RACCONTI DI VIAGGIO | East Africa Senegal - … · mi sono stampato prima di partire, arrivo a...

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4 - Avventure nel mondo I n Senegal?! Cosa c’e’ da vedere in Senegal? Boh! Mica l’ho scelto io il viaggio, mi ha scelto lui. Voglio dire: se mi obbligano a fare una settimana di ferie in un periodo dove di solito lo spostamento più lungo è dal divano alla camera da letto e se in quel periodo l’unico viaggio che parte è il Senegal Breve, breve abbastanza da occupare tutta la settimana, un periodo segnalato come ottimo dal sito Quandoandare e abbastanza lontano dai casini terroristici, cosa vuoi di più?! Le uniche raccomandazioni arrivano da MAE - Viaggiare Informati che suggerisce di stare lontano dalla zona a sud di Dakar, il Casamance, di stare lontani dal nord di Dakar, i confini con la Mauritania, di non avvicinarsi ai confini col Mali a Est di Dakar e meno male che a ovest c’e’ l’oceano dove comunque e’ sconsigliato fare il bagno, non ci resta che evitare naturalmente di girare da soli in centro a Dakar dove si registrano casi di rapina (anche a mano armata). Tali fenomeni sono maggiormente frequenti nelle aree periferiche di Dakar, e comunque è tranquillizzante che in considerazione dell’attivismo dei gruppi di matrice terroristica nella fascia saheliana e dell’accresciuto rischio di azioni ostili a danno di cittadini ed interessi occidentali, le Autorità senegalesi hanno di recente disposto un rafforzamento dei controlli su tutto il territorio (con particolare attenzione alla capitale Dakar) e delle misure di sorveglianza all’accesso a siti ritenuti particolarmente sensibili come per esempio gli hotel. Meno male che le notizie sanitarie sono confortanti, infatti l’antimalarica non e’ necessaria però si registra un’alta incidenza di malattie infettive a livello endemico quali, meningite, dengue, tifo e colera… vi è inoltre rischio di infezione del virus della “Chikungunya” che coglie di sorpresa anche il mio farmacista che non se l’aspettava e mi consiglia di stare coperto e non prendere freddo, cosa non impossibile vista la temperatura media di 35 gradi all’ombra. Va beh… non e’ che si può stare a guardare tutto e quelli del ministero esagerano sempre un po’ per pararsi le palle quindi, dopo una puntatina veloce dal notaio per stilare un breve testamento e dopo aver salutato amici, parenti stretti e parenti che non vedevo da decenni, finalmente posso pensare alla partenza. La serenità è fondamentale quando si intraprende un viaggio, e’ utile come si suol dire staccare un po’… basta non staccare completamente. Mentre medito sul distacco da tutto e specialmente da tutti arriva la telefonata: “Ciao Ali, sono Angela, ti ricordi di me? in Marocco…” . Ecco, appunto… se c’e’ una cosa che non mi e’ mai piaciuta e’ ritrovare in un viaggio persone già conosciute nei gruppi precedenti. Conosciuta?! Angela…Angela… eh…. ne ho avute di Angele! “Sono quella che quando toglievo le scarpe scappavano anche i dromedari per la puzza… dai… non ti ricordi nel deserto… avevo vomitato tutta notte…” Che bei ricordi! “Insomma il Senegal mi stuzzica, ho visto che sei tu il coordinatore, cosa mi dici del viaggio?” Mah, ce ne sono di migliori, insomma… io non so se… mi sembra che parta anche il Maldive, bel periodo anche per il Nepal… cosa c’e’ da vedere in Senegal? C’e’ la Chikungunya… “Ma dai mi sono già iscritta, e ho le scarpe nuove…”. Ah beh allora! Appuntamento a Milano… “Ma io parto da Roma, non ti ricordi?” Già… tutti da Milano e una sola da Roma… va beh allora ci vediamo a Casablanca. “Ok. Ma ti ricordi di me vero?! Mi riconoscerai?” Come potrei scordarmi di te! Vado subito al PC e apro la cartella “Maroccofoto2014”, vediamo un po’ … quale cavolo sarà questa Angela?… forse questa… mmmmh … sarebbe meglio questa qui … boh. Piano voli perfettamente in linea con Avventure: partenza al pomeriggio da Milano, ritrovo all’area Testo del coordinatore Alighiero Adiansi. Foto dei compagni di viaggio. SENEGAL luoghi, sensazioni, istanti... Lacrose RACCONTI DI VIAGGIO | Senegal

