PCR Patient and Cardiovascular Risk - n°2 Aprile/giugno 2010 Suppl. 02

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TRIMESTRALE DI AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO Anno II - Suppl. del N. 2, 2010 Ettore Ambrosioni Paolo Verdecchia Massimo Volpe Le nuove prospettive nella terapia antipertensiva: lo studio NAVIGATOR

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TRIMESTRALE DI AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO - Terapia antipertensiva: il valore del beneficio aggiunto

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T R I M E S T R A L E D I A G G I O R N A M E N T O S C I E N T I F I C OAnno I I - Suppl . del N. 2, 2010

Ettore Ambrosioni

Paolo Verdecchia

Massimo Volpe

Le nuove prospettive nella terapia antipertensiva:

lo studio NAVIGATOR

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Supplemento a N. 2, 2010

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L’incremento della spesa sanitaria appare inarresta-bile anche nelle previsioni avanzate fino al 2030almeno nel Nord America, Comunità Europea eGiappone. Questa situazione preoccupa seriamen-te le autorità sanitarie e i responsabili delle assicu-razioni dei paesi interessati, che hanno fatto delcontenimento della spesa sanitaria uno dei loroobiettivi primari.Le malattie cardiovascolari rimangono la primacausa di mortalità e morbilità nel mondo e, cometali, principali responsabili dell’aumento dei costisanitari nei paesi ad elevato sviluppo industriale.I costi dell’ictus e della cardiopatia ischemica hannoraggiunto negli USA circa 400 miliardi didollari/anno, mentre nella Comunità Europea unaprima parziale valutazione indica valori intorno ai170 miliardi di euro/anno. E’ quindi del tutto comprensibile che quanti sonoresponsabili della salute dei pazienti a titolo medicoed economico, siano impegnati ad identificare i piùimportanti fattori che contribuiscono alcontinuo aumento dei costi sanitari ed in particolaredi quelli relativi alle malattie cardiovascolari.A ragione del fatto che l’ipertensione arteriosaaffligge oltre il 30-40% della popolazione, che costi-tuisce il principale fattore di rischio per le malattiecardiovascolari e che la sua normalizzazione con laterapia farmacologica comporta un netto migliora-mento della morbilità e mortalità, la si è considera-ta come modello per valutare il costo beneficio deltrattamento delle malattie vascolari. L’osservazione che il beneficio del trattamentoanti-ipertensivo era solo parziale, soprattutto neiprimi studi clinici controllati, aveva spinto i ricer-catori e l’industria farmaceutica ad introdurre sulmercato nuovi farmaci, più efficaci (Ca bloccanti,ACE inibitori, Sartani) ma decisamente più costosidei precedenti, come i diuretici. Il crescente

aumento dei costi del trattamento della ipertensio-ne arteriosa venne di conseguenza attribuitoall’impiego di farmaci più costosi nella pratica cli-nica. Questa attribuzione di responsabilità trovòuna conferma nei risultati di diversi studi clinicicontrollati e di alcune meta-analisi che dimostrava-no come non vi fossero sostanziali differenze nellacapacità dei farmaci anti-ipertensivi nel ridurre lapressione arteriosa e gli eventi cardiovascolari.Nella valutazione del rapporto costo/ beneficiodella terapia anti-ipertensiva, il prezzo del farma-co testato nello studio clinico controllato apparivail fattore determinante. La conclusione raggiuntasulla base di queste osservazioni era stata che ilmezzo più adeguato a contenere e/o ridurre ilcosto della terapia dell’ipertensione arteriosa con-sisteva nell’impiego dei farmaci con il più bassoprezzo di acquisto.Conclusioni errate e prive di ogni logica: esperien-ze ed osservazioni compiute in studi clinici control-lati considerate direttamente traslabili alla praticaclinica corrente hanno evidenziato una condizionecompletamente differente, come si può evinceredal numero assai diverso di pazienti ipertesi conpressione controllata in ciascuno dei due gruppi:circa il 70% negli studi clinici controllati contro un20-30% nella pratica clinica. Il capovolgimentodella situazione che si determina nella pratica cli-nica riflette la totale diversità di situazione rispettoa quella degli studi clinici controllati. In questa ipazienti sono motivati, seguiti e ben controllati daesperti per un periodo di tempo relativamentebreve mentre nella pratica clinica emergono leimportanti differenze tra i farmaci nel causareeffetti indesiderati, nella rapidità di ridurre la pres-sione arteriosa che condizionano il grado di ade-renza e persistenza dei pazienti fin dal primo annodi trattamento.

