Persone & Conoscenze N° 61 luglio-agosto2010

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PERSONE&CONOSCENZE N.61 30 La flessibilità organizzativa: lusso o necessità? di Roberto Sorrenti* L’ultimo Congresso Nazionale AIDP ha offerto l’occasione di interrogarsi sui trend di sviluppo organizzativo e sul contributo che la direzione del personale può proporre per interpretarli e sostenerli. Il focus è stato quello dell’impresa estesa, che amplia il concetto di impresa a rete da tempo considerato il modello di sviluppo cui le orga- nizzazioni stanno traguardando. L’impresa ‘estesa’ ne amplia la sfera d’influenza: da un lato amplifica gli impatti sociali della rete, dall’altro ristruttura il modo di fare business in una dimensione globale sempre più interconnes- sa. Il modello Enterprise 2.0 è se vogliamo già impresa estesa, nella misura in cui i processi organizzativi vengono ampliati alle relazioni e reti sociali di quanti la compongono (community interne, professional social network, blog aziendali, ecc.) e di quanti ad essa si connettono. Le nuove tecnologie sociali, quali quelle offerte da Linkedin, Facebook, Twitter, dai blog, aprono le porte alla condivisione sia del processo di apprendimento, sia del prodotto finale. Le conoscenze, le capacità creative e di innovazione schiudono così la relazione con un numero sempre più ampio di stakeholders, che comprendono ora i clienti, considerati prosumer proprio perché partecipano in una certa misura alla definizione del prodotto servizio, i partner di fornitura, fino a includere gli stessi concorrenti coi quali ci si confronta in una logica di coopetition. Spesso questa tendenza organizzativa si scontra ancora con una cultura aziendale gerarchica, che si pone agli anti- podi di quanto vediamo ogni giorno nella rete. Un approccio 2.0 è solo il punto di partenza, rispetto a un cammino di avvicinamento e di cambiamento culturale. Nello scenario di estensione dell’essere impresa entrano poi in gioco soggetti fino a oggi considerati ad essa estranei: in primis la famiglia e la community dei collaboratori , destinati ora a incidere sulla motivazione e la performance dell’ impresa. In questa direzione è di grande interesse il contributo offerto al Congresso da Nuria Chinchilla –Direttore dell’In- ternational Center for work and Family dello IESE Business School di Barcellona– che ha evidenziato come la con- ciliazione tra lavoro, famiglia e vita personale possa dare nuove capacità proprio all’impresa estesa. La sua tesi, suf- fragata da oltre 10 anni di ricerche internazionali (la ricerca IFREI –International Family Responsible Employer Index– ha coinvolto a oggi oltre 4200 organizzazioni di 19 Paesi del mondo e consulenze organizzative in diverse imprese multinazionali) è tutta nella dimostrazione che la conciliazione non rappresenta affatto un costo per l’im- presa, ma un investimento in ter- mini di salute, motivazione e coinvolgimento, produttività, ritenzione dei talenti, brand in- terno ed esterno. L’altra faccia della medaglia sono gli alti costi in termini di turnover indeside- rato, assenteismo visibile e non stress e conflitti sul lavoro, qua- lità dei risultati e dell’ambiente, produttività procapite, innescati dalla mancanza di politiche di conciliazione vita-lavoro. L’Italia ha un lungo cammino da affrontare: i dati dell’IFREI italiano mostrano l’arretratezza culturale sul tema, solo il 21% delle 216 imprese coinvolte adotta politiche di conciliazio- ne/flessibilizzazione contro il 39% della media europea. *Roberto Sorrenti – Gruppo Aidp Lazio - Responsabile Sviluppo & Innovazione Consorzio ELIS www.workandfamily.info UNO SPAZIO PER CONDIVIDERE A proposito di management e impresa si è parlato spesso di ‘confini’, evidenziando come il manager di confine operi in bilico tra il dentro e il fuori, l’individuo e l’organizzazione, il business e il territorio, l’azienda e l’altro, realizzando un difficile equilibrio che è vitale per il successo dell’impresa. Il manager di confine opera in trincea, in periferia, nell’ombra, nel quotidiano, ovunque si giocano le relazioni. Non sono suoi i riflettori e i primi posti nelle convention aziendali. Nell’impresa ‘estesa’ i confini si perdono, si perde la linea che demarca l’interno dall’esterno. Avviene così che l’uomo di confine non si trovi più su di una linea ma in una delle innumerevoli e volatili connessioni della rete-impresa. Come le variabili ‘interno\esterno’ evaporano, così si rafforzano le connessioni tra persone più che tra funzioni. La connessione chiave per il me- tabolismo dei nuovi organismi organizzativi (la comune radice delle due parole non è casuale) può diventare proprio quella tra lavoro e vita: quella che l’impresa fordista ha esorcizzato e l’impresa gerarchica non recepisce. Questo spazio è per condividere: esperienze, storie, iniziative, strumenti per sostenere le no- stre pratiche di “Professionisti di Risorse Umane”. Scrivi a: [email protected]

