Primo Piano - Ottobre 2011

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POLITICA In consiglio come al rodeo pag. 4 CRONACA Senza la mensa il piatto piange pag. 8 SPETTACOLI L’arte come “liaison“ pag. 28 Periodico di cultura, politica e attualità - www.primopiano.info - Numero 10 - Ottobre 2011 - Anno XVI - N. 155 - Sped. in abbonamento postale 70% filiale di Bari Ottobre 2011 2,00 euro Foto M.Robles

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Primo Piano - n° 10 Ottobre 2011

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POLITICAIn consigliocome al rodeopag. 4

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di Francesco Paolo Sicolo

“Non intendo più occuparmi del Tra-etta, e approfitto delle colonne di Primo piano per comunicare la mia volontà alla cittadinanza. A breve, invierò una lettera di dimissioni al sindaco Valla, in cui esprimo la mia indignazione e la mia amarezza”.

La nuova stagione di prosa non pote-va nascere sotto “migliori” auspici.

Il professor Michele Mirabella rasse-gna le proprie dimissioni dall’incarico di direttore artistico del teatro e, d’im-provviso, abbiamo la consapevolezza che un cielo ominoso campisca non solo l’atteso cartellone, ma anche l’esisten-za del teatro stesso. Troppe titubanze, troppi silenzi, troppe distrazioni. Siamo a novembre e ancora nulla si sa riguar-do agli spettacoli in programma. Quel sogno materiato di sipario, palchi, pol-trone, luci va assumendo sempre più i connotati di un velenoso incubo.

“Al contrario -dichiara l’assesso-ra Sara Achille-, vogliamo attuare una vera e propria rivoluzione culturale”.

Ecco, la stagione di prosa 2011-2012 si presenta mitologicamente bifronte. Ha il volto indignato, preoccupato, esa-sperato di Mirabella e quello inopinata-mente rassicurante della nuova asses-sora alla cultura.

Allora, proviamo a capire un po’ di più dell’ancipite stagione, ascoltando le ragioni dei protagonisti (e mai termine fu più calzante, di teatro trattandosi), in ordine di lineamenti.

“Lascio la direzione artistica del Tra-etta con il dolore nel cuore. A chi go-verna non interesserà nulla delle mie motivazioni, ma ai bitontini che sanno quanto mi sono battuto perché riapris-se il nostro teatro, sì. Perché, se oggi abbiamo una struttura così bella lo dobbiamo solamente alla caparbietà del sottoscritto e alla tenacia del sindaco Pice, persona straordinaria”. Una deci-sione non facile, a quanto pare.

“Sono arrabbiato, amareggiato, in-dignato. Finora non sono stato messo al corrente di nulla. Nessun segnale dall’amministrazione, nessuna telefo-nata dal nuovo assessore alla cultura. Solo sulla carta m’è stata affidata la di-rezione artistica, in realtà non ho avuto né informazioni né strumenti né autori-tà dal Comune. E la mia figura non deve servire solo in occa-sione di presentazio-ni ufficiali e di mani-festazioni pubbliche. Che cosa si faccia per il teatro? Non so, forse niente”.

DA RISORSA A PROBLEMA

Il direttore artistico denuncia disinteresse e improvvisazione nella gestione del teatro

Come si spiega questo atteggiamento da parte dell’amministrazione? “Le ra-gioni di siffatto comportamento le igno-ro. Sinceramente mi ritengo offeso dal comportamento di chi avrebbe dovuto informarmi; sono indulgente, invece, con la mia città”.

Forse gestire un teatro come il Tra-etta, bello ma piccolo, comporta parti-colari attenzioni. “Quello che temevo s’è avverato: la gente cui è stata affida-ta la gestione tecnica non ha le capa-cità per farlo. Parlo del mio spettacolo, del recital che ho offerto alla mia città. Bene, non c’è stata una seria promozio-ne dell’evento. E anche il servizio non è stato poi così impeccabile. Ecco, io non ho bisogno di essere mortificato davanti al mio pubblico e ai miei concittadini. Sono sempre più persuaso che la gestio-ne tecnica sia deficitaria. Certo, l’Abe-liano ha ottenuto tale ufficio vincendo regolarmente una gara; ma se i risultati sono questi… Non si gestisce un teatro appuntandosi solo un’etichetta sulle divise. Auspicavo che si sapesse gesti-re con oculatezza e intelligenza questo spazio pubblico, che invece rischia se-riamente di diventare la ‘casa privata’ del gruppo Abeliano”.

Un amore definitivamente spento, quello tra il professor Mirabella e il no-stro comune? “Niente nella vita finisce per sempre e niente dura per sempre. Non sappiamo come andranno le cose con una nuova amministrazione. Certo non auguro alla mia città che continui questo stato di cose. Forse la giunta avrà ben operato in altri settori, non ho competenze tali che mi permettano di esprimere un giudizio. Ma per quanto riguarda il teatro posso dire che è stato tutto fallimentare per i troppi, gravi er-rori commessi. A cominciare da quello, imperdonabile, di uscire dal consorzio del Teatro Pubblico Pugliese. Per conto mio, ripeto, non ho mai avuto la pos-sibilità di lavorare per il teatro. Che la mia città rispecchi l’andazzo generale? Mi rifiuto di credere che Bitonto sia un frattale del governo nazionale. Mah, ve-diamo un po’. Quanti rimpasti la giunta

ha avuto? Tanti? Beh, allora temo che il so-spetto sia certezza”.

“Alla luce del falli-mento della stagione teatrale dell’anno scor-so -spiega dal canto suo l’assessora Achil-le-, grazie a un car-tellone non appetibile, che ha causato un calo pauroso degli abbona-menti, e della generale crisi, per risolvere la quale si finisce sempre

per operare tagli alla cultura, mi tocca gestire una fase di passaggio. Abbiamo pagato 120.000 euro al Teatro Pubblico Pugliese per la passata stagione e dob-biamo risolvere la richiesta, da parte

Michele Mirabella (a destra) con il maestro Vito Clemente (al centro) e tutti gli interpreti de “Il Cavaliere Errante”, l’opera di Tommaso Traetta, in scena per l’inaugurazione del teatro. Foto G. Lo Porto

L’ass. Sara Achille

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Primo piano ottobre 2011del suddetto consorzio, di un maggior compenso perché non è riuscito a rien-trare nelle spese col ricavato degli abbo-namenti. Per allestire, dunque, in breve tempo un programma qualitativamente valido ho fatto ricorso a due convenzio-ni: quella che ci lega all’Abeliano, che mi garantisce l’apertura e la funzionali-tà del teatro, e quella con la compagnia ResExtensa, che prevede l’utilizzo del Traetta per 120 giornate tra spettacoli serali, matinée e laboratori per le scuo-le, su cui punto moltissimo”.

Ma davvero non si corre il rischio di un “buco nero”?

“No, quest’anno la stagione di prosa

ci sarà. Mi sto attivando rivolgendomi ad artisti a me noti, consultando l’Abe-liano e ResExtensa, lavorando anche dal punto di vista economico, con l’ocu-lato utilizzo dello sbigliettamento e con

garanzie da parte dei gruppi teatrali di un certo numero di abbonamenti”.

Il futuro spaventa o rassicura? “Gli amanti del Traetta non rimarranno de-lusi. Chiedo loro di darci fiducia. Certo, la situazione non è facile, ma credo che tutto si possa risolvere con una seria programmazione, avvalendosi di uno staff di fiducia e di una congrua disponi-bilità in bilancio. Occorre azzerare tut-to e partire da un punto di fondo: cosa deve essere il teatro, non solo preso in sé ma anche in rete con gli altri luoghi d’arte bitontini. Ho in mente un proget-to ampio e ambizioso, ma per attuarlo occorrono tempo e disponibilità econo-

mica. Tra febbraio e marzo presenterò alla giunta il mio programma, perché venga approvato in bilancio, e sarà una vera e propria rivoluzione culturale”.

Così suonano ottimisticamente le

parole dell’assessora Achille.Eppure abbiamo come l’impressione

che si brancoli nel buio. Che il teatro sia avvertito più come un peso che non come una risorsa. Che davvero non si sia compresa sino in fondo la portata culturale e sociale del Traetta. Una sta-gione non s’improvvisa, si programma con oculatezza mentre è ancora in svol-gimento quella in corso. E, invece, com’è caratteristico di quest’amministrazione, tutto è rinviato all’ultimo minuto; tutto in fretta in prossimità d’improrogabili scadenze. Così all’ottimismo della vo-lontà dell’assessora Achille ci pare più opportuno contrapporre, nostro mal-

grado, il pessimismo della ragione del professor Mirabella.

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di Pasquale Bavaro

“Assemblea dei rappresentanti di una comunità cittadina, con il compito di discu-tere ed approvare i principali provvedimenti di governo del comune, sotto l’impulso pro-positivo della giunta o di singoli componenti dell’assise”. No, non paia retorica il ricor-dare la definizione che il vocabolario della lingua italiana propone sotto il termine di consiglio comunale. Una nozione che nella sua sinteticità racchiude la dimensione del confronto pacato tra idee e dell’azione con-creta al servizio della collettività.

Proprio quei valori essenziali che la no-stra massima assise cittadina sembra aver rimosso (o quasi) dal proprio orizzonte operativo, impegnata com’è soltanto nella pugnace contestazione dell’esponente della coalizione avversa e soggiogata molto spes-so da meschine manovre politiche (con la “p” più che minuscola). Non si era mai assi-stito, nelle pagine della storia recente della nostra città, all’arrivo a Palazzo Gentile di ben quattro pattuglie delle forze dell’ordine (carabinieri ed agenti di polizia municipale), chiamate non già a concludere un’importan-te operazione di lotta alla delinquenza, ben-sì a cercare di consentire lo svolgimento di un consiglio comunale.

Quello dello scorso 17 ottobre, il cui ver-bale tra l’altro è stato trasmesso dal presi-dente Tarantino alla Procura della Repub-blica di Bari, per tutti gli accertamenti del caso. Una casa comunale blindata, dopo la

In consiglio come al rodeo

In un clima avvelenato di scontri e contestazioni, l’opposizione sfiducia sindaco e giunta

denuncia dell’aggressione che il consigliere Udc Martucci avrebbe subito, durante una pausa di una riunione a dir poco infuocata dell’emiciclo cittadino. Sulla scia, del re-sto, di quanto accaduto nella precedente convocazione dell’assise (il 7 ottobre), con l’esponente della “Lista Valla” Sannicandro, che sarebbe stato bersaglio di minacce e at-tacchi personali da parte di alcuni esponenti della minoranza, in polemica con le sue ulti-me votazioni in consiglio.

Il quadro è davvero poco edificante, e, se a tutto ciò si aggiunge anche la perdurante difficoltà della maggioranza di centrodestra ad approvare provvedimenti e misure incisi-ve a causa della mancanza di numero legale in aula, la cittadinanza ha più di un motivo per non essere soddisfatta. Il confronto tra le coalizioni, infatti, sembra essere degene-rato in scontro senza quartiere tra individui. In barba a qualsivoglia lezione di democra-zia, consegnataci dalle civiltà greca e roma-na.

A pesare in misura rilevante, poi, è la debolezza delle forze politiche che sosten-gono la giunta Valla: numerica (visto che si è arrivati ad un solo voto di scarto rispetto all’opposizione) e programmatica (in consi-derazione di una certa empasse operativa, che mal si concilia con le gravi problema-tiche del nostro comune). Emblematica, al riguardo, la vicenda della “Lista Valla”, che, pur portando il nome stesso del primo cit-

tadino, si è schierata in contrasto con l’ese-cutivo per la mancanza di un chiaro disegno strategico; al suo interno, del resto, il mo-vimento appare in preda al caos più totale, con Liaci che contesta la sua espulsione dal partito, deliberata da un’assemblea dello scorso luglio e che (insieme a Sannicandro) destituisce Vacca dalla carica di capogruppo in consiglio comunale ed invoca le dimissioni di Granieri da presidente dell’Asv. Un duel-lo rusticano all’ultimo sangue, che rischia di lasciare sul terreno non pochi feriti.

Intanto, 13 consiglieri di opposizione hanno nelle scorse settimane presentato una mozione di sfiducia nei confronti del sindaco e della giunta, accusati di “non essere capa-ci di dare a Bitonto, Palombaio e Mariotto risposte all’altezza della difficile congiuntu-ra economica e di rendersi protagonisti di una colpevole inerzia di fronte al processo di periferizzazione della comunità biton-tina, visto che, a distanza di quasi quattro anni dall’insediamento, non è stato realizza-to un solo punto del programma elettorale tanto declamato”. Il documento, che verrà discusso in occasione della prossima riunio-ne del consiglio, passa in rassegna una serie di criticità nell’azione dell’amministrazione (dall’impoverimento di figure dirigenziali al carente sostegno ai giovani, dal mancato adeguamento del Prg al Putt all’aumento della Tarsu e alla mensa scolastica ancora bloccata) e denuncia come “la lotta all’il-legalità si è limitata a roboanti proclami e ad inutili ordinanze, al punto che delle pro-messe elettorali sull’ordine pubblico restano soltanto l’imbarazzante gestione del coman-dante dei vigili urbani e la sua ingombrante inadeguatezza a ricoprire il ruolo, con il sin-daco che non ha mai avvertito la sensibilità istituzionale e politica di rendere conto alla città delle inefficienze ed incapacità ammi-nistrative più volte denunciate, continuando il suo mandato con cinica indifferenza”. Un’iniziativa che potrebbe ben presto pro-durre risultati anche clamorosi, specie se la maggioranza di centrodestra non riuscirà a recuperare almeno qualche scheggia della solidità e compattezza che avevano segnato gli albori della sua permanenza alla guida di Palazzo Gentile.

IL FATTO

Come tanti piccoli donabbondi spaesati, se lo chiesero molti bitontini tre anni e spic-cioli fa, quando, issatosi a Palazzo Gentile il neoeletto sindaco Raffaele Valla, parve pri-mo provvedimento da prendere con estrema urgenza da parte dell’ex questore assumere proprio il sopradetto. Personaggio un po’ chiacchierato. Pareva, infatti, che fosse coinvolto in un’indagine a Bolzano, dov’era stato capo della polizia di frontiera. Una brutta storia d’uso non proprio corretto di automezzi di servizio, più o meno. Sorsero subito dubbi sull’opportunità politica (e non solo) di nominarlo comandante della poli-zia municipale. Si mosse persino un croni-sta d’assalto, che, con la microtelecamera nascosta, mise in grande imbarazzo tutta la casa comunale pur di raccontare lo scandalo d’un indagato che veniva promosso e diven-

De Paola, chi è costui? tava dipendente pubblico (ben remunerato, ça va sans dire).

Presto, l’uomo, con i suoi metodi spicci da risoluto poliziotto, entrò in conflitto con alcuni suoi sottoposti, seminando panico tra i sindacati. Che reagirono da par loro, con minacce di sciopero e comunicati stampa.

L’accusa più gettonata, eccola: aver tra-sformato l’ex Mulino Calò in una caserma. Al De Paola, capita l’antifona, toccò ammor-bidire toni e modi. Tuttavia, continuavano ad accompagnarlo un’impressione positiva ed una negativa. Da un lato, veniva notato per le strade, in prima linea per ristabilire l’or-dine nella nostra babelica città. Una sera gli capitò persino d’acciuffare al volo un cen-tauro che provava a farla franca. Inquietava (e inquieta), dall’altro, il fatto che mai abbia indossato la divisa del corpo, che egli stesso

guida. Non proprio una formalità mancata, in un ambiente come questo. Forse perché il primo amore -la polizia- non si scorda mai? Chissà. Frattanto, il comandante, pian piano, usciva dagli onori della cronaca per rituffarsi in un poco glorioso anonimato. Sennonché, siccome “lupus pilum mutat, non vitium”, vi ricompariva di prepotenza. E mai termine fu più appropriato.

