glione ancora pulito, non poteva cheessere un altro cacciatore di assicura-zioni facili.

Ma dopo pochi incontri, l’uomo hasentito le parole scorrere più fluide e lesveglie della notte farsi meno ango-scianti. Subash, insomma, ha iniziatoa capire di non essere matto e di potertenere nelle vene la rabbia che fino adue settimane prima dal sangue pas-sava ai nervi, dai nervi alle mani, dallemani alla schiena di qualcuno.

Al rafforzamento della comunità,

Nell’approccio integrale, alla ricostruzionemateriale si associa il recupero delle fontidi guadagno familiare, coinvolgendo

le popolazioni in attività edilizie e costruendoalternative economiche e produttive

nei villaggi teatro di ricostruzione si de-ve unire anche il supporto psicologicoindividuale, fornito da psicologi pro-fessionisti e rinforzato spesso dagli psi-chiatri: solo così si riescono a trasfor-mare le prime avvisaglie di malessere,avvertite da tante persone come Su-bash, in occasioni di crescita. E a scon-giurare comportamenti pericolosi, perchi li attua e per gli altri.

I casi non sono isolati. Il terremotoha diffuso traumi di massa. A tre mesidal sisma, nella valle di Kathmandu,erano aumentati del 46% i casi di sui-cidio e i soggetti portatori di sintomi didepressione, rabbia ingiustificata, in-sonnia, ansia e stress acuto.

Il servizio sanitario nepalese, so-prattutto per quanto concerne specia-lità mediche complesse, tra cui la psi-chiatria e la psicologia clinica, non rag-giunge le valli; gli specialisti sonoconcentrati nelle grandi città, partico-larmente nella capitale.

Caritas Nepal, come altre organiz-zazioni umanitarie, ha dunque decisodi avvalersi di professionisti locali, e damesi è impegnata nella formazione dipersonale specifico, che si occupi dellavoro psico-sociale.

A volte Preeda, la moglie di Subash,è sicura che i pezzi si metteranno a po-

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cando un ruolo di primo piano nelprocesso di pacificazione e riconcilia-zione. Con grandi fatiche, ma anchecon qualche significativo barlume disperanza.

«Non sono stato chiamato a esserecardinale per quello che io sono o rap-presento – ha dichiarato Nzapalainga,di passaggio in marzo a Milano, ospitedel Centro missionario Pime –. Sonostato chiamato per il nostro paese. Èdopo una grave crisi che il Papa è ve-nuto nella Repubblica Centrafricana.Ed è dopo che si sono scatenate nuoveviolenze, che Francesco mi ha pro-mosso a cardinale. Con questo gesto,il Santo Padre ha voluto ricordare unavolta di più che c’è un Dio dei poverie che ci è vicino».

Incerta normalizzazioneLa crisi scoppiata nel dicembre del2012 e il colpo di stato del marzo 2013hanno sprofondato il Centrafrica inuna spirale di violenze che ha assuntovia via anche un nefasto carattere et-

di Anna Pozzi

Il Centrafrica continuaa soffrire per la guerracivile cominciata nel 2013. La capitaleBangui torna a fiorire, ma il resto del territorio è predadi fazioni armateincontrollabili. Tre capireligiosi percorronoinsieme il paese: la testimonianza delcardinale Nzapalainga

opo la visita di papa France-sco e l’apertura della PortaSanta del Giubileo della Mi-sericordia nella cattedrale diBangui, nel novembre 2015,

la Repubblica Centrafricana è ripiom-bata pesantemente nell’oblio che dasempre l’avvolge. E che continua a re-legare questo paese in una zonad’ombra, di disinteresse e indifferen-za, da parte del sistema dei media edelle opinioni pubbliche del pianeta.

Eppure, con quel gesto audace e vi-sionario, papa Francesco aveva volutoattirare l’attenzione proprio su uno deiluoghi più martoriati della terra. Nonsolo uno dei paesi più poveri al mon-do, ma un paese gravemente ferito daun conflitto devastante, che non avevarisparmiato nessuno, specialmente lapopolazione civile, ma anche il perso-nale e le strutture della Chiesa.

Proprio la Chiesa cattolica, oggi,grazie anche alla figura del neocardi-nale Dieudonné Nzapalainga, arcive-scovo della capitale Bangui, sta gio-

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internazionale centrafrica

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Piattaforma per la pacedialogoınPARLARSI, CAPIRSI

L’arcivescovo Dieudonne Nzapalainga,l’imam Kobine Layama e il pastoreFranco Mbaye-Bondoi discutono e (sotto) firmano un documento durante un meeting per la pace e la riconciliazione

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EUROPA DA BUTTARE,ANZI SERVE PIÙ DI PRIMA

acciacchi: si va verso il fallimentodell’unione “sempre più stretta”, con-cetto rilanciato dal Trattato di Lisbona.

L’unica soluzione per tamponare eprevenire altre “exit” appaiono dun-que le “integrazioni differenziate”,che alla fine metteranno l’Europa insoffitta. La domanda è se con essasparirà anche il multilateralismo etornerà l’equilibrio statico tra le po-tenze, anche quelle regionali, che sialimenta di identità contrapposte, disolito in conflitto. Stagione già vista:sappiamo come è andata a finire conil Trattato di Monaco, dopo il 1938…

Le integrazioni differenziate potrebbero tuttavia metteretutti d’accordo. C’è chi non vuole la moneta europea, chinon vuole la difesa comune, chi ha soprassalti di creativitàe solidarietà verso i migranti e chi li aborrisce, chi vuole trat-tare da solo con le grandi potenze, Stati Uniti, Russia e Cina.Nell’integrazione differenziata c’è posto per tutti. Ma appareottimistico sostenere che la forza attrattiva dell’Unione allafine avrà ragione dei nazionalismi disgreganti. E che, anchedal punto di vista economico, l’integrazione rappresenta unvantaggio rispetto a ogni possibile exit, che sarebbe comun-que più costosa. Giocare con le parole, i modellini e gli al-goritmi è pericoloso. Ma in pochi se ne rendono conto.

Rifondare, la sfida veraLa verità è che l’Europa, a 60 anni dai Trattati di Roma,dà fastidio perché nessuno vuole che la democrazia, lesue regole e i suoi controlli diventino patrimonio comu-

ne, quindi più efficace rispetto a seg-menti più corti di gestione della so-vranità e della libertà. Invece di rove-sciare la narrazione dei nazionalismiper quello che sono, si passa il tempoa rincorrerli e a blandirli, aumentan-do le differenze e quindi le povertà.

Non importa che qualcuno ci ri-metta le penne, come è ormai il casodei greci. Se si accarezza l’euroscetti-cismo, utilizzandolo come tattica, losi trasforma in una strategia che nonsi riesce più a controllare. Accade inOlanda e in Germania, che vannoverso le elezioni, dove a volte è diffi-cile trovare differenze tra europeisti enazionalisti (ancorché neonazisti).Accade in Francia e in Italia, dovetroppi cercano di contrastare l’an-tieuropeismo con le stesse paroled’ordine dell’antieuropeismo, senzafarsi la domanda del perché un elet-tore dovrebbe comperare un autousata e non quella nuova.

L’appuntamento del 25 marzo aRoma per la commemorazione deiTrattati del 1957 ha dunque purtrop-po assunto una valenza quasi simbo-lica. La differenza tra celebrare un

ultima idea è quella delle “integrazioni differenziate”, solu-zione creativa per evitare lo schianto dell’Unione. E al con-tempo per sbaragliare ciò che Schumann, Adenauer e De

Gasperi avevano sognato per il vecchio continente. A 60 anni daiTrattati di Roma, faticano le riforme sociali e il continente è semprepiù diseguale. Magari ci fosse un’Europa a due velocità... Le velocitàsono tante, c’è chi corre e chi è in ginocchio. L’istruzione arranca inGrecia, Lituania e Spagna. La ricca Danimarca ha dimezzato l’assi-stenza sociale per i rifugiati. In almeno 15 stati membri non si regi-strano misure degne per affrontare la povertà. Pochi sorrisi, molti

L’Unione festeggia i suoi60 anni con la proposta

delle “integrazionidifferenziate”:

soluzione creativa, checertifica diseguaglianze

sempre più profonde. E proprio per questopotrebbe funzionare.

Svilendo il sogno dei padri fondatori.

Più attuale che mai…

evento e porre salde basi per un ulteriore decisivo svilup-po dell’idea di Europa è apparsa in tutta la sua dramma-tica attualità. Rifondare l’Unione sarebbe la sfida vera,perché 60 anni dopo le motivazioni dei sei paesi fonda-tori sono profondamente cambiate e per nulla omoge-nee, al punto che si è autorizzati a domandarsi se lo rifa-rebbero di nuovo.

Nel cercare una risposta, non vale la solita lamentazionesul mondo che è cambiato e sulla passione stravolta dallapost-verità e da società sfilacciate al limite dell’implosione.Anzi, la globalizzazione selvaggia, il mercato che asfissia,insomma la crisi spalmata e le nuove masse di poveri chebussano a tutte le porte, comprese quelle dietro a cui si tro-vano altri poveri, dovrebbero portare alla percezione certi-ficata che qualcosa si è rotto. E che di quell’idea di Schu-mann, Adenauer e De Gasperi oggi ci sarebbe ancora, som-messamente, bisogno. Come prima. Più di prima.

