Le Tappe e Le Ragioni Della Fine Dell'Unione Sovietica

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LE TAPPE E LE RAGIONI DELLA FINE DELL'UNIONE SOVIETICA Tesi di Laurea del compagno Elder Rambaldi della Sezione PCL di Belluno INDICE INTRODUZIONE pag. 1 Capitolo 1 VERSO LA FINE pag. 3 1.1 Prima e dopo la rivoluzione pag. 3 1.2 Stalinismo e controrivoluzione pag. 5 1.2.1 Nascita della burocrazia pag. 6 1.2.2 Socialismo realizzato? pag. 10 1.2.3 Altre svolte altre sconfitte pag. 14 1.3 Krusciov, un antistalinismo stalinista pag. 15 1.4 Alla ricerca di stabilità con Breznev pag. 16 1.5 La crisi economica pag. 19 1.6 Gorbaciov e la borghesia al potere pag. 23 1.6.1 L'89 dell'Est pag. 27 1.6.2 Il processo di restaurazione continua pag. 29 Capitolo 2 GLI ULTIMI MOMENTI DELL'URSS pag. 33 Capitolo 3 LA CLASSE OPERAIA NON DORME MA NECESSITA DI UNA DIREZIONE RIVOLUZIONARIA pag. 37 Capitolo 4 ALCUNE RIFLESSIONI ECONOMICHE pag. 45 Capitolo 5 STATO BORGHESE IN URSS ED EVOLUZIONE DELLA BORGHESIA pag. 51 5.1 Marzo 1986: la borghesia prende il potere pag. 53 5.2 Il golpe del '91 come tentativo di preservare il socialismo? pag. 62 CONCLUSIONI pag. 65 BIBLIOGRAFIA pag. 67 INTRODUZIONE

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Tesi di Laurea del compagno Elder Rambaldidella Sezione PCL di Belluno

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LE TAPPE E LE RAGIONI DELLA FINE DELL'UNIONE SOVIETICA

Tesi di Laurea del compagno Elder Rambaldidella Sezione PCL di Belluno

INDICE

INTRODUZIONE pag. 1

Capitolo 1VERSO LA FINE pag. 31.1 Prima e dopo la rivoluzione pag. 31.2 Stalinismo e controrivoluzione pag. 51.2.1 Nascita della burocrazia pag. 61.2.2 Socialismo realizzato? pag. 101.2.3 Altre svolte altre sconfitte pag. 141.3 Krusciov, un antistalinismo stalinista pag. 151.4 Alla ricerca di stabilità con Breznev pag. 161.5 La crisi economica pag. 191.6 Gorbaciov e la borghesia al potere pag. 231.6.1 L'89 dell'Est pag. 271.6.2 Il processo di restaurazione continua pag. 29

Capitolo 2GLI ULTIMI MOMENTI DELL'URSS pag. 33

Capitolo 3LA CLASSE OPERAIA NON DORME MA NECESSITA DI UNA DIREZIONE RIVOLUZIONARIA pag. 37

Capitolo 4ALCUNE RIFLESSIONI ECONOMICHE pag. 45

Capitolo 5STATO BORGHESE IN URSS ED EVOLUZIONE DELLA BORGHESIA pag. 51 5.1 Marzo 1986: la borghesia prende il potere pag. 535.2 Il golpe del '91 come tentativo di preservare il socialismo? pag. 62

CONCLUSIONI pag. 65

BIBLIOGRAFIA pag. 67

INTRODUZIONE

Questo lavoro ha l'obiettivo di smascherare la campagna politico ideologica delle classi dominanti che vuole far credere ai suoi dominati, attraverso l'evento della fine dell'Unione Sovietica, in una sconfitta storica del comunismo.La fine dell'Unione Sovietica ha avuto un impatto sicuramente significativo in moltissimi ambiti: in primo luogo gli equilibri economici ed imperialistici conobbero un sostanziale mutamento; a livello mondiale, come similarmente all'interno dei vari paesi nazionali, i rapporti di forza tra forza lavoro e capitale segnarono un ulteriore indebolimento per il primo soggetto; a livello politico interi gruppi politici restarono smarriti, incapaci di effettuare una giusta lettura degli eventi; molti militanti e avanguardie operaie, permeati sulla sinistra riformista tradizionale, persero la bussola e caddero nel passivismo o seguirono addirittura vie liberiste. Furono pochi i saggi compagni, anche di diversa

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provenienza, che non videro crollarsi il mondo addosso quando era ormai chiara la fine dello stato sorto dalla prima vittoriosa rivoluzione operaia.Per capire le ragioni della dissoluzione di quel vasto impero che fu l'Unione Sovietica occorre ripercorrere le varie fasi della sua esistenza, attraverso le trasformazioni politiche, sociali ed economiche che sono intervenute durante la sua esistenza. E' evidente che l'URSS di Lenin si presenta differente dall'URSS di Gorbaciov, dal punto di vista economico, istituzionale ed ideologico; ma perché questo? Le trasformazioni sono procedute linearmente e secondo un modello marxista di socialismo?Per rispondere bisogna partire da molto lontano, analizzando gli eventi dall'inizio della sua storia, dalle trasformazioni avvenute appena dopo la rivoluzione bolscevica, ed anzi anche le condizioni precedenti in cui essa si sviluppò.Per uscire dallo smarrimento e dalla falsificazione (ancora operante) di un'Unione Sovietica dipinta come un paese pienamente socialista, del socialismo realizzato o addirittura avanzato e dalla sua dissoluzione vengono in aiuto le analisi, l'attività teorica e pratica di Trotsky, dirigente bolscevico di prim'ordine ai tempi della Rivoluzione d'Ottobre, oppositore allo stalinismo per il potere proletario. Trotsky, occorre riconoscerglielo, si rivela lungimirante riguardo l'evoluzione ed il percorso storico-sociale dello stato sovietico, fino al suo esaurimento nel 1991, pur essendo stato assassinato nel lontano 1940 per mano di sicari stalinisti. Con la nascita della Repubblica Socialista Sovietica Federativa Russa prima (1917) e con l'Unione Sovietica poi (1922) si venne a creare un nuovo scenario politico nel mondo. La Rivoluzione d'Ottobre sconvolse il mondo, sconvolse le classi dominanti al potere che ora, tremanti, potevano vedere di cosa era capace il proletariato unito ed organizzato, vedevano ora minato il loro dominio, l'Ottobre sconvolse anche la classe lavoratrice mondiale che finalmente vedeva la via da seguire per la propria liberazione. Per la prima volta nella storia, i lavoratori, nella loro lotta contro il sistema capitalistico e la classe borghese, prendevano il potere, si misero a capo di uno stato e riuscirono a sconfiggere la controrivoluzione. Le bandiere di Marx sventolavano nel cielo e divennero riferimento per milioni di lavoratori di tutto il mondo. Il socialismo ed il comunismo entrarono ufficialmente nella storia.

Capitolo 1VERSO LA FINE

1.1 Prima e dopo la rivoluzioneUno dei grandi dibattiti in ambiente comunista è quello se la Russia dei primi del '900 avesse uno sviluppo economico in grado di “ospitare” una rivoluzione socialista, se avesse una classe operaia sufficientemente grande e sviluppata per assicurare le condizioni per uno sviluppo di uno stato socialista, per la dittatura del proletariato. Si sa, Marx, quando identificava i paesi capitalisti europei centrali come punto di origine della futura rivoluzione operaia mondiale, non considerava certo la Russia. Ovviamente la Russia al tempo della rivoluzione presentava un grande arretramento economico, restava un paese ancora prevalentemente agricolo, tanto che appena dopo la vittoria della Rivoluzione, nel 1921, Lenin dovette concedere con la Nuova Politica Economica (NEP) uno spazio al capitalismo per sviluppare ancora quelle forze di cui il socialismo aveva bisogno. Ma tutto questo non significa che la rivoluzione era nella storia una cosa prematura. Esistevano infatti centri come Pietrogrado e Mosca con un'elevata concentrazione di industrie e di proletariato (proprio qui infatti partì la rivoluzione), le condizioni oggettive quindi non mancavano.Andando sulla teoria, il socialismo è lo stadio superiore al capitalismo; il capitalismo fornisce tutto il suo grado di sviluppo, la sua base materiale, al socialismo, il quale lo abbraccerà e lo trasformerà in un nuovo sistema economico più avanzato, equo e più efficiente. Il socialismo (da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno in misura del proprio lavoro) resta comunque una fase di transizione, graduale e non lineare, che porterà in ultima istanza al comunismo (da ognuno secondo le proprie capacita, a ognuno secondo i propri bisogni). E' chiaro che senza una dimensione sovranazionale e mondiale il socialismo non potrà evolversi in comunismo. La rivoluzione nell'ottobre 1917, come disse Lenin, aveva spezzato “l'anello più debole della catena imperialista”, era necessario poi espandere e conquistare la rivoluzione in Occidente per assicurare la vittoria del socialismo. E sta proprio qui uno dei punti focali di questa intera analisi. La Russia doveva essere un punto di partenza, una forza divulgatrice e d'agitazione per gli altri proletari dei paesi centro-europei più sviluppati, una rivoluzione da propagandare ed espandere. E' anche quello che è successo: l'Ottobre rosso ha mostrato la via ai lavoratori di molti paesi, facendo scaturire scenari rivoluzionari negli altri paesi: in Germania nel 17-18, in Italia negli anni venti col Biennio Rosso, in Bulgaria ed ancora in Germania nel 1923, in Estonia nel 1924, in Inghilterra ed in Polonia nel 1926, in Cina nel 1927.. ma senza arrivare mai alla presa del potere come in Russia.L'immediato effetto delle sconfitte del proletariato occidentale fu il pesante isolamento dell'Unione Sovietica, che si trovò in uno stato di costante accerchiamento da parte dei paesi imperialistici.

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Lenin, dopo la presa del potere rivoluzionario, per un primo momento, definì lo stato russo sul piano sociale come uno stato operaio-contadino, che soffriva per di più di una deformazione burocratica ; la classe operaia ed il partito bolscevico avevano, per necessità, dovuto allearsi nella rivoluzione con i contadini (classe piccola borghese) e con i Socialisti Rivoluzionari di sinistra, suoi rappresentanti. Solo successivamente, in un secondo momento, il potere sovietico poté definirsi socialista e proletario.Dal comunismo di guerra dei primi anni si era passati nel 1921 alla Nuova Politica Economica (durata fino al 1929). Quest'ultima, introdotta da Lenin, data l'esistenza di milioni di aziende contadine nel paese, doveva saldare il mondo contadino con l'industria nazionalizzata. L'industria doveva fornire alle campagne le merci necessarie a prezzi tali che lo stato potesse rinunciare alla requisizione dei prodotti dell'agricoltura.

