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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PADOVA Sede Amministrativa: Università degli Studi di Padova Dipartimento di Farmacologia ed Anestesiologia “E. Meneghetti” DOTTORATO DI RICERCA IN: FARMACOLOGIA, TOSSICOLOGIA E TERAPIA XXI CICLO EFFETTO DELLA FUNZIONALITA’ RENALE ED EPATICA SULLA CINETICA DI DISPOSIZIONE DEI FARMACI E LE INTERAZIONI FARMACOCINETICHE CONSEGUENTI AD INIBIZIONE DEL METABOLISMO Coordinatore: Ch.ma Prof.ssa Rosa Maria Gaion Supervisore:Ch.mo Prof. Pietro Palatini

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Questo studio ha preso in considerazione la cinetica di disposizione dei farmaci e le interazioni farmacocinetiche conseguenti ad inibizione del metabolismo su l’effetto della funzionalità renale ed epaticaSede Amministrativa: Università degli Studi di Padova
Dipartimento di Farmacologia ed Anestesiologia “E. Meneghetti”
DOTTORATO DI RICERCA IN: FARMACOLOGIA, TOSSICOLOGIA E TERAPIA
XXI CICLO
EFFETTO DELLA FUNZIONALITA’ RENALE ED EPATICA SULLA CINETICA DI DISPOSIZIONE DEI FARMACI E LE INTERAZIONI FARMACOCINETICHE CONSEGUENTI AD INIBIZIONE DEL METABOLISMO
Coordinatore: Ch.ma Prof.ssa Rosa Maria Gaion
Supervisore:Ch.mo Prof. Pietro Palatini
1. EFFETTO DELL’INSUFFICIENZA RENALE CRONICA SULLA DISPOSIZIONE METABOLICA DELLA LIDOCAINA IN PAZIENTI SOTTOPOSTI E NON SOTTOPOSTI AD EMODIALISI
1.1 Introduzione 1
1.1.1 Insufficienza renale 1
1.1.2 Metabolismo dei farmaci nella CRF e scopo dello studio 4
1.2 Materiali e metodi 9
1.2.1 Studio clinico 9
1.2.3 Metodi analitici 11
1.3 Risultati 13
1.4 Discussione 22
2. EFFETTO DELL’INSUFFICIENZA EPATICA SULL’INIBIZIONE QUASI-IRREVERSIBILE DEL CYP3A DA PARTE DELL’ERITROMICINA E SULLA COMPETIZIONE PER IL LEGAME CON LE PROTEINE PLASMATICHE
2.1 Introduzione 27
2.1.2 Classificazione, nomenclatura e ruolo delle proteine
della superfamiglia del citocromo P450 28
2.1.3 Meccanismi di inibizione del citocromo 36
2.1.4 Scopo dello studio 47
2.2 Materiali e metodi 50
2.2.1 Soggetti 50
2.2.5 Analisi dei dati 53
2.2.6 Analisi statistica 54
2.3.2 Effetto dell’eritromicina sui parametri farmacocinetici
della chinina e della 3-OH-chinina 56
2.3.3 Effetto dell’eritromicina sul legame con le proteine plasmatiche
e sui parametri farmacocinetici della chinina libera 60
2.3.4 Effetto della disfunzione epatica sulla farmacocinetica della
chinina e della 3-OH-chinina 63
2.4 Discussione 65
2.4.1 Conclusioni 69
RIASSUNTO
In questo studio sono stati presi in considerazione gli aspetti farmacocinetici della disposizione metabolica e dell’interazione tra farmaci in caso di compromessa funzionalità d’organo. In particolare sono stati valutati:
1. l’effetto dell’insufficienza renale sul metabolismo epatico dei farmaci;
2. l’effetto dell’insufficienza epatica sulle interazioni farmacocinetiche dovute ad inibizione degli enzimi che metabolizzano i farmaci.
1- Obiettivi: L’effetto dell’insufficienza renale cronica (CRF) sulla farmacocinetica della lidocaina, un farmaco eliminato quasi esclusivamente tramite metabolismo epatico, è stato finora studiato solo nei pazienti sottoposti a regolare emodialisi. Il presente studio si è proposto due obiettivi: (a) esaminare l’effetto della CRF sulla cinetica di disposizione della lidocaina in pazienti sia sottoposti che non sottoposti ad emodialisi e (b) verificare in vitro se il plasma dei pazienti esaminati negli studi clinici o i metaboliti della lidocaina eventualmente accumulati in vivo, hanno un effetto inibitore sulla biotrasformazione del farmaco.
Metodi: La cinetica di disposizione della lidocaina e dei suoi metaboliti farmacologicamente attivi, monoetilglicinaxilidide (MEGX) e glicinaxilidide (GX), è stata valutata in 30 soggetti dopo infusione endovenosa di 1 mg/kg di lidocaina. I soggetti sono stati divisi in quattro gruppi sulla base dei valori della clearance della creatinina (CLcr): gruppo 1, costituito da 15 soggetti sani con CLcr>80 ml·min-1 per 1,73 m2; gruppi 2 e 3, costituiti da 10 pazienti ciascuno, con insufficienza renale moderata (CLcr tra 30 e 60 ml·min-1 per 1,73 m2) e con grave insufficienza renale (CLcr< 30 ml·min-1 per 1,73 m2), rispettivamente; gruppo 4, costituito da 10 pazienti anurici in terapia emodialitica tre volte alla settimana. Sono stati inoltre effettuati degli esperimenti in vitro con microsomi epatici umani (HLM) al fine di valutare l’effetto del plasma dei soggetti esaminati e la possibile inibizione della formazione di MEGX da parte del GX.
Risultati: Nei pazienti non sottoposti a dialisi, i parametri farmacocinetici della lidocaina sono risultati alterati in proporzione al grado di disfunzione renale, ma solo nei pazienti con grave insufficienza renale si sono riscontrate differenze statisticamente significative: la clearance è risultata dimezzata rispetto a quella dei controlli (6.01 ± 2.54 ml/min · kg vs. 11.87±2.97 ml/min · kg; P<0.001), e il tempo di dimezzamento (t1/2) approssimativamente raddoppiato (4.55 ± 1.71 h vs. 2.24 ± 0.55 h, P < 0.001). Nei pazienti sottoposti a dialisi, i parametri farmacocinetici sono risultati invece simili a quelli del gruppo di controllo. Non è stata osservata alcuna variazione del volume di distribuzione allo stato stazionario e dei livelli di MEGX nei quattro gruppi di studio, mentre i livelli di GX sono notevolmente aumentati, rispetto ai controlli (P<0.05), in tutti i gruppi di pazienti nefropatici. L’aggiunta del plasma di ciascuno dei soggetti esaminati nello studio clinico non ha prodotto nessun effetto inibitorio sulla biotrasformazione di lidocaina a MEGX in vitro. Il GX si è comportato come un inibitore competitivo della conversione di lidocaina a MEGX, ma la sua costante di inibizione apparente in vitro (52 ± 6 µmol/l) è risultata di due ordini di grandezza più grande delle sue concentrazioni in vivo.
Conclusioni: I nostri risultati in vivo hanno implicazioni sia cliniche che metodologiche: (1) l’aggiustamento del dosaggio della lidocaina si rende necessario solo nei pazienti con grave insufficienza renale non sottoposti emodialisi; (2) i risultati degli studi che valutano l’effetto della CRF sulla disposizione metabolica dei farmaci possono essere considerati di validità generale solo se vengono analizzati sia pazienti sottoposti che non sottoposti a emodialisi. Le nostre osservazioni in vitro escludono la possibilità che alterazioni della disposizione metabolica della lidocaina siano il risultato dell’inibizione diretta degli enzimi metabolizzanti da parte di metaboliti accumulatisi o tossine uremiche. Sulla base dei risultati di recenti studi in vitro, l’ipotesi più probabile è che le tossine uremiche inibiscano l’espressione genica dei CYP epatici.
2- Obiettivi: L’inibizione in vivo del citocromo P450 (CYP) 1A2 da parte dell’inibitore reversibile fluvoxamina causa una riduzione della clearance dei substrati del CYP1A2, la cui entità diminuisce in proporzione al grado di disfunzione epatica, indipendentemente dalle caratteristiche cinetiche del farmaco coinvolto (clearance dipendente dal flusso o a capacità limitata). Un’importante questione rimane da valutare per appurare se questo è un fenomeno generale, ovvero se l’entità dell’inibizione decresce all’aumentare della disfunzione epatica indipendentemente dal meccanismo dell’inibitore (reversibile o irreversibile). Al fine di risolvere tale questione abbiamo valutato l’effetto della cirrosi epatica sull’inibizione della disposizione metabolica della chinina, substrato modello del CYP3A, da parte dell’inibitore quasi-irreversibile eritromicina.
Metodi: Allo studio hanno preso parte 10 volontari sani e 20 pazienti cirrotici, di cui 10 pazienti con moderata disfunzione epatica (grado A di Child) e 10 pazienti con grave disfunzione epatica (grado C di Child). Il protocollo è stato condotto secondo uno studio a doppio cieco, randomizzato, ripartito in 2 fasi separate da un periodo di due settimane. In una fase, tutti i partecipanti hanno ricevuto placebo per 5 giorni; nell'altra essi hanno ricevuto tre dosi di 600 mg di eritromicina etilsuccinato, ogni 8 ore, per 5 giorni. A tutti i soggetti, il giorno 2, sono stati somministrati oralmente 500 mg di chinina solfato 1 ora dopo la dose di eritromicina (o placebo) della mattina. Le concentrazioni di chinina e 3-OH-chinina nel plasma e nelle urine sono state determinate mediante metodica HPLC, con detector fluorimetrico. Le concentrazioni di chinina libera sono state determinate in tutti i campioni di plasma ottenuti dallo studio clinico, mediante ultrafiltrazione.
Risultati: Si è osservato che la co-somministrazione di eritromicina riduce la clearance della chinina nei volontari sani e nei pazienti con moderata disfunzione epatica (del 33% e del 30%, rispettivamente), mentre sembra non avere alcun effetto sulla clearance della chinina nei pazienti con grave insufficienza epatica. Inoltre l’eritromicina causa un marcato aumento della frazione di chinina libera, soprattutto nei pazienti cirrotici Child C, dove la frazione di chinina libera è più che raddoppiata. A differenza della clearance
totale della chinina, la clearance della chinina libera è risultata significativamente ridotta (del 35%) anche nei pazienti con grave insufficienza epatica. Le clearance di formazione totale e libera della 3-OH-chinina sono risultate ridotte in grado simile (del 60% e del 75%, rispettivamente) in tutti e tre i gruppi di studio.
Conclusioni: L’ effetto dell’eritromicina sulla clearance della chinina plasmatica totale è il risultato di due azioni opposte: inibizione dell’attività metabolica intrinseca del fegato e aumento della concentrazione di chinina libera nel plasma. Nei pazienti cirrotici Child C, l’effetto inibitorio sulla clearance intrinseca risulta completamente mascherato dall’aumento della concentrazione di chinina libera. Il fatto che la clearance della chinina libera e la clearance di formazione della 3-OH-chinina siano inibite in misura assai simile nei controlli e nei pazienti cirrotici indica che l’effetto degli inibitori irreversibili è indipendente dallo stato di funzionalità epatica.
