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I DISTURBI DEL CICLO MESTRUALE Alessandro D. Genazzani, Francesca Tortolani Clinica Ostetrica Ginecologica, Università di Modena e Reggio Emilia riadattato da “Endocrinologia Ginecologica”, Ed. Alessandro D. Genazzani, Editeam sas, Cento (FE), 2004 Introduzione La vita riproduttiva della donna è caratterizzata dalla ritmicità e dalla periodicità del ciclo mestruale, caratteristiche garantite dalla perfetta integrazione funzionale tra le strutture dell’asse gonadico che sono ipotalamo, ipofisi e ovaio. L’asse è modulato da sostanze prodotte sia nel sistema nervoso centrale (neurotrasmettitori) che in periferia (steroidi sessuali, ormoni surrenalici e tiroidei). L’ipotalamo è la centrale neuroendocrina dove le afferenze della corteccia (percezioni emotive, cognitive e sensitive) vengono integrate con le afferenze che giungono dalla periferia, in un gioco di reciproche modulazioni (Fig. 1). Nell’ipotalamo, oltre ai neuroni GnRH secernenti, sono situati anche i centri per la termoregolazione e per il controllo della fame; modificazioni di questi segnali possono determinare alterazioni nella produzione e nel rilascio pulsatile di GnRH, le quali possono modificare la produzione delle gonadotropine (soprattutto dell'LH) che condizionano la funzione ovarica (Figura 2). PERCEZIONI PERCEZIONI EMOTIVE EMOTIVE CERVELLO PERCEZIONI COCNITIVE STRESS IPOTALAMO Neuroni GnRH secernenti IPOFISI OVAIO Asse surrenalico Sistema oppioide Fig.1 - Sulla funzionalità dell'asse riproduttivo esercitano la loro azione sia stimoli esterni (stress, afferenze sensitive e metaboliche) sia stimoli interni (feed-back ormonali). L’ipotalamo, e di conseguenza tutto l’asse gonadico, è influenzato da diversi stimoli esterni, ad esempio dal ciclo luce-buio; infatti nei Paesi nordici l’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio e l’indice di concepimento tendono a diminuire durante la stagione invernale, quando l’esposizione alla luce solare è limitata. Inoltre nelle donne non-vedenti sono di frequente riscontro alterazioni 1

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I DISTURBI DEL CICLO MESTRUALE

Alessandro D. Genazzani, Francesca Tortolani Clinica Ostetrica Ginecologica, Università di Modena e Reggio Emilia

riadattato da “Endocrinologia Ginecologica”, Ed. Alessandro D. Genazzani, Editeam sas, Cento (FE), 2004

Introduzione La vita riproduttiva della donna è caratterizzata dalla ritmicità e dalla periodicità del ciclo

mestruale, caratteristiche garantite dalla perfetta integrazione funzionale tra le strutture dell’asse gonadico che sono ipotalamo, ipofisi e ovaio. L’asse è modulato da sostanze prodotte sia nel sistema nervoso centrale (neurotrasmettitori) che in periferia (steroidi sessuali, ormoni surrenalici e tiroidei).

L’ipotalamo è la centrale neuroendocrina dove le afferenze della corteccia (percezioni emotive, cognitive e sensitive) vengono integrate con le afferenze che giungono dalla periferia, in un gioco di reciproche modulazioni (Fig. 1). Nell’ipotalamo, oltre ai neuroni GnRH secernenti, sono situati anche i centri per la termoregolazione e per il controllo della fame; modificazioni di questi segnali possono determinare alterazioni nella produzione e nel rilascio pulsatile di GnRH, le quali possono modificare la produzione delle gonadotropine (soprattutto dell'LH) che condizionano la funzione ovarica (Figura 2).

PERCEZIONIPERCEZIONI

EMOTIVEEMOTIVE

CERVELLO

PERCEZIONI COCNITIVE

STRESS

IPOTALAMONeuroni GnRH secernenti

IPOFISI

OVAIO

Asse surrenalico

Sistema oppioide

Fig.1 - Sulla funzionalità dell'asse riproduttivo esercitano la loro azione sia stimoli esterni

(stress, afferenze sensitive e metaboliche) sia stimoli interni (feed-back ormonali). L’ipotalamo, e di conseguenza tutto l’asse gonadico, è influenzato da diversi stimoli esterni,

ad esempio dal ciclo luce-buio; infatti nei Paesi nordici l’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio e l’indice di concepimento tendono a diminuire durante la stagione invernale, quando l’esposizione alla luce solare è limitata. Inoltre nelle donne non-vedenti sono di frequente riscontro alterazioni

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nella regolazione dell’asse riproduttivo. Anche le variazioni della temperatura esterna possono esercitare influenze sulla sfera riproduttiva.

STRESS

ALTERAZIONI IPOTALAMICHEFUNZIONALI

IPERSECREZIONE CRF/OPPIOIDIIPOTALAMICI

DIMINUITA SECREZIONEGnRH

NORMALI LIVELLIDI FSH

ALTERAZIONI QUALITATIVEE QUANTITATE NELLA SECREZIONE DI LH

Ampiezza

frequenza

AMENORREA

IPERTONOASSE

SURRENALICO

Fig. 2 - Il rilascio del GnRH, come delle due gonadotropine (LH e FSH), è di tipo pulsatile.

Dei due ormoni quello che subisce le più evidenti modificazioni, sia durante il ciclo mestruale sia in condizioni di fisiopatologia, è l'LH. La frequenza dei picchi dell'LH si rallenta nella fase luteale aumentando anche di ampiezza. Nei quadri di amenorrea ipotalamica la frequenza dei picchi è molto aumentata con notevole riduzione dell'ampiezza; nei quadri di PCOS la frequenza non varia molto mentre l'ampiezza dei picchi tende ad essere aumentata.

Gli eventi stressanti metabolici e/o dello stato nutrizionale, emotivi e lo stress fisico possono

influenzare negativamente l’attività di ipotalamo ed ipofisi, portando ad alterazioni nella normale ciclicità mestruale, attivando meccanismi quali quello surrenalico ed il sistema oppioide.

Lo stesso menarca dipende da una complessa serie di modificazioni che si verificano a livello cerebrale e che richiedono una partecipazione interattiva di circuiti neuronali nonché di segnali periferici endocrino-metabolici; infatti, l’inizio del menarca è correlato al raggiungimento di una percentuale critica di grasso corporeo e a sua volta l’aumento della percentuale di grasso corporeo dipende dalla disponibilità di substrati metabolici. La nutrizione rappresenta quindi un fattore decisivo nel determinare il momento della maturazione sessuale. Caratteristiche del ciclo mestruale normale

Il ciclo mestruale presenta un’estrema variabilità da soggetto a soggetto e anche nello stesso soggetto. Le varie epoche della vita riproduttiva sono caratterizzate da fisiologiche differenze del ciclo mestruale. I parametri che definiscono il ciclo mestruale sono: Lunghezza che indica il numero di giorni che separano due mestruazioni successive, è in media 28±4 giorni. Il ciclo mestruale è diviso in 4 fasi:

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- fase follicolare: dal 1º giorno della mestruazione fino all'ovulazione, è espressione della maturazione del follicolo, dura circa 14 giorni,

- fase ovulatoria: è intorno al 14° giorno, ed è caratterizzata dalla deiscenza del follicolo giunto a maturazione

- fase luteale: durata circa 14 giorni, va dall'ovulazione alla mestruazione successiva, ed è caratterizzata dalla formazione, dall’attività e dall’esaurimento del corpo luteo

- fase mestruale: è il momento di transizione tra la fase luteale e la follicolare del ciclo seguente, è caratterizzata dal distacco e dalla eliminazione di endometrio non fecondato.

Durata del flusso mestruale: mediamente è di 4± 2 giorni. Quantità del flusso mestruale: tra i 30 e gli 80 ml, con l’80% del flusso concentrato nei primi due giorni del ciclo, con una perdita di ferro compresa tra i 2 e i 30 mg. Classificazione dei disturbi del ciclio mestruale Alterazioni del ritmo mestruale La mestruazione è anomala per tempo di comparsa, cioè non c’è la consueta ciclicità di 28± 4 giorni:

• POLIMENORREA • OLIGOMENORREA • AMENORREA PRIMARIA • AMENORREA SECONDARIA

Alterazioni quantitative del flusso mestruale Possono presentarsi varie situazioni: la perdita ematica mestruale è quantitativamente alterata, per eccesso o per difetto, oppure la mestruazione ha una durata troppo prolungata e/o compare durante il periodo inter-mestruale.

