Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia...

14
Note e discussioni Partito e società nella storia sovietica La recente pubblicazione in italiano di numerosi scritti di Roy Medvedev e del fratello Zores, e il vasto interesse che essi hanno suscitato — cui non è estranea la posizione che gli autori sono venuti assumendo nell’ambito della situazione politica del loro paese — consente di iniziare di qui alcune considerazioni sulla recente produzione storiografica sull’Unione Sovietica. L ’intreccio tra il piano storico e quello politico, particolarmente presente nel- l’ultimo lavoro di Roy Medvedev (La rivoluzione d’Ottobre era ineluttabile?, Roma, 1976) non sarà estraneo al nostro esame, rimandando l’uno alla neces- sità — avvertita da Medvedev, innanzitutto — di superare « l’ipoteca degli stereotipi di una pseudo-storia » che ha pesato e pesa sul lavoro degli storici, non solo sovietici; ponendo l’altro, continuamente, l’interrogativo sulle origini storiche di quell’ipoteca e sulle motivazioni della sua persistenza h La ricerca storica di Medvedev si fonda, infatti, sull’esigenza, da un lato, di « dare l’idea e l’immagine più vicine alla verità degli eventi svoltisi nel 1917 e negli anni successivi », e, dall’altro, di trarre un bilancio « spietatamente critico » sul cam- mino percorso, nella convinzione che solo in tal modo, senza temere di giudicare severamente le debolezze, gli errori, i crimini persino che si sono potuti com- mettere, i rivoluzionari marxisti possono realizzare con successo i loro obiettivi pratici e teorici » 1 2. Se questo è il quadro ispiratore del saggio citato di Medvedev e, in generale, della sua attività di studioso e di cittadino, di cui va sottolineata la pregnanza ideale che deriva anche dal suo appartenere ad un momento storico di partico- lare tensione politica e sociale, vanno altresì posti in rilievo i problemi e gli in- terrogativi ulteriori che gli studi di Medvedev pongono in modo ormai organico, in particolare a quanti si occupano di storia dell’Unione Sovietica. « La fine dell’autocrazia in Russia — scrive Medvedev nel saggio citato — era evidentemente un fatto logico. E tuttavia non era, in quella forma precisa, l’unica possibile risultante dei processi politici, sociali ed economici che si erano andati 1 Vale la pena di richiamare qui gli scritti dei fratelli Medvedev pubblicati in italiano: roy medvedev, Riabilitare Stalin?, Roma, 1970 (traduzione di un documento inviato dall’autore alla rivista teorica del PCUS, « Kommunist », nel 1969, in seguito alle voci di una probabile riabilitazione di Stalin), idem, Lo stalinismo, Milano, 1972; idem, La democrazia socialista, Firenze, 1977; zores medvedev, L’ascesa e la caduta di T. D. Lysenko, Milano, 1971. Insieme sono autori di Dieci anni dopo Ivan Denisovic, Milano, 1974, e del recente Kru- sciov. Gli anni del potere, Milano, 1977. 2 roy medvedev, La rivoluzione d’Ottobre era ineluttabile?, cit., p. 5.

Transcript of Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia...

Page 1: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

Note e discussioni

Partito e società nella storia sovietica

La recente pubblicazione in italiano di numerosi scritti di Roy Medvedev e del fratello Zores, e il vasto interesse che essi hanno suscitato — cui non è estranea la posizione che gli autori sono venuti assumendo nell’ambito della situazione politica del loro paese — consente di iniziare di qui alcune considerazioni sulla recente produzione storiografica sull’Unione Sovietica.L ’intreccio tra il piano storico e quello politico, particolarmente presente nel­l ’ultimo lavoro di Roy Medvedev (La rivoluzione d’Ottobre era ineluttabile? , Roma, 1976) non sarà estraneo al nostro esame, rimandando l ’uno alla neces­sità — avvertita da Medvedev, innanzitutto — di superare « l ’ipoteca degli stereotipi di una pseudo-storia » che ha pesato e pesa sul lavoro degli storici, non solo sovietici; ponendo l ’altro, continuamente, l ’interrogativo sulle origini storiche di quell’ipoteca e sulle motivazioni della sua persistenza h La ricerca storica di Medvedev si fonda, infatti, sull’esigenza, da un lato, di « dare l’idea e l ’immagine più vicine alla verità degli eventi svoltisi nel 1917 e negli anni successivi », e, dall’altro, di trarre un bilancio « spietatamente critico » sul cam­mino percorso, nella convinzione che solo in tal modo, senza temere di giudicare severamente le debolezze, gli errori, i crimini persino che si sono potuti com­mettere, i rivoluzionari marxisti possono realizzare con successo i loro obiettivi pratici e teorici » 1 2.Se questo è il quadro ispiratore del saggio citato di Medvedev e, in generale, della sua attività di studioso e di cittadino, di cui va sottolineata la pregnanza ideale che deriva anche dal suo appartenere ad un momento storico di partico­lare tensione politica e sociale, vanno altresì posti in rilievo i problemi e gli in­terrogativi ulteriori che gli studi di Medvedev pongono in modo ormai organico, in particolare a quanti si occupano di storia dell’Unione Sovietica.« La fine dell’autocrazia in Russia — scrive Medvedev nel saggio citato — era evidentemente un fatto logico. E tuttavia non era, in quella forma precisa, l ’unica possibile risultante dei processi politici, sociali ed economici che si erano andati

1 Vale la pena di richiamare qui gli scritti dei fratelli Medvedev pubblicati in italiano: roy medvedev, Riabilitare Stalin?, Roma, 1970 (traduzione di un documento inviato dall’autore alla rivista teorica del PCUS, « Kommunist », nel 1969, in seguito alle voci di una probabile riabilitazione di Stalin), idem , Lo stalinismo, Milano, 1972; idem , La democrazia socialista, Firenze, 1977; zores medvedev, L ’ascesa e la caduta di T. D. Lysenko, Milano, 1971. Insieme sono autori di Dieci anni dopo Ivan Denisovic, Milano, 1974, e del recente Kru­sciov. Gli anni del potere, Milano, 1977.2 roy medvedev, La rivoluzione d’Ottobre era ineluttabile?, cit., p. 5.

