Tra speranza disastro e - Caritas...

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POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 – AUT. GIPA/NE/PD/31/2014 – CONTIENE INSERTO REDAZIONALE Lotta alla povertà La fretta e le barriere, pesanti zavorre per il Reddito Dipendenze L’era dei narcisi fragili e il ritorno dell’eroina Sri Lanka Sepalika e la sua isola, raggelate dal trauma del terrorismo MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO LII - NUMERO 5 - WWW.CARITAS.IT giugno / luglio 2019 Italia Caritas e disastro speranza L’Argentina un secolo fa era il quinto paese più ricco del mondo. Oggi teme di ricadere nel gorgo del fallimento. Così, spesa e disagio sociale si impennano… Tra

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Lotta alla povertà La fretta e le barriere, pesanti zavorre per il RedditoDipendenze L’era dei narcisi fragili e il ritorno dell’eroina Sri Lanka Sepalika e la sua isola, raggelate dal trauma del terrorismo

M E N S I L E D I CA R I TA S I TA L I A NA - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O L I I - N U M E R O 5 - W W W. C A R I T A S . I T

giugno / luglio 2019

Italia Caritas

edisastrosperanza

L’Argentina un secolo fa era il quinto paese più ricco del mondo. Oggi teme di ricadere nel gorgo del fallimento.Così, spesa e disagio sociale si impennano…

Tra

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editoriali

trarsi a questa cultura, i cristiani nonpossono non sentirsi interpellati.

«L’umanità deve prendere coscien-za della necessità di cambiamenti distili di vita, produzione e consumo –sottolinea il Papa –. Occorre sentirenuovamente che abbiamo bisogno gliuni degli altri, che abbiamo una re-sponsabilità verso gli altri e il mondo».

È una prospettiva di responsabilitàrispetto alle sfide del tempo, che va as-sunta fortemente, perché se è vero che«la realtà è superiore all’idea», come af-ferma Francesco nella Evangelii gau-dium, non siamo noi a scegliere su checosa operare, ma è il “grido” del nostro popolo a indicarci le priorità di impegno.

Ciascuno nel proprio ambito, ma avendo presente la portata globale del com-pito, deve riaffermare con coraggio, anche andando controcorrente, la forza deldialogo e delle relazioni. È necessario costruire una nuova cultura popolare cri-stiana, intessuta di pratiche sociali, luoghi, relazioni e modelli relazionali, chesappiano evangelizzare nella vita. L’obiettivo, in fondo, è attingere alla culturacristiana dell’incontro e del servizio, partendo dal cambiamento di sé per giun-gere a un cambiamento della società. Spesso, a essere riscoperta, grazie alla re-lazione autentica e alla condivisione piena con i mille volti della povertà, è la no-stra dimensione di fede, che rischiamo di lasciare impoverire e disperdere.

Proprio per questo occorrono uno sguardo e un cuore che sappiano vederevicino e lontano, dovunque c’è bisogno di amore. Facendoci agire in modo con-seguente verso tutte le categorie di persone nelle quali Gesù stesso si è identifi-cato. E che, come ci ricorda il capitolo 25 del Vangelo di Matteo, costituiscono ilmetro del giudizio escatologico: affamati, assetati, nudi, ammalati, carcerati, fo-restieri... In generale, vecchie e nuove forme di povertà e fragilità.

A 4 anni dallapubblicazione,

l’enciclica Laudato si’non perde la sua

drammatica attualità.Occorre riaffermare con

coraggio la forza deldialogo e delle relazioni.

Per una nuova culturapopolare cristiana,

fondata sull’incontro e sul servizio

di Francesco Soddu

RESPONSABILIDEL MONDO CHETRASMETTEREMO

he tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verrannodopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?» Questo interro-gativo è al cuore della Laudato si’. A 4 anni dalla pubblicazione

dell’enciclica di papa Francesco, sono sempre e drammaticamente at-tuali tutti i temi trattati. Ed è più che mai necessario che gli abitanti delpianeta compiano uno sforzo di ricognizione e revisione.

Se i modelli di sviluppo sono sempre più dominati dall’economia edal profitto e persiste una cultura individualistica “dell’ognuno per sé”,che definisce classifiche anche tra i poveri, creando esclusioni e ingiu-stizie, e se gli uomini di governo e di potere non sono in grado di sot-

direttoreFrancesco Soddu

direttore responsabileFerruccio Ferrante

coordinatore di redazionePaolo Brivio

in redazionePaolo Beccegato, Renato Marinaro,Francesco Marsico, Sergio Pierantoni, Domenico Rosati, Francesco Spagnolo

hanno collaboratoDanilo Angelelli, Chiara Bottazzi,Francesco Dragonetti, Roberta Dragonetti

progetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna

stampaMediagraf Spa, viale della NavigazioneInterna 89, 35027 Noventa Padovana

(Pd), tel. 049 8991511, e-mail: [email protected]

sede legalevia Aurelia, 796 - 00165 Roma

redazionetel. 06 66177226-503 [email protected]

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spedizionein abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46)art.1 comma 2 DCB - RomaAutorizzazione numero 12478del 26/11/1968 Tribunale di Roma

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Italia CaritasMensile della Caritas ItalianaOrganismo Pastorale della Ceivia Aurelia, 796 - 00165 Romawww.caritas.itemail: [email protected]

Chiuso in redazione il 5/6/2019

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MIGRAZIONI,È TEMPODI CORAGGIO

l 20 giugno si celebra la Giornatamondiale del rifugiato, occasio-ne per riflettere con lungimiran-za sulle migrazioni e «sulla croce

di tanta gente che soffre», come papaFrancesco ha definito le persone mi-granti in occasione del suo recenteviaggio in Bulgaria. Le Caritas, con-sapevoli che non si potranno maibloccare le migrazioni e avendo benchiare le difficoltà a esse connesse,continuano nel loro impegno quoti-diano, in una prospettiva di dialogo,progetti concreti e visione globale.

Germoglio di speranzaOggi è il tempo del rilancio del progetto“Protetto. Rifugiato a casa mia”, avviatodopo un appello del Papa all’accoglien-za nel 2015. Inoltre, dopo l’ingresso e laprogressiva integrazione di 498 profu-ghi in un centinaio di comuni, grazie aun precedente accordo, il 3 maggio èstato rinnovato il protocollo per i corri-doi umanitari, strumenti legali, sicuri,ordinati. Siglato da Conferenza episco-pale italiana (che agisce tramite CaritasItaliana e Fondazione Migrantes), Co-munità di Sant’Egidio e governo italia-no, prevede l’arrivo, in due anni, di altri600 richiedenti asilo da Etiopia, Niger eGiordania. Sono persone vulnerabili –famiglie con bambini, malati, donne arischio di tratta – che vivono in campiprofughi e altre sistemazioni precarie.Viaggeranno sicure e, grazie a numero-se diocesi, saranno accolte e integratein diverse regioni italiane, secondo unpercorso totalmente autofinanziato,soprattutto grazie ai fondi 8xmille.

Ci auguriamo che questi segni diaccoglienza costituiscano un germo-glio di speranza in un terreno, comel’attuale del nostro paese, che ha estre-mo bisogno di fiducia e coraggio.

di = Corrado Pizziolo

I

Laudato si’

COSTRUIAMO SPERANZA

Per contribuire, devi. compilare la scheda sul Modello 730 o Unico. firmare nel riquadro indicato come “Sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni e fondazioni riconosciute...”, indicando il codice fiscale della Caritas Italiana

. inserire la richiesta nell’apposita busta apponendo nome, cognome e proprio codice fiscale. consegnarla al Caf, al professionista abilitato o al sostituto di imposta

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Firma per devolvere il 5 x mille a Caritas Italiana Caritas ci lavora, tu sottoscrivi

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sommario

rubriche3 editoriali

di Francesco Soddue Corrado Pizziolo

4 parola e paroledi Benedetta Rossi

9 dall’altro mondodi Oliviero Forti

14 databasedi Walter Nanni

22 panoramaitalia ETICA E COMUNICAZIONE,PREMI PER I GIOVANI

30 zeropovertydi Alberto Bobbio

35 contrappuntodi Giulio Albanese

40 panoramamondoNUOVI VERTICI PERCARITAS INTERNATIONALIS,EUROPA E ITALIANA

45 pontiradioRADIO UNIVERSITARIE,I COMUNICATORI DI DOMANIdi Danilo Angelelli

47 a tu per tuLILIANA SEGRE:«LIBERA DAL GIORNO IN CUINON RACCOLSI LA PISTOLA»di Daniela Palumbo

anno LII numero 5

IN COPERTINABambino in uno spazio pubblicodella Boca, quartiere storicoe popolare della capitaleBuenos Aires. L’Argentinaè attesa in ottobre a incerteelezioni presidenziali. Ci arrivaimpoverita: nuovo default in vista?(foto Paolo Rizzo)

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nazionale6 LOTTA ALLA POVERTÀ:

LA FRETTA E LE BARRIERE,ZAVORRE PER IL REDDITOdi Francesco Marsico

10 TERREMOTO: RICOSTRUZIONE,A MISURA DI COMUNITÀdi Dalila De Rosa, LorenzoSemplici e Alessandra Smerilli

15 I NARCISI FRAGILI EIL RITORNO DELL’EROINAdi Luciano Squillacie Mauro Madama

rapporto annuale

18 UNA COMUNITÀCHE CONDIVIDE: 2018,UN ANNO DI CARITAS

internazionale

26 SRI LANKA: SEPALIKA E L’ISOLA,UN TRAUMA CHE RAGGELAdi Beppe Pedron

31 SUD SUDAN: PAPA IN GINOCCHIO,PACE DISATTESAdi Nicoletta Sabbetti

36 ARGENTINA: UN PAESETRA DISASTRO E SPERANZAdi Paolo Rizzo 31

mente operai durante la giornata, promettendo un sala-rio a chiunque, anche a coloro che erano rimasti indietro,non avendo trovato impiego. C’è ancora chi nel tardo po-meriggio è disoccupato: «Nessuno ci ha presi a giornata»(20,7). Agli operai viene offerta la possibilità di lavorarenella vigna: non si promette alcun compenso, si donasemplicemente fiducia. Ma in una giornata dominata dalfallimento, l’invito del padrone riapre una nuova possi-bilità di mettersi in gioco, una speranza.

Alla fiducia, il padrone aggiungerà poi il dono del sa-lario, sovrabbondante, superiore a ogni aspettativa (20,8-15). Nel fallimento, nella povertà, il dono prende primadi tutto la forma della fiducia offerta, un credito capacepiù di ogni altro di riattivare la speranza nelle proprie ri-sorse e capacità. La pesca insperata, il salario donato nonsostituiscono l’impegno o la fatica: al contrario, spingonodi nuovo a mettersi in gioco con i propri talenti.

drà a vuoto («e troverete», 5,6).Ciò che spinge Pietro e gli altri a

mettere di nuovo in gioco le propriecapacità e i propri talenti, è la fiduciadonata gratuitamente, è la parola chenon solo incoraggia, ma sprona epromette che quei talenti di nuovomessi in azione porteranno frutto.Accanto all’invito che rinnova la fidu-cia, viene indicata una direzione, unlato della barca da cui gettare la rete(5,6). Questa volta la rete si riempie,e la pesca non fallisce. Alla fiducia ri-cevuta e donata, alla fatica e all’im-pegno profusi nel ritentare una pescaimpossibile, si aggiunge il dono.

Giunti a terra, prima Pietro, poi glialtri, trovano un fuoco di brace conpesce arrostito e pane (5,10). A que-sto dono si aggiungerà il frutto dellapropria fatica, un po’ del pesce pe-scato, per un pasto di comunione. Lafiducia ricevuta attiva le risorse el’impegno a cui il dono viene ad ag-giungersi.

Una nuova possibilitàQualcosa di simile accade in Matteo20,1-6: un padrone cerca ripetuta-

ome riattivare le risorse quando ogni attesa è delusa? Dovetrovare ancora speranza di ricominciare, di fronte a ripetutifallimenti? A più riprese la Scrittura mette a fuoco l’interazio-

ne delicata tra dono inatteso e impegno, tra ciò che gratuitamenteè ricevuto e la responsabilità personale.

Questa interazione incornicia il tempo trascorso da Gesù con isuoi. Si comincia così in Luca 5,1-11: con due barche vuote, con ipescatori che lavano le reti per la pesca andate e tornate a vuototutta la notte. Si inizia dalla delusione che abita il quotidiano di chiha fallito, e si è arreso. Le barche vuote, che sembrano oramai non

LA FIDUCIA OFFERTA,UN DONO OLTRE I FALLIMENTI

servire più a nulla, diventano un pul-pito provvidenziale per quel Maestroancora sconosciuto a Pietro, che nellasua delusione riesce però a fargli spa-zio. Il fallimento visibile dei pescatorinon impedisce a Gesù di dare loronuovamente fiducia; essa si manife-sta con la richiesta di uno sforzo ulte-riore: ancora prendere il largo, ancoraimpegnarsi a pescare (Luca 5,4).

Così accade anche dopo tre anni,dopo la morte e resurrezione di Ge-sù, quando la delusione torna adabitare il cuore di Pietro e dei com-pagni (Giovanni 21,1-14). Gesù inLuca 5,10 aveva promesso a Pietro: «Sarai pescatore diuomini». In Giovanni 21,1-14 la pesca è raffigurazionedella missione; e la pesca va a vuoto (21,3). Siamo difronte al fallimento dell’incarico ricevuto: le parole diGesù, la sua promessa sembrano cadute nel vuoto. Nonsolo: siamo anche di fronte al fallimento delle proprie ri-sorse, delle proprie capacità.

La parola capace di rimettere in moto l’azione e lasperanza, è una richiesta di aiuto, proveniente da Gesù,che si manifesta come un uomo qualunque che all’albasulla riva chiede da mangiare (Luca 5,5). La richiestaacutizza il dramma di Pietro, portandolo alla luce: egli ècostretto a dichiarare la sua sconfitta. Ma paradossal-mente, proprio la dichiarazione del fallimento diventa illuogo dove sperimentare la fiducia ricevuta; dopo l’am-missione di Pietro, Gesù invita a gettare di nuovo le retidall’altro lato (5,6), promettendo che il tentativo non an-

Gesù invita Pietro e gli altri pescatori a gettare di nuovo

le reti, dopo una notte di pesca senza esiti.

E il padrone della vignaoffre lavoro e salario

sovrabbondanti ancheagli esclusi. Il supportoinaspettato consenteall’uomo di andare oltre i propri limiti

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parolaeparoledi Benedetta Rossi

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l salario minimo, del qualemolto si è discusso, in sede po-litica, durante la primaverapre-elettorale, è uno strumen-to molto diffuso per regolare il

mercato del lavoro, tutelando i lavo-ratori con un limitato potere contrat-tuale (giovani dequalificati, lavoratori

anziani estromessi o a rischio di estro-missione dall’occupazione). Sebbenesia ampiamente diffuso soprattuttonei paesi di area Ocse – 29 su 37 statimembri posseggono una forma di sa-lario minimo –, tale strumento è altre-sì presente in diversi paesi a medio opersino basso reddito pro capite (in

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Che, ovviamente, sono tali: eventualirevisioni non sono da considerarsiscandalose. Ma forse è sbrigativo par-lare già di “risparmi”, quanto all’esitosulle finanze pubbliche. Sarebbe utileindagare, prima, perché una previsio-ne viene sbagliata: la questione delnon take-up o del non-recours – il fe-nomeno di non richiesta di un dirittoprevisto dalla normativa – è un nododelle valutazioni delle politiche socia-li. Per un decisore politico, non è mar-ginale riflettere sui motivi per cui unsoggetto avente diritto rinuncia allapossibilità di un aiuto: il cittadinonon sa di poter richiedere un aiuto?Le procedure sono troppo comples-se? I vincoli che impone sono troppoonerosi? Parlare oggi di risparmi, na-sconde la necessità di approfondire leragioni di una parziale smentita delleipotesi alla base della normativa.

Riguardo alle rinunce al beneficio– i casi di soggetti che hanno richie-sto e ottenuto il Reddito e rinunciatodopo la notizia dell’ammontare effet-tivo –, la questione della scala diequivalenza (ovvero il meccanismoche differenzia l’ammontare del be-neficio sulla base della composizioneanagrafica del nucleo), oggettiva-mente sbilanciata a vantaggio deisingle e dei nuclei familiari più pic-coli, rimane uno dei nodi da affron-tare nei prossimi mesi. L’attenta ana-lisi delle concrete situazioni di pover-tà, anche in relazione alla presenza diminori nei nuclei familiari, è una del-le questioni che una strategia di con-trasto avrebbe dovuto mettere tra lepriorità, invece del permanere del fe-

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avvio di qualsiasi “rifor-ma” è sempre in salita. Ela difficoltà attuativa è,ovviamente, proporzio-nale allo scarto tra novità

introdotte e normativa precedente. IlReddito di cittadinanza ha modifica-to l’impianto del Reddito di inclusio-ne. In particolare ha creato un canaleper l’inserimento lavorativo dellepersone in condizioni di povertà.Che – nei fatti – non esisteva.

D’altra parte la nuova misura ge-stisce un ammontare di risorse –quasi 7 miliardi di euro – mai stanzia-to nel nostro paese per tentare il con-trasto alla povertà: allestire una strut-tura nazionale e locale adeguata aquesta impresa non è cosa da poco.

Ma quali sono le difficoltà emer-genti?

Scala da ri-bilanciareL’attenzione dei mezzi di informazio-

ne si è concentrata sul minor numerodi richieste rispetto alla previsione,sui casi di rinuncia motivati dalla de-lusione per l’ammontare del contri-buto economico, nonché sulla diffi-coltosa prima fase attuativa, dovutaall’assenza di una parte consistentedi piattaforme informatiche.

Sul piano generale si può esprime-re una banale considerazione: la fret-ta e la costruzione di una normativache abbia la presunzione di innovare,non vanno d’accordo. La strozzaturaprovocata dalla necessità di far parti-re il Reddito di cittadinanza entroaprile (leggi: prima delle elezioni eu-ropee) ha impedito che tutti i proces-si attuativi necessari – vale a dire ilcompletamento dei supporti infor-matici – fossero definiti. Questo pro-voca un inutile sovraccarico sui ser-vizi e sui loro operatori, già impegna-ti ad apprendere modalità nuove dilavoro, rischiando di produrre subito

L’

nazionale lotta alla povertà

di Francesco Marsico

L’attuazione del Reddito di cittadinanza scontaprevedibili problemiorganizzativi. Le minori richiesterispetto alle previsioninon legittimano a parlare subito di risparmi.Bisogna riflettere:perché i cittadinirinunciano all’aiuto?Permangono i nodi“ideologici” di fondo

zavorre per il Reddito

fretta La

demotivazione e sfiducia anche neibeneficiari.

Al 30 aprile erano circa un milionele domande pervenute all’Inps, 300mila in meno rispetto alle previsioni.

ticcio comunicativo del beneficio,fissato – teoricamente – a 780 euro.

Non neghi se stessaPoco – per ora – si può dire sul ver-sante dell’inserimento lavorativoconnesso al Rdc e all’efficacia deipatti per l’inclusione. È troppo pre-sto, per capire se la misura ha inne-scato un processo virtuoso di attiva-zione non solo dei destinatari, ma so-prattutto delle strutture territorialidei Centri per l’impiego, partite fran-camente in affanno, a causa della lo-ro fragilità strutturale e dell’esistenzadi mercati del lavoro territoriali inreale difficoltà, in una fase semire-cessiva quale l’attuale.

Sullo sfondo rimangono i nodi irri-solvibili della nuova norma. In primoluogo, una retorica dell’azzardo mora-le e della responsabilità dei poveri in-negabilmente sproporzionata, rispet-to allo spettacolo di un paese gravatoda una permanente irresponsabilitàdei ceti dirigenti, che gli ultimi casi diindagine per corruzione confermano.In secondo luogo, l’imposizione dicondizioni di eleggibilità all’aiuto so-ciale contrastanti con i diritti fonda-mentali (come nei casi delle personesenza dimora – molte delle quali ri-schiano di non accedere perché… am-ministrativamente senza dimora – edelle famiglie immigrate) non puònon essere nuovamente censurata.

La lotta alla povertà, per essere ta-le, deve iniziare da chi sta peggio enon può creare ideologiche barriereall’accesso. A costo – altrimenti – dinegare se stessa.

Salario minimo, una buona idea?Misura opportuna, da studiare bene…Il nostro paese è tra i pochi, in Europa, a non garantire un minimosalariale. La politica ne discute. Ma attenzione alle controindicazioni

di Daniele Checchi

Iparticolare in Africa e in buona partedell’America Latina).

L’Italia è uno dei pochi paesi euro-pei a non disporre di una misura delgenere, anche se tra le deleghe previ-ste nel “Jobs act” (legge 183/2014) viera il progetto di introdurre tale misu-ra. Un ruolo analogo viene svolto dai

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IN ATTESA DEL BENEFICIOUn aspirante al Reddito

di cittadinanza mostra i modulirelativi alla misura ottenuti dall’Inps

barrierele e

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RESISTERE CON I GESTI,È LA LEZIONE DI “SABIR”

iniziano già in Grecia. Nikoleta Arva-nitudi, avvocato dell’associazioneper i diritti umani HumanRights360,impegnata nel monitoraggio dei re-spingimenti, ha riferito di uno spo-stamento dei passaggi dalle isole ver-so la frontiera terrestre con la Tur-chia, lungo il fiume Evros, dove laviolazione dei diritti dei migranti ap-pare sistematica.

Anche l’Albania è interessata daimportanti flussi terrestri in entrata,provenienti soprattutto dalla Grecia,a cui il governo cerca di risponderecon un sistema di accoglienza gestitodalle autorità in collaborazione conCaritas Albania. Questi flussi preoc-cupano molto l’Ue, che ha deciso diinviare funzionari dell’agenzia Fron-tex per supportare le autorità locali.Il paese delle Aquile, però, deve fare iconti anche con i flussi in uscita(emigrati albanesi che cercano di sta-bilirsi nell’Ue) e con un crescente nu-mero di emigranti albanesi che rien-trano in patria volontariamente, operché espulsi dai paesi Ue dove ri-siedono in modo irregolare.