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zeropovertydi Alberto Bobbio

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L’impegno Caritas

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dole incontrare, perché cada il murodell’odio, dell’ostilità o della paura.Inoltre, stiamo cercando di lavorare suquattro assi concreti: istruzione, sanità,media (attraverso programmi radiofo-nici) e sviluppo. Vorremmo, in partico-lare, creare opportunità di formazioneprofessionale e di lavoro per i giovani,affinché non diventino facili bersaglidei gruppi armati che continuano a re-clutare ragazzi che non hanno pro-spettive di futuro».

È sulla stessa linea anche l’imam La-yama: «Occorre cercare di coinvolgeremaggiormente i nostri giovani nellostudio e dare loro un lavoro, affinché la-scino i gruppi armati o non siano ten-tati di entrarci», ha ripetuto in più oc-casioni. Aggiungendo: «Noi leader reli-giosi siamo molto allarmati per quelloche sta succedendo nel nostro paese emolto coinvolti con la gente che soffre.Noi portiamo tutto il sostegno che pos-siamo a queste popolazioni. Dobbiamodarci la mano per lavorare insieme, al-trimenti gli sforzi saranno vani».

Un messaggio forte, non solo per ilCentrafrica, ma per il mondo intero.Dove si propagano i germi della paurae la tentazione di vari gruppi di rin-chiudersi su posizioni identitarie, in-vece di scommettere sul dialogo.

lazione, ma anche le autorità, affinchési prendessero le loro responsabilità».

L’arcivescovo,l’imam, il reverendoLa connotazione etnico-religiosa as-sunta dal conflitto ha quindi spintol’arcivescovo di Bangui a fare un ulte-riore passo avanti, creando nel 2012 laPiattaforma interreligiosa, insiemeall’imam Oumar Kobine Layama, pre-sidente del Consiglio islamico, e al re-verendo Nicolas Guérékoyame-Gban-gou, presidente dell’Alleanza evange-lica. Nata nel 2012, la Piattaforma èoggi una delle realtà più stimate e au-torevoli non solo all’interno del paese,ma anche a livello internazionale, alpunto che le è stato asse-gnato anche il prestigio-so “Premio Sergio Vieirade Mello” nel 2015. I treleader fondatori sonostati ricevuto alle Nazio-ni Unite dall’allora se-gretario generale, BanKi-Moon, dal presidentefrancese François Hol-lande, dal parlamentobritannico… «Ovunqueabbiamo portato avantila causa del nostro paese

– precisa il cardinale –; abbiamo chie-sto alla comunità internazionale dinon abbandonarci, ma abbiamo an-che mostrato che cattolici, protestantie musulmani possono lavorare insie-me. La crisi del Centrafrica non è reli-giosa, e noi lavoriamo insieme soprat-tutto per la coesione».

Il cardinale Nzapalainga è arrivato aMilano dopo una tournée nell’ovestdel suo paese e – rientrato in Centrafri-ca – è ripartito nuovamente per visitarealtre località. «La gente mi chiede di es-sere il cardinale di tutti. Così spessoviaggio insieme agli altri due leaderprotestante e musulmano. Lavoriamoper la pace e la riconciliazione, innan-zitutto ascoltando le persone e facen-

A seguito della crisi politica che ha colpito il Centrafrica nel 2013 e che lo ha fatto piombare in una situazione di conflitto violento tra fazioni rivali, non ancora del tutto sopito, Caritas Italianaha appoggiato gli interventi di Caritas Centrafrica per l’assistenza alla popolazione colpita e per la promozione della pace.

Gli interventi sono stati realizzati in tutto il territorio e sono consisti-ti nella distribuzione di beni non alimentari a 906 famiglie, nella fornitura di attrezzi agricoli e sementi, necessari per la coltivazione, a 5.900 persone, nell’equipaggiamento e nella riabilitazione di struttu-re sanitarie. Inoltre sono state ricostruite le abitazioni danneggiate o distrutte a 420 famiglie e distribuiti kit didattici a 14.400 alunni.

Molto intensa l’attività di formazione e sensibilizzazione sui temi legati alla pace, alla sicurezza, alla coesione sociale. Più di 24 milapersone sono state coinvolte in molteplici iniziative, a cui l’arcivescovodi Bangui, cardinale Dieudonné Nzapalainga, in collaborazione con i leader religiosi delle altre confessioni presenti, ha dato il suo contri-buto diretto, viaggiando e visitando le comunità in modo incessante.

Nel 2016 Caritas Italiana ha inoltre appoggiato alcune iniziative nell’ambito del processo di rafforzamento organizzativo di Caritas Cen-trafrica, per il potenziamento delle capacità di risposta alle emergenzee ai bisogni delle fasce più vulnerabili della popolazione. Nel paese si sostengono anche microprogetti di sviluppo.

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Fuori dalla capitale non c’è controllo, né di autorità civili né di forze dell’ordine.Il Centrafrica, del resto, non ha un proprio

esercito. L’Onu ha confermato l’embargo,ma la missione Minusca non è sufficiente

rità civili né da parte delle forze dell’or-dine. Il Centrafrica, del resto, non hanemmeno un proprio esercito. L’Onuha confermato l’embargo, perché ri-tiene che il governo sia ancora troppofragile. Ma la missione delle NazioniUnite (Minusca) non è sufficiente pergarantire la sicurezza nel paese, anchese è presente con 10 mila militari e 2mila civili. In molto contesti, anzi, con-tinua a essere fortemente criticata dal-la popolazione, perché non previenele violenze e non difende i civili».

Come al solito, il petrolio…In effetti sono i ribelli di vari gruppi –dagli ex Seleka ai gruppi anti-balaka,dai pastori peul ai miliziani dell’Eser-cito di liberazione del Signore – checontinuano a spadroneggiare. Loscorso febbraio sono state prese di

nico-religioso. I ribelli Seleka, infatti,erano in gran parte musulmani, men-tre le cosiddette milizie di autodifesaanti-balaka venivano etichettate co-me cristiane. «In realtà – precisa il car-dinale – non tutti i Seleka sono mu-sulmani, ma soprattutto non tutti imusulmani sono dei Seleka. Lo stessosi può dire degli anti-balaka. Non tut-ti sono cristiani (basti vedere comevanno in giro ricoperti di amuleti) enon tutti i cristiani sono anti-balaka.Ma questa identificazione religiosa hacontribuito grandemente a creareodio, risentimento e diffidenza reci-proca tra i due gruppi. Sentimenti dif-ficili da scardinare ancora oggi».

Nel frattempo, ci sono state mi-gliaia di vittime e più di un milione diprofughi e sfollati, in un paese diquattro milioni e mezzo di abitanti.Alcuni – come i diecimila che si era-no rifugiati nella proprietà del Car-melo di Bangui – sono tornati nelleloro case solo lo scorso marzo. A te-stimonianza di un processo di nor-malizzazione che stenta a decollare.

La visita di papa Francesco ha la-sciato tracce profonde e concrete nelpaese. Certamente ha contribuito al-la realizzazione, nel gennaio 2016, dielezioni libere e trasparenti. Anchequello un miracolo. «Il Pontefice ave-va parlato ai nostri leader politici ecertamente la sua parola è stataascoltata e ha lasciato un segno»,conferma il cardinale.

Certo, la situazione continua a esse-re molto precaria. Solo la capitale Ban-gui sembra tornata a una situazione disostanziale calma. C’è sicurezza nellestrade, si aprono cantieri, le auto tor-nano a circolare e la gente riprende unpo’ alla volta le proprie attività. Il restodel paese, però, è completamente fuoricontrollo e in balìa di vari gruppi ribelli,o di chiunque abbia un’arma in mano.

«Fuori dalla capitale – conferma ilcardinale Nzapalainga – non c’è nes-sun controllo, né da parte delle auto-

internazionale centrafrica

mira in particolare le città di Bambarie Bocaranga. In quest’ultima sonostate uccise 18 persone ed è stata pre-sa d’assalto anche la missione deicappuccini. A Bambari, invece, laquestione di fondo è il controllo dellerisorse del sottosuolo, di cui il Cen-trafrica è ricco; si tratta, in particola-re, di oro, diamanti, uranio e, recen-temente, anche di petrolio, il cuisfruttamento sta attirando l’interessedi compagnie cinesi, ma pure digruppi di ribelli. «Chi ha le armi –conferma l’arcivescovo – le usa percontrollare il territorio e sfruttare lerisorse, ma anche per taglieggiare esottomettere la popolazione».