Page 2: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

92 Sergio Bertolissi

sviluppando in quegli anni » 3. Gli avvenimenti del 1917, riaffrontati da Medve­dev nell’ottica e per i fini cui abbiamo fatto già cenno, ritornano ad essere — in tale prospettiva — non più le astratte risultanti di un disegno preordinato, in particolare da Lenin e dai bolscevichi, o il frutto della « violenza » operata dai bolscevichi allo sviluppo storico della Russia, come ancora sostengono alcuni storici occidentali, bensì l ’originale combinazione di « spontaneità » e di « orga­nizzazione », di « maturità » della situazione e di « arretratezza » storica, ele­menti che sono ben presenti nella stessa interpretazione leniniana del periodo 4. Lo scopo perseguito dall’autore con tale ricostruzione, tuttavia, al di là di una corretta e non agiografica valutazione dell’anno rivoluzionario 1917, si precisa nella ricerca del « punto » da cui mossero gli esiti successivi della rivoluzione, imputabili — secondo Medvedev — agli « errori politici » commessi dai bol­scevichi a partire dal febbraio 1918, quando « trascinati dal corso degli eventi e in parte inebriati dal successo delle prime riforme rivoluzionarie e dall’appog­gio della maggioranza dei lavoratori, [essi] a partire dalla primavera del 1918, e cioè prima della guerra civile, si spinsero più avanti, nelle loro riforme e nei loro decreti, di quanto non lo consentisse la realtà politica, economica e sociale della Russia ». Corollario di questa posizione è la proposta alternativa, indicata dall’autore nell’anticipazione della NEP: « È chiaro — scrive Medvedev — che, se la NEP fu un successo nel 1921, lo sarebbe stata certamente in misura ancor maggiore nel 1918. In altri termini, si sarebbe dovuto creare fin dalla pri­mavera del 1918 una imposta in natura per coprire il grosso del deficit delle regioni consumatrici di grano e, contemporaneamente, autorizzare la vendita libera delle eccedenze di grano e degli altri prodotti alimentari » 5.A questo punto, il primo rilievo che s ’impone riguarda lo « scarto » di livello interpretativo che Medvedev opera tra il suo esame degli avvenimenti e il giu­dizio che fa seguire su di essi alla luce dei successivi esiti del potere sovietico. In sostanza, se è vero che l ’arretratezza, che è uno dei « punti-chiave » della storia russa, non era — anche secondo Medvedev — una condizione per cui la rivoluzione non andava fatta, o per cui essa doveva incanalarsi secondo « modelli storici » affermati, ma fu l ’elemento che influì — per dirla con un altro storico della rivoluzione russa -— « sui metodi e modi di soluzione dei problemi sociali e su tutto il contenuto del processo sociale », non è poi possibile attribuire ai

3 Ibid., p. 31.4 Per le posizioni « teleologiche » sugli avvenimenti del 1917, rinvenibili soprattutto nella storiografia sovietica a partire dal Breve corso del 1938 (ed. it., p. 190 sgg.) e dalla Storia della rivoluzione russa (recentemente ripubblicata, Milano, 1971, 4 voli.), si veda — ad esem­pio — l’opera di A. v. fedorov, Fevral'skaja burzuazno-demokraticeskaja revoljucija v Rossii, Mosca, 1966, nella quale l ’autore elenca numerosi fatti, senza tuttavia indicarne la fonte, sulla base dei quali egli deduce che quasi tutti gli avvenimenti avvennero su istruzione e de­cisione di un qualche centro bolscevico. Una critica accurata di queste posizioni si trova in i. a. aluf, O nekotorych voprosach Fevral’skoj revoljucii, in « Voprosy istorii KPSS », 1967, n. 1, pp. 17-31. Per la storiografia occidentale, si veda, innanzitutto, il quadro di riferimento politico utilizzato nella sua pur importantissima opera da A. Gerschenkron, il quale afferma — tra l’altro — che « il regime sovietico può a buon diritto considerarsi il prodotto dell’arre­tratezza economica del paese. Se la servitù della gleba fosse stata abolita ai tempi di Caterina II o del moto decabrista del 1825, il malcontento contadino che costituì la forza motrice della rivoluzione russa, non avrebbe mai assunto proporzioni disastrose... » (da II problema sto­rico dell’arretratezza economica, trad. it., Torino, 1965, p. 28); o le posizioni espresse da leo- nard shapiro, « L ’opposizione nello stato sovietico », trad. it., Firenze, 1962, p. 23 e sgg. e da r. Daniels, « La coscienza della rivoluzione », trad. it., Firenze, 1970, il quale arriva ad affermare che « una banda di rivoluzionari prese il potere in Russia nel 1917 e istituì la dit­tatura del proletariato, o almeno ciò che essi così vollero chiamare... » (p. 15).5 r. medvedev, La rivoluzione d ’ottobre era ineluttabile? cit., p. 88, 91.

Page 3: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

Partito e società nella storia sovietica 93

primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in cui esso si affermò e a tutti note, la responsabilità di eventi e conseguenze che solo nel corso di anni lunghi e travagliati, alla fine s’imposero 6 7. L ’autore, inoltre, tra­scura — a questo punto — di considerare lo sviluppo « oscillante » delle posi­zioni politiche degli stessi protagonisti, Lenin in primo luogo, i quali erano — in realtà —■ profondamente consapevoli della straordinarietà della situazione, dei limiti e degli errori della loro azione, e del pragmatismo prevalente nelle decisioni adottate: basti, pensare che, ancora nel maggio 1918, intervenendo nella discussione sul nome della futura RSFSR, Lenin ebbe ad affermare che « l ’espressione < Repubblica sovietico socialista > significa decisione del potere sovietico di attuare il passaggio al socialismo, ma non significa affatto ricono­scere che l ’attuale sistema è socialista ». E il maggiore storico contemporaneo del « comuniSmo di guerra » poteva affermare che esso era « un esperimento nei primi passi della fase di transizione al socialismo » 1.La ricerca, in sostanza, del momento iniziale e determinante del sistema stali­niano che, nell’opera più vasta sullo stalinismo, era approdata all’evidenziazione delle conseguenze della guerra civile nel processo di accentramento e di buro­cratizzazione del partito, e nella conseguente netta distinzione tra la figura e l’opera di Lenin da quella di Stalin, ora, in questo ultimo breve saggio, riporta alle premesse della guerra civile, là dove fu persa — secondo il giudizio dell’au­tore — l ’occasione di impostare solide alleanze sociali e politiche tra le classi e i partiti. A questo punto l ’analisi storica richiederebbe di affrontare il tema fon­damentale — dibattuto anche tra gli storici sovietici — del monopartitismo, della sua origine e del suo affermarsi via via, nel sistema staliniano, in forme sempre più esplicite. Ed è qui, invece, che emerge in misura maggiore — nei termini indicati da Villari nella sua prefazione ■—- il « sostrato politico-ideale dello scritto » che delinea i nodi problematici presenti nella prima fase del po­tere sovietico, ma ad essi non fa seguire un « esame più dettagliato e più docu­mentato », come ammette lo stesso Medvedev.« Le condizioni storiche di sviluppo della nostra rivoluzione — scrive un im­portante storico sovietico — favorirono la creazione di una particolarità specifica del regime sovietico in Russia come il sistema monopartitico » 8. Su questo tema, in particolare sul momento in cui sarebbe iniziata l ’esclusione delle altre forma­zioni politiche dal potere e il conseguente emergere del partito bolscevico come unico detentore del potere, si è svolto e si svolge ancora in Unione sovietica un ampio dibattito — di cui diamo cenno in nota — che, tuttavia, si è limitato sinora ad un esame cronologico del periodo in cui collocare il sorgere del feno­meno, mentre è rimasto in ombra, o, addirittura, non considerato, il problema dell’assetto interno del partito nelle sue varie fasi, in relazione — soprattutto — al problema del « centralismo democratico » 9. Il rilievo del tema, se si ricor­

