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L'UNIONE SOVIETICA E LA RESISTENZA IN EUROPA (*) Nella prima parte della relazione vengono esposti i criteri metodo- logici e interpretativi generali ai quali il Boltin ed i suoi collaboratori si sono attenuti. Essi si fondano sid riconoscimento che la IP guerra mondiale è stata caratterizzata da una tanto ampia partecipazione delle masse popo- lari quale nessun precedente conflitto aveva conosciuto. Durante la prima fase delle operazioni belliche (settembre 1939 - maggio 1940), la politica dei governi francese ed inglese, volta a dirigere l’aggressione hitleriana contro l’URSS, aveva determinato la « disfatta militare della Francia e l’oc- cupazione di tutta una serie di paesi europei da parte della Germania ». « Da quel momento, —• scrive il Boltin il conflitto venne gradualmente acquistando un carattere giusto, liberatore e antifascista, determinandosi e affermandosi definitivamente con questo carattere dopo l’entrata in guerra dell’Unione Sovietica ». La Resistenza nacque, perciò, « perchè 1 governi antipopolari dei paesi occidentali abbandonarono la lotta contro i fascisti e capitolarono davanti ad essi », e divenne elemento di assoluto rilievo nello svolgimento della guerra, come gli stessi tedeschi hanno neo- nosciuto. Sulla base di tale interpretazione dello svolgimento del conflitto, gli storici sovietici combattono le tesi di quegli studiosi occidentali tede- schi e statunitensi che vorrebbero minimizzare o addirittura mettere in dubbio la legittimità e la portata della Resistenza. Essa non è stata un fenomeno contingente, non è sorta come reazione temporanea all’occupa- zione nazista, ma ha avuto radici più profonde « nell’aspirazione patriottica del popolo di ogni paese ad un’esistenza nazionale indipendente, alla libertà e alla democrazia ». In questo quadro è inserita la partecipazione alla Resistenza dei comunisti, partecipazione che fu totale e senza riserve proprio per la loro volontà di essere i combattenti più conseguenti della causa della libertà e della democrazia. Le altre parti della relazione sono riportate integralmente, salvo per il punto 3 (sul contributo recato dall’ URSS alla liberazione dei vari paesi d’Europa), di cui riproduciamo solo i passi riferentisi alla Polonia, alla Jugoslavia e all’Italia. (*) Relazione presentata dall’Istituto Marxismo-Leninismo di Roma al Congresso Internazionale di Storia della Resistenza Europea (Milano, marzo 1961).

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L'U N IO N E SO V IET IC A E LA R E SIST E N Z A IN EURO PA (*)

Nella prima parte della relazione vengono esposti i criteri metodo- logici e interpretativi generali ai quali il Boltin ed i suoi collaboratori si sono attenuti. Essi si fondano sid riconoscimento che la IP guerra mondiale è stata caratterizzata da una tanto ampia partecipazione delle masse popo- lari quale nessun precedente conflitto aveva conosciuto. Durante la prima fase delle operazioni belliche (settembre 1939 - maggio 1940), la politica dei governi francese ed inglese, volta a dirigere l’aggressione hitleriana contro l’ URSS, aveva determinato la « disfatta militare della Francia e l’oc­cupazione di tutta una serie di paesi europei da parte della Germania ». « Da quel momento, —• scrive il Boltin — il conflitto venne gradualmente acquistando un carattere giusto, liberatore e antifascista, determinandosi e affermandosi definitivamente con questo carattere dopo l’entrata in guerra dell’ Unione Sovietica ». La Resistenza nacque, perciò, « perchè 1 governi antipopolari dei paesi occidentali abbandonarono la lotta contro i fascisti e capitolarono davanti ad essi », e divenne elemento di assoluto rilievo nello svolgimento della guerra, come gli stessi tedeschi hanno neo- nosciuto.

Sulla base di tale interpretazione dello svolgimento del conflitto, gli storici sovietici combattono le tesi di quegli studiosi occidentali — tede­schi e statunitensi — che vorrebbero minimizzare o addirittura mettere in dubbio la legittimità e la portata della Resistenza. Essa non è stata un fenomeno contingente, non è sorta come reazione temporanea all’occupa­zione nazista, ma ha avuto radici più profonde « nell’aspirazione patriottica del popolo di ogni paese ad un’esistenza nazionale indipendente, alla libertà e alla democrazia ». In questo quadro è inserita la partecipazione alla Resistenza dei comunisti, partecipazione che fu totale e senza riserve proprio per la loro volontà di essere i combattenti più conseguenti della causa della libertà e della democrazia.

Le altre parti della relazione sono riportate integralmente, salvo per il punto 3 (sul contributo recato dall’ URSS alla liberazione dei vari paesi d’Europa), di cui riproduciamo solo i passi riferentisi alla Polonia, alla Jugoslavia e all’Italia.

(*) Relazione presentata dall’Istituto Marxismo-Leninismo di Roma al Congresso Internazionale di Storia della Resistenza Europea (Milano, marzo 1961).

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LA R E S IS T E N Z A E LA PO LITICA D E L L E PO T EN ZE A L L E A T E N E L

1941^945.

Nell’estate del 19 4 1, la lotta di liberazione nazionale dei popoli dei paesi occupati d’Europa entrava in una nuova fase, condizio- nata dall’aggressione della Germania contro l’URSS, dall’ inizio della grande guerra nazionale dell’Unione Sovietica contro i paesi del blocco fascista e dalla formazione di una coalizione anti-nazista di popoli e di governi con a capo l’U RSS, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.

« L ’entrata dell’URSS nella seconda guerra mondiale è venuta a completare il processo della sua trasformazione in guerra giusta e liberatrice contro i paesi del blocco fascista. Il ruolo decisivo dell’Unione Sovietica, nella definitiva affermazione del carattere giusto della guerra, si è manifestato non soltanto nel fatto che la sua lotta ha dato nuove forze ed una nuova certezza a tutti gli altri popoli combattenti contro il fascismo, ma anche nel fatto che gli stati borghesi e i loro governi, e in primo luogo le grandi potenze che avevano combattuto contro gli aggressori fascisti, si erano visti obbligati per la forza delle circostanze ad allearsi, ad entrare in coalizione con l ’U RSS, ad assecondarla in un modo o nell’altro nei suoi sforzi, pur conservando simultaneamente un’ostilità ideologica, o persino politica, nei riguardi dello stato socialista divenuto loro alleato. Essi non avevano altra scelta: la loro vittoria era incon­cepibile senza la vittoria dell’Unione Sovietica che significava la vittoria del progresso e della libertà sulla reazione » (1).

Oltre all’URSS, alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti la coali­zione antihitleriana comprendeva anche i popoli di tutti i paesi occupati dai fascisti tedeschi, oltre al popolo cinese in lotta contro l’ invasore giapponese. La creazione di una vasta coalizione anti­hitleriana, contribuendo alla coesione delle forze democratiche e rafforzando la loro lotta contro gli aggressori fascisti, ha gettato solide fondamenta per il movimento di liberazione nazionale. Gli scopi di liberazione della grande guerra nazionale dell’Unione So­vietica non le hanno soltanto valso le calorose simpatie dei popoli e dei paesi stranieri, ma sono stati anche un mezzo potente per la 1

(1) Istoria Velieoi Otecestvennoi voini Sovetskogo Soiusa 1941-1945, tomo I. M. voenisdat, i960, p. XXII.

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loro mobilitazione nella lotta contro il fascismo. Lo storico polacco, Stefan Boratynski, scrive: « L ’entrata dell’URSS nella guerra in- fatti non solo ha cambiato i rapporti delle forze belligeranti, stor­nando dalla Gran Bretagna un pericolo catastrofico, ma ha simulta­neamente condotto a profondi cambiamenti nella coscienza dei popoli che lottavano contro la Germania. Sotto l’influenza dell’en­trata in guerra dell’URSS gli ideali della liberazione hanno avuto adesioni sempre più vaste, mentre il programma antifascista si è strettamente collegato alla lotta per l’indipendenza dei paesi occu­pati e alla difesa dei paesi minacciati » (2).

Il carattere giusto assunto dalla guerra contro gli stati fascisti ha esercitato pure un’enorme influenza sulla Gran Bretagna e sugli Stati Uniti. I popoli di questi paesi sono stati animati dai fini di liberazione della guerra: la loro volontà di lotta e la loro aspira­zione di riportare a qualsiasi prezzo la vittoria si sono fortemente accresciute.

Il carattere liberatore della guerra contro gli stati fascisti ha anche seriamente influito sulla situazione interna di questi stessi stati. I comunisti, che denunciavano gli scopi annessionistici dei governi, chiamavano dalla clandestinità più profonda le masse a contribuire alla loro disfatta ed avvertivano che la politica di con­quista sarebbe inevitabilmente fallita.

Lo storico italiano della Resistenza, Roberto Battaglia, nota l’enorme influenza che ha esercitato l’Unione Sovietica nella se­conda guerra mondiale sulla situazione interna italiana e soprat­tutto sulla classe operaia. Egli scrive: « L ’aggressione nazista al- l’U RSS ha l’effetto di rendere più viva e acuta la coscienza dei compiti particolari che spettano alla classe operaia italiana, la sua funzione dirigente rispetto all’intero schieramento nazionale » (3).

L ’entrata in guerra dell’Unione Sovietica contro gli stati fa­scisti significava anche un cambiamento radicale della situazione militare in Europa. Era finito il periodo delle facili passeggiate militari e delle vittorie vertiginose dei conquistatori fascisti: stava per essere impegnata una lotta a morte. I soldati e gli ufficiali tede­schi, ingannati dalla propaganda nazista, non hanno subito avuto 2 3

(2) STEFAN Boratynski, Diplomatiia perioda vtoroi mirovoi Voini. Mejdunarodnie konferenzii 1941-1945 godov, M. Isd-vo, 1959, pp. 84-85.

(3) Roberto Battaglia, Storia della Resistenza italiana, Einaudi, Torino, 1953, p. 62.

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coscienza di questa verità. Ma tanto più terribile doveva essere il loro risveglio.

La grande maggioranza degli abitanti dei paesi assoggettati o minacciati dai nazisti, gli uomini d’avanguardia negli stati fascisti stessi, scorgevano chiaramente nell’Unione Sovietica la forza essen­ziale che avrebbe portato loro la liberazione. Essi comprendevano che solo l’Unione Sovietica era in grado di fermare le orde fasciste e di batterle, di liberare l’umanità dalla peste nera, di salvare la civiltà mondiale, di liberare milioni di uomini dalla prigione rap­presentata dall’ « ordine nuovo » dei nazisti.

Una delle principali difficoltà che ostacolarono lo sviluppo della Resistenza prima dell’ inizio della grande guerra mondiale fu la mancanza di una chiara prospettiva di lotta, che d’altronde non poteva esistere fino a che non si fosse concluso il processo di tra­sformazione della guerra contro la Germania in guerra giusta e liberatrice, prima che una forza così potente come l’Unione Sovietica si fosse opposta alla Germania. Dopo l’aggressione della Germania contro l’URSS e la creazione della coalizione antihitleriana, gli scopi e le prospettive della lotta di liberazione nazionale divennero chiari: ormai i destini della Resistenza dei popoli europei dipende­vano dalla politica della coalizione antihitleriana e in primissimo luogo dei suoi principali alleati: l’URSS, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.

