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Consiglio Superiore della Magistratura – Roma, 11-13 ottobre 2010 – I c.d. patrimoni di scopo: fondo patrimoniale, patrimonio destinato a uno specifico affare e “trust” tra diritto interno e modelli stranieri Giovanni Fanticini I trust in diritto civile 1 I TRUST IN DIRITTO CIVILE INDICE 1. INTRODUZIONE pag. 2 2. LE PRIME DECISIONI SUL TRUST pag. 6 3. IL TRUST DOPO LA CONVENZIONE DE L’AJA 3.1 IL TRUST E LE SUE FINALITÀ NEI PUBBLICI REGISTRI 3.2 I CONNOTATI ESSENZIALI DELLISTITUTO: LA TITOLARITÀ DEI BENI IN TRUST E LEFFETTO SEGREGATIVO 3.3 LAMMISSIBILITÀ DEL TRUST INTERNO NELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI BOLOGNA N. 4545 DEL OTTOBRE 2003 3.3.1. La ratio della decisione 3.3.2. Definizione dei trust interni 3.3.3. La libera scelta della legge regolatrice 3.3.4. La causa dell’atto istitutivo e del conferimento in trust 3.3.5. L’art. 13 della Convenzione de L’Aja e la facoltà di non riconoscere i trust interni 3.3.6. L’unitarietà della garanzia patrimoniale 3.3.7. Osservazioni, commenti e critiche 3.4 INVALIDITÀ O REVOCABILITÀ DELLATTO DI DOTAZIONE DEL TRUST; EFFETTI SULLATTO ISTITUTIVO? pag. 7 pag. 7 pag. 18 pag. 22 pag. 23 pag. 23 pag. 24 pag. 25 pag. 25 pag. 27 pag. 29 pag. 32 4. ASPETTI OPERATIVIDEI TRUST 4.1 TRUST, MINORI E DISABILI 4.2 TRUST E PROCEDURE CONCORSUALI 4.3 TRUST E (CRISI DELLA) FAMIGLIA 4.4 LA RESPONSABILITÀ DEL TRUSTEE; IL DISPONENTE, IL GUARDIANO, I BENEFICIARI NELLA VITA DEL TRUST pag. 35 pag. 35 pag. 39 pag. 51 pag. 57 5. I TRUSTS NEL PROCESSO CIVILE 5.1 ALCUNE QUESTIONI PROCESSUALI AFFRONTATE 5.2 ALTRE PROBLEMATICHE DI TRUST E DI DIRITTO SOSTANZIALE E PROCESSUALE pag. 63 pag. 63 pag. 67 6. DE IURE CONDENDO pag. 73 MASSIME GIURISPRUDENZIALI SUI TRUST pag. 77 CONVENZIONE DE L’AJA 1 LUGLIO 1985 pag. 96

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Giovanni Fanticini I trust in diritto civile 1

I TRUST IN DIRITTO CIVILE

INDICE 1. INTRODUZIONE

pag. 2

2. LE PRIME DECISIONI SUL TRUST

pag. 6

3. IL TRUST DOPO LA CONVENZIONE DE L’AJA 3.1 IL TRUST E LE SUE FINALITÀ NEI PUBBLICI REGISTRI 3.2 I CONNOTATI ESSENZIALI DELL’ISTITUTO: LA TITOLARITÀ DEI BENI

IN TRUST E L’EFFETTO SEGREGATIVO 3.3 L’AMMISSIBILITÀ DEL TRUST INTERNO NELLA SENTENZA DEL

TRIBUNALE DI BOLOGNA N. 4545 DEL 1° OTTOBRE 2003 3.3.1. La ratio della decisione 3.3.2. Definizione dei trust interni 3.3.3. La libera scelta della legge regolatrice 3.3.4. La causa dell’atto istitutivo e del conferimento in trust 3.3.5. L’art. 13 della Convenzione de L’Aja e la facoltà di non

riconoscere i trust interni 3.3.6. L’unitarietà della garanzia patrimoniale 3.3.7. Osservazioni, commenti e critiche

3.4 INVALIDITÀ O REVOCABILITÀ DELL’ATTO DI DOTAZIONE DEL

TRUST; EFFETTI SULL’ATTO ISTITUTIVO?

pag. 7 pag. 7 pag. 18 pag. 22 pag. 23 pag. 23 pag. 24 pag. 25 pag. 25 pag. 27 pag. 29 pag. 32

4. ASPETTI “OPERATIVI” DEI TRUST 4.1 TRUST, MINORI E DISABILI 4.2 TRUST E PROCEDURE CONCORSUALI 4.3 TRUST E (CRISI DELLA) FAMIGLIA 4.4 LA RESPONSABILITÀ DEL TRUSTEE; IL DISPONENTE, IL GUARDIANO, I

BENEFICIARI NELLA VITA DEL TRUST

pag. 35 pag. 35 pag. 39 pag. 51 pag. 57

5. I TRUSTS NEL PROCESSO CIVILE 5.1 ALCUNE QUESTIONI PROCESSUALI AFFRONTATE 5.2 ALTRE PROBLEMATICHE DI TRUST E DI DIRITTO SOSTANZIALE E

PROCESSUALE

pag. 63 pag. 63 pag. 67

6. DE IURE CONDENDO …

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MASSIME GIURISPRUDENZIALI SUI TRUST

pag. 77

CONVENZIONE DE L’AJA – 1 LUGLIO 1985

pag. 96

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1. INTRODUZIONE In una precedente relazione1 proprio il sottoscritto aveva sostenuto che la giurisprudenza italiana in tema di trust potesse essere sommariamente suddivisa in tre filoni principali. Sebbene siano trascorsi appena due anni da tale affermazione, l’evoluzione giurisprudenziale (da cui emerge un progressivo superamento delle questioni di compatibilità del trust nell’ordinamento e una maggiore attenzione alle caratteristiche proprie di un istituto “straniero” affrontato nelle aule giudiziarie nostrane) mi induce oggi ad aggiungere un’ulteriore categoria alla precedente classificazione; le statuizioni dei giudici italiani possono così suddividersi tra: − quelle più risalenti, anteriori alla Convenzione de L’Aja e all’entrata in vigore (nel 1992) della Legge 364/1989; − quelle 2 in tema di ammissibilità dell’istituto e dei suoi elementi fondamentali (in particolare, la c.d. “segregazione patrimoniale”) nell’ordinamento interno e la sua compatibilità con gli schemi “tradizionali” della nostra disciplina legislativa (ad esempio, in riferimento alla trascrizione nei pubblici registri); − quelle – sempre più cospicue – aventi ad oggetto le applicazioni “pratiche” del trust per la soluzione di problematiche concrete, laddove gli strumenti interni non appaiono adeguati alle finalità dell’operazione voluta dalle parti (procedure concorsuali, tutela dei soggetti deboli, ecc.); − e quelle – che costituiscono le nuove frontiere della giurisprudenza – riguardanti il (difficile) rapporto tra il trust e le norme processuali italiane.

§ § § Prima di esaminare gli aspetti del trust affrontati dalla giurisprudenza italiana, pare opportuna una brevissima premessa per tratteggiare l’istituto nei suoi connotati essenziali. “Trust” è un sostantivo inglese che, letteralmente, significa “fiducia”: secondo una storica descrizione inglese, “quando una persona è titolare di diritti che è tenuta ad esercitare nell’interesse di un’altra persona o per il raggiungimento di un determinato scopo, si dice che questa persona è titolare di detti diritti in trust per l’altra persona o per il raggiungimento di questo scopo, e viene pertanto chiamata trustee”. Lo schema è, in genere (e con larghissima approssimazione3), il seguente: 1) un soggetto, il costituente del trust (settlor o grantor o “disponente”, secondo la migliore traduzione in italiano) decide di creare un trust (si vedrà nel prosieguo – attraverso l’analisi delle pronunce giurisprudenziali – che l’istituto si presta a numerosi e variegati scopi: da quelli legati alla mera gestione dei beni, a quelli di tutela della propria discendenza o di soggetti svantaggiati, a quelli di pura beneficenza, a quelli di garanzia del credito, ecc.) 2) il costituente4 del trust può procedervi in due maniere:

1 G.FANTICINI, La giurisprudenza in tema di trust, relazione al Corso del Consiglio Superiore della Magistratura “Fenomeno successorio e patrimoni separati”, Roma, 11 giugno 2008, disponibile sul sito Internet http://appinter.csm.it/incontri/relaz/16010.pdf. 2 Ad esempio la nota sentenza del Tribunale di Bologna (Giudice Dr.ssa Anna Maria Drudi) del 1° ottobre 2003, n. 4545 (in Trusts e attività fiduciarie, 2004, pag. 67) alla cui elaborazione e redazione lo scrivente ha dato il proprio contributo come uditore giudiziario affidato al magistrato estensore. 3 Per un compendio istituzionale (approfondito e completo) sul diritto dei trust, si rinvia a M.LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2008.

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a) dichiarandosi “trustee” di taluni suoi beni (in senso ampio, dato che si possono costituire in trust anche dei crediti) nell’interesse di una o più persone (il/i beneficiario/i)

b) “trasferendo” questi beni (melius, ponendoli sotto controllo) a una persona (trustee) o a più persone (trustees) affinché “in trust” li detengano (“hold the property on trust for”) o li gestiscano in favore del/i beneficiario/i5..

Nell’atto del disponente possono essere previsti eventualmente (in alcuni casi, obbligatoriamente) dei soggetti con il compito di controllare l’operato del trustee: i cosiddetti “guardiani” (o protectors o enforcers). La figura tratteggiata nello schema suesposto è un trust “volontario” (perché è creato mediante un atto giuridico unilaterale del disponente6), “esplicito” (o express trust, perché il settlor manifesta in forma esplicita la propria volontà di costituire un trust7), che può essere, a seconda del suo scopo, privato (private) o benefico (charitable o public). La caratteristica più rilevante del negozio (rispetto ai concetti di proprietà e di garanzia patrimoniale tradizionalmente conosciuti nel nostro ordinamento) è che i beni o diritti oggetto del trust (detti trust property o trust estate o trust-fund) costituiscono un patrimonio

4 Sarebbe preferibile usare la parola “disponente” e non già “costituente” perché la caratteristica dei trust espressamente istituiti non è il trasferimento al trustee, ma l’esistenza di un atto di disposizione e, inoltre, perché “costituente” potrebbe far pensare (erroneamente) alla nascita di una persona giuridica. 5 “La posizione soggettiva segregata è una posizione soggettiva che il disponente trasferisce al trustee per una certa legittima finalità, alla cui realizzazione il trustee è preposto quale affidatario della posizione medesima”; così M.LUPOI, I trust in diritto civile, relazione al Corso del Consiglio Superiore della Magistratura “I regimi dei patrimoni separati: dai trusts ai nuovi modelli di segregazione dei beni”, Roma, 3 luglio 2003, disponibile sul sito Internet http://appinter.csm.it/incontri/relaz/9029.pdf. La violazione da parte del trustee dei suoi obblighi viene chiamata “breach of trust”; il trustee è infatti responsabile di qualsiasi atto che causi un danno patrimoniale ai beneficiari (M.LUPOI, I trust in diritto civile, relazione al Corso del Consiglio Superiore della Magistratura “I regimi dei patrimoni separati: dai trusts ai nuovi modelli di segregazione dei beni”, Roma, 3 luglio 2003, disponibile sul sito Internet http://appinter.csm.it/incontri/relaz/9029.pdf: “La regola generale è che il disponente non abbia azione contro il trustee in caso di inadempimento, da parte di quest’ultimo, alla disposizioni dell’atto istitutivo del trust. L’atto istitutivo non è altro che un negozio, essenzialmente unilaterale, in forza del quale il disponente enuncia al trustee la finalità dell’affidamento e ne enuncia le regole di base: la durata, i poteri del trustee, i beneficiari. Sono questi ultimi che hanno azione contro il trustee inadempiente”). In tali casi, sotto profili strettamente civilistici, potrà essere richiesto un risarcimento o sarà esperibile un’azione di “tracing”, che permetta di recuperare (anche presso terzi) i beni che erano oggetto del trust-fund. 6 Il trust “legale” (ope legis), invece, viene creato dalla legge (constructive trust) e prescinde quindi dalla volontà del destinatario di detto obbligo: è costituito automaticamente ex lege in base ai fondamentali principi di equity, di regola quale rimedio ad un illecito arricchimento. 7 Queste sono le caratteristiche tipiche ed essenziali dell’express trust: a) i beni oggetto del trust devono essere esistenti; b) i beneficiari devono essere identificati o identificabili; c) le finalità della costituzione devono risultare in modo inequivoco. Si contrappone al trust “esplicito” l’implied trust, che si ha quando il disponente non manifesta chiaramente l’intenzione di costituire un trust ed è necessaria l’interpretazione della sua volontà (in base alla documentazione disponibile od ai comportamenti successivi dello stesso) per ravvisarne la sussistenza. Il resulting trust può essere accertato dai Tribunali quando sia possibile riscontrare l’esistenza di diritti o doveri simili a quelli che caratterizzano un trust (pur in mancanza di un esplicito riferimento all’istituto) o può sorgere ex lege dalla realizzazione di particolari schemi negoziali.

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separato da quello del trustee (c.d. segregazione patrimoniale8), inattaccabile dai suoi creditori, oltre che (naturalmente) da quelli del disponente. L’ordinamento italiano ha conosciuto l’istituto del trust attraverso la “Convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento” adottata a L’Aja in data 1 luglio 19859; al testo convenzionale è stata data ratifica (senza apporre alcuna riserva) con la Legge 9 ottobre 1989 n. 364 e la Convenzione è entrata in vigore l’1 gennaio 1992 (prima di allora il trust era un “illustre sconosciuto negli ordinamenti di civil law”10). Si tratta, secondo l’opinione quasi unanime, di una convenzione di diritto internazionale privato che, agli artt. 211 e 312, definisce gli elementi delle fattispecie assoggettate alla sua disciplina: ai fini della Convenzione de L’Aja, il trust è il rapporto giuridico in cui il costituente – con atto tra vivi o mortis causa - pone dei beni sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico. Conseguentemente, il trust riconoscibile in base alla Convenzione de L’Aja è esclusivamente quello volontario, costituito (per iscritto) per atto negoziale (si è già osservato, invece, che nei sistemi di common law esistono anche trust legali e giudiziali, oppure costituiti per norma di legge o per disposizione dell’autorità giudiziaria). La struttura del trust convenzionale è rappresentata dagli elementi minimi suindicati: il riconoscimento del negozio e la sua sussunzione sotto la disciplina convenzionale producono gli effetti minimi elencati all’art. 11 (e, a dire il vero, anche all’art. 2) della Convenzione: “Un trust costituito in conformità alla legge specificata al precedente capitolo dovrà essere riconosciuto come trust. Tale riconoscimento implica quanto meno che i beni del trust siano separati dal patrimonio personale del trustee, che il trustee abbia le capacità di agire in giudizio ed essere citato in giudizio, o di comparire in qualità di trustee davanti a un notaio o altra persona che rappresenti un’autorità pubblica. Qualora la legge applicabile al trust lo richieda, o lo preveda, tale riconoscimento implicherà, in particolare: a) che i creditori personali del trustee non possano sequestrare i beni del trust; b) che i beni del trust siano separati dal patrimonio del trustee in caso di insolvenza di quest’ultimo o di sua bancarotta; c) che i beni del trust non facciano parte del regime

8 Sono in “segregazione” le posizioni soggettive che appartengono ad un soggetto (al trustee), ma che rimangono distinte e non si confondono con le vicende obbligatorie generali e, quindi, non possono essere oggetto delle pretese dei suoi creditori; tale patrimonio non segue alla sua morte le regole della successione ereditaria e tantomeno risente del regime matrimoniale. 9 I testi originali della Convenzione (in inglese e in francese), l’elenco dei paesi che l’hanno sottoscritta o ratificata, le date di entrate in vigore e le riserve eventualmente apposte possono essere reperiti ai siti Internet http://hcch.e-vision.nl/index_en.php?act=conventions.text&cid=59 (inglese) e http://hcch.e-vision.nl/index_fr.php?act=conventions.text&cid=59 (francese). 10 A.TONELLI, Il Trust familiare e la tutela del minore, lezione tenuta nel corso di formazione in Diritto di famiglia e minorile, svoltosi a Bologna il 24 febbraio 2005. 11 Articolo 2: “Ai fini della presente Convenzione, per trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il costituente - con atto tra vivi o mortis causa - qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico. Il trust presenta le seguenti caratteristiche: a) i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee; b) i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per conto del trustee; c) il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre beni secondo i termini del trust e le norme particolari impostegli dalla legge. Il fatto che il costituente conservi alcune prerogative o che il trustee stesso possieda alcuni diritti in qualità di beneficiario non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust”. 12 Articolo 3: “La Convenzione si applica solo ai trusts costituiti volontariamente e comprovati per iscritto”.

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matrimoniale o della successione dei beni del trustee; d) che la rivendicazione dei beni del trust sia permessa qualora il trustee, in violazione degli obblighi derivanti dal trust, abbia confuso i beni del trust con i suoi e gli obblighi di un terzo possessore dei beni del trust rimangono soggetti alla legge fissata dalle regole di conflitto del foro”. Il trust (così delineato nei suoi elementi essenziali ed effetti caratteristici) è stato preso in considerazione dalla giurisprudenza nazionale13 prevalentemente sotto il profilo della sua ammissibilità nell’ordinamento italiano e, in particolare, della sua presunta contrarietà ai principi generali interni (al cosiddetto numerus clausus dei diritti reali, all’unitarietà della garanzia patrimoniale ex art. 2740 cod. civ., all’asserita tipicità degli atti trascrivibili nei pubblici registri e alla nota questione interpretativa riguardante l’art. 13 della Convenzione e i trust “interni”); ancora poche pronunce riguardano il trust nella sua “operatività” (e, cioè, nella sua concreta applicazione). Proprio per questa ragione si fa riferimento – in questo scritto – al trust e non ai trusts (al plurale): in realtà, la dottrina più attenta all’istituto non apprezza che si parli dei trust al singolare perché ciò esclude la loro natura polimorfica14, ma, del resto, la stessa convenzione de L’Aja (all’art. 2) individua un trust “amorfo” (o “shapeless” secondo una fortunata definizione data dalla stessa dottrina15) e, in definitiva, dovendosi parlare dell’ammissibilità di tutti i tipi di trust, l’uso del singolare diviene inevitabile. Si tratterà, in particolare, delle decisioni giurisprudenziali riguardanti i cosiddetti “trust interni”, quelli, cioè, che “vincolano beni in Italia e sono istituiti in Italia da italiani ma sono disciplinati da una legge straniera”16. In altri termini, i trust “interni” sono quei trust il cui “centro di gravità” non presenta elementi di estraneità rispetto all’ordinamento italiano ad eccezione della legge regolatrice.

13 Sul trust si è svolta anche in dottrina un’accesa “diatriba [che], dopo un rapido sviluppo caratterizzato da toni di confronto poco consoni ad un dibattito scientifico, si è piegata su se stessa, senza produrre risultati di sintesi, acuendo progressivamente le divergenze sino a creare due vere e proprie correnti in irriducibile contrasto” (così il Tribunale di Trieste nel decreto del 23 settembre 2005, in Guida al Diritto, 2005, n. 41, pag. 57). Per chi voglia approfondire il “duello”: C.CASTRONOVO, Il trust e “sostiene Lupoi”, Europa e diritto privato, 1998, pag. 441; F.GAZZONI, Tentativo dell’impossibile (Osservazioni di un giurista “non vivente” su trust e trascrizione), in Rivista del Notariato, 2001, I, pag. 11; M.LUPOI, Lettera ad un notaio conoscitore di trust, in Rivista del Notariato, 2001, I, pag. 1159; F.GAZZONI, In Italia tutto è permesso, anche quello che è vietato (lettera aperta a Maurizio Lupoi sul trust e su altre bagatelle), in Rivista del Notariato, 2001, I, pag. 1247; A.GAMBARO, Notarella in tema di trascrizione degli acquisti immobiliari del trustee ai sensi della XV Convenzione dell’Aia, in Rivista di Diritto Civile, 2002, II, pag. 257; F.GAZZONI, Il cammello, il leone, il fanciullo e la trascrizione del trust, in Rivista del Notariato, 2002, I, pag. 1107; A.GAMBARO, Un argomento a due gobbe in tema di trascrizioni del trustee in base alla XV Convenzione dell’Aja, in Rivista di Diritto Civile, 2002, II, pag. 919. 14 Da ultimo, M.LUPOI, I trust nel diritto civile, Torino, 2004, pag. 274. Significativamente, sul sito http://www.il-trust-in-italia.it dell’associazione “Il trust in Italia” – a commento della traduzione della Convenzione de L’Aja (riportata in appendice a questo scritto) – si legge: “Il plurale “trusts” vale a sottolineare il polimorfismo dell’istituto quale appare dalla prassi negoziale e serve altresì a porre in luce l’inesistenza di una dimensione sistematica all’interno degli ordinamenti di common law, ove il modello inglese è stato soggetto a varie modificazioni fuori dell’Inghilterra, non accolte nella terra di origine, o viceversa ha visto sviluppi in Inghilterra che non sempre sono stati recepiti negli altri ordinamenti”. 15 M.LUPOI, I trust nel diritto civile, Torino, 2004, pag. 258; M.LUPOI, Trusts, Milano, 2001, pag. 491; M.LUPOI, The Shapeless Trust, in Trusts & Trustees, 1995, n. 3, pag. 15. 16 M.LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2008, pag. 23.

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2. LE PRIME DECISIONI SUL TRUST Il percorso del trust in Italia prende le mosse dalla sentenza della Corte di Cassazione-Roma - 21 febbraio 189917: è la prima occasione in cui l’istituto fa ingresso nel panorama giuridico italiano. Oggetto del contendere era la delibazione di un trust costituito da uno straniero su beni ubicati in Sardegna: secondo una distinzione moderna (ma probabilmente inutile, come si dirà) si trattava di un trust “estero” (in contrapposizione ai cosiddetti trust interni il disponente e il trustee erano stranieri). La sentenza della Corte è un po’ “pilatesca”, perché, nella sostanza, riporta la decisione del Giudice di merito nell’alveo del giudizio di delibazione senza affrontare o approfondire le problematiche sottese; essa costituisce, comunque, una pietra miliare: il trust esiste, anche se non nell’ordinamento del Regno d’Italia, nel quale può comunque spiegare i propri effetti. Tra le pronunce “storiche” non può dimenticarsi quella contenuta nella sentenza del Tribunale di Oristano - 15 marzo 195618: un ente pubblico aveva promosso l’espropriazione nei confronti di un trustee che risultava, quindi, destinatario dell’atto di esproprio. Il giudizio, dunque, doveva tendere ad individuare il “vero” proprietario dei beni e, in particolare, si doveva decidere se questi facessero parte del patrimonio del trustee o di quello dei beneficiari. La sentenza dimostra un notevole sforzo interpretativo (forse il primo in giurisprudenza), anche se in realtà contiene un evidente fraintendimento dell’istituto: il Tribunale sostiene che il trust “crea uno sdoppiamento del diritto di proprietà tra due soggetti”. In altri termini, spetterebbe al trustee la c.d. “proprietà formale o nominale e – come afferma il Collegio giudicante – in definitiva soltanto apparente” (caratterizzata dalla temporaneità del diritto, dall’impossibilità per il trustee di servirsi dei beni o di trarne vantaggio pro domo sua) e al beneficiario la proprietà “sostanziale e reale” contraddistinta dai poteri di godere e disporre delle res. Stando alla decisione, proprio a quest’ultima bisognerebbe dare la preferenza per individuare il “vero” proprietario, destinatario del procedimento espropriativo. Seppur incidentalmente il Tribunale afferma che “l’inserzione di istituti giuridici stranieri come il trust produrrebbe nella coscienza e nella opinione pubblica e nell’economia italiana un grave turbamento” soprattutto in riferimento all’asserita tipicità dei diritti reali. L’errore in cui incorse il Tribunale di Oristano fu “corretto”, dopo molti anni, dal decreto del Tribunale di Casale Monferrato - 13 aprile 198419. Secondo la pronuncia, infatti, non esiste una duplicità di posizioni proprietarie perché l’executor trustee “deve essere considerato proprietario dei beni immobili siti in Italia a tutti gli effetti” (e come tale non necessita di autorizzazione giudiziale per la cessione degli immobili secondo il pactum fiduciae col disponente).

17 Cassazione Roma 21 febbraio 1899, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 454. 18 Tribunale di Oristano 15 marzo 1956, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 294. 19 Tribunale di Casale Monferrato 13 aprile 1984, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 93.

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3. IL TRUST DOPO LA CONVENZIONE DE L’AJA Plurime statuizioni giurisprudenziali hanno affrontato il trust, la sua ammissibilità e le sue caratteristiche fondamentali in un nuovo scenario normativo e, cioè, dopo l’approvazione della Convenzione de L’Aja dell’1 luglio 1985, resa esecutiva in Italia con la Legge n. 364 del 1989 (vigente dal 1° gennaio 1992). La prima di queste decisioni è la sentenza del Tribunale di Lucca - 23 settembre 199720

(poi confermata dalla sentenza della Corte d’Appello di Firenze - 9 agosto 200121). La pronuncia contiene un punto fermo: il trust non solo è ammissibile nell’ordinamento interno, ma in forza degli artt. 11 e seguenti della Convenzione deve essere riconosciuto se è conforme alla legge regolatrice straniera, dalla quale discendono la sua validità, la sua interpretazione ed anche i suoi effetti. Il Tribunale scioglie ogni dubbio sulla distinzione tra il trust mortis causa e il fedecommesso (nullo secondo il disposto dell’art. 692 cod. civ.): col trust, difatti, non si ha una sostituzione de residuo (ovvero una doppia istituzione di erede con indicazione dell’ordo successionis), bensì una vera e propria acquisizione del patrimonio del de cuius da parte del trustee (seppure col vincolo di destinazione caratteristico dell’istituto e con l’effetto segregativo che gli è proprio). Il Collegio si spinge anche oltre: il legittimario non avrebbe dovuto sostenere la nullità del testamento perché incentrato sul trust, ma, più semplicemente, avrebbe potuto (e dovuto) agire per la riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota, secondo le norme interne, ritenute imperative, sulla successione necessaria22. 3.1. IL TRUST E LE SUE FINALITÀ NEI PUBBLICI REGISTRI Numerose altre decisioni riguardano i rifiuti o le riserve espressi dai Conservatori dei Registri Immobiliari riguardo alla trascrizione di atti (non elencati nel codice civile) di trasferimento dal disponente al trustee o di acquisto effettuati dal trustee nella sua qualità, problema che oggi (forse) potrebbe essere stato risolto dal neonato art. 2645-ter cod. civ. Si richiamano, in particolare, il decreto del Tribunale di Chieti - 10 marzo 200023 e il decreto del Tribunale di Bologna - 28 aprile 200024.

20 Tribunale di Lucca 23 settembre 1997, in Foro Italiano, 1998, I, col. 2007. 21 Corte d’Appello di Firenze 9 agosto 2001, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2002, pag. 244. 22 Si tratta di un obiter dictum importante che contiene, in nuce, un’importante affermazione poi ripresa –concretamente – nel giudizio sottoposto al vaglio del Tribunale di Bologna (la causa è stata decisa con la già menzionata sentenza 1° ottobre 2003 n. 4545) e, cioè, che il riconoscimento del trust non preclude la possibilità di sventare eventuali abusi o tentativi di eludere, tramite i trust, le disposizioni imperative interne (come quelle sulla successione necessaria, ma anche quelle sulla comunione legale tra i coniugi). A proposito dell’azione di riduzione (qualificata non come azione di nullità, bensì di inefficacia relativa delle disposizioni lesive dei legittimari), si veda anche la sentenza emessa dal Tribunale (penale) di Venezia il 4 gennaio 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 245. 23 Tribunale di Chieti 10 marzo 2000, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 372. La trascrizione non concerneva un atto istitutivo, bensì una compravendita in favore del trustee: Il Tribunale, considerato che le norme procedurali in tema di trascrizione non prevedono limitazioni ricollegabili ai contraenti, ritiene ingiustificato il rifiuto da parte della Conservatoria di trascrivere un atto di compravendita stipulato tra una persona fisica e un altro soggetto che ha agito nella sua qualità di trustee; ordina, quindi, alla Conservatoria di trascrivere l’atto recante quali parti contraenti, da un lato, i venditori e, dall’altro, l’acquirente nella sua qualità di trustee. Le menzioni della qualità di trustee dell’acquirente e della circostanza che l’immobile acquistato è segregato nell’ambito del suo patrimonio personale sono riportate nel quadro «D» della nota di

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Con quest’ultimo provvedimento, partendo dal presupposto che “il trustee è l’unico titolare dei beni e dei conseguenti poteri di gestione e disposizione propri del diritto di proprietà, sia pure qualificati”, il Collegio bolognese ha ritenuto che – al di là del disposto dell’art. 12 della Convenzione – dallo stesso riconoscimento ex lege dell’istituto non possa che discendere l’obbligo di consentire la trascrizione dell’acquisto a favore del trustee, perché, in assenza di trascrizione, l’effetto segregativo (che è l’essenza del trust) risulterebbe inopponibile ai terzi. In altri termini, se il vincolo che consente di costituire un patrimonio separato rispetto a quello del trustee non godesse di pubblicità e non potesse quindi essere opposto, che significato potrebbe darsi alla ratifica di una Convenzione internazionale che prevede al suo art. 11, quale effetto minimo ed automatico del riconoscimento25, proprio la distinzione dei beni in trust da quelli del trustee?! Sulla questione della trascrivibilità nei Registri Immobiliari sono intervenuti, ordinando la trascrizione, anche il decreto del Tribunale di Pisa - 22 dicembre 200126, il decreto del Tribunale di Milano - 29 ottobre 200227, il decreto del Tribunale di Verona - 8 gennaio 200328 e il decreto del Tribunale di Parma - 21 ottobre 200329,: si tratta di provvedimenti con pregevoli motivazioni nei quali si discute della questione dei trust

trascrizione. Tale ultima soluzione è avversata da una parte della dottrina che ritiene che l’acquisto “a favore” del trustee dovrebbe essere trascritto e immediatamente seguito da una nota di trascrizione “contro” lo stesso trustee senza alcuna indicazione del beneficiario, al fine di rendere evidente l’indisponibilità del bene e l’estraneità al patrimonio del titolare; la tesi non appare corretta sia perché appare difficilmente configurabile una trascrizione “contro” senza alcun soggetto “a favore”, sia perché il principio di continuità delle trascrizioni sancito dall’art. 2650 cod. civ. sarebbe vulnerato dai successivi atti dispositivi compiuti, anche legittimamente, dallo stesso trustee (ad esempio il trasferimento del cespite ai beneficiari del trust). 24 Tribunale di Bologna 28 aprile 2000, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 372. Si trattava della trascrizione con riserva (motivata in base al principio di tassatività degli atti assoggettabili a trascrizione e alla mancanza di effetti riconducibili alla trascrizione dell’atto) di un atto istitutivo di trust: tra l’altro, il Tribunale afferma che il concetto di “trasferimento della proprietà”, di cui all’art. 2643 cod. civ., si presta ad una visione più aperta grazie allo sviluppo di nuovi istituti e pertanto non ravvisa ostacoli ad assimilare gli effetti di un atto di trust ad almeno uno di quelli conseguenti ai “contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili” (dei quali l’art. 2645 cod. civ. ammette la trascrizione). In proposito si osserva che la giurisprudenza di legittimità ammette la trascrizione ex art. 2645 cod. civ. delle obbligazioni propter rem (Cass. 22 luglio 1969 n. 2764) e delle servitù reciproche derivanti da convenzioni di lottizzazione (Cass. 25 febbraio 1980 n. 1317). 25 La sentenza del Tribunale di Bologna emessa il 1° ottobre 2003 individua in questa disposizione una norma di diritto sostanziale uniforme (a fronte della natura di convenzione di diritto internazionale privato, pacificamente attribuita alla Convenzione de L’Aja). 26 Tribunale di Pisa 22 dicembre 2001, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2002, pag. 241. La decisione riguardava la trascrizione di un trust autodichiarato con cui il proprietario di un bene immobile se ne dichiarava trustee in favore del fratello disabile. Il Tribunale ha, dapprima, risolto la questione della riconoscibilità del trust autodichiarato (negando la violazione dell’art. 2740 cod. civ.) e, poi, ha richiamato l’art. 12 della Convenzione de L’Aja per ordinarne la trascrizione, in quanto la norma attribuisce al trustee il diritto potestativo di chiedere la trascrizione, al quale corrisponde un obbligo di provvedere in capo ai soggetti preposti alla pubblicità (che realizza l’interesse dei terzi e l’interesse pubblico). 27 Tribunale di Milano 29 ottobre 2002, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 270. 28 Tribunale di Verona 8 gennaio 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 409. 29 Tribunale di Parma 21 ottobre 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 73; commento di M.ROSSETTI, Sul trust, in I Contratti, 2004, fasc. 7, pag. 722.

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“interni” e anche di quella riguardante i trust autodichiarati30, nei quali il disponente e il trustee coincidono (la trascrivibilità è generalmente ammessa anche per questo peculiare istituto, richiamando la sua affinità al fondo patrimoniale, pacificamente trascrivibile ai sensi dell’art. 2647 cod. civ.). In argomento, c’è una decisione contraria – il decreto del Tribunale di Napoli - 1° ottobre 200331 – che ha rigettato il reclamo avverso la riserva apposta dal Conservatore dei Registri Immobiliari sostenendo l’estraneità del trust autodichiarato alla Convenzione de L’Aja, la sua contrarietà all’art. 2740 cod. civ. e, infine, la non meritevolezza degli interessi sottesi ad un istituto “atipico” quando ai medesimi interessi può rispondere la costituzione di un fondo patrimoniale32. Le argomentazioni addotte a sostegno del rigetto non sono condivisibili: ritiene chi scrive che, qualora la legge prescelta consenta la figura del trust autodichiarato, non vi siano ostacoli al suo riconoscimento (l’art. 11 della Convenzione non fa eccezioni sotto questo profilo e – in linea di principio – non se ne possono trovare negli artt. 13, 15, 16 e 18; si tratterà, semmai, di applicare le norme della legge straniera per sventare gli abusi o di intervenire con la “disapplicazione” nel caso concreto proprio secondo le previsioni della convenzione). Come è stato osservato da più parti33, la nozione di trust contenuta nel primo paragrafo dell’art. 2 della Convenzione de L’Aja (pure richiamato nella pronuncia in commento) è assai ampia, dato che la norma afferma l’esistenza di un trust allorché il trustee abbia il “controllo” sui beni, senza cioè esigere che vi sia un trasferimento di beni a costui: non è

30 Le pronunce giurisprudenziali che riguardano la trascrizione di trust autodichiarati sono, in totale, sei: quattro di segno favorevole (Tribunale di Pisa - decreto 22 dicembre 2001; Tribunale di Milano - decreto 29 ottobre 2002; Tribunale di Verona - decreto 8 gennaio 2003; Tribunale di Parma - decreto 21 ottobre 2003) e due di segno contrario (Tribunale di Napoli - decreto 1° ottobre 2003; Corte d’Appello di Napoli - decreto 27 maggio 2004; a ben guardare, l’unica decisione effettivamente contraria al trust autodichiarato è la prima, in quanto la Corte d’Appello, confermando il decreto emesso dal Giudice di prime cure, ha ritenuto non trascrivibile un trust autodichiarato basandosi non già sull’inammissibilità di detta figura – il decisum non si sofferma sul punto in alcun modo – bensì sull’asserita inammissibilità tout court della trascrizione del trust, alla luce di un preteso principio di tassatività delle ipotesi di atti trascrivibili). Per un’approfondita disamina dell’argomento, si rinvia a S.BARTOLI, Il trust autodichiarato nella Convenzione de L’Aja sui trusts, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 355. 31 Tribunale di Napoli 1° ottobre 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 74. 32 L’atto istitutivo affidava al trustee, in particolare, il compito di erogare i redditi dal trust-fund ai quattro figli della disponente per “coprire le spese per la frequenza a corsi di formazione, di frequenza scolastica, di frequenza universitaria e post-universitaria, di specializzazione, di educazione e formazione culturale, sportiva e ricreativa”. Com’è stato evidenziato da M.LUPOI, Osservazioni su due recenti pronunce in tema di trust, in Rivista del Notariato, 2004, pag. 568, essendo l’atto in questione notevolmente carente a livello sia di tecnica redazionale sia (soprattutto) di giustificazione causale, non si può escludere che anche tali circostanze abbiano indotto il decidente a valutare negativamente il negozio. 33 M.LUPOI, I trust nel diritto civile, Torino, 2004, pag. 259; S.BARTOLI, Il trust autodichiarato nella Convenzione de L’Aja sui trusts, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 355, il quale, esplicitamente, afferma: “L’art. 2 paragrafo primo, là dove parla di un “disponente” e di un “trustee”, non postula affatto che costoro debbano essere soggetti distinti, ma si limita ad affermare che, per aversi un trust ai sensi della Convenzione, occorre una fattispecie in cui qualcuno svolge il ruolo di disponente e qualcuno (non necessariamente qualcun altro) svolge il ruolo di trustee”.

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richiesta, dunque, per aversi un trust, una distinzione soggettiva tra il disponente e il trustee essendo sufficiente che i beni siano posti “sotto il controllo” di quest’ultimo34. Tra l’altro, lo stesso art. 2, all’ultimo comma (la Convenzione consente al settlor di riservarsi “rights and powers”, locuzione mal tradotta nella versione ministeriale con “prerogative”) non esclude in linea di principio una coincidenza tra due soggetti del trust (ovviamente, bisognerà verificare se e come ciò sia consentito dalla legge regolatrice)35. Sulla non necessità del trust “istituto atipico”, si osserva, innanzitutto, che l’istituto del trust non è affatto atipico, stante il riconoscimento ex Legge n. 364 del 1989 della sua causa astratta (tra l’altro, essendo la meritevolezza degli interessi tutelati riconosciuta ex lege, non occorre nemmeno richiamare il 1322 cod. civ.); in secondo luogo, il fondo patrimoniale presenta rilevanti diversità rispetto al trust autodichiarato36. Infine, ragionando come il Tribunale di Napoli (che applica il principio di sussidiarietà tra i due istituti, sebbene l’art. 1322 cod. civ. disponga in senso opposto), si potrebbe arrivare a sostenere che il contratto autonomo di garanzia non ha ragion d’essere perché c’è la fideiussione o che il leasing è inutile perché sono previsti dal codice la locazione e l’affitto, e via dicendo. La decisione di prime cure è stata confermata col decreto della Corte d’Appello di Napoli - 27 maggio 200437, in parte ribadendo le motivazioni esposte in primo grado e in parte equivocando sull’istituto: la Corte sostiene che non avrebbe effetto alcuno la trascrizione del trust in analogia con quella del fondo patrimoniale, dato che la pubblicità di quest’ultimo deriva dall’annotazione a margine dell’atto di matrimonio; aggiunge che gli atti trascrivibili sono tipici per volontà del legislatore (… viene da chiedersi se sia lo stesso “legislatore” che ha ratificato l’art. 12 della Convenzione de L’Aja!) e che non possono trascriversi i diritti dei beneficiari sui frutti dei beni conferiti nel trust (probabilmente indotta in errore dagli appellanti, la Corte prende in considerazione i diritti dei beneficiari, i quali, però, sono estranei alla vicenda della trascrizione, che riguarda esclusivamente il trustee e la pubblicità della sua qualità). Leggendo la conclusione della pronuncia, ci si domanda se sia possibile in Italia (o quantomeno a Napoli) la trascrizione di un trust “straniero” (non rileva se autodichiarato o no, visto che le motivazioni si attagliano a tutti i tipi di trust): stando alla Corte d’Appello di Napoli, sembrerebbe di no, ma così concludendo (e cioè impedendo la 34 La necessaria alterità del trustee rispetto al disponente deriva, invece, dalla constatazione che il trasferimento dei beni in trust può avvenire solo ad un soggetto diverso dal settlor: questo è il fulcro su cui si basano le tesi che propendono per una soluzione negativa al problema dell’ammissibilità del trust autodichiarato. 35 Per sostenere l’ammissibilità del trust autodichiarato, fa leva sull’ultima parte dell’art. 2 una parte della dottrina: L.FUMAGALLI, in AA.VV., Convenzione relativa alla legge sui trusts ed al loro riconoscimento, a cura di A.GAMBARO-A.GIARDINA-G.PONZANELLI, Nuove Leggi Civili Commentate, 1993, pag. 1239 e A.DE DONATO–V.DE DONATO–M.D’ERRICO, Trust convenzionale. Lineamenti di teoria e pratica, Roma 1999, pag. 191. 36 Sulle differenze tra trust e fondo patrimoniale, G.OBERTO, Il Trust familiare, lezione tenuta presso il Master di specializzazione in diritto di famiglia e minorile, svoltosi a Milano l’11 giugno 2005, in http://utenti.lycos.it/giacomo305604/milano11giugno2005trust/relazionemilano.htm; G.OBERTO, Trust e autonomia negoziale nella famiglia, relazione al Convegno di Torino “Autonomia patrimoniale e segregazione patrimoniale nel Trust” del 24 gennaio 2004, in Famiglia e diritto, 2004, fasc. 2, pag. 201 e fasc. 3, pag. 310, e in http://www.geocities.com/CollegePark/Classroom/6218/trust/relazionetorino.htm; C.NASSETTI, I trust di famiglia, relazione svolta al Convegno di Trieste “I Trusts interni – Aspetti operativi” del 23 aprile 2004; C.NASSETTI, Il trust: applicazioni pratiche, relazione svolta a Bologna il 16 febbraio 2001. 37 Corte d’Appello di Napoli 27 maggio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 570.

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trascrizione) l’Italia si sottrarrebbe agli obblighi derivanti dalla Convenzione, prescindendo da ogni disputa sui trust interni. In seguito, col decreto del Tribunale di Napoli – 16 giugno 200538, lo stesso Collegio partenopeo si è ricreduto e ha ammesso la trascrizione di un trust interno con argomentazioni fondate sull’art. 12 della Convenzione de L’Aja.

§ § § Nel regime di pubblicità tavolare si segnalano il decreto del Tribunale di Trento - Sezione distaccata di Cavalese - 20 luglio 200439, il decreto del Tribunale di Trento - Sezione distaccata di Cles - 7 aprile 200540, il decreto del Tribunale di Rovereto - 28 ottobre 200541, il decreto del Tribunale di Trento - Sezione distaccata di Cles - 25 gennaio 200642 e il decreto del Tribunale di Bolzano - Sezione distaccata di Bressanone - 16 agosto 200643: i predetti provvedimenti non si limitano a ribadire implicitamente o esplicitamente che il trust “ha acquisito un diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento”, ma ordinano persino l’annotazione della costituzione in trust e dell’atto istitutivo di trust (il quale contiene la disciplina da cui deriva l’effetto segregativo) secondo la Legge Tavolare. Alcuni autori avevano avanzato dubbi – evidentemente superati dalle citate pronunce – sulla compatibilità del trust con tale forma di pubblicità44. All’opinione di questi ultimi ha invece aderito il decreto del Giudice Tavolare di Cortina d’Ampezzo - 22 marzo 200645: la motivazione richiama il precedente costituito dal Tribunale di Belluno nel settembre 2002 (che si esaminerà nelle pagine seguenti) e si basa sostanzialmente: 1) su una (discutibile) interpretazione dell’art. 13 della Convenzione de L’Aja, norma che non esclude affatto dal proprio ambito di applicazione i trust “interni” (e anzi, proprio questi sono oggetto della disposizione de qua, la quale attribuisce agli Stati una facoltà di “disconoscimento” senza per questo eliminarli dalla portata della Convenzione) e che non ammette l’interpretazione radicale adottata secondo cui sarebbe assolutamente precluso il riconoscimento dei trust il cui unico elemento di estraneità è costituito dalla legge scelta dal disponente; 2) sul preteso insanabile contrasto del trust “interno” con i principi di tassatività dei diritti reali e di responsabilità patrimoniale (l’art. 2740 cod. civ., nell’interpretazione data dal Giudice, è norma assolutamente inderogabile); 3) sulla sostanziale irrilevanza dell’art. 2645-ter cod. civ. (di recente introduzione nel 2006), sia per le “peculiarità” del sistema tavolare (con cui sarebbe

38 Tribunale di Napoli 16 giugno 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 249. 39 Tribunale di Trento - Sez. distaccata di Cavalese 20 luglio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 574. 40 Tribunale di Trento - Sez. distaccata di Cles 7 aprile 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 406. 41 Tribunale di Rovereto 28 ottobre 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 419. 42 Tribunale di Trento - Sez. distaccata di Cles 25 gennaio 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 419. 43 Tribunale di Bolzano - Sez. distaccata di Bressanone 16 agosto 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 60. 44 Del resto, proprio in forza della Convenzione de L’Aja (art. 12) sarebbe indispensabile consentire la pubblicità di un trust “estero” anche nel regime tavolare; se, quindi, un trust “estero” può e deve essere “intavolato”, proprio non si comprendono gli ostacoli per “intavolare” un trust “interno”; sull’argomento, L.PELLEGRINI, Trust interno e pubblicità tavolare, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 565. 45 Giudice Tavolare di Cortina d’Ampezzo - decreto tavolare del 22 marzo 2006 n. 23, in Professione & Trusts. Rivista on-line sul diritto dei trusts, 2005, nr. 5, con nota critica di G.FANTICINI.