Si rimetteva in luce, infatti, per aver trattato in modo a dir poco scorbutico addi-rittura due assessori, Vincenzo Fiore e Sara Achille. Fatto gravissimo che irrompeva pure in consiglio comunale, grazie al Rifor-mista Franco Natilla, che dei vigili urbani la sorte ha avuto sempre nel cuore. Ovvia la richiesta di detronizzare il De Paola, che fa l’indiano. Valla, dal suo canto, non pare essere d’accordo, anche se ogni tanto lo co-glie la tentazione di sostituire alla carota il bastone, nei confronti del collaboratore, col quale comunque ha l’obbligo di mantenere la parola data. A noi cittadini non resta che osservare con indignazione -ci sia concessa almeno questa, caspita- queste beghe da cortile e sperare in un dopodomani migliore, visto che il domani sarà identico all’oggi…

di Mario Sicolo

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Secondo alcuni, rappre-senta ancora oggi il sancta sanctorum del Pd bitontino, con le sue indicazioni che fi-niscono con l’influenzare non poco le scelte del partito, in termini di programmi e sele-zione della classe dirigente. Secondo altri, invece, si trat-ta di un ex leader comunista ormai defilato rispetto al vivo dell’agone politico, al quale si limita ad assistere senza più ricoprire un ruolo atti-vo ed incisivo. Forse, anche in questo caso, come Orazio c’insegna, la verità sta nel mezzo.

Perché Giuseppe Rossiel-lo rimane sempre una figura complessa, dalle mille e più sfaccettature, dotato di una dialettica assolutamente pe-netrante e di un acume ge-stionale ed organizzativo con pochi eguali. Confrontarsi con l’onorevole, pertanto, costituisce una tappa obbli-gata per chiunque abbia l’ar-dire di comprendere sino in fondo le “mosse” del maggior partito d’opposizione e non solo, anche in vista di una scadenza elettorale che or-mai si profila all’orizzonte.

Onorevole, partiamo dalla stretta attualità. La sua valutazione sull’opera-to della giunta Valla, dopo oltre tre anni di governo cittadino.

Il mio giudizio riflette quello largamente diffuso nella collettività bitontina: questo esecutivo si sta rive-lando una delusione totale, con lo spettacolo inquie-tante della maggioranza di centrodestra costantemente alla ricerca del sedicesimo consigliere da accontentare, così da rimanere in carica. Tra l’altro, ciò accade in una dinamica politica nella qua-le risulta sempre più difficile essere coerenti con la lista di appartenenza, con il fiorire di tanti episodi di “scilipoti-smo”. La giunta non è in gra-do di offrire risposte concrete alla città, soprattutto perché si dimostra ogni giorno di più carente di programma-zione e capace soltanto di navigare a vista. E’ evidente che viviamo una situazione di difficoltà finanziaria per i comuni, ma viste le poche ri-sorse a disposizione occorre inventiva e molta razionalità per intercettare dall’esterno fonti di finanziamento e met-tere in campo politiche serie

Tra crisi della politica e apertura ai giovani, la riflessione dell’on. Giuseppe Rossiello

“Per vincere, primarie di coalizione”di sviluppo del territorio.

In questo quadro, non aiuta certo un consiglio comunale a dir poco ris-soso, nel quale lo scontro tra gli schieramenti impe-disce spesso la discussione e l’approvazione dei prov-vedimenti.

Le assise consiliari sono diventate molto autoreferen-ziali. Quando nell’emiciclo erano rappresentati i grandi partiti, era più agevole legge-re l’interesse reale della cit-tadinanza e governava l’etica pubblica, unita ad un eleva-to senso di responsabilità. L’elettorato, nel corso degli ultimi venti anni, si è sempre più assuefatto a ragionare con la pancia, e così una po-litica fatta di slogan rischia di avere maggiore presa sul-la gente rispetto al ragiona-mento dialettico. Tutto ciò anche a causa dell’avvento di Berlusconi, che ha segna-to l’entrata in scena di una logica tipicamente mercanti-le, dentro cui ogni decisione si trasforma in opportunità politica e non esiste più l’av-versario con il quale con-frontarsi, bensì il nemico da combattere e abbattere.

L’opposizione, tuttavia, non sconta sulla propria pelle una certa incapacità di offrire un’effettiva alter-nativa di governo?

E’ indubbio che i partiti del centrosinistra paghino un qualche difetto di comunica-zione, anche per le respon-sabilità di alcuni organi di stampa che tendono ad esse-re troppo servili nei confronti del Palazzo. Occorre lavorare con decisione per tornare a coinvolgere i cittadini, visto che da un lato la partecipa-zione e l’impegno civile nel senso autentico del termine si sono fortemente incrina-ti, e dall’altro la politica non offre certo una buona imma-gine di sé. L’opposizione in consiglio comunale svolge il suo compito, ma la svolta per mandare a casa questo esecutivo dovrà giungere pri-ma di tutto dall’interno della stessa maggioranza.

Qual è lo stato di salute del Pd in città?

Il partito, al di là di qual-che tensione, si mostra uni-to nelle sue decisioni fon-damentali e rifugge dalla tentazione di diventare un movimento dell’uomo solo al comando, poiché la fatica

della democrazia e del con-fronto deve essere vissuta ogni giorno. Certo, qualcuno ci accusa di essere soltanto un momento elettorale, come lo erano in passato Dc e Psi; è necessario, tuttavia, con-siderare che la nostra è una formazione politica ai primi passi, composta per oltre il 50% da persone estranee ai partiti della tradizione ita-liana, con i quali talvolta vi sono difficoltà nel relazionar-si. In più, oggi manca una seria operazione di selezione della classe dirigente, ma si va alla ricerca del sogget-to, in grado di assicurare il maggiore serbatoio possibile di preferenze.

Volgiamo per un attimo lo sguardo al recente passa-to. La sconfit-ta elettorale del centro-sinistra alle consultazio-ni del 2008 non è stata forse figlia di qualche erro-re commesso dalla coali-zione?

Tre anni fa sono stati compiuti nu-merosi errori. Il primo a sbagliare sono sta-to proprio io, condizionato da una certa debolezza af-fettiva e politica. Le primarie interne al Pd si sono rivelate poi un autentico massacro, visto che lo scontro tra i vari candidati ha impedito, dopo il responso del nostro eletto-rato, di mettere in campo un efficace e compatto sostegno al soggetto risultato più suf-fragato ai seggi. Le primarie di coalizione, invece, non si sono svolte a causa dell’op-posizione ferma da parte di diversi leader di partito, che erroneamente concepivano lo strumento come funzionale a garantire la vittoria al rap-presentante della formazione politica più forte. Errori che non dovranno essere ripetuti nella prossima tornata elet-torale, perché noi vogliamo tornare a vincere.

E allora, parliamo delle prossime amministrative. E’ stato avviato un tavolo di confronto tra le forze del centrosinistra, ma la strategia da seguire non è affatto chiara.

Anche se sono un po’ defi-

lato rispetto al passato, con-servo ancora la tribunicia po-testas, il potere di veto sulle principali scelte del partito. Garantisco perciò che non vi saranno questa volte prima-rie interne al Pd, ma quasi certamente saranno celebra-te le primarie di coalizione, che consentono una parte-cipazione attiva del nostro bacino elettorale ed una se-lezione realmente condivisa della classe dirigente, come testimoniato dalle recentis-sime lezioni di Milano e Na-poli. In tale occasione, non bisogna utilizzare il cappello delle diverse formazioni po-litiche, bensì chiunque in-tende concorrere potrà farlo liberamente, offrendo il pro-prio prezioso contributo in

termini di program-mi ed idee. Se qualche forza par-titica non a c c e t t a tale stru-m e n t o , ci faccia compren-dere con precisione il percorso alternativo da seguire

per addivenire all’individua-zione di un candidato sinda-co in grado di intercettare il gradimento dei cittadini.

Eppure, circolano già al-cuni nomi su esponenti del Pd in rampa di lancio per la candidatura alla poltro-na di primo cittadino.

Non ne so nulla. L’unico dato indiscutibile è rappre-sentato dalla necessità di dare spazio alle nuove gene-razioni, con il passo indie-tro che al pari di me devono compiere tanti altri, per il bene della città e della poli-tica.

Quali, infine, le priorità sulle quali puntare nell’ela-borazione del programma di governo?

Occorre recuperare come comune il posto di centralità che ci compete, visto che in questi anni siamo completa-mente scomparsi dall’agen-da regionale. Ripartendo con decisione e serietà dal punto in cui ci eravamo lasciati tre anni e mezzo fa e mettendo in cantiere, in particolare, misure incisive per la salva-guardia del diritto al lavoro.

di Pasquale Bavaro

L’on. Giuseppe Rossiello. Foto R. Schiraldi

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ACIdi d’UVA

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di Pasquale Bavaro

Prima settembre, poi ottobre, adesso in-vece si parla di novembre. Un count-down alla rovescia a scandire la data presunta di attivazione del servizio mensa in favore de-gli alunni delle scuole dell’infanzia e delle elementari. Intanto, però, le lezioni sono già partire da quasi due mesi, e il rischio con-creto è di ripetere la “brutta figura” dello scorso anno, con la refezione che cominciò a funzionare quando mancavano soltanto poche settimane all’inizio delle vacanze estive.

L’amministrazione aveva assicurato, nei giorni immediatamente precedenti il ritorno tra i banchi degli studenti, l’imminente en-trata a regime della mensa scolastica, così da andare finalmente incontro alle esigenze di tante famiglie e consentire nel contempo la creazione di nuovi posti di lavoro per i docenti. La speranza è andata ben presto in frantumi al confronto impietoso con la real-

Il PIatto PIangEAncora lontana l’attivazione del servizio di mensa scolastica

tà: la campanella negli istituti di formazione ha ripreso a trillare, ma dei pasti caldi non si scorge nemmeno l’ombra (o meglio, il pro-fumo). L’assessore alla cultura Sara Achil-le spiega le ragioni di questo ritardo con il richiamo a specifiche disposizioni dell’Asl Bari, che avrebbe imposto all’ente comuna-le l’effettuazione di lavori imprescindibili di adeguamento dei locali destinati alla frui-zione del servizio di refezione scolastica, per una spesa preventivata di complessivi 400 mila euro. Somma che sarà a dir poco arduo reperire, in questo periodo di pesanti restrizioni in ambito economico-finanziario.

“Le procedure per il completamento de-gli interventi sono in fase di ultimazione –ha chiarito Achille nel corso dell’ultimo consi-glio comunale- e la mensa partirà a breve, già nel corso del mese di novembre per le scuole dell’infanzia, seguite a ruota dalle elementari”. L’ennesimo annuncio sul pun-

to, che questa vol-ta la cittadinanza si augura possa es-sere rispettato.

Inevitabili, tut-tavia, gli attacchi frontali da parte di vari esponenti della minoranza: dal consigliere Pd Alessandro Ge-smundo (che in un’interrogazione denuncia come “nulla è stato fatto dall’amministra-zione per garan-tire l’apertura in tempo delle mense scolastiche, con la gara per l’affida-mento e l’aggiu-dicazione del ser-vizio pasti per il prossimo triennio che a tutt’oggi non è stata ancora di-sposta” ed avanza perplessità sulla qualità delle pie-tanze da erogare negli ambienti del-la refezione, visto che “occorre ga-rantire la presenza di alimenti biolo-gici e provenienti da produttori loca-li, tenendo conto delle linee guida e delle raccomanda-zioni dell’Istituto nazionale di nu-trizione”) all’altro esponente demo-cratico nell’assise consiliare ed ex assessore alla pub-

blica istruzione Vito Masciale (il quale os-serva come “si continua a registrare grave inadempienza da parte dell’amministrazio-ne, che può vantarsi solo di ridurre i servizi utili e necessari alla collettività” e ribadisce con decisione che “la mancata attivazione del servizio mensa non soltanto penalizza l’utenza, ma rischia di far perdere in modo definitivo posti di lavoro, visto che la refe-zione scolastica consente al tempo stesso di impiegare più docenti nelle scuole bitontine grazie alla conseguente opzione del tempo pieno e di togliere dalla strada per qualche ora in più i minori delle aree degradate”). Insomma, è proprio il caso di dirlo: il piatto dei nostri alunni piange davvero, ed il profu-mo di un pasto caldo ancora non si avverte.

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di Emilio Garofalo

Il 15 settembre è divenuta legge dello stato la delega al governo sulla revisione delle circoscrizioni giudiziarie.

Dal ministro della Giustizia, France-sco Nitto Palma, sono giunti commenti di grande soddisfazione per quella che è stata definita una riforma epocale, at-tesa da anni, da tutti gli operatori del settore.

Tuttavia, a causa dei tagli imposti dalle manovre finanziarie, anche la giu-stizia ha subito pesanti riduzioni, con la previsione di una nuova mappatura degli uffici e degli organi giudicanti.

Il piano di riordino potrebbe produr-re effetti nefasti anche sugli uffici giu-diziari cittadini, tra quelli del giudice di pace e gli altri, sede distaccata del tri-bunale di Bari.

L’accorpamento di questi alle sedi

Una task force contro il rischio chiusura degli uffici giudiziari

GIUStIzIA “AD OROLOGERIA”

centrale, porterebbe, a dire del mini-stro, ad una maggiore efficienza del si-stema, impantanato nella farraginosità di una burocrazia lenta, come a tutti tristemente noto.

In queste condizioni, il ruolo del tri-bunale bitontino potrebbe essere messo presto in discussione.

Dopo l’ospedale, ecco delinearsi, dunque, il rischio di un’altra pesante chiusura.

A sollevare la questione è stato il consigliere del Pd, avv. Francesco Pa-olo Ricci, il quale ha spiegato come la nuova geografia giudiziaria dei tribuna-li porterebbe allo smantellamento degli uffici e, aspetto ben più grave, ad un nuovo collegamento con gli uffici cen-trali di Altamura e non più di Bari.

Ricci ha affermato, nel corso di una

recente assemblea comunale, che il ri-schio potrebbe essere scongiurato solo da un intervento del Comune, che do-vrà farsi carico dell’onere finanziario.

E, mentre dal ministero giungono voci dell’istituzione di un apposito tavo-lo di lavoro, per il raggiungimento degli obiettivi fissati dal governo, il primo cit-tadino, Raffaele Valla, in contatto con i responsabili della sede giudiziaria cit-tadina, dichiara che il tribunale resterà aperto.

Una task-force composta dallo stes-so sindaco, dal segretario generale, da un esponente di maggioranza ed uno di opposizione, e dal presidente dell’asso-ciazione avvocati vigilerà perché la si-tuazione rimanga stabile.

Un’aula del tribunale

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IL CASO

di Carmela Loragno

Le proteste dei residenti e l’intervento del vicesindaco, Domenico Damascelli, han-no sortito l’effetto, negli ultimi giorni, di un intervento di risanamento del settore comu-nale dell’area abbandonata di via Pasquale Mirabella.

Adesso, però, per la restante parte, la più cospicua, dovranno essere i legittimi proprietari a ripristinare idonee condizioni igienico-sanitarie,

Sono mesi che quanti abitano in zona, nelle palazzine realizzate dalle cooperative e nelle numerose villette, invocano l’iniziati-va del Comune, denunciando una situazione di grave precarietà, tra rifiuti, erbacce, ratti e insetti che infestano il terreno.

“Capita spesso -racconta una signora- di trovare in casa, sui muri o per le scale, una miriade di insetti, o di imbattersi, at-traversando il viale d’accesso, in topi d’ogni dimensione”.

Ad allarmare i cittadini sono anche i nu-merosi incendi che, complice l’erbaccia sec-ca, si sviluppano d’estate, con le fiamme che lambiscano auto e caseggiati.

“Un pericolo soprattutto per i nostri ra-gazzi -spiega un’altra donna- che giocano sulle strade adiacenti, compiendo numerose incursioni in quel pezzo di terra, privo di re-cinzione e pieno di rifiuti d’ogni genere: bot-tiglie rotte, oggetti arrugginiti, tavole con i chiodi sporgenti”.

Una situazione grave e indecorosa, che non rende giustizia di un quartiere residen-ziale, in continua espansione, con tante abi-tazioni belle e ricche di verde.

Le proteste, come si è detto, sono giunte all’attenzione del vicesindaco Damascelli, che non ha esitato ad inviare una nota al Servizio igiene pubblica dell’Asl, al Settore ambiente della polizia municipale e all’Asv, denunciando la gravità della situazione e richiedendo un intervento urgente per sa-nificare l’area e restituire tranquillità alle famiglie.