L ’Unione Sovietica ha dato un decisivo apporto nel tracciare questa politica, redigendo un programma della coalizione antifa­scista, che rispondeva interamente al carattere liberatore della guerra. L ’atteggiamento dell’Unione Sovietica verso la Resistenza vi fu esposto nei suoi particolari. Riconoscendo la Resistenza come un grande movimento popolare, legittimo e logico, l’Unione So­vietica non concepiva la sua attività bellica se non collegata con la Resistenza di tutti i paesi in cui questo movimento era sorto e si andava sviluppando. V a da se che questa unità presupponeva un largo concorso alla Resistenza da parte dell’URSS.

La posizione dell’Unione Sovietica nei confronti dei popoli dei paesi occupati e della Resistenza è stata esposta nel modo più chiaro nel discorso tenuto alla radio dal capo del governo sovietico, f. Stalin, il 3 luglio 19 4 1.

« Non si può considerare la guerra contro la Germania fascista come una guerra ordinaria, — disse Stalin. — Non è solo una

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guerra che si combatte fra due eserciti: è anche la grande guerra di tutto il popolo sovietico contro le truppe fasciste tedesche. Questa guerra del popolo per la salvezza della patria contro gli oppressori fascisti non ha per scopo soltanto l’eliminazione del pericolo che incombe sul nostro paese, ma anche l’aiuto a tutti i popoli d’Europa che gemono sotto il giogo del fascismo tedesco. Non saremo soli in questa guerra liberatrice. Nostri fedeli alleati sono i popoli del­l’Europa e dell’America, compreso il popolo tedesco asservito dai caporioni nazisti. La nostra guerra per la libertà della nostra patria si confonderà con la lotta dei popoli di Europa e di America per la loro indipendenza, per la conquista delle libertà democratiche. Sarà il fronte unico dei popoli che si affermano per la libertà contro l’assoggettamento e la minaccia di assoggettamento da parte degli eserciti fascisti di Hitler « (4).

La storia ha confermato interamente queste parole.L ’idea del vincolo stretto ed unitario nella guerra liberatrice

dell’Unione Sovietica e di tutti gli altri popoli europei resta il mo­tivo conduttore di tutti i principali discorsi e di tutte le dichiara­zioni del capo del governo sovietico durante la guerra. Nelle ore più gravi della guerra contro l’Unione Sovietica, il 6 novembre19 4 1, quando il nemico si trovava davanti a Mosca, Stalin ha messo in evidenza, nel suo discorso, come elemento essenziale della situazione, il fatto che « l’U RSS, lungi dal trovarsi isolata, ha acquisito nuovi alleati: la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e tutti i paesi occupati dai tedeschi » (5). Il discorso sottolinea l’instabilità dell’ « ordine nuovo » in Europa e dichiara: « Chi può dubitare che l’URSS, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti d’America diano il loro appoggio totale ai popoli d’Europa nella lotta di liberazione dalla tirannia nazista? » (6).

Di particolare importanza sono le tesi avanzate da J. Stalin a nome del governo sovietico nel discorso tenuto il 6 novembre1942, in cui veniva decisa la politica dell’Unione Sovietica nei con­fronti della Resistenza e veniva stabilito il programma di aiuti della coalizione antihitleriana a questo movimento. Il capo del governo sovietico proclamò che uno dei punti essenziali del programma era 4 5 6

(4) Stalin, 0 velikoi Otecestvennoi voine Sovetskogo Soiusa, M. Gospolitisdat, 1955, p. 16.

(5) Ibid., pp. 21-22.(6) Ibid., pp. 32.

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« la liberazione delle nazioni asservite e la restaurazione dei loro diritti sovrani » (7), in stretto collegamento con gli obbiettivi es­senziali della guerra dei popoli delPURSS e delle forze armate sovietiche contro il blocco fascista. « Il nostro terzo compito — diceva J. Stalin — consiste nel distruggere l ’esecrato « ordine nuovo » in Europa e nel punirne i fondatori » (8).

La convinzione che l’appoggio al movimento di liberazione nazionale dei popoli europei fosse uno dei compiti essenziali della politica e della strategia dell’U RSS e di tutta la coalizione antihi- tleriana, è stata evocata a più riprese da J. Stalin nei suoi discorsi pubblici dal 1942 al 1945 (9).

La politica che l’Unione Sovietica effettivamente seguì nei confronti della Resistenza nei diversi paesi europei è stata intera­mente conforme alle dichiarazioni citate.

L ’atteggiamento che l’Unione Sovietica tenne verso la Resi­stenza si distingueva essenzialmente da quello degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Mentre l’Unione Sovietica accordava il mas­simo del suo aiuto e del suo appoggio al movimento di liberazione dei popoli, a tutte le forze patriottiche della libertà in ogni paese, i governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, paventando lo slancio politico delle masse, cercavano di ridurre l’ampiezza della Resistenza. Per questa ragione essi invitavano all’attesa (politica di « attendismo »), rifiutavano di riconoscere i governi che si erano costituiti fra gli emigrati se questi si pronunciavano in favore di un appoggio alla Resistenza, limitavano la quantità dell’aiuto ma­teriale alle forze in lotta. Per questa ragione essi sostenevano nello stesso tempo i diversi « movimenti » di traditori che si camuffa­vano sotto le insegne della Resistenza (« Bally Kombetar », in Albania, Mihailovic in Jugoslavia, la « Brigata di ricognizione » in Polonia, e così via).

La tendenza ad isolare la Resistenza dall’ influenza degli ele- menti progressisti di sinistra e soprattutto dall’ influenza dei comu­nisti, ad opporre la classe operaia e i comunisti agli altri gruppi sociali e correnti politiche che partecipavano alla Resistenza e, in definitiva, a limitare la portata di questa è un connotato della politica delle potenze occidentali. 7 8 9

(7) Ibid., pp. 7 1.(8) Ibid., pp. 76.(9) Ibid., pp. 105, 121-126, 162-163.

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I governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna hanno cer­cato di soffocare l’aspirazione delle masse lavoratrici europee a vaste trasformazioni sociali. Il comando americano e britannico, pur servendosi della lotta di liberazione dei popoli per ottenere la vittoria sulle truppe hitleriane, si sforzava nello stesso tempo di impedire che nei paesi occupati scoppiassero insurrezioni nazionali. Alcuni partiti politici borghesi degli Stati dell’Europa occidentale, temendo di perdere la loro influenza sulle masse, prendevano parte alla Resistenza, ma tentavano anch’essi di impedire che la lotta dei lavoratori degenerasse in rivolta generale. Il comando degli eserciti alleati e i dirigenti della maggioranza dei partiti borghesi non incoraggiavano che il sabotaggio passivo, gli atti di diversione nelle retrovie delle truppe tedesche, le azioni di ricognizione, con il pretesto che la lotta armata contro gli occupanti suscitava da parte di questi crudeli repressioni, non soltanto nei confronti dei partigiani ma di tutta la popolazione.

Da ciò scendevano logicamente concrete azioni antipopolari, quali i tentativi di sciogliere e di vietare le forze armate della Resistenza in Francia dopo la liberazione di Parigi nell’agosto 1944, gli appelli a por fine alla guerra partigiana in Italia, nell’inverno 1944-45, l’annientamento del Movimento di liberazione popolare in Grecia e così via.

Tutti questi fatti consentono di caratterizzare la politica del­le potenze occidentali (e in primissimo luogo quella degli Stati Uniti e della Gran Bretagna), di fronte alla Resistenza, come una politica che partiva da una sottovalutazione della funzione delle masse nella lotta contro il fascismo e dal timore della loro attività politica. Invece la politica dell’Unione Sovietica mirava ad un vasto incremento della Resistenza in tutte le sue forme e in tutte le sue manifestazioni, al massimo sviluppo dell’attività politica delle masse popolari e alla mobilitazione delle loro forze in vista di una aperta lotta armata contro il fascismo.

L ’assistenza dell’Unione Sovietica alla Resistenza aveva di­verse caratteristiche a seconda delle condizioni che regnavano nel­l’uno o nell’altro dei paesi occupati (v. cap. Ili della relazione).

Per valutare questa assistenza nel suo complesso, bisogna prendere innanzitutto in considerazione l’ importanza e la portata della lotta gigantesca che conducevano le forze armate sovietiche contro l’esercito nazista e contro gli eserciti dei satelliti della

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Germania. La lotta e le vittorie delle forze armate sovietiche rap­presentavano il modo più attivo ed efficace per aiutare la Resi­stenza. La liberazione dell’Europa sarebbe stata impossibile senza le vittorie militari dell’Unione Sovietica. Questo fatto era a quel­l’epoca apertamente riconosciuto dai dirigenti delle potenze occi­dentali: Roosevelt, Churchill, de Gaulle e altri, ed è pure ricono­sciuto dagli storici occidentali della seconda guerra mondiale, oltre che dai memorialisti obiettivi.

L ’influenza diretta delle vittorie degli eserciti sovietici sulla Resistenza aveva un duplice effetto: da una parte esse contribui­vano a rinvigorire la Resistenza, ad accrescerne le forze, a creare condizioni più vantaggiose per il suo sviluppo e per forme efficaci e risolute di lotta; dall’altra parte esse hanno condotto alla diretta liberazione di una serie di paesi europei da parte dell’esercito so­vietico, unitamente alle forze della Resistenza. Per quanto concerne il primo punto, cioè il rafforzamento delle forze della Resistenza sotto l’ influenza dei successi militari dell’Unione Sovietica, è indi­spensabile ricordare in primissimo luogo l’importanza decisiva delle vittorie riportate dall’armata sovietica davanti a Mosca e a Stalin­grado, oltre all’espulsione massiccia degli occupanti tedeschi dal territorio dell’URSS iniziata dopo Stalingrado. In seguito alla di­sfatta dei tedeschi davanti a Mosca, il generale de Gaulle, pren­dendo la parola il 20 gennaio 1942 a radio Londra, ha dichiarato: « Il popolo francese saluta con trasporto il successo e l’ incremento delle forze del popolo russo, poiché questi successi avvicinano la Francia allo scopo desiderato — la libertà e la vendetta » (io). Churchill ha qualificato l’offensiva sovietica da Stalingrado a Rostov come « una catena di vittorie straordinarie » (11). Roose­velt ha detto dal canto suo, della vittoria dell’armata sovietica davanti a Stalingrado, che si trattava di « uno dei più bei capitoli in questa guerra dei popoli che si sono uniti contro il nazismo e i suoi imitatori » (12).

Stalingrado segnò l’inizio di una crisi politica nei paesi del blocco fascista: Italia, Ungheria, Romania, Finlandia, crisi che si

(10) Sovetsko - franzusskoe otnoscienia vo vremia Velikoi Otecestvennoi voint 1941-1945 gg., M. Gospolitisdat, 1959, p. 55.

(11) Peripisca Predsedateìia Soveta Ministrov SSSR s Presidentemi S. SCH . A. [Usa] i premier - ministrami Velicobritanii vo vremia Velikoi Otecestvennoi voini 1941-1945 gg., t. I, M. Gospolitisdat 1957, p. 92.

(12) Ibid., t. I, pp. 52-53.

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è conclusa con il crollo totale del blocco. Nonostante il terrore feroce che regnava in questi paesi, ed anche in Bulgaria, dopo Stalingrado e sotto l’influenza delle altre vittorie dell’esercito so­vietico si assistette ad un brusco rafforzamento del movimento antifascista. Il 1943, il primo anno dopo la vittoria di Stalingrado, si caratterizza per l’ incremento numerico delle forze della Resistenza e per l’aumento della loro attività nella maggior parte dei paesi occupati.