Terapia antipertensiva:il valore del beneficio aggiuntoEttore Ambrosioni

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Due grandi studi condotti recentemente in Italiahanno dimostrato che l’aderenza e la persistenzadei pazienti al trattamento anti-ipertensivo erano lar-gamente dipendenti dal farmaco impiegato: dopo 1anno dall’inizio della terapia il rischio di interruzio-ne della terapia con i diuretici era il doppio di quel-lo dei pazienti trattati con i sartani (1, 2). In questacondizione la capacità dei farmaci di ridurre lapressione arteriosa non si equivale più, e di conse-guenza diviene differente la loro capacità di preve-nire gli eventi cardiovascolari. Già a distanza di 1anno dall’inizio della terapia anti-ipertensiva ipazienti con una aderenza elevata alla prescrizionepresentano una frequenza di eventi cardiovascolariridotta di oltre il 38% rispetto a quelli con scarsaaderenza (3). In queste condizioni le differenze nelprezzo di acquisto dei farmaci divengono trascura-bili nella determinazione del costo/beneficio. Lavalutazione del costo beneficio della terapia anti-ipertensiva deve essere condotta nella pratica clini-ca: un rapporto costo/beneficio positivo di un far-maco anti-ipertensivo calcolato negli studi clinici

controllati diviene facilmente negativo in presenzadi un incremento del numero di pazienti ipertesi conmancato controllo della ipertensione arteriosa. Ilnon o, insufficiente controllo della pressione arterio-sa risulta infatti il fattore determinante del rapportocosto/beneficio.Il costo di una terapia anti-ipertensiva va dunquerapportato al costo globale della malattia e ai risul-tati clinici conseguiti nella pratica clinica.I sartani rappresentano la classe di farmaci anti-iper-tensivi che consente il grado più elevato di aderen-

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Costo di 1 caso di diabete indotto dal trattamento diuretico limitato

al periodo del trial

Euro 38.600

Lindholm, IFECC 2004Figura 2

Il diabete incide significativamente sulle risorse sanitarie

12.000

10.000

8.000

6.000

4.000

2.000

0

Spes

a pr

o ca

pite

(US

$)

American Diabetes Association. Diabetes Care 2008;31:596-615

Basata su spesa sanitaria derivante dai costi diretti nel 2007

Popolazione generale Pazienti diabetici

$ 2.935

$ 11.744

Figura 1

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za e persistenza alla terapia e quindi dotati di unrapporto costo/beneficio positivo. In questa condi-zione la possibilità di documentare alcuni beneficiaggiuntivi a quello di ridurre la pressione arteriosa,come ad esempio la prevenzione del diabete, è par-ticolarmente importante perché può aumentarne ilmargine di utilità in termini clinici e di risparmio eco-nomico (Figura 1 e 2). Di assoluto rilievo appaiono in questo contesto irisultati dello studio NAVIGATOR (4) recentementepubblicato sul New England Journal of Medicinedove in maniera prospettica si è confermata lacapacità di un sartano, il valsartan, di prevenirel’insorgenza di nuovo diabete in soggetti ipertesitrattati con questo farmaco anti-ipertensivo. In que-sto studio condotto in doppio cieco, randomizzatocon disegno fattoriale 2x2, 9306 pazienti con alte-rata tolleranza al glucosio e con malattia cardiova-scolare ricevevano valsartan o terapia classica inaggiunta a modificazioni dello stile di vita. Ipazienti seguiti per un periodo di 5 anni presen-tavano una incidenza di nuovo diabete significati-vamente ridotta del 14% nel gruppo valsartan (inci-denza di diabete pari al 33,1% quando trattaticon valsartan rispetto al 36,8% del gruppo di con-trollo (p<0,001), ed una altrettanto significativariduzione del consumo di farmaci antidiabetici(p<0,001). Vale solo la pena di ricordare che lacomparsa di diabete in pazienti con malattia car-diovascolare innalza il loro rischio cardiovascola-re da elevato a molto elevato con le ben note con-seguenze su morbilità e mortalità e sui costi.La precisa quantizzazione in termini economici diquesta riduzione della insorgenza di diabete otte-nuta in condizioni di pre-diabete è attualmente incorso. L’entità dell’incremento del beneficio appa-

