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3 OSSERVATORIO RISPARMI DELLE FAMIGLIE 18 a edizione / formula semestrale: due report l’anno 4 QUALE ITALIA PER UNA VITA FELICE di Remo Lucchi 12 L’ATTRATTIVÀ DI MILANO CON LE SUE MOLTE IDENTITÀ DA VALORIZZARE di Paolo Anselmi 18 CIBO MASSIMA VALORIZZAZIONE DELLA FILIERA ITALIANA E SFIDA ALLO SPRECO di Vitalba Paesano 24 TOTAL SINGLE SOURCE PANEL ALLA PROVA DEI FATTI di Marco Vitalini 26 THINK TANK SOMMARIO CENTOVENTI POLITICA E DISCONTINUITÀ Sono dati più che drammatici, brutti, talmente brutti da venire rifiutati e quasi rimossi dai diretti responsabili, da chi dovrebbe chiedersi perché e da dove occorra muoversi per arrestare la discesa e per favorire la risalita. Fermiamoci alla politica. Le analisi e gli approfondimenti non mancano, ed anche noi in GfK Eurisko abbiamo contribuito con i nostri scenari e seminari. Insistendo sulla necessità di ascolto e di intercettazione dei nuovi bisogni, che sono articolati desideri di secondo livello, non più determinati da necessità primarie che hanno favorito il voto di scambio (e anche quello di appartenenza). I due tipi di voto sono retaggio del secolo scorso, dell’Italia da bere e da mangiare, del sogno craxiano di un Paese che si illuse di superare la perfida Albione. EURISKO SOCIAL TRENDS IL CAMBIAMENTO SOCIOCULTURALE MARZO 2014 NUMERO 120 La fiducia nelle istituzioni, in Italia, è in caduta libera. Perdono basic trust le forze dell’ordine e i media, le imprese e la magistratura, i sindacati e l’Unione Europea. E scivolano sempre più in basso il Parlamento e i Partiti Politici >

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3 OSSERVATORIO RISPARMI DELLE FAMIGLIE18a edizione / formula semestrale: due report l’anno

4 QUALE ITALIA PER UNA VITA FELICEdi Remo Lucchi

12 L’ATTRATTIVÀ DI MILANO CON LE SUE MOLTE IDENTITÀ DA VALORIZZAREdi Paolo Anselmi

18 CIBO MASSIMA VALORIZZAZIONE DELLA FILIERA ITALIANA E SFIDA ALLO SPRECOdi Vitalba Paesano

24 TOTAL SINGLE SOURCE PANEL ALLA PROVA DEI FATTIdi Marco Vitalini

26 THINK TANK

SOMMARIO CENTOVENTI

MARZO 2014 | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | GfK | 1

POLITICA E DISCONTINUITÀSono dati più che drammatici, brutti, talmente brutti da

venire rifiutati e quasi rimossi dai diretti responsabili, da chi

dovrebbe chiedersi perché e da dove occorra muoversi per

arrestare la discesa e per favorire la risalita. Fermiamoci alla

politica. Le analisi e gli approfondimenti non mancano, ed

anche noi in GfK Eurisko abbiamo contribuito con i nostri

scenari e seminari. Insistendo sulla necessità di ascolto e di

intercettazione dei nuovi bisogni, che sono articolati desideri

di secondo livello, non più determinati da necessità primarie

che hanno favorito il voto di scambio (e anche quello di

appartenenza). I due tipi di voto sono retaggio del secolo

scorso, dell’Italia da bere e da mangiare, del sogno craxiano

di un Paese che si illuse di superare la perfida Albione.

EURISKOSOCIAL TRENDSI L C A M B I A M E N T O S O C I O C U L T U R A L E

MARZO 2014NUMERO 120

La fiducia nelle istituzioni, in Italia, è in caduta libera. Perdono basic trust le forze dell’ordine e i media, le imprese e la magistratura, i sindacati e l’Unione Europea. E scivolano sempre più in basso il Parlamento e i Partiti Politici >

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> SOMMARIO

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Molto o quasi tutto è cambiato. Soprattutto grazie o per

colpa della rivoluzione digitale. Oggi i giovani (lo dice anche

Veltroni nel suo film sul leader del PCI) ignorano chi sia stato

Enrico Berlinguer. E non solo i giovani non riescono a rap-

presentarsi la necessità del voto, né tantomeno la differenza

tra scambio e appartenenza. “Voto di che?” probabilmente

pensano i potenziali elettori, dopo aver espresso un rating

vicino allo zero alla politica e alle figure della cosiddetta

democrazia rappresentativa. Molto è cambiato non solo a

causa della grande crisi economico-finanziaria, ma anche

perché è intervenuta una crisi del sistema comunicativo e

motivazionale alla base degli orientamenti di scambio e di

rappresentazione sociale. I nuovi media e lo tsunami digitale

stanno sempre più favorendo relazioni e contatti diretti, dis-

intermediando in una prospettiva “iperdemocratica, cioè una

prospettiva che pretende e rivendica il controllo di tutti i cit-

tadini nelle decisioni pubbliche, attraverso la mobilitazione, i

referendum e, soprattutto, la rete. Saltando ogni mediazione,

come sostengono Beppe Grillo e il M5S” (Ilvo Diamanti). In

questo quadro ciò che conta non sono i partiti ma le persone,

quelle che riescono ad esprimere carisma, cioè capacità di

emanare determinazione, decisionismo, velocità ed intuito,

facendo risuonare “l’opinione pubblica” intercettata e capita

nei suoi desideri e bisogni. Come scrive Galli della Loggia, il

nuovo leader riesce a parlare “all’Italia che non ce la fa più a

sopportare la politica nel suo continuismo”.

Ebbene, questa figura del tutto discontinua da coloro che

l’hanno preceduta, si è profilata in un diversamente giovane

che esprime accountability (Angelo Panebianco): “sei respon-

sabile di ciò che mi prometti e ti giudicherò per i fatti che

seguiranno o non seguiranno alle promesse”. Matteo Renzi è

tutto questo? Forse, vedremo. Sono comunque bastate poche

settimane per riconoscere che si è creato un baratro rispetto a

prima, e che “l’opinione pubblica” (non gli intellettuali, non

gli opinionisti critici, non i cattedratici frustrati, non le con-

federazioni degli interessi costituiti, non i boiardi di Stato) ha

manifestato consenso crescente, nonostante la presa di potere

non morbida (o forse proprio grazie a questo).

Che cosa intravedono gli italiani nel nuovo leader? Il giovane

presidente del Consiglio che come Sigfrido riesce a trafiggere

il drago? Il ragazzo esuberante e maleducato che promette di

rottamare il Senato con le mani in tasca? La velocità contrap-

posta alla retromarcia? La “sinistra” che non vede l’ora di far

saltare i posizionamenti storici per disegnare la politica dei

nuovi desideri, delle emozioni, degli scambi prima simbolici

e poi reali? Questo e altro, probabilmente. Ma prima di tutto

un leader politico capace di interagire cancellando lo schema

up-down, che ha contraddistinto la Casta, che non è soltanto

fatta di politici, ma di tutto quel mondo che ritiene di posse-

dere saperi alti che richiedono linguaggi specialistici ed esclu-

sivi. Matteo Renzi non è esclusivo, non vuole escludere ma

includere. A rischio di demagogia, anche ricorrendo alle sli-

des, che tutti noi ricercatori usiamo con l’obiettivo di comu-

nicare il meglio e al meglio. Tecniche da imbonitori? L’imma-

gine personale oscura i partiti. Dobbiamo farcene una

ragione. Per favore, non stracciamoci le vesti, cerchiamo di

capire questa novità che non è solo italiana. Ci possono essere

opportunità importanti. Non distruggiamole sul nascere.

[Giuseppe Minoia]

POLITICA E DISCONTINUITÀ

Fonte: Map GfK Eurisko

Forze dell’ordine

Forze armate

PMI

Chiesa cattolica

Mezzi di comunicazione

Grandi imprese

Magistratura

Unione Europea

Associazione imprenditori

Stato italiano

Sindacati

65

66

65

54

51

45

45

42

42

33

27

22Parlamento

11Partiti politici

% HANNO FIDUCIA

LA FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI IN ITALIA

- 9

- 13

- 10

- 8

- 12

- 12

- 13

- 21

- 13

- 21

- 19

- 21

- 13

VARIAZIONE2013-2011

>

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OSSERVATORIORISPARMI DELLE FAMIGLIE18a EDIZIONE FORMULA SEMESTRALE: DUE REPORT L’ANNO

Per saperne di più > Antonella Busi [email protected]

> SOMMARIO

MARZO 2014 | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | GfK | 3

MARZODiscussione pubblica nell’ambitodel Salone del Risparmio organizzatoda Assogestioni, a cui sono invitatitutti i sottoscrittori dell’Osservatorio.

> MILANO 27 MARZO 2014ORE 13,30-14,30SALA PLENARIA UNIVERSITÀ BOCCONI

01

NOVEMBREWorkshop di taglio pratico e operativosono invitati tutti i sottoscrittoridell’Osservatorio.

> MILANO NOVEMBRE 2014

02

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4 | GfK | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | MARZO 2014 Dalla locandinaper la manifestazioneL’Italia cambia strada,organizzata da 150associazioni per una mobilità nuova.Milano, 4 maggio 2013.Disegno di Vito Manolo.

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L’obiettivo sono sempre stati i beni e i prodotti.

Gli esseri umani sono sempre stati “strumenti”

per produrli, e strumenti per consumarli, pagandoli,

per il benessere di pochi. In questi ultimi lustri è successo,

però, qualcosa che sta inducendo a passare da una logica

imperniata sulle cose, a una logica imperniata

sulle persone. Non era mai successo in precedenza.

All’origine di questo cambiamento sono la fortissima

lievitazione culturale (per cambi generazionali)

e l’esplosione di internet 2.0. Sono i segnali dell’innesco

di una Civiltà evoluta. È evoluzione pura, ed evoluzione

non consiste nell’avere” senza limiti, ma nell’essere”,

nel “senso”, nel “significato”, e nell’individuo dominante

e non più dominato. Non ci saranno più masse acefale,

ma individui pensanti e critici. Individui che non

vogliono più “dipendere”, ma instaurare con l’Offerta

un rapporto più orizzontale, paritario, se non di vero

e proprio ribaltamento. È nato un nuovo potere.

C’è un problema. Finalmente gli individui cominciano a prendere possesso di lorostessi - per la prima volta nella storia sono “soggetto” e non oggetto - e desideranosviluppare un progetto di vita caratterizzato da benessere e sostenibilità. Invece succede che il Sistema, governato dall’interesse di pochi, preferisca sviluppareprogetti che tendono ad accentuare una direzione del tutto divergente rispetto a ciò che parrebbe auspicabile. Forse è il caso di fare riflessioni, e concepire progetti che rispondano veramente al bene della collettività. Sviluppiamo qui di seguito alcuni temi, in apparenza non necessariamente connessi, ma che alla fine ci serviranno come “ingredienti” per disegnare una proposta di vita felice, di benessere, a cominciare dal primo tema, che di fatto rappresenta la causa innescante

MARZO 2014 | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | GfK | 5

di Remo Lucchi

QUALE ITALIAPER UNA VITA FELICE

1° TEMAEVOLUZIONE DEGLI INDIVIDUI

Il problema nasce proprio dal fatto che negli ultimi anni la

capacità critica degli individui si è decisamente accentuata.

A questo proposito riprendiamo alcune considerazioni

fatte recentemente:

In questi ultimi anni si è innescato un nuovo fenomeno,

sempre più marcato, destinato ad accentuarsi sempre

di più, irreversibile: nel baricentro della nostra società

ci saranno sempre più le “persone”, non le “cose”.

Questo dovrà cambiare radicalmente la strategia

dell’Offerta, pubblica e privata. Nella nostra millenaria

storia - con una esplosione nell’ultimo secolo - l’attenzione

è sempre stata portata, in modo crescente, sulle cose.

Consumare prodotti e possedere beni, cioè il bisogno

dell’avere”, è sempre stato dominante.