E la risposta non s’è fatta attendere. Ma perché siano ripristinate condizioni di salubrità e sicurezza occorre l’iniziativa dei privati, a cui la gran parte dell’area appar-tiene. Ma in questo caso le speranze di una rapida soluzione del problema sembrano piuttosto fievoli.

Un ricettacolo di rifiuti e rattiProteste per l’area abbandonata di via Pasquale Mirabella

Foto C. Loragno

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nella morSadeI credItorI

Decreti ingiuntivi a Palazzo Gentile per quasi due milioni di euro

di Emilio Garofalo

Nuove grane a Palazzo Gentile.

A preoccupare la giunta, questa volta, la spinosa que-stione del ritardato paga-mento delle fatture, emesse a carico del comune.

L'ente, infatti, avvalendo-si di collaborazioni esterne al fine di eseguire lavori di natura ed entità differenti, ma non essendo in grado di adempiere per tempo la propria controprestazione economica, ha innescato una reazione a catena, che ha portato alla pronuncia da parte del tribunale di un nutrito numero di decreti in-giuntivi.

Il mancato pagamento immediato dei lavori, spie-gano da Palazzo Gentile, si è reso necessario al fine di contenere le uscite entro i limiti del patto di stabilità. Anche se, sul punto, qual-che spiraglio positivo si è aperto nelle ultime settima-ne, con la Regione che si è detta pronta a gestire un ri-ordino delle contabilità dei comuni più a rischio, previa presentazione di richiesta da parte degli enti interessati. Ma, in soldoni sonanti, cosa significa tutto questo?

In due parole, dissesto fi-nanziario. O, almeno, il se-rio rischio che la prospettiva del tracollo possa concretiz-zarsi, nel caso in cui anche gli ausili della Regione non fossero sufficienti per far fronte alle spese.

Premesso, infatti, che le procedure monitorie impon-gono uscite maggiori rispetto alle mere spese di fatturazio-ne, a causa degli interessi le-gali e di mora e delle compe-tenze dei procuratori, nella stagione estiva il comune ha stanziato decine di migliaia di euro soltanto per la retri-buzione di prestazioni edili di natura minore.

Nonostante ciò, sono gli esborsi legati alle pretese

creditizie ancora pendenti a turbare il sonno di sinda-co e giunta. Queste, infatti, stando ai documenti e alle fatture, raggiungono e supe-rano la ragguardevole cifra di circa due milioni di euro. Un ammontare che rischia di travalicare sia i parame-tri del patto di stabilità, sia l'ordinarietà della gestione finanziaria. Nelle ultime se-dute della massima assise comunale, si è discusso ani-matamente della questio-ne. Tra le accuse di Michele Daucelli (consigliere di Sel) sulla falsità di un rendiconto estivo che sarebbe stato gon-fiato ad arte per raggiungere la parità nei conti comuna-li, le critiche degli esponenti del Pd in ordine alla precaria situazione generale della fi-nanza interna (non in grado di sostenere l'aumento espo-nenziale dei costi imposti dai decreti ingiuntivi) e gli auspi-ci del segretario comunale, Salvatore Bonasia, di avviare sul punto una collaborazio-ne matura e responsabile tra maggioranza e opposizione, si stanno cercando soluzioni idonee ad alleggerire la mor-sa creditizia che attanaglia il comune.

Dal canto suo, l'assessore alla comunicazione e al bi-lancio Vincenzo Fiore non ha nascosto di aver riscontrato una diminuzione di entrate di circa 1milione e mezzo di euro, mentre il primo cittadi-no Raffaele Valla ha garantito il rispetto per il 2011 del pat-to di stabilità. Intanto, però, la vigilanza operata da Maa-stricht, che impone il man-tenimento di un determinato equilibrio finanziario, ha por-tato alla sospensione di tutte le erogazioni di denaro sino al termine dell'anno in corso, così da evitare di infrangere i parametri comunitari, con la conseguente applicazione di ulteriori, gravi sanzioni.

Un interno di Palazzo Gentile. Foto R. Schiraldi

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nella morSadeI credItorI

Decreti ingiuntivi a Palazzo Gentile per quasi due milioni di euro

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I conti non tornanoNuove regole, stesse proble-

matiche. Con la legge 220 del dicembre 2010, il governo cen-trale ha modificato sensibilmen-te il funzionamento del patto di stabilità, spostando sempre più il focus sul controllo della spesa in conto capitale.

Obiettivo primario, dosare gli investimenti pubblici che, nel tempo, hanno fortemente contribuito a dilatare il debito nazionale, un malcostume am-ministrativo che deve fare i con-ti con i vincoli stringenti imposti dall’Unione Europea.

In questo scenario, affidan-dosi ad un manifesto scevro da tecnicismi contabili, il sindaco Valla e l’assessore al bilancio Vincenzo Fiore hanno inteso lanciare un messaggio chia-ro alla cittadinanza: l’azione della giunta viene fortemente limitata dai vincoli finanziari, pur avendo a disposizione quel famigerato “tesoretto” rappre-sentato dagli avanzi di ammi-nistrazione che ad oggi non può essere utilizzato.

Manutenzione di strade e scuole, assunzioni di nuovo per-sonale e ogni altro intervento pubblico dovranno, perciò, at-tendere tempi migliori, a causa degli stringenti legacci rive-nienti dal patto di stabilità e crescita.

Intanto, però, la Puglia, spronata dall’Anci, ha teso una mano ai comuni, introducen-do, con delibera dello scorso 4 ottobre, l’istituto del Patto di stabilità regionale verticale e orizzontale, che consente di far leva sugli spazi finanziari posi-tivi messi a disposizione dalla stessa regione e dagli enti locali virtuosi, obbligati dalle nuove norme a contribuire a questa

di Francesco Daucelli

di Salvatore Lorusso

di Salvatore Lorusso

Il comune chiede aiuto alla regione

sorta di fondo comune.In una conferenza stampa

convocata appunto per far luce sulle intervenute novità legisla-tive, Valla e Fiore e la ragione-ria comunale, rappresentata dal segretario comunale Salvatore Bonasia e da Nadia Palmieri, hanno illustrato la situazione concreta della nostra città in questo nuovo contesto.

Al 31 dicembre, il bilan-cio comunale presenterà un saldo finanziario pari a circa 2.093.000 euro, cifra che tut-tavia non riuscirà a colmare il “monte-debiti” di 4.991.822 euro di spese in conto capitale.

Si ottiene, così, un saldo ne-gativo di 2.898.822 euro, che rappresenta lo spazio finanzia-rio che il comune intende far rientrare nel patto di stabilità verticale. A tale ammontare, poi, occorre aggiungere l’im-porto di 500 mila euro relati-vo alla dimensione orizzontale del medesimo patto di stabilità, spendibile entro fine anno.

“La giunta si impegnerà a non sforare mai il patto di stabi-lità. Le conseguenze sarebbero catastrofiche per la cittadinan-za e si propagherebbero alle prossime legislature, a causa dell’inasprimento delle sanzioni rispetto al recente passato”, as-sicura il primo cittadino.

La situazione resta a dir poco complessa, sotto il profi-lo del risanamento dell’attuale situazione debitoria, e lascia pochi margini di movimento per altri progetti, mettendo a dura prova l’inventiva della squadra di governo e la sua capacità di intercettare finanziamenti esterni, i soli ad essere immuni alle ristrettezze e ai vincoli del patto di stabilità.

Il teatro Royal di Bari sarà la cornice della seconda edi-zione del Premio internazionale di danza “San Nicola”, in programma dal 10 al 12 dicembre.

Il concorso, sotto la direzione artistica di Simona De Tullio, è organizzato da Breathing Art Company.

Tre le sezioni previste: classica, moderna e contempo-ranea.

Al concorso sono ammessi solisti, giovani danzatori di età compresa tra 10 e 13 anni per la categoria allievi, tra i 14 e i 16 anni per la categoria juniores, dai 17 anni in su per la categoria seniores, e gruppi, danzatori d’età compre-sa tra gli 11 e 14 anni per la categoria juniores, dai 15 anni in su per la categoria seniores.

Numerose le borse di studio destinate ai vincitori: Fon-dazione nazionale della danza/Compagnia Aterballetto - Italia, H. J. Foundation - Paesi Bassi, Tanzcompagnie - Germania, Ècole de danse de Geneve - Svizzera, Dance in Corpore - Francia, Danser Ensemble – Francia.

L’iscrizione deve essere effettuata entro e non oltre il 27 novembre 2011.

Per ulteriori informazioni: Associazione Cultura-le Breathing Art Company, Via Borrelli 20 - Bari - tel. 3924833990.

cinema e risorgimento

Premio di danza

“Cinema 150 anni” è il titolo dell’originale rassegna, organiz-zata dall’Ufficio attività cultura-li e audiovisivi del Servizio cul-tura e spettacolo della Regione, presso la Mediateca regionale di via Zanardelli a Bari.

La mostra, in concomitanza con le celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, propone una serie di manifesti cinematografici originali, relati-vi a pellicole sul Risorgimento.

Per accedere alla rassegna, aperta sino al 31 dicembre, occorre prenotare al n.080 5405683.

A tutti i visitatori sarà offer-to in omaggio il catalogo con i manifesti in esposizione.

PERISCOPIO

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IL DIFENSORE CIVICOdel dott. Franco Castellucci

Il Patto di stabilità e crescita (Psc) è un accordo stipulato dai Paesi membri dell’Unione europea, in materia di con-trollo delle rispettive politiche di bilan-cio, al fine di mantenere fermi i requi-siti di adesione all’Unione economica e monetaria. Il Trattato di Lisbona, da ultimo, ha previsto il rafforzamento delle misure di vigilanza sui deficit e i debiti pubblici, nonché un particola-re tipo di procedura di infrazione, da applicare nei confronti degli stati che non rispettino i parametri finanziari comunitari.

Concluso nel 1997, il patto, che ha inciso profondamente sulle dispo-sizioni normative all’epoca vigenti in tema di disciplina fiscale, è entrato ufficialmente in vigore con l’adozione dell’euro, il 1º gennaio 1999. In base al Psc, in particolare, i Paesi membri che, soddisfacendo tutti i cosiddetti pa-rametri di Maastricht, hanno deciso di aderire alla moneta unica, devono con-tinuare a rispettare nel tempo i vincoli concernenti il bilancio dello stato, ossia un deficit pubblico non superiore al 3% del Pil e un debito pubblico inferiore al 60% del Pil (o, comunque, tendente al rientro al di sotto di tale soglia).

Il Patto di stabilità interno, invece, è l’insieme delle disposizioni contenu-te nelle Leggi finanziarie dello stato cen-trale, con cui si definiscono nel detta-glio gli impegni degli enti decentrati, nel contribuire all’obiettivo del rispetto del patto di stabilità e crescita, in linea con gli impegni europei assunti dall’Italia.

E’ stato istituito dalla legge finan-ziaria per il 1999: l’art. 28 della legge n.448 del 1998 prevede, infatti, che le regioni, le province autonome di Tren-to e Bolzano, le province, i comuni e

Stabilità? Quel patto da chiarirele comunità montane adottino tutti gli opportuni interventi, atti a diminuire progressivamente il finanziamento in disavanzo delle proprie spese e a ridur-re il rapporto tra il proprio ammonta-re di debito e il prodotto interno lordo. In sostanza, si tratta di uno strumento utile per contenere l’aumento incontrol-lato della spesa pubblica, al di là delle concrete possibilità di stanziamento.

In seguito, il 13 dicembre 2010, il governo approva la legge n.220 (“leg-ge di stabilità 2011”), con la quale ri-scrive la disciplina che regola il patto di stabilità interno per ogni singola regione, introducendo l’istituto del Patto di stabilità regionale verticale ed orizzontale, nell’intento espresso di sopperire alla perdurante rigidità dei vincoli in ambito economico e di adattare le misure di coordinamento di finanza pubblica alle differenti re-altà territoriali.

La maggior parte degli amministra-tori locali, tuttavia, non ha accolto fa-vorevolmente questo sistema norma-tivo. In città, il vicesindaco Domenico Damascelli ha di recente osservato che “così com’è oggi configurato, il Patto di stabilità punisce indistinta-mente buoni e cattivi e ingessa arbi-trariamente l’economia locale.

Sarebbe, invece, opportuno adat-tare regole e vincoli al principio del merito, perché non trovo affatto giu-sto che un comune virtuoso come il nostro debba sottostare alle stesse limitazioni previste per gli enti poco oculati dal punto di vista finanziario, incapaci di gestire la spesa pubblica nello spirito del buon padre di fami-glia”.

L’effetto più diretto che discende

dal doveroso rispetto delle prescrizioni del Patto di stabilità è rappresentato dal blocco dei pagamenti ai fornitori che hanno svolto servizi per il comu-ne; circostanza in grado di determi-nare effetti potenzialmente depressivi sull’economia, causando una contra-zione della liquidità a disposizione per le imprese private.

E così, su richiesta reiterata di numerosi enti locali della Regione e grazie anche alla pressione esercitata dall’Anci regionale, nelle ultime setti-mane è stata approvata la delibera-zione di giunta regionale n. 2207, che istituisce ufficialmente il Patto di sta-bilità regionale verticale ed orizzonta-le, con i relativi criteri di ripartizione. Si tratta di uno strumento pensato come una camera di compensazione orizzontale (tra i diversi enti locali) e verticale (tra i comuni e la regione). Si potranno così coordinare in ma-niera più razionale i flussi della spesa pubblica, a vantaggio dei servizi offer-ti alla cittadinanza, così da evitare la totale paralisi operativa.

Il nostro comune, con questo nuo-vo meccanismo finanziario, potrà definire annualmente gli interventi prioritari da attuare e salvaguardare la qualità delle prestazioni pubbliche erogate e la tenuta del sistema socio-economico.

Già altre regioni hanno adottato un simile sistema di gestione economico-finanziaria, come il Piemonte, l’Emilia e la Toscana; l’auspicio è che anche in Puglia questa iniziativa possa pro-durre risultati concreti, in termini di maggiore accortezza nella gestione della spesa pubblica e di sostegno agli enti virtuosi.

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Un frammento della nostra storia. Una testimonianza di un passato se-gnato da dominazioni straniere e da fre-quenti conflitti armati. Il simbolo di un complesso ed articolato sistema difen-sivo, alla cui solidità era affidata la sal-vezza dei nostri antenati. Sono le mura angioine, che affacciate sullo spettacolo naturale della Lama Balice circondano e custodiscono il tesoro del centro an-tico, con cui condividono attualmente un diffuso stato di incuria e degrado. Erbacce, impianti di climatizzazione abusivamente installati ed infissi peri-colanti, infatti, hanno da tempo offu-scato la bellezza ed il valore storico del tratto cittadino della fortificazione, pro-prio in corrispondenza di uno degli in-gressi maggiormente trafficati al nostro comune.

Ora, è finalmente arrivato il momen-to di voltare pagina, grazie al recentis-simo avvio dei lavori di restauro delle mura angioine lungo via Galilei, ad ope-ra della ditta “Abbatantuono Arcangelo” risultata vincitrice della relativa gara d’appalto. Il progetto esecutivo, elabo-rato dall’arch. Leonardo Vacca, prevede una spesa complessiva di poco più di 815 mila euro, dei quali 750 mila sono stati assicurati dai fondi Fesr ed i re-stanti 65 mila sono a carico delle casse comunali. Gli interventi, la cui direzione

QUANDO IL PASSAtO RIAffIORA

Al via i lavori di recupero delle mura angioine e dei giardini pensili

è stata affidata all’arch. Giuseppe Can-nito (con l’ing. Luigi Puzziferri nelle vesti di responsabile unico delle operazioni), avranno una durata programmata di 10 mesi e si concluderanno nel prossimo agosto.