• IPOMENORREA • IPERMENORREA • MENORRAGIA, METRORRAGIA

Alterazioni del ritmo mestruale Polimenorrea

La polimenorrea si ha quando l’intervallo di tempo tra una mestruazione e quella successiva è troppo breve, cioè inferiore ai 25 giorni; in genere si verifica quando si hanno cicli anovulatori ed è espressione di una minore durata della fase follicolare e/o di quella luteale. Questo quadro si può avere sia durante la vita fertile che durante la fase di perimenopausa.

In alcune donne può essere abituale il riscontro di cicli di 18-23 giorni, senza che questo indichi l’esistenza di alterazioni endocrine, ma questo può portare col tempo ad anemia sideropenica.

Oligomenorrea L’oligomenorrea si verifica quando l’intervallo di tempo tra una mestruazione e la successiva è superiore ai 36 giorni, generalmente è la fase follicolare ad essere allungata. L’oligomenorrea è un segno che non va trascurato, perché può essere la manifestazione clinica di un disordine endocrino.

Se il ritardo è abituale, di entità limitata (10 giorni) e non associato ad altri sintomi (in particolare anovulazione, irsutismo, acne, variazioni ponderali, galattorrea) è molto probabile che

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alla base non siano presenti alterazioni di tipo endocrino. Bisogna valutare sempre l’età della paziente, infatti ai due estremi della vita riproduttiva (pubertà e perimenopausa) della donna è frequente la presenza di oligomenorrea, negli altri casi l’oligomenorrea è un sintomo da indagare perché spesso indice di disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi. Le principali cause di oligomenorrea sono rappresentate dagli iperandrogenismi ovarici e/o surrenalici, in particolare dalla sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), che interessa più del 10% delle donne in età riproduttiva, mentre altre cause possono essere l’iperprolattinemia, disfunzionale o dovuta alla presenza di un adenoma PRL-secernente e la persistenza del corpo luteo per un periodo superiore ai 16 giorni (cisti ovarica luteinica).

Si deve intervenire a corrggere il problema di fondo in quanto l’oligomenorrea può sfociare in una condizione di amenorrea. Amenorrea

Si definisce amenorrea la totale assenza delle mestruazioni; può essere primaria o secondaria.

Amenorrea primaria

L’amenorrea primaria si ha quando all’età di 18 anni non è ancora comparso il menarca. Le cause a monte di questa condizione spesso sono legate alla presenza di disordini o malformazioni congenite; inoltre esistono casi dipendenti ad esempio da neoplasie infantili o situazioni di stress metabolico e fisico. L'amenorrea primaria va differenzita dal ritardo puberale, situazione in cui le gonadotropine aumentano lentamente nel tempo e in cui, seppure in tempi lunghi, la meturazione sessuale avviene ugualmente. Cause genetiche-malformative di amenorrea primaria:

1) Sindrome di Turner: disgenesia gonadica con cariotipo 45,X, caratterizzata da ipoplasia dei genitali esterni associata ad infantilismo sessuale e ad amenorrea primaria. Le ovaie sono "streak gonads", cioè ovaie a striscia, prive di follicoli e quindi di attività funzionale e di aspetto nastriforme per il tessuto fibroso. Le pazienti col Turner presentano bassa statura, micrognazia, collo corto e tozzo (pterigio del collo), bassa inserzione dei padiglioni auricolari, torace a scudo, valgismo bilaterale del gomito, inoltre possono coesistere malformazioni a carico del rene (rene a ferro di cavallo) e dell’apparato cardio-vascolare; il deficit intellettivo è invece raro. La terapia si basa sulla somministrazione di associazioni estro-progestiniche sequenziali a partire dal 12°-13° anno di età (epoca menarcale) per influenzare in senso femminile il fenotipo. In seguito è utile aumentare le dosi di estrogeno in modo progressivo per mantenere i caratteri sessuali secondari (Tabella 1). Tra le disgenesie gonadiche esistono diverse varianti che vanno dal mosaicismo alle forme di disgenesia gonadica pura. Il mosaicismo è il più comune, soprattutto nella forma 45,X/46,XX, e spesso si associa ad un fenotipo meno specifico rispetto alla sindrome di Turner senza mosaicismo. La disgenesia gonadica pura è caratterizzata da un cariotipo normale, da amenorrea primitiva e streak gonads, ma è priva delle peculiari stigmate somatiche della Turner.

2) Sindrome di Kallmann: è un deficit ipotalamico congenito di GnRH che si ripercuote su ipofisi e ovaio e si manifesta con l’ipogonadismo ipogonadotropo idiopatico. L’ipogonadismo determina l’amenorrea primaria e l’infantilismo sessuale, inoltre in questa sindrome si associano anche ipo-anosmia e malformazioni a carico del massiccio facciale. La sindrome di Kallmann è legata ad un difetto genetico in genere a trasmissione autosomica, sia dominante che recessiva; rari sono invece i casi di trasmissione legati al cromosoma X. Per questa sindrome la terapia ormonale sostitutiva ha lo scopo di prevenire i danni legati alla prolungata amenorrea; un’altra alternativa sembra essere la somministrazione pulsatile di GnRH utilizzano pompe automatiche che lo rilasciano ogni 60-90 minuti.

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TABELLA 1 – Diagnosi differenziale nella pubertà ritardata.

STATURA

GONADOTROPINE

TEST al GnRH

DHEAS

plasmatico PUBERTA’ RITARDATA

Ridotta per età

anagrafica

Livelli pre-puberali

Risposta

pre-puberale

Adeguato all’età

ossea

SINDROME di KALLMANN

Normale

Ridotte

No risposta

Adeguato all’età

anagrafica

TUMORI IPOTALAMO-IPOFISARI

Rallentata crescita

Ridotte

Variabile

Adeguato all’età

anagrafica

3) Sindrome dell’ovaio resistente: è caratterizzata da amenorrea primaria, da normale sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie, da un notevole aumento delle gonadotropine, da livelli estremamente bassi di estrogeni; inoltre sono presenti solo follicoli primordiali all’esame bioptico dell’ovaio. La causa di questa situazione sembra essere l’insensibilità dell’ovaio alla stimolazione esercitata dalle gonadotropine su base autoimmune; infatti anticorpi rivolti verso i recettori per le gonadotropine determinerebbero una prematura insufficienza ovarica. Altre possibili ipotesi sono i difetti congeniti a carico del recettore ovarico o delle vie post-recettoriali. Il trattamento è di tipo estro-progestinico.

4) Sindrome di Rokitansky-Hauser: è un’agenesia utero-vaginale per mancata fusione o canalizzazione dei dotti di Müller nel corso della organogenesi. In queste pazienti il cariotipo è normale e non ci sono deficit intellettivi, sono presenti corni uterini atresici, la vagina è sostituita da tessuto fibroso e vi è assenza dell’imene. Inoltre possono esserci alterazioni a carico dei genitali esterni e dell’apparato urinario (agenesia o ectopia renale). La diagnosi avviene dopo la pubertà, per la presenza di amenorrea primaria, tramite l’esame ecografico. La terapia è chirurgica e comporta la creazione di una vagina artificiale.

5) Imene imperforato: malformazione dei genitali esterni diagnosticata alla pubertà in quanto rende impossibile la normale fuoriuscita del sangue mestruale, il quale, accumulandosi in raccolte ematiche all’interno della vagina (ematocolpo) e, nei casi più estesi, dell’utero (colpoematometra), determina dolore, soprattutto in corrispondenza delle mestruazioni, per la compressione e la distensione esercitate dal materiale accumulato. La terapia consiste nell’incisione chirurgica dell’imene.

Altre cause di amenorrea primaria 1) Neoplasie. I tumori dell’area ipotalamo-ipofisi, maligni o benigni, che insorgono in età

infantile o comunque pre-puberale occupano o distruggono aree dell’ipotalamo deputate alla produzione di GnRH portando alla comparsa di amenorrea primaria. Tra le neoplasie più frequenti ricordiamo i craniofaringiomi soprasellari, gli adenomi ipofisari e i tumori del seno endodermico.

2) Traumi cranici che si verificano in età pre-menarcale possono danneggiare strutture ipotalamiche e/o ipofisarie indispensabili per l'asse riproduttivo, tra i più frequenti ricordiamo la sezione del peduncolo ipofisario in seguito a colpo della frusta.