La Bosnia Erzegovina, dal cantosuo, è uno dei paesi in cui le condizioni dei rifugiati ap-paiono più difficili, sia riguardo alla mancata tutela deidiritti umani che all’accoglienza. Appare preoccupantein particolare la situazione registrata a Bihac, così comeriportato anche da un recente rapporto (Illegal pushbacks and border violence), dal quale emergono casi dif-fusi di abuso a danno dei migranti. Situazione simile an-che in Serbia, dove il sistema di accoglienza è molto fra-gile e si creano contesti degradati, come quelli nella cittàdi Subotica.

In generale tutti i paesi balcanici sembrano, loro mal-grado, essere candidati a svolgere il ruolo di hotspot, sen-tinelle dell’Ue, necessarie per bloccare i flussi provenientidalla Turchia.

Dunque “Sabir” ha avuto, tra gli altri, il merito di riac-cendere i riflettori su una situazione che richiede un’atten-ta programmazione. Per evitare di trovarsi, tra qualche me-se, a dover affrontare l’ennesima emergenza profughi.

oggi presidente dell’associazione “Abuon diritto”, ha ricordato durantel’evento di apertura: «Serve una veraresistenza della società civile, liberadalla retorica. Dobbiamo essere con-sapevoli che sarà un percorso lungo,saranno i gesti delle persone a fare ladifferenza».

L’edizione leccese del festival èstata organizzata in un clima pre-elettorale intossicato dalla questionemigranti. Ed è proprio sul grande te-ma della mobilità umana che gli in-tervenuti al festival (tra questi, alcunioperatori delle Caritas diocesane) sisono confrontati, analizzando in profondità diversi am-biti del fenomeno, fra cui l’esternalizzazione delle fron-tiere, la condizionalità degli aiuti allo sviluppo, l’acco-glienza post-decreto sicurezza.

Ruolo da “hotspot”“Sabir” ha dedicato uno specifico seminario di appro-fondimento alle migrazioni lungo la rotta balcanica, alquale hanno preso parte, tra gli altri, molte Caritas del-l’Europa sud-orientale. Dal confronto è emerso che la si-tuazione dei profughi in questi paesi è ancora partico-larmente grave, caratterizzata da profonda insicurezza,mentre le informazioni sono decisamente insufficienti.

I relatori hanno passato in rassegna la situazione deisingoli paesi. Le condizioni di chi si muove lungo la rottabalcanica sono spesso drammatiche, non di rado i mi-granti sono soggetti a vessazioni da parte delle autoritàdi polizia deputate al controllo delle frontiere. I problemi

Si è svolta a Leccela quinta edizione del“Festival diffuso delle

culture mediterranee”:momenti di studio,confronto, incontroe spettacolo sulla

mobilità umana, conmigliaia di partecipanti.Un allarme: situazione

grave lungola “rotta balcanica”

i è svolto a metà maggio “Sabir”, 5° festival diffuso delle culturemediterranee, promosso da Caritas italiana, Arci, Cgil e Acli: 72ore, scandite da convegni, seminari, concerti e numerosi spet-

tacoli (con quasi 15 mila partecipanti complessivi), che hanno invasopacificamente la città di Lecce. Il crescente coinvolgimento di singoli,organismi e reti associative è stato un risultato significativo dell’edi-zione 2019, che ha ribadito la capacità della società civile di raccontareun’altra Italia e un’altra Europa: solidarietà agita e non solo declamata,volontà di uscire da un dibattitto pubblico fazioso, incapace di guar-dare al mondo con gli occhi della verità. L’ex senatore Luigi Manconi,

S

dall’altromondodi Oliviero Forti

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Efficacia della protezione, selettivitàdegli ambiti di applicazione, impattosulla struttura dei settori produttivi e sulla

diseguaglianza retributiva: quattro nodi delreddito minimo, serve un surplus di analisi

contratti nazionali di settore, che fis-sano minimi retributivi per qualifica,ma hanno un potere vincolante soloper le controparti firmatarie del con-tratto. Tuttavia un lavoratore che nonaderisca ad alcun sindacato può co-munque chiedere l’applicazione delletariffe sindacali, invocando il princi-pio dell’equa retribuzione previstodalla Costituzione (articolo 36). Perquesta via, i contratti sindacali in Italiatendono ad avere validità erga omnes,anche se non esistono norme che ri-chiedano al legislatore di recepire gliesiti della contrattazione (come acca-de invece per esempio in Francia).

Protegge i più deboli?Un problema che si sta però diffon-dendo nel nostro paese è quello deicontratti in deroga: datori di lavoronon aderenti alle organizzazioni dato-riali (o che disdicono l’affiliazione, co-me fece clamorosamente Fiat rispettoa Confindustria nel 2011) siglano concontroparti sindacali non meglio de-finite accordi che prevedono tratta-menti salariali inferiori ai contratti na-zionali. Più frequentemente, questicontratti riducono o cancellano le tu-tele accessorie dei lavoratori (ferie,malattia, indennità di turno o di stra-ordinario), allo scopo di ridurre il co-sto del lavoro.

Infine, vale la pena ricordare cherestano senza alcuna tutela, riguardoalla fissazione del salario, natural-mente tutti i lavoratori in nero, non-ché tutte le prestazioni lavorative dinatura parasubordinata, oltre che unaquota di lavoratori fittiziamente auto-nomi, in quanto caratterizzati da mo-no-committenza (le cosiddette “par-tite Iva fasulle”).

In questo quadro, viene da doman-darsi se l’introduzione di un salario mi-nimo possa giovare ai soggetti più de-boli dell’attuale mercato del lavoro(giovani Neet, lavoratori stranieri, don-ne con bassi livelli di qualificazione),

tenendo anche conto del forte duali-smo territoriale che caratterizza l’Italia.Seguendo una delle proposte avanzatedall’economista britannico Tony At-kinson (1944-2017) in uno dei suoi ul-timi contributi (Inequality: What CanBe Done? – in italiano Diseguaglianza.Cosa si può fare, Raffaello Cortina), ilForum Diseguaglianze Diversità, di cuiCaritas Italiana è tra i promotori, hasuggerito di introdurre in Italia un sa-lario minimo orario di almeno 10 euro.Tale proposta è stata discussa in nu-merosi incontri pubblici, da cui sonoemersi alcuni punti problematici.

Le questioni da sciogliereAnzitutto, l’efficacia della protezione:i soggetti deboli del mercato del lavo-ro rischiano di non essere tutelati dal-la misura, dal momento che essa è fa-cilmente aggirabile, giocando sul-l’orario di lavoro di fatto (perrendersene conto, basta leggere lecronache sullo sfruttamento dei lavo-ratori migranti in agricoltura…).

In secondo luogo, la selettività degliambiti di applicazione: una norma ètanto più efficace quanto più è sempli-ce e comprensibile. Per contro, nellamaggioranza delle esperienze esisten-

ti, i minimi salariali sono differenziati,per settore produttivo o per caratteri-stiche del lavoratore (età, genere, qua-lifica). Non è evidente come costruire,tra questi due estremi, un’eventualevia italiana al salario minimo.

Terzo, l’impatto sulla struttura deisettori produttivi: una norma che fissiun prezzo minimo al lavoro imponeimplicitamente una soglia minima diproduttività, sotto la quale l’impresafa perdite e nel medio periodo chiude.Quindi il salario minimo produce co-me effetto indiretto un rafforzamentodella struttura produttiva attraversol’eliminazione delle imprese deboli.Nella fase di transizione, tuttavia, siproduce disoccupazione, in partico-lare tra i lavoratori con più basso po-tere contrattuale, proprio coloro chesi vorrebbe tutelare maggiormente.

Infine, l’impatto sulla diseguaglian-za retributiva: innalzando le retribu-zioni più basse, ci si aspetta una ridu-zione dei differenziali retributivi inter-ni all’impresa e tra imprese. Tuttavial’esperienza estera mostra che se il sa-lario minimo diventa il perno dellacontrattazione, ogni sua variazione sitrasforma in uno spostamento dell’in-tera distribuzione, senza impatto sugliindicatori di diseguaglianza.

È dunque positivo che il dibattitopolitico si sia concentrato, negli ulti-mi mesi, su una questione che alli-neerebbe il nostro paese al panora-ma internazionale. Emerge però, allaluce dei nodi sopra evidenziati, la ne-cessità di un supplemento di analisie confronto, per evitare soluzioni le-gislative affrettate e, al limite, contro-producenti.

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EQUA RETRIBUZIONELavoratori in cantiere. Per riconosceredignità a tutti, meglio un salariominimo o potenziare i contratti?

nazionale lottaallapovertà

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I TA L I A C A R I TA S | G I U G N O / L U G L I O 2 0 1 9 11

con il contributo di tutti e di ciascuno,perché nessuno sia lasciato indietro etutti si sentano parte della rinascita.

Il progetto è costituito da quattrofasi: tre già concretizzate, una in fasedi avvio. La prima è stata dedicata al-la costruzione dei legami di prossi-mità con le persone delle comunitàcoinvolte, in occasione degli inter-venti di emergenza (costruzione distrutture, assistenza, ecc.).

La seconda fase è stata caratteriz-zata dalla ricerca di nuovi modelli dilettura dei territori, con l’obiettivo diconoscerne potenzialità e criticità, siain riferimento a dinamiche antece-denti il fenomeno sismico, sia con ri-guardo a quelli emergenti. Per tale ra-gione sono stati utilizzati due stru-

menti differenti e complementari:l’analisi strutturale e la mappaturadei territori. Il secondo mette al cen-tro non tanto i progetti o i programmisocio-economici, quanto la comunitàlocale e le sue dinamiche. È uno stru-mento di rilettura di un territorio,mutato rapidamente dagli eventiemergenziali, partendo dalla perce-zione che hanno di esso le personeche vi abitano. La mappatura tieneconto soprattutto delle componentiche costituiscono il patrimonio spiri-tuale (identità della comunità eccle-siale), materiale (architetture, oggetti,spazi fisici alterati e che rappresenta-no la “memoria del luogo”) e imma-teriale (usanze, riti, tradizioni e sape-re), e registra quale significato assu-

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di Dalila De Rosa, Lorenzo Semplici e Alessandra Smerilli

l terremoto del 2016 – che hacolpito le province di Rieti,L’Aquila, Teramo, Ascoli Piceno,Fermo, Macerata e Perugia,coinvolgendo 11 diocesi – ha

contribuito ad amplificare le criticitàgià presenti e concernenti le dinami-che demografiche, economiche e so-ciali dei territori interessati, ponendouna forte domanda di senso alle co-munità coinvolte. La perdita di perso-ne, case, luoghi significativi e attività haprovocato un sentimento di smarri-mento e solitudine, minando i delicatiequilibri sui quali era stata costruita laquotidianità. La logica dell’emergenza,guidata anche dal clamore mediatico,ha poi imposto una ricostruzionespesso realizzata senza avviare proces-si di partecipazione, capaci di conferiredignità ai cittadini e di farli sentire pro-tagonisti di un processo sartoriale direale rinascita. Lo scarso coordina-mento degli interventi ha provocatoun notevole spreco di risorse, tempo e

competenze. Oggi, a riflettori spenti, ladimensione umana della ricostruzionedelle comunità è ancora aperta; gli in-terlocutori latitano e la possibilità diveder trasformato lo status emergen-ziale in nuova condizione permanentedi vita diventa sempre più concreta.

Processi di corresponsabilitàÈ in questo quadro che si inserisce ilprogetto di Caritas Italiana, ideato erealizzato insieme alla Scuola di eco-nomia civile (Sec), finalizzato ad anda-re oltre il terremoto: verso un nuovoterritorio e un nuovo modello di svi-luppo sociale ed economico, con alcentro le persone e la costruzione diuna comunità solida, coesa, guidatadai valori della fraternità e della solida-rietà. Un progetto consapevole chel’emergenza, legata a logiche assisten-zialistiche, è una fase necessaria matransitoria, alla quale deve seguire l’av-vio di processi inclusivi e generativi adalta partecipazione, costruiti dal basso,

a misura di comunitàRicostruzione,

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nazionale terremoto

Approda all’ultimafase il percorsocondotto da Caritas Italianacon le popolazioni del centro Italiacolpite dai terremoti2016. Emergenza,mappature e formazione hanno favoritopartecipazione dal basso. Che ora devetradursi in progetti“generativi”

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L’emergenza, guidata dal clamoremediatico, ha imposto una ricostruzionesenza processi di partecipazione, capaci

di far sentire i cittadini protagonisti di un processo sartoriale di reale rinascita

L’ANALISI STRUTTURALENatalità su, occupazione giù. E c’è una “contro-migrazione”

Quali effetti shock genera, in un territorio e sullesue dinamiche di sviluppo, anche negli anni suc-cessivi, un pesante terremoto? L’analisi struttura-le di Caritas ha prodotto alcuni interessanti risul-tati, relativi a diversi indicatori.. Anzitutto, la demografia, ovvero tasso di nata-

lità, crescita naturale, tasso di nuzialità e nu-mero medio di figli per donna: qui fa testo il caso dell’Aquila, dove ciascuno di questi indicatori cresce e migliora nell’immediatodopo terremoto (2009). Anche se la crescitadi alcuni si perde, negli anni successivi, il datopuò essere letto come un messaggio di spe-ranza, l’indizio di una voglia di ricominciaredopo il terremoto.. Le province dell’Italia centrale colpite dal si-sma del 2016 si confermano però territori conun tasso di crescita della popolazione inferiorealla media italiana e con un’età media dellapopolazione, un indice di vecchiaia e di dipen-denza degli anziani superiori alla media.. Turismo: i dati rappresentati nel focus vannopresi con molta cautela, sia perché il dettaglioprovinciale non coglie appieno alcune realtàlocali di eccellenza (ad esempio Amatrice), siaperché non si tengono in considerazioni alcu-ne specificità locali (ad esempio la presenzadi seconde case o le case d’origine presso le quali le persone espatriate tornano in va-canza, o la presenza delle badanti che creano

un indotto turistico, non rilevato dai dati).. Per quanto riguarda i tassi di crescita del valo-re aggiunto e dell’occupazione, le province dell’Abruzzo sono in una situazione migliore(gli investimenti post-terremoto 2009 potreb-bero avere avuto impatto positivo). Per quantoriguarda invece la disoccupazione, in tutte le province, ad eccezione di Fermo, si registra-no tassi maggiori di peggioramento rispettoall’Italia. Interessante il fatto che L’Aquila nel 2010 registrasse un miglioramento in termini di disoccupazione (totale e giovani-le) e di mancata partecipazione, per poi peg-giorare negli anni successivi. Il dato si può leggere come voglia di ricostruire, come spe-ranza in nuove opportunità, che si scontra suc-cessivamente con la realtà.. Gli stranieri nelle scuole pubbliche delle pro-vince dell’Abruzzo sono aumentati più dellamedia nazionale (nelle altre province no). Questo dato può suggerire che il terremotodel 2009 ha originato una “contro-migrazione”(anche temporanea per la ricostruzione) degli stranieri: gli abitanti migrano verso le coste, gli stranieri verso l’interno.. Quanto ai servizi socio-assistenziali, tranne che per la provincia di Rieti, sono aumentatiquelli dedicati all’infanzia. Tuttavia, aumentanosia la difficoltà degli anziani (meno assistenzadomiciliare) che l’emigrazione ospedaliera.

mono queste dimensioni agli occhidei membri della comunità. L’obietti-vo ultimo della mappatura è propriofavorire la valorizzazione della comu-nità, per innescare processi di parte-cipazione e di corresponsabilità.

Rigenerazione sostenibileQuanto all’analisi strutturale, sempreparte della fase 2, doveva restituire aglioperatori Caritas, e più in generale allecomunità colpite dal sisma, un quadrodi riferimento all’interno del quale leg-gere potenzialità e criticità del territo-rio, dal punto di vista economico e inuna chiave multidimensionale. Per ta-le ragione si è scelto di utilizzare indi-catori provenienti da fonti ufficiali, ar-ticolati in dieci dimensioni e ripren-dendo in parte gli indicatori del Bes(Benessere equo e sostenibile). Le die-ci dimensioni sono: salute, istruzione,benessere economico (focus sull’agri-coltura), lavoro, paesaggio e patrimo-nio culturale (focus sul turismo), rela-

ABBRACCIARE LE LACRIMEVolontari Caritasvisitano coppiadi anziani in una“casetta” allestitaper chi ha persol’abitazione

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nazionale terremoto

zioni sociali, sicurezza, aspetti demo-grafici (focus sullo spopolamento) epovertà (dati Caritas-OspoWeb).

L’analisi ha tenuto conto degli ultimidieci anni pre-terremoto (2006-2016).Per ogni indicatore è stato costruito ungrafico di tendenza (o di livello), al finedi rappresentarne l’andamento (anchemedio) nel tempo. All’interno di cia-scun grafico è stato possibile realizzareun confronto fra province (in terminiassoluti) e fra le stesse province e l’Italia.Un focus è stato riservato alla situazio-ne della provincia dell’Aquila, utilizzatacome punto di riferimento per vedere,rispetto ad alcuni indicatori significati-vi, come si è evoluta la situazione post-sisma e come il terremoto stesso abbiagenerato shock strutturali.

Per realizzare progettualità efficacied efficienti, capaci di contribuire re-almente alla rigenerazione sostenibi-le delle comunità colpite dal sisma, ènecessario partire da una lettura

multidimensionale dei territori, ca-pace di tenere insieme i dati micro ei dati macro. Solo in questo modo èpossibile evitare il rischio di imple-mentare soluzioni pre-impostate oimportate da altre esperienze, chedifficilmente trovano terreno fertilein contesti completamente diversi.

Sviluppo equo e sostenibileSulla scorta di questa intuizione me-todologica, Caritas Italiana ha sceltodi organizzare un corso di formazio-ne sulla progettazione sociale parte-cipata, al fine di mettere a sistema lamappatura, l’analisi strutturale e lafase operativa di costruzione dei pro-getti, offrendo, anche in questo caso,una metodologia condivisa a tutti glioperatori Caritas delle diocesi coin-volte dall’evento sismico.

Il corso è stato progettato con loStudio Aliante e la Sec. Ha visto la par-tecipazione di circa 30 operatori, fra

Analisi e progettazione condiviseper utilizzare al meglio 27,5 milioniLa colletta nazionale ha fruttato una cifra robusta. Che ha finanziatomolte opere nell’emergenza. Ora è tempo di rinascita socio-economica

di Andrea La Regina

entre si avvia a conclusio-ne anche la progettazionesociale realizzata dallediocesi del nord Italia col-pite dal terremoto del

2012 e si continuano a usare, ben oltreil periodo dell’emergenza, opere se-gno che sono state frutto della collettanazionale, non si ferma l’impegno diCaritas Italiana a fianco delle popola-zioni colpite dai terremoti successivi,ovvero le comunità del centro Italia.Con loro si condividono le fatiche diuna ricostruzione che stenta a decol-

lare e che evidenzia fragilità di piani-ficazione da parte delle istituzionipubbliche, che hanno la responsabi-lità di dare risposte in tempi certi econ scelte condivise con gli enti localie le popolazioni colpite.

Lo stile della Chiesa privilegia ilmetodo del discernimento comunita-rio, che valorizza la partecipazionedelle comunità, le ricchezze del capi-tale umano e propone percorsi di for-mazione per far sì che gli operatoriCaritas siano in grado di risponderealle sfide che i territori propongono. Si

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Nella prima emergenza realizzati oltre 50 container abitativi, 33 centri di comunità,4 strutture di accoglienza, 7 tra servizi

caritativi e spazi socio-pastorali. Poi quasi14 milioni di euro di progettazione sociale

gennaio e febbraio. Il percorso forma-tivo si è proposto di sviluppare la pro-gettualità delle Caritas diocesanecoinvolte, per migliorare l’operativitàe l’efficacia dei progetti rispetto aipropri destinatari (rispondendo inmodo più puntuale alle loro necessi-tà) e al territorio (locale e comunale).

Dopo la formazione la sfida, da con-cretizzare nella fase 4, è utilizzare i datimicro e macro emersi dalla mappaturadei territori e dall’analisi strutturale (fa-se 2) con il modello di progettazionesociale partecipata oggetto delle gior-nate di formazione (fase 3). L’obiettivoultimo è sostanziare le azioni di pros-simità con una progettazione genera-tiva, capace di incidere realmente sullecomunità. E di offrire loro una prospet-tiva di sviluppo equo e sostenibile, fi-nalizzata a invertire i fattori di rischioemersi dall’analisi strutturale, facendoleva sulle potenzialità specifiche deiterritori oggetto di intervento.

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cerca di impegnare parte delle risorsedisponibili per una progettazione so-ciale che faccia ripartire uno sviluppoumano integrale e che dia segni di ri-scatto, di futuro e di speranza.

La colletta nazionale dopo i terre-moti in centro Italia del 2016 ha raccol-to 27,5 milioni di euro (16 dalle diocesi,1 milione messo a disposizione dallaConferenza episcopale italiana, gli altridai donatori diretti). Grazie a queste ri-sorse, Caritas Italiana si è attivata nellacostruzione di strutture polifunzionali,per rendere possibili tutte le attivitàdella comunità: religiose, culturali, so-ciali, caritative e aggregative.

Gli interventi legati alla fase di pri-ma emergenza hanno consentito l’al-lestimento di oltre 50 container abita-tivi, oltre 40 strutture polifunzionali

(tra cui 33 centri di comunità e 4 strut-ture di accoglienza) e 7 tra servizi ca-ritativi e spazi socio-pastorali. È segui-ta una fase di progettazione sociale,con l’erogazione di quasi 14 milioni dieuro e altri 7 impegnati per ulterioriinterventi, da realizzare al termine delpercorso di formazione per gli opera-tori Caritas.

Le delegazioni regionali Caritas so-no state protagoniste di molte realiz-zazioni, anche grazie alla presenza neiterritori tramite i gemellaggi, che con-tinuano con presenze di volontari datutta Italia, nei tempi forti dell’anno oin estate.

Il primato del tempoLa mappatura che ognidiocesi ha attuato haconsiderato dapprimale esigenze dell’emer-genza, ma si è concen-trata poi sui bisogni esulle visioni di lungoperiodo, puntando aconiugare progettazio-ne sociale e progetta-

zione pastorale, discernimento co-munitario e metodo sinodale. E coin-volgendo la Chiesa locale nel percor-so, perché la ricostruzione siaun’azione corale di Chiesa, non l’im-presa tecnica di un organismo pasto-rale a cui è delegata.