“I cantieri –illustra l’assessore ai lavori pubblici Vito Antonio Labian-ca- comporteranno la pulizia completa delle mura ed il recupero funzionale di porta La Maya, tra l’altro con il ri-posizionamento della grossa pietra che si staccò dalla struttura qualche anno fa. Saranno così eliminate tutte quelle impurità, di origine naturale o artifi-ciale, che oggi coprono lo splendore del monumento lapideo. In più, saranno restaurati i giardini pensili dell’attiguo museo diocesano, che verranno riquali-ficati anche con l’inserimento di nuove essenze arboree, già concordate con la competente Soprintendenza. La volontà dell’amministrazione è di realizzare per un verso una serie di percorsi paesaggi-stici di assoluta qualità, all’interno dei quali andremo a risistemare la vecchia cannoniera, e per altro verso spazi ac-coglienti dove ospitare manifestazioni di vario genere, come piccoli concerti e mostre fotografiche”.

Intanto, procedono a passo spedito i lavori per la costruzione del nuovo mu-seo diocesano, negli ambienti dell’ex se-

di Pasquale Bavaro

minario: i locali interni sono completa-mente ultimati ed in attesa soltanto del collaudo finale, mentre le operazioni di recupero stanno in queste settimane in-teressando le coperture dell’edificio ed il chiostro d’ingresso. L’avvento del 2012 porterà con sé l’inaugurazione di questo autentico tesoro di arte e cultura, a di-sposizione di fedeli e comuni cittadini.

In maniera analoga, nel prossimo febbraio il nostro comune potrà fregiarsi della nuova piazza Cavour, visto che gli interventi di ripavimentazione e riquali-ficazione dell’agorà stanno rispettando il cronoprogramma iniziale: l’attenzione dei tecnici è ora concentrata nel col-mare le lacune esistenti nell’ambito del sistema di chianche che arriva a porta Baresana, per poi passare alla fase del trattamento delle buche e della lavora-zione superficiale di alcune basole.

“La notizia positiva di queste ultime ore –annuncia Labianca- è la raggiunta certezza che l’intera area sarà sistema-ta con il vecchio basolato già a nostra disposizione, con l’unica eccezione del marciapiede circostante il fossato del Torrione Angioino”.

L’ennesima traccia del nostro glorio-so passato che sta per tornare a nuova vita.

I lavori di recupero del giardino pensilepresso il nuovo museo diocesano.

Foto F. Verriello

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Valorizzazione e promo-zione delle produzioni tipiche del territorio, al fine di por-tare in tavola a basso costo i prodotti locali tramite ven-dita diretta tra gli imprendi-tori agricoli e i consumatori, nonché regolamentazione del commercio itinerante di frutta e verdura.

Sono questi gli obietti-vi che persegue il “mercato del contadino”, un progetto avanzato in più occasioni dal consigliere di minoranza Franco Natilla (Riformisti), per porre rimedio ad un “pro-blema che affligge da tempo

Bitonto, ovvero la vendita il-legale di prodotti agricoli ad ogni angolo delle strade, che crea disagi ai commercianti che operano nel pieno rispet-to delle regole”.

Un fenomeno spesso in contrasto con l’art. 12 del Piano comunale del commer-cio su aree pubbliche, che consente l’esposizione della

Il mercato del contadino per battere gli abusivi

Intanto, stenta a decollare la struttura agro-alimentare di via Berlinguer

merce esclusivamente sul mezzo adibito al trasporto della stessa, sempre che non vi sia intralcio alla circolazio-ne stradale.

Le soste, che devono di-stare tra loro almeno 500 metri, non possono durare più di un’ora, con divieto di tornare nello stesso posto nell’arco della giornata. E’ inoltre vietato l’esercizio del commercio itinerante in al-cune strade e piazze, come il corso, le vie Repubblica, Ver-di, Ammiraglio Vacca e Mat-teotti (nel tratto compreso tra piazza Moro e via Mazzini) e

le piazze Moro, Marconi, Ca-vour, Partigiani d’Italia, 26 Maggio.

Secondo il regolamento, che sarà portato in consiglio comunale, il sito da destina-re a mercato del contadino è individuato in piazza Aurelio Marena, con l’allestimento di 12 postazioni. I soggetti ammessi alla vendita saran-

no gli imprenditori agricoli iscritti al Registro delle im-prese della Camera di com-mercio.

“Vogliamo evitare che Bitonto diventi la Riccione senza mare della provincia di Bari”, commenta l’ass. alla comunicazione Vincenzo Fiore, promotore in giunta dell’iniziativa, paragonando la città alla località balneare, per via dei numerosi ombrel-loni aperti dagli ambulanti ad ogni angolo delle strade.

“Ancora tutto in itinere. Valuterò il regolamento e provvederò a coinvolgere il

mondo degli agricoltori”, an-nuncia l’ass. all’agricoltura Domenico Damascelli, con-vinto della necessità di rego-le precise che consentano la vendita ai soli produttori in regola, affinchè non si arre-chino danni al commercio.

Ma mentre in pieno cen-tro si appresta a sorgere l’ennesima struttura, sono

Michele Cotugno

ormai tre anni che il mercato agro-alimentare di via Ber-linguer, destinato alla vendi-ta al dettaglio e all’ingrosso per favorire i prodotti a kilo-metro zero, è quasi inutiliz-zato. Gestita dal 2008 dalla società Agrifutura srl, ammi-nistrata da Carlo Stragape-de, la struttura ha avuto si-nora vita travagliata, a causa della scarsa propensione dei produttori ad aprire un’atti-vità al suo interno.

Crisi e produttori restii ad investire sono le cau-se, secondo Stragapede, del mancato decollo. “Bisogna

attivarsi per rendere fruibile il mercato”, osserva Vincenzo Fio-re, che pur non cela qualche perplessità in ordine all’effettiva portata della struttu-ra.

Ma l’assenza di produttori disposti ad usufruirne non è l’unico problema. Questione non meno importante è, infatti, la mancanza dell’au-torizzazione di agibi-lità. “Rompicapo per la cui soluzione l’am-ministrazione comu-nale sta offrendo la massima collabora-zione”, assicura l’am-ministratore del polo di vendita, che indica tempi brevissimi per l’adozione del provve-dimento.

“Sono attivi all’in-terno del mercato sei box su dodici e il set-timo è in via di aper-tura”, riferisce Stra-gapede, che annuncia l’organizzazione di una fiera natalizia in collaborazione con la

società “Eventi Expo” dal 16 dicembre a 6 gennaio, col patrocinio del comune, e di un mercatino bisettimanale dell’usato, per attirare espo-sitori da tutta la Puglia, da realizzarsi nella prossima primavera.

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Il mercato agro-alimentare di Via BerlinguerFoto F. Verriello

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L’INTERVENTO

di Nicola Antuofermo

La situazione drammatica in cui ver-sa il Paese, negli ultimi mesi si è ulte-riormente aggravata, a causa dell’inca-pacità del governo di trovare soluzioni eque e condivise, non dico per placare, ma alme-no per mitigare i ven-ti di crisi, in attesa di tempi migliori.

La stragrande mag-gioranza degli italia-ni, abituata ormai ad adottare soluzioni individuali pur di so-pravvivere, con ritardo va prendendo coscien-za di essere stata ab-bandonata dai propri governanti, siano po-litici di professione o espressione del mondo economico, impegnati in tutt’altre faccende, decidendo di scendere in campo, con rabbia e coraggio, e sperando in un cambiamento. Sant’Agostino scris-se: “La speranza ha due figli, la rabbia e il coraggio. La rabbia per come vanno le cose, il coraggio di vedere come potreb-bero andare”.

In questo scenario così drammatico, l’argomento più dibattuto è divenuto quello dei costi della politica, in Italia così elevati da risultare sotto attenta os-servazione da parte di tutti i partners della Comunità europea. C’è chi ha ac-comunato gli sprechi determinati dal mantenimento di una pletora di parla-mentari, ministri, viceministri, sottose-gretari e portaborse nell’Urbe, a quelli per gli amministratori degli enti locali (Regioni, Province, Comuni).

Tale correlazione, a mio avviso, è in parte errata.

Preciso in parte, perchè in alcuni casi si mostra azzeccata mentre in altri appare addirittura più calzante, sotto diversi aspetti.

Premetto che la realtà gestionale de-gli enti locali è ben diversa da quella de-gli organismi nazionali, per una serie di motivi, tra cui il raggio d’azione, il nu-mero degli amministrati, la materia di-versa da trattare, il contatto ravvicinato con la comunità, la priorità dei servizi da fornire, la composizione del territo-rio, la cultura degli amministratori e de-gli amministrati.

Difatti, è più facile amministrare co-munità che non superano 1.500, 5.000 e 10.000 abitanti, dove paradossalmen-te si ritiene che i costi della politica debbano essere incrementati considere-

I COStI DELLA POLItICA

volmente. Mentre è più difficile ammini-strare realtà che superano i 15.000 abi-tanti, dove effettivamente i costi della

politica incidono maggiormente .

Anche per queste ultime occorre fare una netta distinzio-ne, separandole in due macro-gruppi. Il primo è rappresentato da quegli enti in cui si è consoli-dato negli anni un rapporto am-min i s t ra t o r i /amministrati di fattiva collabora-zione, impronta-to sul rispetto di entrambe le fun-zioni e sul reale ottenimento dei risultati, in base agli obiettivi pre-

fissati in modo partecipato e, com’è il caso di dire, comune. Dove i cittadini sono stati portati sulla scena ed è stato concesso protagonismo alle persone.

In questo caso, gli oneri che si vanno a sostenere per sindaco, vicesindaco, assessori, consiglieri, commissioni con-siliari, vari presidenti e vicepresidenti dovrebbero essere esclusi dalle criti-che ai cosiddetti “costi della politica”, in quanto offrono un ritorno positivo e gradito a tutta la comunità.

Il secondo macrogruppo è costituito da quegli enti che, pur vantando una cospicua eredità positiva, negli ultimi anni sono stati amministrati, in buo-na parte, da personaggi che imitando il comportamento delle forze politiche na-zionali di maggioranza, hanno conside-rato gli scranni occupati e gli incarichi ottenuti come un mezzo per la propria personale sopravvivenza.

Soggetti non adusi a comprendere che la politica è un servizio alla collet-tività e per i quali gli stipendi o le in-dennità servono per campare e non per altro.

In questo secondo macrogruppo è ricaduto negli ultimi tempi il nostro Co-mune, se sono vere, e sono vere, tutte le notizie riportate dai media e trapelate attraverso la cortina di ferro del palaz-zo; cortina che, in realtà, si sta rilevan-do più di burro, a causa di tante parole inutili, che forse tendono a nascondere la verità o a narrarla in modo distorto.

Ritengo, nel caso specifico, che la questione dei “costi della politica” sia

diventata di vitale importanza e che ali-menti la sfiducia dei cittadini nei con-fronti dei propri amministratori.

Ma si può pensare che valga la pena spendere centinaia di migliaia di euro per un consiglio comunale, che per po-ter svolgere i propri lavori ha bisogno della presenza di tre vigili urbani e quattro pattuglie dei carabinieri, com’è successo in occasione di una recente riunione dell’assise cittadina? E quali sono i motivi da cui scaturisce il timore che possano scatenarsi episodi di vio-lenza?

E che dire del dibattito e dell’appro-vazione di punti di secondaria impor-tanza, che non meritano certo il dispen-dio di tante risorse finanziarie (basti pensare ai dipendenti comunali addetti ai lavori).

E poi si dà tutta la colpa alla buro-crazia se i provvedimenti amministrativi hanno tempi biblici e giungono a com-pimento, quando già nuove norme sono state dettate dal legislatore, rendendo talvolta necessari nuovi provvedimenti.

Quando i risentimenti superano i sentimenti, quando la serenità nel-le scelte viene minata da maggioranze risicate e rabberciate, quando i ricatti politici prendono il posto dello studio e della risoluzione dei problemi, quando la confusione scopre il fianco alle tenta-zioni, quando le esperienze e il lavoro di pochi non vengono più ritenute risorse ma interpretate come ostacolo a proget-ti altrimenti irrealizzabili, quando ven-gono utilizzate risorse in attività meno utili di altre, quando le norme di finanza pubblica ti obbligano all’ordinaria am-ministrazione, quando incalza l’appro-vazione di atti per i quali è necessaria una maggioranza qualificata, quando praticamente si è rotto definitivamente il rapporto con tutta la comunità, l’uni-ca cosa seria da fare è passare dalla re-sistenza inutile ad una coesistenza lea-le, ponendo i presupposti per la nomina di un Commissario straordinario.

Tutto ciò al fine di eliminare i costi della politica e varare tutti quei provve-dimenti, che attendono urgentemente di essere approvati per il bene della città.

Se così sarà si riuscirà ad attraver-sare la palude riuscendo a rimanere puliti. Si riprenderà il giusto dialogo po-litico fra tutte le forze politiche e sociali, come già un tempo in questa città.

E coloro che hanno accumulato molte adolescenze, avranno il diritto di accumulare molte vecchiaie con il loro bagaglio di esperienze, risorse da recu-perare e riutilizzare.

Nicola Antuofermo

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di Pasquale Bavaro

“Un luogo di dibattito, di elabora-zione socio-politico-culturale e di re-alizzazione di progetti mirati allo svi-luppo del territorio”. Così lo statuto costitutivo descrive “Il Ponte”, la nuo-va associazione che da qualche mese ha cominciato ad operare nel variegato panorama della nostra città. Un soda-lizio che si propone di unire esperienze diverse e di rappresentare uno stru-mento di collegamento tra le differenti realtà del nostro bacino urbano, con l’attenzione rivolta in via esclusiva alla ricerca del bene e della crescita della collettività.

“Il nome della nostra associazione –spiega Matteo Masciale, presidente del movimento, che sarà affiancato nel suo incarico dalla vicepresidente Marina Brandi e dal segretario Dome-nico Lacassia- è quanto mai emble-matico della volontà ferma di segnare un punto di incontro tra i vari terri-tori cittadini, come confermato anche dall’immagine del ponte di Castellucci che abbiamo scelto come simbolo del nostro ente. L’intento è contribuire a migliorare Bitonto, coinvolgendo at-tivamente le nuove generazioni nella vita pubblica ed istituzionale e stimo-lando dibattiti ed assemblee finalizzate a favorire lo sviluppo del pluralismo e della pari dignità e la maturazione del-

Un “Ponte” unisce la città

La nuova associazione politico-culturale promuove incontri e dibattiti nelle piazze

la cultura e dell’arte, nella direzione di un’accresciuta sensibilità sociale”.

Il sodalizio, che per il momento esclude una sua partecipazione all’in-terno di uno specifico cartello eletto-rale (pur facendosi promotore delle primarie come metodo efficace di sele-zione dei rappresentanti politici), mira a diventare trampolino di unione tra-sversali e sta lavorando alacremente per non restare una mera cometa sul territorio. In quest’ottica, entro Na-tale verrà inaugurata una sede fisica dell’associazione, che si sta progressi-vamente strutturando al suo interno, anche grazie al generoso apporto di numerosi cittadini che hanno mani-festato la loro disponibilità a prender parte all’organizzazione delle prossime iniziative. “Il Ponte” intende, dunque, investire seriamente sulla nostra città (“che si presenta ricca di tante sfac-cettature positive, di cultura, di pro-fessionalità, di giovani desiderosi di lasciarsi coinvolgere, ma che oggi vive una forte e drammatica crisi del senso di appartenenza ad una comunità, an-che a causa di un eccessivo particola-rismo”, osserva Masciale) e fungere da pungolo costruttivo nei confronti della classe dirigente e dell’amministrazione (“che dovrà assumersi quanto prima le proprie responsabilità e rispondere

alla popolazione delle tante inefficien-ze registrate in questi ultimi anni, da non collegare solo al patto di stabilità, e della minore attenzione riservata nei riguardi di questioni fondamentali di portata sociale”, attacca il responsabi-le del movimento). Il primo progetto sul quale l’associazione si sta soffermando ha un titolo assai incisivo: “La Bitonto che vorrei”. Dopo la prima fase, che nel mese di luglio ha portato all’individua-zione da parte dei cittadini di sei icons su cui urge intervenire (cittadinanza attiva e partecipazione, mobilità soste-nibile, ambiente, legalità e sicurezza, qualità della vita, valorizzazione delle risorse economiche), a breve si apri-rà il secondo momento dell’iniziativa (chiamato provocatoriamente, a metà tra inglese e dialetto, “meet a post”). Sei mesi di incontri senza filtro con la collettività, di ascolto e partecipazione dal basso in sei piazze della città, con dibattiti e riflessioni sui diversi ambiti operativi, in vista dell’elaborazione di proposte concrete da affidare al ceto politico. Un occasione importante di coinvolgimento del corpo elettorale nella costruzione di un futuro migliore, per porre i primi mattoni di quel ponte tra governanti e governati che costitu-isce l’autentico segreto della democra-zia.