Il movimento antifascista aumentava persino in Germania, fatto che è testimoniato dalla presenza di un maggior numero di gruppi antifascisti clandestini e dall’accentuarsi della loro at­tività nel 1943 (13).

Per tutti i popoli in lotta contro il nazismo, Stalingrado è di- • venuto il simbolo della vittoria futura. Il sole di Stalingrado ha rischiarato la via alla successiva lotta dei patrioti francesi, che hanno raddoppiato i loro attacchi al nemico. Per i patrioti italiani in lotta contro il fascismo, Stalingrado divenne l’ inizio di una lotta di liberazione popolare di massa. R. Battaglia qualifica la vittoria di Stalingrado il « punto culminante » della Seconda guer­ra mondiale e afferma che in Italia in questo momento « è nata la Resistenza propriamente detta come fenomeno di massa e non più come espressione d’avanguardie eroiche o stato spontaneo di ri­volta popolare » (14).

Ma Stalingrado non era che l’inizio nella catena delle vittorie dell’esercito sovietico. Dal novembre 1942 e fino alla fine della guerra, le forze armate sovietiche hanno condotto un’offensiva vittoriosa, superando la distanza gigantesca che separa il Volga dal­l’Elba. E, a mano a mano che l’ondata incandescente della guerra si avvicinava all'Europa centrale, si assisteva ad un aumento del­l’influenza delle vittorie dell’Unione Sovietica sulla lotta di libera­zione nazionale, influenza che raggiungeva il suo culmine con l’entrata delle truppe sovietiche entro i confini di questo o di quel paese e col trasferimento delle operazioni militari nel suo territorio. Numerosi uomini politici e capi militari dell’Occidente riconosce­vano e riconoscono l’influenza decisiva delle vittorie delle forze armate sovietiche sulla lotta dei popoli della coalizione antihitle-

(13) Otto V inzer, 12 let borbi protiv fascisma i voini, M. Isd-Vo, 1956.(14) R. Battaglia, op. cit., p. 70.

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riana. Così, l’ex ministro degli Interni degli Stati Uniti, H. Ickes, diceva nel luglio 1944: « Con la loro difesa eroica della Patria, i Russi non soltanto hanno mostrato al mondo che si può distrug­gere il nazismo, ma hanno animato la lotta, hanno ispirato coraggio ai popoli delle Nazioni Unite che da lungo tempo si trovavano già al limite della disperazione. Il mito dell’ invincibilità del nazismo è stato distrutto nelle pianure della Russia sovietica. Nomi quali quelli di Stalingrado, di Kharkov, di Smolensk, di Kiev sono divenuti il simbolo del coraggio invincibile e della volontà infles­sibile per gli uomini e per le donne delle Nazioni Unite, ovunque essi combattano » (15).

Anche le operazioni militari degli Alleati occidentali dell’URSS nella coalizione antihitleriana — Stati Uniti e Gran Bretagna — hanno influito sulla Resistenza. Ma è diffìcile paragonare nelle loro proporzioni questa influenza con quella della lotta armata del popolo sovietico. Il fatto è d’altronde facilmente comprensibile se si pensa che fino alla metà del 1943 le forze armate degli Stati Uniti e della Gran Bretagna non avevano condotto operazioni militari sul continente europeo e che il secondo fronte in Europa occidentale fu aperto soltanto quando la disfatta militare della Germania era già decisa dalle azioni delle forze armate sovietiche.

Così la lotta armata del popolo sovietico era il modo essen­ziale e decisivo dell’influenza e dell’assistenza dell’URSS al movi­mento di liberazione nazionale in Europa.

l ’ u n i o n e s o v i e t i c a e i l m o v i m e n t o d i l i b e r a z i o n e n a z i o n a l e

NEI VARI P A E S I D’ E U R O PA .

L A POLONIA

Non meno considerevole, per la sua portata e per la sua impor­tanza di quello recato alla Cecoslovacchia, è stato il contributo accordato dall’Unione Sovietica alla liberazione della Polonia, anche se le relazioni sovieto-polacche nel corso della guerra hanno dovuto svolgersi in una situazione molto più complicata e difficile.

(15) « Soviet Russia today », July, 1944.

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Esattamente come il governo cecoslovacco, il governo emigrato polacco a Londra fu riconosciuto dalPUnione Sovietica agli inizi della Grande guerra nazionale. Contemporaneamente il governo sovietico era disposto ad una seria collaborazione con l’emigra- zione polacca, purché, beninteso, sulla base di una leale politica del governo Sikorski e di un reale appoggio degli ambienti emigrati a tutte le forze antifasciste progressive in Polonia.

Ora, la politica del governo emigrato polacco era del tutto diversa. Essa aveva un orientamento antisovietico e reazionario; non mirava allo sviluppo del movimento di liberazione del popolo polacco, ma alla salvaguardia e alla restaurazione del tarlato regi­me antipopolare che aveva dominato la Polonia dell’anteguerra. Fu proprio la politica antisovietica del governo emigrato polacco a far sì che la « questione polacca » si trasformasse in uno dei problemi più scabrosi sorti nei rapporti fra i membri principali della coalizione antihitleriana. Il fondo della questione stava nel fatto che il governo emigrato polacco, appoggiato da certi ambienti degli Stati Uniti e dell’ Inghilterra, formulava pretese politiche e territoriali verso l’U RSS, senza voler tener conto delle lezioni della storia e del fatto che l’Unione Sovietica doveva sopportare il peso maggiore della guerra con la Germania, in nome della libera­zione di tutti i paesi occupati, ivi compresa la Polonia.

A ll’indomani dell’aggressione della Germania contro l’URSS, il 23 giugno 19 4 1, il capo del governo emigrato polacco,, il ge­nerale Sikorski, fece una dichiarazione politica nella quale recla­mava la restaurazione del potere della Polonia sui popoli dell’U ­craina occidentale e della Bielorussia occidentale (16). Quando, su iniziativa del governo sovietico, il 5 luglio 19 4 1, a Londra, si intavolarono trattative fra l’URSS e il governo polacco emigrato, quest’ultimo, in contrasto con gli interessi reali del popolo polacco, insistette perchè l’URSS rinunciasse alle terre che erano sempre appartenute alla Bielorussia e all’Ucraina. I rappresentanti del go­verno britannico che assunsero la mediazione nelle trattative so- vieto-polacche, ed anche il governo degli Stati Uniti, appoggiarono le pretese territoriali dell’emigrazione polacca. Ma, comprendendo che questa posizione avrebbe avuto un’eco fra le più sfavorevoli in Polonia, il governo Sikorski firmò ugualmente un accordo di

(16) Roman U niastowski, Poland, Russia and Great Britain. 1941-1945, 1946, p. 13.

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alleanza con l’URSS, lasciando aperta la questione delle frontiere orientali della Polonia. Esso contava di poter sfruttare nell’avve- nire le difficoltà dell'Unione Sovietica per ottenere, a sue spese e con l’appoggio della Gran Bretagna e degli Stati Uniti, la siste­mazione di tale questione. Il vice primo ministro polacco, Miko- lajczyk, aveva tenuto a sottolineare il permanere delle rivendica­zioni territoriali del governo emigrato nei confronti dell’URSS. « Noi presentiamo ai Russi -— scriveva — alcune condizioni in cambio del nostro impegno di assistenza » (17).

L ’accordo sovieto-polacco fu firmato il 30 luglio 19 4 1 : conte­neva impegni di assistenza reciproca nella guerra contro la Ger­mania e prevedeva anche la creazione di un esercito polacco sul territorio dell’URSS (18). Esso aveva importanza essenziale per il popolo polacco e per il suo movimento di resistenza, giacche gli apriva le prospettive di liberazione del paese e di rinascita della sovranità dello Stato. La notizia della conclusione dell’accordo fu accolta con gioia nella Polonia occupata. Una delle stazioni radio emittenti polacche rivolse al popolo un messaggio in cui si diceva:

« Polacchi, abbiamo passato giorni di orrore, di sofferenza, di dolore e di umiliazione da quando lo stivale tedesco ha calpestato la nostra amata terra... Ma oggi la speranza ritorna. I nostri fra­telli russi sono con noi « (19).

Le relazioni fra il popolo sovietico e il popolo polacco avreb­bero potuto svilupparsi felicemente sulla base della lotta comune contro il nemico, se non fossero state ostacolate dalla politica anti­sovietica del governo emigrato polacco. Questa si ripercosse in modo particolare sulla condotta del comandante in capo dell’esercito po­lacco, in via di formazione sul territorio sovietico: il generale Anders.

A causa del sabotaggio di Anders e degli altri rappresentanti del comando militare polacco, avvenne che l’esercito polacco, for­mato in URSS nel 1941-42, non soltanto non prese parte alcuna alla liberazione del proprio paese ma fu trasferito lontano dal teatro europeo della guerra. V i furono invece decine e centinaia di mi-

(17) Stanislaw M ikolajczyk, The Rape of Poland. Pattern of Soviet Aggression, N .Y . and Toronto, 1948, pp. 16-17.

(18) Vnescnia politica Sovetskogo Soiusa v period Otecestvennoi voini, t. I., M. Gospolitisdat, 1944, pp. 12 1-122 .

(19) « Pravda », 2 agosto 1941.

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gliaia di patrioti polacchi che formarono un nuovo esercito polacco il quale, a partire dall’autunno 1943 e fino alla fine della guerra, combattè a fianco delle truppe dell’esercito sovietico. Questi soldati entrarono primi in Varsavia liberata e portarono le loro bandiere vittoriose fino a Berlino.

La politica reazionaria e antisovietica del governo emigrato polacco, con il quale l’U RSS si vide obbligata, nell'aprile 1943, a rompere i rapporti (20), è stato il principale freno allo sviluppo della Resistenza nella Polonia occupata, ha impedito all’Unione Sovietica di prestarle il suo aiuto ed ha provocato una lotta interna fra le correnti di questo movimento, che non ha potuto che giovare agli occupanti tedeschi.

Tuttavia, a dispetto degli intrighi della reazione polacca, l’as- sistenza fornita dal popolo sovietico e dalle sue forze armate al movimento di liberazione del popolo polacco è stata decisiva. Churchill stesso fu costretto, in un messaggio diretto il i° feb- braio 1944 a J. Stalin, a riconoscere che « la liberazione della Po- Ionia dal giogo tedesco si compie soprattutto a prezzo di enormi sacrifici degli eserciti russi » (21).

La politica del governo sovietico verso il movimento di libe­razione del popolo polacco ebbe un’importanza del tutto partico­lare nel periodo in cui le forze armate sovietiche, penetrando sul suolo polacco, crearono le condizioni effettive per la restaurazione della indipendenza nazionale di questo paese. Questa politica, che si ispirava all’intento di creare uno stato polacco democratico, forte e indipendente, consisteva nell’appoggiare e nell’aiutare tutti quegli elementi del popolo polacco che avevano onestamente combattuto oppure che erano pronti a combattere il fascismo tedesco e che cer­cavano la collaborazione dell’Unione Sovietica. V a da sé che l’Unione Sovietica non poteva sostenere quegli elementi che nel movimento polacco agivano praticamente nell’ interesse degli oc­cupanti tedeschi.

