PRIMAPAGINA genn. 2011

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mensile per Teramo e provincia www.primapaginaweb.it

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Gent.le direttore, la tristezza nel vedere il muro del Duomo distrutto da un camion nasce da lontano. Da quell’ autoporto mai reso funzionante.Siamo di fronte ad un problema di logistica distributiva. L’ incapacità di quell’ autista è solo l’ effetto. Le cause si annidano in negligenze passate, che ora i cittadini teramani pagano a caro prezzo. La logistica nasce con le esigenze militari di supportare e approvvigio-nare i combattenti e i mezzi da combattimento con viveri, munizioni, carburanti. Studia come soddisfare queste esigenze nel miglior modo possibile nel senso di tempi e costi.La logistica ci dice soprattutto che un mezzo di notevoli dimensioni, un tir, appunto, è adatto alle lunghe distanze e alle grandi quantità di merce, ed esegue il carico scarico in un centro di smistamento, come può essere un autoporto.Dall’ autoporto poi partono mezzi più agili e più piccoli, anche perché le esigenze delle attività di un centro storico sono più piccole.È alquanto irreale che un mezzo del genere porti merce esclusivamen-te per un’ attività del centro storico. Sicuramente ripartiva per altre mete, per altre città.L’ ideale sarebbe stato scaricare in un centro di smistamento, magari in quell’ autoporto incompiuto alle porte di una città. alla quale hanno oltraggiato uno dei simboli più rappresentativi. Flavio Bartolini(consulente di logistica e residente nel centro storico).

Come non darle ragione? Il destino degli autoporti, in provincia di Teramo, è segnato. Non hanno mai funzionato. Le conclusioni ai nostri lettori.

Gent.le direttore, qualche riga a proposito del Museo Etnografi co Aprutino. L’attività del direttivo da me presieduto ha permesso al museo di conquistare un posto al sole, spentosi poi rapidamente. A completamento dell’articolo di Matteo Lupi nel n. 11 di dicembre 2010 della vs rivista, aggiungo quanto segue:- La gestione del museo è stata da sempre affi data all’associazione culturale “Amici della Cultura Popolare”, con sede in Villa Pavone (Tera-mo); - Nel 2004, primo (e ultimo) anno della mia presidenza, il museo e l’associazione hanno centrato gli obbiettivi elencati:- Riorganizzazione amministrativa, contabile, gestionale, economica e

fi nanziaria (non c’era nulla !); - Rifacimento Statuto e Atto Costitutivo, attribuzione di Codice Fiscale, apertura di ccb per gestione fondi, isti-tuzione di libri sociali, contabili e protocollo (tutto inesistente all’epoca !); - Organizzazione de “La Festa sull’Aia”: Sfi lata di trattori d’epoca in Piazza Martiri, Estemporanea di Pittura con i ragazzi delle Scuole Me-die Teramane, Rassegna di Organetto Abruzzese, Gara della Vangatura e Convegno presso l’Aula Magna del Convitto con chiarissimi relatori, politici locali e della Regione, Visite guidate al Museo di Villa Pavone; - Visita dell’Assessore Provinciale alla Cultura al Museo e, a seguire, di Dirigenti della Regione Abruzzo, su nostro esplicito invito; - Conferenze stampa, passaggi televisivi, pubblicazioni su media, creazione di sito web e casella di posta elettronica; - Presentazione, a fi rma dello scri-vente, di progetti per complessivi € 50.000,00, alla Regione Abruzzo, e proposta di riqualifi cazione giuridica del museo stesso;- Partecipazione alla “Rievocazione delle antiche cantine di Porta Ro-mana”; - Partecipazione alla Manifestazione “Piazza d’Autunno”, orga-nizzata dal Comune di Teramo in Piazza Martiri;- Ottenimento, in data 04/10/2004, del Riconoscimento Regionale del “Museo Etnografi co Aprutino” quale struttura museale di 4^ categoria, da semplice raccolta privata qual era; - Organizzazione nel gennaio 2005 de “La Festa di S. Antonio e del Decennale dell’Associazione”; - Stanziamento della Regione Abruzzo, in base alle richieste di cui sopra, di € 8.120,00 immediatamente esigibili ed € 3.000,00 nella Legge Finanziaria Regionale 2005; - Il progetto di € 30.000 per la ristruttu-razione e il censimento generale del museo viene posto all’esame degli organi regionali competenti;- Contatti profi cui, tramite visite reciproche, con le maggiori strutture museali etnografi che d’Italia.A questo punto il sottoscritto, “poiché ha esaurito il suo compito attivo nelle fi la dell’associazione”, viene “cortesemente” invitato a farsi da parte, per lasciar posto a chi vuole salire sul carro del vincitore, anzi, appropriarsene. “Sfi duciato di fatto”, preso atto della situazione di osti-lità nei miei confronti, mi dimetto dalla carica sociale e da socio stesso, lasciando il posto a nuovi dirigenti, fortemente amareggiato. Risultato: persi i fi nanziamenti regionali di cui sopra per inattività del nuovo di-rettivo, cancellati i progetti in giacenza presso gli uffi ci regionali, perdita di visibilità del museo e dell’associazione, svariati cambi di gestione ai vertici, fi no ad oggi. Aggiungo: pagamento delle fatture insolute 2004 da me personalmente (sic !), a conto consuntivo regolarmente appro-vato da tutti, contro ogni disposizione normativa (cosa non si fa per un sogno !)Tutto il resto è storia corrente: altro che medico e antidepres-sivi ! Servirà ben altro, purtroppo, a risollevare una delle più belle realtà teramane, quale il “Museo Etnografi co Aprutino” !Se permette, lancio io un appello: “Le competenti autorità valorizzino una delle risorse culturali, storiche e turistiche più interessanti del nostro territorio, non permettendo che l’espe-rienza del 2004 e gli sforzi incredibili fatti per dargli lustro si disperdano.” Grazie, e buona vita a tutti !

Dr. Luciano Recchiuti(Poeta – Scrittore Presidente associazione culturale “La Luna”- Teramo)

Per scrivere aPrimaPaginaPer una risposta privata inviare alla redazione specifi cando il titolo dell’articolo o della rubricaVia Costantini n.6 64100 TeramoIndirizzi mail:[email protected]@primapaginaweb.itsito internet: www.primapaginaweb.ittelefono/fax 0861. 412240

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gni volta che ci vediamo recapitare un giornale a do-micilio sempre più ci poniamo degli interrogativi che raramente trovano risposte chiare. Di chi è il giorna-le? Vuole convincermi di qualcosa? Mi rispetta come

persona o vuole solo la mia attenzione ad ogni costo? La ECS srl, composta da Enrico Santarelli (proprietario della te-stata) - Mira Carpineta–Daniela Palantrani e Vincenzo Lisciani Petrini, ha creato e pubblica PRIMAPAGINA. In redazione abbiamo diversi punti di vista, ma cerchiamo sempre di aiutarci a vederli meglio, per meglio rispettare chi legge. Per questo accogliamo collaborazioni spontanee che ci aiutino, affi n-ché questa sia sempre più la vostra rivista preferita.L’attenta direzione giornalistica della Prof.ssa Dr. Tiziana Mattia, esalta la qualità principale di PRIMAPAGINA che è l’aver da sem-pre compreso che le persone pretendono una informazione ri-spettosa e indipendente. “Da sempre pensiamo che il lettore è una persona non un target di

clientela, di audience o di elettorato, perciò tentiamo di offrire una informazione rispettosa della verità e della dignità del lettore stesso. Non perseguiamo propaganda elettorale, gossip, scandalismi o sfrutta-

mento del dolore. Nel nostro operato mettiamo anima, partecipazione, speranza e positività.”Il nostro è un giornale che guarda il mondo dal basso, senza grandi fi rme o correnti politiche da imporre. Scritto da persone come voi, impegnate professionalmente, preoccupate del futuro, ma consapevoli che questo dipende soprattutto da noi e da quanta forza riusciamo a trovare dentro noi senza stare ad aspettare gli altri: i politici, la società, il datore di lavoro.Da sempre sappiamo che l’unico vero “fi nanziatore” per noi è la pubblicità, quindi siamo obbligati a garantire nel tempo un livel-lo di qualità anche superiore a quelli che di sola pubblicità non “campano”.Creare una attività a Teramo non è mai stato semplice, nessuno “spalanca le porte” e in casi di ingiustizie subite – perché l’indi-pendenza fa paura – si può contare solo su processi tra i più lenti del mondo, la burocrazia più farraginosa e oppressiva e le banche che per dei fi nanziamenti chiedono tante e tali garanzie, che se

si avessero tutte, evidentemente non si avrebbe bisogno di loro. EPPURE… nonostante tutto ciò, conquistando giorno per giorno un po’ di indipendenza, un po’ di esperienza, di con-sapevolezza del nostro valore… abbiamo appena vissuto uno splendido anno di lavoro e continuiamo a farlo, grati della vostra approvazione.Di noi alcuni diranno male, altri ci hanno gia’ dedicato locandine e “terze pagine”, altri ancora investono tempo in telefonate dissuasive ai nostri inserzionisti. Tipico di quanti non fanno impresa, ma devono solo sfruttare “l’orticello”. Ascoltateli con attenzione e poi magari pensate esattamen-te lo stesso di loro. Una regola del marketing è “non men-zionare mai negativamente il competitor”, chi lo fa è perché pensa ciò di se stesso. Noi facciamo impresa, non abbiamo tempo per le chiacchie-re (sempre inutili e mendaci) di piazza… siamo al lavoro, impegnati a tirare fuori il meglio di noi per essere all’altezza

della Vs. attenzione. Come meritate.

“Non basta regalare un giornale “Non basta regalare un giornale per avere successo per avere successo bisogna garantirnebisogna garantirne

qualità e indipendenzaqualità e indipendenza”.”.

ECS S.R.L.

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Enrico Santarelli

TIZIANA MATTIA

n. 605 del 14/07/09 n. 20081

E.C.S. Editori srlVia Costantini, 6 TeT. e F. [email protected]. Roc. 20081

Francesco AdessiDorotea ArdizziMira CarpinetaVincenzo CastaldoPaolo CajanoDaniele CianciMirko De BerardinisPaolo De CristofaroAnna D’EustachioGaetano Di BlasioG. Di GennaroIvan Di NinoValter Di MattiaLaura Di PaolantonioMarco FlorioMarina GrossiAntonella LorenziMichela ManenteGiuseppina MichiniAlessandra MorelliV. Lisciani PetriniMariagrazia PetrinoGianfranco PucaStefano O. PuracchioRaul RicciFabio RocciMaria A. RocchiRopelV. Vinod SilveriiOscar StranieroGuido TalaricoAntonello TroianoN. Viandi

Dr. Daniele Cianci

Nicola Arletti

Pegasus Communcations

Poste Italiane

11 Gennaio 2011

PROPRIETARIODELLA TESTATA

DIRETTORE RESPONSABILE

Reg. Trib. di TEIscr. Roc

PUBBLICITÀ

HANNO COLLABORATO

PROGETTAZIONESITO INTERNET

IMPAGINAZIONE E GRAFICA

STAMPA

DISTRIBUZIONE

CHIUSO IN REDAZIONE

Edito da E.C.S. Editori srlVia Costantini, 6 TERAMOT. e F. 0861.412240 [email protected]@primapaginaweb.it

La responsabilità delle opinioni e apprezzamenti espressi negli articoli pubblicati è dei singoli autori da intendersi libera espressione degli stessi.

Alcune collaborazioni sono gratuite. Per motivi organizzativi testi, foto e disegni inviati in redazione

non verranno restituiti. Il contenuto della pubblicazione è coperto dalle norme sul diritto d’autore.

I diritti di proprietà letteraria ed artistica della rivista sono legalmente riservati. È vietata la riproduzione anche parziale.

Si ringraziano gli inserzionisti per il loro sensibile contributo che consente

la pubblicazione e la divulgazion del periodico.

In copertina: Missione Caritas

(foto free royalty from internet)

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Focus on

Fuga di notizie e superpotenzedi Daniele Cianci

Sprechi di parentopolidi N. Viandi

Quartieri teramani: diversi ma similidi Daniela Palantrani

L’agenda digitale europeadi Francesco Adessi

Tutto si trasformadi Oscar Straniero

“Sull’arte si discute sempre”di Vicenzo Lisciani Petrini

L’aff ascinante scalata al Mera Peakreportage fotografi co

“Stasi”: conseguenze sulla nutrizionedi Paolo De Cristofaro

Missione Caritas

Il focus di questo mese vuole dare visibilità a questa importante istituzione, che lavora perché la nostra società non lasci indietro nessuno

Inquadra e scatta con il tuo cellulare:

accedi ai contenuti di “PrimaPagina”

Se è vero che il termine “carità” defi nisce l’amore disinteressato verso il prossimo, quale modo migliore di cominciare il nuovo anno pensando a coloro che la “carità” la mettono al primo posto ogni giorno? Senza spingerci lontano. In città sono tanti i giovani (e meno) impegnati nel quotidiano per recuperare giorni a persone che li hanno persi. Per mille ragioni. Ma il trascorrere del tempo, a volte, gioca brutti scherzi anche agli inquilini del Palazzo di casa nostra. I quali hanno le loro belle promesse da fare e, soprattutto, da mantenere. Mettiamo da parte l’elevata autostima, che spesso ammanta il non fatto. Da una parte e dall’altra, visto che anche chi si oppone al Palazzo dovrebbe fare la sua parte, battendo un colpo. Con l’augurio, come un nostro prestigioso collaboratore auspica, di poter tornare presto ad assistere a qualche inaugurazione. Vera. E non al dovuto “ripristino uffi ciale” di qualche pur pregevole “pezzo”, perso – si fa per dire - per strada.

Tiziana Mattia

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a mesi si sente parlare di “Wiki-Leaks”, ma non tutti compren-dono l’importanza dell’accadu-to. Il termine deriva dall’ inglese

“leak”, ossia “perdita-fuga” (di notizie). E’ un sito web gestito da una organizzazio-ne internazionale il cui scopo è divulgare informazioni e documenti coperti da se-greto: di stato, militare, industriale, banca-rio o comunque confi denziali. Il sito web utilizzava inizialmente una versione modi-fi cata del software MediaWiki, lo stesso in uso anche sui server di Wikipedia (da non confondere con esso) abbandonata a partire dal 22 ottobre 2010 dopo un re-styling strutturale del sito. WikiLeaks, per scelta, non ha alcuna sede uffi ciale e non permette la modifi ca libera dei documenti. Vuole essere «una versione irrintracciabile di Wikipedia che consenta la pubblicazio-ne e l’analisi di massa di documentazione riservata» Scopo ultimo trasparenza dei governi quale garanzia di giustizia, etica e di una più forte democrazia. WikiLeaks riceve le notizie in modo anoni-mo, grazie a un potente sistema di cifratura e afferma che «il suo interesse primario è lo smascheramento di regimi oppressivi in Asia, nell’ex blocco sovietico, in Africa sub-sahariana e nel Medio Oriente, ma ci aspettiamo anche di essere di aiuto a per-sone di tutti gli stati che vogliono svelare comportamenti non etici dei loro governi

e delle loro società». Il nome del dominio wikileaks.org è stato registrato il 4 ottobre 2006 e ha pubblicato il primo documento nel dicembre dello stesso anno.Il fondatore, Julian Assange, pubblicamente presentato nel gennaio 2007, si riconosce semplicemente come membro del Consi-glio Consultivo di Wikileaks, mentre i ruoli e le identità di tutti i membri, collaboratori e amministratori sono in gran parte ignoti. In quel periodo i fondatori asserirono di aver più di 1,2 milioni di documenti tra-pelati pronti per essere pubblicati. Senza considerare quelli già online e quelli in pre-parazione. Un enorme archivio dell’infor-mazione globale di natura antirepressiva e anticensoria, che fa del web la sua arma più temuta da dittatori e multinazionali.La grande fortuna di Wikileaks è iniziata nel 2007, quando entrò a far parte dello staff di volontari un attivista esperto di reti Tor che notò fi n da subito che gli hacker provenienti dalla Cina utilizzavano la stessa rete per raccogliere informazioni sui go-verni stranieri. Wikileaks intercettò milioni di conversazioni all’insaputa degli interes-sati, cominciando a registrare tutto il loro traffi co, ma solo una piccola parte fu pub-blicata, allo scopo di utilizzarla come base per popolare il sito. Nel 2008 il sito web è stato chiuso per decisione di un tribunale californiano die-tro le pressioni della banca svizzera Julius

Bär, ritenutasi diffamata da documenti che l’accusavano di supportare l’evasione fi sca-le e il riciclaggio di denaro sporco. Il 29 febbraio 2008, lo stesso giudice che lo ave-va chiuso autorizzò la riapertura del sito, citando il primo emendamento e questioni riguardo la giurisdizione. Il 5 marzo 2008 la banca rinunciò alla causa. Una succes-siva richiesta della banca di bloccare la pubblicazione del sito web fu negata. Il 25 luglio 2010 WikiLeaks ha svelato ai quoti-

Fuga di notizieFuga di notiziee superpotenze

Julian Assange

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diani New York Times, The Guardian e Der Spiegel il contenuto di alcuni documenti ri-servati dai quali emergono aspetti nascosti della guerra in Afghanistan. Il sito diffonde più di 300.000 documenti riservati che rivelano gravi inadempienze delle autorità statunitensi nel perseguire abusi, torture e violenze perpetrate duran-te la guerra in Iraq. La divulgazione dei do-cumenti ha rivelato anche la morte di oltre 15.000 civili in circostanze sconosciute e numerosi casi di torture da parte di militari iracheni ignorate dall’esercito statunitense. sente sicuro di operare. L’ amministrazione

Obama ha chiesto alla Gran Bretagna, Ger-mania e Australia, di considerare il caso, accusare penalmente Assange, e limitargli i viaggi attraverso i confi ni internazionali.Dal dicembre 2010, il database di WikiLe-aks è situato a Södermalm, un quartiere di Stoccolma, all’interno di un ex-rifugio anti-atomico ristrutturato. Il 1º dicem-bre 2010, Barack Obama ha creato una task force denominata Interagency Policy Committee for Wikileaks per contrastare eventuali altre fughe di documenti dagli uf-fi ci dell’amministrazione americana. Il 3 di-cembre 2010 il sito WikiLeaks, attraverso

la sua pagina su Twitter, ha accusato esplicitamente gli Usa di averlo oscurato. Concludendo, si può os-servare che la Russia, at-tualmente impegnata nel controllare il mercato dell’energia europea at-traverso l’esportazione di gas, e vecchio nemico de-gli Usa, potrebbe trovare vantaggioso proteggere Assange aiutandolo nei casi giudiziari. Così come escono allo scoperto alcune nazioni europee fi loamericane. Potrebbe esserci una guerra nasco-sta al buio tra queste due

superpotenze mondiali, attraverso la rete? La Russia ha in mano attualmente la mag-gior parte degli Hacker ed esperti mondiali informatici, ed è la nazione che investe più denaro al mondo per questi studi e ricer-che. Assange sa di poter contare su loro.

Il 25 luglio 2010 WikiLeaks Il 25 luglio 2010 WikiLeaks ha svelato ai quotidiani ha svelato ai quotidiani New York Times, The New York Times, The Guardian e Der Spiegel Guardian e Der Spiegel il contenuto di alcuni il contenuto di alcuni documenti riservati dai documenti riservati dai quali emergono aspetti quali emergono aspetti nascosti della guerra in nascosti della guerra in Afghanistan. Afghanistan.

DANIELE CIANCI

Yossi Lemel, campagna sul processo di pace Israele-Palestina 2004

Andrea Brusianidalla galleria Aiap

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Siamo nel nuovo anno. Parliamo dell’Abruzzo e di Teramo, città del governatore Gianni Chiodi. Tentiamo un pronostico: possiamo sentirci un po’ ottimisti?I pronostici sono sempre diffi cili, specie in tempi come questi. Il governatore lo ha promesso: sarà il “sindaco” di tutti gli abruzzesi, senza preferenze per nessuno. A cominciare dai teramani suoi concittadini. Un modo di vedere le cose “da leader”, che ripudia la politica dell’orticello.Una politica che condividi? E’ quella che serve per abbattere campanilismi vecchi e nuovi?Personalmente, stimo Chiodi. Ho avuto modo di apprezzarlo, specialmente nella prima fase della carriera politica. Quando ha meritato la promozione a sindaco, sul campo, da oppositore. Aveva iniziato bene nel Palazzo di città, che poi ha abbandonato per diventare governatore, lasciando a mezza strada opere e programmi. Una brusca interruzione, che non ho condiviso (e l’ho scritto, a suo tempo). Anche Chiodi ha così confermato ciò che ormai è la normalità: le istituzioni al servizio degli eletti e delle carriere. L’esatto contrario di quello che dovrebbe essere. Nel senso che Chiodi avrebbe dovuto completare il mandato di primo cittadino e gli impegni assunti con la città. Invece, ha privilegiato la carriera.A parte questo discorso un po’ utopistico, cosa dovrebbe fare ora il governatore per far dimenticare alla città la sua “fuga”?Fa bene ad avere una visione d’insieme. “Da leader”, come detto. Tuttavia, il governatore degli abruzzesi sarà costretto a ripartire proprio dalla sua Teramo, per aff rontare i problemi veri dell’Abruzzo. Che sono quelli dell’economia e dello sviluppo. Il bilancio del nuovo e degli anni che verranno, si basa tutto su queste tematiche. Il problema dei giovani, dei cassaintegrati, dei posti di lavoro che si perdono e, in aggiunta, i nodi dello sviluppo che non c’è, rappresentano la “via crucis” del governatore e di tutti. Un terreno- quello della ripresa economica e della crescita- sul quale si gioca il futuro dell’Abruzzo. Ancora prima, di questa classe politica, Chiodi in testa.Teramo dovrà essere il punto di partenza di questa “via crucis” della risalita. Vuoi spiegare meglio?Non sono io a dirlo, ma i numeri. Intanto, quelli evidenziati dalla Cgil locale, che solleva la situazione economica del Teramano come “caso nazionale”. Poi sono arrivati i dati della Confartigianato nazionale, che ci indica come la provincia italiana dove si evidenzia la più alta pressione fi scale. La meno “attrattiva fi scalmente”, “dove le quattro tasse locali per un’impresa tipo con cinque persone che lavorano, di cui tre dipendenti, raggiungono l’8,1% del valore aggiunto. Quasi il 40% in più rispetto alla provincia di Bolzano”. Proprio nel

comparto delle piccole e medie industrie. Da sempre punto di forza nel Teramano di un “modello di sviluppo” in passato indicato vincente dai rapporti del Censis. Un’area ora ritenuta poco vocata per nuovi investimenti e nessuna prospettiva di ripresa, senza solleciti interventi che spetta alla politica individuare e promuovere. Il sindaco Brucchi ha subito detto di non credere alle statistiche della Confartigianato nazionale. Spero che abbia ragione, ma per contestare i numeri ne occorrono altri.Quale, allora, la strada da imboccare?Non sono un economista, ma credo sia necessario intanto prendere atto della realtà. L’Abruzzo, come il resto d’Italia, sta pagando il prezzo della crisi internazionale. Alla quale si sommano le conseguenze della “cattiva politica” che, in questo ultimo quindicennio, ha dilapidato un patrimonio di crescita e progresso. Da prima regione del Centro-Sud, vicina alle aree più progredite del Nord, siamo ripiombati nelle statistiche della depressione.Dunque, sviluppo zero?Tasse e corruzione scoraggiano potenziali investitori e non si creano nuovi posti di lavoro. Sono lontani i tempi della Valle dell’Eden e del miracolo economico delle aeree industriali del Pescarese, del Vastese e non solo. Cassaintegrati e fabbriche chiuse o sull’orlo della crisi disegnano ora un panorama peggiore di quello che si presentava nel dopoguerra. Quando c’erano grande fi ducia e voglia di ricominciare.Dall’Abruzzo di Gaspari alla Regione di Chiodi, un bel salto alla rovescia?Il parallelo è evidente. Ma passiamo oltre, visto che i politici di oggi non amano confrontarsi con il passato, di cui rinnegano quasi tutto. Altri tempi, dicono, girando pagina. Il presidente Chiodi, subito dopo i tragici eventi del terremoto, ha persino rifi utato la collaborazione off erta da Remo Gaspari, ex uomo di governo esperto di catastrofi nazionali. I nuovi politici sanno sbagliare da soli. Un grande giornale del Nord, per scherzarci un po’ sopra, all’apice della potenza politica, aveva appioppato l’etichetta di “mani di forbice” all’ex pluriministro abruzzese. Per i troppi tagli del nastro, di cui era allora protagonista, in ogni angolo della sua regione. Auguriamoci che anche il governatore Chiodi possa farci assistere presto a qualche inaugurazione. Ora che, sulla situazione bloccata dell’Abruzzo, c’è ben poco da scherzare.