Gli attivisti dell’associazione “Il Ponte” nella prima fase dell’iniziativa “La Bitonto che vorrei”

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CORSIVETTO

di Pasquale Bavaro

In allerta, cittadini! Alcuni fanta-smi di colore giallo sono stati avvi-stati per le nostre strade. Compaiono sporadicamente, muovendosi verso direzioni ai più ignote, senza rispet-tare tempistiche ben determinate, ed hanno un nome assai peculiare: autobus di linea. Sì, perché il nostro è forse l’unico (o quasi) comune sul territorio nazionale, nel quale non viene assicurato alla collettività un adeguato servizio di pullman di città, per spostarsi dalle periferie al centro e viceversa.

O meglio. Sulla base delle infor-mazioni in nostro possesso, vi sono alcuni mezzi (non molti, in verità), gestiti da Miccolis di Modugno (so-cio di maggioranza) e Asv, che collegano vari punti del tessuto urbano (dalla 167 all’area mercatale, da corso Vittorio Emanuele alla sta-zione ferroviaria e alla pi-scina comunale). Ma il vero problema è che ad oggi nes-suno è in grado di conoscere le informazioni basilari che dovrebbero contraddistin-guere un trasporto pubblico: orari di percorrenza, luogo esatto in cui è posizionata la fermata, esercizi presso i quali è possibile acquistare i titoli di viaggio, costo del biglietto, tratta realmente percorsa dai bus. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: pul-lman fantasma circolano to-talmente vuoti, senza alcun passeggero a bordo, tranne qualche fortunato che alla vista del mezzo in transito ne chiede la sosta ed ottiene uno spostamento più rapido da un punto all’altro della città.

Un autentico controsen-so, che non soltanto tradisce in radice qualsivoglia politica diretta allo snellimento del caotico traffico cittadino (che non può prescindere dalla disponibilità di strumenti al-ternativi di circolazione), ma soprattutto determina uno spreco di denaro pubblico, senza alcuna ricaduta posi-tiva per la collettività. Tan-to più se, come sembra, il servizio in questione è stato valutato meritevole di finan-ziamenti regionali nel setto-re dei trasporti.

In altri comuni, invece (nel Nord evoluto come nel

BUS FANTASMATra disservizi e mancanza di informazione,i pullman di città viaggiano sempre vuoti

Mezzogiorno), sono attive una pluralità di linee di autobus cittadini, sempre af-follati da cittadini che scelgono consa-pevolmente di “abbandonare” l’auto in garage e raggiungere il posto di lavoro (o l’università o il luogo di svago) in pul-lman. Perché tale possibilità deve esse-re preclusa ai bitontini? Dalla risposta a questo interrogativo dipende un tas-sello importante della nozione di civiltà e di stato al servizio della collettività.

Del resto, basterebbe soltanto un piccolo sforzo informativo e di miglio-ramento della qualità della rete: per

esempio, installare apposite pensiline in corrispondenza delle varie ferma-te, divulgare sul portale del comune e dell’Asv (e attraverso manifesti pub-blici) gli orari di percorrenza degli au-tobus e i siti dove poter acquistare i biglietti, differenziare anche nume-ricamente le diverse circolari in base alle zone della città servite. Interventi non certo onerosi, che garantirebbero da subito sicuri vantaggi per la popo-lazione. Scacciando finalmente quei fantasmi gialli che si aggirano minac-ciosi per le nostre strade.

Foto C. Loragno

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dolceamarodi Mario Sicolo

Può la superficialità cancellare la sto-ria?

Sì, vogliamo dire, può una leggerezza polverizzare il silenzio secolare delle pie-tre?

La sentenza del Consiglio di Stato che ha respinto il ricorso (un’ultima spiaggia, in pratica) presentato dal Comune di Bi-tonto contro il Ministero per i beni e le attività culturali e la Siciliano Costruzioni Srl, condannandoci a pagare più di mez-zo milione di euro –un miliardo e passa del vecchio conio– per la distruzione della chiesetta rurale di Sant’Aneta, pare sug-gerirci che forse si può, ma a ragionevole, caro prezzo.

Accadde l’estate torrida di nove anni fa, c’erano da spianare terre incolte per farci una strada, utile certo alla già tanto martoriata nostra zona artigianale.

La storia, però, volle che lì, in quell’an-golo remoto di città, resistesse ancora l’edificio religioso dedicato alla santa, il cui nome è, con tutta probabilità, la ver-sione volgarizzata di Agnese.

Alcune pareti ancora impavidamente diritte, l’abside intenzionato a resistere. La chiesetta era a pianta greca, insom-ma era davvero antica ed aveva recitato pure una parte importante durante quella famosa Battaglia di Bitonto del miracolo dell’Immacolata.

Bastò una ruspa per coriandolizzare il tutto. Mancò solo il tappeto sotto cui na-scondere le macerie.

Il sindaco di quei giorni, il per molti altri versi eccellente prof. Nicola Pice, si limitò ad osservare che trattavasi d’un rudere. Un’uscita non proprio degna d’un

uomo che è stato presidente del Centro ri-cerche e studi, istituzione ampiamente be-nemerita nell’ambito culturale cittadino, ed è un profondo cultore della classicità.

Partirono le indagini, furono individua-te colpe “in eligendo” e “in vigilando”, e stavolta non è il latinorum prendingiro di manzoniana memoria, ma un duo di formu-le giuridiche specifiche che designano con precisione il responsabile della grave per-dita d’un piccolo grande gioiello storico-architettonico.

Ora, ci perdonerà il nostro concittadino e regista di gran vaglia poetica Pippo Mezza-

Il paese delle spese infelici

pesa, se gli rubiamo il titolo del suo ultimo film, storpiandolo.

Però, tra il parcheggio interrato mai realizzato con tanto di penale pendente su Palazzo Gentile, la nuova scuola De Ren-zio, della quale fu posta la prima pietra poi rivelatasi tombale, e appunto la cifra astronomica (530 mila euro) per rimedia-re alla follia della distruzione di Sant’Ane-ta, Bitonto ci pare davvero “il paese delle spese infelici”.

La chiesetta di Sant’ Aneta come si presentava prima della demolizione

di Pasquale Bavaro

Indignati per una crisi economica che penalizza le classi più deboli. Indignati per l’operato iniquo del governo nazionale. Indi-gnati per l’inadeguatezza dell’amministra-zione locale.

Ecco i tre bersagli principali della mani-festazione di protesta, organizzata dal cir-colo “Peppino Impastato” della Federazio-ne della sinistra, sulla scia del grande corteo che ha sfilato per le strade di Roma lo scorso 15 ottobre; passato, purtroppo, in secondo piano rispetto alle violenze dei black bloc.

In piazza Sant’Egidio, bustoni di immon-dizia a simboleggiare i diritti dello stato

In piazza il circolo “Peppino Impastato”

La sinistra s’indigna

sociale sempre più umiliati dagli interventi dell’esecutivo, e cartelloni illustrativi per cercare di far luce sui tanti, troppi misteri della grave depressione che attanaglia le economie mondiali. I giovani del movimento hanno avuto modo così di comunicare tutto il loro malessere “per un’economia che vie-ne concepita come il fine esclusivo dell’agi-re umano e per il fallimento delle banche causato dagli speculatori, che hanno gene-rato la crisi globale con la loro finanza di carta”, come si legge in una nota divulgata dai rappresentanti del movimento.

Nel mirino della protesta sia il governo

Berlusconi (“che per fronteggiare la crisi non ha trovato di meglio che stangare lo stato sociale, colpendo con l’ennesima ma-novra la gran massa della popolazione, pri-vandola di servizi, sanità, scuola e pensioni, e che mette in atto continue limitazioni alle libertà garantite dalla Carta costituzionale e al diritto del lavoro”) sia la giunta Val-la (“rissosa e spocchiosa, nonché incapace di assumere un vero ruolo propulsivo nelle scelte che dovrebbero garantire il benessere sociale e la crescita culturale ed economica della città”).

La piazza si trasforma, allora, per la Federazione della sinistra, in occasione propizia di rivalsa, in fermento di novità, in annuncio della possibilità di interrompe-re “una catena fatta di egoismo, malafede ed incapacità di gestire la cosa pubblica”, come si legge nel comunicato del circolo.

Soprattutto ad opera delle nuove gene-razioni, per le quali il futuro rischia di rima-nere soltanto un’incognita. Una sinistra che prova a riscoprire la sua natura più vera. Di lotta e di tutela delle prerogative delle fa-sce più fragili della popolazione.

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Pasquale Bavaro

La formazione sanitaria come stru-mento di prevenzione, di maturazione personale e di presa di coscienza del pro-prio ruolo all’interno della società, Con questi intendimenti, nelle scorse setti-mane i ragazzi della cooperativa “Auxi-lium”, che gestisce lo sportello Sprar di piazza Moro per richiedenti asilo, hanno organizzato un incontro dedicato alla conoscenza delle tecniche di primo soc-corso e degli elementi basilari dell’igiene personale. L’iniziativa è stata guidata dal dott. Oronzo Vacca, il quale tra l’altro ha illustrato agli stranieri beneficiari del progetto “Refugees in Progress” le moda-lità d’uso dei vari medicinali, consegnati loro all’interno di appositi kit per il primo soccorso.

La proposta formativa ha riscontrato una partecipazione numerosa ed attiva da parte di soggetti delle più diverse na-zionalità, che, grazie all’ausilio dei me-diatori interculturali, hanno interagito con il professionista ponendo domande e dimostrando viva curiosità per l’argo-mento.

Un risultato che conferma ancora una volta la bontà del lavoro posto in essere dai membri della cooperativa “Auxilium”, sul terreno dell’assistenza e della prote-zione degli stranieri richiedenti asilo.

La difficile “arte” del primo soccorsoUn incontro di formazione sanitaria per gli stranieri richiedenti asilo

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9 Ubriaco: da U’ Brianz, è voce schiettamente lombarda. 10 Secondo il Sapegnoff si tratta di vodka russa. 11 La conclusione logica di questa terzina è lampante. 12 È uno che ce l’ha sempre duro (cfr. Publius Ovidius Naso - “Vita e opere

di S. Priapo da Mileto” – ed. SPQR). 13 Prima usava il dito grosso (del piede, s’intende).14 Sinonimo di parassita. 15 È esplicita l’allusione alla camicia nera. Zozzone! 16 Squadra da disegno: risale a quando frequentava l’istituto per geometri

“Ludovico Arrosto”. 17 Se le nascite sono diminuite per via di Renato Zero (!?). Boh? 18 Usanza che infonde allegria e “Laetitia” (cfr. Yo Soky Na-Oh-My – “Il

Bongo Bongo” – Ed. Ford Escort) 19 Viene segregato in Averno chi dice il vero nel falso della bilancia (cfr.

lodo Schifati e lodo Al Fango & Al Pacino) 20 Virgilio, notoriamente bisessuale, talvolta si faceva il vate e talvolta il

mantovano (ma di nascosto). 21 Detto anche semenza. 22 Conclusione schiettamente foscoliana (cfr. Card. Mendoza – “Vita e ope-

re pie di S.Ugo Boscolo” - ed. Paoline).

controcorrentedi Mimì Luiso

dante: lo cHanto PrImordIale

1 Equivalenti a circa 7.825 settimane, 54.780 giorni, 1.314.720 ore (cfr. Galli Leo – “Il gatto sardo” – ed. ???)

2 All’Italia neonata si cambiarono i pannolini. 3 Sono sempre i pannolini. 4 Secondo il Cogli Oni significa “concessione am-

ministrativa a esercitare una data attività o professio-ne”; di diverso parere è il Devoto agli Oli che equi-para il temine a qualifica. Il Katzarovsky ne sostiene la derivazione da patire (come participio presente) esternando il proprio concetto di unità d’Italia quale evento apportatore di patimenti e guai.

5 Ridente città adagiata sulle coste del Mar Nero (cfr. J.H. Planisferi – “Storia del Risorgi-mento Ceceno” – Ed. Peribosky)

6 Trattasi di Nikolajev (?) Jeronimus Fisky & Fiasky, patriota russo naturalizzato congo-lese.

7 Il Poeta non specifica se sono ore anti o pomeridiane.

8 Per via della differenza di fuso e co-nocchia tra Italia e Congo.

Cari amici, così tanto per cambiare un po’ e non essere sempre serioso, mi sono tolto i panni soliti e per una volta indossati quelli di Dante e Virgilio, a spasso per l’Inferno.

Non ve la prendete, perciò. Ma poi, dovrebbe prendersela il Divino Poeta per averlo io maciullato con i miei versacci.

E allora, eccovi un cumulo di terzine dantesche (almeno nella struttura formale), con tanto di chiose (si fa per dire).

Non fate gli schizzinosi se troverete qualche parola da bassifon-di (come il sedere). Per quanto mi riguarda, io non me ne meno

gloria perché “sic transit gloria mundi” (bella espressione rovinata da una bocca spor-

ca). Amen.

Lettor, tu sai che centocinquantanni1

addietro all’anno d’oggi qui presente a lo Stivale si cambiâro i panni2

sì che si disse allora ad ogni gente che, tolta giuso e suso ogni pezza3, un nome solo ebbe per patente4

e Italia fu dall’Alpi ad Acitrezza5. Così fu scritto da qual tal Colino6 detto il Fischietto il quale all’una e mezza7

dice che son le nove del mattino8. Fatta l’Italia, stando al suo pensiero (che, ubriaco9, ubriacava col suo vino10),

detto non fu se gli Italian si fêroe non si fêro in modo sì lampante che chi il contrario dice non è vero11.

Lettore, se ne sono dette tante come qual Bossi12 che ‘l drappo tricolore usa nel cesso13 pel suo cul cacante.

Or dimmi tu se in questo gran grigioreRoma è soltanto una signora ladra e il Sud un corpo morto succhiatore14.

Davvero qui c’è cosa che non quadra 14 ed perciò che lo Berlusca nero15 in campo scese un dì con la sua squadra16

E se la crescita si è uguale a zero17 lui se la fa con donne non cresciute18 ancora per età senza mistero.

E chi non vuol nel cul esser fottuto per raccontare il vero a quattro venti subito nell’Averno vien speduto19.

Or qui mi trovo, miso tra i perdenti a rimembrare quell’età feliceche fu negata alle più eccelse menti

chè della terra mia ogni radice fue estirpata senza la pietate che in casi come questi or s’addice.

In questo Averno, allora, verno e estatei vo ramingo a lo Vergilio insieme che mantovano fue e pure vate20.

De canti che verranno è questo il seme21

ovver spermatozoo per li natali d’ognun de’ versi che nel cor22 mi preme.

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Giunge al termine, in una mite domenica di fine ottobre, la settima edizione del Traetta Opera Festival.

L’evento conclusivo del-la rassegna si svolge in una cattedrale gremita, splen-dida e abbagliante come un miraggio. Il concerto, diretto dal maestro Vito Clemente, è discreto, nella sua imponen-za, e leggero, nella sua com-plessità.

Colpisce l’estetica del

L’opera di Traetta unisce il virtuosimo dei musicisti italiani col talento degli interpreti giapponesi

coro, tanti i volti e diversi. Per la prima volta, sull’alta-re della chiesa madre, artisti italiani vengono affiancati da un’ensemble di colleghi giap-ponesi.

Gli artisti orientali, aman-ti della storia musicale cen-tenaria della nostra città, del genio di Tommaso Traetta, bitontino all’anagrafe ma europeo di adozione e nella visione culturale del mondo e della composizione, vivo-

no finalmente l’emozione di suonare nella sua terra.

Durante l’esecuzione del “Miserere”, riproposto nella revisione di Dan Voiculescu e rielaborato per l’Edizione centro studi e documenta-zione musicale “Tommaso Traetta”, i soprani, i mez-zisoprani, i maestri del coro e l’orchestra vivono l’alternanza delle loro voci intermedie, vocalizzando un’opera sacra che scandi-

sce i momenti esecutivi con la predominanza di toni minori e che apre la strada a emozio-nanti duetti di aree e cori.