Il complesso lavoro si è dipanato a

partire da un concetto caro a papaFrancesco, secondo cui il tempo è su-periore allo spazio (Evangelii Gau-dium, n. 223): il tempo infatti «per-mette di lavorare a lunga scadenza,senza l’ossessione dei risultati imme-diati. Aiuta a sopportare con pazienzasituazioni difficili e avverse, o i cam-biamenti dei piani che il dinamismodella realtà impone. (…) Uno dei pec-cati che a volte si riscontrano nell’at-tività socio-politica consiste nel privi-legiare gli spazi di potere al posto deitempi dei processi. Dare priorità allospazio porta a diventar matti per risol-vere tutto nel momento presente, pertentare di prendere possesso di tuttigli spazi di potere e di autoaffermazio-ne. Significa cristallizzare i processi epretendere di fermarli. Dare priorità altempo significa occuparsi di iniziareprocessi più che di possedere spazi.(…) Si tratta di privilegiare le azioniche generano nuovi dinamismi nellasocietà e coinvolgono altre persone egruppi che le porteranno avanti, fin-ché fruttifichino in importanti avveni-menti storici. Senza ansietà, però conconvinzioni chiare e tenaci».

Struttura del progetto di Caritas Italiana

1. Prossimità

Gestione dell’emergenza

Prime progettualitàdi ricostruzionedelle comunità

2. Avvio della progettazione sociale

3. Percorso di formazione

4. Progettazioneoperativa e generativa

Mappaturadei territori

Analisi strutturale Modello Caritas

Progettazione sociale partecipata

Scheda per analisi, lettura,valutazione e progettazione del territorio

Costruzione di progettualità generative

RIPARTIRE ACCANTO ALLE ROVINEIl centro di comunità realizzatoda Caritas a Norcia, accanto ai restidella chiesa della Madonna delle Grazie.Sotto, un allevatore tra la vecchia stallalesionata e il nuovo tendone per animali

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IL MERCATO DELLA DROGANON CONOSCE FLESSIONI

Un terzo della popolazione carce-raria è detenuto per reati previsti dalcitato articolo 73. Al 31 dicembre2017, erano in carcere circa 19 milapersone, di cui il 39% di nazionalitàstraniera. I soggetti condannati sonostati 11.290: la quasi totalità è di ge-nere maschile e il 56% di nazionalitàitaliana. La maggior parte (78%) hacommesso il reato nei 2 anni prece-denti la condanna.

Un terzo le ha assunteUno studio Ipsad®2017, condottoper conto del Dipartimento per lepolitiche antidroga della Presidenzadel Consiglio, stima che in Italia unterzo della popolazione residentetra i 15 e i 64 anni abbia assunto al-meno una sostanza psicoattiva ille-gale nel corso della propria vita(39,5% tra i maschi, 27,2% tra lefemmine). La percentuale scende al10,6% quando si fa riferimento alconsumo nel solo 2017. La prevalen-za è maggiore per il genere maschile(13,1%, contro l’8,1% tra le donne),con percentuali che diminuiscono al-l’aumentare dell’età. Prevalenze mag-

giori si osservano infatti tra i giovani adulti: il 23,7%dei 15-24enni (maschi 28,3%; femmine 18,8%) e il 19,1% dei25-34enni (maschi 21,7%; femmine 16,5%) ha fatto usodi sostanze nell’ultimo anno.

Confrontando i dati rilevati nelle precedenti edizionidello studio, i trend dei consumi risultano in crescita siarelativamente all’ultimo anno sia all’ultimo mese, mentreil consumo frequente nell’ultimo mese (20 o più volteper la cannabis, 10 o più volte per le altre sostanze psi-coattive) si mantiene stabile, interessando l’1%della po-polazione generale.

Nel 2017, il 10,1% della popolazione tra 15 e 64 anniriferisce di aver utilizzato almeno una volta cannabis, so-stanza che si conferma al primo posto tra i consumi. Laseconda è la cocaina (1,2%). Le nuove sostanze psicoat-tive (Nps), studiate per la prima volta in questa edizionedello studio, si attestano al terzo posto, superando i con-sumi di eroina.

fine 2018 è stata presentata la Relazione annuale al Parla-mento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia (con da-ti 2017). Il report è frutto del lavoro di raccolta dati da parte

delle amministrazioni centrali e periferiche che si occupano del pro-blema in Italia.

Le attività economiche connesse al mercato delle sostanze psico-attive illegali rappresentano circa il 75%di tutte le attività illegali e pe-sano per circa lo 0,9%sul Pil. Il consumo di tali sostanze è stimato va-lere 14,4 miliardi di euro, in aumento di oltre l’1%rispetto all’annoprecedente. Il 40% della spesa è attribuibile al consumo di cocaina.

Il numero delle operazioni e attivi-tà antidroga è aumentato dell’8%,con un conseguente incremento deiquantitativi di sostanze sequestrate(+60%). Il 95% dei sequestri ha ri-guardato cannabinoidi, il 4%cocainae il restante 1% tutte le altre sostanze.Sono aumentati i sequestri di canna-bis e sostanze sintetiche, mentre sonodiminuiti quelli di cocaina e hashish.Nonostante l’alta variabilità di princi-pio attivo contenuto nelle sostanzesequestrate, si è osservato un genera-le aumento della purezza. Raddoppiala quantità media di principio attivorilevato sia nella cannabis che nella cocaina sequestratee, seppur in misura minore, crescono anche la purezza dieroina e metamfetamine.

Nel 2017 sono state denunciate 35.190persone per reatiin violazione dell’articolo 73 del decreto del Presidente dellarepubblica 309/1990, un dato in crescita rispetto al biennioprecedente. Il 71% dei soggetti è in stato di arresto, il 28%in libertà e l’1%è irreperibile. Il 4% dei soggetti segnalati èminorenne. La sostanza per cui sono state effettuate più de-nunce è stata la cocaina. In aumento i procedimenti penalipendenti per reati di produzione, traffico e detenzione disostanze stupefacenti, che sono stati 81.665e hanno coin-volto 166.301 persone. In crescita anche le segnalazioniper importazione, esportazione, acquisto e ricezione di so-stanze stupefacenti, che hanno coinvolto 38.614persone,di cui il 93% di genere maschile e il 73% con meno di 30anni. Il 79%delle segnalazioni ha riguardato la detenzionedi cannabinoidi per uso personale.

Il mercato dellesostanze stupefacenti

rappresenta circa il 75% del valore

di tutte le attività illegaliin Italia e “vale”

14,4 miliardi di euro,lo 0,9% del Pil.

Consumi in aumento:gira tanta cannabis,

si spende moltoper la cocaina

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databasedi Walter Nanni

e forme di dipendenza, loconfermano molte analisinazionali e internazionali,sono oggi molto più ampiee complesse rispetto al pas-

sato. Nei problemi collegati alle tos-sicodipendenze, un ruolo sempre piùrilevante è assunto da fattori incro-ciati e associati, come il consumo distimolanti e di nuove sostanze psico-attive, l’abuso di sostanze lecite (far-maci e alcol), il consumo di cannabis.

Lo scenario è in costante evoluzionee difficilmente controllabile. Ma in Ita-lia disponiamo di un sistema di contra-sto e cura rimasto fermo al modelloclassico, pensato e costruito per l’eroi-na. La Federazione italiana comunitàterapeutiche (Fict, oltre 600 servizi pro-dotti da associazioni ed enti di solida-rietà sociale) ha sempre sostenuto chela questione non può essere affrontataa partire dalle sostanze, ma dalle per-sone. Dall’ultima relazione annuale edal rapporto Espad®Italia (ricerca eu-ropea sui comportamenti d’uso di al-col, tabacco e sostanze psicotrope daparte degli studenti delle superiori) un

dato emerge con terribile chiarezza: siè abbassata notevolmente la percezio-ne dell’uso di sostanze come compor-tamento a rischio.

Viviamo mondi paralleliNei 600 servizi della Fict si rileva unaumento di minori che fanno uso dicannabis. Nel 2018 si è registrato unaumento del 16% di utenti con pro-blemi legati all’uso di cannabinoidi edell'8% di persone che hanno assun-to come sostanza primaria l’eroina.

Occorre dunque investire sulla pre-venzione e su percorsi a sostegno delbenessere delle persone, con interventieducativi continuativi e strutturati. Laprevenzione dipende quasi sempre daprogetti a termine, con diverse fonti difinanziamento; la mancanza di conti-nuità rischia di vanificare il lavoro svol-to, creando azioni spot, invece di servizistabili e verificabili nel tempo. Occorreinvece puntare su interventi strutturati,capaci di contrastare la confusione ali-mentata dalle relazioni digitali, checonducono a forme di “autismo tecno-logico” e di solitudine affettiva, genera-

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La cannabis resta la droga più diffusa, in Italia e nel mondo.Ma torna a crescereanche l’uso di oppiacei.Per ragioni complesse:incremento dell’offerta,gap generazionale.Soprattutto mutamentieducativi e sociali, cheespongono i ragazzi al vuoto di senso

di Luciano Squillaci (presidente Fict)e Mauro Madama

e il ritorno dell’eroina

L’eradeinarcisi fragili

IL “BUCO”, UN BARATROUna giovane si iniettaeroina in vena. Oggi la sostanzaè distribuita in formapiù leggera e spesso si fuma,si sniffa o si associaad altre sostanze: ma dàcomunque rapida dipendenza

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nazionale droghe

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trici di un vuoto interiore che ci si illudedi colmare con le sostanze.

Le dipendenze, negli ultimi ven-t’anni, si stanno in effetti modifican-do e ampliando, per almeno tre ordi-ni di motivi.

In primo luogo, il fatto che, benchénon ne abbiamo la percezione, viviamoin mondi paralleli: il gap generazionaleè aumentato in modo esponenziale, ecosì padri e figli, insegnanti e alunni,docenti e studenti, terapeuti e personenon vivono più nella stessa “epocamentale”, non parlano lo stesso lin-guaggio, non comprendono necessa-riamente gli stessi valori. Siamo di fron-te a nativi esperienziali, i ragazzi, chevedono le sostanze come strumentiche possono modificare il proprio statoemotivo o la propria condizione rela-zionale, e non come “droghe”.

In secondo luogo, le norme social-mente condivise contribuiscono a col-tivare terreni fertili per la dipendenzafin dall’infanzia, anche perché gli stilieducativi e famigliari sono profonda-mente mutati. Il bambino, come dicelo psicoterapeuta Gustavo PietropolliCharmet, non è più un “selvaggio daeducare”, ma un “cucciolo da proteg-gere”, e ciò alimenta un narcisismocentrato sui bisogni, che poi inevita-bilmente si scontra con la dura realtànella prima età adolescenziale. È or-mai frequente ritrovare ragazzi iper-protetti dalla frustrazione, dalla fatica,dai no, dalle impossibilità, dalla di-stanza, dalla solitudine. Il bisogno èvissuto come disagio. Il disagio è con-trollabile con beni di consumo, fattoridi gratificazione e annientamentodell’emozione ingestibile (noia, dolo-re, rabbia, ecc.); ed è largamente nor-malizzato il consumo di prodotti (dro-ghe, cibo, alcol, gioco, farmaci) chepermettano questo annullamento.

In terzo luogo, il consumo di sostan-ze stupefacenti è ampiamente sdoga-nato, normalizzato, diffuso a basso co-sto; il consumatore non è più emargi-nato né etichettato; l’uso di sostanze

spesso è collegato al successo o addi-rittura a uno status symbol. Il mito del“consumatore consapevole”, con an-nessa illusione di controllo, allunga itempi di consapevolizzazione. La dif-fusione delle sostanze su larga scala, acosti contenuti, rivolte espressamenteai più giovani, completa il quadro.

Mai tanta sul pianetaLa tossicodipendenza oggi si configu-ra dunque come un’esperienza in cuila persona è spesso consapevole (an-che se non riesce ad anticiparne gliesiti) di compiere azioni mirate al con-trollo di una vita che perde coerenza,senso, capacità di aderire a un model-lo sociale. Ma le droghe, l’alcol, il ciboo il gioco, con le implicazioni neuro-chimiche e cerebrali correlate (legateal piacere o alla gratificazione) hanno

prodotte, ovvero a una diffusione dicirca 600 tonnellate di eroina nel mon-do: in poche parole, mai tanta eroinaera stata distribuita sul pianeta.

Nell’ultimo decennio si è dunqueassistito a un mutamento del mercatodell’eroina, distribuita in forma piùleggera (ma con un effetto altrettantopotente sul piano della tolleranza edell’assuefazione, quindi dell’astinen-za), con costi sensibilmente più bassi,in modo da irretire i più giovani. Utiliz-zando le strategie della grande distri-buzione, gli spacciatori vendono ditutto, spesso grazie all’iniziale agganciodella dose omaggio. Come detto, i piùgiovani non hanno memoria del signi-ficato delle sostanze negli anni Settan-ta-Ottanta, in particolare dell’impattodell’eroina su quella ge-nerazione. Per questo nesottovalutano effetto, si-gnificato, esperienza,conseguenze. E tendonoa non considerare che,indipendentemente dal-la modalità d’uso (endo-vena, fumata o sniffata),l’eroina dà rapidamentedipendenza e astinenza.Diventa dunque moltopiù difficile, per chi ne fauso, restare un consu-

matore “saltuario”, come può accadereper altre sostanze.

A questo si aggiunge il fenomeno, inlarga diffusione negli Stati Uniti, del-l’utilizzo improprio di farmaci oppia-cei (normalmente utilizzati nella tera-pia del dolore), con la colpevole conni-venza di alcune case farmaceutiche edi medici di medicina generale, che fa-voriscono la diffusione di farmaci mol-to più potenti dell’eroina. Le case far-maceutiche Purdue, Johnson & Joh-nson e Teva Pharmaceutical IndustriesLtd sono state accusate di marketingingannevole, di aver minimizzato i ri-schi di dipendenza associati ai farmaciantidolorifici a base di ossicodone e diaverne esagerato i benefici, contri-buendo a determinare un’epidemia

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nazionale droghe

La tossicodipendenza oggi si configuracome esperienza in cui la persona è spessoconsapevole di compiere azioni mirate

al controllo di una vita che perde coerenza,senso, aderenza a un modello sociale

IL MITO DELLA CONSAPEVOLEZZAManifestazione per la marijuana liberae, sotto, serata in discoteca:oggi il consumo di stupefacenti è normalizzato e diffuso a basso costo

che ha causato 47.600 morti per over-dose solo nel 2017, secondo i dati deicentri statunitensi per il controllo e laprevenzione delle malattie. Sostanzecome Fentanyl, Carbafentanyl e altre,fino a 100 volte più potenti dell’eroina,iniziano a fare capolino in Europa (co-me testimoniato anche dalla presa incarico nei Sert di persone dipendentida oppiacei assunti impropriamente).

Normalizzazione dell’usoIn generale, comunque, i dati sul con-sumo di sostanze (vedi nella tabellain pagina quelli del World Drug Re-port 2018) vanno letti con attenzionee discernimento. Sarebbe utile, peresempio, distinguere gli sperimenta-tori, i consumatori, gli abusatori e idipendenti. Resta però il fatto cheuna larga parte della popolazionemondiale usa droghe, in special mo-do oppiacei e oppioidi.

Il tema cruciale, al di là dei dati diconsumo, dei principi attivi, dei costi,delle produzioni e delle vendite, è co-munque sintetizzabile in una do-manda: perché tante persone, soprat-tutto giovani, ricorrono a sostanzepotentemente deprimenti del siste-ma nervoso centrale, come l’eroina oi farmaci oppiacei? Perché, nonostan-te siano in calo determinati consumiin senso assoluto, si assiste alla nor-malizzazione dell’utilizzo di sostanzeoppiacee tra i giovani, ma anche tragli adulti non necessariamente e tipi-camente “problematici”?

Le ragioni stanno probabilmentenelle evoluzioni evidenziate all’iniziodell’articolo. I mutamenti educativi, so-ciali e famigliari contribuiscono a crea-re generazioni narcisisticamente piùfragili, i cui aspetti di grandiosità infan-tile sono necessariamente destinati aridimensionarsi nell’adolescenza e adessere sostituiti da un’identità adultapoco integrata e strutturata. E, soprat-tutto, caratterizzata da insicurezza einadeguatezza, di cui la vergogna è ilcorrelato emozionale principale.

In questo senso, eroina e oppiaceisembrano fungere da frizione che al-lenta l’emotività negativa, da stru-mento di liberazione, da chiave diapertura di una realtà irraggiungibile,da strumento di interazione con unmondo creativo e ipersensibile.

Per questo, forse, l’eroina ha anco-ra tanto successo.

un impatto totalizzante e potente. Ladipendenza da sostanze stupefacenti,in particolare, sembra rappresentarel’estremo tentativo di una persona diconservare la sua identità, in modo ov-viamente illusorio e ingannevole.

In questa condizione generale,l’eroina torna ad assumere preoccu-pante centralità; resta elitario e margi-nalizzato il consumo per via endove-nosa (seppur con numeri ancora rile-vanti), ma l’utilizzo smoke ha assuntoun posto significativo nelle statistichee nelle analisi epidemiologiche. Glo-balmente, rispetto agli anni Settanta-Ottanta, il numero di consumatori dieroina è in diminuzione, ma non vasottovalutato il cambiamento negliscenari di consumo e di combinazionecon altre droghe (“cocaina del sabato eeroina della domenica”, combinazionedi eroina e cocaina “Speedball”, ecc.)

Nel campo delle droghe illegali, pe-raltro, è l’offerta a determinare la do-manda, non viceversa. Dunque non èirrilevante il fatto che purtroppo, nel2017, la coltivazione del papavero daoppio in Afghanistan sia quasi dupli-cata rispetto all’anno precedente. Dal-le rilevazioni Unodc (l’agenzia Onuche si occupa di droghe e crimini con-nessi) emerge che si è raggiunto il tri-ste record di 9 mila tonnellate di oppio

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2018

Consumatori di sostanze nel mondo

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I numeri

3.364 Centri d’ascolto in Italia (diocesani, zonali,parrocchiali)

208.391 gli interventi di ascolto, orientamento, consulenzae segretariato sociale, realizzati dai centri d’ascol-to della rete Ospoweb (in 148 diocesi italiane)

176.685 gli interventi di accoglienza residenziale realizzatidai servizi collegati alla rete Ospoweb

1.017.960 le erogazioni di beni e servizi materiali (viveri,vestiario, prodotti igiene personale, buoni pasto, ecc.)effettuate dai centri di ascolto della rete Ospoweb

260i progetti 8xmille Italia approvati a 145 Caritasdiocesane, finanziati dalla Conferenza episcopaleitaliana e accompagnati da Caritas Italiana

5 milai beneficiari del Progetto Presidio, contro losfruttamento in agricoltura, dal 2014 al 2018

181gli Empori della Solidarietà attivi in Italia, di cui 160 co-promossi da Caritas diocesane:nel 2018 ne sono stati aperti 34

948 i giovani che, in 101 Caritas diocesane, hannoterminato i 12 mesi di servizio civile in Italia;33 lo hanno concluso all’estero

558i partecipanti al 40° Convegno nazionale delle Caritasdiocesane (Abano Terme, Padova, 16-19 aprile)

82 i partecipanti al percorso base 2017-18, da 13Delegazioni regionali, più 2 Caritas estere: 20collaboratori, 28 dipendenti e 34 volontari

30i partecipanti alla Comunità professionaleformatori Caritas, da 16 Delegazioni regionali

83i paesi in cui Caritas Italiana è intervenuta,accanto alle Chiese locali, con progetti per emergenze, crisi o sviluppo

14 milai microprogetti realizzati in 50 anni (1969-2018)in ambito economico, sociale e sanitario in oltre150 paesi, per complessivi 40 milioni di euro

11i Dossier con dati e testimonianze dedicati a vari paesi del mondo e alle loro problematiche

CALTANISSETTAUn Emporio in centro città

Nel 2018 sono stati ricordati i diecianni dal primo Emporio della solida-rietà in Italia, promosso dalla Caritasdi Roma, ed è stato realizzato il pri-mo Rapporto sugli empori solidali.Contemporaneamente, Caritas Calta-nissetta ha aperto il proprio Emporio,nel centro della città siciliana. «La pe-culiarità di questa opera segno – han-no affermato i responsabili Caritas –è la dignità che dà alla persona, chenon riceve il classico pacco alimenta-re da portare a casa, ma sceglie ciòche le serve, così come si fa in tutti i supermercati. E nella scheda che si usa per fare la spesa c’è un pun-teggio a scalare, un modo per re-sponsabilizzare la persona. Quellodell’Emporio è un servizio che poi si trasforma e continua anche in un rapporto di accompagnamentocon le famiglie. Nel primo anno di vi-ta dell’Emporio, è nata una bella retedi volontari dalle parrocchie. E pren-dendo ispirazione da un’esperienzaconsolidata nella diocesi pugliese di Oria, abbiamo anche avviato rac-colte alimentari porta a porta in diver-si comuni della diocesi».

REGGIO EMILIA – GUASTALLASegni di speranza nel territorio

Il progetto Costruire segni di speranza,giunto alla terza annualità, ha fattofronte alla crescente complessità delle situazioni incontrate dal centrodi ascolto diocesano. Si è reso neces-sario costruire percorsi di prossimitàalle persone povere, lavorando princi-palmente su quattro temi: disagio lavorativo (anche con l’opera segno“NuovaMente”), disagio abitativo (conil rafforzamento del circuito di acco-

glienza diffusa e l’apertura di unanuova opera segno, la “Locanda di San Francesco”), disagio alimenta-re (unico punto di accesso a due del-le tre mense dei poveri attive a Reg-gio Emilia) e accompagnamento delleCaritas e dei centri di ascolto territo-riali (costituite équipe territoriali, com-poste da pool di operatori con compe-tenze diverse).