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6 | GfK | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | MARZO 2014

Conducendo approfondimenti sulle nuove formulazioni

dei progetti di vita degli individui - pur con una particolare

attenzione all’area elitaria, che è quella trainante ed antici-

pante il futuro - si è scoperto con grande evidenza che in

effetti l’obiettivo che ci si pone è inquadrabile non tanto

nell’esigenza di possedere delle cose, ma di raggiungere un

benessere armonico, dove ovviamente le cose devono esi-

stere, ma sono un mezzo e non un fine.

Cresce la ricerca di un vero benessere che riguardi tutti i

diversi momenti e contesti della propria esistenza, dove ilbaricentro è la propria persona, con riferimento:

- al momento attuale e ai beni fondamentali

(salute del corpo e della mente), - al proprio futuro (in termini di sicurezza sociale,

e di tranquillità economica), - alla relazione con gli altri, sia nel mondo professionale

(alleanza e collaborazione), sia in quello privato

(relazione intensa e calda),

- e al fatto che si possa vivere in un contesto diversodall’attuale, che deve consentire relax,

in un ambiente naturale interessante e pulito.

Ribadiamo: il nuovo progetto non ha più necessariamente a

che fare con le cose da possedere, e con la dipendenza dal

desiderio di averle, ma innanzitutto e fondamentalmente con

un progetto centrato sui propri diritti di benessere di lungo

periodo, caratterizzato da scelte che rispondano a bisogni di

vera sostenibilità. È come se la gente ci dicesse: “finalmente ho

capito: nasco a questa vita con un credito di qualche decina

d’anni, li voglio vivere bene, avendo coscienza che non mi porto

nulla dall’“altra parte”. Io non sono uno strumento per il torna-

conto di coloro che gestiscono il potere politico ed economico, ma

sono loro che si devono occupare di me: i primi - i Politici - sono

miei dipendenti, i secondi - le Aziende - sono miei soci. Io sono

l’obiettivo della mia esistenza. Inoltre tendo all’armonia tra me,

gli altri ed il sistema, non più in una logica egoistica: so bene che

sarò felice se anche gli altri che stanno attorno a me lo saranno”.

Quindi la gente ha preso coscienza anche dei propri diritti, e

ha l’obiettivo - nei limiti del possibile - di vivere bene.

2° TEMAL’ITALIA

In realtà, se l’Italia prendesse coscienza delle proprie carat-

teristiche, avrebbe tutti i requisiti per consentirci una qua-

lità di vita caratterizzata dai veri ingredienti del benessere.

Sono le famose 5 A:

- viviamo in un Ambiente naturale e climatico

di eccezionale bellezza e moderazione;

- in un territorio che ha avuto una storia unica,

che ha prodotto bellezze Artistiche uniche al mondo,

e decisamente varie e articolate nelle differenti aree

del nostro Paese;

- il nostro territorio e la nostra cultura hanno

consentito lo sviluppo di una cultura Alimentare

apprezzata in tutto il mondo;

- oltre ad avere particolarmente sviluppato il sensodel buono, la nostra storia ha provveduto ad inserire

nel nostro DNA anche il senso del bello: la nostra

eleganza e creatività nell’Abbigliamento / moda,

e nell’Arredamento / design sono apprezzate ovunque.

La solarità del Paese, e il clima (che favorisce le relazioni)

plasmano il nostro carattere e la nostra accoglienza.

Un esempio dell’unicità del nostro Paese lo ritroviamo

anche nel libro in cui Goethe racconta il suo viaggio in

Italia. Ricordando che era venuto per starci due mesi e per

visitare le testimonianze dell’arte greco-romana, ci rimase

in realtà per due anni, e alla fine - riferendosi al Paese nella

sua complessità: natura, clima, arte, carattere della gente,

modo di vivere - scrisse: « un paradiso! Si vive in una spe-

cie di ebbrezza e di oblio di se stessi! Si ha una infinità di

stimoli per un bel dire, raccontare e dipingere! Sono cose

al di sopra di tutto!».

La cosa più interessante è che Goethe il libro lo scrisse 30 anni

dopo il suo viaggio: ci fu una elaborazione continua ed emo-

tivamente crescente - frutto anche della comparazione con la

parte della propria vita vissuta successivamente in altri Paesi e

in altri contesti - di quei due anni di Italia meravigliosa.

SE L’ITALIA PRENDESSE COSCIENZA DELLE PROPRIE CARATTERISTICHE, AVREBBE TUTTI I REQUISITI PER CONSENTIRCI UNA QUALITÀ DI VITA CARATTERIZZATA DAI VERI INGREDIENTI DEL BENESSERE

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3° TEMAL’INURBANIZZAZIONE E LE SMART CITIES[Si trae anche spunto dalle riflessioni di Alberto Cottica,economista (di animo sensibile: è anche musicista)]

Una delle condizioni del benessere è rappresentata dalla

capacità di creare relazioni positive con “gli altri”. Gli altri

sono il complemento fondamentale della nostra esistenza,

e di tutte le forme di vita: tanto più la relazione - nelle varie

forme - è intensa, tanto più il benessere diventa totale.

Ora, quello che sta accadendo da qualche decennio a que-

sta parte nei movimenti migratori delle persone va in una

direzione - da questo punto di vista - un po’ problematiz-

zante. C’è migrazione verso le città.

Le città certamente offrono grandi opportunità da tantissi-

mi punti di vista, e rappresenteranno sempre di più il

nostro futuro. Ciò non solo in Italia, ma anche nel mondo:

oltre la metà della popolazione mondiale vive in città. Ma

le città possono ostacolare o creare problemi di vita rela-

zionale, creare isolamenti.

La progressiva rilevanza delle città, e i potenziali problemi

conseguenti, giustificano e danno senso al fatto che si

applichi la nostra intelligenza al miglioramento del nostro

habitat fondamentale. Peraltro anche il Governo ha stan-

ziato fondi per progetti di ricerca e intervento volti a “risol-

vere problemi di scala urbana e metropolitana” in ambiti

come la sicurezza, invecchiamento, tecnologie per il welfa-

re, domotica, smart grids, …

Si pensa quindi sempre di più alle future città, al migliora-

mento del loro funzionamento. Nascono i progetti di

“smart cities”. L’espressione smart city (città intelligente)

indica - in senso lato - un ambiente urbano in grado di

agire attivamente per migliorare la qualità della vita dei

propri cittadini. I progetti potrebbero andare fondamen-

talmente in due direzioni:

- la prima - lo è stata anche in ordine di tempo - è sostan-zialmente associata a ciò che potrebbero fare alcune gran-di imprese del mondo delle TLC (hardware e software). L’i-dea - ad esempio - è quella di usare sensori collegati in rete

per aumentare la densità del flusso di informazioni che le cit-

tà ci passano, adattandovi i nostri comportamenti e usando-

lo per riprogettare e migliorare i luoghi in cui viviamo. La ri-

progettazione doterebbe il territorio di nuove infrastrutture;

ad esempio: le colonnine per la ricarica delle batterie delle auto

elettriche, a loro volta collegate a nuovi sensori. I sensori più

importanti sono a bordo dei nostri smartphone, che riversa-

no in continuazione in grandi data base informazioni sul mon-

do che ci circonda. Al centro di questa visione stanno tecno-

logie e interdipendenza. Il suo simbolo è la famosaCopenhagen

Wheel del MIT, un concentrato di tecnologia in grado di tra-

sformare qualsiasi bicicletta in un’elettrica a pedalata assistita,ma soprattutto di farci entrare nell’era del biking 2.0.

- La seconda proposta è associata al mondo dell’innova-zione sociale. L’idea è quella di riprogettare le città per ren-

derle più comode, semplici, sostenibili anche economica-

mente. Qualche volta questo implicherà l’introduzione di

tecnologie più avanzate di quelle attuali (per esempio il

microsolare, illuminazione pubblica a LED); altre volte spin-

gerà soluzioni low tech (la bicicletta, l’agricoltura urbana). Al

centro di questa visione stanno relazioni sociali, costruzio-ne di comunità e consapevolezza della fragilità dell’ambien-

te naturale che circonda le città costruite da homo sapiens. Il

suo simbolo è la Ciclofficina (pedalata classica).

Page 8: POLITICA E DISCONTINUITÀ - gfk.com · NUMERO 120 La fiducia nelle istituzioni, in Italia, è in caduta libera. Perdono basic trust le forze dell’ordine e i media, le imprese e

- quella del secondo tipo guarda alla decentralizzazionespinta: gli attori sono le persone, crea spazio,

e promuove la creatività di tutti.

La smart city del primo tipo usa algoritmi di profilazione e

lo smartphone per segnalare che si è vicini a un negozio che

vende abiti dello stilista preferito.

Quella del secondo tipo è piena di gruppi di acquisto soli-

dale, orti urbani, sewing café, hackerspace, fablab. È piena di

persone che interagiscono.

La smart city del primo tipo fa grandi investimenti in tele-

fonia cellulare ultraveloce. Quella del secondo tipo evoca

quasi dal nulla reti wi-fi cittadine utilizzando come hotspot

i router delle nostre case, dei bar, delle biblioteche (come fa

a Milano GreenGeek).

Nella smart city del primo tipo gli studenti vanno a scuola

con i tablet. In quella del secondo tipo usano materiali

didattici in creative commons - e probabilmente possono

scegliere se ascoltare la lezione dal loro professore in aula o

dalla Khan Academy o OilProject in video.

La smart city del primo tipo delega le attività produttive

(agricoltura, industria, finanza) a grandi imprese struttura-

te per sfruttare i vantaggi di scala. Quella del secondo tipo

le distribuisce, almeno in parte, tra tante piccole esperien-

ze: es. permacultori3.

8 | GfK | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | MARZO 2014

La prima proposta schiera tecnologie avanzate, design curato,

ricercatori di riconosciuta eccellenza. Tutti i pezzi, presi sin-

golarmente, sono smart. Eppure accade una cosa strana: una

volta messe insieme, le parti danno vita a un intero (la cit-

tà) che non necessariamente pare smart. Si considerino, ad

esempio, le auto elettriche1.Prendiamo, invece, una soluzione alla mobilità apparente-

mente meno innovativa: le congestion charges, cioè quei

provvedimenti che obbligano chi accede in auto al centro

cittadino a pagare una tariffa. L’esempio italiano più noto è

quello dell’Area C del Comune di Milano.I risultati di Area C parlano da soli: riduzione degli ingres-

si del 34% (49% per i mezzi più inquinanti), aumento della

velocità commerciale dei mezzi pubblici del 5%; riduzione

degli incidenti stradali del 24%, dei ferimenti del 24%;

riduzione dei principali agenti inquinanti dal 15% al 23%.

Ma il più grande vantaggio di Area C, a ben vedere, è che

crea spazio, invece di occuparlo2.

Quindi, cosa vuol dire smart in smart city? Le due visioni pro-

poste non si sono chiaramente distinte nel dibattito corrente.

In realtà sembra che siano non solo diverse, ma contrapposte:

- la smart city del primo tipo ha una vocazionecentralista: tutta l’intelligenza è concentrata

nei tecnologi delle imprese e delle università,

e ai cittadini resta il ruolo di consumatori dei vari gadget;

1 Le auto elettriche sonosilenziose e non emettonogas di scarico, ma:• l’energia elettrica con cui ricaricarle devevenire prodotta in qualchemodo. In un mondo in cuile sorgenti idroelettrichesono già sostanzialmentesfruttate e il nucleare è politicamenteinaccessibile, aggiungerepotenza installata vuoledire bruciare idrocarburi.Le emissioni delle auto,quindi, non vengonoeliminate, ma solo spostate. • le auto elettriche sono auto: ripropongonol’idea che occorre associarea ogni essere umano unascatola di latta di quattrometri per uno e mezzo, che viene usata in mediaun’ora al giorno e occupaprezioso territorio urbanoper le altre ventitré.Quindi non risolvono i problemi di mobilità;

anzi, li aggravano, vistoche possono entrare nellezone a traffico limitato.• sono una tecnologia non permissiva. Non puoi modificarle, non puoi caricarle in altromodo che non collegandotialla rete elettrica. Ci confinano in ruolopassivo; lo stesso che abbiamo con le auto a combustione interna.