C’era una volta: la valle dell’edenC’era una volta: la valle dell’edenAllo scrittore e giornalista di lungo corso chiediamo un giudizio sulle “strategie” del

governatore Gianni Chiodi per risollevare l’economia dell’Abruzzo, cominciando dalla sua provincia, ora indicata come la “meno attrattiva”.

[email protected]

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“Il prezzo delIl prezzo del dissenso”dissenso”

he la politica attraversasse un periodo di crisi profonda,lo te-stimoniavano già ampiamente le cronache dei più equilibrati gior-

nali esteri e nostrani. Tra epiloghi giudiziari ed empasse di programma della politica rappresentata, una buona fetta dei cittadini aveva già deciso di esimersi dall’elettorato attivo. Nell’ ultima tornata regionale, solo la metà degli elettori ha onorato il dirit-to costituzionale esprimendo opinione di voto. Ma cosa pensano i teramani della politica ? Hanno smarrito ogni forma di credito riposta in essa, oppure sono immuni alle vicende di basso o alto rango che conqui-stano, sovente, le cronache dei quotidiani locali ?Per orientarci e meglio comprendere la percezione dei cittadini, abbiamo – attra-verso una prima sperimentazione – lan-ciato una random survey tra i cittadini teramani. Abbiamo posto loro 6 domande, aventi per focus questioni ritenute signifi -cative circa l’attività del governo, l’orienta-mento elettorale, la valutazione dei neo-movimenti FLI e SEL, la percezione circa l’atteggiamento dei media rispetto al dove-re di informazione. Per analizzare i dati del sondaggio, abbiamo interpellato il sociologo teramano Gianni Di Giacomantonio, docente di sociologia generale all’Università de L’Aquila. Professore, le risultanze della nostra inda-gine cosa evidenziano maggiormente?Al di là della metodologia adottata, l’atteg-giamento che maggiormente spunta tra le risultanze oggetto di indagine è che il 50 % degli intervistati intende confermare la propria fi ducia al partito già votato alle ul-time tornate elettorali. Uno share elevato, se consideriamo che – a livello locale, così come a livello nazionale – siamo nel bel mezzo dei diversi mandati elettivi. Sull’attività governativa, si esprime – però – un giudizio negativo…Il 58 % del campione ritiene negativo

l’operato del Governo, a fronte di un 36 % che lo giudica positivamente. Solo il 6 % si trincera dietro un non so. E’ evidente che ci troviamo di fronte un elettorato ideo-logicamente fragile, che non sente più di dovere alla politica e al suo mondo fedeltà ideologica e di voto. Perché, professore?Perché nei momenti di transizione storica e, soprattutto, nei periodi di crisi econo-mica, la politica è la prima a pagare il prez-zo del dissenso. Il nostro Paese è troppo lontano dal cd. principio di continuous government che rende più forti le migliori democrazie del globo. Cioè…?Nel nostro Paese, la contrapposizione si esprime sostanzialmente nelle declinazioni personalistiche, non nei programmi, nelle azioni che consentono ai cittadini di vive-re meglio. Il personalismo porge il fi anco ai limiti, agli errori, alle rappresentazioni strumentali. Ma la buona politica è un’altra storia. Tant’è che il 42 % degli intervistati non sa se alle prossime elezioni cambierà orientamento di voto. Fini e Vendola: le nuove leadership degli schieramenti contrapposti?Non credo. Entrambi esprimono una gran-de capacità di comunicazione, raccoglien-do le sacche di dissenso fi siologiche in entrambi gli schieramenti. Evocano scenari simbolici e paradigmatici del senso di ap-partenenza a qualcosa. Nella società liqui-da, è un forte richiamo di fede. Gli intervi-stati – comunque – ripongono nel leader di destra una maggiore fi ducia di quanto esprimano nei confronti di Vendola, con-siderando che solo il 22 % del campione lo ritiene plausibile candidato premier del centrosinistra. Informazione e politica: una relazione pe-ricolosa…?Secondo gli intervistati, certamente si. Il 62 % la ritiene troppo infl uenzata dalla poli-tica. L’informazione, nell’era della comuni-cazione di sintesi, è lo strumento migliore

per educare, formare ed infl uenzare le co-scienze. E’ necessario che il patto sociale individui gli opportuni equilibri e le neces-sarie misure.

DatiDatidel sondaggio(campione 100 persone)

Come è variata la sua preferenza rispet-to al partito che ha votato alle ultime elezioni politiche? 39% Si è ridotta. 34% Non è cambiata. 16% E’ cresciuta. 11% Non so.

Come valuta l’operato del governo?58% Negativamente36% Positivamente6% Non so

Pensa di cambiare schieramento politi-co in caso di elezioni? 13% Si 45% No 42% Non so

Ha fi ducia in Fini? 41% Si 39% No 20% Non so

Secondo lei Vendola dovrebbe essere il candidato del centro sinistra? 22% Si 33% No 45% Non so Secondo lei, l’informazione è troppo infl uenzata dalla politica? 62% Si 28% No 10% Non so

Sulla crisi della politica interpretazioni del sociologo interpretazioni del sociologo Gianni Di GiacomantonioGianni Di Giacomantonio al sondaggio di Prima Pagina

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eramo ha la sua statua di Gari-baldi. L’opera è stata inaugurata da poco tempo presso la rotonda della Madonna delle Grazie.

Il sindaco Brucchi ha dichiarato al riguardo che il capoluogo aprutino “era una delle pochissime città che non ne aveva una”.D’altronde, è evidente come “l’eroe dei due mondi” abbia soggiornato e pasteggia-to in moltissimi posti della nostra bella e cara Italia. Sono pochi i luoghi in cui non ci sia un monumento, per l’appunto, o una targa che ricordi “qui dormì Garibaldi”. Un po’ come l’auto di Formula 1 di Gilles Villeneuve che si ritrova ad ogni museo Ferrari sparso nel mondo.Subito si sono scatenate fortissime pole-miche. Secondo alcuni concittadini, il noto Giuseppe era un autentico reazionario an-ticlericale, sicché quella statua posta pro-prio lì, poco distante da una chiesa, non sta bene. Articoli sui giornali, interviste in tv, a fronte di un problema come questo, un alieno che arrivi a Teramo per la prima volta potrebbe ritenere che non abbiamo nulla a cui pensare.Fermo restando che effettivamente il sito scelto non è granché perché le rotonde dovrebbero servire a snellire il traffi co aiutando la visuale e non coprendola, in realtà è suffi ciente voltare lo sguardo da ovest a est per capire che problemi ce ne sono, eccome.

Basta passare dinanzi alla scuola Noè Luci-di alle otto del mattino o all’ora di pranzo per vedere come il traffi co sia mostruoso. Sarebbe forse suffi ciente allargare il mar-ciapiede prospiciente tale istituto per con-sentire alle numerose auto delle mamme di non posteggiare con le quattro frecce in mezzo alla strada. A suo tempo - spiegò il Comune- la parte riservata ai pedoni fu rifatta in quel modo proprio per non con-sentire la fermata dei veicoli.

Visto che però le auto si fermano lo stesso in terza fi la e che in quella scuola vanno bambini ancora troppo piccoli, sarebbe suffi ciente un parcheggio “breve sosta” per salita e discesa alunni negli orari d’in-gresso ed uscita. Considerando poi che tra le tredici e le quattordici si riversa in quel raggio di pochi metri un fi ume di avvocati e lavoranti del tribunale, dell’agenzia delle entrate, della conservatoria dei registri im-mobiliari e di chi esce dal centro città…Si vede quindi come sarebbe il caso di oc-cuparsi di ben altro, non di questioni ab-bastanza inutili riguardanti un “Garibaldi anticlericale” .

Garibaldi prigionieroGaribaldi prigionierodel traffi co urbano

IVAN DI NINO

Basta passare Basta passare dinanzi alla scuola dinanzi alla scuola Noè Lucidi alle otto Noè Lucidi alle otto del mattino o all’ora del mattino o all’ora di pranzo per vedere di pranzo per vedere come il traffi co sia come il traffi co sia mostruosomostruoso

Il monumento

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l B.I.M. –Bacino imbrifero montano- è un consorzio di 26 co-muni che vanno da Isola del Gran Sasso a Civitella, da Pietraca-mela a Notaresco, Teramo compresa, fra la Valle del Vomano e il Tordino. Qualcuno potrà stupirsi del fatto che una istituzione

montana comprenda anche i comuni marittimi di Giulianova e Roseto. Potrebbe stupirsi ancora di più quando scopre che il BIM è tra i soci fondatori del Consorzio “Ente Porto di Giulianova”, insieme con l’Amministrazione Provincia di Teramo, altri comuni tra cui quello non proprio rivierasco di Mosciano S.Angelo, la Ca-mera di Commercio e acquedotto del Ruzzo.Purtroppo non è incredibile. E’ la legge stessa che lo consente. Certo la legislazione non è proprio fresca di bucato, se bisogna far riferimento ad un Regio Decreto (Sic!)dell’ 11 dicembre 1933 n. 1775 nonché alla legge 27 dicembre 1953 n. 959. Istituzionalmen-te, il BIM è un Consorzio Obbligatorio di Comuni senza scopo di lucro, avente ad oggetto il progresso economico e sociale delle popolazioni interessate. Ovviamente, la defi nizione è piuttosto generica e superfi ciale. In pratica esso è l’ennesima sovrapposizio-ne delle varie Comunità montane, società varie e distributrici di

poltrone di cui l’Italia è sovrabbondante – su questo il legislatore è implacabile - ma nessuno si sogna di abolire.L’ente, secondo l’articolo 2 del suo statuto, ha lo scopo di “prov-vedere all’amministrazione del fondo comune che gli è attribui-to” ai sensi della legge n.959, “nella esecuzione diretta o indiretta o nel fi nanziamento di opere di pubblica utilità”. Questi nobili scopi, con soldi ovviamente presi dalle nostre tasche, dovrebbero esercitarsi quindi in rifacimento di strade, illuminazioni, fognature, servizi per i cittadini, sia lavorando in ‘prima persona’ che dando denaro agli enti che necessitano di questi interventi, visto che “il Consorzio inoltre potrà destinare fondi e contributi in favore dei Comuni o di loro forme associative(…) nonché di persone fi siche, sempre per il raggiungimento di obiettivi di interesse ge-nerale(…)”. Tutto molto pomposo, non c’è che dire, ma i risultati non sempre sono altrettanto eclatanti. “A cosa servono le comunità montane e marittime? A cosa ser-vono i vari consorzi e bacini imbriferi? A niente!” (Vittorio Feltri)

IVAN DI NINO

Il BIM fa…bum fa…bum L’aria fritta L’aria fritta in un ente inutile in un ente inutile

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a Ruzzo Servizi ha chiuso i bat-tenti, dopo essere stata incorpo-rata dalla Ruzzo Reti s.p.a., con un bilancio alquanto defi citario:

3,5 milioni di euro di debiti. Le cause sono molte e non differiscono, purtroppo, da mille altre gestioni pubbliche.Tanto si è scritto e detto delle “assunzioni di massa” senza concorso. Qualcosa effettivamente è successa, se è vero che una persona, chiamata a rispon-dere del suo operato, non ha trovato di meglio che rispondere: “A casa mi anno-iavo così ho chiesto a un mio parente di trovarmi un lavoro”. Se Atene piange, Sparta non ride: anche chi è stato assunto per concorso, viene chiamato dopo pa-recchio tempo. Una di queste persone, G. riferisce che: “Ormai mi ero rassegnato e ho cominciato a fare altro. Quando non ci pensavo più, ho ricevuto la chiamata…Erano passati quindici anni da quando ho partecipato e vinto! Forse non rientravo nei loro piani…”Nel 2001 scoppiò una forte polemica per-ché un bando pubblico di assunzioni per concorso fu esposto solo presso l’ingres-so della sede di via Dati. Un po’ poco per farlo conoscere alla popolazione. Il tutto è avvenuto con il placet della politica, na-turalmente. Senza considerare il problema che qualcuno all’acquedotto ha spesso un doppio lavoro: sicché, durante il tempo d’uffi cio, gestisce i suoi interessi e quelli del datore “esterno”.L’Ato– ente d’ambito con funzioni d’indi-

rizzo e controllo- ha così stoppato qua-lunque assunzione, chiudendo la stalla quando i buoi erano già scappati.Si è così visto come si sia giunti ad un paradosso: 150 impiegati d’uffi cio e solo 25 fontanieri per tutta la provincia! Ciò comporta anche una forte perdita econo-mica: se per un normale allaccio alla rete acquedottistica occorrono tempi titanici – in media tre mesi- si pensi anche ai nu-merosissimi ‘raccordi’ estivi dei vacanzieri sulla costa, che intendono ‘attaccarsi’ per un mese o due. Una richiesta di giugno potrebbe essere esaudita a settembre, giusto alla fi ne della stagione! Non manca-no poi i “soliti” sprechi: auto blu, telefonini aziendali usati con grande nonchalance, fotocopiatrici che fondono perché non si sa inviare una e-mail e così via.Secondo una fonte –mai parola fu più az-zeccata- chi viene da una impresa privata si riconosce: “Sta attento a non fare tele-fonate inutili, scrive su entrambi i lati di un foglio; i cestini non sono pieni di carta in-testata utilizzata per fare solo scarabocchi. Chi invece ha sempre lavorato nel pubbli-co pensa che tutto sia dovuto, che tanto nessuno lo richiamerà mai ed ammesso che avvenga, sono cose che lasciano il tempo che trovano: come si fa a licenziare un fannullone (come dice Brunetta) in un ente statale o parastatale? E’ praticamente impossibile”.Ci sono ancora molte altre cause del dis-sesto. E …non fi nisce qui.

N. VIANDI

Sprechi Sprechi di di parentopoliparentopoli

A Ruzzo Reti più impiegati che fontanieripiù impiegati che fontanieri

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eramo non deve essere intesa solo come “il centro storico”. Il cuore del capoluogo continua a battere nei suoi quartieri e nelle

frazioni poco distanti dalle mura, perciò questo mese ci siamo recati in zone stra-tegiche della città, San Berardo, Cona, Villa Pavone e Fonte Baiano per sentire alcuni residenti.Quartiere Cona Leonardo Boffi (geometra) - Cosa le piace e cosa non le piace di Teramo?In questi ultimi anni sono migliorate tante cose in città. Il centro storico, ad esempio, è stato in parte rivalutato, anche se casi come quel-lo dell’ex manicomio dimostrano che molto si deve ancora fare. Il servizio che mi entusia-sma maggiormente è il bus navetta gratuito, molto utile in particolar modo per gli anziani. La cosa che invece mi galvanizza meno è la scarsa accoglienza universitaria. La casa dello studente mai fi nita ne è l’emblema . - Cosa salverebbe e cosa cambierebbe della sua città?Cambierei lo scarso controllo ambientale nella mia zona, in via Bafi le vicino alla cooperativa dei ciechi. Lì c’è un’area comunale con segatu-ra tossica, che periodicamente viene incendia-ta da qualcuno con l’intento di bruciare le ster-paglie. Ci vorrebbe un controllo più capillare … Salverei invece il nostro paesaggio naturale.Quartiere San BerardoGianni Garsone - Cosa le piace e cosa non le piace di Teramo?

La cosa che non mi soddisfa sono le poche opportunità disponibili, specialmente per i gio-vani, ricordo ancora la diffi coltà provate nel ritrovarmi di nuovo qui, dopo aver passato un periodo di tempo a Bologna. Può far sorridere ma allo stesso tempo la cosa che mi piace maggiormente è che così piccola e poco caoti-ca, è tranquilla, la mia croce e delizia.- Cosa salverebbe e cosa cambierebbe della sua città?Cambierei il clima politico che si respira, c’è troppo astio e non giova neanche al bene della comunità … Salverei la festa di Porta Madonna e la riporterei ai vecchi splendori.Fiorenzo Falasca- Cosa le piace e cosa non le piace di Teramo?Può sembrare banale ma la cosa che mi rende più orgoglioso è il fatto che in questa città è ancora possibile svolgere una vita tranquilla. Mi piace meno invece l’offerta che riesce a elargire nel campo dell’abbigliamento, special-mente per quello maschile, mi dispiace vede-re che tanti giovani devono spostarsi verso le marche e la costa per trovare le cose che più gli aggradano.- Cosa salverebbe e cosa cambierebbe della sua città?Cambierei il vecchio stadio comunale, mi piace il progetto che hanno in mente di realizzare. Inizia ad essere pericolante come struttura e non è certamente molto appetibile estetica-mente per i visitatori che vengono da fuori città … Cosa salverei!?! Non saprei, preferisco non rispondere.- Cosa le piace e cosa non le piace di

Teramo?Mi piace il vivere a misura d’uomo, non mi piace il traffi co caotico che la rende invivibile nelle ore di punta e la mancanza di parcheggi.- Cosa salverebbe e cosa cambierebbe della sua città?Salverei la vivibilità, cambierei le strutture sportive che sono carenti ed il verde pubblico che è inesistente. Rivitalizzerei il parco fl uviale collegandolo nuovamente con la parte inter-rotta, inoltre cercherei di dare maggiore im-portanza alle zone periferiche che in alcuni punti sono abbandonate.Villa Pavone e Fonte BaianoVilla Pavone. Per Rosa (commessa) non è fa-cile trovare qualcosa di interessante nella no-stra città, però salverebbe il centro, corso San Giorgio e la villa comunale. Da bocciare, senza dubbio, “la testa della gente: compra solo con le svendite”. Anche Paolo, trentacinquenne, cri-tica i suoi concittadini: odiano Teramo perché qui “non si può fare niente”, ma in realtà la colpa è proprio di chi la pensa così; della sua città ama la storia, la posizione geografi ca, le tradizioni e soprattutto salverebbe il teatro romano che altrove riceverebbe senz’altro un trattamento migliore; il sindaco invece lo cam-bierebbe proprio e ai commercianti del centro che si lamentano risponde che sono quelli come lui, con un’attività a Villa Pavone, a dover alzare la voce, visto che il quartiere è abban-donato: poche illuminazioni, incuria e nessun coinvolgimento in occasione di manifestazioni organizzate dalla città. Infi ne farebbe qualco-sa per zone pericolose come via Po: tra un po’, dice, ci scapperà di nuovo il morto. Davanti al

Voci dai QuartieriVoci dai Quartieri

Dalla Cona a San BerardoDalla Cona a San Berardopassando per Villa Pavone e Fonte Baianopassando per Villa Pavone e Fonte Baiano

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bar due giovani tagliano corto: “lascia stare…di Teramo non ci piace niente”, e non accetta-no di approfondire la questione. Spostandosi a Fonte Baiano la situazione non cambia poi di molto. Paola ha pochi dubbi: la città è bel-la così com’è, ma una cosa la cambierebbe : “chi comanda”. Vittorio, commerciante da una vita, pensa alla crisi: “Teramo è bella, ma non ci sono soldi e soprattutto scarseggia il lavoro per i giovani”. Anche Claudio lamenta la diffi -coltà che si ha nel trovare un lavoro, anche se, sottolinea, nelle altre città la situazione non dev’essere poi così diversa. Teramo centro Antonio, 50 anni, residente in viale Crucioli ri-sponde sinteticamente alle nostre domande.Cosa mi piace di Teramo?La relativa tranquillità, mi sposto spesso per

lavoro e mi piace tornare a Teramo.Cosa non mi piace? La mentalità troppo chiusa e borghese.Cosa salverei? Se avessi potuto, avrei salvato il vecchio teatro comunale.Cosa cambierei? Semplicemente i teramaniValentina, commessa in un negozio al centro storico:Di Teramo non mi piace il traffi co, la città sem-bra che esploda per quante macchine ci sono in giro, specialmente nei periodi di festa. Cosa mi piace? In effetti non mi sovviene nulla, se non dire che è la mia città e ci sono affeziona-ta, adoro la cattedrale.Sembra superfi ciale dirlo così, ma spesso vor-rei cambiare i teramani e la loro mentalità.Dino libero professionista:

Mi piace di Teramo, la Piazza, intesa come centro di aggregazione, il cosiddetto “struscio” che senza il pettegolezzo perderebbe la sua ragion d’essere; Mi piace la Teramo vecchia e i suoi vicoli stretti, mi ricordano il tempo dell’infanzia, mai dimenticato forse, sempre rimpianto. Non mi piace vedere in centro tutti i politici locali “impettiti” e agghindati a mo’ di signorot-ti della città. Salverei la vera “teramanità”, l’attaccamento e il senso di appartenenza alla città oltre alla stupenda vista del corso.Cambierei il sindaco e tutti i consiglieri comu-nali, ad eccezione di uno.

DANIELA PALANTRANIVINCENZO CASTALDO

FABIO ROCCI

Cambierei il clima Cambierei il clima politico che si respira, politico che si respira, c’è troppo astio e non c’è troppo astio e non giova neanche al bene giova neanche al bene della comunità … della comunità … Salverei la festa di Porta Salverei la festa di Porta Madonna e la riporterei Madonna e la riporterei ai vecchi splendori.ai vecchi splendori.

Teramo Centro

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acciamo il punto della situazione. “La sede è tuttora inutilizzabile –esordi-sce Di Silvestre-. Il Comune non è intervenuto nella manutenzione, e

abbiamo già comunicato la restituzione dei locali al Comune stesso. La speranza per il nuovo anno, secondo il presidente di quar-tiere, è concretizzare l’idea di una nuova sede spaziosa, funzionale e fruibile per tutti

i cittadini, dotata di cucina, bagni e spoglia-toi, magari adiacente il campo sportivo. “Le intese con il Comune e con alcuni costrut-tori locali - spiega Di Silvestre - già sono in corso da diverso tempo. I fondi sono già stati fi nanziati, il sindaco ha promesso che per il 2011 arriveranno a Colleparco. L’iniziativa che abbiamo organizzato per Natale- conclude il presidente -, è stata

Aspettando la nuova sedeAspettando la nuova sedeIncontro con Piero Di SilvestreIncontro con Piero Di Silvestrepresidente del comitato di quartierepresidente del comitato di quartieredi Colleparco Coste S.Agostino di Colleparco Coste S.Agostino

onte Baiano, il quartiere chiamato “i Parioli” di Teramo, di recente ha ottenuto quattro “gigantesche pezze di asfalto” che, a detta di

Enzo D’Ignazio, presidente dell’associa-zione “Bella Teramo”, “già si stanno di-sgregando”. “Solo quattro dei tombini che presentavano un dislivello grave sono stati sistemati – spiega D’Ignazio -. Purtroppo, la parte alta del quartiere è stata lasciata fuori da questo rifacimento ed è ancora nelle stesse condizioni. Crepe nei muri, luci sempre spente e, situazione già docu-mentata mesi fa, permane, purtroppo, inal-terata. Il quartiere rimane non considera-to.” L’attività di “Bella Teramo” riscuote consensi tra la gente, secondo D’Ignazio, ma non avrebbe riscontro presso la pub-blica amministrazione. “Ricordiamo – in-siste D’Ignazio - l’edifi cio pericolante di via Muzi, un pericolo per i passanti, mai

“Parioli” “Parioli”

La bici di Brucchi La bici di Brucchi nella città delle autonella città delle auto

biettivi “mancati” o picchi di negatività raggiunti nel 2010:Oltre 10.000 auto al giorno tra periferie e centro storico adi-

bito, ormai, a parcheggio selvaggio e inter-detto ai mezzi pubblici (linee 1 e 1b);Oltre 36 superamenti, da gennaio a set-tembre, dei limiti massimi di micro polveri (PM10), senza nessun provvedimento effi -cace;Nessun cenno di pianifi cazione urbana del traffi co ( corsie preferenziali per bus e bici);Distacco dei semafori per favorire al massi-mo l’uso dell’auto a scapito della sicurezza e integrità dei pedoni (incidenti mortali in

via Po), mancata realizzazione di dissuasori di velocità sulle arterie cittadine;Nessun ampliamento della ztl, la più bassa d’Italia (0,0039 Kmq x Kmq com.le);Tentativo di arretrare e seppellire la stazio-ne ferroviaria per realizzare altri parcheggi, bloccando qualunque possibilità di prolun-gamento della linea in direzione Montorio-Capitignano-L’Aquila-Roma di prossima e auspicata realizzazione, condannando de-fi nitivamente l’entroterra teramano ed il Parco alla desertifi cazione.A me questa sembra la città delle auto, del traffi co e dello smog!