Il Partito operaio polacco era l’organizzazione politica demo­cratica e antifascista essenziale, che esprimeva gli autentici interessi del popolo e agiva sul territorio della Polonia. Questo partito aveva saputo attirare intorno al suo programma politico 14 organizzazioni

(20) Peripisca Predsedatelia Soveta SSSR s Presidentami S. SCH . A . i premier ministrami Velikobritanii, t. I. pp. 119-127.

(21) Ibid., p. 193.

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democratiche. Una dichiarazione resa pubblica da questo partito, in accordo con queste organizzazioni, nel novembre del 1943, diceva che la futura Polonia doveva essere uno stato indipendente e sovrano, amico dell’Unione Sovietica (22). E ’ su questa piatta­forma che il i° gennaio 1944 fu creata la Krajowa Rada Narodowa, organo centrale del Fronte antifascista nazionale e nello stesso tempo organo rappresentativo supremo delle forze democratiche, Parlamento della Polonia.

Grazie ad un’importante attività organizzativa e politica svolta dal Partito operaio polacco e dalla Krajowa Rada Narodowa, la lotta di liberazione nazionale raggiunse un livello superiore e cominciò a prendere il carattere di una rivoluzione democratica popolare. La lotta armata dei patrioti polacchi si intensificò. La creazione, in virtù di un decreto della Krajowa Rada Narodowa del i° gennaio 1944, delle forze armate del popolo — l’Armata ludowa il cui nucleo era costituito dalla Guardia ludowa — vi contribuì grandemente. L ’Armata ludowa comprendeva nei suoi effetti sia i distaccamenti della milizia popolare del Partito socia­lista polacco, sia una parte dei battaglioni Hlopskie (23) e anche alcuni distaccamenti del’Armata krajowa (24). Gli effettivi del- l'Armata ludowa che si appoggiava sulle grandi masse popolari aumentarono senza sosta.

Già nell’autunno 1943, su richiesta dell’emigrazione polacca progressista, con l’aiuto del Comando sovietico, si formarono fra i Polacchi che combattevano con i patrioti dell’Ucraina e della Bie­lorussia numerosi distaccamenti partigiani ben armati ed equi­paggiati. Nell’aprile 1944, venne creato uno stato maggiore del movimento partigiano polacco, che doveva dirigere la lotta parti- giana sul territorio della Polonia. A i suoi ordini aveva un distac­camento e tre brigate polacche che contavano più di 1800 uomini, e che ricevettero dai sovietici i necessari mezzi di trasporto. Sotto la direzione dello stato maggiore polacco del movimento partigiano, le formazioni partigiane polacche furono ben presto trasferite

(22) Istoria Polsci, t. Ili, M. Isd - vo AH SSSR, 1958, p. 612.(23) I battaglioni Hospkie - B .H . (Battaglioni contadini, 1942-45) erano un’orga­

nizzazione militare del Partito contadino « Stronnictwo ludowo » che raggruppava una parte considerevole della gioventù contadina.

(24) M. Spicalskii, O. Polsco - sovetskom boevom sodrujestve, in « Voenno - istoriceskii jurnal » i960, n. 1 , p. 37.

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L ’ Unione Sovietica e la Resistenza in Europa 19nelle retrovie del nemico, in Polonia, dove furono aggregate alla Armata ludowa.

Le vittorie dell’armata sovietica hanno esercitato un’influenza enorme sullo sviluppo della lotta armata del popolo polacco contro gli aggressori nazisti. La sua rapida avanzata verso le frontiere della Polonia rafforzò la fede dei patrioti polacchi in una loro prossima liberazione dal giogo fascista e rialzò il loro morale nel combat- timento. L ’assistenza materiale e tecnica che l’Unione Sovietica prestava ai patrioti della Polonia ha anche giocato un grande ruolo nel rafforzamento del movimento di liberazione nazionale. A partire dall’aprile 1944, i patrioti polacchi hanno ricevuto dalla URSS una grande quantità di fucili mitragliatori, di munizioni, di materie esplosive oltre che di mitragliatrici di grosso calibro e di fucili anticarro.

Nel 1944 la guerra partigiana si estendeva su tutta la Polonia occupata. Particolarmente attivi furono i partigiani della regione di Lublino: la prossimità del fronte sovieto-germanico e della zona di operazione dei partigiani sovietici oltre alle condizioni geografiche propizie fece di questa regione il centro d’azione dei distaccamenti partigiani.

Alcune regioni si trovavano sotto il controllo quasi totale dei partigiani, come dovette riconoscere il governatore generale hitle­riano della Polonia, Frank: « Praticamente un terzo della regione di Lublino non si trova più nelle mani dell’amministrazione tede­sca. Né l’amministrazione, né gli organismi esecutivi funzionano più, fatta eccezione per il servizio dei trasporti. Su questo territorio, la polizia tedesca può agire solo in formazione di reggimento » (25).

L ’entrata nella Polonia di formazioni e di distaccamenti parti­giani sovietici, forniti di una ricca esperienza di lotta contro gli invasori fascisti tedeschi, ebbe anch’essa la sua influenza sullo svi­luppo del movimento partigiano in questo paese, soprattutto nella regione di Lublino. Nel febbraio-aprile 1944, la linea del fronte essendosi avvicinata su un vasto settore, che andava da Brest a Lvov, sul territorio della Polonia penetrarono: la prima divisione partigiana dell’Ucraina S. Kovpak, sotto il comando di P. Verchi- gora, le formazioni e i distaccamenti partigiani di I. Vanov, V .

(25) W . TUSZYNSKI, W alki PartyZanokte w lasach Lipskich, Janowskich i pusZcZV Solskiej, Warszawa, 1954, p. 30.

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Karassev, e G. Kovalev, M. Nedelin, V . Polichk, N . Prokopiuk,S. Sankov, V . Tchepiga, B. Changuine, I. Iakovlev, ecc.

Oltre all’Armata ludowa esisteva in Polonia un’altra impor- tante organizzazione armata detta Armata krajova (A. K.) dipen- dente dal governo emigrato di Londra. Essa era guidata da reazio- nari che cercavano di restaurare nel paese il regime della borghesia e dei proprietari terrieri. « Dobbiamo oliare i binari perchè i treni tedeschi raggiungano più presto il fronte Est » dichiarò il comando dell’A . K . (26). Questo comando, creando solo un’appa- renza di lotta, tentava di conservare le sue forze per un’azione armata diretta ad impadronirsi del potere al momento della ritirata dei tedeschi dal territorio polacco.

Tuttavia, sottolineava W. Gomulka, la massa dei soldati e una gran parte degli ufficiali subalterni dell’Armata krajowa « era- no costituite da polacchi sinceri, da patrioti che si gettavano nella lotta contro gli occupanti, nel combattimento decisivo, seguendo l’esempio della Guardia ludowa e successivamente dell’Armata ludowa, dietro l’appello e sotto la direzione del Partito operaio polacco » (27). La maggior parte dei combattenti dell’Armata krajowa prese così parte alla lotta contro gli invasori nazisti.

L ’entrata delle truppe sovietiche nel territorio della Polonia, che liberarono, alla fine del 1944, le terre polacche sulla riva destra della Vistola, intensificò notevolmente l’attività politica delle masse popolari che avevano a lungo lottato con abnegazione per la libe­razione nazionale e sociale. Gli organi rivoluzionari degli operai e dei contadini polacchi, sotto la direzione del Partito operaio po­lacco, affrontarono le riforme di struttura democratiche.

Il 2 1 luglio, la Krajowa Rada Narodowa decretò con legge la creazione di un Comitato polacco di liberazione nazionale (CPLN), organo centrale del potere popolare.

La dichiarazione del Commissariato del popolo agli affari esteri dell’URSS sull’atteggiamento dell’Unione Sovietica nei con­fronti della Polonia, resa pubblica il 26 luglio 1944, ebbe grande importanza per il consolidamento delle forze democratiche del paese, sotto la direzione del Partito operaio polacco e per il raffor­

zò) V ladislav Go m ulka , Narodnaia Polscha uverenno idei po svetlomu putì sozialisma, « Pravda », 22 luglio 1959.

(27) Ibid.

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zamento dell’amicizia fra i due popoli, Polonia ed Unione Sovie- tica.

In questa dichiarazione si negava che il governo sovietico avanzasse pretese territoriali nei confronti della Polonia o intern desse mutare il suo regime sociale e si affermava che le operazioni belliche dell’Armata sovietica sul territorio polacco erano dettate esclusivamente dalle necessità militari e dal desiderio di concedere al popolo un aiuto nella sua lotta di liberazione dagli occupanti tedeschi (28). Questa dichiarazione confermava ancora una volta come l’Unione Sovietica — amica sincera del popolo polacco — considerasse la Polonia uno stato alleato, amico e sovrano.

Il 26 luglio 1944, la firma di un accordo fra il governo deh l’URSS e il Comitato polacco di liberazione nazionale relativo ai rapporti fra l’Alto comando sovietico e l’Amministrazione polacca, dopo l’entrata delle truppe dell’esercito sovietico sul territorio della Polonia, costituì una prova evidente della coerente politica estera sovietica rispettosa dell’ indipendenza degli altri stati.

Questo accordo che mirava a garantire la collaborazione ar- mata dei popoli della Polonia e dell’U RSS, prevedeva che, con la progressiva liberazione del paese dal nemico, il Comitato polacco di liberazione nazionale avrebbe fondato organi amministrativi, li avrebbe guidati e avrebbe preso provvedimenti in vista dell’orga- nizzazione successiva e per la formazione e la preparazione dell’A r­mata polacca (29). Fu stipulato altresì che le unità militari polac­che, formate sul territorio del’U RSS, dovessero agire in Polonia.

Questo accordo costituiva un’ulteriore testimonianza del fatto che l’Unione Sovietica, penetrando con le sue truppe nel territorio dei paesi alleati, perseguiva un unico scopo: aiutare i popoli fra­telli a liberarsi dal giogo fascista tedesco, senza la minima inten­zione di immischiarsi negli affari interni degli altri stati e con il pieno riconoscimento del diritto dei popoli liberi di disporre della propria sorte.

Il 21 luglio 1944, la Krajowa Rada Narodowa emanava una legge per la fusione dell’Armata ludowa e della i a armata polacca, formata nell’U RSS, in un’unica Armata polacca. La creazione, entro breve termine, di un forte esercito popolare è stata una delle

(28) Vnescuia politica Sovetskogo Soiusa v period Otecestvennoi voini, t. II, p. 155.(29) Ibid., p. 167.

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principali iniziative del Comitato polacco di liberazione nazionale. Il governo emigrato, e i suoi partigiani in Polonia, ostacolavano l’arruolamento dei patrioti nell’esercito, invitavano i polacchi a non presentarsi alle sedi di reclutamento e a disertare. I reazionari inviavano i loro agenti nell’esercito per minarlo dall’interno.

Nonostante tutte queste trappole, il Comitato polacco di libe- razione nazionale riuscì a creare entro breve termine una nuova armata popolare: 100.000 coscritti del territorio libero si arruola- rono in pochi mesi nell’esercito polacco (30). Oltre alla prima armata, che faceva parte dell’Armata di Polonia, si creò una seconda armata. Simultaneamente venivano costituite unità di carri e di artiglieria e le forze aeree del paese.