6 Cfr. m . reiman, La rivoluzione russa dal 23 febbraio al 25 ottobre, trad. it., Bari, 1969, p. 118. L ’opera di Reiman è — a nostro avviso — la migliore ricostruzione complessiva dei 1917, per equilibrio di giudizi e completezza ed originalità dell’informazione.7 lenin, Opere complete, voi. XXVII, p. 305. l. n. kricman, Geroiceskij period Velikoj russkoj revoljucii, Mosca, 1926, p. 75.8 e . n. gorodetskij, La formazione dello stato sovietico. 1917-1918, trad. it., Roma, 1972, p. 362.9 Uno storico sovietico, E. G. Gimpel’son ha dato il via con un suo saggio del 1965 (Iz istorii ustanovlenija odnopartijnoj sistemy v SSSR, in «Voprosy istorii», 1965, n. 11, pp. 16-30) ad una polemica storiografica sulle origini del monopartitismo in URSS. Non ci è possibile esaminare le varie posizioni espresse, ma rinviamo alle indicazioni bibliografiche contenute in L. m . spirin, RKP(b) v gody grazdanskoj vojny i intervencii, in « Iz istorii grazdanskoj vojny

Page 4: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

94 Sergio Bertolissi

dano gli scopi della ricerca di Medvedev, è di per sé evidente, soprattutto in vista dell’investigazione sui « modi » e sui « tempi » attraverso cui si sviluppò l ’azione staliniana all’interno del partito e sull’intera società sovietica.Il nodo problematico del partito, di quel partito « nel cui nome — come scrive Carr — fu fatta la rivoluzione e fu assunto il potere statale », rimane al fondo di tutte le vicende della storia sovietica dall’Ottobre ad oggi, e non solo per il fatto che il dibattito al suo interno determinò e determina le scelte e gli indi­rizzi dello stato sovietico, ma anche perché quel sistema è divenuto il « mo­dello » variamente seguito in moltissimi altri paesi, tra cui molti di nuova indi- pendenza. In tal modo, il giudizio storico sul « regime monopartitico sovietico » è venuto assumendo un rilievo crescente, sia sul piano della ricerca specifica (« una < definizione > dello stalinismo non può essere altro che la sua storia », ha scritto Giuliano Procacci) sia su quello della accuratezza ed obiettività con­clusive.In tale chiave, ben altro rilievo — ci sembra — assuma il problema del partito nello studio che i fratelli Medvedev hanno dedicato al periodo kruscioviano. L ’analisi dell’azione politica di Krusciov, in particolare della sua politica agraria, si salda strettamente, al di là della stessa accurata ed originale ricostruzione del periodo, con la ricerca dei motivi di fondo del suo fallimento: « Per undici anni egli (Krusciov) seppe dar prova di iniziativa in avvenimenti che hanno influen­zato seriamente il corso della storia moderna. Ma è poi caduto quando era al culmine della sua gloria internazionale in seguito ad un motivo assai più ele­mentare: la degradazione dell’agricoltura che andava rapidamente deterioran­dosi dopo tentativi insistenti di garantire < l ’ulteriore e continua ascesa > ». Ma, al fondo, il vero motivo della caduta di Krusciov, che pure non diventa l ’asse centrale del libro dei Medvedev, è da essi enunciato là dove scrivono che « in fin dei conti non furono i ben noti errori economici e di governo a provocare la sua caduta [...] furono piuttosto due ridorme di partito, che in un primo tempo erano state appoggiate dal Comitato centrale, ma che poi, al momento della rea­lizzazione, si rivelarono incompatibili con i principi essenziali di un sistema mo­nopartitico » 10. Non ci è possibile entrare nel merito di tali riforme, che accen­niamo in nota, ma ci limitiamo a sottolineare il diverso — anche se insufficien­temente sviluppato — quadro di riferimento dell’ultimo lavoro noto dei fratelli Medvedev, soprattutto per quanto riguarda il problema del rapporto politica- economia posto al centro del loro studio. Si tratta, in sostanza, e la parabola di Krusciov ne è l ’ultima recente prova, del fatto che « è errato — come scrive Procacci — pensare che il problema dell’organizzazione del potere, delle forme cioè di una politica, dei modelli e degli strumenti attraverso i quali essa si attua, sia qualcosa di accessorio rispetto al problema della < linea >, del contenuto; che, in altri termini, il problema del < come fare? > sia semplicemente una appendice di quello del < che fare? > » 11. i

i intervencii. 1917-1922 », Mosca, 1974, pp. 40-60, in particolare, p. 52, e, in italiano, a Giuseppe boffa, Storia dell’Unione Sovietica, Milano, 1976, pp. 155 sgg.10 roy e zores medvedev, Krusciov. Gli anni del potere, cit., p. 10 e 154. Non ci è possi­bile esaminare in dettaglio le due riforme del partito, ci limitiamo a segnalarle: 1) quando si eleggevano gli organismi dirigenti del partito — i rajkom, gli obkom e lo stesso Comitato centrale — un terzo dei loro membri doveva ogni volta essere rinnovato; 2) divisione di tutte le organizzazioni regionali del partito in organizzazioni industriali e organizzazioni agricole. {Ibid., pp. 155-161).11 giuliano procacci, Il partito nell’Unione Sovietica. 1917-1945, Bari, 1974, p. 3. La recen­sione che di questo libro è apparsa su questa rivista (1976, n. 122, pp. 118-119) a firma di Mar­cello Flores, ci sembra che non tanto neghi validità all’impostazione dichiarata di Procacci —

Page 5: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

Partito e società nella storia sovietica 95

I fratelli Medvedev, in tal senso, hanno enunciato, nel loro lavoro su Krusciov, il limite fondamentale della « destalinizzazione » compiuta a partire dal XX con­gresso del PCUS, al di là del pragmatismo e degli errori della politica economica proseguiti sotto la sua direzione, rinvenibile soprattutto nel non aver intaccato gli strumenti e i modi dell’azione politica, ma non hanno affrontato e sviluppato appieno tale feconda linea d ’indagine. È nel partito, nella sua struttura ed orga­nizzazione, quale si è venuta sviluppando dalla rivoluzione e sotto il potere sta­liniano, il nodo centrale della storia sovietica e uno dei motivi fondamentali anche della caduta di Krusciov: « forse non si sbaglia affermando — scrisse Togliatti nella famosa intervista a « Nuovi Argomenti » — che è dal partito che ebbero inizio le dannose limitazioni del regime democratico e il sopravvento graduale di forme di organizzazione burocratica ». Non è un caso che proprio da questa citazione muova la ricerca che Giuliano Procacci ha dedicato al partito nella storia sovietica, affrontando la « sfida » che essa contiene sul piano della ricerca storica e su quello — non meno rilevante — della indicazione politica. Lo studio di Procacci s ’impernia su due nodi fondamentali: il tipo di arruola­mento e di organizzazione interna del partito, attraverso l ’esame dei censimenti e degli statuti di esso; e 1’« adeguamento » della macchina del partito, in modo più o meno flessibile, alla situazione politica e sociale del paese. Al « modello giacobino » Procacci riferisce la prima fase della costruzione del partito bolsce­vico, con ciò intendendo « la realizzazione di un massimo di concentrazione dei poteri (dittatura) e la presenza di una situazione di < la patria in pericolo > che giustifica e legittima tale dittatura », e ciò viene spiegato secondo l’autore con « la constatazione che la < militarizzazione > è la sola forma di burocratizzazione che un movimento rivoluzionario [...] può accettare [...] » 11 12. La fine del pe­riodo di eccezionalità (la guerra civile) comportò, secondo Procacci, adeguamenti e modifiche nella struttura del partito, nel quale, tuttavia, sopravvissero ele­menti importanti affermatisi e consolidatisi in quel periodo. Già a questo punto, dai pochi cenni fatti sull’impostazione del lavoro di Procacci, è possibile affer­mare che, al di là dell’adesione ad essa e ai risultati cui perviene, lo « stalini­smo » — perché di questo, al fondo, si tratta — comincia ad uscire dalle « brume » delle definizioni globali ed onnicomprensive, per assumere i caratteri, innanzitutto, di un « processo », i cui termini iniziali affondano le radici nella storia russa e sovietica, e le cui fasi ulteriori non erano affatto predeterminate e inevitabili, e i cui meccanismi, inoltre, possono essere in qualche misura deci­frabili soprattutto dallo studio attento del suo sviluppo in particolare degli anni trenta. L ’esame in concreto delle fasi attraverso cui il partito operò il pas­saggio dalla « guerra di movimento » a quella di « posizione » — per usare i ter­mini che Procacci — desume da Gramsci — si svolge quindi sulla base dell’ana­lisi dei passaggi compiuti dalla organizzazione del partito a partire dal periodo leniniano, dai tentativi di ridargli un carattere « rivoluzionario » e selezionato, attraverso le purghe e i frequenti controlli personali, alla riorganizzazione del partito a livello locale, sino alla svolta rappresentata dalla morte di Lenin. L ’andamento delle iscrizioni, cui è legato il problema della composizione sociale degli iscritti e della loro « mobilità » nel partito, rivelato dai censimenti e dagli studi di T.H. Rigby (« Communist 'Party Membership in thè USSR, 1917- 1967 », Princeton, 1968 ora pubblicato in italiano da Feltrinelli, Milano, 1977), assume — nel lavoro di Procacci —■ il suo significato proprio nel legame con la