Ecco perché, sin dall’inizio dellacrisi, ha deciso di mettersi in gioco inprima persona: «La Chiesa cattolica inRepubblica Centrafricana – osservaNzapalainga – ha sempre avuto unruolo di primo piano. Ogni volta che ivescovi diffondono un messaggio ètutta la popolazione che lo attende.Siamo intervenuti su molti temi “sen-sibili”: mal governo, tribalismo, nepo-tismo, corruzione… E anche rispettoalla grave crisi che ha interessato ilpaese a partire dal dicembre 2012, ab-biamo più volte giocato il ruolo di“sentinelle”, per tenere desta la popo-

CONVIVERE CON LA GUERRAInquietanti ma quotidiani segnidel conflitto a Bossembele: check pointillegale sulla strada verso il Camerun e (sotto) miliziano anti-Balaka col machete

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Aiuti alle vittime, promozione della pace

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disabilità che si calcola vivano nelpaese balcanico, e che però per moltimotivi è rimasto sulla carta. Lo con-ferma il Progress Report riferito al Ko-sovo per il 2016 (ovvero il documentoche ogni anno viene pubblicato suiprogressi compiuti dai paesi candi-dati a entrare nell’Unione europea, oper i potenziali candidati come il Ko-sovo). Le persone con disabilità vivo-no spesso in condizioni di margina-lità, per lo più confinate tra le muradomestiche, spesso con la famigliacome unica forma di assistenza. Nel51% dei casi i caregiver sono i genito-ri, naturalmente in buona parte don-ne (secondo una ricerca del 2014, il90% delle donne kosovare affermavadi non avere un impiego e di nonconsiderarsi spendibili nel mondodel lavoro perché i servizi all’infanziascarseggiano o sono troppo costosi,e un ulteriore 6% dichiarava di nonlavorare perché i servizi di assistenzaper persone anziane, malate o condisabilità non sono disponibili).

di Valentina Lappifoto di Michele Borzonie Pietro PaoliniCollettivo Terraprojectwww.terraproject.net

In Kosovo le personecon disabilità (molteanche a causa delleferite della guerra)vivono spessodiscriminate. Le leggiper affermare i lorodiritti non mancano,ma restanoinapplicate. Alcuniprogetti, come Step di Caritas, provano a invertire la tendenza

diritti inalienabili delle perso-ne con disabilità, stabiliti daun’apposita Convenzione del-le Nazioni Unite, sono alla ba-se delle leggi di settore attual-

mente vigenti in Kosovo. Ma l’appli-cazione di tali norme è spessoparziale e imprecisa. E così, le perso-ne con disabilità che risiedono nelpaese balcanico, molte delle qualiportano su di sé i segni inferti dallaguerra civile degli anni Novanta, spe-rimentano una situazione di cre-scente vulnerabilità e discriminazio-ne. Difficile, per loro, realizzarsi nelmondo del lavoro, instaurare relazio-ni di valore, emanciparsi dal soste-gno familiare, vivere in definitiva unavita indipendente.

Nel 2013 il governo di Pristina haapprovato la Strategia nazionale peri diritti delle persone con disabilità,un piano di azione decennale, cheavrebbe dovuto garantire percorsi diassistenza, emancipazione ed inclu-sione alle circa 200 mila persone con

I

internazionale kosovo

Zuccheroanti-pregiudizi,Berat ha fatto l’impresa

RISCATTARSI IN CUCINADa sinistra: Faze, una dipendente e Xufe nel loro negozio di

prodotti tipici a Klina, aperto grazie a Step. Xufe e Faze soffrono diuna disabilità che le costringe a una limitata deambulazione

IL LACCIO DELLA SICCITÀSOFFOCA I PAESI INQUIETI

provocato un mix letale, degeneratoin una crisi alimentare che rischia diaggravarsi nel corso dei prossimi me-si, se le condizioni climatiche noncambieranno radicalmente in me-glio, cosa assai improbabile.

Le crisi alimentari non sono unanovità, anzi sono relativamente fre-quenti in queste regioni del pianeta,ma una definizione formale di care-stia è assai rara, perché la definizionetecnica prevede che una famiglia sucinque in una data area sia colpita dauna grave penuria alimentare, che il30 per cento della popolazione siamalnutrita e che ci sia un tasso di mortalità di due per-sone su diecimila al giorno.

I conflitti e le fragilità politiche sono la principale cau-sa della povertà e della penuria alimentare della regione,ma la siccità aggrava il problema. Nel 2016 ci sono statedue stagioni delle piogge consecutive con precipitazioniscarse. In Somalia, per esempio, è piovuto meno dellametà del solito. Anche la prossima stagione delle piogge,nei prossimi mesi, rischia di essere poco piovosa. Le car-tine mostrano che tutta la regione del Grande Cornod’Africa è fortemente provata: lo conferma la combina-zione di due indicatori, ovvero l’indice di stress evapora-tivo (in un arco temporale determinato, basato sulla tem-peratura della superficie del terreno registrata dal satel-lite) e l’indice di area fogliare (basato sulle osservazioniparallele di due satelliti, permette di misurare l’evapotra-spirazione, cioè quanta acqua evapora dai terreni e dalle

foglie; attualmente è insolitamentebassa e ciò sta ad indicare uno statodi grave sofferenza delle piante).

Individuare per tempoL’attuale siccità è legata a una condi-zione meteorologica che altera letemperature e le pressioni atmosferi-che sull’Oceano Pacifico, con effettisu tutto il pianeta. Una situazioneche riduce le piogge in Africa orien-tale e le aumenta altrove, per esem-pio in Malesia.

La gestione di una crisi alimentarepuò richiedere molto tempo, perquesto l’individuazione tempestivadelle zone in pericolo è determinan-te. Nei paesi politicamente più stabilila siccità ha messo in difficoltà il si-stema di produzione alimentare, madove i governi e le economie localifunzionano meglio la siccità general-mente non si tramuta in carestia, edè quanto sta accadendo. La reazioneefficace dei governi e le reti di sicu-rezza sociale possono fare la differen-za tra una vera crisi e un ennesimoepisodio di siccità legato alle condi-zioni meteorologiche. Laddove inve-

olte guerre sono unite da un filo rosso evidente, basta unacartina geografica per capirlo, ma pochi se ne accorgono.Accade così che si evocano motivazioni etniche o religiose,

ma non ci si rende conto di un legame che sta invece sotto gli occhidi tutti. Un esempio è il grande Corno d’Africa, regione colpita dauna gravissima carestia, che coinvolge 20 milioni di persone, legateda un terribile comune destino. I paesi interessati sono Somalia, Eri-trea, Etiopia, Gibuti, Sud Sudan e Sudan, ma anche altre nazioniconfinanti (Uganda, Kenya e Yemen, nella penisola araba). In moltidi questi paesi, l’instabilità politica, la guerra e il clima secco hanno

Stress evaporativo,sofferenza delle piantee dei terreni: la carenza

d’acqua, nel GrandeCorno d’Africa,

è confermata dalleosservazioni scientifiche.Ma a fare la differenza

tra un episodio di siccità e una gravecarestia è il contesto

politico e militare

ce vi sono già in atto guerre o l’amministrazione è in ma-no a governi fragili o falliti, il binomio conflittualità ar-mata – calamità naturale diviene un circolo vizioso mor-tale. Il filo rosso della siccità che unisce tutta la regionedell’Africa orientale si divide così in due lacci: quello cheporta alla carestia intere popolazioni e quello che inveceviene gestito da amministrazioni più attente.

Vi sono infine situazioni di conflittualità latente che, conl’aggravarsi della crisi ambientale, si trasformano in guerreviolente, conflitti ambientali, riducendo così alla condizio-ne di “emergenza umanitaria complessa” vaste regioni diun’intera nazione. Sud Sudan, Somalia e Yemen sono i pae-si che destano le maggiori preoccupazioni, ma il filo rossoche unisce tutto il Grande Corno d’Africa, se non gestitoadeguatamente, può allargare il suo laccio mortale.

La comunità internazionale deve attivarsi di più perscongiurarlo.

cibodiguerradi Paolo Beccegato

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L’impegno Caritas

Caritas Italiana è da anni impegnata nello lotta all’esclusione sociale delle per-sone con disabilità di natura fisica, intellettuale e psicologica nei Balcani. Nell’ambitodi questo impegno collabora strettamente con Caritas Kosovo a diversi progetti, con l’obiettivo di favorire il rispetto delle norme vigenti nel paese, spesso disattese, e di proporre nuove iniziative, in cui le persone con disabilità abbiano modo di valoriz-zare i propri talenti, realizzare le proprie aspettative e condurre una vita più indipen-dente e appagante possibile, libera da discriminazioni, pregiudizi e marginalizzazione.

Caritas Italiana ha anzitutto supportato Caritas Kosovo e le Caritas locali, insiemeai loro partner, nella realizzazione del progetto Step, che ha consentito a 20 personecon disabilità di aprire un’attività in proprio (alcune di loro, nelle foto di queste pagi-ne) e a 5 aziende di assumere altrettanti dipendenti con disabilità, oltre ad aver forni-to a tutti i beneficiari supporto psicologico tramite la metodologia del mutuo aiuto e una formazione in materia di business planning e amministrazione d’azienda.

Finanziato dall’Unione europea nel biennio 2014-2016 e condotto con il supportodi Caritas Italiana da Caritas Kosovo, dal Centro kosovaro di auto mutuo aiuto (Qkvp)e dall’associazione Handikos, il progetto intende promuovere l’inclusione sociale del-le persone con disabilità residenti nella regione di Peja/Peć (nord-ovest del Kosovo),attraverso la creazione di opportunità lavorative e favorirne, di conseguenza, l’eman-cipazione economica e l’indipendenza dal sistema pensionistico statale.