2 In prospettiva, rendedisponibili le vie del centrocome piattaforma per l’interazione sociale, il gioco, il commercio, la ristorazione,l’innovazione negli stili di vita. Non dovendodedicare la maggior partedella loro superficie alle auto, veloci e pericolose,le persone possono provare a spostarsi con le biciclette, i rollerblade, di corsa.Hobbyisti di talento e artigiani della meccanicapossono dare vita a nuoviecosistemi attorno alla mobilità urbanaleggera: nei paesi che hannogià fatto questa transizione si vedono biciclette con trailers, biciclette con pianali di carico per il piccolo trasportomerci. Si vedono bambiniche possono andare a scuola da soli, liberi dallaminaccia delle auto.

3 Il termine“permacultura” derivadall’inglese “permaculture”, una contrazione sia di “permanentagriculture” sia di “permanent culture” dal momento che, secondoil coniatore del termine,Bill Mollison: “una culturanon può sopravvivere a lungo senza una baseagricola sostenibile ed un’etica dell’uso della terra”.

A proposito di Mollison è interessante ricordare chegià 40 anni fa cominciavaa sviluppare il quadro di riferimento per unsistema agricolo sostenibile.L’opera di Mollison (e Holmgren) era basatasugli assunti che seguono(leggiamoli tenendo contodella progressione degli accadimenti di questi ultimi anni):

• La crisi ambientale è reale e le sue dimensionisono tali che certamentetrasformeranno la moderna societàindustriale in modoirriconoscibile. Questo processo metterà in serio pericolo il benesseree la stessa sopravvivenzadella popolazionemondiale, peraltro incostante aumento.• L’impatto globale - quellogià presente e quello futuro- della società industriale e dell’enorme popolazionesulla meravigliosabiodiversità della terra,sarà sicuramente molto piùvasto degli enormicambiamenti registratinegli ultimi secoli.• L’uomo, anche se creaturaabbastanza insolita nel contesto del mondonaturale, è soggetto alle stesse leggi scientificheche governano l’universo

materiale e l’evoluzionedelle forme di vita, inprimo luogo quelle relativeal bilancio energetico.• Lo sfruttamento dei combustibili fossilidurante l’era industriale è la causa primaria dellaspettacolare esplosionedella popolazione umana, delle conquiste tecnologiche e di ogni altracaratteristica della società moderna.• Sebbene sia quanto menodifficile prevedere qualisaranno gli sviluppi dellasocietà umana successiviall’esaurimento dellerisorse energetiche di tipofossile, è indubbio chei prossimi decennivedranno il ritorno ai modelli osservabili in natura e nelle societàpreindustriali e cioè a modelli socialidipendenti da energie e risorse rinnovabili.

I RISULTATI DI AREA C DI MILANO PARLANO DA SOLI: RIDUZIONE DEGLI INGRESSI DEL 34% (49% PER I MEZZI PIÙ INQUINANTI), AUMENTO DELLA VELOCITÀ COMMERCIALE DEI MEZZI PUBBLICI DEL 5%; RIDUZIONE DEGLI INCIDENTI STRADALI DEL 24%, DEI FERIMENTI DEL 24%; RIDUZIONE DEI PRINCIPALI AGENTI INQUINANTI DAL 15% AL 23%

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MARZO 2014 | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | GfK | 9

C’è certamente un problema: quasi tutto quello che è smart

del secondo tipo riduce il PIL. Se i mezzi pubblici funziona-

no meglio, più gente li usa: il traffico si riduce, ma si riduce

anche il consumo di automobili e di benzina. Se le persone

fanno più sport e si ammalano di meno il PIL si riduce (la

sanità è un business immenso). L’Area C, riducendo gli inci-

denti stradali, riduce il PIL, riducendo il ricorso a medici,

fisioterapisti, carrozzieri4. L’aspetto affascinante della discus-

sione sulle smart cities è che ci costringono a farci le doman-

de che contano davvero. Cosa misura davvero il PIL? Cos’è

veramente questa crescita che cerchiamo di stimolare? Come

vogliamo vivere insieme nelle nostre città?

La smart city del primo tipo piace molto alle imprese. È com-

prensibile, perché consegna loro una forte centralità, e moda-

lità chiare per monetizzare. Ma per la gente, per coloro che si sono

appropriati di loro stessi ed hanno un progetto di benessere ar-

monico, quale tipo di smart city dovrebbe interessare di più?

4° TEMAQUALE È LA SOLUZIONE

Mettendo assieme tutte le variabili analizzate - l’evoluzione

della gente, i loro progetti di benessere, le problematizzazioni

dell’inurbamento, il contesto sociale (storico, ambientale) in

cui ci troviamo a vivere - parrebbe che il secondo tipo di

smart city che abbiamo analizzato rappresenti di fatto la

migliore opportunità per la gente e per le loro nuove aspi-

razioni, ed ancor più per il nostro Paese, per quello che

potrebbe dare. Si tratterebbe, però, di un’Italia da rilancia-

re, con la condivisione di questo progetto da parte di tutti,

ciascuno per la propria competenza, la propria passione; si

tratterebbe dell’Italia dei quartieri, delle contrade vive,

dove davvero si vive.

L’Italia delle contrade potrebbe essere un ottimo concetto

di partenza. Ha già dentro di sé la condivisione, l’apparte-

nenza ad una “famiglia” allargata, dove nessuno è più solo.

Questa nuova contrada certamente dovrebbe mantenere il

senso di punto di riferimento per qualsiasi tipo di bisogno,

di natura ricreativa, di punto di incontro di interessi con-

divisi, ma anche di mutuo aiuto: non tanto o non solo assi-

stenziale, ma di aiuto a trovare delle soluzioni ai problemi.

Dovrebbe anche avere una sede fisica, luogo di ritrovo fon-

damentale: fra i tantissimi immobili inutilizzati che lo Stato

possiede - e che quindi sono di proprietà dei cittadini, in

quanto “azionisti” di questo Paese -, certamente è possibile

trovare delle opportunità adatte, posto che questa imposta-

zione sia condivisa da tutti gli stakeholders.

E quello sarebbe il luogo in cui tutte le energie si mettono

a disposizione le une delle altre, per creare vita nuova, per

sviluppare nuovi interessi, partecipandovi, sia con contri-

buti di tempo, anche intellettuali ma non solo, sia diven-

tandone “azionisti”. Gli esempi possono essere infiniti, e

l’unione della creatività di un’intera collettività, non può

che espanderli all’infinito:

- si può fare riferimento ai giovani, così trascurati dal

sistema economico attuale, centrato sul breve e sull’evita-

mento dei costi: in questa nuova “organizzazione” ci sareb-

be uno spazio incredibile per loro, che si affacciano nel

contesto adulto con pulizia mentale (poca zavorra di vec-

chio tipo), con entusiasmo, con voglia di protagonismo e

preparazione culturale e tecnologica. Vengono in mente:

- i “fablab”: chiunque, a partire da un’idea,

può creare qualsiasi cosa, anche unendosi ad altri

che hanno analoghe ispirazioni.

Si può fare riferimento - ad esempio - alla stampa

3D, la tecnologia che consente di riprodurre

qualsiasi oggetto tridimensionale, semplicemente

progettandolo con un software di modellazione,

e stampandolo (con una stampante 3D).

- gli “hackerspace”: sono luoghi in cui persone con interessi

comuni riguardanti vari campi - tecnologia, computer,

scienze, ma anche altri - possono incontrarsi,

socializzare, collaborare.

4 Robert Kennedy - il 18 marzo1968 - fece il seguente discorso:«Non troveremo mai un fine per la nazione, né una nostra personalesoddisfazione, nel meroperseguimento del benessere economico…Il PIL comprende anchel’inquinamento dell’aria…Non tiene conto della salute…dell’educazione o della gioia… Noncomprende la bellezza…l’intelligenza…l’onestà... Non tiene conto

né della giustizia…né dell’equità…Il PIL non misura il nostro coraggio, la nostra saggezza, la nostra conoscenza... Misura tutto, in breve,eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta….». Tre mesi dopo - il 6 giugnodel 1968 - durante la sua campagnaelettorale, che lo avrebbeprobabilmente portato a divenire Presidente degli Stati Unitid’America, fu ucciso.

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10 | GfK | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | MARZO 2014

Possono essere visti come laboratori comunitari aperti

che incorporano elementi di officine e/o studi artistici,

dove gli hackers possono incontrarsi per condividere

conoscenze e risorse, per costruire cose.

- Si fa anche riferimento ai senior, che entrano nel perio-

do post lavorativo con energia, salute intonsa, ancora voglia

di fare, e con esperienza e preparazione che non ha uguali.

Che voglia di fare umiliata! Che energie sprecate!

Potrebbero creare gruppi di specialisti a disposizione di

tutti gli altri, per interventi consulenziali e/o operativi

- si fa anche riferimento a persone che non necessaria-

mente hanno sviluppato una professionalità nei classici

mondi del lavoro aziendale, ma che hanno doti e cono-

scenze di altissimo valore nei campi della relazionalità:

- persone che hanno grande competenza nel gestire

bimbi, o anziani, o persone bisognose di assistenza

per problemi di salute

- persone che hanno cultura di grande spessore

nei più differenti ambiti, che possono mettere

a disposizione per consulenze

- persone esperte di arte, cioè in quello che è il nostro

patrimonio più grande: l’Italia possiede

(e quindi tutti gli Italiani - in quanto azionisti -

posseggono …) il 75% di tutte le opere classiche

del mondo

- persone che hanno grandi competenze nella gestione

dell’organizzazione della casa

- persone che hanno raggiunto grandi competenze

e abilità nell’esercizio di attività che sono attualmente

in grande recupero: si pensi alla cucina, al cucito,

al ricamo. Vengono in mente, ad esempio:

- i “sewing café”: luoghi in cui si abbia la possibilità

di apprendere nuove competenze - e si possano

sviluppare nuovi progetti - nel cucito e ricamo,

potendo fruire di competenze e di macchine.

Sono luoghi di incontro, e non solo di apprendimento,

ma anche di scambio di competenze, di tempo

gradevole e rilassato passato assieme a chi ha interessi

analoghi, potendo gustare anche caffè, te, pasticcini.

E si può partecipare in tutti i sensi, portando quello

che si ha, e anche essendone “azionisti”,

ma senza necessariamente conferire denaro5.

Si tratterebbe di un’Italia nuova, che vive, dove tutti vivono

con tutti, e tutti si sentirebbero realizzati, perché tutti

potrebbero occuparsi di ciò che dà soddisfazione alle pro-

prie passioni. Non vivremmo più in un Paese pieno di ten-

sioni sociali, “allungamenti” incolmabili; la forma geome-

trica della Società non sarebbe più quella di una “clessidra”,

dove ci sono solo due parti: quelli che possono partecipare

e stanno bene, e quelli esclusi che stanno male. Ma sarem-

mo in un Paese vero, che pur riconoscendo i meriti, diver-

rebbe coeso. Cioè un PAESE, cioè quello che adesso non siamo. Ci capi-

terebbe anche un’altra cosa, fondamentale per il nostro futu-

ro e per il nostro benessere: ci riapproprieremmo del nostro

territorio, con un enorme beneficio per tutti (anche per le

cosiddette “tasche” di tutti). Ci spieghiamo meglio.

Come più volte detto, nel DNA degli Italiani - per effetto

della storia degli ultimi 1500 anni - ci sono due categorie di

valori dal segno opposto:

- da una parte il senso individuale del “Bello” e del “Buono”

come altre popolazioni non hanno; merito della Natura, che

ha compensato i guai della nostra vita sociale e dell’assenza

di relazioni ampie: sono state impedite da 1500 anni di vita

in sostanziale schiavitù dell’invasore straniero; circostanza

che ci ha impedito di avere uno Stato dalla nostra parte,

un’ampia organizzazione di cui sentirsi parte, e su cui

appoggiarci per ricevere benessere. La Natura - come sempre

- ha, però, compensato: ci ha consentito di sviluppare dentro

di noi creativamente le doti per riuscire a vivere meglio.