SUMMARY
This study analyzes the effect of renal and hepatic insufficiency on metabolic drug disposition and drug-drug interactions. In particular, we evaluated:
1. the effect of renal failure on hepatic drug metabolism;
2. the effect of liver dysfunction on pharmacokinetic interactions consequent upon inhibition of drug metabolizing enzymes.
1- Background and Objectives: The effect of chronic renal failure (CRF) on the pharmacokinetics of lidocaine, a drug cleared almost exclusively by hepatic metabolism, has thus far only been evaluated in patients undergoing regular hemodialysis. This study had 2 objectives: (a) to investigate the effect of CRF on the pharmacokinetics of lidocaine in both patients undergoing hemodialysis and patients not undergoing hemodialysis and (b) to test the effects of plasma from the patients examined and of lidocaine metabolites possibly accumulated in vivo on lidocaine biotransformation in vitro.
Methods: In a clinical investigation we studied the kinetics of lidocaine and its metabolites, monoethylglycinexylidide (MEGX) and glycinexylidide (GX), after intravenous injection of 1 mg/kg lidocaine in 15 healthy volunteers (creatinine clearance [CLcr] >80 ml/min · 1.73 m2), 10 subjects with moderate renal insufficiency (CLcr between 30 and 60 ml/min · 1.73m2), 10 subjects with severe renal insufficiency (CLcr<30 ml/min · 1.73 m2), and 10 functionally anephric patients undergoing long-term hemodialysis. In experiments in vitro we determined the effects of plasma and GX on the formation rate of the primary lidocaine metabolite, MEGX, by use of human liver microsomes.
Results: In patients not undergoing hemodialysis, lidocaine kinetic parameters were altered in proportion to the degree of renal function impairment, but only in patients with severe renal insufficiency were differences statistically significant: clearance was about half that of control subjects (mean ± SD, 6.01 ± 2.54 ml/min · kg versus 11.87±2.97 ml/min · kg; P<0.001), and half-life was approximately doubled (4.55 ± 1.71 hours versus 2.24 ± 0.55 hours, P < 0.001). No such alterations were observed in patients undergoing regular
hemodialysis, whose values were similar to those of the control group. The steady-state volume of distribution and MEGX levels were independent of renal function, whereas GX levels were more than double those of control subjects (P<0.05) in all CRF groups. No inhibitory effect of plasma was observed, for any of the subjects examined, on lidocaine biotransformation in vitro. GX was found to be a competitive inhibitor, but its apparent inhibition constant value (52 ± 6 µmol/l) was 2 orders of magnitude higher than its concentrations in vivo.
Conclusions: Our in vivo findings have both clinical and methodologic implications: (a) Lidocaine dose adjustment may be required in patients with severe renal insufficiency who are not receiving hemodialysis. (b) Results of studies evaluating the effect of CRF on metabolic drug disposition are not of general validity, unless both patients undergoing hemodialysis and patients not undergoing hemodialysis have been examined.
Our in vitro observations exclude that impairment of lidocaine disposition is the result of direct inhibition of metabolizing enzymes by accumulated metabolites or uremic toxins. Alternative mechanisms, suggested by the results of recent in vitro studies, are discussed.
2- Background and Objectives: In vivo inhibition of cytochrome P450 (CYP) 1A2 by the reversible inhibitor fluvoxamine causes a reduction in the clearance of CYP1A2 substrates, the magnitude of which decreases in proportion to the degree of liver dysfunction, regardless of the clearance characteristics (flow-dependent or capacity-limited) of the drug involved. A main question remains to be addressed in order to assess whether this is a general phenomenon, i.e. whether the magnitude of the inhibitory effect is dependent on liver functional status irrespective the mechanism (reversible or irreversible) of CYP inhibition. In order to resolve this question, we evaluated the effect of liver cirrhosis on the inhibition of the metabolic disposition of quinine, a probe of CYP3A, by the mechanism-based, quasi-irreversible inhibitor erythromycin.
Methods: The study was carried out in 10 healthy volunteers and 20 cirrhotic patients, 10 with mild (Child grade A) and 10 with severe (Child grade C) liver dysfunction, according to a randomized, double-blind, 2-phase, crossover design. In one phase all participants received placebo for 5 days; in the other phase they received 600-mg doses of erythromycin ethylsuccinate, 8 h apart, for 5 days. On day 2 of both phases, quinine sulphate (500 mg) was administered orally 1 h after the morning erythromycin dose. Concentration of quinine and its metabolite 3-OH-quinine were measured by HPLC in plasma and urine up to 96 h. Free quinine concentration was determined in all plasma samples by ultrafiltration.
Results: Erythromycin co-administration significantly reduced quinine clearance in healthy subjects and in patients with mild liver dysfunction (by 33% and 30%, respectively), whereas it had virtually no effect on quinine clearance in patients with severe liver functional impairment. Erythromycin also caused a marked increase in free quinine fraction, particularly in Child class C cirrhotics, in which unbound fraction was almost doubled. At variance with total quinine clearance, unbound clearance was significantly reduced (by 35%) also in patients with severe cirrhosis. Total and unbound formation clearances of 3-OH-quinine were reduced to similar extents (about 60% and 75%, respectively) in the three study groups.
Conclusions: The effect of erythromycin on total quinine clearance is the result of two opposing actions: inhibition of the intrinsic metabolic activity of the liver and increase in free quinine concentration which, in Child C cirrhotics, is such as to completely mask the inhibition of intrinsic clearance. The observation that unbound quinine clearance and 3-OH-quinine formation clearance are inhibited to a very similar extent in controls and cirrhotic patients indicates that, unlike reversible inhibitors, the effect of irreversible inhibitors does not depend on liver functional status.
Questo studio ha preso in considerazione gli aspetti farmacocinetici di disposizione ed interazione tra farmaci in caso di compromessa funzionalità d’organo. In particolare è stato valutato:
1. l’effetto dell’insufficienza renale sul metabolismo epatico dei farmaci;
2. l’effetto dell’insufficienza epatica sulle interazioni farmacocinetiche dovute ad inibizione degli enzimi che metabolizzano i farmaci.
1. EFFETTO DELL’INSUFFICIENZA RENALE CRONICA SULLA DISPOSIZIONE METABOLICA DELLA LIDOCAINA IN PAZIENTI SOTTOPOSTI E NON SOTTOPOSTI AD EMODIALISI
1.1 INTRODUZIONE
1.1.1 Insufficienza renale
Nella pratica clinica è importante la determinazione accurata della funzione renale per stabilirne l’entità e l’eventuale progressione della disfunzione della stessa.
La velocità di filtrazione glomerulare (GFR) è considerato il miglior marker per lo studio della funzione renale. Il filtrato glomerulare viene misurato mediante il calcolo della clearance di sostanze filtrate dal glomerulo (CL=U·V/P, dove U e P rappresentano le concentrazioni urinarie e plasmatiche e V il flusso urinario). Se la sostanza non è legata alle proteine plasmatiche e viene quindi liberamente filtrata dal glomerulo, non è riassorbita o secreta dal tubulo, non è né metabolizzata né sintetizzata dal rene, la sua clearance corrisponde all’entità del filtrato glomerulare e quindi può essere presa come misura dello stesso.
La sostanza ideale per la determinazione della GFR è l’inulina, in quanto possiede tutte le caratteristiche sopra elencate. Tuttavia, le difficoltà connesse con la determinazione della clearance dell’inulina (indaginosità del metodo di somministrazione e delle raccolte urinarie, mancanza di un metodo automatizzato per la determinazione dell’inulina, elevato costo della stessa) hanno fatto si che nella pratica clinica la GFR venga routinariamente determinata mediante misurazione della clearance della creatinina endogena.
La creatinina deriva dalla creatina, la quale è sintetizzata principalmente nel fegato e, dopo il rilascio in circolo è attivamente captata dal muscolo e da altri tessuti. Il muscolo scheletrico contiene il 98% del pool della creatina corporea che è di circa 120 g in un soggetto maschio di 70 kg. Il 60-70% della creatina è presente sotto forma di fosfocreatina, il rimanente 30-40% è dato da creatina libera. Piccole quantità di creatina sono presenti anche nel fegato, rene, cervello e nei liquidi dell’organismo. La creatinina viene prodotta per deidratazione non enzimatica della creatina muscolare, trasportata nel sangue ed escreta dal rene (vedi schema). Essa si forma con un ritmo costante nel soggetto a riposo e quindi si mantiene ad un livello plasmatico sostanzialmente costante (tra 50 e 120 µmol/l), che è determinato dal rapporto tra la velocità di produzione e la clearance renale. La velocità di produzione della creatinina è proporzionale alla massa muscolare, che a sua volta è influenzata da età, peso corporeo e sesso (le donne hanno una ridotta produzione di creatinina).
In condizioni normali, la creatinina è eliminata esclusivamente dal rene. Essa è liberamente filtrata dal glomerulo e non riassorbita dal tubulo, tuttavia viene in parte secreta dal trasportatore per cationi organici del tubulo contorto prossimale. Ne risulta che il 5-10% della creatinina urinaria in soggetti normali deriva dalla secrezione tubulare. La creatinina urinaria è pertanto la somma della creatinina filtrata e di quella secreta. Fattori che influenzano la velocità di produzione della creatinina, come la massa muscolare e la quantità di proteine della dieta, o che ne alterano la velocità di escrezione renale (farmaci che competono per i sistemi di trasporto tubulare, prototipo dei quali la cimetidina) devono essere tenuti in considerazione quando si analizzano le variazioni sia della creatinina sierica sia della clearance della creatinina. Poiché la creatinina è parzialmente secreta, la clearance effettiva della creatinina in soggetti normali supera la clearance dell’inulina e il rapporto clearance della creatinina/clearance dell’inulina varia da 1.1 fino ad un massimo di 1.4 [1, 2, 3]. Tuttavia il metodo di Jaffé, che è il metodo di laboratorio universalmente usato per misurare la creatinina plasmatica, sovrastima la creatininemia, a causa della presenza di cromogeni plasmatici [4]. Ciò fa si che la clearance della creatinina così misurata sia più bassa di quella reale (la creatininemia è a denominatore nella
formula per calcolare la clearance) e sia coincidentalmente simile a quella dell’inulina.
Per ottenere la clearance della creatinina sono stati cercati dei metodi che ne permettessero la determinazione senza dover ricorrere alla raccolta urinaria, che costituisce la maggior fonte di errore nella determinazione della clearance renale di una sostanza. A tale scopo, sono state ideate formule empiriche, che permettessero di calcolare la clearance della creatinina in base al solo valore di creatininemia. Tra le varie equazioni proposte, quella che fornisce i risultati più accurati, e che pertanto è l’unica correntemente usata nella pratica clinica, è quella di Cockcroft e Gault (1976).