3) Infezioni del SNC. Meningiti ed encefaliti contratte in età pediatrica possono alterare la struttura e la funzionalità di ipotalamo e ipofisi, compromettere la maturazione puberale e portare all’amenoreea primaria.

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4) Irradiazione. Le radiazioni utilizzate per i cicli di radioterapia per neoplasie della testa e del collo danneggiano le cellule dell’ipotalamo, comportando amenorrea primaria, mentre le strutture ipofisarie sono relativamente radio-resistenti.

5) Cause disfunzionali. L’esposizione, in età pre-menarcale, a stress di tipo fisico e/o metabolico può portare alla mancata comparsa del menarca e ad amenorrea primaria. Esempi tipici si osservano in bambine che praticano sport a livello agonistico (soprattutto danza, ginnastica, atletica) e che presentano una percentuale di grasso corporeo insufficiente perché la maturazione dell'asse riproduttivo e quindi il menarca possa avere luogo.

Amenorrea secondaria L’ amenorrea secondaria è l’assenza delle mestruazioni per un periodo di almeno 4 mesi, in

donne che hanno già avuto il menarca. Generalmente la condizione di amenorrea non insorge ex-novo, ma le pazienti con questo problema hanno alle spalle una storia più o meno lunga di oligomenorrea che sfociata poi in amenorrea.

Le cause di amenorrea secondaria si dividono in organiche ed in disfunzionali. Cause organiche di amenorrea secondaria:

1) Neoplasie. Le neoplasie del SNC, di ipofisi ed ipotalamo, possono determinare danni anatomici nei confronti di strutture essenziali per il funzionamento dell’asse riproduttivo. Infatti se i neuroni ipotalamici secernenti GnRH e le cellule ipofisarie che producono gonadotropine sono sostituite da cellule tumorali che non hanno la stessa attività insorge l’ipogonadismo ipogonadotropo con amenorrea (Tabella 2).

Il sospetto diagnostico per questa forma di amenorrea dovuta a neoplasia nasce se la modalità di comparsa della amenorrea è repentina e non preceduta da un periodo di oligomenorre, inoltre bisogna valutare i sintomi associati quali cefalea, disturbi visivi e neurologici. Infine se, oltre all’ipogonadismo ipogonadotropo, si rileva la presenza di deficit corticosurrenalico e tiroideo in un quadro di pan-ipopituitarismo si può ipotizzare l’esistenza di un tumore a livello ipofisario.

Gli accertamenti diagnostici essenziali sono di tipo ormonale e radiologico (Risonanza Magnetica). Le neoplasie più frequenti sono gli adenomi ipofisari, che sono divisi in secernenti o non-secernenti in base alla loro capacità di produrre o meno ormoni, e in micro- e macroadenomi, in base alle dimensioni. I più comuni sono gli adenomi PRL-secernenti, poi abbiamo gli adenomi secernenti GH, che oltre a dare amenorrea, determinano quadri di gigantismo e/o acromegalia, e gli adenomi ACTH-secernenti che portano invece all’insorgenza del morbo di Cushing. A volte nello stesso tumore c’è l’associazione di più linee cellulari e la produzione di ormoni di tipo diverso.

Le neoplasie a carico dell’ipotalamo sono più rare, tra queste le più frequenti sono i craniofaringiomi soprasellari che comportano ipogonadismo e pan-ipopituitarismo. Anche i tumori ormono-secernenti ovarici e surrenalici possono portare all’insorgenza di amenorrea secondaria.

2) Malformazioni genitali acquisite. Tra queste le cause più frequenti sono le aderenze o le sinechie che chiudono in modo più o meno completo la cavità uterina e/o il canale cervicale bloccando la meccanica della mestruazione con la comparsa di amenorrea.

La presentazione clinica più tipica di questa condizione è la sindrome di Ashermann, in cui c’è la totale obliterazione della cavità uterina ed amenorrea. Le sinechie si hanno come esiti di revisioni della cavità uterina o sono esito di lacerazioni da parto o di taglio cesareo o più frequentemente sono aderenze da pregresse infezioni genitali (endometriti).

Spesso questi quadri presentano in associazione all’amenorrea sintomi come dismenorrea o, in presenza di occlusioni complete, ematocolpo/ematometra. La diagnosi si fa valutando l’anamnesi

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ginecologica ed ostetrica della paziente (positività per interventi di revisione o IVG), ed eseguendo isterografia e isteroscopia, esame con il quale si possono anche eliminare le sinechie.

3) Iperandrogenismo. Livelli troppo alti di androgeni possono causare amenorrea; la loro origine può essere ovarica (testosterone, androstenedione, 17-OH-progesterone), surrenalica (DHEA, DHEAS) o mista. La Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS) è la forma di iperandrogenismo ovarico più comune, mentre per gli ipernadrogenismi surrenalici, la causa risiede spesso in difetti enzimatici della steroidogenesi.

L’iperandrogenismo inibisce l’aromatasi, questo comporta una mancata conversione degli androgeni in estradiolo e la conseguente riduzione di questo estrogeno compromette i feed-back indispensabili per avere una normale ciclicità mestruale. Gli androgeni antagonizzano l’azione delle gonadotropine (soprattutto dell’FSH) sulla maturazione follicolare, facilitando il fenomeno dell’atresia che a sua volta è causa di iperandrogenismo.

4) Cause traumatiche : possono danneggiare direttamente le strutture dell’asse riproduttivo, in particolare possono dare la rottura delle fibre nervose che collegano ipotalamo ed ipofisi con il completo distacco delle due strutture, oppure l’ematoma esercita un effetto compressivo di disturbo su di esse .La diagnosi si fa con l’anamnesi e gli esami strumentali (TAC, RM).

5) Cause infettive. Meningiti o encefaliti possono danneggiare ipotalamo e/o ipofisi e portare alla comparsa di amenorrea. La diagnosi si basa sull’anamnesi e sugli esami di laboratorio.

6) Cause vascolari. La necrosi ipofisaria post-infartuale, che nella maggior parte dei casi si associa ad uno shock emorragico post-partum (sindrome di Sheehan), si manifesta con un pan-ipopituitarismo: quindi con amenorrea per l’ipogonadismo ipogonadotropo, ma anche con deficit della funzione lattotropa, corticotropa e tireotropa. La terapia è di tipo sostitutivo sia per la funzione riproduttiva che per quella tiroidea.

7) Cause dismetaboliche. In pazienti gastroresecate o con problemi di malassorbimento per patologie gastro-intestinali, l’amenorrea può insorgere per la diminuita quantità e qualità dei nutrienti assorbiti, necessari per la sintesi ormonale.

TABELLA 2 – Classificazione delle amenorree secondarie in base alla sede della lesione. LESIONI IPOTALAMICHE

Forme organiche: tumori, ischemia, flogosi Forme funzionali: anoressia, stress psico-fisico, alterazioni metaboliche

LESIONI IPOFISARIE

Masse neoplastiche Masse intrasellari non neoplastiche Lesioni vascolari Sindromi della sella vuota (empty sella) Sindrome di Sheehan

LESIONI OVARICHE

Ovaio resistente Sindrome dell’Ovaio policistico (PCOS) Menopausa precoce

LESIONI DEL CANALE GENITALE

Sindrome di Ashermann

Cause disfunzionali di amenorrea secondaria: E' una forma comune di amenorrea, soprattutto in ragazze in età adolescenziale, in cui non ci

sono alterazioni organiche clinicamente dimostrabili a carico dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio o di altre funzioni endocrine: gli esami di laboratorio indicano livelli di gonadotropine normali o talvolta

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estremamente bassi ed i test di stimolo della funzione ipotalamica mostrano gravi alterazioni funzionali.

Questa forma è detta amenorrea ipotalamica da stress ed è caratterizzata da un ipotalamo che esposto a situazioni di stress fisico, metabolico e/o psico-emotivo cronico, risponde producendo minime quantità di GnRH e con modalità inadeguate all’età ginecologica della paziente.

Alterazioni quantitative del flusso mestruale Ipomenorrea

L’ipomenorrea è una condizione caratterizzata da una perdita ematica mestruale inferiore alla norma, considerando come limite inferiore di normalità 20 ml. Nella maggior parte dei casi dei casi in associazione a questo segno non vi sono alterazioni nella funzionalità e nella regolazione del ciclo mestruale, e solo in alcune donne l’ipomenorrea si lega ad una condizione di anovularietà.