Il governo sovietico mise a disposizione dell’Armata polacca una grande quantità di materiale da guerra, di armi, di munizioni, di equipaggiamenti, di carburante, di viveri, di mezzi di trasporto ed inviò anche numerosi ufficiali e tecnici militari specializzati. Nel corso della guerra, l’Armata di Polonia ha ricevuto com­plessivamente dall’Unione Sovietica circa 700.000 fucili e fucili mitragliatori, più di 15.000 mitragliatrici e mortai, 3500 cannoni, 1000 carri armati, 1200 aerei e più di 1800 autocarri (31).

Alla fine del 1944 l’Armata di Polonia contava in totale 286 mila uomini (32).

L ’instaurazione del potere dei lavoratori sul territorio liberato della Polonia, la larga portata della lotta di liberazione nazionale nelle regioni occupate seminarono l’allarme e la paura negli am­bienti dei reazionari polacchi. I loro piani di restaurazione del regime di anteguerra erano in pericolo. In questa situazione l’Alto comando dell’Armata krajowa prese la decisione di scatenare un’insurrezione e di impadronirsi di Varsavia per instaurare nella capitale il potere politico e amministrativo del governo emi­grato (33).

La rivolta a Varsavia ebbe inizio in un momento sfavorevole,

(30) M. Spx a lsk ii, 0 polsco - sovetscom boevom sotrujestve, in « Voenno - isto- riceskii jurnal », i960, n. 1 , p. 44.

(31) Wybrane operacje i walki Ludowego Wojska Polskiego jZbiozartykulow, Warszawa, 1957, p. 35).

(32) M. Spixa lskii, 0 polsco - sovetskom boevom sodrujestve, in « Voenno - istoriceskii jurnal », i960, n. 1 , p. 44.

(33) Polskie Sily Zbrojne w drugiej Wojnie Swiatoivej, T . 3, Londny, 1950, p. 664.

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senza essere stata anticipatamente concertata con l’Alto comando sovietico e senza la preparazione militare e tecnica richiesta. I pa­trioti polacchi, che fra i ranghi parteciparono all’insurrezione, combatterono eroicamente. Ma la politica criminale dei loro diri­genti era anticipatamente votata al fallimento.

Il governo sovietico fu informato dell’insurrezione solo dopo che questa era già stata scatenata (34). Quando la sommossa ebbe inizio, le truppe sovietiche che operavano in direzione di Varsavia, già da 40 giorni conducevano ininterrottamente una grandiosa offensiva e, dopo aver superato combattendo più di 500 km., contavano grosse perdite; giunte sulla Vistola, esse però non erano più in grado di superare quel largo corso d’acqua e di proseguire nella loro avanzata. Inoltre, si erano urtate in un’inattesa resistenza delle truppe naziste alla periferia orientale di Varsavia: Praga. La linea del fronte delle truppe sovietiche formava un cuneo gi­gantesco i cui fianchi restavano esposti ai contrattacchi nemici. La situazione esigeva imperiosamente l’ interruzione dell’offensiva, tanto più che le unità di punta delle truppe sovietiche si trovavano in forte penuria di munizioni mentre le retrovie e tutto il sistema dei rifornimenti erano in ritardo.

Nonostante la complicata situazione del fronte nel settore di Varsavia, il Comando sovietico prese alcune misure per venire in aiuto ai rivoltosi. A ll’ inizio di settembre, esso concentrò le sue truppe sulla riva orientale della Vistola, nella zona di Praga dove in quel momento il nemico aveva assottigliato le sue forze per trasferire alcune divisioni di carri armati in vista della liquida­zione delle teste di ponte a sud di Varsavia. Il io settembre, la 47a armata del i° fronte di Bielorussia, aiutata da una divisione dell’Armata di Polonia, passò all’offensiva. Il 14 settembre, in seguito a combattimenti accaniti durati quattro giorni, le truppe sovietiche liberarono il quartiere di Praga. La situazione del fronte nel settore di Varsavia era notevolmente migliorata. Erano state create le condizioni necessarie per portare un aiuto immediato agli insorti. Questo compito fu affidato alla i a armata dell’Armata di Polonia. Il 15 settembre, essa faceva la sua entrata in Praga e dava inizio ad un’operazione per il passaggio della Vistola e per raggiungere le teste di ponte a Varsavia.

(34) Peresisca Predsedatelia Soveta Ministrov SSSR s Presidentami S. SCH . A . i Primier - Ministrami Velikobritanii vo vremia Velikoi Otecestvennoi voini 1941- 1945 SS-> t. I, p. 257-

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Nei combattimenti per la Vistola, i soldati e gli ufficiali del- l’Armata polacca diedero prova di eroismo e di abnegazione. Ma il potente sistema difensivo nemico non permise agli elementi che avevano attraversato il fiume di allargare le teste di ponte conqui­state e di unirsi agli insorti. Una delle ragioni del fallimento fu il rifiuto dei dirigenti della rivolta di fondere i distaccamenti di in­sorti con le unità polacche che combattevano sulle teste di ponte. Il nemico scatenò contrattacchi di fanteria e di carri armati contro le armate polacche. Il 21 settembre esso riusciva a smembrare gli elementi che avevano attraversato la Vistola e ad impedire loro di prestarsi reciprocamente aiuto. La situazione sulle teste di ponte era divenuta a tal punto insostenibile che lo stesso comandante in capo della i a armata polacca prese la decisione di ritirare le unità di Varsavia sulla riva orientale della Vistola. Il 23 settembre l’evacuazione era terminata a prezzo di grandi perdite.

Dopo la presa di Praga, il comando sovietico concesse agli insorti un aiuto materiale e tecnico consistente. Dal 14 settembre al i° ottobre 1944, l’aviazione sovietica effettuò più di 3500 spedizioni e lanciò agli insorti 156 mortai, 505 cannoni anticarro, 2667 fucili mitragliatori e fucili, 41.780 granate, 37 .5 16 mine e obici, 3 milioni di cartucce, più di 126 tonnellate di viveri e 500 kgs di medicamenti. Va notato che tutti questi carichi veni­vano lanciati da bassa altezza e arrivavano a destinazione. Non si può dire lo stesso dell’aviazione americana che praticamente si è limitata ad azioni dimostrative. Così, il 18 settembre 1944, un centinaio di « Fortezze volanti » sotto la protezione di 45-48 aerei « Mustang » lanciarono da un’altezza di più di 4000 m circa 1000 containers, dei quali solo 20 arrivarono agli insorti, altrettanti caddero fra le formazioni sovietiche, mentre tutto il resto fu rac­colto dai nazisti.

Decine di migliaia di combattenti sovietici e polacchi sono caduti durante i combattimenti di Varsavia. Ma, mentre le unità della i a armata polacca conducevano sanguinosi combattimenti per venire alla riscossa degli insorti, il comando dell’Armata kra- jowa aveva praticamente rinunciato ad azioni congiunte con l’ar­mata sovietica e con le unità polacche. Il popolo polacco ha pa­gato con le sue sofferenze e con infiniti sacrifici la criminale avventura voluta dal governo emigrato. Le perdite subite dall’A r­

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mata krajowa, dall’Armata ludowa e dalla popolazione civile, nel corso dell’ insurrezione, furono enormi. La città fu devastata.

La Polonia fu definitivamente liberata nel gennaio 1945, grazie ai nuovi sforzi dell’esercito sovietico che riportò una brillante vittoria nella gigantesca battaglia impegnata fra la Vistola e l’Oder.

LA JU G O SLA V IA

L ’assistenza dell’Unione Sovietica ha giocato un ruolo impor­tante nella vittoria del movimento di liberazione nazionale in f ugoslavia.

La Jugoslavia fu il primo paese d’Europa in cui la fiamma della guerra partigiana popolare divampò largamente. Questa lotta ebbe inizio contemporaneamente all’occupazione del paese e rice­vette un forte impulso dopo l’aggressione della Germania all’URSS. Il movimento di liberazione in Jugoslavia vedeva alla sua testa il Partito comunista che aveva saputo creare un potente fronte unico di tutte le organizzazioni e gruppi antifascisti.

Fin dai primi giorni della guerra l’Unione Sovietica ha ap­poggiato senza riserve la lotta dei popoli jugoslavi. Il popolo so­vietico ne apprezzava altamente l’importanza e l’influenza sul complesso del movimento antifascista. La parola d’ordine, inserita negli appelli del Comitato centrale dell’Unione Sovietica in occa­sione del 26" anniversario dell’Armata sovietica (il 23 febbraio 1944): « Coraggiosi patrioti della Jugoslavia! La vostra lotta per la libertà e per l’ indipendenza della patria serve ad esempio esal­tante a tutti i popoli asserviti dell’Europa! » (35), era espressione di tale apprezzamento.

Il governo sovietico ha salutato la decisione della II sessione dell’Assemblea antifascista di liberazione nazionale della Jugo­slavia, che alla fine del novembre 1943 aveva fondato gli organi legislativi ed esecutivi della nuova Jugoslavia, in una dichiarazione del 14 dicembre, nella quale si descrivevano tali avvenimenti « come un fatto positivo che contribuisce al successo dell’ulteriore lotta dei popoli della Jugoslavia contro la Germania hitleriana» (36).

(35) « Pravda », 20 febbraio 1944.(36) Vnescnia politica Sovetskogo Soiusa v period Otecestvennoi voini, t. I., p. 436.

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L ’Unione Sovietica considerava l’Armata di liberazione nazio' naie della Jugoslavia come l’unica forza che in questo paese com ducesse la lotta contro gli occupanti italo-tedeschi, e si pronum ciava risolutamente per la concessione a questa armata di un effet' tivo aiuto materiale e tecnico. I circoli dirigenti inglesi invece puntavano sul Ministro della Guerra del governo reale di Jugoslavia a Londra, Mihailovic, oltre che sui distaccamenti di Cetnici che questi aveva formato. Questi ambienti non volevano riconoscere il sorgere di una nuova Jugoslavia democratica, e contavano, ap' poggiandosi su Mihailovic, di creare in questo paese, dopo la guerra, un governo docile verso l’Inghilterra. Il governo sovietico aveva avvertito a più riprese il governo britannico che Mihailovic colla' borava con gli occupanti italo'germanici e lottava contro l’armata di liberazione popolare. Pure ammettendo di essere al corrente che alcuni distaccamenti di Cetnici collaboravano con le truppe fasciste e tedesche nelle operazioni contro i partigiani, il governo britannico continuava nondimeno ad appoggiare Mihailovic.

Sotto le pressioni delle insistenti richieste dell’Unione Sovie' tica e dell’opinione democratica, all’ inizio del luglio 1943, il gO' verno britannico fu costretto a dichiarare che aveva deciso di rive- dere la sua politica nei confronti della Jugoslavia e che nell’avve' nire avrebbe prestato il suo aiuto non solo ai Cetnici di Mihailovic, ma anche all’armata di liberazione popolare, la quale però, nono' stante questo impegno, non ricevette praticamente alcun aiuto dab l’Inghilterra fino al settembre 1943. E benché le decisioni della Conferenza di Teheran stipulassero che i partigiani della JugO' slavia dovevano essere appoggiati con viveri e munizioni nelle prò- porzioni più ampie possibili, la Gran Bretagna continuava a mante' nere i rapporti con Mihailovic ed a fornire armi ai Cetnici, che spesso le volgevano contro i combattenti stessi dell’Armata di liberazione popolare. Solo nel gennaio 1944 il governo britannico, non volendo compromettersi definitivamente, decise di troncare gli aiuti a Mihailovic, come fu comunicato in una lettera di Chuiv chill a J. Tito (37).