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incompatibile “tenuto conto della particolare natura e finalità delle attività di intavolazione rispetto a quelle di trascrizione”), sia per il ristretto ambito di applicazione dell’innovazione legislativa, asseritamente limitata “alla costituzione di patrimoni destinati alla tutela di interessi riferibili al settore sociale nelle sue varie esplicazioni (ricerca scientifica, cura di persone disabili, tutela e promozione della cultura, dell’ambiente e simili)”. Con specifico riguardo all’ultima tesi sostenuta dal Giudice di Cortina d’Ampezzo (le altre motivazioni saranno confutate nel prosieguo), è vero che secondo l’art. 12 del Regio Decreto 28 marzo 1929, n. 499 “le norme del codice civile e delle altre leggi, che non sono compatibili con le norme del presente decreto, non sono applicabili nei territori” delle province appartenute all’Impero Austro-Ungarico (in cui si è mantenuto il sistema tavolare), ma l’estensore del provvedimento avrebbe potuto (e dovuto!) illustrare le ragioni della pretesa incompatibilità dell’art. 2645-ter cod. civ.: infatti, la stessa disposizione del R.D. n. 499 del 1929 statuisce che “tutti i richiami delle leggi estese ai territori indicati nell’art. 1 a trascrizioni, iscrizioni e annotazioni nei registri ipotecari si intendono riferiti alle corrispondenti intavolazioni, prenotazioni o annotazioni previste dalla legge generale sui libri fondiari” e la previsione introduce una sorta di presunzione di compatibilità di tutte le norme sulle trascrizioni (compreso l’art. 2645-ter cod. civ.) col sistema mantenuto in vigore nei territori dell’ex-Impero Asburgico. Insomma, il semplice richiamo alle (innegabili) peculiarità del sistema tavolare costituisce una pseudo-motivazione (o motivazione apparente) che rende apodittica l’affermazione di incompatibilità. Quanto alla limitata portata attribuita all’art. 2645-ter cod. civ., l’interpretazione fornita appare in contrasto con la lettera della legge: è chiaro nel testo (e in claris non fit interpretatio) che gli interessi meritevoli di tutela che giustificano il vincolo di destinazione devono essere “riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche”. La tecnica legislativa è infelice e criticabile perché le “persone con disabilità” sono certamente da annoverare – senza distinzioni – tra le “persone fisiche”46: resta il fatto che non solo alla “cura di persone disabili” si riferisce l’art. 2645-ter cod. civ., né il testo della legge limita l’applicazione al “settore sociale” (come invece si afferma nel decreto). Al contrario, la portata della disposizione è quantomai ampia, dato che, in assenza di limiti soggettivi (tutte le persone fisiche, le amministrazioni pubbliche e gli altri enti), l’unico limite – oggettivo – è dato dal riferimento alla meritevolezza degli interessi da realizzare con l’atto di destinazione. Tra le pronunce più significative (e non solo in ordine alla pubblicità del trust) contrarie al trust si deve annoverare il già citato decreto del Tribunale di Belluno - 25 settembre

46 In proposito anche G.FANTICINI, L’articolo 2645-ter del codice civile: “Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche”, in MONTEFAMEGLIO-MARULLO-FANTICINI-MONEGAT-TONELLI-MANES, La protezione dei patrimoni, Santarcangelo di Romagna, 2009, pagg. 407 ss. e F.GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter, disponibile sul sito Internet http://www.judicium.it/news/ins_08_04_06/Gazzoni,%20nuovi%20saggi.html, il quale rileva: “Sul piano terminologico, inoltre, è singolare (e deplorevole) che si parli di persone con disabilità (ennesimo neologismo per indicare gli handicappati, divenuti poi disabili e poi ancora diversamente abili) come di soggetti distinti e quindi diversi dalle altre persone fisiche”.

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200247, che spicca per la sua articolata motivazione: si trattava di un reclamo nei confronti del diniego di intavolazione opposto dal Giudice Tavolare di Cortina d’Ampezzo nei confronti di un atto di attribuzione di proprietà immobiliari ad un soggetto nella sua qualità di trustee (conferimento di beni – o negozio di dotazione patrimoniale – in un trust “interno” precedentemente costituito). Schematicamente, queste sono le motivazioni che hanno sorretto la decisione di rigetto del reclamo: — secondo quanto dispone l’art. 4 della Convenzione, il trasferimento dei beni in trust è comunque disciplinato dalla legge individuata secondo le ordinarie norme di conflitto e non dalla legge del trust (che, nel caso, in assenza di elementi di estraneità, era la legge italiana); — il Tribunale veneto ha ritenuto che l’atto di cui si richiedeva l’intavolazione si presentasse come una dichiarazione unilaterale diretta a produrre effetti traslativi; in altri termini, poiché la causa dell’attribuzione patrimoniale era esterna al negozio traslativo, l’atto doveva considerarsi come un negozio astratto di trasferimento e, come tale, nullo per difetto di causa; — il Collegio prosegue sostenendo l’assoluta irriconoscibilità di trust che non presentino elementi di estraneità rispetto all’ordinamento interno (al di fuori della legge regolatrice): si interpreta l’art. 13 come un divieto all’uso dell’istituto da parte dei cittadini di uno Stato non-trust in assenza di collegamenti sostanziali con un ordinamento che preveda tale istituto; — alle obiezioni dei reclamanti sulle disparità che conseguirebbero ad un’interpretazione siffatta (i cittadini italiani sarebbero privati di uno strumento utilizzabile in Italia dagli stranieri), il Tribunale ha replicato che la disparità appare giustificata e ragionevole stante la diversità delle situazioni; — infine, l’ordinamento tavolare non consente che sia indicata la qualità di trustee nell’iscrizione nel libro fondiario. La decisione (molto ben motivata) ha certamente individuato i “punti deboli” della dottrina “trustista”. Tuttavia, le obiezioni formulate dal Collegio veneto non appaiono insuperabili: ne danno dimostrazione la sentenza del Tribunale di Bologna del 1° ottobre 2003 (che espressamente confuta le argomentazioni addotte dal Tribunale di Belluno) e – con specifico riferimento al sistema tavolare – le citate decisioni del Tribunale di Trento e, soprattutto, il decreto del Tribunale di Trieste - 23 settembre 200548. La decisione del Giudice Tavolare di Trieste è particolarmente interessante sia per la peculiare vicenda che è stata sottoposta all’esame giudiziale, sia per l’innovativo angolo prospettico da cui il Tribunale ha affrontato le questioni.

47 Tribunale di Belluno 25 settembre 2002, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 255. Gli altri precedenti contrari al trust sono: Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - decreto del 17 luglio 1999, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pagg. 251 ss.; Tribunale di Napoli - decreto del 1° ottobre 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pagg. 74 ss.; Corte d’Appello di Napoli - decreto del 27 maggio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pagg. 570 ss.; Tribunale di Velletri - ordinanza di reclamo del 29 giugno 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pagg. 577 ss.; Giudice Tavolare di Cortina d’Ampezzo - decreto tavolare del 22 marzo 2006 n. 23, in Professione & Trusts. Rivista on-line sul diritto dei trusts, 2005, nr. 5. 48 Tribunale di Trieste 23 settembre 2005, in Guida al Diritto, 2005, n. 41, pag. 57, con nota di commento di G.FANTICINI–A.TONELLI, Il giudice ha il compito di verificare che l’atto sia compatibile con il sistema.

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I disponenti erano la Fondazione CRTrieste e un Comune della provincia triestina (Duino Aurisina): la prima (fondazione di derivazione bancaria), conformemente al proprio statuto, intendeva erogare fondi all’Ente locale per l’ampliamento di un’ala dell’esistente scuola materna da destinare all’istituzione di un reparto per lattanti (dai 3 ai 18 mesi di età); gli strumenti “tradizionali” non offrivano la garanzia di destinare integralmente le risorse alle finalità benefiche predeterminate, dato che la concreta utilizzazione dei fondi da parte dell’ente pubblico era assoggettata alla gestione pubblicistica, ma anche alle lungaggini dei procedimenti burocratici e di funzionamento dell’apparato amministrativo e alle (purtroppo) consuete dispersioni di risorse e inefficienze (è noto che, spesso, a causa degli oneri di gestione sostenuti, i fondi erogati risultano alla fine insufficienti per la realizzazione dell’opera preventivata: ciò influisce negativamente sulla funzionalità del servizio pubblico determinando l’allungamento dei tempi e il superamento dei budget previsti per gli interventi). Peraltro, con la semplice erogazione di un capitale, il soggetto finanziatore non avrebbe avuto alcun potere di influire sui procedimenti interni del soggetto beneficiato che, dal canto suo, avrebbe preferito ricevere il “prodotto finito” (dopo averne dettato, col progetto esecutivo, le linee guida e le caratteristiche tecniche necessarie per la finalità pubblica dell’opera finanziata) piuttosto che dover affrontare i tempi e gli oneri dei procedimenti amministrativi. Per raggiungere gli scopi prefissati eliminando gli svantaggi descritti, è stato individuato nel trust lo strumento che consente, attraverso la gestione patrimoniale affidata ad un terzo (il trustee), l’esecuzione dell’opera su un piano di totale indipendenza gestionale rispetto ai due enti coinvolti; inoltre, per l’effetto segregativo che caratterizza il trust-fund, l’istituto permette di sottrarre le somme erogate alla confusione patrimoniale con il patrimonio dell’ente pubblico. Il trust triestino, quindi, vede quali soggetti attori, da un lato, la Fondazione CRTrieste, che trasferisce in proprietà al trustee nominato la somma di danaro necessaria per realizzare l’ala della scuola destinata ai lattanti, previo accordo con il Comune (e il tecnico da questo incaricato) sugli aspetti tecnici dell’opera ed i relativi costi, e, dall’altro, il Comune di Duino Aurisina, che trasferisce in proprietà al trustee nominato l’esistente bene (pubblico) immobile già adibito a scuola materna. Scopo del trust, il cui raggiungimento è imposto al trustee (che diviene “proprietario” dell’immobile), è la costruzione, con i fondi messi a disposizione dalla fondazione, della nuova ala della scuola e, in seguito alla realizzazione dell’opera, il ritrasferimento della proprietà dell’immobile al Comune; data la natura del bene, l’atto istitutivo vieta assolutamente al trustee di svolgere qualsiasi ulteriore attività (ovviamente, è assolutamente preclusa la possibilità di trasferire il cespite a terzi diversi dall’Ente locale).

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Senza indugiare sui profili di ammissibilità del costituito trust interno49, il Giudice triestino ha analizzato la fattispecie, nell’ambito del controllo proprio del sistema tavolare50, valutando l’atto istitutivo e lo scopo perseguito dalle parti (ritenuto meritevole di tutela) alla luce dei requisiti minimi della Convenzione de L’Aja (artt. 2, 6 e 11), delle norme della legge regolatrice (Legge di Jersey, prescelta ex artt. 6 e 8 della Convenzione) e delle norme imperative e dei principi inderogabili della legge italiana quale legge del foro (art. 15, 16 e 18 Convenzione). In contrasto con la citata pronuncia del Collegio veneto, il Tribunale di Trieste ha giustificato l’intavolazione del trust richiamando l’art. 12 della Convenzione de L’Aja (secondo cui il trustee può richiedere la iscrizione di beni immobili nella sua qualità); con particolare riferimento all’ordinamento tavolare (ai sensi dell’art. 20 lett. h) Regio Decreto n. 499 del 1929, “Formano inoltre oggetto di annotazione: … h) ogni altro atto o fatto riferentesi a beni immobili per il quale le leggi estese o quelle anteriori mantenute in vigore richiedano od ammettano la pubblicità, a meno che questa debba eseguirsi nelle forme dell’art. 9 della presente legge”) è stata disposta non solo l’intavolazione del diritto di proprietà del trustee (con specifica indicazione della sua qualità) ma anche l’annotazione delle condizioni del trust, rendendo così ostensibili ai terzi, come “connotati strutturali del diritto reale”, i limiti e la legittimazione del trustee. Dall’annotazione delle condizioni dell’atto istitutivo nel libro fondiario non discende soltanto l’opponibilità ai terzi dei limiti e della disciplina dell’atto di trust ma anche una formidabile tutela rispetto ad eventuali “infedeltà” del trustee: infatti, il controllo giudiziale operato dal Giudice Tavolare consente, nel sistema del Regio Decreto n. 499 del 1929, un’indagine preventiva sugli effettivi poteri del trustee (come enunciati nell’atto istitutivo) a protezione dei terzi ma, soprattutto, dei beneficiari, poiché anche gli eventuali atti dispositivi compiuti dal trustee devono sottostare al vaglio giudiziale. Si può quindi affermare che il sistema del Regio Decreto n. 499 del 1929 “anticipa” addirittura le tutele che, in altri ordinamenti, sono apprestate a favore dei beneficiari con le azioni reali di tracing (aventi effetti recuperatori del bene anche presso i terzi): non potrebbe addivenire all’iscrizione tavolare (costitutiva dell’effetto traslativo51) l’atto di

49 Nella pronuncia del Tribunale di Trieste si legge: “Le numerose pronunzie giudiziarie di merito, quasi tutte favorevoli all’applicazione del trust, rendono in parte obsoleta sia questa problematica, che, più in generale, la stessa contrapposizione dottrinaria sull’astratta compatibilità dell’istituto con la tradizione giuridica italiana: la diatriba, dopo un rapido sviluppo caratterizzato da toni di confronto poco consoni ad un dibattito scientifico, si è piegata su se stessa, senza produrre risultati di sintesi, acuendo progressivamente le divergenze sino a creare due vere e proprie correnti in irriducibile contrasto. In ogni caso, il superamento della tesi sulla presunta irriconoscibilità di un trust interno, conseguente alla qualifica della Convenzione (o meglio, della legge di ratifica) come norma di diritto internazionale privato, sembra ormai adeguatamente giustificato dalla giurisprudenza di merito (per tutte, Tribunale di Bologna, sent. 1/10/2003, Landini/Trombetti e Sofir S.r.l., pluriedita)”. 50 Come noto, il sistema tavolare vigente nelle province appartenute all’Impero Austro-Ungarico (Regio Decreto 28 marzo 1929 n. 499) prevede che il passaggio di proprietà (così come gli atti modificativi od estintivi di diritti reali) avvenga per effetto dell’intavolazione della cessione (unitamente – come ovvio – alla manifestazione della volontà, la quale, tuttavia, non è di per sé sola sufficiente per il verificarsi dell’effetto traslativo) e la pubblicità tavolare ha, perciò, efficacia costitutiva. 51 Sulla natura costitutiva della pubblicità nel sistema tavolare, vi sono pronunce remote e recenti della Suprema Corte: ex multis Cass. 20 ottobre 1967 n. 2564 e Cass. 7 novembre 2002 n. 15618.

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disposizione del bene immobile conferito nel trust che sia compiuto dal trustee infedele non legittimato a compierlo52. Come si dirà tra poco, dà conferma giurisprudenziale della conclusione ora esposta il successivo decreto del Tribunale di Trieste - 19 settembre 200753 da esaminarsi unitamente al decreto del Tribunale di Trieste - 7 aprile 200654, riguardante il medesimo trust. Nel 2006 era stato presentato al Giudice Tavolare, per la prevista pubblicità immobiliare (intavolazione), un “atto pubblico di dotazione del trust” con cui le parti asserivano di aver precedentemente istituito un trust, di avere nominato trustee la ricorrente e di voler dotare il trust di un bene immobile per perseguire gli scopi (non esplicitati al Giudice Tavolare) enunciati in una scrittura privata registrata (non prodotta né illustrata nei suoi contenuti). Col menzionato decreto del 7 aprile 2006 il Giudice Tavolare55 ha respinto la domanda di intavolazione. Infatti, dato che al Giudice Tavolare spetta un “controllo di legittimità formale e sostanziale” e il compito di valutare “la funzione, la meritevolezza di interessi e la pertinenza dell’operazione” rispetto al fine del trust (il programma negoziale è la “causa in concreto” del trust), la mancata produzione dell’atto istitutivo impediva di verificare in concreto la giustificazione del trasferimento immobiliare in favore del trustee (con i vincoli e i limiti inerenti alla sua qualità); in altri termini, era stato sottoposto al Tribunale esclusivamente il negozio di dotazione56 – non qualificabile come vendita né come donazione né riqualificabile come atto di destinazione ex art. 2645-ter cod. civ.57 – e, cioè, un “atto causalmente astratto” perché slegato dall’atto istitutivo di trust di cui era

52 La trascrizione nel sistema personale non offre pari vantaggi: − l’annotazione della qualità di trustee nel quadro “D” della nota non determina responsabilità del Conservatore dei RR.II. per la trascrizione di atti traslativi da parte del trustee infedele (il controllo del Conservatore è, infatti, puramente formale e non si estende alla verifica della legittimazione a disporre del dante causa); − la responsabilità è solo (ed eventualmente) risarcitoria del Notaio rogante per violazione del combinato disposto degli artt. 28 Legge Notarile e 54 Regolamento Notarile: se si postula l’annullabilità (invero assai dubbia) del trasferimento compiuto, il Notaio può essere ritenuto responsabile per aver rogato atti annullabili (e non assolutamente nulli) conformemente a quanto statuito da Cass. 10 novembre 1992 n. 12081, Cass. 22 ottobre 1990 n. 10256 e Cass. 19 novembre 1993 n. 11404. 53 Tribunale di Trieste 19 settembre 2007, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 42. 54 Tribunale di Trieste 7 aprile 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 417. 55 Si osserva incidentalmente che l’estensore di tutti i menzionati decreti del Tribunale di Trieste è la stessa persona fisica, circostanza che dimostra vieppiù una non ostilità preconcetta o, al contrario, un favore incondizionato del giudicante all’istituto in sé (è bene specificarlo dato che un autore, in dottrina, continua a far congetture sulla “ben nota e spregiudicata lobby del trust interno, assecondata da giudici non rigorosi”; cfr. F.GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter, al sito http://www.judicium.it/news/ins_08_04_06/Gazzoni,%20nuovi%20saggi.html). 56 Sulla distinzione tra atto istitutivo di trust e negozi di dotazione patrimoniale del trust, A.TONELLI, Riflessioni ed esempi concreti sulla tutela processuale nei trusts, relazione al corso di formazione decentrata “Prassi applicative dei trusts interni” svoltosi a Trieste il 17 giugno 2005 (disponibile su http://appinter.csm.it/incontri/relaz/13039.pdf). 57 Il Giudice osserva che l’art. 2645-ter cod. civ. non introduce un nuovo tipo di atto ad effetti reali né dà giustificazione legislativa a un negozio che ha quale unica “causa” l’apposizione di un vincolo di destinazione di certi beni ad interessi meritevoli di tutela. Si tratta di norma che introduce solo un particolare effetto (il vincolo di destinazione), accessorio rispetto agli effetti di un negozio tipico od atipico a cui può (anzi, deve) accompagnarsi.

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accessorio: all’astrattezza del trasferimento immobiliare conseguiva la nullità del negozio (come già affermato dal Tribunale di Belluno col decreto del 25 settembre 2002). Nel 2007 è stata nuovamente avanzata al Giudice Tavolare la medesima istanza di intavolazione che era stata esaminata col provvedimento del 7 aprile 2006; stavolta, però, i ricorrenti producevano l’atto istitutivo di trust (e altri documenti) per consentire al Giudice Tavolare l’esame in concreto del negozio. Il Giudice Tavolare ha accolto la domanda di iscrizione tavolare ma ha esplicitato delle “riserve” perché: a) i conviventi more uxorio erano disponenti, beneficiari (con i figli) e soci di capitale della società di persone (composta dai conviventi e da un socio d’opera, che poteva essere escluso da uno dei soci di capitale) che fungeva da trustee; b) alla società semplice era inibito l’esercizio di attività imprenditoriale e altre clausole statutarie (accrescimento, oggetto sociale, ecc.) suscitavano il dubbio che si trattasse di un mero simulacro; c) l’atto conteneva una clausola flee o flight che consentiva una migrazione del trust verso leggi straniere più consone al (fumoso) interesse dei beneficiari. Nel compiere il giudizio di meritevolezza degli interessi perseguiti col trust (mediante l’esame del programma negoziale del trust stesso) il Giudice Tavolare rilevava che l’istituto era stato impiegato per creare un family trust (anche se vi erano plurimi elementi per sospettare che, in realtà, i disponenti avessero dato vita a un “trust di protezione patrimoniale … connotato ad colorandum da finalità di protezione familiare”) e che, fino a prova contraria58, si doveva presumere la liceità del negozio, anche in ossequio alla libertà contrattuale delle parti: del resto, la tutela della famiglia di fatto, in assenza di identici/analoghi strumenti di diritto interno, giustificava l’assetto degli interessi determinato col negozio. Con specifico riguardo al sistema pubblicitario e al controllo che consente addirittura di anticipare il tracing anglosassone, il provvedimento del 19 settembre 2007 statuisce: “… in regime tavolare, la nota problematica sulla natura obbligatoria o reale dei vincoli imposti al trustee assume valenza piuttosto teorica. Infatti al giudice tavolare spetta il potere-dovere di concedere l’iscrizione tavolare solo se, ai sensi dell’art. 94, co. 1 n. 2, della legge generale sui libri fondiari, nel testo allegato al R.D. 499/1929, “non sussiste alcun giustificato dubbio sulla capacità personale delle parti di disporre dell’oggetto a cui l’iscrizione si riferisce o sulla legittimazione dell’istante”. Qualora, quindi, il trustee decidesse di alienare il bene costituito in trust, o creare altri diritti reali di godimento o garanzia senza rispettare i limiti posti a suo carico, ad esempio cedendolo a terzi diversi dal beneficiario, il giudice tavolare dovrebbe negare l’iscrizione tavolare a favore dell’alienatario, senza porsi tanto il problema della natura reale o personale dei vincoli violati, afferendo comunque essi alla capacità di disporre del bene: non si dimentichi che il regime tavolare sconosce l’istituto della vendita a non domino”.

§ § § Favorevoli all’iscrizione del trust nei Registri delle Imprese sono il decreto del Tribunale di Genova - 24 marzo 199759 - che ammette l’omologazione di una s.r.l. unipersonale

58 Il procedimento di intavolazione – di volontaria giurisdizione in assenza di controinteressati – impediva di approfondire l’analisi … anche se il Giudice non ha nascosto i suoi dubbi su un possibile sham trust o, comunque, su un atto teso a frodare i creditori! 59 Tribunale di Genova 24 marzo 1997, in Giurisprudenza commerciale, 1998, II, pag. 759.

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costituita da un trustee – e il decreto del Tribunale di Bologna - 16 giugno 200360 – che accoglie il reclamo avverso il rifiuto del Conservatore del Registro delle Imprese di iscrivere il trasferimento di una quota di partecipazione in s.r.l. dal disponente di un trust al trustee, rifiuto motivato dal fatto che la Convenzione de L’Aja si applica solo ai trust dotati di effettivi elementi di internazionalità e che i trust interni violano l’art. 2740 cod. civ. e contrastano con il principio del numerus clausus dei diritti reali. Di segno opposto è il decreto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - 17 luglio 199961 che esclude la possibilità di iscrivere un trust cosiddetto “domestico” ritenendo che lo stesso “potrebbe rappresentare un abuso della regola normativa che permette la scelta della legge applicabile” e, di conseguenza, condurre all’elusione di norme imperative come l’art. 2740 cod. civ. Come ha rilevato un attento osservatore62, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere è stato chiamato a decidere di “un caso di ricorso abusivo alla legge straniera … e non è allora mera coincidenza che uno dei due precedenti contrari ai trust interni riguardi un trust auto-dichiarato del quale non si comprendevano né le ragioni né le finalità”. 3.2. I CONNOTATI ESSENZIALI DELL’ISTITUTO: LA TITOLARITÀ DEI BENI IN TRUST E L’EFFETTO

SEGREGATIVO Sulla figura del trustee, e in particolare sulla sua natura di titolare dei beni conferiti nel trust, che è patrimonio separato da quello del trustee stesso e a maggior ragione da quello del disponente (caratteristiche essenziali dell’istituto), ci sono svariate pronunce, remote e recenti. Nell’ordinanza del Pretore di Roma - 13 aprile 199963 (poi capovolta dall’ordinanza di reclamo del Tribunale di Roma - 2 luglio 199964) si legge che il trustee è legittimato, nella sua qualità di possessore o comunque di detentore qualificato, ad esercitare l’azione possessoria per il recupero di certificati azionari65. La sentenza del Tribunale di Brescia - 12 ottobre 200466 coglie perfettamente una delle più importanti caratteristiche del trust: il bene conferito in trust non fa più parte del patrimonio del disponente (il quale perde ogni diritto su questo) ed entra nel patrimonio del trustee da cui resta separato (in forza del vincolo di destinazione impresso dal disponente stesso). La causa riguardava l’accertamento dell’obbligo del terzo pignorato (art. 548 cod. proc. civ.) che, nel caso, era un trustee al quale erano stati trasferiti dal disponente–debitore, con atto avente data certa anteriore al pignoramento ex art. 543 cod. proc. civ., dei beni

60 Tribunale di Bologna 16 giugno 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 580; commento di A.TONELLI, Si apre per i trust interni anche la strada del registro delle imprese, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 560. 61 Tribunale di Santa Maria Capua Vetere 17 luglio 1999, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 251. 62 M.LUPOI, I trust nel diritto civile, Torino, 2004, pag. 268. 63 Pretura Roma 13 aprile 1999, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 83. 64 Tribunale di Roma 2 luglio 1999, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 85. 65 Forse, la pronuncia non coglie un aspetto essenziale: il trustee non è né possessore (o, almeno, non soltanto), né detentore dei beni in trust, ma ne è titolare, anche se detti beni costituiscono un patrimonio separato rispetto al suo patrimonio personale (è questo uno degli “effetti automatici” del trust riconosciuto dalla Convenzione de L’Aja, insieme con la capacità, attribuita al trustee, di agire e di essere convenuto in giudizio e di comparire innanzi alle Autorità nella sua peculiare qualità). 66 Tribunale di Brescia 12 ottobre 2004 in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 83.

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mobili destinati a beneficiare una ONLUS: il Giudice, superate le questioni riguardanti l’ammissibilità dell’istituto nell’ordinamento interno, ha respinto le istanze del creditore pignorante affermando che i beni conferiti nel trust “sono segregati, non appartengono né al settlor né al trustee e pertanto sottratti e inattaccabili dai rispettivi creditori”. Riconosce l’estraneità dei beni in trust al patrimonio del disponente anche l’ordinanza del Tribunale di Siena - 16 gennaio 200767. Il procedimento cautelare riguardava l’assoggettabilità a sequestro conservativo – richiesto da un creditore del disponente – di quote sociali, “già validamente trasferite (rectius costituite in trust)”; il Giudice ha ritenuto che il vincolo impresso col trust – “vigente ed operativo” sino a una sua eventuale caducazione per annullamento o revocazione – impedisse l’adozione della richiesta misura cautelare68. In termini non dissimili si esprime l’ordinanza del Tribunale di Milano - Sezione distaccata di Legnano - 8 gennaio 200969: il Giudice rigetta, infatti, la domanda di sequestro conservativo avanzata dal creditore del disponente, osservando, peraltro, che il periculum in mora è escluso dalla natura stessa del trust, strumento che impedisce la confusione del patrimonio sociale con quella del trustee e che, nel caso, ha lo scopo di liquidare l’azienda a beneficio dei creditori. Quanto al fumus, il giudicante respinge i sospetti di nullità del trust liquidatorio istituito dalla società resistente, trattandosi di valido strumento idoneo a tutelare l’interesse dei creditori. Notevoli similitudini e qualche differenza si rinvengono nella successiva ordinanza del Tribunale di Alessandria - 24 novembre 200970, con la quale viene respinto il ricorso per sequestro ex art. 2905 cod. civ. (dei beni in trust) avanzato da uno dei creditori: al trust liquidatorio – che non costituisce strumento di sottrazione della garanzia patrimoniale qualora le finalità dell’atto istitutivo siano proprio quelle di soddisfare i creditori – deve riconoscersi natura onerosa e, quindi, per la sua revoca occorre la prova del consilium fraudis da parte del terzo. A proposito della tutela dei terzi dall’abusivo ricorso alla figura del trust, si deve menzionare l’ordinanza del Tribunale di Firenze - 6 giugno 200271 che ha invece autorizzato il sequestro conservativo – ex art. 2905 cod. civ. – dei beni conferiti in trust dal disponente–debitore, provvedimento cautelare emesso dopo la prognosi positiva sull’esito dell’azione revocatoria ordinaria (art. 2901 cod. civ.) già promossa dal creditore. Se il sequestro conservativo dei beni in trust trova valida giustificazione nel fumus boni iuris della revocatoria, è ovvio che l’esperimento vittorioso dell’azione ex art. 2901 cod. civ. consente al creditore del disponente di aggredire col pignoramento i cespiti trasferiti al trustee: così si è chiaramente espressa l’ordinanza del Tribunale di Torino (Ufficio Esecuzioni Immobiliari) - 5 maggio 200972, nella quale – oltre a ribadire che la titolarità

67 Tribunale di Siena 16 gennaio 2007, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 266. 68 Il Giudice afferma che il riconoscimento del fumus è subordinato all’esperimento vittorioso di un’azione revocatoria; in realtà, l’art. 2905 comma 2° cod. civ. non richiede l’accoglimento della revocatoria ma pone, come presupposto della domanda cautelare, l’avvenuta proposizione della revocatoria. 69 Tribunale di Milano - Sez. distaccata di Legnano 8 gennaio 2009, disponibile su http://www.unijuris.it/files/giuris/Tribunale%20di%20Legnano%208%20gennaio%202009.pdf. 70 Tribunale di Alessandria 24 novembre 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 171. 71 Tribunale di Firenze 6 giugno 2002, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 256. 72 Tribunale di Torino (Ufficio Esecuzioni Immobiliari) 5 maggio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 92.

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dei beni appartiene al trustee e non più al disponente – il Giudice dell’Esecuzione fa corretta applicazione dei principi in tema di revocatoria, affermando (come il Tribunale di Siena) che il trust sussiste fintanto che non è dichiarato invalido o inefficace (come nel caso in esame, per effetto della revoca), e indica la procedura espropriativa contro il terzo proprietario (artt. 602-604 cod. proc. civ.) quale strumento processuale da impiegare. È evidente che, nella fattispecie, è stata respinta l’istanza di sospensione del processo esecutivo avanzata dall’opponente trustee.

§ § § Anche la giurisprudenza penale si è trovata a dirimere questioni latamente attinenti al trust e alle sue caratteristiche, tanto che – dopo la già citata sentenza del 1899 – proviene dalla Sesta Sezione Penale la prima pronuncia della Corte Suprema di Cassazione sull’argomento. Con il decreto del Giudice per le Indagini Preliminari di Torino - 19 gennaio 200473

(poi confermato dall’ordinanza del Tribunale del Riesame di Torino - 9 febbraio 200474) veniva disposto il sequestro preventivo di immobili vincolati in trust da parte di un soggetto appena uscito soccombente da un procedimento arbitrale: il reato ipotizzato era quello previsto dall’art. 388 comma 1° cod. pen., dato che il settlor aveva compiuto atti dispositivi (il conferimento in trust di beni immobili con tempi e modalità “sospetti”) e così sottratto fraudolentemente ai creditori la garanzia patrimoniale75. Avverso la decisione del Tribunale ricorrevano gli indagati: la sentenza n. 48708 della Corte di Cassazione (Sesta Sezione Penale) - 18 dicembre 200476 tratteggia gli elementi essenziali del trust (e della Convenzione de L’Aja, ratificata con Legge 16 ottobre 1989 n. 364) espressamente richiamando l’effetto segregativo (“il disponente pone determinati suoi beni sotto il controllo del trustee a beneficio di un terzo o per il raggiungimento di uno scopo, ma tali beni non entrano a far parte del patrimonio del trustee, rimanendone separati … essi formano un patrimonio separato o di scopo”), i doveri (“il trustee è investito del potere di amministrare, gestire e disporre del bene del settlor – disponente secondo le norme dell’atto istitutivo del trust e le prescrizioni di legge, con obbligo di essere chiamato a rendere il conto”) e i poteri (“il trustee può agire o essere convenuto in giudizio nella sua qualità”) del trustee e la scelta della legge regolatrice (“… come risulta dai relativi atti istitutivi, tutti i trusts sono sottoposti alle norme della legge sopra richiamata e tramite essa alla legge inglese per ciò che riguarda il trust e cumulativamente alla legge italiana e a quella inglese per quanto riguarda le obbligazioni e la responsabilità del trustee”); la Suprema Corte ha confermato il sequestro preventivo, anche perché “affermare che i beni devoluti al trustee sarebbero pur sempre soggetti alla azione revocatoria significa confermare che quei beni sono usciti dal patrimonio del debitore ed è quindi certamente profilabile il reato di cui all’art. 388, primo comma, c.p., in quanto la deduzione implica proprio che i beni conferiti nel trust sono usciti dal patrimonio del 73 Giudice per le Indagini Preliminari di Torino 19 gennaio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 412. 74 Tribunale (del Riesame) di Torino 9 febbraio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 414. 75 Pur non esaminando il trust sotto profili civilistici, il Tribunale piemontese racchiude in una frase l’essenza dell’effetto segregativo: “Quanto alle esigenze cautelari, la difesa ha sostenuto che manchi il periculum in mora, affermando che il bene immobile, per sua natura, è sempre reperibile. Non si condivide affatto questa impostazione posto che, se il bene – per qualifica che il trust gli attribuisce – diventa non aggredibile dai creditori, il fatto che sia reperibile si traduce in una beffa”. 76 Corte di Cassazione 18 dicembre 2004 n. 48708, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 574.

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debitore e non sono, quindi, più soggetti alla azione esecutiva sui beni del disponente devoluti al trustee”; peraltro, “la trascrizione dell’atto di sequestro nei registri immobiliari era certamente idonea a bloccare – di fatto – ulteriori passaggi dei beni devoluti al trustee o, comunque, altri atti di disposizione – eventualmente con l’assenso del disponente e/o del beneficiario – che avrebbero potuto rendere vana o maggiormente aleatoria ogni azione revocatoria a causa dei diritti vantabili da terzi in buona fede (art. 2901, comma primo, n. 2, cod. civ.)”. Il sequestro preventivo è stato poi confermato dal Giudice territorialmente competente (“in relazione al luogo di consumazione del reato, individuabile in quello ove sono stati istituiti i trusts e devoluti i beni [perché] … le successive formalità relative alle registrazioni nonché alle trascrizioni degli atti istitutivi presso le competenti Conservatorie dei Registri Immobiliari costituiscono un’attività volta a rendere opponibili gli effetti di tali atti simulati o fraudolenti, comunque già definitivamente perfezionati e determinanti la consumazione del reato”) con il decreto del Giudice per le Indagini Preliminari di Grosseto - 6 febbraio 200477. Usi distorti del trust erano stati già esaminati nel decreto del Giudice per le Indagini Preliminari di Alessandria - 5 aprile 200078 (poi confermato, nella sostanza, dall’ordinanza del Tribunale del Riesame di Alessandria - 2 maggio 200079) che avevano disposto il sequestro preventivo di beni “segregati” tramite l’istituzione di un trust. Mirabile è anche la motivazione della sentenza del Tribunale (penale) di Venezia - 4 gennaio 200580: si tratta dell’assoluzione di un professionista dalle imputazioni di truffa,

77 Giudice per le Indagini Preliminari di Grosseto 6 febbraio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 416; la pronuncia contiene un limpido estratto dei principi fondamentali del trust: “In estrema sintesi l’istituto del trust, di derivazione anglosassone, è un negozio che ha una causa tipica di per sé del tutto lecita e neutra rispetto alle ulteriori finalità perseguite, che è quella di trasferire il c.d. trust-fund al trustee, quale unico soggetto titolare dei poteri di gestione ed amministrazione dei beni conferiti nel trust, al contempo privando, per tutta la durata del contratto, il disponente degli originari poteri di godimento e controllo del bene che egli aveva quale proprietario (e questo anche nei casi in cui il beneficiario coincida con il disponente, in quanto il beneficiario è comunque titolare di un diritto di natura obbligatoria). Nello schema tipico, pertanto, la caratteristica essenziale del trust è quella della effettiva perdita da parte del disponente dei beni conferiti, con il relativo potere di controllo e gestione e questa perdita costituisce, per così dire, la controparte per assicurare al disponente medesimo gli indubbi vantaggi connessi alla scelta di questo istituto negoziale, quale quello della non aggredibilità dei beni conferiti da parte dei creditori del disponente ovvero di quelli del trustee. Orbene, appare di tutta evidenza come l’utilizzo di questo negozio giuridico si possa prestare ad essere asservito a finalità elusive, quale quella di nascondere ai creditori la piena disponibilità di un bene ovvero di un patrimonio, con una deviazione da quella caratteristica essenziale innanzi indicata”. 78 Giudice per le Indagini Preliminari di Alessandria 5 aprile 2000, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 375. 79 Tribunale (del Riesame) di Alessandria 2 maggio 2000, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 377. 80 Tribunale di Venezia 4 gennaio 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 245. La sintesi contenuta nella motivazione è un brillante esempio di chiarezza argomentativa e pare opportuno, dunque, riportare di seguito alcune delle frasi più significative: “la peculiarità della situazione porta ad affermare che il trustee è titolare di un diritto reale senza … esserne proprietario, poiché proprietario è il trust. … Il trustee è titolare di un diritto reale non nell’interesse proprio, ma nell’interesse altrui … Non vi è la nascita di un nuovo diritto reale, né uno sdoppiamento del diritto di proprietà, ma il semplice trasferimento di un diritto reale da un soggetto ad un altro che accetta detto trasferimento come collegato – e questo è essenziale – ad un obbligo di amministrazione e di gestione”; “Si ha un trust validamente costituito anche qualora la qualità di costituente e beneficiario confluiscano nella stessa persona”; “Quale sia stato l’ingiusto profitto avente carattere patrimoniale che lo Z. [imputato] ha conseguito per effetto della pura e semplice nascita del trust

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appropriazione indebita e tentata estorsione (per aver consigliato ad una cliente di istituire un trust pur non essendo questa pienamente consapevole degli effetti giuridici conseguenti e per essersi rifiutato – come trustee – di restituire al disponente i beni conferiti in trust, se non dietro la dazione di una somma di denaro) in cui il Giudice veneto analizza le fattispecie delittuose in esame sotto aspetti prettamente civilistici, pronunciandosi espressamente sulla questione relativa all’ammissibilità del trust interno (definito come “un trust che abbia localizzazione preponderante dei beni, della sede dell’amministrazione e delle residenze dei beneficiari in un ordinamento diverso da quello scelto dalle parti per disciplinarlo”): “Il Tribunale non ha rilevato cause evidenti di invalidità ed in particolare cause ostative al riconoscimento di tali trust quand’anche aventi carattere interno … Tale norma [art. 13 della Convenzione de L’Aja] non dispone affatto un divieto di riconoscimento di un trust che presenti quelle determinate caratteristiche, bensì una facoltà di diniego del riconoscimento. La discussione su chi sia il destinatario di tale precetto appare poi (ed è sotto il profilo pratico), del tutto sterile, dal momento che tale norma – così com’è – non può praticamente operare nei confronti dei Giudici che non possono certo essere destinatari di una facoltà se non nei casi in cui una legge “applicativa” indichi loro i criteri, non certo discrezionali, cui adeguare tale facoltà. È quindi nel giusto chi afferma che l’art. 13 della Convenzione prevede una norma di carattere internazionale facoltativo, e cioè una norma non direttamente utilizzabile dal Giudice, in quanto non dotata di carattere self-executive. Essa è quindi destinata ad operare solo in presenza e nell’ambito di un espresso intervento normativo dello Stato lì dove lo stesso, non essendo di tradizione common law, non disponga già di una sua regolamentazione specifica del fenomeno … Il trust interno, di per sé pacificamente e del tutto legittimo, potrebbe essere oggetto di un disconoscimento solo ed esclusivamente nei casi in cui venisse accertata la sua eventuale incompatibilità con l’ordinamento nazionale”. 3.3. L’AMMISSIBILITÀ DEL TRUST INTERNO NELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI BOLOGNA N.

4545 DEL 1° OTTOBRE 2003 Numerosi dubbi sull’ammissibilità del trust c.d. “interno” sono stati fugati dalla sentenza n. 4545 del Tribunale di Bologna – 1° ottobre 200381, che non manca di confutare le contrarie tesi dottrinali, abbracciate l’anno precedente dal Tribunale di Belluno. Il caso riguardava una controversia tra due coniugi, uno dei quali aveva costituito un trust conferendovi le proprie quote di comproprietà su alcuni cespiti immobiliari in

… non è dato sapere … a meno che non si voglia alludere all’assunzione in capo a lui della qualifica di trustee ovvero alla nascita di un diritto a vedere onorata la propria attività, eventi entrambi privi del requisiti della illiceità”; “Per effetto del trust il trustee diviene titolare del diritto reale di proprietà dei beni, lì dove l’ordinamento penale, ed in particolare proprio la fattispecie prevista dall’art. 646 cod. pen., prevede e pretende “l’altruità della cosa”, altruità che nel caso concreto non vi era affatto”; “E qui si manifesta l’errore di fondo della ricostruzione accusatoria secondo la quale la condotta restitutoria era dovuta in forza del patto fiduciario … In realtà, una volta affermata la validità del trust è proprio il suo statuto interno a non prevedere, fra gli obblighi del trustee, quello della restituzione dei beni ivi segregati a semplice richiesta del settlor. La restituzione sic et simpliciter delle risorse era, quindi, una condotta giuridicamente inesigibile”. 81 Tribunale di Bologna 1° ottobre 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 67; il Giudice della causa era il medesimo che già in precedenza si era occupato del trust, avendo redatto il menzionato decreto del 28 aprile 2000); all’elaborazione a stesura della sentenza ha collaborato l’estensore di questo scritto, allora uditore giudiziario.