Questo fenomeno in genere è legato ad alterazioni metaboliche locali ed ad un endometrio meno sensibile alla caduta ormonale che si verifica al momento della mestruazione. Anche le sinechie e i fenomeni infiammatori possono essre fattori causali dal momento che ostacolano la perdita ematica. Meno frequentemente l’ipomenorrea è legata a patologie o condizioni sistemiche quali obesità, patologie tiroidee o surrenaliche.

Se all’ipomenorrea non si associano alterazioni endocrine non è necessario un trattamento terapeutico, ma è sufficiente tenere la paziente sotto controllo per valutare l’andamento della situazione; mentre nel caso di un rapido e progressivo peggioramento può essere indicata la terapia con un’associazione estro-progestinica. Ipermenorrea

Per ipermenorrea si intende una mestruazione molto abbondante, che risulta patologica con perdite superiori agli 80 ml, infatti questa situazione espone la paziente ad anemizzazione ed è per questo che nel caso di episodi di ipermenorrea ripetuti, bisogna monitorare emocromo e sideremia.

L’ipermenorrea raramente ha cause di tipo organico o endocrino, infatti nella maggior parte dei casi è dovuta ad alterazioni nel metabolismo locale delle prostaglandine, i mediatori della comparsa e dell’arresto dell’emorragia mestruale. Se la sintesi e/o l’attività di queste sostanze è alterata, il sanguinamento diviene eccessivo. Un altro fattore locale che può condizionare l’entità della mestruazione è lo sviluppo della mucosa endometriale: quanto più la mucosa è sviluppata, tanto maggiore sarà la perdita ematica. Emorragie uterine disfunzionali

Con questo termine si indica la presenza di un anomalo sanguinamento uterino, per entità e/o per epoca di comparsa in termini di momento del ciclo. Si parla quindi di : - menorragia: se la perdita ematica mestruale è più abbondante (>80 ml) e/o dura più a lungo di un flusso normale. - metrorragia: se la perdita ematica si verifica nel periodo intermestruale o durante la pre-pubertà o la post-menopausa, cioè in periodi nei quali non devono essere presenti perdite ematiche genitali. - meno-metrorragia: perdita ematica abbondante iniziata in epoca mestruale e continuata nel periodo intermestruale in quantità più o meno abbondanti.

Perdite ematiche importanti possono portare ad anemizzazione, pallore, astenia, tachicardia e, a livello degli esami di laboratorio possono comportare diminuzione dell’ematocrito e della sideremia e valori di emoglobina inferiori a 10 g/dl.

Dal punto di vista diagnostico è fondamentale l’età ginecologica della paziente, infatti in ragazze molto giovani, nelle quali il menarca si è verificato da 2-4 anni, il riscontro di emorragie disfunzionali non deve destare allarmismo perché in fase post-puberale l’apparato riproduttivo è

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ancora immaturo, le comunicazioni tra i vari centri di controllo sono ancora in "rodaggio” e anche i recettori negli organi bersaglio sono presenti in numero inadeguato alla velocità di crescita. Soltanto in rari casi è riconoscibile un significato patologico.

EMORRAGIE UTERINE DISFUNZIONALI

ESAMIII° LIVELLO

Biopsia endometrialeIsteroscopia

Ecografia pelvicatransvaginale

ESAMI I°LIVELLO

ESAMIORMONALI

VISITAGINECOLOGICA

ANAMNESIACCURATA

Fig. 3 - La comparsa di menometrorragia assume significati ben distinti a seconda del

momento della vita in cui si realizza. Nel sospetto, va sempre considerata un sintomo a seguito del quale è indicato fare qualsiasi accertamento volto ad escludere eventuali situazioni di disfunzione ormonale o di fisiopatologia.

Se invece la paziente ha più di 35 anni, dal momento che la funzione riproduttiva a

quest’epoca è ampiamente consolidata, bisogna fare attenzione alla comparsa di emorragie perché queste possono essere il segno di patologie organiche sottostanti.

E’ opportuno raccoglire un’accurata anamnesi della paziente, indagando tempo e modalità di comparsa dell’emorragia, l’associazione con altri sintomi ginecologici e non, l’abitualità dell’evento, le eventuali terapie in atto come terapie ormonali (contraccettivi orali) e con farmaci anti-dolorifici.

Successivamente è importante effettuare la visita ginecologica per valutare la presenza di lesioni o patologie organiche a carico di genitali esterni, cervice e corpo uterino. Sono utili anche gli esami strumentali quali l’ecografia per accertare la presenza di lesioni organiche (leiomiomi uterini, iperplasia endometriale, polipi..) e metodiche più invasive, quali l’isteroscopia o l’isterografia.

Le emorragie disfunzionali possono avere anche cause endocrine, valutabili con gli esami ormonali in due prelievi, uno in fase medio-follicolare e uno in fase medio-luteale. Lo scopo è valutare la presenza di eventuali alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio, ma anche della funzionalità tiroidea e cortico-surrenalica. Le possibili cause di emorragie disfunzionali sono:

1) Cause organiche genitali: tra queste ricordiamo i leiomiomi uterini, i polipi endometriali, e più raramente le neoplasia maligne dell’utero o dell’ovaio. Un’altra possibile causa è un’anomalo decorso della gravidanza (aborto incompleto, gravidanza ectopica).

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2) Endocrinopatie: cause frequenti sono gli iperandrogenismi, ovarico e/o surrenalico, infatti alti livelli di androgeni modulano negativamente il rilascio del GnRH e delle gonadotropine alterando così la steroidogenesi e determinando la presenza di una fase luteale inadeguata, con diminuzione dei livelli di progesterone, il quale non è così in grado di bilanciare l’azione degli estrogeni a livello endometriale ed ecco allora comparire il sanguinamento disfunzionale. Anche l’iper-prolattinemia e l’ipotiroidismo possono comportare sanguinamenti anomali.

3) Obesità: nelle donne obese è frequente una condizione di iper-estrinismo legato alla produzione di steroidi sessuali da parte del tessuto adiposo che determina un ipertono estrogenico comportante alterazioni luteali e quindi emorragie.

4) Coagulopatie ed altre patologie ematologiche: Tra queste ricordiamo la malattia di von Willebrandt, il deficit di protrombina, la porpora trombocitopenica, le varie forme di leucemia.

5) Cause locali: alterazioni del metabolismo delle prostaglandine a livello endometriale o alterazioni nella produzione di fattori fibrinolitici e sostanze eparino-simili.

La terapia medica di prima scelta nelle emorragie uterine disfunzionali è rappresentata dai

progestinici, in particolare i 19-norderivati, infatti sono in grado di indurre aplasia endometriale e antagonizzano l’azione degli estrogeni. Il progestinico pùò essere associato ad un estrogeno e queste associazioni si trovano in varie preparazioni farmaceutiche con diversa efficacia ed in diverse vie di somministrazione (orale, trans-cutanea, impianto sottocutaneo). In fase acuta si usano anche farmaci anti-fibrinolitici, soprattutto l’acido tranexamico e l’acido ε-aminocaproico; infine la revisione della cavità uterina è effettuata quando la perdita ematica è intensa ed è sostenuta da uno spessore endometriale superiore ai 5-10 mm e la terapia medica non ha risolto, o almeno migliorato, il quadro delle perdite ematiche nelle prime 8-12 ore. Anovulazione cronica

L’ovulazione, cioè la rottura del follicolo giunto a maturazione, è il momento-chiave nella vita riproduttiva della donna e si colloca intorno al 14° giorno del ciclo. Se non avviene l’ovulazione la capacità riproduttiva femminile è del tutto compromessa in quanto non può esserci la fecondazione dell’oocita e quindi la gravidanza.

L’anovulazione cronica è una situazione caratterizzata dalla costante presenza di cicli anovulatori, condizione fisiologica in epoca post-puberale e peri-menopausale ma non nel corso della vita fertile della donna.