Secondo studi ufficiali, alcuni gruppi composti da persone altamente vulnerabili e socialmente escluse, in particolare minoranze (i membri della comunità Rae, Rom,Ashkali ed Egiziani) e persone con disabilità, devono confrontarsi oggi in Kosovo conimpedimenti all’ingresso nel mondo del lavoro di tipo strutturale e incidenti sin dallagiovane età. La situazione occupazionale in Kosovo attualmente è tra le più precaried’Europa: in un mercato del lavoro così limitato, le persone con disabilità sono tra i gruppi sociali più discriminati.

La lotta alla marginalizzazione passa anzitutto attraverso l’offerta di un impiego, che garantisca alle persone disabili l’indipendenza economica e l’inclusione sociale. Stepfa appello anche a concetti innovativi, come quelli di economia sociale e responsabilitàsociale d’impresa. Nell’ambito del progetto, un approccio partecipativo dal basso è sta-to garantito dalla formazione di gruppi di auto mutuo aiuto, strumenti di coinvolgimen-to della persone con disabilità nella vita sociale e anche politica delle loro comunità.

Rendere protagonisti i beneficiari di Step, dando loro la possibilità di raccontare in prima persona il percorso di emancipazione che ha letteralmente rivoluzionato le loro vite, è stata una priorità. Ecco perché, a conclusione del progetto, sono statiprodotti un documentario (visibile su you tube) e una pubblicazione: l’occasione dataalle persone disabile, di rendersi indipendenti, di auto-determinarsi e di riappropriarsidel proprio futuro, andava debitamente documentata, perché divenisse fruibile al piùampio numero di persone possibile.

Step, lavoro come leva di autonomia

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non fossero realmente intenzionati adassumere persone con disabilità. An-che Berat si è trovato spesso ad affron-tare questo genere di discriminazioniquando ha iniziato la sua produzionedi bustine per zucchero, dopo unalaurea in giurisprudenza e cinque an-ni alle dipendenze della municipalitàdi Istog che non gli erano valsi suffi-cienti referenze per continuare la suacarriera nel settore pubblico. Allora,con la massima precisione e una lun-gimiranza imprenditoriale insolita,Berat ha iniziato a organizzare la suaattività in maniera meticolosa, e oggi

ne con disabilità da parte di altret-tanti imprenditori locali. Sokhol, 27anni, ha potuto cambiare vita graziea Goniplast, azienda che produceelementi in Pvc per l’industria edile.Il proprietario, Muhamet Hasanra-maj, è un giovane dal largo sorriso, econsapevole delle situazioni di estre-ma povertà e degrado in cui moltepersone versano oggi in Kosovo,spesso a causa della loro disabilità,non ha perso l’occasione offerta dalbando per fare qualcosa di più di unasemplice donazione. E non se n’èpentito: Sokhol è un giovane molto

estroverso, che ama scherzare; inMuhamet e nella sua squadra ha tro-vato compagni perfetti per essere sestesso e strappare a tutti una risata.

Del resto, il 43% degli intervistatidall’Opm Broad Survey aveva manife-stato interesse a sviluppare le propriecapacità, partecipando a corsi diorientamento lavorativo e impegnan-dosi attivamente nella ricerca di unimpiego. Ma il 59% sosteneva che lapropria disabilità comprometteva lepossibilità di trovare un lavoro, ancheperché tutti ritenevano che i datori dilavoro, nei settori pubblico e privato,

In Kosovo vige una legge: l’articolo 1diceche “ogni datore di lavoro ha l’obbligo di assumere una persona con disabilità

ogni 50 dipendenti”. Ma secondo l’Onu, questa prescrizione non viene mai applicata

aver ricevuto, prima di iniziare lascuola, alcuna valutazione delle po-tenzialità cognitive e fisiche.

Qualcosa in piùdi una donazioneIn Kosovo vige una legge riguardantela tutela del diritto delle persone condisabilità a inserirsi nel mondo del

Anche la scuola escludeLa realizzazione personale e l’asse-gnazione di un posto di lavoro sonospesso tappe impossibili nella vita diuna persona con disabilità in Kosovo:molte sono le forme di pregiudizio edesclusione che legislatori, datori di la-voro, colleghi e società in generale ri-servano a chi è portatore di una diver-sità fisica, intellettuale o psicologica.Vengono negati diritti elementari (co-me quello ad avere un colloquio di la-voro), gli spazi di partecipazione so-ciale sono scarsi, i piani pensionisticiconfusi, inefficaci e insufficienti (sinoa scelte incomprensibili, come quelladel ministro del lavoro e delle politi-che sociali, che nel 2013 ha esclusodal sistema pensionistico mille per-sone affette da sordità). Un’indaginepubblicata nel 2012 (Opm Broad Sur-vey, condotta dal ministero per le pariopportunità in collaborazione conl’Undp) aveva rivelato che le personedisabili dichiarano di vivere limitazio-ni riguardanti per il 59% il lavoro, il39% l’educazione e il 31% la parteci-pazione alla vita sociale. Poi ci sono lebarriere architettoniche, ancora trop-po numerose: il 41% degli intervistatidall’indagine del 2012 reputava le in-frastrutture pubbliche kosovare nonsufficientemente attrezzate e il 51%affermava di avere difficoltà nell’ac-cedere ai mezzi pubblici di trasporto.

Anche il sistema educativo non èpreparato a ricevere e dare sostegnoai bambini con bisogni speciali. Il39% degli intervistati nell’ambitodell’Opm Broad Survey reputaval’educazione la seconda maggioredifficoltà che le persone con disabili-tà in Kosovo devono affrontare, conl’aggravante della disparità di genere:il 33% delle donne intervistate nonerano mai state iscritte a scuola, con-tro il 23% degli uomini. La mancanzadella diagnosi precoce è un altroaspetto delicato: il 68% dei parteci-panti all’indagine affermava di non

internazionale kosovo

lavoro. L’articolo 1 specifica che “ognidatore di lavoro ha l’obbligo di assu-mere una persona con disabilità ognicinquanta dipendenti”. Ma secondoil difensore civico stabilito da Unmik,la missione Onu in Kosovo, questoaspetto della norma non viene maiapplicato. Non mancano i tentativi disovvertire una situazione aperta-mente discriminatoria. Step (proget-to finanziato dall’Unione europea,condotto da Caritas, dall’associazio-ne Handicos e dal Centro kosovaro diauto mutuo aiuto) ha per esempio fa-vorito l’assunzione di quattro perso-

DISABILI. E INTRAPRENDENTI Sanjie (a causa della sua disabilità, non puòdeambulare correttamente) e Ferdi (madre di Vlera,bimba affetta da sindrome di Down) nel loro cafètradizionale. Sotto, Asllan nel suo laboratorio di sartoria a Gjakova; Nuha, manutentore di piscine;l’apicoltore Xhavit, con le sue arnie a Decani

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contrappuntodi Giulio Albanese

RELAZIONI INTERNAZIONALI,INVOLUZIONE INELUTTABILE?

sione dei sistemi macroeconomici egeopolitici. Ora vengono acceleratedal nuovo corso, impresso alle rela-zioni economiche e politiche inter-nazionali dalla nuova amministra-zione della Casa Bianca.

Nessuno ha la sfera di cristallo perprevedere davvero cosa accadrà in fu-turo, anche perché Trump si sta rive-lando assai imprevedibile, nel suotentativo di affermare gli interessiamericani sia sul versante del Pacifico,sia nelle relazioni atlantiche e medio-rientali. Certamente è in atto una ri-configurazione globale, nella direzio-ne di una parcellizzazione della glo-balizzazione. Un processo di revisionedella presenza e proiezione nel mon-do degli Stati Uniti, inedita rispetto alpassato e accompagnata da una pro-babile diversificazione dei pesi attri-buiti alle diverse aree regionali. Ri-spetto al passato, ci si aspetta che Wa-shington adotterà politiche molto piùdifferenziate tra regione e regione.

Si va insomma profilando un siste-ma internazionale assai complesso,con la conseguente difficoltà nelcreare o rafforzare meccanismi di

global governance, che sappiano essere al contempo piùefficaci e più legittimi. Ma una cosa è certa: il progressotecnologico e quello dei saperi non hanno prodotto, negliultimi decenni, un’effettiva e duratura capacità di con-trastare i rigurgiti di chiusura e la tendenziale propensio-ne alla riottosità da parte di potentati occulti o palesi.

Sta di fatto che sono in molti a pensare che il cicloneTrump, unitamente alla Brexit e alla crisi d’identità dellavecchia Europa, per quanto siano espressione di un’in-voluzione delle relazioni internazionali causata dallastessa globalizzazione, non potranno compromettere losviluppo dei popoli, perché la Storia è a senso unico. Pur-troppo, però, proprio la Storia è segnata da progressi e re-gressi a non finire: solo riscoprendo la centralità della“Casa comune”, ben esplicitata nel magistero di papaFrancesco, sarà possibile trovare soluzioni in difesa dellares publica dei popoli.

L a vittoria elettorale del presidente Donald Trump, come anchel’affermazione dei nazionalismi in Europa, per non parlaredella Brexit, sono segnali di un complesso cambiamento su

scala planetaria. Se finora la globalizzazione dei mercati è stata unadelle tendenze più marcate dello scenario internazionale, è evidentel’attuale spinta, di segno opposto, verso una sorta di esclusione al-l’insegna del localismo, che alcuni definiscono già “post-globalizza-zione”. Le dinamiche demografiche e migratorie, così come i nuoviscenari macroeconomici legati alle diverse percezioni, spesso discor-danti, delle sfide energetiche, climatiche e di contrasto alla povertà,costituiscono elementi-chiave di que-sta nuova tendenza.