5 Vengono in menterecenti previsioni “para burlesche” indottedalla crisi strisciante e che non fa vedere sbocchidefinitivi: si dice che il futuro sia riassumibile in tre parole: “Orto,Baratto, e Bicicletta”.A ben pensarci, però, si potrebbero leggere questetre parole in modo opposto,come un passo evolutivo di una società sbadata, o che egoisticamente ha fatto solo ragionamenti di brevissimo periodo,trascurando qualsiasilogica di sostenibilitàindividuale e sociale:

➢Orto. Significa variecose: progetto di salute,

di ottimalizzazione delle risorse, di riscopertadei sapori veri, di consumiculturalmente evoluti, dove significato, senso,cultura, territorio,memoria, tradizionedanno il vero sapore a quello che si fa e si mangia, dove il chilometro “0” siamo noied il rispetto di noi stessi.

➢Baratto. Il senso(nuovo) del baratto è nell’ottimalizzazione del valore, e nell’evitamento dello spreco. Nulla si butta,tutto si scambia. Tutto ha un valore (che puòessere quantificato in un “punteggio”):

dal nostro lavoro, al nostro tempo prestato, ad un vecchio abito nonpiù usato, ad una vecchiapentola che in passato si sarebbe gettata, o messain cantina. Tutto potrebbe essere dato ad un nuovo “banco del monte” che ci riconoscerebbe un “punteggio”, con il quale, ora o in futuro,soddisfare i nostri bisogni.

➢Bicicletta. Beh,bicicletta è vita. È rispettoed alimentazione dellanostra salute e vita fisica,ed è rispetto per la vitadell’ambiente e degli altri,in una vera scelta disostenibilità sociale.

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MARZO 2014 | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | GfK | 11

Ed abbiamo sviluppato doti sovrastrutturali (visto che di

“struttura” non avevamo niente): il senso del bello e delbuono;- dall’altra, l’incapacità di sentire nostro quello che di fatto

non lo è mai stato, cioè il nostro Paese, compresi tutti gli

spazi fisici/territoriali che non facevano parte delle singole

proprietà individuali.

Conseguenza prima: gli Italiani hanno le più belle case del

mondo - considerando gli interni, gli arredi e quant’altro - e

hanno le parti comuni del territorio del Paese completamen-

te trascurate (“non sono mie, perché dovrei occuparmene?”).

Ci si chiede come mai la Francia abbia il doppio di turismo

internazionale rispetto all’Italia.

Ma come è possibile, si dice? Abbiamo il 75% delle opere

classiche del mondo, le più belle città d’arte, una natura

fantastica, si mangia divinamente, …

Recentemente abbiamo fatto ricerche sul turismo interna-

zionale in 20 Paesi del mondo, con particolare attenzione ai

Paesi extra-europei. Ebbene, i motivi di preferenza dei

Paesi a noi limitrofi (Francia e Germania, invece che Italia)

risiedono nel fatto che traspare chiaramente che il territo-

rio pubblico italiano è terra di nessuno: disordine, sporci-

zia, incuria, …

A fronte di giudizi - per Francia e Germania - di ordine,

pulizia, decoro, cura, rispetto delle cose comuni. Il proble-

ma è che - sarà pure per problemi storici - non abbiamo

senso di appartenenza, non c’è il senso del Paese (forse non

c’è il Paese), non c’è l’orgoglio dell’Italianità.

E la prospettiva di una urbanizzazione progressiva, in logi-

che vecchie e solipsistiche, dove il baricentro di attenzione è

sul business delle mega-Aziende, e non sulla felicità della

gente, non farà che rafforzare la nostra marginalità.

La soluzione non può che essere quella prospettata in prece-

denza: le città devono trasformarsi seguendo la “vera intelli-

genza”. Fra le due smart cities è ovviamente la seconda, che è

quella della vita, delle relazioni, del vivere assieme, della con-

divisione, della coesione. Allora l’Italia uscirà dal nuovo

“medio evo” in cui si sta infilando, ed il “rinascimento” sarà

definitivo, finalmente con l’appropriazione dell’orgoglio

dell’Italianità, e la difesa - anche personale - di tutte le

espressioni del nostro Paese, private o pubbliche che siano.

Mettendo a disposizione un’Italia perfetta, con tutte le sue

5A al massimo della salute:

- se solo i nostri Governanti capissero che questo progetto

per il nostro futuro è il migliore possibile6,

- se solo gli Italiani capissero che vivere bene e consentire

anche agli altri (ospiti) di vivere ancora meglio,

è la chance più interessante che si possa avere,

non dovrebbe essere difficile distaccare di gran lunga

tutti gli altri competitors nel turismo internazionale.

Goethe scrisse il suo libro sul viaggio in Italia

non subito dopo aver fatto il viaggio, ma dopo 30 anni,

e dopo aver comparato l’Italia con tutti gli altri Paesi.

Ebbene: l’Italia ha un mix di bellezze incomparabili!

Nel 2015 avremo l’EXPO a Milano. Fra l’altro per lo straniero

lontano - che non conosce l’Italia ma è attratto - Milano rap-

presenta molto bene il baricentro dell’attrattività dell’Italia:

perché Milano è Italia (e quindi è per definizione arte, ter-

ritorio, alimentazione), ed è baricentrica dell’Italia di cui spes-

so si parla a livello internazionale: abbigliamento/moda, ed

arredamento/ design. Ed il visitatore che viene da lontano si

convince a venire per l’eccezionalità dell’evento EXPO, ma

di fatto poi la vera attrattività si chiama “Italia”, in tutte le sue

magiche espressioni. Non abbiamo molto tempo davanti, ma

è un trampolino di lancio troppo importante (l’unico nel bre-

ve termine) perché ci possa scappare.

6 Perché l’Italia possauscire dalla stato di disagioin cui si trova deve fareaffluire soldi dall’estero:quindi deve esportareprodotti ed importareturismo. Tutta l’industriaitaliana ha sempreesportato molto, a cominciare da quellamanifatturiera. C’è una parte di questa che è in competizione con Aziende di altri Paesi,mentre un’altra parte chein competizione lo è moltodi meno, perché havantaggi che altri nonhanno: si è “quasi inmonopolio”. In questa situazione - potenzialmente“monopolistica” - è tuttal’offerta italiana delle 5A.Ha un’enorme vantaggiosui competitors:l’esclusività, il vantaggioculturale - che nessun altroPaese può avere - dell’essere“made in Italy”.

Questo consente unadesiderabilità unica nei segmenti elitari dei nuovi Paesi affluenti. E consente premium priceaccettati molto interessanti.Qui non si è incompetizione, perché si vende la nostra cultura.Attenzione, anche i prodotti dell’indotto delle 5A non sono in competizione, purappartenendo a settoridifferenti, ma pur sempredell’indotto. I telai per la lavorazione dei tessuti,piuttosto che i torchi per l’estrazione dell’olio di oliva (sono dei meriesempi) hanno grandissimaattrattività, in quantoitaliani. Nell’essere made in Italy hanno quindi lo stesso vantaggio culturale.Così non è per tutti gli altri prodotti. Per tutti gli altri prodotti si è in competizione pura. E la competizione pura

è una competizione di qualità e di prezzo.Situazione non facile,perché altri Paesipotrebbero essereavvantaggiati, soprattuttolà dove il costo del lavoro è molto più contenuto chein Italia. Inoltre, qualità e prezzo sono il risultato di investimenti di ricercaper l’innovazione delprodotto, e per l’innovazionedei processi di produzione.E da questo punto di vistal’Italia rischia di averequalche problema, perchéla struttura produttiva del nostro Paese ècaratterizzata soprattuttoda piccole dimensioni, e da finanza modesta. Mai demordere, e semprecercare soluzioni: ma è certo che le aree delle 5A (e relativi indotti) hannovantaggi immediati nonindividuabili altrove. Come trampolino di lanciosono di fatto insostituibili.

> SOMMARIO

L’ITALIA USCIRÀ DAL NUOVO “MEDIO EVO” IN CUI SI STA INFILANDO,ED IL “RINASCIMENTO” SARÀ DEFINITIVO, FINALMENTECON L’APPROPRIAZIONE DELL’ORGOGLIO DELL’ITALIANITÀ,E LA DIFESA - ANCHE PERSONALE - DI TUTTE LE ESPRESSIONIDEL NOSTRO PAESE, PRIVATE O PUBBLICHE CHE SIANO

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12 | GfK | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | MARZO 2014 Milano,Piazza Gae Aulenti

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L’ATTRATTIVITÀ DI MILANOcon le sue molte identità da valorizzare

Nel 2015 la città di Milano ospiterà l’Expo, evento che secondo le stime più aggiornate porterà

in città nei 6 mesi dell’esposizione universale oltre 20 milioni di visitatori.

Al successo di Expo e alle ricadute positivesulla città di Milano concorreranno

due dimensioni tra loro correlate e complementari:1. l’immagine e dunque la forza

attrattivadella città percepita da chi si prepara a programmare la visita;

2. la qualità dell’esperienza che di Milano - della sua capacità di accoglienza, della sua offerta

culturale e dei suoi servizi - faranno i visitatori, in particolare quelli provenienti dall’estero.

Come si colloca la città su queste dimensioni? Due recenti indagini consentono

di fare il punto proprio sul “posizionamento” della città per questi due aspetti: l’immagineproiettata all’esterno e la qualità della vita

quotidianamente sperimentata da chi vi risiede

MARZO 2014 | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | GfK | 13

di Paolo Anselmi

Nella prima indagine - condotta da

GfK Eurisko nel novembre 2013 per

conto di Expo 2015 - è stato chiesto ad

un campione rappresentativo di citta-

dini di 20 Paesi - Italiani inclusi - qua-

le fosse la loro immagine della città di

Milano.

La ricerca ha fornito tre indicazioni di

particolare interesse. La prima è che esi-

ste ampio accordo tra Italiani e stranieri

su quelle che sono le due caratteristiche

che più delle altre definiscono l’identi-

tà e l’immagine della città. Milano è in-

nanzitutto percepita come la “città del-

la moda e del design” e come città “in-

ternazionale”.

Nella rappresentazione sociale condivisa

l’identità competitiva di Milano si de-

finisce dunque a partire dai due com-

parti produttivi che - insieme all’ali-

mentare - definiscono l’eccellenza del

Made in Italy e per la visibilità e il pre-

stigio internazionale che fashion weeks

e salone del mobile danno alla città che

le ospita. Ma la corrispondenza tra l’o-

pinione espressa dagli Italiani e l’opi-

nione degli stranieri finisce qui. Infat-

ti la seconda indicazione interessante

fornita dalla ricerca è che l’immagine che

di Milano hanno i cittadini stranieri -

gli Europei ed ancor più gli extra-Eu-

ropei - è decisamente più positiva e più

ricca di quella che ne hanno gli Italia-

ni. Lo scarto risulta particolarmente am-

pio su 4 item.

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sporre studi e ad elaborare progetti

per favorire il miglioramento della

“qualità urbana” - ha affidato nel 2013

al Dipartimento di Sociologia e Ricer-

ca Sociale dell’Università di Milano Bi-

cocca, diretto dal Prof. Giampaolo Nu-

volati. L’indagine di MeglioMilano è sta-

ta condotta su un ampio campione

rappresentativo di “residenti metropo-

litani”: 9954 casi che consentono la

lettura dei dati anche per i diversi quar-

tieri cittadini. I risultati della ricerca fan-

no emergere un quadro caratterizzato da

luci ed ombre dove accanto ad alcuni in-

discutibili punti di forza non mancano

criticità e debolezze. I dati mettono in-

fatti in luce una forbice abbastanza

ampia tra la qualità privata della vita dei

milanesi (decisamente elevata) e la qua-

lità pubblica (buona per alcuni aspetti,

scadente per altri). Vediamo in dettaglio.