PAOLO D’INCECCO

Caos teramano

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rispettosa della crisi e del periodo diffi cile che stanno attraversando le famiglie. Anzi-ché spendere soldi per le luminarie abbiamo organizzato una tombolata, comprando dei regali per i bambini. Offrendo un momento di socializzazione e di gioia per i più piccoli. Decisione, purtroppo, non condivisa da tutti i residenti, ma siamo convinti di aver agito per il meglio.”

ANTONELLA LORENZI

messo in sicurezza. Situazione in via Dei Funari: delle due buche, trappole per gli scolari della scuola S. Giuseppe, ne è stata chiusa una soltanto.” Si è soliti ad inizio di un nuovo anno tirare le somme e fare dei bilanci. D’Ignazio esprime la convinzione, nata e confermata nel corso dei mesi, che il sindaco Brucchi si ritenga vicino alla gen-te, ma “non ascolti i suoi cittadini. Molto volentieri cerco di dare il mio contributo a chiunque me lo chieda, certamente non potrei dare il mio apporto a chi neanche ascolta.” Bella Teramo, si sta attivando per il restauro del portone del Duomo. “Ab-biamo trovato alcuni operatori economici interessati a fi nanziare il progetto, stiamo interessando il parroco della Cattedrale e chiederemo tutti i permessi necessari. C’è un bravissimo ebanista che ha espres-so il desiderio di riportare il portone al suo antico splendore. Penso anche che sia indegno che l’ edicola di via Carduc-ci nasconda i due grifoni alati opera di L. Cavacchioli”.

dimenticatidimenticatiCarenze a Fonte Baiano riassunte da Enzo Carenze a Fonte Baiano riassunte da Enzo D’IgnazioD’Ignazio che per il portone del Duomo che per il portone del Duomo propone… propone…

Fonte Baiano

DI DANIELA PALANTRANI

dicembre il consiglio comunale ha deliberato la revisione del “Piano delle farmacie”, inseren-do una nuova perimetrazione

che comprende i quartieri di Colleatterra-to e Villa Pavone. Incomprensibile per i residenti, quindi, dalle parole della segretaria del circolo Pd, Maria Rosaria. Armenio, il doversi spostare fi no a v.le Crispi o S.Nicolò per reperire un farmaco, magari salvavita. “Rappresentanti istituzionali del Pdl han-no negli ultimi mesi sostenuto che tra gli obiettivi prefi ssati vi era l’apertura di una parafarmacia a Colleatterrato, ma noi resi-denti avevamo invece pensato che con l’ap-provazione del nuovo piano integrato per la zona di Colleatterrato Basso si potesse davvero pensare di sistemare dei locali dove inserire anche una farmacia comuna-le. Sarebbe l’ideale. Il Comune possiede dei terreni proprio a Colleatterrato basso e, in questa zona potrebbero essere previsti dei locali atti ad ospitare la farmacia, così come sarebbe costruttivo inserire dei servizi de-centrati come l’anagrafe, Vigili Urbani, uffi -cio tecnico; Non sarebbe risolutivo per il quartiere né l’apertura di una parafarmacia, né l’apertura in zona diversa dall’interno del quartiere. Il Pd ha sempre insistito per l’apertura di una farmacia. “La deliberazio-ne del consiglio comunale - prosegue la segretaria del circolo Pd - sta a dimostrare che le nostre proposte, in questi anni, non erano affatto strumentali”. Ci sono altre situazioni da sistemare per rendere vivi-bile il quartiere. Esigenza importante, resa evidente con l’inizio della raccolta porta a porta, quella della derattizzazione. “I rifi u-ti lasciati fuori per permettere la raccolta differenziata hanno attirato tanti topi – conclude Armenio-. Auspichiamo un inter-vento urgente a tal proposito. Inoltre, non dimentichiamo il discorso dei passaggi a li-vello che di fatto isolano la zona di Villa Pa-vone e in alcuni casi hanno impedito anche il sollecito passaggio di mezzi di soccorso”.

Farmacia Farmacia comunalecomunale cercasi cercasiColleatterratoColleatterrato

DI DANIELA PALANTRANI

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uca Corona giovane ed attivo da anni sul territorio, prima come presidente del comitato di quar-tiere Villa Pacvone-Colleatterra-

to, poi come consigliere provinciale del Pdl. Quali gli obiettivi perseguiti? Obiettivo importante l’apertura della nuova farmacia. Ricordo che il comitato di quartiere Villa Pavone, già al tempo della giunta Spe-randio avanzò la proposta di aprirne una che servisse la zona Colleatterrato, in forte espan-sione, e Villa Pavone. Purtroppo, all’epoca, non c’erano i numeri necessari come soggetti resi-denti. Successivamente, anche grazie all’inte-ressamento dell’assessore Di Sabatino, (giunta Chiodi), si è continuato l’iter necessario per concretizzare l’apertura di una farmacia. In merito alle dichiarazioni del Pd sulla raccolta fi rme effettuata per l’apertura della farmacia, penso che sia stata fatta in maniera strumen-tale e, di certo non è con una raccolta fi rme che si apre una farmacia. Ci sono problemi, iter burocratici e progetti da seguire e risol-vere.” Quale la sede? “Ci sono diverse proposte, personalmente in-dico come soluzione la vecchia scuola di Villa Pavone. Si tratta di immobile di proprietà del Comune che comunque bisogna ristrutturare.

Si eviterebbe il pagamento di un affi tto in caso di farmacia comunale; si potrebbe usufruire del parcheggio annesso, di locali da utilizzare come magazzino ed è situata in una zona di passaggio. Facilmente raggiungibile anche in caso di neve. Aprirei invece a Colleatterrato Basso una parafarmacia, per supplire ed inte-grare il servizio”. Battaglie in campo?“Una relativa ai quattro passaggi a livello che di fatto isolano la zona artigianale di Villa Pavone. Anni fa organizzai personalmente il primo incontro con i tecnici delle Ferrovie dello Stato. Il Comune di Teramo non aveva nean-che un progetto o un’alternativa da proporre. La giunta Sperandio si è sempre disinteressata del problema. Si sono verifi cati diversi episodi con Vigili del Fuoco o ambulanze bloccate per il passaggio a livello chiuso. Stiamo studiando da tempo la soluzione. Una proposta è fare una ‘bretellina’ di colle-gamento tra Villa Pavone e la statale. In pra-tica, un allargamento della rampa di uscita di Cartecchio, con relativa rotonda e ramo di collegamento con v.le Crispi. E’ già stato fatto il bando per assegnazione del progettista. Nel 2011 i lavori dovrebbero partire, l’opera è già fi nanziata”.

Una Una “bretella” “bretella” per Villa Pavoneper Villa PavoneLa proposta di Luca Corona (Pdl) La proposta di Luca Corona (Pdl) per la zona artigianale di Teramoper la zona artigianale di Teramo

DI DANIELA PALANTRANI

eramo Est, individuata come collegio Teramo2 della Provincia, territorio ampio e con proble-matiche differenti piuttosto mar-

cate tra la zona collinare e non. Maurizio Sciamanna, segretario del circolo Pd di Te-ramo stazione, le accomuna per traffi co e carenza di parcheggi. Esigenza irrisolta da sempre, di S.Berardo e Gammarana quel-la dell’essere attanagliate dalle auto. “Le uniche due direttrici ‘per’ e ‘da’ Teramo insistono proprio su questi due quartieri rappresentando comunque l’unico sboc-co. S.Berardo è addirittura ‘accerchiata’, rimanendo proprio in mezzo tra via Po e v.le Crispi. La Gammarana è addirittu-ra isolata e tagliata fuori dal resto della città dai binari. I residenti aspettano una qualsivoglia soluzione, interramento, arre-tramento, purché si rimedi all’isolamento di un intero quartiere. Lo svincolo Lotto Zero è atteso con ansia, ma le strade di immissione poi sulle strade cittadine? Si creerà una situazione ad imbuto, con sole tre strade che portano su v.le Crispi, di cui una che passa proprio davanti ad una scuola.” Una risoluzione il bus navetta? “Bisognerebbe presentarsi in Regione e chiedere un aumento del chilometraggio, in quanto necessario- replica Sciamanna-. La navetta dovrebbe arrivare almeno alla stazione ferroviaria. E’ Impensabile che ar-rivati lì, si prenda la bici, ci si avventuri in mezzo al traffi co dell’arteria principale e si cerchi di raggiungere il centro. Colleparco e Villa Mosca, presentano pro-blemi differenti, ma subiscono la piaga di carenza di parcheggi e di illuminazione, in modo particolare villa Mosca, zona in espansione. Sviluppo poco gestito, salen-do si possono osservare le macchine par-cheggiate ai lati delle strade, il dramma è che non c’è altro posto dove lasciarle, ol-tre ad non avere un punto di aggregazione come una piazza.” Una strada nuovissima e bellissima collega i due quartieri, ma non ci sono autobus per percorrerla. E’ un grosso handicap, se si pensa che molti uni-versitari potrebbero scegliere di affi ttare casa a Villa Mosca, anziché in centro, se le due colline fossero collegate e facilmente

raggiungibili dall’università. L’unica solu-zione per raggiungere Colleparco da Villa Mosca è di scendere con l’autobus a p.zza Garibaldi, prenderne un secondo per sali-

re a Colleparco. Molti studenti affi ttano in centro proprio per questo motivo. E dire che per risolvere il problema basterebbe spostare un capolinea.”

Quartieri teramani: diversi ma similiS.Berardo e Gammarana, Colleparco e Villa Mosca stretti nella morsa del traffi coS.Berardo e Gammarana, Colleparco e Villa Mosca stretti nella morsa del traffi co

DI DANIELA PALANTRANI

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ATTIVITA’ SOCIALI, CULTURALI E RICREATIVE APERTE AL QUARTIERE E ALLA CITTA’• Ambulatorio medico sia per visite generiche che per visite preventive per la lotta ai tumori.

• Pranzo natalizio di solidarietà per persone sole e bisognose• Raccolta di indumenti nuovi e usati da consegnare a persone bisognose

• Consegna mensile di pacchi alimentari per persone bisognose• Incontri periodici con il Banco di Solidarietà e Banco Alimentare

• Collaborazione con la Caritas di Teramo• Ballo per anziani (giovedì e domenica)

• Gestione dl parco giochi su area esterna della sede e dalla scuola dell’infanzia “Arcobaleno” (con relativa manutenzione ordinaria e straordinaria)

• Feste ricorrenti come: festa della mamma, del papà, dei nonni, di fi ne anno ecc.• Feste di compleanno per bambini

• Corsi di ballo, pittura, lingua inglese, lingua cinese, creatività artistica, cucina teramana• Sostegno scolastico per alunni delle scuole elementari e medie

• Ludoteca estiva (periodo metà giugno, metà settembre) nell’area adibita a parco giochi e gazebo in legno• Mostre e altre attività culturali, sia nei locali interni che su area esterna• Sala ricreativa per giochi da tavolo (carte, dama,scacchi) e televisione

• Sala polifunzionale a disposizione per convegni,riunioni e incontri tra abitanti del quartiere• Addobbi natalizi del quartiere

• Gite e gemellaggi con altri centri sociali• Uffi cio relazioni con il pubblico del quartiere San Berardo (URP)• Centro Italiano Femminile (CIF) e Sportello Mediazione Familiare

OGNI ATTIVITA’ DI CUI SOPRA HA UN SUO ORGANIZZATORE RESPONSABILE, MENTRE LA FUN-ZIONE DEL PRESIDENTE PRO TEMPORE, OLTRE ALLA RESPONSABILITA’ GENERALE, HA QUELLA

DI RICEVERE LE PERSONE DEL QUARTIERE, per conoscere direttamente tutte le lamentele e i consigli propositivi relativi alle problematiche di vivibilità quotidiana che più interessano, quali:

• Asfalto stradale• Pubblica illuminazione• Marciapiedi pedonali

• Attraversamenti pedonali• Raccolta acque bianche e nere

• Potatura alberi• Pulizia Verde pubblico

• Pulizia strade da arbusti ed erbacce• Derattizzazione e disinfestazione periodo estivo

• Escrementi di animali domestici• Sicurezza stradale: Via Po’ – Via Tevere – Viale Crispi

• Unitamente ad una migliore viabilità

Oltre alle attività e ai servizi suesposti, dal 24 agosto 2009 abbiamo dovuto organizzare e affrontare sia il trasferimento della scuola d’infanzia “ Arcobaleno” al piano terra, che il trasferimento della nuova sede del comitato al primo piano. Inoltre, a completamento dei lavori di cui sopra, a maggio 2010, abbiamo anche realizzato due nuovi servizi igienici nell’area esterna adibita a parco giochi, questo per consentire l’utilizzo dei servizi ai frequentatori di tutte le età. L’idea dell’Amministrazione

Comunale, in compartecipazione con il Comitato di quartiere San Berardo, di trasferire i bambini al piano terra, dopo l’even-to sismico dell’Aquila, è stata necessaria per dare maggiore sicurezza e tranquillità a piccoli e grandi. Quindi ringraziamo la Giunta Comunale per aver realizzato un ottimo lavoro sui locali adibiti a scuola dell’infanzia “Arcobaleno”, per avere, non

ultimo, migliorato la sicurezza dei bambini con un nuovo cancello interno e per la realizzazione della nuova pavimentazione all’ingresso. La nostra forza, da sedici anni a questa parte, è sempre stata il desiderio di realizzare e portare avanti un progetto aggregativo volto a un coinvolgimento di “pubblico-privato”. Quindi ringraziamo tutti i frequentatori, l’Amministrazione Co-

munale e gli enti privati, come pure tutte quelle persone che a vario titolo, offrono il loro tempo libero, affi nchè questa realtà, seppur migliorabile, possa proseguire nel futuro. Inoltre per il prossimo Natale, come ogni anno, attendiamo dei volontari per organizzare e migliorare l’evento natalizio nelle tredici vie che compongono il quartiere. Richiediamo quindi già da subito, un confronto di idee, iniziative con persone che possono e desiderano dare la propria disponibilità alla realizzazione delle stesse e di nuove che verranno proposte. Infi ne si comunica agli abitanti del quartiere “San Berardo”, che sarà organizzato un incon-

tro per programmare il futuro del Comitato.Il Comitato augura un felice anno nuovo.

COMITATO DI QUARTIERE “SAN BERARDO”SEDE VIA TEVERE-VIA ROMA- TERAMO

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asta giri di parole. Leonardo Pa-olini fu assassinato da ignoti nella notte del 28 febbraio del 2007. Un atroce delitto ancora tutto da

chiarire, colpevoli che non hanno ancora un volto. Una esecuzione in piena regola eseguita, forse, da qualcuno che non accet-tò il tentativo del 23enne teramano di al-lontanarsi una volta per tutte dal sottobo-sco della tossicodipendenza locale. E allora decise di toglierlo di mezzo facendolo spa-rire nel rogo della sua Clio Renault del ‘98. Non una semplice ipotesi: il referto me-dico lo conferma. Leonardo morì brucia-to ancora vivo e non, come fu dichiarato sbrigativamente, per una iniezione fatale di eroina.Un mosaico complesso, ancora privo di molti tasselli e che per questo necessita di indagini più accurate per accertare ciò che accadde quella tragica notte di fi ne inverno cancellata nel fuoco di Colleparco.Molti punti delle indagini lasciano tutto-ra perplessi. Come non ricordare che la mattina del ritrovamento del corpo non ci fu l’intervento – che il caso avrebbe ri-chiesto – del RIS? Che la carcassa dell’au-

to, per esempio, venne refertata, ma mai analizzata? Indagini sommarie che avrebbero potuto verifi care l’aggancio delle celle dei telefoni dei sospetti, oltre che riscontrare i sem-plici tabulati telefonici, per stabilire se gli indagati erano effettivamente quella notte dove hanno dichiarato di trovarsi o se era-no sul luogo del delitto. Ma questo non fu fatto.La famiglia Paolini tuttora è perplessa e, dopo i vari appelli al programma televisivo “Chi l’ha visto?”, spera nelle nuove indagini. Già nel febbraio del 2009, alla inspiegabile richiesta di archiviazione, i genitori di Leo-nardo si opposero con tutte le loro forze al mettere una pietra sopra ad un enigma ancora aperto, per tentare di non lasciare nulla di intentato. Un rebus irrisolto che ora sta per essere analizzato di nuovo per cercare di trovarne la soluzione.I tre indagati, due uomini e una donna, a distanza di ormai quattro lunghi anni, non sono stati ancora messi a confronto, e nes-suna prova concreta che li possa incastra-re è emersa. Ma le incongruenze venute fuori dagli interrogatori basterebbero ad

evidenziare la necessità di fare nuova luce sull’accaduto. Contraddizioni che si evin-cono dagli interrogatori degli indagati, al-cuni avvenuti a distanza di mesi.Dubbi, prove che si moltiplicano e si mi-schiano fi no a confondersi. Sul corpo carbonizzato di Leonardo e sul sedile dell’auto fu riscontrata una quanti-tà di alcool denaturato rosa (quello che si può trovare in ogni supermercato) pari a 500 ml, versato su punti ben precisi. Una traccia ematica, scoperta successiva-mente al di fuori dell’autovettura e che ancora deve essere analizzata, farebbe pen-sare che ci sia stato un antefatto violento alla tragedia. Magari una colluttazione con lo stesso (gli stessi?) assassino. Qualche tempo dopo l’omicidio è emersa una testimonianza chiave, mai stata resa attendibile dagli inquirenti. Qualcuno sa, e non vuol parlare, per tentare di dare giu-stizia alla memoria di un ragazzo sensibile e fragile.

Un caso Un caso ancora apertoancora aperto

A quattro anni dalla tragica morteA quattro anni dalla tragica morte di Leonardo Paolini i familiari aspettano dagli inquirenti i familiari aspettano dagli inquirenti risposte defi nitive risposte defi nitive a circostanze e responsabilità

RAUL RICCI

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a situazione del carcere di Teramo è a rischio emergenza. Il grido d’allar-me lanciato da tempo dai sindacati di polizia penitenziaria e dai detenu-

ti rischia di restare inascoltato. Castrogno è al collasso. Il sovraffollamento della struttura si unisce alla cronica mancanza di personale dipendente.Il problema del sott’organico continua a con-dizionare la professionalità e l’esperienza de-gli agenti che quotidianamente prestano ser-vizio nella struttura. Le celle sono costrette ad ospitare diversi detenuti. Le guardie peni-tenziarie vengono così obbligate al raddop-pio dei turni di lavoro, con orari estenuanti ed un elevato rischio di stress e tensione.Nel penitenziario di Teramo non si svolgo-no attività lavorative per consentire il rein-serimento sociale dei detenuti. Nessun la-boratorio o scuola di formazione. Quando i detenuti escono dalla struttura si trovano generalmente nella stessa condizione di arri-vo con pochissime possibilità di cambiamen-to. Solo sei detenuti, rispetto all’intera popo-lazione di Castrogno, hanno la possibilità di partecipare ad un progetto di reinserimento effettuando, un giorno a settimana, lavori di manutenzione stradale.Senza contare le altre criticità dell’istituto teramano, segnalate dai detenuti: dalla scar-sa presenza di assistenti sociali ed educatori, alla diffi cile condizione del sistema sanitario interno con evidenti ripercussioni sulle visi-

te mediche, agli angusti spazi all’aperto dove trascorrere l’ora d’aria.Nel carcere di Castrogno il sovraffollamento non risparmia alcuna sezione. Nella quarta sono rinchiusi i tossicodipendenti, nella ter-za gli autori di reati comuni, nella seconda i detenuti sottoposti al 41 bis tra cui diversi mafi osi, fi no alla prima sezione, tra le più ri-schiose, dove vengono isolati i colpevoli di reati d’infamia e pedofi lia. Il personale della Polizia Penitenziaria di Teramo riesce nono-stante tutto a garantire un servizio all’altezza della situazione.Le cronache nazionali ci ricordano quotidia-namente che sul fenomeno dell’emergen-za carceri non si può certo soprassedere. Risse,aggressioni,episodi di violenza,tentativi di suicidio,pestaggi: occorre intervenire ce-lermente, prima che possano manifestarsi simili segnali di disagio. La nostra realtà non è certo immune da questi rischi.Mentre il piano carceri promesso dal Gover-no stenta a decollare, sono ben 66 i detenuti suicidi nei penitenziari italiani nel corso del 2010. Un dato preoccupante che non am-mette giustifi cazioni. “Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri. Poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione” (Voltaire).

Emergenza Emergenza CastrognoCastrogno

MIRKO DE BERARDINIS

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ensibilizzare la popolazione, e in modo particolare i giovani, questa l’idea di fondo dell’associazione e di ogni singolo donatore per poter

estendere l’idea della gratuita donazione del sangue. Un gesto anonimo che arric-chisce l’animo e indiscutibilmente aiuta il prossimo. Nell’era dell’indifferenza verso l’altro, l’associazione Donatori di sangue di Teramo festeggia 50 anni di attività. Toni-no di Natale, che ha curato la raccolta di materiale documentale e fotografi co per la redazione di un volume che ricordi e ce-lebri tanti anni di lavoro, defi nisce l’attività dell’associazione “50 anni di solidarietà”. “Sono consapevole che donare una parte di sé – sottolinea-, assume, inconsciamente, un aspetto sublime per chi dona, ma rap-presenta un bisogno improcrastinabile per chi spera di poter continuare a sorridere ancora alla vita da persona sana.” L’associa-zione si è attivata solo l’anno dopo la fon-dazione della Fidas, con atto notarile che risale al 28 luglio 1960, dotandosi di uno statuto i cui scopi principali erano e sono ancora quelli di raccogliere sangue per do-narlo volontariamente e gratuitamente ai riceventi, a scopo terapeutico e di pronto soccorso. Su iniziativa del dott. Domenico Sciarra, direttore del Centro Trasfusionale, si sviluppò l’idea di reclutare un gruppo di donatori che costituirono un comitato promotore, attualmente presieduto da Pa-squale Di Patre. Di Natale ha curato mi-nuziosamente l’elaborazione del libro “50

anni di solidarietà. Frammenti di storia e immagini”, portando avanti per circa un anno un lavoro di ricerca faticoso e cer-tosino: rilettura di vecchi verbali, recupero di tutte le riviste de Il donatore; raccolta di svariate testimonianze e materiale foto-grafi co. “Spesso – ricorda Di Natale - si scattano foto, tante direi, ma quasi mai si aggiungono notizie in merito all’evento fo-tografato ed alla data”.