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comunione legale; come si evince dalla seconda parte della sentenza non emergevano intenti frodatori del marito-convenuto, né la parte attrice ha sostenuto che vi fosse uno scopo truffaldino (era assai diversa l’opinione sul momento in cui cessa la comunione). La prima doglianza della moglie-attrice era tesa alla declaratoria di invalidità o irriconoscibilità del trust dalla quale sarebbe derivato, ovviamente, il travolgimento di tutti gli atti dispositivi compiuti dal marito: i motivi allegati (ai quali si è limitata l’indagine del Tribunale) riguardavano la presunta non riconducibilità del trust de quo alla Convenzione de L’Aja (perché trust interno, privo di elementi di estraneità, disciplinato dalla legge inglese, scelta ad libitum dal disponente) e il presunto contrasto degli effetti dell’istituto con le norme imperative ed inderogabili del sistema interno (segnatamente, l’art. 2740 cod. civ.). 3.3.1. La ratio della decisione Il punto di partenza dal quale prende le mosse la decisione è costituito dalla Convenzione de L’Aja del 1985 con la conseguente ratifica legislativa, la quale attribuisce l’efficacia di norme di rango primario alle disposizioni convenzionali: infatti, il primo criterio interpretativo al quale il Giudice deve ricorrere è infatti quello logico-sistematico e si è ritenuto che fosse inevitabile attribuire rilievo alla volontà del legislatore italiano di dare, con la firma e la ratifica della Convenzione, pieno ingresso al trust, istituto che è sì estraneo al nostro ordinamento, ma, proprio per la determinazione legislativa contenuta nella Legge n. 364 del 1989, conciliabile col nostro diritto positivo. È stato, dunque, il legislatore, seppure nella generica formulazione dell’art. 2 della Convenzione, a dare al trust “amorfo” (o “shapeless”) una causa tipica (si intende la causa “astratta”, dato che la causa “in concreto” è delineata dal programma negoziale di ogni singolo atto di trust) e a riconoscere la meritevolezza degli interessi tutelati col trust. In altre parole, il legislatore ha inteso recepire in toto nell’ordinamento la Convenzione de L’Aja e, quindi, il Giudice non può non attribuire fondamentale rilevanza a tale atto. In secondo luogo, la ratio legis è stata vagliata sotto il profilo dell’art. 3 della Costituzione e delle finalità, tutt’altro che recondite, che il legislatore nazionale si era prefisso: se l’Italia ha sottoscritto la Convenzione sul trust (forse “in modo affrettato”, come sostiene qualcuno in dottrina) è, in definitiva, per accrescere la propria capacità di attrarre investimenti dall’estero; tale scopo sarebbe evidentemente frustrato se proprio i cittadini italiani, per potere godere dei benefici dell’istituto, dovessero istituire i propri trust (altrimenti “interni”) in paesi stranieri (utilizzando, quale elemento di estraneità, la sede/residenza del trustee) così trasferendo all’estero la gestione ed amministrazione di capitali e immobili. 3.3.2. Definizione dei trusts interni Si trattava, come detto, di un trust interno sebbene vi fosse qualche elemento di estraneità (il domicilio del disponente e la cittadinanza e residenza di uno dei beneficiari si trovavano nella Repubblica di San Marino). Poiché i (limitati) caratteri di estraneità erano stati specificamente sottoposti all’attenzione del giudicante, il Tribunale ha ritenuto di impiegare i parametri previsti dall’art. 7 della Convenzione (norma che, in realtà, serve esclusivamente per determinare la legge con cui il trust ha il collegamento più stretto e solo nel caso in cui questa non sia stata

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individuata dal disponente) per dirimere la questione sulla qualificazione del trust come “interno” od “esterno” Nel caso, erano italiani il luogo di amministrazione del trust designato dal disponente, l’ubicazione dei beni trasferiti, il domicilio del trustee, il luogo dove doveva essere realizzato lo scopo del trust. 3.3.3. La libera scelta della legge regolatrice Secondo il Giudice bolognese la libertà incondizionata di scelta della legge regolatrice attribuita al disponente costituisce il pilastro della Convenzione de L’Aja; difatti, non ha senso affermare che la Convenzione riguarda esclusivamente i trust “stranieri”. Un’attenta lettura del testo convenzionale fornisce la dimostrazione dell’assunto. L’art. 6 della Convenzione de L’Aja prevede che la scelta della legge regolatrice sia operata dal disponente e, nel solo caso in cui questa scelta non sia stata fatta, è possibile far ricorso alla normativa del paese di più stretto collegamento secondo l’art. 782. Il precedente art. 5 della Convenzione de L’Aja83 (il quale richiama il capitolo II del testo convenzionale, nel quale si trovano gli artt. 6 e 7) induce a ritenere (ragionando a contrario) che la disciplina convenzionale trovi sempre applicazione, purché la legge scelta dal disponente (art. 6) o quella altrimenti individuata (in subordine e nel solo caso di mancata scelta o di opzione ricadente su un ordinamento non-trust) secondo i criteri di “collegamento più stretto” (art. 7) prevedano il trust in questione. Emerge quindi dall’analisi della disciplina convenzionale la prova dell’applicabilità della Convenzione indipendentemente dal collegamento più stretto e la dimostrazione che l’opzione del disponente sulla legge regolatrice può prescindere sia dal luogo di amministrazione del trust, sia dall’ubicazione dei beni in trust, sia dalla residenza/domicilio del trustee, sia dal luogo in cui lo scopo del trust deve essere realizzato (diversamente opinando non si riuscirebbe ad attribuire significato al rinvio effettuato dall’art. 5 all’intero capitolo II della Convenzione e alla distinzione tra le ipotesi disciplinate dagli artt. 6 e 7). In definitiva, la scelta della disciplina regolatrice è assolutamente libera e la preferenza per una legge straniera costituisce di per sé un sufficiente “elemento di estraneità” per l’applicazione della Convenzione84: come già affermato da autorevole dottrina85, anche il Tribunale di Bologna statuisce espressamente che “non esiste il trust che, retto da una legge straniera, sia «non abbastanza straniero» per alcun effetto previsto dalla Convenzione”.

82 Articolo 6: “Il trust è regolato dalla legge scelta dal disponente. La scelta deve essere espressa oppure risultare dalle disposizioni dell’atto che istituisce il trust o ne fornisce la prova, interpretate se necessario alla luce delle circostanze del caso. Qualora la legge scelta in applicazione al precedente comma non preveda l’istituto del trust o la categoria del trust in questione, tale scelta è senza effetto e verrà applicata la legge di cui all’art. 7.” Articolo 7: “Qualora non sia stata scelta alcuna legge, il trust sarà regolato dalla legge con la quale ha collegamenti più stretti. Per determinare la legge con la quale il trust ha collegamenti più stretti, si fa riferimento in particolare …”. 83 Articolo 5: “La Convenzione non si applica qualora la legge specificata al capitolo II non preveda l’istituto del trust o la categoria di trust in questione”. 84 Dà conferma di questa interpretazione anche l’esame dei lavori preparatori. 85 M.LUPOI, Introduzione ai trusts: diritto inglese, Convenzione dell’Aja, diritto italiano, Milano, 1994.

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3.3.4. La causa dell’atto istitutivo e del conferimento in trust Il Tribunale di Bologna nega decisamente che gli atti di conferimento di beni nel trust possano essere intesi come negozi astratti di trasferimento (è una delle tesi sostenute dalla citata pronuncia del Tribunale di Belluno) in quanto la causa (causa fiduciae) si deve rinvenire nel collegato e oramai “tipicizzato” (quantomeno nelle forme del trust shapeless) negozio istitutivo di trust86. Peraltro, la Cassazione (con la sentenza n. 10612 del 1991) non esclude la configurabilità di negozi traslativi atipici87, purché sorretti da causa lecita ex art. 1322, comma 2°, cod. civ., e l’estensione di tale norma agli atti unilaterali potrebbe avvenire, secondo una corrente dottrinale, in forza dell’art. 1324 cod. civ. Del resto, nel caso di specie, il trust era stato costituito contestualmente e uno actu con il conferimento dei beni e, pertanto, non era nemmeno necessario derivare ab externo la causa del trasferimento88. 3.3.5. L’art. 13 della Convenzione de L’Aja e la facoltà di non riconoscere i trusts interni Sull’interpretazione da dare all’art. 1389, il Tribunale di Bologna ha scartato l’interpretazione radicale (adottata invece dal Giudice Tavolare di Cortina d’Ampezzo)

86 Dubbioso e critico (sulla possibilità di individuare nella causa fiduciae un’idonea causa traslativa del negozio, ma non sulla possibilità di un negozio traslativo a causa esterna) è G.OBERTO, Il Trust familiare, lezione tenuta presso il Master di specializzazione in diritto di famiglia e minorile, svoltosi a Milano l’11 giugno 2005, in http://utenti.lycos.it/giacomo305604/milano11giugno2005trust/relazionemilano.htm: “Il negozio traslativo a causa esterna non pare tout court incompatibile con il nostro ordinamento. Come si è esattamente rilevato in dottrina, l’art. 1376 cod. civ. agevola le parti, ma non può vincolarle contro la loro stessa volontà. Del resto, che il principio consensualistico possa essere derogato si desume anche dal secondo comma dell’art. 1465 cod. civ. (in materia di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione), che consente che l’effetto traslativo o costitutivo sia differito fino allo scadere di un termine, nonché dalla ammissibilità nel nostro ordinamento, della clausola che eleva il pagamento del prezzo a condizione sospensiva di efficacia del contratto. Come peraltro precisato in dottrina, il richiamo in parte qua alla questione del negozio traslativo astratto va riferito al tema circa la possibilità per la causa fiduciae di ergersi ad idonea causa (esterna) traslativa nel nostro ordinamento relativamente ai rapporti tra fiduciante e fiduciario”. Tuttavia, lo stesso autore (nel medesimo testo) afferma: “la causa esterna nella fiducia potrebbe forse rinvenirsi in un mandato senza rappresentanza tra fiduciante e fiduciario, configurando, quale negozio che il mandatario-fiduciario si obbliga ad eseguire per conto del mandante, proprio il successivo ritrasferimento al mandante o ad un terzo A ciò s’aggiunga che oggi il D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 170, emanato in attuazione della direttiva 2002/47/CE relativa ai contratti di garanzia finanziaria, riconosce espressamente il «trasferimento della proprietà di attività finanziarie con funzione di garanzia» e ciò addirittura con espressa deroga al divieto del patto commissorio (cfr. art. 6 d.lgs. cit.)”. 87 Non è certo recente la tesi dottrinale – C. GRASSETTI, Del negozio fiduciario e della sua ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico, in Rivista di Diritto Commerciale, 1936, I, pag. 945 – che sostiene: “In base al principio generale dell’autonomia privata, le parti possono dar luogo a negozi atipici anche con efficacia reale. La causa fiduciae, perfettamente lecita in forza della libertà di contrarre delle parti e dell’autonomia privata, è una causa idonea al trasferimento ed è una causa unitaria, perché il trasferimento è effettuato a scopo fiduciario e quindi la fiducia ne è la ragione economico-sociale (cioè la causa)”. 88 Occorre dar conto, però, di alcune perplessità – espresse anche da autori favorevoli al trust – sulla validità della disgiunzione logica e cronologica tra l’atto istitutivo e il negozio di dotazione: v. A.TONELLI, Riflessioni ed esempi concreti sulla tutela processuale nei trusts, relazione al corso di formazione decentrata “Prassi applicative dei trusts interni” svoltosi a Trieste il 17 giugno 2005 (disponibile su http://appinter.csm.it/incontri/relaz/13039.pdf).

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secondo cui sarebbe assolutamente precluso il riconoscimento dei trust interni, perché ciò si porrebbe in netto contrasto con l’asserita libertà di scelta della legge regolatrice che resta libera anche in presenza di elementi di collegamento con un paese non-trust (in forza dell’illustrata interpretazione congiunta degli artt. 5, 6 e 7 della Convenzione). Secondo una tesi dottrinale l’art. 13 darebbe facoltà ai legislatori degli Stati aderenti di apporre riserve, non apposte dall’Italia in sede di ratifica della Convenzione (con la Legge 9 ottobre 1989, n. 364): se così fosse, proprio la disposizione invocata nel provvedimento in commento dovrebbe ritenersi inapplicabile e la motivazione su questa fondata sarebbe palesemente errata90. Secondo un’altra corrente dottrinale, la norma costituirebbe invece una disposizione rivolta anche agli organi giurisdizionali per i casi via via sottoposti all’interprete. Il Tribunale felsineo ha aderito a questa seconda opzione ermeneutica, che pareva più conforme ai principi del diritto internazionale pattizio (secondo i quali pacta sunt servanda da parte degli Stati nei loro complessivi apparati che comprendono gli interni organi legislativi, esecutivi e giudiziari). Rileva, comunque, che l’autorità giudiziaria è sottoposta alla legge e, per questa ragione, il potere di negare il riconoscimento di un trust retto da una disciplina straniera – così disapplicando la scelta effettuata del disponente – può essere esercitato solo conformemente alla legge stessa (nel caso la Legge n. 364 del 1989, di ratifica della Convenzione) e solo qualora la scelta sia stata operata fraudolentemente (in una simile ipotesi il riconoscimento del trust sarebbe ripugnante all’ordinamento): “Rientra anche nei poteri del giudice, dunque, fare applicazione dell’art. 13; tuttavia, l’utilizzo di detta norma, lungi dall’essere obbligatorio o – al contrario – «capriccioso», potrà avvenire soltanto in maniera conforme alla ratio del legislatore della ratifica e, quindi, anche in ossequio al principio di salvaguardia dell’autonomia privata, al solo fine di evitare il riconoscimento di trust “interni” che siano disciplinati da legge straniera con intenti abusivi e/o fraudolenti. In altri termini, non sarà sufficiente rilevare la presenza di un trust i cui elementi significativi siano più intensamente collegati con lo Stato italiano per disapplicare la legge scelta per la sua disciplina e per la sua costituzione evitando di riconoscerne gli effetti, ma sarà, invece, necessario desumere un intento in frode alla legge, volto, cioè, a creare situazioni in contrasto con l’ordinamento in cui il negozio deve operare. Proprio questa, in definitiva, pare essere l’interpretazione più corretta da dare all’art. 13 della Convenzione: quella di «norma di chiusura»“. Non costituisce, invece, valido motivo per il diniego del riconoscimento il solo rinvio alla legge straniera per la regolamentazione di un trust che non presenti elementi di estraneità, dato che tale ipotesi è espressamente contemplata dalla Convenzione. In definitiva, ai sensi degli artt. 15, 16 e 18 del testo convenzionale (disposizioni generali di “protezione” dell’ordinamento interno), qualora i trust riconosciuti (anche quelli interni) producano effetti contrastanti con norme inderogabili o di applicazione necessaria della lex fori o con principi di ordine pubblico del foro, l’applicazione della legge straniera dovrà cedere il passo a quella della legge interna

89 Articolo 13: “Nessuno Stato è tenuto a riconoscere un trust i cui elementi importanti, ad eccezione della scelta della legge da applicare, del luogo di amministrazione e della residenza abituale del trustee, sono più strettamente connessi a stati che non prevedono l’istituto del trust o la categoria del trust in questione”. 90 È la tesi espressa da Tribunale di Venezia 4 gennaio 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 245.

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Qualora, invece, un trust “interno” (necessariamente regolato da legge straniera difettando una legge italiana sul trust) produca effetti ripugnanti per l’ordinamento che non siano colpiti dagli artt. 15, 16 e 18, è possibile negare tout court il riconoscimento, il quale diviene, a tali condizioni, inesigibile91. 3.3.6. L’unitarietà della garanzia patrimoniale Nella sentenza si affronta, da ultimo, la questione della presunta contrarietà all’art. 2740 cod. civ. dell’effetto segregativo tipico dei trust: si adducono plurime motivazioni a sostegno della soluzione adottata, non perché il Giudice non era convinto dell’una o dell’altra (come qualcuno ha sostenuto92), bensì perché tutte conducono al medesimo risultato. In primis, l’effetto segregativo è espressamente previsto dalla Convenzione all’art. 11 e, pertanto, secondo una parte della dottrina, il testo convenzionale assume sul punto la natura di norma di diritto materiale uniforme: solo così si spiega, difatti, il motivo per cui la Convenzione sancisce espressamente l’effetto minimo ed automatico della distinzione del patrimonio in trust da quello del trustee, caratteristica che è essenziale ai trust tradizionalmente conosciuti nei paesi di common law e che, perciò, non sarebbe stato necessario ribadire (se non per significare che la disposizione convenzionale fa ingresso nell’ordinamento interno per tutti i trust riconosciuti dalla Convenzione). In secondo luogo, per la sentenza in commento, la deroga all’art. 2740 cod. civ. è stata espressamente introdotta (come richiede la riserva di legge prescritta dalla norma citata) dalla Legge n. 364 del 1989. Seppure come obiter dictum, si è fatto riferimento alla teoria dottrinale secondo la quale gli artt. 2 e 11 della Convenzione de L’Aja hanno introdotto nel nostro ordinamento una nuova forma di proprietà: la proprietà “finalizzata” o “qualificata” alla quale mal si accompagna il concetto tradizionale di patrimonio a cui si riferisce l’art. 2740 cod. civ.: “L’effetto segregativo si verifica perché i beni conferiti in trust non entrano nel patrimonio del trustee se non per la realizzazione dello scopo indicato dal settlor e col fine specifico di restare separati dai suoi averi (pena la mancanza di causa del trasferimento). Pertanto, non può parlarsi di acquisizione al patrimonio del trustee di detti beni (nemmeno come beni futuri): si tratta, insomma, di una proprietà «qualificata» o «finalizzata», introdotta dagli artt. 2 e 11 della Convenzione de L’Aja in aggiunta a quella conosciuta dal codice civile del 1942 (che, in realtà, già prevede fattispecie

91 G.OBERTO, Il Trust familiare, lezione tenuta a Milano l’11 giugno 2005 al Master di specializzazione in diritto di famiglia e minorile, sul sito http://utenti.lycos.it/giacomo305604/milano11giugno2005trust/relazionemilano.htm: “La scelta non potrà dunque sortire l’effetto di eludere l’applicazione delle norme cogenti (si badi: quelle cogenti e non solo quelle di ordine pubblico) del paese con cui il contratto è collegato in via esclusiva, proprio al fine di evitare che i soggetti di un rapporto giuridico privo di elementi di estraneità possano sfuggire all’applicazione delle norme imperative attraverso la designazione di una legge straniera”. 92 Come afferma V.MARICONDA, Contrastanti decisioni sul trust interno: nuovi interventi a favore ma sono nettamente prevalenti gli argomenti contro l’ammissibilità, in Corriere Giuridico, 2004, n. 1, pag. 91: “Quanto poi all’elenco di riforme legislative proposto dalla nella decisione del Giudice di Bologna al fine di sminuire l’importanza e la portata del principio di cui all’art. 2740, comma 2°, cod. civ. … elenco di cui non ci sarebbe stato bisogno se il Giudice fosse stato convinto sino in fondo di quanto precedentemente asserito in ordine al fatto che la stessa legge di ratifica ha introdotto nell’ordinamento una deroga all’art. 2740 cod. civ.”.

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analoghe nell’art. 1707, nell’istituto del fondo patrimoniale inserito con la riforma del 1975, e, infine, nel nuovo art. 2447-bis). La non applicabilità dell’art. 2740 cod. civ., dunque, emerge direttamente dagli artt. 2 e 11 della Convenzione che identificano in modo esclusivo la fonte della segregazione nella «proprietà qualificata» del trustee e forniscono una nuova lettura del concetto di «patrimonio»“. Infine, le numerose deroghe legislative all’unitarietà della garanzia patrimoniale (da ultimo, la riforma del diritto societario che ha introdotto agli artt. 2447-bis e seguenti del codice civile i “patrimoni destinati ad uno specifico affare” che presentano evidenti similitudini coi trust autodichiarati93) inducono a ritenere che l’art. 2740 cod. civ. non costituisca più, da anni, un principio supremo ed inderogabile del nostro ordinamento (e, dunque, “non può valere come un «dogma sacro ed intangibile» del nostro ordinamento”); sono citate nella sentenza le seguenti disposizioni: art. 1707 cod. civ. (che prevede un meccanismo di separazione per i beni mobili o i crediti acquistati in proprio dal mandatario per conto del mandante in forza di atto avente data certa anteriore al pignoramento), artt. 167 ss. cod. civ. (che vincolano alle esigenze della famiglia i beni costituiti in fondo patrimoniale), art. 1881 cod. civ. (secondo il quale può divenire “patrimonio separato” e non aggredibile la rendita vitalizia costituita a titolo gratuito nei limiti del bisogno alimentare del beneficiario), l’art. 1923 cod. civ. (che sottrae le somme dovute dall’assicuratore per assicurazione sulla vita all’azione esecutiva dei creditori del contraente o del beneficiario), art. 490 cod. civ. (“l’effetto del beneficio d’inventario consiste nel tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede”), art. 2117 cod. civ. (richiamato dal D.Lgs. n. 124 del 1993, che consente la creazione di “patrimoni di destinazione” come fondi speciali per la previdenza e l’assistenza), art. 3 Legge 23 marzo 1983 n. 77 (sui fondi comuni di investimento immobiliare, ora abrogato dal D.Lgs. n. 58 del 1998), art. 22 D.Lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 (rubricato “Separazione patrimoniale”), art. 4 D.Lgs. 21 aprile 1993 n. 124 (riformato dalla Legge n. 335 del 1995, relativo alla formazione di fondi pensione con un patrimonio di destinazione, separato ed autonomo), artt. 3 Legge n. 130 del 1999 e 13 Legge n. 448 del 1998, come modificato dalla Legge n. 402 del 1999, (sulla cartolarizzazione dei crediti), art. 2 Legge n. 410 del 2001 (sulla privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico), art. 2447-bis cod. civ. (“patrimoni destinati ad uno specifico affare”). Alle disposizioni succitate si aggiunge la recente innovazione legislativa costituita dall’introduzione dell’art. 2645-ter cod. civ. In proposito si osserva che, proprio in virtù della riserva di legge imposta dall’art. 2740 cod. civ. per consentire limiti alla responsabilità patrimoniale, si era sempre escluso – in dottrina come in giurisprudenza – che con la sola autonomia privata potesse costituirsi un patrimonio separato, inteso come “un insieme di beni determinati di un soggetto, nettamente distinto dal restante patrimonio, che, pur riferibile unidirezionalmente a quel soggetto, è insensibile alle vicende giuridico-economiche della rimanente massa dei

93 In realtà, re melius perpensa, l’art. 2447-bis cod. civ., “Patrimoni destinati ad uno specifico affare”, non può essere considerato come un trust autodichiarato in quanto verrebbero inammissibilmente a coincidere le figure del disponente, del trustee e del beneficiario; assume, invece, la configurazione del trust l’istituto del “Finanziamento destinato ad uno specifico affare” disciplinato dall’art. 2447-decies cod. civ. perché, in questo caso, l’effetto segregativo vedrebbe come beneficiari i finanziatori, soggetti diversi rispetto alla società.

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beni”94: in giurisprudenza95, “né è sufficiente, per configurare un patrimonio separato, il riferimento del patrimonio stesso ad uno scopo, essendo anche necessario che intervenga una disciplina particolare, diversa da quella che regola il residuo patrimonio del soggetto, perché la separazione è uno strumento eccezionale, di cui soltanto la legge può disporre, essendo diretto ad interrompere la normale corrispondenza tra soggettività e unicità del patrimonio, per destinare una parte di questo al soddisfacimento di alcuni creditori, determinando in tal modo la insensibilità dei beni separati alla sorte giuridica degli altri, in deroga ai principi fissati dagli artt. 2740 e 2741 cod. civ.”. L’art. 2645-ter cod. civ. – nel consentire anche ad atti atipici (mediante il richiamo all’art. 1322 comma 2° cod. civ.), a determinate condizioni (trascrizione, durata, forma), di rendere opponibile erga omnes un vincolo di destinazione impresso su certi beni (immobili o mobili registrati) – ha definitivamente aperto la porta dell’ordinamento ai più disparati atti di destinazione scaturiti dalla sola autonomia privata (senza nemmeno pretendere che gli interessi sottesi siano già stati selezionati come meritevoli di riconoscimento da una norma positiva). In altri termini, la riserva di legge prevista dal comma 2° dell’art. 2740 cod. civ. – già derogata da innumerevoli normative speciali – è stata definitivamente svuotata di significato dall’art. 2645-ter96. 3.3.7. Osservazioni, commenti e critiche Il resto della sentenza dimostra la piena compatibilità dell’istituto con l’ordinamento interno: difatti, ferma restando la validità dell’atto istitutivo97, il conferimento in trust dei beni della comunione legale è stato annullato ai sensi dell’art. 184 cod. civ.98

94 A.DE DONATO, Destinazione di beni e opponibilità a terzi, in Destinazione di beni allo scopo, Milano, 2003, pag. 190. Richiama l’ “insensibilità dei beni separati alla sorte giuridica degli altri per quanto concerne la responsabilità patrimoniale” anche L.BIGLIAZZI GERI, Patrimonio autonomo e separato, in Enciclopedia del Diritto, vol. XXXII, (voce Patrimonio, II), Milano, 1982, pag. 284. 95 Cass. 28 aprile 2004, n. 8090, in Giustizia Civile, 2005, fasc. 4, parte I, pag. 1050. 96 Non solo: la menzionata disposizione ha anche scardinato il tradizionale principio del numerus clausus dei diritti reali (già messo in crisi dalla “proprietà finalizzata” o “qualificata” riconosciuta al trustee, la quale costituisce un diritto reale sui generis, sconosciuto alla proprietà di civil law di tradizione romanistica, scaturito dagli artt. 2 e 11 della ratificata Convenzione de L’Aja), la cui logica conseguenza era costituita dall’impossibilità di configurare diritti reali atipici come, ad esempio, vincoli imposti al proprietario di un bene al di fuori delle ipotesi disciplinate dagli artt. 1027 ss. cod. civ. (Cass. 26 settembre 2000, n. 12765: “I diritti reali di godimento costituiscono un numerus clausus, con la conseguenza che non è configurabile un rapporto di cosiddetto dominio utile, corrispondente ad uno ius in re aliena, cioè al diritto di godere di un fondo altrui, in perpetuo, non essendo, tra l’altro, consentiti, al di fuori dei casi previsti dalla legge, rapporti di natura perpetua, in quanto contrari ad interessi di natura pubblicistica”). Pare invece possibile, oggi, tramite il ricorso all’art. 2645-ter cod. civ., costituire “servitù personali”, attribuendo ad un fondo, con opponibilità erga omnes (anche ai successivi acquirenti del fondo servente) derivante dalla trascrizione, un vincolo di destinazione (peso od onere) per l’utilità di un soggetto che non sia il “diverso proprietario di un altro fondo”. 97 M.LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2008, pag. 83: “Il negozio istitutivo di trust non è di per sé lesivo del diritto di alcuno perché per sua natura è neutro sotto il profilo dispositivo”. 98 Oltre all’annullamento dichiarato con la sentenza del Giudice bolognese, anche i menzionati sequestri preventivi disposti (e poi confermati) dal G.I.P. del Tribunale di Torino, dal Tribunale del Riesame di Torino, dalla Suprema Corte e dal Tribunale di Grosseto provano che l’ordinamento italiano è pronto ad accogliere il trust e a prevenire e reprimere i suoi usi illegittimi.

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La sentenza del Tribunale di Bologna è stata oggetto di numerosi commenti99, positivi e – ovviamente – anche negativi. Merita di essere segnalata una nota critica100 che appare, per i toni impiegati, ingiustificatamente piccata e risentita (e, in alcuni punti, addirittura ingiuriosa laddove si insinua che il “tanto ben informato” Giudice emiliano ha omesso ogni motivazione per aderire in maniera acritica e non meditata – se non ottusa – alla tesi sostenuta “dai più”). L’autore della nota esordisce affermando che il risalto attribuito dagli organi di stampa alla sentenza bolognese giustifica la riflessione su una pronuncia che, altrimenti, meriterebbe “solo una nota redazionale” (in realtà, la rivista dedica 11 pagine alla motivazione della decisione e ben 27 al commento critico e già questo “la dice lunga” sull’importanza che lo stesso autore attribuisce al provvedimento). Nell’articolo si legge che il Tribunale di Bologna “non si è nemmeno posto il problema del significato da attribuire all’art. 4 della Convenzione, problema che investiva direttamente l’atto di costituzione del trust”: in realtà, se l’autore avesse meglio esaminato la sentenza (compresa la seconda parte), si sarebbe accorto che l’art. 4 è espressamente menzionato e, proprio per la soggezione dell’atto di conferimento dei beni nel trust alla disciplina interna, è stato disposto l’annullamento ex art. 184 cod. civ. Peraltro, non può essere sfuggito al commentatore che l’atto di conferimento era, nel caso, redatto unitamente all’atto istitutivo del trust e, pertanto, a differenza del caso sottoposto al giudizio del Tribunale di Belluno, il presunto problema relativo al “negozio astratto di trasferimento” è stato affrontato, ma aveva rilevanza marginale.

99 A.BUSANI, Ai trust passaporto di legittimità, in Il Sole 24 Ore, 14 ottobre 2003, pag. 28; M.LUPOI, Stop ai dubbi su un istituto fondato sulla trasparenza, in Il Sole 24 Ore, 14 ottobre 2003, pag. 28; A.BUSANI, Per il trust un futuro a tutto campo, in Il Sole 24 Ore, 15 ottobre 2003, pag. 29; C.CASTRONOVO, Ma per il trust una sentenza non fa primavera, in Il Sole 24 Ore, 18 ottobre 2003, pag. 5; A.TONELLI, Una nuova decisione riconosce validi i trust interni in Italia, in Italia Oggi, 27 ottobre 2003, pag. 24; A.TONELLI, Nota a Trib. Bologna 1 ottobre 2003 n. 4545 (sulla validità ed efficacia dei “trust interni”), in Rivista del Notariato, 2003, pag. 1653; N.SOLDATI, Commento a Tribunale di Bologna, sentenza 1 ottobre 2003, in Diritto e pratica delle società, 2003, n. 21, pag. 82; A.BUSANI–C.M.CANALI, Un istituto di grande flessibilità conforme al nostro ordinamento giuridico, in Guida al Diritto, 2003, n. 45, pag. 68; L.SANTORO, Il trust in Italia, Milano, 2004, pag. 392; V.MARICONDA, Contrastanti decisioni sul trust interno: nuovi interventi a favore ma sono nettamente prevalenti gli argomenti contro l’ammissibilità, in Corriere Giuridico, 2004, n. 1, pag. 91; L.SANTORO, I traguardi della giurisprudenza italiana in materia di trust, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 373; G.OBERTO, Trust e autonomia negoziale nella famiglia, relazione al Convegno “Autonomia patrimoniale e segregazione patrimoniale nel Trust”, Torino, 24 gennaio 2004, in http://www.geocities.com/CollegePark/Classroom/6218/trust/relazionetorino.htm e in Famiglia e diritto, 2004, fasc. 2 - pag. 201 e fasc. 3 - pag. 310; A.MOJA, I trusts: analisi della giurisprudenza italiana alla luce delle ultime sentenze, relazione al Convegno “Il trust in Italia: fiscalità e applicazione”, Milano, 30 marzo 2004, in http://www.assotrust.it/Pagine/4I%20trusts%20analisi%20della%20giurisprudenza.htm; A.RENDA, Ammissibilità del trust interno e questioni in materia di comunione legale, in La Nuova giurisprudenza civile commentata, 2004, I, pag. 844; F.DI CIOMMO, Ammissibilità del trust interno e giustificazione causale dell’effetto traslativo, in Foro Italiano, 2004, I, col. 1296; M.LUPOI, I trust nel diritto civile, Torino, 2004, pag. 264; G.OBERTO, Il Trust familiare, lezione tenuta a Milano l’11 giugno 2005 nel corso del Master di specializzazione in diritto di famiglia e minorile, disponibile in http://utenti.lycos.it/giacomo305604/milano11giugno2005trust/relazionemilano.htm; F.GALLUZZO, Il trust c.d. interno e i negozi di destinazione dei beni allo scopo, in La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 2005, n. 2, pag. 85. 100 V.MARICONDA, Contrastanti decisioni sul trust interno: nuovi interventi a favore ma sono nettamente prevalenti gli argomenti contro l’ammissibilità, in Corriere Giuridico, 2004, n. 1, pag. 91.

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Per quanto concerne l’atto istitutivo in sé, come già detto, è stata ritenuta “tipica” la sua causa (astratta) in forza della disposizione legislativa che recepisce la Convenzione de L’Aja: così facendo – prosegue la critica – il Giudice ha basato la propria motivazione sulla recezione, con atto legislativo, del testo convenzionale, senza considerare il “modo affrettato in cui l’Italia aveva ratificato la Convenzione”. Il rilievo ha aspetti grotteschi e financo paradossali: come già esposto, anche se frettolosamente l’Italia ha ratificato la Convenzione e, quindi, c’è una legge vigente ed efficace alla quale l’interpretazione del Giudice deve necessariamente sottostare … salvo ritenere come non scritte (o disapplicabili o semplicemente “ignorabili”) tutte le leggi “affrettate” che sono state approvate dal nostro legislatore! Aggiunge l’autore che la causa degli atti di trasferimento in trust sarebbe da ritenere astratta (e, quindi, nulla), “non perché non enunciano la causa del trasferimento, ma perché enunciano una causa non riconosciuta o, se si vuole, disapprovata dal nostro ordinamento e, quindi, non ammissibile ai sensi dell’art. 1322, comma 2°, cod. civ.”. Di fronte a tale argomentazione, viene da chiedersi, allora, se anche la causa del trust “estero” (sul quale non si muovono obiezioni) sia disapprovata dall’ordinamento, da quello stesso ordinamento che ha dato piena attuazione alla Convenzione de L’Aja: se così fosse, l’ordinamento sarebbe “schizofrenico”, perché riterrebbe valida la causa di un negozio con elementi di internazionalità obbligando gli operatori del diritto a riconoscerlo anche nei suoi effetti, e, nel contempo, disapproverebbe la causa del medesimo negozio, quando fosse privo di elementi di internazionalità (diversi dalla legge prescelta). Sull’interpretazione dell’art. 13 del testo convenzionale non occorre dilungarsi oltre: rispondendo alla domanda su quando si possa considerare ripugnante per l’ordinamento interno un trust disciplinato da una legge regolatrice che non violi norme imperative, principi di ordine pubblico e norme di applicazione necessaria, si possono richiamare i cosiddetti jumping trust, previsti da alcune normative sudamericane, che – prima facie – sembrano soddisfare solo i malcelati intenti fraudolenti del disponente101. Infine, l’autore della critica si chiede “per quale ragione non si sia ritenuto effetto ripugnante, al fine di escludere la riconoscibilità del trust interno, quello prodotto dall’atto di costituzione del trust con cui il marito aveva leso i diritti della moglie”, dando per scontato che il negozio fosse finalizzato a ledere i diritti della moglie sui beni immobili conferiti. La risposta si rinviene nell’antico brocardo latino: abusus non tollit usum102. Infatti, proprio l’accoglimento della domanda subordinata dell’attrice dimostra che l’istituto è pienamente compatibile col nostro ordinamento, il quale appronta dei rimedi efficaci per tutelare i diritti dei terzi a vario titolo “coinvolti” in vicende di trust103: in altre parole, “l’ordinamento italiano dispone di anticorpi idonei a reprimere eventuali abusi

101 Altri esempi si rinvengono in M.LUPOI, I trust nel diritto civile, Torino, 2004, pag. 267. 102 Del resto – si aggiunge – anche i negozi tipici previsti dal codice civile possono essere impiegati per finalità illecite o frodatorie (altrimenti, non si spiegherebbe la sanzione di nullità comminata dall’art. 1344 cod. civ. ai “contratti in frode alla legge”), ma non è sufficiente questo a proibirne indiscriminatamente l’utilizzo. 103 M.LUPOI, La reazione dell’ordinamento di fronte a trust elusivi, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 333.

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dei trust”104 e ne è prova l’annullamento dell’atto di dotazione avente ad oggetto i beni della comunione legale. 3.4. INVALIDITÀ O REVOCABILITÀ DELL’ATTO DI DOTAZIONE DEL TRUST; EFFETTI SULL’ATTO

ISTITUTIVO? Con un percorso logico (parzialmente) analogo a quello seguito dal Tribunale di Bologna la successiva sentenza del Tribunale di Firenze - 2 luglio 2005105 ha superato la questione preliminare attinente all’ammissibilità del trust interno nell’ordinamento italiano; nella seconda parte della motivazione ha sancito la nullità del trust perché il disponente aveva trasferito cespiti attribuitigli in una divisione giudiziale prima del passaggio in giudicato della decisione (e, quindi, prima del verificarsi degli effetti della divisione). La sanzione di nullità, in realtà, non avrebbe dovuto colpire l’atto istitutivo del trust, ma piuttosto il negozio di trasferimento dei beni al trustee, perché il vizio concerneva esclusivamente quest’ultimo106: il Giudice sostiene – erroneamente secondo chi scrive, dato che l’oggetto della lite era l’atto di dotazione patrimoniale del trust e nessuna delle parti aveva interesse a domandare la nullità dell’atto istitutivo – che il trust avrebbe perso “in radice la sua ragion d’essere, avuto riguardo allo scopo perseguito, ove fosse limitato alla somma di L. 10.000.000” e “non sarebbe stato istituito senza quella sua parte colpita da nullità”. Reitera l’errore il medesimo organo giudicante con la sentenza del Tribunale di Firenze - 19 settembre 2008107: è stata dichiarata, infatti, la nullità dell’atto istitutivo di trust perché, oltre ad una somma liquida iniziale, era stata costituita in trust una quota dei beni immobili assegnandi al disponente all’esito di un giudizio divisorio. Il ragionamento seguito dal Tribunale è apparentemente lineare: “se la ragione d’essere del trust è la separazione attuale dal patrimonio del disponente dei beni conferiti, i quali dal momento della costituzione formano una massa distinta posta sotto il controllo del trustee nell’interesse del terzo beneficiario, la attuale identificazione dell’oggetto è elemento necessario ai fini della opponibilità a terzi”; poiché la costituzione in trust di beni non identificati né identificabili (sino al giudicato la divisione non produce effetti e i beni assegnati non sono disponibili da parte del condividente) frustra la segregazione patrimoniale, il negozio di dotazione è da reputarsi nullo per indeterminatezza dell’oggetto; inoltre, dato che il trust de quo mira a tenere unito nel tempo il patrimonio del disponente (formato dal complesso dei beni assegnatigli con la sentenza definitiva) per essere successivamente attribuito alla prole, tale scopo non potrebbe essere raggiunto con

104 La felice espressione si deve attribuire al Presidente del Tribunale di Trieste – Dr. Arrigo De Pauli – durante il corso di formazione decentrata “Prassi applicative dei trusts interni” svoltosi a Trieste il 17 giugno 2005 (le relazioni sono disponibili sul sito http://appinter.csm.it/incontri/ele_relat_inc.php?&id=MjY5OQ%3D%3D). 105 Tribunale di Firenze 2 luglio 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 89. 106 A.TONELLI, Riflessioni ed esempi concreti sulla tutela processuale nei trusts, relazione al corso di formazione decentrata “Prassi applicative dei trusts interni” svoltosi a Trieste il 17 giugno 2005 (disponibile su http://appinter.csm.it/incontri/relaz/13039.pdf): “La nullità dell’atto di trust comporterebbe, all’evidenza, anche la nullità dei singoli negozi di dotazione patrimoniale al trustee. Quello che non si coglie però, è che il rapporto non è reciproco; la nullità dei negozi di dotazione patrimoniale non implica mai la nullità dell’atto di trust”. 107 Tribunale di Firenze 19 settembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 179.

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una modesta dotazione patrimoniale (Lire 10.000.000) e il trust perde in radice la sua ragione d’essere proprio con riguardo alla finalità perseguita. La prima parte della motivazione (circa l’indeterminatezza dell’oggetto e la comminatoria di nullità dell’atto di dotazione) appare condivisibile. Quanto all’estensione della sanzione di invalidità dell’atto istitutivo (con applicazione dell’art. 1419 comma 1° cod. civ.), l’indagine del giudicante travalica il limite della libertà contrattuale e il principio di conservazione del negozio108 non considerando, infatti, che l’atto istitutivo e il negozio di dotazione possono essere realizzati anche in momenti differenti109. In altri termini, il sindacato sulla “causa” del trust non può essere compiuto in astratto sulle finalità e con concreto riferimento alla sufficienza dei mezzi con cui è contestualmente costituito il trust-fund (non foss’altro perché gli atti di dotazione potrebbero essere successivi), ma deve piuttosto avere riguardo alla concreta meritevolezza del programma negoziale rispetto al quale è irrilevante l’eventuale inadeguatezza delle risorse immediatamente approntate dal disponente (il quale ben potrebbe incrementarle successivamente)110. In contrasto coi suddetti precedenti, correttamente la sentenza del Tribunale di Cassino - 8 gennaio 2009111 limita i propri effetti all’atto di dotazione patrimoniale del trust. Il caso riguardava un’azione promossa da un creditore del disponente tesa ad accertare in primis l’invalidità del trust (asseritamente costituito al solo scopo di ledere le ragioni creditorie) e in secondo luogo ad ottenere la revoca ex art. 2901 cod. civ. del trasferimento al trustee (in quanto atto di riduzione della garanzia patrimoniale e pregiudizievole per i creditori). Il Giudice, nella motivazione, ha dapprima superato lo scoglio riguardante l’ammissibilità del trust interno (richiamando vari precedenti giurisprudenziali e le loro argomentazioni) e – affrontando la questione di invalidità del trust per simulazione (sham112) – ha ritenuto

108 Cass. 20 maggio 2005 n. 10690: “L’estensione all’intero contratto della nullità delle singole clausole o del singolo patto, secondo la previsione dell’art. 1419 cod. civ. – applicabile ex art. 1324 cod. civ. anche agli atti unilaterali – ha carattere eccezionale, perché deroga al principio generale della conservazione del contratto”. 109 M.LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2008, pag. 39: “La sostanza del fondo in trust è sovente trasferita al trustee in un secondo tempo, cosicché il requisito legale viene rispettato anche quando contestualmente all’atto istitutivo il disponente versa al trustee solo una somma minima, rinviando il trasferimento della sostanza a un momento successivo … Il trust istituito con atto fra vivi, accompagnato da un iniziale simbolico trasferimento al trustee, può essere sostanzialmente preordinato a fini successori. Il disponente si riserva di arricchirlo man mano che lo ritenga opportuno, ma comunque trasferisce la sostanza dei beni al trustee per mezzo di disposizione testamentaria … Un trust istituito in manca di alcun fondo è valido, ma senza che sorga alcuna obbligazione a carico del trustee”. 110 Un paragone spiega meglio il concetto: se un’associazione intende perseguire un grandioso fine ideale meritevole di tutela, il suo atto costitutivo non può ritenersi nullo se alla nascita dell’associazione le risorse sono esigue o se, in seguito, il numero degli associati (o delle quote associative) diminuisce drasticamente. Nello stesso modo, non può reputarsi nullo un trust che mira a perseguire finalità ambiziose se al momento della sua istituzione l’atto di dotazione è insufficiente allo scopo o se lo diviene in seguito per effetto di annullamento di alcuni atti di dotazione. 111 Tribunale di Cassino 8 gennaio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 419. 112 La simulazione del trust (sham) – quando cioè il disponente, la cui intenzione (insieme col trustee) è quella di far sorgere un rapporto diverso dal trust ingenerando una falsa impressione nei terzi, mantiene il controllo effettivo del fondo e ne dispone come di cosa propria – contrasta col principio consuetudinario donner et retenir ne vaut: nel diritto anglosassone ciò comporta la nullità ab origine del trust e il fondo è da considerarsi non segregato bensì di proprietà del disponente.

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insufficienti gli elementi indiziari forniti dall’attore per dimostrare che il trust era fasullo e istituito al solo fine di sottrarre il patrimonio alle pretese creditorie (“to set up a screen to shield his resources from other claims”113). Nel prosieguo della decisione si riscontrano però tutti i presupposti prescritti dall’art. 2901 cod. civ. per disporre la revoca dell’atto di disposizione (peraltro, a titolo gratuito nel caso di specie) perché in frode delle ragioni creditorie, senza con ciò intaccare la riconosciuta validità dell’atto istitutivo (il quale “non è di per sé lesivo del diritto di alcuno perché per sua natura è neutro sotto il profilo dispositivo”114). Come detto, la sentenza del Tribunale di Cassino correttamente non fa riverberare gli effetti della revocatoria sull’atto istitutivo, del quale era stata accertata la validità: proprio in riferimento a questo accertamento la dottrina ha espresso dubbi, perché la pronuncia “sembra riguardare una tipologia di trust di protezione patrimoniale strutturata per compiacere un soggetto che al trust non crede, ma che ricorre al trust perché ritiene di così meglio perseguire la propria reale finalità: quella di eludere le pretese dei propri creditori”115. Se davvero il disponente non aveva reale intenzione di istituire un trust, allora il trust è da reputare invalido perché viene meno la prima delle classiche “tre certezze”116, ossia la volontà del disponente di fare nascere un rapporto giuridico inquadrabile nell’istituto del trust. In altri termini, non basta valutare il programma affidato al trustee così come astrattamente enunciato dal disponente nell’atto istitutivo ma – per esaminare compiutamente l’effettiva volontà di istituire un trust – è necessario anche accertare che il programma sia attuabile (e considerare, quindi, anche gli atti dispositivi): così, “se risultasse che il programma è una mera espressione verbale, occorrerebbe concludere che il disponente non voleva fare nascere un trust [e] il negozio istitutivo sarebbe allora nullo”117. Anche la sentenza del Tribunale di Torino - Sezione distaccata di Moncalieri - 15 giugno 2009118 dichiara l’inefficacia (ex art. 2901 cod. civ.) degli atti istitutivi del trust compiuti in frode ai creditori dei disponenti, precisando (opportunamente) che la pronuncia si riferisce alla parte in cui vengono conferiti nel fondo in trust i beni immobili. Nel caso il Giudice ha qualificato il trust come atto a titolo gratuito ma dalla motivazione della decisione non si evincono gli elementi che confermino tale statuizione (non sempre, infatti, il conferimento può essere definito come atto di disposizione “gratuito”: si pensi ai trust istituiti per l’adempimento di un’obbligazione).

113 Così la High Court of Justice of England and Wales – Family Division, sentenza del 3 dicembre 2004, Minwalla v. Minwalla, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 273. 114 M.LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2008, pag. 83. 115 M.LUPOI, Azione revocatoria e trust familiare, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 446. 116 In proposito M.LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2008, pag. 34. 117 M.LUPOI, Azione revocatoria e trust familiare, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 447. 118 Tribunale di Torino - Sez. distaccata di Moncalieri 15 giugno 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 94.