Sono, queste, grandi pagi-ne, di un’espressività densa e morbida, imponente e cupa. Il Traetta sacro è un autore che vive attraverso l’intensità dei suoi interpreti e il concerto conclusivo dell’Opera Festival ne dimostra la complessità e l’intensità espressiva.

Ma quello descritto è sol-

Emilio Garofalo

L’ARtE COME “LIAISON”

Le foto di Gaetano Lo Porto sono relative all’esecuzione in Cattedrale del “Miserere” di Traetta

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Primo piano ottobre 2011L’opera di Traetta unisce il virtuosimo dei musicisti italiani col talento degli interpreti giapponesi tanto l’epilogo della rassegna

dedicata al grande composi-tore.

Oltre a questo, infatti, c’è l’intera storia della settima edizione del festival a lui de-dicato, frutto della collabo-razione tra Comune, Unione europea e Regione.

Un’edizione resa ancor più particolare dal conco-mitante esordio del Festival Italia-Giappone, patrocinato dal Comune e affidato alla direzione artistica del mae-stro Kazuhiro Kotetsu.

Un racconto realistico e suggestivo di culture che si fondono. Italia da una spon-da, Giappone dall’altra; uo-mini lontani e diversi, musi-cisti che, muovendo i propri passi sull’universale ponte della musica, scoprono di avere un comune retroterra emozionale.

Una passione, la loro, che accorcia lo spazio, al pun-to di ritrovarsi tutti su uno

stesso palco a raccontare la musica, i tormenti, le visioni e le rivoluzioni di un uomo, figlio di questa terra, che ha inciso sui destini dell’opera e della lirica in tutto il mondo.

Un racconto di un rap-porto sincero d’amicizia e ri-spetto. Una fratellanza. Una comunione d’intenti. Una sfi-da lanciata dal maestro Vito Clemente durante le sue tra-sferte in Giappone, dove in-contra grandi talenti, virtuosi dalla precisione accademica, professionisti dall’imponente vocalità e dotti strumentisti, accomunati dal desiderio di apprendere quella geniale capacità di improvvisare e di creare, tutta splendidamente europea ed italiana.

La delegazione artistica giapponese giunge, così, in città.

E’ accolta con entusiasmo dai cittadini e dalle strutture ricettive, riscopre le delizie della città vecchia, e, soprat-

tutto, si dichiara pronta ed entusiasta di calcare il pal-coscenico del teatro, splen-dida cornice dal sapore ot-tocentesco, per far proprie le straordinarie ricchezze musicali della nostra cul-tura.

Comincia un tour di pre-sentazione della rassegna, con esibizioni nelle chiese cittadine e delle frazioni, in eventi culturali e di matri-ce sociale, come accade in occasione del concerto Pro Airc, realizzato in collabo-razione con il Kunitachi College of Music. A seguire, masterclass, concorsi in-ternazionali di canto lirico e manifestazioni mattutine riservate agli studenti.

E, poi, finalmente, la serata inaugurale del festi-val: un viaggio alla risco-perta del mito di Antigone che, da eroina tragica della tradizione letteraria greca, diventa, nell’opera traettia-na, un simbolo di riscatto e ribellione, protagonista di un inaspettato lieto fine, riscritto dal poeta Marco Coltellini. Gli estratti per voce e piano, spiegati, nel racconto introduttivo, dal prof. Nicola Pice, vengono eseguiti dal maestro Carlos Morejano e da un’ensem-ble vocale di voci maschili e femminili italiane e stra-niere, e mostrano tutta la freschezza di una stagione compositiva progressista, che risente del pensiero il-luminato di Caterina II di Russia, alla cui corte Traet-ta musicò l’opera.

I musicisti nipponici si cimentano, poi, anche con le pagine più intense della letteratura italiana, nella serata dedicata alla lirica di Gabriele D’Annunzio e alla musica romanzata di Fran-cesco Paolo Tosti.

Multiculturalità anche nella serata successiva, un concerto vocale coordi-nato da Luisa Giannini, in collaborazione con il Kuni-tach College of Music, e nel grande spettacolo finale in cattedrale, con i duetti tra la Tokyo Josey Choir, la Po-limnia Vocal Ensemble, il Coro lirico Città di Bitonto-Alter Chorus e la Tokyo In-ternational Choir.

Una serie di eventi in grado di abbattere le fron-tiere culturali, azzerando le differenze tra i popoli, gra-zie all’abbraccio dell’arte.

Una “Babele” musicale che nasce nella città, do-nandole quella felice identi-tà comunitaria che lo stes-so Tommaso Traetta aveva già vissuto e idealizzato.

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Gli obiettivi sottoscritti dalla città, in aderenza all’in-tesa tra la Cia, Confederazio-ne italiana agricoltori, e i pri-mi cittadini dei comuni della provincia, sono la valorizza-zione dell’attività agricola, la tutela dei terreni e la sempli-ficazione delle procedure bu-rocratiche, nei rapporti con e tra le pubbliche amministra-zioni.

A definire gl’intenti di co-operazione, la “Carta di Ma-tera”.

Con la sottoscrizione dell’ accordo, già promos-so dalla Cia in Basilicata nell’ambito della Festa na-zionale dell’agricoltura, le amministrazioni e gli agri-coltori hanno inteso coor-dinare le attività nel settore agricolo attraverso iniziative, programmazione di eventi, promozione di rassegne e diffusione dei prodotti tipici

la “carta dI matera”RIfONda L’agRIcOLTuRa

Un patto tra Cia e sindaci della provincia promuove la produzione locale e snellisce la burocrazia

dei territori coinvolti.L’idea accettata dai co-

muni aderenti è quella di implementare il turismo e l’accoglienza dei visitatori, attraverso la diffusione del-la produzione tipica agroali-mentare.

Il patto di sviluppo agri-colo è stato siglato nella sede della Provincia di Bari, durante un confronto istitu-zionale al quale hanno preso parte, tra gli altri, il presiden-te della Provincia, Francesco Schittulli, il vicepresidente regionale, Donato Petruzzi, e il direttore provinciale Fran-cesco Caruso.

A rappresentare la città e l’esecutivo bitontino, il vice-sindaco e assessore all’agri-coltura Domenico Damascel-li.

La cooperazione tra i co-muni firmatari intende getta-re le basi per “un futuro con

più agricoltura, nel quale si muova, sullo sfondo, una nuova politica agraria nazio-nale e regionale che, parten-do dall’esigenze territoriali, possa consentire l’accesso ai contributi e al sostegno degli enti e dalle istituzioni.

Non è esclusa dal processo la reciprocità degli impegni. Non soltanto le istituzioni, dunque, ma anche gli addetti ai lavori del settore coinvolto, quello agricolo, dovranno ora garantire la massima valoriz-zazione e la salvaguardia del loro “mondo”, coltivando ter-reni e garantendo la genuini-tà dei prodotti.

Questo potrà condurre, con la semplificazione delle procedure e lo snellimento della burocrazia, ad un in-cremento dei servizi d’acco-glienza e intrattenimento, attraverso l’investimento di capitale in progetti nelle aree

rurali. L’importanza dell’accordo

tra i comuni emerge anche a seguito delle richieste avan-zate dall’Unione europea di stilare una programmazione d’intenti, in ambito di tutela ambientale.

Sono, questi, temi crucia-li, come chiarito dallo stesso Damascelli, che permettono alle comunità agricole di ri-coprire ruoli centrali, non soltanto nell’indotto dell’in-vestimento rurale-finanzia-rio ma anche nella politica di salvaguardia territoriale.

E’ il motivo per cui Biton-to ha inteso aderire al pat-to, e per cui, soprattutto, gli agricoltori dovranno sentirsi sempre tutelati dall’ente lo-cale, collante della sinergia nei settori agricolo, turistico e commerciale.

Emilio Garofalo

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di Cristina Francesca Toscano di Maria Teresa Calamita

Mariah levava spesso il vol-to verso il cielo, quando passa-va un aereo, e immaginava che suo nonno fosse lì e, un giorno, sarebbe venuto a prenderla per portarla con sé, lontano da un mondo che senti-va non apparte-nerle, lontano dai problemi e da una vita che spesso la spingeva alle la-crime. Un’intensa esperienza di vita, tra un’adolescenza difficile, il ricor-do di un’infanzia felice e la voglia di un futuro, è al centro di “Nonno, insegnami a vola-re”, il romanzo di Mina Damiana Agostinacchio, pubblicato da Albatros, che vede protagonista Mariah, una ragazza che sogna di diventare veterinaria e di vivere una vita normale ma che sarà costretta a lasciare la casa e la scuola per fuggire all’ipocrisia e all’incom-prensione di chi la circonda, af-frontando la vita con il solo aiu-to del nonno che le “insegnerà a volare”.

Se si chiede all’autrice di cosa parla il suo libro, che è anche il diario dei suoi pensieri più profondi, lei risponde che si tratta di “un romanzo famiglia-re”, dedicato cioè, “alla fami-glia da ogni suo punto di vista” e anche alla “quotidianità, alle cose semplici di tutti i giorni che, comunque, aiutano a cre-scere”.

“Nonno, insegnami a volare” di Mina Damiana Agostinacchio

Un racconto LIEVE E sTRuggENTE

Mina ha iniziato a scrivere il suo romanzo, che ha certamen-te una matrice autobiografica, tra i banchi del liceo classico e, grazie all’incoraggiamento di amici e familiari, ha deciso di

pubblicarlo.Ci è riuscita

dopo due anni, con grande sa-crificio, met-tendosi in gioco e forse anche sfidando chi non credeva in lei. Oggi è la scrit-trice di un ro-manzo che vale la pena leggere perché, come Mina stessa os-serva, alla carta

si raccontano idee e cose che non tutti sanno riconoscere nei gesti e nelle parole di chi ti sta vicino o, addirittura, di se stessi. Tra solitudine, lacrime, ricordi, pensieri, corse sotto la pioggia, speranze, baci e amicizia ai let-tori rimarrà, alla fine, capire com’è che s’impara volare…

“Mariah uscì di casa con un cappello rosa alla pescatora, una sciarpa fucsia e dei guanti rossi. Dalla bocca le usciva il fumo a causa del freddo e quasi sembrava che stesse fumando. Passeggiava nella neve non an-cora calpestata, soffice e calda nonostante fosse giacchio. Non si copriva dai fiocchi di neve ma lasciava che le sfiorassero il vol-to come se suo nonno la stesse accarezzando… ”.

È proprio difficile recensi-re un romanzo come “Grigio”, senza cedere all’incontrollabi-le tentazione di svelarne ogni dettaglio. Il merito è dell’in-discutibile talento della nostra concittadina Caterina Saracino, alla sua seconda fatica lettera-ria pubblicata da Eiffel edizio-ni. Con una scrittura agile e di forte impatto emotivo, l’autrice ci parla di Morgana, la quale sceglie il grigio non solo come colore dei suoi vestiti ma so-prattutto come colore della sua vita. La giovane donna è consapevolmente intrappolata in un’esistenza piat-ta e dominata dalla rassegnazione, a se-guito di una terribile tragedia avvenuta nella sua famiglia e che ha coinvolto suo fratello durante una festa di carnevale.

Morgana è se-gnata anche da un profondo graffio dell’anima, dovuto all’improvviso ab-bandono da parte dei genitori e che la abitua ad una “comoda cecità”, perfino quan-do l’amore bussa alla sua porta, anche se con fattezze non del tutto riconoscibili. Ecco quindi che tutto scorre inesorabilmen-te, con una passiva accettazione degli eventi. Il silenzio la fa da padrone nella quotidianità ed è il responsabile di tanti senti-menti soffocati. In modo spiaz-zante la protagonista dice: “… i silenzi spaventano la gente mol-to più di parole oscene”.

Il talento letterario di Caterina Saracino

“gRIgIO” è IL cOLORE dELLa VITa

Non c’è quindi alcuna inten-zione di reagire lasciandosi con-durre dalle risicate occasioni di riscatto. Morgana e suo fratello si crogiolano nella solitudine, tanto familiare e rassicurante, senza parlare. La casa in cui vi-vono è il loro mondo opaco dove i gesti di affetto marciscono sot-to una spessa coltre di dolore. Colpisce che il grigio del titolo, di cui sono intrise le vite dei personaggi che si avvicendano nel romanzo, stride fortemente (e non a caso) con i colori caldi e decisi usati nei titoli dei singo-li capitoli. Ogni capitolo, infatti,

regala ai protagoni-sti uno spiraglio di colore come concreta opportunità di uscire dal torpore interiore che annienta le loro esistenze. I personag-gi passati in rassegna si incontrano e i loro destini si intrecciano, tremendamente simi-li nelle loro diversità. Sono tutti chiamati a superare la prova più importante della

vita: essere in grado di compie-re il cammino del dolore senza esserne sopraffatti. Il romanzo lancia una vera e propria sfida a tutti i suoi personaggi e li mette alla prova affinché essi affronti-no il cammino del dolore aiutati dall’amore e dal perdono.

Viene data loro la possibi-lità di vivere tutte le fasi del dolore, da quelle più devastanti e annichilenti, fino a quelle più costruttive, verso la rinascita.

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di Rosanna Schiraldi

Si è consolidato il gemellaggio tra l’arciconfraternita Maria Santissima del Rosario e l’Hermandad de las Aguas di Siviglia, città spagnola che ospitò lo scorso anno la folta delegazione biton-tina.

L’occasione l’ha offerta la solenne cerimonia svoltasi nella chiesa di San Domenico, alla presenza dei referenti dell’associazione Real Maestranza di Caltanisetta e della Confraternita del Santissimo Crocifisso di Monreale, oltre al dott. Gianni Taibi, presidente dell’as-sociazione internazionale “La Veste Rossa”, e ai rappresentanti delle con-fraternite mariane locali e di Taranto e provincia.

Il rito è stato officiato da mons. Gio-vanni Lanzafame, padre spirituale di numerose confraternite sivigliane.

Il gemellaggio, oltre a rinsaldare il comune afflato religioso e a promuove-re i riti e le tradizioni della settimana santa, si pone come un efficace volano di promozione e sviluppo del turismo, con tutte le positive ricadute per l’eco-nomia cittadina.

tra fedee turismo

Foto R. Schiraldi

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Un’edizione speciale per il Bitonto Clas-sic Motors, che festeggia quest’anno il suo decennale.

La kermesse motoristica, denominata “Sulle strade della pugliesità doc”, organiz-zata da Aste e Bilancieri, club federato Asi (Automotoclub storico italiano), ha rappre-sentato la Puglia nel novero delle 25 manife-stazioni nazionali del trofeo “Marco Polo”.

L’impegno e l’entusiasmo degli orga-nizzatori, in primis il presidente Leonardo Greco, sono stati premiati, nelle giornate di sabato 8 e domenica 9 ottobre, da una folta partecipazione di equipaggi, giunti anche da fuori regione, che hanno potuto ammirare i monumenti e le bellezze del territorio e ap-prezzare, insieme, la genuinità dei prodotti locali.

48 autovetture, tutte omologate Asi, tra cui molte cabriolet, sfidando il tempo in-certo, si sono date appuntamento in piazza Vittorio Emanuele a Giovinazzo, per partire, dopo le verifiche di rito, alla volta di Trani.

Il serpentone rombante ha sfilato sul lungomare sino al porto, nell’incantevole scenario dei palazzi, delle chiese e delle vele stagliate sul mare di cobalto.

Dopo una visita al quartiere ebraico e l’immancabile foto sullo sfondo del duomo, la carovana ha lasciato Trani per raggiun-gere Bitonto.

Questa volta, il raduno delle “vecchie si-gnore” s’è tenuto non più sul corso ma nella splendida cornice di piazza cattedrale, tra il fascino delle antiche architetture e il profu-mo e il sapore dei famosi bocconotti.

In serata, concerto in cattedrale, con l’orchestra di chitarre “de Falla”, diretta da Pasquale Scarola: in scaletta brani di Nino Rota, Jhonn Lennon, Ennio Morricone che hanno conquistato il pubblico presente.