re assai consistente fin da ora. L’effetto antidiabe-tico si ottiene praticamente a costo zero perché ilfarmaco ha già la sua indicazione per il tratta-mento di pazienti ipertesi con malattia cardiova-scolare, consente di prevenire in fase estrema-mente precoce l’insorgenza di diabete e quindicontribuisce efficacemente a ridurre un aggrava-mento del rischio cardiovascolare dei pazienti.Ridurre o impedire l’aggravarsi del rischio car-diovascolare rappresenta l’obiettivo di granlunga più importante della prevenzione seconda-ria soprattutto con l’attuale allungamento dellavita media. Mantenere o riportare a livelli più bassi i valori dirischio cardiovascolare consente di evitare o ritarda-re l’insorgenza di eventi aumentando gli anni di vitaliberi da disabilità, compattando nel tempo evento emortalità. Si è calcolato che ritardare di soli cinqueanni l’insorgenza del primo ictus negli ipertesi inItalia potrebbe consentire un risparmio di circa diecimiliardi di euro/anno. Inoltre evitando la necessità di iniziare precocemen-te l’assunzione di antidiabetici in aggiunta agli anti-ipertensivi (Tabella 1) oltre a ridurre “da subito“ laspesa della terapia, aumenta l’aderenza del pazien-te alla terapia. E considerata l’elevata frequenza diassociazione fra diabete ed ipertensione l’aumentodell’aderenza al trattamento farmacologico nellungo termine permetterebbe di ridurre i costi e diaumentare la qualità della vita del paziente inmaniera sostanziale.

Bibliografia1. Mazzaglia G. et al. J Hypertens, 2005.2. Corrao G. et al. J Hypertens, 2008.3. Mazzaglia G. et al. Circulation, 2009.4. NAVIGATOR. N Engl J Med, 2010.

Caratteristiche

Consumo di antidiabetici orali

Basale

Ultima visita

Valsartan(N=4631)

1 (< 0.1)

588 (12.7)

Placebo(N=4675)

6 (0.1)

733 (15.7)

p

0.06

< 0.001

Tabella 1

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Il diabete mellito è una malattia progressiva caratteriz-zata da un elevato rischio di gravi complicanzemacrovascolari (infarto miocardico, ictus cerebrale,scompenso cardiaco, morte cardiovascolare) e micro-vascolari (neuropatia, retinopatia, nefropatia).L’incidenza del diabete sta aumentando decisamentea seguito di varie ragioni tra le quali l’invecchiamentoe l’aumento del peso corporeo in molte popolazioni,le cattive abitudini dietetiche ed altri fattori. Nell’anno2000 esistevano 171 milioni di pazienti diabetici intutto il mondo e si stima che tale numero salirà a 366milioni nel 2030, con devastanti implicazioni anche intermini di spesa sanitaria (1). E’ ben noto che il rischio

di infarto miocardico e di altre complicanze macrova-scolari in pazienti con diabete mellito è strettamenteconnesso con i livelli di glicemia (2). Se, da un lato, l’elevato rischio cardiovascolare inpazienti con diabete mellito già noto in anamnesi èampiamente documentato (1), non altrettanto noto è ilrischio associato al nuovo sviluppo di diabete mellitoin pazienti non ancora diabetici al momento dellaprima osservazione. Fattori di rischio per lo sviluppo di nuovodiabete. La tabella 1 riporta i risultati di uno studiodel gruppo di Haffner sulla coorte del San AntonioHeart Study. Si nota come il rischio di nuovo sviluppo

Inibizione dell’angiotensina II e rischio di diabete mellito: dalla teoria alla pratica clinicaDr. Paolo Verdecchia, Dr. Fabio Angeli*, Dr. Gianpaolo Reboldi**Unità Operativa Complessa di Medicina. Ospedale di Assisi, *Struttura Complessa di Cardiologia, Ospedale S. Maria della Misericordia; ** Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Medicina Interna

Probabilità di sviluppare diabete mellito sulla base di alcuni fattori predittivi

Probabilità di diabete = 1 / (1 - e-x), dovex = 13,415 + 0.028*(età) + 0,661*(sesso) + 0,412*(etnia) + 0,079*(glicemia) + 0,018*(pressione arteriosa sistolica) - 0,039*(colesterolemia HDL) + 0.070*(Indice di massa corporea) + 0.481*(storia familiare di diabete).

modificata da Stern et al.