Clearance della creatinina (ml/min) = (140 - età) × PesoCorporeo(Kg) / (72 × creatininemia (mg/dl))
tale valore va moltiplicato × 0,85 per le donne.
Nella nuova nomenclatura suggerita nelle linee guida della National Kidney Foundation [5] si parla di "malattia renale" (chronic renal failure, CRF) quando la GFR è compresa fra 90 e 60 ml/min e/o è presente un danno renale evidenziabile con l'esame delle urine (presenza di albumina o proteine) o con tecniche di immagine (ecografia renale) o con esami più approfonditi (biospsia renale).
Sotto i 60 ml/min si parla di insufficienza renale così classificata:
· moderata per GFR fra 30 e 59 ml/min
· severa per GFR fra 29 e 15 ml/min
· terminale per GFR inferiore a 15 ml/min
Quest'ultima è detta anche uremia terminale, perché i reni hanno perso quasi del tutto la loro funzione. Ciò comporta ritenzione di acqua e di altre sostanze che accumulandosi danno luogo alla così detta tossiemia uremica. Ad essa conseguono manifestazioni ematologiche cardiocircolatorie, nervose, endocrine, ossee, ecc. In questa fase il paziente dovrà essere rapidamente preparato per passare alla terapia sostitutiva della funzione renale (Dialisi o Trapianto di Rene).
La funzionalità renale è correntemente espressa come stima della velocità di filtrazione glomerulare normalizzata per una superficie corporea di 1,73 m2, calcolata secondo la formula di DuBois e DuBois [6].
La malattia renale cronica (CRF), e l'insufficienza renale che ne è lo stadio successivo, sono patologie estremamente frequenti. Si stima che ne sia affetto il 17% della popolazione adulta negli USA , mentre in Europa la frequenza della malattia sembra essere lievemente più bassa. Alcune malattie come il diabete mellito e l'ipertensione arteriosa predispongono all'insufficienza renale. I soggetti che ne sono affetti pertanto devono controllare frequentemente la loro funzione renale.
1.1.2 Metabolismo dei farmaci nella CRF e scopo dello studio
La modificazione del dosaggio di farmaci nell’insufficienza renale è tradizionalmente considerata necessaria solo per i farmaci escreti dal rene, poiché persiste la tacita assunzione che le nefropatie possano pregiudicare solo l’escrezione renale dei farmaci. Tuttavia, si sono accumulate prove che anche la clearance metabolica dei farmaci possa venire alterata dalla insufficienza renale cronica (CRF) [7, 8, 9, 10]. Ciò è di primaria importanza clinica, poiché alcuni studi hanno rilevato che i pazienti con CRF richiedono in media la somministrazione di più di sette farmaci per controllare la loro malattia e circa il 40% dei pazienti nefropatici ricevono un dosaggio troppo elevato [11, 12]. Il meccanismo con cui la CRF altera il metabolismo dei farmaci non è ancora del tutto chiaro. Sono state proposte due possibili spiegazioni [9,10,11,12]:
1. Accumulo di fattori circolanti nel plasma uremico, che inibiscono il metabolismo epatico dei farmaci o la loro captazione mediata da trasportatori.
La prima prova a favore di questa ipotesi è stata ottenuta perfondendo fegati di ratto con sangue di ratto uremico e non uremico [13]. Nei fegati perfusi con sangue uremico, l’estrazione epatica del propranololo è risultata significativamente ridotta rispetto a quella dei fegati perfusi con sangue normale. Indicazioni che le tossine uremiche possano inibire il metabolismo epatico sono state ottenute anche in soggetti umani: è stato osservato che
la clearance sistemica della nicardipina, farmaco non escreto dal rene, è significativamente ridotta nei pazienti con grave insufficienza renale, mentre risulta normale in pazienti nefropatici sottoposti ad emodialisi [14]. Tuttavia, in questo studio non sono state misurate le concentrazioni dei metaboliti, cosicché non si può escludere che la diminuzione della clearance della nicardipina sia stata causata da inibizione del suo metabolismo da parte dei metaboliti accumulati. In un nostro recente studio sul MEGX test per la funzionalità epatica in soggetti con CFR abbiamo dimostrato che il livello plasmatici di MEGX, dopo iniezione e.v. di lidocaina, aumenta al diminuire della funzionalità renale, mentre ritorna a valori normali nei pazienti nefropatici in emodialisi [15].
L’alterazione della biotrasformazione dei farmaci da parte delle tossine uremiche può essere il risultato di un’interazione diretta con gli enzimi metabolizzanti o di una riduzione del livello epatico di tali enzimi, in conseguenza di una inibizione della loro sintesi o di una accelerata degradazione. La maggior parte degli studi ha focalizzato la propria attenzione sul citocromo P450 (CYP), dato che esso costituisce il maggiore sistema enzimatico responsabile della biotrasformazione di xenobiotici. Solo due studi hanno misurato gli effetti diretti del plasma uremico sulle reazioni metaboliche catalizzate dal CYP. In uno di questi studi è stato osservato che il metabolismo del losartan (substrato del CYP2C9 e del CYP3A4) da parte di microsomi epatici di ratto viene ridotto di circa il 50% in presenza di siero uremico di ratto [16]. Inoltre, il metabolismo del losartan è risultato inibito del 30% dalla tossina uremica indoxilsolfato. Analoghi risultati sono stati ottenuti quando microsomi epatici umani sono stati incubati con plasma uremico di pazienti nefropatici: delle varie attività metaboliche CYP-mediate, quelle del CYP2C9 e del CYP3A4 sono risultate diminuite dell’80 e 40% rispettivamente in paragone ai valori di controllo [17].
L’effetto della CRF sul contenuto epatico di CYP è stato valutato in numerosi studi su animali. Questi studi hanno dimostrato che nei ratti con CRF il contenuto totale di CYP epatico diminuisce dal 19 al 47% [8]; tuttavia, l’effetto della CRF su specifiche isoforme di CYP è stato scarsamente
studiato. L’evidenza sperimentale più probante che la CRF ha un effetto selettivo sulle isoforme di CYP è stata ottenuta dagli studi di Pichette et al. [18, 19, 20], i quali hanno osservato che nei ratti con CRF vi è una ridotta espressione del CYP2C11, CYP3A4 e CYP3A2 e una concomitante riduzione dei livello dei corrispondenti mRNA. Inoltre, i livelli di queste proteine e mRNA sono risultati inversamente correlati con il grado di insufficienza renale. Questi autori hanno inoltre dimostrato che, incubando gli epatociti di ratto con siero di ratto con CFR, si ottiene una diminuzione dei livelli di certe isoforme di CYP, secondaria ad una ridotta espressione genica. Da questi studi su animali si può trarre la conclusione generale che nella CRF si accumulano nel plasma alcune sostanze che causano una selettiva riduzione dei livelli epatici di alcune isoforme di CYP, in conseguenza di una ridotta espressione genica. Tuttavia, con l’eccezione dello studio di Taburet et al. [17], che ha valutato l’effetto del plasma umano su microsomi epatici umani, le osservazioni in vitro sull’effetto della CRF sul metabolismo dei farmaci mediato da CYP sono state fatte esclusivamente utilizzando microsomi o epatociti di ratto trattati con plasma di ratto con CRF indotta sperimentalmente. E’ noto però che la composizione del plasma uremico differisce nel ratto e nell’uomo [21 e rif. ivi citati].
Finora, gli studi sull’uomo si sono limitati a valutare l’effetto della CRF sull’attività del CYP mediante somministrazione di farmaci che sono metabolizzati unicamente da specifiche isoforme di CYP. I risultati fin qui ottenuti indicano che la CRF causa una diminuzione dell’attività di CYP2C9, CYP2C19, CYP2D6 e CYP3A4 [8, 9]. Nessuno studio ha ancora cercato di stabilire se esiste una correlazione tra le alterazioni della disposizione metabolica dei farmaci osservate nei pazienti nefropatici e gli effetti del plasma di tali pazienti sul metabolismo dei farmaci in vitro da parte di microsomi o epatociti.
2. La seconda ipotesi per spiegare l’alterazione del metabolismo dei farmaci nella CRF è che esso sia dovuto all’accumulo di metaboliti idrofilici che normalmente vengono escreti dal rene. I metaboliti accumulati possono far
diminuire la clearance epatica dei farmaci in seguito a competizione per gli enzimi epatici che presiedono al loro metabolismo.
N
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S
Fe
N
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N
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La lidocaina è usata sia come anestetico locale sia, dopo somministrazione endovenosa, nella cura e nella prevenzione delle aritmie ventricolari. Questo farmaco è estremamente liposolubile ed è quindi eliminato quasi totalmente mediante biotrasformazione; solo il 2-3% si ritrova immutato nelle urine. Negli esseri umani la principale via metabolica è costituita dalla de-etilazione ossidativa a monoetilglicinaxilidide (MEGX), la quale viene ulteriormente de-etilata a glicinaxilidide (GX). La glicinaxilidide viene prima idrolizzata a xilidina ed in seguito ossidata a 4-idrossi-xilidina, il principale prodotto metabolico trovato nelle urine. Gli enzimi principalmente implicati nel metabolismo della lidocaina sono il CYP1A2 e il 3A4, rispettivamente per il 70 e 30% circa [22, 23].
Figura 1. Possibili vie del metabolismo della lidocaina. Le linee continue rappresentano vie accertate, mentre le linee tratteggiate presentano vie possibili ma non comprovate.
Due studi [24, 25] che hanno esaminato l'effetto della CRF sulla disposizione della lidocaina, hanno trovato che l’insufficienza renale non ha effetto sulla clearance sistemica della lidocaina, di conseguenza, la lidocaina non è classificata tra i farmaci che richiedono una modifica del dosaggio. Tuttavia, questi studi hanno esaminato soltanto pazienti sottoposti ad emodialisi cronica, un trattamento che può correggere le anomalie nel metabolismo del farmaco. Ahmed et al. [26] hanno osservato che la clearance sistemica della nicardipina, un farmaco non escreto dal rene, è ridotta significativamente in pazienti con danno renale serio, ma ristabilita a valori pressochè normali nei pazienti con ESRD (end-stage renal desease) in dialisi. Questi autori hanno concluso che una o più tossine uremiche dializzabili sono, molto probabilmente, le responsabili della riduzione di clearance metabolica di nicardipina nella CRF. Tuttavia, è stato fatto notare che le concentrazioni plasmatiche dei metaboliti non sono state misurate in quello studio, di modo che “l'inibizione da prodotto conseguente ad accumulo dei metaboliti non può essere esclusa quale possibile causa della riduzione della clearance epatica” [7].
Il presente lavoro ha i seguenti obiettivi:
1. Esaminare l’effetto dell’insufficienza renale sulla cinetica di disposizione della lidocaina e sulla formazione dei suoi principali metaboliti, MEGX e GX (farmacologicamente attivi), in pazienti con CRF di vario stadio e in pazienti ESRD sottoposti a emodialisi.