1.2 Stalinismo e controrivoluzioneDopo la malattia e la morte di Lenin, a partire dal 1924, Iosif Stalin, al comando del Partito Bolscevico e dell'Unione Sovietica, indicò una politica di 'socialismo a passo di tartaruga': il socialismo si sarebbe compiuto a piccoli passi, la NEP sarebbe continuata ancora per diversi anni, una politica orientata al sostegno dei kulaki (i contadini ricchi che disponevano di manovalanza a cui per esempio erano concessi grandi appezzamenti di terra per diversi anni, operando quindi di fatto una snazionalizzazione del suolo), ostacolando allo stesso tempo l'industrializzazione e nuocendo alla grande maggioranza dei contadini. Questa linea ebbe conseguenza politiche: “ispirando alla piccola borghesia delle città e delle campagne una fiducia straordinaria, questa politica la portava ad impadronirsi di numerosi soviet locali; accresceva la forza e la baldanza della burocrazia; pesava sempre più gravemente sugli operai; comportava la soppressione completa di ogni democrazia nel partito e nella società civile”. Sempre nel 1924, Stalin (dopo la sconfitta della rivoluzione in Germania), promuoveva la sua teoria del 'socialismo in un solo paese': una teoria anti-leninista che prevedeva il rafforzamento della casta burocratica al potere, la chiusura della democrazia all'interno del partito bolscevico e l'eliminazione delle critiche e dell'opposizione, l'accondiscendere allo stile di vita della classe contadina ricca, prendere tempo nell'ambito industriale e, oltre a scardinare la III Internazionale (rendendola anch'essa un apparato dipendente dal Kremlino), soprattutto la rinuncia ad ogni prospettiva di estensione internazionale della rivoluzione.Ma la politica stalinista procede e procederà per tutto il suo corso a zig-zag, incomprensibili a prima vista, se non si tiene conto dell'interesse della casta burocratica salita al potere. Quelle che prima furono le inammissibili critiche in materia economica dell'opposizione di sinistra, successivamente, nel 1929, si trovano come pilastri nel nuovo piano economico, anzi, addirittura venivano sorpassate. Il 'passo di tartaruga' fu quindi accantonato, si prevedevano ora accrescimenti annui del 30%, si passava alla fase della liquidazione forzata dei kulaki come classe, e si continuava a dimenticare l'interdipendenza dei settori dell'economia. L'agricoltura cadeva un'altra volta in crisi, non per colpa della collettivizzazione, ma per i metodi con cui veniva applicata. “L'opportunismo si era trasformato, come molte volte accade nella storia, nel suo contrario, nello spirito di avventura”.

1.2.1 Nascita della burocrazia

Se il programma bolscevico prevedeva misure politiche contro le deformazioni burocratiche (eleggibilità e revocabilità ad ogni momento di tutti i mandatari, soppressione dei privilegi materiali, controllo attivo delle masse) queste misure di tipo soggettivo non potevano sanare condizioni oggettive favorevoli allo sviluppo di strati burocrati (l'arresto dell'ondata rivoluzionaria e le sconfitte del proletariato in Occidente).Dopo la sconfitta della rivoluzione in Occidente “il riflusso della 'fierezza plebea' ebbe come conseguenza un afflusso di arrivismo e di pusillanimità. Queste maree portarono al potere un nuovo strato dirigente.” La politica di sostegno ai kulaki ed il mantenimento di un industria sottotono influiscono e sono influenzate in questo quadro. Le masse furono dappertutto eliminate, a poco a poco, dalla partecipazione effettiva al potere.Si produsse un terreno fertile per l'emergere di un pensiero revisionista e l'emergere della figura di Stalin, che incarnava il sentimento di autoconservazione e centralità del paese e dei propri leader. Il processo venne agevolato anche dalla morte di Lenin. Si ebbe da qui la formazione di uno strato sociale burocratico, seppur ancora poco delineato. “L'apparato dello Stato operaio isolato subì contemporaneamente una completa degenerazione, si trasformò da strumento della classe operaia in strumento della violenza burocratica contro la classe operaia e, sempre di più, in strumento di sabotaggio dell'economia del Paese.” Già Lenin con la sua cosiddetta ultima battaglia, nella “Lettera al congresso” conosciuta anche come 'Il testamento di Lenin', chiede la rimozione di Stalin, uomo “troppo grossolano (...) che ha concentrato nelle sue mani un immenso potere“ . Lenin parlerà poi di uno stato operaio con una deformazione burocratica .“La situazione internazionale agiva potentemente nello stesso senso. La burocrazia sovietica guadagnava fiducia in sé stessa via via che la classe operaia internazionale subiva sconfitte più pesanti. (…) la direzione burocratica del movimento contribuiva alle sconfitte, le sconfitte rafforzavano la burocrazia.”

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La sorgente del processo degenerativo dello stato socialista russo, come si vedrà meglio nelle pagine successive, stava nella condizione di arretratezza dello sviluppo delle forze produttive, e in misura minore (condizionata dal primo) nel basso livello culturale della popolazione e dei lavoratori.“Sul terreno della miseria socializzata, la lotta per il necessario minaccia di resuscitare 'tutto l'antico ciarpame' e lo resuscita parzialmente ad ogni passo.” Appena dopo la sconfitta della rivoluzione degli operai tedeschi nel 1923, verso cui gli occhi degli operai e dei comunisti sovietici erano puntati, la burocrazia sovietica scatenò una campagna contro la “rivoluzione permanente” (che non era altro che una teoria leninista e marxista difesa da Trotsky) e contro l'opposizione di sinistra. Dopo l'altra grande sconfitta, quella cinese, i membri dell'opposizione vennero arrestati. Tutti gli oppositori venivano esiliati o mandati in campi di lavoro in Siberia, venivano anche eliminati fisicamente. Le misure repressive contro l'opposizione si estendevano anche su scala internazionale (nei partiti degli altri paesi). La moglie di Lenin, Nadežda Krupskaja, poteva affermare che se Lenin fosse stato ancora vivo sarebbe stato sicuramente in carcere. Lo stato assunse tutti i caratteri di uno stato poliziesco-repressivo, con forti strutture di controllo sociale.“In questo contesto di scarsità di risorse e di difficoltà di soddisfacimento dei bisogni, si arrivò ad una distribuzione ineguale del reddito nazionale di cui sbocco ultimo erano la formazione e la cristallizzazione di uno strato privilegiato anche socialmente. I privilegi di questo strato, fondati non sulla proprietà dei mezzi di produzione come in una società capitalistica, ma sul controllo del potere politico, cioè su una forma specifica di organizzazione sociale, si sono via via consolidati e mostruosamente accresciuti” . Non bisogna comunque pensare ad uno strato burocratico omogeneo e compatto, fin dall'inizio e di più con il passare del tempo, erano presenti varie differenziazioni e contrasti in questa casta.Ma la parabola della degenerazione prima che nello stato, parte nel partito, nel partito bolscevico. Sotto il comando di Stalin si svuotò e sparì il principio di centralismo democratico (divenuto centralismo burocratico), le frazioni e le tendenze furono abolite, la base del partito annullata in favore del Comitato Centrale come vero organo decisionale. Il partito divenne non più l'avanguardia del proletariato, ma l'organizzazione politica della burocrazia. E' vero che la democrazia nello stato sovietico, ed anche in qualche forma nel partito bolscevico, era stata sospesa su iniziativa di Lenin, ma non doveva rappresentare che una situazione momentanea, dovuta dalla crisi del regime sovietico di fronte alla guerra civile, all'intervento straniero, alla carestia.Se l'affermazione della burocrazia nasceva per il ritardo economico presente in Russia, con il miglioramento della situazione materiale e culturale le cose non cambiarono, anzi. Questo si può spiegare perché la produzione anche se migliorata, non soddisfaceva tutto il necessario, anzi permetteva ad una minoranza di accaparrarsi dei vantaggi; la burocrazia creò propri privilegi, e continuava a difenderli. “L'aumento del benessere degli strati dirigenti comincia a superare sensibilmente quello del benessere delle masse. Mentre lo stato si arricchisce, si vede la società differenziarsi.” “La caccia ai privilegi faceva entrare nelle file dei lavoratori d'assalto, in numero crescente, i maneggioni, forti di certe protezioni. Tutto il sistema finì per trovarsi in contraddizione con i fini che si proponeva.” Si formò un'aristocrazia operaia. Gli stessi stachanovisti, che ricevevano l'impulso dal desiderio di aumentare il loro salario (non tanto per una morale socialista), guadagnando diverse volte quello che guadagnava un operaio di base, e trovandosi ricoperti di privilegi, formavano una propria stratificazione sociale. Allo stesso modo il reddito della minoranza privilegiata dei kolkhoz crebbe infinitamente più di quello delle masse dei kolkhoz e dei centri operai: una disuguaglianza ancor maggiore rispetto a quella che esisteva tra kulak e contadino. Sommando poi a queste categorie appena citate tutti i ruoli amministrativi dello stato, centrali e periferici, troviamo la base sociale della burocrazia al potere, stimata nel 1936 attorno al 12-15% della popolazione.Trotsky, parlando della presenza di elementi nella società che perseguivano in qualche modo un'iniziativa economica privata affermava che queste categorie (speculatori ed altre figure) “non sono temibili in sé stesse né per la quantità né per l'ampiezza degli affari (…), testimoniano la costante pressione delle tendenze piccolo borghesi. Il grado di pericolosità di questi bacilli di speculazione per l'avvenire socialista è determinato dalla capacità generale di resistenza dell'organismo economico e sociale del paese” .Anche riguardo alle questioni della nazionalità, di cui lo stato sovietico ha svolto un ruolo progressista, “la burocrazia costruisce per loro un ponte verso i benefici elementari della cultura borghese e, parzialmente, pre-borghese. Nei confronti di parecchie regioni e nazionalità, il regime compie in larga misura l'opera storica che Pietro I e i suoi compagni compirono per la vecchia Moscovia; solo lo fa su più vasta scala e con ritmo più veloce.” Ma allo stesso tempo impianta nella società sovietica un nazionalismo grande russo. “E siccome il Kremlino è la sede del potere, siccome la periferia deve imitare il centro, la burocrazia centrale prende inevitabilmente un indirizzo di russificazione, pur attribuendo alle altre nazionalità un solo diritto incontestabile: quello di cantare nelle loro lingue le lodi di quest'arbitro.” Con Stalin, l'Unione Sovietica diventa quindi uno stato operaio degenerato, che di riflesso produceva effetti dirompenti anche nella famiglia, nella cultura, nella gioventù.