Clinicamente l’anovulazione si può associare ad alterazioni del ritmo mestruale, dall’oligomenorrea fino all’amenorrea secondaria, ad alterazioni nella durata e nella quantità del flusso mestruale. Per valutare l’avvenuta l’ovulazione si dosa il progesterone tra la 20° e la 25° giornata del ciclo, indice favorevole è un valore superiore a 10 ng/ml. E’ importante dosare anche l’estradiolo e l’LH in corrispondenza della presunta ovulazione per verificare se il picco pre-ovulatorio di questi ormoni è presente o meno. Anche l’ecografia pelvica transvaginale è un valido aiuto perché permette di riconoscere nell’ovaio la presenza di follicoli periovulatori o sulla superficie ovarica le stigmate della rottura del follicolo e della successiva comparsa del corpo luteo; segni che mancano se il ciclo è anovulatorio. Altre valutazioni, meno precise, sono la misurazione della temperatura basale e la biopsia endometriale.

L’eziologia dell’anovulazione cronica è multifattoriale, infatti il fattore causale può essere localizzato a vari livelli: può interessare il sistema nervoso centrale (e cioè ipotalamo e ipofisi), il sistema endocrino in periferia (ovaio, surrene) o entrambi.

Svariate endocrinopatie possono legate all’anovulazione cronica; quali la PCOS, l’iperprolattinemia, l’iperandrogenismo.

LUF (Luteinized Unrupted Follicle) Syndrome: la sindrome del follicolo luteinizzato non rotto è un quadro ad eziologia multifattoriale che coinvolge i fattori che permettono la liberazione dell’oocita al momento dell’ovulazione (prostaglandine, enzimi proteolitici, contrattilità della parete

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follicolare), caratterizzata da un normale processo di luteinizzazione del follicolo, ma in assenza di ovulazione perché al momento opportuno l’oocita non viene liberato; questo è confermato dall’ecografia in cui mancano i segni dell’avvenuta ovulazione e in cui si rintracciano cisti luteinizzate persistenti. Clinicamente le pazienti con la LUF syndrome hanno flussi mestruali regolari. Deficit della fase luteale

Le alterazioni della fase luteale e nella funzione del corpo luteo sono molto frequenti in donne con problemi di infertilità o abortività ricorrente. La fase luteale è caratterizzata dalla produzione di progesterone da parte del corpo luteo e qualsiasi alterazione di questa fase porta a un relativo deficit di progesterone.

L’insufficienza della fase luteale si può manifestare in vario modo: - la fase luteale ha una durata inferiore agli 11 giorni e quindi è insufficiente a garantire

un’adeguata stimolazione progestinica a livello endometriale, anche se la quota di progesterone prodotta è normale (P>10 ng/ml); si parla di Short Luteal Phase.

- la fase luteale ha una durata normale, ma c’è un deficit nella produzione di progesterone da parte del corpo luteo, per cui non si raggiungono livelli adeguati (P<6-8 ng/ml) e la maturazione dell’endometrio è inadeguata.

- Più raramente il difetto è endometriale, cioè i recettori per il progesterone presenti sulle cellule endometriali sono assenti o molto scarsi, per cui la stimolazione ormonale non è efficace.

L’azione del progesterone sulle cellule endometriali è dose e tempo dipendente per cui l’effetto finale di entrambe queste situazioni è un’inadeguata stimolazione endometriale con un ritardo maturativo endometriale di almeno due giorni rispetto al giorno del ciclo.

Le cause che portano al deficit di fase luteale agiscono a vari livelli e coinvolgono la stimolazione operata dalle gonadotropine sull’ovaio; il fattore causale più importante è rappresentato dall’insufficiente stimolazione esercitata dall’FSH durante la fase follicolare che comporta una incompleta maturazione follicolare e una preparazione alla successiva fase luteale inadatta. Quindi per avere una fase luteale normale per durata e funzione, serve avere a monte una fase follicolare adeguata e normale. Una fase follicolare insufficiente si può avere per una diminuita secrezione ipofisaria di FSH o per un alterato rapporto FSH/LH come nella PCOS. Un’altra ipotetica causa riguarda l’LH, infatti se l’LH in fase post-ovulatoria non esercita un’adeguata stimolazione, ci può essere un deficit di produzione del progesterone e dell’intera fase luteale. Altre cause sono l’iperprolattinemia, l’ipocolesterolemia (perché mancano i substrati per la sintesi ormonale) e le anomalie della steroidogenesi.

Le donne con deficit della fase luteale hanno un problema di fertilità, non di sterilità, infatti se dopo l’ovulazione c’è la fecondazione dell’oocita ed il corpo luteo è insufficiente in durata o funzione si possono avere dei problemi nell’annidamento e del successivo sviluppo dell’embrione nell’utero, probabilmente perché l’endometrio non è pronto dal punto di vista maturativo ad accoglierlo.

Diagnosi di deficit della fase luteale si effettua: - con la valutazione della temperatura basale durante le varie fasi del ciclo. In genere si

ottiene una curva con andamento bifasico con un rialzo termico in fase luteale di circa 0.5° per la presenza del progesterone. Se nella fase luteale non c’è il rialzo termico significa che non c’è stata la salita del progesterone e quindi non è avvenuta l’ovulazione.

- ricercando il picco dell’LH: si valutano i livelli urinari di LH per vedere se c’è o meno il picco pre-ovulatorio dell’LH, essenziale per avere un’adeguata fase luteale.

- col dosaggio del progesterone plasmatico effettuato al 16°, 21° e 25° giorno dal primo giorno della mestruazione.

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- utile puoò essere anche la Biopsia endometriale con almeno due prelievi bioptici per visualizzare la presenza di un ritardo maturativo a carico della mucosa endometriale di almeno due giorni rispetto ai criteri istologici (criteri di Noyes).

- Altri mezzi diagnostici sono la valutazione dell’inibina e dei recettori per il progesterone e l’esame ecografico.

La terapia per l’insufficienza di fase luteale è di tipo sostitutivo con progesterone per compensare la scarsa o addirittura assente produzione endogena; il progesterone può essere somministrato per via vaginale in forma micronizzata o per os o intra-muscolo. Nelle donne che desiderano una gravidanza, l’approccio terapeutico alternativo è quello con induttori dell’ovulazione, in modo da avere la certezza di un’ovulazione e di una adeguata formazione del corpo luteo.

Disturbi neuroendocrini della ciclicità mestruale L’ipotalamo è una “centralina” di regolazione, che integra le informazioni esogene con

quelle endogene condizionando le funzioni ormonali su cui agisce. Lo stress rappresenta l’adattamento dell’individuo ad una condizione ambientale avversa ed è in grasdo di indurre nel sistema neuroendocrino risposte adattative che hanno lo scopo di mettere a disposizione i mezzi per affrontare la situazione, dall’altro di proteggere gli organi prioritari (cervello, cuore) da eventuali danni. La risposta più importante e veloce dei mammiferi ed, in particolare, dei primati allo stress è quella di attivazione dell’asse surrenalico, infatti l’ipotalamo sottoposto a stress rilascia grandi quantità di CRF, il quale va a stimolare la sintesi e la secrezione ipofisaria di POMC, da cui derivano poi ACTH, MSH e oppioidi endogeni (lipotropine, endorfine). L'ACTH stimola a livello della corteccia surrenalica la produzione di cortisolo che promuove la glicogenolisi per aumentare la disponibilità di glucosio. Il CRF ipotalamico stimola anche l'attività noradrenergica e quindi la lipolisi, garantendo l’accumulo di substrati energetici pronti all'uso, nel caso ve ne fosse bisogno. La tipica risposta ad un qualsiasi tipo di stress è caratterizzata dall'aumento delle concentrazioni di cortisolo, prolattina e GH. Se l’esposizione all’evento stressante non è acuta, ma cronica e prolungata nel tempo si creano situazioni di squilibrio a carico di vari sistemi neuroendocrini e metabolici e primariamente è la sfera riproduttiva a pagarne le conseguenze più severe, infatti le riposte adattative attivano vie e circuiti che sono in grado di deprimere la funzione riproduttiva fino a bloccarla completamente e portare ad un situazione nota come “amenorrea ipotalamica da stress”.

Definizione di amenorrea ipotalamica da stress Nell’amenorrea ipotalamica da stress la cessazione delle mestruazioni non è ascrivibile ad

alcuna causa fisiopatologica od organica, non sono presenti nè patologie endocrine né metaboliche e neppure alterazioni strutturali dell’asse riproduttivo, ma esiste un’alterazione puramente funzionale dell’ipotalamo: questo comporta che non viene più garantita la secrezione di GnRH e quindi di gonadotropine (soprattutto LH). Questa alterazione ha come “primum movens” proprio lo stress inteso nelle sue varie forme: fisico, metabolico e psico-emotivo.