2. Effettuare prove in vitro con microsomi umani epatici per verificare se il plasma dei pazienti esaminati negli studi clinici o i metaboliti della lidocaina, che possono essersi accumulati in vivo, hanno un effetto inibitore sulla biotrasformazione del farmaco.
1.2 MATERIALI E METODI
1.2.1 Studio clinico
Soggetti. La cinetica di disposizione della lidocaina è stata valutata in soggetti Caucasici dopo aver ottenuto consenso scritto e informato. Il protocollo dello studio è stato sottoposto all’approvazione del Comitato Etico locale. Lo studio è stato effettuato presso l’Unità di Nefrologia della Clinica Medica dell’Università di Padova. Per i pazienti in emodialisi lo studio è stato eseguito nella giornata di intervallo tra due successivi trattamenti dialitici.
I soggetti sono stati divisi in quattro gruppi sulla base dei valori della clearance della creatinina (CLcr): gruppo 1, con CLcr>80 ml·min-1 per 1,73 m2, consiste di soggetti sani (sulla base della valutazione clinica e dei test routinari di laboratorio) che non assumono regolarmente alcun altro farmaco; i gruppi 2 e 3 consistono di pazienti con insufficienza renale moderata (CLcr tra 30 e 60 ml·min-1 per 1,73 m2) o grave (CLcr < 30 ml·min-1 per 1,73 m2) rispettivamente; il gruppo 4 include pazienti anurici in terapia emodialitica tre volte alla settimana. Il gruppo 1 è formato da quindici soggetti, gli altri gruppi da dieci soggetti.
Controlli e pazienti sono stati selezionati secondo i seguenti criteri: dovevano essere non-fumatori, non-bevitori abituali, non avere una storia di malattie cardiache o di allergia alla lidocaina; dovevano inoltre avere una normale funzionalità epatica, valutata in base ai correnti test di laboratorio (livelli plasmatici di transaminasi, γ-glutamiltranspeptidasi, albumina, bilirubina, tempo di protrombina). Sono stati selezionati solo pazienti con funzionalità renale stabile, valutata sulla base di tre determinazioni della CLCR durante le due settimane precedenti lo studio. Dato che, per ragioni etiche, non è possibile sospendere il trattamento farmacologico nei pazienti nefropatici, sono stati esclusi quelli che assumevano farmaci che inibiscono o inducono il CYP1A2 o il CYP3A4.
Protocollo clinico. A tutti i pazienti, dopo una notte di digiuno, è stata somministrata alle ore 8:00 una dose di 1 mg/kg di lidocaina, infusa per via endovenosa nell’arco di un minuto, per mezzo di una pompa di infusione volumetrica. Tutti i soggetti sono rimasti in posizione supina per due ore; è
stato chiesto loro di riferire qualsiasi effetto avverso e i loro segni vitali sono stati costantemente monitorati. Dopo quattro ore, è stato servito loro un pasto a basso tenore proteico e lipidico per prevenire modificazioni del flusso ematico epatico conseguenti all’ingestione di cibo. I campioni di sangue per la determinazione delle concentrazioni di lidocaina e dei suoi metaboliti farmacologicamente attivi, monoetilglicinaxilidide (MEGX) e glicinaxilidide (GX), sono stati raccolti in provette eparinate ai minuti 0 (predose), 2, 5, 10, 15, 20, 30, 45 e alle ore 1, 1.5, 2, 2.5, 3, 4, 6, 8,10 e 12 dopo la fine dell’infusione di lidocaina. Il sangue è stato immediatamente centrifugato e il plasma conservato a -40°C fino al dosaggio.
1.2.2 Studio in vitro
Prove con microsomi epatici umani. Il mezzo di incubazione (a 37°C) conteneva, in un volume finale di 0,25 ml, 0,1 M tampone fosfato (pH 7,4), 6 mM MgCl2, un sistema generante NADPH (1 mM NADP, 10 mM glucosio-6-fosfato e 2 U.I. di glucosio-6-fosfato deidrogenasi) e 0,2 mg/ml di microsomi epatici umani (HLM) e lidocaina alle concentrazioni indicate sotto. La reazione è stata fermata dopo 20 minuti, per aggiunta di 0,1 M NaOH. Dopo centrifugazione per 30 minuti a 20000 rpm, 200 µl del supernatante sono stati estratti con ter-butil-metil-etere.
Per determinare l’effetto del plasma dei soggetti esaminati, al mezzo di incubazione sono stati aggiunti 5 µmol/l di lidocaina (concentrazione farmacologicamente rilevante) in assenza o presenza del 5, 10 e 20% di plasma.
Per valutare la possibile inibizione della formazione di MEGX da parte del GX, il valore di IC50 (concentrazione di GX che causa l’inibizione del 50% dell’attività enzimatica) è stato determinato aggiungendo al mezzo di incubazione 8 concentrazioni di GX (da 10 a 250 µmol/l).
Per la determinazione della KI del GX (costante di inibizione apparente) è stata misurata la formazione del MEGX utilizzando 8 concentrazioni di lidocaina (da 0,02 a 2 mmol/l) in assenza o presenza di 25, 50 e 100 µmol/l di GX. Per ottenere una stima del valore della velocità iniziale della reazione enzimatica, è
stato verificato che il consumo massimo di substrato (lidocaina) non eccedesse il 5 % ad alcuna concentrazione di substrato [27]. In queste condizioni, non è stata osservata alcuna formazione di GX, 3-OH-lidocaina o xilidina e la formazione di MEGX procedeva linearmente per tutta la durata dell’esperimento.
1.2.3 Metodi analitici
Le concentrazioni di lidocaina, MEGX e GX nel plasma sono state determinate mediante HPLC collegato a detector UV, secondo il metodo di O’Neal e Poklis [28], modificato come segue: a 1 ml di sangue opportunamente basificato con 0.5 ml di tampone borato 0.2 M a pH 9, sono stati aggiunti 20 µl di mepivacaina come standard interno. Il plasma è stato estratto per 35’ con 6 ml di diclorometano mediante l’ausilio di un agitatore rotante. La fase organica è stata centrifugata e poi riestratta con 500 µl di HCl 0.2 N (15’ con agitatore rotante). Il supernatante (circa 400 µl di HCl) è stato tirato a secco sotto flusso di azoto a 35°C e risospeso in 200 µl di fase mobile. Di questi, 100 µl sono stati iniettati nell’HPLC.
Negli studi in vitro, i campioni per HPLC sono stati preparati secondo il metodo di Wang et al. [29]. Per far precipitare le proteine microsomiali si è centrifugato per 15’ a 15000 g. A 200 µl di supernatante sono stati aggiunti 20 µl di mepivacaina 0.01 mg/ml, si è estratto con 2 ml di metil ter-butil etere e le fasi sono state poi separate centrifugando per 10’ a 1000 g. La fase organica è stata fatta evaporare sotto flusso di azoto (37°C) e il residuo risospeso con 200 µl di fase mobile.
Il limite di quantificazione del MEGX era di 3 nM, corrispondente ad una velocità di formazione di 0,75 pmol/min(mg di proteine. I coefficienti di variazione intra e inter-saggio, nell’intervallo di concentrazioni utilizzate, erano minori del 10%.
1.2.4 Analisi dei dati
Analisi farmacocinetica. I dati di concentrazione-tempo per la lidocaina sono stati analizzati per mezzo del software GraphPad Prism 4.0 (GraphPad Software, Inc, San Diego, USA). I parametri farmacocinetici (CL, t1/2, VC, Vss) sono stati
calcolati dai coefficienti e dagli esponenti delle equazioni di “best fit”, utilizzando formule standard [30]. La farmacocinetica dei metaboliti della lidocaina è stata caratterizzata mediante le aree sotto le curve di concentrazione-tempo da 0 a 12 ore (AUC0-12), le concentrazioni di picco (Cmax) e i tempi di picco (tmax).
Determinazione dei parametri di inibizione enzimatica. Il meccanismo di inibizione del GX è stato determinato graficamente attraverso la regressione non lineare dei valori delle velocità iniziali, secondo il modello a singolo-enzima di Michaelis-Menten [31]. Microsoft Excel è stato usato per calcolare il valore di IC50, mediante trasformazione lineare dei dati.
Analisi statistica. L’analisi della potenza basata sui coefficienti di variazione della clearance della lidocaina ottenuti in un precedente studio [23] ha indicato che 10 soggetti per gruppo sarebbero stati sufficienti per distinguere differenze del 20%, con un livello di significatività (α) dello 0,05 e una potenza (1-β) dello 0,92.
Per i dati con distribuzione normale, i paragoni intergruppo sono stati fatti mediante l’analisi della varianza (ANOVA) a una via. In caso di differenze significative (α=0,05), l’ANOVA è stata eseguita dal test di Newmann-Keuls. Per i dati con distribuzione non normale, è stato usato il test nonparametrico di Kruscal-Wallis. Le correlazioni sono state analizzate mediante regressione lineare.
1.3. RISULTATI
1.3.1 Studio clinico
In Tabella 1 sono riportate le caratteristiche dei soggetti che hanno preso parte allo studio. Non ci sono differenze statisticamente significative tra i quattro gruppi di studio per quanto riguarda età, peso, altezza e indice di massa corporea (BMI). Non sono state osservate differenze significative neppure tra i valori delle proteine plasmatiche, i valori medi dei quali rientravano nell’ambito dell’intervallo di normalità per tutti i gruppi di studio. Il fatto che le concentrazioni delle proteine totali e dell’albumina siano leggermente ridotte nei pazienti nefropatici può essere spiegato con le caratteristiche della loro malattia. I livelli di azotemia sono risultati aumentati secondo le aspettative nei pazienti nefropatici.
Tabella 1. Caratteristiche demografiche e cliniche dei soggetti studiati. I dati sono riportati come media ( DS.
Caratteristiche dei soggetti
(intervallo di normalità)
109 ( 6
53 ( 12*
16 ( 7**
74 ( 4
68 ( 6
66 ( 6
73 ( 10
a CLcr unità espresse in ml/min per 1.73 m2.
* P < 0.001 vs gruppo 1; ** P < 0.001 vs gruppi 1 e 2.
‡ P < 0.05 vs gruppo 1.
† P < 0.01 vs gruppo 1; †† P < 0.001 vs gruppi 1 e 2 e P < 0.01 vs gruppo 4.
I farmaci co-somministrati sono elencati nella Tabella 2. Come menzionato nei metodi, nessuno dei farmaci somministrati è un riconosciuto induttore o inibitore del CYP1A2 o 3A4 [32, 33]. L’omeprazolo, che era considerato un induttore del CYP1A2 sulla base di esperimenti su animali e in vitro, è invece risultato privo di ogni attività inducente clinicamente rilevante sulla base di successivi esperimenti in soggetti umani [34].
Tabella 2. Farmaci assunti dai soggetti che hanno preso parte allo studio
Soggetti
Farmacib
furosemide (n=4), amiloride+idroclorotiazide (n=2), clonidina (n=2), omeprazolo (n=2), ramipril+idroclorotiazide (n=2), albumina, atorvastatina, candesartan, canrenonato, carvedilolo, diltiazen, enalapril, eritropoietina.
