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Sanitanova Srl – Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA Edizione 2013 – Modulo 1 1 Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA – Edizione 2013 Modulo 1 - Personalizzazione della terapia in PMA Dr.ssa Laura Benaglia Specialista in Ginecologia e Ostetricia, Fondazione Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, U.O. Sterilità di Coppia, Milano Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento standard n. 12 del 7/2/2013) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM. Data inizio svolgimento: 10/03/2013; ID evento: 12-52675 Obiettivi formativi Al termine del modulo didattico, il discente dovrebbe essere in grado di: comprendere razionale e strategie di induzione follicolare multipla nella PMA; conoscere i parametri di scelta di una corretta terapia; valutare la personalizzazione della terapia in funzione del singolo caso.

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Fertilità a 360°? Spunti e nuove riflessioni sulla PMA – Edizione

2013

Modulo 1 - Personalizzazione della terapia in PMA

Dr.ssa Laura Benaglia Specialista in Ginecologia e Ostetricia, Fondazione Ca’ Granda, Ospedale

Maggiore Policlinico, U.O. Sterilità di Coppia, Milano

Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento standard n. 12 del

7/2/2013) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni.

Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa

attività ECM.

Data inizio svolgimento: 10/03/2013; ID evento: 12-52675

Obiettivi formativi

Al termine del modulo didattico, il discente dovrebbe essere in grado di:

comprendere razionale e strategie di induzione follicolare multipla nella PMA;

conoscere i parametri di scelta di una corretta terapia;

valutare la personalizzazione della terapia in funzione del singolo caso.

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Razionale e strategie di induzione follicolare multipla nella

PMA

Nel 1978 venne eseguita la prima Fecondazione In Vitro (FIVET) prelevando un ovocita su ciclo

spontaneo. Già pochi anni dopo si confermò che i tassi di gravidanza erano maggiori con l’utilizzo

di gonadotropine che inducevano una ovulazione multipla e quindi permettevano il trasferimento

di un maggior numero di embrioni1.

Da allora, la stimolazione ormonale con induzione della crescita follicolare multipla è diventata

fondamentale nel percorso di FIVET. Lo scopo dei diversi protocolli di stimolazione è quello di

portare a maturazione un aumentato numero di follicoli per ottenere un maggior numero di oociti

maturi dai quali sia possibile ottenere embrioni di buona qualità.

In fisiologia, ci sono tre fasi nel ciclo ovarico: reclutamento, selezione e dominanza. La caduta dei

livelli di estrogeni e progesterone con la regressione del corpo luteo provoca un aumentato rilascio

pulsatile del GnRH a livello ipotalamico. La pulsatilità del GnRH induce un incremento delle

concentrazioni di FSH. Tali concentrazioni raggiungono un valore soglia sopra il quale avviene il

reclutamento dei follicoli antrali. I follicoli reclutati hanno un diametro compreso tra 2 e 5 mm.

Successivamente, nel pool di follicoli reclutati, attraverso un fine meccanismo di regolazione

ormonale tra FSH, LH, inibina ed estrogeni, avviene la selezione di un follicolo dominante, il quale

procede fino a maturazione inducendo in atresia i rimanenti follicoli reclutati. Il follicolo

dominante esprime i recettori per l’LH necessari per compiere la sua maturazione (vedi Figura 1).

Figura 1: Reclutamento, selezione e dominanza follicolare nel ciclo ovarico

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Esistono altri fattori intraovarici oltre all’FSH e all’LH che regolano il ciclo ovarico. Tra questi

l’Insuline-like Grow Factor (IGF) svolge un ruolo primario: l’IGF-1 stimola la proliferazione delle

cellule della granulosa e la produzione di 17-OH-progesterone e androgeni a livello delle cellule

della teca in associazione con l’LH e l’IGF-2. L’IGF viene regolato dall’ormone della crescita (GH)

che ne stimola la produzione a livello ovarico e a livello epatico2. Altri fattori coinvolti nella

regolazione ovarica sono l’Epidermal Growth Factor (EGF) e il TGF-alfa che stimolano la

proliferazione delle cellule della granulosa.

Infine, l’activina stimola la proliferazione delle cellule della granulosa e l’inibina aumenta la sintesi

di androgeni LH nelle cellule tecali3.

Sulla base della fisiologia ovarica si può comprendere il razionale della stimolazione ovarica

utilizzata nella Procreazione Medicalmente Assistita (PMA): la somministrazione prolungata di

gonadotropine esogene conduce al persistente innalzamento dei valori di FSH al di sopra del

valore soglia. Tale meccanismo impedisce la selezione e dominanza di un singolo follicolo ma

induce lo sviluppo sincrono di tutti i follicoli reclutati, che normalmente andrebbero in atresia, fino

allo stadio di maturità (vedi Figura 2)

Figura 2. Al valore soglia dell’FSH normalmente il follicolo dominante secerne estrogeni e inibina B

in quantità più elevate e questi ormoni, per un meccanismo di feedback, riducono la secrezione di

FSH. Contemporaneamente, il follicolo dominante diviene più sensibile alla stimolazione FSH

nonché acquisisce la sensibilità all’LH. Di fatto, quindi, il follicolo dominante mantiene la capacità

di crescere sotto la stimolazione della gonadotropine nonostante la riduzione di FSH mentre tutti i

follicoli subordinati della corte interrompono la loro crescita perché non adeguatamente sostenuti

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dall’FSH e vanno in atresia. Con la stimolazione ormonale, invece, i valori di FSH rimangono

persistentemente sopra la soglia, questo meccanismo di regolazione della selezione viene alterato

e i follicoli della coorte continuano a crescere (freccia rossa)

Strategie di induzione follicolare multipla nella PMA

Sulla base del ciclo fisiologico sono stati sviluppati diversi schemi di stimolazione ovarica. I

principali sono i seguenti (vedi Figura 3):

1. Protocollo lungo con GnRH agonisti (long protocol)

2. Protocollo corto con GnRH agonisti (flare up protocol)

3. Protocollo con GnRH antagonisti

In casi selezionati esiste una quarto schema di stimolazione con l’utilizzo di farmaci antiestrogeni

(come discusso in seguito).

Prevenire i meccanismi che portano all’ovulazione spontanea è un punto importante da tenere in

considerazione quando si programma una stimolazione ovarica. Vi è quindi la necessità di

prevenire il picco prematuro di LH per impedire l’ovulazione spontanea. Il controllo della

secrezione ipofisaria è dato dal rilascio ipotalamico di GnRH, un decapeptide a catena singola, che

è prodotto e liberato a livello del nucleo arcuato e dell’area pre-ottica dell’ipotalamo e che si lega

a recettori specifici nell’ipofisi anteriore. È dotato di emivita breve ed è rapidamente inattivato.