Tutti gli indicatori di “personal well-

being” ottengono valutazioni in larga

prevalenza positive e decisamente su-

periori alle medie nazionali rilevate

annualmente dall’indagine Sinottica di

GfK Eurisko.

Particolarmente elevata risulta infatti la

soddisfazione per la vita familiare, per

la salute, per l’abitazione, per i rappor-

ti sociali (amicizie e conoscenze) e per

il tempo libero. Più limitata risulta la

soddisfazione per la propria attività la-

vorativa (decisamente insoddisfacente

per il 25%) e - soprattutto - per le dis-

ponibilità economiche che - nel presente

tempo di crisi - risultano problematiche

per il 34% dei milanesi.

14 | GfK | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | MARZO 2014

Gli stranieri - assai più degli Italiani - con-

siderano Milano una città elegante, una

città d’arte, una città dove si mangia bene

e una città dove si vive bene. Queste 4 di-

mensioni corrispondono - è questa la ter-

za indicazione significativa fornita dal-

la ricerca - ai 4 tratti positivi che le ri-

cerche indicano essere a fondamento del-

l’immagine positiva di cui gode l’Italia al-

l’estero: la bellezza e l’eleganza (che ri-

guarda gli spazi privati e pubblici così

come la qualità estetica dei prodotti), la

ricchezza del patrimonio artistico e cul-

turale, l’eccellenza gastronomica e la

buona qualità complessiva del vivere

“all’italiana”. Milano sembra dunque

avvantaggiarsi agli occhi degli stranieri

dell’immagine complessiva del Bel Pae-

se mentre per gli Italiani sono altre - in

Italia - le città al top per la ricchezza del

patrimonio d’arte e di cultura, l’eccellenza

della tradizione gastronomica e la buo-

na qualità del vivere.

Ma è importante - anche in vista di Expo

2015 - cogliere il potenziale implicito in

questa combinazione - che solo Milano

può esprimere - tra la qualità italiana “tra-

dizionale” e i tratti della modernità, del

dinamismo economico e dell’apertura in-

ternazionale. Qui sta il tratto fortemen-

te distintivo dell’identità di Milano ed il

suo più forte elemento di attrattività e di

vantaggio competitivo. Un tratto che me-

riterebbe di essere adeguatamente valo-

rizzato e comunicato per sviluppare un

potenziale di attrattività verso l’estero di

cui oggi la stessa città sembra non esse-

re pienamente consapevole.

Milano ha un altro vantaggio impor-

tante rispetto al resto d’Italia. Sembra

soffrire meno - per un suo riconosciu-

to tratto di modernità e di efficienza -

di quelli che sono i principali punti di

debolezza della nostra accoglienza e

offerta turistica: la qualità non eccellente

dei servizi, la scarsità delle informazio-

ni e la insufficiente sicurezza. Anche que-

sto è un elemento che sarà importante

comunicare - e poi confermare nell’e-

sperienza - nell’immagine della città che

verrà proposta agli 8 milioni di stranieri

che si preparano a visitare Milano in oc-

casione di Expo 2015.

Con una particolare attenzione all’uni-

co punto debole che l’indagine condotta

per Expo ha fatto emergere come for-

temente associato alla città soprattutto

nella percezione degli Europei. Milano

è percepita come una città molto costosa

e questo è il tratto che più rischia di pe-

nalizzarla, frenando la sua attrattività nei

confronti di quei segmenti che hanno un

minore potenziale di spesa, in partico-

lare dei giovani.

Se questo è il profilo d’immagine della

città che si costruisce a partire dalla co-

municazione mediatica e dal passapa-

rola di chi l’ha personalmente visitata,

è interessante vedere - e risulta com-

plementare rispetto alla immagine

proiettata all’esterno - quale è il giudi-

zio che i cittadini milanesi danno del-

la loro città. Un quadro accurato di que-

sto punto di vista è offerto dall’indagi-

ne che MeglioMilano - l’associazione

che da 25 anni è impegnata a predi-

MILANO È PERCEPITA COME UNA CITTÀ MOLTO COSTOSA E QUESTO È IL TRATTO CHE PIÙ RISCHIA DI PENALIZZARLA, FRENANDOLA SUA ATTRATTIVITÀ NEI CONFRONTI DI QUEI SEGMENTI CHE HANNOUN MINORE POTENZIALE DI SPESA, IN PARTICOLARE DEI GIOVANI

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MARZO 2014 | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | GfK | 15

Le componenti pubbliche della qualità

della vita mostrano un andamento dif-

ferenziato.

Particolarmente positivo e confortante

risulta il giudizio sulla qualità dei tra-

sporti pubblici considerati molto sod-

disfacenti dal 61% dei milanesi.

Questo è un aspetto particolarmente ri-

levante ai fini di una buona qualità

della vita quotidiana di coloro che vivono

in una grande città perché la maggio-

ranza delle attività - ad eccezione della

spesa - vengono abitualmente svolte in

un quartiere diverso da quello in cui si

risiede. Solo una minoranza di milane-

si (il 17%) lavora nel proprio quartiere

di residenza e dunque non ha bisogno

di utilizzare un mezzo di trasporto pub-

blico. Mentre la grande maggioranza (il

64%) deve raggiungere quotidiana-

mente un altro quartiere e il 20% deve

addirittura uscire dalla città per rag-

giungere il proprio luogo di lavoro.

La positività di questo aspetto è con-

fermata dai tempi di spostamento tra

casa e ufficio o tra casa e scuola/Uni-

versità, tutto sommato abbastanza ri-

dotti. Solo il 5% dei milanesi impiega

più di un’ora per raggiungere il proprio

luogo di lavoro o di studio, il 30% tra

mezz’ora e un’ora e la maggioranza

(64%) meno di 30 minuti.

Nell’ambito pubblico vi sono altri due

servizi che sono giudicati soddisfacen-

ti da una larga maggioranza di milane-

si: i servizi di base offerti dal Comune

(62%) e le scuole (60%). Per il resto - a

giudizio dei cittadini - vi sono ampie

aree di miglioramento.

È il caso del verde pubblico (soddisfa-

cente per il 47%), dei servizi socio-sa-

nitari (46%) e - soprattutto - delle

strutture del tempo libero (32%), del-

l’arredo urbano (26%), della sicurezza

(24%), del traffico (21%) e dell’inqui-

namento (16%).

Sono queste - nella percezione dei mi-

lanesi - le vere criticità della città.

L’IMMAGINE DELLA CITTÀ DI MILANO

Fonte: Indagine (2013) GfK Eurisko per Expo 2015

La città della moda

Internazionale

Centro dell’economia italiana

Una metropoli moderna

Cara / costosa

Caotica

Efficiente

Proiettata nel futuro

Elegante

Città d’arte

Città dove si vive bene

50

41

39

36

31

29

24

20

15

8

5

3Città dove si mangia bene

ITALIA

61

51

24

43

46

11

13

19

40

31

25

33

PAESI EUROPEI

54

47

28

38

28

4

17

21

45

47

32

36

PAESI EXTRAEUROPEI

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16 | GfK | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | MARZO 2014

Ed è preoccupante notare che gli aspet-

ti giudicati meno soddisfacenti sono

proprio quelli di cui fa personale espe-

rienza anche un visitatore tempora-

neo e che dunque possono impattare ne-

gativamente sulla qualità complessiva

dell’esperienza di visita.

ll dato più preoccupante messo in luce

dall’indagine di MeglioMilano è rap-

presentato dalla percezione di un peg-

gioramento della qualità della vita nel

corso degli ultimi anni. Questo giudizio

risulta tuttavia differenziato tra la città

nel suo complesso (è il 57% a denun-

ciare un peggioramento della qualità

della vita a Milano) e il proprio quartiere

(dove è “solo” il 44% a rilevare uno sca-

dimento). Richiesti di indicare i moti-

vi di questo peggioramento i milanesi

ne citano soprattutto tre: l’aumento

del costo della vita, la diminuzione

della sicurezza e la scarsa offerta di

spazi e contesti di intrattenimento de-

dicati ai giovani.

Le aspettative più forti di migliora-

mento espresse dai cittadini milanesi ri-

guardano le criticità sopra denunciate

e dunque:

- l’aumento della sicurezza attraverso un

più capillare presidio delle zone “a ri-

schio” in particolare delle periferie;

- la riduzione del traffico e dell’inqui-

namento tramite l’aumento delle piste

ciclabili, il potenziamento del traspor-

to pubblico (in particolare nelle ore not-

turne e tra centro e periferia) e un mag-

giore rigore verso gli automobilisti (in

particolare per quanto riguarda il ri-

spetto dei limiti di velocità, delle strisce

pedonali e delle regole di sosta);

- l’estensione e la maggior cura del

verde pubblico soprattutto nelle zone

periferiche e la prevenzione dell’inqui-

namento acustico;

- il miglioramento dell’arredo urbano

attraverso una maggiore pulizia delle

aree abbandonate, la cura dei monu-

menti e la prevenzione dei graffiti.

Un’ultima parte della ricerca di Me-

glioMilano è stata dedicata alle aspet-

tative nei confronti di Expo 2015 per il

quale quasi la metà dei Milanesi dichiara

di non disporre ancora di informazio-

ni sufficienti. Oltre alla domanda di

maggiore informazione la richiesta è che

Expo lasci alla città infrastrutture utili

e durevoli, dia un contributo allo svi-

luppo e all’occupazione e produca un

impatto positivo sulla reputazione in-

ternazionale della città.

La lettura incrociata dei risultati di

queste due indagini suggerisce alcuni

spunti utili per il futuro sviluppo della

LA SODDISFAZIONE DEI MILANESIPER ALCUNI ASPETTI DELLA CITTÀ / DEL QUARTIERE

Fonte: Indagine MeglioMilano - 2013

Servizi di base

Trasporti pubblici

Scuole

Verde pubblico

Servizi sociosanitari

Strutture tempo libero

Arredo urbano

Sicurezza

Traffico

62

61

60

47

46

32

26

24

21

16Inquinamento

OLTRE ALLA DOMANDA DI MAGGIORE INFORMAZIONE LA RICHIESTA È CHE EXPO LASCI ALLA CITTÀ INFRASTRUTTURE UTILI E DUREVOLI,DIA UN CONTRIBUTO ALLO SVILUPPO E ALL’OCCUPAZIONE E PRODUCAUN IMPATTO POSITIVO SULLA REPUTAZIONE INTERNAZIONALE DELLA CITTÀ

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città e in particolare per l’accrescimen-

to della sua attrattività e della sua re-

putazione nella prospettiva ormai im-

minente di Expo 2015 ma anche del

dopo-Expo:

- Milano ha un potenziale attrattivo e tu-

ristico assai elevato che va molto aldilà

del turismo di affari, congressuale e

fieristico che oggi è prevalente ma che ri-

chiede una più decisa e coordinata atti-

vità di promozione e di comunicazione;

- all’attrattività di Milano concorrono

componenti diverse e tra loro comple-

mentari (moda, design, arte, cultura, ga-

stronomia, shopping…) che meritano

di essere meglio comunicate all’esterno

ma anche all’interno, rendendo i citta-

dini milanesi più consapevoli e orgo-

gliosi delle eccellenze del proprio terri-

torio e rafforzando il loro senso di ap-

partenenza;

- in prospettiva l’identità di Milano è

un’identità “molteplice” che deve evitare

il rischio di essere schiacciata su un’u-

nica dimensione (la città della moda e

del design, la città degli affari, la città del-

lo shopping…) e deve favorire il raf-

forzamento di quelle dimensioni che

sappiamo essere trainanti per l’attrat-

tività del nostro Paese (arte, cultura, bel-

lezza, gastronomia, piacevolezza del vi-

vere…);

- Milano deve liberarsi di due tratti di

immagine che la hanno in parte con-

notata in un passato recente: l’immagine

di città chiusa e impaurita e l’immagi-

ne di città lavoratrice frenetica; nello

stesso tempo deve anche evitare di ri-

dursi alla città dello shopping lussuoso

secondo la percezione oggi dominante

nella maggioranza dei nuovi turisti, in

particolare di quelli provenienti dai

Paesi emergenti;

- la tensione al cambiamento e la capa-

cità di immaginazione del futuro può di-

venire un tratto distintivo di Milano ri-

spetto ad altre città italiane più statiche

nella contemplazione del loro presti-

gioso passato: le trasformazioni urba-

nistiche e architettoniche in corso e le

innovazioni infrastrutturali indotte da

Expo possono rappresentare un’e-

spressione e un segnale efficace di que-

sta evoluzione;

- un impegno al miglioramento della

qualità della vita urbana appare essenziale

in particolare per quegli aspetti - trasporti

pubblici, ambiente, sicurezza - che rap-

presentano una componente decisiva

dell’esperienza di visita per i turisti pro-

venienti da altri Paesi (senza dimentica-

re una copertura totale e ben funzionante

di wifi!);

- infine Milano deve proporsi non solo

come città accogliente per facoltosi bu-

sinessmen e imprenditori ma come

meta culturale e artistica attrattiva per

le minoranze creative e i segmenti gio-

vanili anche attraverso lo sviluppo di

un’adeguata offerta turistica (bed &

breakfast, locande, osterie, pub…), al

fine di equilibrare l‘immagine di desti-

nazione elitaria e costosa anche nel-

l’ambito della ricettività alberghiera e

della ristorazione.