Lo stress fisico si ha quando la persona si sottopone ad un esercizio fisico eccessivo e continuativo: categorie a rischio sono le atlete, le ballerine o più in generale tutte le sportive che seguono allenamenti troppo intensi. Si deve stabilire il tipo, la durata e l’intensità dell’esercizio. Un altro aspetto da indagare è l’epoca di inizio dell’attività sportiva: se è molto precoce (età prepuberale) i danni in termini di regolarità mestruale sono più severi e spesso esordiscono con un ritardo nello stesso menarca.

Lo stress metabolico è dovuto a perdite di peso eccessive e/o troppo repentine, fino ai casi più drammatici di anoressia nervosa. Infatti per avere cicli mestruali normali deve essere rispettato un determinato rapporto tra massa grassa e massa magra, per cui il tessuto adiposo non deve essere troppo scarso, infatti l’adipe è un componente corporeo biologicamente rilevante in termini di

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capacità riproduttiva fin dalla pubertà, tanto che il menarca non si verifica finchè non vengono raggiunti un peso e una massa grassa adeguati.

Lo stress psico-emotivo è lo stress psicologico in cui rientrano tutti quegli eventi che causano profondo disagio e disadattamento quali lutti, licenziamenti, divorzi, bocciature scolastiche.

Nella stessa paziente in genere coesistono più elementi stressanti che si combinano e si amplificano a vicenda, ad esempio le atlete o le ballerine da un lato sono sottoposte allo stress fisico degli allenamenti, dall’altro hanno spesso un’alimentazione inadeguata alle esigenze e scorretta dal punto di vista nutrizionale, infine devono affrontare l’ansia legata alla prestazione e le conseguenze di un eventuale insuccesso.

Il blocco della mestruazione e della capacità riproduttiva in queste situazioni di stress serve a preservare la donna da ulteriori rischi per la sua salute, quali potrebbero verificarsi se andasse incontro ad una gravidanza in un momento così inadatto.

I tempi di comparsa delle irregolarità mestruali dall’esposizione al fattore di stress sono variabili e comunque non meno di 40-60 giorni; in genere le alterazioni iniziano con l’oligomenorrea, poi in genere evolvono in un quadro di amenorrea vera e propria. I tempi medi di risoluzione del problema vanno dai 6-8 mesi ad alcuni anni.

Effetti dei neurotransmettitori e neuromodulatori sulrilascio del GnRH

β-END

DA

-

-

ΟΤ

- GABA

ACh

+ + NPY+CRF

-+ NA

Fig. 4 - Le funzioni ipotalamiche sono fortemente condizionate dai neurotrasmettitori e dai

neuromodulatori prodotti dai neuroni delle aree corticali. Alcuni di questi sono iperscreti a seguito dello stress e di conseguenza condizionano il rilascio di alcune tropine ipotalamiche come il CRF, il quale va poi ad attivare l'asse surrenalico.

Quadro ormonale Gonadotropine: alterato risulta il rilascio dell’LH, mentre quello dell'FSH risulta normale

sia come valori che come pattern secretivo. In base ai livelli di LH si distinguono pazienti ipogonadotrope (LH < 3 mUI/ml) e pazienti

normogonadotrope (LH >3 mUI/ml).

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Tutte le pazienti presentano un profondo sovvertimento del rilascio pulsatile dell'LH sia per ampiezza che per frequenza: l'ampiezza dei picchi secretori risulta molto diminuita, mentre la frequenza subisce un notevole aumento; i picchi secretori compaiono solo nelle ore notturne, come in epoca puberale.

Infine la risposta dell'LH alla somministrazione di GnRH esogeno risulta depressa rispetto a quella di donne normalmente mestruate. Queste alterazioni a carico dell’unità ipotalamo-ipofisi si riflettono sull'attività ovarica, la quale subisce una netta modificazione con la cessazione della maturazione dei follicoli.

Estrogeni: la scarsa o assente attività ovarica induce ipoestrogenismo, e in questa situazione gli estrogeni derivano quasi esclusivamente dalla conversione periferica (muscolo) degli androgeni.

L'ipoestrogenismo ha importanti conseguenze dal punto di vista metabolico, soprattutto a carico del tessuto osseo, quali una densità ossea inferiore, un maggior rischio per osteoporosi e di fratture patologiche, e dell'assetto lipidico, infatti l’ipoestrogenismo comporta un aumento dei livelli di LDL e colesterolo totale.

Androgeni: la quota totale risulta nella norma, mentre la quota libera, che è quella biologicamente attiva, è aumentata in quanto l'ipoestrogenismo induce una diminuzione dei livelli di SHBG. Si ha una condizione di iperandrogenismo relativo proprio per i bassi livelli di estradiolo e questo può essere responsabile della comparsa di peluria lanuginosa sul volto e sugli arti superiori.

Cortisolo: lo stress cronico attiva l'asse surrenalico, per cui i livelli di cortisolo risultano costantemente aumentati (> 25 mg/l) nelle pazienti con amenorrea ipotalamica. La cronica attivazione della via surrenalica fa in modo che la risposta alla stimolazione esogena con ACTH sia inferiore a quella che si osserva in donne eumenorroiche: questo perché la produzione del cortisolo è già massimale e non può salire più di così.

Prolattina: in queste pazienti i livelli di prolattina sono nel range di normalità o addirittura sono più bassi. La causa di questo dato apparentemente incongruo con il quadro generale sta nella presenza di un ipertono dopaminergico, che come vedremo è uno dei probabili meccanismi alla base del sovvertimento della funzione riproduttiva.

Ormoni tiroidei: in queste pazienti, nelle anoressiche e nelle pazienti che hanno una eccessiva restrizione alimentare, è frequente il riscontro di una condizione di ipotiroidismo, con calo dei livelli plasmatici di fT3 e fT4 e relativo aumento di quelli di TSH. Questo quadro si accompagna anche alla salita dell’analogo biologicamente inattivo della fT3 (fT3 inversa) e prende il nome di “sindrome da basso T3” (Low T3 Syndrome). L’attività della tiroide è ridotta in modo da ridurre il metaboliosmo basale e per limitare il dispendio energetico e le perdite di calore. L’ipotiroidismo contribuisce però al mantenimento dell’amenorrea, inserendosi in un circolo vizioso che può essere interrotto solo eliminando il fattore di stress.

Leptina: è un ormone che viene prodotto nel tessuto adiposo. Nelle pazienti anoressiche e/o sottoposte ad eccessivo esercizio fisico è diminuita dal momento che le riserve di grasso sono ridotte al minimo.

Meccanismi fisio-patologici La secrezione di GnRH è ostacolata dai circuiti neuroendocrini che lo stress attiva (Figura

15); in primis dal circuito CRF-oppioidi endogeni (α-lipotropine, endorfine): l'ipertono oppioidergico infatti modula negativamente il rilascio di GnRH e quindi di LH, portando alla comparsa delle irregolarità mestruali. Nei casi più severi, l'inibizione è così profonda da far regredire l'intero asse riproduttivo ad uno stadio pre-puberale.

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STRESSMELATONINA

SEROTONINA

GnRH

EP CRF

ACTHGONADOTROPINE CORTISOLO

IPOTALAMO

IPOFISI SURRENE

+ ++

+

---

+

lipolisi glicogenolisi

NA+

++ +

Fig. 5 - Il fenomeno dello stress, almeno in una prima fase, attiva dei meccanismi di

compenso anche sul piano metabolico permettendo l’aumento, per lipolisi e glicogenolisi, di disponibilità energetiche.

Per quantizzare l'attivazione del sistema oppioide si può utilizzare l'infusione di naloxone,

un antagonista recettoriale degli oppioidi, infatti se la somministrazione di naloxone non fa aumentare i livelli di LH, significa che è presente un'esagerata attivazione del sistema oppioide. La somministrazione cronica di naloxone ( 50 mg/die) riesce a contrastare l'azione cronica dell’ipertono degli oppioidi e ripristina la ciclicità mestruale mediamente in 3-6 mesi.