Tramite modificazioni aminoacidiche nei punti di rottura del peptide sono stati creati analoghi del

GnRH (GnRHa) con emivita maggiore e più alta affinità recettoriale. La somministrazione

prolungata dei GnRHa consente di ottenere la soppressione ipofisaria. I GnRHa disponibili sono

molteplici in base alle modalità di somministrazione che possono essere: per via nasale o

sottocutanea/intramuscolare, con somministrazione quotidiana o mensile (preparati depot).

Protocollo lungo

Nel protocollo lungo la somministrazione del GnRHa è iniziata nella fase medio-luteale del ciclo

precedente; si ottiene la desensibilizzazione ipofisaria dopo circa 14-21 giorni, dopo di che si inizia

la somministrazione di gonadotropine.

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Protocollo breve

Nel protocollo breve e ultra-breve, la somministrazione è iniziata il primo giorno del ciclo per

sfruttare l’effetto flare up, vale a dire la liberazione massiva di gonadotropine endogene che si

verifica con la somministrazione di GNRHa, prima che s’instauri il blocco ipofisario. In questo

protocollo la somministrazione di gonadotropine è iniziata alcuni giorni dopo il GNRHa.

Protocollo con GnRH antagonista

Negli ultimi anni è stata sviluppata una nuova classe di farmaci in grado di determinare il blocco

ipofisario in un tempo molto più breve: gli antagonisti del GnRH. Gli antagonisti inducono una

rapida riduzione dei livelli di LH e FSH agendo con un meccanismo di inibizione competitiva del

recettore ipofisario per il GnRH, bloccando completamente l’ipofisi in poche ore. Essi sono

pertanto in grado di prevenire e interrompere il picco di LH senza richiedere un intervallo di

desensibilizzazione, per cui possono essere usati in fase follicolare. Il protocollo consiste

nell’introduzione delle gonadotropine dal secondo o terzo giorno del ciclo e nell’introduzione del

GnRH antagonista con follicolo di dimensioni ≥ 13 mm (schema flexibole). Esistono inoltre

protocolli che introducono l’ antagonista con schema fisso in 7-8 giornata del ciclo. Entrambi

dall’analisi della letteratura paiono avere eguale efficacia in termini di PR. L’introduzione nella

pratica clinica dei GnRH-antagonisti ha portato a una riduzione del periodo di trattamento, del

numero di fiale di gonadotropine utilizzate e dell’incidenza della sindrome di iperstimolazione

ovarica. Queste caratteristiche sono state convalidate da una review di studi clinici randomizzati4.

Non vi erano differenze statisticamente significative riguardo la prevenzione del picco dell’LH (vedi

Figura 3).

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Figura 3: I principali tre schemi di stimolazione con gonadotropine

Clomifene citrato

I farmaci anti-estrogeni agiscono a livello ipofisario in modo competitivo sui recettori per gli

estrogeni bloccandoli e inducendo una produzione endogena di FSH da parte dell’ipofisi stessa con

un conseguente sviluppo ovarico mono o pluri-follicolare. Negli anni ’80 il clomifene citrato veniva

utilizzato per protocolli di induzione follicolare multipla. Tuttavia, le discrete percentuali di

successo riportate in diversi centri erano controbilanciate da un elevato tasso di sospensione del

ciclo per picchi prematuri di LH (25-30%)5 e da un più elevato tasso di abortività spontanea. I tassi

di gravidanza riportati con il clomifene citrato sono tra il 6 e il 20%, quindi inferiori ai protocolli con

gonadotropine e anche i tassi cumulativi di gravidanza sono significativamente inferiori rispetto ai

cicli con gonadotropine6.

Classificazione delle pazienti in funzione della risposta clinica

La scelta della dose e dello schema terapeutico più adeguati si basa su alcune caratteristiche delle

pazienti. In letteratura, infatti, numerosi Autori hanno tentato di identificare fattori che

rispecchiassero la funzionalità ovarica, cioè la capacità dell’ovaio di avere attività spontaneamente

o in seguito a stimolazione ormonale. La riserva ovarica è da considerarsi lo specchio della capacità

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dell’ovaio di rispondere alla stimolazione ovarica in un determinato periodo della vita. Infatti, la

riserva ovarica è tempo dipendente, tale per cui la riserva ovarica fisiologica di una ragazza di 16

anni non è uguale alla riserva ovarica di una donna di 41 anni. Con lo scopo di determinare la

riserva ovarica di ogni donna, in modo individualizzato, sono stati studiati e identificati alcuni

marker, plasmatici o ecografici.

Sono quindi stati definiti alcuni criteri predittivi di risposta ovarica per cui possiamo classificare le

pazienti in: Normo-responder, Poor-responder e Hyper-responder. La prima categoria include le

cosiddette pazienti standard, con una risposta ovarica e un recupero ovocitario nella media a dosi

standard; le pazienti poor-responder sono donne che hanno una scarsa risposta ovarica a dosi

standard e le pazienti hyper-responder sono donne che rispondono eccessivamente a una

stimolazione standard.

La conoscenza della riserva ovarica da un lato ci permetterà di fornire un counseling adeguato alla

paziente, informandola preventivamente del livello di probabilità di successo o di fallimento del

ciclo; dall’altro, e soprattutto, ci permetterà di stabilire il tipo di protocollo di stimolazione e il

dosaggio di farmaci adatto a quel singolo caso e ci permetterà quindi di ‘personalizzare’ la terapia.

Per riconoscere e classificare le pazienti sono necessari dei criteri diagnostici che sono ecografici e

plasmatici. Nei capitoli successivi si spiegherà nel dettaglio quali sono i parametri per la corretta

individualizzazione della terapia e i diversi schemi di stimolazione.

Parole chiave: protocollo lungo, protocollo con GnRH antagonista, protocollo corto “flare up”

Parametri di risposta alla stimolazione ovarica: test di riserva

ovarica

FSH plasmatico in 3° giornata del ciclo

Il primo marker di riserva ovarica proposto in letteratura è stata la misurazione sierica di FSH in

fase follicolare precoce (2-3° gg del ciclo). I livelli basali di FSH sono buoni marcatori di risposta

ovarica alla stimolazione. Minori valori di FSH plasmatico correlavano con un maggior numero di

ovociti recuperati7.

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Ancora oggi manca una spiegazione fisiopatologica definitiva del fenomeno clinico-biologico

osservato: tuttavia si suppone che, con la riduzione della riserva ovarica, si avrebbe la riduzione

del freno inibitorio ovarico sull’ipofisi con un conseguente innalzamento dell’FSH ipofisario.