(37) Perepisca Predsedatelia Soveta Ministrov SSSR 5 Presidentami S. SCH. A. Primier - ministrami Velikobritanii vo vremia Velikoi Otecestvennoi Voini 1941- 1945 gg-> t. I, p. 183.

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Nonostante lo distanza del fronte sovieto-germanico dalla Ju- goslavia e nonostante le difficoltà di collegamento e di riforni­mento, l’URSS faceva ogni sforzo per venire in aiuto ai patrioti jugoslavi. Per decisione del governo sovietico, adottata alla fine del 1943, una missione militare sovietica fu inviata al Quartier generale dell’Armata di liberazione popolare e dei partigiani di Jugoslavia. Suo compito essenziale era di cercare i mezzi e le possi­bilità per venire in aiuto ai partigiani e all’Armata di liberazione popolare. Qualche tempo dopo, una missione militare jugoslava arrivava a Mosca.

La collaborazione armata dei popoli dell’URSS e della Jugo­slavia fu cementata col sangue dei Sovietici che combatterono nelle file dell’Armata di liberazione popolare jugoslava. Così, un battaglione di partigiani sovietici combatteva il nemico nelle file del 90 corpo dell’Armata di liberazione popolare operante sul terri­torio del Slovensko Primorié. Il suo nucleo era costituito da un gruppo di militari evasi dalla prigione, con a capo A. Diatchenko. I nazisti credevano che questo battaglione, che contava 400 uo­mini, fosse un’unità paracadutata dell’Armata sovietica. Il batta­glione prese parte anche alla liberazione di Trieste.

L ’aiuto apportato dall’Unione Sovietica all’Armata di libera­zione popolare di Jugoslavia si intensificava a mano a mano che il fronte si avvicinava alla Jugoslavia. Questa assistenza, che poteva essere prestata solo per via aerea, constringeva ad affrontare serie difficoltà. Verso l’ inizio del 1944, la linea del fronte passava a 1250 km dagli aerodromi situati nel territorio liberato della Jugo­slavia. I piloti sovietici, per superare questa distanza, erano co­stretti a sorvolare per quasi tutto li tragitto il territorio nemico e ad affrontare il fuoco della contraerea. Le difficoltà dell’ impresa erano ancora aggravate dalle dure condizioni metereologiche in­vernali nei Balcani oltre che dalla mancanza di aerodromi ben equi- pggaiati e difesi. Nonostante tutte queste avverse condizioni, i piloti sovietici in pochi mesi hanno effettuato migliaia di spedizioni nelle retrovie del nemico, sul territorio jugoslavo, e hanno tra­sportato per l’Armata di liberazione popolare jugoslava e per i partigiani jugoslavi alcune migliaia di tonnellate di materiale e di viveri.

Per organizzare in modo più efficace l’assistenza all’Armata

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e ai partigiani jugoslavi, nella primavera del 1944» il governo sovietico stipulò un’intesa con gli Inglesi e gli Americani per l’installazione di una base aerea sovietica a Bari, donde riusciva più facile portare aiuto agli Jugoslavi. Il tragitto dalla base fino al territorio liberato richiedeva soltanto, fra andata e ritorno, tre ore di volo. Gli aerei sovietici di stanza a Bari hanno trasferito in Italia migliaia di soldati e ufficiali malati e feriti del’Armata jugoslava e migliaia di partigiani. Dopo la liberazione di Belgrado, tutti gli aerei di questa base furono consegnati gratuitamente all’Armata di liberazione popolare jugoslava. Nel corso dell’anno 1944, gli aerei sovietici di base a Bari hanno effettuato in totale 1460 spedizioni e hanno trasportato circa 3000 tonnellate di mate' riale da guerra. Su richiesta del comando jugoslavo, il governo soivetico trasferì altresì in Jugoslavia due divisioni aeree, alcuni battaglioni di servizi terrestri, altre unità aeree separate e posta- zioni di contraerea. Così, verso il novembre 1944» l’Alto comando dell’Armata jugoslava aveva a propria disposizione un gruppo aereo sotto il comando del generale sovietico Vitrouk (con circa 350 apparecchi).

Il 6 ottobre 1944, nei dintorni della città di Negotine, il co­mando sovietico inviò all’Armata jugoslava una brigata di fanteria formata da Jugoslavi, interamente armata ed equipaggiata. L ’A r­mata jugoslava ricevette altresì due brigate e una compagnia di carri armati, formate ed equipaggiate dall’Armata sovietica e com­poste di combattenti jugoslavi esperimentati.

Su richiesta di J. Tito il governo sovietico prese la decisione di armare, equipaggiare e rifornire di tutto il necessario numerose divisioni dell’Armata di liberazione popolare jugoslava che opera­vano principalmente nella Serbia centrale e in direzione di Bel­grado. La maggior parte delle armi per queste divisioni fu con­segnata alle autorità jugoslave nel settembre e agli inizi del mese di ottobre 1944.

La quantità totale degli armamenti, inviati dall’Unione So­vietica nel 1944 e in cinque mesi del 1945, è riassunta nella tabella seguente.

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Tipi di armi consegnati alla Jugoslavia.

nel 1944 (soprattutto fino all’ottobre)

nel 1945 (fino a maggio) in totale

Fucili e carabine 52.620 43.895 96.515

Rivoltelle 10.625 9.903 20.528

Mitra, mitragliatrici e fucili mitragliatori 66.819 I.604 68.423

Fucili anticarro 3 -7 9 3 4 3 -7 9 7

Mitragliatrici di grosso calibro 512 _ 512

Mortai (50 mm., 82 mm., 102 mm.) 3.308 5 6 3.364Pezzi di contraerea 170 — 170

Pezzi d’artiglieria (dai pezzi di montagna da 75 mm.

fino ai mortai da 152 mm.) 5 7 9 316 895

Oltre all’armamento citato in questa tabella l’Armata jugO' slava ha ricevuto 491 aerei, 65 carri, 1329 stazioni telegrafiche di differenti sistemi e di differente potenza, oltre ad una grande quan­tità di munizioni, di uniformi, di equipaggiamenti, di scarpe e di altro materiale (38).

Nell’autunno del 1944, su richiesta di J .Tito, il governo sovietico ha consegnato a titolo d’aiuto alla popolazione jugoslava 3.300.000 libbre di grano, di riso, di farina, di piselli e di orzo, benché in quell’epoca anche la popolazione dell’Unione Sovietica soffrisse per la penuria di viveri.

Parlando dell’assistenza concessa dall’Unione Sovietica alla Jugoslavia, J. Tito ha notato: « L ’Unione Sovietica ci ha occor­dato una grande quantità di armi moderne, che vanno dai fucili fino ai carri armati e agli aerei. Abbiamo così potuto equipaggiare un gran numero di divisioni e renderle idonee ad affrontare i duri compiti che si imponevano loro « (39).

(38) Sovetskie Voorujennie Sili v borbe sa osvobojdenie Jugoslavii, M. Voenisdat, i960, pp. 51-52.

(39) Declaration de 1. Tito à la réunion de Vecé anti fasciste. 8 août 1945, in « Isvetiia », 12 agosto 1945.

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Ma l’Unione Sovietica non si è limitata a questa assistenza. Le formazioni e le unità dell’Armata sovietica hanno condotto operazioni militari per la diretta liberazione della Jugoslavia dagli occupanti nazisti. L ’offensiva di Belgrado, realizzata dal Quartier generale dell’Alto comando delle truppe del 30 fronte di Ucraina e dell’ala sinistra del 20 fronte d’Ucraina, congiuntamente alle turppe dell’Armata di Liberazione popolare della Jugoslavia, è stata la più importante fra tutte queste operazioni. Con i loro sforzi congiunti, le truppe sovietiche e jugoslave insieme alle truppe bulgare, che facevano parte del 30 fronte di Ucraina, hanno sconfitto le forze principali del gruppo di armate tedesco « F » (13 divisioni e brigate), oltre a sei divisioni trasferite in Jugoslavia dall’Albania e dalla Grecia. J. Tito ha riconosciuto che « grazie all’assistenza della gloriosa Armata rossa, Belgrado e la Serbia sono state rapidamente liberate, mentre la Macedonia è stata libe­rata con l’aiuto dell’armata bulgara » (40). In tal modo è stata grandemente facilitata la lotta dell’Armata di liberazione popolare jugoslava nella fase finale della guerra, dopo il ritiro delle truppe sovietiche in Jugoslavia.

L ’ IT A LIA

Il movimento antifascista in Italia ha sentito fortemente Firn fluenza della lotta dell’Unione Sovietica contro la Germania fasci' sta. Abbiamo già ricordato una dichiarazione di R. Battaglia secondo la quale la vittoria di Stalingrado ha dato il via ad un movimento di resistenza di massa in Italia. Bisogna aggiungere che Stalingrado segnò il fallimento di tutti i piani di conquista del fascismo italiano. Il 16 dicembre 1942, il ministro per gli Affari Esteri, Ciano, scriveva nel suo diario che la guerra era ormai perduta (41).

L ’eco della battaglia di Stalingrado fu particolarmente forte in Italia perchè l’esercito italiano vi aveva preso parte ed era stato sconfitto. Centinaia di migliaia di semplici Italiani, trascinati contro la loro volontà da Mussolini e dalla sua cricca in una guerra criminale contro l’URSS, avevano visto con i loro propri occhi il

(40) Ibid.(41) C iano G ., Diario 1941-1943, voi. 2, Milano, 1950, p. 229.

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regime inumano di brigantaggio e di violenza che la Wehrmacht hitleriana aveva instaurato sul territorio sovietico.

Per numerosi Italiani il contatto con la realtà sovietica fu l’inizio di una dolorosa rivalutazione dei valori. Questo processo ha trovato la sua chiara espressione nella letteratura italiana. Ci limiteremo a citare due esempi caratteristici.

Il cappellano Salvatore Maccarone, che era venuto nell’URSS con le truppe dell'armata italiana, dal mese di agosto 1941 al no- vembre 1942, ha rotto con il Vaticano ed il cattolicesimo. Ecco che cosa ha scritto in un libro da lui pubblicato:

« Tutti i cittadini sovietici di origine ebrea o ariana, cattolici o protestanti, ortodossi o mussulmani, bianchi o di colore, sono divenuti fratelli di una sola ed uguale religione, la religione dei- lavoro. Liberi e uguali davanti allo Stato, essi ci hanno dato la prova più convincente che le barriere di razza e di religione sono già state abbattute in questo vastissimo paese » (42).

Lo scrittore Curzio Malaparte, autore di numerosi romanzi e racconti, che era un tempo considerato una delle penne migliori del fascismo italiano, venuto nel 1942 sul fronte orientale come ufficiale delParmata di Mussolini, ha risolutamente cancellato molte cose del proprio passato letterario e ha stigmatizzato il fa- seismo nel suo romanzo Kaputt.

La maggior parte dei soldati e anche degli ufficiali della armata italiana in Russia, che sono rientrati nel 1943 dall’Unione Sovietica, dopo la disfatta dell’armata di spedizione italiana, si sono uniti ai partigiani fin dagli inizi della Resistenza armata. Essi hanno visto con i loro occhi e hanno provato personalmente l’acca­nita resistenza opposta al fascismo da tutto il popolo sovietico, sia sul fronte che nel territorio occupato dell’U RSS. Naturalmente essi non potevano non riferire tutto ciò nelle loro case, nel loro paese, contagiando con questo spirito di intransigenza e di resi­stenza i patrioti italiani.