Per quanto la globalizzazione possaaver reso il mondo apparentemente piùomogeneo, i processi che l’hanno con-traddistinta non sono stati, in questianni, privi di aporie. Sul piano stretta-mente commerciale, ad esempio, la glo-balizzazione si è sempre più caratteriz-zata per una diffusione disomogenea diinteressi e risultati. Ma vanno menzio-nate anche la crisi della sovranità sta-tale in molti paesi e le persistenti dise-guaglianze in molte aree geografiche.

Diversi elettorati, come quello sta-tunitense o di alcuni paesi europei, stanno reagendo a que-sto stato di cose, esprimendo un’opzione a favore di classidirigenti reazionarie. La contestazione viene espressa davasti settori della cosiddetta società civile, soprattutto in oc-cidente, ormai refrattari alla grande politica e ai partiti dimassa, e stanchi della sudditanza dei governi alle lobbyeconomico-finanziarie. La globalizzazione economica,d’altronde, ha scavato profonde disuguaglianze un po’ovunque, anche all’interno dei paesi avanzati, dove pure siè acuita l’esclusione sociale. L’ascesa, della Cina, le riven-dicazioni della Russia, le sorprendenti performance di al-cune potenze emergenti (India e altri paesi asiatici) hannocontribuito allo spaesamento dell’occidente, confermandolo spostamento dell’asse geostrategico verso oriente.

Progressi e regressi a non finireLe variabili sono dunque molte, a causa dell’interconnes-

Ciclone Trump, Brexit,neo-nazionalismi:diversi elettorati

reagisconoalle incertezze createdalla globalizzazione,

affidandosi a cetidirigenti reazionari.

Si profila una stagionedi difficoltà a rafforzaremeccanismi di governo

dei fenomeni globali

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impacchetta lo zucchero per 13 locali(bar, hotel, ristoranti). Ma neanche isuoi clienti attuali (almeno, alcuni diessi) sono stati subito propensi a dar-gli una chance: raccontando la suaesperienza, Berat ricorda con un sor-riso appena accennato una situazioneche all’inizio del suo percorso lo hafortemente demotivato. Molti dei lo-cali con cui collabora, infatti, non si fi-davano dei servizi che proponeva pervia della sua disabilità fisica, che gli haimpedito di crescere in altezza e lo co-stringe alla zoppia. Grazie alla pervi-cacia che lo contraddistingue, Beratnon si è arreso. E oggi gode della pienastima dei suoi clienti.

Anche Xufe e Faze hanno presenta-to un progetto per aggiudicarsi il fi-nanziamento messo a disposizionenell’ambito del progetto Step. E ci so-no riuscite. Le motivazioni che le han-no spinte a preparare un’idea d’im-presa accattivante e un business planrealizzabile per il loro negozio di cibotradizionale sono state la volontà direalizzarsi, la voglia di migliorare, ildesiderio di far nascere e crescerequalcosa in cui riversare tutte le pro-prie esperienze e competenze. Venutea conoscenza dell’opportunità offertadal bando Handikos-Caritas, che con-sentiva non solo di ricevere un finan-ziamento, ma anche una formazionespecifica nella gestione d’impresa,non hanno esitato. Ponendo così lebasi per una vita nuova, ricca di sti-moli e capace di autodeterminazione.

Pensioni revocateIn Kosovo sono due le leggi che go-vernano il sistema di pensioni e sus-sidi per le persone con disabilità e leloro famiglie: la legge sulle pensioni(2003/23) e quella sul sostegno finan-ziario alle famiglie (03/L-022). Primadella maggiore età, le famiglie dibambini con disabilità ricevono dallostato una pensione mensile di 100euro, che allo scoccare dei 18 anni

viene ridotta a 75 euro, nonostante leesigenze in età adulta vadano au-mentando. Inoltre, come denunciatoda diverse associazioni che lavoranosulla disabilità, i medicinali che lostato fornisce gratuitamente ai citta-dini non sono sufficienti, e ciò com-porta che la già esigua pensionemensile debba bastare anche per lacopertura di costose spese mediche.

I medicinali che lo stato fornisce gratisai cittadini non sono sufficienti, e ciò comporta che la già esigua pensione

mensile debba bastare anche per coprireterapie e spese mediche molto costose

Inoltre, secondo il rapporto del di-fensore civico Unmik, capita non dirado che una persona reputata ini-zialmente idonea a ricevere la pen-sione, non venga confermata in se-guito a una seconda valutazione daparte della stessa commissione medi-ca che ne aveva approvato l’idoneità.Questa circostanza solleva più di unaperplessità sulla professionalità di ta-le commissione che, come affermanodiverse organizzazioni operanti nel-l’ambito, non si avvale di medici al-l’altezza di questa diagnosi. Il maritodi Mehdi, una giovane donna che pri-ma di vincere il finanziamento di Steplavorava come parrucchiera a domi-cilio, ha una disabilità fisica non re-putata sufficientemente invalidanteda rendere necessario un supporto fi-nanziario. Di fatto, però, trovare lavo-ro gli è stato sinora impossibile.

E così Mehdi ha aperto un suo ne-gozio da parrucchiera e suo maritol’aiuta con i lavori di manutenzionedi cui c’è bisogno e nell’accudire i fi-gli. Questa svolta nella loro vita è sta-ta di vitale importanza, sia sul ver-sante finanziario (dato che le speseper la scuola dei bambini, le bollettee le medicine non erano mai suffi-cienti), sia per l’entusiasmo creatodal fatto di avere un’impresa intera-mente dipendente dalla loro respon-sabilità, dove impegnare energie e in-vestire aspettative di un futuro piùsoddisfacente. A dimostrazione delfatto che, anche in un paese come ilKosovo, la disabilità può costituireuna limitazione, non certo una con-danna a prescindere.

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UNO “STEP” DI DIGNITÀJeton nel suo negozio di componentielettroniche e accessori per computer e telefoni. Sotto, Ibrahim nell’autolavaggioche gestisce con i due fratelli a Decan

internazionale kosovo

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DISEGUAGLIANZE

di Francesco Maria Carloni

IDEE PER SUPERARELA RADICE DEI MALI

«L’iniquità è la radice dei mali sociali»: è l’esplicito messaggio, lan-ciato il 28 aprile 2016 dall’account twitter di Papa Bergoglio,@Pontifex_it. L’espressione è la sintesi di un più ampio paragrafo

della Evangeli Gaudium, l’esortazione apostolica che costituisce finora il ma-nifesto programmatico di papa Francesco.

Ma il termine iniquità, nella lingua italiana, attenua la forza della condannamorale. In inglese inequality vuol dire ineguaglianza, in tedesco ungleichheitsi traduce con diseguaglianza. E così anche in spagnolo, la lingua del Papa, laparola inequidad non consente altra traduzione che diseguaglianza. Non c’èuna diseguaglianza iniqua da condannare e una più morbida da perseguire:la radice del male è “l’economia dello scarto”.

Come il bene tende a comunicarsi, così il male a cui si acconsente, cioè l’in-giustizia, tende ad espandere la sua forza nociva e a scardinare silenziosamentele basi di qualsiasi sistema politico e sociale, per quanto forte possa apparire.

È la diseguaglianza spirituale, culturale, economica, ambientale, tra le per-sone, la radice dei drammi umani che ancora oggi affliggono milioni di per-sone, costringendole a lasciare la propria terra o impedendo loro di ritornare.

I luoghi delle disuguaglianze sono quelli che papa Francesco indica come«le periferie»: non spazi indefiniti ai margini di città invisibili; piuttosto, luoghi

precisi, visibili, lontani e vicini, dove si perpetua laperversa cultura dello scarto.

È a queste persone scartate che ciascuno di noideve guardare, non per limitarsi a un gesto isolato,per osservare e andare oltre, ma per mettere in motola propria coscienza critica. Ed è proprio alla co-scienza critica, coltivabile da ciascuna persona dibuona volontà, che la Caritas propone idee e azioni.Per riconoscere, capire e agire. Per abbattere tutte lediseguaglianze.

Il sistema economico attuale è congegnato in modo da produrre ed esaltare differenze spirituali, culturali, economiche, ambientali. E così produce “scarti”, localizzati in periferie tutt’altro che invisibili:milioni di persone, per le quail non bastano gesti sporadici

UN PIANETADI “SCARTATI”Villaggio di rifugiatidi origine birmanain Thailandia.Interi gruppi umanisono costretti a vivereai margini dei flussie dei territori“che contano”

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panoramamondo

archivium di Francesco Maria Carloni

Obiettore cittadino: è il titolo di un prezioso sussidio, edito da Caritas Italiana nel 1994. Con una grafica ancora oggi moderna e originale, contenuti in una custo-dia di cartoncino, sei pieghevoli per altrettanti aggettivi che diventano argomenti da approfondire: Urbano, Solidale, Alleato, Difensore, Internazionale, Impegnato.