1.2.2 Il socialismo realizzato?

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La burocrazia al potere andava a proclamare la realizzazione compiuta del socialismo, dicevano si era giunti alla tappa del cosiddetto 'socialismo realizzato'. Ma esisteva veramente in Unione Sovietica il socialismo realizzato? Anche se la Russia, al tempo della Rivoluzione si presentava come un paese arretrato economicamente, la pianificazione centralizzata e la proprietà collettiva dei mezzi di produzione le hanno permesso di compiere balzi da gigante, decuplicando la produzione dell'industria pesante nel periodo 1925-1935, sorpassando gli indici di sviluppo ormai stagnanti dei paesi industrializzati d'Occidente che scontavano ancora la crisi cominciata nel '29, sorpassando perfino la marcia dello sviluppo del Giappone che si poneva in testa ai paesi capitalisti. “Il socialismo ha dimostrato il suo diritto alla vittoria non nelle pagine del 'Capitale', ma su di una arena economica che comprende la sesta parte della superficie del globo; non con il linguaggio della dialettica, ma con quello del ferro, del cemento e dell'elettricità. Se anche l'URSS dovesse soccombere sotto i colpi sferrati dall'esterno e per gli errori dei suoi dirigenti resterebbe, come garanzia dell'avvenire, questo fatto indistruttibile, che solo la rivoluzione proletaria ha permesso a un paese arretrato di ottenere in meno di vent'anni risultati senza precedenti nella storia” .Senza aiuti esterni, in una condizione di isolamento e arretramento, la forza dell'URSS si misura però in definitiva sul metro del rendimento del lavoro. La differenza tra i prezzi interni e quelli del mercato mondiale costituisce uno degli indici più importanti dei rapporti di forza.Anche se lo sviluppo, con l'applicazione dei piani quinquennali procedeva spedito, esistevano allo stesso tempo moltissimi problemi economici: prezzi di costo troppo elevati per una produzione di bassa qualità, scarsità nella produzione di beni di prima necessità, un PIL pro-capite ancora basso. Si scontava anche l'eredità del passato di una mediocre cultura del lavoro, di una cattiva organizzazione del lavoro, di un'insufficienza della formazione professionale degli operai e degli amministratori.Nel paese “l'eredità della Russia assolutista e capitalista premeva ancora immensamente nei costumi sui germi di socialismo” . Si era ancora in presenza di una fase transitoria tra capitalismo e socialismo, i cui destini non potevano essere ancora conosciuti. “Lo stato acquista immediatamente un duplice carattere: socialista nella misura in cui difende la proprietà collettiva dei mezzi di produzione; borghese nella misura in cui la distribuzione dei beni ha luogo con l'aiuto di criteri di valore capitalistici, con tutte le conseguenze che ne derivano.” Persiste la divisione del lavoro di stampo capitalista nella fabbrica e nella società. E' lontana la prospettiva comunista che vuole vedere in tutti i soggetti sociali elementi dirigenti e gestionali. In questa fase di transizione, è bene specificarlo, il mercato era necessario per l'accrescimento della potenza materiale, doveva servire a fini socialisti. E' del tutto evidente che non ci si imbatteva in un sistema di socialismo realizzato.Marx, Engels e Lenin descrivendo lo stadio socialista affermavano che lo stato sarà per forza di cose in deperimento. I fatti ed i numeri sovietici dimostrano tutto il contrario. Si riscontra una massiccia presenza di burocrati, funzionari ed esercito, il mantenimento di una minoranza privilegiata, uno stato sempre più dispotico, la presenza di elementi del diritto borghese. Una bella frase di Trotsky può far comprendere meglio l'inganno della propaganda di un socialismo realizzato: “Non si potrà parlare di vittoria del reale del socialismo che a partire dal momento in cui lo Stato sarà ancora Stato solo a metà e in cui il denaro comincerà a perdere la sua potenza magica”. Come diceva Marx, le forme giuridiche hanno un contenuto sociale che varia profondamente secondo il grado di sviluppo della tecnica. Il socialismo realizzato si misura nel livello raggiunto dal rendimento del lavoro.Il regime di Stalin, per aumentare la produzione, arrivò ad introdurre addirittura il lavoro a cottimo (sistema di supersfruttamento tipico del sistema capitalistico), premi per risultati, e medaglie agli Stakhanovisti che andavano a guadagnare più di 20 volte lo stipendio di un operaio normale; delle sette ore non restava che la parola. Si poteva affermare che per l'ampiezza della disuguaglianza delle retribuzioni del lavoro l'URSS ha raggiunto e largamente superato i paesi capitalisti . Il regime stalinista, sotto il profilo della produttività, puntava, per sua natura, sulle sole variabili individuali, sui singoli lavoratori, nella loro ricerca al massimo sforzo fisico ed alla violenza su sé stessi. Ma l'aumento del rendimento medio non può passare per quella via, bensì si sarebbe dovuto riorganizzare e sviluppare nuovi piani di produzione nella fabbrica e tra le imprese. “La fabbrica che è in ritardo e paralizza le altre, nell'economia sovietica, ha un nome: burocrazia” . La burocrazia 'socialista', predominava nettamente nella società, cresceva di continuo e diventa a sua volta causa di febbri maligne nella società.Anche se nel 1934 i pochi contadini isolati e gli artigiani (per un totale del 22,5% della popolazione) avevano in mano poco più del 4% del capitale nazionale, le tendenze borghesi si riversavano anche nel settore socialista dell'economia (cioè non solo nell'agricoltura ma anche nell'industria). Cresceva anche la distanza sociale tra lavoro manuale e lavoro intellettuale.Significativo fu un commento del giornale della borghesia francese “Le Temp” scrivendo sulla riforma dell'Armata Rossa il 25 settembre 1935: ”Questa trasformazione esterna è uno degli indici della profonda trasformazione che si compie oggi nell'intera URSS. Il regime definitivamente consolidato si stabilizza poco a poco. Le abitudini e i costumi rivoluzionari cedono il posto nella famiglia sovietica e nella società, ai sentimenti e ai costumi che continuano a dominare nei paesi definiti capitalisti. I soviet si imborghesiscono.”

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“Il passaggio delle fabbriche allo stato non ha cambiato che la condizione giuridica dell'operaio, (…) l'operaio potrebbe difficilmente sentirsi un 'libero lavoratore.” Ma allo stesso tempo gli operai vedevano che “senza l'economia pianificata, l'URSS sarebbe respinta indietro di decine di anni. Mantenendo questa economia, la burocrazia continuava ad assolvere una funzione necessaria. Ma lo fa in modo da preparare il siluramento del sistema e da minacciare tutte le conquiste della rivoluzione”, gli operai “senza farsi illusioni sulla casta dirigente, almeno sugli strati di questa casta che conoscono un po' più da vicino, vedono in essa, per il momento la custode di una parte delle loro conquiste”. La stratificazione sociale in URSS, secondo una classificazione fatta da Trotsky, si poteva suddividere in: alti funzionari, specialisti e altre persone che vivono borghesemente; strati medi e inferiori di funzionari e specialisti che vivono come piccoli borghesi; aristocrazia operaia e Kolkhoziana che si trova press'a poco anche costoro nelle condizioni di piccoli borghesi; operai medi; contadini medi nei kolkhoz; operai e contadini che si avvicinano alle condizioni di sottoproletari o proletariato declassato; giovani straccioni, prostitute ed altri. Con simili caratteristiche, certo con un economia più sviluppata ma con le stesse caratteristiche sociali e gestionali del sistema, l'Unione Sovietica veniva descritta successivamente da Breznev addirittura come uno stato arrivato al socialismo maturo, quest'ultimo affermava poi che presto, in pochi anni, si sarebbe arrivati addirittura al vero comunismo. Una risata può benissimo sostituire commenti a tal proposito.

1.2.3 Altre svolte altre sconfitteDopo lo sviluppo della teoria e la messa in pratica del socialfascismo (nella quale si vedevano le altre forze riformiste del proletariato equiparate alla borghesia e al fascismo, e quindi conseguentemente si negava la tattica del fronte unico) che ha avuto la responsabilità di far salire al potere Hitler in Germania, si compie un'altra brusca svolta. Nel 1935 si apre ai fronti popolari, cioè alla collaborazione di classe, alla rinuncia a uno dei principi fondamentali del marxismo: l'indipendenza di classe. Gli effetti furono quelli di assicurare la sconfitta del proletariato rivoluzionario in Spagna, in Francia ed in Italia a favore di regimi democratici borghesi. L'URSS e la burocrazia sovietica, così senza uno sconvolgimento avvenuto a livello internazionale, poteva continuare a godere del proprio ruolo egemone di difensore del socialismo.Altra operazione di Stalin, per appacificare l'imperialismo mondiale, fu quella di sciogliere l'Internazionale Comunista nel 1943. Gli stati di democrazia popolare in Europa orientale, dal secondo dopoguerra, riflettevano nel nascere tutti i caratteri deformati dello stato sovietico: casta burocratica al potere, economica socialista distorta, assenza di democrazia operaia, stratificazione sociale, eliminazioni fisica degli oppositori...Ma dopo la Seconda Guerra Mondiale, anche grazie alla presenza di forti misure da dover scontare da parte di Germania e Giappone, L'URSS diventa la seconda potenza industriale; ora non si trovava più nella condizione di un paese isolato ed assediato come negli anni venti, è bensì un grande paese industrializzato, ma dove scarseggia ancora una certa quantità di beni di consumo.

1.3 Krusciov, un'antistalinista stalinista

Dal dopoguerra la struttura sociale del paese muta profondamente. Nel marzo del 1953 muore Stalin, ma già alcuni mesi prima si assiste all'introduzione di una serie di provvedimenti allentativi. Una direzione collegiale, con Georgij Malenkov Capo del Governo, Lavrenivj Berija Ministro degli Interni e Vjaceslav Molotov Ministro degli Esteri, guidò per un primo momento l'URSS post-staliniana: si apriva un nuovo corso. Nikita Krusciov, sempre nel 1953, divenne Segretario Generale del PCUS, ma presto, con metodi non molto limpidi (ai quali non rinuncia l'uso, a dispetto delle tante sue parole contro i metodi stalinisti) nel 1955 riuscì a conquistare la carica di Primo Ministro, leader dell'Unione Sovietica.In questa fase e soprattutto a partire dal XX Congresso del PCUS si cercano altre forme di egemonia e altri modi di funzionamento per mantenere la struttura ed i meccanismi basilari del sistema. Ora lo strato più elevato della burocrazia, composto dai dirigenti dello Stato e del partito, dalla alte gerarchie militari e dai dirigenti economici si è notevolmente rafforzato. Un altro strato, medio-inferiore, di dirigenti e specialisti si è numericamente accresciuto ed ha consolidato i privilegi di cui godeva. Esisteva poi la cosiddetta aristocrazia operaia e kolchoziana, i cui membri godevano di redditi sensibilmente superiori a quelli medi delle loro categorie di appartenenza. La grande maggioranza della popolazione restava composta da semplici operai e kolchoziani che, nonostante certi miglioramenti, vivevano in condizioni difficili non disponendo di beni di consumo sufficienti e soffrendo di un'acuta crisi degli alloggi.Il processo di destalinizzazione di Krusciov quindi non fu altro che una serie di riforme per soddisfare le aspirazioni degli strati intermedi, accrescere il loro peso nella loro specifica sfera di azione, creare un maggiore equilibrio di poteri tra i diversi settori dello strato dominante e stabilire rapporti con i più ampi strati della popolazione non più basati sull'autoritarismo repressivo. Ma data la natura dello strato sociale dominante, le sue differenziazioni e contraddizioni interne, questa operazione non poteva essere condotta senza costanti oscillazioni e senza rettifiche, anche brusche. Gli stessi fatti di Ungheria e Polonia influirono nella pianificazione e nella marcia lineare delle riforme.