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4 - Avventure nel mondo 2 | 2016

RACCONTI DI VIAGGIO | East Africa

In Senegal?! Cosa c’e’ da vedere in Senegal? Boh! Mica l’ho scelto io il viaggio, mi ha scelto lui. Voglio dire: se mi obbligano a fare una

settimana di ferie in un periodo dove di solito lo spostamento più lungo è dal divano alla camera da letto e se in quel periodo l’unico viaggio che parte è il Senegal Breve, breve abbastanza da occupare tutta la settimana, un periodo segnalato come ottimo dal sito Quandoandare e abbastanza lontano dai casini terroristici, cosa vuoi di più?! Le uniche raccomandazioni arrivano da MAE - Viaggiare Informati che suggerisce di stare lontano dalla zona a sud di Dakar, il Casamance, di stare lontani dal nord di Dakar, i confini con la Mauritania, di non avvicinarsi ai confini col Mali a Est di Dakar e meno male che a ovest c’e’ l’oceano dove comunque e’ sconsigliato fare il bagno, non ci resta che evitare naturalmente di girare da soli in centro a Dakar dove si registrano casi di rapina (anche a mano armata). Tali fenomeni sono maggiormente frequenti nelle aree periferiche di Dakar, e comunque è tranquillizzante che in considerazione dell’attivismo dei gruppi di matrice terroristica nella fascia saheliana e dell’accresciuto rischio di azioni ostili a danno di cittadini ed interessi occidentali, le Autorità senegalesi hanno di recente

disposto un rafforzamento dei controlli su tutto il territorio (con particolare attenzione alla capitale Dakar) e delle misure di sorveglianza all’accesso a siti ritenuti particolarmente sensibili come per esempio gli hotel. Meno male che le notizie sanitarie sono confortanti, infatti l’antimalarica non e’ necessaria però si registra un’alta incidenza di malattie infettive a livello endemico quali, meningite, dengue, tifo e colera… vi è inoltre rischio di infezione del virus della “Chikungunya” che coglie di sorpresa anche il mio farmacista che non se l’aspettava e mi consiglia di stare coperto e non prendere freddo, cosa non impossibile vista la temperatura media di 35 gradi all’ombra. Va beh… non e’ che si può stare a guardare tutto e quelli del ministero esagerano sempre un po’ per pararsi le palle quindi, dopo una puntatina veloce dal notaio per stilare un breve testamento e dopo aver salutato amici, parenti stretti e parenti che non vedevo da decenni, finalmente posso pensare alla partenza. La serenità è fondamentale quando si intraprende un viaggio, e’ utile come si suol dire staccare un po’… basta non staccare completamente. Mentre medito sul distacco da tutto e specialmente da tutti arriva la telefonata: “Ciao Ali, sono Angela, ti ricordi di me? in Marocco…” . Ecco, appunto… se c’e’

una cosa che non mi e’ mai piaciuta e’ ritrovare in un viaggio persone già conosciute nei gruppi precedenti. Conosciuta?! Angela…Angela… eh…. ne ho avute di Angele!“Sono quella che quando toglievo le scarpe scappavano anche i dromedari per la puzza… dai… non ti ricordi nel deserto… avevo vomitato tutta notte…” Che bei ricordi! “Insomma il Senegal mi stuzzica, ho visto che sei tu il coordinatore, cosa mi dici del viaggio?” Mah, ce ne sono di migliori, insomma… io non so se… mi sembra che parta anche il Maldive, bel periodo anche per il Nepal… cosa c’e’ da vedere in Senegal? C’e’ la Chikungunya… “Ma dai mi sono già iscritta, e ho le scarpe nuove…”. Ah beh allora! Appuntamento a Milano… “Ma io parto da Roma, non ti ricordi?” Già… tutti da Milano e una sola da Roma… va beh allora ci vediamo a Casablanca. “Ok. Ma ti ricordi di me vero?! Mi riconoscerai?”Come potrei scordarmi di te! Vado subito al PC e apro la cartella “Maroccofoto2014”, vediamo un po’ … quale cavolo sarà questa Angela?… forse questa… mmmmh … sarebbe meglio questa qui … boh. Piano voli perfettamente in linea con Avventure: partenza al pomeriggio da Milano, ritrovo all’area

Testo del coordinatore Alighiero Adiansi. Foto dei compagni di viaggio.

SENEGALluoghi, sensazioni, istanti...