11 che può essere del tutto legittimo — ma non ne valuti appieno il significato complessivo come cercheremo di dimostrare più avanti.12 g. procacci, Il partito nell'Unione Sovietica, cit., p. 40 e 42.

Page 6: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

96 Sergio Bertolissi

situazione del paese, con le lotte e le iniziative che in esso si venivano svolgendo: « Una larga mobilitazione di energie e di iniziative e il coinvolgimento di larghe masse nel lavoro di edificazione socialista costituivano la premessa indispensabile per il raggiungimento degli ambiziosi traguardi di trasformazione economica e so­ciale che il partito si era posto e in cui il paese era impegnato » 13. Il quadro deli­neato da Procacci — seppure in modo sintetico — consente, per la sua imposta­zione, di collocare il dibattito politico e gli scontri nel gruppo dirigente, che sono sempre stati considerati l ’oggetto principale degli studi e interpretazioni sul perio­do, nell’ambito della dinamica azione-reazione, che essi suscitarono all’interno del­la struttura del partito, e degli effetti — per certi aspetti — « autonomi » che ne derivarono al partito stesso e alla sua progressiva evoluzione in « sistema stali­niano » 14. I problemi della lotta condotta dal gruppo dirigente succeduto a Lenin (Kamenev, Zinov’ev, Stalin) contro Trockij, così come la successiva loro sconfitta dopo il XV congresso (1927) ad opera di Stalin, e il progressivo accen­tramento della direzione del partito nelle sue mani, sono visti da Procacci attra­verso l ’analisi degli « strumenti » operativi che furono usati per quei fini (l’ap­pello leniniano contro il frazionismo; la progressiva assimilazione delle funzioni dell’apparato di partito con quelle dello stato, ecc.) ma anche alla luce degli effetti — lo ripetiamo — che quelle modifiche produssero nell’assetto del par­tito e degli organi statali con cui esso sempre più interferiva: « la <leva di massa >, della quale l ’andamento delle iscrizioni non rappresenta che l ’aspetto più comprensivo, costituiva la prima premessa di quel processo di riconversione del partito alla guerra manovrata che ebbe luogo negli anni della collettivizza­zione e che rappresentava il primo elemento della ricostituzione del modello gia­cobino. Il secondo era costituito dalla liquidazione di quel tanto di divisione so­cialista dei poteri che era stato realizzato a partire dal X congresso » 15. L ’epura­zione, poi, nel partito e la riorganizzazione del suo apparato in base al criterio della « funzionalità », iniziata a partire dal gennaio 1930, rappresentano — in tale chiave di lettura — non solo il frutto della vittoria di Stalin sulle opposi­zioni, ma lo strumento con cui quella potè essere consolidata e mantenuta. Escono così dalle « brume » delle interpretazioni generali, generiche o psicolo­giche, le tappe della costruzione del partito staliniano, della sua progressiva e non « inarrestabile » affermazione, per cui è possibile, inoltre, mettere a fuoco uno dei problemi decisivi di tutta la storia sovietica, presente già in Lenin nel­l ’ultimo periodo della sua vita, ed elemento portante dello stesso stalinismo: « I provvedimenti che abbiamo sommariamente ricordato — scrive Procacci — costituiscono una tappa di grande importanza nella storia del sistema sovietico. Attraverso di essi il vecchio problema dei rapporti tra partito e stato, che [...] si era posto sin dai primi tempi della guerra civile e cui Lenin era stato partico­

13 Ibid., pp. 117-118. Rigby •— citato da Procacci — scrive a conferma: « Il reclutamento di massa è stato un tratto caratteristico di ogni periodo di crisi nella storia del regime sovietico e la crisi della collettivizzazione e dell’industrializzazione non costituisce un’eccezione » (ibid., P- H9).1,1 In molte opere, soprattutto della storiografia anglosassone, sono presenti quei caratteri, cui facciamo cenno, di privilegiamento dello scontro politico, cui non mancano le notazioni « personali » sui protagonisti di esso. Basti pensare alla recente biografia dovuta a adam b . ulam , Stalin, Milano, 1975, dove, accanto all’indagine psicologica del personaggio, l ’analisi storica della sua figura e della sua azione è affidata all’illustrazione degli avvenimenti, visti come un disegno preordinato da sempre, che si viene semplicemente svolgendo. Di ben altra consistenza storica è la biografia di Stalin dovuta a robert c. tucker, Stalin. Il rivoluziona­rio. 1879-1929, Milano, 1977, che, tuttavia, si ferma al 1929, alla vigilia proprio del periodo più impegnativo ed interessante per la conoscenza del personaggio.15 g. procacci, Il partito nell’Unione Sovietica, cit., pp. 120-121.