FANO – FOSSOMBRONE –CAGLI – PERGOLA Sulla strada di casa

Sono tante le persone e famiglie chevivono un’esperienza di forte instabili-tà legata all’abitazione: morosità,sfratti, difficoltà a reperire nuovi allog-gi. Per fornire risposte significative,dal 2014 la Caritas diocesana, in retecon altri soggetti del territorio pubblicie privati, ha promosso il progetto“Sulla strada di casa”, il quale coordi-na diversi strumenti d’aiuto: percorsidi accompagnamento individualizzati,volti alla ricerca dell’alloggio a lungotermine per chi ha un reddito più o meno stabile; messa in rete dellestrutture di pronta accoglienza (dormi-tori) e di seconda accoglienza, di fa-miglie e parrocchie accoglienti; contri-buti economici, in collaborazione con i servizi sociali dei comuni, per depo-siti cauzionali, affitti, utenze, fondo rischi affitti, anche al fine di sanaresofferenze bancarie; accoglienze tem-poranee in 8 minialloggi, verso formedi autonomia lavorativa e abitativa. Le maggiori criticità sono legate al reperimento di alloggi sul mercatoprivato, allo scarso senso di fiduciadei locatori, ai canoni inaccessibili.Raggiunto l’obiettivo primario della“casa”, si rende poi necessario aiuta-re a custodirne “le chiavi”, ovvero aiu-tare le persone ad acquisire per sem-pre modi e risorse per prendersi curadi sé e dei propri cari, in autonomia.

In Italia Il cibo, l’alloggio, i volti della povertà Totale 2018: 260 progetti 8xmille approvati in tutte le regioni

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L’emporio è un servizio che si trasformae continua accompagnando le famiglieRisposte a bisogni molto complessi:

il disagio è lavorativo, abitativo, alimentareRaggiunto l’obiettivo della casa, poi è necessario aiutare a custodirne le chiavi

18 I TA L I A C A R I TA S | G I U G N O / L U G L I O 2 0 1 9

rapporto annuale 2018

2018Il 2018 di Caritas Italiana, riassunto nel Rapporto annuale (scaricabile da www.caritas.it). Attività di formazione, studio e comunicazione; progettiin Italia, in Europa e nel mondo: fatti e cifre, per ricapitolare un intensolavoro a servizio dei poveri. Con una particolare attenzione pedagogica al mondo dei giovani, protagonisti di comunità che sanno condividere

a cura dell’Ufficio comunicazione

Genova (14 agosto) e il sisma nellaprovincia di Catania (26 dicembre).

La povertà, ma soprattutto le per-sone povere, sono state come sempreal centro dell’impegno Caritas: il rap-porto Povertà in attesa, presentato il17 ottobre, Giornata mondiale di lot-ta alla povertà, ha raccolto dati da1.982 Centri di ascolto in 185 diocesi.Accanto allo studio, importante è sta-

to – sul versante dell’ad-vocacy – il lavoro di retecon l’Alleanza contro lapovertà e il Forum disu-guaglianze diversità.

Sul fronte dell’immi-grazione, sono conti-nuati il progetto “corridoiumanitari”, le accoglien-ze in famiglie, parroc-chie, strutture e comuni-tà diocesane, la promo-zione di iniziative comeFamily first (sul ricon-giungimento familiare

na comunità che condivide.E che è attenta a tutti i suoimembri più fragili. Ma an-che ai bisogni e alle genero-sità di tutti i suoi membri. Il

filo rosso che ha percorso l’azione pa-storale della rete delle Caritas in Italia,nel 2018, si è manifestato in modo pa-lese nel 40° Convegno nazionale delleCaritas diocesane, Giovane è... #una-comunitàchecondivide,svoltosi in aprile ad Aba-no Terme (Pd).

In Italia, Caritas haproseguito negli inter-venti post-sisma in La-zio, Marche, Abruzzo eUmbria, con la realizza-zione di più di 40 strut-ture polifunzionali, gra-zie agli oltre 27,5 milionidi euro di offerte raccol-te. Vicinanza è stataespressa anche alle po-polazioni colpite da altreemergenze, come il crol-lo del ponte “Morandi” a

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Una comunità

Un annodi Caritas

L’IMPEGNO CARITAS

TOTALE51.528.822,82

TOTALE IMPORTO IN €

Progetti/attività in Italia 39.183.857,97Progetti/attività nel mondo 9.034.935,85Costi di gestione 3.310.029,00 Totale 51.528.822,82

L’IMPEGNO CARITASRiepilogo complessivo utilizzo fondi 2018

COSTI DI GESTIONE 3.310.029,00 6,4%

PROGETTI/ATTIVITÀ IN ITALIA39.183.857,97

76,1%

PROGETTI/ATTIVITÀNEL MONDO

9.034.935,8517,5%

che condivide

(continua a pagina 20)

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ATTIVITÀ IN ITALIAUtilizzo fondi 2018

AMBITO DI INTERVENTO

MODALITÀ DI IMPIEGO

TOTALE 39.183.857,97

Le culture, sono mutevoli,porose, permeabili, cambiano

dinamicamente e velocemente.Allora anche la nostra carità

non può che essere dinamica,innovativa, attenta ai cambiamenti

culturali e ai nuovi fenomeniMonsignor Francesco Soddu

direttore di Caritas Italiana

MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA1.409.784,08 15,6%

PROGETTAZIONESOCIALEPER LE CHIESELOCALI22.899.267,39 58,4%

PROGETTI DI SERVIZIO PER I GIOVANI606.462,03 1,5%

EMERGENZE 14.284.293,32 36,5%

ACCOMPAGNAMENTO DELLE CARITASDIOCESANE 7.811.190,06 19,9%

PROMOZIONE /ANIMAZIONE /FORMAZIONE 1.393.835,23 3,6%

zione ha consentito di sviluppare con-corsi sull’accoglienza e le comunitàche includono. Costante è stato il la-voro di formazione con le équipe e inuovi direttori di Caritas diocesane econ la comunità professionale dei for-

promossa con Il Regno sull’atteggia-mento verso gli stranieri.

L’impegno per e con i giovani è pro-seguito attraverso il servizio civile e leproposte di volontariato estivo. La col-laborazione con il ministero dell’istru-

matori Caritas. È proseguita la rifles-sione sui Centri di ascolto e gli Osser-vatori diocesani delle povertà e dellerisorse. E a giugno si è svolta la giorna-ta di presentazione dei risultati delProgetto Aids, che in 33 mesi ha coin-volto 16 Caritas diocesane.

Presenti nelle emergenze,impegnati per la paceNei vari paesi del mondo l’accompa-gnamento delle Chiese locali si èconcretizzato grazie anche ai micro-progetti di sviluppo in ambito econo-mico, sociale e sanitario. Le emergen-ze internazionali hanno visto CaritasItaliana in prima fila, in collegamentocon Caritas Internationalis: è accadu-to per il terremoto in Iran e Iraq a ini-zio anno, gli incendi in Grecia a luglio,la crisi umanitaria al confine angola-no della Repubblica democratica delCongo, le alluvioni in Kerala (India)ad agosto, l’Indonesia colpita da ter-remoti e tsunami.

Il 2018 è stato inoltre caratterizza-to dalla campagna Mind (MigrationInterconnectedness Development),progetto triennale finanziato dallaCommissione Europea e portatoavanti con altre Caritas europee.

È proseguita la collaborazione anchein altre campagne: Chiudiamo la for-bice, Share the journey e Liberi di par-tire, liberi di restare. L’impegno per lapace è passato attraverso la Giornata dipreghiera e digiuno per la pace (23 feb-braio), l’attenzione ai processi di pace(come in Sud Su-dan), la pubbli-cazione, nel 70°anniversario del - la Dichiarazion euniversale dei Di -ritti umani, dellasesta ricerca suiconflitti nel mon -do (Il peso dellearmi).

EUROPA 825.565,22 9,1%

AIUTI D’URGENZA2.455.000,00 27,2%

PACE / DIRITTI UMANI72.908,59 0,8%

ACCOMPAGNAMENTOCARITAS LOCALI 909.683,24 10,1%

PROGETTI CEI 8XMILLE ITALIA30.999.052,31

79,1%

DOCUMENTAZIONE 257.916,70 0,7%

FORMAZIONECONVEGNISEMINARI 115.698,90 0,3%

PROMOZIONE / ANIMAZIONE /FORMAZIONE86.361,321,0%

TOTALE39.183.857,97

AFRICA 2.425.707,48 26,8%

ATTIVITÀ NEL MONDOUtilizzo fondi 2018

AREA GEOGRAFICA

TOTALE9.034.935,85

TOTALE9.034.935,85

TOTALE9.898.355,21

PROGETTI SOCIALI DELLE CHIESELOCALI2.558.230,47 28,3%

SOCIO-ECONOMICO /SANITARIO 1.494.934,53 16,5%

AMERICA LATINA E CARAIBI 445.672,88 4,9%

rapporto annuale 2018

20 I TA L I A C A R I TA S | G I U G N O / L U G L I O 2 0 1 9

SIRIAFiori tra le macerie. E unmosaico di madreperla

L’arte è da sempre anche un megafonoper denunciare gli orrori della guerra. Cosìcome può diventare uno strumento per ricostruire società lacerate dal conflitto.Nella capitale siriana, Damasco, fra ma-cerie e palazzi della città vecchia rimastiin piedi per caso, sorge un’antica casa a due piani, risparmiata da bombe e grana-te. Fra queste mura, Caritas Siria ha datovia al progetto Come fiori fra le macerie:per 6 mesi 40 giovani siriani, dai 18 ai 30anni, hanno frequentato laboratori di arteper imparare il tradizionale Ajami di Da-masco, un mosaico di legno e madreperlache da secoli decora tavoli, pareti, oggettidelle case siriane. Jaqueline, la coordina-trice, racconta che l’Ajami, intarsio delica-to, mette insieme i frammenti di vite tra-volte dalla guerra, che attraverso l’arte e la condivisione possono ritrovarsi.

VENEZUELAEmergenza complessa,risposte capillari

La crisi in Venezuela è ormai definibilecome “emergenza umanitaria comples-sa”. Il progetto di sostegno, presentatoda Caritas Venezuela in collaborazionecon Caritas Internationalis, ha visto la copertura di 11 distretti federali, e si è incentrato su parrocchie e comu-nità di 14 diocesi. L’intervento è stato rivolto a soggetti con alto livello di pover-tà e di denutrizione cronica (soprattuttoin bambini), aggravato dall’insorgenza di malattie infettive. Si è dato inoltre so-stegno ai rifugiati che emigrano in Brasi-le, Colombia, Ecuador e Perù e a comu-nità esposte ad alti livelli di conflittualitàe violenza sociale, a causa della caren-za di beni essenziali.

Caritas Venezuela nel 2018, con il sup-porto anche di Caritas Italiana (grazie so-prattutto a un significativo finanziamentodi 500 mila euro dai fondi Cei 8xmille),ha realizzato un programma umanitarioarticolato e ad ampio raggio sull’interoterritorio nazionale, sia sul versante degliaiuti alimentari e di prima necessità, siasul versante della salute (farmaci, presi-di sanitari e assistenza medica). La crisicontinua: e così l’azione Caritas.

KENYALa povertà?È possibile schiacciarla…

Lo slam dunk è la schiacciata del basket.Il giocatore prende la palla in mano, saltaquasi volando per attaccarsi al canestro.Ed è in quel momento che fa centronell’anello metallico con tutta la forzache ha, segnando un punto clamoroso.Ma Slums Dunk è anche il nome di un mi-croprogetto che gioca con la parola slam,con la schiacciata: gli slum infatti sono le baraccopoli degradate che circondanola metropoli di Nairobi, capitale del Kenya.Baraccopoli colossali e misere. Comequella di Mathare, dove vivono tantissimiragazzi con poche speranze nel futuro. Il basket, proprio attraverso il progettoSlums Dunk, è diventato lo strumentoper costruire il domani: a Mathare è sta-ta aperta una scuola di pallacanestroche offre corsi di basket ai ragazzi e for-mazione a giovani allenatori del futuro,promuovendo un’alternativa alla vita di strada. Già 20 ragazzi e ragazze, grazieal progetto, hanno ottenuto borse di stu-dio nelle più prestigiose scuole in Kenya.Perché Slums Dunk non è solo unaschiacciata a canestro; ma è una schiac-ciata alla povertà, e ai pregiudizi di chipensa che dalle baraccopoli non possa-no nascere i grandi campioni di domani.

Nel mondo Micro, ma decisive. In tutti i continenti Totale 2018: 200 microprogetti finanziati in 53 paesi

ASIA E OCEANIA3.928.206,19 43,6%

MODALITÀ DI IMPIEGO

EMERGENZA /RIABILITAZIONE3.912.817,70 43,3%

MICROPROGETTI 862.515,009,5%

PROGRAMMI DI SVILUPPO5.717.420,85 63,3%

AMBITO DI INTERVENTO

L’arte è da sempre anche un megafonoper denunciare gli orrori della guerraSi è dato sostegno anche ai rifugiati

in Brasile, Colombia, Ecuador e PerùIl basket, nello slum di Mathare, è diventatolo strumento per costruire il domani

dei rifugiati). Studio e approfondi-mento, grazie al 38° Rapporto Immi-grazione Caritas-Migrantes, alla guida10 cose da sapere su migranti e immi-grazione, al 2° rapporto (Vite sottoco-sto) sul Progetto Presidio, alla ricerca

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I TA L I A C A R I TA S | G I U G N O / L U G L I O 2 0 1 9 23

mosso dalla diocesi in collabora-zione con Coldiretti Teramo, per fornire ai giovani, soprattuttoa quelli in difficoltà nel trovareserie prospettive di lavoro, glistrumenti di conoscenza basilariper costituire un’impresa agrico-la. Il corso, iniziato a fine maggionella sede della Caritas di Tera-mo, si articola in cinque incontrie fornisce informazioni sulle op-portunità che l’agricoltura offre,mette in luce le differenze tra levarie tipologie di impresa agrico-la, analizza organizzazione e ge-stione aziendale, aspetti giuridicie tributari, si sofferma sui finan-ziamenti comunitari, sul marke-ting e la comunicazione d’impre-sa, infine conduce le persone a fare la conoscenza diretta del-l’attività di un’azienda agricola.

i detenuti del carcere di Barca-glione. L’Orto del Sorriso ha sino-ra coinvolto nelle sue attività 40persone, regolarizzato 2 dipen-denti, accolto 9 tirocini, avviatopercorsi con 12 persone per mo-tivi di giustizia, condotto 2 pro-getti di alternanza scuola-lavoro,accolto 11 ragazzi sospesi da scuola e impiegati in attivitàsocialmente utili. Tutti i prodotticoltivati sono biologici e genuini.

TERAMO-ATRINati per coltivare:corso per i giovani,così ci si evolvedall’idea all’impresa

“Dall’idea all’impresa agri-cola”: è il titolo del corso

sull’imprenditorialità rurale, pro-

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panoramaitalia

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AGRIGENTOForum Meet,l’importanza dellacooperazioneper costruire pace

Si è svolto a fine maggioad Agrigento il Forum Meet

(Mediterraneo-Europa-Transna-zionalismi), giunto alla 7ª edizio-ne. Promosso dalla Caritas diocesana di Agrigento e dallaFondazione Mondoaltro, il Forumha l’obiettivo di approfondire le dinamiche geopolitiche nel-l’area mediterranea e di promuo-vere il Servizio volontario europeo.L’edizione 2019, organizzata conla delegazione regionale CaritasSicilia, si è sviluppata attorno al tema “Cooperazione e solida-rietà internazionale”.

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Debora Debebe (Caritas Rimini). «Lazzaro, la seconda opportunitàè un negozio itinerante, un evento men-sile per gli amanti del riuso, del vintage,dei pezzi cult, che vuole dare una secondaopportunità ad abiti, articoli per la casa,libri… ma soprattutto alle persone! Per-ché è anche uno spazio socializzante da costruire insieme. E perché il ricava-to delle vendite è destinato agli inter-

venti di solidarietà di Caritas Rimini. Lazzaro è un’ideapositiva contro la cultura dello spreco, dello scarto, diquello che non viene valorizzato. A fine marzo abbiamoorganizzato la prima tappa nel centro storico; a maggiosiamo stati a Matrioska, mostra-mercato degli artigiani:ci ha offerto l’occasione di incontrare persone che ma-gari ci conoscono poco, e proporre temi come l’educazio-ne alla cittadinanza, a noi molto cari».

Marco Sprecacè (Caritas San Benedetto del Tronto –Ripatransone – Montalto). «Ribes è l’acronimo di Risor-se integrate per i bisogni educativi speciali, progetto perprevenire la povertà educativa dei minori. È fondamenta-le una rete fra scuola, famiglia e diocesi per costruireuna comunità educante. Quindi occorre sostenere il ruo-lo di genitori, insegnanti e operatori coinvolti nei progettieducativo-didattici, cercare di favorire l’accessibilità

a nuove opportunità sociali, culturali e pedagogiche.Tutto questo, attraverso il riconoscimento di difficoltà e bisogni, favorendo la creazione di proposte diversifica-te. Ad esempio per i bambini di famiglie straniere, chespesso non riescono a trovare modalità di relazione connoi; o per chi ha problemi di dislessia, che se non indivi-duati creano disagi forti».

Andrea Sturniolo (Caritas Patti). «Al convegno “Cyberbul-lismo e uso consapevole della rete” hanno partecipatoistituzioni, esperti, scuole. Il fenomeno va affrontato facendo fronte comune. Sono state date ai ragazzi indica-zioni pratiche per evitare i pericoli più comuni: non mette-re like o non condividere contenuti violenti o inadatti, evi-tare di comunicare informazioni a sconosciuti, non inviarefoto, ricordare che dal momento in cui si pubblica qualco-sa nel web, non è più di nostra proprietà… Si sono volutisottolineare i rischi non solo per le vittime, ma anchequelli legali, penali e civili per i bulli e le loro famiglie. Internet è uno strumento utilissimo, ma non ha portatosolo effetti positivi. I giovani vanno educati. Qui si inseri-sce il nostro essere “Chiesa in uscita”, chiamata ad aiutare i ragazzi a saper affrontare o evi-tare i pericoli della rete, piazzavirtuale che la Chiesa deve pre-sidiare, conoscere».

Cittadini con la seconda opportunità,la piazza virtuale necessita di presidio

6levocingiro di Danilo Angelelli

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22 I TA L I A C A R I TA S | G I U G N O / L U G L I O 2 0 1 9

e un accordo con un operatoreprivato ha permesso di sviluppa-re un modulo formativo sul rispar-mio di risorse. Solo nel 2018,11 mila persone hanno chiestoaiuti economici per utenze e affit-ti ai centri di ascolto di CaritasAmbrosiana; per evitare distac-chi, nello stesso periodo, l’orga-nismo diocesano ha pagato 6 mila bollette della luce.

NARNI-TERNI-AMELIADetenutosi laurea anchegrazie all’aiutodei volontari

Con una tesi sull’ordina-mento penitenziario,

discussa a maggio davanti alla commissione esaminatricedell’Università di Perugia, un de-tenuto della casa circondariale di Terni ha conseguito la laureain Scienze politiche, ottenendoun bel 110 e lode. Al neolaurea-to sono andati i complimenti deidocenti della commissione e deivolontari della Caritas diocesanae dell’associazione di volontaria-to San Martino, che da 15 anni

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MILANOPovertà energetica:bisogni diffusi,le risposte puntanoanche sul risparmio

Per lo più italiani. La metàha fino a 3 figli. Più di un

terzo (il 34%) ha tra i 45 e i 54anni. Il 43,7% ha una licenza di media inferiore; il 45,2% è disoccupato, ma il 49,6% nonha reddito sufficiente, nonostan-te abbia un lavoro. È l’identikit di chi non riesce a pagare le bol-lette, secondo una ricerca di Em-POWERment, progetto realizzatoda Caritas Ambrosiana in colla-borazione con il comune di Mila-no. I dati sono stati diffusi in unconvegno a maggio; il progetto,tra novembre 2017 e fine genna-io 2019, ha riguardato 135 per-sone rivoltesi ai centri di ascoltoCaritas, prevedendo, oltre al so-stegno economico, anche corsidi formazione e supporto nella ricerca del lavoro. Da EmPOWER-ment sono nate due sperimen-tazioni: un sistema di dote ha aiutato le famiglie indigenti a manutenere gli impianti termici

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operano nel carcere di Terni an-che per sostenere la formazionedei detenuti. I volontari Caritashanno creduto, seguito e suppor-tato nello studio il 45enne dete-nuto italiano; nella casa circon-dariale altri due detenuti hannointrapreso un percorso di studi.

JESIAgricoltura sociale:l’Orto del Sorrisoè diventatouna cooperativa

L’Orto del Sorriso era unastart up, diventa ora una

cooperativa agricola. Il progetto,nato 4 anni fa da un’intuizionedella Caritas diocesana e di unaparrocchia locale, in maggio haregistrato il cambio della naturagiuridica. La realtà è nata alloscopo di valorizzare i terreni –quasi 2 ettari – messi a disposi-zione in comodato d’uso gratui-to, al fine di favorire l’inserimen-to lavorativo di persone svantag-giate o in difficoltà economica.Non mancano progetti di svilup-po, anzitutto l’apertura di un pun-to vendita, in collaborazione con

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COMUNICAZIONE & CARITAS Le armi e i legami di comunità,premi a Salerno e con il Miur

La giuria del 18° Spot School Award (premio per i giovanistudenti di comunicazione, organizzato dall’associazioneCreativisinascE, al quale Caritas Italiana collabora sin dallaseconda edizione) ha assegnato il Gran Prix 2019 a unacampagna digital realizzata dagli studenti Eva Monaco, Ila-ria Carnevali e Ginevra Olivieri dell’Istituto Europeo Designdi Roma. Le tre studentesse hanno lavorato sul tema asse-gnato da Caritas Italiana (“Il peso delle armi”): la campa-gna, intitolata “L’arma migliore per cambiare il mondo è l’informazione”, prevede che, in caso di utilizzo nelle conversazioni WhatsApp di emoji che rappresentano armi,automaticamente si generi un messaggio che informa sulmercato globale delle armi e sui danni dei conflitti armati.

Numerosi i lavori sviluppati quest’anno da studenti dellescuole di comunicazione di tutta Italia sul brief Caritas (cuise ne aggiungevano altri di Legambiente e dell’UniversitàCampus Bio-medico di Roma). Diversi tra loro i premiati (alcune di loro nella foto), il 24 maggio a Salerno: si aggiun-

gono agli oltre 700 premiati da Spot School in 18 anni.A fine maggio, al ministero dell’Istruzione, università

e ricerca, a Roma, si è svolta anche la premiazione dei vin-citori del concorso nazionale “Comunità che condividono:creiamo legami”, nato dal protocollo di intesa tra Miur e Caritas Italiana. Svoltosi quest’anno in collaborazionecon il progetto europeo Mind, era rivolto agli studenti delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, in formaindividuale o in gruppo: dalle scuole italiane sono giuntipiù di 300 elaborati, suddivisi nelle tre sezioni del premio (fotografia-disegno, breve scritto, breve video-spot).