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Si apriva nel versante politico-ideologico la fase del 'disgelo', una più larga porzione di cittadini poteva agire nelle varie strutture politiche per influire nelle decisioni più importanti. Ci sono state concessioni non trascurabili, di fatto più economiche che politiche ai più larghi strati della popolazione.Ma la struttura statale restava comunque autoritaria e nello stato operaio degenerato la burocrazia bloccava ogni indirizzo politico rivoluzionario diretto ai proletari degli altri paesi, la teoria leninista restava chiusa segretamente in cassaforte, per la stessa autoconservazione della burocrazia, ripresa solo nella fraseologia per qualche proclama. Le critiche da sinistra continuavano ad essere bandite dal nuovo regime; Trotsky, per esempio, non fu mai riabilitato. Venne costruito un muro e creata una propaganda di unità nazionale contro le critiche 'antiburocratiche' che provenivano dalla Cina. Krusciov aveva operato una fase nuova nell'ambito della dominazione burocratica, ma senza un vero riequilibrio o una vera ristabilizzazione; proprio per quest'ultimo obiettivo Krusciov era rovesciato il 14 ottobre 1964.

1.4 Alla ricerca di stabilità con Breznev

Larghi settori dello strato dominante sentivano il bisogno di una maggiore stabilità e “auspicavano che venisse posto termine ad una pratica di decisioni clamorose e di misure apparentemente drastiche seguite da repentini passi indietro” . In questo senso si tendeva ad una restaurazione. Il Comitato Centrale del partito approvò la destituzione di Krusciov senza opposizioni. La manovra, non del tutto trasparente e non senza intrighi, era partita già da aprile dello stesso anno. Lo stesso Krusciov subì più o meno passivamente il processo di accusa che lo vedeva imputato per “dilettantismo e improvvisazione nell'opera di governo, carattere troppo personale delle decisioni, iniziative avventate in materia economica ed istituzionale, oltre che in politica estera” . Era chiara la necessità di ricambio, e probabilmente Krusciov l'aveva capito, e capì che non poteva fare nulla, che la sua epoca era finita. Lo stesso giorno vennero definiti i suoi successori: come Presidente del Consiglio dei Ministri Aleksej Nikolaevic Kosygin e come Segretario Generale del partito Leonid Ilic Breznev. Con Breznev (e Kosygin) si raggiunse l'obiettivo ricercato, si raggiunse la ristabilizzazione del sistema, voluto per di più dal 'burocrate medio', attenuando elementi di instabilità, senza per questo ritornare a metodi di gestione e direzione della società del tipo di quelli degli anni di Stalin. Il termine 'stabilità' entrò per la prima volta nel lessico della politica sovietica. “Era la parola chiave di un linguaggio destinato soprattutto agli apparati dirigenti della società. Questi avevano conosciuto continue e spesso brutali scosse, sia negli anni del dispotismo staliniano, sia nel riformismo kruscioviano. Con Stalin chi li componeva aveva rischiato la libertà personale o perfino la vita; con Krusciov il posto. Volevano ora sentirsi più sicuri nei loro incarichi e ne ottennero la garanzia. Stava qui il patto tacito, non scritto, fra dirigenti centrali e dirigenti periferici che aveva reso facile e indolore, oltre che rispettoso nelle regole formali scritte negli statuti, il licenziamento di Krusciov.” Esemplificativa fu la cancellazione della norma statutaria krusceviana che prevedeva il ricambio ad una carica dopo due mandati. “I quattro congressi Brezneviani (1966, 1971, 1976, 1981) sono tra i più tranquilli e si riducono a uno stucchevole rituale con qualche fittizio elemento di novità” . Nel Politbjuro c'erano sicuramente confronti e battaglie tra dirigenti, ma queste non si basavano su indirizzi politici, bensì celavano rivalità di apparato, dei vari corpi dello Stato e delle diverse sezioni funzionali del partito. Nel Politbjuro si sintetizzavano queste diverse frazioni e contese. Influenti soprattutto in quel periodo divennero i segretari degli Obkom (comitati regionali del partito); molte future figure di spicco (come Gorbaciov ed Eltsin, come Ligacev e Sevarnadze ed altri capi delle Repubbliche nate dalla disciolta Unione Sovietica) proverranno infatti da quel settore.Dal versante economico si conosce inizialmente una buona fase favorevole, successivamente la crescita continuerà con tassi decrescenti, l'arresto si produrrà alla fine degli anni settanta. Nei primi anni brezneviani venne varata una importante riforma economica (iniziata ad elaborarsi già con Krusciov, nel 1962) che dava maggiore autonomia e iniziativa, sempre comunque relativa, alle singole unità produttive sovietiche con una pianificazione meno dettagliata, ricollegando tutto ai ministeri dell'URSS e non più basata su un'organizzazione decentrata su base regionale come Krusciov aveva disposto nel 1957. Viene fissata una priorità nella produzione di beni di consumo. Il tenore di vita cresce negli anni e la percentuale della popolazione urbana si sviluppa massicciamente arrivando all'80%.Allo stesso tempo la burocrazia mostrava sempre più evidentemente i propri tratti di casta privilegiata.In questi anni trovò fortuna la parola 'nomenklatura', per indicare lo strato burocratico privilegiato del partito. “Dopo anni di stabile permanenza al potere, i dirigenti del paese ai vari livelli cominciavano a loro volta a ritenersi davvero un gruppo con particolari diritti. Ma soprattutto venivano visti ormai da larga parte della popolo come uno strato avulso dal resto della società, in posizione di consolidato dominio. L'uso del termine nomenklatura ebbe fortuna proprio come espressione di un'incipiente lotta di classe” .Breznev dalla fine degli anni '70 dovette fare i conti con la crisi economica che non lasciò respiro per diversi anni. Nel 1979 Breznev decide di invadere l'Afghanistan. Sul morale dei sovietici (oltre che dal versante politico, economico e militare) la guerra ebbe un'influenza disastrosa.

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Intanto la dottrina del socialismo in un paese solo continuava a produrre i suoi effetti deleteri. Per esempio in Spagna, Portogallo e Grecia dalla fine dei fascismi non si accompagnò, come sarebbe stato possibile, alcun appoggio rivoluzionario dei sovietici, i movimenti di liberazione restarono piuttosto distaccati dai sovietici.

1.5 La crisi economica

All'inizio degli anni settanta, nella pianificazione del piano quinquennale (1971-1975) i dirigenti sovietici sono arrivati alla decisione di svoltare (grazie anche ai fatti di Praga e Danzica) verso una produzione che mirava maggiormente ai beni di consumo rispetto ad una produzione di beni strumentali (per un aumento generale del benessere popolare) e verso l'obiettivo di avanzare nel settore tecnologico-scientifico-informatico, chiave per il futuro sviluppo economico.Ma come vedremo nessuno dei tre piani quinquennali Brezneviani vennero realizzati, anche se ognuno aveva obiettivi ridotti rispetto al precedente. Anche se le cifre economiche variano al variare dei diversi studi, all'inizio degli anni ottanta si poteva constatare che la crescita era esaurita. Già a metà degli anni settanta si notavano insuccessi, nel 1979 si entra poi in una fase regressiva, “nel quinquennio 1981-1985 praticamente non c'è stata nessuna crescita economica”. In particolare “nel 1979-1982 si ha una diminuzione in cifra assoluta e in termini fisici della produzione industriale e cerealicola”. Erano mancati fin dall'inizio i presupposti per un successo. Una delle parti più cospicue del prodotto interno lordo del paese continuava ad essere destinata alla spese militari (si parla del 50% del PIL ); il conflitto con la Cina fece aumentare di molto le già ingenti risorse destinate al settore militare. Il settore agricolo, storicamente debole, diventava un disastro.“Eppure il governo di Mosca si era trovato in quegli anni a disporre di risorse che, almeno in teoria, avrebbero dovuto facilitargli il compito: la possibilità di ricavare preziosa valuta straniera da una serie di esportazioni che anche l'Occidente non aveva interesse ad ostacolare. Il maggiore profitto proveniva dall'ascesa dei prezzi mondiali del petrolio, che fu conseguenza della guerra arabo-israeliana del '73. (…) Altro cespite considerevole era rappresentato dalla produzione diamantifera. (…) L'URSS poteva realizzare quasi metà del prodotto sui mercati internazionali.” I surplus dall'estero vennero sfruttati principalmente per importare prodotti agricoli (cereali), vista la grave crisi agricola che attraversava l'Unione. Quest'importazione divenne una costante negli anni a seguire. Per i beni strumentali e tecnologici risultava più difficile l'importazione, sia dal punto di vista dei costi, sia per le limitazioni imposte dai paesi dell'Alleanza Atlantica. All'inizio degli anni '80 cominciò ad accumularsi un debito estero.Anche dal versante tecnologico e scientifico si dovevano subire sconfitte, o meglio notare il ritardo sempre più evidente con il passare degli anni settanta con i paesi più industrializzati. I motivi di questa crisi non erano dovuti solo a ragioni di organizzazione economica, ma anche a una gestione burocratica della società sovietica che per molti anni aveva costituito un ostacolo relativo allo sviluppo economico, e che ora diventava ormai un ostacolo assoluto. La stessa impostazione e lo stesso regime della società sovietica può spiegare il mancato successo nella rivoluzione tecnologica-informatica tanto spinta dagli organi dirigenti dello stato. La rapida diffusione delle informazioni, cui l'informatizzazione poteva consentire, rappresenta un elemento chiave; tant'è che la crisi economica occidentale, iniziata negli anni settanta, fu superata in qualche modo proprio grazie alla rivoluzione informatica (e poi all'apertura del mercato esteuropeo e russo).Ma appunto la società sovietica non poteva essere naturalmente affezionata alla circolazione di informazioni, e questo fu uno dei motivi che pesarono nel mancato successo nello sviluppo delle conoscenze tecnologiche e informatiche. “Scarso era il profitto derivante dall'introduzione delle fotocopiatrici, se poi il loro uso era limitato e severamente regolamentato per via del timore che le nuove macchine potessero servire, come effettivamente servivano, alla circolazione dei 'samizdat' (copie di libri proibiti ndr). Compromessi risultavano i vantaggi dagli accresciuti scambi con gli studi stranieri, se poi questi contatti andavano subordinati a considerazioni politiche o addirittura poliziesche. (…) Il solo effetto della progettata rivoluzione tecnico-scientifica era la moltiplicazione degli istituti di ricerca. Il fenomeno ebbe conseguenze sociali piuttosto che produttive.” Spesso poi si notava in generale una dissociazione tra il comando-ordine superiore, tra la direttiva imposta dall'apparato statale e l'esecuzione materiale della produzione. Anche quando si è passati al modello di sviluppo basato sui beni di consumo, la produzione sembrava “procedere come prima, secondo i vecchi criteri, quasi guidata da una potente, quasi incontrollabile, forza inerziale” .Crescevano gli sprechi, “l'URSS produceva ormai più acciaio e cemento degli Usa; ma con quelle stesse materie produceva meno edifici ed impianti di fabbrica e meno perfezionate, di quanto non facessero i rivali americani” .Anche se durante gli anni settanta si comincia a conoscere una graduale decrescita, durante lo stesso periodo, il livello di vita dei sovietici non subì un calo, anzi gli alloggi migliorarono, ci si vestiva e ci si nutriva meglio, cominciavano a diffondersi le automobili, aumentavano i salari nominali e reali più di quanto fosse accaduto in tutto il dopoguerra. Ma i beni e servizi nel mercato non crescevano in proporzione e questo creava un'accumulazione di denaro nelle casse di