Page 7: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

Partito e società nella storia sovietica 97

larmente sensibile, veniva risolto con la liquidazione della vecchia burocrazia e la presa in carico delle sue funzioni da parte del partito [...] . Accentrando il suo controllo sull’apparato statale fin quasi a immedesimarsi con esso, il partito veniva ulteriormente a perdere i suoi caratteri originari di organismo politico e democratico per acquisire quelli di organismo esecutivo ed amministrativo e subiva così un ulteriore processo di burocratizzazione » I6.Non ci è possibile, in questa nostra rassegna, soffermarci sui singoli aspetti della ricerca di Procacci, illustrarne gli elementi costitutivi e, soprattutto, quelli pro­banti la sua tesi, ma, a sostegno di quanto abbiamo sin qui affermato, oltre al­l ’esemplificazione già fornita, crediamo sia utile riassumere i punti che riteniamo essenziali per averci fatto affermare la novità ed importanza del lavoro di Pro­cacci nell’ambito della recente storiografia sulla Unione Sovietica. Abbiamo già esposto i motivi per cui Procacci ritiene di dover porre al centro della sua ricerca il partito, la sua costruzione a partire dalla rivoluzione sino alla guerra mon­diale, la portata della sua evoluzione interna nei confronti — altresì — dell’in­sieme della sovietà sovietica. Al di là delle riserve sulla scelta dell’autore, che pure sono state sollevate da più parti, crediamo che la ricerca di Procacci -—- nel suo complesso — abbia raggiunto alcuni risultati fermi: 1) lo studio della struttura del partito consente di analizzare dall’interno uno degli elementi fon­damentali del regime sovietico, evitando di adottare « modelli », termini e defi­nizioni non specifici alla realtà in esame; 2) il complesso della società sovietica, i suoi organi statali ed economici, dai sindacati ai soviet, trovano nel partito e nel suo assetto non solo un decisivo punto di riferimento, ma anche un concreto filtro per la definizione di quel problema del « consenso », che è uno dei termini fissi della storia sovietica; 3) l ’andamento della « costruzione del partito », come risulta dallo studio di Procacci, consente di affermare che esso, con il suo carat­tere a zig-zag, spesso contraddittorio, mai comunque precostituito o astratto dal concreto riferirsi alla lotta politica in atto e alla situazione del paese, non fu affatto il docile strumento nelle mani di Stalin, come spesso viene presentato, ma il risultato di una lotta politica lunga ed aspra, il cui esito non era affatto — per dirla ancora con Medvedev — « ineluttabile » 17.La ricerca di Procacci richiede, certamente, anche a detta dell’autore, approfon­dimenti e verifiche, proprio per il suo carattere sintetico ed esplorativo, ma, oltre ai punti fermi che ci sembrano acquisiti e che abbiamo indicato, ci sembra vada sottolineato il metodo di ricerca adottato, che si fonda, innanzitutto, su fonti originali sovietiche e su di un uso non aprioristico ed « ideologico » di esse, che consente, infine, di aprire un ampio arco di problemi alla ricerca e alla discussione, sinora non adeguatamente considerati.Uno degli esempi più significativi di questo modo problematico di approccio alla storia sovietica, si può ritrovare anche nel recente studio su Bucharin com­piuto da uno storico americano, Stephen F. Cohen, il quale innova decisamen­te — in tal senso — la storiografia anglosassone, sia per il modo con cui affronta la figura di Bucharin e il suo rilievo nell’ambito della politica sovietica degli anni venti-trenta, sia per le stimolanti conclusioni che egli trae dal suo esame. Cohen

16 Ibid., pp. 127-128.17 In tal senso, ci sembrano insufficienti e riduttive sia le notazioni di Flores, cui abbiamo già fatto cenno, sia le riserve di Lisa Foa, che adotta, in più criteri, diversi di valutazione nell’analisi dei libri di Procacci, Bettelheim e Cacciari, oggetto di una sua rassegna (Partito e lotte sociali nella Russia di Stalin, in « Rivista di storia contemporanea », 1975, n. 4, pp. 595-610).

Page 8: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

definisce esplicitamente il proprio assunto: « Considero questo libro un contri­buto allo sforzo che vari studiosi stanno compiendo per rivedere l ’interpreta­zione tradizionale che considera la rivoluzione bolscevica dopo Lenin principal­mente nei termini di una rivalità fra Stalin e Trockij [ ...] . Tale tesi è connessa a sua volta alla nozione dominante secondo cui lo stalinismo sarebbe stato l ’esito logico e ineluttabile della rivoluzione bolscevica, un assunto che è oggi conte­stato da un numero crescente di autori sovietici ed occidentali fra cui chi scrive » 18.Al di là del confronto spontaneo con il « tradizionale » atteggiamento della sto­riografia occidentale, anglosassone in particolare, nei confronti del dibattito poli­tico in URSS, dove campeggiano le figure solitarie di Lenin, Trockij, Stalin e di pochi altri, e di cui abbiamo già dato qualche esempio significativo all’inizio (Ulam, Daniels e altri), ci pare che il libro di Cohen, pur accentrato sulla figura di Bucharin, affronti problemi e momenti della storia sovietica che vanno deci­samente al di là della mera biografia. Ciò è possibile perché Cohen collega stret­tamente — sulla base di una vastissima documentazione, pressoché esaustiva — l ’azione politica di Bucharin con l ’andamento della lotta politica all’interno del partito e, soprattutto, con i problemi di fondo della « costruzione del sociali­smo » in atto. Dopo una prima fase, sintetizzata da Cohen come « un miscuglio di opportunismo militare e di convinzioni ideologiche », l ’azione politica di Bu­charin s ’impernia decisamente sul sostegno della politica àe\Y alleanza tra operai e contadini, che era stata lanciata dalla NEP, considerata la condizione essenziale per la sopravvivenza del regime sovietico e per lo sviluppo economico « equili­brato » del paese. « È come se la storia — scriveva Bucharin — stesse dicendo ai comunisti: ecco un paese arretrato, ignorante, impoverito, rovinato con un enorme predominio di elementi non proletari. Qui costruirete il socialismo, qui dimostrerete che anche in tali condizioni di una difficoltà senza precedenti po­trete gettare le solide fondamenta di un mondo nuovo [...] . Di qui la necessità di una stretta alleanza fra il movimento urbano e il movimento agrario-contadi­no », alla cui base vi era il principio che « la nostra economia esiste per il con­sumatore, non il consumatore per l ’economia [...] . La Nuova Economia diffe­risce dalla vecchia nel considerare come sua norma i bisogni delle masse [...] 19 ». Al centro dell’azione politica di Bucharin, a partire soprattutto dalla morte di Lenin fino alla tragica conclusione della sua vita, vi sarà il problema della smycka, dell’alleanza cioè tra città e campagna (« Una dittatura del proletariato che si trovi in uno stato di guerra con i contadini [...] non può in alcun modo essere forte », scriveva nel 1924), che doveva consentire, attraverso l ’allargamento del mercato interno, il superamento della crisi stessa dell’industria : « Quanto mag­giore è il potere d ’acquisto dei contadini tanto più rapido sarà il ritmo di svilup­po della nostra industria [ ...] . La domanda dei contadini avrebbe pertanto sti­molato lo sviluppo di tutti i settori dell’industria leggera e pesante. Nello stesso tempo il progresso tecnologico dell’agricoltura dipendeva dalla disponibilità di prodotti industriali specialmente fertilizzanti e macchine » 20.Il dibattito che Bucharin, strenuo difensore della NEP, intrecciò con la « sini­stra » (Trockij e Preobrazenskij, in particolare) fu al centro della lotta politica apertasi nel partito dopo la morte di Lenin, che vide sul tappeto tutti i principali

98 Sergio Bertolissi

” stephen f . Cohen, Bucharin e la rivoluzione bolscevica. Biografia politica 1888-1938, trad. it., Milano, 1975, pp. 10-11 (il corsivo è mio).19 Ibid., p. 134 e 176.“ Ibid., pp. 178-179.