I lavori premiati nelle tre sezioni sono stati 9: foto-dise-gno, scritto e video; 3 di scuola primaria, 3 per la seconda-ria di primo grado e 3 per la secondaria di secondo grado.Ci sono state inoltre 2 menzioni speciali: una per una scuo-la dell’infanzia (non prevista nel bando), l’altra per unascuola primaria che ha declinato il tema dell’incontro e della collaborazione, attraverso diverse forme espressive.

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Tra i quasi 70 milioni di profughicensiti dall’Unhcr nel mondo,

in fuga dalle loro case a causa diguerre, dittature, crisi ambientali,

molti diventano vittime di tratta.Sono resi schiavi, per motivi di

sfruttamento lavorativo e sessuale,o di prelievo forzato di organi.

Dobbiamo moltiplicare gli sforziper restituire dignità a questi fratelli

per liberare

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C’è un tempo

www.caritas.it

20 giugno Giornata mondiale del rifugiato

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rezza, che impongono il coprifuocoin tutta l’isola e iniziano a cercaremotivazioni e indizi degli attacchi.

La Pasqua dei cattolici è devastata,sono sospese e vietate tutte le cele-brazioni della domenica, i festeggia-menti in famiglia assumono il mestocolore del lutto, l’incredulità prende ilposto della gioia per la Resurrezione.

* * *

«Sono andata alla chiesa di San Seba-stiano a riconoscere i corpi di mia nuo-ra e dei miei nipoti perché mio fratelloè grave in ospedale – racconta Darsha-ni, centralinista di Caritas Sri Lanka,con le lacrime agli occhi –. C’era un si-lenzio irreale lí dentro. Ho riconosciutomia nuora dai braccialetti ancora suipolsi staccati dalle braccia, i miei ni-poti dai vestiti rimasti sui loro corpi di-laniati… Intorno, distruzione e pezzi

«Non fare i capricci in chiesa», le ripetevasempre la mamma. E adesso pensa che avrebbe dovuto ascoltarla, la mamma.

Che, insieme e Chandani, la sorella maggiore,è rimasta dentro. E mai più è tornata

stine; mentre i leader religiosi si uni-scono per ri-promettere armonia, lepersone – ricche e povere, srilankesi ostraniere, vecchie e giovani – fanno iconti con le sofferenze fisiche, eviden-ti, e con le nascoste ferite dell’anima.

Chiunque sia stato esposto diretta-mente a un attacco violento comequello del giorno di Pasqua in Sri Lan-ka, o abbia partecipato a operazionidi soccorso e riconoscimento dellevittime, o abbia sentito i racconti del-le vittime dirette, o sia stato esposto aimmagini e video relativi alle stragi, èa rischio di manifestazioni fisiche,psicologiche e sociali disfunzionali.Esse possono essere il seme di pro-blemi di vaste proporzioni.

In Sri Lanka un ruolo fondamenta-le, anche per l’ordine mentale, quindiper trovare un senso o almeno unaconsolazione che dia forza per supe-rare i traumi, lo rivestono le religioni.Ovunque la religione, con il propriosistema di valori, garantisce protezio-ne dall’incomprensibile, senso all’in-sensato, speranza nei momenti bui.In Sri Lanka questo ruolo é ancora piùforte, riconosciuto, vitale.

Ecco allora che il compito del car-dinal Malcom Ranjith, arcivescovodella diocesi più colpita dagli attac-chi, Colombo, e leader della Chiesacattolica in Sri Lanka, è fondamenta-le anche nel garantire l’armonia reli-giosa. All’indomani degli attentati, haconvocato i rappresentanti di tutti iculti del paese, per ribadire la distan-za da comportamenti terroristici econfermare la necessità e l’impegnodi tutti nell’operare per la pace. Edevitare il nascere di violenze civili.

È proprio dall’arcivescovo che ilpresidente della repubblica e tutti imaggiori rappresentanti politici si so-no recati per portare le condoglianzeai fedeli cattolici colpiti, ma anche, inqualche modo, per dipanare la ma-tassa incomprensibile degli attacchi.

* * *

Ajith e Dinesh agitano le braccia, corru-gano la fronte e serrano le labbra, men-tre parlano al gruppetto di dieci amiciradunato fuori dal piccolo negozio dialimentari di Ajith. Esprimono rabbiaper quanto è accaduto, il dolore dellacomunità cattolica, ma anche l’incre-dulità per ciò che non avrebbe dovutosuccedere, e che chiede vendetta.

ATTENTATI SMULTANEI, STRAZIO CORALEImmagini dai funerali delle vittime degli attentati di Pasqua:il dolore di alcune parenti, l’incontro tra il cardinale MalcomRanjith e alcuni famigliari (sopra), il trasporto a spalladella bara di una delle centinaia di vittime (sotto)

di persone, con la sensazione che an-cora la carne vibrasse». Si asciuga gliocchi, prende tempo, deglutisce. Si si-stema la catenella argentata degli oc-chiali da vista, a coprire occhi dilatatidalla paura. «Da giorni non mangio enon dormo. Se chiudo gli occhi mi ri-trovo in quella chiesa. Se mangio,l’odore del cibo mi ricorda quello delsangue e della carne umana. Ma devoessere forte per i miei familiari».

* * *

Mentre le forze di sicurezza rastrella-no il paese con incursioni mirate, con-trolli a tappeto, posti di blocco, copri-fuoco e scontri armati; mentre i poli-tici cercano responsabili esterni efanno i conti con la responsabilità tut-ta interna di non essere stati in gradodi fermare l’orrore, perché troppo im-pegnati a risolvere conflittualitá inte-

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di Beppe Pedronfoto di Caritas Sri Lanka

internazionale sri lanka

l silenzio di Sepalika sembradelicato, come il fiore profu-mato di cui porta il nome. Mai suoi occhi grandi e neri guar-dano senza vedere, la sua men-

te ascolta senza sentire, il suo cuoresembra essersi fermato, anche se la vi-ta continua inesorabile a svolgersi.

Da giorni voci note e ignote, tonidolci o tentativi piú decisi, volti sorri-denti o stropicciati per sempre da lacri-me ormai secche le sfilano davanti neltentativo di vedere un segno, un’ombrao anche solo una parvenza di vitalità.

Ma per lei la linea del tempo si èfermata e ora genera immagini con-fuse, lampi di volti, scoppi assordantidi urla, calore viscoso di sangue chesgorga e la certezza di una porta pe-sante chiusa dall’interno, a protegger-si dal mondo di fuori.

«Non fare i capricci in chiesa», leripeteva sempre la mamma. E adessopensa che avrebbe dovuto ascoltarla,la mamma. Sempre, anche quella do-menica, quando tutti festeggiavano laPasqua.

Avrebbe dovuto ascoltarla la

mamma, sempre. Così ci sarebbe sta-ta anche lei, invece di stare a giocarenel sagrato, quando è scoppiata lachiesa. Quando la mamma e Chan-dani, la sorella maggiore, sono rima-ste dentro. E mai più sono tornate. Sa-rebbe con loro, adesso, invece che inquesto silenzio confuso.

* * *

Domenica, Pasqua di Resurrezionedel Signore, 21 aprile 2019. Mattina,ore 9 circa.

Sei ordigni esplodono quasi si-multaneamente in sei diverse localitàdello Sri Lanka, nelle zone di Colom-bo, Negombo e Batticaloa. Gli obiet-tivi sono i cristiani raccolti nelle chie-se per le celebrazioni pasquali e glioccidentali negli hotel di lusso.

Le deflagrazioni sono devastanti elasciano centinaia di vittime sul ter-reno, molti feriti. E un paese attonitodi fronte a un’emergenza inaspettata.Le prime 12 ore trascorrono nellacorsa verso gli ospedali, nel ricono-scimento delle vittime, nella confu-sione degli apparati politici e di sicu-

Iun trauma che raggela

isola,

Sepalika elasua

Lo Sri Lanka viveva un lento,contraddittorio ma vitale processo di riconciliazione,dopo una guerra civile durata 26 anni. Ora, dopo i tremendiattentati di Pasqua,psiche individuale e collettiva, società ed economiaripiombano in unalogorante incertezza

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per i prossimi quattro mesi, camerevuote, personale da licenziare…».

* * *

Gli effetti economici degli attacchi so-no evidenti in tutta la loro gravità, in-tuibile per un’isola che vive largamen-te di turismo e del suo indotto. Moltialberghi hanno chiuso, licenziando ilpersonale in attesa di tempi migliori.Le strade sono vuote nelle località tu-ristiche, per andare nei ristoranti nonserve la prenotazione. Chi soffre mag-giormente la nuova situazione sono ilavoratori non specializzati, sia nel-l’industria ricettiva sia nell’indotto.

È invece ancora troppo presto percapire quanto l’insicurezza peserà sulcomparto produttivo, in particolare sul-le industrie straniere che inSri Lanka fanno cucire i pro-pri capi di abbigliamento. Ilsettore, un tempo secondomotore trainante dell’eco-nomia, era già in crisi a cau-sa dell’aumento del costodel lavoro; molte industrie,anche italiane, delocalizza-vano… la delocalizzazione,ovvero chiudevano in SriLanka per spostarsi dove lamanodopera è ancora me-

Da poco ho comprato, con un mutuoe grazie a un prestito di mio fratello,questo furgone per fare consegne e ma-gari accompagnare i turisti. Ora cosaposso fare? Abbiamo paura tutti, ce neandiamo. Partirò io prima, poi sperodi portare anche loro. Dalla domenicadi Pasqua non usciamo più di casa, hogià inoltrato i documenti, spero chepossiamo andarcene al più presto».

Lo Sri Lanka è scioccato e le mentiterroristiche sono riuscite nell’intento:hanno seminato la paura. Anchequando le scuole hanno riaperto, i ge-nitori non ci hanno mandato i figli,cosi le lezioni sono state sospese.

* * *

Sepalika, a tre settimane dalle bombe,non parla ancora. Ogni tanto sorride.Negli occhi le si accende una fiammel-la di vita al suono del flauto del fratel-lo. Per un attimo il rumore degli scoppisi fa silente e la mente trova refrigerio.

Sahan, Lahiru e Chamidu corrono aperdifiato nel campo da calico, fino a sfi-nirsi di gioia nel caldo afoso di maggio.

È nei muscoli delle loro gambe, nelfiato mai sazio dei loro polmoni, nellafreschezza vitale del sangue che scorrespensierato nelle loro anime, che ri-posa la Resurrezione di oggi.

LA CHIESA MUTILATAL’interno, crivellato di schegge e con il tetto andato in fumo, di una delle chiesecolpite dagli attentati di Pasqua. Sotto, liturgia funebre per alcune delle vittime

no costosa. Ora si aggiunge l’insicurezzadi uno stato che non ha saputo preve-nire la carneficina annunciata.

Se il turismo si potrà forse risolle-vare nel giro di qualche mese e conpolitiche ad hoc, i disoccupati delleindustrie, invece, rischiano di subireun drastico cambiamento al ribassodelle proprie condizioni di vita. Ciò sirifletterà nella minore istruzione peri figli, nella bassa qualità delle curemediche, in definitive in una mag-giore insicurezza...

* * *

Prasanna guarda moglie e figli condolcezza e malinconia, come a proteg-gerli per il futuro, anche quando luinon ci sarà. «Non mi resta che partire.

L’impegno Caritas

Caritas Sri Lanka, in rappresentanza della chiesa cattolica del pae-se, ha sempre svolto un ruolo da protagonista nei processi di pace e riconciliazione. Già prima, ma soprattutto durante le fasi del conflittoquasi trentennale che ha insanguinato il paese, Caritas ha condotto programmi per facilitare la riconciliazione.

Dopo la fine del conflitto, gli sforzi si sono intensificati, al fine di tra-ghettare l’isola verso una riconciliazione duratura e costruita dal basso.Oltre a seminari sul dialogo interreligioso, dedicati a evidenziare i puntidi contatto tra i testi sacri e mirati ad attualizzare la pace auspicata dal-le scritture, Caritas Sri Lanka ha fatto incontrare nella quotidianitá le di-verse etnie. Sono state molte le esperienze di scambio e di condivisionereciproca della vita, con protagonisti cittadini singalesi e tamil. Si sonoinoltre tenuti numerosi corsi di lingua, tamil per i singalesi e singaleseper i tamil, per aumentare la conoscenza reciproca. Vengono tuttora con-dotti seminari sulla comunicazione non violenta e sulla risoluzione pacifi-ca dei conflitti; nei villaggi sono attivi comitati di giovani per la pace.

A ciò si aggiunge l’intensa attività di sensibilizzazione per forze di polizia, insegnanti pubblici e politici, al fine di diffondere una culturadel rispetto, della pace e dell’integrazione.

Un paziente lavoro per la riconciliazione

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Si parla animatamente di formareronde indipendenti, gruppi di vigi-lanza monoetnici per controllare imusulmani che vivono d’intorno.Qualcuno si vanta, da ex soldato, disaper usare bene le armi e di poterneprocurare; altri immaginano liste diipotetici compagni. E già si pianifica-no turni di servizio.

La volatilità della situazione, il do-lore recente che ancora inebetisce e ilcoprifuoco notturno hanno però lameglio. Per oggi, le idee di Dinesh eAjith restano il farneticare stanco dirabbie sopite.

* * *

Il processo di pacificazione dello SriLanka è ancora in atto, a 10 anni dallafine della guerra civile che insanguinòl’isola per 26 anni. L’anniversario, que-st’anno, non si è potuto celebrare. Il 18maggio era troppo vicino agli attentati.E ancora troppo esposte le ferite di Pa-squa, troppo vulnerabile il paese.

Il processo di riconciliazione, ben-ché lento, senza una vera road map, co-stellato di tentativi politici spesso nonportati fino in fondo, ha comunque ge-nerato basi promettenti per il futuro,per una convivenza etnica almeno ar-moniosa, per una comprensione piùinclusiva delle differenze, nonostante lediseguaglianze restino importanti.

Ma il processo, a più livelli – politico,sociale, religioso –, evidentemente noncontemplava l’eventualità di un eventocome quello di Pasqua, del terrorismodi matrice islamica con appoggi inter-nazionali, capace di distruggere e ri-durre alla paura la popolazione.

È ancora troppo presto per dire se isemi piantati negli anni recenti hannomesso radici e gli alberi che ne sono na-ti sono solidi abbastanza per sopporta-re senza sradicarsi anche il nuovo ventoselvaggio, estraneo al clima del posto.

* * *

Sepalika, con i suoi 9 anni, ora con il

suo silenzio terrorizzato e nutrito daisensi di colpa inconsci, fa parte dellaprima generazione dei figli dellanon-guerra. Bimbi nati dopo il 2009,che della guerra hanno sentito solo iracconti. E che mai, nemmeno inutero, si sono trovati sotto i bombar-damenti o costretti a esodi forzati. Suquesta generazione poggia la speran-za di armonia e pace per lo Sri Lanka,ma ora tutto rischia di essere messonuovamente in discussione. I bambi-ni e i ragazzi più esposti, infatti nonsono in grado di maneggiare la nuovasituazione, di decodificarne i contor-ni, di attribuire senso agli eventi.

È soprattutto per loro, ma ancheper molti adulti – colpiti, dilaniati,graffiati, o anche solo intontiti dagliattacchi – che la diocesi di Colombosi è fatta promotrice di un program-ma di supporto sociale, pastorale epsicologico. Con un interessante sfor-zo di rete (tra diocesi, Caritas, congre-gazioni religiose, specialisti psicologie psichiatri) poche settimane dopo gli

internazionale sri lanka

Lonely Planet aveva dichiarato lo Sri Lankameta turistica dell’anno. Ma da Pasqua misembra di essere tornato al periodo della

fine della guerra: prenotazioni cancellate,camere vuote, personale da licenziare…

attentati l’iniziativa era già attiva: unsacerdote o un religioso prende in ca-rico la persona o la famiglia per unperiodo di 3 o 6 mesi, fornendo vici-nanza costante, accompagnamentospirituale e identificando le necessitàpiù importanti; su sua segnalazione,intervengono poi esperti di counsel-ling o psichiatri, e gli operatori Cari-tas per il supporto socio-economico.

Nessun altro soggetto ha organizzatoun intervento cosí strutturato. Cui an-che i medici pubblici si sono associati.

* * *

Roshan si tiene la testa tra le manimentre guarda la piscina deserta delsuo hotel, costruito grazie ad anni dilavoro in Italia e milioni di rupie diprestito dalla banche, che ogni meseaspettano puntuali il pagamento del-le rate del mutuo.

«È stata una stagione proficua quel-la passata, ne stavamo ancora goden-do i frutti, con prenotazioni fino a giu-gno, anche grazie all’annuncio dellaLonely Planet, che ha dichiarato lo SriLanka méta turistica dell’anno. Dalgiorno di Pasqua mi sembra di esseretornato al periodo della fine della guer-ra: prenotazioni cancellate in blocco

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a guerra civile è scoppiatanel dicembre 2013. E ha resoancora più vulnerabile il giàpovero e travagliato Sud Su-dan. Il paese ha sinora vissu-

to quasi 6 dei suoi 8 anni di indipen-denza, raggiunta nel luglio 2011, lace-rato da un violentissimo conflittointestino. Del quale pare non si riescaa venire a capo. Diversi sono stati i ten-tativi di pacificazione,e altrettanti i falli-menti. Una nuovaaria di speranza si eraperò cominciata a re-spirare dalla prima-vera 2018, grazie a di-versi incontri tra leparti in conflitto nellaconfinante Etiopia.Alle trattative hannopartecipato diversimediatori: ne è scatu-rita la firma di un ac-cordo (RevitalizedAgreement on the Re-

solution of Conflict in South Sudan) il12 settembre 2018. L’intesa prevedeval’insediamento, entro il 12 maggio2019, di un nuovo governo di transi-zione di unità nazionale, guidato dal-l’attuale presidente della repubblicaSalva Kiir, da un primo vicepresidente(e suo storico e acerrimo rivale) RiekMachar e da altri quattro vicepresi-denti, in rappresentanza di altre realtà

etniche e politiche.Ancora una volta, pe-rò, lo stato più giova-ne al mondo ha vistodisattese tutte le pro-messe: proprio a ri-dosso della scadenzadi maggio, è giunta lanotizia che le parti sisono nuovamenteaccordate per postici-pare l’implementa-zione dell’accordo.

Ad aprile, una sfer-zata di ottimismo siera prodotta con l’ar-

LFrancesco, in aprile, si è letteralmenteinchinato davanti ai leader del SudSudan, paeseindipendente da 8 anni, e da 6 anni in guerra. L’appello al dialogo e al perdonoavrà seguito? Per ora, l’attuazionedegli accordi di pace è rimandata di (almeno) sei mesi…

di Nicoletta Sabbetti

la pace disattesa

Il Papa ınginocchio,

internazionale sud sudan

IL BAMBINO E IL PONTEFICEIl piccolo Adieu Anai cucina nelcampo di Wau, dove vive insiemead altri 5 mila sfollati interni.Sotto, il clamoroso e coraggiosogesto del Papa, per chiederepace ai leader sudsudanesi

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COSTRUZIONE SALVA,ADESSO COMPLETIAMOLA

sultivo della storia della Repubblica,per conferire maggiori potere al Par-lamento europeo e sottolineare l’Eu-ropa indispensabile per i popoli, pri-ma che per banchieri e imprese.

Ma il rimescolamento delle carte,l’affacciarsi di nuove formazioni po-litiche e il contemporaneo argineall’“internazionale nera”, usciti dalleurne a fine maggio, esigono un cam-bio di passo. E costringono alla ritira-ta chi fin qui ha applaudito un’Euro-pa che si arena, inciampa, cade, si ri-piega sugli egoismi e sbaraglia lasolidarietà. Una Repubblica di citta-dini europei invece servirà a presi-diare e alimentare la più grande de-mocrazia del mondo, con i suoi 530milioni di abitanti, e allo stesso tem-po a contenerne i conflitti, evitandoche si traducano in violenza.

L’impresa a cui va posta mano perriparare le crepe della casa comune èla costruzione del pilastro sociale. In-somma, bisogna cambiare paradig-ma, guardare oltre il solo pilastro fi-nanziario, oggi usato come zavorraper consolidare il patto degli egoismi.Gli investimenti, compresi quelli so-

ciali, potrebbero uscire dal patto, definendo un modonuovo di procedere. Sarebbe un passo nella direzionegiusta. Un’Europa incompiuta non riesce infatti a dettarel’agenda, perché manca un rapporto virtuoso tra potere,responsabilità e sanzione, che solo un rafforzamento delruolo politico del Parlamento può correggere.

II problema decisionale è un problema di rappresen-tanza. Il nodo, va ribadito, sta nel passaggio da abitanti acittadini. Gli abitanti si aspettano il cosiddetto “giusto ri-torno” per se stessi, cioè per la propria nazione, da ogniatto europeo; i cittadini invece sono consapevoli delmaggior bene di un dinamismo effettivamente europeo,e respingono l’uso disinvolto della paura, non temonol’ignoto.

Forse sarà anche più facile riscrivere e approvare unaCostituzione europea, che strutturi il pilastro dei dirittisociali. E indichi una via per compensare i conflitti tra la-voro e capitale, vera sfida del continente.

desso che chi voleva mettere in discussione non solo l’idea,ma il processo di costruzione dell’Europa è stato sconfitto,il processo va accelerato. Perché molto resta da fare. Il qua-

dro, dopo le elezioni del 26 maggio, è più chiaro. L’Europa indispen-sabile deve liberare lo sguardo verso il futuro, non più bloccata dal-l’incoerenza di concepirsi come lobby sovranazionale, dove i paesinegoziano i propri affari.

Bisogna correggere le euro-anomalie, dopo che il voto ha contenu-to il rischio degli egoismi. La prima, è il contrappunto tra Parlamentoe Consiglio: nel primo decidono i cittadini, nel secondo i governi. Staqui il nodo principale del processo.È il passaggio degli europei da sem-plici abitanti dello spazio europeo a,finalmente, cittadini, che non dele-gano la governance a un club, ma in-dicano l’orizzonte politico di un verogoverno continentale. Finora ha pre-valso un “non-governo”: un sistemalento, in cui sotterfugi, ricatti e vetihanno messo in crisi il processo diintegrazione, lo hanno limitato e cir-coscritto, invece di rilanciarlo difronte alle grandi crisi finanziarie econ il fine di proporre l’Europa comeglobal player, indispensabile a cor-reggere le spinte nazionalistiche all’interno e i guai dellaglobalizzazione che uccide all’esterno.