Altre note liete e, soprattutto, di speran-za, le parole di Rosita Orlandi, presidente della Federazione pugliese donatori sangue Fidas, e della neoeletta responsabile della sezione Fidas “Rosso Cars”, presso la sede di Aste e Bilancieri, Damiana Greco, che ha annunciato per il 4 dicembre una giornata dedicata alla donazione, in collaborazione col centro Bios di corso Vittorio Emanuele.

Domenica 9 settembre le auto d’epoca hanno raggiunto la pista per ultraleggeri, presso la tenuta Tannoia ai piedi di Castel del Monte, per ripartire,subito dopo,in dire-zione della “Perla del doge”, a Molfetta, dove si è svolto il tradizionale pranzo sociale.

Finale in bellezza per una manifestazione inserita a pieno titolo tra gli eventi turistici della città più attesi e apprezzati.

Un tripudio d’arte e saporiper il Bitonto Classic Motors

Festa per il decennale

di Carmela LoragnoFoto Pier Giuseppe Epifani

Il raduno delle auto in piazza Cattedrale

Da sin. Damiana Greco, Rosita Orlandi, Leonardo Greco

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Al centro il maestro Pasquale Scarola con l’orchestra “De Falla”Gli equipaggi in posa

davanti alla cattedrale di Trani

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di Lucia Anelli

LA GALLERIA

Mimmo Ciocia è grafic designer oltre che appassiona-to di fotografia. Il suo iter artistico procede alacremente da un’impronta nettamente grafica verso orizzonti creativi autonomi e originali.

Nel mare magnum di una sperimentazione che non ha tregua -tipico di chi non vuol raggiungere un obiettivo, piut-tosto gode del suo allontanarsi- si ravvisa una particolare attenzione al dettaglio, alla forma, a tratti quasi astratta in una dimensione più mentale, con la scoperta dell’im-magine sempre ben calibrata, ma percepita e affidata al trasporto dell’attimo.

Parliamo di scoperta. La serie dedicata alla Murgia, una sorta di compendio foto-affettivo che vede protago-nista una terra aspra ma prodiga di sorprese, seppur ben strutturata è soprattutto rivelazione, segreto, attimo ruba-to. Così le inquadrature, i tagli ora orizzontali ora obli-qui, le fughe sono solo espedienti tecnici che costruiscono un’idea, libera, con una propria identità. Questo accade sia nel dettaglio architettonico sia in quello naturale. Ed è proprio qui che l’occhio si lascia sopraffare dall’esperien-za, il superfluo rivive da protagonista. Segni, linee, solchi, funi. Tutto ciò che scava, regge, avvolge, definisce, acquista un senso rinnovato.

Un racconto intimo, una passeggiata esplorativa che dice di una giornata dal cielo fumoso, di pietre affastella-te, di tronchi scelti fra tanti. Perché la selezione ottica ma soprattutto emotiva accade, senza preavviso. Il perché un fotografo decida il suo soggetto è mistero davvero; tutto è per caso, tutto sembra quasi programmato. Le vestigia, i robusti ulivi, i torchi raccontano la forza, il sostegno, la fatica. Come nel progetto “Oleum”, una sorta di raccol-ta evocativa di luoghi e ritualità, che accoglie una serie di scatti in biaco-nero, di preferenza scelti dall’autore. I tronchi d’ulivo, le increspature, il tempo che è stato, che resta, che segna interessa Mimmo. La naturalità, la storia, ogni pietra, grezza o scolpita, la purezza della sagoma. È quello che è dentro che emerge, dentro la storia, dentro se stessi.

La sintesi, la pulizia formale restano evidenti nei suoi lavori, retaggio indissolubile del suo lavoro di grafica. Istin-tivamente ciò che non serve è eliminato dallo sguardo, con una zoomata oppure un passaggio sfuocato. Chi fotografa, infatti, è in grado di progettare, operare e realizzare, con-fessando se stesso nel prodotto raggiunto.

Questo processo di sottrazione trova maggior com-pimento nel lavoro dedicato alla paura, ai miti, alla fan-tasia dell’orrore di alcuni recenti lavori. Qui l’oggetto è astratto in un non luogo indefinito e ancestrale. Con piglio sperimentale l’autore porta avanti anche la ricerca lomo-grafica che, al contrario, consente la frammentazione, lo sdoppiamento ma anche l’incognita ambita del non sapere, dell’inaspettato. Oppure, una selezione non cercata, maga-ri vagheggiata, di un soggetto colto d’improvviso.

La procedura d’eccezione consente di per sé di concen-trare o di moltiplicare, sempre con l’attesa di un risultato oscuro fino alla stampa.

Forma, mIto e azIoneMimmo Ciocia visual designer e fotografo per passione

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Archeologi in punta di matitaUn volume di Giovanna Baldassarre con le illustrazioni di Domenico Sicolo

“u caféje infinito”

Occorre scavare in se stessi per ritrovare la propria identità. È facile associare con immediatezza questa ve-rità alla figura dell’archeolo-go, “artigiano al servizio della memoria”, colui che, con me-todo stratigrafico, porta alla luce pian piano e paziente-mente, oggetti testimoni di altre epoche.

Mestiere curioso e affa-scinante quello di questo scienziato “contadino della storia” che, con piccone, car-riola, paletta, secchi, riporta in superficie muti reperti, eloquenti di un modo di vive-re, di tradizioni, di abitudini lontane nel tempo.

L’archeologa Giovanna Baldassarre ha trasfuso l’en-tusiasmo del suo lavoro in un quaderno didattico, un maneggevole volumetto dal

di Rosa Chieco

“U Cafèje infinito” è il nuovo bar su corso Vittorio Emanuele, angolo via 24 maggio, delle so-relle Gaetanella e Maria.

Nella suggestiva cornice di un ambiente accogliente e gio-vanile, il sorriso di due gentili ragazze, che hanno raccolto la sfida di un progetto imprendito-riale, certamente coraggioso, visti i tempi che corrono.

Dietro l’entusiasmo e la de-terminazione delle due barwo-man, il sostegno di papà Ciccio Acquafredda e mamma Con-cetta, pronti a farsi in quattro per le figlie, ma soprattutto una fede sconfinata, autentico pila-

stro della famiglia, motore che tutto muove.

Un sincero e robusto affla-to religioso che permea ogni particolare della nuova strut-tura, dall’arredo all’originale insegna, in cui campeggiano le lettere G e M (iniziali di Gaeta-nella e Maria ma anche di Gesù e Maria), cinte da un ideale ab-braccio.

Per non dire della scelta dei colori: il rosso dominante che richiama il cuore di Gesù, il celeste che rappresenta il manto della Madonna, il bianco simbolo di purezza; un omaggio al sacro, merito dell’intuizione

titolo “Il mestiere dell’archo-elogo”, per spiegare a stu-denti di scuole elementari e medie, chi è e cosa fa questo scienziato. L’autrice ci porta così in un cantiere di scavo terrestre e subacqueo, ci mo-stra gli attrezzi del mestiere e come classificare i reperti, ricostruendo così le pagine del grande libro della storia umana.

Dettagliate illustrazioni, chiare, colorate, grandi, re-alizzate da Domenico Sicolo, descrivono mirabilmente le parole dell’autrice, accom-pagnando il lettore in questa originale avventura alla sco-perta di un antico mestiere e affiancandolo in quello scavo nel profondo della terra per conoscere fin in fondo l’uo-mo.

artistica di Antonello Matar-rese, che ha curato gli interni, assecondando la sensibilità e il forte richiamo simbolico voluto dai committenti.

Senza dimenticare le radici e il forte attaccamento alla pro-pria terra, ai sapori, ai profumi. In particolare, una pregiata mi-

scela di arabico dall’aroma as-solutamente inconfondibile.

Entusiasmo e soddisfazione per la cerimonia di inaugurazio-ne, nel corso della quale, dopo la benedizione di rito, è stato offerto alla folla che ha gremito il bar un’ottima tazza di caffè “Bruno”.

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di Chiara Colamorea

Il centro storico non è mai stato così alla “portata di tutti”; probabilmente, mai così apprezzato e ammirato.

Il merito è del marchio “Vieni a Biton-to”, promosso dalla cooperativa Ulixes che, a partire da fine luglio, ha organizzato una

“Bacco nelle cortI”serie di tour, denominati “Bacco nelle cor-ti”. Ogni giovedì, si sono visitati cinque di-versi siti del nostro splendido borgo, normal-mente chiusi al pubblico e resi fruibili grazie alla disponibilità di privati, associazioni e confraternite. La cattedrale, la chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, San Leucio

Vecchio e San Domenico, palazzo Santoro e palazzo Santorelli sono solo alcune delle tappe, illustrate con competenza e profes-sionalità da Chiara Cannito. E a rendere più interessante l’originale viaggio nella storia, la degustazione di vini rossi e bianchi, taral-li e mandorle dolci o salate.

Un tour nel centro storico, alla scoperta di arte e sapori

Alcuni momenti delle visite guidate ai monumenti del centro storico. Nella foto grande il soccorpo della cattedrale.Foto Cooperativa Ulixes

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“Bacco nelle cortI”L’iniziativa ha subito raccolto un vasto

consenso, facendo registrare ad ogni appun-tamento il tutto esaurito, con una media di trentacinque visitatori a serata. Tra il pub-blico, eterogeneo per età ed estrazione cul-turale, anche molti forestieri, felici di cono-scere le bellezze della città.

Sulla scia di un così largo successo, si è svolta anche una “special edition” del tour, in cui, al posto dei vini, si è gustata dell’ot-tima birra artigianale, grazie alla collabora-zione del Birrificio Svevo di Bari.

Da venerdì 2 dicembre, invece, partirà l’iniziativa “Bacco nei frantoi”, una visita

guidata a tre storici frantoi di Bitonto, Pa-lombaio e Mariotto, con spettacoli e degu-stazioni di vini e prodotti tipici della tradi-zione contadina.

Un programma davvero interessante ed originale, che consente a tanti di scoprire uno straordinario patrimonio di cultura, arte, storia e tradizioni.

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di Pasquale Fallacara

Tra qualche mese (si parla di fine anno o del prossimo gen-naio) i lavori di recupero e ri-qualificazione di piazza Cavour saranno terminati. L’area, verrà dunque restituita alla fruizione dei cittadini, grazie all’ampia zona pedonale, avviandosi a divenire, con il restauro di San Gaetano e le quinte sceniche del torrione e dei palazzi Regna e Sylos Calò (sede della galle-ria Devanna), il salotto buono della città.

Così, proviamo a ripercorre i momenti più importanti della storica piazza cittadina, prima di apprezzarne il nuovo e origi-nale restyling.

Denominata spianata del castello, anticamente rappre-sentava il “polo laico” della cit-tà, in contrapposizione a quello “religioso”, con centro in piaz-za Cattedrale.

Sin dal XII secolo vi si im-piantò la Regia Curia e, succes-sivamente, il Palazzo dell’Uni-versitas (il Comune), demolito nel 1606 per far posto al com-plesso conventuale di San Ga-etano. Nei secoli XV e XVI ospitava le assemblee “ordina-rie”, ogni 15 agosto dell’anno, chiamate ad eleggere le cari-che amministrative, e quelle “straordinarie” per deliberare su questioni finanziarie.

Sulla piazza vi era pure la pesa pubblica denominata “pe-dale pubblico” (antica unità di misura bizantina), la “gogna”,

cui venivano condannati i cit-tadini rei di atti riprovevoli, le beccherie comunali, le grandi “lamie e trappeti”, la cisterna per l’approvigionamento idrico.

Nel XVI secolo la spianata del castello si arricchì di porti-ci e della torre del “sedile dei popolani” (in corrispondenza dell’attuale bar Castello).

Piazza Cavour, denominata anche spianata di porta Baresa-na o piazza Castello (in verna-colo “Mmènze à la pòrte”), un tempo proseguiva oltre la stes-sa porta, assumendo il nome di “Lo Campo”, sede della famosa fiera di San Leone.

La piazza del Castello, a par-tire dall’età aragonese (come si legge negli scritti dello storico Fagiolo), si qualifica come piaz-za civica per eccellenza.

Il castello angioino, mal-grado la posizione eccentrica, a ridosso delle mura e della porta Baresana, agisce come polo di attrazione per la sede del governatore, del capitano, del giudice, del mastrodatti, del cancelliere. Nel corso del tempo sono state numerose le manife-stazioni pubbliche, svoltesi nella celebre piazza. Tra le altre, nel 1904, la cerimonia per la visita dell’imperatore di Germania, in occasione della quale furono re-alizzati sfarzosi addobbi ed una folla festante intervenne a salu-tare l’illustre ospite.

[email protected]

tra ieri e oggi, il salotto buono Piazza Cavour cuore della vita cittadina

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di Domenico Schiraldi

Novembre ha aperto i bat-tenti con la conferenza-concerto “Michele Carelli, una vita per la musica”, organizzata dalla confraternita di Santa Maria della Misericordia e dalla ne-onata associazione culturale “Passionem Tradere”, per cele-brare il primo centenario della morte dell’illustre musicista. Nato a Bitonto il 6 gennaio del 1838, Michele Carelli lasciò la città per studiare presso il Con-servatorio napoletano di “San Pietro a Majella”, per poi farvi ritorno nel 1855, dopo la morte del padre Giovanni, insegnan-te di scienze naturali e medico stimato. Fu colto e sempre mo-desto, pur rilucente di una fama oramai consolidata. Visse inten-samente, coltivando l’arte della musica e affrontando la tristez-za per la fragilità umana, che lo colpì duramente con la diparti-ta, nel 1873, dell’amata moglie Maria Bisceglie, da cui ebbe tre figli che seppe allevare come il più amorevole dei padri. Mesco-

Note, storia ed arte per una serata all’insegna della memoria

Carelli vate della musica sacralò dolori e fede con la sua inna-ta ispirazione d’artista: copiosa la produzione di musica sacra e classica, tra cui spiccano le quattordici celebri marce fune-bri, che scandiscono i momenti topici della processione biton-tina del Venerdì Santo. Ormai cieco per la dedizione con cui offriva tutto sé stesso alla sua musa, morì l’11 gennaio 1911, lasciando una Bitonto commos-sa e grata perché nobilitata dal suo talento. “Ho fortemente vo-luto questo evento -spiega An-drea Lovascio, presidente della confraternita di Santa Maria della Misericordia- così come ho voluto che la confraternita fosse l’ente capofila della ma-nifestazione: un modo per far conoscere alla città questa pia istituzione che risale al XV se-colo e di cui lo stesso Carelli fu confratello sin dal 1863. Per l’occasione sono stati realizzati un cd contenente le sue celebri marce funebri e due cartoline tematiche con illustrazioni di

Michele Martucci e relativo an-nullo filatelico di Poste Italiane per il giorno 1 novembre. Tutto il ricavato andrà a costituire una borsa di studio per i ragazzi che coltivano l’arte della musi-ca. Un modo utile di recuperare appieno quello che è lo spirito confraternale: aiutare il prossi-mo. Inoltre ci sarà la possibilità di effettuare ricerche presso la biblioteca diocesana: dove il maestro Vito Vittorio Desantis ha recentemente scoperto una nuova “Ave Maria” del musici-sta”.

Suoni pieni di incanto, am-plificati dal fascino antico del-la Cattedrale che ha ospitato illustri relatori: un tuffo nella Bitonto del Carelli curato dal prof. Stefano Milillo, diretto-re della biblioteca diocesana, ed un’immersione nell’arte del compositore, spiegata dal mae-stro Paolino Adesso, docente di strumentazione per banda pres-so il Conservatorio napoletano che vide in Carelli uno dei suoi

migliori allievi. Il tutto condito dal virtuosismo dell’orchestra sinfonica di fiati “Davide Delle Cese”, diretta dal maestro Vito Vittorio Desantis, che ha ma-gistralmente eseguito le prime tre marce funebri del Carelli oltre alla suddetta “Ave Ma-ria”. Palpitante l’emozione del pubblico, rapito dalle note e trasportato in una dimensione altra, quasi a percepire le mani ed i fremiti del maestro mentre dava alla luce i suoi capolavo-ri. Dopo i ringraziamenti finali di Alessio Gaudimundo, presi-dente dell’associazione “Pas-sionem Tradere”, un dolce peso ha arricchito tutti i presenti: la consapevolezza che ricordare un grande del passato vuol dire anche conoscerlo attraverso la sua eredità.