ANTONELLA LORENZI

Campagna di sensibilazzazionea cura di Gary Mouller (USA)

L’AssociazioneL’AssociazioneDonatori di sangue Donatori di sangue al traguardo dei al traguardo dei 50 anni di attività50 anni di attività

Sono consapevole Sono consapevole che donare una che donare una parte di sé, assume, parte di sé, assume, inconsciamente, un inconsciamente, un aspetto sublime per chi aspetto sublime per chi dona, ma rappresenta dona, ma rappresenta un bisogno un bisogno improcrastinabile improcrastinabile per chi spera di poter per chi spera di poter continuare a sorriderecontinuare a sorridere

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Nel mercato europeo, Nel mercato europeo, format e produzioni format e produzioni statunitensi la fanno statunitensi la fanno storicamente da storicamente da padroni. padroni. Tuttavia si sta Tuttavia si sta verifi cando verifi cando un’inversione di un’inversione di tendenza specie per tendenza specie per quanto riguarda il quanto riguarda il cinemacinema

Europa è attrezzata per compe-tere nel mercato mondiale a livel-lo economico, ma non a livello di immagine e, quindi, di produzione

culturale.Nel mercato europeo, format e produzio-ni statunitensi la fanno storicamente da padroni. Tuttavia si sta verifi cando un’in-versione di tendenza specie per quanto riguarda il cinema, sopratutto tedesco e francese, dove sempre più spesso vengono proposti fi lm in grado di competere – a livello di successo mondiale – con i block-buster made in USA.La collaborazione e lo scambio di espe-rienza tra specialisti di diversi Paesi eu-ropei e la condivisione dei prodotti con l’intera popolazione europea sono alcuni degli obbiettivi del progetto Media 2007.Le categorie di interesse per il bando sono: fi ction destinate allo sfruttamento commerciale di durata non inferiore a 50 minuti; documentari di creazione destinati allo sfruttamento commerciale di durata non inferiore a 25 minuti (durata del sin-golo episodio nel caso di serie); progetti di animazione destinati allo sfruttamento commerciale di durata non inferiore a 24 minuti.

Parallelamente la Commissione Europea fi nanzia, tramite un’altro bando, la realiz-zazione di festival di opere audiovisive, che prevedano la partecipazione al concorso di almeno il 70% di opere prodotte in Eu-ropa e rappresentate nei dieci Paesi che partecipano al progetto Media.Alcuni degli obbiettivi di questi festival saranno quelli di favorire la mobilità di professionisti all’interno della UE, la com-mercializzazione dei loro prodotti e il col-legamento con il mondo dell’istruzione. L’Unione Europea si offre di coprire il 50% dei costi per un valore compreso tra 10 e 75 mila euro per i progetti che avranno inizio tra il 1° novembre 2011 e il 30 aprile 2012.Grazie alla sinergia di queste due attività è possibile visionare sul sito dell’Unione Eu-ropea il gran numero di festival organizzati in tutta Europa e i fi lm che vi hanno par-tecipato. Il progetto Media prevede inoltre la collaborazione con altri Paesi, tramite il progetto Media International e Media Mundus.

FRANCESCO ADESSI STUDENTE DELLA FACOLTÀ

DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONEUNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TERAMO

Un “fi lm” Un “fi lm” made in Europamade in Europa

Con il progetto MediaCon il progetto Media un impulso alla cinematografi a europeaun impulso alla cinematografi a europea

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TERAMO FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE. ATTIVITÀ SVOLTA NELL’AMBITO DEL PROGETTO SOSTENUTO DA:

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l pericolo è nell’aria. Specialmente se l’aria in questione è quella che respi-riamo. L’uso dei combustibili fossili nel settore industriale, ha portato a livelli

vertiginosi le emissioni di CO2 (meglio noto come anidride carbonica), uno dei principali gas colpevoli dell’effetto serra.Secondo i dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), l’incalzante surriscal-damento del pianeta sta spaccando l’Euro-pa in due zone caratterizzate da un forte dislivello climatico.Per scongiurare questo cataclisma ambien-tale, nel 2007 l’UE ha deciso di ridurre del 20% le emissioni di gas serra entro il 2020. Le varie misure legislative contro l’inqui-namento atmosferico sono state prese in accordo con il Protocollo di Kyoto, che stabilisce una “tappa” di riduzione di gas serra da raggiungere entro archi di tempi predefi niti.Dove dunque la legislatura mostra i suoi limiti, le uniche soluzioni per dare una svolta decisiva al problema restano la ri-cerca e la tecnologia. Per questo motivo, la Commissione Europea ha varato il piano denominato NER300, attualmente il più importante programma a livello mondiale per sconfi ggere le emissioni di CO2. L’ini-ziativa prevede un fi nanziamento di 4.5 mi-liardi di euro (ovvero una copertura delle

spese pari al 50%) per progetti dimostra-tivi riguardanti le innovazioni nel campo dell’energia rinnovabile e dei metodi di cattura e stoccaggio geologico del CO2 (CCS). Quest’ultimo sistema, da tempo in fase di sviluppo, consiste nel “catturare” il CO2 depurandolo dal gas naturale, per poi “intrappolarlo” attraverso l’iniezione sicu-ra nel terreno. Le modalità per compiere questo processo, sono essenzialmente tre: pre-combustione, post-combustione e os-sicombustione (a seconda della fase in cui avviene la “cattura” del CO2). Attualmente nel mondo esistono solo quattro siti spe-rimentali di tecnologie CCS. Uno di que-sti, Sleipner, è situato nel Mare del Nord al largo delle coste norvegesi. L’obbiettivo dell’Unione Europea è quello di creare im-pianti di dimensioni maggiori e sullo stesso modello, per testare la validità delle tecni-che di CCS e contribuire ad uno sviluppo economico sostenibile, promuovendo in futuro anche nuovi posti di lavoro ecologi-ci. Per chiunque fosse interessato, il bando uffi ciale relativo a NER300 è disponibile consultando la url http://ec.europa.eu/cli-ma/funding/ner300/index_en.htm.

Piaga CO2Piaga CO2piano speciale dell’UE

Le emissioni di gas serra rischiano di provocare un collasso ambientale. Ma l’Unione Europea ha varato NER300Ma l’Unione Europea ha varato NER300il più importante programma mondiale di intervento

Surriscalda il globo Surriscalda il globo e danneggia gli e danneggia gli ecosistemi. Con ecosistemi. Con ripercussioni sulla ripercussioni sulla nostra salutenostra salute

MARCO FLORIOSTUDENTE DELLA FACOLTÀ

DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONEUNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TERAMO

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accessibilità a internet è ormai un problema serio, almeno quanto lo era l’accesso alla stampa (e poi alla televisione) nel secolo scorso, poiché si tratta di un veicolo di infor-mazioni e servizi vitali.

Se prima erano i giornali a garantire il funzionamento della de-mocrazia, vigilando sull’operato dei governanti, oggi internet per-mette di raggiungere lo stesso obbiettivo ma in modo molto più effi cace, con la consultazione diretta.Oltre a progetti sperimentali su ambiti ristretti, la Ue ha lanciato nel 2005 “i2010” (società europea dell’informazione per il 2010, Trattato di Lisbona) ente preposto a pianifi care le strategie in ambito media e nuove tecnologie su scala europea. Tre sono gli obbiettivi principali di i2010: la realizzazione di uno spazio uni-co europeo dell’informazione che incoraggi un mercato interno aperto e competitivo per la società dell’informazione e i media; il rafforzamento dell’innovazione e dell’investimento nella ricerca per quanto concerne le tecnologie dell’informazione e della co-municazione (TIC); la costruzione di una società europea dell’in-formazione per migliorare i servizi pubblici e la qualità della vita.Il raggio d’azione di questo progetto è quindi molto ampio, spa-ziando dalla creazione di banche dati di condivisione per le pubbli-che amministrazioni all’alfabetizzazione digitale dei cittadini. Uno degli obiettivi più ambiziosi è l’agenda digitale, una delle principali

7 iniziative della strategia “Europea 2020”, con l’obiettivo princi-pale di sviluppare un mercato unico digitale per condurre l’Europa verso una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.I bandi pubblicati dalla Commissione Europea, inerenti all’infor-mation technology, sono infatti indirizzati a migliorare i sistemi di controllo e sicurezza del traffi co internet e dei contenuti digitali. Un progetto da segnalare è “ICT 2010: Digitally driven”, evento europeo dedicato alla ricerca e all’innovazione nell’ICT. La Com-missione Europea ha annunciato la pubblicazione dell’invito a pre-sentare proposte di ricerca sulle Information and Communication Technologies, nell’ambito del 7° Programma Quadro. Il progetto – che scade a gennaio 2011 – prevede 783,5 milioni di euro da spalmare in progetti ad elevato contenuto tecnologico.Con prospettive simili è evidente che il linguaggio politico in tutti i suoi aspetti si dovrà trasformare, adeguandosi a nuove realtà e a nuovi tipi di rapporti interattivi con i cittadini e con le altre istitu-zioni, in un grande network cooperativo.

L’agenda digitaleL’agenda digitale europea

Il raggio d’azione di questo progetto Il raggio d’azione di questo progetto è quindi molto ampio, spaziando è quindi molto ampio, spaziando dalla creazione di banche dati dalla creazione di banche dati di condivisione per le pubbliche di condivisione per le pubbliche amministrazioni all’alfabetizzazione amministrazioni all’alfabetizzazione digitale dei cittadini.digitale dei cittadini.

FRANCESCO ADESSI STUDENTE DELLA FACOLTÀ

DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONEUNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TERAMO

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ll’interno dell’Unione Europea, 84 milioni di persone sono esposte alla povertà. In pratica, più di tutta la popolazione d’Italia e dei Paesi Bassi messa assieme. Povertà che signifi ca disoccupazione, scarsa qualità

della vita, violazione di diritti fondamentali come cibo e riparo. Un fi ume in piena, che sfocia nell’emarginazione sociale. Il problema assume proporzioni ancora maggiori se la fascia di soggetti più colpita è quella dei bambini. Il futuro del pianeta. Un futuro, tutta-via, confi nato sotto i ponti e nei tombini in cui la gioventù rumena (il Paese dell’UE in cui la situazione infantile è più tragica) è co-stretta a “vivere”. Dal punto di vista economico, l’Unione Europea risulta il maggior fi lantropo a livello mondiale, stanziando in media 93 euro per cittadino, contro i 54 degli USA e i 44 del Giappone. In pratica, il 60% degli aiuti mondiali. Ma come vengono distribuite queste risorse nella lotta alla povertà?L’Unione Europea si muove su due linee, seguendo un percor-so istituzionale e uno progettuale. L’Unione Europea si è dotata di diversi strumenti per salvaguardare e migliorare la condizione sociale generale, su tutti il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e i Programmi di iniziativa Comunitaria (PIC), il cui fi o-re all’occhiello è rappresentato dal programma “Agenda 2000”. Un nome che suona tanto moderno, ma che mira a risolvere problemi di vecchia data, attraverso tre obbiettivi principali da perseguire: il sostegno a regioni in ritardo di sviluppo, quelle in crisi strutturale e quelle con problemi nel campo dell’istruzione e dell’occupazione. La seconda linea risolutiva, rappresentata dai progetti, comprende due importanti iniziative a livello mondiale. Dal 1983, ogni anno l’UE stabilisce un tema da affrontare e svilup-pare durante tutto l’arco dei dodici mesi. A tal proposito, il 2010, anno che sta volgendo al termine, è stato “L’anno Europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale”, mentre il 2011, anno alle porte, sarà “L’anno Europeo delle attività volontarie che pro-muovono la cittadinanza attiva”. Si tratta di un biennio che, nella prima parte, funge da megafono per richiamare l’attenzione sul problema, per poi promuovere quello che Marx denominava pri-mato della prassi, ovvero l’azione concreta, mirata a sconfi ggere la povertà, attraverso le iniziative fi nanziate dai singoli governi, ma anche di quelle volontarie di associazioni e cittadini.

L’anno 2011 dedicato alle attività volontarie, rappresenta un caso di straordinarietà maggiore almeno nell’attuazione.È la prima volta, infatti, che un Anno Europeo viene riservato per un tipo di argomento così specifi co. Fondamentale il ruolo della società civile, che ha promosso il tutto in stretta collaborazio-ne con il Centro Europeo del Volontariato (CEV), non a caso in corrispondenza del 10° anniversario dell’Anno Internazionale del Volontariato delle Nazioni Unite. Ma che cosa signifi ca fare del volontariato? Si tratta di un impegno spontaneo e senza un com-penso in denaro, che secondo i dati di Eurobarometro coinvol-ge ben 100 milioni di cittadini all’interno dell’UE (in pratica 3 su 10). Non ci sono limiti di età, sesso e classe, lo stesso lettore in questo momento può essere un potenziale volontario, offrendo un contributo attivo individualmente o attraverso le numerose associazioni di volontariato ramifi cate anche a livello locale. Non occorre esperienza, servono però serietà e buone intenzioni, per-ché se il volontariato è un azione gratuita nell’atto in sé, non lo è nei costi di attivazione. L’UE ha infatti stanziato fi no a 11 milioni di euro, che verranno gestiti da ogni Organismo Nazionale di Coor-dinamento (ONC) per promuovere specifi ci progetti di sostegno. Il Governo italiano nominerà il suo ONC entro febbraio 2011. Tutte le news, riguardanti bandi e progetti promossi dall’Anno Eu-ropeo del Volontariato, saranno visibili sulla pagina uffi ciale http://www.eyv2011.eu/. Molto spesso compiere una buona azione non fa notizia. Ma compierla per 365 giorni all’anno può fare la diffe-renza. MARCO FLORIO

STUDENTE DELLA FACOLTÀDI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TERAMO

L’Unione EuropeaL’Unione Europea fi lantropo del globofi lantropo del globo

Povertà e diritti umani a rischioPovertà e diritti umani a rischiogli strumenti UE per garantire il benessere sociale.L’anno 2010 è stato dedicato a contrastare la povertà.Per dare continuità al progetto, il 2011 sarà l’anno del volontariatoPer dare continuità al progetto, il 2011 sarà l’anno del volontariato

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focus on

La Caritas diocesana di Teramo-Atri da anni opera all’interno della nostra società con l’obiettivo di fronteggiare le differen-ze e le emarginazioni che essa produce. La sua matrice cristiana–cattolica la porta ad avere le braccia aperte verso gli ultimi, di qualsiasi razza e religione. Le ingiustizie della nostra società induce un numero di persone, ogni anno maggiore, a rivolgersi ai suoi servizi. La risposta al bisogno, tuttavia, cerca sempre di non essere semplicemen-te materiale. Infatti, alla base di tutto c’è l’ascolto. Della persona, della sua storia, facendo un po’ proprie le sue diffi coltà, ac-cogliendole pienamente. Questo il punto da cui partire per costruire un rapporto di reciprocità e fi ducia. Non per nulla il ser-vizio principale della Caritas è il “centro di ascolto”. Certo non mancano coloro che, nella loro situazione di povertà, hanno im-parato a muoversi con astuzia per ottene-re il massimo da ogni possibile aiuto. Qui,

la povertà materiale, in genere vissuta per la maggior parte della vita, ha generato an-che una povertà interiore. Non per questo però può essere condannata e ignorata. Molte e diverse, quindi, sono le situazio-ni in cui devono intervenire gli operatori Caritas. La loro diffi coltà maggiore, però, è quella delle risorse da poter distribuire tra le centinaia di casi che si propongono ogni anno. Le loro fonti sono la Curia, Caritas italiana, donazioni e offerte che vengono lasciate, sempre più di rado. Il focus di questo mese vuole dare visibilità a questa importante istituzione, che lavora perché la nostra società non lasci indietro nessuno. Ne presenteremo i suoi servizi principali e il lavoro che gli operatori svol-gono. Con la speranza di suscitare quante più domande possibili nella coscienza di coloro che vogliono una società migliore e contribuire a renderla tale.

VALERIO VINÒD SILVERII

I numeriI numeridella CaritasDi seguito alcuni dati raccolti in seno al progetto “Gemino”, per la gestione e il monitoraggio dell’osservatorio delle povertà. Ai numeri, riferiti alla singola richiesta di aiuto, spesso c’è un nucleo familiare di almeno tre persone.

Accolti: 449Utenti italiani: 239Utenti stranieri: 210Utenti con nessun reddito: 74Utenti con meno di 500 € di reddito: 24Utenti con reddito insuffi ciente alle normali esigenze: 254Utenti disoccupati: 226Utenti con problematiche abitative: 44Utenti con problemi di dipendenza: 17Utenti in casodi povertà estrema: 4Utenti in statodi abbandono e solitudine: 4

Missione CaritasMissione Caritas

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Missione Caritas

La Caritas non è un’associazione, un gruppo di volontariato, un’agenzia di formazione, un’organizzazione di solo intervento durante le emergenze di carattere Nazionale e Internazionale (al-luvioni, terremoti, guerre…). E’ uno strumento complesso, vivo, attivo, a servizio della vita stessa della Chiesa e del mondo.La Caritas promuove la testimonianza della Carità col metodo della “pedagogia dei fatti”. Partendo dai problemi e dalle soffe-renze delle persone aiuta tutta la comunità ecclesiale e civile a costruire delle risposte di solidarietà nella dimensione della par-tecipazione e della corresponsabilità.Nell’Art. 1 del suo Statuto si legge, infatti: ” La Caritas Diocesana è l’organismo pastorale costituito dal Vescovo al fi ne di promuo-vere, anche in collaborazione con altri organismi, secondi i criteri indicati dalla Caritas Italiana, la formazione e la testimonianza del-la carità evangelica della comunità ecclesiale diocesana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare at-tenzione ai più bisognosi.”La Caritas Diocesana di Teramo Atri è nata nell’anno pastorale 1974-1975 con la nomina a direttore della medesima del sac. Ivo Di Ottavio da parte del vescovo mons. Abele Conigli. All’ini-zio il lavoro di Caritas diocesana consisteva nell’inviare lettere circolari ai parroci della diocesi per invitarli a istituire le caritas parrocchiali, celebrare l’avvento di fraternità e la quaresima di carità, utilizzandone i sussidi, e a coordinare la raccolta di offerte in aiuto alle popolazioni colpite da disastri di origini naturali o belliche, sia in Italia sia all’estero. All’inizio degli anni ’90 il vescovo mons. Antonio Nuzzi consegnò alla caritas diocesana la sede attuale in via Veneto, 11 a Teramo, composta dai vari locali, nei quali si attivarono le iniziative di: mensa per i poveri, spazi per approvvigionare viveri da distribuire ai poveri, guardaroba per indumenti, un salone per incontri, uffi ci per centro d’ascolto. Il centro d’ascolto è il luogo privilegiato in cui s’intessono rela-zioni con gli altri…Luogo in cui i meno fortunati, poveri, bisognosi diventano ma-estri e pulpito del parlare e dell’agire di ogni caritas. Il suo “fare” prevalente è l’ascolto, cuore della relazione di aiuto, dove chi ascolta e chi è ascoltato sono coinvolti, con ruoli diversi, in un progetto che, ricercando le soluzioni più adeguate, punta a un processo di liberazione della persona dal bisogno. Tutto ciò comporta la necessità di una formazione permanente di coloro (volontari e collaboratori) che operano all’interno, nel-la piena consapevolezza che la vita e l‘incontro con l’altro ci pro-vocano continuamente a un cammino di crescita, di purifi cazione e di conversione che non avrà mai fi ne.

ANNA D’EUSTACHIO

Gli inizi Gli inizi a TeramoLa Caritas Diocesana di Teramo-Atri già da cinque anni offre, nell’intento di rispondere ai molteplici bisogni che emergono dal territorio, un servizio di consulenza legale affi data a noi due avvocati del Foro di Teramo, attraverso pareri su problematiche relative a diverse branche del diritto..Risposte a domande che, con il passare del tempo, sono mutate così come è radicalmente variato il volto della nostra società. Oggi, infatti, si può diveni-re “poveri” per forme diverse di deprivazione, e, perciò, si deve tendere ad individuare i percorsi d’ ingresso e di uscita da una condizione di indigenza. In questo panorama la conoscenza dei propri diritti, e la conseguente possibilità di esercitarli svolge un ruolo importante rivelandosi, spesso, un iniziale passo verso un riscatto sociale. Il soggetto, che sa di poter gratuitamente fruire di una tutela giuridica, impara, infatti, a non sopportare con fatalistica rasse-gnazione quelle situazioni che vive come ineludibile abuso, raffor-zando quel senso di “sconfi tta” proprio di questa fascia di utenza. Utenza che per quanto riguarda gli italiani è rappresentata da persone che vivono un innegabile disagio sul piano economico e/o sociale: “poveri” in un’accezione molto ampia del termine. Tra questi, sempre più frequentemente individui che, pur essen-do occupati, hanno un lavoro precario o comunque tale da non salvaguardarli dal rischio povertà, i working poors, il cui numero è in costante, progressivo aumento.Diverso è il discorso per gli stranieri che vivono la Caritas come un iniziale punto di riferimento al loro arrivo nel Paese e, succes-sivamente, anche come risorsa a cui aggrapparsi nel tentativo di non far crollare il proprio progetto migratorio e familiare.In sintesi, varia l’utenza, vari i bisogni, varie le risposte e il soste-gno che gli avvocati dello sportello di consulenza legale garanti-scono, per i cittadini italiani, in controversie di natura civile (ri-sarcimento danni, rapporti di lavoro, locazioni, separazioni ecc. ), penale e di diritto del lavoro. Per i cittadini “stranieri e comunitari regolarmente ed irregolarmente soggiornanti”, l’assistenza legale è inerente oltre che alle controversie di natura civile e penale e di diritto del lavoro anche alle pratiche relative a :• rilascio/rinnovo permesso di soggiorno a vario titolo, carta di soggiorno, ricongiungimento familiare, richiesta cittadinanza, espulsioni, iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale;• iscrizione anagrafi ca presso i competenti uffi ci comunali; • assistenza presso gli Uffi ci Immigrazione per i richiedenti asilo• assistenza e rappresentanza nei giudizi davanti al tribunale or-dinario e al Tar. Il consolidamento dei rapporti con i vari servizi sociali del Co-mune di Teramo e di quelli limitrofi , nonché con l’ uffi cio immi-grazione, l’attività di rete con le associazioni e gli enti (Csv, On the road, Uepe, Ussm) che operano sul territorio sono essenziali per la rapida risoluzione delle problematiche che emergono.