Page 9: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

Partito e società nella storia sovietica 99

temi del « socialismo in un paese solo » : « Non c’è praticamente alcun aspetto dei primi vent’anni dell’esperienza sovietica — ha scritto uno storico america­no — che possa essere indagato ignorando le opinioni di Bucharin in proposi­to » 21 Non ci è possibile seguire passo passo la ricostruzione operata da Cohen delle successive fasi dell’azione politica di Bucharin, ma ci preme sottolinearne i nodi essenziali. A proposito dell’esito del dibattito sull’industrializzazione, che pure vide Bucharin prevalere su Preobrazenskij, Cohen commenta: « Bucharin si compiacque di indulgere in parole d ’ordine quando ci sarebbe stato bisogno di un ragionamento inflessibile [ ...] . La sua visione etica delle cose condusse Bu­charin a immaginare l ’impossibile: l ’industrializzazione senza crisi e oneri in­tollerabili: una via indolore verso la modernità » 22. L ’alleanza, poi, di Bucharin con Stalin, che servì alla sconfitta della « sinistra », venne ben presto ad incri­narsi sia sul piano delle linee di politica economica, sia su quello dell’assetto e della funzione del partito: « Se la sconfitta finale della sinistra — scrive Cohen — eliminò le ragioni politiche effettive dell’alleanza fra la destra e Stalin, la brusca caduta nella quantità di grano ceduta dai contadini all’ammasso verso la fine del 1927 distrusse gli ultimi residui di convergenza di vedute in politica interna ». In breve, l ’imperativo del « massimo investimento di capitale nell’industria », dettato — come spiegò Stalin — dalla tradizionale arretratezza della Russia, di­venne il criterio ispiratore della nuova politica economica degli anni trenta, cui si accompagnò un irrigidimento della disciplina di partito e della sua centraliz­zazione decisionale. Il tentativo di Bucharin di opporsi a tale politica (le sue Note di un economista del 1928 riproposero la sua linea di politica economica fondata su di un equilibrio dinamico fra l ’industria e l ’agricoltura) doveva però terminare nonostante la sua durata (1938 è l ’anno della uccisione di Bucharin) in una netta sconfitta. Cohen, e qui è il nodo centrale del libro, spiega la sconfitta di Bucharin innanzitutto notando che essa « a differenza di quella dell’opposi­zione di sinistra avrebbe avuto conseguenze sociali di grande importanza. Con­siderata storicamente, essa era un preludio politico alla < rivoluzione dall’alto > e all’avvento di quello che sarebbe diventato noto come stalinismo ». Essa inoltre, fu dovuta — secondo Cohen — alle divergenze sul piano economico dove erano particolarmente gravi i lati deboli o irrisolti della politica buchari- niana, ma soprattutto al modo con cui fu condotta la battaglia politica da parte della « destra »: « [...] Bucharin, Rykov e Tomskij fecero il gioco di Stalin limi­tando il loro conflitto decisivo a una piccola arena privata e consentendo che il loro strangolamento avesse luogo all’insaputa del partito. In questo contesto deve essere spiegata la vittoria decisiva di Stalin » 23. Al di là della stessa pre­minenza di Stalin all’interno del partito, addotta da molti come la causa prin­cipale della sua vittoria, Cohen indica, inoltre, nella capacità di Stalin di offrire « una politica equilibrata e calma, intermedia fra la pavidità della destra e l ’e­stremismo della sinistra », la base sulla quale egli riuscì a costruire una nuova maggioranza contro Bucharin. In sostanza, il partito, deciso a raggiungere e su­perare l ’occidente industrializzato nel più breve tempo possibile, scelse 1’« otti­mismo » di Stalin e rifiutò il « disperato pessimismo » della destra.

" Ibid., p. 10.Ibid., p. 214. Per una ricostruzione complessiva del dibattito sull’industrializzazione, si ri­

manda a a. erlich , Il dibattito sovietico sull’industrializzazione. 1924-1928, Bari, 1969, e a M. cacciari - p. peru lli, Piano economico e composizione di classe, Milano, 1975, su cui si veda una nostra nota, Preobrazenskij e l’industrializzazione sovietica, in « Studi storici », 1976, n. 1, pp. 181-192.u s. f . Cohen, Bucharin e la rivoluzione bolscevica, cit., p. 311 e 324.

Page 10: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

100 Sergio Bertolissi

È in questo senso, per quanto abbiamo sin qui esemplificato delle tesi di Cohen, che può essere a ragione respinta la definizione semplicistica di chi vuole vedere in esse una pura e semplice « visione bucharinista » della storia sovietica, anche se — indubbiamente — il « fascino » del personaggio non è rimasto estraneo all’acribia del biografo.E.H. Carr, recensendo il libro di Cohen (« Times Literary Supplement », 20 settembre 1974) mette in evidenza le debolezze e le complicità della politica buchariniana per negare che essa abbia mai rappresentato una concreta alter­nativa alla linea portata avanti da Stalin. Cohen (nella sua replica sempre su « Times Literary Supplement », 18 ottobre 1974) riassume i termini della sua tesi, riaffermando che Bucharin, a differenza della sinistra che aveva una reale consistenza solo nella figura di Trockij, rappresentò l ’estrema possibile alterna­tiva allo stalinismo, nella misura in cui godette di un largo seguito nel partito e nella società sovietica. In fondo, al di là dei termini stessi della polemica Carr- Cohen o di altre critiche mosse alla tesi dell’autore, è possibile vedere in esse un ulteriore fondato apporto a quella linea storiografica, di cui abbiamo indicato i caratteri e le concrete realizzazioni, che tende a vedere lo stalinismo nei suoi concreti e alterni momenti di formazione e di sviluppo, illuminandone — per quanto possibile — i meccanismi operativi e le fasi cruciali.In chiave « bucharinista » è stata letta anche la recente vasta opera di Giuseppe Boffa che, a differenza di quelle sinora esaminate, intende coprire l ’intero arco della storia sovietica dal 1917 ad oggi. Il primo volume di questa storia gene­rale, che va dalla rivoluzione d’Ottobre alla vigilia dell’aggressione nazista, si fonda — e qui sta il suo primo carattere specifico — su di un largo uso di fonti sovietiche, storiografiche per lo più, sulle carte di Trockij e sull’archivio di Smolensk che si trovano presso l ’università di Harvard, e che l ’autore ha potuto direttamente consultare. Va, inoltre, subito detto che è la prima opera com­plessiva sull’Unione Sovietica dovuta ad uno studioso italiano, frutto in più di una larga esperienza diretta del paese e della sua complessa realtà. Non ci è pos­sibile entrare nel merito di tutti i nodi problematici toccati dall’autore, in un volume di oltre 600 pagine, ma volendo restare nello spirito di questa nostra rassegna, volta — più che altro — a delineare alcuni temi, che riteniamo fondamentali, dell’attuale storiografia sull’URSS, ci limiteremo a proseguire — anche nell’esame del libro di Boffa — a tale ricognizione per linee e problemi.Ci sembra, innanzitutto, che Boffa conforti il nostro giudizio, espresso sulle tesi di Medvedev a proposito delle scelte operate dai bolscevichi durante la guer­ra civile, nel senso che esse non vanno considerate una « strada senza ritorno ». Boffa parla — per questo periodo — di una ricerca di una maggiore articola­zione interna del partito e dell’intero apparato statale, temi presenti nella rifles­sione dell’ultimo Lenin, anche se « [...] più che di un piano compiuto — egli afferma — si può parlare di una ricerca assillante, consapevole dei problemi e dei rischi, ma ancora incerta delle soluzioni, resa drammatica dalle circostanze in cui si svolse » 24. Il carattere pragmatico di molte delle decisioni prese dal gruppo dirigente bolscevico nei primi anni del potere sovietico, di cui abbiamo già fatto cenno, emerge chiaramente anche dalle pagine di Boffa, che non manca, tuttavia, di sottolineare il carattere di emergenza e di complessità dei problemi sul tappeto, in particolare di quelli relativi alla formazione dello stato sovietico