Gruppo 3
(CLcr<30a)
Gruppo 4
furosemide (n=5), clonidina (n=3), doxasosina (n=3), amlodipina (n=2), ibersartano (n=2), omeprazolo (n=2), ramipril+idroclorotiazide (n=2), tilopidina (n=2), acido folico, acenocumalolo, allopurinolo, amoxicillina+ac.flavulonico, enalapril, insulina, levotiroxina, nifedipina, prednisone, ramipril, sevelamer, tamoxifene.
a CLcr: Clearance della creatinina espressa in ml·min-1 per 1,73 m2.
b Il numero tra parentesi indica quanti soggetti assumevano il farmaco. Dove non è presente nessun numero significa che solo un soggetto assumeva il farmaco.
Il decorso temporale della concentrazione di lidocaina nei quattro gruppi di studio è mostrato nella Figura 2. La velocità di eliminazione della lidocaina risulta progressivamente ridotta nei pazienti con insufficienza renale moderata e grave, mentre ritorna a valori quasi normali nei pazienti soggetti a emodialisi. La Tabella 3 mostra come la clearance della lidocaina diminuisca
rispettivamente del 18 e 49% nei pazienti con CRF moderata e grave, mentre rimane pressoché invariata nei pazienti con ESRD sottoposti dialisi. In accordo con questi dati, la Figura 3 ci fa vedere che esiste una correlazione statisticamente significativa tra la diminuzione della clearance della lidocaina e la funzionalità renale dei soggetti non dializzati, espressa come CLcr (R=0.81, P<0.001). Dalla Tabella 3 è inoltre possibile vedere che non c’è variazione del volume di distribuzione allo stato stazionario e nemmeno del volume apparente del compartimento centrale, nei quattro gruppi di studio. In accordo con le modificazioni osservate per la clearance, il tempo di dimezzamento (t1/2) è risultato aumentato in proporzione al grado di CRF, mentre ha subito un prolungamento significativamente minore nei pazienti dializzati.
0.0
2.5
5.0
7.5
10.0
12.5
10
100
1000
A
Tempo (h)
Concentrazione (ng/mL)
Figura 2. Media delle concentrazioni plasmatiche della lidocaina in funzione del tempo dopo somministrazione e.v. di 1 mg/kg di lidocaina. Il simbolo indica i controlli; i nefropatici moderati; i nefropatici gravi; i pazienti in dialisi. Le barre indicano gli errori standard.
Tabella 3. Effetto della CRF e dell’emodialisi sui parametri farmacocinetici della lidocaina. I dati sono espresso come media ± DS.
Parametri farmacocinetici
Gruppo 1
(CLcr>80a)
Gruppo 2
CL, clearance sistemica; Vc, volume apparente del compartimento centrale; Vss, volume apparente di disctribuzione allo stato stazionario; t1/2, tempo di dimezzamento.
† P < 0.001 vs gruppi 1 e 4, and P < 0.01 vs gruppo 2.
* P < 0.001 vs gruppo 1; P < 0.01 vs gruppo 4, e P < 0.05 vs gruppo 2.
0
25
50
75
100
125
150
0
5
10
15
20
CL
cr
(mL/min
kg)
Figura 3. Correlazione tra la clearance della creatinina e la clearance della lidocaina. Il simbolo indica i controlli; i nefropatici gravi; i nefropatici moderati.
I profili delle concentrazioni plasmatiche di MEGX e GX sono riportati nella Figura 4. Risulta evidente che le concentrazioni di MEGX raggiungono simili valori di picco a tempi praticamente uguali in tutti gruppi di studio e poi declinano a simile velocità. Coerentemente, la Tabella 4 fa vedere che non ci sono differenze statisticamente significative tra alcun gruppo di studio per quanto riguarda i valori di AUC, Cmax e tmax di questo metabolita. A differenza del MEGX, i livelli di GX sono notevolmente aumentati, rispetto ai controlli, in tutti i gruppi di pazienti nefropatici. I dati riportati in Tabella 4 mostrano che i valori di AUC e Cmax per il GX sono più che raddoppiati nei pazienti con CRF rispetto ai controlli.
N C CH
Time (h)
Concentration (ng/mL)
Figura 4. Media delle concentrazioni plasmatiche di MEGX (a) e di GX (b) in funzione del tempo, dopo somministrazione endovenosa di 1 mg/kg di lidocaina. Il simbolo indica i controlli; i nefropatici moderati; i nefropatici gravi; i pazienti in dialisi. Le barre indicano gli errori standard.
Tabella 4. Parametri farmacocinetici di MEGX e GX. I dati sono espressi come media ± DS.
Parametri farmacocinetici
Gruppo 1
(CLcr>80a)
Gruppo 2
b mediana (range).
La somministrazione di lidocaina non ha determinato cambiamenti significativi della pressione sanguigna o della frequenza cardiaca. Reazioni avverse di modesta entità e transitorie (parestesia, vertigini, sonnolenza) si sono verificate in alcuni soggetti di ogni gruppo di studio.
1.3.2 Studi in vitro
Poiché la diminuzione della clearance metabolica della lidocaina nell’insufficienza renale può derivare dall’inibizione della sua biotrasformazione a MEGX dovuta all’accumulo di metaboliti [7], abbiamo saggiato l’effetto del metabolita secondario GX sulla conversione della lidocaina a MEGX (metabolita primario) usando microsomi epatici umani (HLM). Mediante esperimenti preliminari abbiamo accertato che la velocità iniziale della reazione enzimatica si conforma al modello a singolo-enzima di Michaelis-Menten [35], con Km= 1.01 ± 0.28 mmol/l e Vmax 4.76 ± 1.25 nmol/min·mg proteine. Il grafico di Lineweaver-Burk (Figura 4) mostra che il GX ha causato una inibizione competitiva della conversione di lidocaina a MEGX, lineare nella gamma di concentrazioni usate. E’ stato calcolato, secondo il modello di inibizione competitiva lineare a singolo-enzima, che il valore di KI apparente per il GX è 52 ± 6 µmol/l. Alla concentrazione farmacologicamente rilevante di lidocaina (cioè 5 µmol/l) [36] la IC50 del GX è 58 ± 5 µmol/l.
Per verificare se i fattori circolanti presenti nel plasma uremico possono essere responsabili dell’inibizione del metabolismo della lidocaina, abbiamo misurato la velocità di formazione del MEGX in assenza o presenza del plasma dei pazienti sani e nefropatici esaminati negli studi clinici (compresi i dializzati). Nessun effetto sulla biotrasformazione della lidocaina a MEGX è stato riscontrato conducendo la reazione in presenza di plasma a concentrazioni crescenti (5, 10 e 20%).
0
10
20
30
40
50
0
10
20
30
40
-1
Figura 5. Grafico del reciproco della velocità iniziale vs il reciproco della concentrazione di lidocaina in assenza (cerchi pieni) o presenza of 25 (M (cerchi vuoti), 50 (M (diamante pieno), and 100 (M (diamante vuoto) GX. Le concentrazioni di lidocaina variano da 0.02 a 2.0 mmol/L.
1.4. DISCUSSIONE
I due studi precedenti che hanno affrontato la questione della cinetica della lidocaina nella CRF hanno esaminato un numero limitato di pazienti, tutti sottoposti a regolare dialisi [24, 25]. Il primo di questi studi, che ha analizzato sei pazienti nefropatici dopo somministrazione di lidocaina per bolo endovenoso, non ha evidenziato differenze nei parametri farmacocinetici rispetto al gruppo di controllo. Il secondo studio, che non includeva un gruppo di controllo e che ha valutato la farmacocinetica della lidocaina dopo infusione endovenosa continua in quattro soli pazienti, ha concluso che né i parametri farmacocinetici né le concentrazioni allo stato stazionario di lidocaina e MEGX differivano significativamente dai valori riportati in letteratura per i soggetti normali. La conclusione di entrambi gli studi è che i pazienti con CRF possono essere trattati con dosi convenzionali di lidocaina, senza rischi per la loro salute.
Il nostro studio, che confronta gruppi di dimensione adeguata ed ha incluso pazienti sia sottoposti che non sottoposti a emodialisi, conferma i risultati precedenti indicanti che la farmacocinetica della lidocaina non è alterata significativamente in pazienti nefropatici sottoposti a regolare emodialisi. Esso tuttavia dimostra che nei pazienti non sottoposti a emodialisi la clearance della lidocaina è ridotta in proporzione al grado di insufficienza renale.
Elston at al. [7] hanno proposto quattro possibili meccanismi mediante i quali la CRF può indurre un’alterazione del metabolismo epatico dei farmaci: 1) modificazione del legame con le proteine plasmatiche; 2) alterazione del flusso sanguigno epatico; 3) inibizione delle reazioni di biotrasformazione da parte di metaboliti normalmente escreti dal rene; 4) inibizione del metabolismo epatico del farmaco o della captazione nell’epatocita da parte di inibitori circolanti presenti nel plasma uremico.
Circa il 70% della lidocaina è legata alle proteine plasmatiche, principalmente alla glicoproteina acida α1 [37. In un precedente studio [38], è stato osservato che la glicoproteina acida α1, e di conseguenza la quantità di lidocaina legata, era aumentata (di circa il 10%) nei pazienti nefropatici sia sottoposti che non sottoposti a emodialisi. Tuttavia, una tale alterazione del legame della lidocaina
con le proteine plasmatiche non può spiegare i nostri risultati, poiché abbiamo osservato una diminuzione della clearance della lidocaina solo nei pazienti non soggetti a dialisi.
E’ stato ipotizzato che l’emodialisi aumenti il flusso plasmatico splancnico [39]. In linea di principio, questo può spiegare perché abbiamo osservato una più alta clearance della lidocaina nei pazienti con ESRD sottoposti a regolare emodialisi rispetto ai pazienti non in dialisi. Tuttavia, l’unico studio che ha esaminato la relazione tra la modificazione del metabolismo dei farmaci e flusso ematico del fegato non ha evidenziato differenze significative tra controlli, pazienti in dialisi e pazienti uremici non sottoposti a emodialisi [26].
Come sopra menzionato, l’alterato metabolismo dei farmaci nella malattia renale può risultare dall’accumulo di metaboliti idrofilici normalmente escreti dal rene che, competendo per gli enzimi epatici, possono inibire la biotrasformazione del farmaco che li ha generati. Le concentrazioni dei metaboliti della lidocaina, MEGX e GX, dipendono dalle loro velocità di formazione e di scomparsa per ulteriore metabolismo, nonché dalla velocità di escrezione urinaria. La formazione del MEGX e la sua successiva trasformazione in GX sono catalizzate delle stesse isoforme di citocromo P450 [23] e la sua escrezione renale è trascurabile [40]. Quindi variazioni sia dell’attività che della quantità di citocromo P450, sia variazioni della funzionalità renale non dovrebbero produrre alcuna significativa modificazione della concentrazione di MEGX. In accordo con queste predizioni, in tutti i gruppi di pazienti nefropatici i livelli di MEGX sono risultati simili a quelli osservati nei pazienti sani. Sebbene uno studio in vivo [41] ha mostrato che la co-somministrazione di MEGX causa una certa inibizione della clearance della lidocaina (17% in media a uguali dosi di MEGX e lidocaina), le osservazioni di cui sopra escludono la possibilità che l’effetto inibitore del MEGX sulla biotrasformazione della lidocaina sia responsabile della diminuzione della clearance della lidocaina nei pazienti nefropatici non sottoposti a dialisi.