Il sussidio raccoglie e propone un itinerario di esperienze maturate da migliaiadi giovani in tutta Italia, alla scoperta di povertà e violenze (e delle loro cause), con la volontà di realizzare progetti di solidarietà (anche all’estero) e difendere in forme nonviolente i diritti dei poveri, con l’intenzione di spendersi in un impegnopolitico a breve e lungo termine.

Nel cofanetto, insomma, si trova materiale, teorico ed esperienziale, utile per una riflessione personale e di gruppo su cosa significasse obiettare al militarealle soglie del Duemila e su come fare del servizio civile un sempre più efficacestrumento di difesa nonviolenta del proprio paese.

Anche oggi, svolgere il servizio civile significa acquisire valori che segnano in positivo la propria vita e aiutano a maturare consapevolezza dei propri e degli altrui diritti. A 40 anni dalla firma della convenzione per il servizio civile tra CaritasItaliana e ministero della difesa (6 giugno 1977), nelle varie forme assunte dal ser-vizio in base alle leggi di settore, migliaia di giovani cittadini, donne e uomini, conti-nuano a svolgere il servizio civile con Caritas: la rilettura di Obiettore cittadino puòfornire loro elementi interessanti per capire appieno il valoredell’esperienza intrapresa.

Scriveva don Tonino Bello: «Starei per dire che non è tantol’obiezione di coscienza che ci interessa, quanto la coscienzadell’obiezione. Perché dietro le quinte di ogni obiezione c’è sempre una coscienza collettiva che matura».

La coscienza dell’obiezione,traguardo anche per i giovani d’oggi

«Rivolgo un appello in favore deldisarmo, nonché della proibizionee dell’abolizione delle armi nu-cleari: la deterrenza nucleare e la minaccia della distruzione reciproca assicurata non possonofondare questo tipo di etica». Pa-pa Francesco, nel messaggio perla Giornata mondiale per la pace,celebrata in tutto il mondo in am-bito ecclesiale il 1° gennaio, siera rivolto ai potenti e ai governidel mondo, affinché intensificas-sero l’impegno dei loro paesi,sulla via del disarmo nucleare.

Le notizie di cronaca delle ulti-me settimane, però, lasciano in-tendere che le due massime po-tenze nucleari del globo, Stati

Uniti e Russia, stanno pensandoa un (anacronistico e irresponsa-bile) riarmo dei propri arsenali.Così, i presidenti di Caritas Italia-na (cardinale Francesco Monte-negro, arcivescovo di Agrigento) e di Pax Christi Italia (monsignorGiovanni Ricchiuti, vescovo di Altamura – Gravina – Acquavi-va delle Fonti) hanno rilanciatol’appello del Papa, in vista dellaprossima Assemblea generaleOnu, prevista per il 27 marzo. «È fondamentale un impegno serio e approfondito – scrivono i due vescovi – perché la messaal bando delle armi nucleari divenga realtà e sia vincolanteper ogni stato. Il rischio nucleare

LA BOMBAAL BANDO Manifestazionecontro la proliferazionedegli armamentinucleari

ONUCaritas e Pax Christichiedono un trattatoper bandire il nucleare

che l’umanità intera oggi corre è altissimo. Le armi nucleari provocano danni irreversibili, han-no conseguenze umanitarie cata-strofiche e il loro uso, in qualsiasicircostanza, è ingiustificabile.Una via senza ritorno».

La nota dei due presidenti ricorda un pronunciamento di PaxChristi International: «Riteniamoun traguardo fondamentale chele armi nucleari siano esplicita-mente vietate da un trattato inter-nazionale e consideriamo il trat-tato come un esercizio di valorimorali e responsabilità globali,necessario per costruire un mon-do più sicuro e sostenibile. Inol-tre, un trattato sul bando delle armi nucleari non dovrebbe esse-re visto come un passo rivoluzio-nario, ma piuttosto come il passologico successivo che conduceverso la meta di un mondo senzaarmi nucleari. Facciamo appello a tutti i governi perché si assu-mano le proprie responsabilità e partecipino ai negoziati per il trattato sulla messa al bandodelle armi nucleari nel marzo e nel giugno-luglio 2017».

Montenegro e Ricchiuti hannodunque chiesto «che anche l’Ita-lia partecipi in modo attivo e co-struttivo agli appuntamenti all’As-semblea generale Onu». E hannoinvitato «tutti i gruppi, le associa-zioni, le singole persone, i movi-menti, le parrocchie, le istituzioni,ecc. a prendere coscienza e a farpressione perché il governo italia-no si impegni attivamente a favo-re del disarmo nucleare».

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LASTORIAI siriani preferiscono

fare acquisti in attivitàgestite da siriani,allo stesso modo

dei libanesi: si alimentaun circolo vizioso fatto

di tensione e diffidenza

LIBANOCommercio a Beirutin un circolo vizioso,ma Noal è riuscitaa diventare cioccolataia

Noal, 50 anni, vive a Beirut nel quartiere

di Dekwaneh, ad altissima densità abita-tiva di siriani; con lei sono il marito Pier e la figlia ventenne Sandra. La famigliagestisce da anni un piccolo negozio di alimentari e detersivi, attività che ha permesso loro di condurre una vita dignitosa. Tuttavia negli ultimi tempi gli affari non sono andati bene. Il numerodei siriani che vive nel quartiere è aumen-tato esponenzialmente; tanti arrivano in Libano per fuggire al terribile conflittoche sconvolge la Siria da ormai sei anni.E i siriani generalmente preferiscono fareacquisti in attività commerciali gestite da siriani, allo stesso modo dei libanesiche fanno spesa solo in negozi libanesi,creando e alimentando un circolo viziosofatto di tensione e diffidenza. Così Noal e Pier sono stati costretti a ridurre drasti-camente la loro attività lavorativa, anchea causa dello stato di salute di Noal, affetta da tumore.

Pier ha fatto il possibile per trovarenuovi lavori occasionali, acquistando persino un van per fare traslochi. Ma la situazione economica rimanevamolto complessa.

Quando la onlus Punto Missione ha attivato un corso in cioccolateria (in una metà del negozio di Noal e Pier),grazie al contributo di 4.100 euro di Cari-tas Italiana, Noal ha iniziato a frequenta-re le lezioni, rivelandosi una delle allievepiù brave: ottime capacità manuali, cura dei dettagli, decorazioni e rifinitureda professionista del mestiere. «Parteci-pare a questo corso è stato un sogno – racconta Noal –. Sono diventata una cioccolataia e ho iniziato a lavorarein una pasticceria del mio quartiere. I nostri problemi economici si sono decisa-mente diminuiti. Ringrazio di cuore tutticoloro che hanno sostenuto il progetto!».

> Microprogetto 247/16 LIBANOFormazione professionale per mastri cioccolatai

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MICROPROGETTO

INDIACentro di fisioterapia per famiglie povere

A Palluruthy, cittadina dello stato del Ke-rala, opera dal 1990 la “Piccola casa del-

la Divina Provvidenza” gestita dalla comunitàdei Fratelli Cottolenghini. L’obiettivo del micro-progetto è creare un piccolo centro di fisiotera-pia all’interno della struttura di accoglienza percurare le insufficienze fisiche e mentali dei 45ospiti accolti, provenienti da famiglie cristiane,musulmane e di religione indù, tutte estrema-mente povere.

> Costo 4.900 euro> Causale MP 34/17 INDIA

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MICROPROGETTO

MICROPROGETTO MICROPROGETTO

CAMERUNDiritti e salvaguardia dei bambini Baka

I pigmei Baka non superano il metro e cin-quanta, vivono di cacciagione e la loro casa

è la foresta pluviale nel nord del Camerun. Consi-derati individui di serie B, non possono parteciparealla vita politica, non hanno accesso alla sanità, all’educazione e alla giustizia. Il microprogetto prevede di sostenere l’educazione dei bambini della minoranza Baka, costretti ad abbandonare le scuole già dalle elementari, a causa dell’estre-ma povertà e discriminazione.

> Costo 3.900 euro> Causale MP 5/17 CAMERUN

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Siamo a Camp Garba, villaggio nel cuore del Kenya. Grazie al presente microprogetto,

si vuole sostenere la formazione al mestiere di pastori di 200 giovani provenienti dalle etnie Borana e Turkana, coinvolte fra il 2011 e il 2012in scontri tribali ancora non sopiti. Il microprogettoha l’obiettivo sia di avviare i giovani al lavoro, sia di promuovere una riconciliazione fra i due popoli;sarà sostenibile nel tempo tramite l’acquisto di bo-vini e la vendita delle carni e dei prodotti caseari.

> Costo 5 mila euro> Causale MP 20/17 KENYA

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KENYAFormazione professionale per giovani allevatori

NON STANCATEVI DI SOSTENERE I MICROPROGETTI! INFO: [email protected]

VIETNAMAcqua purificataper la salute del villaggio

Il Vietnam soffre per l’inquinamento dellefalde acquifere che affligge la stragrande

maggioranza della popolazione locale; a esserecolpiti sono soprattutto i bambini, soggetti a for-me di diarrea e dissenteria per lo più croniche. Il microprogetto, proposto da Caritas Vinh, prevedel’installazione di un impianto di purificazione delleacque in favore degli oltre 4 mila abitanti del vil-laggio di Nhon Phu, che finalmente potranno beresenza mettere più a repentaglio la loro salute.