COME È CAMBIATA LA QUALITÀ DELLA VITA RISPETTO A 5 ANNI FA

Fonte: Indagine MeglioMilano - 2013

NEL PROPRIO QUARTIERE 44 37 19

A MILANO 57 27 16

Peggiorata

Uguale

Migliorata

> SOMMARIO

MILANO DEVE LIBERARSI DI DUE TRATTI DI IMMAGINE CHE LA HANNO IN PARTE CONNOTATA IN UN PASSATO RECENTE: L’IMMAGINE DI CITTÀ CHIUSAE IMPAURITA E L’IMMAGINE DI CITTÀ LAVORATRICE FRENETICA

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Milano, Piazza Gae Aulenti

Progetto F.I.C.O. Fabbrica ItalianaContadina, il grandeParco Agroalimentaredi Bologna.

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Il Polo produrrà almeno 5.000 posti di lavoro: 1.340 addetti

diretti (fra ristorazione e commercializzazione) e 3.550 posti

ulteriori che si apriranno nell’indotto: accoglienza, filiera agri-

cola, trasporti e logistica, commercio e servizi .

“In vista del 2015 e dell’Expo era arrivato il momento di tro-

vare una ‘casa’ stabile per custodire, raccontare e tramandare

una delle risorse più vitali dell’economia italiana: il cibo”, spie-

ga il professore convinto. I dati di Federalimentare gli danno

ragione: nel 2013 un prodotto alimentare italiano su cinque

è stato venduto all’estero, e quasi il 40% delle imprese alimentari

si è impegnato proficuamente sui mercati internazionali.

“Eppure L’Italia fattura all’estero solo 33 miliardi di euro; tut-

ti gongolano per questa cifra. L’Olanda, che è un piccolo Pae-

se sommerso dal mare, che certo non produce i nostri po-

modori, fattura il doppio di noi. C’è qualcosa che non va.

C’è qualcosa che non va” afferma Segrè con determinazione.

Ecco perché il progetto F.I.CO deve diventare una sorta di la-

boratorio nazionale che ci aiuti a esportare meglio i prodot-

ti agroalimentari. Sarà, dunque, un luogo immenso e gioio-

so, che permetterà di rappresentare l’enogastronomia italia-

na dalla genesi alla fruizione, in una sequenza di alta sugge-

stione: stalle, acquari, campi, orti, officine di produzione, la-

boratori, banchi serviti, grocery, ristoranti.

Massima valorizzazionedella filiera italianae sfida allo spreco

Sviluppo e ottimizzazione dell’agroalimentare italiano grazie alla nascita di un inedito Parco, che dalla ‘dotta’ e grassa Bologna dovrebbe conquistare il mondo. Lotta dura agli sprechi, a cominciare dai troppi alimenti stipati nei nostri frigoriferi. Così Andrea Segrè, professore universitario fattuale e concreto, offre nuovi spunti alla società italiana e cerca di diffondere una visione collettiva che punta sull’Ecologia Economica, declinata al rispetto dell’ambiente, della sostenibilità, dello spreco zero

CIBO

di Vitalba Paesano

Chissà come riempie il carrello della spesa Andrea Segrè, Pro-

fessore Ordinario di Politica Agraria Internazionale e Comparata

e Presidente del Centro Agroalimentare di Bologna. Frequenta

forse il supermercato sotto casa o allungherà fino a una cascina,

nella ricca campagna bolognese?

Sicuramente a breve il professore farà acquisti a F.I.CO, Fab-

brica Italiana Contadina: 80.000 metri quadri che racconteranno

- nel 2015, è un must - l’eccellenza agroalimentare italiana, pas-

sando dal raccolto alla produzione, alla degustazione e alla ven-

dita dei sapori migliori di un ‘made in Italy’ che è golosa con-

suetudine in casa nostra, ma che il mondo deve ancora pie-

namente scoprire. Come accade per Armani e la Ferrari. Il gran-

de Parco Agroalimentare (il professore preferisce chiamarlo così)

sarà la struttura di riferimento per la divulgazione e la cono-

scenza dell’agroalimentare italiano, attraverso la ricostruzio-

ne delle principali filiere produttive (avrà, ma è solo un esem-

pio, un campo di 500 mq di grano duro che sarà coltivato con

la rotazione, un mulino per trasformare il grano in farina, un

pastificio e un ristorante dove verrà servito il prodotto finito).

Ci saranno aree di ristorazione (10.600 mq), di didattica e ri-

cerca (2.000 mq), di commercializzazione (9.300 mq).

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Un vero e proprio ‘itinerario della produzione e del gusto’ per

apprezzare il cibo italiano nella sua eccellenza.

Questi i dati, le cifre, le informazioni, ma il Parco rappresen-

ta anche un progetto di “risveglio” italiano che può far riflet-

tere molti altri. Vediamo insieme perché.

Capacità fattuale, effetto trascinamento. Lei, professore,sembra uscire dal ruolo classico del docente universitario, tut-to teoria e studio…“Provo sempre a verificare se le mie idee funzionano.

Quelle che non si materializzano non sono idee reali. Nella mia

attività accademica ho avuto una grande fortuna: ho potuto

mettere in pratica quello che avevo intuito, visto, studiato. Si-

curamente c’è un filo conduttore molto stretto tra tutto

quello che ho fatto sul tema dello spreco di cibo e, adesso, l’i-

niziativa del Parco Agroalimentare, che porta alla valorizzazione

massima del cibo.

Combattere lo spreco di cibo (che vuol dire non dargli più va-

lore, rottamarlo, sostituirlo, gettarlo via) e riuscire a valorizzarlo

non solo dal punto di vista economico, ma sicuramente culturale,

costituisce una continuità di pensiero. E la fortuna è quella di

aver trovato partner diversi che con le loro specifiche compe-

tenze mi hanno aiutato a realizzare queste idee”.

Il Parco occuperà gli spazi del CAAB, il Centro Agroalimentaredi Bologna, all’interno del quale ci sono il mercato orto-frutticolo, una fra le maggiori strutture di distribuzione agroa-limentare in Italia, ma anche i magazzini, le piattaforme lo-gistiche, gli uffici e le strutture di supporto. Lei è riuscito a convincere tutti a trasferirsi in una struttu-ra vicina, più piccola, per lasciare posto al Parco. Un’impre-sa non da poco…“È stata la cosa più difficile, far capire questa necessità ai cir-

ca 2.000 lavoratori che attualmente operano dentro il Centro

Agroalimentare, anche perché vivono in un contesto molto dif-

ficile, soffrono la crisi attuale, che tocca anche questo tipo di

consumo. Il progetto del Parco Agroalimentare in realtà è per

loro. Ma farlo capire non è stato facile.

La storia è presto detta: quando sono diventato presidente di

CAAB (mi sono candidato io, mandando regolare curriculum,

nessuno mi ha invitato a farlo) avevo due strade percorribili:

o consideravo che era per gran parte spazio sprecato, costava

troppo tenerlo aperto, e finivo per liquidare tutto (questa sa-

rebbe stata una soluzione a medio periodo), oppure avrei do-

vuto rilanciarlo.

Ho scelto questa seconda strada e ho cercato di far capire su-

bito ai lavoratori del Centro che, trasferendosi in uno spazio

di fatto a soli 150 metri, si sarebbero trovati in una struttura

più piccola, più gestibile, meno costosa, più sostenibile, fatta

apposta per loro. E avrebbero avuto parecchi vantaggi.

Il primo tra tutti di essere loro il vero chilometro zero, i veri

fornitori, del Parco Agroalimentare. L’originalità del Proget-

to-Parco sta nel fatto che si vede sì la produzione e la trasfor-

mazione dei diversi prodotti; ma nell’orto non si produrrà cer-

to tutto il necessario per il consumo all’interno del Parco stes-

so. Molti prodotti dovranno essere acquistati fuori, nelle im-

mediate vicinanze. È stata una trattativa lunghissima, ma ri-

uscita. Chiusa dopo sei mesi. Hanno capito che era una novi-

tà importante, sul piano economico, anche per loro”.

Questa sua capacità di “far capire” potrebbe essere applica-ta anche per spiegare realtà diverse? La realizzazione del Par-co può costituire, insomma, un esempio su cui riflettere an-che per dare il la ad altri tipi di realizzazioni?“Il Parco Agroalimentare che raccoglie tutte le eccellenze del-

la nostra produzione agroalimentare è un progetto unico. Per

funzionare deve rimanere tale. Non mi piacerebbe che si re-

plicasse da altre parti, ma non è neppure facile che questo suc-

ceda. È, però, un grande esempio di come si possa valorizza-

re un bene pubblico. Quanti capannoni vuoti, pubblici e pri-

vati, abbiamo oggi in Italia? Chi se li compera? Li vendiamo?

Li smantelliamo? No.

Noi abbiamo fatto un’operazione fortissima, questa sì replicabile

come idea. Abbiamo dato il via a un fondo immobiliare, de-

stinato a investitori qualificati, e all’interno di questo fondo ab-

biamo collocato un progetto forte, che è stato capace di ag-

SICURAMENTE C’È UN FILO CONDUTTORE MOLTO STRETTO TRA TUTTO QUELLO CHE HO FATTO SUL TEMA DELLO SPRECO DI CIBO E, ADESSO, L’INIZIATIVA DEL PARCO AGROALIMENTARE, CHE PORTA ALLA VALORIZZAZIONE MASSIMA DEL CIBO

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gregare anche il potere pubblico (siamo una società parteci-

pata: l’80% è del Comune, poi c’è la Provincia, la Regione, la

Camera di Commercio).

Il Comune di Bologna ha detto: io vi presto per 40 anni (non

vendo e non regalo niente, dunque!) uno spazio e un immo-

bile, che faccio valutare. Il valore così riconosciuto viene ac-

creditato nel Fondo. Senza toccare denari. Io Comune metto

nel Progetto Parco il valore di questo patrimonio. Fatto 100 il

valore complessivo dell’operazione, questo spazio e questo im-

mobile valgono 55.

Queste sono, dunque, le mie quote. Le altre devono essere mes-

se da investitori qualificati. A questo punto sono intervenu-

ti appunto gli investitori (per intenderci il mondo coopera-

tivo, le banche, l’associazione industriali, i commercianti e così

via) che, visto il business plan del progetto, hanno messo 40

milioni di euro (raccolti in poco più di 100 giorni), scom-

mettendo sul successo dell’investimento e, quindi, su un ri-

torno economico. Il privato investe denaro, che noi usiamo

per trasformare la struttura. Il pubblico fornisce a costo zero

una struttura che esiste già e se il progetto andrà bene, pren-

derà i dividendi per la quota di maggioranza. Non è una cosa

straordinaria, visto che, con investimenti privati, si valorizza

un bene pubblico destinato a deperire? Con un progetto ri-

diamo vita a un bene, mettendo assieme pubblico e privato.