Sono passati più di 20 anni da questa prima segnalazione e, con il tempo, sono cambiati anche i

metodi di dosaggio, per cui si è valutato che i 15 UI/l dei primi kit di analisi corrispondono a 9,5

UI/l degli attuali sistemi EIA (Enzyme Immuno Assay, dosaggio immunoenzimativo). Esistono due

studi, uno di revisione sistematica della letteratura e l’altro una meta-analisi, che hanno valutato il

valore predittivo dell’FSH.

Nella revisione della letteratura di Buckman e coll.7 gli autori concludono che l’FSH sierico basale è

un buon marcatore della riserva ovarica ma che non ha alcun potere predittivo sulla probabilità di

una gravidanza in una popolazione generale; inoltre i problemi di accuratezza nella

determinazione sono tali per cui ciascun centro dovrebbe validare i propri parametri di

riferimento. Nella meta-analisi di Bancsi e coll.8 gli autori analizzano i dati in letteratura dal 1989 al

1999 e concludono che l’FSH sierico basale ha un moderato potere predittivo sulla bassa risposta

ovarica e tale predittività è ancora minore per il parametro non-gravidanza. Quanto all’efficacia

clinica, il potere predittivo dell’FSH per il fallimento alla risposta ovarica si ha solo nei casi in cui

l’FSH presenti valori decisamente alti (15-20 UI/l degli attuali sistemi EIA). Pertanto questo test

non può essere utilizzato come valore predittivo per la scelta del regime terapeutico ma rimane

utile al fine di una corretta valutazione della riserva ovarica se associato ad altri marker della

stessa.

Ormone anti-mülleriano

Grande interesse sta suscitando negli ultimi anni il dosaggio sierico dell’ormone anti-mülleriano

(anti müllerian hormone, AMH) nello studio della riserva ovarica. Tale ormone è una glicoproteina

dimerica della famiglia TGF-beta secreta esclusivamente dalle cellule della granulosa dei follicoli

preantrali primari e secondari e dai piccoli follicoli antrali (2-6 mm di diametro) in modo

indipendente dall’FSH.

Proprio perché viene prodotto da follicoli la cui transizione è ormonoindipendente e quindi non

influenzata dalle diverse fasi del ciclo ovarico, la sua determinazione può essere eseguita in

qualunque momento del ciclo (anche se esistono delle evidenze in letteratura che parrebbero

meglio correlare il valore dell’ AMH con la riduzione della RO quando eseguito nella fase follicolare

precoce del ciclo e cioè non oltre la 5 -6 giornata) e, inoltre, il suo valore predittivo sulla riserva

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ovarica ha una maggiore costanza interciclica rispetto agli altri marker9. Recenti studi hanno

dimostrato come i livelli di AMH siano direttamente correlati con la quantità di follicoli primordiali

presenti nell’ovaio in un dato momento. Clinicamente, l’AMH correla con il numero di follicoli

antrali e degli ovociti recuperati dopo prelievo ovocitario10. I cut off riportati in letteratura variano

tra 0,4 e 1,2 ng/ml. L’AMH è in grado di predire meglio rispetto agli altri marker biochimici l’entità

della risposta ovarica distinguendo le risposte scarse da quelle normali. Tale valore predittivo è

comparabile solo a quello della conta dei follicoli antrali rispetto alla quale tuttavia è molto più

efficace nell’individuare l’iper-risposta11. Per tali motivi, questo ormone può essere utilizzato per

personalizzare le strategie di trattamento di stimolazione ovarica al fine di ridurre i rischi clinici

ottimizzando nel contempo i tassi di gravidanza11. Recentemente la Marca e coll. hanno elaborato

un algoritmo per il calcolo della corretta dose iniziale di FSH per la stimolazione ovarica,

estrapolandolo da una analisi su 346 donne al primo ciclo FIVET. Il modello si basa su: età, FSH

basale e AMH. L’algoritmo così costruito predice una dose iniziale di FSH esogeno < 225 UI/die nel

55,1% delle pazienti con meno di 35 anni e nel 25,9% delle donne con più di 35 anni. Sicuramente

il risultato più interessante è lo sviluppo di un algoritmo facile e utilizzabile su larga scala dai

medici che si occupano di FIVET, sulla base solo di tre fattori: FSH, AMH e età della paziente12 (vedi

Figura 4).

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Figura 4. Algoritmo per la decisione della dose iniziale di FSH in ciclo FIVET. Nell’esempio la

paziente ha 30 anni, AMH = 4 ng/ml, FSH = 4UI/l; la dose iniziale ideale di FSH esogeno risulta

essere di 152 UI/die12

Conta dei follicoli antrali

L’ecografia transvaginale, tradizionale e tridimensonale, è entrata prepotentemente nella

valutazione della riserva ovarica. Volume ovarico e numero di follicoli antrali, misurati in condizioni

basali, costituiscono un eccellente parametro di valutazione diretta della riserva13. Infatti, la

valutazione ecografica basale del numero dei follicoli antrali correla con gli altri test di riserva

ovarica indicando che il pool di tali follicoli rappresenta la riserva ovarica funzionale e suggerendo

quindi che questa misura possa costituire un marcatore della fertilità naturale.

Studi recenti hanno dimostrato come la performance della conta dei follicoli antrali (antral follicol

count, AFC) nella valutazione della quantità di follicoli primordiali presenti in un dato momento

nell’ovaio sia sovrapponibile a quello dell’AMH14. Inoltre, l’AFC riflette direttamente il pool dei

follicoli antrali precoci mensilmente reclutati e sensibili alla stimolazione gonadotropinica e

pertanto è un ottimo valore predittivo di risposta ovarica, soprattutto come mezzo per

personalizzare il tipo di stimolazione ormonale. L’AFC, quindi, insieme alla determinazione

dell’AMH, rappresenta uno tra i migliori marker predittivi della risposta ovarica16 anche se ancora

oggi, a differenza dell’AMH, non è stata codificata una correlazione tra numero di follicoli e

dosaggio gonadotropinico iniziale16.

I cut off minimi proposti sono un volume ovarico totale <7 cm3 o un numero di follicoli antrali

complessivi < 5, perché al di sotto di tali valori non si è osservato nessuna gravidanza in un

programma di fecondazione in vitro. È forse ancora presto per una codificazione definitiva di

valori-soglia sia per il parametro di riserva ovarica ‘volume ovarico’ sia per quello ‘numero di

follicoli antrali’. Tuttavia, una buona riserva ovarica solitamente è presente se la somma del

volume delle due ovaie è superiore a 7 cm3 e se la somma del numero dei follicoli antrali e uguale

o superiore a 716.