Ecco i fatti concreti che lo confermano.Il capitano di cavalleria, Francesco Vannetti, che aveva parte­

cipato alla campagna di Russia, è stato uno dei primi a prendere la difesa della capitale italiana contro i nazisti alla testa del reggi-

(42) S. Maccarone, Un cappellano nell’ URSS, Roma, 1953, p. 14.

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mento di dragoni « Genova ». E ’ morto ed è stato decorato a titolo postumo della medaglia d’oro al valor militare (43).

Anche Giovanni Burlando, capo della 8oa brigata garibaldina, che operava nelle valli di Lanzo (Italia del Nord), faceva parte, prima dell’epopea partigiana, delle truppe italiane inviate nell’U- nione Sovietica. Nel 1943, egli è rientrato in Italia pieno di ammi' razione per la resistenza eroica dei Sovietici e di odio per l’hitleri- smo e per i suoi sanguinosi misfatti. E ’ questo sentimento che l’ha condotto fra le file partigiane e l’ha aiutato a divenirne uno dei capi.

E anche qui, in Italia, proprio come in Francia, in Belgio, in Norvegia e in altri paesi dell’Europa occidentale, cittadini sovietici evasi dalle prigioni fasciste e dai campi di concentramento hanno combattuto con la Resistenza. La loro attività è stata apprezzata al massimo grado dai patrioti italiani. Si leggeva in un messaggio dei partigiani italiani ai cittadini sovietici che operavano nella zona di Reggio Emilia, il 7 novembre 1944 (giorno del 27° anniversario della Grande Rivoluzione Socialista di Ottobre): « In questagiornata storica, teniamo in modo particolare ad esprimere il nostro sentimento di riconoscenza profonda a voi che, senza esi­tare, avete preso le armi per aiutarci nella nostra lotta armata » 44).

Il valoroso figlio del popolo sovietico, F. Poetan, evaso da un campo di concentramento tedesco, si è coperto di gloria immortale nella brigata dei partigiani italiani « Oreste ». Per le sue imprese militari è stato decorato a titolo postumo della medaglia d’oro, la massima decorazione della Repubblica italiana.

Dopo il rovesciamento del governo Mussolini, nel corso delle operazioni militari delle truppe americane e britanniche in Italia e durante l ’occupazione della parte settentrionale del paese da parte delle truppe fasciste tedesche, la politica dell’Unione Sovietica mirava alla liquidazione totale del regime fascista e all’instau­razione in Italia di un autentico regime di democrazia, cui poteva contribuire un vasto impulso della Resistenza italiana, alla quale occorreva perciò accordare il massimo aiuto. Ben diversa è stata purtroppo la politica degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, benché fossero proprio le loro truppe a combattere per la libera-

(43) P. Calamandrei, Uomini e città della Resistenza, Bari, 1955, pp. 182-183.(44) « Mejdunarodnaia jisn » i960, n. 1, p. 156.

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zione dell’Italia. L ’impulso dato dal popolo al movimento sollevava una viva inquietudine in Churchill e in Roosevelt. Nelle regioni liberate dell’ Italia, le autorità americane e britanniche installavano la loro amministrazione militare per dirigerne la vita sociale e poli- tica. Questa amministrazione (AMGOT) inseriva nell’apparato dello Stato elementi reazionari e soffocava l’attività delle forze democratiche. Significative della politica anglo-americana nei con­fronti dell’Italia le parole pronunciate da W. Churchill il 27 luglio 1943: « Sarebbe un errore fatale per la Gran Bretagna e per gli Stati Uniti agire in modo da distruggere totalmente le strutture e cancellare l’attuale fisionomia dello Stato italiano » (45).

Il Comando delle forze armate anglo-americane in Italia giunse fino a prendere provvedimenti per impedire il movimento partigiano nelle regioni dell’ Italia settentrionale occupate dalle truppe tedesche. « Questi partigiani mi imbarazzano molto » ha dichiarato un giorno il generale Alexander ad alcune persone del suo ambiente (46).

Verso la fine del 1944, il generale Alexander rivolse alcune direttive ai partigiani invitandoli a « cessare per il momento ope­razioni organizzate su vasta scala » sotto il pretesto che « il so­pravvenire della pioggia e del fango inevitabilmente significa un rallentamento del ritmo della battaglia » (47).

Non è difficile intuire come tale direttiva mirasse ad inde­bolire il movimento partigiano in Italia ed a circoscrivere la sua funzione ad azioni casuali prive di seria importanza politica e militare. Peraltro, nonostante quest’ordine, le forze partigiane del­l’ Italia non hanno abbandonato la lotta armata contro gli occu­panti fascisti e l’hanno condotta fino alla vittoria.

IL C A R A T T E R E D E L M O VIM EN TO PARTIGIANO S U L TERRITO RIO

O CCU PATO D A L L ’ U R S S E IL CO NTRIBUTO DA E S S O DATO

A L L A VITTORIA D E L L A COALIZIONE A N TIH IT LE RIA N A .

Nel corso della seconda guerra mondiale, la maggioranza dei paesi occupati dell’Europa sono stati liberati dalle truppe di una o di altra potenza alleata; in questi paesi il movimento della Resi-

(45) « Pravda », 28 luglio 1943.(46) R. Battaglia, op. cit., p. 429.(47) Ibid., p. 455.

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stenza rappresentava, dal punto di vista militare, uno dei fattori che determinavano il successo delle forze armate delle potenze straniere che penetravano nel territorio di quel paese per vincere e scacciarne le truppe fasciste. Ne risulta che, in tutti questi paesi, la Resistenza doveva fare i conti con l’aiuto dello straniero e tal- volta persino subirne l’ingerenza.

Ben diverso era l’ambiente in cui lottava il popolo sul terri­torio sovietico occupato. I Sovietici hanno liberato da soli il loro paese, grazie agli sforzi congiunti delle forze armate e del largo movimento popolare di liberazione che si estese letteralmente su tutto il territorio sovietico occupato. L ’U RSS è stato il solo paese d’Europa il cui governo, fin dai primi giorni della guerra, ha chia­mato il popolo a dare un largo impulso alla lotta partigiana. I diri­genti dello stato sovietico, lungi dal temere i partigiani (come ac­cadde invece ai governi di numerosi paesi occidentali), accordavano loro il massimo appoggio, considerando il popolo armato come la posta più importante che si poteva giocare per annientare il fasci­smo. Da ciò derivò altresì la possibilità di un comando unico sia per le forze armate regolari che per il movimento partigiano. In questi fatti risiede una caratteristica importante del movimento partigiano sovietico e la fonte della sua forza.

La lotta antifascista del popolo sul territorio occupato dalla U RSS è stata condotta su diversi terreni: economico, politico, ideologico e militare.

Nel campo economico questa lotta si è manifestata nel sabo- taggio in massa dei provvedimenti presi dagli occupanti fascisti nel’industria e nell’agricoltura.

Nel campo politico, la popolazione delle regioni occupate si comportava nel modo più negativo nei confronti del sistema di amministrazione impiantato dai fascisti, rifiutava il regime politico da essi stabilito, si sottraeva al pagamento delle imposte sia in natura che in contanti, al compimento dei lavori obbligatori, e così via.

Questa lotta economica, politica e ideologica aveva un’enorme importanza. Numerosi milioni di uomini vi hanno preso parte at­tiva. Essa minava alle fondamenta il regime di occupazione. T ut­tavia non era sufficiente: la funzione decisiva spettava alla lotta armata, alla guerra partigiana, splendida espressione del profondo patriottismo del popolo sovietico, della sua dedizione senza limiti

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al socialismo. Il movimento partigiano fu parte integrante della lotta del popolo sovietico contro gli invasori fascisti tedeschi per la libertà e l’ indipendenza della loro patria, fu il collaboratore diretto delle forze armate sovietiche. Ha dato un contributo so­stanziale alla causa della vittoria, ha avuto una grande importanza militare e politica e ha meritato il massimo apprezzamento del popolo.

Le radici delle tradizioni della guerra partigiana affondano negli strati più profondi del popolo del nostro paese e hanno una loro storia, fatta di una grande varietà di forme, di metodi e di sistemi di lotta. Le imprese patriottiche dei partigiani russi nella guerra contro Napoleone I nel 1 8 1 2 sono note. I partigiani hanno anche assolto importanti compiti nel periodo dell’intervento militare stra-, niero e della guerra civile dal 19 18 al 1922, quando la fiamma della guerra partigiana bruciò molti nemici del potere sovietico in Siberia, in Estremo Oriente e in Ucraina. Ma mai come nel periodo della Grande guerra nazionale la storia multisecolare del nostro paese vide un’espansione così vasta del movimento parti­giano. Le sue caratteristiche essenziali sono la sua imponenza e la partecipazione popolare. Tutti gli strati della popolazione hanno preso parte attiva alla lotta.

Nel corso della Grande guerra nazionale, le basi di sviluppo del movimento partigiano e le fonti della sua forza e della sua potenza erano quelle stesse che gli derivavano dall’unità morale e politica dei popoli dell’U RSS, dal loro appoggio e dal patriotti­smo sovietico. Condizione perchè tale fosse il carattere del movi­mento partigiano fu il regime socialista politico e sociale deH’Unio- ne Sovietica.

I Sovietici sono sempre stati devoti alle idee del partito comu­nista, l’hanno seguito arditamente, considerandolo come il loro educatore e la loro guida. Pur trovandosi su un territorio provviso­riamente occupato dal nemico, neppure nei momenti più critici attraversati dallo Stato sovietico essi perdevano la loro fiducia nel partito, e sempre lo hanno sentito vicino. Il popolo accettava incondizionatamente la direzione del movimento partigiano da parte del Partito comunista e gli accordava una fiducia illimitata. Questa fiducia era tanto più forte quanto più si esacerbava l’odio per il maledetto « ordine nuovo » hitleriano.

II movimento partigiano sovietico era monolitico, perseguiva

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scopi unici, non era dilaniato da contraddizioni di classe, come avvenne invece sovente nei paesi capitalisti che subirono l’occupa­zione fascista. Gli sforzi disperati di un pugno di traditori nazio­nalisti, che si erano venduti agli occupanti fascisti e li servivano corpo ed anima, erano impotenti a distruggere questa unità e questa coesione.

Il movimento partigiano di tutto il popolo, proveniente dal basso, diretto e orientato dal Partito comunista e dal governo sovietico, divenne un’onda potente che irruppe nel corso della guerra su tutto il territorio occupato dell’U RSS. Con l’appoggio delle forze armate sovietiche della prima linea e delle retrovie, esso si convertì in un importante elemento politico e strategico per l’annientamento della Germania fascista e dei suoi alleati in Euro­pa. Il numero globale dei cittadini sovietici che hanno preso parte diretta alla lotta partigiana ha superato il milione di uomini. In questa cifra non sono calcolati i numerosi partigiani che hanno preso le armi fin dai primi mesi della guerra, prima cioè della fondazione degli stati maggiori del movimento partigiano che hanno permesso di contare i partigiani. In questa cifra non sono calcolati neppure i numerosi agenti di collegamento, i proprietari di appartamenti clandestini e gli agenti di informazioni, in una parola, tutti coloro che secondavano i partigiani e li nascondevano, dando loro cibo, vestiario e ogni assistenza. Se contassimo tutte queste persone, il numero globale dei partecipanti al movimento partigiano sovietico raggiungerebbe la cifra di alcuni milioni.