Nessuno l’ha ancora capita in tutte le sue potenzialità e ap-

plicabilità. Se il Parco funziona (e ha tutte le carte per funzio-

nare), anche il Comune che ha messo il valore del bene pub-

blico prenderà i dividendi. Risorse per la collettività.”

Per come la racconta sembrerebbe persino facile. Come mai non ci hanno pensato anche altri, dai ministri del-l’economia ai sindaci?“L’idea del Parco è mia, però, quando abbiamo dovuto avvia-

re il meccanismo economico finanziario immobiliare, ci sia-

mo rivolti a degli specialisti e tutto è venuto in corso d’opera.

Io stesso non sapevo, agli inizi, come si sarebbe potuto finan-

ziarie e realizzare il tutto. Quando l’ho capito, ho pensato su-

bito a un modello valido per l’intero Paese.

Anche per questo abbiamo raccolto 40 milioni di euro in poco

più di 105 giorni. Chi ha visto i conti ha detto subito: ‘qui c’è

da guadagnarci’. Non saranno cifre astronomiche, ma meglio

investire i denari qui che nei Bot. Allora vuol dire che il mer-

cato è disposto a credere. Occorre un’idea forte, che faccia in-

travvedere la possibilità di un guadagno. Il rischio, come per

ogni nuova impresa, esiste, ma il nostro diventa uno strumento

replicabile e applicabile a più contesti. Mettiamo che a Mila-

no ci sia, in una zona industriale, una grande struttura vuota

che deperisce … ecco, si può applicare questo meccanismo (con

un progetto altrettanto forte come il nostro sul cibo), e se fun-

ziona, sarà stata una idea vincente anche lì”.

E se non dovesse funzionare?“Chi ha messo i capitali, come in ogni investimento impren-

ditoriale, potrebbe perderli. Il Comune, invece, non perde nul-

la, perché non ha dato denari. Dopo 40 anni ritorna in pos-

sesso dell’immobile, che intanto, però, è stato trasformato e mi-

gliorato. Ma la garanzia del successo è data dal nome del part-

ner principale di questa iniziativa e cioè Oscar Farinetti, il pa-

tron di Eataly, format di successo mondiale.

È da quando abbiamo proposto a lui di essere partner e gestore

che il Parco è decollato ed è diventato F.I.C.O. Nel format del

suo Eataly Farinetti si occupa di vendita e ristorazione, nel Par-

co alimentare farà di più: farà vedere, toccare anche la parte agri-

cola e di trasformazione alimentare delle eccellenze italiane.

È questa la novità: si vede tutto, dal campo alla tavola, e poi si

vende e si consuma. Prendiamo, per esempio, la filiera della pa-

sta: ci sarà un campo di grano duro di una certa varietà, che

coltiviamo (e così la gente vede come si coltiva), poi un mu-

lino per ricavare la farina e il pastificio per fare la pasta, poi un

negozio dove si venderanno tutti i tipi di pasta artigianale ita-

liana e poi un ristorante per consumare la pasta cucinata in tut-

ti i modi. La parte più difficile sarà questa della gestione.

Il nome di Farinetti è certamente una garanzia di successo e

di marchio. Anche per questo abbiamo raccolto tanto dena-

ro in pochi giorni dai partner economici. Fossimo andati avan-

ti da soli, avremmo raccolto briciole.

NEL FORMAT DEL SUO EATALY FARINETTI SI OCCUPA DI VENDITA E RISTORAZIONE, NEL PARCO ALIMENTARE FARÀ DI PIÙ:FARÀ VEDERE, TOCCARE ANCHE LA PARTE AGRICOLAE DI TRASFORMAZIONE ALIMENTARE DELLE ECCELLENZE ITALIANE

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Stiamo cercando le migliori condizioni perché il progetto fun-

zioni. Perché se tutto funziona, non solo guadagneranno i pri-

vati (peraltro Farinetti ha investito anche come imprenditore),

ma guadagnerà soprattutto il territorio e l’amministrazione pub-

blica. Ad esempio, le stime sull’occupazione diretta e indiret-

ta sono molto interessanti, soprattutto di questi tempi di cri-

si: 1600 posti di lavoro dentro il Parco, 3500 come indotto, 2000

posti confermati nel nuovo mercato ortofrutticolo. Non male”.

Alla presentazione milanese del Parco Agroalimentare, oltrea lei e Farinetti, c’erano anche Silvia Giannini, vicesindaco diBologna, a testimoniare la forte partecipazione dell’ammi-nistrazione pubblica, e Tiziana Primori, di Coop Adriatica. Anche questa presenza rientra nella valorizzazione del ter-ritorio?“Tiziana Primori è vicepresidente di Eataly (che è in società al

40% con Coop adriatica). Sarà poi la Coop a fare ancora una

società con Farinetti, al 50% (si chiamerà Italy World - Bolo-

gna) che gestirà tutto il Parco. La sua presenza, dunque, è fon-

damentale perché avrà la metà della gestione”.

Il Comune, e in particolare la vicesindaco Giannini, che ha

la delega alle società partecipate, ha seguito e avallato tutta

l’operazione, ma soprattutto - qualcuno se lo dimentica - rap-

presenta Bologna la ‘dotta’ e la ‘grassa’. Università e cibo sono

il brand di Bologna, 900 anni di storia in comune.

Non è un caso che l’idea del Parco agroalimentare sia nata a

Bologna e che la Facoltà di Agraria dell’Alma Mater sia at-

taccata al Centro Agroalimentare”.

E parliamo allora un po’ di gestione: uno degli obiettivi delParco è vendere i prodotti. Come state pensando di gestirequesta spesa? Anche online, immagino…“Oltre che visitare il Parco per vedere, consumare, assaggiare,

seguire l’attività di un laboratorio, certamente ci sarà chi vi-

siterà il parco per fare la spesa. Parliamo di 80.000 metri qua-

drati di superficie, di cui 9.300 di commercializzazione. Biso-

gnerà organizzare un trasporto degli acquisti fino ai parcheg-

gi delle auto, ma anche un invio rapido direttamente a casa.

La spesa virtuale sarà comunque una parte importante del bu-

siness: chi viene da Tokio a visitare il Parco agroalimentare,

certamente non si porterà nel bagaglio a mano la sua spesa

made in Italy”.

Quale sarà il ruolo dell’Università e della Facoltà di Agraria,già fisicamente calata in questo contesto?“Un ruolo straordinario. I 40.000 metri quadrati della Facoltà,

20 anni fa, avrebbero dovuto diventare il Centro direziona-

le del CAAB. Per fortuna, il Rettore di allora acquistò l’edi-

ficio, evitando il fallimento del CAAB e mandando Agraria

ad occupare quella sede. Dunque la Facoltà di Agraria si è in-

sediata proprio accanto al mercato ortofrutticolo.

Devo dire che tutti i miei tentativi da Preside di Facoltà per

stabilire una relazione fra Agraria e CAAB sono falliti mise-

ramente, per questo mi sono candidato a fare il presidente

di CAAB. Mi sono detto: ‘faccio il Presidente così parlo da solo

e mi ascolterò’. E così è andata. Molti docenti oggi sono co-

involti nelle iniziative del CAAB, dalla progettazione di

F.I.C.O. agli orti per giovani che abbiamo inaugurato lo scor-

so anno. Del resto F.I.C.O. sarà anche la sede di un Master in-

ternazionale sull’identità del cibo, dove evidentemente sfrut-

teremo tutto il Parco per fare una didattica di altissimo livello.

Ma come ho detto Bologna sul cibo ha costruito la sua sto-

ria. Bologna è cibo. F.I.C.O. non poteva che nascere qui”.

L’economia è in crisi, anche l’agricoltura in parte lo è… c’èqualcosa, dunque, che può far ripartire l’economia? “Questa iniziativa diventerà un Parco di attrazione, ma co-

stringerà anche a porsi delle domande, a dare delle risposte.

Il Paese dovrà affrontare qualche problema e trovare qualche

soluzione. Riflettori accesi, dunque, su tutto il comparto”.

Cosa non va?“Qualche organizzazione agricola si lamenta dell’agro-pirateria,

di chi, per fare un esempio, produce il Parmesao, in Brasile.

Il problema vero è che il nostro Parmigiano Reggiano non ri-

esce ad arrivare sullo scaffale del supermercato di San Paolo

PARLIAMO DI 80.000 METRI QUADRATI DI SUPERFICIE,DI CUI 9.300 DI COMMERCIALIZZAZIONE. BISOGNERÀ ORGANIZZAREUN TRASPORTO DEGLI ACQUISTI FINO AI PARCHEGGI DELLE AUTO,MA ANCHE UN INVIO RAPIDO DIRETTAMENTE A CASA

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MARZO 2014 | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | GfK | 23

del Brasile. Noi non abbiamo una distribuzione come occor-

rerebbe. Andiamo in un ipermercato francese: la maggior par-

te della quantità di prodotti viene dalla Francia.

Noi abbiamo Coop, Conad, Esselunga che non hanno di-

mensione tale o capacità per andare a distribuire all’estero.

Questo è un esempio, ma potrei andare avanti...”

Lei mostra un piglio diverso, sulla fattibilità delle cose nel no-stro Paese. Un piglio che sembra affiorare di recente, anchealtrove. Ci sono altri settori nei quali potrebbero cambiarele cose nel nome della fattibilità? Pensiamo allo spreco, all’energia, alle acque… tutti temi chele sono cari…“Tutto il lavoro che abbiamo fatto per la campagna naziona-

le (e ancor prima europea) sullo spreco porta qui. Porta a un’e-

conomia diversa, che è importante per la nostra occupazione,

ma che deve un po’ ribaltarsi nella sostanza. Penso alla cam-

pagna contro gli sprechi che sto conducendo per conto del Mi-

nistero dell’Ambiente, a prescindere dal nome del Ministro.

Da anni ci battiamo sulla necessità della prevenzione. Il ‘re-

cupero’ è un concetto già vecchio. Inutile recuperare, senza

porsi il problema di quel che accade a monte. Perché si ge-

nera così tanto spreco? Io cerco di far capire che l’economia

di mercato è costruita sullo spreco. Devi rottamare; se non

rottami non sostituisci e il sistema non va avanti. Da questa

logica bisogna uscire”.

“Abbiamo due fattori importanti di ECO da tenere in con-

siderazione. Una piccola, che è l’ECONOMIA, (che deriva da

oikos, casa), che è la buona gestione della nostra casa: la con-

vivialità, i consumi, i vestiti, il cibo, persino l’affitto e l’Imu.

E c’è una casa più grande di cui non ci rendiamo sempre con-

to che è l’ECOLOGIA, la natura, le risorse naturali, il suolo,

l’acqua, l’energia, l’ambiente.

Noi sappiamo che queste risorse sono limitate, che hanno bi-

sogno di un po’ tempo per rigenerarsi.

In questo visione, la casa piccola (ECONOMIA) deve stare

nella casa grande (ECOLOGIA) e non viceversa. Vedo una vi-

sione di società, che diventa anche azione, di ECOLOGIA

ECONOMICA, dove le due ECO stanno una dentro l’altra.

E questo vuol dire rinnovabilità, sostenibilità, tutto declina-

to verso lo spreco zero, una visione che vale per il cibo, l’e-

nergia, l’acqua, la mobilità, i rifiuti …”

Per approfondire l’argomento, non potendocontinuare l’intervista a oltranza, non resta che fare riferimento alla ricca bibliografia del professore.*

*

> SOMMARIO

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TOTAL SINGLE SOURCE PANELALLA PROVA DEI FATTIALTO INDICE DI SODDISFAZIONE PER LE AZIENDE CHE UTILIZZANO IL NOSTRO TSSP

di Marco Vitalini

24 | GfK | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | MARZO 2014

Quali e quanti sono i consumatori? Cosa dire e comecomunicare con loro? Cosa pensano? Come si comporta-no? Come raggrupparli in target? Queste sono le doman-de a cui le Aziende cercano di rispondere per sviluppare illoro business e reagire alle difficoltà poste dalla crisi. GfKEurisko ha lavorato per trovare una soluzione in grado dicoprire l’intero spettro conoscitivo necessario per rispon-dere a queste domande e fornire un servizio completo,capace di supportare concretamente le Aziende lungotutto il percorso decisionale. Questo impegno si è tradot-to nell’implementazione del Total Single Source Panel(TSSP), uno strumento di ricerca che assicura risultati adalto indice di soddisfazione .