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4. ASPETTI “OPERATIVI” DEI TRUSTS Solo alcune pronunce giurisprudenziali, superato lo scoglio dell’ammissibilità, riguardano il trust sotto il profilo pratico e nei suoi aspetti operativi. 4.1. TRUST, MINORI E DISABILI Si segnalano alcune decisioni che riguardano trust istituiti in favore di minori o che comunque coinvolgano interessi di soggetti minorenni o disabili o comunque “deboli”119. Con il decreto del Giudice Tutelare di Perugia - 26 giugno 2001120 si è autorizzato il trustee a vendere azioni del trust-fund e a reinvestire il ricavato in favore del beneficiario (minorenne) disponendo l’obbligo di rendiconto. Con il decreto del Giudice Tutelare di Perugia - 16 aprile 2002121 al genitore di una minorenne è stato permesso di disporre di beni di quest’ultima e di conferire il ricavato in un trust (al quale la minore stessa aderiva come disponente e beneficiaria) già costituito dalle altre figlie (maggiorenni) della richiedente. Nell’ampia motivazione del decreto del Giudice Tutelare di Bologna - 3 dicembre 2003122, si legge che i genitori del minore, beneficiario di un legato del nonno defunto, sono stati autorizzati a costituire un trust per l’amministrazione del lascito e il suo trasferimento al raggiungimento della maggiore età. Espressamente, il Giudice individua il vantaggio per il minore offerto dall’istituto de quo, che consente la gestione dei beni (ovviamente, nell’interesse del beneficiario) ed esclude la possibilità di confusione tra il patrimonio del trustee e i cespiti conferiti nel trust123. Con il decreto del Giudice Tutelare di Firenze - 8 aprile 2004124 l’Autorità Giudiziaria ha concesso ai genitori di un giovane disabile la possibilità di disinvestire delle somme di proprietà del minore e di costituire un trust (nel quale il portatore di handicap era disponente e beneficiario, i genitori disponenti e guardiani e la sorella assumeva gratuitamente l’incarico di trustee) volto all’acquisto di cespiti immobiliari per assicurare al minore beneficiario (che “godrà delle utilità economiche di detto bene”, comunque inaggredibile da parte dei creditori del trustee o del minore stesso) “un futuro caratterizzato dalla maggiore tranquillità e sicurezza economica rappresentate dall’investimento di buona parte delle sue disponibilità in immobili di pregio e di sicura redditività”. Ribadita la piena ammissibilità del trust nel nostro ordinamento” (con implicita conferma derivante dall’art. 2645-ter cod. civ.), anche il decreto del Giudice Tutelare di

119 Sull’argomento: A.DI SAPIO, Trust e amministrazione di sostegno (atto primo) – I parte, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 364; A.DI SAPIO, Trust e amministrazione di sostegno (atto primo) – II parte, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 480; A.C.DI LANDRO, La protezione dei soggetti deboli tra misure di protezione, atti di destinazione e trust, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 493. 120 Tribunale di Perugia 26 giugno 2001, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2002, pag. 52. 121 Tribunale di Perugia 16 aprile 2002, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2002, pag. 584. 122 Tribunale di Bologna 3 dicembre 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 254. 123 La pronuncia è commentata da M.DOGLIOTTI, Trust e amministrazione dei beni del minore, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 212 e da V.SANTARSIERE, Legato e trust in favore di bambino. Profili di volontaria giurisdizione, in Il Nuovo Diritto, 2004, pag. 909; l’atto istitutivo del trust in questione è pubblicato in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 477. 124 Tribunale di Firenze 8 aprile 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 567.

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Modena - Sezione distaccata di Sassuolo - 11 dicembre 2008125 autorizza l’istituzione di un trust (ad opera di tutore e protutore) a favore di una minore, nel quale destinare tutto il patrimonio della stessa per far fronte ad ogni esigenza personale e patrimoniale. Scopo dell’operazione è approntare la salvaguardia del patrimonio e la sottrazione alla garanzia patrimoniale sino all’età di 30 anni (ma con possibilità per la beneficiaria maggiorenne e capace di ottenere la cessazione anticipata). È particolare l’imposizione, da parte del Giudice Tutelare, di alcune clausole dell’atto istitutivo: la nomina di un guardiano estraneo alla famiglia da scegliersi tra professionisti esperti di trust; l’obbligo, in capo al trustee, di presentare il rendiconto al Giudice Tutelare sino al raggiungimento della maggiore età della beneficiaria; l’attribuzione allo stesso Giudice del potere di revoca del trustee (su istanza del guardiano) o del guardiano. Riguarda sempre un trust a favore di un soggetto debole il decreto del Giudice Tutelare di Firenze - 7 luglio 2004126: facendo applicazione della legge regolatrice inglese (in conformità alle disposizioni del Variation of Trusts Act del 1958), il Giudice ha autorizzato il tutore dell’interdetta beneficiaria ad aderire ad una modifica di alcune clausole del negozio istitutivo, affiancando altri due tutori del trust a quelli originariamente indicati, ormai in età avanzata e in precarie condizioni di salute. I provvedimenti ora citati si pongono in contrasto con il decreto del Tribunale di Firenze - 23 ottobre 2002127. Il Collegio aveva allora negato l’autorizzazione (richiesta dall’art. 169 cod. civ.) a sostituire il fondo patrimoniale costituito da due coniugi divorziandi con un trust in favore dei figli minorenni, ritenendo che questo istituto offra inferiori garanzie ai minori perché al trustee non è imposto l’obbligo legislativo di ricorrere all’Autorità Giudiziaria per compiere atti di disposizione dei beni conferiti (“Nell’ambito della libertà negoziale propria del trust, nessun vincolo formale – e in particolare nessun onere di autorizzazione giudiziale con scopi ed effetti identici a quelli di cui all’art. 169 cod. civ. – viene posto ai trustee nell’ipotesi di eventuale futuro trasferimento dei beni conferiti nella massa da questi amministrata”). Con riguardo alla necessità per il trustee di ottenere l’autorizzazione giudiziale quando il beneficiario è un minorenne, sia il decreto del Giudice Tutelare di Perugia - 26 giugno 2001 sia il decreto del Giudice Tutelare di Perugia - 16 aprile 2002 hanno espressamente sancito l’indispensabilità del nulla-osta giudiziale (nella seconda pronuncia, dopo aver autorizzato l’adesione al trust da parte del minore disponente-beneficiario, l’Autorità Giudiziaria ha chiaramente prescritto al trustee “di rendicontare costantemente questo Giudice con la precisazione che qualora il trustee intendesse utilizzare dette somme dovrà richiederne a questo Giudice espressa autorizzazione in tal senso”). La questione merita un approfondimento, ampliando l’analisi ai procedimenti autorizzativi di volontaria giurisdizione in generale. Non c’è dubbio che occorra la prescritta autorizzazione giudiziale (ex artt. 320, 374, 375, 411 cod. civ.) per costituire in trust beni di proprietà di un minore o di un interdetto o del beneficiario di un amministrazione di sostegno (si tratta, infatti, di atto dispositivo di straordinaria amministrazione); parimenti, ai sensi dell’art. 169 cod. civ., non si possono

125 Tribunale di Modena - Sez. distaccata di Sassuolo 11 dicembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 177. 126 Tribunale di Firenze 7 luglio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 85. 127 Tribunale di Firenze 23 ottobre 2002, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 406.

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alienare o comunque vincolare i beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e con l’autorizzazione concessa dal giudice se vi sono figli minori. Ci si chiede, invece, se sia necessaria autorizzazione giudiziale con riguardo ad atti dispositivi dei beni compiuti dal tutore/genitore/amministratore di sostegno che rivesta la qualità di trustee di un trust nel quale il beneficiario sia il soggetto debole o minore o in cui siano conferiti beni del medesimo soggetto. Infatti, secondo il diritto anglosassone, i beneficiari del trust sono dotati di poteri e prerogative che, pur non concretandosi in pretese dirette sui beni in trust, sono altrettanto importanti per la vita del trust e idonee a formare il sostrato “proprietario” della loro posizione (la c.d. trust property). Aderendo a tale soluzione, ogni atto “di rilievo” compiuto dal trustee dovrebbe soggiacere al procedimento autorizzativo, perché, comunque, occorrerebbe un vaglio giudiziale sulla convenienza di ciascuna operazione che influisce su beni in qualche modo “appartenenti” ai minori. Presumibilmente non si porrebbero particolari problemi per dei trust in cui è costituito un immobile da dare in locazione, ma una simile “burocratizzazione” risulterebbe assolutamente incompatibile con l’amministrazione di un’azienda o con la gestione di partecipazioni sociali (la garanzia offerta da un costante controllo giurisdizionale rischierebbe di “ingessare” l’operato del trustee rendendolo inefficiente). Si ritiene preferibile, perciò, la tesi che – escludendo qualsivoglia titolarità dei beni in capo al beneficiario (il quale vanta un’aspettativa tutelata ma non riveste una posizione proprietaria) – elimina la necessità la necessità di autorizzazioni giudiziali per le operazioni eseguite dal trustee. D’altro canto, però, non si può non rilevare che la menzionata pronuncia del Tribunale di Firenze sembra risentire di un’ingiustificata diffidenza nei confronti del trust e, probabilmente, di una scarsa conoscenza delle responsabilità che (in base alla legge regolatrice) incombono sul trustee. Infatti, la non necessarietà di un’autorizzazione giudiziale per gli atti compiuti non implica di per sé una minore protezione dei minori o dei soggetti deboli beneficiari: contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, l’assunzione della carica di trustee impone una gestione diligente, attiva e proficua del trust-fund in favore del beneficiario (al quale spetta il rendiconto), mentre nel fondo patrimoniale (fattispecie “statica”) i costituenti non assumono alcuna obbligazione (potrebbero addirittura lasciar perire dei cespiti o non metterli a frutto) e il solo effetto della costituzione è quello di sottrarre i beni dall’aggressione dei creditori per debiti non contratti nell’interesse della famiglia128. Non si ravvisa la medesima diffidenza nel decreto del Tribunale di Padova - 2 settembre 2008129; infatti, il Collegio giudicante – pur in presenza di un parere non pienamente favorevole del Giudice Tutelare (il quale, nella motivazione della propria opinione ha affermato “che la nuova forma di tutela dei bisogni della famiglia che i ricorrenti intendono adottare – trust – non è istituto regolato dall’ordinamento italiano, sicché il trasferimento dal fondo patrimoniale al trust di alcuni beni già compresi nel primo non realizza una sicura tutela delle esigenze della famiglia e, quindi, dei beni dei figli minori”130) – ha riscontrato l’evidente utilità di ridurre il fondo patrimoniale

128 Sui vantaggi del trust rispetto al fondo patrimoniale, S.BARTOLI, Il Trust, Milano, 2001, pag. 324. 129 Tribunale di Padova 2 settembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 628. 130 Leggendo tra le righe della motivazione addotta dal Giudice Tutelare sembra ritrovarsi il principio secondo cui gli istituti “nostrani” forniscono maggiore e sicura protezione agli interessi della famiglia

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estromettendo alcuni beni da costituire in un trust (istituto idoneo a tutelare i bisogni della famiglia anche dopo il raggiungimento della maggiore età dei figli oppure dopo la morte o la sopravvenuta incapacità dei genitori).

§ § § Sotto altro profilo, ma pur sempre con riguardo alla protezione di soggetti deboli, assai interessante è il decreto del Giudice Tutelare di Genova - 14 marzo 2006131 col quale – facendo esplicito riferimento all’introduzione nell’ordinamento dell’art. 2645-ter cod. civ. (che consente “di legittimare anche per via legislativa il citato pensiero di dottrina e giurisprudenza prevalenti riguardo la compatibilità del trust con il nostro ordinamento se diretto a perseguire interessi meritevoli di tutela”) – si inserisce nell’incarico assegnato all’amministratore di sostegno di un disabile il compito di istituire un trust in nome e per conto del beneficiario della misura (oltreché del trust stesso). Analogamente, col decreto del Giudice Tutelare di Modena - 11 agosto 2005132 si autorizzano i nominati amministratori di sostegno a istituire un trust a favore del beneficiario della misura (al fine di accantonare quote di risparmi per fronteggiare eventuali spese future straordinarie) “devolvendo” in trust i valori mobiliari pervenuti in eredità al disabile. Negli stessi termini dei suddetti provvedimenti si esprime il più recente decreto del Giudice Tutelare di Genova - 17 giugno 2009133, che esplicitamente inserisce tra gli incarichi del nominato amministratore di sostegno l’autorizzazione a istituire un trust in favore del beneficiario della misura. Quasi identico è il contenuto del decreto del Giudice Tutelare di Rimini - 21 aprile 2009134, che, accogliendo la domanda avanzata congiuntamente dal beneficiario e dall’amministratore di sostegno, autorizza l’amministratore di sostegno a vincolare in un trust i beni mobili e immobili pervenuti al beneficiario per successione ai genitori. Nello stesso solco si inseriscono il decreto del Giudice Tutelare di Bologna - 23 settembre 2008135 e il decreto del Tribunale di Bologna - 11 maggio 2009136. Il caso è particolarmente interessante e i provvedimenti in commento illustrano perfettamente le ragioni, di fatto e di diritto, che hanno condotto l’amministratore di sostegno a richiedere (e ottenere) le autorizzazioni giudiziali necessarie per istituire (prima) un trust e per dotarlo (poi) dei beni immobili del beneficiario della misura ablativa. L’amministratore di sostegno (nominato anche per il compimento di atti di straordinaria amministrazione dopo il rigetto della domanda di interdizione) di un soggetto debole intende tutelare il patrimonio del beneficiario che, abbandonata la casa di riposo dove

rispetto agli strumenti stranieri: un simile principio è sconfessato, con riferimento al fondo patrimoniale, dalla pratica giudiziaria (la giurisprudenza sul fondo limita molto le ipotesi di inespropriabilità ex art. 170 cod. civ.: cfr. Cass. 7 gennaio 1984 n. 134, Cass. 18 settembre 2001 n. 11683, Cass. 18 luglio 2003 n. 11230, Cass. 30 maggio 2007 n. 12730) e, più in generale, dalla ratio e dall’interpretazione del concetto di ordine pubblico internazionale (la legge straniera, infatti, non è normativamente considerata inferiore a quella italiana e, anzi, trova pacifica applicazione nelle aule di giustizia purché non stravolga i valori fondanti dell’ordinamento interno). 131 Tribunale di Genova 14 marzo 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 415. 132 Tribunale di Modena 11 agosto 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 581. 133 Tribunale di Genova 17 giugno 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 531. 134 Tribunale di Rimini 21 aprile 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 409. 135 Tribunale di Bologna 23 settembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 631. 136 Tribunale di Bologna 11 maggio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 543.

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soggiornava, è andato a vivere nella casa ereditata dai genitori e ha instaurato convivenza more uxorio con la badante; dopo l’instaurazione di tale rapporto sentimentale si sono verificate imprevedibili conflittualità con l’amministratore, isolamento da amici e colleghi e altre “stranezze”. Il Giudice Tutelare accoglie la domanda (avanzata congiuntamente dal beneficiario e dall’amministratore di sostegno) di istituire un trust, perché “strumento per garantire ed assicurare che il patrimonio sia destinato a esclusivo beneficio e per soddisfare le esigenze di vita, le aspirazioni e le legittime istanze” e, nel contempo, idoneo a rafforzare “le autonomie del beneficiario … nella gestione della sua vita quotidiana” (infatti, vengono mantenuti nella diretta disponibilità somme e beni non conferiti in trust). In seguito, il Tribunale, con provvedimento ex art. 747 cod. proc. civ., autorizza il conferimento dei beni ereditati in trust, unico strumento adeguato per proteggere la persona (e il suo patrimonio) senza ridurne ulteriormente la capacità di agire. Infatti, il Collegio perspicacemente (e con rara chiarezza) rileva che probabilmente la badante ha coltivato il rapporto “oltre che per spirito di servizio ed affetto, anche in vista di una gratificazione non solo morale e nutre aspettative di carattere economico”: proprio per questo il trust è strumento di idonea garanzia del complessivo benessere del beneficiario, perché evita l’adozione di misure ablative più gravi quali l’interdizione, che risulterebbe “troppo sbilanciata a favore della tutela del patrimonio e penalizzante per la persona del beneficiario, del quale occorre considerare i bisogni e le aspirazioni”. La flessibilità dell’istituto, particolarmente adatta ad una tutela ampia e nel contempo variegata dei soggetti deboli, è confermata dal decreto del Giudice Tutelare di Roma - 26 ottobre 2009137, col quale si attribuisce al nominato amministratore di sostegno l’incarico di provvedere alla cura degli interessi dell’amministrato anche con riguardo alla sua qualità di beneficiario di un trust, controllando l’operato del trustee e consegnando al Giudice Tutelare, oltre al proprio resoconto, il rendiconto del trustee. 4.2. TRUST E PROCEDURE CONCORSUALI Un istituto che si basa sulla “fiducia” (tale è, letteralmente, il trust) può apparire agli antipodi dell’insolvenza. Infatti, l’insolvenza è presupposto delle procedure concorsuali e rappresenta la rottura del rapporto fiduciario (prima ancora che giuridico) tra debitore e creditore: quest’ultimo ha fatto concessioni al debitore ritenendolo meritevole di fiducia (nel gergo bancario ci si riferisce spesso a “fido” e “affidamento”), ma vede frustrate le sue aspettative; credito e fiducia entrano in crisi quando il debitore non riesce ad adempiere. Soprattutto dopo l’ampliamento della gamma delle procedure di composizione negoziale (che consentono di superare la crisi dell’imprenditore con la collaborazione del ceto creditorio), l’associazione tra le parole “trust” e “insolvenza” non costituisce più un ossimoro, come dimostrano plurimi spunti dottrinali138 e anche recenti pronunce giurisprudenziali.

137 Tribunale di Roma 26 ottobre 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 180. 138 Sull’argomento: G.FAUCEGLIA, La funzione del trust nelle procedure concorsuali, in Il Fallimento e le altre procedure concorsuali, 2004, pag. 102; E.D’AMICO, Trasferimento dei crediti fiscali a trustee: il punto di vista di un Giudice Delegato, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 333; V.GRECO, La funzione del trust nel fallimento, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 336; G.SEMINO, Trust e segregazione dei crediti (fiscali) dal fallimento esigibili dopo la chiusura della procedura, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 343; S.BARTOLI, La chiusura anticipata a mezzo trust delle procedure fallimentari titolari di credito di imposta, in Trusts e Attività Fiduciarie,

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Un’interessante applicazione del trust è oggetto del decreto del Giudice Delegato del Tribunale di Roma - 4 marzo 2003139, col quale si autorizza il curatore fallimentare a costituire in un trust i crediti fiscali maturandi dopo la chiusura del fallimento affinché i trustee li trasferiscano ai creditori secondo il piano di riparto140. Per soddisfare la necessità di riscuotere e distribuire i crediti (prevalentemente fiscali, ma anche di altra natura) futuri, maturati solo dopo o con la chiusura della procedura concorsuale (l’art. 183 T.U.I.R. condiziona l’esigibilità dei crediti verso l’Erario alla presentazione della dichiarazione finale dei redditi), si erano escogitate varie soluzioni: — la riscossione da parte del fallito tornato in bonis … ma non c’era alcuna garanzia del pagamento ai creditori — la cessione del credito pro soluto … ma il forte sconto praticato dal cessionario rendeva l’operazione poco conveniente — la sopravvivenza degli organi fallimentari alla chiusura (Tribunale di Padova – 26 aprile 2002) … ma la disciplina legislativa prevede ipotesi tassative in cui gli organi della procedura proseguono le loro attività dopo la chiusura — il mandato “post mortem” del fallimento a un soggetto terzo … che però non impediva la compensazione del credito vantato con debiti sopravvenuti dell’ex-fallito o il concorso tra vecchi e nuovi creditori. Come si può agevolmente notare, nessuna delle suddette ipotesi pare risolutiva. Nonostante il contrario avviso di una parte della dottrina (perlopiù fondata sulla normativa anteriore alla riforma e alla riformulazione dell’art. 106 L.F.) secondo cui solo agli organi fallimentari spettano le attività di liquidazione e ripartizione dell’attivo, il trust pare invece lo strumento più idoneo ad assicurare, con costi contenuti e senza pesanti defalcazioni, la continuità degli effetti segregativi sul patrimonio del fallito e ad eliminare i rischi di confusione col patrimonio del cessionario dei crediti. Il contenuto del provvedimento è stato ratificato dal decreto del Tribunale Fallimentare di Roma (in composizione collegiale) - 11 marzo 2004141 con cui si è però affermata (pur se con qualche dubbio) la competenza del Collegio al rilascio dell’autorizzazione al curatore fallimentare. Nello stesso solco si innesta il più recente decreto del Giudice Delegato del Tribunale di Saluzzo - 9 novembre 2006142, che autorizza il curatore a conferire le residue attività del fallimento (crediti commerciali con scarse possibilità di recupero, crediti fiscali, quote di

2004, pag. 542; V.GRECO, Il trust quale strumento di soluzione e di prevenzione della crisi d’impresa nella riforma delle procedure concorsuali, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 212; G.LO CASCIO, Il concordato preventivo ed il trust, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2007, pag. 245; L.PANZANI, Trust e concordato preventivo, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2005, pag. 555; L.ROVELLI, Il ruolo del trust nella composizione negoziale dell’insolvenza di cui all’art. 182-bis L.F., in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 398; A.TONELLI, Il ruolo del trust nelle fasi successive alla chiusura del fallimento, in Professione & Trusts. Rivista on-line sul diritto dei trusts, 2007, nr. 11; D.ZANCHI, Osservazioni in ordine alla possibile applicazione di un trust agli accordi di cui all’art. 182-bis L.F., in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 155. 139 Giudice Delegato del Tribunale Fallimentare di Roma 4 aprile 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 411. 140 L’atto istitutivo del trust in questione è pubblicato in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 481. 141 Tribunale Fallimentare di Roma 11 marzo 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 406. 142 Giudice Delegato del Tribunale Fallimentare di Saluzzo 9 novembre 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 290.

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partecipazione in società inattive) in un costituendo trust; il provvedimento illustra concisamente ma esaurientemente i plurimi vantaggi dell’operazione. Il provvedimento del Giudice Delegato di Saluzzo è espressamente menzionato nel decreto del Tribunale Fallimentare di Roma (in composizione collegiale) - 11 marzo 2009143: in un precedente trust, istituito per il recupero dei crediti fiscali maturandi dopo la chiusura del fallimento, il Tribunale dispone che siano conferite anche le somme destinate ai creditori irreperibili, dando incarico ai trustee di destinare tali importi – qualora non riscossi entro un quinquennio – ai creditori concorsuali rimasti insoddisfatti; il conferimento di tale compito ai trustee integra, secondo il Collegio, la fattispecie della “richiesta” di assegnazione a cui l’art. 117, commi 4° e 5°, L.F. collega la ridistribuzione tra il ceto creditorio (in difetto di richiesta, le somme devono essere attribuite al Fondo Unico Giustizia144). La sentenza del Tribunale di Parma - 3 marzo 2005145 ha omologato la proposta di concordato preventivo in cui alla cessione ai creditori dei beni della società concordataria si aggiungeva l’offerta di beni personali degli amministratori, che erano stati vincolati al soddisfacimento dei creditori sociali tramite la costituzione di un trust. Si trattava di un concordato “misto”: il debitore aveva offerto la cessione dei suoi beni e, per colmare la differenza negativa tra il presumibile valore di realizzo e la percentuale minima di legge allora prevista, aveva messo a disposizione anche garanzie reali di terzi. La costituzione in trust consentiva sia di segregare il patrimonio del terzo (altrimenti esposto al pericolo di azioni esecutive, sequestri, iscrizioni ipotecarie in mancanza della “copertura” dell’art. 168 L.F.), sia di conferire al commissario i poteri di gestione ed amministrazione dei beni offerti in garanzia (altrimenti lasciati alla gestione – non necessariamente oculata – del garante). Fino alla riforma della Legge Fallimentare, il concordato si basava su schemi rigidi, nelle forme della garanzia o della cessione di beni. Oggi la procedura può essere concepita come una ristrutturazione di debiti o un adempimento di obbligazioni esistenti tramite qualsiasi mezzo, anche mediante cessione dei beni, accollo, attribuzione ai creditori (o a società da questi partecipate), di azioni, quote, obbligazioni (anche convertibili in azioni), attribuzione delle attività a un assuntore o a società partecipate dai creditori. Le forme prescelte (al di là degli strumenti tecnico-giuridici utilizzabili) presuppongono, in ogni caso, l’affidabilità dell’offerta per i creditori e per i terzi (la concreta realizzabilità, soprattutto in caso di operazioni complesse) e il vincolo di destinazione del patrimonio del debitore e degli ulteriori apporti economici di terzi (a volte con garanzie atipiche) allo scopo perseguito e per il tempo necessario all’impiego. Il trust soddisfa entrambe le esigenze:

143 Tribunale Fallimentare di Roma 11 marzo 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 541. 144 A riguardo, si vedano l’art. 2 del D.L. 16 settembre 2008 n. 143 (convertito con modifiche dalla Legge 13 novembre 2008 n. 181) e il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 30 luglio 2009 n. 127. 145 Tribunale di Parma 3 marzo 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 409. Sull’argomento trattato nella sentenza, Trust per agevolare l’esecuzione di un concordato preventivo, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 302.

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a) la vigilanza del commissario giudiziale (art. 167 L.F.) sull’amministrazione dei beni aziendali (o di terzi) o sulla gestione dell’impresa può trasformarsi in gestione attiva (commissario-trustee) o in sorveglianza qualificata (commissario-guardiano); b) il vincolo di trust e la nomina di un trustee impediscono al debitore o ai terzi di sottrarsi agli obblighi derivanti dal concordato (potrebbe non bastare la sanzione di inefficacia prevista dall’art. 167 comma 2° L.F. in caso di cattiva gestione di un’azienda). Mentre nel caso di Parma al commissario giudiziale è stato assegnato il ruolo di trustee, il decreto del Tribunale Fallimentare di Napoli (in composizione collegiale) - 19 novembre 2008146 riguarda un concordato preventivo in cui il commissario giudiziale assume la carica di guardiano; nella proposta era previsto un piano mediante il quale un terzo si accollava cumulativamente ed irrevocabilmente le obbligazioni concordatarie, rendendosi cessionario di tutte le attività facenti parte del patrimonio del debitore ed a garanzia degli adempimenti assunti era costituito un trust nel quale dovevano confluire tutte le attività immobiliari della società concordataria e quelle dell’assuntrice, nonché il loro realizzo. Di un’altra soluzione negoziale alla crisi d’impresa si occupa il decreto del Tribunale Fallimentare di Mondovì (in composizione collegiale) - 16 settembre 2005147, che dichiara l’apertura di un concordato preventivo “atipizzato” in cui i beni immobili della capogruppo in liquidazione sono conferiti in un trust avente natura e finalità liquidatoria. Il decreto del Tribunale Fallimentare di Prato (in composizione collegiale) - 12 luglio 2006148 contiene l’autorizzazione ad un curatore fallimentare a concludere una transazione con un istituto di credito: la banca era risultata soccombente in un’azione revocatoria e intendeva impugnare la sentenza mentre il curatore intendeva acquisire le somme per la loro distribuzione alla massa dei creditori; al fine di evitare la ripartizione, le parti decidono di costituire in trust gli importi indicati nella condanna sino all’esito del giudizio di appello prevedendo che, nel frattempo, i rendimenti siano attribuiti agli organi fallimentari149. Attiene a una procedura fallimentare il decreto del Giudice Delegato del Tribunale di Reggio Emilia - 1° luglio 2008150: la vicenda è complessa e merita una breve illustrazione delle circostanze di fatto. Nel novembre del 2001 La Veggia Finance S.A., società di diritto lussemburghese con sede nel Granducato, emetteva obbligazioni per un importo di 100 milioni di Euro; il 146 Tribunale Fallimentare di Napoli 19 novembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 636, con nota di G.LO CASCIO, Proposta di concordato preventivo mediante trust, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 587. 147 Tribunale Fallimentare di Mondovì 16 settembre 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 182. 148 Tribunale Fallimentare di Prato 12 luglio 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 58. 149 L’accordo transattivo e il trust sono certamente vantaggiosi per la procedura … ma non per la banca. Infatti, secondo la prevalente giurisprudenza, la sentenza di revocatoria fallimentare ha efficacia costitutiva (al momento del passaggio in giudicato della sentenza) e anche le statuizioni di condanna che le sono accessorie hanno effetto dal passaggio in giudicato della decisione (in questo senso sembra esprimersi Cass. Sez. Un. 22 febbraio 2010 n. 4059); in altri termini, il fallimento non avrebbe potuto agire in executivis contro l’istituto di credito e avrebbe dovuto attendere il giudicato (non solo l’appello, ma anche il giudizio di legittimità) per ottenere la disponibilità delle somme. 150 Il provvedimento – unitamente alla sentenza n. 32497 del 30 gennaio 2008 della Cour d’Appel del Granducato di Lussemburgo (in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 298) – è illustrato e commentato da G.FANTICINI, I giudici europei di civil law e il trustee degli obbligazionisti, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 255.

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rimborso del prestito era stabilito al 14 novembre 2004 e garantito dalla Ondulati La Veggia, società per azioni italiana con sede nel circondario di Reggio Emilia. Più in dettaglio, la Veggia Finance (in qualità di emittente), la Ondulati La Veggia (quale garante) e la Law Debenture Trust Corporation (trustee londinese) stipulavano un trust deed151 – assoggettato alla legge inglese – che regolava sia l’emissione delle obbligazioni, sia la disciplina dei titoli emessi, sia (per quanto qui interessa) i termini e le condizioni dell’incarico fiduciario conferito al trustee stesso, quale “rappresentante” dei titolari delle Notes152. Il deed – contratto trilatero fra emittente, garante e trustee – prevedeva — dapprima l’emissione di un titolo provvisorio, per l’intero ammontare del prestito, poi sostituito da un titolo cartaceo definitivo (la Global Note); — il frazionamento del titolo definitivo in Definitive Notes (sul retro delle quali dovevano essere riprodotte le condizioni generali del trust deed e, quindi, la disciplina regolatrice dell’operazione) in occasione delle sottoscrizioni del prestito da parte degli investitori, divenuti – con la sottoscrizione del prestito – Noteholders (o Bondholders); — l’assegnazione al trustee del compito di tutelare e rappresentare gli obbligazionisti (anche con minuziosi doveri di controllo e di informazione), di ricevere il rimborso del prestito e di assumere iniziative nei confronti dell’emittente e della garante al verificarsi di events of default o di potential events of default. Veniva così creata una serie di titoli nelle mani dei singoli sottoscrittori mentre il titolo provvisorio (prima) e quello definitivo (poi) restavano nelle mani del trustee. Alla scadenza del bond né l’emittente La Veggia Finance né la garante Ondulati La Veggia provvedevano al rimborso. Stante il mancato rimborso (anche parziale) del prestito obbligazionario, la Law Debenture Trust Corporation domandava al Tribunal d’arrondissement di Lussemburgo il fallimento di La Veggia Finance S.A. Il Tribunale di prima istanza del Granducato, con decisione del 30 marzo 2007, reputava inammissibile la domanda avanzata dal trustee, asserendo che quest’ultimo era carente di legittimazione ad agire; negava, in pratica, al trustee la qualità di creditore, sostenendo – tra l’altro – che il trustee era da considerarsi mandatario dei portatori delle obbligazioni per l’esercizio di azioni di recupero del loro credito ma non era per ciò solo titolare dei diritti patrimoniali (di credito) incorporati nei titoli. Il trustee impugnava la statuizione innanzi alla Cour d’Appel del Granducato, la cui Quarta Chambre – con la sentenza n. 32497 del 30 gennaio 2008 – riformava la pronuncia di primo grado e, dichiarando il fallimento di La Veggia Finance S.A., chiariva che la domanda era stata correttamente presentata da uno dei creditori, dato che il trustee vantava ex se – in forza della “convention de trust” – un diritto di credito nei confronti della

151 Sussistendone i requisiti di forma secondo il diritto inglese, può qui impiegarsi il termine tecnico “trust deed”, anziché la locuzione “atto istitutivo”; a riguardo, M.LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2008, pag. 26. 152 E.GALANTI, L’azienda come garanzia: la floating charge inglese, in Fallimento, 2002, pag. 979: “Le debenture stock sono di solito accompagnate da un trust deed che contiene tutte le condizioni contrattuali che legano la società ed il trustee che agisce per conto di tutti i portatori di obbligazioni. Il trust deed specifica le modalità del prestito, i poteri del trustee (fra i quali figura di solito quello di nominare un administrative receiver in caso di default ) e le modalità con le quali essi possono essere esercitati.”.

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società emittente e che, anzi, era il solo soggetto legittimato a farlo valere nei confronti di La Veggia Finance (“No Noteholder or Couponholder may proceed directly against the Issuer”). Al fallimento della società emittente lussemburghese ha fatto poi seguito il fallimento della garante italiana Ondulati La Veggia, pronunciato dal Tribunale di Reggio Emilia. Nella formazione dello stato passivo fallimentare il Giudice Delegato ha dovuto esaminare le domande di ammissione della Law Debenture Trust Corporation e di due portatori di obbligazioni emesse da La Veggia Finance. Il percorso logico seguito dal Giudice Delegato non è dissimile da quello della Cour d’Appel di Lussemburgo (la cui pronuncia è esplicitamente menzionata nel decreto): proprio perché i diritti inerenti alle obbligazioni erano stati costituiti nel trust (indipendentemente dalla proprietà dei titoli) e poiché “l’art 12 del Trust deed prevede che nessun portatore possa agire per il recupero in sostituzione o in aggiunta al Trustee, fatta salva l’ipotesi di inerzia di quest’ultimo” (“No Noteholder or Couponholder may proceed directly against the … Guarantor”), sono stati esclusi dal passivo i due obbligazionisti proprietari (absolute owners) dei titoli mentre è stato ammesso (quasi integralmente) il credito del trustee, a cui è stata implicitamente riconosciuta la qualità di (unico) creditore in relazione alla garanzia prestata dalla Ondulati La Veggia per le obbligazioni emesse. Il provvedimento (necessariamente succinto per le formalità procedurali che lo caratterizzano) riconosce e riafferma la scissione tra il soggetto titolare dei diritti nei confronti dell’emittente e della garante (i quali fanno capo al trustee, come previsto dal trust deed) e il soggetto proprietario dell’obbligazione (il portatore). Avverso il decreto del Giudice Delegato è stata proposta, da parte degli obbligazionisti esclusi dalla stato passivo, opposizione ex art. 98 L.F., causa decisa con il decreto del Tribunale Fallimentare di Reggio Emilia (in composizione collegiale) - 5 giugno 2009153: il Collegio ha respinto il gravame e confermato il decreto del 1° luglio 2009 rilevando, tra l’altro, che “il trustee assume il controllo delle posizioni giuridiche connesse alle obbligazioni, le quali restano materialmente nella disponibilità degli obbligazionisti e a beneficio degli stessi”. Gli obbligazionisti opponenti non si sono però “arresi” e, prima di impugnare con ricorso per cassazione il citato decreto, hanno avanzato domanda di revocazione ex art. 395 cod. proc. civ.: non è questa la sede per commentare la moltiplicazione delle iniziative processuali (peraltro, la richiesta revocazione è già stata dichiarata inammissibile), ma merita una chiosa l’ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia - 30 novembre 2009154, che, revocando i precedenti decreti di sospensione del termine per proporre ricorso alla Suprema Corte e dell’esecutorietà della pronuncia, ha riconosciuto proprio nell’istituto del trust – e, segnatamente, nella posizione beneficiaria – la miglior garanzia per la salvaguardia dei crediti vantati dagli attori.

§ § § L’ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia (Ufficio Esecuzioni Immobiliari) - 14 maggio 2007155 riconosce il trust come un efficace strumento di protezione del patrimonio del debitore, analogo al divieto di azioni esecutive e cautelari ex art. 168 L.F. 153 Tribunale Fallimentare di Reggio Emilia 5 giugno 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 645. 154 Tribunale di Reggio Emilia 30 novembre 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 169. 155 Tribunale di Reggio Emilia (Ufficio Esecuzioni Immobiliari) 14 maggio 2007, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 425. Commenti di: F.CATARCI, Trust autodichiarato e garanzia dei creditori, in Giurisprudenza di merito, 2008, pag. 717; A.REALI, Il trust tra tutela e frode ai creditori, in I Contratti, 2008, I,

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Questo, in somma sintesi, il caso esaminato: - il socio accomandatario e amministratore unico di un’impresa in crisi costituisce in trust tutti i suoi beni, mobili ed immobili, affinché siano gestiti ed amministrati e financo liquidati per il pagamento dei creditori della società che non troveranno soddisfazione sul patrimonio sociale all’esito della liquidazione (già in corso); - si tratta di trust autodichiarato in cui il socio accomandatario riveste sia il ruolo di disponente, sia il ruolo di trustee; i beneficiari sono i creditori della società; non è prevista la figura del guardiano; - la società raggiunge un’intesa con una parte dei creditori e l’accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis L.F. viene pubblicato nel Registro delle Imprese e omologato dal Tribunale di Modena; - un creditore estraneo all’accordo, munito di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (opposto), iscrive ipoteca sui beni immobili in trust e, poco dopo, aggredisce il compendio con pignoramento immobiliare; - il titolare dei cespiti propone opposizione all’esecuzione immobiliare e domanda la sospensione della procedura esecutiva. La decisione – con cui è stata accolta l’istanza di sospensione avanzata dall’opponente – può essere schematicamente illustrata nei suoi punti essenziali: A) La valutazione del programma negoziale (causa concreta del trust) del disponente Come sottolineato dalla giurisprudenza (segnatamente, Tribunale di Trieste 23/9/2005), era necessario valutare se l’atto istitutivo del trust poteva essere considerato portatore di interessi meritevoli di tutela per l’ordinamento giuridico senza limitarsi allo “scopo” espresso nell’atto, ma estendendo l’analisi al “programma” prefissato dal disponente. In altri termini, occorreva esaminare la meritevolezza della causa “concreta” del trust. Nel caso de quo il programma negoziale perseguito era espresso nell’atto: l’amministratore e socio accomandatario intendeva, col trust, “favorire la liquidazione armonica della società, prevenendo azioni giudiziarie e procedure concorsuali” e, per raggiungere tale finalità, aveva segregato i propri beni personali nominandosi trustee nell’interesse dei creditori della società, assumendosi il compito di conservarli (non poteva cederli se non previa espressa autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria), gestirli e amministrarli nell’interesse dei creditori e – nel caso in cui la società non fosse in grado di soddisfare interamente le ragioni creditorie al momento della data di liquidazione – di venderli per pagare il debito residuo. Il programma negoziale del trust era evidentemente mirato ad introdurre un temporaneo blocco delle azioni esecutive e cautelari individuali, effetto garantito ex art. 168 L.F. dalla legislazione nazionale (prima del c.d. “Decreto Correttivo”, il D.Lgs. 12 settembre 2007 n. 169156) per il solo concordato preventivo (che – secondo la prima giurisprudenza – è però istituto autonomo e distinto dall’accordo di ristrutturazione). Come ha sottolineato la prevalente dottrina, il nuovo istituto disciplinato dall’art. 182-bis L.F. presenta pregi (affida agli operatori economici la valutazione sulla capacità

pag. 15; A.BUSANI, Trust salva-ristrutturazione, in Il Sole 24 Ore del 17 maggio 2007, pag. 33; M.MONTEFAMEGLIO, Tribunale di Reggio Emilia - Ufficio Esecuzioni Immobiliari - Ordinanza del 14 Maggio 2007, in Professione & Trusts. Rivista on-line sul diritto dei trusts, 2007, nr. 11. 156 L’art. 182-bis comma 3° L.F. modificato dal “Decreto Correttivo” recita ora: “Dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore”.

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dell’impresa di permanere nel circuito economico o di uscirne gradatamente157; è caratterizzato da assoluta flessibilità; elimina – in caso di successivo fallimento – i rischi di incorrere nel reato di bancarotta preferenziale e di esposizione ad azioni revocatorie) e difetti (non vincola i creditori non aderenti; non prevede(va) la protezione del patrimonio del debitore da azioni individuali degli estranei dopo il raggiungimento dell’accordo; anche nella fase delle trattative lascia esposto il patrimonio del debitore158). Sembrava, perciò, che la “causa” del trust rispondesse ad un interesse meritevole di tutela: quello di proteggere il patrimonio per evitare che creditori free-riders, rimasti estranei all’accordo di ristrutturazione, che vantano crediti contestati, possano costituire diritti di prelazione (ipoteche) o agire in executivis sui cespiti, facendo naufragare il negozio concluso con la maggioranza, nonostante l’assicurazione di un loro “regolare pagamento” (da intendersi come “pagamento integrale”, non potendo significare “pagamento alla scadenza”, formula inapplicabile ai crediti scaduti che sono, in situazione di crisi, la maggior parte) e l’omologazione da parte del Tribunale (in assenza di qualsivoglia opposizione). Del resto, già nel precedente del Tribunale di Parma era stata apprezzata la finalità di proteggere il patrimonio nell’ambito di una concordata soluzione della crisi dell’impresa (e, cioè, la segregazione dei beni al fine di assicurare la loro destinazione alla massa dei creditori). Era evidente che il trust in questione non costituiva strumento per frodare i creditori (proprio questi ultimi erano individuati quali beneficiari) sottraendo la garanzia patrimoniale (come spesso capita, invece, col fondo patrimoniale) o per eludere la par condicio (è arduo ipotizzare l’esito favorevole di un’azione revocatoria). Inoltre, il conferimento in trust forniva una suppletiva garanzia di non dispersione dei beni ed attribuiva ai creditori beneficiari un controllo sull’operato del trustee, mancante invece nell’accordo di ristrutturazione (laddove i creditori sono esposti anche ad operazioni di sottrazione o di occultamento della garanzia patrimoniale e possono sperare, a volte, solo nel rimedio costituito dall’esperimento di una lunga e costosa azione revocatoria). B) L’eventuale nullità per finalità recondita perseguita col trust Può accadere che lo scopo di un trust apparentemente lecito e meritevole di tutela nasconda, in concreto, un obiettivo ripugnante per l’ordinamento. Ciò avviene quando lo scopo ripugnante (ad esempio, l’intento di frodare i creditori) è il solo effettivo scopo del trust e il trustee si disinteressi completamente dello scopo apparente. In tal caso, l’atto di trust costituisce pura simulazione (sham secondo il diritto inglese) sanzionata, nel diritto anglosassone, con la nullità. Nonostante qualche indizio di sham trust (la coincidenza tra disponente e trustee e la contemporanea assenza di un guardiano; la riserva al disponente del diritto di abitazione gratuito sui beni immobili conferiti; non era stato depositato il “libro degli eventi del

157 La valutazione giudiziale si limita ad esaminare solo il quadro finanziario dell’impresa e, entro questo, cura soltanto lo specifico aspetto dello sbilancio tra flussi finanziari in entrata e in uscita che ha determinato il deficit di cassa. Le “potenzialità” (future o residue) dell’impresa ben difficilmente trovano spazio in una istruttoria pre-fallimentare e ancor meno interessano dopo l’apertura del fallimento che – tradizionalmente – ha una “vocazione eminentemente espulsiva dell’insolvente dal mercato”. 158 È notorio che, al primo accenno di insolvenza, gli operatori qualificati “corrono ai ripari” richiedendo sequestri o decreti ingiuntivi, iscrivendo ipoteche o azionando titoli esecutivi.

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trust” né il rendiconto del trustee; l’assoluta incertezza sull’effettiva attività svolta dal trustee, con particolare riferimento al dovere di informare i beneficiari delle vicende del trust) il Giudice dell’Esecuzione ha ritenuto che esulasse dalla cognizione sommaria propria di quella fase del processo esecutivo una valutazione così approfondita da poter condurre ad una declaratoria di simulazione. C) La compatibilità con norme inderogabili, di ordine pubblico o applicazione necessaria La pronuncia richiama le argomentazioni (qui già esposte) dei numerosi provvedimenti (in particolare, la sentenza del Tribunale di Bologna del 1° ottobre 2003) che hanno escluso che l’art. 2740 cod. civ. costituisca un principio supremo ed inderogabile dell’ordinamento italiano. L’approvazione del Decreto Correttivo (successiva all’ordinanza in commento) pone però alcuni interrogativi: il novellato art. 182-bis L.F. limita a 60 giorni dalla data della pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione il divieto di iniziare/proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore. La disposizione riformata costituisce norma inderogabile della lex fori, suscettibile di applicazione necessaria ex art. 15 della Convenzione de L’Aja? È ammissibile un trust di protezione patrimoniale che estenda gli effetti della citata disposizione o dovrebbe ritenersi elusivo della norma imperativa? Sotto il profilo teorico, anche considerando il nuovo art. 182-bis L.F. come norma inderogabile dell’ordinamento, non si ravvisano ostacoli di principio all’istituzione di un trust di “copertura del patrimonio” di più lunga durata: infatti – facendo un parallelo con il fondo patrimoniale (la cui disciplina è comunemente ritenuta inderogabile) – nessuno dubita della legittimità di un trust che protragga il vincolo di destinazione oltre il raggiungimento della maggiore età dei figli o anche dopo il divorzio in contrasto quanto statuito dall’art. 171 cod. civ. oppure che destini ai bisogni della famiglia beni che, ai sensi dell’art. 167 cod. civ., non potrebbero essere costituiti in un fondo (ad esempio, il denaro liquido). Inoltre, la novella legislativa non ha comunque soddisfatto tutte le esigenze: la protezione offerta dall’art. 182-bis L.F., infatti, non copre la fase delle trattative tese al raggiungimento dell’accordo di ristrutturazione, né salvaguarda il patrimonio di un soggetto diverso (il garante o il socio illimitatamente responsabile) dal debitore che ha concluso l’accordo. D) La conformità alla legge regolatrice del trust L’effetto segregativo previsto dall’art. 11 della Convenzione de L’Aja si determina solo se il trust è stato “istituito in conformità alla legge determinata” dal disponente a norma dell’art. 6 del testo convenzionale. A fronte delle obiezioni sollevate dalla parte opposta, è stato necessario, perciò, cimentarsi con la Trust (Jersey) Law e, in particolare, con le disposizioni di quest’ultima che sanciscono l’invalidità del trust di scopo privo di un guardiano (enforcer). Tuttavia, proprio la Trust (Jersey) Law fornisce la definizione di beneficiario (art. 1: “un soggetto avente diritto ad ottenere dei vantaggi in forza di un trust oppure nel cui interesse possa essere esercitato il potere discrezionale di una attribuzione di beni in trust”; art. 10: “il beneficiario deve essere identificabile … per riferimento a una categoria”).