Età: espressa in anniSesso: 1 = femmina; 0 = maschioEtnia: 1 = bianco ispanico; 0 = bianco non ispanico Glicemia: espressa in mg/dLPressione arteriosa sistolica: espressa in mmHgColesterolemia HDL: espressa in mg/dlIndice di massa corporea: espressa come peso[kg]/altezza[m]2Storia familiare di diabete: 1 = almeno 1 genitore diabetico; 0 = nessun genitore diabetico

Tabella 1

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di diabete aumenti non solo con i livelli iniziali di gli-cemia, ma anche con la pressione arteriosa sistolica,con l’aumento dell’età e la diminuzione della coleste-rolemia HDL, nonché nei soggetti con storia familiaredi diabete. Questi risultati sono stati confermati inaltre indagini (3, 4).Sicuramente, i soggetti a più alto rischio di diabetesono quelli con glicemia a digiuno elevata, ma anco-ra al di sotto della soglia per la diagnosi di diabete(125 mg/dL). In uno studio di Nichols et al, la pro-gressione da una condizione di pre-diabete ad unacondizione di diabete conclamato si è manifestatanell’8,1% dei soggetti con glicemia a digiuno tra i100 e i 109 mg/dl, contro il 24,3% dei soggetti conglicemia tra i 110 e i 125 mg/dl (1,34 versus 5,56per 100 soggetti per anno) (5). Da un punto di vistapratico, dunque, ai fini dell’implementazione di stra-tegie di prevenzione del diabete mellito sarà impor-tante concentrarsi sui soggetti con 1) glicemia ai limi-ti alti della norma; 2) ipertesi; 3) soprappeso o obesi;4) con familiarità per diabete; 5) con bassa colestero-lemia HDL. Impatto prognostico del diabete di nuovainsorgenza. Nel corso degli ultimi anni, alcuneindagini cliniche prospettiche hanno dimostrato che,dopo una prima diagnosi di diabete mellito, il rischiodi complicanze cardiovascolari maggiori tende adaumentare piuttosto rapidamente, fino quasi a rag-giungere quello dei pazienti con diagnosi di diabetemellito già nota in precedenza. In uno studio delnostro gruppo, eseguito su 795 pazienti ipertesi ini-zialmente non diabetici seguiti per un periodo ditempo fino a 16 anni, i soggetti con nuovo sviluppodi diabete mellito hanno mostrato un’incidenza dieventi cardiovascolari maggiori pari a 3,90 per 100pazienti per anno, contro 0,97 per 100 soggetti peranno nel gruppo che non aveva sviluppato diabete e4,70 per 100 pazienti per anno nei pazienti con dia-bete mellito noto all’inizio dello studio (Figura 1). Inun’analisi statistica multivariata, il rischio di eventicardiovascolari è risultato significativamente superio-re nei pazienti con nuovo diabete che nei soggettiprivi di diabete (rischio relativo 2,92; intervallo diconfidenza al 95% 1,33-6,41; p=0.007) e non dissi-mile tra i soggetti con nuovo diabete ed i soggetti condiabete pre-esistente (6). Il valore prognostico avver-so del diabete di nuova insorgenza è stato conferma-

to in altre indagini cliniche longitudinali condotte inpazienti ipertesi (7), nella popolazione generale (8,9), in pazienti con infarto miocardico acuto (10) ed inpazienti con trapianto renale (11).Sistema renina-angiotensina e sviluppo dinuovo diabete. E’ noto che il sistema renina angio-tensina aldosterone (SRAA) può contribuire, attraver-so vari meccanismi, alla crescita e alla destabilizza-zione della placca aterosclerotica, con conseguentepossibile evoluzione verso la fissurazione e/o rotturadi placca, trombosi sovrapposta ed evento cardiova-scolare maggiore (Figura 2). In questi ultimi anniabbiamo imparato che il SRAA può esplicare questieffetti sia attraverso meccanismi pressione arteriosa-dipendenti, sia attraversi meccanismi pressione arte-riosa-indipendenti. Nello stesso tempo, il diabete mel-lito può innescare varie reazioni (glicazione delle pro-teine, infiammazione, riduzione della fibrinolisi, ipe-raggregabilità piastrinica, etc.), in parte indipendentida quelle proprie del SRAA, che pure convergononella direzione della crescita, destabilizzazione e rot-tura della placca aterosclerotica. A complicare il quadro, è dimostrato che il SRAA puòcontribuire a ridurre la sensibilità all’insulina attraver-so un’interferenza con i meccanismi intracellulari ditraduzione del segnale insulinico, aggravando quindila potenziale evoluzione verso il diabete mellito. Lafigura 3 mostra uno schema di come l’angiotensina IIpuò portare ad una riduzione della sensibilità all’insu-lina. In sintesi, il legame dell’insulina con i suoi recet-tori di membrana induce una fosforilazione di varieproteine intracellulari tra le quali il terminale tirosinicodi alcune molecole che fungono da substrati per ilrecettore insulinico (IRS). Questo processo comportaun’attivazione della sub-unità P85 dell’enzima fosfati-dil-inositolo 3-chinasi (PI3-chinasi), che a sua voltaporta tale enzima a formare un complesso con l’IRSforforilata. Tale complesso stimola la sintesi di varieproteine cellulari, tra le quali le proteine di membra-na attraverso le quali il glucosio penetra fisicamentenella cellula attraverso la membrana cellulare. Ora,se l’angiotensina II va a legarsi ai suoi recettori AT1,tale legame innesca una forforilazione degli IRS, maad un livello diverso da quello indotto dall’insulina. Aseguito di tale ‘diversa’ fosforilazione, l’IRS fosforilatoattiva non la subunità P85, ma la subunità p110 del-l’enzima PI3-chinasi, con conseguente inibizione