Lacrose

RACCONTI DI VIAGGIO | Senegal

Avventure nel mondo 2 | 2016 - 5

Testo del coordinatore Alighiero Adiansi. Foto dei compagni di viaggio.

luoghi, sensazioni, istanti...

Lacrose

gruppi coi compagni di viaggio, scalo a Casablanca, riconoscimento di Laura dalle foto segnaletiche che mi sono stampato prima di partire, arrivo a Dakar alle 4 del mattino, appuntamento col corrispondente alle 8, tutto perfetto, che ne facciamo dell’hotel? Ormai siamo qui e dopo una bella dormita di quasi mezz’ora facciamo colazione, ci sorbiamo le ultime direttive dei corrispondenti, Malik e Donata, e finalmente ci accomodiamo sul minibus dove stiamo precisi precisi, dove dovremo stare precisi precisi per tutta la settimana. Guadagnamo rapidamente l’imbarcadero per Goree, traghetto alle dieci, arriviamo puntuali alle dieci appena passate, giusto il tempo per saltare su e via, partenza per l’isola degli schiavi, andiamo a vedere questo posto dove i bianchi civilizzati venivano a prendere i neri primitivi che non avevano nessuna voglia e nessuna intenzione di lasciare l’Africa ma alla fine tra botte da orbi e morti annegati accettavano di lavorare nei campi con un bel contratto di schiavitù, a tempo indeterminato. Vi ricorda qualcosa?!?! Angela, e non solo lei, comincia a sparare foto a destra e a manca, non ci sono problemi, siamo in mezzo a turisti, guide turistiche, venditori di patacche turistiche, forse la zona più turistica del Senegal. Sul traghetto siamo ammassati come schiavi e sull’isola gironzoliamo con tanto di guida parlante italiano, francese, inglese e spagnolo, oltre al senegalese. Per non fare figuracce tra di noi decidiamo di parlare bergamasco così non ci capisce nessuno, non ci capiamo neanche tra di noi. Finito il giro, finito il pranzo, finite le pile dei cellulari, ci sperdiamo sull’isola, appuntamento al traghetto per il ritorno. Fa un caldo africano, aspettiamo sotto il sole un paio di orette e quando ci imbarchiamo siamo più abbronzati dei locali. Stasera dormiamo al Lac Rose, leggendario arrivo della Parigi-Dakar di cui oggi e’ rimasto solo il nome visto che si corre in un altro continente. Sono rimasti un mucchio di hotel e villaggi turistici ormai tristemente semivuoti ma pieni di ricordi motociclistici. Alla reception dell’albergo sfodero il fac-simile della fattura arrivato via mail prima della partenza. Fattura… fattura… non c’entrano le fattucchiere e

le magie africane, sono proprio le fatture, quelle che da noi si chiamano in nero, qui me la hanno spedite tutte prima della partenza, qui non ti fanno uscire neanche dal bar senza lo scontrino in mano, e danno la ricevuta pure per le mance e per le donazioni, cosa volete?… e’ il terzo mondo, fanno cose che a noi neanche ci passano per l’anticamera del cervello. Il mattino dopo ammucchiati sul camion tipico delle Parigi-Dakar, ma di quelle senza sponsor, facciamo il giro del mitico lago Rosa che ormai ha qualche sfumatura rosata solo qui e là, più là che qui, certo alla sera al tramonto sarebbe più rosa, forse anche all’alba, ma adesso a metà mattina tra i sacchi di sale, le barche dei salieri, o come diavolo vogliamo chiamare i cercatori di sale, i venditori di souvenir che spuntano fuori come capperi dal sale, l’unico rosa dei dintorni sono le creme antiscottature sulle spalle di Adriana e i bermuda di Flavio. Angela dice che poi a casa con Photoshop un po’ di rosa si riesce a trovare anche per il lago. Ormai con questi nuovi programmi si può anche fare a meno di partire, le foto le puoi fare direttamente a casa.