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Nel caso esaminato, perciò, il trust, pur mancando di enforcer, doveva essere considerato un trust con beneficiari, individuati con riferimento alla categoria dei creditori della società in liquidazione. E) La trascrivibilità del trust Quanto alla contestata validità delle formalità pubblicitarie (la trascrizione era anteriore all’art. 2645-ter cod. civ.), il Giudice – richiamati i numerosi precedenti (qui citati) – ha evidenziato che l’art. 2645-ter non si riferisce espressamente al trust, ma – al più – conferma la copiosa giurisprudenza già formatasi sulla trascrivibilità.

§ § § Del difficile e conflittuale rapporto tra il trust istituito dall’imprenditore in crisi e gli organi della procedura concorsuale tratta l’ordinanza del Tribunale di Milano - 16 giugno 2009159, chiamato ad esaminare una situazione assolutamente inedita. Con un ricorso cautelare ex art. 700 cod. proc. civ. il trustee nominato dal guardiano (dichiarato fallito) richiede di inibire al trustee designato dal curatore fallimentare in sostituzione del precedente trustee (anch’egli dichiarato fallito) il compimento di atti inerenti al trust istituito (prima dell’avvio della procedura concorsuale) dalla società fallita nel quale era confluito tutto il patrimonio aziendale con lo scopo di agevolare le attività di liquidazione della società. Il trust liquidatorio risaliva alla fine del 2007; sopraggiunto all’inizio del 2009 il fallimento della società e dei soci illimitatamente responsabili (tra i quali l’originario trustee il guardiano), il curatore aveva proceduto alla sostituzione del trustee; tale ultimo atto era stato revocato dal guardiano (fallito) che a sua volta aveva nominato trustee la parte ricorrente (che assumeva l’illegittimità della condotta del curatore). La difesa della curatela (resistente) aveva esposto puntuali difese, sostenendo che l’unica forma di segregazione patrimoniale a cui poteva aspirare la società fallita (già insolvente) era il fallimento in proprio, che il trust era sham (simulato) e come tale nullo ab origine, che il guardiano e il trustee avevano perduto la capacità di agire dopo la declaratoria di fallimento, che non era riconoscibile il trust interno, che l’atto di disposizione patrimoniale era evidentemente revocabile e che l’istituzione del trust era da reputarsi nulla perché in contrasto con la cogente disciplina fallimentare. Il Giudice ha innanzitutto respinto le preliminari obiezioni del fallimento resistente ritenendo “superato l’orientamento affacciatosi in giurisprudenza … restio a riconoscere legittimità al trust interno che avesse come unico elemento di estraneità rispetto all’ordinamento italiano la legge applicabile”. Nel prosieguo della motivazione, tra le svariate argomentazioni addotte dalla curatela, il giudicante (pur dando conto della revocabilità dell’atto di disposizione) opta per la tesi secondo cui il trust liquidatorio de quo si atteggerebbe, in caso di insolvenza (qui acclarata), come una “procedura liquidatoria alternativa alla procedura concorsuale”, in contrasto con l’art. 15 della Convenzione de L’Aja e alle cogenti disposizioni della legge fallimentare italiana: “quello che il trust non può sortire è sostituirsi o, peggio, precludere la liquidazione fallimentare, laddove si ponga come trust liquidatorio dell’intero compendio aziendale della società poi fallita. Laddove la causa concreta dell’istituzione

159 Tribunale di Milano 16 giugno 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 533, con nota critica di E.RAGANELLA-M.REGNI, Il trust liquidatorio nella disciplina concorsuale, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 598.

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del trust sia quella di segregare tutti i beni dell’impresa in danno dei creditori del disponente … di fatto precludendone l’apprensione alla curatela fallimentare, il trust persegue finalità estranee a quelle dell’ordinamento italiano e con esso incompatibili. Tanto più se questo avvenga, come nel caso di specie, in caso di soggetto insolvente che non aveva altra strada che ricorrere, sin dal momento in cui istituiva la segregazione patrimoniale, a una procedura di insolvenza”. Il Giudice distingue tra trust liquidatorio istituito da disponente insolvente e trust liquidatorio istituito dall’imprenditore non insolvente. Il primo ha l’effetto di sottrarre l’imprenditore alle procedure concorsuali obbligatoriamente previste dalla lex fori ed è perciò incompatibile con il combinato disposto degli artt. 13 e 15 della Convenzione de L’Aja ed, essendo illecito sin dall’origine, non può in alcun modo essere riconosciuto ai sensi dell’art. 11 del testo convenzionale: “la causa in concreto perseguita dal disponente collide con le norme di cui agli artt. 13, 15 lett. e) Conv. e comporta la nullità dell’atto istitutivo del trust e, conseguentemente, anche la nullità dell’effetto segregativo che ne è scaturito. Il trust così costituito non ha lo scopo di proteggere i beneficiari (i creditori) ma proprio l’opposto scopo di danneggiare i creditori sottraendo loro la garanzia patrimoniale … e costituisce pertanto abusivo utilizzo del trust … mirante a realizzare effetti ripugnanti per l’ordinamento in cui dovrebbe essere riconosciuto, quali la sottrazione dell’imprenditore insolvente ai creditori”. Il secondo non può invece considerarsi illegittimo ab origine: è anzi stata riconosciuta in giurisprudenza (citata dal Tribunale di Milano) la meritevolezza un trust liquidatorio istituito da disponente in bonis che persegue la finalità di tutelare i creditori (beneficiari del trust) mediante una organica liquidazione delle attività e, anzi, in caso di sopravvenuta insolvenza, potrebbe fornire il supporto per procedure concorsuali minori. Del resto, pochi mesi prima lo stesso Tribunale di Milano - Sezione distaccata di Legnano, con l’ordinanza dell’8 gennaio 2009160 aveva affermato che “la costituzione di un trust con funzione liquidatoria, nel quale siano stati conferiti tutti i beni dell’impresa ed indicati come beneficiari la massa dei suoi creditori, è idoneo a tutelare l’interesse dei creditori medesimi soprattutto ove lo scopo istitutivo del trust sia quello di operare la liquidazione in modo più ordinato ed efficace, realizzando la conservazione del valore dell’impresa, in funzione del migliore realizzo nell’interesse dei creditori sociali e dei soci della disponente”. Tuttavia – ritiene il Giudice – l’effetto segregativo e l’affidamento del patrimonio aziendale al trustee impedirebbero, in caso di sopravvenuto fallimento, l’esplicarsi della procedura concorsuale (al curatore sarebbe attribuita, anziché l’apprensione dei beni del fallito, un’azione di rendiconto nei confronti del trustee, salvo esperimento di azione revocatoria). Tale soluzione appare incongrua al giudicante il quale sostiene che la liquidazione, anche per ipotesi di insolvenza sopraggiunta, non possa più proseguire secondo il regolamento negoziale del disponente ma debba essere condotta secondo le regole della procedura concorsuale: a conclusione del ragionamento l’ordinanza afferma che “il fallimento sopravvenuto si configura come causa sopravvenuta di scioglimento

160 Tribunale di Milano - Sez. distaccata di Legnano 8 gennaio 2009, disponibile su http://www.unijuris.it/files/giuris/Tribunale%20di%20Legnano%208%20gennaio%202009.pdf.

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dell’atto istitutivo [seppur originariamente lecito], analogamente a quelle ipotesi negoziali la cui prosecuzione è incompatibile con la dichiarazione di fallimento”. Difettando perciò il fumus boni iuris delle ragioni del ricorrente, la domanda cautelare è stata respinta. Non è questa la sede per esaminare nei minimi dettagli il provvedimento del Tribunale di Milano (molto ben motivato, ma opinabile in più punti), ma l’ultima conclusione a cui è pervenuto il Giudice desta sconcerto. Posto che il trust liquidatorio istituito dall’imprenditore in bonis è valido ed efficace (lo afferma la stessa ordinanza), non si comprende come possa il successivo fallimento costituire “causa sopravvenuta di scioglimento dell’atto istitutivo”: infatti, l’atto istitutivo ha già spiegato i suoi effetti e il disponente, secondo il diritto dei trust, è già “uscito di scena” (i beni sono posti sotto il controllo del trustee) e non si capisce come una vicenda successiva attinente al disponente possa determinare effetti sulla vita del trust, che più non lo riguarda (se non in maniera indiretta). Per convincersene basta fare un parallelo con istituti nostrani: se un imprenditore in bonis cede un bene aziendale ad un soggetto col pactum fiduciae di venderlo e trasferire il ricavato ai suoi creditori, la cessione (in sé valida) è da ritenersi (per implicito) condizionata risolutivamente al fallimento del cedente? O piuttosto il curatore fallimentare dovrà pretendere la consegna del ricavato dal cessionario o (ove ne ricorrano i presupposti) esperire azione revocatoria? Anche l’analogia con i rapporti negoziali che non proseguono in caso di fallimento dell’imprenditore sembra inappropriata: in primis, le fattispecie di scioglimento sono delineate dalla Legge Fallimentare senza alcun riferimento al trust e l’applicazione analogica dell’art. 78 riguardante il mandato sarebbe assolutamente erronea (stante la diversità tra i due istituti161); poi, le menzionate disposizioni hanno ad oggetto rapporti pendenti o comunque non esauriti tra il fallito e altri soggetti, mentre nel trust l’unico rapporto tra il disponente e il trustee è il rapporto di affidamento, che non influisce però né sulla titolarità, né sulla gestione dei beni già definitivamente trasferiti al trustee. Puntualmente impugnata, l’ordinanza ora commentata ha trovato integrale conferma nell’ordinanza di reclamo del Tribunale di Milano - 30 luglio 2009162: anzi, il Collegio ha anche “rincarato la dose”, dato che – interrogandosi sulla meritevolezza dell’interesse di segregare il patrimonio della società in liquidazione ponendolo al riparo da azioni esecutive individuandoli allo scopo di salvaguardare la par condicio creditorum – ha concluso per la nullità (ai sensi dell’art. 1418 cod. civ. e dell’art. 15 lett. e) della Convenzione de L’Aja) del trust liquidatorio la cui finalità concreta sia quella di segregare tutti i beni dell’impresa disponente già in stato di insolvenza ex art. 5 L.F.163. Richiamando le medesime argomentazioni (testualmente riportate nella motivazione) del provvedimento del 16 giugno 2009 (tanto da essere definito “ordinanza gemella”),

161 Si veda infra la nota n. 230. 162 Tribunale di Milano 30 luglio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 80. 163 Esclude invece la nullità Tribunale di Alessandria 24 novembre 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 171: infatti, ex art. 15 Convenzione de L’Aja, la legge applicabile al trust non può essere d’ostacolo all’applicazione delle disposizioni inderogabili della lex fori (tra le quali rientrano, per espressa previsione, le norme in materia di protezione dei creditori in caso di insolvenza), ma da ciò deriva che il trust istituito in violazione di norme inderogabili non è di per sé nullo, ma solo soggetto a quanto diversamente previsto dalla legge del foro.

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l’ordinanza del Tribunale di Milano - 17 luglio 2009164 ha disposto, su istanza del fallimento (nel caso parte ricorrente) della società disponente, il sequestro giudiziario del patrimonio aziendale della fallita, precedentemente trasferito al trustee. Il sequestro giudiziario è stato confermato nel secondo grado cautelare dall’ordinanza di reclamo del Tribunale di Milano - 22 ottobre 2009165. 4.3. TRUST E (CRISI DELLA) FAMIGLIA Da tempo la dottrina si interroga sulle applicazioni del trust – “strumento, agile, snello e adattabile alle più diverse situazioni”166 e, oramai, ammesso dalla giurisprudenza italiana – nel diritto di famiglia. Del resto, al possibile collegamento tra l’istituto de quo e la crisi coniugale avevano fatto riferimento proprio i lavori preparatori della Convenzione de L’Aja: “il semble qu’un trust volontairement constitué par un époux divorcé afin de réaliser l’obligation qui lui est imposée de trasférer certains biens à son épouse et à ses enfants tomberait sous le coup de la Convention. On peut également considérer comme volontaire un trust constitué par exemple en vue de remplir une obligation alimentaire qui est ensuite homologuée par un tribunal”167. In dottrina nessuno dubita (quantomeno in astratto) della possibilità di istituire pattiziamente un trust in sede di separazione (anche di fatto) o di divorzio e della potenzialità dell’istituto a fungere da modalità di adempimento e da garanzia dell’obbligo di mantenimento dei figli (e anche del coniuge o del convivente): infatti, per lo spazio oggi riconosciuto all’esplicazione dell’autonomia negoziale nella crisi della famiglia, il vincolo potrebbe essere costituito nell’ambito dello stesso negozio di separazione consensuale o di divorzio su domanda congiunta, ponendo così in essere lo strumento attraverso il quale determinare le modalità di adempimento degli obblighi ex artt. 155 e 156 cod. civ. o ex artt. 5 e 6 l. divorzio168. In estrema sintesi (ma nel prosieguo saranno esaminati casi concreti che presentano diverse peculiarità), l’atto istitutivo può prevedere: l’assegnazione al trustee, da parte del coniuge obbligato (disponente), di beni o somme nella misura necessaria a far fronte al debito di mantenimento; l’attribuzione del ruolo di beneficiari ai figli minorenni o maggiorenni non economicamente indipendenti (oppure al coniuge o ex-coniuge, in relazione gli obblighi ex artt. 156 cod. civ. e 5, 6° co., l. divorzio); un termine finale del

164 Tribunale di Milano 17 luglio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 628, con nota critica di E.RAGANELLA-M.REGNI, Il trust liquidatorio nella disciplina concorsuale, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 598. 165 Tribunale di Milano 22 ottobre 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 77. 166 Così M.DOGLIOTTI - F.PICCALUGA, I trust nella crisi della famiglia, in Famiglia e dir., 2003, pag. 301. Non dissimile è l’opinione di M.MONEGAT, Raffronto tra fondo patrimoniale e trust, in MONTEFAMEGLIO-MARULLO-FANTICINI-MONEGAT-TONELLI-MANES, La protezione dei patrimoni, Santarcangelo di Romagna, 2009, pag. 346: “Da ciò l’idea di suggerire l’utilizzo del trust, strumento duttile e versatile che può essere adattato ad ogni singola fattispecie e divenire “l’abito su misura” per ogni vicenda di dissolvimento dell’unione familiare”. 167 A.E.VON OVERBECK, Rapport explicatif sur la Convention – Trust de 1985, n. 49, in http://hcch.e-vision.nl/upload/expl30.pdf. 168 G.OBERTO, Vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e rapporti patrimoniali tra coniugi, in Famiglia e dir., 2007, pag. 202 ss.; M.DOGLIOTTI - F.PICCALUGA, I trust nella crisi della famiglia, in Famiglia e dir., 2003, pag. 301 ss.

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trust collegato al momento della cessazione dell’obbligo169 con devoluzione dell’eventuale trust-fund residuo al disponente (un tempo debitore) o alla prole170. Così strutturato il trust può esplicare funzioni sia solutorie, sia di garanzia, con innegabili vantaggi per tutti i soggetti coinvolti: a) il genitore obbligato, infatti, ha la possibilità di sottoporre al vincolo di destinazione le sole risorse necessarie a far fronte agli obblighi assunti171; b) nel contempo – nell’interesse dei genitori e, soprattutto, dei figli – una parte del proprio patrimonio è “isolata” a garanzia dell’adempimento e resa insensibile alle vicende economiche dell’onerato: si evita così – salvo l’effetto di azioni revocatorie172 – qualsiasi conflitto fra i creditori del coniuge obbligato e i creditori della prestazione alimentare, posto che questi ultimi sarebbero pienamente garantiti173; c) il patrimonio destinato è altresì distinto rispetto a quello del trustee ed inattaccabile da parte dei suoi creditori personali174 e, inoltre – nel caso di immobili, titoli azionari o altri beni soggetti a forme di pubblicità – il trasferimento in trust comporta formalità che di per sé impediscono atti di disposizione illegittimi: chiunque sia il trustee – il coniuge

169 A seconda delle finalità che si prefiggono le parti, il termine finale potrebbe anche non coincidere con la cessazione dell’obbligo di mantenimento: ad esempio, nel caso esaminato da Tribunale di Milano 23 febbraio 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 585 ss., lo scopo del padre-disponente era quello di far pervenire alla figlia un immobile in un momento diverso dal raggiungimento della maggiore età. Osserva M.MONEGAT, Raffronto tra fondo patrimoniale e trust, in MONTEFAMEGLIO-MARULLO-FANTICINI-MONEGAT-TONELLI-MANES, La protezione dei patrimoni, Santarcangelo di Romagna, 2009, pag. 349: “La durata del trust è stata fissata con decorrenza dalla omologazione delle condizioni della separazione consensuale fino al momento in cui la figlia compia 25 anni, purché sia laureata, ovvero sino a quando la figlia compia 30 anni. Si è anche previsto che il trust cesserà di essere efficace nell’ipotesi in cui sopraggiunto il trentesimo compleanno della figlia questa non sia in vita. In tal caso il bene in trust ritornerà al disponente ovvero ai suoi eredi.”. 170 S.BARTOLI, I trusts nei rapporti di famiglia e nella gestione patrimoniale della crisi coniugale, in Prassi applicative dei trusts interni, Atti del Convegno Trieste 17 giugno 2005, Trieste, 2006, pag. 120. 171 Secondo A.TONELLI, Il Trust familiare e la tutela del minore, lezione al Corso di formazione in diritto di famiglia e minorile, Bologna, 24 febbraio 2005, in http://www.diritto.net/index.php?option=com_content&view=article&id=809&catid=182&Itemid=54, si scongiura così il pericolo che, tramite azioni cautelari o esecutive, il coniuge creditore renda indisponibili altre risorse patrimoniali; vi è da dire che proprio il trust assicura che gli obblighi siano adempiuti alle scadenze stabilite, esonerando il coniuge dalla necessità di ricorrere ad iniziative giudiziarie. 172 Diverse azioni revocatorie di atti di dotazione dei trust hanno già trovato accoglimento in giurisprudenza: Tribunale di Cassino 8 gennaio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 419 ss.; Tribunale di Cassino 1 aprile 2009, in Famiglia e dir., 2009, pag. 925 ss.; Tribunale di Torino 15 giugno 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 83 ss. Più in generale, sulla possibilità di sottoporre a revocatoria (ordinaria e fallimentare) i negozi della crisi coniugale: Cass. 23 marzo 2004, n. 5741, in Arch. civ., 2004, pag. 1026; Cass. 26 luglio 2005, n. 15603, in Rep. Foro it., 2005, Revocatoria (azione), n. 9; Cass. 14 marzo 2006, n. 5473, in Nuova giur. comm., 2007, I, pag. 371; Cass., 12 aprile 2006, n. 8516, in Rep. Foro it., 2006, Fallimento, n. 50. 173 S.BARTOLI, I trusts nei rapporti di famiglia e nella gestione patrimoniale della crisi coniugale, in Prassi applicative dei trusts interni, Atti del Convegno Trieste 17 giugno 2005, Trieste, 2006, pag. 121; G.OBERTO, Il trust familiare, lezione al Master di specializzazione in diritto di famiglia e minorile, Milano, 11 giugno 2005, in http://www.giacomooberto.com/milano11giugno2005trust/relazionemilano.htm. 174 Qualora il ruolo di trustee sia ricoperto dall’altro genitore, l’effetto di segregazione patrimoniale (art. 11 Conv. L’Aja 1 luglio 1985) fornisce, anche al disponente, efficace assicurazione contro il rischio di aggressione dei beni per debiti estranei al mantenimento della prole.

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obbligato o un terzo175 – sarebbero pertanto prevenuti atti di disposizione in danno degli interessi che il trust protegge176; d) col trust si instaura, tra il trustee e il soggetto beneficiario un rapporto obbligatorio che riduce – fin quasi ad escluderla – la possibilità di inadempimento e, quindi, l’eventualità che si debba ricorrere ad azioni giudiziarie177. Il leading case italiano178 è costituito dalla separazione consensuale omologata con il decreto del Tribunale di Milano - 23 febbraio 2005179: Il marito, proprietario esclusivo da epoca precedente al matrimonio dell’alloggio destinato a casa coniugale, intendeva provvedere alle esigenze abitative della figlia minore sino al completamento del ciclo di studi e al raggiungimento dell’autonomia economica, ma non desiderava attribuire la proprietà dell’immobile né al coniuge (da cui si stava separando), né alla figlia stessa. La finalità voluta dal marito-padre non si sarebbe potuta perseguire trasferendo la nuda proprietà alla minore e l’usufrutto alla madre: l’intenzione del disponente era quella di far pervenire l’immobile alla figlia in un momento diverso dalla maggior età e, comunque, in un tempo futuro e certo; si voleva altresì evitare il rischio che la figlia, divenuta maggiorenne, potesse contrarre debiti ed esporre il bene all’aggressione dei creditori. Inoltre, l’unità immobiliare già destinata a casa coniugale era all’epoca idonea a soddisfare le esigenze abitative della figlia, ma era già prevedibile che la sua crescita avrebbe reso l’appartamento inadeguato, imponendo una diversa soluzione (previa vendita e acquisto, anche in un diverso luogo, di altro cespite). Il padre desiderava altresì separare dal proprio patrimonio l’immobile per sottrarlo alle proprie vicende personali e successorie180 e, in generale, per poterlo segregare a tutti gli effetti al fine di trarre da esso utilità, sia direttamente sia indirettamente, da destinare alla figlia (e alla madre finché convivente) e, infine, per trasferirlo proprio a quest’ultima. Per raggiungere tutte queste finalità, il genitore ha istituito, contestualmente agli accordi

175 Si è anche rilevato che la designazione di un terzo per l’incarico di trustee offre l’ulteriore vantaggio di evitare l’interferenza indebita degli interessati e le spiacevoli situazioni, anche psicologiche e morali, che spesso vengono a crearsi. Sul punto, ironizza G.OBERTO, Il trust familiare, lezione al Master di specializzazione in diritto di famiglia e minorile, Milano, 11 giugno 2005, in http://www.giacomooberto.com/milano11giugno2005trust/relazionemilano.htm, sostenendo che si tratterebbe di un “vantaggio che, peraltro, le parti pagherebbero assai caro, posto che appare assai difficile reperire un trustee disposto a prestare gratis et amore dei la propria attività, specie in siffatte situazioni, normalmente, dal punto di vista dei rapporti umani, assai poco gradevoli”. 176 G.OBERTO, Il trust familiare, lezione al Master di specializzazione in diritto di famiglia e minorile, Milano, 11.6.2005, in http://www.giacomooberto.com/milano11giugno2005trust/relazionemilano.htm. 177 S.BARTOLI, I trusts nei rapporti di famiglia e nella gestione patrimoniale della crisi coniugale, in Prassi applicative dei trusts interni, Atti del Convegno Trieste 17 giugno 2005, Trieste, 2006, pag. 121. 178 M.DOGLIOTTI - F.PICCALUGA, I trust nella crisi della famiglia, in Famiglia e dir., 2003, pag. 301 ss., ricordano che “nei paesi di common law l’uso del trust è assai diffuso pure nei rapporti familiari, e in particolare in relazione al momento della crisi della famiglia”. 179 Tribunale di Milano 23 febbraio 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 585 ss. 180 Sul punto muove obiezioni G.OBERTO, Il trust familiare, lezione al Master di specializzazione in diritto di famiglia e minorile, Milano, 11 giugno 2005, in http://www.giacomooberto.com/milano11giugno2005trust/relazionemilano.htm, il quale sostiene che la clausola del trust che si piega a una finalità successoria “potrebbe porre problemi in tema di divieto di patti successori ed eventuale lesione della legittima (con riferimento anche all’art. 15 della Convenzione dell’Aja).”.

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di separazione, un trust autodichiarato (con assunzione, quindi, dei ruoli di disponente e di trustee) assoggettando al vincolo l’unità immobiliare o quella che nel tempo risulterà in caso di trasformazione o permuta o compravendita; il termine iniziale di durata è stato individuato nel decreto di omologazione delle condizioni della separazione, mentre il termine di cessazione del trust – e, cioè, quello in cui il bene passerà definitivamente alla prole – è stato fissato al compimento del 25° anno di età della figlia – se allora laureata – o, in caso contrario, al compimento del 30° anno. Le parti hanno poi concordato che – in caso di morte, dimissioni o sopravvenuta incapacità dell’originario trustee (il padre disponente) – subentri in detto incarico la moglie-madre, con l’effetto, quindi, di mantenere segregato il bene, non suscettibile di aggressione da parte dei suoi creditori personali ed escluso dal suo asse ereditario. Sempre ad un verbale di separazione consensuale si riferisce il successivo decreto del Tribunale di Pordenone - 20 dicembre 2005181; con tale provvedimento è stato omologato l’accordo con cui i coniugi hanno sciolto la comunione legale (con effetto dal decreto)182 e confermato l’impegno a dotare un trust, precedentemente istituito, di beni immobili da destinare, quindi, alla comune discendenza dopo la morte dei disponenti. Ancora il decreto del Tribunale di Milano - 7 giugno 2006183 ha poi omologato un accordo di separazione tra le cui condizioni era prevista l’istituzione di un trust nel quale i coniugi avevano segregato sia i cespiti già compresi nel fondo patrimoniale, sia altri beni che non era stato possibile, per loro natura, proteggere con il fondo. I coniugi erano intenzionati a porre fine alla loro unione, ma, nel contempo, desideravano che il patrimonio familiare continuasse ad essere destinato a soddisfare i bisogni della famiglia: entrambi ritenevano prioritario mantenere il vincolo alla soddisfazione dei bisogni della famiglia già impresso sui beni del fondo patrimoniale. La fisiologica durata del fondo, correlata alla durata del matrimonio e al raggiungimento della maggiore età dei figli, avrebbe inevitabilmente comportato la distrazione da tale finalità184. Così, con atto istitutivo contenuto nelle condizioni di separazione e riprodotto nel verbale ex art. 711 cod. proc. civ. , entrambi i coniugi, si sono dichiarati trustee dei beni già segregati nel fondo patrimoniale e ne hanno aggiunti altri, col precipuo intento di mantenere la destinazione di tutto il patrimonio familiare ai bisogni della famiglia (tra i quali, le esigenze di mantenimento e di studio della prole) per ulteriori dieci anni dalla data della separazione, oltre la maggiore età di entrambi i figli e, presumibilmente, anche oltre il divorzio. È importante notare che il vincolo in trust non viene meno in caso di morte di uno o di entrambi i genitori; in tal caso la funzione è esercitata dal superstite e, in mancanza di entrambi, dal professionista indicato dalle parti o, in caso di impossibilità ad assumere 181 Tribunale di Pordenone 20 dicembre 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 247 ss. 182 Sull’argomento, G.OBERTO, Lo scioglimento della comunione legale e la divisione dei beni. Giudizi di separazione e divorzio: - le domande e le decisioni relative ai beni comuni; - gli accordi patrimoniali in vista ed in sede di separazione e divorzio., relazione all’incontro di studio del CSM La comunione legale tra i coniugi, Roma, 23-24 aprile 2009, in http://appinter.csm.it/incontri/relaz/17542.pdf, 14 ss. 183 Tribunale di Milano 7 giugno 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 575 ss. 184 Osserva giustamente M.MONEGAT, Raffronto tra fondo patrimoniale e trust, in MONTEFAMEGLIO-MARULLO-FANTICINI-MONEGAT-TONELLI-MANES, La protezione dei patrimoni, Santarcangelo di Romagna, 2009, pag. 350, che però “i bisogni della famiglia non si esauriscono certo con il divorzio dei genitori, né con il diciottesimo anno di età dei figli”.

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l’incarico, da quello designato dal presidente del collegio notarile. È evidente la diversa responsabilità assunta dai genitori con l’istituzione del trust: mentre nella qualità di titolari del fondo patrimoniale gli stessi avrebbero potuto distrarre dal fine i beni o anche soltanto lasciarli perire, il diritto dei trust impone ai trustee precise obbligazioni di buona gestione ed amministrazione e di rispetto delle finalità del trust, impegni dei quali i genitori potrebbero essere chiamati a rispondere dai figli-beneficiari (o dal guardiano)185. In un altro procedimento di separazione, il decreto del Tribunale di Genova - 1 aprile 2008186 ha omologato l’accordo di separazione consensuale per mezzo del quale i beni immobili in comproprietà dei coniugi, un immobile di proprietà esclusiva del marito e altri cespiti sono stati posti sotto il controllo della moglie, designata trustee, per la durata di ottanta anni. L’atto istitutivo del trust (contenente la disciplina e lo statuto del trust) non costituiva parte integrante del verbale d’udienza, ma era stato redatto con separata scrittura, anteriore all’udienza presidenziale e condizionata all’omologa della separazione consensuale; nel verbale, invece, i coniugi realizzavano l’atto di dotazione, trasferendo la proprietà dei beni al trustee “per disporne secondo le disposizioni del trust nell’interesse dei soggetti aventi una posizione giuridica beneficiaria”. La finalità del trust, espressamente dichiarata, era quella di vincolare il patrimonio acquisito durante il matrimonio ai bisogni dei coniugi, della loro comune discendenza e della discendenza della moglie, mantenendo il medesimo tenore di vita, così come inteso durante la vita comune e indipendentemente dalle successive vicende personali dei disponenti187. Il primo atto di trust in una pronuncia di divorzio si rinviene nella sentenza del Tribunale di Torino - 31 marzo 2009188. Nella fattispecie, le parti, già separate consensualmente da oltre tre anni, hanno ritenuto prioritario l’interesse dei due figli minori di fruire di un’abitazione per il tempo necessario a completare la propria crescita, concludere gli studi e rendersi economicamente autonomi; gli obiettivi perseguiti dalle parti erano i medesimi che avrebbero potuto giustificare la costituzione di un fondo patrimoniale, istituto inapplicabile perché destinato a cessare al momento dello scioglimento del vincolo matrimoniale o, comunque, al raggiungimento della maggiore età della prole. L’atto istitutivo è stato ricompreso tra le condizioni previste nell’istanza congiunta di divorzio, con cui è stata prevista, oltre alla nomina a trustee della madre, anche la

185 M.MONEGAT, Raffronto tra fondo patrimoniale e trust, in MONTEFAMEGLIO-MARULLO-FANTICINI-MONEGAT-TONELLI-MANES, La protezione dei patrimoni, Santarcangelo di Romagna, 2009, pag. 352, aggiunge: “Costoro, mentre non hanno alcuna possibilità di sindacare l’operato dei genitori rispetto ai beni del fondo patrimoniale, possono invece agire nei confronti del genitore-trustee per ottenere l’adempimento delle obbligazioni che gli stessi si sono assunte, finalizzate al soddisfacimento della finalità del trust, ossia mantenere ai figli lo stesso tenore di vita goduto in costanza di convivenza dei genitori e consentire loro di ultimare gli studi e raggiungere un’autonomia economica”. 186 Tribunale di Genova, 1 aprile 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, pag. 392 ss.; l’atto istitutivo del trust, allegato al verbale di separazione, è pubblicato in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 456. 187 Le peculiarità del trust in commento sono descritte da M.MONEGAT, Raffronto tra fondo patrimoniale e trust, in MONTEFAMEGLIO-MARULLO-FANTICINI-MONEGAT-TONELLI-MANES, La protezione dei patrimoni, Santarcangelo di Romagna, 2009, pag. 353 ss. 188 Tribunale di Torino, 31 marzo 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 413.

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dotazione del fondo in trust con una somma simbolica; i ricorrenti si sono poi obbligati a conferire nel trust, con separato atto notarile, l’immobile di loro proprietà; interessante è la designazione di un guardiano (individuato in un professionista di fiducia di entrambi i genitori), preposto a controllare l’operato della madre-trustee in relazione alle finalità del trust. Il collegio giudicante, accogliendo la domanda, ha riportato nella sentenza il testo dell’atto istitutivo del trust e valutato positivamente le sue finalità. In dottrina si è proposto un ulteriore impiego del trust nell’ambito della crisi coniugale: secondo alcuni autori, infatti, l’istituto potrebbe essere utilizzato dal giudice della causa di separazione o di divorzio come strumento di garanzia dell’adempimento degli obblighi di mantenimento. Secondo la tesi più radicale189, in una situazione di contrasto tra le parti, il giudice potrebbe, almeno per quanto attiene ai figli, disporre un trust e il conferimento in questo di una parte del patrimonio dell’obbligato, destinato a costituire la provvista del futuro mantenimento: poiché l’autorità giudiziaria ha ampi poteri per proteggere gli interessi patrimoniali della prole (anche con l’adozione di provvedimenti atipici), si può imporre all’obbligato di prestare idonea garanzia (artt. 156, 4° co., cod. civ. e 8, 1° co., l. divorzio) e, in difetto, realizzarla giudizialmente. Altri autori190 hanno immediatamente rilevato che la proposta si infrange inevitabilmente contro gli artt. 3 e 20 della Convenzione de L’Aja, dato che quest’ultima può trovare applicazione esclusivamente per i trust costituiti volontariamente e, solo in caso di estensione deliberata dallo Stato contraente191, per i trust dichiarati da provvedimenti giudiziali192: lo stesso testo convenzionale, dunque, costituisce insormontabile ostacolo ai trust di fonte giudiziale, i quali non potrebbero trovare alcun riconoscimento. Ad avviso di alcuni, si potrebbe aggirare l’ostacolo se l’atto istitutivo del trust fosse già precedentemente realizzato dal coniuge creditore e il giudice si limitasse a costituire la garanzia trasferendo i beni al trustee designato: infatti, mentre l’art. 6 della Convenzione prescrive che il trust sia disciplinato dalla legge prescelta dal disponente, l’art. 4 assoggetta i negozi di trasferimento al diritto interno; conseguentemente, “il giudice potrà, in modo assolutamente legittimo, disporre un trasferimento di beni, a scopo di garanzia, ad un terzo per il tramite di una sentenza costitutiva che produca tali effetti”193. A tale costruzione si obietta194 che l’art. 4 conv. L’Aja 1.7.1985 si riferisce agli atti di dotazione del trust di origine negoziale e che, in ogni caso, gli artt. 156, 4° co., cod. civ. e

189 M.DOGLIOTTI - F.PICCALUGA, I trust nella crisi della famiglia, in Famiglia e dir., 2003, pag. 301 ss. 190 S.BARTOLI, I trusts nei rapporti di famiglia e nella gestione patrimoniale della crisi coniugale, in Prassi applicative dei trusts interni, Atti del Convegno Trieste 17 giugno 2005, Trieste, 2006, pag. 130; A.TONELLI, Il Trust familiare e la tutela del minore, lezione al Corso di formazione in diritto di famiglia e minorile, Bologna, 24 febbraio 2005, in http://www.diritto.net/index.php?option=com_content&view=article&id=809&catid=182&Itemid=54. 191 Nessuna estensione ha previsto la Repubblica Italiana. 192 A.E.VON OVERBECK, Rapport explicatif sur la Convention – Trust de 1985, n. 49, in http://hcch.e-vision.nl/upload/expl30.pdf: “Seuls les trusts créés par la volonté du constituant tombent sous le coup de la Convention. En particulier celle-ci n’est pas applicable aux trusts créés directement par la loi ou par décision de justice. Toutefois, l’article 20 permet aux Etats contractants d’étendre l’application de la Convention à ces derniers.”. 193 A.TONELLI, Il Trust familiare e la tutela del minore, lezione al Corso di formazione in diritto di famiglia e minorile, Bologna, 24 febbraio 2005, in http://www.diritto.net/index.php?option=com_content&view=article&id=809&catid=182&Itemid=54. 194 S.BARTOLI, I trusts nei rapporti di famiglia e nella gestione patrimoniale della crisi coniugale, in Prassi applicative dei trusts interni, Atti del Convegno Trieste 17 giugno 2005, Trieste, 2006, pag. 133.

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8, 1° co., l. divorzio consentono al giudice di imporre all’obbligato di prestare idonea garanzia ma non di attivare direttamente il meccanismo di garanzia (peraltro, alla luce dell’art. 2908 cod. civ. , è da escludersi la possibilità di una pronuncia costitutiva). Non constano in giurisprudenza precedenti di constructive trust come quello sopra prospettato, anche perché, verosimilmente, “il giudice che li praticasse verrebbe considerato alla stregua di un pericoloso rivoluzionario che attenta al diritto di proprietà”195. 4.4. LA RESPONSABILITÀ DEL TRUSTEE; IL DISPONENTE, IL GUARDIANO, I BENEFICIARI NELLA

VITA DEL TRUST Alcune pronunce hanno affrontato un aspetto importante nella “vita” del trust: la responsabilità del trustee e i controlli che possono essere esercitati sulla sua attività. Nella sentenza del Tribunale di Milano - 20 ottobre 2002196: il Tribunale, giudicando sulle contrapposte richieste di rimozione di due ex coniugi, cittadini italiani residenti a Milano, dai rispettivi uffici di trustee, revocava entrambi i coniugi dalle loro funzioni di trustee e nominava due nuovi trustee, per i quali determinava il compenso. Più in dettaglio, il marito aveva convenuto la ex moglie chiedendo la dichiarazione di decadenza di quest’ultima dalla carica di trustee, con nomina di un altro trustee; asseriva che la convenuta aveva violato le più elementari norme di correttezza amministrativa, conducendo in locazione un appartamento lussuoso, le cui spese, senza documentazione, addebitava al trust che, a seguito del divorzio dichiarato in Inghilterra (non si trattava, perciò, di un trust “interno”), era stato istituito in favore delle figlie minori per l’amministrazione della casa familiare di Londra, di somme di denaro e di un investimento. La convenuta, oltre a contestare la fondatezza delle domande avverse, aveva chiesto a sua volta la rimozione dell’attore dal ruolo di co-trustee, lamentando che egli aveva rifiutato di collaborare nella gestione del trust. Il Tribunale ha statuito che i trustee hanno l’obbligo di adempiere ai loro compiti con l’uso di un elevato grado di lealtà, diligenza, correttezza, imparzialità, nonché di compiere azioni nel miglior interesse dei beneficiari; nel caso, i genitori-trustee si erano sottratti ai loro doveri, realizzando una serie di comportamenti inidonei a raggiungere lo scopo del trust, con grave pregiudizio per le posizioni soggettive delle minori beneficiarie197. La decisione di prime cure ha trovato conferma nella sentenza della Corte d’Appello di Milano - 20 luglio 2004198 (la quale aggiungeva che nessuna delle parti aveva offerto la prova dell’altrui responsabilità esclusiva per le inadempienze accertate) e, inoltre, nella sentenza n. 16022 della Corte di Cassazione (Prima Sezione Civile) - 13 giugno 2008199.

195 Così M.DOGLIOTTI - F.PICCALUGA, I trust nella crisi della famiglia, in Famiglia e dir., 2003, pag. 302. 196 Tribunale di Milano 20 ottobre 2002, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 265; commento di F.DI

MAIO, La revoca del trustee di un trust inglese da parte del giudice italiano, in I Contratti, fasc. 10, 2003, pag. 925. 197 Erano stati violati gli obblighi di lealtà e correttezza, particolarmente intensi in tema di amministrazione fiduciaria, attuando una serie di comportamenti pregiudizievoli per le posizioni soggettive delle figlie minori, con particolare riguardo agli obblighi di conservazione dell’immobile (lasciato vuoto ed infruttifero, invece che locato a terzi), di tenere un’adeguata contabilità (con omesse dichiarazioni fiscali ed inadempimento del dovere di corrispondere gli onorari professionali agli avvocati inglesi che avevano prestato assistenza legale) e di imparzialità. 198 Corte d’Appello Milano 20 luglio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 87. 199 Corte di Cassazione 13 giugno 2008 n. 16022, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 522.

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Tale ultima decisione, seppur succinta nella motivazione, riveste particolare importanza per l’autorevolezza dell’organo giudicante che ha ravvisato nell’ufficio di trustee “un munus di diritto privato finalizzato alla tutela di interessi di figli minori trascendenti la libera disponibilità delle parti”. La Suprema Corte aggiunge (correttamente inquadrando l’istituto) che “tale incarico non si sostanzia ed esaurisce nel compimento di un singolo atto giuridico (come nel mandato), bensì in una attività multiforme e continua che deve essere sempre improntata a principi di correttezza e diligenza”; in tale prospettiva non è stato difficile ravvisare una breach of trust negli acclarati addebiti di conflitto di interessi e di omesso rendiconto, di depauperamento del patrimonio separato, di rifiuto di informazioni dovute al co-trustee e nella renitenza, ostativa alla realizzazione delle finalità del trust, ad una collaborazione leale (ridondante perfino in ostruzionismo) nella gestione dei beni nell’interesse delle figlie minori. Contro il trustee negligente o infedele ha provveduto anche l’ordinanza del Tribunale di Velletri - 7 marzo 2005200 che ha autorizzato il sequestro conservativo dei beni personali del trustee, venuto meno ai doveri del suo incarico. La pronuncia cautelare è stata ribaltata (per ragioni attinenti al fatto) dall’ordinanza di reclamo del Tribunale di Velletri - 29 giugno 2005201. La motivazione del provvedimento desta notevoli perplessità, perché appare oscura e contraddittoria: da un lato, si afferma che la Convenzione de L’Aja rientra tra le norme di diritto internazionale privato e può trovare applicazione solo come regola risolutiva del conflitto tra diversi ordinamenti (con la conseguenza che – in mancanza di elementi di estraneità – non sarebbe ammessa la possibilità di ricorrere al trust e di invocare le disposizioni convenzionali sull’effetto segregativo dell’istituto: “deve escludersi che la Convenzione possa essere considerata fonte normativa del trust interno con valore di legge dello Stato”); dall’altro, il Collegio giudicante ha ricostruito il trust in esame come un negozio atipico (ammissibile ex artt. 1322 e 324 cod. civ.) e ha assimilato la figura al “negozio fiduciario”202 (già previsto e ammesso nell’ordinamento italiano203), dalla quale discenderebbe – in conseguenza della sola autonomia privata – l’effetto di rendere i beni trasferiti al fiduciario–trustee intangibili da parte dei creditori di quest’ultimo (i quali, se

200 Tribunale di Velletri 7 marzo 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 407. 201 Tribunale di Velletri 29 giugno 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 577, con nota (fortemente) critica di G.FANTICINI, La posizione del Tribunale di Velletri: una critica, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 17. 202 Per analoga similitudine in dottrina, L.SANTORO, Il trust in Italia, Milano, 2004, pag. 221. 203 La stessa giurisprudenza, però, ormai ben radicata nell’ammettere la legittimità del negozio fiduciario ha espresso dubbi circa la struttura del negozio fiduciario, alimentando una polemica dottrinale non recente: talune sentenze ravvisano nel negozio fiduciario un negozio atipico fondato su una causa fiduciae (Cass. 19 maggio 1960 n. 1261: “Il negozio fiduciario - che può assumere diverse e complesse configurazioni pratiche - integra una fattispecie unitaria permeata dalla causa fiduciae che ne fa un negozio causale, unico ed inscindibile, diretto verso un determinato scopo unitario; negozio unico in cui uno dei due lati esplica i suoi effetti direttamente nei confronto dei terzi ed è costituito normalmente dall’acquisto, da parte del fiduciario, di un diritto, e l’altro ha efficacia esclusivamente interna tra il fiduciante e i fiduciario, dato dall’accordo – pactum fiduciae – tra i due soggetti suddetti a che il fiduciario si impegni a usare del diritto acquisito esclusivamente per uno scopo determinato e tenuto di mira fra le parti, esercitandolo solo per il raggiungimento di quello scopo, esaurito e raggiunto il quale cessa la titolarità del fiduciario sul diritto acquisito”); altre costruiscono, invece, il negozio fiduciario come un collegamento funzionale di due negozi, un negozio tipico “mezzo” e un patto fiduciario (Cass. 7 agosto 1982 n. 4438).