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Rischio di eventi cardiovascolari maggiori in pazienti ipertesi senza diabete, con diabetedi nuova insorgenza durante il follow-up e con diabete già presente all’inizio dello studio6

100

90

80

70

60

50

40

30

Assenza di diabete

DiabetePre-esistente

Diabete dinuovainsorgenza

Tempo di osservazione (anni)

0 1512963

Probabilità diSopravvivenza

Libera daEventi

CardiovascolariMaggiori

(%)

Figura 1

Coinvolgimento del sistema renina-angiotensina nella progressione dal diabete mellito alle complicanze cardiovascolari secondarie ad aterosclerosi

MeccanismiPA dipendenti

MeccanismiPA indipendenti

Diabete↑ Aterosclerosi

↓ Fibrinolisi

↓ Sensibilità all’insulina Sistema

ReninaAngiotensinaAldosterone

MeccanismiPA dipendenti

MeccanismiPA indipendenti

↑ RischioCardiovascolare

PA = pressione arteriosaFigura 2

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della formazione del complesso IRS forsorilato + PI3-chinasi indotto dall’insulina. Si comprende quindicome, in ultima analisi, l’effetto dell’angiotensina II suirecettori AT1 possa contribuire ad indurre uno stato diinsulino resistenza.

Bibliografia1. Wild S, Roglic G, Green A, Sicree R, King H. Global pre-valence of diabetes: estimates for the year 2000 and projec-tions for 2030. Diabetes Care 2004;27(5):1047-53.2. Stratton IM, Adler AI, Neil HA, Matthews DR, Manley SE, CullCA, et al. Association of glycaemia with macrovascular andmicrovascular complications of type 2 diabetes (UKPDS 35): pro-spective observational study. BMJ 2000;321(7258):405-12.3. von Eckardstein A, Schulte H, Assmann G. Risk for diabetesmellitus in middle-aged Caucasian male participants of thePROCAM study: implications for the definition of impairedfasting glucose by the American Diabetes Association.Prospective Cardiovascular Munster. J Clin Endocrinol Metab2000;85(9):3101-8.4. Lindholm LH, Ibsen H, Borch-Johnsen K, Olsen MH, WachtellK, Dahlof B, et al. Risk of new-onset diabetes in the LosartanIntervention For Endpoint reduction in hypertension study. JHypertens 2002;20(9):1879-86.5. Nichols GA, Hillier TA, Brown JB. Progression from newlyacquired impaired fasting glusose to type 2 diabetes. DiabetesCare 2007;30(2):228-33.

6. Verdecchia P, Reboldi G, Angeli F, Borgioni C, GattobigioR, Filippucci L, et al. Adverse prognostic significance of newdiabetes in treated hypertensive subjects. Hypertension2004;43(5):963-9.7. Almgren T, Wilhelmsen L, Samuelsson O, HimmelmannA, Rosengren A, Andersson OK. Diabetes in treated hyper-tension is common and carries a high cardiovascular risk:results from a 28-year follow-up. J Hypertens 2007;25(6):1311-7.8. Dunder K, Lind L, Zethelius B, Berglund L, Lithell H. Increasein blood glucose concentration during antihypertensive treat-ment as a predictor of myocardial infarction: population basedcohort study. BMJ 2003;326(7391):681.9. Smith NL, Barzilay JI, Kronmal R, Lumley T, Enquobahrie D,Psaty BM. New-onset diabetes and risk of all-cause and cardio-vascular mortality: the Cardiovascular Health Study. DiabetesCare 2006;29(9):2012-7.10. Bartnik M, Malmberg K, Norhammar A, Tenerz A, OhrvikJ, Ryden L. Newly detected abnormal glucose tolerance: animportant predictor of long-term outcome after myocardialinfarction. Eur Heart J 2004;25(22):1990-7.11. Hjelmesaeth J, Hartmann A, Leivestad T, Holdaas H,Sagedal S, Olstad M, et al. The impact of early-diagnosednew-onset post-transplantation diabetes mellitus on survival andmajor cardiac events. Kidney Int 2006;69(3):588-95.