Diversamente dal MEGX, il GX è significativamente escreto dal rene (40-60%) [37]. Questo spiega perché sia l’AUC che la Cmax del GX siano significativamente aumentate nei pazienti con CRF. Secondo i criteri comunemente accettati sulla
rilevanza clinica dell’inibizione enzimatica da parte di inibitori competitivi, l’inibizione in vivo del metabolismo è probabile solo quando la Cmax dell’inibitore è più alta della KI in vitro [42]. Nei pazienti nefropatici la concentrazione di picco del GX variava da 0.08 a 0.97 µmol/l, era cioè due ordini di grandezza più piccola della KI. Quindi, anche se la KI stimata in vitro può essere fino dieci volte più grande dei valori ottenuti in vivo [43], è decisamente improbabile che l’aumento dei livelli di GX contribuisca alla diminuzione della clearance della lidocaina osservata nei pazienti nefropatici.
Come precedentemente accennato, la “normalizzazione” della capacità metabolica che si riscontra nel caso di pazienti sottoposti ad emodialisi è già stata osservata con la nicardipina ed è stata attribuita alla possibile presenza nel plasma uremico di inibitori endogeni del metabolismo dei farmaci, che possono essere eliminati con la dialisi [26]. Studi con il propanololo sia in animali che nell’uomo hanno fornito indicazioni simili a quelle ottenute con la nicardipina [7]. In due ulteriori studi, la clearance metabolica della nitrendipina è stata trovata marcatamente diminuita o invariata a seconda che si trattasse di pazienti non sottoposti emodialisi [44] o dializzati [45]. E’ quindi probabile che tossine uremiche dializzabili siano responsabili anche dell’inibizione del metabolismo della lidocaina.
L’alterazione della biotrasformazione dei farmaci da parte di tossine uremiche può derivare dalla inibizione diretta di enzimi o trasportatori epatici, o dalla diminuzione del contenuto epatico di proteine enzimatiche, secondaria alla diminuzione della sintesi o all’aumento della degradazione [7-10]. Tuttavia, il risultato dei nostri studi in vitro esclude la possibilità che le tossine uremiche siano responsabili dell’inibizione diretta del CYP 1A2 o 3A4 (le isoforme di CYP responsabili di circa il 70 e 30%, rispettivamente, del metabolismo della lidocaina [22, 23]), poiché l’aggiunta del plasma dei pazienti nefropatici al mezzo di incubazione, in concentrazioni crescenti fino al 20%, non ha alcun effetto inibitorio sulla formazione di MEGX.
La possibilità che fattori dializzabili circolanti diminuiscano la captazione della lidocaina da parte del fegato appare improbabile, poiché non ci sono dati sperimentali indicanti l’esistenza di una captazione carrier-mediata di lidocaina
attraverso la membrana basolaterale dell’epatocita. Al contrario, l’ipotesi che le tossine uremiche causino una diminuzione del contenuto epatico degli enzimi che metabolizzano i farmaci è sostenuta da diverse osservazioni sperimentali. Leblond et al. [18, 19] hanno trovato che c’è una ridotta espressione di alcune isoforme di CYP nei ratti con CRF indotta sperimentalmente. Inoltre, Michaud et al. [46] hanno recentemente dimostrato che incubando epatociti di ratto in un mezzo contenente il 10% di siero ottenuto da pazienti affetti da CRF si ha una marcata diminuzione di alcune isoforme di citocromo, tra cui il CYP1A2 e la sottofamiglia CYP3A, conseguente ad una ridotta espressione genica.
In conclusione, contrariamente alla corrente convinzione basata sui risultati di studi che valutavano solo pazienti sottoposti ad emodialisi a lungo termine, il nostro studio dimostra che l’eliminazione della lidocaina è marcatamente diminuita nei pazienti con insufficienza renale rispetto a quelli con normale funzionalità epatica. L’osservazione che la clearance della lidocaina torna alla normalità nei pazienti in dialisi ha una valenza metodologica, oltre che clinica, poiché mette in chiaro che i risultati degli studi sulla disposizione metabolica dei farmaci nella CRF possono essere considerati di generale validità solo se vengono esaminati tanto pazienti sottoposti che non sottoposti ad emodialisi.
Sulla base dell’entità e della significatività statistica delle modificazioni della clearance nei pazienti con moderata e grave insufficienza renale, si può concludere che non è praticamente necessaria alcuna riduzione del dosaggio della lidocaina nei pazienti con moderata CRF, mentre è in media necessario un dimezzamento della dose in quelli con grave CRF. Tuttavia, come mostrato in Tabella 3 e Figura 3, va notato che esiste una elevata variabilità interindividuale per quanto riguarda i valori di clearance della lidocaina nei pazienti nefropatici. Ciò implica che i dati medi possono essere considerati solo come una guida approssimata per l’aggiustamento della dose.
La lidocaina è attualmente somministrata per via endovenosa con una dose di carico iniziale seguita da una infusione a velocità costante. Poiché non cambia il volume di distribuzione in relazione al grado di insufficienza renale, nessuna modificazione nella dose da carico appare necessaria. Per quanto riguarda la velocità di infusione, i pazienti con grave CRF dovrebbero essere trattati
individualmente, cioè iniziare l’infusione di lidocaina alla velocità minima consigliata (1 mg/min) e sottoporre i pazienti a continuo monitoraggio dei sintomi. Se si misurano i livelli plasmatici di lidocaina come guida per aggiustare la dose, va considerato che, a causa del prolungato tempo di dimezzamento, ci può essere un notevole ritardo nel raggiungimento della concentrazione allo stato stazionario.
2. EFFETTO DELL’INSUFFICIENZA EPATICA SULL’INIBIZIONE QUASI-IRREVERSIBILE DEL CYP3A DA PARTE DELL’ERITROMICINA E SULLA COMPETIZIONE PER IL LEGAME CON LE PROTEINE PLASMATICHE
2.1 INTRODUZIONE
2.1.1 Tipi di reazioni metaboliche
Gli organismi viventi sono dotati della capacità di biotrasformazione o metabolismo degli xenobiotici grazie all’intervento di un gruppo di circa 30 enzimi localizzati in diversi tessuti, specie in quello epatico. La biotrasformazione di un farmaco conduce alla formazione di uno o più prodotti (metaboliti). Essi possono essere privi di attività biologica, dotati di minore attività rispetto al composto di partenza o biologicamente attivi. L’identificazione degli enzimi coinvolti nel metabolismo di un determinato farmaco e la valutazione dell’ attività biologica dei singoli metaboliti sono quindi di primaria importanza al fine sia di predire le possibili interazioni con farmaci co-somministrati, sia eventuali variazioni interindividuali del metabolismo, causate dall’ esistenza di un polimorfismo genetico degli enzimi metabolizzanti [47].
Le reazioni di biotrasformazione sono convenzionalmente suddivise in reazioni di fase 1 e reazioni di fase 2 e hanno luogo principalmente, ma non esclusivamente, nel fegato [48]. Nelle reazioni di fase 1 risultano coinvolti principalmente enzimi associati alle membrane del reticolo endoplasmatico liscio. Queste membrane vanno a costituire la frazione microsomiale (microsomi). Le reazioni di fase 1 comportano l’introduzione o lo smascheramento nella molecola di gruppi funzionali (es: ossidrilici, amminici e carbossilici). Nelle reazioni di fase 2 avviene la coniugazione delle molecole, precedentemente modificate dagli enzimi di fase 1, con sostanze endogene quali acido glucuronico, glutatione e amminoacidi, con formazione di metaboliti per lo più biologicamente inattivi e facilmente eliminabili per via urinaria o biliare. Alcuni xenobiotici possono subire direttamente le reazioni di fase 2.
2.1.2 Classificazione, nomenclatura e ruolo delle proteine della superfamiglia del citocromo P450.
Il più importante gruppo di enzimi coinvolti nella maggior parte delle reazioni ossidative di fase 1 a carico di farmaci e xenobiotici è quello costituito da proteine codificate da geni appartenenti alla superfamiglia del citocromo P450.
La quasi totalità delle reazioni catalizzate dal citocromo P450 richiede la presenza di ossigeno, NADPH e la cooperazione di una proteina, denominata NADPH-citocromo P450 reduttasi [47]. Sono stati finora individuati in natura alcune migliaia di geni codificanti diverse isoforme di citocromo P450. Un insieme di isoforme costituisce una superfamiglia. Per convenzione, la superfamiglia del citocromo P450 è ulteriormente suddivisa in famiglie, costituite dalle isoforme con sequenze aminoacidiche identiche per almeno il 40%, e sottofamiglie, cui appartengono isoforme con sequenze identiche per almeno il 55%.
Secondo la nomenclatura ufficiale, ogni isoforma è identificata dalla sigla CYP (Cytochrome P450) seguita da un numero indicante la famiglia, una lettera designante la sottofamiglia e un altro numero per individuare la specifica isoforma. Ad esempio, la sigla CYP1A1 indica il citocromo 1 appartenente alla sottofamiglia A della famiglia 1.
Finora, 17 famiglie di CYP sono state identificate nell’uomo. I citocromi coinvolti nel metabolismo degli xenobiotici appartengono alle famiglie 1, 2 e 3. Gli altri sono addetti alla sintesi di steroidi, acidi biliari, eicosanoidi ed al metabolismo di acidi grassi. Nell’ organismo umano esistono circa 20 citocromi P450 microsomiali capaci di metabolizzare xenobiotici, ognuno con una diversa, seppur ampia, specificità di substrato. La composizione di questi citocromi differisce da individuo a individuo, sia quantitativamente che qualitativamente, dato che non sempre sono tutti presenti. Ciò può essere dovuto al fatto che un gene è assente oppure inespresso, cioè in grado di codificare la relativa proteina solo in presenza di appropriati induttori. I citocromi P450 (come pure ogni altra proteina) comunque presenti vengono detti costitutivi, mentre quelli presenti solo dopo induzione sono detti inducibili. Ciò non esclude che anche un
citocromo costitutivo possa essere indotto, la sua sintesi possa essere cioè incrementata da un induttore.
La famiglia 1 comprende tre proteine umane, CYP1A1, CYP1A2, CYP1B1, che appaiono svolgere un ruolo rilevante nel metabolismo di sostanze di interesse terapeutico e di numerosi procarcinogeni.