G. boffa, Storia dell’Unione Sovietica, cit., p. 243.

Page 11: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

Partito e società nella storia sovietica 101

(problema delle nazionalità e dei rapporti federali) e di quelli più strettamente economici e sociali.Il « socialismo in un solo paese », che Boffa giustamente definisce « una risposta allo stato di fatto di isolamento dell’Unione Sovietica dai paesi di capitalismo sviluppato », è la cornice in cui si svolge la « grande svolta » dell’industrializza­zione degli anni trenta, uno dei momenti decisivi dell’intera storia sovietica. E l ’interesse della ricostruzione di quel periodo compiuta da Boffa, risiede, anche alla luce di quanto abbiamo già detto, nello sforzo che l ’autore compie di atte­nersi ai fatti, respingendo sia la storia che snoda i fatti come una seguenza inar­restabile, sia quella che si pone domande e fornisce risposte che prescindano da essi.Ci sembra significativo, in tal senso, soprattutto in relazione a quanto abbiamo scritto su Bucharin, leggere il seguente passo di Boffa: « Si è molto discusso in sede storica se non vi fosse per l ’industrializzazione sovietica una alternativa meno dolorosa di quella che si sarebbe realizzata con Stalin. La domanda può sembrare oziosa, qualsiasi risposta mancando di una riprova dei fatti. Non è però possibile accantonare l ’idea buchariniana di una crescita più armonica e di una persistente alleanza tra città e campagna come qualcosa di inconsistente solo in base agli argomenti che furono storicamente usati contro di essa: essere cioè quello proposto da Bucharin uno sviluppo troppo lento, che avrebbe lasciato il paese senza sufficiente difesa contro un attacco esterno e avrebbe consentito agli elementi capitalistici di prendere il sopravvento [...] . Resta difficile dimostrare, alla luce della successiva esperienza, che esse erano più valide di quelle che si potevano avanzare — e che dai buchariniani furono avanzate — alla strategia stalinista. Quelle concezioni avrebbero conosciuto del resto un ritorno di fortuna in epoche successive » 25. Il « filo rosso » seguito da Boffa nella sua analisi degli avvenimenti successivi alla « grande svolta », dalla collettivizzazione alle purghe, si può rintracciare nello sforzo di affrontare il « sistema staliniano » più nel suo concreto attuarsi momento per momento, che in una definizione conclusiva degli avvenimenti. In sostanza, il problema della « necessità o meno » dello stali­nismo, che è stato oggetto di un dibattito tra gli storici inglesi negli anni sessan­ta, viene risolto da Boffa esaminando nel concreto le diverse fasi cruciali di esso, nello sforzo primario di illuminare il più possibile uno dei periodi più complessi ed oscuri della storia sovietica26. L ’analisi dei risultati dei primi due piani quin­quennali, in particolare il rilevo dato al plenum del Comitato centrale del 12 gennaio 1933 da cui uscì -—• tra l ’altro — la teoria del continuo inasprimento della lotta di classe via via che si avanza verso il socialismo, così come a quello del 1937 (23 febbraio-5 marzo) che sanzionò il ritorno ad una prassi repressiva ed arbitraria nei confronti dei « nemici del popolo », che la Costituzione del 1936 sembrava aver definitivamente cancellato, sono alcuni dei punti nodali poco conosciuti messi in luce dalla Storia di Boffa27. La crisi economica dell’anno 1937, i processi del 1937-38 e l ’avvicinarsi del pericolo della guerra, sono gli ultimi drammatici avvenimenti toccati da Boffa in questo primo volume, che,

25 Ibid., pp. 353-354.26 Alee Nove, protagonista di quel dibattito, ebbe a scrivere: « ... date le premesse, taluni elementi di quel fenomeno che può essere definito stalinismo dovevano scaturire come < neces­sità) oggettive. In questo senso, ed entro questi limiti, si può dire che Stalin agì in modo conforme alle conseguenze logiche del leninismo. » (a. nove, Stalin era davvero necessario? in Stalinismo e antistalinismo nell’economia sovietica, trad. it., Torino, 1968, pp. 28-29; si veda anche la replica a Nove di L. Labedz, ibid., pp. 39-41.27 g . boffa, Storia dell’Unione Sovietica, cit., pp. 462 sgg. e 578 sgg.

Page 12: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

102 Sergio Bertolissi

a questo punto, enuclea — sia pure con molta attenzione — qualche considera­zione conclusiva: « Quella di Stalin — scrive — fu una spietata scelta politica, non un’improvvisazione paranoica. Per questa via egli arrivò a presentarsi, no­nostante o perfino mediante le repressioni, come difensore del popolo, garante delle faticose conquiste raggiunte, ugualmente vigilante contro i tanti nemici esterni e i non pochi nemici interni. Soppresse così ogni condizionamento al proprio governo » 28. Eppure la strada percorsa dallo stalinismo fino alla defini­tiva vittoria, proprio dalla ricostruzione di Boffa, non fu già un piano inclinato, ma, come si è già più volte sottolineato, un processo complesso e contradditto­rio, i cui termini ci sembrano bene caratterizzati dalle considerazioni che uno storico della collettivizzazione, Moshe Lewin, ha recentemente pubblicato su « Studi storici »: « Lo sviluppo stalinista portò ad un diverso risultato: mentre il paese andava avanti dal punto di vista economico e militare, tendeva invece ad arretrare, rispetto agli ultimi anni dello zarismo e anche del periodo della NEP, in termini di libertà sociali e politiche. Questo non fu solo un caso specifi­co ed evidente di sviluppo senza emancipazione; fu di fatto un ritorno ad un imbrigliamento della società più stretto che mai da parte della burocrazia statale, che diventò il principale veicolo sociale della politica e dell’etica dello stato. Di qui la tendenza ad attingere così largamente ai più antichi e più dispotici antecedenti che erano stati così risolutamente rifiutati e ripudiati dal nuovo regi­me nella sua prima e più giovane età » 29.Ci sembra che Lewin svolga qui due considerazioni almeno, di grande interesse: la prima è che lo sviluppo storico sovietico dimostra, in molti suoi momenti no­dali, l ’esistenza di un rapporto « distinto » tra politica ed economia, nel senso che la mancanza delle tradizioni proprie della società civile fece sì che le con­quiste economiche non si tramutassero immediatamente in fatti di emancipa­zione sociale, ma che questa abbia sempre bisogno di interventi specifici; la se­conda considerazione — ci sembra — è che, in tale quadro, Io « strumento » del partito diviene sempre più essenziale per « coprire » i vuoti di partecipazione e d ’intervento della società, e di qui — in più — la « personalità di chi governa — per dirla con uno storico del diritto sovietico ■— diventa di estrema impor­tanza » 30. Queste considerazioni, bisognose ovviamente di precisazioni ed ap­profondimenti, si ricollegano direttamente a quanto abbiamo cercato di esporre sin qui, ma sono anche sollecitate — in particolare — dalla pubblicazione in italiano, a breve distanza, di due opere dello storico francese Jean Ellenstein. La prima di esse (Storia del fenomeno staliniano, Roma, 1975) è specificamente dedicata allo studio dello stalinismo o — meglio, secondo l ’autore — del « fe­nomeno staliniano »; la seconda è, invece, un’ampia e complessiva storia del- l ’URSS dal 1917 al_ 1974 (Storia dell’URSS, Roma, 1976, 2 voli). Molto di quanto abbiamo scritto a proposito delle opere su esaminate, ci esime dall’en­trare nel merito delle vicende esposte da Ellenstin: ci limiteremo, pertanto, a qualche considerazione sul metodo adottato dallo storico francese e sui risultati cui egli ci pare sia pervenuto.