Il successo di Total Single Source Panel è assicurato dalfatto di contenere, per la prima volta, in un’unica piattaformasingle source, quattro differenti ricerche:

- SINOTTICA: per l’analisi del posizionamento reale di prodotti emarche. Sinottica analizza in grande profondità le caratteristiche(stili, valori, cultura settoriale, caratteristiche strutturali, …) degliindividui e i loro comportamenti di consumo

- PANEL CONSUMER: ricerca continuativa per l’analisi del-l’oggettivo comportamento di acquisto di prodotti e marchedel largo consumo (andamento volumi, valori, quote di merca-to in generale e nei diversi target)

- EURISKO MEDIA MONITOR: ricerca continuativa per l’ana-lisi della multimedialità. Tutti i mezzi vengono rilevati suglistessi soggetti, mediante l’impiego di tecniche elettroniche diesposizione passiva per i mezzi TV e radio e di diari per lastampa.

- AUDINET SINOTTICA (WEB PC METER): panel per la quan-tificazione e l’analisi dell’utilizzo del web

È stato possibile avere tutte queste informazioni in single sour-ce, ossia rilevandole su uno stesso individuo, grazie a:- la costituzione di un unico grande panel, formato da 30.000persone e 13.000 famiglie, che consente di ottenere da unostesso individuo tutte le informazioni necessarie;- la rilevazione di dati in modo assolutamente non impegnativoper l’individuo, grazie al supporto di dispositivi tecnologici. Tale impostazione produce, inoltre, impatti fortemente positivisulla qualità dei dati, essendo:- coerenti, perché riconducibili allo stesso individuo; nonoccorrono, quindi, ricostruzioni probabilistiche- oggettivi e non più dichiarati

TSSP si pone quindi come un riduttore di complessità, ponen-do l’individuo al centro di un sistema per la produzione e l’or-ganizzazione di informazioni a supporto delle strategie e delleazioni di marketing.

TSSP SENZA SEGRETI

Combinazione di tutte le informazioni

Ogni anno 12.000 persone costituiscono un sub-sample dotatodi tutte le informazioni in single source.

Sono divise in tre wave compo-ste da 4.000 persone ciascu-na; ciò per consentire le rota-zioni del meter di EMM chesono appunto 4.000. L’insiemedelle 3 wave costituisce il sam-ple di 12.000 persone.

Le wave sono cumulate inperiodo mobile (12.000 per-sone ogni release).

Le persone monitorate anchein merito alla navigazioneInternet sono attualmentediverse migliaia.

Combinazione di alcune informazioni

Le persone nelle tre wave di cui accennato sopra dismettono ilmeter dopo circa 3 mesi e mezzo; tuttavia, la rilevazione di altreinformazioni copre un maggior numero di persone nel panel.

BARCODE SCAN

EMM EuriskoMediaMonitor3wX3.5 mesi

WEB PC METERcasa circa 50%

WEB MOBILE METERsmart / tablet circa 23%

SINOTTICA

BARCODE SCAN

EMM EuriskoMediaMonitor3wX3.5 mesi

WEB PC METERcasa

WEB MOBILE METERsmart / tablet

SINOTTICA

BARCODE SCAN

EMM EuriskoMediaMonitor3wX3.5 mesi

WEB PC METERcasa circa 50%

WEB MOBILE METERsmart / tablet circa 23%

SINOTTICA

STRUMENTI DI RICERCAINDIPENDENTI(NEL PASSATO)

NUOVO TOTAL SINGLESOURCE PANEL =

circa 13,000 famiglie;30,000 persone

+NUOVO TOTAL SINGLE

SOURCE PANEL

NUOVO TOTAL SINGLE SOURCE PANEL

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MARZO 2014 | EURISKO SOCIAL TRENDS #120 | GfK | 25

Ad esempio: lo scan del codicea barre raggiunge i Responsabilid’Acquisto, così come accadecon Sinottica. Inoltre, il meter che rileva la navi-gazione web non è dismesso,quindi le persone monitorate infunzione del loro uso del webaumentano nel tempo, indipen-dentemente dalla rotazione delmeter.

Ciò significa che, per scopi specifici, è possibile utilizzare unabase più ampia per le analisi, combinando diverse informazioni.

QUALE TIPOLOGIA DI ANALISI?Le informazioni prodotte dal TSSP possono essere ricondottea tre grandi aree:

1. Comprensione dell’individuo: profilo e caratteristiche psi-cografiche per raggiungere la migliore comprensione dellepersone in tutti gli ambiti dell’agire e per produrre le migliorisegmentazioni per specifici bisogni informativi

2. Comportamenti di consumo: le scelte di acquisto e diconsumo delle persone in tutti i campi dell’agire

3. Esposizione ai mezzi: fruizione dei media, in tutte le diver-se opportunità di contatto, rendendo possibile un approccioche permetta le seguenti analisi:

- Ponendosi nella prospettiva dell’Advertiser(Azienda di beni o servizi) si potrà

- procedere al dimensionamentodel mercato/categoria; analisi qualitativa dei targetnei vari mercati/categorie e cross categorie- fare un focus sull’Azienda attraversoil posizionamento competitivo dei brand(anche in trend) rispetto ai principali competitor;analisi di portafoglio - conseguentemente, procedere all’identificazionedei target, in termini di caratteristiche strutturali,psicografiche, valoriali, attitudini, Stili di Vita,esposizione ai mezzi, tempo libero, consumi, etc.Questa analisi consentirà di capire in profonditàle peculiarità del target, al fine di fornire alle Aziendevalide argomentazioni per consolidare il proprioposizionamento attuale o per rafforzarlo

- Ponendosi invece nella prospettiva del Media Owner odell’Agenzia Media, si potranno

- condurre analisi ad hoc su specifici mercati e brandper testare il potenziale delle Aziende nel raggiungeree contattare un determinato target di comunicazione, legato a uno specifico mercato

- Analisi ROI per valutare l’efficacia delle azioni sul mercato.In merito a quest’ultimo punto (ROI), è importante ricordare che il

più delle volte si tende a dare risalto al solo risultato economico.Il concetto di ROI è invece più ampio e coinvolge altri elementiche vengono normalmente trascurati o messi in secondopiano. TSSP pone l’accento anche su questi ulteriori aspetti,riuscendo complessivamente a distinguere e, soprattutto, amisurare tre diversi tipi di ROI:

1. ROI di posizionamento socioculturale, o posizionale:indica chi sono gli individui contattati dalla comunicazione,potendoli anche dividere in basso e alto contattati, e attraver-so quali canali sono stati raggiunti. Ciò consente di capirequanto il target colpito sia sovrapposto con quello prospettato.

2. ROI mentale: per capire come la comunicazione ha lavora-to nella mente delle persone. Questa analisi è possibile soloattivando un campione parallelo, per non distorcere il panel. Ilcampione parallelo, perfettamente linkabile con i segmentiindividuati nel TSSP, è quello di Sinottica Tracking Pubblicità(STP), lo strumento di GfK Eurisko per la misurazione dell’effi-cacia della pubblicità e dei progressi del brand in termini dibrand equity e degli altri KPI volti a un corretto brand mana-gement.

3. ROI fattuale: per determinare quanto e come le azioni svol-te hanno modificato il comportamento di acquisto/consumo.

A QUALI AZIENDE TSSP SI RIVOLGETSSP trova utilizzi in molteplici mercati. La sua ampiezza lorende uno strumento versatile, in grado di adeguarsi alle spe-cifiche esigenze di moltissime Aziende. Ad esempio: - Nel caso di un Media Owner, oltre ad analizzare l’evoluzionedel mercato e dei consumatori, TSSP permette di dimostrarele affinità tra un target di riferimento e l’offerta di spazi. - TSSP ha applicazioni pratiche anche per Aziende produttricidi beni o servizi. L’approccio utilizzato prevede innanzitutto l’a-nalisi del mercato di riferimento e la comprensione del target.L’analisi relativa all’esposizione mediale assume qui una valen-za funzionale alla pianificazione strategica delle campagne dicomunicazione.

Le analisi ROI consentono di capire se le persone contattatesiano o meno allineate al target (ROI posizionale) e come lacomunicazione influenzi:- comportamento di acquisto/consumo, in termini volumetrici(Aziende del largo consumo)- comportamento/intenzione di comportamento (Aziende diservizi o beni durevoli/semidurevoli). In questo caso, invariatoil percorso di analisi, le variabili da prendere in considerazionesono l’intention to buy o l’intention to change.

In sostanza TSSP è uno strumento che può essere di volta involta progettato sul caso specifico, per produrre le informa-zioni desiderate, senza perdere in efficacia.

Per ulteriori informazioni: [email protected]

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BARCODE SCAN

QUESTIONARIOCOMPLETO SINOTTICA

BARCODE SCAN

WEB PC METERcasa circa 50%

QUESTIONARIOCOMPLETO SINOTTICA

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THINK TANK

DALLA PUBBLICITÀALLA COMUNICAZIONE D’AZIENDAPROBLEMATICHE, METODOLOGIE E QUESTIONI APERTE

di Edoardo Teodoro Brioschi

Editore Vita e Pensiero, Collana Università/Economia, pagine 728, euro 39,00

Si tratta di un importante contributo, una sorta di bilancio, sul modello di azienda “comunicative business”. Partendo dalla descrizione della societàitaliana e delle sue evoluzioni, si affrontanoe approfondiscono sei fondamentali ambiti:

1. la definizione degli obiettivi e la messa a punto delle strategie più opportune in tema di comunicazione d’azienda

2. lo studio delle audience, cioè dei pubblici cui rivolgersi per la comunicazione d’azienda

3. il mutamento nelle forme e nei contenutidella comunicazione d’azienda, alla luce di tipologie non convenzionali, in particolare quelle online

4. i problemi riguardanti la creazione e la produzione tecnologica dei messaggi,sulla base di quanto offerto dalla ricerca e dall’esperienza professionale e dalle nuove potenzialità tecnologiche

5. l’evoluzione dei mezzi di comunicazionee le metodologie molteplici per unacorretta pianificazione con approfondimentisulle attività di sponsorizzazione, relazionipubbliche e promozione

6. l’attività di ricerca e i molteplici strumenti per accertare il contributo della comunicazione d’azienda sul piano tecnico, economico e sociale.

Il volume, molto ricco di contributi,contiene interventi di Remo Lucchisull’evoluzione della società italiana, sulla sua segmentazione, e sulla fruizionedei mezzi, con un’efficace sintesi degli stiliespositivi e dei modi per monitorarli.

Direttore responsabile Giuseppe Minoia

Comitato Editoriale Paolo Anselmi, Isa Cecchini, Fabrizio Fornezza, Remo Lucchi,Giuseppe Minoia, Vitalba Paesano,Silvio Siliprandi

Coordinamento editoriale e ufficio stampa Vitalba Paesano

Grafica e impaginazione Fabio Berrettini

Segreteria Maura Giovannini, Tiziana Pascali

Il numero è stato inviato in formato PDF via email il 24 marzo 2014.Eurisko Social Trends è edito da GfK, allo scopo di migliorare la conoscenza delle trasformazioni della società, in ambito nazionale e internazionale. È diffuso, in forma gratuita, a una mailinglist riservata. L’iscrizione alla mailing può essere richiesta da istituzioni o imprese, oppure dalle persone che facciano parte delle medesime e siano investite di responsabilità, o da giornalisti e colleghi della stampa. Per richiedere l’iscrizione, inviare una email a [email protected]

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