Analogamente allo studio in cui è stato elaborato un algoritmo per il calcolo della corretta dose

iniziale di FSH per la stimolazione ovarica sulla base di età, FSH basale e AMH, è stato elaborato

successivamente un diverso algoritmo che prevedeva l’impiego dell’AFC anziché dell’AMH.

Dall’analisi di 505 donne al loro primo ciclo FIVET, Tael e coll. hanno elaborato un modello

statistico per la predizione della risposta ovarica alle gonadotropine esogene che includeva età,

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FSH basale e AFC. L’algoritmo così costruito predice una dose iniziale di FSH esogeno < 225 UI/die

nel 50,2% delle pazienti con meno di 35 anni e nel 18,1% delle donne con più di 35 anni.

Sicuramente, l’esistenza di questo algoritmo, insieme a quello sviluppato nel 2012 per l’utilizzo

dell’AMH, rende ancora più precisa la dose iniziale scelta dal medico che utilizzi questi due schemi

(vedi Figura 5)15.

Figura 5. Algoritmo per la decisione della dose iniziale di FSH in ciclo FIVET. Nell’esempio la

paziente ha 30 anni, AFC= 16, FSH= 4UI/l; la dose iniziale ideale di FSH esogeno risulta essere di

152 UI/die15

Parole chiave: FSH basale, AMH, AFC

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Correlazione test di riserva ovarica con risposta ovarica

Eccessiva risposta ovarica

Sono stati eseguiti alcuni studi con il tentativo di correlare i test di riserva ovarica con una

eccessiva o a una scarsa risposta ovarica.

Per quanto riguarda l’eccessiva risposta ovarica, una recente meta-analisi ha valutato la sensibilità

e specificità di tali fattori in queste pazienti16. In questa meta-analisi in cui sono stati valutati 12

studi, la definizione di “eccessiva risposta ovarica” non era uniforme: variava da un numero di

oociti recuperati tra 14 e 21 e/o sviluppo di sindrome da iperstimolazione ovarica. Nove studi

riguardanti l’AMH e 5 studi riguardanti l’AFC risultarono disponibili per l’analisi. La conclusione è

stata che la sensibilità e specificità nel predire una eccessiva risposta ovarica dell’AMH sono 82 e

76%, mentre per l’AFC sono 82 e 80%, rispettivamente. Comparando i risultati non sono state

evidenziate differenze statisticamente significative tra i due fattori prognostici16. I valori di cut off

al di sopra dei quali è possibile identificare una paziente a rischio di “eccessiva risposta ovarica”

sono differenti nei vari studi. Il range nei 9 studi che hanno utilizzato l’AMH è 1,59-7,00 ng/ml, il

range dell’AFC utilizzato nei 5 studi sopra citati è 9-18 follicoli antrali. Riportiamo di seguito la

tabella 1 della meta-analisi con i cut off, le sensibilità e specificità dei diversi studi analizzati.

Author Cycl

es (n)

Cut-

off (ng/

ml)

Abnor

mal test

result (%)

Sensitiv

ity

Specific

ity

LR+ Pre-test

probability

Post-

test probabil

ity

AMH

van Rooij et

al. (2002)

114 3.50 0.08 0.40 0.95 8.32 0.09 0.44

Eldar-

Geva et al.

(2005)

53 3.50 0.32 0.72 0.89 6.32 0.34 0.76

Ebner et

al.

(2006)

135 1.66 0.75 0.95 0.31 1.38 0.16 0.21

135 4.52 0.25 0.55 0.81 2.80 0.16 0.35

La Marca

et al. (2007)

48 2.60 0.50 0.86 0.56 1.95 0.15 0.25

48 7.00 0.23 0.57 0.83 3.35 0.15 0.36

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Nelson et al.

(2007)

314 2.10 0.27 0.88 0.79 4.10 0.08 0.26

314 3.50 0.08 0.57 0.96 13.8

0

0.07 0.52

Lee et al.

(2008)

262 1.99 0.50 0.90 0.62 2.38 0.23 0.42

262 3.36 0.25 0.62 0.87 4.64 0.23 0.58

Riggs et

al. (2008)

123 1.59 0.49 0.84 0.67 2.56 0.31 0.53

Nardo et

al. (2009)

165 3.50 0.36 0.88 0.70 2.90 0.10 0.24

Aflatoonian et al.

(2009)

159 4.83 0.42 0.93 0.78 4.26 0.28 0.63

AFC

Ng et al.

(2000)

128 9 0.39 0.60 0.71 2.09 0.31 0.49

128 14 0.10 0.20 0.94 3.48 0.31 0.62

van Rooij et

al. (2002)

114 14 0.42 0.92 0.63 2.49 0.10 0.22

Eldar-

Geva et al.

(2005)

56 14 0.78 0.94 0.33 1.41 0.40 0.48

Kwee et

al. (2008)

110 10 0.38 0.94 0.71 3.26 0.15 0.36

110 12 0.30 0.88 0.80 4.33 0.15 0.42

110 14 0.21 0.81 0.89 7.64 0.15 0.57

110 16 0.11 0.50 0.96 11.7

5

0.15 0.67

110 18 0.06 0.31 0.98 14.69

0.15 0.71

Aflatoonian et al.

(2009)

159 16 0.31 0.89 0.92 11.26

0.28 0.82

LR+, likelihood ratio for a positive test result.

Tabella 1: I cut off, le sensibilità e le specificità di AMH e AFC dei diversi studi analizzati16.

Scarsa risposta ovarica

La definizione di paziente con scarsa risposta ovarica (maggiormente nota come POR: poor ovarian

responder) ha ricevuto la prima ufficiale definizione alla Consensus Conference dell’ESHRE di

Bologna nel 2011. La condizione POR indica generalmente una riduzione del numero di follicoli

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sviluppati in condizione di stimolazione ormonale standard e un numero ridotto di oociti

recuperati. Alla Consensus di Bologna si è stabilito che per definire una paziente POR devono

essere presenti almeno due dei seguenti fattori:

1) età materna avanzata o altri fattori di rischio anamnestici come precedenti interventi

chirurgici sulle ovaie;

2) una precedente risposta ovarica ridotta, ove si intende un recupero minore o uguale a 3

ovociti in condizione di stimolazione ovarica a dosi standard;

3) un test di riserva ovarica alterato.

Infine due precedenti episodi di recupero ovocitario < 3 a dosi di stimolazioni massimali sono già

diagnostici di POR14.

Per quanto riguarda il punto relativo ai test di riserva ovarica, anche nella Consensus sono stati

valutati i due test maggiormente affidabili, come abbiamo visto precedentemente: l’AMH e l’AFC.