> Costo 4.900 euro> Causale MP 37/17 VIETNAM

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villaggioglobale

per chi naviga, è proprio assue-farsi all’odio e alle parole insul-tanti, che feriscono. L’iniziativadel progetto Parole O_Stili rac-coglie dieci principi di stile perridurre, arginare e combattere i linguaggi negativi che si propa-gano in rete. La presentazionesi è tenuta a Trieste a metà febbraio, davanti a oltre 600persone, tra le quali giornalisti,manager, politici, docenti. Testi-monial Gianni Morandi, che in rete ha subito attacchi di hatespeech sui social network. Il “Ma-nifesto della comunicazione nonostile” è stato composto, in die-ci punti, a partire dalle oltre 250proposte della rete giunte negliultimi mesi a Parole O_Stili. Le proposte sono state riformu-late inizialmente in 23 principi

di stile e sottopostea votazione onlinesul sito dell’organiz-zazione. I primi 6 prin-cipi sono stati sceltidirettamente dalla rete, altri 4 sono sta-

ti selezionati da cento esperti di comunicazione. Il Manifestoè destinato a viaggiare, nellescuole soprattutto. Prossimatappa a Bergamo, il 4 maggio.www.paroleostili.com

accanto ai bambini e stimolan-do curiosità e dubbi. Alex Corlaz-zoli racconta di una scuola chenon solo istruisce, ma forma ed educa, attraverso il diritto al-la parola dei bambini. Non vasida riempire, ma persone in mo-vimento, che cambiano e hannobisogno di umanità, non solo dinozioni. Tutti in classe (Einaudi)racconta però di una scuola chenon riesce, se non in pochi casi,ancora isolati (seppure in cresci-ta), a stare al passo con la com-plessità del mondo. Anzi spessosi chiude nelle regole e nellatrincea nella burocrazia, che ren-de ogni azione nuova lunga edestenuante. Attraverso un diariodelle sue classi, il maestro Cor-lazzoli introduce così una nuovaidea di scuola, che diventa (an-che) palestra per allenare lementi e i cuori dei piccoli alunni.

SOCIAL NETWORKParole O_Stili,un manifestoper dire bastaall’odio online

Una concreta iniziativa di sensi-bilizzazione sull’hate speech, fenomeno che in rete sta diven-tando la normalità. Il rischio,

TEATROSocial comedy,sul palco per Ics tutti gli ostacoliall’accoglienza

Una commedia agrodolce, per raccontare come funzionadavvero l’accoglienza in Italia.Quali sono i problemi deglioperatori e qual è il clima che i rifugiati respirano sulla loropelle? Si intitola Social come-dy – Intrigo a via Doganellil’opera teatrale di MaurizioZacchigna (regia Marko Sosic,realizzata su commissionedell’Ics – Consorzio italiano

di solidarie-tà) che stagirando peri teatri ita-liani. La sto-ria è quelladi quattro

zoom

Un maestro della Parola, un pastore amato e ricordatodal suo popolo. A 90 dalla nascita (e a 5 anni dallamorte) l’insegnamento di Carlo Maria Martini, gesuita,biblista, per 23 anni, a cavallo del Millennio, amato arcivescovo di Milano, rivive in Cristiani coraggiosi(editore In dialogo). Le parole del cardinale rappresen-tano ancora oggi lungimiranti provocazioni per la socie-tà e la Chiesa italiane. Il libro è dedicato ai laici e offreuna selezione di testi finora inediti, percorsi da doman-de di grande attualità: come essere, oggi, testimoni di Gesù e del suo Vangelo? Di quali cristiani hanno bisogno la Chiesa e il mondo in cui viviamo? E ancora:quali caratteristiche deve avere l’impegno dei cristianinella vita pubblica e in politica? Quale qualità devono

avere le relazioni interpersonali,per rivelare una prospettiva “cristiana”? Perché e come dedi-carsi all’educazione dei più gio-vani e quali valori trasmettereper favorire il nascere di unanuova civiltà? In sostanza: che cosa vuol dire per i cristianidei nostri giorni “essere santi”?

A questi e ad altri profondi interrogativi Martini rispose con una profonda umanità, una vasta cultura e una saggezza maturata alla scuola della Bibbia. Parole che vengono da lontano, capaci di profezia nel presente e per il futuro.

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Il coraggio di testimoniare richiesto ai cristiani,testi inediti di Martini nel suo anniversario

conta la mission e la spiritualitàcon l’allegria della commedia.Accanto agli attori professioni-sti, alcuni ospiti disabili del donGuanella. Felice all’inizio faticaad adattarsi alle logiche e allepersone della Casa. Ma poi,aiutato dalla psicologa del Cen-tro, scopre che può essere

zoom

CINEMAAmici in paradiso:al Don GuanellaFelice cambia vitae trova una famiglia

Felice, più per leggerezza e su-perficialità che per adesioneesplicita alla malavita, viene col-to con le mani nel sacco: l’accu-sa è pesante, riciclaggio di de-naro sporco. Per sfuggire allaprigione, e anche perché hapaura, parla e fa arrestare il cri-minale che è dietro il riciclaggio.Così evita la galera e finisce allaCasa San Giuseppe, un centroDon Guanella. Muove da questospunto Ho amici in paradiso, di Fabrizio Maria Cortese, uno spaccato della vita del cen-tro di riabilitazione, che ne rac-

Il quartiere Tamburi è il più esposto all’inquinamento, a Taranto, con l’Ilva assassina a poche centinaia di me-tri dalle abitazioni. Sui balconi delle case le persone rac-colgono ogni giorno uno strato di polvere di mineraleportata dal vento, lo stesso pulviscolo pericoloso che re-spirano durante tutte le ore della giornata. Ma non tuttoè smog e veleni. Proprio a Tamburi, infatti, è nato un pro-getto sociale, A Tamburi battenti, che comprende diver-se iniziative e coinvolge diversi partner. A coordinare il progetto è la Caritas diocesana. E la eco-orchestra è una delle iniziative dell’articolato progetto: scope, ba-rattoli di marmellata e altri oggetti di recupero, materialidi scarto che finirebbero nei rifiuti, vengono trasformatiin percussioni dai ragazzi e dalle ragazze di una scuoladel quartiere, sotto la guida dell’artista napoletano Mau-rizio Capone & Bungt Bangt e da Tommaso Colagrande.

Il progetto è finanziato dalla Fondazione con il Sud.L’idea sottesa al progetto è creareopportunità di lavoroper i soggetti fragilie nuove pratiche ar-tistiche e culturaliche possano esseresperimentate nelquartiere. Tutto giraintorno al teatro del-

la parrocchia SanFrancesco De Gero-nimo, che è in fasedi ristrutturazione.A conclusione deilavori diventerà unospazio culturale-tea-trale a disposizionedi compagnie, atto-ri, associazioni e re-altà del territorio che condividono una visione orientataall’inclusione sociale e alla crescita delle opportunitàlavorative connesse al settore teatrale, e non solo. Nell’attesa però i tamburi suonano: accade all’Istitutocomprensivo Vico-De Carolis, uno dei partner del pro-getto, i cui alunni hanno dato vita a una eco-orchestrachiamata, appunto, “I Tamburi di Taranto”. Il terzo step del progetto è il World Cafè, che vuole essere un luogo di incontro dal basso per tutti i cittadini e gli artisti che interverranno nelle attività del rinnova-to teatro parrocchiale. Struttura che diventerà un labo-ratorio con fini sociali: qualcosa più che un teatro, ma un luogo di incontro permanente, aperto ai giovanidel quartiere, uno spazio “vuoto” da riempire con i bisogni e la creatività di chi il quartiere lo vive. Nonostante l’Ilva.www.esperienzeconilsud.it/atamburibattenti

divertente vivere con personedisabili. E istruttivo. Sarannoproprio loro, infatti, a insegnarequalcosa di buono a Felice. E lui per la prima volta scopriràche la parola famiglia può ave-re un significato positivo.

Commedia dolceamara, questo piccolo e gioioso filmracconta in modo convincenteuna realtà difficile ma piena di risorse. E soprattutto i suoiospiti, per una volta attori.

LIBRITutti in classe,diario di una scuolache prova a stareal passo col mondo

La testimonianza di un maestroelementare, che insegna stando

A Taranto battono i Tamburi della creatività:non solo Ilva, ma musica che nasce dagli scarti

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villaggioglobale

di Daniela Palumboatupertu / Davide Peron

Nei testi di Davide Peron – classe 1974, di Schio, provincia di Vicenza – affiora forte l’impegno sociale.Uno dei suoi pezzi, La pallottola, è stato scelto comeinno da Libera contro le mafie per la regione Veneto.Ha quattro album all’attivo, l’ultimo è Imbastir parole.

Attualmente sei in giro con uno spettacolo musica-le. Di che si tratta?

Il titolo è: Una calza a salire e una a scendere. Lavoro con mia moglie, che è attrice, Eleono-ra Fontana. È un testo sulla primaguerra mondiale. In particolareraccontiamo, con musica e parole,le donne che hanno attraversatola guerra, i loro gesti semplici ma spesso eroici.