Fino a oggi si è lasciato al mercato il governo quasi au-tomatico del processo. Così molti europei hanno perso ilsenso di se stessi, hanno dimenticato il Manifesto di Ven-totene, su cui stava scritto che «un’Europa libera e unita èpremessa necessaria al potenziamento della civiltà moder-na». Cosa significa tutto ciò, se non la consapevolezza pergli europei di doversi trasformare da abitanti in cittadini,per rafforzare le istituzioni europee e sbaragliare gli equi-voci? Occorrono idee nuove, che tuttavia già si trovano nellepieghe della memoria europea, per far progredire il proces-so verso il definitivo superamento degli Stati nazione e ar-rivare a un vero governo della Repubblica d’Europa.

Cambiare paradigmaI più immemori siamo noi italiani, che nel 1989 votammopraticamente all’unanimità, nell’unico referendum con-

Il voto europeo di finemaggio ha respinto

l’assalto di chi discutel’integrazione

dell’Europa. Ma orabisogna accelerare.

Superando le anomalieche impediscono

agli abitanti dell’Unionedi farsi cittadini.

E costruendo un vero“pilastro sociale”

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zeropovertydi Alberto Bobbio

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cienti e un aumento della mobilitàumana all’interno e all’esterno deiconfini nazionali, causando ulterioripressioni su risorse già scarse. Alta an-che la vulnerabilità sotto il profilo sa-nitario: difficile garantire un accessosicuro alle cure per la popolazione lo-cale. E ancora più difficile è lavorarenelle già inadeguate strutture sanitariedel paese, dove i frequenti saccheggi ei danni a strutture e forniture medicheinterrompono e indeboliscono i servi-zi di base.

Impossibilità di disarmareLa Chiesa locale, proprio nel periodotra l’incontro dei leadercon papa Francesco e apochi giorni dalla scaden-za prevista dagli accordiper l’insediamento delnuovo governo, aveva fattosentire la propria voce an-che all’interno del paese.Una lettera pastorale del-l’arcivescovo di Juba avevaanticipato quello che poi èprevedibilmente accaduto.L’accordo di pace resta dif-

dello stesso, in 8 mesi, non sono mainemmeno state iniziate. L’organismoincaricato di seguire la mediazione,Igad, in una dichiarazione di iniziomaggio ha stabilito che l’estensione disei mesi del periodo per l’implemen-tazione degli accordi di pace si è resanecessaria, data la situazione sul cam-po, ma che ulteriori estensioni nonsono ammissibili e che occorre molti-plicare gli sforzi, abbandonando po-sizioni preconcette, evitando nuoveazioni di ribellione e impegnandosiper incontri regolari. Ci ha pensato lostesso presidente Salva Kiir, però, a di-chiarare che gli accordi slitteranno dialmeno un anno...

L’ostacolo più grave, sulla strada diuna pace effettiva, è rappresentato inquesto momento dall’impossibilità(o incapacità) di disarmare, formaree integrare le varie fazioni armate delpaese. Dietro le quali ci sono sostan-ziosi interessi economici, a comin-ciare da quelli per il petrolio, di cui ilSud Sudan è ricco.

L’appello al dialogo e al perdono,lanciato dalla Conferenza episcopaledel Sud Sudan, è destinato a trovare

DORMIRE, MANGIARE (ALMENO)Risveglio al campo per sfollati interni

nella città di Wau. Sotto, il poveropranzo di una famiglia ospite (con altre

12 mila persone) di un altro campo,localizzato sempre a Wau, presso la

cattedrale cattolica St. Mary

ficile da implementare perché le partirestano divise, e non riescono a trova-re né una strategia né una volontà po-litica comuni. Come poi si è letto intante analisi, pubblicate dopo il nuo-vo accordo per posporre i termini delperiodo di transizione, molte delle at-tività concordate per la preparazione

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rivo in Vaticano dei leader sudsudane-si, tra i quali Kiir e Machar. L’occasione,un ritiro spirituale organizzato a favoredelle parti, in preparazione del periododi transizione al governo. L’evento cheha suscitato più clamore è stato sicu-ramente l’incontro con papa France-sco e altri leader religiosi, tra i quali l’ar-civescovo di Canterbury, Sua Grazia Ju-stin Welby, ideatore dell’iniziativa.Ancora una volta il pontefice romanonon si è risparmiato, appellandosi aigovernanti, perché si convertano inautentici «artigiani di pace». Senza ipo-crisie, Francesco ha riconosciuto che illungo processo verso la stabilità faràancora registrare forme di disaccordotra le parti, ma ha auspicato che ognilotta si possa verbalizzare in un ufficioe mai più tradursi in azioni di guerra.Solo lavorando insieme, ha detto, si di-venta davvero “Padri della Nazione”. Altermine dell’incontro, un gesto ecla-tante, che ha avuto risonanza mondia-le, quando il Papa non ha esitato a in-ginocchiarsi davanti ai leader conten-denti, pregandoli perché davvero siadoperino per «una nuova era di pacee prosperità per tutti».

Le violenze e la siccitàFrancesco ha più volte manifestatopreoccupazione per le sorti della po-polazione sudsudanese, stremata edecimata da decenni di conflitto (aquello civile interno, vanno aggiunti ilunghissimi anni di lotta per ottenerel’indipendenza dal Sudan).

Le violenze, in effetti, non sono maicessate. Anzi, negli ultimi tempi, conl’avvicinarsi dei termini previsti dal-l’accordo di pace, sono aumentate so-prattutto a livello locale, nelle aree ru-rali, opponendo anche persone deglistessi gruppi. Anche gli episodi di cri-minalità sono sempre più gravi. Sino aoggi, si contano più di 400 mila vittimedella guerra civile e le stime per il 2019(Ocha, gennaio-marzo) parlano di 7,1milioni di persone bisognose di assi-

stenza umanitaria (su 12,6 milioni diabitanti), 2,28 milioni di rifugiati e 1,92milioni di sfollati interni. I rifugiati so-no accolti nei paesi vicini, aumentan-do la criticità di una regione già prova-ta da insicurezza alimentare, econo-mica e politica. In particolare, secondo

internazionale sud sudan

Le violenze non sono mai cessate. Anzi, negli ultimi tempi, con l’avvicinarsidelle scadenze dall’accordo di pace, sono

aumentate a livello locale, nelle aree rurali,opponendo persone degli stessi gruppi

l’Alto commissariato delle NazioniUnite per i rifugiati (Unhcr), ad aprile2019 i paesi che più accolgono rifugiatisudsudanesi erano Sudan (37%),Uganda (35%) ed Etiopia (18,4%).

Ulteriori fattori aggravano la condi-zione generale del paese. Una gravesiccità sta colpendo l’intera regione; inSud Sudan si prevede che il ritardodella stagione delle piogge porteràl’insicurezza alimentare, già acuta, a li-velli estremi in molte aree. In moltecontee si prevedono raccolti insuffi-

Il 10 aprile 2019 è stata una data storica per il Sudan. Il presidente in carica dal giugno 1989, Omar Al Bashir, si è dimesso, dopo il riaccen-dersi delle proteste cominciate a dicembre nel nord del paese. Uomoforte al potere, aveva introdotto il sistema monopartitico, bloccato ogniforma di opposizione e censurato gli organi di stampa. Dal 2009 la Cor-te penale internazionale aveva emesso nei suoi confronti un mandato di arresto per crimini di guerra e contro l’umanità, perpetrati contro le minoranze in alcune regioni del paese.

Bashir aveva soffocato un primo ciclo di proteste nella capitaleKarthoum nel 2013. Ma lo scorso dicembre la popolazione del nord del Sudan ha dato il là ad azioni di protesta, rapidamente propagatesiall’intero paese, fino alla capitale. I manifestanti, eterogenei per estra-zione sociale ed economica, età, livello di istruzione e sesso, protestava-no anzitutto per le difficili condizioni socio-economiche in cui versa il paese. Sulle quali, oltre all’espropriazione delle terre per la vendita a investitori stranieri, hanno inciso anche la crescente inflazione, la scar-sa liquidità delle banche, la corruzione, ma soprattutto l’aumento delprezzo del pane, che è triplicato. Precedentemente, erano state introdot-te forti misure di austerità, con la soppressione dei sussidi governativi,in particolare per pane e carburante, per far fronte alla crescente crisieconomica, dovuta anche alla perdita di una considerevole quota dellaproduzione petrolifera. Un ruolo l’hanno avuto anche i conflitti in alcuneregioni (Darfur e Sud Kordofan), oltre alla lunga guerra che ha portatoall’indipendenza del Sud Sudan nel 2011.

Con l’uscita di scena di Bashir, lo scenario politico è più incerto chemai. Si apre un periodo di transizione, che si auspica porti a nuove ele-zioni democratiche. Ma le incognite restano numerose. Oltre che sugliequilibri politici, ci si interroga se le nuove proteste e l’uscita di scenadell’anziano leader influiranno sulle libertà civili, inclusa una maggioreapertura alla libertà di culto per le fedi non musulmane. La Costituzionedel Sudan garantisce la libertà di culto, ma l’islam è di fatto la religionedi stato. I mezzi di comunicazione hanno riportato che diversi membridelle minoranze religiose, partecipando alle proteste, hanno guidatomomenti di preghiera, ai quali si sono uniti anche i musulmani cantan-do inni. Monsignor Yunan Tombe Trille Kuku Andali, vescovo di El-Obeid,nel Sudan centro-meridionale, ha commentato i recenti avvenimentiall’agenzia Fides dicendo che «un movimento della società civile ha perla prima volta riunito tutti i sudanesi, e la Chiesa ne fa parte». Il capodel Sinodo evangelico in Sudan ha aggiunto che queste proteste hannoofferto un'opportunità per le persone di andare oltre divisioni religiose:il paese riuscirà a farlo in modo ordinato?

SUDANIl dittatore scalzato dal potere,si apre un periodo di incognite

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RISORSE IN (S)VENDITA,SOVRANITÀ INDEBOLITE

il sogno federalista dei padri del pa-nafricanesimo.

Cancellerie europee inermiEmblematico è il caso del Sud Sudan,paese che potrebbe essere un paradi-so terrestre se la popolazione localepotesse godere i benefici derivantinon solo dalle attività estrattive delpetrolio, ma anche dal grande fiumeNilo. Eppure dal 2013 le rivalità tra ilpresidente Salva Kiir e il suo princi-pale contendente, Riak Machar, han-no causato morte e distruzione. Seb-bene i due leader abbiano promessodi fronte a papa Francesco, lo scorsomarzo, di collaborare per dare al pae-se un governo di unità nazionale, ilcammino è decisamente in salita.

Il Sud Sudan è infatti ostaggio di mi-lizie che controllano le aree interne, reedi crimini infamanti. E la RepubblicaCentrafricana si trova in un’analoga si-tuazione. Nonostante l’insediamentodi un governo di unità nazionale, a se-guito degli accordi di pace di febbraio,il paese resta assoggettato a formazioniarmate, molte delle quali di matriceislamista, che controllano zone ricche

di minerali preziosi, fonti energetiche e legname. Uno sce-nario simile è riscontrabile nel settore orientale della Repub-blica democratica del Congo, in particolare nel Nord Kivu,ricco di minerali d’ogni genere, dove imperversano diversigruppi armati, che compiono costanti atrocità nei confrontidei civili. E cosa dire del Darfur e delle Montagne Nuba, cherivendicano l’autodeterminazione dal governo sudanese? Odella Somalia ricca di petrolio, gas naturale e uranio ma sottoil giogo di milizie islamiste e potentati locali?

Se a ciò aggiungiamo le ambizioni secessioniste delmovimento estremista islamico Boko Haram nella Nige-ria settentrionale, connesse alle infiltrazioni jihadiste cheinteressano la fascia saheliana del continente, il quadrogeopolitico complessivo non può che destare preoccu-pazione. Di fronte a questo scenario, le cancellerie euro-pee sono contrapposte da miopi calcoli, e restano inerminell’azione diplomatica.

si assiste a un progressivo indeboli-mento della sovranità degli stati. Leragioni sono molteplici: di matriceetnica, religiosa, politica, sociale edeconomica. E relative alla allocazionedelle risorse. Se durante la guerrafredda l’Africa era infatti divisa in dueprincipali aree d’influenza – statuni-tense e sovietica –, dai primi anni No-vanta si è verificata una parcellizza-zione del continente. Oltre alle ex po-tenze coloniali e agli Usa, sono scesiin campo paesi come Cina, India,Giappone, Corea del Sud, Malesia,Canada, Turchia e tanti altri; ciò hadeterminato una graduale crescita del Prodotto internolordo in molti paesi africani e un aumento dell’occupa-zione, ma anche dell’esclusione sociale, evidenziando undeficit di virtuosismo da parte delle leadership locali.

In effetti, fenomeni come il land grabbing (il cosid-detto accaparramento dei terreni da parte di impresestraniere), unitamente alla corruzione e allo sfrutta-mento della manodopera autoctona, penalizzano i cetimeno abbienti. Lo scenario venutosi a creare è caratte-rizzato, in molti casi, non solo dalla svendita delle im-mense risorse naturali del continente – soprattutto agri-cole, minerarie ed energetiche –, ma anche dall’aumen-to della conflittualità e dal conseguente indebolimentodell’autonomia decisionale dei governi. Inoltre, le zoned’interferenza – condizionate da interessi spesso preda-tori – rendono sempre più fluide le frontiere tra stati,acuendo le conflittualità e infrangendo, almeno per ora,

Mentre nel mondo si affermano istanzenazionaliste e leadersovranisti, in Africa glistati si indeboliscono.

Fino a mettere indiscussione le frontiere.

Molteplici le cause. A cominciare dalle mire

di potenze di tutto il mondo sulle ricchezze

del continente

a globalizzazione è un fenomeno dinamico, con improvvisicapovolgimenti. Se fino a qualche anno fa si parlava di mul-tilateralismo nelle relazioni internazionali, oggi l’indirizzo è

contrario. I rigurgiti di sovranismo che attraversano l’Europa e legrandi potenze – dagli Stati Uniti di Trump alla Russia di Putin – so-no sintomatici di chiusure che penalizzano l’economia mondiale,con gravi effetti collaterali sui paesi in via di sviluppo.

Non v’è dubbio che sia proprio l’Africa a pagare maggiormentegli effetti del nuovo corso. E mentre nel vecchio continente i mo-vimenti nazionalisti sembrano prevalere, nel continente africano

L

contrappuntodi Giulio Albanese

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internazionale sud sudan

Impegno Caritas a tutto campo,anche sui Monti Nuba e nel DarfurLa rete internazionale è attiva, in Sudan, a favore delle vittime di dueconflitti cronicizzati. Intensa anche l’azione nel nuovo stato indipendente

aritas Italiana è da anni im-pegnata in Sudan e Sud Su-dan per sostenere le fasce piùvulnerabili della popolazio-ne, a cominciare dalle centi-

naia di migliaia di sfollati e dai rifu-giati provocati da vari conflitti, e losviluppo umano della popolazione.Gli interventi di Caritas Italiana sonorealizzati in coordinamento con gliuffici delle Conferenze episcopali lo-cali e in collaborazione con la reteCaritas Internationalis e altri attori.In Sudan, Caritas Italiana è particolar-mente vicina alle popolazioni deiMonti Nuba e del Darfur.

I Monti Nuba sono teatro di un con-flitto armato interno tra il governo delSudan e il Movimento popolare di li-berazione del Sudan-Nord (Splm-N)dal giugno 2011. Il conflitto si è tra-mutato in una crisi prolungata, concontinue violazioni del diritto inter-nazionale umanitario e dei dirittiumani, con attacchi indiscriminati aicivili. L’obiettivo generale del pro-gramma pluriennale Caritas è allevia-re le sofferenze delle comunità e co-struire la resilienza delle popolazionicolpite. Le attività specifiche sono:. trattamento e prevenzione della

malnutrizione per bambini e don-ne in gravidanza e allattamento;. fornitura di servizi sanitari e me-dicinali e formazione di operatorilocali al fine di ridurre i tassi di

mortalità e morbilità;. fornitura di sementi, strumenti eformazione a gruppi di agricoltori;. costruzione di latrine e distribu-zione di kit igienici;. organizzazione di forme di istru-zione per i minori che non hannoaccesso alla scuola pubblica.

Conflitto dimenticatoCirca 1,1 milioni di sfollati sono inve-ce ancora presenti nel Darfur meridio-nale e centrale. Nel 2017 si è verificatoun lieve miglioramento della situazio-ne, ma la sicurezza dell’area è tuttoraaltamente instabile: i frequenti episo-di di criminalità, la diffusione di armida fuoco, i combattimenti tra tribù,l’assenza di forze dell’ordine e le mili-zie attive in alcune aree rimangonosfide importanti. Inoltre, la mancanzadi servizi di base, di infrastrutture el’insicurezza continuano a impedire ilritorno degli sfollati nelle loro aree diorigine. La natura dimenticata di que-sto conflitto, l’impossibilità di unapresenza capillare delle organizzazio-ni internazionali e la necessità crucia-le di mantenere alta l’attenzione suqueste terre hanno spinto ACT Allian-ce e Caritas Internationalis a collabo-rare per fornire risposta incisive allagrave crisi umanitaria sin dal 2004.

Un nuovo piano di interventitriennale è stato lanciato nel gennaio2018 per i seguenti settori:

C

I Nuba sono teatro di un conflitto armatointerno tramutatosi in crisi prolungata, concontinue violazioni del diritto umanitario.

Circa 1,1 milioni di sfollati sono inveceancora presenti nel Darfur sud e centrale

. salute e nutrizione, con l’obiettivodi aumentare qualità e manteni-mento dei servizi sanitari di base;. approvvigionamento idrico e ser-vizi igienico-sanitari;. corretta gestione delle acque;. rafforzamento dell’autosufficienzaalimentare delle famiglie e delle co-munità, per poter anticipare, assor-bire e affrontare eventi negativi(shock climatici o causati dall’uo-mo), partecipando ad attività voltead aumentare le proprie opportuni-tà di lavoro e accesso al mercato;. creazione di un’unità di preven-zione e risposta alle emergenze(Epru), rafforzando la capacitàdelle comunità locali di far fronteagli shock;. garanzia dell’accessibilità allestrutture scolastiche.

Risposte in tutte le diocesiIn Sud Sudan, infine, grazie anche alcontributo della Cei attraverso fondi8xmille, Caritas Italiana supporta unprogetto sanitario del Cuamm e so-prattutto Caritas Sud Sudan, che haappena lanciato un piano di emer-genza triennale in tutte le 7 diocesidel paese. Le attività specifiche diquesto intervento sono:. assistenza alimentare e supporto

economico;. assistenza abitativa ai gruppi vul-nerabili rientrati alle comunità diorigine;. distribuzione di sementi e stru-menti agricoli e programmi di riat-tivazione socio-economica;. un programma sulla riconciliazio-ne e la convivenza pacifica.

accoglienza, o a perdersi di nuovo nelsangue? Non resta che rifugiarsi nelleparole che papa Francesco ha rivoltoai governanti del Sud Sudan, speran-do che i destinatari delle stesse non

le vanifichino: «Vi esorto pertanto acercare ciò che vi unisce, a partiredall’appartenenza allo stesso popolo,e superare tutto ciò che vi divide. Lagente è stanca ed esausta ormai per

le guerre passate: per favore, ricorda-tevi che con la guerra si perde tutto!La vostra gente oggi brama un futuromigliore, che passa attraverso la ri-conciliazione e la pace».

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d’età. Nel gruppo 0-14 anni, quasi unbambino su due (46,8%) vive in con-dizioni di povertà. Il tasso di povertàtende a diminuire con l’elevarsi del-l’età: è povero il 39% della popolazio-ne nella fascia d’età 15-29, il 22% tra i30 e i 64enni, solamente il 9% tra gliover 65. Ma l’aspetto davvero tragicodella povertà infantile emerge se sipensa che l’Argentina è una nazionedemograficamente giovane, in cui iminori di 14 anni rappresentano unquarto della popolazione (in Italia,tanto per avere un termine di parago-ne, rappresentano un ottavo). Consi-derata quindi la piramide demografi-ca del paese, più di un povero su tre

in Argentina ha meno di 14 anni. Nonc’è dubbio che la vera emergenza è lapovertà infantile.

La scuola non riequilibraDa più di 15 anni l’Uca (UniversitàCattolica Argentina) pubblica rap-porti annuali che spesso fotografanouna realtà più drammatica di quellache emerge dalle cifre ufficiali. L’ulti-mo rapporto ha registrato un aumen-to consistente della povertà multidi-mensionale tra i minori di 18 anni.Secondo lo studio, nell’ultimo annoil numero dei poveri nella fascia d’età0-17 anni è aumentato di 600 milaunità, arrivando a un totale 4,7 milio-ni. L’Uca considera la povertà comefenomeno multidimensionale, defi-nito non solo in base al reddito fami-liare, ma in riferimento all’accesso adiritti sociali fondamentali (educa-zione di qualità, alimentazione e sa-lute, possesso di una abitazione di-gnitosa, occupazione e sicurezza so-ciale); il rapporto 2018 registra i tassidi povertà multidimensionale più altidell’ultimo decennio.

Essere poveri in Argentina significanon avere accesso a valide opportu-nità scolastiche. Negli ultimi anni, ilnumero di ragazzi iscritti a scuole

Essere poveri in Argentina significa nonavere accesso a valide chance scolastiche.Negli ultimi anni, gli iscritti alle scuole

pubbliche sono diminuiti di 300 mila unità,sono aumentate le iscrizioni alle private

pubbliche è sceso di 300 mila unità,mentre sono aumentate le iscrizionialle scuole private. Oggi più di unquarto dei ragazzi argentini frequentaistituti privati. Mentre in alcuni paesila scuola pubblica è un punto di in-contro per giovani provenienti da di-verse classi sociali, quindi un livella-tore sociale, in Argentina ai bambininon viene neanche data l’illusione diavere pari opportunità. L’emargina-zione sociale inizia presto. Inoltre, tragli alunni che iniziano la scuola supe-riore solo il 60% si diploma in tempo.Ma la percentuale scende al 37,5% sel’alunno viene da un contesto socio-economico definito critico. Una simi-le disparità ha anche declinazionigeografiche. Nella città di Buenos Ai-res l’80% degli alunni termina lascuola superiore nel tempo prestabi-lito, ma la percentuale scende al 50%nelle province rurali. Ormai la scuolapubblica argentina ha perso la suafunzione di collante sociale.