CYP1A1
La proteina CYP1A1 risulta non rilevabile nella maggior parte dei tessuti, fegato incluso, degli individui non fumatori. La sua espressione è indotta dall’ esposizione a legandi dell’ AhR (aril hydrocarbon receptor), proteina regolatrice della trascrizione. Tra questi legandi non si annoverano farmaci utilizzati in terapia, ma composti presenti nel fumo di sigaretta (benzopirene), contaminanti ambientali (diossina) e sostanze naturali presenti negli alimenti (vegetali della famiglia delle crucifere) [49]. Il CYP1A1 è capace di convertire un cospicuo numero di sostanze in intermedi reattivi in grado di legare il DNA ed indurre mutazioni geniche.
CYP1A2
La proteina CYP1A2 rappresenta, mediamente, il 15% circa dei CYP totali [50]. L’espressione della proteina CYP1A2 sembra essere confinata al tessuto epatico, dove risulta coinvolta nel metabolismo di alcuni farmaci tra cui caffeina, teofillina ed alcuni antidepressivi a struttura triciclica [51]. Il CYP1A2 è inoltre in grado di catalizzare l’attivazione di vari procarcinogeni (aflatossina B1 e benzopirene) [52]. L’espressione del CYP1A2 risulta incrementata da legandi dell’ AhR, mentre la furafillina e l’ α-naftoflavone sono, a concentrazioni opportune, inibitori relativamente selettivi del CYP1A2 ed utilizzati ampiamente in studi in vitro al fine di valutare il ruolo di tale enzima nel metabolismo epatico di xenobiotici [53].
CYP1B1
La proteina CYP1B1 risulta rilevabile in numerosi tessuti extraepatici e nel fegato umano (in minore quantità). Il CYP1B1 è inducibile da legandi dell’ AhR,
è in grado di catalizzare il metabolismo di numerosi procarcinogeni ambientali ed è in grado di catalizzare la conversione dell’ estrogeno estradiolo in metaboliti a struttura catecolica in grado di formare addotti con il DNA [54], ha quindi un ruolo importante nella cancerogenesi da contaminanti ambientali e da estrogeni.
La famiglia 2 comprende numerose proteine umane tra cui quelle di sicuro interesse farmacologico sono CYP2A6, CYP2B6, CYP2C8, CYP2C9, CYP2C19.
CYP2A6
Questo enzima rappresenta mediamente il 4% dei CYP epatici totali ed è in grado di catalizzare l’attivazione di alcuni procarcinogeni [50]. L’enzima sembra svolgere un ruolo estremamente limitato nel metabolismo di farmaci. Studi condotti utilizzando colture primarie di epatociti indicano l’inducibilità del CYP2A6 da parte del fenobarbital (barbiturico utilizzato nella terapia dell’ epilessia), e della rifampicina (antibiotico), tipici induttori dei geni CYP2B6 e CYP3A4 [55].
CYP2B6
La proteina CYP2B6 è espressa nel fegato umano (costituisce mediamente lo 0,2% del CYP totale) ed in alcuni tessuti extraepatici [50]. La trascrizione del gene CYP2B6, analogamente a quella del gene CYP3A4 è sotto il controllo di un recettore intracellulare denominato “constitutively active receptor” o “constitutive androstane receptor” (CAR), che è attivato dal fenobarbital [56]. Il CYP2B6 è in grado di catalizzare l’ossidazione del substrato endogeno testosterone e di numerosi xenobiotici, fra cui alcuni procarcinogeni e due profarmaci di largo impiego in terapia antitumorale (ciclofosfamide ed ifosfamide) [57]. Non sono disponibili inibitori chimici selettivi del CYP2B6 [53].
Sottofamiglia 2C
Questa sottofamiglia comprende quattro proteine umane, CYP2C8, CYP2C9, CYP2C18 e CYP2C19 [49]. I CYP2C8, C9 e C19 costituiscono circa il 18% dei
CYP totali epatici e risultano inducibili in seguito a trattamento con fenobarbital [attivatore del CAR e legando del PXR (pregnane X receptor)] e con altri legandi del PXR, quali rifampicina e desametasone [58]. Le proteine CYP2C9 e CYP2C19 presentano un grado elevato di omologia nella sequenza aminoacidica (91%) e condividono, di conseguenza, alcuni substrati. Nel loro complesso sono responsabili del metabolismo di circa il 15% dei farmaci utilizzati nella terapia umana [59].
CYP2C8
Ha un ruolo limitato nel metabolismo dei farmaci, essendo parzialmente coinvolto solamente nel metabolismo dell’ antitumorale paclitaxel (Taxolo) [57] e poche altre sostanze.
CYP2C9
E’ importante nel metabolismo di molti farmaci fra cui la warfarina (un anticoagulante orale di largo impiego), la difenilidantoina (un antiepilettico) e numerosi farmaci antinfiammatori non steroidei [53]. Il metabolismo della warfarina da parte del CYP2C9 (idrossilazione in posizione 6 e 7 della S-warfarina) e critico perché la sua inibizione può portare a conseguenze clinicamente importanti (emorragie). L’enzima infatti converte il farmaco in metaboliti inattivi ed è quindi responsabile della cessazione della sua attività anticoagulante [60]. La concomitante somministrazione di warfarina e fluconazolo (un antimicotico potente inibitore di CYP2C9 e CYP3A4) si traduce in un notevole incremento dell’ intensità e della durata dell’ azione anticoagulante (aumento del tempo di protrombina) della warfarina. Il sulfafenazolo (farmaco antibatterico appartenente alla famiglia dei sulfamidici) è un potente e selettivo inibitore del CYP2C9, ampiamente usato in studi in vitro al fine di chiarire il ruolo di tale enzima epatico nel metabolismo dei farmaci [61].
CYP2C19
E’ coinvolto nell’eliminazione metabolica di alcuni farmaci tra cui si annoverano l’antiulcera omeprazolo e l’ ansiolitico/sedativo diazepam. Questo è l’unico
enzima CYP in grado di catalizzare l’idrossilazione in posizione 4 dell’ antiepilettico S-mefenitoina e la reazione è utilizzata per studiare il polimorfismo metabolico del CYP2C19. Non sono noti inibitori chimici selettivi per questo enzima [53], anche se studi recenti [62] sembrano indicare il cloramfenicolo come inibitore specifico delle isoforme CYP2C19 e CYP3A4.
CYP2D6
Nonostante rappresenti mediamente solo l’1,5% dei CYP totali a livello epatico, esso risulta coinvolto nel metabolismo di circa il 20% dei farmaci di corrente impiego terapeutico, tra cui numerosi psicofarmaci, vari farmaci cardiovascolari, l’analgesico oppioide codeina e l’anti tosse destrometorfano [50, 51, 59]. Non sembra essere inducibile e risulta espresso anche nel duodeno ed in alcune aree del sistema nervoso centrale [63]. Potente e selettivo inibitore di CYP2D6 è l’antiaritmico chinidina [64]. Sono stati finora individuati più di 90 alleli mutanti del gene CYP2D6, responsabili di grandi variazioni nella velocità delle reazioni metaboliche catalizzate dal relativo citocromo, per cui gli individui vengono classificati come metabolizzatori lenti, rapidi e ultrarapidi. Il polimorfismo metabolico del CYP2D6 è quello di maggiore rilevanza clinica, poiché circa 40 farmaci ampiamente usati in terapia sono metabolizzati da questo CYP.
CYP2E1
Questa proteina rappresenta il 7% dei CYP totali epatici e risulta espressa in vari altri tessuti extraepatici [50]. Essa è in grado di catalizzare l’attivazione di numerosi procarcinogeni, in particolare alcune nitrosamine presenti nel fumo di sigaretta, ed è coinvolta nel metabolismo dell’ etanolo, di numerosi solventi organici (piridina, acetone, benzene e tetracloruro di carbonio) e di un numero limitato di farmaci tra cui l’analgesico paracetamolo, gli anestetici gassosi, enflurano e alotano ed il miorilassante clorzossazone [65]. La regolazione dell’espressione del CYP2E1 è complessa e si realizza, invece che a livello trascrizionale, attraverso la stabilizzazione della proteina enzimatica [66] e del relativo mRNA. Molti substrati dell’ enzima, tra cui l’etanolo, sono anche potenti
autoinduttori. Inibitori, relativamente selettivi, di CYP2E1 [65] sono la piridina e il dietil-ditiocarbammato [64].
Sottofamiglia 3A
Di questa sottofamiglia fanno parte almeno tre proteine umane e precisamente CYP3A4, CYP3A5, CYP3A7 [67]. Le proteine CYP3A4, CYP3A5 e CYP3A7 presentano, in virtù dell’elevato grado di omologia nella sequenza aminoacidica, proprietà catalitiche simili e non sono ancora note le reazioni sostenute con certezza esclusivamente dall’una o dall’altra proteina. Fra le reazioni catalizzate dal CYP3A4 e dal CYP3A5, seppure con differente efficienza, si annoverano: l’idrossilazione in posizione 6β del testosterone, la N-demetilazione dell’antibiotico eritromicina, l’ossidazione della nifedipina (un farmaco utilizzato nella terapia di alcune patologie cardiovascolari) e l’idrossilazione in posizione 1’ del midazolam (un ipnotico/sedativo della famiglia delle benzodiazepine) [67]. Non sono disponibili ancora composti in grado di inibire selettivamente l’attività catalitica delle singole proteine CYP3A umane, non permettendo quindi di chiarirne il contributo nel metabolismo di uno xenobiotico o di una sostanza endogena. La troleandomicina (TAO) (antibiotico del gruppo dell’eritromicina) ed il chetoconazolo (un antimicotico), utilizzati a concentrazioni opportune, sono in grado di inibire selettivamente l’attività delle proteine CYP3A4 e CYP3A5 [63, 68].
CYP3A4
Questa è la proteina CYP più rappresentata negli epatociti umani (circa 30% dei CYP totali epatici nell’ adulto) e nell’ epitelio dell’ intestino tenue (circa 70% dei CYP totali) [50]. L’induzione della trascrizione del gene CYP3A4, da parte di numerosi xenobiotici ed alcune sostanze endogene, appare mediata dal recettore intracellulare PXR. Fra gli induttori di CYP3A4 (attivatori del PXR) si annoverano farmaci tra cui rifampicina, clotrimazolo e fenobarbital, ma anche alcuni composti endogeni come progesterone ed estradiolo [68]. Il CYP3A4 presenta una specificità di substrato relativamente scarsa ed è coinvolto nel
metabolismo di alcuni steroidi endogeni (testosterone, pregnenolone ed estradiolo) e di circa il 50% dei farmaci correntemente usati in terapia, tra cui l’immunosopressore ciclosporina A, i macrolidi ad attività antibatterica (eritromicina e TAO), numerosi inibitori delle proteasi HIV (ritonavir, indinavir, ecc.), gli antitumorali ciclofosfamide, ifosfamide, paclitaxel (Taxolo), vinblastina ed etoposide [57]. Il CYP3A4 è inoltre in grado di attivare alcuni procarcinogeni fra cui la micotossina aflatossina B1.