Quando Quando serve serve l’avvocatol’avvocato

AVV. MICHELA MANENTEAVV. GUIDO TALARICO

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focus on

Dal primo ottobre 2010 la Caritas dio-cesana ha un nuovo direttore. Il vescovo Michele Seccia ha individuato in don Igor la persona più idonea a ricoprire questo importante ruolo all’interno della Curia e della società tutta. Lo incontriamo negli uffi ci Caritas. I suoi modi di fare sono pieni di disponibilità per tutti. Colpisce soprat-tutto la giovane età. La prima domanda è di conseguenza: don Igor, ma lei è giova-nissimo! Quanti anni ha? “Trentadue”, ma il tono della risposta dice molto su quanti gli avranno rivolto questa domanda. Allo stesso tempo di come sia pienamente con-sapevole del rapporto tra l’ età e il ruolo che sta ricoprendo.Vuole presentarsi ai nostri lettori?“Sono originario di Notaresco. La mia adolescenza è un’adolescenza tranquilla, sempre ruotante attorno alla vita della parrocchia. In quegli anni ho avuto modo di avvicinarmi alla realtà del movimento dei Focolari. Esperienza che ha trovato poi maturazione all’interno del movimento diocesano di San Nicolò, affascinato an-che dal carisma di don Gianfranco. Dopo aver sentito la chiamata vocazionale, ho seguito l’iter classico per arrivare all’ordi-nazione. Mons. Nuzzi mi indirizza al Ponti-fi cio Seminario Regionale S.Pio X a Chieti, dove sono stato seminarista per sei anni. Nell’ottobre del 2005, il compianto mons. D’Addario mi ordina diacono, ma a causa della sua prematura scomparsa, e stato poi mons. Seccia a ordinarmi sacerdote, nel settembre del 2006. Il mio primo incarico da parroco è sta-to quello di occuparmi e servire la zona montana di San Giorgio, Macchia Vomano, Poggio Umbricchio, al quale si aggiunse il ruolo di vicario parrocchiale a San Nicolò. Oggi invece, anche a causa della esiguità del numero di sacerdoti, sono parroco in ben sette parrocchie. Servo la zona di: Valle San Giovanni, Faieto, Casa Nova, Pagliaroli, Elce, Padula e Fioli. Sono tutte piccole co-munità con pochi fedeli, ma messe insieme garantisco che sono impegnative!”Come hai vissuto allora questa nomina a direttore e come riesce a far concilia-re i due incarichi? Sorride e risponde: “La nomina l’ho vissuta

con molto stupore e ho dovuto meditarci sopra a lungo. Il vescovo mi aveva propo-sto l’incarico già all’inizio dell’estate, ma io solo a settembre mi sono deciso ad accettare. Avevo sempre visto la mia chia-mata come semplice pastore. Mi vedevo solo come parroco. Però è la volontà di Dio che ci guida e ho sentito che questa offerta era una sua offerta. Questo mi ha spinto ha superare ogni resistenza, ogni dubbio. La giovane età, la poca esperienza. Certo ora la mia vita è impegnata come non mai. Associavo la Caritas alla mensa, alla raccolta di fondi per le emergenze na-zionali e internazionali. Invece ho scoperto un universo di attività. E poi sempre di cor-sa per raggiungere i miei fedeli. Oggi per esempio, come ogni giorno, appena fi nisco qui torno subito a Valle S. Giovanni e poi passerò nelle altre parrocchie.” Come vive l’eredità lasciata da don Ivo, il precedente direttore?“L’eredità presa da don Ivo è certamente un’eredità pesante, piena di responsabilità, ma allo stesso tempo straordinariamente ricca. Insomma, stiamo parlando di colui che ha diretto la Caritas sin dalla sua na-scita qui a Teramo, 37 anni fa. Un bagaglio di esperienze e di lavoro enorme. Il peso di dover sostituire una fi gura del genere sento sia come iniziare a balbettare prima di iniziare a parlare!”Programmi come nuovo direttore?“La via come detto prima è già tracciata. Devo semplicemente seguirla, con deter-minazione e umiltà. Non ho alcuna prete-sa di dirigere e comandare. La Caritas è amore. Amore di Cristo. Per trasmetterlo, bisogna innanzitutto viverlo all’interno del corpo volontari. E qui io ho già potuto scorgere l’esistenza di una famiglia. Bisogna che si possa sentire quest’appartenenza e trasmetterla alle persone che verranno qui per un aiuto. Prima del bisogno, c’è l’incon-tro con la persona. Non siamo un centro distribuzione. Siamo una realtà che vive e trasmette l’amore di Cristo. Mi aspetto di vivere un’esperienza di servizio nella sua più piena valenza cristiana, nel concetto di carità e amore di Gesù che vive dell’altro e nell’altro!”

La fondazione fa capo alla Consulta nazio-nale per le aggregazioni laicali. In Abruzzo, è stata creata giuridicamente nel luglio del 1997, con decreto congiunto dei vescovi delle diocesi di Avezzano, L’Aquila e Sul-mona, a cui nel corso di questi ultimi anni hanno aderito Pescara, Lanciano, Chieti e Teramo. La Fondazione Jubilaeum, di fatto, opera nella nostra regione dal 2000, anno del grande Giubileo Da qui la sua denomina-zione. Essa è ispirata al principio cristiano della solidarietà, e ha lo scopo di preve-nire e combattere il fenomeno dell’usura e delle richieste, a vario titolo, estorsive. La fi nalità dare il sostegno economico a quanti versino in stato di bisogno, siano vittime di usura o di richieste estorsive, oppure, si trovino nel pericolo imminente e documentato di cadervi; dare l’assisten-za tecnico-giuridica agli stessi; promuove-re iniziative culturali e sociali per formare una mentalità antiusura. In ordine cronologico, per queste attività, Teramo è l’ultima nata. Fu il compianto vescovo mons. Vincenzo D’Addario a vo-lerla operante all’inizio del 2006.Anche nella nostra città il fenomeno dell’usura esiste, ma non sono molte le segnalazioni effettive e le richieste di aiu-to che arrivano alla fondazione, per cui è

“La persona “La personainnanzituttoinnanzitutto”

VALERIO VINÒD SILVERII

“Jubilaeum” “Jubilaeum”

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Missione Caritas

diffi cile inquadrarne l’entità. In genere, si arriva a rivolgersi alla fon-dazione attraverso l’ intermediazione dei parroci, e più raramente delle ban-che. Le cause principali che inducono a incorrere nel rischio di usura sono pre-valentemente la perdita del lavoro e la conseguente disoccupazione, rottura del nucleo familiare, un divorzio, in cui in ge-nere il marito, oltre a dover pagare gli alimenti, perde pure la casa. L’iter prevede un percorso preciso. Av-viene un incontro e un primo esame del caso ad opera dei due responsabili diocesani, i quali girano la pratica al co-mitato tecnico, ad Avezzano, che valuta l’opportunità dell’intervento.Ci si rivolge quindi alle tre-quattro ban-che convenzionate, per far partire l’ope-razione di fi do. La fondazione a questo punto funge da garante. Ogni volta, però, il rischio di insolvenza è elevato, a cau-sa dell’entità della somma in questione. La fondazione, comunque, opera per piccoli interventi, non disponendo di grandi cifre, seguendo una politica di fra-zionamento degli stessi, mirando cioè a rispondere a più casi possibili, anche con-temporaneamente.

antiusuraantiusuraLa Caritas si impegna da sempre a risol-vere quelle che sono le esigenze basilari dei suoi assistiti. Sempre più spesso, molti degli utenti non riescono a coprire le varie spese del proprio nucleo familiare. Il pa-gamento dell’affi tto, al quale si aggiungono quelli dell’elettricità e del gas, sono spese quasi improrogabili, che possono compor-tare il distacco dell’erogazione degli stes-si. Queste priorità, allora, tolgono risorse economiche, già di per sé esigue, per l’ac-quisto di beni alimentari. Da qui il ricorso al servizio Caritas del pacco alimentare mensile. L’ente diocesano interviene una volta al mese, in genere intorno alla sua metà, assicurando a chi ne abbia fatto ri-chiesta un aiuto concreto. Il pacco alimen-tare, consiste nella fornitura dei prodotti di maggior consumo. Per far questo, la Caritas in parte acquista, con le proprie ri-sorse economiche, in parte utilizza gli aiuti alimentari forniti direttamente dall’Agea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura. L’ente nasce in seno alla Comunità Euro-pea, erogando aiuti, contributi e premi ai fornitori agricoli. Da anni opera a fi anco di Caritas Italiana fornendo alle diverse Ca-ritas diocesane i prodotti maggiormente richiesti dagli indigenti. Pur essendo una piccola realtà, Teramo ha un rilevante numero di richieste. Infatti, oltre 200 sono i pacchi distribuiti mensil-mente, ai quali si sommano circa altri 60 totali, divisi tra le tre Caritas parrocchiali

di San Berardo, Santa Maria in Cartecchio e S. Francesco di San Niccolò. Il pacco prevede prodotti Agea per la co-lazione: due litri di latte, un pacco di bi-scotti e confetture; prodotti da tavola: due chili di pasta, riso, un pezzo di burro, uno di provola o grana; la Caritas completa ag-giungendo la passata di pomodoro, legumi e, a volte, anche l’olio. Certo il pacco di per sé corrisponderebbe alla spesa per una settimana, ma tante sono le richieste e poche le risorse per fronteggiarle. Spe-cie nei casi di nuclei familiari numerosi, per lo più stranieri, composti da oltre quattro persone. In questi casi, ovviamente, si cer-ca di proporzionare l’intervento e in altri, là dove ci fossero neonati, di fornire anche i prodotti necessari, quali omogeneizzati, latte in polvere e pannolini. Nelle feste poi, si prova a portare anche un po’di allegria con panettoni e pandori, a Natale, e co-lombe a Pasqua.Duecento pacchi alimentari signifi cano duecento famiglie con diffi coltà economi-che tali da vedere persino la spesa quoti-diana come un problema. Questo non può non interrogarci. Senza attribuire la colpa solo alle istituzioni.

E per la tavolaE per la tavolaarriva il paccoarriva il pacco

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focus on

Don Davide Pagnottella è arrivato a Teramo nel 1979, quando si trovò a dover sostituire un altro parroco altrettanto amato quale fu don Giovanni Iobbi. La chiesa di piazza Garibaldi, intitolata al Cuore Immacolato di Maria è per tutti i teramani “la Madonnina”. Accogliente fi n dal sagrato, punto nevralgico del transito cittadino, dove dal primo mattino centinaia di studenti, pendolari, lavoratori e gente di ogni tipo, trova riparo in caso di maltempo, o aspetta i servizi pubblici.Quanta e quale gente ha accolto e accoglie la sua chiesa, Don Davide?Siamo in una confl uenza logistica dei tre viali principali di Teramo: Bovio, Cavour, Crucioli, che sfociano tutti nella rotonda di piazza Garibaldi. Queste strade, da sempre convogliano i locali, ma an-che quelli che vengono dalle frazioni o dai paesi vicini. Una chiesa sempre aperta, non fosse altro che per ripararsi dalle intemperie, oltre che per motivi di fede, accoglie molte persone sul sagrato. Sagrato che abbiamo dovuto riparare e consolidare perché so-prattutto durante il periodo scolastico, tantissimi ragazzi vi sosta-no e non potevamo rischiare che qualcuno si facesse male.Come sono cambiati in questi 30 anni le richieste e i bisogni di chi si rivolge alla sua parrocchia?La realtà dei bisogni, in questi 30 anni della mia presenza qui, è an-data dalle richieste di tipo alimentare a quelle di tipo economico per sostenere i costi delle utenze. Sia io che il mio predecessore ci siamo sempre attivati per cercare di andare incontro a queste situazioni, ma abbiamo dovuto maturare delle modalità di aiuto diverse.Per esempio?L’iniziativa del “piatto caldo” è nata dalla proposta di uno dei miei parrocchiani, Umberto Impalone, che ebbe a dire una frase che mi colpì molto: “anche loro devono mangiare”. Sostenuto dalla sua disponibilità e mortifi cato dalla mia scarsa fede, che mi faceva temere di non riuscire a trovare suffi cienti mezzi per soddisfare una domanda che sarebbe sicuramente aumentata, nacque così l’idea di gestire una mensa, con le nostre forze. Volontari della parrocchia che cucinavano e distribuivano, ma all’atto pratico la

cosa non funzionò molto bene. Perché a volte quello che veniva preparato non era suffi ciente, a volte invece era troppo, e se lo si riutilizzava per il giorno dopo, le persone che ne fruivano si sentivano ulteriormente mortifi cate dal fatto di ricevere cibo non fresco o riscaldato. La cosa quindi ci portò a considerare una di-versa modalità, e oggi l’iniziativa si svolge attraverso l’emissione di un buono pasto da utilizzare presso un locale convenzionato, così si evitano sprechi. In tutte le iniziative, comunque, il problema non è reperire fondi, ma gestirli. Perché bisogna capire in che modo e a chi vanno destinati gli aiuti.Chi chiede oggi il vostro aiuto?Attualmente gli extracomunitari, persone di passaggio che trova-no qui un momento di ristoro. A questo proposito, è capitato an-che che le forze dell’ordine ci abbiano “rimproverato” di attirare (con la nostra accoglienza) gli extracomunitari, ma poi è successo anche che, quando ne arrestano qualcuno, ci chiamano per sfa-marli. Notiamo anche l’arrivo di persone che non ti aspetteresti mai, e cioè i musulmani. La carità è una cosa seria: dare il pane non è tutto, bisogna anche dare l’opportunità di auto-provvedersi. Allora l’educazione, l’informazione e tutto ciò che può essere d’aiuto a cambiare la loro condizione sono ben fatti.Com’è il dialogo con le altre comunità religiose?Sempre molto aperto e costruttivo. C’è un buon rapporto con la comunità islamica, così come con la comunità ortodossa a cui abbiamo messo a disposizione una chiesa a Scerne di Pineto. Ogni Natale il loro sacerdote viene a salutare il nostro vescovo. Quan-do morì mons. D’Addario i musulmani vollero parlare e sostare attorno alla bara per omaggiare e rispettare l’autorità religiosa della città che li ospita. L’apertura e l’accoglienza sono necessa-rie per stabilire contatti e comunicazione. Da qui si può partire per ogni genere di aiuto: dal coordinare la domanda con l’offerta di lavoro, allo scoprire necessità laddove il pudore costringe al silenzio. La Caritas nel suo signifi cato più ampio signifi ca soprat-tutto ascoltare le richieste di aiuto, vedere i bisogni reali e cercare di fornire insieme al “pane quotidiano” anche il nutrimento per l’anima.

DI MIRA CARPINETA

Don Davide Don Davide ricorda: “Non solo ricorda: “Non solo pane…”pane…”

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Missione Caritas

Ho sempre cercato di riscrivere la mia idea di ricchezza in quanto nella vita mol-te opportunità che si presentano vogliono darti molto, ma non sempre chiedono la parte migliore di te come invece fa il vo-lontariato. È un esperienza che cerco spes-so e ammetto, con tono forse un po’ egoi-stico, di desiderarla specialmente per me. Esistono dei valori che il volontariato può dare e che possono essere condivisi anche con questa forma di egoismo che, in fondo, credo possa ritenersi genuino. Ogni giorno scambio un po’ del mio buon umore con l’angoscia dell’altro e metto da parte un suo saluto o sorriso che mi darà per il fu-turo. Non la reputo una perdita di tempo.La cosa che noti stando per la prima volta in Caritas è che ci sono persone che han-no voglia di parlare, che vogliono sentirsi ascoltate e che cercano qualcuno che li faccia partecipi dei rapporti sociali che, di-versamente, la società mira ad offrire solo a pochi. Cerco di affrontarle con tutte le diffi coltà che caratterizzano una simile esperienza. Spesso, infatti, un problema consiste nel non essere sempre capace di soddisfare le richieste degli altri. A del-le speranze e aspettative non sempre si

può dire di sì. Le esigenze sono diverse e il più delle volte un aiuto materiale non è la soluzione. Quello che cerchiamo di fare è educare ed educarci al vivere comune, contribuendo a costruire una comunità di valori che oggi tende sempre più a fram-mentarsi, e a dare spazio all’idea dell’indivi-dualismo come rifugio per la felicità. Stare in Caritas è per me accedere alla multi-culturalità, sentire l’esigenza di prendere e imparare per ricambiare, dare il mio esiguo contributo all’integrazione dello straniero, accompagnando magari una famiglia con il proprio bimbo ad una visita medica. È consigliare chi cerca un sostegno econo-mico o più concretamente prodigarsi nel cercare una coperta per chi passerà la not-te al freddo. Queste cose sembrerebbero apparentemente semplici e insuffi cienti a soddisfare il desiderio di carriera e cresci-ta professionale di molti miei coetanei, ma sfi do chiunque a compierle disinteressati, e senza il dubbio di aver fatto la scelta giusta quando di fronte hai chi vive già una situa-zione di disagio.

GIANFRANCO DI GENNARO

“Così ho scopertoCosì ho scopertola vera ricchezza”la vera ricchezza”

Quello che cerchiamo Quello che cerchiamo di fare è educare ed di fare è educare ed educarci al vivere educarci al vivere comune, contribuendo comune, contribuendo a costruire una a costruire una comunità di valori che comunità di valori che oggi tende sempre più oggi tende sempre più a frammentarsi, e a a frammentarsi, e a dare spazio all’idea dare spazio all’idea dell’individualismo dell’individualismo come rifugio per la come rifugio per la felicitàfelicità

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focus on

Visitare l’Africa è stato il mio desiderio antico, determinato sin da piccola dai rac-conti di mio padre.È stata l’esperienza di mio marito, che in seno ad alcune organizzazioni umanitarie vi ha compiuto diverse missioni, ad avvici-narmi alla realtà africana.La primavera scorsa la casualità mi ha in-trodotto alla congregazione delle suore passioniste “sorelle di Santa Gemma”. Il 28 agosto, insieme ad altri undici volonta-ri, sono partita per la Repubblica Demo-cratica del Congo, destinazione Bukavu, città con oltre 300 mila abitanti, affacciata sul lago Kivu. È in questa città che le suo-re dirigono quattro centri di accoglienza per ragazzi di strada. Le cause della loro situazione di abbandono vanno ricercate nell’estrema povertà, nella disgregazione dei nuclei famigliari dovuta alla guerra e alla superstizione. Molti ragazzi infatti ven-gono abbandonati dalle famiglie perché ri-tenuti portatori di sciagure.Spesso malati, senza istruzione, col peso di violenze fi siche e morali, vengono accolti e sostenuti da educatori locali coordinati dalle suore. In alcuni casi, dove possibile,

sono anche aiutati a ricongiungersi alle famiglie. Nell’attesa vengono istruiti nella scuola primaria. Per quelli per cui non sarà possibile il ricongiungimento al nucleo, fi -nite le primarie, verrà data un’istruzione professionale, con corsi di avviamento al lavoro, che permettono loro di essere autonomi e in grado di provvedere a se stessi. Con l’opportunità e la speranza di una vita degna.Noi volontari abbiamo collaborato al completamento delle opere fognarie della “Casa di Matteo”, edifi cio-accoglienza in fase di ultimazione. E nei momenti di pausa abbiamo affi ancato gli educatori nelle atti-vità quotidiane con i ragazzi.Il contatto con i piccoli ha generato una ricchezza inaspettata in ognuno di noi. Ci ha regalato un nuovo modo di vedere le cose, giudicare la vita, pesare il tempo che passa. Io ho riportato dall’Africa il calore della terra, l’abbraccio della gente, il sorriso dei bambini, la condivisione dei sentimenti, l’entusiasmo del fare, la paura dell’impotenza.

MARIA ANTONIETTA ROCCHI

L’Africa nel cuoreL’Africa nel cuoreMemorie di una volontariaMemorie di una volontaria

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Missione Caritas

La Caritas è come un puzzle di tessuti so-ciali interrotti, in cui gli accolti sono i pez-zi. Si cerca di ricostruire attorno a queste persone un nuovo quadro di rapporti uma-ni. Le loro storie investono un’infi nità di si-tuazioni sfavorevoli e a volte drammatiche che le hanno portate a una fondamentale esistenza di solitudine, spesso determinata addirittura dall’abbandono.In questa luce ogni vicenda assume una va-lenza umana inestimabile. Non si può non imparare a rispettare il dolore che c’è die-tro ogni richiesta di aiuto. Storie di vittime dell’alcool, della droga, di anziani visti come un peso, di infermità mentali. Di sogni e speranze infranti. Ma anche di amore e fi -ducia, traditi e calpestati. Quando, poi, an-che la famiglia volta le spalle, non c’è scam-po. La perdita di identità e la conseguente perdita di dignità sono quasi inevitabili.Abbiamo raccolto una storia, ma l’abbiamo voluta che avesse un lieto fi ne. Protagonista Maria (si tratta ovviamente di uno pseu-donimo). Nata in una famiglia di mezzadri con ben cinque fratelli. Lei unica femmina. Un’ infanzia trascorsa tra scuola e campi dove accudire le pecore. E poi la famiglia da seguire. Con la madre assente, Maria si doveva occupare di tutto, nonostante la giovane età. Allora una via di riscatto di-ventare operaia presso una fabbrica di je-

ans. Ma dopo anni di duro lavoro e sacrifi ci e il fallimento della ditta, ecco il ritorno a mansioni più umili, come badante. Ot-tiene di poter seguire un anziano signore in una sperduta frazione di provincia, qua-si del tutto abbandonata. Le sue giornate trascorrono in solitudine nel silenzio.. La dimora dell’assistito, che la ospita a tempo pieno, è fatiscente. Tra topi, freddo, per via degli infi ssi quasi inesistenti, e l’acqua che colava a catinelle quando piove, la situazio-ne è invivibile. Poi, la richiesta d’aiuto, quasi fortuita. La Caritas sin da subito si adopera per provvedere almeno a un pasto caldo che le fa avere tramite volontari. Ma l’obiettivo principale è il suo recupero sociale. In con-certo con gli enti amministrativi le viene assegnata in breve tempo una casa popola-re in città. La Caritas le offre un tempora-neo impiego presso il proprio laboratorio interno di artigianato, dove poter ripren-dere una vita di relazione. Ora Maria è una persona recuperata, se non ancora del tut-to a livello materiale, a livello di affetti. In Caritas ha anche conosciuto un uomo, con il quale ora vive una storia d’amore, e que-sto la sta aiutando a risollevarsi di nuovo.

VALERIO VINÒD SILVERII

Storia a lieto fi neStoria a lieto fi ne

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DI VINCENZO LISCIANI PETRINI

olti dicono che Teramo non sia mai stata bella. Può darsi, ma è anche vero che si è fatto di tutto per non renderla apprezzabile.