L’ultima tappa del lac-tour è un villaggio dove si capisce quale sia veramente la vita da queste parti e dove il “sindaco” accompagnato dai suoi ventiquattro

bambini ci trascina a dare un’occhiata alle quattro case delle quattro mogli, l’ultima delle quali ha trasformato il salotto in un negozio di cianfrusaglie che naturalmente alleggeriamo sensibilmente nonostante i prezzi… salatissimi. Scapperemmo velocemente se solo il nostro attrezzatissimo fuoristrada riuscisse a superare l’unica duna più alta di mezzo metro che incontriamo sulla

strada di ritorno verso l’hotel. Adesso sembriamo davvero un’equipaggio della Parigi-Dakar, uno di quelli che restavano in panne in mezzo al deserto e di cui si perdevano le tracce per giorni e giorni finche’ qualcuno riusciva a notare la nuvola di fumo nero che si formava in cielo proprio in corrispondenza del motore. Riusciamo a tornare in hotel restando sul sentiero battuto evitando accuratamente qualsiasi mucchietto di terra. Ripartiamo col minibus destinazione i pesci di Kayar. Una volta arrivati rimpiangiamo di non essere andati in bagno all’hotel prima di partire, una muraglia gigantesca davanti a noi con la scritta DEFENSE D’URINER stimola i bisogni fisiologici, ma la seconda riga AMENDE 3000 f preoccupa il cassiere quindi stringiamo le chiappe e andiamo in riva al mare a goderci lo spettacolo delle barche multicolori. Sono centinaia, forse migliaia, secondo la guida una

per ogni famiglia del villaggio, quindi almeno tre mila e ognuna coi propri colori e simboli, una miriade di colori a coprire la sabbia.

Pesci ovunque, negli spazi tra le barche ci sono montagne di pesci di tutte le razze, mucchi argentei di occhi disperati, qualche pesce più strano o più grosso della media giace abbandonato tra la spazzatura disseminata come tappeto, bottigliette di plastica colorata, borse di plastica colorata, pezzi di plastica colorata di qualsiasi tipo, cartacce varie, altre cose misteriose, tutte colorate comunque, per i fotografi e’ una pacchia. Il problema da stasera sarà il piatto del giorno: in tutti i ristoranti e tutti i giorni e’ riso in bianco col pesce, con questo pesce colorato! Da oggi meglio buttarci sul secondo piatto del giorno, cioè riso in bianco col pollo. La guida ci tranquillizza, il pesce passa direttamente dalla spazzatura ai camion frigorifero, prima di mezzanotte sarà negli aerei frigorifero e nel giro di un paio di giorni sarà nei frigoriferi delle nostre cucine. Questo ci tranquillizza molto per i pranzi dei prossimi cinque giorni, un po’ meno per quelli dei prossimi anni a casa. Come si prende la Chikungunya?Torniamo sul minibus dove nonostante Angela si tolga le scarpe non riesce a coprire la puzza di pesce che abbiamo addosso e prendiamo la strada per Saint Louis accodandoci ad un camioncino più o meno della grandezza del nostro minibus ma con un centinaio di passeggeri in più, una cinquantina dentro e una cinquantina fuori seduti sul tetto o appesi alla carrozzeria.

Le strade del Senegal hanno più dossi che catrame ed e’ quindi inevitabile che qualcuno dei passeggeri del grappolo ogni tanto si stacchi e precipiti a bordo strada, la sorte peggiore tocca a quelli che invece di cadere al bordo cadono in mezzo alla strada; il nostro autista e’ attentissimo e con un po’ di zig-zag per evitare i corpi sull’asfalto, arriviamo a Saint Louis all’ora di cena. Stasera nessuno prende il pesce, tutti il pollo, poi a letto che domani si parte per l’escursione al parco Djoudji, parco ornitologico protetto dall’Unesco: dai pesci agli uccelli il passo e’ breve.

Gli uccelli sono quasi tutti pellicani, praticamente navighiamo immersi in nuvole di pennuti che ricoprono completamente la superficie del fiume e quella del cielo. Nei pochi squarci tra becchi e ali si scorgono le rive verdi di mangrovie, molti baobab e, guardando bene c’e’ pure un piccolo coccodrillo che fugge impaurito dalle urla e dai telefonini dei turisti che gli mitragliano addosso decine di scatti, di sicuro finirà su FB. Bel profilo. Mi piace. Facciamo appena