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“edotti della destinazione dei beni in favore dei beneficiari … non avevano fatto affidamento su tali beni come garanzia dei propri diritti, dovendosi scindere il profilo della destinazione dei beni da quello attributivo”). Della prima argomentazione si è già disquisito illustrando i punti fondamentali della sentenza del Tribunale di Bologna del 1° ottobre 2003 (che è giunto a conclusioni diametralmente opposte). Quanto alla seconda, la statuizione del Tribunale di Velletri lascia intendere che, in forza della sola autonomia negoziale, attraverso un legittimo e comunemente ammesso negozio fiduciario204, sarebbe possibile creare patrimoni separati destinati a specifiche finalità purché il vincolo di destinazione (melius, il negozio che imprime quel vincolo) sia reso ostensibile ai creditori del soggetto titolare dei beni (dato che la pronuncia è antecedente all’entrata in vigore dell’art. 2645-ter cod. civ., sarebbe interessante sapere a quale pubblicità fa implicito riferimento il Collegio giudicante, dato che il pactum fiduciae non è di per sé trascrivibile, come ha affermato la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 11025 del 18 ottobre 1991). In proposito, si rileva che nella “fiducia romanistica” (propria del nostro sistema), al fiduciario (che, nella similitudine operata nella pronuncia, è il trustee) è attribuita una piena titolarità erga omnes dei beni che viene limitata soltanto sul lato interno da un rapporto di natura obbligatoria: il negozio traslativo, infatti, attribuisce al fiduciario una proprietà di diritto comune e il vincolo fiduciario, risultante dal pactum fiduciae, resta puramente interno e non opponibile ai terzi, senza alcun effetto segregativo205. Alla luce di quanto ora esposto l’assunto dell’ordinanza si pone in palese contrasto con il dettato legislativo dell’art. 2740 comma 2° cod. civ. che, esplicitamente, pone una riserva di legge per limitare la responsabilità patrimoniale costituita dai beni, presenti e futuri206, del debitore. Concludendo, o si rinviene nella Convenzione (o nella Legge di ratifica) il presupposto normativo dell’effetto segregativo e della deroga all’art. 2740 cod. civ. oppure, qualora questa sia ritenuta inapplicabile (e proprio da qui – in dissenso dalla prevalente giurisprudenza – muove il Tribunale di Velletri), non è consentito dall’ordinamento italiano (melius, non era consentito all’epoca della decisione, prima dell’avvento dell’art. 2645-ter cod. civ.) limitare, per effetto della sola autonomia privata, la responsabilità patrimoniale del fiduciario–trustee, che è costituita anche dai beni che gli sono stati trasferiti dal fiduciante.

204 Le profonde differenze tra il negozio fiduciario e il trust sono state evidenziate da M.LUPOI, Trusts, Milano, 2001, pag. 5: “Non è vero che il trust sia un negozio fiduciario, come questa categoria è intesa nel nostro sistema giuridico; il trust è una forma di affidamento o in favore di terzi o per il raggiungimento di uno scopo … che in nessun caso naturalmente attribuisce a quello che noi vedremmo quale “fiduciante” alcun diritto nei confronti di quello che noi vedremmo quale “fiduciario”. Controparte del trustee non è il disponente, mentre nel negozio fiduciario la controparte del fiduciario è il fiduciante: controparte del trustee sono i beneficiari e, nei trust senza beneficiari, il soggetto legittimato ad agire contro il trustee per l’adempimento delle obbligazioni a carico di quest’ultimo”. 205 F.FERRARA, Della simulazione dei negozi giuridici, Roma, 1922, pag. 57: “La convenzione negativa non tocca l’efficacia reale del trasferimento, non la limita né la subordina – il trapasso della proprietà e del credito sussiste puro ed incondizionato – ma cerca di ripararvi indirettamente per via d’una obbligazione personale del fiduciario”. 206 Poiché il regime legislativo della responsabilità patrimoniale coinvolge anche beni che non facevano parte di quelli originariamente finalizzati alla garanzia, appare manifesta la fallacia della dissertazione del Tribunale di Velletri sull’affidamento dei creditori.

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Del resto, anche la teoria dottrinale secondo la quale nel nostro ordinamento è stata introdotta la proprietà “finalizzata” o “qualificata” (richiamata in un obiter dictum della più volte citata sentenza del Tribunale di Bologna) parte dal presupposto che questo diritto reale sui generis, sconosciuto alla proprietà di civil law di tradizione romanistica, scaturisca dalle disposizioni degli artt. 2 e 11 della ratificata Convenzione de L’Aja: eliminare dal panorama normativo gli effetti della Convenzione (e, soprattutto, della Legge di ratifica), come ha fatto l’ordinanza de qua, e giungere alle medesime conclusioni della citata dottrina costituisce – a sommesso avviso di chi scrive – il salto di un passaggio logico-giuridico indispensabile e appare, più che un “volo pindarico”, un “volo di Icaro”. Dei poteri di amministrazione dei beni in trust, della figura dei guardiani e dei poteri di ingerenza del disponente si è occupata l’ordinanza del Tribunale di Milano - 10 luglio 2007207. Il disponente aveva revocato i guardiani del trust inizialmente nominati con un atto immotivato e li aveva contestualmente sostituiti con altro guardiano; l’atto istitutivo prevedeva la revoca dei guardiani ma non disciplinava i casi e le modalità per procedervi; la beneficiaria del trust aveva avanzato l’istanza di un provvedimento cautelare atipico che inibisse gli effetti della revoca e della sostituzione. Nonostante il favore riscontrato in alcuni commenti208 (i quali hanno letto nel testo delle argomentazioni che, invero, sono mancate alla penna del Giudice), il provvedimento desta più di una perplessità. Volutamente trascurando l’aspetto processualcivilistico (in breve, con un’ordinanza cautelare ex art. 700 cod. proc. civ. inidonea al giudicato, il Giudice ha inibito gli effetti della già avvenuta revoca dei guardiani anticipando gli effetti che solo una sentenza definitiva, di annullamento dell’atto del disponente, avrebbe potuto spiegare … senza contare, poi, l’antico brocardo secondo cui quod factum, infectum fieri nequit), si osserva che le principali argomentazioni addotte a sostegno della permanenza dei guardiani nel loro incarico sono desunte da arditi raffronti tra il trust e istituti interni – segnatamente, il mandato in rem propriam e la procura – che denotano scarsa conoscenza del trust e un’ingiustificata resistenza ad analizzare la fattispecie secondo le sue caratteristiche peculiari. Il Giudice ha infatti sostenuto che l’incarico ai guardiani fosse assimilabile a un mandato irrevocabile conferito dal disponente, trascurando, in diritto, l’autonomia della figura dei guardiani (sconosciuta ai mandatari; e non è questa l’unica differenza) e, in fatto, le stesse disposizioni dell’atto istitutivo che pure prevedeva la possibilità di una loro revoca. Addirittura si desume l’irrevocabilità dei guardiani (i genitori del disponente) dal fatto che i beni in trust provenivano da loro donazioni in favore del figlio (l’ordinanza non lo dice espressamente ma pare quasi che faccia riferimento a un “onere” imposto – solo verbalmente! – alle donazioni): in altri termini, l’origine dei cespiti determinerebbe un “comune intento delle parti” per dare “un assetto permanente” all’amministrazione del trust-fund. In proposito, basti osservare che non esistono “le parti” dell’atto istitutivo, atto

207 Tribunale di Milano 10 luglio 2007, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 579. 208 M.BELTRAMI–R.SARRO, I difficili equilibri tra le posizioni del disponente, del trustee, dei guardiani e dei beneficiarî in un trust di famiglia, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 36; F.R.LUPOI, Il controllo del giudice sui poteri riservatisi dal disponente, in AA.VV., I professionisti e il trust: diritto civile, tributario, processuale, deontologia. Atti del IV Congresso Nazionale dell’Associazione “Il trust in Italia” - Milano 2008., Milano, 2009, pag. 235.

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unilaterale a cui non hanno partecipato i guardiani, la nomina dei quali era prevista solo in via eventuale, come facoltà del disponente. Il Giudice aggiunge anche che “tipico dell’istituto è poi che il disponente si privi di qualsiasi potere di amministrazione e questo non sarebbe realizzato se egli conservasse un potere di revoca completamente discrezionale dei guardiani, i quali … hanno non solo poteri consultivi ma anche di promuovere la revoca” del trustee. In altri termini – afferma il giudicante – la riserva del potere di revoca da parte del disponente sarebbe in contrasto con la natura stessa del trust; in realtà, lo stesso articolo 2 della Convenzione de L’Aja consente al settlor di riservarsi “rights and powers” ed è assurdo sostenere che la conservazione del solo potere di revoca dei guardiani snaturi l’affidamento al trustee (la conclusione del Tribunale di Milano è diretta conseguenza dell’erronea assimilazione del trust a un tipo di mandato e della configurazione del trustee come una sorta di “burattino”: se il disponente “manda” i guardiani, che possono revocare il trustee, il quale gestisce i beni in trust … allora il disponente si ingerisce indebitamente nell’amministrazione. Sic!). In realtà, il caso affrontato poteva essere la giusta occasione per affrontare la dibattuta questione della compatibilità dei poteri riservatisi dal disponente con la prima delle “certezze” nel diritto dei trust209: la volontà del disponente di effettuare un affidamento al trustee, che si traduce nella concreta volontà del disponente di istituire un trust, conformemente al principio consuetudinario donner et retenir ne vaut. Proprio nel menzionato art. 2 del testo convenzionale si ritrovano i termini della questione, dato che la norma consente la riserva al disponente di “prerogative” ma esige, nel contempo, che i beni siano posti sotto il controllo del trustee. Non solo: la fattispecie forniva la possibilità di esaminare la natura del potere di revoca del guardiano; se – come ritengono la dottrina prevalente210 e la giurisprudenza di common law – si tratta di un potere fiduciario, il cui discrezionale esercizio è assoggettabile a controllo giudiziale, oppure di un potere personale, il cui esercizio può anche essere arbitrario (purché coerente con le finalità del trust). Delle questioni più pregnanti non c’è traccia nell’ordinanza del Tribunale di Milano211 che – basando la propria decisione sull’assoluta mancanza di motivazione nell’atto di revoca (spetta a chi fa uso del potere discrezionale l’onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni che ne giustificavano l’esercizio: l’omessa motivazione non fornisce alcun supporto alla condotta del disponente e addirittura preclude il sindacato giurisdizionale) – sarebbe potuto addivenire alle medesime conclusioni facendo (però) corretta applicazione della legge regolatrice e dei suoi principi. Più recentemente la sentenza del Tribunale di Firenze - 6 settembre 2008212 ha esaminato un altro aspetto della responsabilità del trustee: la difesa dei beni del fondo in relazione alle finalità del trust. Infatti, il trustee era stato convenuto in giudizio da un beneficiario contingent il quale aveva sostenuto che il diritto di credito di altro beneficiario si era prescritto e che, di conseguenza, il patrimonio in trust doveva essere interamente

209 In proposito, M.LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2008, pag. 38. 210 M.LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2008, pag. 131. 211 Ne dà conferma anche F.R.LUPOI, Il controllo del giudice sui poteri riservatisi dal disponente, in AA.VV., I professionisti e il trust: diritto civile, tributario, processuale, deontologia. Atti del IV Congresso Nazionale dell’Associazione “Il trust in Italia” - Milano 2008., Milano, 2009, pag. 235. 212 Tribunale di Firenze 6 settembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 549.

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attribuito allo stesso attore. Il trustee ha resistito chiedendo il rigetto della domanda in ragione del contenzioso pendente tra i due pretendenti del trust-fund. Il Tribunale ha escluso il litisconsorzio del beneficiario non citato (dato che il rapporto non era né unico né inscindibile), ha riconosciuto la legittimazione passiva del trustee e, nel merito, ha respinto la domanda attorea. In un caso analogo a quello affrontato dal Tribunale di Velletri, l’ordinanza di reclamo del Tribunale di L’Aquila - 11 febbraio 2009213 ha respinto, per ragioni prevalentemente di fatto, le domande cautelare rivolte nei confronti di un trustee. Non è ovviamente possibile esaminare i fatti riportati nella decisione ma alcune parti della motivazione non sembrano pienamente convincenti: infatti, pur riconoscendo “nella condotta del trustee una reiterata violazione dello scopo del trust”, il Collegio ha respinto la richiesta di revoca o di sostituzione del trustee medesimo perché la misura cautelare sarebbe stata totalmente anticipatoria della futura tutela di merito (è questo un antico adagio che, trascurando la lettera dell’art. 700 cod. proc. civ., introduce un ingiustificato self-restraint del Giudice della cautela); si è esclusa inoltre la sussistenza di periculum di dispersione del patrimonio in trust (con conseguente rigetto dell’istanza di sequestro giudiziario) poiché, nelle more, non occorre procedere alla custodia dei beni (circostanza difficile da credere in presenza di immobili) e, soprattutto, perché la domanda di restituzione dei cespiti immobiliari – “accessoria a quella di estinzione del trust e di sostituzione del trustee” – può essere trascritta nei Registri Immobiliari, neutralizzando così eventuali ulteriori condotte pregiudizievoli (il Tribunale non precisa in base a quale norma potrebbe effettuarsi la trascrizione e, in proposito, si rammenta che l’elenco ex artt. 2652 e 2653 cod. civ. è tassativo: con notevoli forzature del dato normativo – e inevitabili scontri col Conservatore dei RR.II. – potrebbe forse annoverarsi l’azione dei beneficiari tra le domande di risoluzione dei contratti ex art. 2652 n. 1 cod. civ. o tra quelle di rivendica della proprietà ex art. 2653 n. 1 cod. civ.).

213 Tribunale di L’Aquila 11 febbraio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 189.

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5. I TRUSTS NEL PROCESSO CIVILE Se finora la giurisprudenza italiana ha avuto poche occasioni per approfondire il profilo “applicativo” dei trust, ancor meno indagati sono gli aspetti processuali riguardanti il “trattamento” del trust e delle sue problematiche nel rito civile e, soprattutto, nel processo di cognizione214. Davvero esigui sono i precedenti in proposito. 5.1. ALCUNE QUESTIONI PROCESSUALI Con il decreto del Tribunale di Crotone - 29 settembre 2008215, il Presidente – pur riconoscendo che il trust è ormai ammesso nel nostro ordinamento attraverso la legge di esecuzione della Convenzione de L’Aja – ha dichiarato inammissibile la domanda avanzata dal disponente per la nomina di un nuovo guardiano in sostituzione di quello, dimissionario, nominato all’atto di istituzione del trust216. Il riconoscimento del trust è infatti subordinato alla non interferenza con la disciplina di certe materie (art. 15 della Convenzione) e con le norme di ordine pubblico e di applicazione necessaria; secondo il giudicante appartiene “al sistema delle norme imperative e come tali inderogabili quella relativa alla titolarità dell’azione processuale e dei rimedi apprestati dal legislatore per la tutela dei diritti”: è la legge italiana, dunque, a regolare i casi e i modi per adire la giurisdizione. Nel caso di specie, era stato presentato un ricorso in volontaria giurisdizione senza nemmeno indicare la disposizione normativa che consentiva di ottenere la nomina di un protector: alla richiamata clausola dell’atto istitutivo – atto privato che prevedeva la facoltà di rivolgersi al Presidente del Tribunale – non poteva in alcun modo assegnarsi “il valore di fonte normativa del potere giurisdizionale”.

214 Il primo spunto dottrinale, peraltro interlocutorio e sotto vari aspetti discutibile, è offerto da L.DITTRICH, Trust e processo di cognizione: prime riflessioni, relazione al corso di formazione decentrata “Prassi applicative dei trusts interni” svoltosi a Trieste il 17 giugno 2005 (disponibile su http://appinter.csm.it/incontri/relaz/13038.pdf). Altri (successivi) interventi sul tema si ritrovano in AA.VV., I professionisti e il trust: diritto civile, tributario, processuale, deontologia. Atti del IV Congresso Nazionale dell’Associazione “Il trust in Italia” - Milano 2008., Milano, 2009, pagg. 175 ss.: A.TONELLI, Rapporto fra diritto processuale civile e trust, pag. 175; M.A.LUPOI, Legge applicabile, giurisdizione, competenza, pag. 179; I.VALAS, Trust o trustee? Riflessi processuali della carenza di soggettività giuridica a carico del trust, pag. 205; G.FANTICINI, La fase istruttoria: i limiti della prova testimoniale e l’interrogatorio formale, pag. 211; A.PICCIOTTO, L’approccio del giudice sulla validità formale del trust in sede sommaria cautelare e tavolare, pag. 217; L.BATTISTELLA, L’opposizione del trustee all’esecuzione forzata: opposizione di terzo, del debitore o agli atti esecutivi, pag. 223; F.R.LUPOI, Il controllo del giudice sui poteri riservatisi dal disponente, pag. 235. 215 Tribunale di Crotone 29 settembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 37. 216 Il caso è piuttosto particolare, dato che il disponente era stato condannato proprio dal Tribunale di Crotone per concorso esterno in associazione mafiosa, falso e corruzione e che lo scopo del trust era quello di trasferire (almeno in apparenza) al trustee le partecipazioni nelle imprese del settlor, alle quali non era stata, ovviamente, rilasciata la certificazione (o liberatoria) antimafia necessaria per gli appalti pubblici. Non è escluso che tali circostanze e, soprattutto, le qualità personali del disponente e delle persone indicate come guardiani possano aver influito sulla decisione del Presidente. Sul trust de quo (e, più in generale, sui cosiddetti “trust antimafia”) formula dubbi e fornisce risposte (anche sotto il profilo deontologico) M.LUPOI, Viaggio nella prassi professionale fra virtuosismi, errori, fatti e misfatti, in AA.VV., I professionisti e il trust: diritto civile, tributario, processuale, deontologia. Atti del IV Congresso Nazionale dell’Associazione “Il trust in Italia” - Milano 2008., Milano, 2009, pag. 279 (l’articolo è disponibile anche al sito: http://shop.wki.it/documenti/00101986_EST.pdf).

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In altri termini, in difetto di specifica normativa e stante la tassatività delle fattispecie in cui è previsto il rito camerale per la designazione di terzi da parte dell’autorità giudiziaria (ad esempio, la nomina dell’amministratore di condominio ex art. 1129 cod. civ. o dell’arbitro ex art. 809 cod. proc. civ.), l’autonomia negoziale non è di per sé sufficiente a legittimare l’esercizio della funzione giurisdizionale (seppur in ambito di volontaria giurisdizione) con l’emissione di un decreto di nomina in sostituzione della volontà delle parti. Inoltre, la clausola dell’atto istitutivo limitava la possibilità di scelta dell’organo giudiziario a una rosa di soli due nominativi indicati dallo stesso disponente: il Presidente ha ritenuto che tale limitazione sia in contrasto con interne norme di ordine pubblico (e perciò inapplicabile), impedendo all’organo giudicante di esercitare la “sua funzione di terzo estraneo garante della legalità nella piena libertà ed autonomia”. Con successivo decreto del Tribunale di Crotone - 26 maggio 2009217 e per analoghe motivazioni, è stato respinto il ricorso avanzato dalle beneficiarie minorenni del medesimo trust per ottenere la nomina di un curatore speciale e la contestuale autorizzazione di questo a presentare istanza al Presidente del Tribunale per la designazione di un guardiano: il Collegio calabrese ha ribadito che la previsione dell’atto istitutivo del trust che rimette siffatta nomina al Capo dell’Ufficio Giudiziario locale viola i principi di ordine pubblico dell’ordinamento italiano in punto di tipicità dei provvedimenti di volontaria giurisdizione. Nessuno dei suesposti problemi si è posto il Presidente del Tribunale di Milano quando ha emesso il decreto del Tribunale di Milano - 17 luglio 2009218 con cui è stato nominato il conciliatore (soggetto che deve esperire un tentativo di conciliazione tra le parti, obbligatoriamente previsto nell’atto istitutivo di trust prima di poter adire l’autorità giudiziaria). Il provvedimento è (ovviamente) molto succinto e – oltre a contenere un errore procedurale (l’art. 50-bis cod. proc. civ., certamente non derogabile con atti di autonomia privata, prescrive che il procedimento camerale, anche di volontaria giurisdizione, deve svolgersi innanzi al Tribunale in composizione collegiale, salvo diversa disposizione normativa, nel caso del tutto mancante) – trascura completamente il fatto che l’Autorità Giudiziaria è stata chiamata ad intervenire in una vicenda di carattere privatistico (tale è la designazione di un soggetto a ricoprire un munus di diritto privato) in virtù del solo atto istitutivo del trust, senza alcuna norma interna che giustifichi l’esercizio dei poteri giurisdizionali e la possibilità stessa di adire il Giudice. Queste ed altre ragioni di doglianza sono state proposte nel reclamo al Giudice superiore: tuttavia, con il decreto della Corte d’Appello di Milano - 10 febbraio 2010219, il provvedimento impugnato è stato considerato insuscettibile di reclamo. Solo parzialmente diverso da quello di Milano è il decreto del Tribunale di Genova – 29 marzo 2010220: il Presidente ha infatti nominato un nuovo trustee in sostituzione del precedente, dimissionario, rilevando che la clausola dell’atto istitutivo del trust attributiva

217 Tribunale di Crotone 26 maggio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 650. 218 Tribunale di Milano 17 luglio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 649. 219 Corte d’Appello di Milano 10 febbraio 2010, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 269. 220 Tribunale di Genova 29 marzo 2010, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 408, con nota di commento di P.PANICO, Dimissioni del trustee e nomina di un successore: considerazioni a margine di due recenti decisioni italiane, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 509.

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di tale potere era conforme all’art. 51 della Trusts Jersey Law e non contrastante con norme imperative o principi di ordine pubblico interno dell’ordinamento italiano.

§ § § Di trust e istituti del processo di cognizione si occupa l’ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia - 6 ottobre 2008221. Il provvedimento trova il proprio fondamento nell’art. 12 della Legge 218/1995, il quale stabilisce che “Il processo civile che si svolge in Italia è regolato dalla legge italiana” e, conseguentemente, l’ammissibilità dei mezzi istruttori proposti dalle parti in una causa “di trust” deve essere esaminata con riferimento alla lex fori. L’ordinanza istruttoria in commento esclude l’ammissibilità della testimonianza del trustee (richiesta dalla controparte) in forza del principio nemo testis in causa propria e l’interrogatorio formale del medesimo per l’indisponibilità dei diritti in trust da parte del medesimo trustee. Difatti, secondo la prevalente giurisprudenza e la dottrina predominante, l’interrogatorio formale è un mezzo istruttorio diretto a provocare la confessione ed è perciò esclusa l’ammissibilità dell’interrogatorio quando a priori non ricorrono i presupposti previsti dagli artt. 2730, 2731 e 2733 cod. civ. (tra i quali si annovera la libera disponibilità dei diritti da parte del dichiarante). Seppur per sommi capi, appare opportuno tratteggiare le problematiche che, in tema di trust, possono derivare dalla disciplina italiana dei mezzi istruttori222. Nel caso di una controversia che vede il trustee come parte occorrerà distinguere l’ipotesi in cui il trustee è in giudizio quale “amministratore” del patrimonio o dei diritti in trust – e allora il trustee non può essere chiamato a rendere interrogatorio perché i beni affidati, pur nel patrimonio dello stesso trustee, sono vincolati alla realizzazione del compito e il vincolo impresso esclude che il trustee possa essere considerato loro “proprietario” nell’accezione romanistica che gli attribuisce la facoltà di disporre liberamente delle res – dal caso in cui il trustee agisce o resiste per un “interesse proprio” (ad esempio, per il pagamento del suo compenso o il rimborso delle spese ma anche per breach of trust o violazione del duty of care) – quando non sembra ragionevole escludere, almeno in linea di principio, la possibilità di rendere dichiarazioni confessorie inidonee ad investire il patrimonio vincolato. Riguardo alla testimonianza, si osserva che mentre l’ordinamento processuale anglosassone attribuisce alla prova orale una netta prevalenza nella gerarchia dei mezzi istruttori (best evidence) e ammette la testimonianza anche della parte, l’ordinamento interno, oltre a prevedere vari limiti alla prova testimoniale, esclude categoricamente la possibilità di assumere come testimoni “le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio” (art. 246 cod. proc. civ.). Sono perciò esclusi dal novero dei testimoni la persona che propone la domanda giudiziale e quella nei cui confronti la domanda è posta, ma anche i rappresentanti legali, organici o volontari e tutti coloro che sono titolari di un interesse nella causa (anche di un interesse di mero fatto, idoneo a legittimare un intervento ad adiuvandum).

221 Tribunale di Reggio Emilia 6 ottobre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 35. 222 Si rinvia, per un’analisi più approfondita, a G.FANTICINI, La fase istruttoria: i limiti della prova testimoniale e l’interrogatorio formale, in AA.VV., I professionisti e il trust: diritto civile, tributario, processuale, deontologia. Atti del IV Congresso Nazionale dell’Associazione “Il trust in Italia” - Milano 2008., Milano, 2009, pag. 211.

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Applicando le disposizioni del processo italiano, è pressoché impossibile immaginare una deposizione testimoniale dei beneficiari del trust – i quali, vantando (quantomeno) un’aspettativa giuridicamente tutelata sul patrimonio in trust o sui suoi frutti, potrebbero spiegare un intervento ad adiuvandum del trustee nelle controversie che possano incidere sul trust-fund – oppure del disponente – che, in base al rapporto giuridico col trustee (il rapporto di affidamento), ha interesse a soddisfare col trust un’esigenza o un’obbligazione o a realizzare uno scopo anche non patrimoniale223. Solo appigliandosi a discipline sovranazionali pare possibile superare la chiusura ermetica della disciplina processuale italiana: infatti, si possono trarre spunti dalla sentenza del 27 ottobre 1993 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale – consacrando la regola della cosiddetta best evidence (non rappresentata negli ordinamenti continentali) – ha stabilito che, in applicazione dell’art. 6 paragrafo 1 della C.E.D.U. (“principio dell’uguaglianza delle armi nel processo”, inteso come “giusto equilibrio delle parti”), non può essere dichiarata inammissibile l’unica prova idonea, anche quando ciò possa condurre all’inosservanza della normativa interna sulle prove224. Una critica dottrinale alla menzionata ordinanza225 ha indotto una delle parti ad avanzare istanza per la modifica del provvedimento: così, l’ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia - 6 marzo 2010226 ha spiegato che l’interpretazione dell’art. 12 delle norme di d.i.p. fornita dalla parte richiedente era, di fatto, abrogatrice del dettato legislativo arrivando ad escludere dalla portata della disposizione la disciplina dei mezzi istruttori (la quale include la gamma dei mezzi istruttori a disposizione e lo schema per la loro assunzione, ma anche la loro ammissibilità nel processo, nonché l’utilizzabilità ed efficacia ai fini della decisione). Difatti, arrivando ad individuare come norme sostanziali tutte quelle che sono idonee a condizionare la statuizione finale (e quindi non processuali perché “non neutre” rispetto alla decisione), si dovrebbe paradossalmente assoggettare alla lex causae anche la cosiddetta “disciplina delle preclusioni”, sicuramente capace di 223 Di contrario avviso I. VALAS, L’azione promossa da un beneficiario per far valere l’intervenuto termine del trust, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 517. 224 M.A.LUPOI, Art. 2731 cod. civ. e controversia in materia di trust: al trustee non far confessare …”, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 401: “La Corte Europea dei Diritti Umani, con la nota sentenza del 27 ottobre 1993, n. 274, ha affermato che, nelle controversie che oppongono interessi privati, “la parità delle armi” implica l’obbligo di offrire a ciascuna parte una ragionevole opportunità di presentare la propria causa, incluse le prove, in condizioni che non la pongano in posizione di netto svantaggio rispetto all’avversario. Nella fattispecie specifica, dunque, la Corte ha ritenuto che vi sia violazione dell’art. 6, n. 1 laddove la prova di un accordo verbale richieda l’escussione di un testimone per parte, ma, in base alla legge nazionale, la testimonianza di uno di essi sia considerata inammissibile. In un caso del genere, infatti, solo uno dei contendenti potrebbe assumere la prova orale richiesta, a tutto discapito della posizione difensiva dell’altro. Il dictum della Corte, ovviamente, si presta ad essere generalizzato ad ogni situazione analoga e a riguardare anche eventuali profili di inammissibilità dell’interrogatorio formale (o di analoghe forme di audizione della parte), laddove tale mezzo di prova sia l’unico strumento istruttorio utilmente spendibile dalla parte interessata, di talché, se non ammesso, la parte stessa si troverebbe nella materiale impossibilità di soddisfare l’onere probatorio gravante su di lei”. 225 M.A.LUPOI, Art. 2731 cod. civ. e controversia in materia di trust: al trustee non far confessare …”, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 395, che – riducendo (o addirittura eliminando) la portata del citato art. 12 Legge 218/1995 – censura le conclusioni del Giudice arrivando a sostenere (in contrasto col dettato legislativo) che questi avrebbe dovuto tener conto (e applicare) gli istituti processuali della legge regolatrice in tema di ammissione delle prove: “Vanno verificati in base non alla lex fori, bensì alla normativa sostanziale applicabile i limiti di ammissibilità dei mezzi istruttori”. 226 Tribunale di Reggio Emilia 6 marzo 2010, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 274.

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influenzare l’esito di una controversia ma altrettanto certamente da annoverare tra le “norme processuali”. Addirittura, portando la propugnata tesi dottrinale alle estreme conseguenze applicative, si dovrebbe (in ipotesi) ammettere nel processo italiano e utilizzare per la stesura della sentenza anche la testimonianza della parte in causa, da ammettere su istanza della medesima, previo suo impegno a dire la verità, presidiato da sanzione penale: è evidente che tutto ciò è assolutamente estraneo al processo italiano e contrario ai principi che lo informano (nemo testis in causa propria). La medesima ordinanza affronta – però – anche un ulteriore problema processuale: infatti, nelle more del processo di cognizione, il trustee originario era cessato dall’incarico in base all’atto istitutivo del trust, che prevedeva l’automatico subentro di un nuovo trustee (che aveva sottoscritto l’atto iniziale); ciononostante, quest’ultimo aveva esplicitamente dichiarato di non voler assumere l’incarico e aveva nominato, in sua vece, un altro soggetto. Oltre a dover risolvere – in base alla legge regolatrice (Legge di Jersey) – la questione attinente alla validità di siffatta nomina227, il provvedimento ha preso in esame il problema costituito dalla successione di diversi trustee: ad avviso del Tribunale di Reggio Emilia, il trasferimento dei beni in trust al nuovo trustee non determina una successione a titolo universale nei rapporti compresi nel trust unificati dal vincolo segregativo (tesi che si fonda sulla errata considerazione del trust come un ente autonomo a sé stante), bensì una forma di successione nella proprietà dei beni costituenti il fondo in trust a titolo derivativo e particolare dal precedente trustee (che non si è “estinto”) all’altro trustee designato in sua sostituzione. È stata così respinta l’istanza di declaratoria di interruzione del processo. 5.2. ALTRE PROBLEMATICHE DI TRUST E DI DIRITTO SOSTANZIALE E PROCESSUALE Con alcuni esempi si possono meglio comprendere altre complesse problematiche, processuali e sostanziali, che (presumibilmente presto) si affacceranno nelle aule giudiziarie italiane.

§ § § Si è già detto che, nel diritto anglosassone, il beneficiario gode di un’azione di tracing (che noi definiremmo “reale”, mentre si tratta di un rimedio processuale di equity) per perseguire anche da terzi i beni in trust di cui ha disposto il trustee228. È evidente che un simile strumento è sconosciuto al nostro ordinamento e le soluzioni che sinora sono state prospettate dalla dottrina per concepire un’azione di “tracing all’italiana” presentano più ombre che luci. Posto che l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 cod. civ. non sortisce l’effetto di recuperare il bene ma solo quello di renderlo aggredibile dal creditore che abbia vittoriosamente esperito l’azione229, si è sostenuta una forzata e improbabile (anzi, errata

227 Per un commento, P.PANICO, Dimissioni del trustee e nomina di un successore: considerazioni a margine di due recenti decisioni italiane, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 509. 228 Così HAYTON, Commentary and Cases on the Law of Trust and Equitable Remedies, pag. 855, definisce lo scopo del tracing: “To protect a claimant’s proprietary interest so that the value of the original property can be traced into new assets to ascertain the value surviving in the defendant’s hands, no matter how many substitutions of one asset for another have occurred”. 229 In proposito, U.CARNEVALI, Alienazione abusiva del fiduciario e revoca di essa ex art. 2901 cod. civ., in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 556.

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dato che il trust non costituisce un’entità separata dotata di propria soggettività) analogia tra il rappresentante e il trustee (inteso come “rappresentante del trust”) e conseguentemente la possibilità di agire per: - l’annullamento del contratto traslativo ai sensi dell’art. 1394 cod. civ., qualora il trustee-rappresentante si ponga in conflitto di interessi, oppure - la declaratoria di l’inefficacia del negozio, qualora il trustee-rappresentante abbia agito senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli. Altri fanno leva sulle disposizioni degli artt. 1706 e 1707 cod. civ. assimilando il trustee al mandatario e il beneficiario o il disponente al mandante230. Tutte le soluzioni presuppongono che al terzo sia nota (o comunque conoscibile) la limitata legittimazione a disporre del trustee e ben difficilmente ciò può avvenire per i beni mobili per i quali non è previsto un particolare sistema di pubblicità. Quanto agli immobili, le citate pronunce del Tribunale di Trieste del 23 settembre 2005 e del 19 settembre 2007 individuano nel sistema tavolare una formidabile forma di controllo sugli atti dispositivi del trustee (dato che il Giudice Tavolare è tenuto a verificare la sua legittimazione e i suoi poteri, risultanti dal libro fondiario, prima di ordinare l’intavolazione di un trasferimento immobiliare). Affatto diverso è il sistema personale in cui il Conservatore dei Registri Immobiliari non compie un’analoga verifica, ma si limita, di regola, alla trascrizione dell’atto di disposizione rogato da un notaio. È a quest’ultimo che compete l’obbligo di verificare (in base all’atto di provenienza e alla sua nota di trascrizione nei Registri Immobiliari) i poteri del trustee che voglia disporre del cespite in trust e, comunque, nei confronti del notaio negligente potrebbe essere esperita soltanto un’azione risarcitoria. È forse possibile individuare nel nuovo art. 2645-ter cod. civ. uno strumento normativo idoneo ad ottenere una pronuncia di nullità degli atti che distraggono dal vincolo i beni

230 Se, da una parte, può essere apparentemente giustificato l’accostamento del trust al mandato (in dottrina, la fiducia viene spesso ricondotta entro lo schema della rappresentanza indiretta) per il disposto dell’art. 1707 cod. civ. (che richiama la segregazione patrimoniale) e per alcune somiglianze nel conferimento degli incarichi gestori dati al trustee e al mandatario, dall’altra occorre rilevare che: a) il trustee non riceve solo un incarico – il quale, tra l’altro, è nell’interesse di un beneficiario, non necessariamente coincidente con il disponente-”mandante” – ma anche dei beni che sono posti sotto il suo controllo (le differenze rispetto alla “provvista” fornita dal mandante sono evidenti); b) il mandatario si obbliga a compiere uno o più atti giuridici predeterminati, mentre il trustee può essere incaricato anche dell’esecuzione di atti materiali e, nei trust di scopo, di una serie di atti non predeterminata per il raggiungimento di una specifica finalità. Proprio a questo profilo si riconnettono le diverse responsabilità del mandatario e del trustee: il primo potrà liberarsi da un’azione di risarcimento per inadempimento dimostrando che l’atto richiesto non rientrava nell’oggetto del mandato e/o di essersi diligentemente attenuto alle istruzioni del mandante; il secondo non potrà esimersi dalle pretese risarcitorie dei beneficiari adducendo che l’atto ineseguito non era previsto dall’atto istitutivo ove questo sia ritenuto necessario per il raggiungimento dello scopo del trust; c) gli effetti giuridici degli atti compiuti dal mandatario senza rappresentanza ricadono nella sua sfera giuridica, quando, invece, gli effetti dell’attività del trustee si riferiscono al trust; d) la possibilità, per il disponente o per i beneficiari, di incidere sulla gestione attuata dal trustee è estremamente più ridotta rispetto a quella attribuita al mandante; al trust peraltro non si applicano automaticamente le cause di estinzione del mandato stabilite dall’art. 1722 cod. civ. (ad esempio, la revoca da parte del mandante o la rinuncia del mandatario) e il disponente non può revocare ad libitum il trustee se tale facoltà non è stata espressamente prevista nell’atto istitutivo (e nei limiti in cui la legge regolatrice lo consente), mentre la rinuncia del trustee non incide, di regola (mai, secondo la legge inglese), sull’efficacia del trust.

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in trust: le conseguenze che ne deriverebbero sarebbero molto favorevoli al beneficiario, consentendo di privare radicalmente di effetto i negozi che distolgano le res o i loro frutti dallo scopo prestabilito231.

§ § § Altro problema di non poco conto attiene alla difficoltà pratica di coniugare la libera scelta della legge regolatrice del trust col principio iura novit curia (come noto, spetta al Giudice ex officio fare corretta applicazione delle norme della legge su cui è caduta l’opzione del disponente). Non solo può essere arduo (nonostante la possibilità di avvalersi di un esperto ai sensi dell’art. 14 della Legge 218/1995) ricostruire correttamente la fattispecie in esame quando il rinvio è fatto ai precedenti di un paese di common law, ma bisogna altresì considerare che il Giudice di common law è dotato, a particolarissime condizioni, del potere di over-ruling. Non è quindi troppo fantasioso immaginare che qualche Giudice italiano – per habitus mentale poco incline a piegarsi alla vincolatività del precedente (la nomofilassi non appartiene, in alcuni casi, neanche alle Sezioni della Suprema Corte) – possa spingersi sino a sovvertire una regula iuris di oltremanica tramandata da secoli e secoli.

§ § §

231 G.FANTICINI, L’articolo 2645-ter del codice civile: “Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche”, in MONTEFAMEGLIO-MARULLO-FANTICINI-MONEGAT-TONELLI-MANES, La protezione dei patrimoni, Santarcangelo di Romagna, 2009, pagg. 407 ss.: “Ritiene lo scrivente che l’articolo 2645-ter – nella parte in cui stabilisce che “I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione” – non abbia introdotto una semplice norma sulla trascrizione (accompagnata dalla “normale” sanzione di inefficacia di cui si è detto), ma abbia coniato una disposizione di diritto “sostanziale” (applicabile a tutti i negozi destinatori che sono annoverabili nella prima parte e resi conoscibili mediante la trascrizione) e – più precisamente – una norma imperativa alla cui violazione consegue la più pregnante sanzione di nullità ex art. 1418 cod. civ. Alla luce di quanto sopra esposto, le conseguenze che deriverebbero da una comminatoria di nullità (anziché di inefficacia) degli atti compiuti in violazione del vincolo di destinazione sarebbero molto più favorevoli al beneficiario, consentendo al conferente (o disponente, o fiduciante), al beneficiario stesso, al guardiano del trust e, più in generale, a chiunque abbia interesse alla salvaguardia del vincolo di destinazione impresso sui beni, di porre nel nulla tutti i negozi che distolgano le res o i loro frutti dallo scopo prestabilito, mediante l’esercizio di un’azione imprescrittibile (art. 1422 cod. civ.) tesa ad ottenere una pronuncia avente effetti erga omnes. Elementi testuali e logici fanno propendere per la tesi qui suggerita. In primis, la legittimazione ad agire attribuita dall’articolo 2645-ter a “qualsiasi interessato” ha notevole assonanza col disposto dell’art. 1421 cod. civ. (secondo cui “la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse”), mentre l’inefficacia può essere fatta valere soltanto dai soggetti nel cui interesse gli oneri pubblicitari sono prescritti. In secondo luogo, la disposizione usa il termine “impiegati”: l’ “impiego” non concerne esclusivamente gli atti dispositivi assoggettati a trascrizione, ma qualunque forma di utilizzo dei beni conferiti, che risulta vietata se non conforme alla finalità. Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha già statuito la nullità degli atti con cui i fondi speciali per la previdenza e l’assistenza costituiti dall’imprenditore erano stati distratti dalla finalità prefissata ex lege (e, cioè, dal vincolo di destinazione impresso sui fondi stessi dall’art. 2117 cod. civ.). Riguardo al vincolo di destinazione impresso col fondo patrimoniale, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che “l’atto di alienazione dei beni del fondo patrimoniale realizzato in violazione dell’art. 169 c.c. è nullo perché illecito”. L’analogia tra i casi considerati dalle suddette pronunce e la violazione dell’articolo 2645-ter appare evidente. Da ultimo, anche la dottrina che si è mostrata più avversa alla trascrizione del trust ammetteva che “i vincoli di indisponibilità o di destinazione … posti dalla legge sono trascrivibili, a tutto concedere, solo ai fini di notizia, in quanto l’inosservanza del divieto comporta l’invalidità dell’atto, per violazione di norma imperativa”.”

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Non è ancora stata affrontata ex professo nelle corti italiane la questione relativa alla compatibilità dei trust con la disciplina della successione necessaria (il trust è originario di paesi nei quali è perlopiù sconosciuta la cosiddetta “legittima”) e col divieto di costituzione di dote232. Infatti, il trust – anche se commisurato alla durata della vita del disponente – è pur sempre un atto tra vivi che esplica immediatamente l’effetto di trasferire certi beni ad un trustee (il quale, al momento della morte del disponente, dovrà disporne in favore dei beneficiari) e, a meno che non lo si riqualifichi come donazione indiretta233, potrebbe riuscire difficile assoggettare l’atto di dotazione patrimoniale del trust ad azione di riduzione. Si pensi, inoltre, che l’art. 627 cod. civ. non ammette azione per far accertare che le disposizioni fatte a favore di una persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti e che in realtà riguardano altra persona (anche se espressioni del testamento possono indicare che si tratta di persona interposta); nel caso di un trust testamentario che lasci il patrimonio del de cuius ad un trustee affinché suddivida i beni e li destini ai beneficiari (i veri eredi esplicitamente designati nell’atto istitutivo), ai beneficiari sarebbe preclusa ogni azione in forza della citata disposizione interna o (come crede lo scrivente) gli stessi potrebbero comunque agire per ottenere dal trustee quanto dovuto?

§ § § Come già accennato, i beneficiari del trust hanno il diritto (senza eccezioni nelle diverse discipline straniere che regolano l’istituto) di accedere alla documentazione del trust e, cioè, di conoscere o di pretendere l’esibizione, da parte del trustee, dei documenti del trust: come afferma autorevole dottrina, “fondamentale è il diritto dei beneficiari di essere informati delle vicende del trust”234. Inoltre i beneficiari hanno un insindacabile diritto di rendiconto (che non sorge, invece, in capo al disponente, come talvolta si è sostenuto) che concorre ma non è escluso dall’eguale diritto (spesso) riconosciuto dall’atto istitutivo in favore del guardiano. Nel caso in cui il trustee rifiuti ingiustificatamente al beneficiario l’esibizione dei documenti del trust, quale strumento processuale potrebbe essere impiegato? Il sequestro ex art. 670 n. 2 cod. proc. civ. non appare utilizzabile dato che la misura non sarebbe tesa all’acquisizione di prove. Parimenti, non offre alcuna tutela l’art. 210 cod. proc. civ., sia perché presuppone la già attuale esistenza di una causa, sia perché l’ordine 232 Su trust e divieto di costituzione di dote previsto dall’art. 166-bis cod. civ., si rinvia a G.OBERTO, Il Trust familiare, lezione dell’11 giugno 2005 del Master di specializzazione in diritto di famiglia e minorile, svoltosi a Milano, http://utenti.lycos.it/giacomo305604/milano11giugno2005trust/relazionemilano.htm: “Appare piuttosto evidente come, tramite il ricorso al trust, si potrebbe dar luogo ad apporti patrimoniali di provenienza di un coniuge (o della sua famiglia), nella veste di costituente, in favore dell’altro (nella veste di trustee), con conferimento di potere di amministrazione esclusivo in capo a quest’ultimo, con vincolo di utilizzo e destinazione ad onera matrimonii ferenda, con divieto di alienazione dei cespiti «segregati» ed obbligo di restituzione per il caso di separazione legale o scioglimento del vincolo matrimoniale. Tramite il ricorso allo strumento in esame si potrebbero porre in essere attribuzioni patrimoniali caratterizzate dalla compresenza di tutti quei connotati caratteristici della dote che la dottrina ha di volta in volta individuato”. 233 M.LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2008, pag. 84, ritiene che il legittimario possa esperire l’azione di riduzione avverso i negozi dispositivi lesivi della riserva quando il compito affidato al trustee comporta il verificarsi di una liberalità indiretta. 234 M.LUPOI, I trust nel diritto civile, Torino, 2004, pag. 319; A.TONELLI, Riflessioni ed esempi concreti sulla tutela processuale nei trusts, relazione al corso di formazione decentrata “Prassi applicative dei trusts interni” svoltosi a Trieste il 17 giugno 2005 (disponibile su http://appinter.csm.it/incontri/relaz/13039.pdf).

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di esibizione impartito dal Giudice, qualora il destinatario non vi ottemperi, non è comunque coercibile235. L’unico mezzo per far valere il diritto all’esibizione è il provvedimento innominato ex art. 700 cod. proc. civ.: la strumentalità del provvedimento cautelare potrebbe ravvisarsi rispetto ad un’azione di merito tesa ad accertare il diritto all’esibizione del beneficiario e ad ottenere la copia dei documenti (l’actio ad exhibendum è però ignota al nostro ordinamento e dovrebbe essere basata sul diritto sostanziale all’esibizione derivante dalla legge regolatrice straniera).