Meccanismi attraverso i quali l’angiotensina II può interferire con la sensibilità all’insulina

Subunità P85 PI3 chinasi

Subunità P85

Subunità p110

Fosfatidil-inositolo 3-chinasi (PI3-chinasi)

Inibizione

Substrati per il recettore insulinico(IRS)

Tirosina

IRSTyrosine

Complesso IRS-1/P13-kinase

ProteinatrasportanteIl glucosio (GLUT-4)

NO sintasi PO4

PO4Subunità β

Recettore per l’insulina Recettori AT1

Proteina G

Angiotensina IIInsulinaGlucosio

L’attivazione dei recettori AT1 causa fosforilazione di molte proteine cellulari incluse IRS-1, IRS-2, etc. Tale fosforilazione attiva la sub-unità p110 dell’enzima PI3-chinasi, con conseguente inibizione (anziché attivazione) dell’attivazione insulino-dipendente di tale enzima

PO4

Figura 3

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10

I pazienti con alterata tolleranza al glucosio (IGT)presentano una maggiore suscettibilità allo svilup-po di diabete mellito; come conseguenza di questamaggiore suscettibilità, il loro rischio cardiovasco-lare risulta altrettanto significativamente aumentatorispetto ai soggetti con normale tolleranza al glu-cosio (NGT) (1). Sulla base di queste considerazio-ni, nel corso degli ultimi anni sono state progressi-vamente valutate diverse strategie terapeutiche,volte a ridurre il rischio di sviluppare diabete mel-lito e la conseguente esposizione alle complicanzecardiovascolari del diabete in questa tipologia dipazienti (2). Sia le modifiche virtuose dello stile divita (soprattutto esercizio fisico e perdita di peso)(3), che alcuni farmaci ipoglicemizzanti (tra cuimetformina, acarbosio e rosiglitazone) (4) hannodimostrato di essere efficaci in diversi studi clinicidi intervento in termini di riduzione dello sviluppodi diabete mellito, tuttavia l’efficacia nel preveniregli eventi cardiovascolari rimane incerta.In studi condotti in pazienti con ipertensione arte-riosa o in altre condizioni cliniche (pazienti ad altorischio cardiovascolare, cardiopatia ischemica,scompenso cardiaco ed insufficienza renale) èstato dimostrato che i farmaci inibitori del sistemarenina-angiotensina (RAS), Inibitori dell’enzima diconversione dell’angiotensina (ACE-I) ed antagoni-sti recettoriali dell’angiotensina II (ARB) possonodeterminare una riduzione della nuova insorgenzadi diabete mellito (5, 6). Varie ricerche clinicheindividuali e meta-analisi hanno dimostrato chequesti farmaci sono associati ad un minor rischiodi sviluppo di nuovo diabete rispetto ai diuretici ed

ai beta-bloccanti (7). Occorre, peraltro, notarecome queste osservazioni sugli effetti metabolicifavorevoli dei farmaci bloccanti il RAS siano statecompiute in studi clinici aventi obiettivi primaridiversi, ossia in studi clinici in cui questo particola-re evento (nuova insorgenza di diabete mellito)non era in genere un obiettivo pre-definito.Pertanto, molti di questi studi clinici non avevanola potenza statistica necessaria per sostenere que-sta ipotesi oppure non avevano dimostrato unasignificativa riduzione della glicemia a digiunodurante il periodo di osservazione.Dal momento che il blocco degli effetti dell’angio-tensina II può teoricamente interferire in modofavorevole con il metabolismo cellulare del gluco-sio, migliorando la resistenza insulinica, questapotenziale proprietà aggiuntiva dei farmaci ACEinibitori e degli ARBs, al di là dell’effetto di ridu-zione della pressione arteriosa, è apparsa digrande interesse, anche alla luce delle evidentiricadute in termini di riduzione del rischio cardio-vascolare globale in questa tipologia di pazienti.Tuttavia, nello studio Diabetes REductionAssessment with ramipril and rosiglitazoneMedication (DREAM) (8), condotto in pazienti conIGT per dimostrare questa proprietà di un farma-co ACE inibitore, ramipril, lo stesso ACE cheaveva mostrato effetti suggestivi di riduzione nel-l’insorgenza di nuovo diabete nei pazienti ad ele-vato rischio cardiovascolare inclusi nello studioHearth Outcomes Prevention Evaluation (HOPE)(9), non si è dimostrato efficace nella riduzionedel nuovo diabete.