Innanzitutto, non possiamo non rilevare che Ellenstein utilizza quasi esclusiva- mente fonti occidentali, o traduzioni dal russo, il che è un limite non trascura­bile per il risultato complessivo del suo lavoro. Inoltre, riallacciandoci a quanto 38

38 Ibid., p. 596.29 moshe lewin, Lì basi sociali dello stalinismo, in « Studi storici », 1976, n. 4, p. 52.30 harold j. berman, Justice in USSR, New York, 1963, p. 202, cit. in moshe lewin, Le basi sociali dello stalinismo, cit., p. 55.

Page 13: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

Partito e società nella storia sovietica 103

riportato dallo scritto di Lewin, ci sembra che lo studio che lo storico francese dedica al « fenomeno staliniano », per la sua impostazione e per lo stesso taglio espositivo dato al lavoro, rimanga sul piano del confronto astratto, definitorio, più che affrontarne le caratteristiche specifiche, dall’interno: « Il fenomeno sta­liniano — è la domanda che si pone Ellenstein — si spiega con le condizioni storiche della prima rivoluzione socialista della storia, è insomma un < infortu­nio > del comunismo, oppure ne è il prodotto naturale, inevitabile? » 31.Il punto di partenza, in sostanza, resta quello del riferimento ad un « modello » di comunismo, cui commisurare la realtà della rivoluzione d ’Ottobre e della società da essa sviluppatasi, utilizzando categorie (socialismo, rivoluzione, classe operaia) e modelli non corrispondenti e, al limite fuorviami, rispetto allo svi­luppo storico russo e sovietico. In tal senso, alla luce di quanto abbiamo scritto a proposito degli studi di Procacci, Boffa e Lewin, risulta di per sé significativo leggere il seguente passo di Ellenstein: « L ’economia socialista si era sviluppata fino al 1937 nonostante il totalitarismo staliniano. E questo era dovuto alla sua stessa natura, vale a dire alla socializzazione dei mezzi di produzione e di scam­bio, alla capacità di espansione che le era propria indipendentemente da ogni sistema politico, da ogni metodo di gestione. Indubbiamente questi fattori inci­devano più o meno favorevolmente sullo sviluppo economico. In questo senso, il fenomeno staliniano ebbe un ruolo negativo, frenando questo sviluppo impe­tuoso » 32. Di qui, ci pare derivi il significato del termine « fenomeno » attri­buito da Ellenstein allo stalinismo, che, in tal modo, diviene di fatto un « corpo separato » ed anomalo rispetto allo sviluppo « normale » della società sovietica, « frutto — cioè — di determinate condizioni ambientali e temporali » non meglio precisate. Lo sviluppo economico e sociale dell’URSS rimane un processo a sé stante, con propri mezzi e ritmi che, nella chiave interpretativa di Ellen­stein, risultano addirittura « autogeni ». Ci pare, lo diciamo esplicitamente, che preoccupazioni di ordine politico non siano estranee a un così insufficiente e semplificatorio modo di approccio ad uno dei momenti più complessi e decisivi della storia sovietica, e dell’intero novecento. « Il socialismo esiste. Contraria­mente a quanto dice Roger Garaudy — conclude Ellenstein — l ’URSS non ha voltato le spalle al socialismo. Essa ha creato un tipo di socialismo le cui forme politiche s ’inscrivono in un determinato contesto di spazio e di tempo, in un contesto che non è il nostro. Il fenomeno staliniano è nato, si è sviluppato e sta declinando su un terreno storico radicalmente diverso da quello francese » 33.Anche la più vasta e documentata opera di Ellenstein, dedicata alla storia del­l ’URSS dal 1917 al 1974, non è esente da quel carattere espositivo degli avve­nimenti più che analitico ed interpretativo di essi, che abbiamo già segnalato, e che rappresenta il limite di fondo di un lavoro peraltro utile sul piano infor­mativo. Ellenstein, in sostanza, vede la storia come « un gioco di ombre e di luci », mentre ciò — a nostro avviso — attiene al terreno del giudizio politico, che tenta di contemperarle.

A conclusione di questa nostra rassegna, e proprio sulla base delle ultime scarne osservazioni sui lavori di Ellenstein, ci sembra che vada sottolineato con forza l ’esigenza di un approccio alla storia sovietica che eviti gli schemi precostituiti o le ricostruzioni agiografiche, ma tenga conto della specificità ed originalità dei suoi caratteri: « Il tentativo di stabilire un parallelo — scrive Carr in polemica

31

32

33

Jean ellenstein , Storia del fenomeno staliniano, cit., p. 8. Ibid., pp. 136-137.Ibid., p. 261.

Page 14: Partito e società nella storia sovietica · 2019. 3. 5. · Partito e società nella storia sovietica 93 primi mesi del potere sovietico, nelle condizioni — lo ripetiamo — in

104 Sergio Berfoiissi

con lo storico Seton-Watson — tra la Russia sovietica e un altro qualsiasi ordi­namento istituzionale o sociale del passato — sia esso l ’autocrazia zarista op­pure la borghesia vittoriana — serve solo a confonderci le idee. Si tratta di un fenomeno nuovo nella storia, con meriti e difetti nuovi; faremmo quindi meglio a cercare di valutarlo per quello che è » 34. Riteniamo, inoltre, che lo studio dello sviluppo storico dell’Unione Sovietica non possa in alcun modo prescindere dal- l ’affrontare il problema del partito, della sua struttura e funzione, in particolare nel corso degli anni trenta. Ciò richiede uno sviluppo ed un approfondimento delle ricerche su questo tema, con investigazioni « in verticale » per settori spe­cifici sia tematici che territoriali, attraverso l ’esame della stampa dell’epoca, delle risoluzioni del partito e di quanto si viene pubblicando in URSS.In tale quadro, infine, può essere tentata la ricomposizione dell’intero arco della storia sovietica, a sessant’anni dalla rivoluzione d ’Ottobre, sulla base dell’illu­minazione dei suoi momenti oscuri ed indecifrati.

Sergio Berto lissi

34 Edward h . carr, La struttura della società sovietica, in 1917. Illusioni e realtà della rivolu­zione russa, trad. it., Torino, 1970, p. 114.