RACCONTI DI VIAGGIO | Senegal

Djoudji

6 - Avventure nel mondo 2 | 2016

Gruppo Adiansi Senegal

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in tempo a scorgere una famiglia di cinghiali e ci ritroviamo di nuovo immersi nella nuvola di pellicani. Quando ne veniamo fuori la puzza dei pesci di Kayar è scomparsa, ma qualcuno colpito dalle pallottole fisiologiche provenienti dai pellicani, la rimpiange. Per fortuna la prossima meta e’ il deserto di Lompoul, niente pesci, niente uccelli, niente di niente, solo sabbia e stelle. Entusiasti ed emozionati per l’escursione nel deserto lasciamo il grosso dei bagagli sul minibus e con l’essenziale per una notte chissà dove, ci imbarchiamo sul solito camion trazione integrale probabilmente anche questo un residuato della Parigi-Dakar seconda edizione, senza sponsor, che sull’esempio di quello del Lac Rose si ferma sulla prima duna, pensiamo per mandare a terra le gomme, invece andiamo a terra noi. A questo punto si prepariamo ad una grande avventura: un trekking tra le sabbie per arrivare all’accampamento dove passeremo la notte. Abbiamo lasciato l’asfalto da circa tre minuti e, zainetti in spalla, superiamo la prima duna, la seconda e al di là della terza ecco il nostro bell’accampamento, quasi venti minuti di camminata, eppure siamo circondati dal deserto. Le tende sono belle, spaziose, ognuna con abbinato un bagno con tanto di doccia, una pacchia. Lasciamo giù tutto e ce ne andiamo a vedere il tramonto sulle dune che circondano il campo. Al ritorno ci gustiamo l’apericena ai tavolini del bar disseminati sulla sabbia. Serata stupenda, nonostante sia un deserto “vicino” l’atmosfera e’ quella caratteristica, aria limpida, temperatura perfetta, il silenzio, la luna. Magari non in tutti i deserti e’ possibile ma qui si fa pure la doccia, naturalmente non e’ acqua corrente, l’acqua si prende col secchio dal bidone del bagno, una parte ce la versiamo in testa, una parte nel water, non dovrebbero esserci problemi, il contenuto e’ più o meno lo stesso. Il gruppo si ritrova al ristorante per un’ottima cena a base del solito riso in bianco ma anche di un succulento couscous alla marocchina. Fuori, attorno al fuoco, un gruppo musicale e’ pronto a sfoderare tutto il repertorio di tam-tam. Il meglio però arriva alla fine del concerto quando torna il silenzio e alla debole luce del fuoco ci ritroviamo sdraiati sulle coperte stese sopra la sabbia e sotto uno spettacolare cielo stellato. Un po’ alla volta si ritirano quasi tutti nelle tende e sotto le stelle restiamo io e Angela. Restiamo un po’ in silenzio a guardare il cielo, le ombre delle dune, i profili delle tende poi lo spirito fotografico di Angela ha la meglio e cominciano i tentativi di catturare le immagini notturne. Io avrei preferito restare

sdraiato al buio, in relax e in silenzio per tutta la notte e invece devo fare l’assistente alla macchina, la macchina fotografica. Grazie a me che con la torcia illumino piante e tende seguendo le istruzioni della regista, dopo numerosi tentativi così così, ecco finalmente una serie bellissima di fotografie della notte. L’ultima con sullo sfondo le tende illuminate, l’ombra degli alberi e una distesa infinita di stelle e’ stupenda. Ogni volta che guarderò questa foto, mi ricorderò di Angela, per sicurezza me la sono messa sul deskop del PC così la guarderò tutti i giorni.

Profonda dormita in tenda col clima migliore di tutto il viaggio, colazione nel silenzio, non si andrebbe mai via, invece a malincuore partiamo per la prossima tappa. Lungo la strada, come da programma facciamo la prima sosta al mercato degli animali di Sagatta dove non compriamo niente solo perché’ sul minibus non ci sono posti liberi e la seconda sosta alla città santa di Touba dove visitiamo la moschea. Scopriamo i piedi e copriamo le donne, nessun sottinteso, quindi possiamo seguire la carissima guida multilingue attraverso le sale e i cortili di questa moschea che, come segnalato da anni, e’ perennemente in ristrutturazione, infatti e’ in ristrutturazione.