Lo studio NAVIGATOR.Caratteristiche, risultati e principali implicazioni clinicheProf. Massimo VolpeCattedra e Struttura Complessa di Cardiologia, II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi diRoma “La Sapienza”, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Roma, Italia

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Sulla base delle evidenze disponibili e di questirisultati apparentemente contrastanti, è stato intra-preso e condotto a termine lo studio Nateglinideand Valsartan in Impaired Glucose ToleranceOutcomes Research (NAVIGATOR) (10), avente lospecifico scopo di chiarire se un farmaco ARB, val-

sartan, fosse in grado di limitarela nuova insorgenza di diabetemellito in pazienti con IGT e malat-tia cardiovascolare o presenza difattori di rischio cardiovascolare.Lo studio è stato condotto con undisegno fattoriale 2x2, in doppio-cieco, randomizzato (Figura 1) in9.306 pazienti, randomizzati aricevere valsartan al dosaggio di160 mg al dì o placebo in aggiun-ta ad un rigoroso intervento diimplementazione delle modifichedello stile di vita ed alla terapia

convenzionale per 5 anni (10).Gli obiettivi primari di questo vasto studio clinicosono stati: 1) sviluppo di diabete mellito; 2) obiet-tivo composito esteso (cosiddetto “extended outco-me”), comprendente mortalità cardiovascolare,infarto miocardico non fatale, ictus cerebrale non

Disegno fattoriale 2x2 dello studio NAVIGATOR

Valsartan / Nateglinide(n=2380)

Modificata da referenza 9

Placebo / Nateglinide(n=2380)

Placebo / Placebo(n=2380)

Valsartan / Placebo(n=2380)

Figura 1

Caratteristiche principali dei pazienti inclusi nello studio NAVIGATOR

Caratteristiche

Modificata da referenza 9

Età (anni)

Donne (%)

Indici Massa Corporea (kg/m2)

Circonferenza Addominale (cm)

Pressione Arteriosa Sistolica (mmHg)

Pressione Arteriosa Diastolica (mmHg)

Ipertensione Arteriosa (%)

Bassi valori Colesterolo HDL (%)

Sindrome Metabolica (%)

Pregresso evento cardiovascolare (%)

Glicemia a digiuno (mmol/lt)

Glicemia a 2 ore dopo carico orale (mmol/lt)

Emoglobina Glicosilata (%)

Valsartan(N=4631)

63.7±6.8

2314 (50.0)

30.4±5.5

101±14

139.4±17.8

82.5±10.4

3581 (77.3)

459 (9.9)

3825 (82.6)

1148 (24.8)

6.1±0.45

9.2±0.93

5.79±0.47

Placebo(N=4675)

63.8±6.8

2397 (51.3)

30.6±5.3

101±14

139.9±17.1

82.6±10.1

3635 (77.8)

433 (9.3)

3970 (85.0)

1118 (23.9)

6.1±0.45

9.2±0.94

5.82±0.46

Significatività(valore P)

0.27

0.29

0.29

0.36

0.21

0.93

0.62

0.28

0.003

0.30

0.55

0.44

0.08

Tabella 1

11

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Supplemento a “Patient and Cardiovascular Risk - n. 2, 2010

12

fatale, ospedalizzazione per scompenso cardiacoo per angina instabile e procedure di rivascolariz-zazione; 3) obiettivo cardiovascolare principale(cosiddetto “core outcome”), nel quale non sonostati considerati gli episodi di angina instabile edi procedure di rivascolarizzazione (10).Le caratteristiche principali dei pazienti nei duegruppi sono riassunte nella Tabella 1. Occorrenotare come quasi l’80% dei pazienti avesse iper-tensione arteriosa e oltre l’80% sindrome metabo-lica. Inoltre, circa il 24% dei pazienti aveva unastoria di eventi cardiovascolari e praticamentetutti i pazienti avevano almeno 1 fattore di rischiocardiovascolare (10). Non vi erano differenzesignificative nelle caratteristiche basali dei duegruppi. Infine, a testimonianza del livello dirischio di questi pazienti con IGT, tutti i principa-li farmaci cardiovascolari erano impiegati in con-