§ § § Gli istituti del diritto processuale, infine, rischiano davvero di mettere in crisi l’interprete alle prese con un trust. Come si può determinare la competenza per territorio se il trust (assoggettato alla Trust Jersey Law) è stato costituito a Bologna, il trustee risiede a Milano, il disponente a Napoli, i beneficiari a Venezia e a Trapani e i beni in trust sono a Bari e a Torino? Ovviamente, dipenderà dal tipo di azione proposta: quindi, il trustee potrà essere convenuto nella sua residenza per azioni di natura personale (ad esempio, per la sua revoca) o nel luogo in cui è tenuto ad eseguire l’obbligazione in favore dei beneficiari, mentre i beni in trust dovranno essere sottoposti ad esecuzione forzata (solo per obbligazioni contratte dal trustee per la finalità del trust) nel logo dove sono ubicati. La questione si complica, ad esempio, se il creditore del beneficiario (che vanti nei confronti del trustee un diritto vested) intende sottoporre a sequestro o a pignoramento il diritto del proprio debitore. Ad oggi, l’unica pronuncia che riguarda la competenza (giurisdizionale) in una causa di trust è costituita dalla sentenza del Tribunale di Trento - Sezione distaccata di Cles - 3 febbraio 2009236: la controversia, promossa da un confinante del disponente-trustee che intendeva far valere la prelazione agraria, mirava ad ottenere una declaratoria di simulazione assoluta o nullità del trust autodichiarato; il convenuto aveva eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano in base all’atto istitutivo (che individuava nel giudice della Repubblica di San Marino l’organo giudiziario competente a decidere ogni controversia relativa al trust de quo), ma il Tribunale ha – correttamente – ritenuto che tale clausola fosse limitata sotto il profilo soggettivo alle controversie “interne” (cioè, tra i soggetti del trust) e non a quelle riguardanti i terzi (i quali non avevano in alcun modo derogato alla giurisdizione italiana, demandata al giudice di San Marino dalla legge regolatrice del trust prescelta dal solo disponente).

§ § §

235 Cass. 10 dicembre 2003 n. 18833: “L’ordine di esibizione di documenti non è suscettibile di esecuzione coattiva, né per iniziativa del giudice, non esistendo nel codice di procedura disposizioni analoghe a quelle del codice 1di procedura penale circa il potere di ricercare documenti o cose pertinenti al reato, né ad iniziativa della parte interessata, non costituendo quell’ordinanza titolo esecutivo e non potendo essere, quindi, attuata con gli strumenti di cui all’art. 605 e segg. cod. proc. civ. Il rifiuto dell’esibizione può, pertanto, costituire esclusivamente un comportamento dal quale il giudice può desumere argomenti di prova ex art. 116 secondo comma cod. proc. civ.”. 236 Tribunale di Trento - Sez. distaccata di Cles 3 febbraio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 194.

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Anche la configurabilità del litisconsorzio necessario può essere problematica: nessun dubbio si può nutrire sulla necessaria presenza sia del disponente sia del trustee in una causa di revocatoria dell’atto di trust compiuto in frode al creditore. Si discute, invece, se sia indispensabile anche la presenza dei beneficiari che vantano sui beni in trust la c.d. trust property. In proposito, si osserva che la Suprema Corte237 ha escluso la legittimazione passiva dei figli dei costituenti del fondo patrimoniale “poiché il fondo patrimoniale non viene costituito a beneficio dei figli, ma solo per far fronte ai bisogni della famiglia … e l’eventualità che il giudice, all’atto della cessazione del fondo patrimoniale, possa attribuire ai figli in godimento o in proprietà una quota dei beni del fondo non può essere valorizzata al punto di attribuire ai figli la legittimazione passiva nei giudizi che investano il fondo patrimoniale, trattandosi di mera eventualità i cui presupposti andranno verificati solo al momento della cessazione del fondo”. Le medesime ragioni esposte nella menzionata sentenza comporterebbero la necessaria partecipazione dei beneficiari al giudizio riguardante un trust di tutela della famiglia, dato che questo è esattamente istituito in favore dei figli e l’attribuzione a questi ultimi dei beni in trust è tutt’altro che eventuale. Tuttavia, estendendo a qualunque beneficiario la qualità di litisconsorte necessario, si potrebbero determinare ulteriori insolvibili problemi per tutti quei trust in cui i beneficiari sono individuati non nominativamente ma con riferimento ad una certa categoria (come è reso possibile, ad esempio, dall’art. 10 della Trust Jersey Law). In senso opposto alla suddetta tesi si è pronunciato l’unico precedente ad oggi noto – la sentenza del Tribunale di Cassino - 8 gennaio 2009238 - che, da un lato, ha affermato la legittimazione passiva del trustee (che ha “piena capacità processuale attiva e passiva in ordine ai beni del trust”, mentre, dall’altro, ha escluso la legittimazione dei beneficiari del trust (anch’essi convenuti), “atteso che sia da un punto di vista sostanziale che processuale unico titolare dei beni del trust e legittimato a tutelarne le ragioni è il trustee,presentando, al contrario, i beneficiari, soltanto un interesse, nei confronti di quello, al trasferimento finale dei beni, secondo il programma dettato nell’atto di affidamento del disponente”. Ha invece ravvisato un litisconsorzio necessario coi beneficiari del trust l’ordinanza del Tribunale di Torino - Sezione distaccata di Moncalieri - 1-2 aprile 2004239, che – nel giudizio di revocatoria ordinaria promosso dai creditori del disponente – ha ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei beneficiari.

237 Cass. 17 marzo 2004 n. 5402. 238 Tribunale di Cassino 8 gennaio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 419. 239 Tribunale di Torino - Sez. distaccata di Moncalieri 1-2 aprile 2004, inedita (menzionata nella sentenza emessa dal medesimo Tribunale in data 15 giugno 2009).

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6. DE IURE CONDENDO … Da tempo si parla di introdurre nell’ordinamento italiano una legge sul trust che disciplini l’istituto superando le obiezioni e le perplessità relative ai trust interni (“tutti i professionisti, ma specialmente i notai … si sentirebbero più a loro agio se esistesse una legge italiana sui trust”240). La più autorevole dottrina in materia è comunque scettica (anche se speranzosa) sulla possibilità (e soprattutto sulla capacità) di ben legiferare su un istituto che presenta aspetti tecnici che difficilmente potrebbero essere colti dal legislatore di un paese di civil law nella cui tradizione giuridica il trust è “ospite”241. Sta di fatto che la vicina Francia, dopo aver sottoscritto la Convenzione de L’Aja il 26 novembre 1991, non l’ha ancora ratificata e si è invece dotata (con la Legge 2007–211 del 19 febbraio 2007242) di uno strumento legislativo nazionale – la fiducie – che assomiglia vagamente al trust e si coordina con i principi dell’ordinamento interno243. In Italia, qualche iniziativa è stata avanzata alla Camera dei Deputati nel corso della XIII legislatura: senza scendere nei dettagli (inutili, dato che i progetti sono naufragati al termine della legislatura senza nemmeno giungere all’esame dell’Assemblea), si richiamano le proposte C.5194 – “Riforma delle società fiduciarie e disciplina del trust” (On. Benvenuto) presentata il 30 luglio 1998, C.5194-ter – “Disciplina del trust” (On. Benvenuto) presentata il 16 novembre 1999, C.5494 – “Norme in materia di trust a favore di soggetti portatori di handicap” (On. Paissan) presentata il 4 dicembre 1998, C.6547 – “Disciplina del trust” (On. Rabbito e altri) presentata l’11 novembre 1999. Nel corso della XIV legislatura un’interessante iniziativa parlamentare in materia di trust è costituita dalla proposta C.2733 – “Norme in materia di trust a favore di soggetti portatori di handicap” (On. Cima e altri) presentata il 10 maggio 2002 (che riprende il precedente progetto C.5494 del 4 dicembre 1998): facevano ben sperare le parole del presentatore On. Cima244, ma la proposta è stata assorbita in altro progetto, poi sfociato

240 M.LUPOI, I trust nel diritto civile, Torino, 2004, pag. 270. 241 M.LUPOI, I trust nel diritto civile, Torino, 2004, pag. 270: “Fino a pochissimo tempo fa sono stato contrario a una legge italiana sui trust per la ragione che il nostro ambiente giuridico non era pronto; ancora oggi escono saggi di civilisti che non hanno alcuna idea né dei dati della vita reale rispetto ai quali si dovrebbe legiferare né delle nozioni di base sulle quali poggia l’istituto del trust. Lentamente le cose stanno cambiando, ma è necessario porre in guardia contro l’inerente positivismo che vede nella legge italiana il rimedio all’incertezza giuridica. I trust, come molti hanno notato, collocano il giurista in un contesto culturale – io direi: dinanzi a principia – lontanissimo da quello per lui consueto; qualsiasi testo normativo rischia di essere svilito e, sopra tutto, distorto”. 242 Pubblicata, con traduzione in italiano, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 469. 243 Per un commento sulla normativa francese: F.BARRIÈRE, La legge che istituisce la fiducia: tra equilibrio e incoerenza, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 124. 244 “L’istituto del trust è comparso sulla scena italiana all’improvviso; per decenni esso è stato considerato una stranezza inglese, fondamentalmente incomprensibile e comunque aliena. Negli ultimi cinque anni tutto questo ha iniziato a subire un cambiamento. Il rapido cambio di scena è il frutto non di una moda, ma della percezione che il trust colmi lacune assai serie del nostro ordinamento giuridico. Laddove gli strumenti civilistici non riescono a giungere, spesso giunge il trust: esso consente sia di regolare assetti di interessi, sia di proteggere posizioni meritorie che altrimenti non troverebbero sbocco, se non in costruzioni artificiose, sovente condite con simulazioni, interposizioni, contratti di dubbia validità. Il senso del trust è tutto qui: la risposta ad interrogativi della vita commerciale, finanziaria, sociale, familiare rispetto ai quali il diritto italiano o rimane muto o vaga alla ricerca di esiti che alla fine si rivelano insoddisfacenti. Oggi più che nel passato è vivamente avvertita l’esigenza di provvedere all’assistenza dei soggetti portatori di handicap dopo la morte dei loro genitori. Il desiderio dei genitori di assicurare al figlio tutta l’assistenza di cui

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nella legge istitutiva dell’amministrazione di sostegno (Legge 9 gennaio 2004 n. 6) che non si occupa in alcun modo del trust. Solo in prossimità dello scioglimento del Parlamento, con un “colpo di mano” (il Governo ha posto la questione di fiducia) e sfidando il parere contrario della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati245, è stato introdotto (dall’art. 39-novies della Legge 23 febbraio 2006 n. 51, di conversione del Decreto-Legge 30 dicembre 2005 n. 273) nell’ordinamento l’art. 2645-ter cod. civ., norma di difficile interpretazione che – a quanto sembra – si attaglia alla trascrizione dei trust e fornisce la disciplina del vincolo di destinazione246, ma che certamente non può essere considerata come la “legge italiana sul trust”247. Nel corso della XV legislatura l’istituto è salito agli “onori” della cronaca politica perché – cercando di adattare consolidate e “normali” soluzioni di oltreoceano ai nostrani ed “eccezionali” conflitti di interesse – è stata avanzata una proposta di legge (C.1318) riguardante “Disposizioni in materia di incompatibilità e di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo e istituzione dell’Autorità garante dell’etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi” (On. Franceschini e altri) in cui era prevista la “gestione fiduciaria” del patrimonio dei titolari di cariche di Governo (con una costruzione simile al blind trust in cui confluiscono le attività patrimoniali del Presidente degli Stati Uniti d’America): la storia più recente dà conto dell’oblio in cui è caduto il disegno legislativo. Quella ora menzionata non è stata, però, l’unica iniziativa (comunque tramontata) della legislatura 2006-2008: nella relazione di presentazione della proposta di legge S.1234 “Istituzione del trust di diritto italiano” (invero costituita da appena sei articoli), il Sen. Benvenuto afferma che è “indispensabile ed urgente l’introduzione diretta dell’istituto del trust nella nostra legislazione, così da poter adeguatamente rispondere alle sfide della concorrenza fra ordinamenti, in un’economia ormai totalmente aperta e globalizzata, nei confronti in primo luogo dei potenziali disponenti italiani dei trust”. La stessa proposta normativa (“Istituzione del trust di diritto italiano; S.489; Sen. Barbolini e Sen. Pegorer), con identico articolato, è stata ripresentata al Senato nel corso della XVI legislatura, durante la quale l’attenzione al trust sembra essersi risvegliata sotto vari profili dato che sono stati avanzati disegni di legge relativi alla “Disciplina tributaria del trust” (S.854; Sen. Leddi) e alla “Disciplina dei trust istituiti in favore di persone portatrici di handicap” (C.1471; On. Migliori). Da ultimo, si rileva che l’attuale Governo (e, segnatamente, il Ministro della Giustizia) ha recentemente presentato – il 15 luglio 2010 – un disegno di legge denominato “Delega al

necessita dopo la loro morte può essere realizzato attraverso l’istituzione del trust”; si rinvia a http://www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stampati/pdf/14PDL0031220.pdf, dove sono disponibili il testo della proposta e della relazione. 245 Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, XIV Legislatura - disegni di legge e relazioni - documenti, d.d.l. 5736-A, Parere della II Commissione Permanente (Giustizia). 246 A riguardo, G.FANTICINI, L’articolo 2645-ter del codice civile: “Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche”, in MONTEFAMEGLIO-MARULLO-FANTICINI-MONEGAT-TONELLI-MANES, La protezione dei patrimoni, Santarcangelo di Romagna, 2009, pagg. 407 ss. 247 Sembra questa invece l’opinione (per nulla condivisibile) di L.F.RISSO-D.MURITANO, Il trust: diritto interno e Convenzione de L’Aja. Ruolo e responsabilità del notaio., Studio approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato il 10 febbraio 2006.

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Governo per apportare modifiche al codice civile in materia di disciplina della fiducia e del contratto autonomo di garanzia, nonché modifica della disciplina dell’adempimento, della clausola penale, della conclusione del contratto e del codice del consumo in materia di disciplina del credito al consumo” (atti Senato n. 2284) per l’attribuzione all’esecutivo di una disciplina della “fiducia”248.

248 La relazione accompagnatoria del d.d.l. S.2284 (reperibile sul sito Internet http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=16&id=00504011) è molto chiara sulla portata dell’intervento che il Governo si prefigge di realizzare: “La prima delega è quella volta a introdurre il contratto di fiducia. Nell’ultimo decennio il mercato italiano ha registrato una crescente domanda di prestazioni legali e più ampiamente professionali inerenti a operazioni fiduciarie. Questa domanda si è tradotta in larga misura nella ricerca di soluzioni basate sul ricorso al trust. Con l’entrata in vigore della convenzione sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento, ratificata e resa esecutiva dalla legge 16 ottobre 1989, n. 364, si è invero aperta la via allo sviluppo di una prassi italiana in materia. La convenzione de L’Aja consente, infatti, di sottoporre alla legge straniera anche fattispecie e rapporti prevalentemente localizzati in Italia, in forza del principio di autonomia nella scelta della legge applicabile al trust. È opportuno però chiarire che, sebbene la prassi italiana in materia di trust al momento si giovi di questa apertura, lo strumento internazionalprivatistico ora ricordato non impone all’Italia l’obbligo di riconoscere trust interamente localizzati nel nostro territorio. L’operatore italiano si è rivolto al trust retto dalla legge straniera a causa dell’assenza nel diritto italiano di un istituto equivalente sotto il profilo della completezza, della flessibilità e della coerenza interna delle norme che lo regolano. L’introduzione nel codice civile dell’articolo 2645-ter sulla trascrizione dei vincoli derivanti da atti di destinazione è stata senza dubbio ispirata dalla volontà di arginare il ricorso alla legge straniera da parte di soggetti italiani in contesti in cui la prassi si orientava verso l’utilizzo del trust. Il passo compiuto in tale direzione non consente ancora, tuttavia, all’Italia di disporre di uno strumento di utilità generale, che possa competere con il trust. La norma di delega mira a introdurre nell’ordinamento giuridico italiano tale strumento di utilità generale nella forma del contratto di fiducia all’interno del titolo III del libro quarto del codice civile, nel quale è contemplata altresì la disciplina sul contratto di mandato. La scelta di predisporre una disciplina del contratto di fiducia è resa strettamente necessaria dall’esigenza di allineamento dell’ordinamento interno rispetto ai principi del diritto comunitario in corso di consolidamento. Al riguardo è necessario rammentare il Draft Common Frame of Reference del 2009, elaborato su richiesta della Commissione europea e con il concorso di autorevoli studiosi italiani, che precisa fin nei dettagli la disciplina applicabile alle ipotesi di titolarità fiduciaria. Con riferimento al diritto degli Stati membri, va ricordato che la Francia, pur non avendo ratificato la convenzione de L’Aja, ha introdotto nel proprio diritto la fiducie, con un’ampia novella al codice civile nel 2007, emendata con provvedimenti entrati in vigore nel 2008 e nel 2009. La riforma francese mira essenzialmente a mettere a disposizione dell’operatore giuridico d’oltralpe uno strumento competitivo rispetto al trust, sia sotto il profilo delle operazioni fiduciarie rivolte a scopo di gestione, sia per quelle dirette a costituire una garanzia. Il contratto di fiducia rappresenta lo strumento con il quale il fiduciante trasferisce beni o diritti o somme di denaro a un fiduciario che, tramite la separata gestione, li destina a uno scopo determinato operando nell’interesse di uno o più beneficiari determinati, o determinabili. Ai fini dell’opponibilità e della tutela dei creditori è previsto che tale contratto sia stipulato per atto pubblico o scrittura privata autenticata, a pena di nullità. Si prevede, inoltre, che il contratto in parola si concluda con il semplice consenso degli stipulanti, eccetto che nell’ipotesi di trasferimento di somme di danaro in cui il perfezionamento coincide con la data di versamento dell’intero importo di denaro in un deposito nella disponibilità del fiduciario. Alla fattispecie ordinaria di contratto consensuale si affianca, pertanto, quella di contratto reale.

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Un ulteriore impulso all’approvazione di una disciplina italiana sul trust deriva dall’art. 11 del d.d.l. S.2322 “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2010”249, presentato il 5 agosto 2010, il quale prevede una delega al Governo per l’adozione “entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, [di] uno o più decreti legislativi recanti la disciplina della fiducia”. In particolare, la disciplina dovrebbe fornire le regole del contratto di fiducia, dalla definizione (“contratto con cui il fiduciante trasferisce diritti, beni o somme di denaro specificamente individuati in forma di patrimonio separato ad un fiduciario che li amministra, secondo uno scopo determinato, anche nell’interesse di uno o più beneficiari determinati o determinabili”), alla forma (“atto pubblico o scrittura privata autenticata a pena di nullità”), agli effetti del contratto (separazione patrimoniale, opponibilità ai terzi e ai creditori, ecc.); una specifica normazione è poi prevista per la fiducia a scopo di garanzia (“contratto con cui si garantiscono crediti determinati o determinabili”) e a scopo assistenziale. L’iniziativa dell’esecutivo, recente e significativa (con ben due progetti presentati nell’estate 2010), fa pensare che la legge italiana sul trust sia molto vicina … ma la storia recente ci ha abituato ad altre “priorità” del nostro legislatore!

La legge delega prevede, poi, che la disciplina della fiducia si applichi anche qualora gli effetti tipici di questa derivino da testamento, determinando, inoltre, le ipotesi in cui tali effetti scaturiscano da sentenza del giudice. La caratteristica prìncipe della normativa in esame risulta costituita dalla separazione patrimoniale e dalla surrogazione, che comportano l’esclusione dei beni oggetto del rapporto – qualora il fiduciario sia una persona fisica – sia dalla comunione legale tra coniugi sia dalla successione. La delega non si limita a predisporre la disciplina del contratto di fiducia con finalità di mera gestione patrimoniale, ma regola altresì le fattispecie in cui la stessa miri alla costituzione di una garanzia o a realizzare una liberalità. Ne consegue che: (i) salve le norme in materia di tutela del credito, è dettata una disciplina specifica per il contratto di fiducia a scopo di garanzia, quale strumento con cui si garantiscono crediti determinati o determinabili, con previsione, in quest’ultimo caso, dell’importo massimo garantito; (ii) è dettata una disciplina specifica del contratto di fiducia a scopo assistenziale. In questa ipotesi, qualora il beneficiario della liberalità sia una persona disabile, si prevede una deroga alle norme a tutela dei legittimari che appare ragionevole alla luce della particolare condizione del soggetto. Sul versante della regolamentazione dell’attività fiduciaria si prevede, inoltre, la possibilità di sostituzione del fiduciario tramite provvedimento del giudice e l’applicazione della normativa antiriciclaggio. La delega prevede, poi, una disciplina della durata del contratto di fiducia e ciò al fine di evitare il congelamento di patrimoni per un tempo eccessivo. Sul punto si individuano altresì i casi di scioglimento del contratto di fiducia, tra cui spicca il caso dell’unanime deliberazione di tutti i beneficiari, purché pienamente capaci di agire. La norma si preoccupa, infine, che sia evitato il rischio di minare la trasparenza delle operazioni poste in essere, amalgamando la disciplina con le normative vigenti di riferimento. Ne consegue che, da un lato, si fanno espressamente e integralmente salve le norme in materia di antimafia, conflitto di interessi, e ogni norma a tutela dell’ordine pubblico; e che, dall’altro lato, si prevede il coordinamento con le discipline di tutela dei creditori, del contratto a favore di terzo, della cessione di crediti futuri, del fallimento, degli strumenti finanziari.”. 249 Il disegno di legge S.2322 e le relazioni accompagnatorie sono reperibili sul sito Internet http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=16&id=00505464&aj=no.

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MASSIME GIURISPRUDENZIALI SUI TRUST Corte di Cassazione-Roma - sentenza del 21 febbraio 1899, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 454 Non è contraria al diritto pubblico interno la sentenza estera che, in base al testamento dello straniero col quale fu disposto un fedecommesso (trust) di tutti i beni con efficacia nel proprio paese, esclude la successione legittima nei beni da lui posseduti nel Regno d’Italia e ne ordina la vendita in forza del testamento, con lo scopo di accrescere col ricavato il fedecommesso istituito; esorbita, infatti, dagli stretti confini del giudizio di delibazione la verifica della compatibilità con l’ordinamento interno dell’uso a cui sono destinate le somme ritratte dalla vendita dei beni. Tribunale di Oristano - sentenza del 15 marzo 1956, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 294 Il trustee non può essere il destinatario di un atto di esproprio dei beni del trust-fund perché il trust, anche se nullo nell’ordinamento interno per contrarietà alle norme sul diritto di proprietà, crea uno sdoppiamento dell’originario diritto sul bene in due nuovi diritti di proprietà sullo stesso oggetto, spettanti contemporaneamente a due soggetti diversi: la proprietà formale o esteriore spetta al trustee, mentre quella sostanziale – rilevante ai fini dell’assoggettamento ad espropriazione – spetta al cestuy que trust. Tribunale di Casale Monferrato - decreto del 13 aprile 1984, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 93 L’executor trustee di un trust testamentario non è tenuto a richiedere l’autorizzazione giudiziale per vendere beni del trust-fund, nemmeno se il beneficiario è minorenne, in quanto il medesimo trustee è divenuto, all’apertura della successione, pieno proprietario dei beni per acquisto mortis causa. Tribunale di Genova - decreto del 24 marzo 1997, in Giurisprudenza commerciale, 1998, II, pag. 759 Può essere omologato l’atto costitutivo di una società a responsabilità limitata unipersonale costituita da un trustee di un trust maltese in cui il disponente ed i beneficiari sono cittadini italiani. Tribunale di Lucca - sentenza del 23 settembre 1997, in Foro Italiano, 1998, I, col. 2007 La disposizione con cui il testatore dichiara “di eredità” al fiduciario ogni suo avere, in proprietà assoluta ma a beneficio della figlia deve essere interpretata non come una sostituzione fedecommissaria (mancando una sostituzione de residuo, ovvero una doppia istituzione di erede con indicazione dell’ordo successionis), bensì come un atto istitutivo di trust; la lesione delle ragioni dell’erede legittimario non comporta la nullità del trust, ma la possibilità di applicare le norme interne (azione di riduzione) strumentali alla reintegrazione della quota riservata. Pretore di Roma - ordinanza del 13 aprile 1999, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 83 Il rifiuto del depositario di restituire al trustee revocato titoli azionari facenti parte dei beni del trust integra un’ipotesi di spoglio violento del possesso; la revoca del trustee, nel frattempo intervenuta, non comporta l’automatica perdita del possesso ma solo l’obbligo di consegnare i beni del trust-fund al nuovo trustee, dovere che rafforza l’interesse ad agire a difesa del possesso, quantomeno al fine di trasferire ad altri la titolarità delle azioni.

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Tribunale di Roma - ordinanza di reclamo del 2 luglio 1999, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 85 (riforma Pretore di Roma - ordinanza del 13 aprile 1999) La titolarità dei beni in trust spetta al trust stesso quale patrimonio separato e, pertanto, il trustee revocato, in analogia con la disciplina del mandato, perde la legittimazione ad agire per la reintegrazione nel possesso dei beni del trust-fund. Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - decreto del 17 luglio 1999, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 251 L’art. 13 della Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985 esclude la possibilità di riconoscere i trust privi di elementi di estraneità rispetto all’ordinamento giuridico italiano; conseguentemente, non è possibile iscrivere un trust “interno” nel Registro delle Imprese, comunque soggetto al regime della tipicità degli atti trascrivibili. Tribunale di Chieti - decreto del 10 marzo 2000, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 372 È ingiustificato il rifiuto del Conservatore dei Registri Immobiliari di trascrivere l’atto di compravendita immobiliare nel quale l’acquirente è un soggetto che agisce in qualità di trustee; il trust è istituto introdotto nell’ordinamento italiano con la Legge n. 364 del 1989. Giudice per le Indagini Preliminari di Alessandria - decreto del 5 aprile 2000, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 375 È illecita la fittizia intestazione di beni immobili ad un soggetto giuridico terzo (una società le cui azioni sono attribuite ad un trust), quando finalizzata unicamente a sottrarre i medesimi beni alla garanzia dei creditori, conservandone tuttavia la materiale disponibilità. Tribunale di Bologna - decreto del 28 aprile 2000, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 372 È ammissibile la trascrizione nei Registri Immobiliari dell’atto di affidamento dei beni in trust, istituto estraneo all’ordinamento italiano ma recepito dall’ordinamento attraverso la ratifica legislativa della Convenzione de L’Aja, assoggettato alla legge regolatrice scelta dal disponente, non definito concettualmente ma descritto nelle sue caratteristiche strutturali minime dagli artt. 2 e 11 del testo convenzionale; ai sensi dell’art. 12 della Convenzione de L’Aja e dell’art. 2645 cod. civ. si deve ammettere la trascrizione dell’atto, che costituisce, nell’ordinamento interno, l’unico strumento pubblicitario idoneo a rendere opponibile ai terzi l’effetto segregativo connaturato al trust. Tribunale del Riesame di Alessandria - ordinanza del 2 maggio 2000, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2000, pag. 377 (conferma Giudice per le Indagini Preliminari di Alessandria - decreto del 5 aprile 2000) Il pericolo di aggravamento del danno per la procedura fallimentare giustifica il sequestro preventivo dei beni intestati, fittiziamente ed al solo scopo di eludere la garanzia creditoria, ad una società partecipata da un trust. Giudice Tutelare di Perugia - decreto del 26 giugno 2001, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2002, pag. 52 Il trustee può essere autorizzato dal Giudice Tutelare a vendere titoli azionari del trust di cui sia beneficiaria una minorenne; il trustee è tenuto a richiedere l’autorizzazione giudiziale per utilizzare le somme ricavate e conferite nel trust.

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Corte d’Appello di Firenze - sentenza del 9 agosto 2001, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2002, pag. 244 (conferma Tribunale di Lucca - sentenza del 23 settembre 1997) Non configura una sostituzione fedecommissaria (vietata dall’art. 692 cod. civ.) il testamento che nomina un trustee erede di tutto il patrimonio del testatore affinché questi lo gestisca e attribuisca rendite periodiche e discrezionali ai beneficiari indicati dal de cuius. Tribunale di Pisa - decreto del 22 dicembre 2001, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2002, pag. 241 È valido, in virtù della Convenzione de L’Aja del 1985, il trust che presenti come unico elemento di estraneità la sua disciplina (dettata dalla legge straniera scelta dal disponente) anche quando vengano a coincidere le figure del disponente e del trustee; l’art. 12 della Convenzione, anch’essa legge dello Stato italiano, introduce il diritto potestativo del trustee, al quale corrisponde l’obbligo dei soggetti deputati alla pubblicità, di ottenere la trascrizione del vincolo di trust sul bene immobile conferito nel trust-fund. Giudice Tutelare di Perugia - decreto del 16 aprile 2002, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2002, pag. 584 Il trustee che eserciti la potestà genitoriale sulla figlia minorenne può essere autorizzato dal Giudice Tutelare a vendere determinati immobili e ad aderire al trust in cui la minore sia disponente (con l’immissione del ricavato dalla vendita immobiliare) e beneficiaria. Tribunale di Firenze - ordinanza del 6 giugno 2002, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 256 Può essere disposto il sequestro conservativo ex art. 2905 cod. civ. delle azioni trasferite al trustee dal disponente–debitore, quando questo si sia privato della garanzia patrimoniale dovuta al creditore e in presenza delle condizioni per esperire l’azione ex art. 2901 cod. civ. Tribunale di Belluno - decreto del 25 settembre 2002, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 255 In forza dell’art. 13 della Convenzione de L’Aja del 1985 e in mancanza di una disposizione normativa interna, non è ammesso nell’ordinamento italiano un trust privo di elementi di estraneità. La dichiarazione unilaterale (di cui si richiedeva l’intavolazione) con cui si sottopone al controllo del trustee dei beni costituisce un negozio astratto di trasferimento, nullo per difetto di causa secondo la disciplina italiana (comunque applicabile in forza dell’art. 4 della Convenzione). L’ordinamento tavolare non consente che sia indicata la qualità di trustee nell’iscrizione nel libro fondiario. Tribunale di Firenze - decreto del 23 ottobre 2002, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 406 Il trust non offre garanzie di rispetto dei vincoli all’attività di gestione e di amministrazione compiuta dal trustee pari a quelle offerte dal fondo patrimoniale (la necessità di autorizzazione giudiziale ex art. 169 cod. civ.): conseguentemente non può essere concessa l’autorizzazione ai coniugi che intendano sostituire il fondo patrimoniale con un trust istituito a favore della figlia minorenne. Tribunale di Milano - decreto del 29 ottobre 2002, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 270 L’atto istitutivo di un trust (del quale il disponente sia anche trustee) su beni immobili, pur non rientrando nel novero degli atti trascrivibili previsto dagli artt. 2643 e 2645 cod. civ., è assimilabile al fondo patrimoniale per il limite alla disponibilità imposto al titolare formale dei beni: pertanto, in analogia con il disposto dell’art. 2647 cod. civ., deve essere rimossa la riserva alla trascrizione apposta dal Conservatore dei Registri Immobiliari.

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Tribunale di Milano - sentenza del 20 ottobre 2002, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 265 L’Autorità Giudiziaria può revocare i trustees che non hanno adempiuto ai loro doveri, non adoperandosi per mantenere inalterato il valore del bene in trust, non hanno tenuto un’adeguata contabilità e non hanno tenuto conto dei diritti di tutti i beneficiari del trust. Tribunale di Verona - decreto dell’8 gennaio 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 409 Deve essere cancellata la riserva apposta dal Conservatore dei Registri Immobiliari alla trascrizione di un atto istitutivo di trust (in cui la stessa persona sia contemporaneamente disponente e trustee) sia in forza del disposto dell’art. 12 della Convenzione de L’Aja, sia per l’abbandono del principio di tassatività degli atti trascrivibili: l’atto deve, perciò, essere trascritto in analogia con il disposto dell’art. 2647 cod. civ. Giudice Delegato del Tribunale di Roma - decreto del 4 marzo 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 411 Il curatore fallimentare può essere autorizzato a costituire un trust e a trasferire al trustee i crediti fiscali maturati nel corso della procedura ed esigibili solo dopo la chiusura del fallimento, affinché, una volta riscossi i crediti, il trustee distribuisca il ricavato secondo le disposizioni del piano di riparto reso esecutivo dal Giudice Delegato. Tribunale di Bologna - decreto del 16 giugno 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2003, pag. 580 Con la ratifica legislativa della Convenzione de L’Aja del 1985 il legislatore ha introdotto nell’ordinamento l’istituto del trust; l’art. 13 del testo convenzionale deve essere interpretato come norma di chiusura, tesa ad evitare il riconoscimento di trust che costituiscano frode alla legge. Il Conservatore del Registro delle Imprese, quindi, se richiesto di iscrivere l’atto di trasferimento di quote sociali da un cittadino italiano ad un trust costituito in Italia può solo verificare che il trust presenti le caratteristiche specifiche dell’istituto e che esista la legge straniera alla quale il disponente ha sottoposto il trust: è illegittimo il rifiuto del Conservatore di procedere alle forme di pubblicità e di trasparenza previste dall’ordinamento per rendere conoscibili ai terzi fatti giuridici rilevanti. Tribunale di Napoli - decreto del 1° ottobre 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 74 L’art. 2 della Convenzione de L’Aja richiede che sussistano almeno due soggetti per l’istituzione di un trust: il disponente e il trustee. Non può quindi reputarsi valido e trascrivibile nei Registri Immobiliari un trust nel quale i due soggetti coincidano; difettano, peraltro, giuste ragioni per ricorrere ad un istituto atipico come il trust quando l’ordinamento appronta, per perseguire le identiche finalità manifestate dal disponente, un istituto tipico come il fondo patrimoniale.

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Tribunale di Bologna - sentenza n. 4545 del 1° ottobre 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 67 L’istituto del trust è espressamente riconosciuto dalla legislazione italiana mediante la ratifica legislativa (con Legge n. 364 del 1989) della Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985, per la cui applicazione l’unico elemento di estraneità può consistere nella scelta di una legge regolatrice straniera da parte del disponente. Dal combinato disposto degli artt. 5, 6 e 7 della Convenzione si evince che la scelta del disponente è libera e prescinde dal luogo di amministrazione del trust, dall’ubicazione dei beni trasferiti, dal domicilio del trustee e dal luogo dove doveva essere realizzato lo scopo del trust. Il trasferimento dei beni dal disponente al trustee non costituisce un negozio traslativo astratto (come tale nullo), sia perché è ammessa la configurabilità di negozi traslativi atipici sorretti da causa lecita (artt. 1322 e 1324 cod. civ.), sia perché la funzione del trasferimento si deve rinvenire nella causa fiduciae del negozio istitutivo di trust (che si concretizza negli scopi attraverso il predetto trasferimento), ritenuta meritevole di tutela dal legislatore della Legge n. 364 del 1989. L’art. 13 della Convenzione non vieta il riconoscimento dei trust interni e deve essere interpretato come “norma di chiusura” (paragonabile all’art. 1344 cod. civ.) che mira a reprimere le fattispecie non meritevoli di tutela che sfuggono alle disposizioni sanzionatorie di natura specifica. L’art. 11 della Convenzione, ratificata con legge, introduce una deroga all’art. 2740 cod. civ., che, a seguito delle più recenti normative, non può essere considerato come principio supremo ed inderogabile dell’ordinamento. Tribunale di Parma - decreto del 21 ottobre 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 73 La Legge n. 364 del 1989, ratificando la Convenzione de L’Aja, risulterebbe priva di effetti qualora si dovesse negare la trascrivibilità nei Registri Immobiliari di un atto istitutivo di trust (non rientrante nel novero degli atti trascrivibili ex art. 2643 cod. civ.), sia perché il legislatore ha inteso, con la ratifica, introdurre il trust nell’ordinamento interno, sia perché l’art. 12 del testo convenzionale prevede la possibilità di forme pubblicitarie di tale vincolo: deve, pertanto, essere cancellata la riserva alla trascrizione formulata dal Conservatore. Giudice Tutelare di Bologna - decreto del 3 dicembre 2003, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 254 I genitori di un minore, beneficiario di un legato, possono essere autorizzati dal Giudice Tutelare ad istituire un trust (atto di straordinaria amministrazione che necessita di autorizzazione giudiziale) per la gestione ed amministrazione del lascito; la segregazione dei beni dal patrimonio personale del trustee costituisce garanzia e vantaggio per gli interessi del minore. Giudice per le Indagini Preliminari di Torino - decreto del 19 gennaio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 412 Possono essere oggetto di sequestro preventivo i beni trasferiti al trustee da parte del disponente che sia parte soccombente di un lodo arbitrale e abbia istituito, in prossimità della dichiarazione di esecutività del lodo medesimo, un trust immettendovi tutti i suoi beni immobili, poiché la condotta integra gli estremi del reato previsto dall’art. 388 cod. pen.

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Giudice per le Indagini Preliminari di Grosseto - decreto del 6 febbraio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 416 Il trust è un negozio che ha una causa tipica (trasferire i beni in trust al trustee quale unico soggetto titolare dei poteri di gestione ed amministrazione dei beni, privando nel contempo il disponente degli originari poteri di godimento, disposizione e controllo) di per sé del tutto lecita e neutra rispetto alle ulteriori finalità perseguite. L’utilizzo concreto dell’istituto, tuttavia, si può prestare a finalità elusive ed illecite, quale quella di nascondere ai creditori la piena disponibilità di un bene o di un patrimonio. Conseguentemente, poiché la condotta integra gli estremi del reato previsto dall’art. 388 cod. pen., possono essere oggetto di sequestro preventivo i beni trasferiti al trustee da parte del disponente che sia parte soccombente di un lodo arbitrale e abbia istituito, in prossimità della dichiarazione di esecutività del lodo medesimo, un trust immettendovi tutti i suoi beni immobili. Tribunale del Riesame di Torino - ordinanza del 9 febbraio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 414 (conferma Giudice per le Indagini Preliminari di Torino - decreto del 19 gennaio 2004) Possono essere oggetto di sequestro preventivo i beni trasferiti al trustee da parte del disponente che sia parte soccombente di un lodo arbitrale e abbia istituito, in prossimità della dichiarazione di esecutività del lodo medesimo, un trust immettendovi tutti i suoi beni immobili, poiché la condotta integra gli estremi del reato previsto dall’art. 388 cod. pen. Tribunale Fallimentare di Roma - decreto dell’11 marzo 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 406 (ratifica Giudice Delegato del Tribunale di Roma - decreto del 4 marzo 2003) Il curatore fallimentare può essere autorizzato a costituire un trust e a trasferire al trustee i crediti fiscali maturati nel corso della procedura ed esigibili solo dopo la chiusura del fallimento, affinché, una volta riscossi i crediti, il trustee distribuisca il ricavato secondo le disposizioni del piano di riparto reso esecutivo dal Giudice Delegato. Tribunale di Torino - Sezione distaccata di Moncalieri - ordinanza dell’1-2 aprile 2004, inedita (menzionata nella sentenza emessa dal medesimo Tribunale in data 15 giugno 2009) Nell’azione promossa dai creditori del disponente per la revoca (art. 2901 cod. civ.) dell’atto dispositivo di conferimento dei beni al trustee anche i beneficiari sono litisconsorti necessari. Giudice Tutelare di Firenze - decreto dell’8 aprile 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 567 I genitori di un minore disabile possono essere autorizzati dal Giudice Tutelare a vincolare in un trust (in cui il minore è sia disponente, sia beneficiario) somme appartenenti al minore stesso per l’acquisto di immobili da amministrare nell’interesse del soggetto beneficiario. Corte d’Appello di Napoli - decreto del 27 maggio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 570 (conferma Tribunale di Napoli - decreto del 1° ottobre 2003) Il principio della tassatività della trascrizione non è travolto o modificato dal contenuto della Convenzione de L’Aja: conseguentemente, non può essere trascritto l’atto istitutivo di un trust autodichiarato, nemmeno applicando analogicamente l’art. 2647 cod. civ. dato che l’opponibilità del fondo patrimoniale non discende dalla trascrizione nei Registri Immobiliari, bensì dall’annotazione a margine dell’atto di matrimonio.

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Giudice Tutelare di Firenze - decreto del 7 luglio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 85 Il Giudice Tutelare può autorizzare il tutore dell’interdetto a prestare il consenso (richiesto dalla legge regolatrice inglese) alla modifica di clausole del trust (di cui l’interdetto è beneficiario) quando questo costituisce migliore e maggiore tutela degli interessi del soggetto tutelato. Tribunale di Trento - Sezione distaccata di Cavalese - decreto del 20 luglio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2004, pag. 574 A seguito della ratifica legislativa della Convenzione de L’Aja, l’istituto del trust ha acquisito un diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento; la stessa Legge n. 364 del 1989 ha introdotto una nuova fattispecie pubblicizzabile (art. 12 della Convenzione). Pur trattandosi di trust interno (che sorge in conseguenza della scelta, libera e legittima ex art. 6 della Convenzione, da parte del disponente di una legge regolatrice straniera anche in mancanza di elementi di estraneità della fattispecie), deve ordinarsi l’annotazione della costituzione in trust e dell’atto istitutivo di trust (il quale contiene la disciplina dalla quale deriva l’effetto segregativo) secondo la Legge Tavolare. Corte d’Appello di Milano - sentenza del 20 luglio 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 87 (conferma Tribunale di Milano - sentenza del 20 ottobre 2002) In applicazione dell’art. 41 del Trustee Act 1925, il Giudice italiano può revocare dall’incarico il trustee che non agisca diligentemente, onestamente e ragionevolmente e che ometta di tenere una corretta contabilità. Tribunale di Brescia - sentenza del 12 ottobre 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 83 Ai fini dell’art. 13 della Convenzione de L’Aja non è sufficiente rilevare la presenza di un trust interno per disapplicare la legge straniera e considerare invalido un trust, dovendosi piuttosto riscontrare, per il mancato riconoscimento del trust, un intento in frode alla legge, in mancanza, cioè, di qualsiasi ragionevole e legittima giustificazione del ricorso all’istituto. Il creditore del disponente non può aggredire, con azione esecutiva di espropriazione presso terzi, i beni che il debitore abbia trasferito al trustee di un trust (dallo stesso istituito in favore di una ONLUS) con atto avente data certa anteriore al pignoramento.

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Corte di Cassazione (Sesta Sezione Penale) - sentenza n. 48708 del 18 dicembre 2004, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 574 (conferma Tribunale del Riesame di Torino - ordinanza del 9 febbraio 2004) Nel trust, introdotto nell’ordinamento dalla Convenzione de L’Aja, ratificata con Legge 16 ottobre 1989 n. 364, il disponente pone determinati suoi beni sotto il controllo del trustee a beneficio di un terzo o per il raggiungimento di uno scopo, ma tali beni non entrano a far parte del patrimonio del trustee, rimanendone separati (formano, cioè, un patrimonio separato o di scopo); il trustee è investito del potere di amministrare, gestire e disporre del bene del settlor e può agire o essere convenuto in giudizio nella sua qualità. Si deve confermare il sequestro preventivo dei beni trasferiti al trustee anche se detti beni sono sempre soggetti alla azione revocatoria, perché ciò vale ad affermare che quei beni sono usciti dal patrimonio del debitore ed è quindi profilabile il reato di cui all’art. 388 comma 1° cod. pen. La trascrizione dell’atto di sequestro nei Registri Immobiliari è misura idonea a bloccare ulteriori passaggi dei beni devoluti al trustee o, comunque, altri atti di disposizione che possano rendere vana o maggiormente aleatoria l’azione revocatoria a causa dei diritti vantabili da terzi in buona fede. (Nel caso erano stati posti sotto sequestro preventivo i beni trasferiti al trustee da parte del disponente, il quale, parte soccombente di un lodo arbitrale, aveva istituito, in prossimità della dichiarazione di esecutività del lodo medesimo, un trust immettendovi tutti i suoi beni immobili). Tribunale di Venezia - sentenza del 4 gennaio 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 245 L’art. 13 della Convenzione de L’Aja è norma di carattere internazionale facoltativo, non direttamente utilizzabile dal Giudice (in quanto non self-executive); pertanto, gli effetti di un trust – anche se interno – non possono essere riconosciuti solo qualora esso violi l’art. 15 della Convenzione. Conseguentemente, anche se l’effetto del trust è quello di privare l’erede del disponente della quota di riserva, il legittimario deve agire per la riduzione dei trasferimenti (qualificabili come liberalità indirette) e non per l’invalidità del negozio. Non costituisce truffa la condotta del professionista che consiglia ad una cliente di istituire un trust anche se questa non è pienamente consapevole di tutti gli effetti giuridici che ne conseguono (a meno che risulti un ingiusto profitto per il professionista ed un ingiusto danno per la cliente). Non costituisce appropriazione indebita la condotta del trustee che rifiuta di restituire al disponente i beni del trust-fund, poiché il trustee è titolare del diritto di proprietà sui beni stessi. Tribunale di Milano - decreto del 23 febbraio 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 585 Può essere omologato il verbale di separazione consensuale col quale uno dei coniugi istituisca un trust autodichiarato (conferendo un immobile) in favore della figlia minorenne e per soddisfare le esigenze di mantenimento di quest’ultima.