Come nelle pazienti con eccessiva risposta ovarica anche nelle pazienti POR si è cercato di stabilire

l’accuratezza dei due test. Diversi studi hanno analizzato il valore predittivo dei due singoli test e

della loro combinazione e, di tutti i test, l’AMH e l’AFC hanno dimostrato di avere la migliore

sensibilità e specificità nel predirre la risposta ovarica: 82 e 76% per l’AMH, 82 e 80% per l’AFC5,18,

con un numero di falsi positivi del 10-20%5,18.

Sono stati eseguiti numerosi studi per valutare l’accuratezza dei due test in modo combinato. Una

meta-analisi di studi di coorte ha dimostrato che l’uso combinato dei due test non migliora

l’efficacia dei due singoli test nel predire una scarsa risposta ovarica19. Questo risultato non è del

tutto sorprendente se si considera che entrambi misurano di fatto l’attività follicolare

gonadotropino-indipendente dell’ovaio. L’AFC ha il vantaggio di essere poco costoso. L’esecuzione

dell’ecografia ovarica in fase post-mestruale, prima dell’inizio della terapia, consente una precisa

AFC consentendo quindi di modulare la dose iniziale di gonadotropine (vedi capitolo successivo).

In conclusione, l’AMH e l’AFC devono essere comunque considerati i più accurati marker di riserva

ovarica e la loro accuratezza nella predizione di una scarsa risposta ovarica, anche se non perfetta,

è da ritenere accettabile18.

Esistono diverse review che hanno valutato i possibili cut off per stabilire una probabile scarsa

risposta ovarica16-18.

Per l’AMH, i più accurati valori limite inferiori riportati sono nel range 0,5-0,1 ng/ml, mentre i

valori di ridotta AFC variano da meno di 7 a meno di 5 follicoli antrali all’ecografia transvaginale.

(vedi Figura 6).

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Figura 6: Curve ROC di specificità e sensibilità di FSH basale, AMH e AFC per predire la risposta

ovarica14.

Parametri di scelta della dose di gonadotropine e dello schema

terapeutico

Dose di gonadotropine

La dose iniziale di gonadotropine esogene dovrebbe essere compresa tra 100-300 UI/die per i

primi 4-5 giorni. Tali dosi di partenza sono modificabili in corso di procedura sulla base della

valutazione ecografica e della valutazione plasmatica dei livelli di estrogeni in corso di

stimolazione. Una dose di partenza adeguata normalmente corrisponde, dopo 5 giorni di terapia, a

una concentrazione sierica di estradiolo di 100-330 pg/ml, con dimensioni follicolari medie di 10-

12 mm. Lo scostamento da questi valori implica un possibile cambiamento della terapia

aumentando o riducendo la dose di gonadotropine giornaliere. In seguito, i follicoli avranno una

crescita di circa 1,5 mm al giorno e i valori di estradiolo aumenteranno di circa l’80-100% ogni 48

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ore. Diversi dati su studi prospettici confermano che l’aumento della dose di rFSH iniziale a più

elevati dosaggi (≥ 450 UI/die) non dà miglioramenti significativi in termini di gravidanze ottenute

anche in pazienti classificate come POR o con età anagrafica avanzata20.

Schema terapeutico

Lo schema terapeutico considerato standard dagli anni ’80 a oggi è il long protocol.

Il protocollo lungo è da ritenersi il protocollo ideale in determinate condizioni perché offre un

ottimo controllo del rilascio prematuro di LH in fase follicolare e consente un reclutamento

sincrono dei follicoli.

Gli svantaggi di questo schema sono rappresentati dal prolungarsi del trattamento, da un elevato

numero di dosi di gonadotropine, dal rischio di sindrome da iperstimolazione ovarica nelle pazienti

a rischio e di scarsa risposta ovarica nelle pazienti con ridotta riserva ovarica.

Infatti, vi sono meta-analisi che hanno comparato l’efficacia del protocollo lungo con il protocollo

corto con GnRH antagonista. L’ultima meta-analisi aggiornata risale al 2011 della Cochrane

Database Systematic Review 4. Sono stati analizzati 45 studi per un totale di 7511 pazienti. Non

sono emerse differenze in termini di bambini nati vivi tra i due protocolli (9 RCTs; odds ratio (OR)

0,86, 95% IC 0,69 – 1,08) o di gravidanze in corso (28 RCT; OR 0,87, 95% IC 0,77 – 1,00),

confermando quindi i dati precedentemente disponibili nella review del 2006. Emerge invece una

ridotta incidenza di Sindrome da Iperstimolazione Ovarica (OHSS) nel gruppo con il GnRH

antagonista (29 RCT; OR 0,43, 95% IC 0,33 – 0,57). Pertanto il protocollo con GnRH antagonista è

da prediligere in pazienti a rischio di eccessiva risposta ovarica, precedentemente identificata

secondo i parametri prima descritti.

La necessità di sviluppare protocollo in grado di prevenire l’OHSS ha portato allo sviluppo di un

approccio nuovo che prende il nome di mild stimulation. La mild stimulation si basa sulla teoria

della “finestra dell’FSH”, secondo la quale la crescita del follicolo dominante è tempo dipendente e

non FSH-dose dipendente. Pertanto, tale protocollo è caratterizzato da continui ma moderati livelli

di FSH durante la fase medio-tardiva della follicologenesi in modo tale da ottenere una estensione

del periodo “finestra” e una selezione di più follicoli ma nel contempo evitare l’eccessivo

reclutamento. Tale approccio è in genere associato all’utilizzo di GnRH antagonisti allo scopo di

inibire l’ovulazione spontanea senza dover ricorrere al protocollo lungo che come è detto

incrementa il rischio di OHSS. In uno studio prospettico randomizzato su 142 pazienti, l’efficacia

del protocollo di stimolazione a 150 UI/die, iniziata il 5° giorno del ciclo, è stata paragonata a

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quella di un protocollo lungo convenzionale: gli autori hanno concluso che le percentuali di

gravidanza non differivano significativamente nei due protocolli con il vantaggio di un minore

durata e dosaggio nel protocollo mild21.

Gli antagonisti del GnRH presentano anche l’ulteriore vantaggio di sfruttare l’iniziale produzione di

FSH endogeno con un minore utilizzo di gonadotropine esogene. Questo meccanismo, insieme alla

mancanza dell’effetto prolungato inibitorio sull’ipofisi, rendono il GnRH antagonista un’ottima

alternativa anche nelle pazienti poor responder.

Nelle pazienti POR sono stati inoltre proposti altri protocolli alternativi: lo short protocol, il

clomifene citrato e il ciclo naturale/naturale-pilotato.