Che ci impregna e ci rende, una volta tanto ed a ragione, più orgogliosi della nostra Bitonto.

Attiva sul territorio da quattro anni, la Fidapa è un’associazione nata con lo scopo di promuovere, coordinare e sostenere le iniziative di donne che operano nel settore del-le arti e delle professioni. La sezione di Bitonto ha visto molte importanti ini-ziative, realizzate sotto la guida delle avv.sse Ange-la Bufano prima e Angela D’Eredità poi.

È avvenuto il 27 otto-bre il passaggio di conse-

gne tra la past presidente e l’attuale dirigente, dott.ssa Mariella Pastoressa che, ri-facendosi al tema naziona-le del gruppo per il biennio 2011-13 “Partecipazione e responsabilità per lo svilup-po della cittadinanza attiva e solidale”, ha dichiarato di voler sostenere e realizza-re attività per le categorie più deboli come le donne e i giovani, sia autonomamen-te che in collaborazione con enti e associazioni varie.

SCAMBIO DI CONSEGNEdi Rosanna Schiraldi

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Bait&Switchdi Roberto Panisco

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La Galleria Nazionale della Puglia ha presentato la mostra “Paesaggi & Pae-saggi. Un dialogo tra pittori antichi e fo-tografi contemporanei”.

Agli oli di quaranta pittori italiani provenienti dalla collezione della Gal-leria e da quella privata, databili tra la seconda metà del Settecento agli anni Trenta del secolo scorso, si affiancano limpidi scatti di oggi, con l’intento di prospettare l’arte in un eterno presente. Corposo il catalogo, a cura di Fabrizio Vona e Nuccia Barbone Pugliese, con la collaborazione di Lucrezia Naglieri e Isa-belli La Selva. Per la mostra è stato ri-tagliato uno spazio all’interno delle sale della Galleria, con la scelta di pittori rappresentativi della Scuola di Posillipo - Giacinto Gigante, Gabriele Smargias-si, Consalvo Carelli, Salvatore Fergo-la - della Scuola di Resina - Federico Rossano, Giuseppe De Nittis, Raffaello Sernesi e Alceste Campriani - opere di Pietro Fabris, Camillo De Vito, France-sco Netti, Gaetano Esposito, uno studio di Giuseppe Cammarano, di Lord Fran-cesco Mancini, Attilio Pratella e Oscar Ricciardi, di Ulisse Caputo e due rari di-pinti su tela di Giuseppe Casciaro,.

Presenti anche esponenti della Scuo-la di ‘Paesaggismo Pugliese’, come Da-maso Bianchi e Francesco Romano e due dipinti di Onofrio Martinelli. Spirito

Un dialogo tra pittoriPaesaggi&Paesaggi alla galleria Devanna

di Lucia Anelli

di Cristiana Francesca Toscano

di ricerca nella scelta di inserire anche artisti poco noti o sconosciuti, come il misterioso Francesco Da Capo e il bi-tontino Vincenzo Bove, allievo del Fer-gola. Dalla luminosa pittura en plain air, alle accese vedute del Vesuvio, a scorci di paese, campi assolati, piazze gremite e bucolici anfratti.

Il tutto affiancato a panorami con-temporanei, in cui è l’attimo a stupi-re, oppure l’indagine urbana nell’era dell’accanimento massmediatico – ve-dasi Stefano Di Marco - o semplicemen-te la riflessione intima sottratta al quo-tidiano peregrinare.

Da topografia dei luoghi a interpre-tazione, nel funambolico tentativo di restituire ciò che si vede o non si vede affatto. Come nelle polverose e strut-turate inquadrature di Mario Cresci o nello scatto cittadino di Berardo Celati, in cui si ravvisa una citazione pittorica d’autore. Un coinvolgimento più concet-tuale nella riflessione di Carlo Garzia, silenzio e sintesi cromatica nello scatto di Roberto Tartaglione, imprevedibile e calibrato Beppe Gernone.

Gli altri artisti che hanno partecipa-to: Michele Cera, Angela Cioce, Vittore Fossati, Guido Guidi, Gianni Leone, Al-berto Muciaccia, Pio Tarantini, Antonio Tartaglione, Gianni Zanni.

La notte tra l’1 e il 2 novembre, in Mes-sico, la cultura preispanica si fonde con la tradizione cristiana e gli spiriti dei defunti tornano sulla terra per far visita ai loro fa-miliari. Questo incontro tra arte, storia e re-ligione è al centro della mostra “Il giorno dei morti per celebrare la vita” (a cura dell’as-sociazione ArtSOB di Lara Carbonara e Lu-crezia Naglieri, col patrocinio del comune), inaugurata la sera del primo novembre al museo archeologico “De Palo-Ungaro”, alla presenza tra gli altri dell’assessore alla cul-tura Sara Achille e del prof. Nicola Pice. Ya-nira Delgado, l’artista messicana principale ideatrice dell’esposizione, ha accompagnato i visitatori sino ad un altare narrante a più livelli (da lei stessa realizzato), attraverso una pluralità di simboli che rappresentano le difficoltà che l’anima incontra nel suo viaggio di “ritorno alla vita”.

Candele accese a richiamare il calore dell’esistenza, frutti maturi a esprimere la bellezza della vita, il gufo ad impersonare la delicata arte della musica, una sedia per consentire agli spiriti di rinfrancarsi dall’iti-nerario già percorso e diverse lucertole (animali per eccellenza abili nello scansare le insidie). E sull’altare s’incontrano anche elementi della nostra tradizione, come il pane di Altamura, che Delgado ha inserito nella sua opera come omaggio sincero alla nostra terra. In Messico, la morte è vista come il ritorno alla vera essenza, a cui tutti devono tendere, e la notte tra l’1 e il 2 no-vembre il mondo dei vivi e quello dei morti si uniscono. La ricorrenza cristiana della commemorazione dei defunti diviene così la festa della vita, la celebrazione della natura e dei sensi.

Un inno alla vita

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di Mario Sicolo

Capita d’imbattersi spes-so, nel giorno del Signore, nei “senzacalcio” bitontini.

Il loro sguardo, vuoto di speranze e pur assetato di gesta pedatorie, trova fugace requie in città viciniori, non sempre più nobili della no-stra, sotto l’aspetto calcisti-co. Anzi.

Qui un amico, lì un figlio ed il gancio è trovato per go-dersi il mistero senza fine bello del pallone. La questua affannosa nasce dal fatto che quest’anno al “Città degli Uli-vi” di pallone eccelso non si vedrà manco l’ombra. Certo, Omnia e Us Bitonto ci prova-no con la seconda categoria –e i ragazzi del giovane presi-dente Nacci, remando contro la storia e portando avanti un progetto tanto pazien-te quanto credibile, stanno onorando l’impegno, molto più di quanto non facciano gli uomini di Ciccio Noviel-

Quest’anno affidiamoci alla seconda categoria con Omnia e Us Bitonto

lo. Ma il tempo per rimediare c’è– e tuttavia di campionati d’alto livello non se ne parla nemmeno.

Sì, ci sono state ben due danze macabre, quest’estate. Prima, l’ioballodasolo di An-tonio De Lucci, naufragato nel mare magnum di respon-sabilità e spese che è l’Eccel-lenza pugliese, poi il tentati-vo di trenino del San Paolo, che voleva venire a pedatare sul prato splendente più in-vidiato del tacco d’Italia.

È bastato poco perché sfumasse anche quest’ipote-si. Allora, visto che di concre-to nulla abbiamo tra le mani, proviamo a sognare un po’.

Tanto non costa nulla. Dunque, per la stagione

che verrà ci azzardiamo ad avanzare un piano autarchi-co, fondamentale in un pe-riodo come questo e per nul-la nostalgico.

Partiamo. Ragazzotti in gamba, natii di Bitonto e che ci sappiano fare con la sfera di cuoio ce ne sono in gran copia in giro per lo Stivale.

Il manico, sempre nostra-no, potrebbe essere Massi-mo Pizzulli, raro esemplare di calciatore, prima, e mi-ster, poi, cerebromunito. Se fatto per tempo, potrebbero mettersi insieme una venti-na di imprenditori locali che, senza grandi sforzi econo-mici, potrebbero racimolare il gruzzolo necessario per affrontare un campionato prestigioso –dall’Eccellenza in su, ci mancherebbe–, cor-roborato dal sostegno di diri-genti abili nel reperire fondi utili alla causa e dal fiuto

Anniversario

Carlo Mongiello 1-6-1939 - 17-11-2010Ti sei aggrappato alla vitaFinchè l’ultimo filo di speranzaNon si è spezzato.Ora che non ci sei, rimane di teIl ricordo di un uomo forte,allegro e generoso qual’eri.Ti aspettiamo sicuri che…I più belli dei nostri giorniNon li abbiamo ancora vissuti.(2° Pietro 3:13)

la moglie Caterina, i figli Antonio, Maria, Nuccia e i nipoti

RIPRENDIAMOCI IL CALCIO

calcistico spiccato. Dopodiché, il Comune po-

trebbe farsi garante del pro-getto senza rimetterci nul-la (per carità, “non ci sono soldi” è la hit più suonata a Palazzo Gentile), ma dando facoltà di gestione ad un per-sonaggio super partes dalla comprovata probità, oltreché noto per esperienza profes-sionale e immensa passione nero verde; mi viene in men-te un nome d’emblée: Rubi-no Girolamo detto Mimmo.

È solo un sogno, un’uto-pia, d’accordo, ma non è detto che, se ci si comincia a pensare seriamente sin d’ora, non possa divenire re-altà…

I ragazzi dell’Omnia sul terreno del “Degli Ulivi”

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Primo piano ottobre 2011

La squadra bitontina di pallavolo femminile Robur ASD approda, per la prima volta nella sua storia sporti-va, in serie D.

Il risultato giunge dopo dieci intensi anni d’ investi-menti e sacrifici.

Il presidente, Martino Longo, da sempre appassio-nato di volleyball, ha credu-to, assieme con un gruppo di aficionados, nella validità del progetto e nella possibilità di promuovere questo sport an-che nella nostra città.

Al suo fianco, all’inizio della stagione, non soltanto la vecchia guardia dirigen-ziale, formata da Raffaele Picciotti, Vincenzo Barile e Antonio Cardiello ma anche le nuove leve, Gianluca Fal-lacara e Gianpaolo Sancilio. Bitonino il primo, di Molfet-ta il secondo, entrambi con esperienze in altre società pallavolistiche.

La Robur, da quest’anno divenuta Robur Asd, associa-zione sportiva dilettantistica, è affidata alle cure di mister Gino Verderosa, che ne cu-

la roBUr aPProda In SerIe dSperanze e prospettive della squadra femminile di pallavolo

rerà la preparazione atletica, tecnica e tattica. Restio ai proclami, alle dichiarazioni d’intenti, preferisce “nascon-dersi” dietro il silenzio della sua esperienza e preparazio-ne. L’obiettivo dell’allenatore, che già ha guidato formazio-ni di serie D e C consentendo a molte atlete di approdare anche in serie B, è quello di parlare attraverso i risultati.

Novità importanti, ad avvio del campionato, si re-gistrano anche all’interno della rosa, sulla base delle nuove indicazioni del rego-lamento dettato dalla FIPAV, la federazione italiana di pal-lavolo, che prevedere di non poter inserire in squadra più di quattro atlete “over”, ossia con più di 25 anni.

Il lavoro che attende mi-ster Verderosa è quello di disegnare una nuova forma-zione, ristrutturando l’asset-to del gruppo, tenendo conto delle nuove regole.

“Una scommessa per la società e per le ragazze, una grande opportunità sportiva” –ha dichiarato il dirigente

Antonio Cardiello. “In quest’ottica- ha pro-

seguito il professor Picciotti- saranno le nuove generazioni le protagoniste di un proget-to sportivo serio, da portare avanti in questa città”.

Tra gli acquisti della squadra, l’opposta molfette-se Teresa Sciancalepore, gio-catrice in serie D e C col Pa-lese e col “Bari Primadonna”, promossa lo scorso anno in B2, la palleggiatrice Valenti-na Roselli, anche lei militan-te, in passato, in squadre di serie C e, infine, le due cen-trali, Alessia Santonastaso, di Giovinazzo, e la bitontina Annalisa Cacace, entrambe provenienti dalle esperienze della D e della C col Palese.

Ma, il lavoro della società sportiva non si esaurisce alla gestione della prima squadra: si vedrà impegnata,infatti, anche nei campionati di se-conda divisione, under 18, under 14 e under 13.

Le squadre giovanili sa-ranno affidate ad una gio-vane allenatrice, giocatrice in serie D e C, la molfettese

di Emilio Garofalo

Susanna Sciancalepore. Il suo obiettivo, affrontare gli allenamenti con l’esperienza maturata negli anni, appli-cando le conoscenze apprese proprio da mister Verderosa.

L’attenzione per le sorti della pallavolo femminile lo-cale sta spingendo la Robur ASD a costruire un progetto sportivo, educativo e di cre-scita delle giovani promesse.

“Ci auguriamo -ha con-cluso Picciotti- che l’ammini-strazione, da tempo assente e distratta, prenda ad inte-ressarsi dei nostri propositi sportivi e dell’attività da noi svolta. Dietro agli investi-menti, agli sforzi e alle diffi-coltà, c’è un gruppo di ami-ci appassionati di pallavolo, che hanno sempre creduto, e tuttora ne sono convinti, che lo sport sia la migliore occa-sione per divertirsi, mettersi in discussione e maturare sotto la guida dei migliori va-lori”.

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Primo piano ottobre 2011

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PUgno DI FERRo di Mario Sicolo

Maurizio Stecca era un fighter brevilineo e stoico.

Peso piuma, era pugnace come pochi ed aveva acuto colpo d’occhio.

Virtù immutate per lui che, nel frattempo, è entra-to nello staff federale proprio col compito di scovare talen-ti.

È per questo che nei gior-ni scorsi, durante le finali nazionali dei Campionati Ita-liani Scholboy e Junior 2011, svoltesi a Verbania e indette dalla Federazione Pugilistica Italiana, è stato conquistato dal piccolo, ma già fortissimo Giovanni Robles.

Il 14enne bitontino infatti s’è laureato nuovo campione italiano di pugilato nella ca-tegoria Schoolboy 52 kg.

Robles, allenato da Co-simo Palladino, titolare dell’A.S.D. Boxe&Fit di Bi-tonto, in via Ludovico d’An-giò, è l’unico pugile pugliese salito sul gradino più alto del podio.

In finale ha sconfitto il piemontese Stefano Botta, squalificato al 3° round.

Il tecnico federale Mauri-zio Stecca ha avuto parole di elogio per i 15 neocampioni italiani. “Tra i pugili Scho-olboy – ha commentato l’ex campione mondiale - ho ri-scontrato e segnalato 5-6 ragazzi in quanto saranno seguiti con interesse per la convocazione in nazionale, gli altri saranno sicuramen-te non convocati ma hanno prospettive di poter crescere attraverso il lavoro nel cam-pus, i giovani di oggi espri-mono e dimostrano il lavoro accurato dei loro tecnici e la loro crescita è in maturazio-ne”.

L’assessore allo sport del Comune di Bitonto, Franco Ragno, ha espresso, a nome dell’Amministrazione Valla, grande soddisfazione per il

Giovanni Robles campione italiano di pugilato

risultato conseguito dal gio-vane Robles. “Il mio augurio – ha dichiarato con orgoglio Ragno – è che il prestigioso traguardo raggiunto dal no-stro piccolo campione, tra i pochi a contrastare il predo-minio dei pugili siciliani che a Verbania hanno conqui-stato ben 10 titoli, sia solo un punto di partenza per una carriera sportiva ricca di successi. Ringrazio il tecnico Cosimo Palladino, che con

grande passione sta colti-vando nella nostra città una disciplina spesso oggetto di pregiudizio, ma che invece può contribuire alla sana crescita psico-fisica sportiva dei nostri ragazzi se pratica-ta con serietà e professiona-lità”.

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