Il movimento partigiano ha assunto una portata particolar­mente considerevole nei distretti occupati delle regioni di Lenin­grado, di Kalinin, di Smolensk, di Orel nella Federazione di Russia, in Bielorussia e nell’Ucraina.

Il movimento partigiano si manifestava nelle più svariate forme di attacco armato e di diversione nelle retrovie del nemico. I partigiani distruggevano le guarnigioni nemiche nelle città e nelle campagne, assalivano le colonne nemiche in marcia e ster­minavano i soldati, ostacolavano i loro piani, impedivano al nemico di utilizzare a proprio profitto le risorse materiali e le riserve di uomini delle regioni occupate e così via. Con le loro azioni i parti­giani impedivano l’invio di cittadini sovietici ai lavori forzati in Germania, ostacolavano il nemico nell’utilizzazione delle reti ferro­viarie e stradali per il rifornimento delle truppe in materiale da

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guerra, armi, munizioni, equipaggiamenti e viveri, e rallentavano altresì l’invio di rinforzi. I partigiani impedivano inoltre al nemico di evacuare i feriti, gl’impianti tecnici danneggiati e il materiale frutto dei saccheggi. Quando s’ impadronivano in modo permanente0 temporaneo di un dato territorio, i partigiani sterminavano l’am­ministrazione fascista di occupazione, paralizzavano le retrovie ne- miche, rendendo inefficaci tutti i provvedimenti economici e politici delle autorità di occupazione. Danneggiando i mezzi di trasporto,1 partigiani infine ostacolavano la direzione delle truppe tedesche.

Parlando del movimento partigiano sovietico, non si può non menzionare le « contrade partigiane » che sorgevano nei territori liberati dai partigiani, dove la popolazione ristabiliva immediata- mente il potere sovietico e il sistema kolkhosiano: in una parola, tutto il sistema di vita sovietico.

L ’attività dei partigiani aveva un effetto demoralizzante sulle truppe nemiche e teneva in un permanente stato di tensione il gigantesco apparato amministrativo fascista, paralizzando la vita delle retrovie nemiche. « In Russia — scrive J. Fuller — i parti­giani, il cui numero aumentava senza soste, seminavano il terrore nei cuori dei soldati tedeschi, dispersi lungo una linea infinita di comunicazioni. Sui vasti spazi attraverso i quali passavano le linee di comunicazione, i partigiani giocavano un ruolo analogo a quello dei banchi di sottomarini nell’Atlantico « (84). Le operazioni mi­litari dei partigiani tenevano occupato un gran numero di truppe della Gestapo, della polizia e delle formazioni regolari, non con­sentendo al comando fascista di impiegarle contro l’Armata sovie­tica o in altri paesi occupati. La portata del danno inflitto al ne­mico dai partigiani è una testimonianza eloquente della potente forza di questo movimento.

In base a calcoli approssimativi, nel corso della guerra i par­tigiani hanno ucciso o ferito più di un milione di occupanti e di loro collaboratori, hanno messo fuori uso più di 4000 carri, cingo­lati. cannoni autotrainati e autoblindati, oltre a circa 2000 pezzi di artiglieria e di mortai; hanno provocato 18.000 deragliamenti di treni sulle linee ferroviarie, hanno messo fuori uso più di 2400 locomotrici e 85.000 vagoni, hanno distrutto o danneggiato 1600

(48) J. Fu ller , Vtoraia mirovaia voina, M. Isd - vo. 1956, p. 332.

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ponti ferroviari, fra i quali ioo grandi ponti, il che significa, ogni volta, una interruzione del traffico per 5-10 giorni.

Tutte queste cifre peraltro non possono tradurre nella sua realtà l ’importanza del movimento partigiano. Ancora ai partigiani spetta il merito di aver salvato la vita a milioni di cittadini sovie- tici e di aver preservato dalla distruzione incalcolabili valori ma­teriali. I partigiani ancora, «Elaborando con l’offensiva dell’Armata sovietica, hanno fatto fallire il mostruoso piano del nemico che mirava a trasformare il territorio sovietico occupato in « zona de­sertica ».

Questi sono, in breve, il carattere, la portata, l’efficacia del movimento partigiano sul territorio occupato dell’U RSS. L ’espe­rienza della guerra partigiana del popolo sovietico conferma chia­ramente la ben nota tesi marxista secondo la quale le idee, quando le masse le hanno fatte proprie, si trasformano in forza materiale.

Per la sua imponenza, la sua potenza e la sua efficacia il mo­vimento partigiano sovietico ha superato notevolmente nella sua portata la lotta di liberazione popolare svoltasi in ogni altro paese d’Europa. Come abbiamo già dimostrato sull’esempio della Ceco­slovacchia, della Polonia e di altri paesi, i partigiani sovietici non hanno limitato la loro azione al ristretto quadro nazionale, ma hanno prestato un’assistenza diretta anche alla Resistenza negli altri paesi. La loro azione ha grandemente contribuito alla disgrega­zione delle truppe nemiche, soprattutto di quelle dei satelliti del­l’Asse. Numerose migliaia di soldati e di ufficiali nemici — Slo­vacchi, Ungheresi, Rumeni e altri — sono passati dalla parte dei partigiani e con loro hanno combattuto contro i fascisti.

Bisogna ancora citare la vastissima influenza che il movi­mento partigiano sovietico ebbe sullo sviluppo delle forme attive della Resistenza in tutti i paesi occupati dell’Europa. « L ’elemento decisivo che impresse slancio possente al movimento partigiano del nostro Paese e di tutta l’Europa — dice Pietro Secchia — fu soprattutto quello sovietico. L ’esempio sublime dei giovani, delle donne, dei vecchi, della popolazione tutta dell’Unione Sovietica, che non piega, che non dispera, che non dà tregua e colpisce ovun­que il nemico, suscitò l’entusiasmo e l’ammirazione dei popoli in lotta contro il fascismo e l’emulazione delle forze nazionali di ogni paese occupato. Non solo l’Unione Sovietica è stata la forza prin­cipale che ha battuto e stritolato le armate naziste, portando il

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decisivo contributo politico, militare, umano alla liberazione deb l’ Italia e dei popoli di Europa caduti sotto la tirannia fascista, ma diede a tutti i partigiani l’esempio di come si doveva combattere per la difesa e la riconquista della libertà. I patrioti furono inco­raggiati a prendere le armi, a lottare, a non temere un nemico che sembrava imbattibile « (49).

Tutto quanto sopra detto, ci permette di considerare il mo­vimento partigiano sovietico come uno degli elementi che hanno aiutato la lotta della coalizione antihitleriana nel suo complesso e contribuito alla vittoria comune delle potenze alleate.

Conclusioni generali.

Lo studio della Resistenza in Europa durante la seconda guerra mondiale e il ruolo da essa svolto nella vittoria della coalizione antihitleriana sul blocco fascista, ci conduce alle seguenti conclu­sioni essenziali:

1. La Resistenza era un movimento logico e legittimo. Fu uno degli elementi della giusta guerra di liberazione dei popoli europei contro il nazismo e il fascismo, un sicuro collaboratore di tutti gli stati della coalizione antihitleriana le cui forze armate hanno condotto operazioni militari sul territorio dei paesi occupati dai nazisti.

2. La prima forza motrice della Resistenza in tutti i paesi d’Europa era rappresentata dalla partecipazione di larghe masse di popolo e innanzitutto della classe operaia, come la classe più pro­gressista, organizzata e combattiva della società contemporanea. Nello stesso tempo, per il suo carattere, la Resistenza era un mo­vimento democratico che ha consentito l ’unità di diversi gruppi sociali della popolazione rappresentati da diversi partiti e orienta­menti politici.

3. Scopo essenziale della Resistenza era la liberazione dei paesi occupati dagli aggressori fascisti. Ma questa meta non era l’unica. Oltre che per la sua realizzazione, le forze attive della Resistenza lottavano per instaurare nel loro paese un regime sociale

(49) P ietro Secchia, C ino Moscatelli, Il Monte Rosa è sceso a Milano, Einaudi, Torino, 1958, p. 15.

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più giusto e più democratico. L ’intrecciarsi degli intenti di libe­razione nazionale con gli intenti di liberazione sociale ha conferito alla Resistenza una nota rivoluzionaria.

4. L ’Unione Sovietica, il suo governo e il comando militare hanno seguito una linea coerente e decisa nel concedere assistenza ed appoggio alla Resistenza. Questo fatto trova una chiara espres­sione sia nella politica dell’U RSS in seno alla coalizione antihitle­riana sia nelle azioni dell’Armata sovietica. Nello stesso tempo l’URSS ha applicato una politica di sostegno di tutte le forze della Resistenza che conducevano una lotta antifascista attiva, in­dipendentemente dalla loro appartenenza a questo o a quel gruppo sociale o partito politico. L ’Unione Sovietica non è intervenuta apertamente e con intransigenza se non contro gli elementi rea­zionari, filofascisti per essenza, che nuocevano alla Resistenza e disgregavano le forze dall’ interno.

5. Ben diversa era la politica dei principali compagni del- l’U RSS nella coalizione antihitieriana — gli Stati Uniti e la Gran Bretagna — . Pur riconoscendo la Resistenza e prestandole un aiuto militare e tecnico, questi governi cercavano di circoscrivere gli scopi e l’ampiezza del movimento, prendendo posizione in senso sfavorevole allo sviluppo della sua forma più efficace, cioè la lotta armata. Così procedendo, i circoli dirigenti delle potenze occi­dentali facevano perno sugli elementi borghesi e liberali moderati della Resistenza e rifiutavano il loro appoggio ai suoi elementi rivoluzionari, soprattutto proletari. E se in alcuni paesi dell’Eu­ropa le forze della Resistenza non sono state impiegate a suffi­cienza nell’ interesse di una pronta e piena vittoria, la causa di ciò va ricercata non all’interno della Resistenza stessa, ma nella politica dei circoli dirigenti degli stati occidentali, membri della coalizione antihitleriana, e di certi governi emigrati.

6. La lotta e le vittorie dell’Unione Sovietica e delle sue forze armate hanno esercitato una possente influenza sullo svi­luppo della Resistenza in tutti i paesi occupati dell’Europa, indi­pendentemente dal fatto che le truppe sovietiche abbiano o no agito sul territorio di questi paesi. Senza la lotta eroica e senza le vittorie del popolo sovietico, la Resistenza non avrebbe potuto raggiungere il suo scopo finale, poiché la stessa vittoria militare degli alleati sulla Germania fascista senza il contributo dell’URSS sarebbe certamente risultata impossibile.

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7. L ’aiuto accordato dall’Unione Sovietica al movimento della Resistenza nei paesi dell’Europa orientale e sudorientale ha avuto un influenza particolarmente notevole. La liberazione di quei paesi è stata realizzata grazie alle operazioni militari dell’Armata soviet tica, sostenuta dal concorso delle forze di liberazione popolare.

8. Il popolo sovietico ha dato alla sua lotta contro il fascismo nel territorio sovietico occupato un’ampiezza senza precedenti. La guerra partigiana dei cittadini sovietici ha avuto una portata gi­gantesca, contribuendo grandemente alla vittoria nella lotta comune dei popoli per la liberazione dal fascismo. La guerra partigiana, sul territorio sovietico occupato, è stata, fra tutte le Resistenze, la più importante e la più ricca di risultati.