L’utilizzo dello short protocol in queste pazienti si basa sul fatto che il GnRH analogo somministrato

in fase follicolare precoce induce, con un effetto “flare up”, il rilascio di gonadotropine endogene.

Questo induce una riduzione delle gonadotropine esogene utilizzate, della durata della

stimolazione, dei tassi di cancellazione dei cicli e delle percentuali di aborto con un incremento

della pregnancy rate rispetto al long protocol22.

Ci sono Autori che hanno proposto l’utilizzo di clomifene citrato nelle POR perché è un farmaco

che si assume per via orale (quindi molto ben accettato) e poco costoso. Le percentuali di successo

sono simili confrontando clomifene con l’utilizzo del protocollo lungo, in assenza di effetti

collaterali e eventi avversi (3% e 5%, p=0.77)21.

Si è visto inoltre che alcune pazienti poor responder sottoposte a gonadotropine ad alte dosi

rispondono comunque al massimo con uno/due follicoli, pertanto possono essere candidate a

sottoporsi a un trattamento secondo il loro ciclo naturale. Si parla di ciclo spontaneo pilotato se si

associa l’utilizzo di rFSH 75 UI/die con GnRH antagonista dalla selezione del follicolo dominante

per evitare il fenomeno della luteinizzazione precoce. In letteratura viene riportata una

percentuale di gravidanza del 16-26%24. Tuttavia, sono necessari nuovi studi che confermino

l’efficacia di tali protocolli che non utilizzano (o utilizzano poco) gonadotropine esogene.

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Figura 7. Algoritmo per individuazione tre classi di pazienti e i rispettivi possibili schemi terapeutici

Come migliorare le terapie: cenni di terapie future

Fattore ovarico

Nonostante i parametri ormonali e clinici rimangano gli unici fattori dimostrati essere di ausilio per

la scelta della miglior stimolazione ormonale possibile per ogni paziente, nessuno dei marker citati

nei paragrafi precedenti ha un valore predittivo ottimale se considerato singolarmente. Pertanto,

una strategia complementare che sta prendendo piede in questi ultimi anni è quella di studiare la

farmacogenomica. I geni candidati dovrebbero avere un effetto sul sistema riproduttivo e

presentare polimorfismi singolo-nucleotide (SNP) che modulano l’espressione o la funzione di uno

specifico gene. Gli studi sui diversi geni coinvolti nella follicolo genesi hanno consentito di

identificare vari SNP coinvolti nella risposta ovarica alla stimolazione ormonale.

Il primo SNP studiato fu il “FSH receptor polymorphism Asn680Ser” che altera i valori basali di FSH e

determina una richiesta aumentata di gonadotropine esogene durante la fase di stimolazione. La

specificità e sensibilità del marker sono però ancora troppo basse per impiegarlo come unico

marker di risposta ovarica alla stimolazione35. In seguito, “ESR1 (−397 T>C) polymorphism” fu

correlato con un ridotto numero di oociti recuperati, con una predizione del 10-15% nelle pazienti

poor responder35. “AMH (Ile49Ser)” e “AMHR polymorphisms (−482 A>G)” sono stati associati a

PAZIENTE CON INDICAZIONE

FIVET

ESAMI ORMONALI :

FSH < 12

AMH = 1.59-7-00

AFC < 9

ESAMI ORMONALI :

FSH > 12

AMH < 0.5-1.0

AFC < 5 -7

ESAMI ORMONALI :

FSH > 12

AMH > 1.59-7.00

AFC > 9-18

POOR RESPONDER IPER RESPONDERNORMO RESPONDER

PROTOCOLLO:

-GnRH ANTAGONISTA

- FLARE UP PROTOCOL

PROTOCOLLO:

-LONG PROTOCOL

PROTOCOLLO:

-GnRH ANTAGONISTA

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variazioni dei livelli di estrogeno con conseguente modifica della sensibilità dei recettori all’FSH.

Inoltre, un’analisi multivariata ha dimostrato che solo FSHR e l’ESR2 SNPs influenzano il numero di

oociti maturi. In un’analisi multiloci, solo l’FSHR e l’AMH SNP in combinazione influenzano

significativamente il numero di oociti recuperati35. Infine, in un recente studio sono stati analizzati

13 polimorfismi genici: FSHR(Asn680Ser), p53(Arg72Pro), AMH(Ile49Ser), ESR2(+1730G>A),

ESR1(−397T>C), BMP15(−9C>G), MTHFR1(677C>T), MTHFR2(1298A>C), HLA-G(−725C>G),

VEGF(+405G>C), TNFα(−308A>G), AMHR(−482 A>G), PAI-1 (4 G/5 G), in 427 donne sottoposte a un

programma FIVET. Gli autori hanno confermato l’impatto dei polimorfismi FSHR e ESR2

sull’outcome della FIVET. Da questi dati sembra esserci anche un’influenza del “p53

polymorphism” sulla risposta ovarica oltre che sull’impianto embrionario mentre l’“FSHR e AMH

polymorphism” in combinazione sembrano influenzare la maturità ovocitaria36. Al momento, non

ci sono dati conclusivi sui polimorfismi dell’FSH ma sono necessari studi più ampi e conclusioni

salde. Esistono anche studi che hanno valutato polimorfismi dell’LH Beta polipeptide. Tre

polimorfismi sono stati correlati a modificazioni nella risposta ovarica alla stimolazione:

“polymorphisms Trp8Arg” e “Ile15Thr” sono stati associati a una riduzione della fertilità,

irregolarità mestruali e abortività, mentre il “Gly102Ser SNP” è stato associato a infertilità e

alterazioni del ciclo mestruale. La variante “8Arg-15Thr” è stata riscontrata maggiormente nelle

donne sottoposte a FIVET classificate come ipo-responsive alla stimolazione ovarica36. Per quanto

riguarda invece i polimorfismi del recettore per l’LH, il 18insLeuGln, Asn291Ser e il Ser312Asn sono

stati associati a una maggior attività recettoriale e a una possibile correlazione con patologie

ormonali35. Altri polimorfismi, come quelli dei recettori degli estrogeni e del progesterone, sono in

fase di studio ma nessuna correlazione significativa è ancora stata riscontrata.