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risparmio (da cui il sistema finanziario non ne traeva un sufficiente profitto), inflazione, e negozi poco forniti (con code e perdita di tempo). La modesta crescita del livello di vita non generava soddisfazione nel paese, le aspettative erano di gran lunga superiori.Già negli anni settanta si conobbe anche il fenomeno esteso di un'economia parallela a quella statale, la cosiddetta “economia ombra”. Iniziative indipendenti erano sempre esistite, gli stessi dirigenti nazionali e locali ne erano a conoscenza e tolleravano questa pratica, ma tutto stava appunto nelle proporzioni del fenomeno. Sotto Breznev, con l'attenuarsi dei controlli polizieschi e la disponibilità di maggior quantità di beni rispetto al passato, questo fenomeno crebbe considerevolmente. Un circuito parallelo era la rete dei negozi speciali creati dallo stato e destinati a particolari gruppi della popolazione, cioè agli stranieri che vivevano in URSS o a chi lavorando all'estero aveva (diplomatici, artisti, giornalisti, militari, tecnici, consulenti presso governi stranieri) accumulato valuta straniera. Si sviluppò il traffico dei 'certifikaty': valuta estera convertita in buoni statali che potevano essere spesi in negozi speciali che disponevano di una buona varietà di beni importati e spesso di maggiore qualità. Altri mercati paralleli interessavano anche funzionari di alto livello o dipendenti di particolari aziende. “Fonti di privilegi, tutti questi sistemi, erano motivo di risentimenti sociali.” “Le merci più ricercate o più deficitarie venivano accaparrate dagli stessi addetti al commercio di Stato e poi vendute per vie private a prezzi maggiorati. Il fenomeno divenne tanto diffuso da consentire proprio fra queste categorie di persone la costituzione di un originale, quanto embrionale, sistema di 'accumulazione primitiva' di capitale: un rozzo neo-capitalismo insomma” . Economie parallele erano create anche dagli stessi direttori di aziende per scambi vantaggiosi tra imprese, aggirando i controlli dall'alto.Tutto questo non poteva realizzarsi senza la complicità tra organi di stato, enti ufficiali e apparato giudiziario. La corruzione sfrontata, dirà un critico del governo brezneviano, conobbe in quel momento la sua apoteosi. Corruzione e criminalità vanno poi di pari passo.Gli stessi sovietici subivano un duro colpo morale nel notare il livello di vita dei colleghi dei paesi socialisti dell'Europa dell'Est, superiore paragonato a quello sovietico. Una delle molteplici ragioni stava anche nella modesta spesa militare di questi paesi satelliti (era l'URSS che si addossava quasi tutto il finanziamento del blocco di Varsavia).“La crisi dell'Unione Sovietica, il progressivo rallentamento ed il ristagno finale della dinamica economica, i limiti e le contraddizioni dei gruppi dirigenti degli anni cinquanta, sessanta e settanta sono il prodotto dei meccanismi di sistema, di una data formazione sociale e organizzazione politica. E' nelle contraddizioni intrinseche, strutturali, di un sistema sviluppatosi dalla fine degli anni venti che vanno individuate le cause della crisi terminale.”

1.6 Gorbaciov e la borghesia al potere

Dopo Breznev, che morì il 10 novembre 1982, fu uno dei suoi secondi, Jiurij Andropov, che lo sostituì. Andropov iniziò il suo breve interregno con una campagna moralizzatrice (dopo l'esplosione del cosiddetto scandalo del caviale che colpì la nomenklatura). Portò avanti una linea di ordine e disciplina, lotta alla corruzione e vi fu un certo rinnovamento di quadri ai livelli intermedi. Ma non vi fu, nè poteva esservi, nessuna vera svolta politica con Andropov. Questo, già da tempo malato e per la maggior parte del tempo indisponibile, morì nel febbraio del 1984.Come successore fu designato l'altro secondo di Breznev, Kostantin Cernenko, ultimo riflesso del vecchio gruppo brezneviano. Governò per poco più di un anno. Malato (ancor di più del suo predecessore) e poco presente al lavoro, ebbe l'unico effetto di trasmettere al paese un senso di frustrazione, data la pessima caratura di quest'uomo, sicuramente non all'altezza della crisi in corso.Il 12 marzo 1985, due giorni dopo la morte di Cernenko, Michail Gorbaciov venne eletto Primo Segretario del PCUS divenendo quindi la carica più alta dello stato. Era stato nominato poco prima come secondo di Cernenko, dopo aspre battaglie politiche, si sapeva infatti di designare il futuro Primo Segretario.E' con il XXVII Congresso del PCUS (febbraio-marzo 1986) che Gorbaciov lancia qualcosa di storico: la glastnost (trasparenza) e la perestroika (ristrutturazione), volendosi riallacciare culturalmente in qualche modo all'opera riformatrice di Krusciov. Con questi progetti Gorbaciov non intendeva da subito rimettere in discussione le basi essenziali del sistema politico-istituzionale (e subito neanche quello economico, seppur in prospettiva), “se lanciava la glastnost, non rinunciava per questo all'idea del monopartitismo; promuoveva una serie di misure di decentramento e di 'democratizzazione” , sul piano economico per una prima fase la proprietà statale dei mezzi di produzione e la pianificazione essenzialmente venivano mantenute, ma il progetto avrebbe portato poi in poco tempo ad altro, come previsto già dal principio. Certo non si rimetteva in discussione il dominio della burocrazia su quel sistema che ostinavano a chiamare socialista. L'obiettivo era quello di porre termine alla fase di stagnazione politica ed economica avvenuta con Breznev ed i suoi successori, riformare quindi un “socialismo più rinnovato e democratico”. Si usava sempre la terminologia del passato sovietico e i riferimenti restavano al socialismo ma era evidente l'assenza di quell'originale significato. Si diceva che si voleva attuare l'integrazione del socialismo con i migliori elementi del capitalismo. Come vedremo, la comparazione con il processo di restaurazione cinese ci porta molti aiuti.

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Anche se ancora nel 1987 (dopo già molte riforme avviate), in una sessione di giugno del Comitato Centrale del partito, Gorbaciov affermava che non ci sarebbe stata una riforma che comportasse l'introduzione di un'economia di mercato, l'indirizzo rimaneva evidentemente quello; gli sviluppi hanno mostrato ai non ciechi la verità: in poco tempo l'URSS si trasformò in uno stato borghese. Con l'inizio della glastnost le attività del dissenso presero ad essere tollerate, vennero attenuate le norme sulla censura (nell'autunno 1987 furono emendate le disposizioni del codice penale che bollavano la critica al regime come “attività antisovietica”). Con la perestroika vennero introdotti sostanziali elementi di mercato nell'economica. Si voleva passare da un modello estensivo di sviluppo ad uno intensivo. Nell'agosto 1986 viene resa possibile la formazione di imprese con capitale estero. Nel 1987 le società miste con capitale straniero furono 23, nel 1988 arrivarono a 168 (poi il numero crebbe esponenzialmente ogni mese). Gli investimenti provenivano maggiormente da Stati Uniti, Repubblica Federale Tedesca, Gran Bretagna, Francia, Italia, Finlandia e si indirizzavano prevalentemente nel settore dei servizi e nell'intermediazione commerciale. Nel novembre 1986 viene varata la legge sull'attività lavorativa individuale (una reintroduzione della proprietà privata su piccola scala), nel giugno 1987 la legge sull'autonomia delle imprese di stato (autofinanziamento in alcuni settori e decentralizzazione della pianificazione), nel maggio 1988 la legge sulle attività cooperative (in pratica vengono reintrodotti i principi di mercato e di profitto nelle imprese di commercio, produzione, servizi ed import-export). Dopo sei mesi si potevano contare ben 50.000 cooperative. Veniva creata anche la prima banca mista con la partecipazione di cinque banche europee occidentali (60% delle azioni) e tre banche russe.Tra gli effetti di queste misure, e venuta meno una pianificazione dettagliata del mercato, ci si trovò ad una frammentazione del commercio interno, arrivando quasi ad una sua cessazione completa negli ultimi anni '80 - primi '90. “Si avviò una spirale inflattiva tra salari e prezzi, i generi essenziali sparirono dalla rete della distribuzione statale, fiorì il mercato nero ed il baratto tra aziende.” “Per i cittadini sovietici la perestroika è diventata una katastroika.” Man mano i pilastri dell'economia basata sulla Rivoluzione d'Ottobre furono smantellati: la pianificazione centrale dell'economia, il monopolio statale del commercio estero e la proprietà statale dei mezzi di produzione. Queste misure, che poterono far classificare l'Unione Sovietica come uno stato operaio e fargli fare passi da gigante, nonostante il peso della burocrazia, furono cancellate. L'Unione Sovietica rientrava così ora di fatto nella sfera degli stati borghesi, come lo sono oggi, a parte nomi di facciata, Cina, Cuba, ed in via di definizione Corea del Nord. La casta burocratica al potere aveva fatto il salto di qualità: era passata da embrione della classe borghese ad una vera e propria classe pro-capitalista.Ma Gorbaciov nel suo percorso non poteva non incontrare resistenze in seno al corpo dirigente, allo strato dominante, soprattutto da parte di coloro che stanno facendo o temono di fare le spese dell'operazione di sostituzione di quadri e dirigenti, di chi vede rimessa in discussione quella continuità che era stata il fondamento stesso della relativa stabilità brezneviana e tra chi nelle nuove leve (minoritarie) voleva accrescere il processo verso il capitalismo.Con la XIX Conferenza del PCUS (giugno-luglio 1986) Gorbaciov proclamò la separazione del partito dallo Stato (l'URSS si prefigura come stato di diritto), a dicembre fu approvata una riforma del sistema elettorale e una riforma sulla composizione degli organi istituzionali. Venne introdotto il principio di candidature plurime ed esterne al partito, venne creato anche un nuovo organo: il Congresso dei Deputati del Popolo (CDP), una nuova assemblea legislativa da poteri vasti e indefiniti. Le elezioni, più democratiche rispetto alle precedenti si tennero nel marzo 1989 (l'anno successivo si tennero le elezioni dei CDP di ciascuna delle quindici repubbliche federali). “Un numero significativo di funzionari notabili comunisti non furono eletti, battuti da membri del partito senza cariche di rilievo, o da candidati non iscritti al partito.” Tra questi ci fu Boris Eltsin (appartenente comunque al PCUS anche se non indicato dal partito) che vinse nel distretto di Mosca sul rivale candidato ufficiale del PCUS arrivando al 89% delle preferenze. Fu il suo ritorno al potere politico dopo le dimissioni dal Politburo nel 1987, quando criticò i membri del Politburo (tra cui Gorbaciov) sulla lentezza delle riforme, e sul nuovo nascere di un culto della personalità verso Gorbaciov: quello rappresentò il primo duro attacco al Segretario del PCUS. Eltsin che fu da sempre fautore della più veloce cambiamento del sistema fu eletto nel Congresso dei deputati del popolo della Federazione Russa e poi indirettamente eletto a Presidente del Presidium del Soviet Supremo della RSFSR (capo di governo della Repubblica Federata Russa) nel maggio 1990.Intanto l'impero sovietico mostrava già segni di sgretolamento a livello federativo: nel settembre 1988 arrivò dalla Lettonia una dichiarazione di sovranità (prima delle future repubbliche federate a proclamarsi sovrana, non si trattava ora comunque di una dichiarazione di autonomia o di indipendenza). Il primo ottobre 1988 Gorbaciov diventa anche Presidente del Presidium Soviet Supremo (capo di stato dell'URSS, dal 15 marzo 1990 rinominato in Presidente dell'Unione Sovietica).