I blocchi di marmo di Carrara sono ancora incartati dietro la cancellata e arditi operai si intravvedono tra le impalcature ad altezze vertiginose. Lavori in corso. Giriamo attorno alla moschea, torniamo al cancello d’ingresso, paghiamo la guida, paghiamo il noleggio dei copri-donne, recuperiamo le scarpe e si riparte verso l’oceano, esattamente verso Toubacouta. Alloggiamo in un hotel con piscina, ha l’aria un po’ trasandata, ma nei bungalow si sta bene e la cena non e’ niente male. Il dopo cena invece rispecchia i soliti dopocena, a parte quello nel deserto, e cioè ognuno solo soletto col proprio smart-phone, qualcuno prende, qualcuno no, chi prende si isola ulteriormente, chi non prende sbuffa e si sposta un po’ di qui e un po’ di là che magari si prende, gli occhi fissi sul piccolo schermo, qualche brontolio sommesso se non prende, qualche sorrisino se prende. Va beh il distacco ma c’e’ un limite, insomma, questo legame virtuale che permette di tenerci collegati col mondo reale, che e’ quello a casa, quello di com’e’ finita la partita, che freddo fa da noi, la Belen ha litigato col marito, gli Stadio hanno vinto Sanremo, puoi venire a prendermi all’aeroporto, bello… bello… si insomma, no… il gruppo e’ buono… ci vediamo la prossima settimana. Stamattina siamo partiti presto per l’escursione in barca che dura tutta la giornata., un po’ sul fiume, un po’ nei villaggi, un po’ in spiaggia. In questo momento Anna mi porta in giro per il villaggio di Diogane. Anna e’ una bambina bellissima e i miei compagni di viaggio continuano a fotografarci, mano nella mano, la bimba che ride contenta io un po’ più forzato, mi raccomando… una volta a casa evitiamo di caricare le foto in tutti gli angoli del web che mi prendono per un pedofilo in trasferta, sapete com’e’, oggi si fa presto a far la figura dei pervertiti. Marcello mi fa veder la foto che ha appena scattato, io e la bambina, mano nella mano, solo io e lei, non

si vede niente attorno, potremmo essere ovunque, bellissima foto, dice lui, con questo nuovo sistema l’ho già spedita in internet, la vedono già tutti i miei colleghi, ecco… appunto… mandane subito una dove si vede il panorama, i baobab, il fiume, la gente… cioè anche voi avete il vostro bambino… foto di gruppo ragazzi!Questa storia e’ cominciata dopo due ore di navigazione sulle acque del Sine Saloum col barcone di Pape. Anche qui uccelli di ogni tipo scatenano i fotografi, io non ho la macchina fotografica e quindi mi sono limitato a guardare, che non è mica poco ve l’assicuro… non devo preoccuparmi delle inquadrature e quindi posso controllare i bombardamenti aerei, e poi le foto me le farà avere la mia fotografa personale, Angela, per qualcosa me la dovrò ricordare! Lei e’ bravissima e conosce tutti gli uccelli esistenti, e non fate gli spiritosi, ci siamo capiti. Insomma dopo due ore di uccellagione siamo sbarcati sul piccolo molo dello sperduto villaggio di Diogane, visitato quotidianamente da gruppi di turisti avventurosi come noi. Sotto un baobab con tanto di cartello che offre colazioni a prezzi modici abbiamo trovato un distaccamento di benvenuto dell’asilo infantile locale e sembrava che i bimbi sapessero già quale bianco gli era stato assegnato. Sorrisi e manine per tutti, una bambina elegantissima ha preso la mia mano, Malik ci aveva avvisato, devo ricordarmi di lavarmela. La bimba mi ha guardato come se fossi il babbo natale mussulmano in persona e mi ha trascinato in coda alla fila indiana dei miei compagni di viaggio, ognuno accalappiato da un bambino o bambina, qualcuno a disagio, qualcuno commosso, qualcuno in cerca delle caramelle che aveva portato apposta per l’occasione, peccato che non le trova più, peccato che se le e’ ciucciate tutte sul pullmino il primo giorno di viaggio. Angela e Luciano riescono ogni tanto a liberarsi per scattare fotografie, Flavio e Gloria cercano di scambiare qualche parola coi piccoli accompagnatori. La mia piccola guida e’ fantastica, guardate un po’ la foto e ditemi se sbaglio.

Anna, si chiama così lo scoprirò più tardi quando entreremo in confidenza, si fa per dire ovviamente, ha un vestitino coi colori e i disegni tipici del Senegal, casacchina e pantaloni, sandaletti sfilacciati, la testa coperta da centinaia di treccine crespe, due occhi stupendi e un sorriso che non posso fare a meno di pensare a un’adozione a distanza. Mi guarda con gli occhioni spalancati e un’aria perplessa, non e’ abituata a portarsi in giro un bianco senza macchina fotografica e senza caramelle, comunque continua a sorridere che qualche soldo in tasca ce l’avrà