Senza buttarla sul pietismo e sulla lamen-tazione, guardiamo le cose come stanno. A scapito di immense potenzialità della no-stra città, quel poco che possa farci fare uno scatto deciso in avanti lo manchiamo sempre. Prendendo il solito palo a porta vuota. Con Alberto Melarangelo, dopo le amarezze del teatro romano, si passa a un altro argomento accennato a proposito di Porta Romana: la pavimentazione delle strade e delle vie del centro storico. “Le strade sono il biglietto da visita di una città, e devono essere particolarmente curate, specialmente quando vanno a defi nire esse stesse delle aree cardine. Come il centro storico, ad esempio. Nel nostro c’è troppo asfalto e questo ci penalizza moltissimo: palazzi antichi, come la biblioteca Delfi co o il Museo Civico, il Comune (anche se in parte) sono circondati dall’asfalto. Il non-senso è evidente e la bruttura anche.” Al-berto, ripavimentare adeguatamente le vie del centro storico permetterebbe inoltre di rendere più esteso il passeggio. Invoglie-rebbe il cittadino a ritornare in luoghi che, seppur centrali, vengono erroneamente percepiti come periferici. “Esattamente. Il centro di Teramo ha questa potenzialità dal momento che gode di una buona estensio-ne. Ed è soprattutto un bel centro storico! Abbiamo molte stradine caratteristiche che aspettano solo di essere riqualifi cate:

solo che sembrano strade di periferia. La prima mossa per estendere il centro è proprio la pavimentazione più nobile. Con il lastricato, ma anche il sampietrino va be-nissimo. Una volta fatto questo (e le spese sono molto più basse di quanto si creda) il meccanismo è avviato, e procedere per ulteriori miglioramenti (corretta illumina-zione, restauro delle facciate, balconi.) è quasi automatico. Si potrebbe già comin-ciare dalla zona di Sant’Anna, e rispettiva-mente pavimentando a sampietrini via Tor-re Bruciata e via del Pretuzio (attualmente in condizione assolutamente pessime!), e poi – e non sarebbe affatto male – via Ni-cola Palma, almeno la parte iniziale. Anche corso San Giorgio ha ormai bisogno di una rimessa a punto, ma per quello occorre del tempo. Almeno via Delfi co, però, an-drebbe lastricata o pavimentata a sampie-trini.” In tutto questo c’entra, forse non poco, il problema del traffi co. E’ possibile chiudere il centro storico alle auto? “Tutto è possibile, ma occorre un lavoro molto ben organizzato di cui Teramo prima o poi dovrà essere capace. A volte alcune scelte potrebbero risultare impopolari, ma pen-sate a quello che ha fatto Bassolino a Na-poli, sottraendo al traffi co tutta piazza del Plebiscito. Ci si è riappropriati di una luogo meraviglioso, oggi simbolo di quella città. Tutta la cittadinanza partenopea, inizial-mente contrariata, si è dovuta ricredere. A Teramo non si può fare?” Quali altri zone, potenzialmente centrali, soffrono per una pavimentazione non consona e, anzi, de-

Con Alberto Melarangelo analizziamol’errata pavimentazione stradalel’errata pavimentazione stradaledi molte vie del centro storico di Teramo

SommersiSommersi dall’asfaltodall’asfalto

Via Petruzio

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cadente? “Di sicuro Porta Romana, come abbiamo già visto in precedenza, di cui Vico delle Rose e Vico del Garofano sono due vie splendide, ma in queste condizioni no. E poi certamente Largo Proconsole su cui troneggia forse il campanile più bello della città, quello del Santo Spirito. Infi ne, direi almeno via Stazio e la zona Piazzetta del Sole-Casa Urbani. Togliere l’asfalto da queste zone è necessario. Si tratta di lavori assolutamente non dispendiosi, che dareb-bero un maggior senso di decoro urbano e merito ad alcuni dei luoghi più suggestivi della nostra città. Teramo diventerebbe davvero più grazio-sa e apprezzabile anche per i turisti, non solo per noi.” Cosa deve accadere perché tutti si rendano conto di quanto sia im-portante recuperare un autentico decoro

urbano? “Certo che si può fare qualcosa. Intanto le persone dovrebbero tornare a far sentire la propria voce attraverso tut-ti gli strumenti a disposizione: comitati di quartiere, raccolta di fi rme, lettere aperte, manifestazioni. La politica, per sua stessa natura, ha l’ob-bligo di ascoltare la cittadinanza in quanto ne è sua rappresentanza.C’è però forse ancora una pigrizia latente che tende a spostare gli interessi da altre parti, purtroppo. È vero anche che di soldi non ce sono molti, ma qui non si tratta di opere ingenti di rifacimento, semmai di migliorie. Al prossimo ‘piano triennale delle opere pubbliche’ puntualmente saranno presen-tate queste proposte. Speriamo che dopo sei anni qualcuno cominci ad ascoltarle”.

C’è però forse ancora C’è però forse ancora una pigrizia latente che una pigrizia latente che tende a spostare gli tende a spostare gli interessi da altre parti, interessi da altre parti, purtroppopurtroppo

Abbiamo Abbiamo molte stradine molte stradine caratteristiche che caratteristiche che aspettano solo di aspettano solo di essere riqualifi cate: essere riqualifi cate: solo che sembrano solo che sembrano strade di periferiastrade di periferia

Via Nicola Palma

Buca a Sant’Antonio

Via Stazio

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er millenni si è creduto che il mon-do naturale fosse stato creato così come lo osserviamo oggi. Piante e animali, laghi e fi umi, montagne

e oceani, Sole,pianeti e tutte le stelle, una volta “creati”, sarebbero rimasti tali e quali, per centinaia di migliaia di anni, forse mi-lioni. Ciò è in contrasto con l’esperienza quotidiana di una natura in continuo mu-tamento. La nostra stessa esistenza ha avuto un inizio, un’evoluzione e avrà una fi ne. Soltanto tra la fi ne del XIX e l’inizio del XX secolo, il concetto di evoluzione si è imposto nel nostro modo di interpre-tare le cose della natura. Fu Darwin, con “L’origine della specie” (1859), ad aprire la strada. Non era una strada facile, bisognava combattere convinzioni radicate nel pro-

fondo della nostra cultura. Persi-no Einstein si rifi utò di accetta-re l’idea che il cosmo non fosse statico,come le stesse equazioni della relatività generale gli indi-cavano, ma si dovette ricredere quando l’astronomo Hubble sco-prì che l’universo è in lenta e ine-sorabile espansione (1929). Pochi anni più tardi, Eddington, Gamow, Bethe e altri capirono che la fonte di energia che permette alle stelle di brillare per miliardi di anni, le fusioni nucleari, non è inesauribi-le. Anche le stelle, come gli esseri umani, nascono, si evolvono e poi muoiono. Grazie a Vittorio Castellani, in-torno al 1990 si è sviluppata a Teramo una scuola di astrofi si-ca stellare teorica, i cui risultati sono oggi apprezzati utilizzati da astronomi e astrofi sici di tutto il mondo. Potenti computer sono usati per risolvere le equazioni che descrivono i processi fi sici che avvengono negli interni delle stelle. In questo modo possiamo riprodurre le varie fasi dell’evo-luzione stellare, dalla formazione fi no alle fasi fi nali.Se la maggior parte delle stelle, il sole tra queste, terminano la loro esistenza tra-sformandosi in fredde sfere solide, molto compatte, chiamate nane bianche, alcune

di esse preferiscono uscire di scena alla grande, con uno spettacolare botto fi nale. Sono le Supernove, gigantesche esplosioni durante le quali viene liberata un’enorme quantità di energia. Una Supernova può di-ventare più brillante della stessa galassia

Tutto si trasformaTutto si trasforma

Dall’ “energia oscura”“energia oscura” l’ultima eccitante sfi da degli studiosi dell’Universo

Se la maggior parte Se la maggior parte delle stelle, il sole tra delle stelle, il sole tra queste, terminano queste, terminano la loro esistenza la loro esistenza trasformandosi in trasformandosi in fredde sfere solide, fredde sfere solide, molto compatte, molto compatte, chiamate nane chiamate nane bianche, alcune di esse bianche, alcune di esse preferiscono uscire di preferiscono uscire di scena alla grande, con scena alla grande, con uno spettacolare botto uno spettacolare botto fi nale. fi nale.

La Supernova SN2002bo esplosa nella galassia a spirale NGC3190,

osservata con il telescopio TNT dell’Osservatorio di Teramo

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che la ospita, e il materiale espulso è ricco di elementi pesanti sintetizzati all’interno della stella progenitrice durante milioni, in alcuni casi miliardi, d’anni. In questo modo la chimica del mezzo interstellare, da cui nasceranno nuove stelle, si arricchisce di nuovi elementi e lentamentesi evolve. Per la loro importanza nell’astrofi sica e nella fi sica fondamentale, le Supernove sono oggetto di intensi studi scientifi ci. Anche all’Osservatorio di Teramo, sono in corso ricerche teoriche e sperimentali su questi affascinanti oggetti celesti. Ogni anno se ne scoprono circa cento. Essendo molto luminose, le possiamo osservare a miliardi di anni luce di distanza. Così le Su-pernove più lontane ci mostrano com’era l’Universo nel passato, e ci permettono di ricostruire l’evoluzione cosmologica. Re-centemente è stato scoperto che miliardi di anni fa l’espansione dell’universo era più

lenta di oggi. Questa inaspettata scoperta ci ha rivelato l’esistenza di un nuovo e sco-nosciuto contributo energetico alla dina-mica dell’universo, che provoca una “spin-ta” capace di accelerare l’espansione delle galassie. La comunità scientifi ca ignora l’origine ditale energia e, per questo mo-tivo, l’ha chiamata “dark energy” (energia oscura). Spiegare l’origine della dark ener-gy è la sfi da più diffi cile e al tempo stesso più eccitante per la fi sica del XXI secolo.

OSCAR STRANIERO(DIRETTORE OSSERVATORIO DI COLLURANIA)

La Crab Nebula, il più famoso resto di Supernova della nostra Galassia.

Telescopio VISTA, regione R2 Monoceros, ampiezza di campo 80 anni luce, dist. 2700 ann luce

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ario Lamberti è un artista vero, uno di quelli che senza retorica cerca di fare prima di tutto del-la sua vita un capolavoro. Che,

proprio come la vita, è tutto in fi eri, è un divenire costante senza requie e mestiere. I generi che hanno segnato la sua ricerca sono molteplici e ognuno non ‘usato’, ma ‘giocato’ con il piacere del diletto e intel-ligenza. Ti senti un artista ‘discusso’ o ‘di-scutibile’? Come i grandi del passato, vieni giudicato solo se fai. Sono sempre molto contento quando qualcuno si esprime sul mio lavoro: in bene o in male, purché se ne parli. Questo, comunque, non mi intralcia, né mi infl uenza. Io sono sem-pre in discussione e sull’arte si discute sempre. Di generi ne hai attraversati tanti: pittura, poesia, scultura, performance… ma cos’è la tua opera? Generare linguaggio. È un pro-

cesso che apre l’arte all’infi nito e non è identifi cabile. La base è, per me, l’economia poetica che costituisce l’insieme di principi universali tradotti in un atteggia-mento di vita autentico. In questo modo fruitore, autore ed opera diventano un’unità inscindibile e ci si rende vicendevolmente mol-to più consapevoli della bellezza. Il problema del mondo di oggi è infatti un problema di relazioni. Qual è stato un momento di svolta nel tuo percorso di ar-tista?

Sicuramente a Roma, nel progetto IN VITA. Tre-dici artisti a cui è stata data la possibilità di vivere in un attico della capitale e creare arte sfruttando ogni circostanza possibile. Lì sono diventato un artista-performer, lì credo di aver trovato quel qualcosa che mi ha aperto tutta la successiva ricerca. Era chiaro per la prima volta come non bastasse la sola bellezza, ma la generazione di linguaggio e di verità. Generare linguaggio e verità è lo scopo na-turale dell’arte. Ma che rapporto hai con la tecnica? Tutte le tecniche sono state perdute (da me)

oppure direi meglio… ‘combustionate’… Ogni autore ricrea un mondo e lo sintetizza in un linguaggio. Il mio livello tecnico è stato solo empatico dal momento che non ho fatto scuole d’arte. Ho compiuto però un autentico sforzo di volontà apprendendo dagli artisti con cui ho lavorato tutto quanto potevo. La tecnica è anche una questione giornaliera, di esercizio mentale e spirituale. C’è un codice etico per gli artisti di oggi che possa essere valido per tutti o per la maggior parte? Intanto saper mangiare e saper bere, e non sto scherzando. La sregola-tezza, tanto mitizzata in passato, credo serva fi no a un certo punto. Viene spesso riferita ad artisti amati per quello che avrebbero potuto dire piuttosto che ad artisti amati per quello che hanno detto. Poi umiltà e disponibilità. Da-rei il consiglio di non lasciarsi divorare dal tarlo dell’ambizione, piuttosto di vivere di quello che si ha, nella dimensione in cui si è chiamati. È la vita che deve diventare un capolavoro, non la nostra opera. Anche questo mi ha spinto ad allontanarmi dalle gallerie e ad immergermi nella realtà degli eco-villaggi. Qual è, da artista, il tuo rapporto con il denaro?L’unico rapporto sano che un artista può ave-re con i soldi è quello di ritenerli solo un mez-zo. Altrimenti svanisce il messaggio di ciò che si vuole esprimere. I soldi servono. Spesso un artista deve fare arte anche su commissione, e non è un male. Quindi riesci quasi a vivere solo di arte… Amo il baratto, la forma più antica di com-

“Sull’artearte si discute sempresempre”

Tra i teramani più discussi il poliedrico Mario Lamberti rivela senza retorica Mario Lamberti rivela senza retorica poetica e ricerca personali poetica e ricerca personali

DI VINCENZO LISCIANI PETRINI

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CHI ÈNOME: MarioCOGNOME: LambertiSOPRANNOME: “Barone”NATO IL: 20/07/1982CITTA’: Giulianova (TE)STUDI: Liceo Classico, Laurea Scienze BancarieCOLLABORAZIONI: Marino Melarangelo, progetto Roma In Vita, Marco Papa (artista), Gallerie 12/13, Studio MSB, Rive, EsSiAzione.PROSSIMI PROGETTI:Salv-AvanguardistaUN SOGNO NEL CASSETTO: godere del clima di un’isola tropicale per tutto l’annoUN AGGETTIVO PER DESCRIVERSI: Invisibile…

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mercio. A volte mi capita di contraccambiare le persone (l’altro giorno il meccanico, per esempio) con delle mie tele. Non si può fare sempre, ovvio, però ridimensiona il concetto di ricchezza e povertà. Mario Lamberti si prende così sul serio? Assolutamente ‘ni’, né sì né no! Oggi sono un salv-avanguardista s-cultore. Ogni momento è un’ opera d’arte. Siamo im-mersi nell’irripetibile…

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erata musicale tra freddo e sento-ri di neve, jazz al vino rosso, tutto francese, alla sala della fratellanza artigiana. La serata rischia di pas-

sare inosservata a causa dello sfaccenda-re quotidiano e degli acquisti pre-natalizi. In realtà è l’occasione per un consueto appuntamento annuale e la sala presto si riempie per il nostro pianista jazz Arturo Valiante, in una formazione quasi inedita con Bruno Marcozzi (batteria), Walter Mo-nini (basso elettrico) e la suadente voce nera di Awa Ly (con cui invece collabora da tempo). Con le prove ancora in atto, l’intervista si consuma in appena dieci mi-nuti, prima dell’inizio del concerto. Occor-re “swingare” per bene sulle domande e concentrarsi sull’indispensabile. Arturo Valiante pianista jazz, questa sera in versione musica francese… “È perché le canzoni di una volta si presta-no maggiormente ad una interpretazione jazzistica: quelle francesi poi sono evoca-tive di tutta un’atmosfera particolare. Ci si può giocare più facilmente e quindi si possono reinventare ogni volta: funziona-no sempre!” Come nasce un pianista jazz? “Per caso o per destino. Da piccolo avevo la tastierina Bontempi con giusto quattro ottave: ho cominciato così. Poi gli studi classici, al Braga (prof.ssa Vicari). Finché cominci a divertirti così tanto a suonare da credere di poterci anche lavorare. Mi sono lanciato a Roma, obiettivo perfezio-namento. E, soprattutto, jazz, che intanto avevo scoperto nel 1983 con una master-

class estiva”.Però, se non sbaglio, ti vediamo piut-tosto concentrato sulle canzoni e non solo sulla sperimentazione. Anche a giudicare dalle recenti collaborazioni.“È vero, la canzone è qualcosa che mi at-trae tantissimo come forma espressiva. In poco può dire tanto e può avere risorse musicali sorprendenti, anche se l’evoluzio-ne sperimentale mi piace eccome”. Insomma, un po’ Keith Jarrett e un po’ Bill Evans? “Proprio così, i miei due modelli!”Nella canzone, come pianista, devi ac-compagnare la voce principale: quindi non sei il protagonista assoluto. Cosa signifi ca l’accompagnamento? Che sen-sibilità richiede? “Personalmente, accompagnare mi piace tantissimo. È una sensibilità tutta diversa: richiede una grande capacità di ascolto sia per quanto riguarda la ritmica che la tim-brica. Devi intuire qual è l’ispirazione del solista e seguirlo, spianargli la strada. E poi quando è il tuo momento di avere un ‘solo’ devi ricordarti di quello che il solista ha propo-sto e ricamarci sopra…”Hai suonato anche con Giorgia.“Ebbene sì, ma non solo. Però lei è davvero una cantante straordinaria, con un’intona-zione pazzesca come anche pazzesca è la sua musicalità. Ti dico: è nato tutto strada facendo… e in questo Roma aiuta tantissimo ad avere contatti e, artisticamente parlando, per-mette di lavorare abbastanza”.

Un disco jazz che ci consigli.“ Ballads, di John Coltrane. Indubbiamen-te”. Da ascoltare con un goccio di whiskey o un calice di vino? “Vino, vino… da centellinare nota per nota”.

Arturo Arturo ValianteDiplomato in pianoforte all.’Istituto Musicale “G.Braga”, si interessa alla musica jazz, seguendo seminari estivi con G.Gaslini, F.D..Andrea ed E.Pierannunzi. Inizia a suonare nei jazz club in Abruzzo, Milano, Stoccarda e Bologna con ..Belzeblues trio..e in alcuni festival con il sassofonista Massimo Urbani. Si trasferisce a Roma dove inizia a collaborare con molti musicisti di rilievo con i quali partecipa a rassegne prestigiose. Contemporaneamente compone musiche e partecipa a spettacoli teatrali. .Si diploma in musica jazz al conservatorio Piccinni di Bari. Svolge la sua attività di turnista suonando anche nell’ ambito della musica leggera e pop, accompagnando molti cantanti. Ha realizzato diversi album con numerosi e notissimi musicisti.

DI VINCENZO LISCIANI PETRINI

Jazz Jazz al “vino rosso”

Prima del concerto annuale alla Fratellanza Artigiana, intervista intervista estemporanea ad Arturo Valiantead Arturo Valiante

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l freddo della chiesa di San Domenico aiuta, in questa sera invernale, a immaginare la distesa di neve che accompagnò i pochi superstiti nella ritirata di Russia. Questo è solo uno degli scenari evocati dal coro alpino “Stella del Gran Sasso” di Isola

del Gran sasso, che si è esibito nella chiesa di Porta Romana. Il concerto, legato anche alla raccolta di fondi per il banco della solidarietà, mostra appieno lo spirito di questo storico corpo. Ap-profondiamo con l’aiuto del vice presidente regionale Antonio di Carlo. Gli alpini in congedo oltre ad esibirsi per ricordare i caduti, portano avanti soprattutto il valore della solidarietà, ne è la prova il servizio prestato nelle zone colpite dal recente terremoto al fi anco della protezione civile. La chiacchierata continua con il vice presidente nazionale Ornello Capannolo, convinto che il legame tra alpini e popolazione sia dovuto all’assoluta onestà e sincerità del corpo, nonché al rapporto dello stesso con il territorio. L’en-tusiasmo si legge anche nella voce del maestro Giacomo Sfrattoni: “Questi canti sono delle testimonianze storiche”, mi dice, “non parlano mai di guerra, ma di Dio, della mamma, della bella, della famiglia e quasi mai della patria. Noi siamo montanari - continua il maestro -, ed è proprio questa la nostra forza. Il linguaggio della montagna è un linguaggio muto, in guerra tra meridionali e setten-

trionali ci si capiva perché la sofferenza era la stessa per tutti. E’ così, non è retorica”. Poco dopo le venti ecco fi nalmente gli alpini riunirsi a semicerchio di fronte al maestro. Si comincia con “Sul cappello” e si prosegue con canti come “Monte Cimino”, “Lettera dal fronte” (un inedito), “Il testamento del capitano”, “Sul mon-te di Perati”, “Ave Maria”, “Rifugio bianco”, “L’ultima notte”. Tra i versi i valori citati dal maestro: “E io comando che il mio corpo/in cinque pezzi sia taglià:/Il primo pezzo alla mia Patria/Il secondo pezzo al Battaglion/Il terzo pezzo alla mia mamma/ che si ricordi del suo fi gliol!/Il quarto pezzo alla mia bella/che si ricordi del suo primo amor!/L’ultimo pezzo alle montagne/ che lo fi oriscano di rose e fi or!”. Questo coro, dove nessuno è professionista, colpi-sce proprio per la sua semplicità e per la voglia di non dimentica-re. Tra le panche della chiesa molti cappelli con la penna, ma anche molte famiglie e qualche bambino. Tutti ascoltano questi canti, che se non sulla guerra, certamente ruotano intorno ad essa, e alle mille storie che vi si intrecciano: famiglie e fi danzate da salutare dal fi nestrino di un treno, lettere piene di speranze, altre piene di paura e poi, inevitabilmente, tanta – troppa - sofferenza.

La voce della La voce della montagnamontagna Coro degli alpini a san Domenico

FABIO ROCCI

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na grande e importante serata si è svolta al teatro comunale di Teramo. Sul palco il chitarrista Gary Green, il batterista Mal-

colm Mortimore – membri del famoso gruppo progressive rock dei Gentle Giant – e l’Orchestra Contemporanea, diretta da Toni Fidanza. I Gentle Giant - al pari dei Genesis, degli YES o dei King Crimson - hanno rappre-sentato il gotha della scena progressiva britannica, mentre l’Orchestra Contempo-ranea è una delle realtà più attive e inte-ressanti del panorama musicale abruzzese.Un evento signifi cativo che, salvo rari e pregevoli casi, non è stato adeguatamen-te promosso dai media. Ciononostante, grazie agli appassionati del genere, il con-certo ha registrato una buona presenza di pubblico, rimasto più che soddisfatto dallo spettacolo. Il programma prevedeva brani composti da alcuni membri dell’Orchestra (Toni

Fidanza e Gianluca Caporale), di grandi artisti come i Genesis, Jaco Pastorius e Keith Jarrett e una selezione dal reperto-rio dei Gentle Giant. Proprio questo me-dley ha visto sul palco Green, Mortimore e l’Orchestra suonare assieme in maniera impeccabile, trasmettendo agli spettatori forti emozioni. Una bella serata. Un incontro che, data la sua buona riuscita, avrà sicuramente un seguito a fi ne luglio. Green e Mortimore sono rimasti entusiasti dell’accoglienza ri-cevuta e soprattutto dall’ottima prepara-zione dei musicisti dell’Orchestra. Si parla addirittura della realizzazione di un disco dal vivo. Una buona notizia per gli amanti della musica e per Teramo. A dimostrazio-ne che la nostra realtà possiede tutte le carte per poter uscire dal paludoso pro-vincialismo in cui si trova, assurgendo a ben più alte, valide e concrete posizioni.

Ottima musicaOttima musica(ma i media tacciono)(ma i media tacciono)

STEFANO ORLANDO PURACCHIO

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gni 17 gennaio si festeggia Sant’Antonio Abate. Eremita, patriarca del monachesimo, lottatore contro i demoni,

nato intorno al 250 d.C. in Egitto, fu ve-nerato in modo particolare dal popolo il quale faceva ricorso a lui contro la peste e contro il cosiddetto “sfogo di Sant’An-tonio” o “herpes zoster”. Gli allevatori invocano la sua protezione sugli animali domestici.Sono tante le manifestazioni folkloristiche e le tradizioni culinarie che si ripetono per celebrare il culto di uno dei Santi più venerati del mondo cristiano. In provincia di Teramo si preparano i dolci, i cosiddetti “uccelletti”. Cantori e musicanti, i “santan-toniari”, si recano nelle case dei paesi e intonano i canti di questua, mentre la pa-drona di casa pone nel loro cestino alcuni doni, salsicce, formaggi o dolci. Di solito viene anche offerto vino. Per quanto riguarda l’iconografi a, è noto che presso l’oratorio dell’eremo di Sant’Onofrio a Sulmona è rimasta una delle più antiche rappresentazioni di S. An-tonio datata intorno al XII secolo.Anche a Teramo, nella chiesa di San Dome-nico e nel Duomo, si possono ammirare cicli pittorici nei quali è raffi gurata l’imma-gine del protettore degli animali.Generalmente Sant’Antonio Abate è rap-

presentato con una lunga barba, avvolto nell’ampio saio monastico con il capo co-perto dal cappuccio e il bastone di eremita nella forma classica o a forma di un tau. Il tau, tra il 1160 e il 1180, fu adottato come emblema dall’ordine di S. Antonio. Gli altri attributi del Santo sono il maiale, la campanella e la fi amma.Originariamente i maiali che accompagna-vano il Santo venivano allevati dai monaci dell’Ordine. Il lardo della cotenna del ma-iale veniva usato per lenire i bruciori dello “sfogo di S. Antonio”.Il maialino spesso rappresentato ai piedi del Santo viene interpretato come simbo-lo del diavolo sconfi tto e trasformato in maiale, oppure viene letto come indicatore della protezione verso gli animali domesti-ci . Il campanello può essere raffi gurato legato al bastone o sorretto a mano e pro-babilmente indicava da lontano l’arrivo dei questuanti. In particolare negli affreschi della chiesa di San Domenico e in quelli del Duomo, Sant’Antonio Abate è ben riconoscibile nella sua raffi gurazione caratterizzata dalla lunga barba, dall’ampio saio monastico, dal-la campanella legata al bastone e dal libro della Regola.