Le sono più di 4 milaI versanti dell’aumento delle povertàsono molteplici. Nel 2018 l’inflazioneha ridotto il potere d’acquisto dellefamiglie e le vendite dei supermercatisono crollate del 10% rispetto all’an-no precedente: l’Uca ha registrato unaumento della malnutrizione e cre-scenti difficoltà nell’accesso ai medi-cinali. Nell’ultimo anno 8 argentinisu 100 hanno sofferto frequentemen-te episodi di fame, 17 su 100 non

villa

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Gli ultimi anni in Argentina sono stati caratterizzati da un significativoaumento della violenza, soprattutto verso le donne. In assenza di datiufficiali, l’ong “La casa del encuentro” ha iniziato a registrare i casi di femminicidio sin dal 2008. Ne sono stati individuati 2.744 negli ulti-mi 10 anni: uno ogni 30 ore. Ma i dati peggiorano di anno in anno. I casi di femminicidio sono aumentati del 30% dal 2008. Solo nel 2018ve ne sono stati 273, più del doppio che in Italia (e l’Argentina ha quasi45 milioni di abitanti, contro i 60 dell’Italia). Il registro unico sui casi di violenza contro le donne, istituto dal governo nel 2013, stima che negli ultimi 5 anni circa 240 mila donne siano state vittima di violenzafisica, psicologica o sessuale.

Il movimento femminista Ni una menos (“Non Una di meno”) non a caso è nato proprio in Argentina. Le sue campagne di sensibiliz-zazione hanno fatto prendere coscienza del problema alla società. Oggi le donne possono denunciare casi di violenza in uno dei 7.434centri di ascolto del paese, o chiamando il numero gratuito 144.

IL CASOSulle donne violenze in aumento,crescono anche gli strumenti di difesa

FÙTBOL E MISERIAUn ragazzino in una villa, mostra

una vecchia maglietta del più grandecalciatore argentino dei nostri giorni

di Paolo Rizzofoto di Elsa Rizzo,Paolo Rizzoe Ana Castaneda

L’Argentina un secolofa era il quinto paesepiù ricco del mondo.Oggi teme di ricaderenel gorgo del fallimento, in cui finì nel 2001. Le difficoltàeconomiche e politichemoltiplicano il disagiosociale: indicatori di povertà elevati,politiche insufficienti

internazionale argentina

Argentina attraversa imesi più difficili dai tem-pi del collasso economi-co e sociale del 2001:l’economia arranca, la

povertà aumenta, il paese è più divi-so che mai. Il 2018, per il gigante lati-noamericano, è stato un vero e pro-prio annus horribilis. In meno di unanno la moneta locale ha perso metàdel suo valore e la banca centrale ar-gentina ha cambiato tre presidenti.La peggior siccità degli ultimi 50 anniha distrutto un quinto dei raccoltiagricoli. La produzione industriale siè arrestata, la disoccupazione è au-mentata, l’economia è entrata uffi-cialmente in recessione. Per evitareun nuovo default, il governo ha chie-sto un prestito di 57 miliardi di dollarial Fondo Monetario Internazionale, el’ha ottenuto in cambio di una strettasulla spesa pubblica. Infine, parte

della classe dirigente e politica è statatravolta da un’indagine su tangentinegli appalti pubblici. Un giudice hachiesto l’arresto preventivo per l’expresidente Cristina Kirchner. E anchela famiglia dell’attuale presidenteMauricio Macri è stata incriminata.

A presentare profili critici, natural-mente, non sono solo lo scenarioeconomico e quello politico. Anchela situazione sociale presenta profilipreoccupanti. Le cifre ufficiali gover-native del 2018 rivelano una condi-zione drammatica. Solo nell’ultimoanno, il tasso di povertà urbano èpassato dal 26% al 32%. Il dato è cal-colato sulla base di un paniere di be-ni il cui valore cambia, a seconda del-la regione, dai circa 180 euro mensilidi Buenos Aires ai 150 delle regionisettentrionali.

Ancora più preoccupante risultal’incidenza della povertà per fascia

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tra disastro e speranzapaese

Radiografia diun

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re la meta, il nuovo slogan è diventa-to un meno ottimistico “Avremo lastessa povertà, però diversa”. Intantole elezioni presidenziali sono previsteper il 27 ottobre.

L’Argentina arriverà all’appunta-mento elettorale impoverita. La spiraleinflazionistica ha eroso il potere d’ac-quisto di stipendi, pensioni e assegnisociali. Ma la recessione ha colpito du-ramente anche la parte produttiva delpaese. Le elezioni rappresenterannodunque un passaggio decisivo. Il paeseè diviso tra i detrattori dell’ex presi-dente e quelli dell’attuale. Cristina Kir-chner si presenterà come vicepresi-dente di Aníbal Fernández,suo ex capo di gabinetto,famoso per aver sostenutoche il tasso di povertà in Ar-gentina fosse minore diquello tedesco. Sull’altrofronte si attende la ricandi-datura del presidente Ma-cri. Si presenterà anchel’ottantenne Roberto Lava-gna, il ministro dell’econo-mia negli anni seguenti aldefault del 2001. La sua

scommessa è arrivare al ballottaggiointercettando il voto dei delusi.

Qualunque sia il risultato delleelezioni, è certo che il prossimo pre-sidente dovrà governare con il con-senso del Fondo monetario interna-zionale (Fmi). Infatti l’accordo delgiugno 2018 impegna l’esecutivo araggiungere un equilibrio fiscale alnetto degli interessi sul debito. Incambio il governo argentino ha rice-vuto il prestito più grande mai con-cesso dal Fmi. Insomma, in Argenti-na è tempo di austerity. L’accordoprevede la possibilità di aumentare laspesa in prestazioni sociali, cosa che,

L’impegno Caritas

Il ruolo di Caritas Argentina è fondamentale nei quartieria forte esclusione sociale in tutto il paese. Quasi sempre il lavoro vienesvolto da volontari. Nella Caritas di Luján de Cuyo (provincia di Mendo-za, ovest del paese) si preparano ogni mese borse di alimenti per circa80 famiglie in cui vivono circa 250 minori. Queste borse sono finanzia-te da un programma delle Nazioni Unite: il governo riceve i fondi e li gira alle associazioni. Spesso però i pagamenti arrivano in ritardo e bisogna anticipare i soldi. A Luján si organizza quindi una fiera men-sile, in cui si vendono vestiti di seconda mano. Ogni capo d’abbiglia-mento è venduto a prezzi simbolici e il ricavato è destinato all’acquistodi alimenti: latte in polvere, farina, zucchero, riso, cacao, polenta, pasta,yogurt, affettati.

Tre volte a settimana si organizza un momento ricreativo per i bambi-ni. Si prepara la merenda per un centinaio di minori e si fornisce un aiu-to scolastico. Nel frattempo, le madri ricevono corsi di cucina, parruc-chiera e imprenditorialità. L’anno passato hanno prodotto più di 200borse ecologiche per una catena di supermercati.

Una volta al mese si visita la villa dove vivono le famiglie. Sono luoghidi violenza e degrado, ma quando le volontarie si mettono il distintivo di Caritas Luján, camminano con una meravigliosa sicurezza. Tutti le rico-noscono. E sanno che senza il loro aiuto la loro vita sarebbe peggiore.

La giornata dei volontari di Luján:sussidi, mercatino, visite nella villa

anche se nominalmente, è di fattoavvenuta. Ma gli investimenti pub-blici sono crollati. La spesa pubblicain educazione si è ridotta del 9%, ilpotere d’acquisto dei docenti del14%. I sindacati hanno proclamatomobilitazioni in tutto il paese. Recla-mano aumenti salariali e il rispettodella legge sull’educazione varata nel2006, che stabilisce che la spesa ineducazione debba raggiungere il 6%del Pil. In più di dieci anni, solamentenel 2015 si è raggiunto tale risultato.

I prossimi mesi saranno decisiviper l’Argentina che, come sempre,oscilla tra disastro e speranza. Trachi prevede una crisi peggiore del2001 e chi una ripresa economicagià da quest’anno. Un paese schizo-frenico, cent’anni fa la quinta nazio-ne più ricca del mondo, oggi la 64ª,e quella con il più alto numero dipsicologi pro capite al mondo. Unaschizofrenia economica sintetizzatadal premio Nobel all’economia, Si-mon Kuznets: «Ci sono quattro tipidi paesi: quelli sviluppati, quelli sot-tosviluppati, il Giappone. E poi c’èl’Argentina».

IL TUGURIO E IL “MERENDERO”Volontaria visita una famiglia in una villa miseria: in queste baraccopoli vivono4 milioni di argentini. Sotto, distribuzione di borse alimentari di Caritas Luján

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hanno potuto comprare medicineperché troppo care.

Povertà significa anche precarietàdell’abitazione. L’ultimo rapportonazionale stima che, nei centri urba-ni, il 10% della popolazione non ab-bia accesso all’acqua pubblica e soloil 58% viva in case collegate a un si-stema fognario. La maggior parte diqueste persone vive in villas miserias,piccoli villaggi illegali nati con barac-che provvisorie di nylon, diventatinel tempo veri e propri quartieri sen-za acqua corrente, senza luce, senzaaccesso al gas, spesso circondati daimmondizia. Il fenomeno era diven-tato così grande che fino a qualcheanno fa non si sapeva né il numero divilla del paese né quante persone civivessero. Solo nel 2017 il governo hafinanziato un censimento nazionale,affidando il compito alle Caritas dio-cesane e alle ong argentine. È emersoche 4 milioni gli argentini vivono nel-le 4.400 villa in tutto il paese. La sen-sazione è però che i numeri siano au-mentati nel 2018.

Negli ultimi mesi il tasso di disoc-cupazione è arrivato a sfiorare il 10%,il livello più alto degli ultimi 12 anni.Questo dato non considera il fattoche circa il 30% della forza lavoro èimpiegata nel settore informale, so-pravvive con lavori saltuari ed èesclusa dal sistema previdenziale. Mail dato più preoccupante che emergedal rapporto Uca è la divaricazionedella forbice tra ricchi e poveri. Nel2018 il 10% della popolazione più ric-ca disponeva di un reddito 20 voltemaggiore di quello a disposizione del10% più povero.

Così, nel tentativo di arginare la cri-si sociale, il governo ha aumentato laspesa sociale. All’apertura dell’attivitàlegislativa 2019, il presidente Macri haannunciato un aumento del 46% perla asignación universal por hijo (l’as-segno familiare per ogni figlio). Que-sta misura, introdotta nel 2009 e po-

tenziata nel 2016, dà diritto a uno deidue genitori di ricevere un assegnoper ogni figlio fino a un massimo dicinque, a condizione di essere disoc-cupato o lavoratore non registrato.L’80% della misura viene corrispostamensilmente, il restante 20% dopoaver accertato la presenza scolasticadel minore e gli avvenuti controlli disalute. Le cifre del governo stimanoche, nel 2018, i bambini beneficiaridella misura siano stati 4 milioni e ab-biano ricevuto un importo vicino ai 45euro mensili pro capite, variabili a se-conda della zona geografica.

L’aumento della spesa sociale, però,è puramente nominale. Nel 2018, in-fatti, l’inflazione al 50% ha dimezzatoil potere d’acquisto delle famiglie el’incremento deciso nel 2019 è statouna compensazione per quanto personel 2018 e quanto verrà perso nel 2019.

Un’altra misura adottata dal go-

internazionale argentina

Nel tentativo di arginare la crisi sociale,il governo ha aumentato la spesa sociale.L’incremento, però, è stato puramente

nominale: l’inflazione al 50% ha dimezzato,nel 2018, il potere d’acquisto delle famiglie

verno è stata il blocco dell’aumentodelle tariffe di luce, acqua e gas dopoi rincari degli anni passati. Per miti-gare gli effetti dell’inflazione, è statapoi creata una lista di prodotti ali-mentari il cui prezzo verrà tenuto fis-so nei prossimi mesi: olio, farina, pa-sta, riso, polenta, biscotti, ma anchevino e il tanto amato mate.

Più spesa sociale?ApparenzaIl rapporto tra governo e povertà, inArgentina, è stato spesso contraddit-torio. Nel 2015 l’allora presidente Cri-stina Kirchner sosteneva in una con-ferenza alla Fao a Roma che l’indicedi povertà in Argentina era sotto il5%. Faceva però riferimento a datipoco credibili, che fissavano la lineadi povertà a 50 dollari mensili. Nellostesso periodo l’Uca stimava il tassodi povertà reale intorno al 25%. Sem-pre nel 2015, il neoeletto presidenteMacri lanciò lo slogan “povertà zero”,dichiarando che la sua presidenzasarebbe stata un fallimento se nonavesse ridotto la povertà. Quattro an-ni dopo, lontanissimo dal raggiunge-

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panoramamondo

SOMALIADrammi incrociati:milioni di sfollati,ma si accolgonoi profughi yemeniti

La Somalia continua a essereun paese profondamente insta-bile, teatro di attentati e attac-chi degli integralisti islamici al-Shabaab. La cellula somaladi Al Qaeda, cacciata da Moga-discio nel 2011 ma presente

SIRIARamadan “frugale”,volontari Caritaspreparano pasti peri “fratelli” musulmani

Un Ramadan in tono minore, a causa dell’aumento dei prez-zi e della povertà diffusa, inne-scata da oltre otto anni di guer-ra e acuita dall’embargo Usa e delle sanzioni europee, fattoriche – combinati – hanno ridot-to oltre l’80% della popolazio-ne sotto la soglia della pover-tà. Così hanno vissuto il mesesacro di digiuno e preghiera i musulmani siriani, la maggiorparte dei quali ha dovuto limi-tarsi a osservare i generi ali-mentari sui banchi dei mercatie accontentarsi di un Iftar (lacena che spezza il digiuno) fru-gale. Fonti delle Nazioni Unitehanno riferito che oggi circal’83% della popolazione sirianavive al di sotto della soglia di povertà (prima del 2011 era il 28%). La stretta di naturaeconomica e commerciale imposta al regime dittatorialedi Damasco (ma di riflesso al popolo siriano), unita alle de-vastazioni del conflitto, ha cau-sato la morte di quasi mezzomilione di persone, oltre 3 milio-ni di disabili permanenti, circa11 milioni – quasi metà dellapopolazione – costretti ad ab-bando- nare le proprie abitazio-ni. In questo contesto di estre-mo bisogno, Caritas Siria hapromosso una serie di iniziati-ve durante il Ramadan per te-stimonia- re, non solo a parole,la vicinanza ai “fratelli” musul-mani. Giovani volontari di Cari-tas Siria, in collaborazione conla Sa’ed Society (musulmana),hanno partecipato alla campa-gna “Khasa Al Jou” preparandopasti quotidiani da distribuire a fine giornata, alla rottura del digiuno, alle famiglie piùpovere, ai passanti, alle asso-ciazioni di beneficenza.

ancora in vaste aree rurali, rimane la principale minacciaalla pace in Somalia. Del pae-se, martoriato anche da siccitàe carestie ricorrenti, ci si ricor-da solo per i profughi somaliche arrivano in Europa, piccolaparte delle due milioni di sfolla-ti interni e delle centinaia di mi-gliaia di profughi nei paesi con-finanti, a cominciare dal Kenya.Altro fenomeno dimenticato (e opposto) sono le migliaia

di profughi dal vicinoYemen, che fuggonodalla guerra civilecon ogni mezzo, rischiando la vitanelle acque del Golfo di Aden, che – comeil Mediterraneo – stadiventando un cimi-tero d’acqua. Chiriesce a raggiungerele coste di Gibuti e delle provincie set-tentrionali della So-malia (Somaliland),riceve poi l’aiutodella Caritas locale.

PAESIINQUIETISopra, bambinidelle comunitàmusulmanedi Siria raccolgonoun pacco di aiuti,distribuito dalla Caritas per la chiusura del Ramadan. Sotto,tende di sfollatiinterni a causadella guerra civilein Somalia

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L’assemblea generale dellaConferenza episcopale italianaha nominato monsignor CarloRoberto Maria Redaelli, arcive-scovo di Gorizia, presidente del-la Commissione episcopale peril servizio della carità e la salu-te. Di conseguenza, monsignorRedaelli è anche il nuovo presi-dente della Consulta ecclesialedegli organismi socio-assisten-ziali e di Caritas Italiana (orga-nismo della cui presidenza eragià membro). Cei e Caritas Ita-liana hanno espresso gratitudi-ne a monsignor Corrado Pizzio-lo, vescovo di Vittorio Veneto,che per alcuni mesi ha ricoper-to ad interim il ruolo di presi-dente, dopo le dimissioni delcardinale Francesco Montene-gro, arcivescovo di Agrigento.

«La Caritas è costituita dapersone che riconoscono Gesùnel povero e lo servono. Senzaalcuna pretesa di esclusiva e contenti se altri, anche non credenti, comunque vivonoun servizio di amore. E senten-dosi molto responsabili del dono della fede, che fa vedere Cristo nel povero, anche neiconfronti di tutta la comunitàcristiana», ha dichiarato all’agen-zia di stampa Sir monsignor Re-daelli, 63 anni, originario delladiocesi di Milano, nella sua pri-ma intervista da presidente.

Novità – sancite dalle rispet-tive assemblee sempre in mag-gio – anche ai vertici delle con-federazioni Caritas a livellocontinentale e globale. MariaNyman, svedese, raccoglie l’ere-dità di Jorge Nuño Mayer qualesegretario generale di CaritasEuropa, il network regionale cuiaderiscono 49 organizzazioni di 46 paesi. Nyman, in una del-le sue prime dichiarazioni pub-

bliche all’indomani dell’elezio-ne, ha rivolto un invito ai mem-bri del nuovo Parlamento euro-peo «a lavorare per un’Europainclusiva e accogliente, che pro-muova la solidarietà e la soste-nibilità globale. Le elezioni sonostate positive per la maggiorepartecipazione, ma il 50% è an-cora un dato basso per garanti-re la democrazia partecipativa.Vogliamo un’Europa sociale che non lasci indietro nessuno,inclusiva e accogliente, con le persone al centro di tutte le politiche e il rispetto della dignità umana e la protezionedei diritti umani fondamentali».

Caritas Internationalis, la con-federazione mondiale cui aderi-scono 164 organizzazioni nazio-nali, al termine della sua 21ªAssemblea generale, svoltasi a Roma nell’ultima decade di maggio, ha invece confermatoil cardinale Antonio Luis GokimTagle, arcivescovo di Manila (Filippine), quale suo presidenteper il prossimo quadriennio. Con-fermato anche il tesoriere, Ale-xander Bodmann (Austria), men-tre il ruolo di segretario generale,che nell’ultimo quadriennio è sta-to del francese Michel Roy, è sta-to assegnato ad Aloysius John(Francia, originario dell’India), giàdirettore del dipartimento Institu-tional Development and CapacityBuilding della confederazione.

Nel documento finale dell’as-semblea di Caritas Internationa-lis, si riafferma l’impegno «a co-struire un mondo in cui Dio siariconosciuto come amore, giusti-zia e pace; dove la solidarietà è abbracciata da tutti, e quindinon vi sono più esclusi, espulsio abusati; dove tutte le personevivono con dignità e l’intera crea-zione è considerata la nostra casa comune». Papa Francesco,concedendo udienza ai 450 de-legati, ha ringraziato «per quelloche fate con e per tanti fratelli e sorelle che fanno fatica», maha altresì ricordato che «la caritànon è un’idea o un pio senti-mento, ma è l’incontro esperien-ziale con Cristo; è il voler viverecon il cuore di Dio che non ci chiede di avere verso i poveriun generico amore, affetto, soli-darietà, ma di incontrare in loroLui stesso, con lo stile di pover-tà». Occorre essere sempre at-tenti, ha ammonito il pontefice,«a non cadere nella tentazionedi vivere una carità ipocrita o in-gannatrice, una carità identifica-ta con l’elemosina, con la bene-ficienza, oppure come “pillolacalmante” per le nostre inquietecoscienze. E si deve inoltre evi-tare di assimilare l’operato dellacarità con l’efficacia filantropicao con l’efficienza pianificatrice,oppure con l’esagerata ed effer-vescente organizzazione».

CARITAS

Nuovi vertici nel mondo,in Europa e in Italia

VOLTI NUOVI(QUASI TUTTI)A sinistra,monsignorRedaelli, nuovopresidente di Caritas Italiana.Sopra, presidenteconfermato(cardinal AntonioLuis Tagle) e nuovo segretariogenerale(Aloysius John)di CaritasInternationalis.Sotto, la nuovasegretariagenerale di Caritas Europa,Maria Nyman

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LASTORIADon Luigi scelsedi accogliere

soprattutto bambini;amava ripetere che

«nel sorriso deibambini scopriamo

il volto di Dio».E di minori ne ha

aiutati tanti, migliaia.Anche dopo la morte

BRASILEO Santinho e i piccoli,storia che continua:l’acqua del pozzorende felice Barbara

Don Luigi, O Santinho.

Così la gente di Limoeiro, in Brasile, aveva ribattezzatodon Luigi Cecchin. Originariodella provincia di Padova, nel 1969 realizzò il sogno mis-sionario di partire per l’Ameri-ca Latina. E proprio a Limoeirofondò il “Centro Limoeiro”, una risposta, accogliente comeun abbraccio, alla moltitudinedi vittime di povertà diverse:fame, disoccupazione, miseriamateriale e morale.

Don Luigi scelse di accoglie-re nel suo centro soprattuttobambini; amava ripetere che «nel sorriso dei bambiniscopriamo il volto di Dio». E di piccoli don Luigi, O Santin-ho, ne ha aiutati tanti, migliaia.Anche dopo la sua morte, nel 2010: centinaia, infatti, sono i volontari che continuanol’opera del fondatore, a favoredella popolazione locale, con ogni tipo di attività. Comead esempio il microprogettoper lo scavo di un pozzo per l’acqua potabile, realizzatograzie a un contributo di 4.900euro giunto tramite Caritas Italiana.