CYP3A5
La proteina è rilevabile, a livello epatico, solamente nel 17% dei soggetti caucasici e risulta presente in quantità nettamente inferiore a quella del CYP3A4 [69]. Inoltre risulta espressa in numerosi tessuti extraepatici tra cui esofago, colon, rene ed ipofisi. Si differenzia dal CYP3A4 in quanto la sua espressione epatica non risulta incrementata dall’esposizione ad alcuni induttori del CYP3A4 [70], perciò manca il coinvolgimento del PXR nella regolazione della trascrizione del gene. Il CYP3A5 è in grado di catalizzare molte delle reazioni del CYP3A4, seppure con minore efficienza.
CYP3A7
La proteina è espressa nel fegato fetale dove rappresenta il 50% dei CYP totali, ma non appare significativamente espressa nel fegato dell’ adulto [71]. Attività enzimatiche di tale isoforma sono l’idrossilazione in posizione 6β del testosterone e l’ossidazione dell’aflatossina B1.
Le percentuali delle diverse isoforme di CYP nel fegato umano sono riportate nella Figura 6.
Figura 6: Percentuale relativa delle diverse isoforme di CYP nel fegato umano.
2.1.3 Meccanismi di inibizione del citocromo P450
Il ciclo catalitico dei CYP consiste di 7 distinti stadi, rappresentati nella Figura 7.
Figura 7: Meccanismo ciclico delle reazioni ossidative catalizzate dal citocromo P450. (1) Il substrato si lega al citocromo P450 con il ferro eme in forma ossidata; (2) il ferro viene poi ridotto a Fe2+ da un elettrone proveniente generalmente dalla citocromo P450 reduttasi o, in alcuni casi, dal citocromo b5; (3) la riduzione permette all’atomo di ferro di legare una molecola di ossigeno;(4) per addizione di un altro elettrone e di un protone, si forma un complesso FeOOH; (5) la perdita di una molecola di H2O produce il radicale cationico (Fe O)3+, che è la specie reattiva in grado di ossigenare (6) il substrato (7). Il substrato ossidato si dissocia dall’enzima, generando la specie di partenza. Sebbene non tutti i substrati ossidati dal citocromo P450 contengano ossigeno, si forma sempre un intermedio ossigenato. Se però l’intermedio è instabile, l’ossigeno si distacca in forma di H2O e non compare nel prodotto finale ossidato.
I meccanismi di inibizione del CYP possono essere suddivisi in tre categorie:
· Inibizione reversibile
· Inibizione irreversibile
L’inibizione reversibile è il meccanismo più comunemente responsabile delle interazioni tra farmaci. Essa è il risultato di una competizione per il sito attivo del CYP, mentre le inibizioni irreversibili o quasi irreversibili sono causate dalla formazione di metaboliti reattivi.
· Inibizione reversibile (Figura 8)
Si verifica un’inibizione reversibile quando un agente lipofilico si lega al sito attivo del CYP. Il legame può avvenire con la regione idrofobica che lega il substrato o con il ferro eme nella posizione libera del sesto legando.
Molti degli inibitori reversibili del CYP sono farmaci contenenti gruppi azotati, specialmente imidazoli, piridine e chinoline [72, 73]. Questi composti non legano solo il ferro dell’eme, ma anche la regione lipofilica della proteina, per cui la potenza di un inibitore risulta sia dalla sua lipofilicità, che dalla forza di legame tra la coppia di elettroni liberi dell’azoto con il ferro dell’eme [74].
Figura 8: Meccanismo di inibizione reversibile del citocromo P450. Sono schematicamente illustrati: la normale conformazione del gruppo eme del CYP dopo legame al substrato, la coordinazione dell’ossigeno ed il metabolismo del substrato. Il cerchio pieno rappresenta il substrato legato alla regione idrofobica del CYP. Nella via (a), un inibitore (cerchio a righe) interagisce con il CYP nel sito di legame con il substrato, impedendo la formazione del metabolita e, nella via (b), un inbitore (rettangolo a righe) interagisce formando il sesto legame assiale nel CYP, prevenendo così la coordinazione dell’ ossigeno. Alcuni inibitori possono legarsi ad entrambi questi siti.
Esempi di inibitori reversibili sono il chetoconazolo e la cimetidina, composti contenenti un imidazolo capace di interagire con il ferro nello stato di ossidazione 3+ del CYP. La cimetidina è un inibitore reversibile debole per il CYP e questo è indice di una bassa affinità dovuta alla bassa lipofilicità del composto. Il chetoconazolo, per contro, è un potente inibitore del CYP, poiché ha una elevata lipofilicità.
I derivati piridinici, al pari degli imidazolici, possono interagire con ferro 3+ del CYP. L’inibitore meglio conosciuto tra i derivati della piridina è il metirapone, che agisce come un potente e selettivo inibitore del CYP. Specialmente interessante è l’inibizione dell’11β idrossilasi che catalizza lo step finale nella biosintesi del cortisolo. Questa inibizione è alla base dell’ uso del metirapone nella diagnosi della sindrome di Cushing ed altri disordini ormonali. L’Indinavir, un inibitore delle proteasi dell’ HIV, contiene un anello piridinico ed è un potente inibitore del CYP3A4.
Tra le chinoline, l’ellipticina, è un composto chinolinico che può interagire con entrambe le forme, ferrosa e ferrica del CYP. Essa è stata usata, insieme ai suoi derivati, come inibitore selettivo dei CYP1A1/2 [75]. Altri derivati chinolinici, come la chinidina ed il suo diastereoisomero chinina, sono potenti inibitori reversibili della 4-idrossilazione della debrisochina, una reazione catalizzata dal CYP2D6. La chinidina, come inibitore, è più potente nei microsomi di fegato umano piuttosto che in quelli di ratto, mentre la chinina ha un comportamento opposto. I motivi di questa diversità non sono ancora del tutto noti, ma sembra siano dovuti alla diversa geometria del sito attivo della isoforma CYP2D6 nel fegato umano e di ratto.
Molti agenti antimalarici, come la clorochina, la primachina, l’amodiachina e la meflochina, contengono un anello chinolinico e sono potenti inibitori reversibili. L’attività inibitoria non è associata alla struttura della chinolina, poiché l’azoto piridinico è stericamente impedito. E’ l’amminogruppo presente in sostituenti dell’anello chinolinico che è di primaria importanza nel determinare l’inibizione. L’amminogruppo terminale dei sostituenti della primachina, per esempio, è coinvolto nel legame con il ferro dell’ eme nella forma ferrica del CYP [74].
· Inibizione quasi irreversibile (per formazione di complessi con intermedi metabolici).
Un elevato numero di farmaci tra cui antidepressivi, antistaminici, antibiotici macrolidici e composti idrazinici, subiscono attivazione metabolica, grazie agli enzimi CYP, formando metaboliti inibitori. Questi metaboliti, formano un complesso stabile con l’eme del CYP che li ha generati, complesso chiamato “Metabolic Intermediate Complex” (MI) [76, 77]. In questo modo il CYP viene sequestrato in stato inattivo. Gli MI possono essere reversibili in vitro: la funzione catalitica del ferro del CYP può essere ripristinata mediante incubazione con composti maggiormente lipofilici, che spostano l’intermedio metabolico dal sito attivo [77, 78, 79]. Altri metodi usati in vitro per distruggere il complesso sono le irradiazioni a 400-500 nm oppure l’ossidazione con ferricianuro di potassio. In vivo, invece, i complessi MI sono così stabili che il CYP coinvolto in tali complessi non è disponibile per il metabolismo del farmaco, per cui l’unico metodo per riottenere l’attività è attendere la sintesi di nuovo enzima. In conseguenza di ciò, la natura dei complessi MI è considerata praticamente irreversibile. Tra i composti maggiormente conosciuti come inibitori, mediante formazione di complessi MI, annoveriamo alcuni antibiotici macrolidici quali la claritromicina, la troleandomicina e l’eritromicina (Figura 9).
Figura. 9: Struttura dell’eritromicina. È evidenziato il gruppo amminico terziario che, in seguito a metabolismo, si lega al CYP3A4.
Questi agenti contengono una funzione amminica terziaria che serve per la formazione dei complessi, dopo aver subito varie modificazioni metaboliche: N- demetilazione, N- idrossilazione e N-ossidazione, grazie alle quali si forma un
metabolita nitroso-alcano, che lega saldamente l’atomo di ferro 3+ dell’ eme del citocromo, intrappolando il CYP in uno stato esacoordinato che impedisce il legame dell’ossigeno e quindi l’attivazione. Questi farmaci non agiscono solo come inibitori ma possono essere induttori. A ripetute dosi, infatti, la troleandomicina e l’eritromicina inducono il CYP3A4. Questi effetti induttivi non sono dovuti al solito meccanismo trascrizionale (aumento della trascrizione del gene), ma sono causati dalla lenta degradazione dei complessi MI. Nei ratti e nelle colture di epatociti di ratto, la troleandomicina non incrementa la sintesi di CYP3A4, ma diminuisce la sua velocità di degradazione a circa un quarto dei livelli normali. Tuttavia, poiché la maggior parte degli enzimi CYP indotti sono complessati e non disponibili per il metabolismo di farmaci, in vivo non si riscontra un aumento della velocità del metabolismo. Altri farmaci che formano complessi MI con i CYP sono l’orfenadrina, (un miorilassante usato nel trattamento dei malati di Parkinson), ed il proadifen (SKF-525A). Il primo complessa il CYP2B1 nei ratti, perché contiene un gruppo amminico terziario, il secondo è stato considerato per molti anni come un inibitore universale di tutti i CYP. Recentemente, invece, si è visto che è in grado di complessare nel ratto solo i CYP2B1, CYP2C11 e CYP3A1/2, ma non il CYP2A1 [77].
I derivati idrazinici sono un’altra classe di composti che possono formare complessi MI con i CYP. La natura dei sostituenti dell’idrazina è un fattore importante nel determinare la formazione dei complessi. Gli 1,1 disostituiti, al contrario dei monosostituiti, possono formare un intermedio nitrenico capace di legare fortemente il ferro dell’ eme, formando complessi ferro-nitrente [74].
I benzodiossoli, detti pure metilendiossifenili, sono composti chimici che formano complessi MI con i citocromi. Essi sono ossidati nel ponte metilenico del sistema diossolo, formando un intermedio carbene che interagisce con entrambe le forme ferrica e ferrosa del CYP. L’esempio più studiato è il piperonil butosside (un insetticida) usato sperimentalmente per molti anni come inibitore del metabolismo ossidativo di molti farmaci.
· Inibizione irreversibile
Farmaci contenenti certi gruppi funzionali possono essere ossidati dal CYP ad intermedi reattivi, che si legano covalentemente all’enzima prima del loro distacco dal sito attivo, causandone l’inattivazione irreversibile. Questo tipo di inibizione viene anche correntemente denominata “mechanism-based” (basata sul meccanismo) e i substrati che la provocano sono detti “inattivatori suicidi” [77].
Tipi di reazioni irreversibili sono:
A) Alchilazione dell’eme
Farmaci contenenti doppi o tripli legami terminali possono essere ossidati dal CYP ad intermedi radicalici che alchilano il gruppo eme ed inattivano gli enzimi.