GIUSEPPINA MICHINI

Tradizioni e iconografi e Tradizioni e iconografi e dedicate al protettorededicate al protettoredegli animalidegli animali

Classica iconografi a di Sant’Antonio

Festa di Sant’Antonio

Duomo Teramo foto G. Mchini

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DI TIZIANA MATTIA

omincia tutto con “una fore-sta grande grande dove c’erano alberi alti alti e vivevano tanti, tanti animali”, e prosegue con la

nonna di Cappuccetto rosso che sfama il lupo a forza di panini al prosciutto. Il libro di favole di Antonio Ranieri è il risultato di un debutto nel mestiere di nonno al-lorché catturato dagli occhi spalancati di Sofi a. E consolidato nel non facile esercizio con l’arrivo di Achille. Pugliese di nascita e aquilano d’adozione, l’autore ha raccol-to in un piacevolissimo volume (illustrato da Stefania Gigante) per le Edizioni Arkhé “racconti, o meglio, episodi di fantasia am-bientati in una foresta o ai suoi margini”. All’inizio è la vita di un fi ume a incuriosire i giochi di pensiero dei bambini. In sono le avventure di una goccia d’acqua a tirare le somme delle emozioni. Nel percorso, le storie ricordano favole

note, ma adattate ai tempi in modo del tutto originale. Animali chiacchieroni, eso-tici o campagnoli, cittadini o errabondi, raccontano la vita e il trascorrere delle stagioni senza inutili giri di parole. Ranieri accompagna per mano indifferentemen-te piccoli lettori o affabulatori per ruolo acquisito (nonni e genitori). Il libro coin-volge tutti, in verità, riuscendo perfi no a condensare, in un episodio, tragedie ma-ledettamente concrete come il terremoto aquilano del 2009. “Una foresta grande grande grande” è una lettura, insomma, consigliata a grandi e pic-coli, perché “non si raccontano le favole ai ragazzi per ingannarli, ma agli uomini per consolarli”. Come sottolinea un amico dell’ autore, Dante Capaldi, decano dei giornalisti spor-tivi abruzzesi e nel mondo della scuola per una vita.

“Una foresta “Una foresta grande grande” grande grande”

Favole per bambini e adulti in un libro di Antonio RanieriAntonio Ranieri

la copertina

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a cura di Alessandra Morelli

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a cura di Ivan di Nino

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ccolo arrivare: ben vestito, occhiali fumé, fi sico asciutto come si conviene a uno sportivo. Guido Federico Di Francesco, arbitro di ottima qualità nel-la Legadue basket, un passato nella Serie C di calcio: “Mi

sono dimesso nel 2006 perché ho capito che le cose non andava-no come decide il campo, ma come volevano i poteri forti. Infatti qualche mese dopo è scoppiato Calciopoli”. E’ reduce da un incontro di pallacanestro del Teramo in cui ha fatto da cicerone ai suoi colleghi, ma non solo. Infatti conduce da due anni e mezzo una scuola di preparazione arbitri dai 14 anni in su, presso la sede del Coni a Teramo. “Spesso li portiamo nei palazzetti per far respirare loro non solo l’aria della partita, ma anche per assistere a tutto l’iter burocratico pre-gara.” L’arbitrag-gio, spiega Guido Federico “è anche una fi losofi a di vita. Il rispetto delle regole non è importante solo in campo. Nel corso teniamo molto anche ai dettagli, come l’arrivare in ora-rio. Spesso i ragazzi sembrano superfi ciali, anche perché il con-testo sociale nel quale sono inseriti non li aiuta, ma bisogna tirar fuori le motivazioni. E’ questo che fa la differenza e lì io attacco il fi schietto”. Un novello maieutico socratiano.“Inoltre- prosegue- mostriamo ai giovani gli schemi delle squadre. Non devono conosce-re solo il regolamento, ma anche eventuali ipotesi di gioco, statistiche, differenze cane-stri, scambiare informazioni. Spesso sono loro a inviarmi spezzoni di partite in cui ci sono decisioni diffi cili da prendere, e io le commento. In questo caso l’aiuto della tec-nologia, che il basket usa da tempo in campo, è molto valido. Facciamo vedere le partite che arbitrano, commentando eventuali erro-ri. Ci aiuta anche la federazione che lavora a quattro mani con l’associazione arbitri. Nel calcio invece si opera di più a compartimenti stagni”. A proposito di calcio poli e dello scandalo baskettopoli – inchiesta ancora in corso, sembra che la valutazione degli arbitri fosse

pesantemente condizionata, stabilendo prima delle partite i voti da dare ai direttori di gara e chi dovesse salire di categoria o re-trocedere. Esiste dunque la sudditanza psicologica arbitrale? “Nel calcio è un vero e proprio mobbing- risponde Di Francesco -. O questa minestra o la fi nestra, è tutto un sistema che funziona così. Nel basket non ho mai ricevuto pressioni”. Forse perché la pallacanestro muove meno denaro? “I soldi sono relativi. Nel 90% dei casi prendere una decisione è facile. È il restante 10%, una zona grigia in cui non è facile decidere, che comporta grossi problemi.Il punto è questo: sbagliare e riuscire a farsi accettare. Io mi sono dedicato a formare i ragazzi dopo essere arrivato in serie A, per non ingenerare sospetti”. Assieme a lui collaborano Paolo Moro, Federico Agostinelli e Mar-co D’Emilio come istruttore. In meno di tre anni sono usciti dai corsi una cinquantina di arbitri e nulla funziona bene come il tam-tam tra amici per avere nuovi iscritti.

IVAN DI NINO

Severita’ Severita’ e Passione PassioneIntervista a Intervista a Guido Federico Di FrancescoGuido Federico Di Francesco, arbitro in Legadue, arbitro in Legadue

BasketBasket

Guido Federico Di Francescoall’opera durante una partita

Io mi sono dedicato a Io mi sono dedicato a formare i ragazzi formare i ragazzi dopo essere arrivato dopo essere arrivato in serie Ain serie A

Collaborano con Federico: Paolo Moro, Marco D’EmilioFederico Agostinelli

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utti i campionati riguardanti le squadre abruzzesi sono fermi ed alcuni di essi hanno concluso il Girone di Anda-ta. In Serie D comanda meritatamente come da prono-stico il Teramo di Cifaldi che ha perso due soli incontri

dei 19 giocati. Miglior attacco con 32 goal e soprattutto gran gio-co di squadra che ha permesso ai teramani di poter vincere anche le partite più diffi cili. Se il Teramo mantiene le aspettative estive non lo fa la Civitanovese che si trova a metà classifi ca distante ben 16 punti dalla vetta.Anche l’Atessa VDS non è da meno, dopo la grande stagione dell’anno scorso si ritrova li a lottare per la salvezza complice il ridimensionamento(eccessivo)della rosa. Le sorprese in positivo sono tre su tutte: Santarcangelo, Jesina e RC Angolana. La squadra di Fenucci costruita per la salvezza e lì a lottare per un posto nei play-off, nonostante il gioco dei marchigiani non sia mai stato troppo spettacolare. Dopo l’iniziale partenza “razzo” i biancorossi come era prevedibile hanno trovato alcune diffi coltà, perdendo delle gare ma ora stanno riprendendo la loro marcia che li po-trebbe portare lontano, grazie alla vena realizzativa del bomber Negro. Il Santarcangelo è l’altra piacevole sorpresa che ha saputo “affondare” la corazzata Teramo 4-0 ed ha dalla sua la miglior di-fesa del Girone con soli 10 goal incassati. Infi ne la RC Angolana del Presidente Bankowsky capace di ritrovarsi al quinto posto

nonostante una squadra composta per l’80% da giovani e alcuni senatori come Cammarata e D’Alessandro, gran merito va anche all’allenatore Amaolo che da quando è ritornato al “timone” della panchina adriatica ha saputo ridare vigore ed energia in un am-biente ormai primo di tutto ciò.Silenziosamente procede verso le zone alte della classifi ca la Santegidiese che ha un team assemblato per non sfi gurare ed un allenatore come Cappellacci che in questa categoria può sola-mente essere maestro. Bucchi e compagni vogliono conquistare gli spareggi per garantirsi almeno un posto nella bagarre per i ripescaggi in Seconda Divisione, nonostante pare che dall’anno prossimo saranno riformate tutte le gerarchie.Si sta lentamente riprendendo la Sambenedettese dopo l’arrivo di Boccolini, gli uo-mini del Patron Spina sperano almeno in un posto nei play-off. La nota dolente delle abruzzesi invece è rappresentata dal Miglianico che non riesce a scappare dalle zone calde complice l’addio del bomber Antignani. Mister Donatelli c’è la sta mettendo tutta per compiere l’ennesimo miracolo, ma quest’anno la lotta è più dura della stagione precedente. Alquanto spacciato è il Bojano a quota 7 punti frutto di altrettanti [email protected] mail è a disposzione per info erichieste sui matchdel Teramo calcio

Il punto sul gironeIl punto sul girone di andata del Teramo Calciodi andata del Teramo Calcio

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L’aff ascinante L’aff ascinante scalata al Mera Peakscalata al Mera PeakMontagna dell’Himalayanella regione nepalese di Sagarmatha con i suoi 6.476 metri

reportage fotografi co

Dalla sommità del Mera Peak si possono vedere le cime di Everest, Lhotse, Cho Oyu ed altre vette himalayane. Il Mera Peak è una tra le più alte cime dell’Himalaya, è situato precisamente tra la valle del Kumbu, famosa perché è l’accesso nepalese all’Everest, e la valle della Barum, che porta al Makalu,il quinto ottomila. Dalla vetta del Mera Peak si possono vedere ma anche quasi toccare, simbolicamente, alcuni degli altri famosi giganti himalayani come il Cho-Oyu (8201m), il Pumori (7165m), l’Everest (8848m), il Lhotse (8501m), il Makalu (8475m), l’Amadablam, il Thamserhu e il Kanchenjunga (8598m). La diffi cile salita verso il passo

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Campo nel parco MakaluAttraversamentodel ghiacciaio del Mera-la

Il gruppo in cima al Mera Peak

Monaco Buddistadella Valle del Kumbu

Bandiere di preghierain cima al Mera Peak

Le foto sono state scattate da Gaetano Di Blasio e Dorotea Ardizzi. La spedizione in NEPAl, sul Mera Peak si è svolta dal 3 al

23 di ottobre 2010.

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iviamo in un momento di stagnazione economica, socia-le, motivazionale e di disinvestimento per un futuro che si prevede sempre più diffi cile e demotivante.I giovani, che dovrebbero affacciarsi sulla scena del so-

ciale, rallentano il più possibile, prendono tempi lunghi negli studi, hanno paura di osare e si sentono derubati del futuro. E’ come se la loro energia spendibile nel fare, creare, innovare, venisse tenuta a freno da un vecchio modello di concepire la pro-spettiva futura che determina stasi e demotivazione. Controllare e limitare il cibo diventa lo strumento inconscio per controllare il corpo e per disabilitarsi rispetto ad un sociale in cui è deludente spendersi.Un corpo bloccato è un corpo che vive la “stasi”, in attesa di una speranza, di un cambiamento. Ma che signifi ca “stasi”?

Dal greco indica inibizione o cessazione del “fl uire” che può riguardare liquidi, processi biologici, atti-vità ed economie. Il fl uire, il “” di Eraclito è, invece, il motore dell’azione, cambiamento, trasformazio-ne, rigenerazione. E’ ciò che esprime sempre il nuovo sul palcoscenico del reale. Il cibo è l’energia che fl uisce o ristagna, e poiché gli ano-ressici si sentono bloccati, vedono il cibo come un “nemi-co” e hanno paura di ingrassare..Dall’altra sponda le giovani generazioni sono anche esposte alle conseguenze di un cibo sempre presente, invadente, accattivante e iper pubblicizzato, che si insinua come travestimento ingannevole di bisogni più profondi e essenziali. Mangiare senza assaporare coscientemente rende incompleto e imperfetto il processo di assimilazio-ne/incorporazione/simbolizzazione del cibo e favorisce

la dispercezione corporea e il discontrollo. Questo è uno degli aspetti più preoccupanti dell’incremento dell’obesità nel nostro Paese, che ha il triste primato in Europa dell’obesità infantile.L’obeso, attraverso la fortifi cazione impropria e inopportuna del-la massa corporea, defi nita anche “identità corporea” esercita un eccesso di difesa riguardo ad aspetti della realtà, vissuti come mi-nacciosi ed invasivi.Tuttavia l’eccesso di difesa contribuisce ad appannare la capacità di scegliere e di distinguere ciò che è buono, utile e salutare da ciò che non lo è, comportando un’esasperazione della ricerca del cibo e/o della conservazione dell’energia, unici aspetti della realtà vivibili come positivi e rassicuranti, mentre tutto il resto appa-re rischioso e spesso deludente. L’obeso, in altre parole, si sente impotente e incompetente rispetto ad un ambiente disabilitante e ipercompetitivo, e non riesce ad esprimere la sua aggressività positiva e costruttiva attraverso la tenacia e la costanza nel far fl uire le proprie energie, e nel saper esprimere i propri bisogni nel qui e ora, senza rinvii.Da anni sosteniamo che l’obesità non si cura con le diete che, per assurdo, producono ulteriore stagnazione, ma con un “reset” della propria vita, che necessita di un percorso riabilitativo psico-nutrizionale-comportamentale, e con il cibo “buono” e “giusto” che nutre l’agire e la speranza. Prendersi cura dell’obesità e dei disturbi del comportamento ali-mentare è il “punto nevralgico” dell’assistenza sanitaria per inci-dere sul costo sanitario e sociale della più importante emergenza di tutti i tempi, e per restituire speranza e prospettiva alle nuove generazioni.

* DIRETTORE CENTRO REGIONALE DI FISIOPATOLOGIA DELLA NUTRIZIONE ASL TERAMO

A CURA DI PAOLO DE CRISTOFARO*

“Stasi”“Stasi”conseguenze sulla nutrizioneconseguenze sulla nutrizione

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a Chirurgia Estetica come la conosciamo oggi è il frutto di lavoro e procedimenti elaborati nel corso dell’ultimo seco-lo, tuttavia le sue radici affondano nella notte dei tempi ed essa stessa non sarebbe stata possibile senza la scoperta

di due tecniche associate nel secolo diciannovesimo, l’anestesia e l’antisepsi. L’anestesia fu scoperta dal dentista americano William Morton che il 30 settembre 1846 estrasse un dente senza dolore median-te somministrazione di etere, rendendo così possibile effettuare gli interventi chirurgici senza dolore e permettendo lo svilup-po di operazione ben più lunghe e complesse. L’antisepsi, ossia il complesso di tecniche volte ad eliminare le infezioni che in gran parte seguivano gli interventi chirurgici e spesso conducevano al decesso dei pazienti, fu sviluppata da Joseph Lister, professore di Chirurgia all’Università scozzese di Glasgow nel 1867. Per primo usò una soluzione di acido carbolico (fenolo) su incisioni chirur-giche, strumenti e ferite, riducendo notevolmente l’incidenza di infezioni spesso mortali. Prima di lui si credeva infatti, che le infe-zioni chirurgiche dipendessero da miasma (aria cattiva). Pertanto né i chirurghi si lavavano le mani, né tantomeno la pelle dei pazienti. Ciò che oggi noi diamo per scontato, ossia l’assenza di dolore e il controllo delle infezioni post-chirurgiche, erano state prima di allora il tormento ed il terrore dell’umanità . E’diffi cile per noi concepire le atroci sofferenze dei nostri antenati, e quan-to dobbiamo essere grati a questi illustri medici.Ciononostante, questi due grandi contributi scientifi ci non sareb-bero stati suffi cienti allo sviluppo della chirurgia estetica senza un parallelo avanzamento del pensiero fi losofi co avvenuto in quel periodo, l’Illuminismo, del quale il maggiore esponente fu Emanue-le Kant. Secondo tale rivoluzionaria fi losofi a, l’uomo con la sua capacità di pensare. diveniva il centro della storia e poteva deter-

minarsi autonomamente alla ricerca della felicità, nel caso specifi -co l’uomo aveva il diritto inalienabile di alterare il suo corpo con l’aiuto del chirurgo a tale fi ne. Ma questi presupposti scientifi ci e culturali determinanti per l’avanzamento della Chirurgia Plastica Estetica hanno radici ben più profonde.Già gli antichi Egizi conoscevano ed adottavano tecniche chi-rurgiche di base volte a suturare con delicatezza ferite facciali e a ridurre fratture nasali, come evidente nel Papiro Chirurgico di Smith (circa 1600 avanti Cristo) ritenuto copia di un precedente trattato di circa 3000 anni avanti Cristo. L’enciclopedista romano Aulo Cornelio Celso (I sec. D.C.) metteva in evidenza l’importan-za di una “bella” tecnica di sutura.Nel mondo orientale il medico cinese Bian Que (V sec. A.C.) scri-veva trattati di terapia chirurgica di occhi e orecchie, come pure più tardi un altro medico cinese, Huan Tuo (circa 150-208 D.C.), mentre attorno al X secolo dopo Cristo venivano descritte tec-niche di riparazione del labbro leporino (palatoschisi).Il medico alessandrino Paolo di Egina sviluppò nel VII secolo una tecnica chirurgica volta ad eliminare l’imbarazzante presenza di eccessivo tessuto mammario in uomini, scientifi camente chiamata ginecomastia. Anche la moderna liposuzione ha precedenti stori-ci antichissimi: Plinio il Vecchio (24-79 D.C.) descrive una “Eroi-ca cura per l’obesità” in una operazione sul fi glio del console L. Apronio.Nel Medio Evo ci fu un arresto dello sviluppo della Chirurgia Estetica poiché secondo il pensiero del tempo la chirurgia doveva essere rivolta solo alla terapia delle malattie.Solo con il Rinascimento si cominciò di nuovo a parlare di Chi-rurgia Estetica.

Il rinascimento Il rinascimento della bellezzadella bellezza

Iniziamo un viaggio Iniziamo un viaggio nell’aff ascinante mondo della nell’aff ascinante mondo della Chirurgia Estetica, a partire Chirurgia Estetica, a partire dall’antico Egittodall’antico Egitto

DR PAOLO CAJANO

(CHIRURGO PLASTICO-ESTETICO

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l Glaucoma è una malattia oculare molto frequente dovuta ge-neralmente ad un aumento della pressione interna dell’occhio.Nel mondo colpisce circa 60 milioni di persone ed è una della principali cause di cecità.

In Italia sono circa 1 milione le persone ammalate di glaucoma, ma si stima che circa la metà di esse non ne sia a conoscenza. Questo perché è una malattia subdola ed insidiosa in quanto asintomatica nelle fasi iniziali.La cecità provocata dal glaucoma si può prevenire, purché la ma-lattia sia diagnosticata e curata tempestivamente.Come si produce l’aumento della pressione inta-oculare?In condizioni normali all’interno dell’occhio è presente un liquido (“umore acqueo”) che viene costantemente prodotto e riassor-bito. L’occhio si può paragonare ad un piccolo serbatoio con un rubinetto ed uno scarico sempre aperti. Se lo scarico è ostruito si avrà un aumento della pressione all’interno del serbatoio, ovvero un aumento della pressione all’interno dell’occhio.Tale situazione a lungo andare danneggia il nervo ottico.Come si produce il danno alla vista?Quando fi ssiamo un oggetto lo percepiamo insieme a tutto ciò che lo circonda. L’area di spazio che viene percepita costituisce il “campo visivo”.L’immagine per essere percepita viene trasmessa dalla retina al cervello tramite il nervo ottico che può essere paragonato ad un cavo elettrico contenente milioni di “fi li” ( fi bre nervose) ciascu-no dei quali porta le immagini relative ad una parte del campo visivo. L’insieme dei segnali elettrici costituisce l’immagine nella sua interezza.L’aumento della pressione intraoculare danneggia irreparabilmen-te i neuroni che trasportano il segnale elettrico, con un danno che inizia nelle porzioni periferiche del campo visivo in genere lentamente, per cui il paziente non si accorge del verifi carsi del fenomeno fi n quando non vengono lesi anche i neuroni che pro-vengono dalle aree retiniche centrali con cui fi ssiamo gli oggetti (macula) e si ha la riduzione anche della acuità visiva fi no alla cecità completa.Esistono numerose forme di glaucoma: il glaucoma cronico, che è la forma più frequente e sicuramente più insidiosa per la sua iniziale asintomaticità; il glaucoma acuto che si manifesta invece in modo improvviso con dolore violento, offuscamento della vista, visione di aloni colorati attorno alle luci, nausea e vomito..; il glau-coma congenito presente sin dalla nascita; i glaucomi secondari ad

altre patologie oculari.Cos’è necessario fare?Una semplice visita oculistica è suffi ciente per diagnosticare o so-spettare la presenza di un glaucoma (che poi va eventualmente confermato e stadiato con successivi esami di approfondimento) in fase iniziale ed ancora non grave.E’ necessario pertanto sottoporsi con regolarità a controlli ocu-listici specie in presenza di fattori di rischio, i principali dei quali sono: l’età: il glaucoma, pur non essendo una malattia esclusiva dell’anziano, è più frequente col progredire dell’età. E’ buona nor-ma dopo i 40 anni sottoporsi ad una visita oculistica. Un momen-to ideale è rappresentato dalla insorgenza della presbiopia (diffi -coltà a vedere da vicino): più che consultare un ottico, sarebbe importante approfi ttarne per una visita oftalmologica completa;la familiarità : chi ha un parente di primo grado affetto dalla ma-lattia corre un rischio da 4 a 10 volte maggiore di manifestarla; la miopiaCome si cura il glaucoma?Chi soffre di glaucoma si deve sottoporre a controlli specialistici ad intervalli prestabiliti per tutta la vita. Questo perché il glau-coma è una malattia complessa in cui il seguire la sola pressione oculare non è suffi ciente. Uno stesso valore della pressione intra-oculare può causare effetti differenti in soggetti diversi e quindi ciascun paziente deve essere valutato considerando tutti gli esami strumentali a disposizione che l’oculista riterrà opportuno ese-guire. Una volta presenti, i danni sono solitamente irreversibili.La terapia è utile per impedire ulteriori aggravamenti e si basa sull’uso di farmaci (in genere colliri da instillare in modo regolare, senza sospensioni); di trattamenti laser e laddove l’oculista ravve-da la necessità, interventi chirurgici.Tutti i trattamenti presentano sia vantaggi che potenziali incon-venienti: è compito dell’oculista stabilire caso per caso la terapia da seguire, dopo aver discusso col paziente e tenendo informato anche il medico curante.La prevenzione del glaucoma si può e si deve fare!E’ una malattia che rientra perfettamente tra le forme che trag-gono massimo vantaggio dalla “prevenzione secondaria”, ossia diagnosi precoce. Individuare la malattia quando ancora non dà sintomi particolari: il paziente ne è affetto, ma non sa di esserlo.