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La flessibilità organizzativa: lusso o necessità?Articolo pubblicato sulla rivista "Persone & Conoscenze" N° 61 luglio-agosto2010

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PERSONE&CONOSCENZE N.6130

La flessibilità organizzativa: lusso o necessità?di Roberto Sorrenti*

L’ultimo Congresso Nazionale AIDP ha offerto l’occasione di interrogarsi sui trend di sviluppo organizzativo e sul contributo che la direzione del personale può proporre per interpretarli e sostenerli. Il focus è stato quello dell’impresa estesa, che amplia il concetto di impresa a rete da tempo considerato il modello di sviluppo cui le orga-nizzazioni stanno traguardando. L’impresa ‘estesa’ ne amplia la sfera d’influenza: da un lato amplifica gli impatti sociali della rete, dall’altro ristruttura il modo di fare business in una dimensione globale sempre più interconnes-sa. Il modello Enterprise 2.0 è se vogliamo già impresa estesa, nella misura in cui i processi organizzativi vengono ampliati alle relazioni e reti sociali di quanti la compongono (community interne, professional social network, blog aziendali, ecc.) e di quanti ad essa si connettono. Le nuove tecnologie sociali, quali quelle offerte da Linkedin, Facebook, Twitter, dai blog, aprono le porte alla condivisione sia del processo di apprendimento, sia del prodotto finale. Le conoscenze, le capacità creative e di innovazione schiudono così la relazione con un numero sempre più ampio di stakeholders, che comprendono ora i clienti, considerati prosumer proprio perché partecipano in una certa misura alla definizione del prodotto servizio, i partner di fornitura, fino a includere gli stessi concorrenti coi quali ci si confronta in una logica di coopetition. Spesso questa tendenza organizzativa si scontra ancora con una cultura aziendale gerarchica, che si pone agli anti-podi di quanto vediamo ogni giorno nella rete. Un approccio 2.0 è solo il punto di partenza, rispetto a un cammino di avvicinamento e di cambiamento culturale. Nello scenario di estensione dell’essere impresa entrano poi in gioco soggetti fino a oggi considerati ad essa estranei: in primis la famiglia e la community dei collaboratori , destinati ora a incidere sulla motivazione e la performance dell’ impresa. In questa direzione è di grande interesse il contributo offerto al Congresso da Nuria Chinchilla –Direttore dell’In-ternational Center for work and Family dello IESE Business School di Barcellona– che ha evidenziato come la con-ciliazione tra lavoro, famiglia e vita personale possa dare nuove capacità proprio all’impresa estesa. La sua tesi, suf-fragata da oltre 10 anni di ricerche internazionali (la ricerca IFREI –International Family Responsible Employer Index– ha coinvolto a oggi oltre 4200 organizzazioni di 19 Paesi del mondo e consulenze organizzative in diverse imprese multinazionali) è tutta nella dimostrazione che la conciliazione non rappresenta affatto un costo per l’im-

presa, ma un investimento in ter-mini di salute, motivazione e coinvolgimento, produttività, ritenzione dei talenti, brand in-terno ed esterno. L’altra faccia della medaglia sono gli alti costi in termini di turnover indeside-rato, assenteismo visibile e non stress e conflitti sul lavoro, qua-lità dei risultati e dell’ambiente, produttività procapite, innescati dalla mancanza di politiche di conciliazione vita-lavoro. L’Italia ha un lungo cammino da affrontare: i dati dell’IFREI italiano mostrano l’arretratezza culturale sul tema, solo il 21% delle 216 imprese coinvolte adotta politiche di conciliazio-ne/flessibilizzazione contro il 39% della media europea.

*Roberto Sorrenti – Gruppo Aidp Lazio - Responsabile Sviluppo & Innovazione Consorzio ELISwww.workandfamily.info

UNO SPAZIO PER CONDIVIDEREA proposito di management e impresa si è parlato spesso di ‘confini’, evidenziando come il manager di confine operi in bilico tra il dentro e il fuori, l’individuo e l’organizzazione, il business e il territorio, l’azienda e l’altro, realizzando un difficile equilibrio che è vitale per il successo dell’impresa. Il manager di confine opera in trincea, in periferia, nell’ombra, nel quotidiano, ovunque si giocano le relazioni. Non sono suoi i riflettori e i primi posti nelle convention aziendali.Nell’impresa ‘estesa’ i confini si perdono, si perde la linea che demarca l’interno dall’esterno. Avviene così che l’uomo di confine non si trovi più su di una linea ma in una delle innumerevoli e volatili connessioni della rete-impresa. Come le variabili ‘interno\esterno’ evaporano, così si rafforzano le connessioni tra persone più che tra funzioni. La connessione chiave per il me-tabolismo dei nuovi organismi organizzativi (la comune radice delle due parole non è casuale) può diventare proprio quella tra lavoro e vita: quella che l’impresa fordista ha esorcizzato e l’impresa gerarchica non recepisce.

Questo spazio è per condividere: esperienze, storie, iniziative, strumenti per sostenere le no-stre pratiche di “Professionisti di Risorse Umane”. Scrivi a: [email protected]