Idealmente, gli studi di farmacogenomica porteranno in una nuova era in cui si potrà determinare

una specifica sequenza di DNA individuale in modo da determinare la corretta terapia per la

stimolazione ovarica. Lo scopo sarebbe quello di eseguire questi test genetici insieme a quelli

classici (età, AFC, AMH, FSH basale e anamnesi della paziente) prima di iniziare una stimolazione

ovarica per modulare lo schema terapeutico e ottenere la risposta ovarica ideale che consiste in

un ottimale equilibrio tra numero elevato di ovociti recuperati e quindi di gravidanza e un basso

rischio di OHSS. Siamo tuttavia ancora in una fase di ricerca per cui lo studio di questi polimorfismi

non ha ancora un’applicazione clinica. A riguardo, bisogna anche considerare l’aspetto non

secondario dei costi in quanto lo studio dei polimorfismo è una valutazione molto dispendiosa.

Non ha quindi senso introdurre questi test di routine, almeno fino a quando non sapremo bene

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come maneggiarli, vale a dire finché non saremo in grado di sapere precisamente come modificare

lo schema in base all’esito.

Parole chiave: polimorfismi del recettore FSH, polimorfismi del recettore LH.

Fattore endometriale

I meccanismi per la scelta della stimolazione ovarica più adeguata sono stati elucidati nei paragrafi

precedenti. Possiamo considerare che, tenendo conto dei costi/benefici, delle caratteristiche della

paziente, dei possibili effetti collaterali della terapia come l’eccessiva o scarsa risposta ovarica, sia

a oggi possibile scegliere un regime di stimolazione ovarica adeguato.

Non sono però ancora noti i meccanismi che possano migliorare l’impianto dell’embrione a livello

endometriale ma è verosimile che lo schema di stimolazione possa svolgere un ruolo.

È noto che i livelli di estradiolo e progesterone hanno un ruolo nella decidualizzazione

dell’endometrio per adeguarsi all’impianto embrionario25-27. La supplementazione con

progesterone viene amministrata di routine per sostenere l’impianto a fronte anche di elevati

valori di estrogeni ottenuti con la stimolazione ormonale28. Questo approccio empirico manca

ancora di dati in letteratura. È accertato che sia di beneficio ma si discute ancora su quale sia la

dose giusta, la modalità di somministrazione e la durata.

Estrogeni e progesterone non sono però gli unici ormoni coinvolti. Ci sono infatti diversi fattori

implicati nell’impianto embrionario non del tutto noti.

A partire dagli anni ’90 è stato ipotizzato che il sistema immunitario potesse avere un ruolo nella

infertilità e in particolare è stato indagato il suo possibile coinvolgimento nei fallimenti

dell’impianto dell’embrione; tali osservazioni hanno portato a identificare una differente

espressione citochinica in donne con “repeated implantation failure” (RIF). In tali soggetti

appaiono iperespresse le citochine del pattern T-Helper (Th)1: TNFα, IL-6, IL-1, IFN-γ, IL-12 e IL-18.

In linea con questa ipotesi, recenti osservazioni hanno dimostrato un ruolo “anti-impianto” del

TNFα29. Inoltre, diversi studi hanno evidenziato un’importante correlazione tra il rapporto

TNFα/IL-10 (un indice che costituisce una valida stima dell’attività Th1/Th2) e il fallimento ripetuto

di impianto in corso di Fecondazione In Vitro (FIVET)30. Ancorché preliminari, la letteratura riporta

anche alcuni dati su approcci terapeutici di natura immunologica. In un recente trial non

randomizzato, donne che presentavano un elevato rapporto TNFα/IL-10 sono state trattate con

farmaci anti TNFα associati a immunoglobuline ad alte dosi per via endovenosa ed è stato

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osservato un significativo aumento della probabilità di impianto e degli outcome gravidici dei cicli

di FIVET31. In uno studio del 2011 gli stessi Autori hanno dimostrato su 76 pazienti che il rapporto

TNFα/IL-10 sarebbe in grado di predire il fallimento della FIVET. Se confermati, questi risultati

potrebbero aprire nuovi scenari. Elevati valori di tale rapporto potrebbero infatti essere corretti

con farmaci anti TNFα e IG in vena migliorando i risultati della FIVET in queste pazienti32.

Inoltre, sempre nell’ambito della recettività endometriale, è importante sottolineare che una

recente meta-analisi su 633 cicli FIVET ha rivelato tassi di gravidanza migliori nei cicli da embrioni

crioconservati rispetto a transfer di embrioni a fresco. La spiegazione di tale osservazione è stata

attribuita a un alterato assetto ormonale secondario alla ravvicinata stimolazione ovarica.

Rifacendosi a quanto accennato sopra, non è da escludersi che la risposta immunitaria associata

all’iperstimolazione possa anch’essa svolgere un ruolo nello spiegare questo dato33.

Infine, esistono studi prevalentemente su topi che hanno rivelato l’esistenza di fattori anche

genetici implicati nel meccanismo di impianto. Tra questi fattori esiste l’SGK1 (serum and

glucocorticoid kinase 1) la cui espressione regola l’andamento della gravidanza. L’SGK1 regola il

trasporto e il rilascio di ormoni, nonché la proliferazione cellulare e la relativa apoptosi. In modelli

su topi si è riscontrato che una riduzione di tale fattore nella decidua porta ad un aumento del

rischio di aborto precoce, mentre un suo incremento a livello dell’epitelio endometriale uterino

causa un impedimento all’impianto embrionario. Se il gene SGK1 ha un ruolo determinante nella

decidualizzazione e nell’impianto, potrebbero emergere terapie potenzialmente utili per

migliorare l’impianto embrionario in donne che cercano una gravidanza34 (vedi Figura 8).

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Figura 8: L’equilibrio dell’espressione di SGK1 al fine di regolare la gravidanza.

L’espressione di SGK1 necessita di una fine regolazione nel compartimento uterino perché si

impianti la gravidanza. La riduzione dell’espressione di SGK1 nella decidua porta a un possibile

aborto mentre normalmente la chinasi protegge i fibroblasti dello stroma endometriale contro la

morte ossidativa. L’aumento dell’espressione di SGK1 nell’epitelio endometriale porta al

fallimento dell’impianto dell’embrione, probabilmente per difetti nella regolazione osmotica (che

è una funzione dell’SGK1). Le motivazioni di queste alterazioni nella regolazione dell’espressione

dell’SGK1 a livello endometriale sono ancora sconosciute, pertanto da un punto di vista clinico non

ci sono soluzioni terapeutiche note32.

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Parole chiave: TNF-α/IL-10, SGK1

Approcci clinici

Caso 1

L.B. ha 33 anni e si presenta perché cerca figli da circa 1 anno.

Esami in visione: Esame seminale: vol 3 ml; 25 milioni/ml; motilità 5 + 33%; FF 7%. Esami ormonali:

FSH 13,5 UI; LH 6.3 UI; AMH 0,5 ng/ml. AFC: 12.