dizioni basali. In particolare, una terapia antiper-tensiva era impiegata in oltre il 70% dei pazien-ti, mentre farmaci ipolipemizzanti, soprattutto sta-tine, e farmaci antiaggreganti in circa il 40%della popolazione in studio (10). Viceversa, men-tre la terapia antidiabetica non era praticamenteutilizzata all’inizio dello studio, al termine l’im-piego era registrato nel 12,7% dei pazienti trat-tati con valsartan e nel 15,7% dei pazienti in pla-cebo (p<0.001) (10). Il risultato principale dello studio è riportato nellafigura 2, che mostra una riduzione significativa del14% del nuovo sviluppo di diabete nel gruppo trat-tato con valsartan rispetto al gruppo placebo (10).Questo risultato è supportato anche dai valori piùbassi di glicemia a digiuno e a 2 ore dal carico diglucosio osservati nel gruppo valsartan rispetto alplacebo. Questi risultati sono stati associati ad una

Curve di Kaplan-Meier per l’incidenza di nuovo diabete: obiettivo primariodello studio NAVIGATOR

50

40

30

20

10

0

Inci

denz

a di

dia

bete

(%)

0 54321 6

Anni dalla randomizzazione

N. a rischio

Hazard Ratio = 0,86 (IC 95% 0,80-0,92)P < 0,001

Valsartan 4631 3784 3335 2857 2511 2208 1533Placebo 4675 3743 3248 2717 2366 2070 1403

Valsartan

Placebo

Modificata da referenza 9

-14%

in aggiunta alla terapia standard

e alle modifiche dello stile di vita

Figura 2

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Supplemento a “Patient and Cardiovascular Risk - n. 2, 2010

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riduzione della pressione arteriosa sistolica e dia-stolica significativamente maggiore nel gruppo val-sartan malgrado diuretici, beta-bloccanti, calcio-antagonisti ed alfa-bloccanti fossero impiegati inmisura significativamente maggiore nel gruppo pla-cebo (10). Non vi erano differenze significative trai due gruppi negli altri obiettivi: obiettivo cardiova-scolare esteso ed obiettivo cardiovascolare “core”,mortalità cardiovascolare e mortalità totale (10).L’unico evento che tendeva a differire tra i duegruppi era l’incidenza di ictus fatale e non fatale,minore nel gruppo valsartan (riduzione significativapari al 21% nel test ad una coda) [10].I risultati dello studio NAVIGATOR (10) dimostra-no, quindi, come l’aggiunta di valsartan al dosag-gio giornaliero di 160 mg ad un corretto interven-to sullo stile di vita determina una significativa ridu-zione dell’insorgenza di diabete mellito in pazien-ti con IGT e fattori di rischio cardiovascolare. Perla prima volta, infatti, è stato possibile dimostrarecome un farmaco inibitore del RAS, l’ARB valsar-tan, sia in grado di interferire in modo favorevolesull’incidenza di questo obiettivo primario pre-defi-nito dello studio. Per quanto riguarda l’assenza diun effetto benefico nei confronti degli eventi car-diovascolari, non si può escludere che ciò sia daascrivere ad una durata troppo breve dell’osserva-zione (in media circa 6,5 anni), soprattutto se sitiene conto del fatto che il beneficio sul nuovo svi-luppo di diabete si comincia ad osservare con unacerta chiarezza attorno ai 3 anni. In considerazio-ne della rilevanza clinica dello sviluppo di diabetemellito e delle sue conseguenze sfavorevoli cardio-vascolari, che inevitabilmente si stabiliscono neltempo, i risultati dello studio NAVIGATOR (10)appaiono di grande importanza per la pratica cli-nica quotidiana, particolarmente in quelle catego-rie di pazienti affetti da ipertensione arteriosa edelevato rischio di sviluppare complicanze metabo-liche (pazienti con IGT, insulino-resistenza, sindro-me metabolica). Un’ultima considerazione interes-sante riguarda la netta tendenza ad una ridottasuscettibilità all’ictus cerebrale nel braccio valsar-tan, osservazione questa che conferma il ruolo pro-tettivo degli ARB nei confronti di questo tipo dievento descritto in precedenti studi clinici ed instudi di meta-analisi.

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