Tra gli altri circuiti neuroendocrini che sembrano partecipare nel determinare la patogenesi della amenorrea ipotalamica ricordiamo quello della melatonina, un mediatore che aumenta in caso di digiuno e intenso esercizio fisico, ovvero proprio durante due possibili fattori causali di quadri di amenorrea da stress. Infatti nelle pazienti amenorroiche si è rilevato un ritmo circadiano della melatonina alterato, con picchi notturni di maggiore ampiezza e ritardo di circa due ore nel ripristino di livelli normali. Quindi è stata proposta una correlazione tra questo aumentato picco notturno di melatonina, dovuto probabilmente ad una disregolazione centrale, e la presenza di inibizione sul rilascio di GnRH. Anche altri ormoni e neurotrasmettitori sono certamente coinvolti nella patogenesi della amenorrea da stress: la dopamina (infatti nelle pazienti è presente un ipertono dopaminergico), la serotonina e l’ossitocina. E’ noto come nella restrizione alimentare e nell’anoressia si ha un tono serotoninergico molto aumentato, così come questo è molto ridotto nell’obesità. Infine un ruolo importante è dato dalla presenza di ipertono inibitorio di prolattina, cortisolo e catecolamine.

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STRESS & SEGNALI METABOLICISTRESS & SEGNALI METABOLICI

Risposta allo STRESS del digiuno

Modificazioni metaboliche indotte dal digiuno

DIGIUNO DIGIUNO

Modulazioni neuro-endocrine

indotta dallo STRESS

Ridotta attività dell'ASSE RIPRODUTTIVO

Modificazione del metabolismo

corporeo

Accumulo di energia(Alimentazione)

Mobilizzazione di energia

(Digiuno)

Fig. 6 - Il basso peso può essere la risultante sia di un ridotto apporto alimentare sia di un

eccessivo consumo energetico (con o senza adeguata alimentazione). Questo determina da un lato un adeguamento delle attività metaboliche e dall'altro delle modulazioni neuroendocrine tutte capaci di condizionare in modo negativo il corretto funzionamento dell'asse riproduttivo (ipotalamo-ipofisi-ovaio).

Iter diagnostico Anamnesi: va indagata la storia ginecologica della paziente: epoca del menarca,

caratteristiche dei cicli mestruali successivi, caratteristiche degli ultimi cicli mestruali e infine epoca e modalità di comparsa delle irregolarità e della amenorrea.

Vanno ricercati i fattori di stress: variazioni di peso importanti e/o repentine, abitudini alimentari (diete ipocaloriche), attività sportive, pregressi traumi emotivi (lutti, divorzi..).

E’ inoltre importante valutare l'anamnesi patologica: positività per patologie sistemiche e/o endocrine, l'assunzione di farmaci, pregressi trattamenti radio e chemioterapici.

Esame obiettivo: valutazione del peso e della composizione corporea, calcolo del BMI (BMI= peso in Kg/ altezza in metri²), presenza di eventuali stigmate della anoressia (deperimento, peluria lanuginosa, segni di ipoproteinemia quali edema del volto e degli arti inferiori, ipotermia).

Escludere la presenza di segni ascrivibili ad altre cause di amenorrea quali acne, irsutismo, seborrea (che fanno ipotizzare quadri di iperandrogenismo), galattorrea, disturbi del visus e cefalea che danno il sospetto di adenoma ipofisario PRL-secernente).

Esami di laboratorio: valutare il quadro ormonale basale attraverso prelievo venoso (dosaggio di LH, FSH, estradiolo, testosterone, androstenedione, DHEA, DHEAS, cortisolo, prolattina, ormoni tiroidei).

Non sempre il semplice prelievo basale consente di dare una definizione esaustiva alla situazione, in questi casi è di grande aiuto il ricorso a test dinamici di stimolo o inibizione, che sono eseguiti presso i centri specializzati: i più importanti e utilizzati sono i seguenti:

- test di pulsatilità di LH e FSH: in 4-6 ore con prelievi ogni 10 minuti, serve per classificare l'amenorrea come ipo o normogonadotropa, e per analizzare il pattern secretorio delle gonadotropine.

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- GnRH test: la risposta al GnRH, in somministrazione unica o doppia, in genere risulta inferiore a quella di pazienti eumenorroiche. In alcune pazienti però la risposta è normale o addirittura esagerata.

- Test al naloxone: serve per valutare il tono oppioide e quantificare la sua attivazione. Si somministra naloxone in bolo (4 o 25 mg) o in infusione lenta, e si eseguono prelievi (ogni 15 minuti) per la valutare i livelli di LH e cortisolo. Nelle donne con amenorrea ipotalamica da stress i livelli di LH risentono positivamente della somministrazione di naloxone; in alcune però non si rileva questa risposta positiva a testimonianza di un'attivazione oppioidergica notevolmente aumentata

Terapia

Esiste una terapia causale ed una terapia sintomatica. Nel primo caso si cerca di rimuovere la situazione di stress che ha causato la scomparsa delle mestruazioni, quindi: la paziente deve riacquistare peso e/o seguire una dieta bilanciata, ridurre o cessare l'attività sportiva, elaborare e superare i problemi personali eventualmente anche con l'aiuto di uno psicologo.

L'uso di antagonisti recettoriali degli oppioidi è giustificato dal momento che l’ipertono oppioide è il principale meccanismo patogenetico dell’amenorre ipotalamica, in genere si usa il naltrexone (Nalorex) per os alla dose di 50 mg/die per un periodo di 3-6 mesi: in molti casi si ottiene il ritorno alla normalità con comparsa di cicli mestruali regolari, con maggior successo nelle pazienti che hanno risposto positivamente al test con naloxone.

Si può anche usare L-acetil-carnitina (LAC), la quale modula a livello del SNC l'attività di vari neurotrasmettitori coinvolti nel controllo dello stress (dopamina, serotonina) e favorisce il corretto metabolismo energetico cellulare (lipidico e glucidico). La LAC è dotata di attività neurotrofiche e per questo è indicata nelle situazioni di affaticamento o di superlavoro dal momento che migliora la tolleranza allo stress e consente l'attivazione di risposte adattative più efficaci; può essere somministrata per os alla dose di 2 gr/die e può essere utilizzata anche a lungo termine, essendo priva di effetti collaterali.

Quando l'esigenza è il solo ripristino della ciclicità metruale, eventualmente associato ad un'esigenza contraccettiva della paziente, la soluzione migliore è una terapia sostitutiva con un contraccettivo orale. Il contraccettivo orale protegge la donna dai rischi dell'ipoestrogenismo ma resta una terapia sintomatica che non agisce sulle cause ultime dell'amenorrea.

Sindrome premestruale La sindrome premestruale (PMS) è costituita da un complesso di alterazioni fisiche e

psichiche che compaiono ciclicamente durante la settimana che precede la mestruazione, quindi in tarda fase luteale, e regrediscono uno o due giorni dopo l’inizio della mestruazione stessa; interessa circa il 5% delle donne, soprattutto delle classi sociali più elevate.

Manifestazioni cliniche Tra queste ricordiamo: - labilità emotiva, sbalzi di umore - ansia, disturbi del sonno - difficoltà di concentrazione e scarsa motivazione - irritabilità, cattiveria - turbe gastrointestinali: diarrea, stipsi, nausea - aumentato appetito e/o bramosia di cibi dolci o salati - aumento di peso, edema, gonfiore addominale - mastodinia

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- calo della libido, alterazione del comportamento sessuale - emicrania La sintomatologia condiziona negativamente l’attività sociale, la vita lavorativa e affettiva

della paziente, tanto che in base alla disabilità che la PMS causa si distinguono forme lievi, moderate e severe, queste ultime vengono classificate nel DSM-IV come patologia psichiatrica sotto il nome di “disordine disforico pre-mestruale”.

Diagnosi Per fare diagnosi di PMS è essenziale che ci sia un periodo asintomatico coincidente con la

fase follicolare del ciclo; e la comparsa ciclica della sintomatologia col ciclo mestruale.

Eziopatogenesi Le manifestazioni cliniche della PMS sono una diretta conseguenza delle fluttuazioni

ormonali connesse al ciclo ovarico e nelle donne affette l’influenza esercitata dalle variazioni ormonali sembra essere esagerata. A riprova di questa ipotesi sta il fatto che la soppressione dell’attività ovarica tramite ovariectomia determina una regressione pressochè totale della sindrome; anche l’inibizione dell’ovulazione sembra avere lo stesso effetto.

Nel tempo sono state proposte varie ipotesi patogenetiche per individuare gli ormoni coinvolti nell’insorgenza della PMS.