Avventure nel mondo 2 | 2016 - 7

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anche questo barbone smorto. Cammina, cammina e siamo davanti a un gruppo di donne sedute per terra attorno ad una montagna di conchiglie puzzolenti a massacrarsi le dita per aprire le valve e tirare fuori il mollusco. Cavoli, che lavoraccio! E’ qui che dovevamo portare i guanti da giardiniere per le donne… naturalmente i guanti sono rimasti negli zaini, che sono rimasti sul minibus, che e’ rimasto a due ore di navigazione da qui. La bimba mi fa segno di guardare le donne, per la prima volta vedo un faccino serio, magari tra le donne c’e’ la sua mamma. Lo sconchigliamento avviene sotto uno dei tanti baobab che procura almeno un po’ di ombra; con la scusa delle foto qualcuno riesce a districarsi dai bambini, le donne sorridono agli obiettivi e ai telefonini, le più anziane sono delle matrone rotondette ma tra quelle giovani ce ne sono alcune bellissime. Già a Goree e a St. Louis avevo notato questa cosa, ma in ogni posto arrivano conferme, qui in Senegal ci sono le donne più belle che io abbia mai visto, non solo con un fisico da modella ma con un viso dai lineamenti stupendi, quando sorridono viene voglia di sposarle. Provo a rimarcare la questione, un modo come un altro per chiacchierare tra di noi, scherzare un po’, non volevo mica fare paragoni con le compagne di viaggio, insomma, va beh… potevo evitare di fare riferimento al turismo sessuale femminile che sta prendendo piede nel paese, ma tu Stefania potevi evitare di sottolineare come abbia fatto bene a fare riferimento ai piedi che sono le uniche parti del corpo con le misure simile alle nostre. E comunque tu che ne sai? Tiriamo avanti, di nuovo allineati in fila a due a due, andiamo a spasso per il villaggio. Vediamo di fare amicizia, senza esagerare. Come ti chiami bimba? – le chiedo in francese, tradotto on line in italiano per voi che leggete e che di sicuro non sapete il francese, magari un po’ di inglese, a malapena l’italiano. “Mio nome Anna”, cioè questo non l’ho tradotto, la bimba dice proprio così “mio nome Anna” in italiano, chiaro?! Non va neanche a scuola ma capisce il francese e parla italiano, non so se mi spiego, potrebbe già fare la capogruppo! Sorride soddisfatta, di sicuro conosce anche l’inglese mentre io che ho fatto l’università di inglese conosco solo Manchester united, Manchester city e Chelsea che tra l’altro non so neanche cosa vuol dire, almeno però conosco il francese, qualche parola in più di Tour Eiffel e Platini… e comunque Anna e’ proprio Anna, non e’ francese o italiano, e’ senegalese: Anna. Non si riesce a camminare in mezzo a tutte queste conchiglie, mi vien da ridere pensando a quando sulle nostre spiagge dopo due ore e dieci chilometri

di camminata nella sabbia riusciamo a trovare una conchiglietta biancastra, sporca di nero petrolio, magari mezza scassata e sembra che troviamo una pepita d’oro e invece qui e’ un problema trovare la sabbia in mezzo alle conchiglie! Anche il resto del gruppo ci segue sulla stradina che si inoltra nel villaggio, mentre Flavio e Stefania scattano foto su foto ai bambini, specialmente ad Anna che e’ la più bella di tutti, probabilmente e’ la più bella dell’isola. Mi sa che qualche soldino se lo merita, si lo so… lo so… non si danno soldi ai bambini per niente… per niente, io glieli do come compenso per avermi fatto da guida, tra l’altro parlante italiano, che mica si trovano facilmente, anche se in effetti per ora “mio nome Anna” sono le uniche parole pronunciate dalla bimba. Entriamo dentro un cortile, ci viene incontro un signore alto, elegante, sorridente, la mano tesa, un tipico preside. Dietro di lui c’e’ una costruzione abbastanza in buono stato, con dei finestroni senza serramenti da dove si vedono i bambini seduti allineati nei banchi: e’ la scuola del villaggio, ci sono tre aule coi bambini di diverse età, naturalmente tutti guardano fuori dalla finestra e così perdono il filo della lezione. Gli insegnanti non se la prendono, sorridono e ci invitano ad entrare nelle aule, si può anche fotografare, basta dirlo… Sembra di tornare indietro di qualche decina d’anni, molte decine nel mio caso, lavagne malandate, gessi, porta gessi, banchi di legno con buco per il calamaio senza calamaio, niente libri, qualche quaderno sgualcito sui banchi, qualche penna, qualche matita, molti sorrisi. Le penne le ho nel marsupio, tiro fuori tutte le biro blu, nere e rosse che mi sono portato e le do al maestro, lo stesso fanno gli altri, insomma ci lasciamo le penne e anche un po’ di soldi perché le penne non bastano mica per tutti gli alunni. Il preside ci chiama in ufficio e ci rilascia delle strane carte che certificano le offerte che abbiamo lasciato, lui dice che in italiano si chiamano ricevute e che da noi non si usano più, infatti io non le vedo da anni, ne ho un paio incorniciate sulle mensole della sala che erano state rilasciate a mio padre dal suo dentista quando 46 anni fa gli aveva fatto un ponte, le tengo per ricordo, e poi magari tra qualche anno potrebbero valere qualcosa sul mercato delle antichità. Stringo la mano al preside e saluto i bambini della scuola, tutto con la sinistra naturalmente perché Anna non molla la mia mano destra neanche per un attimo e adesso torniamo a spasso per le viuzze del villaggio. La bimba mi fa un segno facile da interpretare, insomma, le do le due ultime biro, una blu e una rossa, come faccio a dirle di no, poi so già che in aeroporto in uscita per compilare le carte d’imbarco dovremo usare uno spillo immerso nel sangue… Ora dove andiamo Anna? Mi guarda, mette vie le biro, sorride e poi torniamo in fila come bravi bambini in gita scolastica con l’oratorio. Gironzoliamo per il villaggio, davanti a me c’e’ Marcello che e’ alto due metri e il