La paziente in questo caso ha 2 fattori prognostici sfavorevoli su 3: AMH ai limiti inferiori, FSH ai

limiti superiori. Tuttavia ha una conta dei follicoli antrali nella norma e un’età inferiore ai 35 anni.

Quale programma di PMA?

La paziente potrebbe avere una iniziale situazione di ridotta riserva ovarica pertanto non è lecito

procedere con terapie di primo livello a più bassa percentuale di successo (per evitare di sprecare

tempo forse prezioso) e vi è un’indicazione alla FIVET. Lo schema per lei indicato è un protocollo

corto perché ha maggiori probabilità di successo. La dose di gonadotropine tuttavia non deve

essere superiore a 300 UI/die perché è stato dimostrato che non vi è miglioramento utilizzando

dosi > 450 UI/die e nel caso della nostra paziente l’AFC e l’età hanno un ruolo predittivo positivo.

Caso 2

A.B. ha 35 anni e si presenta perché cerca figli da circa 2 anni.

Esami in visione: Esame seminale: vol 3 ml; 5 milioni/ml; motilità 0 + 33%; FF 3%. Esami ormonali:

FSH 5,3 UI; LH 10,3 UI; AMH 3,5 ng/ml. AFC: 16.

La paziente in questo caso ha 2 fattori prognostici per potenziale eccessiva risposta ovarica (AMH

elevato, rapporto FSH/LH < 1) indicativo di un possibile ovaio policistico.

Quale programma di PMA?

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La paziente potrebbe avere un’eccessiva risposta ovarica tuttavia l’indicazione è la FIVET-ICSI a

causa di un fattore maschile per dispermia. Lo schema per lei indicato è un protocollo corto con

GnRH antagonista perché ha minori probabilità di sviluppare una Sindrome da Iperstimolazione

Ovarica. La dose di gonadotropine non deve essere superiore a 75/150 UI/die per l’elevato rischio

di sviluppare un’eccessiva risposta alla stimolazione.

Caso 3

A.S. ha 35 anni e si presenta perché cerca figli da circa 3 anni.

Esami in visione: Esame seminale: vol 3 ml; 5 milioni/ml; motilità 0 + 33%; FF 3%. Esami ormonali:

FSH 6,3 UI; LH 5,3 UI; AMH 1,7 ng/ml. AFC: 10.

La paziente in questo caso non ha fattori prognostici né per una scarsa risposta ovarica né per una

eccessiva risposta ovarica.

Quale programma di PMA?

La paziente ha un’indicazione per la FIVET-ICSI a causa di un fattore maschile per dispermia. Lo

schema per lei indicato è un protocollo lungo con GnRH analogo perché ha esami considerati

“standard” e il long protocol è definito il protocollo standard e quindi di prima linea in pazienti

considerate normo-responsive. La dose di gonadotropine deve essere anch’essa quella standard

tra 100-300 UI/die.

Bibliografia

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Questionario ECM

1. Esistono altri fattori intraovarici oltre all’FSH e all’LH che regolano il ciclo ovarico; quali?

a. IGF-1

b. IGF-2

c. Inibina

d. Tutti i fattori indicati

2. L’aumento dell’espressione di SGK1 nell’epitelio endometriale porta a:

a. favorire l’impianto embrionario

b. aumentare l’aborto spontaneo

c. ridurre l’aborto spontaneo

d. ridurre l’impianto embrionario

3. Nel protocollo lungo la somministrazione del GnRHa è iniziata:

a. nella fase mestruale del ciclo

b. nella fase medio-luteale del ciclo

c. il terzo giorno del ciclo mestruale

d. in fase follicolare con follicolo è > 13.5 mm

4. La sensibilità e specificità nel predire una eccessiva risposta ovarica dell’AMH sono:

a. 82% e 76%

b. 82% e 80%

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c. 82% e 82%

d. 76% e 82%

5. Alla Consensus di Bologna si è stabilito che per definire una paziente POR devono essere

presenti:

a. Età avanzata

b. Una precedente risposta ovarica ridotta

c. Un test di riserva ovarica alterato

d. Almeno due dei fattori citati

6. Nel protocollo breve e ultra-breve la somministrazione del GnRHa è iniziata:

a. nella fase mestruale del ciclo

b. nella fase medio-luteale del ciclo

c. il terzo giorno del ciclo mestruale

d. in fase follicolare con follicolo è > 13.5 mm

7. La dose iniziale di gonadotropine esogene dovrebbe essere compresa tra 100-300 UI/die per i

primi 4-5 giorni, dopo i quali si ottiene una concentrazione sierica di estradiolo di

a. 200-300 pg/ml

b. 100-330 pg/ml

c. 100-200 pg/ml

d. nessuno di questi valori

8. L’ “FSH receptor polymorphism Asn680Ser”:

a. altera i valori basali di FSH

b. determina una richiesta aumentata di gonadotropine esogene durante la fase di

stimolazione.

c. influenza la maturità ovocitaria

d. tutte le risposte indicate

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9. Lo schema più indicato, secondo i dati in letteratura, nelle pazienti poor responder è:

a. schema con long protocol

b. schema con GnRh antagonista

c. schema con GnRH analogo short protocol

d. gli schemi GnRh antagonista e GnRH analogo short protocol sono equivalenti

10. La supplementazione con progesterone viene amministrata di routine per:

a. favorire l’impianto

b. controbilanciare gli elevati valori di estrogeni

c. favorire l’impianto e controbilanciare gli elevati valori di estrogeni

d. nessuno dei precedenti

11. In un recente trial non randomizzato, donne che presentavano un elevato rapporto TNFα/IL-10

sono state trattate con farmaci anti TNFα associati a Immunoglobuline in vena ad alte dosi ed è

stato osservato:

a. un repeated implantation failure

b. una riduzione dell’outcome di un ciclo FIVET

c. un aumento delle gravidanze spontanee

d. un aumento dell’outcome di un ciclo FIVET

12. La riduzione dell’espressione di SGK1 nella decidua porta a:

a. favorire l’impianto embrionario

b. aumentare l’aborto spontaneo

c. ridurre l’aborto spontaneo

d. ridurre l’impianto embrionario

13. Quale tra questi polimorfismi è stato associato a infertilità e alterazioni del ciclo mestruale:

a. polymorphisms Trp8Arg

b. Ile15Thr

c. 8Arg-15Thr

d. Gly102Ser SNP

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14. I cut off minimi proposti per AMH e AFC (antral follicolar count) sono:

a. 0.4-1.2 e < 10 microfollicoli

b. < 0.4 e 5-7 microfollicoli

c. > 0.4 e < 5-7 microfollicoli

d. < 0.4 e < 5 microfollicoli