V’è un angolo di luce è invecela canzone sulla quale hai la-vorato in un videoclip insiemeai ragazzi disabili della coope-rativa Primula di Valdagno…

L’angolo di luce che illumina lepersone disabili è la meravigliaper la vita che noi normodotati perdiamo strada facendo. Noi persone “normali” ci dimentichiamo la meraviglia con la quale da piccoli guardiamo il mon-do. I ragazzi disabili hanno voluto raccontare invece il collegamento tra terra e cielo. Noi a volte siamo così impegnati a guardare appena oltre il nostro naso,da non renderci conto di quanta bellezza ci circonda.

Musica e società. Parole e impegno. Qual è la tua

«L’angolo di luceche noi perdiamo:nell’altro, non diverso,io mi riconosco»

Ci vuole coraggio a lasciare la propriaterra. Molti di noi

non lo avrebbero, né il coraggio di comprendereciò che ci fa paurain noi. È molto piùsemplice respingere

idea di cantautore?Io sono abituato a scrivere ciò che vivo, ciò che vedo: il mondo che mi circonda, le persone che incontro. Se quello che mi accade intorno suscita in me un senti-mento di ingiustizia, come per esempio il tema della mafia, o un sentimento di incomprensione, non riesco a girarmi dall’altra parte, a fare finta che non sia succes-

so e che non mi riguarda. Le miecanzoni parlano di questo, poi ognipersona nell’ascoltarle vi associa la propria storia, il proprio vissuto, e mediante questo scambio passail messaggio contenuto.

Nella canzone Fortuna al fianco,canti che ci vuole coraggio ad andarsene dalla propria terra. Il tema attuale dei migranti...

Io nell’altro mi riconosco. Ogni voltache vengo a contatto con una per-sona e nasce il dialogo, in lei trovosia la parte di me che già conosco,sia quella più oscura, non nota, chepuò fare anche paura. Nel momento

in cui classifico l’altro come “diverso”, sto dando liberosfogo alla voce della paura. Ci vuole sì coraggio a lascia-re la propria terra per dirigersi verso l’ignoto, verso qualcosa che non sappiamo se sarà una certezza. Molti di noi non avrebbero questo coraggio, né tantome-no il coraggio di comprendere quello che ci fa paura dentro di noi. È molto più semplice respingere.www.davideperon.it

mente; il foglio viene poi scan-sionato e inviato entro il giornodopo. La risposta del destinata-rio segue il processo inverso:viene stampata, chiusa in bustae consegnata al detenuto. In Lombardia solo i detenuti di Bollate hanno la possibilità di inviare messaggi mail. In al-tre carceri italiane, come Rebib-bia a Roma o Frosinone, è attivoun servizio simile da alcuni anni.

no essere molto importanti. Per questo si è pensato allemail. In un mese ne sono giàpartite oltre 500, dai 60 dete-nuti che si sono abbonati al ser-vizio, che costa 12 euro ogni 30 messaggi. Ogni giorno si ag-giungono altri detenuti, il mec-canismo è semplice: il carcera-to scrive il suo messaggio suun foglio, che un incaricato del-la cooperativa ritira quotidiana-

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PUÒ DAVVERO RIEDUCAREIl carcere milanese di Bollate, teatro di interessanti

sperimentazioni sociali: ora c’è anche Zeromail

Infortuni e malattie sul lavoro:osservare le norme è importante,ma la sicurezza nasce dal benessere

di Francesco Dragonetti

Carlo Maria MartiniAbramo. Nostropadre nella fede(San Paolo, pagine

312). Meditazioni suAbramo, padre di una fe-de in cammino, simbolodi chi cerca Dio, «fede co-me vita vissuta», «model-lo dell’uomo in atteggia-mento di accoglienzae di disponibilità».

LIBRIALTRILIBRI

Sabrina VecchiGocce di memoria(diocesi di Rieti,pagine 59). Brevi

tracce biografiche dei mor-ti a causa del terremotodel 24 agosto: il volume«non vuole essere – spiegail vescovo di Rieti, monsi-gnor Pompili – semplicenostalgia», ma strumentoper «riattivare la presenza».

Giustina AcetoIn Cammino versole feste dei santuaricalabresi (Velar-Elle-

dici, pagine 180). Agileguida dei santuari, avvio di un’indagine che ha datoil nome alla collana “Cam-mino dei Santuari”: un la-voro di 20 anni, partito dal-la Calabria, per realizzareuna ricerca unica in Italia.

paginealtrepagine

Il 28 aprile, in tutto il mondo, viene celebrata la Giornata mondiale per la sicurez-za e la salute sul lavoro. Parola d’ordine: mettere in luce l’importanza dei sistemidi gestione della sicurezza e della salute sul lavoro, per un miglioramento dellaprevenzione e del controllo dei rischi.

È questo, infatti, l’impegno promosso dall’Ilo-Oil (Organizzazione internazionaledel lavoro), agenzia specializzata delle Nazioni Unite che opera per favorire l’accesso di uomini e donne al lavoro, in condizioni umane e dignitose.

Secondo i dati in possesso dell’Ilo-Oil, ogni anno nel mondo sono circa 337 milioni gli incidenti sul lavoro e circa 2,3 milioni i morti, ossia circa 6.300 morti al giorno. Le morti cosiddette “bianche” denunciate, rispetto a quelle causate da pandemie come l’Aids e la Tbc, rappresentano un tributo pesantissimo e sonoall’origine di innumerevoli cause di invalidità.

Luciano Alberti Sicurezza sul lavoro. Manuale pratico (Fag, pagine 288), sottolineache le norme per la sicurezza sul lavoro sono in continua e costante evoluzione, peraggiornarle alle sempre diverse e sempre più variegate modalità di lavoro e di produ-zione. La strada per diminuire infortuni sul lavoro e malattie professionali è ancoralunga ma passa, necessariamente, anche attraverso la conoscenza e l’applicazioneprecisa e puntuale di tali norme. Norme che, oltretutto, prevedono numerosi obblighi e divieti in capo al datore di lavoro e la cui inosservanza porta a sanzioni, anche gravi.

Sono tanti i libri, nel panorama editoriale italiano, che trattano di sicurezza e sa-lute nel mondo del lavoro da un punto di vista squisitamente tecnico. Invece CarloBisio Psicologia per la sicurezza sul lavoro. Rischio, benessere e ricerca del signi-ficato (Giunti organizzazioni speciali, pagine 180) affronta il tema attraverso unaprospettiva che nel nostro paese è quasi completamente inedita: il punto di vistaumano. Al centro della trattazione si trovano non tanto i principi normativi,quanto la psicologia dei gruppi e delle persone che, attraverso il loro com-portamento, la loro competenza, le loro abitudini, costruiscono la reale sicurezza sul lavoro e i risultati che ne conseguono. L’analisi è volta a dimostrare come il benessere sul lavoro non sia semplicemente legatoall’assenza di malattie o di infortuni, quanto a una dimensione complessa,che rende l’individuo capace di dare significato al proprio lavoro. È questala vera sicurezza che un’organizzazione efficace e competitiva deve esserein grado di offrire, e che il volume riesce a descrivere in ogni suo aspetto.

operatori, alle prese con la si-stemazione di un nuovo centrodi accoglienza in cui stannoper arrivare nove rifugiati afga-ni. Ma la responsabile del cen-tro dovrà fare i conti con unaserie di imprevisti: dalla vicinadi casa razzista, che non vuolecontatti tra i migranti e le suenipoti, fino ai problemi ben più gravi degli ospiti del cen-tro, vittime di torture. In que-sto sottile equilibrio tra trage-dia e comicità si svolge tuttala rappresentazione, a metàstrada tra realtà e finzione: è dentro queste pieghe di va-ria umanità che si capisconole difficoltà di chi lavora nelsociale, con problemi spessoinsormontabili. Sullo sfondo i migranti: nella rappresenta-zione sono protagonisti invisi-bili, volutamente mai in scena,a sottolineare quanto si parlidi loro senza mai interrogarlirealmente, senza conoscerechi sono.

DIGITALEComunicaredal carcere:lettere lente,ora c’è Zeromail

Un servizio appena iniziato nel carcere di Bollate (Milano),apparentemente minore, ma di grande importanza: Zeromail è gestito da una cooperativa sociale, Zerografi-ca, e permette ai reclusi di inviare e ricevere messagginel giro di poche ore. Fino a oggi i detenuti potevano scrivere solo lettere, perchénel carcere non esiste l’acces-so alla rete. Carta e pennarappresentavano l’unica fron-tiera del rapporto con l’ester-no. Solo che nel frattempo le poste sono peggiorate e le missive arrivano semprein ritardo. Soprattutto quelle dirette all’estero. Eppure le lettere (all’avvocato, alla fa-miglia) per un detenuto posso-

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Page 25: Ragazziche arrıvano soli - Caritas Italianas2ew.caritasitaliana.it/materiali/Media/Italia_Caritas/... · 2017. 5. 9. · Libero, creativo, partecipativo e solidale”. Tra gli obiettivi

Il catino dell’attenzione, l’asciugamano della cura: a Pasqua si rinascemettendosi a servizio. Auguri di cuore da Italia Caritas e Caritas Italiana

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(Gv 13,5, Liturgia del Giovedì Santo)