bambino che lo accompagna gli arriva giusto giusto al ginocchio e sembra appeso alla sua mano, la bambina che accompagna Luciano e’ più nera di tutti mentre quella di Gloria vuole continuamente vedersi nelle foto del telefonino e ride come una pazza. Angela si porta dietro il suo bimbo che la guarda sorridendo con un’aria cosi’ dolce che naturalmente le fa spuntare qualche lacrimuccia. Comunque i bambini, pian piano ci hanno fatto fare il giretto e come se conoscessero perfettamente il programma della nostra giornata ci riportano al molo dove Pape ci aspetta per farci risalire in barca. Ora viene il momento un po’ così, Anna non mi lascia la mano e mi punta i suoi occhioni in faccia sempre col sorriso sulle labbra. Io sorrido a Angela che mi guarda con gli occhi umidi. Beh hanno fatto un buon lavoro, ci hanno accompagnato con dolcezza e professionalità, meritano di certo qualcosa. Allora mi inginocchio per essere faccia faccia con la mia guida, ringraziarla e compensarla con un po’ di denaro che inevitabilmente, inevitabilmente perché non vedo proprio come potrebbe spenderlo lei, porterà alla sua mamma che spero lo usi per le necessità più urgenti e magari per mandare a scuola Anna che non voglio neanche sapere come mai non sia a scuola. La bimba mi regala un bel grazie, un bel sorriso e lascia la mia mano, il tutto senza smettere di fissarmi. Più o meno succede lo stesso anche ai miei compagni di viaggio. A malincuore ci avviamo sul molo salutando con le mani i bambini, loro rispondono contenti. Quando mi giro per l’ultima occhiata prima di imbarcarmi vedo Anna che corre sul molo verso di noi, mi piego di nuovo verso di lei cercando di capire cosa voglia, magari mi sono dimenticato qualcosa, o anche lei vuole rilasciarmi la ricevuta. Anna tende la mano e mi regala un braccialettino, uno di quelli neri con le palline verdi, gialle e rosse di cui sono piene le bancherelle in tutto il Senegal e che io non ho mai preso perché mi sembravano oggetti

insignificanti, quelli che una volta a casa finiscono sperduti in qualche cassetto. Questo invece mi sembra un gioiello preziosissimo, do una carezza alle treccine di Anna e mi rialzo un po’ a disagio, un po’ dolorante e un po’ confuso. Angela mi sta fotografando, la vedo un po’ sfuocata, stavolta lei sorride e quindi le lacrime sono mie.

Sono le emozioni a creare il fascino di un luogo, un insieme di sensazioni, di istanti, di elementi fortuiti. Non è forse questo il motivo per cui viaggio? (M.Aime).

Adiansi Alighiero ha pubblicato: - Double Rooms, storia di un viaggio nello Yemen (Yemen Nord-Sud)- Solo Guardare, storia di un viaggio in Marocco (Oasi Marocco)- Il lato B di Sirio, storia di un viaggio in Mali (Falaise Dogon)Li potete trovare su: http://ilmiolibro.kataweb.it/utenti/126057/alighiero-adiansi/

Lompoul