1.6.1 L'89 dell'EstSi era annunciato che l'URSS non si sarebbe più immischiata negli affari interni dei paesi dell'orbita socialista. Gorbaciov, illustrando la sua perestroika, lasciava via libera per i singoli paesi nelle loro scelte. Ognuno avrebbe dovuto scegliere da solo la via da seguire (ed infatti in nessun paese vi furono iniziali cambiamenti di rilievo nei rispettivi gruppi dirigenti). Ma già da molti anni i regimi post-stalinisti dell'Europa orientale, dato l'arretramento nello sviluppo, avevano seguito percorsi di indebitamento con l'imperialismo occidentale, questi indebitamenti accelerano sensibilmente durante gli

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anni settanta. Le prime riforme economiche, fuori dagli schemi socialisti, iniziarono nei primi anni '80. Le mobilitazioni popolari di protesta contro il proprio regime cominciano quindi molti anni dopo le riforme economiche, quando ormai si aveva guadato verso il capitalismo. Fu durante il 1989 che nell'Europa orientale cominciarono processi che finirono come nessuno si sarebbe aspettato, neanche tra gli stessi protagonisti. Il movimento (che andava contro il potere politico, non tanto contro il sistema economico socialista, che già da molto tempo era scardinato nei paesi dell'Est Europa, andando verso la via capitalistica) cominciò in Polonia nel febbraio '89 dove Solidarnosc e la Chiesa cattolica ottennero sempre più influenza, fino a prendere il governo al posto dei comunisti nel 1990.A Praga cominciarono manifestazioni studentesche di protesta contro il regime: i comunisti, in blocco, furono costretti ad abbandonare il governo. In altri paesi l'allontanamento dei comunisti avvenne gradualmente ed in modo pacifico (attraverso libere elezioni) come in Bulgaria ed in Ungheria. In Romania vi fu un'insurrezione violenta che cacciò Ciausescu e lo condannò a morte.In Germania dell'Est, l'anti-gorbaciovano conservatore Honecker fu destituito e il 9 novembre, per porre rimedio alla massiccia emigrazione dei cittadini della RTD verso la Germania occidentale (attraverso la Cecoslovacchia o Polonia e Ungheria), fu emanata dal nuovo governo una disposizione che concesse il via libera agli spostamenti tra le due repubbliche, i berlinesi accorsero ad abbattere il muro eretto nel 1961.Nel 1990 cominciarono nei vari paesi dell'Est i processi che smantellavano quello che rimaneva di un'economia socialista.Gorbaciov mantenne relazioni benevole con i successori dei regimi stalinisti. Non intralciò le loro scelte, nemmeno quando andavano diretti alla restaurazione del capitalismo prima di lui; anzi, Gorbaciov poteva vedere quanto e come potesse andare avanti il progetto della perestroika.Nei paesi socialisti dell'Europa dell'Est non erano presenti forze militari come in Unione Sovietica, anche per questo si possono spiegare le mancate rivolte in URSS, almeno fino al movimento di resistenza del parlamento russo nell'agosto 1991.Dopo qualche esitazione, i nuovi governanti dichiararono di voler smantellare il Comecon e il Patto di Varsavia.

1.6.2 Il processo di restaurazione continua Gorbaciov continuava la sua opera riformatrice nel nuovo stato borghese dell'Unione Sovietica (ancora però senza capitalisti). Nell'ottobre 1989 fu legalizzata la formazione di nuovi partiti politici e sindacati, nell'agosto 1990 fu abolita definitivamente la censura.Dal 1990 entra a regime una nuova fase della perestroika, dove si parlava apertamente di apertura al libero mercato e proprietà privata dei mezzi di produzione.Nel giugno 1990, nella RSFSR, appena prima del XXVIII Congresso del PCUS, fu fondato il Partito Comunista della RSFSR, differenziandosi quindi dal PCUS e dando un forte segnale di opposizione all'opera di Gorbaciov. Il PC-RSFSR raccoglieva il sentimento anti-eltsiniano e l'opposizione alle politiche di Gorbaciov, rappresentava più o meno il 58% del PCUS e ne era l'ala più conservatrice. Nel luglio 1990 si aprì il XXVIII Congresso del PCUS, e per la prima volta dopo l'era leniniana, fu consentita la presentazione di piattaforme politiche alternative a quella ufficiale. Esistevano 3 frazioni che presentarono differenti piattaforme: quella “Per un socialismo umano, democratico” presentata dal Comitato Centrale (e da Gorbaciov) che prevedeva la graduale trasformazione del PCUS in un partito socialdemocratico; la frazione conservatrice, autodefinitasi “marxista” (rappresentava circa il 60% dei delegati) , che raccoglieva il dissenso per le politiche della perestroika; l'ultima frazione era quella restauratrice, autodefinitasi “democratica” che sosteneva trasformazioni politiche rapide e radicali (tra i suoi epigoni c'era Boris Eltsin). I conservatori, maggioranza, dimostravano però di non avere un'alternativa credibile, lasciando gioco a Gorbaciov per criticare il passato e porre il congresso sotto una linea prudentemente centrista. La piattaforma marxista non poteva per natura rappresentare un'alternativa: potevano difendere solamente lo stato attuale, i loro privilegi. Eltsin ed altri democratici abbandonarono il Congresso ed il PCUS. Subito dopo Eltsin, in qualità di presidente della RSFSR, espropriò il partito dei locali ad esso riservati per legge presso tutti i luoghi di lavoro sul territorio russo. Il 15 marzo Gorbaciov viene eletto presidente dell'URSS (praticamente un rinnovo della carica che aveva cambiato nome), ma il suo potere era ormai logorato dagli scontri con le diverse ali politiche e dallo scontento sociale. Nell'estate-autunno 1990 montava la critica economica ed il malcontento sociale. L'impulso della perestroika era esaurito, aveva compiuto il proprio compito di smantellamento del sistema economico sovietico, ora “sul piano economico, il problema non era più come riconciliare in via di principio socialismo e mercato ma in via definitiva come, ormai dissoltosi il sistema della pianificazione statale, creare le istituzioni del mercato e iniziare l'integrazione del paese nell'economia mondiale in tempi brevi e nel modo il meno traumatico possibile” ; ora si trattava di procedere verso il sistema economico di mercato in modo più integrale.Intanto il 12 giugno Eltsin proclama la sovranità della RSFSR e si dimette dal PCUS.

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Nel dicembre 1990, Gorbaciov, ormai preoccupato essenzialmente di mantenere l'ordine pubblico e l'unità dello Stato, dette segno di trovare un'intesa più stretta con i gruppi conservatori che avevano ripreso influenza nel PCUS e formò un nuovo governo, presieduto dal moderato Pavlov.Gorbaciov decise anche di indire un referendum nel marzo 1991 per chiedere ai cittadini sovietici di mantenere un Unione meno centralizzata; il quesito recitava così: “Ritieni necessaria la conservazione dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche come rinnovata federazione di repubbliche sovrane pari in cui i diritti e la libertà di un individuo di qualunque nazionalità saranno pienamente garantiti?”. I Sì risultarono il 77%, l'affluenza alle urne fù dell'80%, ma le Repubbliche baltiche, Georgia, Armenia e Moldavia boicottarono il referendum. In aprile, il presidente dell'Unione e i presidenti di altre otto repubbliche federali si accordarono per stendere e firmare in agosto un modello di Unione ormai blandamente confederale.Non c'è dubbio che il potere di Gorbaciov si era ormai eroso fortemente: c'era un'indiscutibile presenza di uno scontento popolare, massimizzato dalla lotta continua dei minatori in sciopero; altri fattori destabilizzanti provenivano poi dalle repubbliche sovietiche. Nei primi quattro mesi del 1990 la diminuzione del PIL si attestò al 5%, l'inflazione arrivò al 7,5% , l'economia era totalmente in crisi e c'era la tendenza all'aumento della disoccupazione (fenomeno sino allora quasi sconosciuto). Si subivano sia gli inconvenienti del vecchio sistema, sia gli effetti negativi dell'introduzione, sia pur parziale, di un'economia di mercato. Si era giunti ad una situazione critica ed insostenibile.Continuava la campagna eltsiniana di opposizione al vecchio sistema economico e al vecchio apparato, Eltsin prese l'iniziativa di sottoporre al voto popolare la propria conferma a presidente della RSFSR. Le elezioni per l'elezione diretta del Presidente si svolsero il 12 giugno 1991. Dopo la consultazione generale, Boris Eltsin, appoggiato dal Partito Democratico della Russia, risultò vincitore con il 58% delle preferenze, riconfermandosi così presidente della RSFSR. Il candidato avversario del PCUS Nikolai Ryzhkov ottenne il 17% dei voti. Eltsin divenne evidentemente una figura pubblica in contrapposizione a quella di Gorbaciov e del PCUS.