DR. ANTONELLO TROIANORESPONSABILE DEL CENTRO GLAUCO-

MA OSPEDALE CIVILE DITERAMO

GlaucomaGlaucoma“Ladro silenzioso “Ladro silenzioso della vista”della vista”

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A CURA DEL PROF. VALTER DI MATTIA

articolazione della spalla presenta una grande ampiezza di movimen-to (diartrosi) e un ridotto grado di stabilità. Questa instabilità, dovuta

alla debole risposta dei capi articolari e alla mancanza di robusti legamenti, viene compensata dalla presenza di una cuffi a muscolare (cuffi a dei rotatori) che stabiliz-za le spalle. La cuffi a dei rotatori è formata dai tendini dei muscoli: sopraspinato, sot-tospinato, piccolo rotondo e sottoscapola-re. I primi tre sono muscoli extrarotatori, l’altro intrarotatore.Con l’età, i tendini e le formazioni molli (capsule, legamenti) perdono elasticità . E’ interessata la fascia d’età fra i 40 e i 70 anni, i soggetti di sesso femminile che svolgono lavori casalinghi, i lavoratori che utilizzano in modo continuo le spalle e manifestano variazioni strutturali di postura (ipercifosi) e gli sportivi in età giovanile che pratica-no discipline come la pallavolo, la pallama-no e la pallacanestro, attività denominate “overhead sports”.La spalla ha la funzione principale di farci mettere in posizione il braccio nello spazio con un grande raggio di mobilità, facendo reagire la mano con tutto ciò che ci cir-conda.Per questo motivo, una patologia della spalla, anche minima, risulta fortemente in-

validante causando dolore e impedimenti nella vita giornaliera.Durante l’esecuzione di normali gesti quo-tidiani, di lavoro casalingo delle donne, di lavori sistematici, di gesti atletici nei vari sport, intervengono cinque articolazioni delle spalle che si dividono in due sotto-gruppi : - il primo formato dall’articolazione gle-

nomerale, molto importante dal punto di vista muscolare ma, poco stabile e dall’ar-ticolazione sottodeltoidea o seconda arti-colazione delle spalle , legata meccanica-

mente alla prima;- il secondo formato da tre articolazioni : la scapolo-toracica, la più importante del gruppo. Funziona solo insieme alle altre due, l’acromion-clavicolare e la sterno-clavicolare. Tale complessità consente mo-vimenti di grande ampiezza e azioni siner-giche multidirezionali

E’ molto importante, quindi, tenere sem-pre presente la “Mobilità-Stabilità” della spalla quando si deve affrontare la riabi-litazione, specie negli atleti che praticano sport “overhead” (pallavolo, pallacanestro, pallamano, lanci, ecc.) e che sottopongono a forti stress tensionali le strutture musco-lo-tendinee e capsulo-legamentose deter-minando l’insorgenza di tendinopatie della cuffi a dei rotatori (“Overuse syndrome”), in special modo del tendine del sovraspi-nato (“Impingement del sovraspinato”) e del capo lungo del bicipite-brachiale.L’articolazione scapolo-toracica merita molta attenzione, sia nella fase preven-tiva che riabilitativa. La scapola è l’anello di congiunzione fra il tronco ed il braccio, formando inserzione con la cuffi a dei ro-tatori. La stabilità della scapola rappre-senta il requisito essenziale affi nchè possa svolgere una funzione ottimale. Quando si ha rigidità della scapola, non si riesce ad

Quel fastidiosoQuel fastidioso dolore alla spalladolore alla spalla

La cuffi a dei muscoli rotatori(vista posteriormente)

È molto importante, È molto importante, quindi, tenere quindi, tenere sempre presente la sempre presente la “Mobilità-Stabilità” “Mobilità-Stabilità” della spalla quando della spalla quando si deve aff rontare la si deve aff rontare la riabilitazioneriabilitazione

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esprimere al massimo l’energia accumulata durante un gesto sportivo nella fase di ca-ricamento (battuta del tennista, schiaccia-ta del pallavolista, tiro in sospensione del cestista, lanci nella pallamano) provocando “sindromi da confl itto”. Si può affermare che la zona “sopra-omerale” ha un’impor-tanza critica nelle patologie tendinitiche della spalla. Inoltre, i muscoli : deltoide e sovraspinato con trapezio e grande denta-to, formano una coppia motrice formidabi-le, che non si può mai alterare.

RIABILITAZIONEDurante la riabilitazione bisogna seguire un programma con le seguenti fasi :- Esame muscolare e biomeccanico;- Tecniche di decontrazione per raggiun-gere il tono-trofi smo sia muscolo-tendi-neo che capsulo-legamentoso (massaggi, stretching, movimenti di codman ed eser-cizi isometrici);- Tecniche di kinesi passiva per il ripristino della mobilita’ “rom” (“range of motion”) ;- Idrocinesiterapie : permette l’esecuzione in assenza di gravita’ evitando sovraccari-chi funzionali;- Potenziamento muscolare selettivo della

cuffi a dei rotatori e della scapola con eser-cizi di resistenza con gli elastici;- Potenziamento isotonico con pesi;- Rieducazione propriocettiva e della coor-dinazione del gesto atletico.Gli esercizi di rinforzo muscolare isoto-nico possono essere eseguiti con diverse tecniche e specifi camente per i diversi set-tori muscolari. E’ importante che vengano effettuati dopo riscaldamento adeguato e stretching usando pesi con aumento gra-duale e mai arrivare alla soglia del dolore.

Struttura della spalla e nomenclatura ossea e muscolare

Con l’età,Con l’età,i tendini e le i tendini e le formazioni formazioni molli (capsule, molli (capsule, legamenti)legamenti)perdono perdono elasticitàelasticità

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l freddo inizia ad essere pungente, la notte anticipa le ore, le luci della città si accendono e le vetrine si addobbano. Tutto ci parla del Natale. Festa diventata più consumistica che religiosa, il pensiero che tutti hanno in mente è: “Cosa

regalo?”. Il mercato offre infi nite idee, l’offerta è tra le più vaste e c’è chi si orienta sugli animali. Donare un essere vivente: giusto o sbagliato?Dipende. È una scelta che non può e non deve essere presa con leggerezza. Di una vita non ci si può disfare come di un regalo poco gradito, non è un maglione che tra qualche anno si butterà perché la moda sarà cambiata. Signifi ca affi dare una responsabi-lità, regalare un impegno, una relazione e, alla fi ne della vita, un dolore. Siamo sicuri che la persona alla qua-le vorremmo donare l’animale sia disposta e preparata nel riceverlo? Siamo sicuri che preferisca quella specie piuttosto di un’altra? Quali risvolti psicologici e biologici ci posso-no essere per l’animale? E per il proprietario? Tante domande devono pervadere la mente di chi pensa di donare un essere vivente.La scelta migliore da fare è quella di informa-re la persona alla quale pensiamo di donare un animale delle nostre intenzioni ed andare insieme a scegliere il nuovo compagno per la vita. Spesso è un feeling, un’alchimia, una relazione che si instaura a prima vista tra proprietario ed animale, per questo è scon-sigliato far scegliere a terzi una creatura che dovrà dividere la vita con un’altra persona. Chi ha serie intenzioni di prendere un anima-le deve sapere moltissime cose, tra le quali che è un essere dipendente da lui, da edu-care, da non farlo trattare come un peluche

dai fi gli, che ne ha responsabilità civile, che dovrà impegnarsi ad affi darlo quando lui non ci sarà, da curare quando starà male, da accompagnare nel suo ultimo respiro e molte altre cose ancora. Queste sono solo alcune delle responsabilità da assumere in se-guito all’acquisto dell’animale. E prima? Dove trovare la creatura? Quali informazioni possedere? Quali certifi cati richiedere? Quali nozioni mediche di base della sua salute bisogna avere? Scelta saggia è quella di affi darsi e lasciarsi consigliare da un esper-to della specie che si intende prendere ed ad un esperto in leggi e diritti degli animali. Evitare di comprare gli animali e di seguire le mode, soprattutto se i soggetti interessati sono cani e gatti, ed indirizzarsi nei canili e nei gattili è uno dei più grandi gesti d’amore

che potremmo fare. L’animale ci donerà sempre il suo amore ed il suo affetto, per tutta la vita ed anche oltre. Così non sarà più qualcuno a regalare una vita a noi, ma noi a regalare una vita a qualcu-no. Il Natale tornerà almeno in par-te al suo spirito originale: la gioia di donare incondizionatamente senza la pretesa o l’aspettativa di essere ricambiati. La magia del Natale stu-pirà ancora una volta quando i pro-prietari si accorgeranno con il pas-sare del tempo che, in cambio dal loro nuovo membro della famiglia, staranno ricevendo un dono inesti-mabile: l’amore incondizionato e la fedeltà eterna.

A CURA DI MARINA GROSSI*

*EDUCATRICE CINOFILAWWW.DOGPEOPLE.IT

Non solo una questione d’etichettaNon solo una questione d’etichetta

Educazione Educazione animaleanimale

cane e padrone un “rapporto confi denziale”

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Il 07 dicembre 2010 è stata approvata in via defi nitiva dal Senato la legge di stabilità, che ha previsto la proroga per altri dodici mesi, e quindi fi no al 31/12/2011, della de-trazione del 55% sulle spese sostenute per i lavori di riqualifi cazione globale di edifi -ci (limite di detrazione di 100.000 euro); sostituzione fi nestre e coibentazione di tetti e pareti (60.000 euro); pannelli sola-ri (60.000 euro), sostituzione di caldaie a condensazione, pompe di calore, impianti geotermici a bassa entalpia (30.000 euro).Per l’anno 2011 si passa da un recupero previsto in cinque anni (anno 2010) ad un recupero previsto in dieci anni (2011); quarta correzione in cinque anni: le rate erano tre nel 2007, da tre a dieci nel 2008 (a scelta del contribuente) e cinque negli ultimi due anni.Per le persone fi siche e i lavoratori auto-nomi l’agevolazione si applica nel rispetto del principio di cassa, per cui l’anno in cui si sostiene la spesa agevolabile è quello di effettuazione del bonifi co, senza specifi ca-re che questo riguardi o meno un acconto sui lavori ancora da eseguire. L’eventuale mancata conclusione dei lavori entro il 31/12/2010 comporta solo l’obbligo di inviare all’Agenzia delle Entrate entro il 31/03/2011 una specifi ca comunicazione telematica. L’eventuale mancato invio è solo motivo di erogazione di sanzioni. È possibile comunque anche in questo caso rinviare lo sconto irpef del 55% all’an-no successivo. Infatti per i lavori in corso all’anno 2010 si può iniziare a detrarre 1/5 del 55% dei pagamenti effettuati nel 2010 già nel modello Unico 2011 solo se il contribuente attesta che i lavori non sono ancora terminati nel 2011, come previsto dalla Risoluzione Agenzia delle Entrate n.295/E/2008: Nel caso di mancanza di det-to documento gli acconti pagati nel 2010 devono essere sommati agli altri bonifi ci del 2011, ed il primo periodo di detrazio-ne irpef sarà il 2011 (Unico 2012). Il 55% delle spese sostenute va ripartito in dieci quote annuali costanti (in tutti quei casi in cui i lavori proseguono nel 2011 anche se il saldo viene pagato nel 2010). Coloro che hanno rinviato al 2011 eventuali pagamenti per problemi di incapienza e hanno effet-

tuato alcuni pagamento nel 2010 possono cominciare a detrarre dal 2011 in sede di redazione di unico 2012, semplicemente non effettuando la attestazione di cui so-pra. Per le imprese il principio di detrazione è quello di competenza, come previsto dall’art 109 del Tuir. Rileva la consegna o la spedizione, nel caso di acquisto di beni, o il momento di ultimazione in caso di servizi.Per le società con periodo di imposta non coincidente con l’anno solare, occorre analizzare le spese imputabili al periodo di imposta in corso al 31 dicembre degli anni agevolati. La proroga dell’agevolazione ha rifl essi positivi, anche se il recupero decen-nale è meno vantaggioso rispetto a quello quinquennale.Due rifl essioni: da un lato è da rilevare in maniera positiva l’effetto dei cosiddetti lavori indotti, i quali senza l’agevolazione non sarebbero stati eseguiti o sarebbe stati effettuati senza fatturazione; il fi sco incasserà iva, irpef, ires e irap che non sa-rebbero state versate senza la proroga del bonus; ulteriori ricadute positive anche sul risparmio energetico in termini di minore emissione di anidride carbonica. Dall’altro lato l’agevolazione spalmata in dieci anni risentirà maggiormente del peso dell’infl a-zione, pertanto la somma che tornerà in tasca ai contribuenti sarà più bassa in ter-mini reali, quanto più bassa in base all’anda-mento dell’economia. Il denaro restituito (in busta paga per i dipendenti) solitamen-te è denaro che non viene risparmiato ma speso, generando gettito ulteriore grazie all’imposta sui consumi. Un aiuto in più arriverà dalla ritenuta del 10% sui bonifi ci introdotta dalla manovra estiva Dl 78/2010. A mano a mano che i privati pagheranno le imprese il fi sco in-casserà le ritenute che comporteranno un alleggerimento degli oneri legati alle spese sostenute degli anni precedenti.L’unica controindicazione è il limitato oriz-zonte di proroga. Infatti tra dodici mesi il problema si riproporrà negli stessi termini.

Agevolazioniper la casa bonus fi scale 55%bonus fi scale 55%

COMMERCIALISTA LAURA DI PAOLANTONIO

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Una lettrice ci sottopone il seguente que-sito: “Dopo anni di causa una sentenza del Tribunale condanna anche noi condomini al risarcimento dei danni da allagamento derivanti da lavori eseguiti sulla terrazza dal proprietario del piano attico: tale sen-tenza può ritenersi corretta ? Specifi co che l’appartamento danneggiato è quello immediatamente sottostante l’attico ter-razzato e i lavori non risultano essere au-torizzati dall’amministrazione condominia-le”. In termini generali, appare necessario distinguere il lastrico solare dalla terrazza: entrambi hanno una fi nalità comune, che è quella di coprire l’edifi cio, ma differiscono tra di loro per disciplina giuridica. Il lastrico solare va ad integrarsi con il tetto e gene-ralmente è di proprietà comune, mentre la terrazza a livello va ad integrarsi con l’appartamento, cui è collegata struttu-ralmente e funzionalmente, in quanto ne costituisce una proiezione verso l’esterno. Più precisamente il lastrico solare, quale superfi cie terminale dell’edifi cio, esercita l’indefettibile funzione primaria di coper-tura; su lastrico solare vi è una presun-zione di proprietà comune ex art. 1117 c.c., con ripartizione delle spese in base al valore del piano del singolo condomino. L’uso esclusivo del lastrico solare da parte di un singolo condomino o, addirittura, la proprietà esclusiva di esso, determina una

diversa ripartizione delle spese occorren-ti per la sua conservazione, ricostruzione e manutenzione, rispetto al criterio ge-nerale che vede la divisione delle spese in proporzione al valore millesimale dei singoli appartamenti; in tal caso si applica l’art. 1126 c.c., che prevede l’attribuzione di un terzo a carico del titolare del dirit-to di uso esclusivo, e gli altri due terzi a carico di tutti i condomini dell’edifi cio. Al lastrico solare di proprietà esclusiva, l’ela-borazione giurisprudenziale ha equiparato la terrazza a livello, in relazione all’uso ed alla sua funzione di copertura di una parte dell’edifi cio. La Corte di Cassazione, infat-ti, ha di recente ribadito, con la sentenza del 13 dicembre 2007, n. 26239, il seguente principio di diritto “In tema di condominio di edifi ci la terrazza a livello anche se di proprietà o di uso esclusivo di un singo-lo condomino assolve alla stessa funzione di copertura del lastrico solare posto alla sommità dell’edifi cio nei confronti degli appartamenti sottostanti. Ne consegue che anche se appartiene in proprietà o se è attribuito in uso esclusivo ad uno dei con-domini, all’obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario o con il titolare del diritto di uso esclusivo. Pertanto, dei danni cagionati all’appartamento sottostante per le infi l-

trazioni d’acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla funzione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dal cit. art. 1126, vale a dire, i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due ter-zi, ed il titolare della proprietà o dell’uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo” (Cass. Sentenza n. 5848 del 13/03/2007; Cass. Sez. 3, Sen-tenza n. 12682 del 17/10/2001; e Cass. Sen-tenza n. 10233 del 15/07/2002). In base alla giurisprudenza esaminata -salva la peculiarità del caso concreto- la decisio-ne del Tribunale appare corretta: la funzio-nalità del terrazzo di copertura dell’edifi cio implica la possibilità di applicare l’art. 1126 c.c. e, quindi, far rica-dere anche sugli altri condomini la responsabilità per eventuali danni derivanti da una non corretta ma-nutenzione della terrazza, ovvero esecuzione di lavori sulla stessa.Unica eccezione al principio enun-ciato potrebbe essere causata dalla prova rigorosa ed inequivo-cabile che i danni derivano esclu-sivamente dai lavori effettuati dal condomino, evidentemente non realizzati a regola d’arte.

È stato pubblicato sulla Gazzetta Uffi ciale del 31 dicembre 2010 il c.d. “Decreto fl us-si”, relativo alla programmazione dei fl ussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali nel territorio dello Stato, per l’anno 2011; la presentazione delle do-mande avverrà on line a partire dal pros-simo 31 gennaio 2011. Tale provvedimento autorizza gli ingressi di stranieri in Italia, e sarà uffi cialmente in vigore dalla data indi-cata, che costituirà il “click day”, in quanto le domande dovranno essere presentate con il procedimento informatico già utiliz-zato per gli ultimi decreti fl ussi del 2007 del 2008. Riusciranno ad aver il permesso solo i più “veloci”: solo le prime 98.080 do-mande inviate al Ministero dell’Interno via intenet riceveranno permessi di soggior-no, in base all’orario di arrivo. Le domande dovranno essere presentate dai datori di lavoro, che -come rappresen-tato dalle maggiori organizzazioni di cate-goria dall’esame del fenomeno del lavoro irregolare- avranno in tal modo la possi-

bilità di regolarizzare lavoratori e lavora-trici attualmente impiegati “in nero”; in tal modo un lavoratore su cinque otterrà il permesso, in quanto stime uffi ciali indica-no in circa cinquecentomila gli immigrati irregolari in Italia. Il primo “clic day” è fi s-sato per il lunedì del 31 gennaio: dalle ore 8.00, sarà possibile spedire le domande per i lavoratori subordinati di ogni settore cit-tadini di Paesi che hanno accordi con l’Ita-lia, e che quindi godono di 52.080 ingressi riservati. Tali paesi sono: Albania; Algeria; Bangladesh; Egitto; Filippine; Ghana; Maroc-co; Moldavia; Nigeria; Pakistan; Senegal; So-malia; Sri Lanka; Tunisia; India; Perù; Ucraina; Niger e Gambia. Dalle 8.00 di mercoledì 2 febbraio po-tranno essere trasmesse le domande per lavoratori domestici come colf, babysitter, badanti etc., relative a cittadini di altri Pa-esi e che non hanno accordi con l’Italia; gli ingressi autorizzati sono 30.000. Dalle 8.00 di giovedì 3 febbraio, potranno essere inviate le domande per gli altri in-

gressi autorizzati: trattasi di lavoratori che hanno completato speciali programmi di formazione e istruzione nel Paese di ori-gine e discendenti di italiani in Argentina, Uruguay, Venezuela o Brasile. I cittadini stranieri già presenti regolarmente in Italia potranno chiedere la conversione in per-messi per lavoro di permessi rilasciati per altri motivi.Come già verifi catosi per i precedenti de-creti del 2007 e del 2008, anche questo provvedimento sarà uno strumento per “regolarizzare” i lavoratori extracomunita-ri, ma, a fronte di tale positiva funzione, vi sono state anche delle critiche da parte di alcune associazioni per la difesa e l’orien-tamento dei consumatori: per i lavoratori domestici, come colf e badanti, gli ingressi autorizzati sono solo 30.000, vale a dire una minima percentuale (stimata in circa il 3% da tali associazioni) delle colf e badanti irregolari presenti nel nostro Paese.

Decreto Flussi:Decreto Flussi: Click Day Click Day

Lastrico solare e terrazza ad uso esclusivoLastrico solare e terrazza ad uso esclusivo

[email protected] A CURA DI AVV. GIANFRANCO PUCA

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Dal volume “Una ricca...cucina povera” di Roberto Pelillo

INGREDIENTI(per 5/6 persone) : 600 gr di riso (per risotti), 100 gr di Pecorino dol-ce grattugiato, 1 fi nocchio grande, 1,5 litri di latte, semi di sesamo, 150 gr. di pancetta (a dadini piccolissimi), i cucchiaio di olio di oliva.PREPARAZIONE: Sminuzzare il fi nocchio (pulito bene) e metterlo sul fuoco in un litro di latte. Rimestare spesso ed assicu-rarsi che si formi una crema molto liqui-

da. Mettere in una padella la pancetta con l’olio di oliva e sul fuoco, una volta diven-tata croccante, aggiungere il riso che si “ti-rerà” su con il latte e poi con la crema di fi nocchio, preparata a parte. Solo in caso di necessità, aggiungere altro latte caldo fi no a cottura del riso come desiderato. Sui piatti di portata, mettere il riso, spruzzare di pecorino e completare con un cucchiaio di semi di sesamo.

INGREDIENTI(per 6/7 persone): 400 gr. di carne di manzo, 300 gr. di carne di maiale, 250 gr. di carne di tacchino, 3 uova intere, 3 uova sode, 10 cucchiai di pane grattugiato, 1 bicchiere di latte, 100 gr. di pecorino dol-ce grattugiato, 1 bicchiere di olio di oliva, 3-4 “pugni” di farina, ½ cipolla, 2 bicchieri di vino bianco secco, 4 coste di sedano, 4 carote, 2-3 mazzetti di prezzemolo (ovvia-mente solo foglie sminuzzate), noce mo-scata (una “pizzicata”), sale.PREPARAZIONE: Fare un trito con prez-zemolo ed aglio quindi – dopo aver maci-nato separatamente i tipi di carne – forma-re un impasto con carne, uova già sbattute, pane grattugiato, formaggio, latte, la noce

moscata e sale. Al centro del composto disporre le uova sode e poi riavvolgere il tutto (come se fosse un grosso salame o lonza). A questo punto si infarina delicata-mente (così si assicura di più la sua com-pattezza nella successiva fase di cottura). Mettere il “rotolo” in un capace conteni-tore con olio, il pezzo di cipolla, il sedano e la carota (entrambi fatti a pezzettini) e far cuocere – a fuoco moderato – aggiungen-do vino e tre o quattro mestoli di acqua calda. Dopo almeno 1ora e mezza, togliere il polpettone dal fuoco e metterlo in un piatto grande. Una volta raffreddata, la car-ne va tagliata a fette spesse, accompagnan-dola con verdura cotta o sottoaceti.

INGREDIENTI: Per la “neola semplice”: 6 uova intere, 6 cucchiai colmi di zucchero, 6 cucchiai di olio, 2 bicchieri (da acqua) di vino bianco, farina q.b. Per la “farcitura” di due neole da soprapporre tra di esse: Mar-mellata d’uva ( o di ciliegie) a piacere, 200 gr di cioccolato fondente (tritato fi nemen-te), 2 bicchierini di rhum, 2 tazzine di caffè appena “fatto”, 150 gr. di mandorle dolci (tostate e tritate a parte)PREPARAZIONE DELLA NEOLA SEM-PLICE: Amalgamare gli ingredienti e – se

piace – aggiungere un “pugno” di semi di anice. Ottenuto un impasto omogeneo, farne dei “tocchetti” in quantità suffi cienti per la superfi cie della “piastra” del ferro già caldo. Tenere sul fuoco per pochissimo tempo e togliere la neola ancora di colore chiaro. Farcire con gusto e cura.N.B. In quasi tutte le case dei teramani, al-meno in passato, era… obbligatorio avere il “ferro per neole”, addirittura con le ini-ziali impresse.

Risotto con Risotto con crema di fi nocchiocrema di fi nocchio

PolpettonePolpettone di casa mia di casa mia

Neole FarciteNeole Farcite(in altre parti d’Abruzzo note comein altre parti d’Abruzzo note come FerratelleFerratelle)

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