1) Deficit di progesterone nella fase luteale. In realtà numerose evidenze contrastano tale ipotesi, infatti la supplementazione di progesterone non determina miglioramento della sintomatologia e inoltre, in contraddizione con questa ipotesi, pare che le pazienti raggiungano il picco di benessere in tarda fase follicolare, proprio quando i livelli di progesterone sono al minimo. Recenti studi hanno evidenziato che nelle donne con PMS la frequenza dei picchi secretori risulta aumentata, mentre l’ampiezza media risulta diminuita. Questo fenomeno appare del tutto correlato alla secrezione di LH, che presenta le medesime caratteristiche, e mette in luce la presenza di un’alterata regolazione neuro-endocrina nel rilascio episodico di progesterone. Nella PMS sembra quindi essere alterato il controllo ormonale del corpo luteo e questo comporterebbe un’anomala secrezione di progesterone, in termini di frequenza ed ampiezza dei suoi picchi.

2) Deficit di allopregnanolone. L’allopregnanolone è un neuro-steroide derivante dalla riduzione del progesterone, che viene prodotto principalmente a livello di corteccia, ipofisi e mesencefalo; è il più potente ansiolitico endogeno grazie alla sua azione di agonista per il recettore per il GABA. Nella PMS le concentrazioni medie di allopregnanolone in fase luteale sono diminuite come anche la risposta di questo neurosteroide al GnRH test.

3) Carenza di oppioidi endogeni. Si è osservato durante la fase sintomatica della PMS un transitorio deficit a carico del sistema oppioide centrale la cui conseguenza è una diminuita inibizione sul rilascio di GnRH da parte dell’ipotalamo e un’aumentata secrezione di LH e quindi di progesterone.

4) Alterazioni della via serotoninergica. La serotonina è un neurotrasmettitore coinvolto nella regolazione di appetito, termoregolazione, attività sessuale, locomozione; inoltre è fondamentale per il controllo del tono dell’umore infatti alcune patologie psichiatriche, come la depressione, sono dovute a carenza di serotonina. Le modificazioni dell’umore tipiche della PMS (ansia, irritabilità, disforia) sono simili a quelle della depressione, per cui si è ipotizzato che alla base della PMS vi fosse un deficit di attività della serotonina, a dimostrazione di questo è il fatto nelle donne affette da PMS si osserva una riduzione del re-uptake della serotonina.

5) Alterazioni dietetiche. Altre cause ipotetiche dell’eziologia della PMS sono l’ipoglicemia e/o la relativa carenza di vitamina A e B6.

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Terapia Per impostare un corretto approccio terapeutico alla PMS bisogna sempre valutare l’entità

del quadro clinico e quindi agire di conseguenza: se la sintomatologia è lieve e non condiziona la vita della paziente in modo importante, si interviene con il training psicologico e con lo stimolo dell’attività fisica.

Nei casi di media gravità si può rivelare utile diminuire l’apporto di sale con la dieta e aumentare il consumo di magnesio e vitamina B6 utilizzando appositi integratori; se l’approccio dietetico si rivela inefficace si ricorre alla terapia medica con progesterone o farmaci psicoattivi. Il progesterone trovava largo impiego soprattutto in passato, quando si pensava che avesse un ruolo preponderante nella patogenesi della PMS; poi vari studi ne hanno messo in dubbio la reale efficacia e quindi il suo utilizzo attualmente è in calo. Il futuro in termini di terapia della PMS sembra essere rappresentato dai farmaci psicoattivi, in particolare tra gli SSRI (Selective Serotonine Re-uptake Inhibitor) dalla fluoxetina; infatti la somministrazione di 20 mg di fluoxetina in donne affette da PMS nei 15 giorni precedenti la mestruazione (contro i 60 mg usati nella depressione) determina una risoluzione dei sintomi sia psicologici che fisici. Il razionale nell’uso di un SSRI deriva dall’importante ruolo giocato dalla serotonina nell’insorgenza della PMS. Per avere l’effetto terapeutico nella PMS è sufficiente un periodo molto breve.

Nei casi di PMS severa per alleviare i sintomi si può sopprimere la funzione ovarica tramite danazolo o GnRH-analoghi. Il danazolo inibisce l’ovulazione ed elimina quelle fluttuazioni ormonali che si pensa siano alla base della PMS; ha però molti effetti collaterali legati soprattutto alla sua attività androgenica (irsutismo, aumento ponderale, seborrea…). I GnRH-analoghi, somministrati in modo continuo, bloccano l’ovulazione dando una down-regulation dei recettori ipofisari del GnRH con soppressione dose-correlata delle gonadotropine. L’uso dei GnRH-analoghi determina la remissione dei sintomi nel 75% delle pazienti, ma in poche settimane porta ad una condizione simil-menopausale, con ipoestrogenismo e quindi con vampate, aumentato rischio di osteoporosi, alterazioni del metabolismo lipidico ecc.. Per ovviare a questo effetto collaterale si può associare il GnRH-analogo con una terapia sostitutiva estroprogestinica a dosi basse per evitare l'innesco della PMS.

Dismenorrea Dismenorrea significa mestruazione dolorosa; è molto frequente soprattutto in ragazze

adolescenti e dopo la prima gravidanza, tende ad attenuarsi fino anche a scomparire. Esistono due tipi di dismenorrea: quella primaria o funzionale e quella secondaria od

organica. La dismenorrea primaria non si associa ad alcuna patologia pelvica, ma è dovuta ad una “disfunzione” intrinseca dell’utero; invece nella dismenorrea secondaria la causa è una patologia pelvica: endometriosi, patologie infiammatorie, polipi, leiomiomi, malformazioni utero-vaginali, cisti ovariche.

Il sintomo principale della dismenorrea è rappresentato dal dolore che compare il giorno precedente la mestruazione e si protrae per altre 24-48 ore con un picco nelle 12 ore seguenti la comparsa del flusso mestruale, cioè nel momento in cui l’endometrio è espulso più velocemente dalla cavità uterina; in ogni caso la durata non supera mai le 72 ore perché la produzione di prostaglandine, elemento patogenetico essenziale, diminuisce drasticamente. E’ un dolore crampiforme, in sede sovrapubica e irradiato in zona lombare; si associa a turbe dell’alvo (diarrea), nausea, cefalea e vertigini. In una rara forma di dismenorrea, definita membranosa, la mestruazione si accompagna a un dolore molto intenso e alla espulsione di grossi lembi di endometrio.

La causa patogenetica dell’insorgenza della dismenorrea sono le prostaglandine, in particolare la PGF2α e la PGE2 che nelle donne con dismenorrea risultano aumentate. Le prostaglandine si legano a specifici recettori nel miometrio e fanno aumentare l’attività contrattile uterina, la contrazione fa riduce l’apporto ematico creando una condizione di ischemia che determina la comparsa di dolore.

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Un altro fattore che sembra giocare un ruolo di primo piano nella genesi della dismenorrea è la vasopressina, ormone che stimola la contrattilità uterina, promuove la sintesi di PGF2α e che nelle donne affette da dismenorrea risulta aumentato al pari della ossitocina. Va segnalato che nelle donne che soffrono di dismenorrea si ha una diminuzione di prostacicline e di ossido nitrico, cioè di sostanze con azione miorilassante e vasodilatatrice.

La terapia della dismenorrea si basa sull’uso di farmaci che inibiscono la sintesi e il rilascio delle prostaglandine, tra questi ricordiamo i FANS (ibuprofene, naprossene, fenamati). Questi farmaci, oltre ad avere un’attività anti-prostaglandinica, svolgono anche un’azione analgesica e anti-infiammatoria. In alternativa o in associazione ai FANS si possono associare integratori a base di vitamina B6, che fa aumentare la quota disponibile di magnesio con un effetto miorilassante.

I contraccettivi orali, che danno sollievo in oltre il 80% dei casi, in quanto agiscono sia limitando la quota di prostaglandine prodotte in fase peri-mestruale sia regolando in modo più equilibrato le variazioni ormonali che inducono la mestruazione.

Esistono casi di dismenorrea non responsivi alla terapia: in questi casi bisogna effettuare tutte le indagini (esame obiettivo accurato, ecografia pelvica) volte ad escludere la presenza di una patologia organica. Se le indagini confermano la diagnosi di dismenorrea primaria bisogna ipotizzare l’esistenza di una causa psicologica per giustificare la non responsività alla terapia e diventa essenziale la consulenza psicologica e la valutazione della sfera affettiva e sociale della paziente.

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