Capitolo 2GLI ULTIMI MOMENTI DELL'URSS

Due giorni prima della data prevista per la firma del trattato di Novo Ogarevo (su una nuova Unione decentralizzata), il 19 agosto 1991, accadde che alcuni alti dirigenti conservatori raggruppati sotto il nome di “Comitato statale per lo stato di emergenza” tentarono un colpo di stato. La prova di forza del governo cinese in occasione delle rivolte in Piazza Tienanmen aveva dato l'esempio a chi in Unione Sovietica era disposto a tutto (repressione e metodi militari) per conservare il vecchio sistema di dominio.Il comitato era formato e sostenuto da figure di spicco dello stato: dal vice presidente dell'URSS Gennadij Janaev, dal Primo Ministro Pavlov, dal Ministero della Difesa, dal Ministero dell'Interno (polizia), dal capo del KGB e da altri ufficiali delle forze armate. Gorbaciov fu trattenuto forzatamente in Crimea dove soggiornava nella sua dacia per le vacanze. Inizialmente fu annunciato alle televisioni e alla radio che Gorbaciov era in gravi condizioni di salute e per questo il vice-presidente dell'URSS, Gennadij Janaev prendeva il potere. Ma era chiaro, fin da subito, anche dai comunicati che rilasciava il Comitato, che erano altre le ragioni del cambio al potere. I golpisti si volevano presentare come i difensori del socialismo, quando in realtà volevano preservare i loro interessi, volevano preservare l'Unione dall'insorgere delle nazionalità, impedire un alleggerimento del potere centrale e preservare il primato del PCUS.Subito a Mosca e a San Pietroburgo nacquero grandi manifestazioni di massa contro i golpisti. Ma l'esercito, guidato dal Ministero degli Esteri, non usò la violenza contro i manifestanti, né provò ad arrestare subito Eltsin (quando quest'ultimo in posizione vulnerabile parlava alla folla della cosiddetta resistenza sopra un carro armato nemico). Durante tutta l'operazione golpista si verificarono solo 3 morti accidentali.L'opposizione alle mire del Comitato, che si riversò nelle piazze, fu raccolta da Eltsin; fu lui a guidare la resistenza dalla Casa Bianca (il parlamento della RSFSR). Presto le unità dell'esercito cominciarono a disertare ed a schierarsi dall'altra parte della barricata, con i manifestanti. L'intenzione della presa della Casa Bianca e l'intenzione di prendere Eltsin che si trovava all'interno, non ebbe neanche l'onore del tentativo da parte delle milizie al servizio del Comitato: le unità di assalto del KGB rifiutarono di eseguire l'ordine, i manifestanti concentrati in difesa del parlamento russo erano migliaia.Dopo appena tre giorni il golpe poteva dirsi fallito. Gorbaciov, ormai screditato, fece rientro a Mosca sotto la protezione dei carri armati di Eltsin: era quest'ultimo che, dopo tutti questi avvenimenti, poteva raccogliere il movimento popolare diventato ragguardevole verso Gorbaciov e diventare la figura politica centrale per la Russia, e in un certo senso per l'Unione. Alla fine dei tre giorni i golpisti vennero arrestati, Gorbaciov ridivenne presidente dell'URSS, ma il suo potere, dopo i fatti dell'agosto, poteva dirsi esaurito. Già il 24 agosto 1991 si dimise dalla carica di Segretario Generale del PCUS. Di conseguenza Vladimir Ivashko divenne Segretario Generale del PCUS facente funzione fino al 29 agosto, giorno in la carica veniva definitivamente abolita e veniva posta fine all'attività del partito. Gorbaciov, suo malgrado fu costretto a sciogliere il PCUS.

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Si reclamava al PCUS la debolezza di non aver preso posizione riguardo al golpe, o addirittura di averlo organizzato. “Eppure le responsabilità del PCUS (che erano già diversi partiti in uno) nell'organizzare il golpe non è maggiore della sua responsabilità per averlo fatto fallire negando ad esso il suo appoggio ufficiale.” Il 6 novembre dello stesso anno, giorno della vigilia della Rivoluzione bolscevica del 1917, Eltsin emana il decreto dichiarante illegale il PCUS sul territorio della RSFSR, le sue varie organizzazioni collaterali disciolte ed i suoi beni requisiti dallo stato.Il 13 novembre, ormai arrivati ad un punto in cui l'Unione Sovietica rappresentava solo un corpo debole e moribondo, terminata la necessità di una fraseologia socialista, la necessità di aggrapparsi ad un passato per appoggiare il proprio potere, La Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa proclamava la sua indipendenza, divenendo ufficialmente dal 26 dicembre 1991 Federazione Russa, o semplicemente Russia.Gorbaciov tentò tuttavia di riprendere ancora il processo di Novo Ogarevo per una nuova Unione, ma senza successo. “Un sondaggio di opinione effettuato ancora in novembre confermò che la percentuale di coloro che nel paese volevano conservare l'Unione era all'incirca la stessa del referendum tenuto nel marzo precedente (e nelle grandi città come Mosca, Leningrado e Kiev era perfino cresciuta)” , ma era infine Eltsin che decideva sulla sorte dell'Unione, e la maggior parte dei rappresentanti delle altre Repubbliche stavano attenti all'evolversi della situazione prima di determinare la loro posizione.Con l'8 dicembre 1991, in un incontro in Bielorussia si compiva l'altro colpo di stato: i presidenti di tre delle quattro repubbliche che costituirono l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche il 30 dicembre 1922 (Russia, Bielorussia, Ucraina; mancava la Repubblica Transcaucasica) firmarono l'accordo di Belavezha, che dichiarava la dissoluzione dell'Unione Sovietica e la formazione della Comunità degli Stati Indipendenti, una forma di associazione che inglobava gli ex stati sovietici che ne avrebbero voluto far parte. Gorbaciov fu avvisato a cose fatte addirittura dopo Bush. Il 12 dicembre fu completato l'iter dove venne riconosciuta la secessione della Russia dall'Unione Sovietica. Il 25 dicembre Gorbaciov dovette lasciare la carica di Presidente dell'Unione e dichiarò abolito l'ufficio. Lo stesso giorno fu ammainata la bandiera rossa con la falce martello, il simbolo del potere proletario che sventolava da 73 anni, per il più del tempo indebitamente; fu sostituita con la bandiera tricolore russa. I poteri di Gorbaciov passarono interamente nelle mani del presidente della Russia Eltsin. L'URSS cessò formalmente di esistere la notte del 31 dicembre 1991.

Capitolo 3LA CLASSE OPERAIA NON DORME MA NECESSITA DI UNA DIREZIONE RIVOLUZIONARIA

Durante il lungo periodo di dominio della burocrazia in Unione Sovietica e nei cosiddetti paesi di democrazia popolare, la classe lavoratrice non è rimasta impermeabile al giogo di quel potere, che voleva far credere di rappresentare i loro interessi. Infatti la classe operaia è stata spesso capace di ingaggiare lotte vive e sincere contro il potere della casta dominante, lotte spontanee, molte volte con distinti caratteri di lotta di classe, coscienti, per il miglioramento del socialismo; ma queste non incontrarono nessuna direzione adeguata che potesse indicare la giusta via d'uscita a quello stato di ingiustizia. Le lotte così furono facilmente sconfitte, o negli ultimi anni furono raccolte e capitalizzate da figure e settori sociali che avevano interessi sicuramente opposti alla liberazione della classe operaia, lotte indirizzate su altri binari. Il lungo perdurare del vizio dell'eliminazione sistematica (anche fisica) di una certa opposizione apriva a queste conseguenze.Già dal 1927, in occasione delle celebrazioni del decimo anniversario della Rivoluzione d'Ottobre, Trotsky e l'Opposizione Unita riuscirono a portare in piazza molti oppositori antistalinisti (successivamente furono tutti arrestati).Il primo avvenimento dove si conobbe il protagonismo operaio e le sollevazioni di massa in un paese socialista (che se fosse stato tale non avrebbe conosciuto lo scontento da parte delle masse popolari) fu quello che si manifestò nella Repubblica Democratica Tedesca nel giugno 1953. Una decisione del governo su possibili tagli al salario provocò in un primo momento lo sciopero di alcuni operai edili berlinesi. In poco tempo, dopo appena un giorno, le proteste e gli scioperi si riversarono in tutti i centri industriali del paese. Partendo da rivendicazioni di tipo economico e sindacale, le azioni antagoniste finirono per chiedere le dimissioni del governo. Le mobilitazioni, che si mostrarono vive anche in luglio, furono duramente represse sotto l'invito del governo democratico tedesco dalle forze militari sovietiche presenti nel paese.E' ancora nel 1956 che nell'area dei sedicenti paesi socialisti si fanno vive in modo massiccio, le proteste di massa. Le manifestazioni non coinvolgono un solo e singolo scenario nazionale ma, come spesso accade, prendendo anche dall'esterno l'esempio del coraggio, colpiscono diverse realtà in modi differenti, mostrandosi come un unico processo concatenato. Il 1956 è infatti l'anno del XX Congresso del PCUS, l'anno della condanna dei metodi e dell'opera di Stalin, e l'avvio di un certo riformismo. Questa condanna e questo presunto allentamento della tensione da parte del paese dominante (l'Unione Sovietica) aveva fatto credere ai lavoratori di poter prendere in mano il proprio futuro.