Barbara è molto contentadel pozzo. Ha 9 anni ed è ac-colta nel Centro di Padre Luigi. È felice perché, racconta,l’acqua è buona, può lavarsi i denti e annaffiare il prato.Mentre parla Barbara sorride.E ci si rende conto che don Luigi aveva ragione: il volto di Dio non è mai stato così chiaro.

> Microprogetto 191/18 BrasileUn pozzo per l’istituto “Padre Luis Cecchin”

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TAILANDIASupporto alle coltivazioni biologiche comunitarie

IIl microprogetto prevede lo sviluppo di un centro di formazione sulla coltura

e l’allevamento biologici nella comunità dell'Or-ganic Food Production, realtà supportata dallaSuratthani Catholic Foundation appartenentealla diocesi di Suratthani. Grazie al progettoverranno messi in opera una coltura di funghibiologici e una coltivazione idroponica, insiemea un allevamento di polli, sempre rispettando i criteri della bioagricoltura e del bio-allevamen-to, privi di pesticidi e agenti chimici.

> Costo 4.800 euro> Causale MP 45/19 TAILANDIA

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MICROPROGETTO

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LIBANOUna poltrona, per il sorriso di chi accoglie

MICROPROGETTO MICROPROGETTO

KENYAEnergia pulita per la scuola dei pastori nomadi

“Familia Takatifu” è una scuola materna nata nel 1996, gestita dalla parrocchia di Rumuruti,

la quale opera con i pastori nomadi della zona, offrendoservizi religiosi, sociali (supporto contro la povertà, aggra-vata dai continui furti di bestiame), culturali ed educativi.A scuola studiano oltre 700 alunni, in buona parte prove-nienti da famiglie di pastori. Il microprogetto intende rea-lizzare un sistema di alimentazione energetica basata sul biogas, che permetterà di ridurre i costi di gestione e di tutelare l’ambiente, evitando l'impiego di legna da ardere, quindi il disboscamento delle aree limitrofe.

> Costo 4.500 euro> Causale MP 54/19 KENYA

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NON STANCATEVI DI SOSTENERE I MICROPROGETTI! INFO: [email protected]

PARAGUAYFormazione professionale, per sfuggire al crimine

Il triangolo tra Paraguay, Argentina e Brasile è la co-siddetta Triple Frontiera. Uno dei vertici di questa

zona franca è rappresentato dalla pericolosa Città dell'Est,regno di illegalità, crimine e narcotraffico. Il tasso di natali-tà è però elevato, tanti sono gli adolescenti e i giovani a rischio di reclutamento da parte della criminalità organiz-zata. La “Casa Santa Teresa”, struttura d’accoglienza gestita dai Servi della Divina provvidenza, offre formazioneai ragazzi. Il microprogetto, tramite l’acquisto di 12 compu-ter, 2 fotocamere e un proiettore, mira a promuovere un corso di informatica, per offrire opportunità lavorative.

> Costo 4.600 euro> Causale MP 58/19 PARAGUAY

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La Valle della Bekaa, diocesi di Baalbek, si apre come un incantesimo tra il Monte Libano, a Occiden-

te, e la catena dell'Anti-Libano, a Oriente, poroso confinecon la martoriata Siria. I bisogni di migliaia di profughi si-riani si aggiungono alle difficoltà della popolazione locale,che lotta contro la povertà. A essere penalizzata è soprat-tutto la salute. Il microprogetto prevede l’acquisto di unapoltrona odontoiatrica per il centro sanitario gestito dalladiocesi, a servizio dei rifugiati e della popolazione locale di ben 45 villaggi. Un piccolo aiuto, per far tornare il sorri-so a un popolo che non smette di accogliere.

> Costo 4.900 euro> Causale MP 62/19 LIBANO

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cupazioni alle spalle, i migrantivivono in case occupate, al li-mite della civiltà. Poi Giannina,sempre in Grecia, e il confinetra Grecia e Albania, quindi Tirana e Tuzi, vicino a Podogori-ca, al confine con il Montene-gro. Un viaggio che viene fattoa piedi, spesso nei boschi, dove si è più nascosti. Si staanche dieci giorni senza man-giare. Si arriva a Sarajevo, in Bosnia, e poi Bihac, al confinetra Bosnia e Croazia. Per molti,moltissimi, il viaggio si fermaqui. La polizia croata è spessoviolenta, e molte persone ven-gono rimandate indietro. Moltimigranti vengono picchiati, il film mostra i segni delle percosse sul loro corpo. «Non è colpa dell’Europa dell’est, dietro c’è un disegnoeuropeo. Gli stati dell’Europacontinuano a finanziare il respin-gimento». Eppure «non sono ve-nuto in Grecia per fare la bellavita, ma per scappare dallaguerra: era l’unico modo», ricor-da nel film un profugo siriano.

STREET ARTJorit a Palmaritrae Kukaa,il ragazzo annegatocon la pagella

Un ragazzino del Mali è statoritrovato con la pagella cucitaaddosso. Aveva 14 anni. È uno dei tanti migranti mortinel Mediterraneo. Per ricordar-lo, lo street artist Jorit ha dipin-to un gigantesco murale su un palazzo di 4 piani a PalmaCampania. L'artista è statochiamato dal sindaco, AnielloDonnarumma, che gli ha datomano libera per scegliere il te-ma da trattare. Jorit ha pensa-to al piccolo con la pagella: ne ha disegnato i lineamenti e il profilo con lo spray e l’ha“battezzato” Kukaa. «Quelbambino – ha detto – ha squar-ciato l’indifferenza dell’Occiden-

te con l’orgoglio dei voti presi a scuola. Un nome che in lin-gua swahili significa “restare”.Per rivendicare il diritto di tuttia restare nella propria terrasenza essere sfruttati da altripopoli, il diritto di contribuire allo sviluppo del proprio paesesenza essere schiavi».

FOTOGRAFIACarcere e lavoro,due mostre di scatti“al femminile”

A Brescia è protagonista la foto-grafia al femminile. La mostra si intitola Belle dentro: un por-

tfolio inedito,realizzato all’in-terno della casadi reclusionefemminile di Ver-

ziano, che offre al pubblico l’oc-casione di riflettere sulla condi-zione carceraria. Sono ritrattiche si contrappongono a quellifreddi e seriali, segnaletici, cheformalizzano l’ingresso in cella.La partecipazione delle detenu-te agli scatti è stata anche occa-sione per vivere un’esperienzafuori dall’ordinaria e frustrante

Per la prima volta è stata la capitale – nello specifico l’Università Roma Tre – a ospitare, dal 6 al 9 giugno, il Festival nazionale delle radio universitarie. In apertura, Europhonica e l’omaggio ad Antonio Megalizzi e Barto Pedro Orent-Niedzielski: non solo un sentito e doveroso atto di memoria nei confronti deidue ragazzi uccisi nell’attentato di Strasburgo, ma un’occasione per ribadire forte che la loro voce non si fermerà. Europhonica è il progetto internazionalepromosso da RadUni, l’associazione italiana operatori radiofonici universitari, insieme alle radio universitarie di altri paesi europei.

È proprio RadUni, nata nel 2006 per portare in Italia l’esperienza della radio-fonia universitaria, e che oggi accompagna, crea ponti, tiene insieme 30 radio di altrettanti atenei, a organizzare ogni anno il festival, giunto alla 13ª edizione.Anche stavolta un programma denso, che ha cercato di delineare le professionidel futuro in ambito radio (broadcast) e audio (podcast), fornire appunti per unlinguaggio efficace, suggerire modalità per comunicare la ricerca in radio, soffer-marsi sulla potenza della voce e proporre workshop di conduzione radiofonica.Laboratori che costituiscono «una delle caratteristiche più importanti di una radio universitaria – racconta Alice Plata, segre-tario RadUni –, che ha l’obiettivo di dare la pos-sibilità ai ragazzi di sperimentarsi con il mezzo,fare pratica». I temi suddetti sono stati trattatida esponenti del mondo universitario, ma so-prattutto dai più importanti network: Radio24,Radio Capital, Radio Rai.

Festival delle radio universitarie,palestre per comunicatori di domani

pontiradio di Danilo Angelelli

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LIBRILa Gabriella pedala contro l’oppressoree rivela la storiadi un paese ferito

26 settembre 1944: Tina Anselmi ha 17 anni, l’Italia è nel pieno dell’occupazionenazista. Quel giorno a Bassanodel Grappa, dove Tina va a scuola, i tedeschi impiccano43 giovani partigiani nella piaz-za del paese. Tra questi c’èil fratello di una sua compagnadi classe. Tina ne è scioccata:viene da una famiglia antifasci-sta e anche nell’Azione Cattoli-ca ha appreso valori ben diver-si da quelli imparati a scuolanell’ora di Dottrina fascista.Decide così di unirsi alla lottapartigiana. «Se ti prendono i tedeschi, prega che t’ammaz-zino perché altrimenti quelloche ti faranno sarà peggio», le dice il comandante della Bri-gata Battisti, che va a incontra-re sul Monte Grappa.

«C’era un pizzico di inco-scienza, ma c’era soprattuttola convinta fiducia in quello chefacevamo», avrebbe scritto annidopo la stessa Tina Anselminei testi raccolti ora, dal picco-

Niente descrive chi è Alberto Marvelli, al quale è dedi-cato il 21° volume della Collana PhonoStorie (promossada Caritas Italiana e Rerum – Rete europea risorseumane), meglio delle seguenti parole di Giovanni PaoloII, indirizzate ai giovani: «A voi spetta di testimoniare la fede mediante la fedeltà e la tenerezza in famiglia, la competenza nel lavoro, la tenacia nel servire il benecomune, la solidarietà nelle relazioni sociali, la creativi-tà nell’intraprendere opere utili all’evangelizzazione e alla promozione umana».

Alberto era un giovane, amico dei giovani, innamoratodella vita, degli uomini e di Dio. Sempre presente fra i ra-gazzi, i poveri e i sofferenti. Protagonista coraggioso neidifficili anni della guerra. Altruista negli oratori, tenace

nella scuola, intrepido nellosport, battagliero in politica,che intendeva come servizio.Nato nel 1918, mort0 a soli 28anni nel 1946 in seguito a un incidente stradale, beatifi-cato da papa Giovanni Paolo II nel 2004, fu luminosoesempio di impegno per l’apostolato e per la rinascitasociale, civile e politica del paese: una vita spesa nell’in-stancabile e dinamica ricerca della verità e dell’amore.

Trasparente come il vetro, l’audiolibro con significa-tivi testi di Marvelli, viene presentato alla stampaa Roma il 18 giugno e successivamente lo sarà a Rimi-ni, città dove Marvelli visse e che lo ricorda con grandeaffetto e riconoscenza.

“Trasparente come il vetro”, la testimonianzadi Alberto Marvelli rivive in un audiolibro

Federico Annibale. È stato pre-sentato a Roma nel corso delGoods Deeds Day 2019, quin-ta edizione della manifestazio-ne che invita i cittadini a cono-scere meglio il volontariato e a impegnarsi in azioni buoneper il bene di tutti. MassimoVeneziani ha autoprodotto

il docufilm: insieme ad Anniba-le ha risalito la rotta che miglia-ia di migranti percorrono per arrivare nell’Unione europea. «I fenomeni migratori sono come l’acqua che esce da unadiga – ha detto Veneziani –. Se tu metti una mano su unafalla, l’acqua esce da un’altraparte». La partenza è da Atene,in cui, in un quartiere di anar-chici con una lunga storia di oc-

lo editore Manni, in La Gabriel-la in bicicletta. La mia Resi-stenza raccontata ai ragazzi.Con il nome di battaglia di Ga-briella, per molti mesi percorsesu due ruote un centinaio di chilometri al giorno, mante-nendo i collegamenti tra le for-mazioni partigiane, trasportan-do stampa clandestina, armi,messaggi. Tina racconta di im-prese che erano la normalità,dei rischi che correva, dell’aiu-to che riceveva; e racconta co-s’è accaduto in Italia in queglianni, quali fossero le speranze,le idee, le vicende personali e collettive della Resistenza,con semplicità, immediatezza e profondità che riesconoa rendere la complessità della Storia. Introduzione di Laura Boldrini.

CINEMA“Inshallah Europa”,il docufilm svelai drammi dellarotta balcanica

Un film sulla nuova rotta balca-nica dei migranti. Inshallah Eu-ropa è realizzato dal giornalistaMassimo Veneziani, in collabo-razione con il mediattivista

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villaggioglobale

di Daniela Palumboatupertu / Liliana Segre

Liliana Segre, a settembre 89 anni, è senatrice a vitada gennaio 2018. Una vita da testimone. Tra i giovani,e oggi in parlamento.

Lei ha presentato, a maggio 2018, un disegno di legge per istituire una Commissione parlamenta-re sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemi-tismo e istigazione all’odio e alla violenza. A chepunto è?

Fermo. Francamente, dubito che vada avanti. Purtrop-po, vedo continuare i di-scorsi dell’odio, che arriva-no anche dai politici. Quelprogetto ha cuore il bene,non il male delle persone.Ma le parole di odio sonodiventate normale eloquio.Anche per cose banali, un parcheggio, un piccoloreclamo... Nella mia vita ho visto come dalle paroledi odio si passi ai fatti. Ma anche quando non ho molta fiducia che una cosa possa cambiare presto,penso sia giusto fare la propria parte.

Ieri la Shoah, oggi i lager libici…Quando parlo ai ragazzi dico: io sono stata clandesti-na, profuga, richiedente asilo, respinta alla frontiera.Ed è stata l’indifferenza a condannarci a essere vitti-me. La stessa che ieri ha colpito noi che fuggivamosulle montagne, senza aver fatto niente di male, oggicolpisce chi si trova su un barcone, rischiando la mortein mare: neppure loro hanno fatto del male. Combatto

«Sono una donna liberadal giorno in cuinon raccolsi la pistolacontro il mio aguzzino»

Quando parlo ai ragazzi dico: io sonostata clandestina,

profuga, richiedente asilo,respinta ai confini. Allora e oggi, è l’indifferenzaa condannare a essere vittime

questa indifferenza. Non è una questione politica, mamorale. Riguarda la coscienza di ognuno. Al di là di ciò,non trovo analogie fra la Shoah e gli sbarchi odierni.

Trent’anni di testimonianza. Generazioni differenti.L’ascolto dei giovani cambia?

I ragazzi sono sempre uguali. Attenti, silenziosi, rispetto-si: straordinari. A volte diventano candele della memoria,continuando a tramandare la storia, consapevoli che la nostra società mostra pericolose fragilità. La fascistiz-

zazione della politica, l’anti-semitismo e il razzismo che

e commercianti di prodotti fre-schi iscriversi all’applicazione e mettere in vendita le “MagicBox”, scatole con un mix di merce di prodotti freschi rimasti invenduti e destinati al macero. Gli acquirenti si regi-strano e attraverso la geoloca-liz- zazione scoprono quale negozio vicino a loro fa offerteinteressanti. L’acquisto si puòfare direttamente attraversol’applicazione, pagando almeno

il 30% in meno rispetto al prez-zo di listino dei prodotti freschi.Il prezzo di ogni Magic Box puòandare dai 2 ai 6 euro e, unavolta pagata, può essere ritira-ta presso il negozio. Too GoodTo Go è impegnata anche sul fronte green, con il tentativodi ridurre gli imballaggi: sia l’ap-plicazione che i negozi aderentiincoraggiano i clienti a portarsii propri sacchetti e buste riuti-lizzabili per ritirare i prodotti.

si sono riaffacciati, fanno sì che nelle scuole l’attenzio-ne sia alta. Ma io per prima,nel mio io più profondo, sonocolpita dal constatare che il mondo che racconto ai ragaz-zi oscenamente si ripropone.

Cosa pensa della leggesulla legittima difesa?

È figlia della cultura dell’odio.In proposito, posso solo riba-

dire ciò che racconto ai giovani. Avevo 14 anni, ero unaschiava lavoratrice nei campi di sterminio nazisti. Un gior-no vidi il comandante del campo togliersi la divisa nazista:i russi stavano arrivando e lui aveva paura. Nella confusio-ne, gettò la pistola accanto a me. Ebbi la tentazione di prenderla. Di sparare. In fondo, sarebbe stata legittimadifesa. Nessuno mi avrebbe accusata di omicidio. Tranne la mia coscienza. Lasciai in terra la pistola. Non sarei diven-tata come loro. Non ero un'assassina. Da quel momento,dico sempre ai giovani, sono diventata una donna libera.

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Il sangue, condizione di vita:la donazione del “prezioso fluido”tra motivazione e organizzazione

di Francesco Dragonetti

Lucio Coco Migrazioni dei popoli nelleparole dei Padri

della Chiesa (Emp, pagine 60). Una singo-lare antologia con le riflessioni di alcuniPadri della Chiesa sullaquestione delle migra-zioni “barbariche” (secoli V e XXI).

LIBRIALTRILIBRI

Mario Dal BelloQuando un Papasi dimette. La sto-ria di Celestino V

(Città Nuova, pagine144). “Il gran rifiuto”: iericome oggi, sulle traccedel mistero di un Papache sceglie di dimettersi.Leggibile come un ro-manzo. Rigoroso comeun saggio storico.

Saverio SimonelliPrima di essereFrancesco (Coccole books,

pagine 125). Giornalistadi TV2000, l’autore ripercorre la vita di Jorge Mario Bergo-glio, attuale pontefice,che si intreccia con la storia del suo paese,l’Argentina.

paginealtrepagine

Il 14 giugno, anniversario della nascita di Karl Landsteiner, scopritore dei gruppisanguigni, si celebra la 15ª Giornata mondiale del donatore di sangue.

Istituita nel 2004 dall'Organizzazione mondiale della sanità, questa ricorrenzaha assunto negli anni un significato sempre più profondo, poiché il problema delladonazione del sangue investe uno dei campi che la popolazione dovrebbe semprepiù recepire come indispensabile per una vita civile; di solito lo si avverte invecesolo in caso di necessità e urgenza, quando bisogna correre, all’improvviso, alla ricerca di parenti e amici per trovare un flacone del “prezioso fluido”.

Nella società contemporanea, dominata dai “tempi della città”, c’è bisogno di ri-scoprire la testimonianza, la comunione e la solidarietà. Solidarietà che non è solodi tipo materiale: in molti desidererebbero solo la vicinanza dei propri simili e vor-rebbero chiederla, ma non lo fanno, forse per mancanza di coraggio o, per usare le parole di don Mazzolari, perché «le persone che hanno bisogno di aiuto (materialee non) non sono quelle che non vengono a noi, ma quelle che noi non avviciniamo».

Avvicinare una persona in difficoltà può voler dire anche rendersi disponibile perprevenire un suo bisogno acuto. Così, nel nostro paese, e in generale in tutta l’Unio-ne europea, la necessità di disporre di sangue donato rispondente a elevati stan-dard di sicurezza passa per una delicata opera di presa di posizione individuale del donatore, che le associazioni di raccolta – per prime – devono favorire. VeronicaAgnoletti, Nico Bortoletto Dal dono arcaico al dono moderno. L’Avis in tre regioni ita-liane (FrancoAngeli, pagine 176) illustra i risultati di tre ricerche, condotte in ambitigeografici e organizzativi assai differenziati (nord, centro e sud Italia), che mettono in evidenza la qualità e la modalità della relazione che si instaura tra il donatore e l’organizzazione, in questo caso l’Associazione volontari italiani sangue.

Ma qual è la “molla” che scatta affinché si diventi donatore? VincenzoSaturni, Elena Marta In vena di solidarietà (FrancoAngeli, pagine 160) offrono al lettore una riflessione, nella quale vengono affrontate in detta-glio le motivazioni personali e le variabili organizzative che sostengono il gesto donativo.

Ma al di là delle cifre e delle organizzazioni di volontariato, il motto delladonazione del sangue si può riassumere in due parole: gratuità e immedia-tezza. Due attitudini, affinché la relazione con il prossimo venga sigillata daciò che, a livello biologico e simbolico, rappresenta la condizione della vita.

quotidianità della vita carcera-ria. In occasione del BresciaPhoto Festival, dedicato appun-to al tema “Donne”, gli scattisaranno esposti nelle principalistazioni della metropolitana di Brescia, in una sorta di mo-stra diffusa. L’intero reportage“Belle dentro” sarà inveceesposto allo Spazio Contempo-ranea fino al 14 luglio.

Un altro progetto interes-sante è la mostra La rivoluzio-ne silenziosa. Donne e lavoronell’Italia che cambia: un rac-conto fotografico corale dellastoria del lavoro delle donne,visitabile al Ma.Co.f. – Centrodella fotografia italiana, fino al 31 luglio.

DIGITALEToo Good To Go,sbarca in Italial’app per ridurrelo spreco alimentare

Si stima che ognianno venganobuttati via oltre10 milioni di ton-

nellate di prodottialimentari ancora edibili, per un totale di 15 miliardi di eurol’anno di sprechi (0,9% del Pil).E questo solo in Italia, mentreguardando le stime a livello glo-bale i dati sono ancora più ne-fasti: nei rifiuti finiscono ognianno 1,3 miliardi di tonnellatedi cibo. Da questi numeri è na-ta la app Too Good To Go (trop-po buono da lasciare andare):l’applicazione permette ai localiche hanno cibo invenduto a finegiornata di metterlo sull’appli-cazione a costi ridotti, consen-tendo ai consumatori di com-prarlo a prezzi notevolmenteinferiori. L’app sta per esserelanciata in Italia, in Danimarcaè nata nel 2015; ha 8 milioni di utenti ed è attiva in 9 paesieuropei, con 11 milioni di tran-sazioni d’acquisto già all’attivo.

Ma come funziona? Tocca a supermercati, ristoratori, bar

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I lettori, utilizzando il c.c.p. allegato e specificandolo nella causale, possono contribuire ai costi di realizzazione, stampa e spedizione di Italia Caritas, come pure a progetti e interventi di solidarietà, con offerte da far pervenire a: Caritas Italiana - c.c.p. 347013 - via Aurelia, 796 - 00165 Roma - www.caritas.it

Brief Caritas: IL PESO DELLE ARMI

Primoclassificatosezione“Manifestoannunciostampa”

IL MADE IN ITALY CHE UCCIDE

Alberto Cantarelli,Timur De Angeli,Helena Di Pompeo, Stesy Magliano e LorenzoMontinari

Accademia di Comunicazione – Milano

17ª edizionePremiazione a Salerno 24 maggio 2019