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Tribunale di Parma - sentenza del 3 marzo 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 409 Dalla più attenta dottrina e dalla giurisprudenza di merito è stata largamente superata la tesi della contrarietà all’ordinamento italiano del trust. Può essere omologato il concordato preventivo “misto” (costituito da una cessione dei beni e dall’impegno al pagamento di una percentuale aggiuntiva rispetto al risultato della liquidazione rinveniente dalla cessione dei beni di un terzo, necessari al realizzo della percentuale concordataria) di una società in liquidazione nel quale sia prevista l’istituzione di un trust con trasferimento al trustee (il commissario giudiziale) di beni da impiegare per la soddisfazione dei creditori. L’utilizzo del trust assicura alla procedura margini di certezza maggiori (potendosi applicare gli artt. 167 e 168 Legge Fallimentare solo per la conservazione del patrimonio concordatario), consente di superare incertezze interpretative sul concordato misto e sulle sue modalità di attuazione e, soprattutto, di trascrizione, assicurando la meritevole composizione degli interessi coinvolti nella procedura concordataria. Tribunale di Velletri - ordinanza del 7 marzo 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 407 Possono essere sottoposti a sequestro conservativo i beni personali del trustee che si sia reso inadempiente alle finalità essenziali del trust, tra le quali rientra la salvaguardia dei beni in trust (anche dalle pretese o dalle aggressioni dei beneficiari). Tribunale di Trento - Sezione distaccata di Cles - decreto del 7 aprile 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 406 Secondo la Legge Tavolare, può essere ordinata l’intavolazione del diritto di proprietà trasferito al trustee e l’annotazione della costituzione del bene in trust. Tribunale di Napoli - decreto del 16 giugno 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 249 Ritenere l’atto di trust non trascrivibile in quanto non rientrante tra gli atti soggetti a trascrizione renderebbe tamquam non esset la ratifica della Convenzione de L’Aja; la Legge n. 364 del 1989 ha introdotto una nuova figura di atto soggetto a trascrizione. Tribunale di Velletri - ordinanza di reclamo del 29 giugno 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2005, pag. 577 (riforma Tribunale di Velletri - ordinanza del 7 marzo 2005) La Convenzione de L’Aja del 1985 è una convenzione di diritto internazionale privato: in tale sistema non è consentita alle parti la scelta di una legge regolatrice diversa da quella a cui tutti gli elementi della fattispecie fanno riferimento; l’art. 13 del testo convenzionale ha senso solo in riferimento a trust dotati di elementi di internazionalità, ma non per il trust interno. Deve escludersi che la Convenzione possa essere considerata fonte normativa del trust interno con valore di legge dello Stato. In forza della legge italiana (lex fori) deve essere respinta l’eccezione di nullità del trust che non presenti elementi di estraneità, il quale è valido come negozio fiduciario disciplinato dalla normativa interna. L’art. 2740 cod. civ. è espressione di un principio generale che tutela le ragioni creditorie contro gli atti fraudolenti dei debitori, ma non limita l’autonomia privata: la salvaguardia degli interessi dei creditori del disponente (fiduciante) è apprestata dall’azione revocatoria, mentre nessun affidamento possono fare sui beni del trustee (fiduciario) i creditori di quest’ultimo se edotti della destinazione dei beni in favore dei beneficiari.

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Tribunale Firenze - sentenza del 2 luglio 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 89 I trust interni sono ammissibili nell’ordinamento interno. Qualora il disponente abbia conferito nel trust i beni assegnatigli con la sentenza di divisione della comunione ereditaria prima del passaggio in giudicato della pronuncia (e quindi prima della produzione dei suoi effetti)), l’atto di dotazione è nullo e così pure l’atto istitutivo di trust, rimasto privo dell’oggetto necessario per il raggiungimento delle finalità del disponente. Giudice Tutelare di Modena - decreto dell’11 agosto 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 581 Gli amministratori di sostegno possono essere autorizzato ad istituire un trust in favore del beneficiario dell’amministrazione (al fine di accantonare quote di risparmi per fronteggiare eventuali spese future straordinarie) costituendo in trust i valori mobiliari pervenuti in eredità al disabile. Tribunale Fallimentare di Mondovì – decreto del 16 settembre 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 182 È ammissibile la procedura di concordato preventivo in cui i beni immobili della capogruppo in liquidazione sono conferiti in un trust avente natura e finalità liquidatoria. Tribunale di Trieste - decreto del 23 settembre 2005, in Guida al Diritto, 2005, n. 41, pag. 57 È superata la tesi della presunta irriconoscibilità del trust interno, che è istituto recepito dall’ordinamento giuridico italiano con la ratifica legislativa della Convenzione de L’Aja del 1985 e consente di tutelare in modo pieno e soddisfacente interessi meritevoli di tutela perseguiti dalle parti. Gli elementi costitutivi del trust devono essere apprezzati nel singolo caso concreto, rispettando il principio di autonomia negoziale e verificando se la legge regolatrice prescelta è in contrasto con l’ordinamento giuridico interno o utilizzata in frode alla legge nazionale. Sono oggetto della pubblicità immobiliare non gli atti ma gli effetti da questi prodotti: sia in forza dell’art. 12 della Convenzione (norma direttamente applicabile nell’ordinamento interno), sia per le disposizioni del sistema tavolare (R.D. 499/1929), deve disporsi l’intavolazione del diritto trasferito al trustee (di impronta proprietaria ma vincolato al perseguimento di uno scopo, temporalmente e condizionatamente limitato) con l’annotazione delle condizioni e dei termini dell’atto di trust, per rendere ostensibili i limiti imposti e la legittimazione attribuita al trustee. Tribunale di Rovereto - decreto del 28 ottobre 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 419Secondo la Legge Tavolare, può essere ordinata l’intavolazione del diritto di proprietà trasferito al trustee e l’annotazione della costituzione del bene in trust. Tribunale di Pordenone - decreto del 20 dicembre 2005, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 247 Può essere omologato il verbale di separazione consensuale nel quale i coniugi conferiscono in un trust i propri immobili. Tribunale di Trento - Sezione distaccata di Cles - decreto del 25 gennaio 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 419 Secondo la Legge Tavolare, può essere ordinata l’annotazione della costituzione del bene in trust ai sensi dell’art. 11 della Legge n. 364 del 1989 e dell’atto istitutivo.

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Giudice Tavolare di Cortina d’Ampezzo – decreto del 22 marzo 2006, in Professione & Trusts. Rivista on-line sul diritto dei trusts, 2005, nr. 5 L’art. 13 della Convenzione de L’Aja esclude dal proprio ambito di applicazione i trust “interni” che non possono essere riconosciuti. Il trust “interno” contrasta con i principi inderogabili di tassatività dei diritti reali e di responsabilità patrimoniale. Il sistema tavolare non consente l’intavolazione del trust neanche ai sensi dell’art. 2645-ter cod. civ., norma incompatibile col sistema (tenuto conto della particolare natura e finalità delle attività di intavolazione rispetto a quelle di trascrizione) applicabile solo alla costituzione di patrimoni destinati alla tutela di interessi riferibili al settore sociale nelle sue varie esplicazioni (ricerca scientifica, cura di persone disabili, tutela e promozione della cultura, dell’ambiente e simili). Giudice Tutelare di Genova - decreto del 14 marzo 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 415 L’amministratore di sostegno può essere autorizzato ad istituire un trust in favore del beneficiario dell’amministrazione; la compatibilità tra il trust e l’ordinamento italiano è confermata dalla prevalente giurisprudenza e dalla recente entrata in vigore dell’art. 2645-ter cod. civ, norma che dimostra l’ammissibilità dell’istituto se diretto a perseguire interessi meritevoli di tutela (nel caso, riferibili a persona con disabilità). Tribunale di Trieste - decreto del 7 aprile 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 417 Al Giudice Tavolare spetta un controllo di legittimità formale e sostanziale e il compito di valutare la funzione, la meritevolezza di interessi e la pertinenza dell’operazione rispetto al fine del trust. La mancata produzione dell’atto istitutivo impedisce di verificare in concreto la giustificazione del trasferimento immobiliare in favore del trustee: il negozio di dotazione è in sé un atto causalmente astratto e, come tale, nullo. Tribunale di Milano - decreto del 7 giugno 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2006, pag. 575 Può essere omologato il verbale di separazione consensuale col quale entrambi i coniugi istituiscono un trust autodichiarato e vincolano beni immobili e altri beni allo scopo di mantenere la destinazione ai bisogni della famiglia per ulteriori dieci anni, oltre la durata fisiologica del fondo patrimoniale precedentemente costituito, sino al raggiungimento dell’indipendenza economica di entrambi i figli. Tribunale Fallimentare di Prato - decreto del 12 luglio 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 58 Il curatore fallimentare può essere autorizzato a concludere una transazione con un istituto di credito rimasto soccombente in un’azione revocatoria, costituendo in trust le somme oggetto della condanna sino all’esito del giudizio di appello e prevedendo che nel frattempo i rendimenti siano attribuiti agli organi fallimentari. Tribunale di Bolzano - Sezione distaccata di Bressanone - decreto del 16 agosto 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 60 Secondo la Legge Tavolare, può essere ordinata l’intavolazione del diritto di proprietà trasferito al trustee e l’annotazione della costituzione del bene in trust.

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Tribunale di Milano - decreto del 2 novembre 2006, inedito Può essere omologato il verbale di separazione consensuale col quale entrambi i coniugi istituiscono un trust autodichiarato nel quale sono segregati gli immobili da ciascuno acquistati o ereditati al fine di mantenerne la consistenza, di trarne i frutti per tutta la durata della vita dei disponenti. Giudice Delegato del Tribunale di Saluzzo - decreto del 9 novembre 2006, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 290 Il curatore fallimentare può essere autorizzato a costituire in trust le residue attività del fallimento (crediti commerciali con scarse possibilità di recupero, crediti fiscali, quote di partecipazione in società inattive); l’operazione offre plurimi vantaggi ai creditori. Tribunale di Siena - ordinanza del 16 gennaio 2007, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 266 Il vincolo impresso col trust impedisce di sottoporre a sequestro conservativo per debiti del disponente i beni del trust-fund, sino a una sua eventuale caducazione per annullamento o revocazione. Tribunale di Reggio Emilia - decreto del 26 marzo 2007, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 419 Tutela l’interesse dei figli minori – perché destina i frutti al mantenimento e impedisce l’alienabilità dei cespiti – l’apposizione di un vincolo di destinazione ex art. 2645-ter cod. civ. sui beni immobili trasferiti dal padre alla madre in sostituzione del contributo al mantenimento della prole. Tribunale di Reggio Emilia (Ufficio Esecuzioni Immobiliari) - ordinanza del 14 maggio 2007, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 425 Risponde ad un interesse meritevole di tutela il trust che consente di proteggere temporaneamente (come nel concordato preventivo) il patrimonio del debitore che ha concluso un accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis L.F. da azioni esecutive o cautelari promosse da creditori estranei all’accordo. L’art. 2740 cod. civ. non costituisce un principio inderogabile dell’ordinamento, soprattutto dopo l’entrata in vigore dell’art. 2645-ter cod. civ. L’effetto segregativo si determina solo se il trust è stato istituito in conformità alla legge determinata dal disponente a norma dell’art. 6 della Convenzione de L’Aja; spetta al Giudice, per il principio iura novit curia, accertare la validità del trust secondo la legge regolatrice straniera. Tribunale di Milano - ordinanza del 10 luglio 2007, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2007, pag. 579 Il beneficiario ha interesse ad agire per inibire la revoca, da parte del disponente, del guardiano, atto che influisce sui modi di amministrazione dei beni vincolati e sulla persona tenuta a sorvegliare sull’operato del trustee. Poiché il disponente si priva di qualsiasi potere di amministrazione dei beni in trust e l’esercizio di un potere completamente discrezionale di revoca del guardiano costituisce un’ingerenza (indiretta) nella gestione del trust, la revoca del guardiano non è ammessa.

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Tribunale di Trieste - decreto del 19 settembre 2007, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 42 Non esiste una causa del trust immediatamente rilevante per l’ordinamento giuridico italiano; il giudizio di meritevolezza degli interessi perseguiti mediante il trust va effettuato avuto riguardo al programma negoziale voluto dalle parti; un trust discrezionale familiare tende a creare un patrimonio separato in analogia con il fondo patrimoniale, istituto non utilizzabile da conviventi more uxorio. Conseguentemente, la domanda di intavolazione deve essere accolta, non rientrando nel procedimento tavolare l’indagine su eventuali intenti frodatori dei disponenti. Al giudice tavolare spetta il potere-dovere di concedere l’iscrizione tavolare solo se non sussiste alcun giustificato dubbio sulla capacità personale delle parti di disporre dell’oggetto a cui l’iscrizione si riferisce o sulla legittimazione dell’istante: qualora il trustee volesse alienare il bene costituito in trust senza rispettare i limiti a suo carico, il giudice tavolare dovrebbe negare l’iscrizione tavolare a favore dell’alienatario. Tribunale di Genova - decreto del 1° aprile 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 392 Può essere omologato il verbale di separazione consensuale col quale entrambi i coniugi si concordano la costituzione di un trust e l’affidamento al trustee di beni mobili e immobili affinché li gestisca e ne disponga in favore della prole beneficiaria. Corte di Cassazione (Prima Sezione Civile) - sentenza n. 16022 del 13 giugno 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 522 (conferma Corte d’Appello di Milano - sentenza del 20 luglio 2004) Violazioni dell’incarico fiduciario da parte del trustee – quali la cattiva amministrazione dei beni in trust, il compimento di atti in conflitto d’interessi, l’omissione di rendiconto, il depauperamento del patrimonio destinato, la mancanza di leale collaborazione nella gestione – costituiscono presupposti sufficienti all’accoglimento della domanda di revoca del trustee per breach of trust. La revoca giudiziale dall’incarico di trustee, munus di diritto privato finalizzato alla tutela di interessi altrui, trova giustificazione nella mancanza della diligenza richiesta dalla natura fiduciaria dell’incarico, tale da risultare lesiva degli interessi che l’istituto mira a proteggere. Giudice Delegato del Tribunale di Reggio Emilia - decreto del 1° luglio 2008, commentato in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 255 Non può ammettersi allo stato passivo del fallimento il portatore e proprietario delle obbligazioni se, al momento della loro emissione, tutti i diritti derivanti dai titoli nei confronti dell’emittente e della garante erano stati istituiti in trust: il trustee è l’unico soggetto legittimato a far valere i diritti inerenti alle obbligazioni nei confronti dell’emittente e della garante e, perciò, non possono essere ammessi al passivo del fallimento della garante i singoli proprietari dei titoli Tribunale di Padova - decreto del 2 settembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 628 È evidente l’utilità di ridurre il fondo patrimoniale estromettendo da questo alcuni beni da costituire in un trust, istituto idoneo a tutelare i bisogni della famiglia anche dopo il raggiungimento della maggiore età dei figli oppure dopo la morte o la sopravvenuta incapacità dei genitori.

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Tribunale di Firenze - sentenza del 6 settembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 549 Spettano al trustee la difesa del patrimonio in relazione alle finalità del trust e la legittimazione passiva nell’azione promossa dal beneficiario contingent tesa ad ottenere l’integrale assegnazione a suo favore del trust-fund in ragione della pretesa prescrizione del credito di altro beneficiario. Tribunale Firenze - sentenza del 19 settembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 179 Qualora il disponente abbia conferito nel trust i beni assegnatigli con la sentenza di divisione della comunione ereditaria prima del passaggio in giudicato della pronuncia (e quindi prima della produzione dei suoi effetti)), l’atto di dotazione è nullo e così pure l’atto istitutivo di trust, rimasto privo dell’oggetto necessario per il raggiungimento delle finalità del disponente. Giudice Tutelare di Bologna - decreto del 23 settembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2008, pag. 631 Può essere accolta la domanda (avanzata congiuntamente dal beneficiario e dall’amministratore di sostegno) di istituire un trust, che è strumento per garantire ed assicurare che il patrimonio sia destinato a esclusivo beneficio e per soddisfare le esigenze di vita, le aspirazioni e le legittime istanze e, nel contempo, idoneo a rafforzare le autonomie del beneficiario nella gestione della sua vita quotidiana Tribunale di Crotone - decreto del 29 settembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 37 Sono inderogabili e tassative le fattispecie normative che prevedono il rito camerale per la designazione di terzi da parte dell’autorità giudiziaria: conseguentemente, non può attribuirsi all’atto istitutivo del trust (atto negoziale privatistico) il valore di fonte normativa del potere giurisdizionale di nomina del guardiano su istanza del disponente. Contrasta con principi di ordine pubblico la limitazione del potere giudiziale di designazione del guardiano tra i soli nominativi indicati dal disponente. Tribunale di Reggio Emilia - ordinanza del 6 ottobre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 35 È inammissibile la testimonianza del trustee, parte in causa, per il principio nemo testis in causa propria. È inammissibile l’interrogatorio formale del trustee, mezzo istruttorio diretto a provocare la confessione, non proponibile quando a priori non sussiste la libera disponibilità dei diritti (vincolati in trust) da parte del dichiarante. Tribunale Fallimentare di Napoli - decreto del 19 novembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 636 Può essere dichiarata aperta la procedura di concordato preventivo, la cui proposta preveda un piano mediante il quale un terzo si accolla cumulativamente ed irrevocabilmente le obbligazioni concordatarie, rendendosi cessionario di tutte le attività facenti parte del patrimonio del debitore ed a garanzia degli adempimenti assunti venga costituito un trust nel quale confluiscano tutte le attività immobiliari della società concordataria e quelle dell’assuntrice, nonché il loro realizzo; venga inoltre nominato, su designazione del tribunale, un trustee nella persona di un terzo e le funzioni di protector siano affidate al commissario giudiziale.

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Giudice Tutelare di Modena - Sezione distaccata di Sassuolo - decreto dell’11 dicembre 2008, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 177 Può essere autorizzata l’istituzione di un trust (ad opera di tutore e protutore), nel quale destinare tutto il patrimonio di una minore, per far fronte ad ogni sua esigenza personale e patrimoniale. Il Giudice Tutelare può imporre che nell’atto istitutivo sia prevista la nomina di un guardiano estraneo alla famiglia, l’obbligo, per il trustee, di presentare il rendiconto al Giudice Tutelare sino al raggiungimento della maggiore età della beneficiaria e l’attribuzione allo stesso Giudice del potere di revoca del trustee (su istanza del guardiano) o del guardiano. Tribunale di Cassino - sentenza dell’8 gennaio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 419 In un’azione revocatoria dell’atto di disposizione dei beni in trust, la legittimazione passiva spetta al trustee (che ha piena capacità processuale attiva e passiva in ordine ai beni in trust) mentre è esclusa la legittimazione dei beneficiari (che hanno soltanto un interesse al trasferimento finale dei beni secondo il programma dettato nel trust). Ferma restando la validità dell’atto istitutivo (non ritenuto “sham”), dev’essere accolta la revocatoria dell’atto di disposizione patrimoniale in favore del trustee compiuto a titolo gratuito e in pregiudizio delle ragioni dei creditori. Tribunale di Milano - Sezione distaccata di Legnano - ordinanza dell’8 gennaio 2009, in http://www.unijuris.it/files/giuris/Tribunale%20di%20Legnano%208%20gennaio%202009.pdfLa costituzione di un trust con funzione liquidatoria, nel quale siano stati conferiti tutti i beni dell’impresa ed indicati come beneficiari la massa dei suoi creditori, è idoneo a tutelare l’interesse dei creditori medesimi soprattutto ove lo scopo istitutivo del trust sia quello di “operare la liquidazione in modo più ordinato ed efficace, realizzando la conservazione del valore dell’impresa, in funzione del migliore realizzo nell’interesse dei creditori sociali e dei soci della disponente”; lo scopo del trust e l’impossibilità di confusione tra il patrimonio sociale e quello del trustee escludono il periculum in mora richiesto per autorizzare, come richiesto da un creditore, il sequestro conservativo dei beni costituiti in trust. Tribunale di Trento - Sez. distaccata di Cles . sentenza del 3 febbraio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 194 Nell’ambito di un’azione promossa da un terzo volta ad ottenere l’accertamento e la dichiarazione di nullità del trust per simulazione assoluta dello stesso, deve essere respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore del giudice di San Marino, al quale il trust rimetta la competenza esclusiva per la risoluzione delle controversie aventi ad oggetto l’istituzione, gli effetti e l’amministrazione del trust, nonché i diritti e gli obblighi di qualsiasi soggetto menzionato nell’atto istitutivo del trust stesso, atteso che detta clausola trova applicazione esclusivamente con riferimento alle controversie tra il disponente e il trustee e tra costoro e i beneficiari del trust, mentre è inopponibile ai terzi. Tribunale di L’Aquila - ordinanza dell’11 febbraio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 189 Non può essere concesso sequestro giudiziario dei beni immobili in trust in quanto il pericolo che essi possano essere alienati a terzi dal trustee può essere neutralizzato mediante la trascrizione della domanda giudiziale proposta contro il trustee.

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Tribunale Fallimentare di Roma - decreto dell’11 marzo 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 541. Il curatore fallimentare può essere autorizzato a trasferire al trustee le somme destinate ai creditori irreperibili, col compito di versare tali importi, qualora non riscossi nel successivo quinquennio, ai creditori rimasti insoddisfatti (art. 117 comma 4° L.F.). Tribunale di Torino - sentenza del 31 marzo 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 413 Può essere accolta la domanda di divorzio congiuntamente avanzata con cui i ricorrenti hanno istituito un trust destinando le quote di comproprietà dell’immobile comune a soddisfare i bisogni della famiglia, assicurando ai figli e agli stessi disponenti il medesimo tenore di vita goduto in costanza di convivenza dei genitori, sino a che i figli avranno completato il ciclo di studi e avranno raggiunto l’autonomia economica. Tribunale di Bologna - sentenza del 1° aprile 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 411 È ammessa la determinazione di assegno divorzile una tantum mediante l’attribuzione al coniuge debole della posizione irrevocabile di beneficiario del trust precedentemente istituito dall’altro coniuge. Giudice Tutelare di Rimini - decreto del 21 aprile 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 409 L’amministratore di sostegno può essere autorizzato ad istituire un trust in favore del beneficiario dell’amministrazione costituendo in trust i beni mobili e immobili pervenuti al beneficiario per successione ai genitori. Tribunale di Torino (Ufficio Esecuzioni Immobiliari) - ordinanza del 5 maggio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 92 L’esperimento vittorioso dell’azione revocatoria ordinaria consente al creditore del disponente di aggredire col pignoramento i cespiti precedentemente trasferiti al trustee, al quale comunque appartiene la titolarità dei beni. Per l’espropriazione dei beni conferiti nel trust revocato si deve impiegare la procedura contro il terzo proprietario prevista dagli artt. 602-604 cod. proc. civ. Tribunale di Bologna - decreto dell’11 maggio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 543 Può essere autorizzato il conferimento di beni ereditari in trust, unico strumento adeguato per proteggere il beneficiario di amministrazione di sostegno (e il suo patrimonio) senza ridurne ulteriormente la capacità di agire (evita l’adozione di misure ablative più gravi quali l’interdizione, che risulterebbe troppo sbilanciata a favore della tutela del patrimonio e penalizzante per la persona del beneficiario, del quale occorre considerare i bisogni e le aspirazioni). Tribunale di Crotone - decreto del 26 maggio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 650 È infondata e quindi deve essere respinta la domanda delle beneficiarie minorenni di un trust volta ad ottenere la nomina di un curatore speciale e la contestuale autorizzazione del medesimo a presentare istanza di nomina del guardiano del trust al Presidente del Tribunale, poiché la previsione dell’atto istitutivo del trust che rimetta siffatta nomina al Presidente del Tribunale viola i principi inderogabili e di ordine pubblico dell’ordinamento giuridico italiano in punto di tipicità dei provvedimenti di volontaria giurisdizione.

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Tribunale Fallimentare di Reggio Emilia - decreto del 5 giugno 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 645 (conferma Giudice Delegato del Tribunale di Reggio Emilia - decreto del 1° luglio 2008) Va respinta l’opposizione allo stato passivo promossa dai proprietari delle obbligazioni , perché il trustee assume il controllo delle posizioni giuridiche connesse alle obbligazioni, le quali restano materialmente nella disponibilità degli obbligazionisti e a beneficio degli stessi: il trustee è l’unico soggetto legittimato a far valere i diritti inerenti alle obbligazioni nei confronti dell’emittente e della garante e, perciò, non possono essere ammessi al passivo del fallimento della garante i singoli proprietari dei titoli. Tribunale di Torino - Sezione distaccata di Moncalieri - sentenza del 15 giugno 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 94 Può essere revocato ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., perché compiuto in frode ai creditori del disponente, l’atto istitutivo di trust – da qualificarsi come atto dispositivo a titolo gratuito – nella parte in cui i beni immobili sono conferiti nel trust-fund. Tribunale di Milano - ordinanza del 16 giugno 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 533. Il trust liquidatorio istituito dall’imprenditore insolvente ha l’effetto di sottrarre il disponente alle procedure concorsuali obbligatoriamente previste dalla lex fori ed è perciò incompatibile con il combinato disposto degli artt. 13 e 15 della Convenzione de L’Aja ed, essendo illecito sin dall’origine, non può in alcun modo essere riconosciuto ai sensi dell’art. 11 del testo convenzionale. Il trust liquidatorio istituito dall’imprenditore in bonis non è illegittimo ab origine ma l’effetto segregativo e l’affidamento del patrimonio aziendale al trustee impedirebbero, in caso di sopravvenuto fallimento, l’esplicarsi della procedura concorsuale: il sopraggiunto fallimento si configura perciò come causa sopravvenuta di scioglimento dell’atto istitutivo, analogamente a quelle ipotesi negoziali la cui prosecuzione è incompatibile con la dichiarazione di fallimento. Giudice Tutelare di Genova - decreto del 17 giugno 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 531 L’amministratore di sostegno può essere autorizzato ad istituire un trust in favore del beneficiario dell’amministrazione costituendo in trust i suoi beni. Tribunale di Milano - decreto del 17 luglio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 649 Il Presidente nomina il conciliatore, soggetto previsto dall’atto istitutivo di trust per tentare di dirimere le controversie prima di adire l’autorità giudiziaria. Tribunale di Milano - ordinanza del 17 luglio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2009, pag. 628 Poiché il trust liquidatorio istituito dall’imprenditore insolvente ha l’effetto di sottrarre il disponente alle procedure concorsuali obbligatoriamente previste dalla lex fori ed è perciò incompatibile con il combinato disposto degli artt. 13 e 15 della Convenzione de L’Aja (e, come tale, non può essere riconosciuto), può disporsi, su istanza del curatore fallimentare, il sequestro giudiziario del patrimonio aziendale precedentemente costituito in trust.

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Tribunale di Milano - ordinanza di reclamo del 30 luglio 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 80 (conferma Tribunale di Milano - ordinanza del 16 giugno 2009) Non è meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1325, n. 2, cod. civ., e deve pertanto essere dichiarato nullo ai sensi dell’art. 1418 cod. civ. e dell’art. 15 lett. e) della Convenzione de L’Aja del 16 ottobre 1989, n. 364, il trust liquidatorio la cui finalità concreta sia quella di segregare tutti i beni dell’impresa disponente già in stato di insolvenza ex art. 5 legge fall. – R.D. n. 267/1942 – in danno dei creditori della disponente medesima, e quindi di precludere in fatto sia la liquidazione concorsuale ed il controllo sui relativi esiti, sia il corretto riparto del ricavato - nel rispetto delle cause di prelazione, privilegi ed uguale soddisfazione dei creditori chirografari - da parte degli organi della procedura. Tribunale di Milano - ordinanza di reclamo del 22 ottobre 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 77 (conferma Tribunale di Milano - ordinanza del 17 luglio 2009) Può essere concesso – alla curatela fallimentare che intenda agire per la declaratoria di nullità di un trust istituito, sulla totalità dei beni aziendali e a favore dei creditori sociali, dalla società fallita (nel caso una s.n.c.) allorché la stessa era in liquidazione e già si trovava in uno stato di insolvenza – il sequestro giudiziario ex art. 670 c.p.c. su detti beni aziendali, dovendosi ritenere sussistenti tanto il fumus boni juris (stante la nullità di tale trust, in quanto volto a sottrarre agli organi della procedura fallimentare la liquidazione dei beni aziendali), quanto il periculum in mora (attesa la possibilità che tali beni vengano dismessi o liquidati dal trustee, anche alla luce della funzione liquidatoria del trust). Giudice Tutelare di Roma - decreto del 26 ottobre 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 180 Può essere disposta la nomina di un amministratore di sostegno in favore di un soggetto disabile affinché l’amministratore, nell’esecuzione del proprio incarico, provveda anche alla cura degli interessi dell’amministrato nella sua qualità di beneficiario di un trust, all’uopo controllando e vigilando sull’operato del trustee e consegnando al Giudice Tutelare sia l’inventario dei beni in trust sia un resoconto annuale della contabilità relativa all’amministrazione del trust che includa il rendiconto del trustee. Tribunale di Alessandria - ordinanza del 24 novembre 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 171 Deve essere respinto il ricorso per sequestro conservativo presentato dal creditore di una società nei confronti del trustee di un trust avente finalità liquidatorie, istituito al fine di segregare i beni della società debitrice per assicurare il soddisfacimento dei creditori sociali e, conseguentemente, al fine di adempiere ad una obbligazione sociale; peraltro, il trasferimento dei beni al trustee è atto a titolo oneroso e, pertanto, ai fini della concessione del sequestro dev’essere data prova del consilium fraudis da parte del terzo trustee. Ai sensi dell’art. 15 Convenzione de L’Aja, la legge applicabile al trust non può essere d’ostacolo all’applicazione delle disposizioni inderogabili della lex fori (tra le quali rientrano, per espressa previsione, le norme in materia di protezione dei creditori in caso di insolvenza), ma da ciò deriva che il trust istituito in violazione di norme inderogabili non è di per sé nullo, ma solo soggetto a quanto diversamente previsto dalla legge del foro.

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Tribunale di Reggio Emilia - ordinanza del 30 novembre 2009, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 169 L’esclusione degli obbligazionisti dallo stato passivo del fallimento della società emittente, con la contestuale ammissione del trustee del prestito obbligazionario, costituisce la miglior garanzia per la salvaguardia dei crediti vantati dai primi perché è ad essi riconosciuta la posizione di beneficiari del trust, alla quale si accompagnano pregnanti diritti: oltre al diritto di ottenere la distribuzione delle somme incassate dal trustee, la facoltà di richiedere al trustee di essere costantemente informati sulle attività svolte, di accedere ai documenti del trust e di ricevere un rendiconto. Corte d’Appello di Milano - decreto del 10 febbraio 2010, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 269. È inammissibile il reclamo avverso il decreto del Presidente del Tribunale di nomina di un conciliatore, soggetto previsto dall’atto istitutivo di trust per tentare di dirimere le controversie prima di adire l’autorità giudiziaria. Tribunale di Reggio Emilia - ordinanza del 6 marzo 2010, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 274 Il trustee che, nella propria qualità, sia parte processuale di un procedimento giudiziale, non può essere ascoltato quale testimone in sede di assunzione dei mezzi di prova per il principio nemo testis in causa propria (essendo, infatti, incompatibile la posizione di parte del processo con quella di testimone); né può rendere l’interrogatorio formale, in quanto non gode della libera disponibilità dei diritti in trust, essendo questi vincolati al conseguimento della finalità o dello scopo del trust. La successione nell’ufficio di trustee si configura ai fini processuali quale successione a titolo derivativo e particolare e non a titolo universale. Conseguentemente, qualora nel corso di un procedimento giudiziale il trustee primo nominato si dimetta e trasferisca il fondo in trust al trustee secondo nominato non si verifica alcun evento interruttivo del processo. Tribunale di Genova - decreto del 29 marzo 2010, in Trusts e Attività Fiduciarie, 2010, pag. 408 Il Presidente del Tribunale può procedere alla nomina del nuovo trustee qualora quello precedentemente nominato sia dimissionario atteso che siffatto potere gli è conferito dall’atto istitutivo del trust e che la relativa clausola è conforme alla legge regolatrice del trust e non contrasta con alcuna norma imperativa o principio di ordine pubblico dell’ordinamento giuridico italiano

Giovanni Fanticini Giudice del Tribunale di Reggio Emilia

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CONVENZIONE DE L’AJA – 1 LUGLIO 1985250

Convenzione relativa alla legge applicabile ai trust ed al loro riconoscimento (resa esecutiva in Italia con Legge 16 ottobre 1989 n. 364, entrata in vigore l’1 gennaio 1992)

Gli Stati firmatari della presente Convenzione, considerando che il trust è un istituto peculiare creato dai tribunali di equità dei paesi della Common Law, adottato da altri paesi con alcune modifiche, hanno convenuto di stabilire disposizioni comuni relative alla legge applicabile ai trust e di risolvere i problemi più importanti relativi al loro riconoscimento; hanno deciso di stipulare a tal fine una Convenzione e di adottare le seguenti disposizioni:

CAPITOLO I - Campo di applicazione Articolo 1

La presente Convenzione determina la legge applicabile ai trust e ne regola il riconoscimento. Articolo 2

Ai fini della presente Convenzione, per trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente – con atto tra vivi o mortis causa – qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato. Il trust è caratterizzato dai seguenti elementi: a. I beni in trust costituiscono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee; b. I beni in trust sono intestati al trustee o ad un altro soggetto per conto del trustee; c. Il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di

amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al trustee.

Il fatto che il disponente conservi alcuni diritti e facoltà o che il trustee abbia alcuni diritti in qualità di beneficiario non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust.

Articolo 3 La Convenzione si applica ai soli trust istituiti volontariamente e provati per iscritto.

Articolo 4 La Convenzione non si applica alle questioni preliminari relative alla validità dei testamenti o di altri atti giuridici in virtù dei quali dei beni sono trasferiti al trustee.

Articolo 5 La Convenzione non si applica qualora la legge specificata al capitolo II non preveda l’istituto del trust o la categoria di trust in questione.

CAPITOLO II - Legge applicabile Articolo 6

Il trust è regolato dalla legge scelta dal disponente. La scelta deve essere espressa oppure risultare dalle disposizioni dell’atto che istituisce il trust o ne fornisce la prova, interpretate se necessario alla luce delle circostanze del caso. Qualora la legge scelta in applicazione al precedente comma non preveda l’istituto del trust o la categoria del trust in questione, tale scelta è senza effetto e verrà applicata la legge di cui all’art. 7. 250 I testi originali della Convenzione (in inglese e in francese) e le informazioni sulla sua applicazione sono reperibili ai siti Internet http://hcch.e-vision.nl/index_en.php?act=conventions.text&cid=59 (inglese) e http://hcch.e-vision.nl/index_fr.php?act=conventions.text&cid=59 (francese).

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Articolo 7 Qualora non sia stata scelta alcuna legge, il trust sarà regolato dalla legge con la quale ha collegamenti più stretti. Per determinare la legge con la quale il trust ha collegamenti più stretti, si fa riferimento in particolare: a. al luogo di amministrazione del trust designato dal disponente; b. alla ubicazione dei beni in trust; c. alla residenza o domicilio del trustee; d. allo scopo del trust e al luogo ove esso deve essere realizzato.

Articolo 8 La legge determinata dagli articoli 6 o 7 disciplina la validità, l’interpretazione, gli effetti e l’amministrazione del trust. In particolare tale legge disciplina: a. la nomina, le dimissioni e la revoca dei trustee, la capacità di esercitare l’ufficio di trustee e la

trasmissione delle funzioni di trustee; b. i diritti e obblighi tra gli stessi trustee; c. il diritto del trustee di delegare in tutto o in parte l’adempimento dei suoi obblighi o l’esercizio

dei suoi poteri; d. il potere del trustee di amministrare e di disporre dei beni in trust, di darli in garanzia e di

acquisire nuovi beni; e. il potere del trustee di effettuare investimenti; f. i limiti relativi alla durata del trust e i poteri di accantonare il reddito del trust; g. i rapporti tra trustee e beneficiari, compresa la responsabilità personale del trustee nei confronti

di questi ultimi; h. la modifica o la cessazione del trust; i. la distribuzione dei beni in trust; j. l’obbligo del trustee di rendere conto della sua gestione.

Articolo 9 In applicazione del presente capitolo aspetti del trust suscettibili di essere regolati a parte, quali quelli relativi alla sua amministrazione, possono essere disciplinati da una legge diversa.

Articolo 10 La legge applicabile alla validità del trust disciplina la possibilità di sostituire detta legge o la legge applicabile ad un elemento del trust idoneo ad essere regolato a parte da una legge diversa.

CAPITOLO III - Riconoscimento Articolo 11

Un trust istituito in conformità alla legge determinata in base al capitolo precedente sarà riconosciuto come trust. Tale riconoscimento implica, quanto meno, che i beni in trust rimangano distinti dal patrimonio personale del trustee, che il trustee abbia la capacità di agire ed essere convenuto in giudizio, di comparire, in qualità di trustee, davanti a notai o altre persone che rappresentino un’autorità pubblica. Nella misura in cui la legge applicabile lo richieda o lo preveda, tale riconoscimento implica in particolare: a. che i creditori personali del trustee non possano rivalersi sui beni in trust;

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b. che i beni in trust siano segregati rispetto al patrimonio del trustee in caso di insolvenza di quest’ultimo o di suo fallimento;

c. che i beni in trust non rientrano nel regime matrimoniale o nella successione del trustee; d. che la rivendicazione dei beni in trust sia permessa nella misura in cui il trustee, violando le

obbligazioni risultanti dal trust, abbia confuso i beni in trust con i propri o ne abbia disposto. Tuttavia, i diritti ed obblighi di un terzo possessore dei beni sono disciplinati dalla legge applicabile in base alle norme di conflitto del foro.

Articolo 12 Il trustee che desidera registrare beni mobili o immobili o i titoli relativi a tali beni, sarà abilitato a richiedere l’iscrizione nella sua qualità di trustee o in qualsiasi altro modo che riveli l’esistenza del trust, a meno che ciò sia vietato dalla legge dello Stato nella quale la registrazione deve aver luogo ovvero incompatibile con essa.

Articolo 13 Nessuno Stato è tenuto a riconoscere un trust i cui elementi significativi, ad eccezione della scelta della legge applicabile, del luogo di amministrazione o della residenza abituale del trustee, siano collegati più strettamente alla legge di Stati che non riconoscono l’istituto del trust o la categoria del trust in questione.

Articolo 14 La Convenzione non costituisce ostacolo all’applicazione di norme di legge maggiormente favorevoli al riconoscimento del trust.

CAPITOLO IV - Disposizioni generali Articolo 15

La Convenzione non costituisce ostacolo all’applicazione delle disposizioni della legge designata dalle norme del foro sul conflitto di leggi quando con un atto volontario non si possa derogare ad esse, in particolare nelle seguenti materie: a. protezione dei minori e degli incapaci; b. effetti personali e patrimoniali del matrimonio; c. testamenti e devoluzione ereditaria, in particolare la successione necessaria; d. trasferimento della proprietà e le garanzie reali; e. protezione dei creditori in caso di insolvenza; f. protezione dei terzi in buona fede. Qualora le disposizioni del precedente paragrafo siano di ostacolo al riconoscimento del trust, il giudice cercherà di attuare gli scopi del trust in altro modo.

Articolo 16 La Convenzione non pregiudica l’applicazione di quelle norme della legge del foro la cui applicazione si impone anche alle situazioni internazionali qualunque sia la legge designata dalle norme di conflitto. In via eccezionale si può attribuire efficacia alle norme di un altro Stato il quale presenti un collegamento sufficientemente stretto con l’oggetto della controversia. Ogni Stato contraente potrà dichiarare, con riserva, di non voler applicare la disposizione del secondo comma del presente articolo.

Articolo 17 Ai sensi della Convenzione, il termine “legge” indica le norme di legge in vigore in uno Stato ad esclusione delle norme sui conflitti di legge.

Articolo 18

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Le disposizioni della Convenzione possono essere disattese qualora la loro applicazione sia manifestamente contraria all’ordine pubblico.

Articolo 19 La Convenzione non deroga alla competenza degli Stati in materia fiscale.

Articolo 20 Ogni Stato contraente può in ogni momento dichiarare che le disposizioni della Convenzione saranno estese ai trust dichiarati da provvedimenti giudiziali. Tale dichiarazione dovrà essere notificata al Ministero degli Affari Esteri del Regno dei Paesi Bassi ed entrerà in vigore dal giorno del ricevimento di tale notificazione. L’articolo 31 è applicabile per analogia al ritiro di tale dichiarazione.

Articolo 21 Ogni Stato contraente potrà riservarsi il diritto di applicare le disposizioni del capitolo III ai soli trust la cui validità sia disciplinata dalla legge di uno Stato contraente.

Articolo 22 La Convenzione si applica ai trust a prescindere dalla loro data di istituzione. Tuttavia, uno Stato contraente potrà riservarsi il diritto di non applicare la Convenzione ad un trust istituito anteriormente all’entrata in vigore della Convenzione per tale Stato.

Articolo 23 Ai fini dell’individuazione della legge applicabile ai sensi della Convenzione, qualora uno Stato comprenda più unità territoriali, ciascuna con proprie norme sul trust, ogni riferimento alla legge di tale Stato sarà considerato relativo alla legge in vigore nell’unità territoriale stessa.

Articolo 24 Uno Stato all’interno del quale diverse unità territoriali hanno proprie norme di legge in materia di trust non è tenuto ad applicare la Convenzione ai conflitti di legge che riguardino unicamente queste unità territoriali.

Articolo 25 La Convenzione non deroga a strumenti internazionali di cui uno Stato contraente è o sarà parte e che contengono disposizioni sulle materie disciplinate dalla presente Convenzione.

CAPITOLO V - Clausole finali Articolo 26

Ogni Stato, al momento della firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione o al momento della dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 29 potrà esprimere le riserve previste agli articoli 16, 21, e 22. Nessun’altra riserva sarà ammessa. Ogni Stato contraente potrà, in ogni momento, ritirare la riserva espressa; l’effetto di tale riserva cesserà il primo giorno del terzo mese seguente la notificazione del ritiro.

Articolo 27 La Convenzione è aperta all’adesione di tutti gli Stati membri della Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato al momento della sua quindicesima sessione. La Convenzione sarà ratificata, accettata, o approvata e gli strumenti per la ratifica, l’accettazione o approvazione saranno depositati presso il Ministero degli Affari Esteri del Regno dei Paesi Bassi.

Articolo 28 Ogni altro Stato potrà aderire alla Convenzione dopo la sua entrata in vigore in virtù dell’articolo 30 comma 1.

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Lo strumento di adesione sarà depositato presso il Ministero degli Affari Esteri del Regno dei Paesi Bassi. L’adesione avrà effetto solo per quanto riguarda i rapporti tra lo Stato aderente e gli Stati contraenti che non avranno sollevato obiezioni alla succitata adesione nei dodici mesi successivi alla ricezione della notificazione di cui all’articolo 32. Una tale obiezione potrà essere ugualmente sollevata da parte di qualsiasi Stato membro al momento della ratifica, accettazione, o approvazione della Convenzione, successiva all’adesione. Queste obiezioni saranno notificate al Ministero degli Affari Esteri del Regno dei Paesi Bassi.

Articolo 29 Uno Stato che comprende due o più unità territoriali nelle quali vengono applicate differenti norme giuridiche potrà, al momento della firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione, dichiarare che la presente Convenzione si applicherà a tutte le sue unità territoriali o solamente ad una o più di queste, e potrà in ogni momento modificare detta dichiarazione formulando una nuova dichiarazione. Tali dichiarazioni saranno notificate al Ministero degli Affari Esteri del Regno dei Paesi Bassi e indicheranno espressamente le unità territoriali alle quali la Convenzione si applica. Se uno Stato non emette dichiarazioni ai sensi di quest’articolo, la Convenzione si applica a tutte le unità territoriali di detto Stato.

Articolo 30 La Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del terzo mese seguente il deposito del terzo strumento di ratifica, accettazione o approvazione previsto dall’articolo 27. In seguito, la Convenzione entrerà in vigore: a. per ogni Stato che la ratifichi, l’accetti o l’approvi successivamente, il primo giorno del terzo

mese seguente il deposito del suo strumento di ratifica, accettazione o approvazione. b. per ogni Stato aderente, il primo giorno del terzo mese seguente la scadenza del termine di cui

all’articolo 28. c. per le unità territoriali alle quali la Convenzione è stata estesa in conformità all’articolo 29, il

primo giorno del terzo mese seguente la notificazione di cui al detto articolo. Articolo 31

Ogni Stato contraente potrà denunciare la presente Convenzione mediante notificazione formale per iscritto indirizzata al Ministero degli Affari Esteri del Regno dei Paesi Bassi, depositario della Convenzione. La denuncia produrrà effetto il primo giorno del mese successivo alla scadenza del periodo di sei mesi dalla data di ricevimento della notificazione da parte del depositario o alla diversa data successiva specificata nella notificazione.

Articolo 32 Il Ministero degli Affari Esteri del Regno dei Paesi Bassi notificherà agli Stati membri della Conferenza, nonché agli Stati che vi avranno aderito, in conformità alle disposizioni dell’art.28: a. le firme e le ratifiche, le accettazioni e le approvazioni di cui all’articolo 27; b. la data alla quale la Convenzione entrerà in vigore in conformità alle disposizioni dell’articolo

30; c. le adesioni e le obiezioni alle adesioni di cui all’articolo 28; d. le estensioni di cui all’articolo 29; e. le dichiarazioni di cui all’articolo 20; f. le riserve o i diritti di riserva di cui all’articolo 26; g. le denunce di cui all’articolo 31.