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In quell'anno in Polonia si conobbe un grande movimento di opposizione al proprio regime stalinista, con posizioni molto avanzate. Il processo iniziò nel giugno, con la rivolta di Poznan. La sollevazione operaia, che andava sotto le parole di pane e libertà fu repressa nel sangue dall'esercito polacco. Questi fatti, affiancati ad una presenza di uno scontento sociale generale, avviarono una crisi nei vertici del regime. Il leader riformista Vladislav Gomulka prese il posto dei dirigenti stalinisti alla guida del paese, ma quest'ultimi non volendo farsi da parte in modo così semplice tentarono un colpo di stato nell'ottobre. L'Unione Sovietica, preoccupata dalla situazione decise di intervenire direttamente con il proprio esercito. La protesta sociale montava. Ma in tutta questa esplosione (dove si conobbe l'esperienza di consigli operai e dove nelle piazze si cantava “L'Internazionale” contro il regime stalinista polacco e sovietico) era presente un blocco che riuniva le matrici più rivoluzionarie al blocco di tecnocrazia che tendeva a rafforzare il suo potere decisionale (attraverso il decentramento di potere verso le aziende e non verso i lavoratori) alla burocrazia liberale-riformista antistaliniana e nazionalista. L'invasione fu evitata ma ne uscì di qui la dittatura riformata della burocrazia di Gomulka e della sua squadra, “che non riuscirono però a prorogare di pochi anni quella crisi sociale generata dal sistema che era immanente nella profonda contraddittorietà dei rapporti di produzione.” L'intervento dell'esercito sovietico avvenne però in Ungheria, nel novembre 1956, schiacciando il popolo insorto. In ottobre gli ungheresi, prevalentemente studenti, avevano cominciato a mobilitarsi solidarizzando con i manifestanti repressi a Poznan; ma presto le proteste che si espansero facilmente presero la strada dell'aperta opposizione al proprio regime stalinista. Il Partito Ungherese dei Lavoratori fu costretto, per mantenere il proprio potere, a cambiare i suoi vertici ed a nominare Imre Nagy Primo Ministro. Ma questo governo riformista, e non certo rivoluzionario, durò poco, fino all'intervento delle forze armate sovietiche e all'instaurazione del governo di Janos Kadar.In URSS nella metà degli anni '60 cominciò l'attività del dissenso. Nel settembre 1965 furono arrestati due letterati (Andrej Sinjavskij e Julij Daniel); “nella piazza Puskin di Mosca si organizzò una dimostrazione pubblica contro l'arresto: poca cosa, qualche persona in tutto, ma senza precedenti dagli anni venti” . Negli anni sessanta cominciò la praticata del 'samizdat' (autoedizione), destinato a diventare negli anni successivi uno strumento usato in maniera non marginale dagli ambienti intellettuali sovietici, influendone la loro vita ed i loro pensieri. Aleksandr Solzenicyn divenne una figura rilevante nel nuovo scontro. “Per la prima volta dai lontani anni della rivoluzione si profilava una spaccatura tra il vertice politico del paese e vasti settori della sua cultura” . Ma l'influenza era minima nei vertici del partito e nei cittadini.Col passare degli anni l'attività del dissenso non si fermò, seppur restando isolata e non influente nella società (i dissidenti stimarono loro stessi che il movimento ebbe il suo picco con 500.000 persone, su una popolazione di 280 milioni ), divenne sicuramente più radicale, spesso non più mirante ad una riforma del sistema dall'interno. E si poterono distinguere al suo interno almeno tre grandi filoni in ordine di grandezza: il filone nazionalista (se non reazionario, il più influente, rappresentante più del 90% del movimento ), quello democratico e quello comunista-leninista (molto marginale); i tre personaggi di spicco per questi filoni furono rispettivamente, Aleksandr Solzenicyn, Andrej Sacharov e Roj Medvedev. La corrente neo-comunista fu diretta emanazione dell'anti-stalinismo, Medvedev puntava a “un'alleanza tra i migliori esponenti dell'intelligencija e gli esponenti più progressisti del partito” , puntava ad accordi con i settori riformisti del PCUS, la loro “rivendicazione fondamentale era il connubio della democrazia politica con un socialismo meno statale, più vicino (secondo loro ndr) al socialismo di Marx e di Lenin” . Proprio per questa propensione alla ricerca di una democrazia, risultò facile l'alleanza dei neo-comunisti con la corrente democratica. I neo-comunisti non avevano un'impostazione leninista ortodossa, non ricercavano una democrazia ed una gestione operaia della società, non cercavano di rimettere lo stato in mano al proletariato nella giusta via per il socialismo. Sembravano al più socialdemocratici contro il potere della burocrazia o comunisti che si riagganciavano alla vecchia società stalinista. C'erano poi altre correnti, minoritarie, libertarie e rivoluzionarie. Ma già negli anni settanta i più finirono per impegnarsi nel movimento per i diritti umani, abbandonando gli interessi della classe lavoratrice.Curioso notare che le idee maoiste non attecchirono nella società sovietica. Durante la fase di scontro ideologico tra URSS e Cina tutti i dirigenti, tutti i cittadini e tutti i dissidenti, compresi quelli del filone neocomunista erano uniti nella difesa dell'URSS contro l'attacco cinese, visto come una piccola variante dello stalinismo vissuto anni prima nel proprio paese.Se nel 1956 la Cecoslovacchia era restata estranea all'onda della lotta antistalinista, diventa nel 1968, a seguito delle riforme del suo Capo di Governo Alexander Dubcek uno dei maggiori problemi per L'URSS, soprattutto alla luce delle conseguenze delle misure prese per contrastare quel movimento riformista. La burocrazia cecoslovacca arrivò all'idea che non bastava riformare l'economia ma anche la politica, con maggiore democrazia e libertà. Il popolo appoggiava Dubcek in questa opera di democratizzazione; ma non si trattava altro che voler conservare il potere del partito con maggior dialettica con il popolo. L'URSS, che voleva si tornasse ai vecchi metodi di censura, si sentì minacciata da quest'onda riformatrice. Decise di intervenire militarmente in Cecoslovacchia. I manifestanti antisovietici furono protagonisti di un'impressionante e totale resistenza passiva.Anche in Polonia nel 1968 si vide la lotta contro la burocrazia e contro l'invasione sovietica in Cecoslovacchia. Furono soprattutto gli studenti e gli universitari a mobilitarsi, occupando Varsavia ed alcune città periferiche. Se nelle rivolte del 1956 in Polonia esisteva un fronte di opposizione indistinto e misto, già dal '65 si formò un'opposizione marxista in Polonia, Kuron e Modzelewski furono i due personaggi di maggior spicco di questa corrente. Questi criticavano da

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sinistra il regime, analizzando il carattere della burocrazia (analisi molto simili a quelle trotskiste) e teorizzando la presenza di un capitalismo di stato. Rivendicavano una “via di uscita dalla crisi sociale e dal regime burocratico attraverso una gestione operaia della produzione e della ripartizione del prodotto tra salari, fondo di accumulazione e servizi sociali” , libertà sindacale e di sciopero, pluralità dei partiti operai. Con questo programma si riallacciano esplicitamente al programma dell'opposizione sovietica del 1926-1927.Ancora in Polonia, nel 1970 nei cantieri di Danzica ci fu un grande sciopero ai cantieri navali, dove si giunse a livelli di una aperta rivolta. Gumulka (Capo del Governo) chiese l'intervento dell'esercito e chiese che si sparasse sulla folla. Il conflitto si estese a tutto il litorale Baltico e rischiò di coinvolgere l'intero paese. Questa volta l'URSS non intervenne, pesava l'esperienza cecoslovacca e la perdita d'immagine internazionale (anche tra le file dei comunisti) che ne conseguì. La situazione riuscì a rientrare grazie ad un cambio ai vertici: Gumulka fu sostituito e rimpiazzato da Gierek. “Eppure la rivolta del Baltico aveva avuto autentiche caratteristiche di guerra di classe, ritenute impossibili dai capi sovietici nei paesi da loro considerati socialisti” Dieci anni dopo nella Polonia di Gierek tornarono a farsi vive le lotte di classe, ma questa volta i lavoratori trovarono come direzione alternativa al potere della burocrazia il movimento di Solidarnosc, un sindacato-movimento di opposizione al regime con eterogenee posizioni politiche, le più influenti quelle cattoliche e anticomuniste. La Chiesa cattolica infatti giocò un ruolo molto influente negli sviluppi del movimento di opposizione al regime in Polonia, sempre più. Nell'agosto del 1980 a Danzica e nella costa Baltica iniziò uno stato di mobilitazione che durò sedici mesi. Gierek fu costretto a dimettersi già all'inizio di settembre, e solo l'intervento dell'esercito polacco e lo stato d'assedio, (sotto la pressione sovietica) riuscì a far rientrare la grande protesta. I capi di Solidarnosc furono quasi tutti arrestati, ma la forza dell'organizzazione non si era spezzata.Negli ultimi anni dell'Unione Sovietica le agitazioni dei lavoratori non mancarono: è quello dei minatori il settore più attivo, incrociarono le braccia per diverse volte. Questi scioperi erano prevalentemente indirizzati contro il governo di Gorbaciov e contro il Partito Comunista, furono trascinati e capitalizzati dai settori eltziniani. Il PCUS, in risposta, chiedeva misure punitive contro gli scioperanti. Nell'estate del 1989 e del 1990, e nella primavera del 1991, in una progressione di radicalità, la gran parte delle miniere dell'Ucraina e della Russia si fermavano, gli scioperanti dai vari grandi stabilimenti erano moltissimi, centinaia di migliaia e fecero da traino ad altri lavoratori, vennero indetti scioperi generali locali. Le rivendicazioni erano sia politiche che economiche.Le varie lotte sociali sorte nelle altre Repubbliche sovietiche presero invece l'indirizzo del nazionalismo, identificando nella nazione russa il sistema corrotto e oppressore.

Capitolo 4ALCUNE RIFLESSIONI ECONOMICHE

Esistono correnti politiche che identificano in alcune categorie il regime economico e sociale esistito in URSS. Ma è da respingere ogni concezione del regime sovietico come capitalismo di stato (Kautsky, Korsch, Bordiga), collettivismo burocratico (Rizzi, Schachtman), o dittatura tecnocratica (Burnham); bisogna infatti ribadire la natura di classe politica e non economica della burocrazia.Primo elemento contro la teoria del capitalismo di stato, che vuole equiparare il regime economico sovietico a quelli dell'Italia di Mussolini, della Germania di Hitler, degli Usa di Roosevelt e della Francia di Leon Blum, che in realtà non sono altro che regimi statalisti, è innanzitutto quello che il regime economico sovietico scaturisce da una rivoluzione proletaria, gli altri sono una misura reazionaria. Lo stato, in Italia, Germania, Usa e Francia si pone da intermediario tra i capitalisti, non ne è il vero proprietario. Non esiste un sistema economico nella storia in cui i vari capitalisti si sono riuniti in una società per azioni per amministrare con i mezzi dello Stato tutta l'economia nazionale senza alcuna concorrenza di capitali, come prevederebbe un sincero capitalismo di stato. Allo stesso tempo lo statalismo mantiene la proprietà privata (in un ideale capitalismo di stato no). Lo statalismo è un intervento nella proprietà privata per salvarla; si fanno assumere allo Stato tutti i rischi delle aziende e si lasciano ai capitalisti tutti i benefici della gestione. In URSS non esiste una borghesia. “Le classi sono definite dal loro posto nell'economia sociale e anzitutto rispetto ai mezzi di produzione” . In URSS, dopo la nazionalizzazione dei mezzi di produzione, del suolo, dei trasporti e degli scambi, con il monopolio del commercio estero, avvenute grazie alla rivoluzione proletaria, si è in presenza di uno stato operaio. La burocrazia sovietica assomiglia molto alla burocrazia fascista (per la preoccupazione di mantenere una gerarchia sociale, l'utilizzazione nel suo interesse dell'apparato dello Stato, funzione di regolatrice ed intermediazione) ma se ne distingue per caratteristiche fondamentali: presenta un grado di indipendenza che non ha eguali, non è indissolubilmente stretta a braccetto con la classe borghese (che in URSS non esiste). La burocrazia, dopo aver espropriato il proletariato, controlla lo Stato, a cui appartengono i mezzi di produzione. Resta legata, in un primo momento, proprio alla proprietà pubblica dei mezzi di produzione (per timore del proletariato). Questa condizione, se non vede arrivare l'intervento rivoluzionario della classe lavoratrice, porta inevitabilmente alla liquidazione delle conquiste della rivoluzione socialista.

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Nel sistema sovietico si possono cogliere elementi di concorrenza tra i vari ministeri in vari gruppi produttivi e si scorge anche un concorrenza tra diverse aziende, tra i vari direttori. Ma è sbagliato parlare di capitalismo, poiché il capitalismo presuppone capitali separati che concorrono tra loro. “Non si può equiparare questo processo agli sforzi delle imprese sovietiche per ottenere maggiori crediti e assegnazioni di mezzi di produzione dalle istituzioni, le direzioni delle imprese sovietiche non sono unità indipendenti, in lotta per sopravvivere e farsi strada nella giungla del mercato capitalistico. Esse sono delegate entro una struttura politico-burocratica, il che è qualcosa di totalmente diverso”. Manca un aspetto essenziale (per invocare il capitalismo), il confronto sul mercato.Contro le tesi del collettivismo burocratico, “come epoca di transizione fra capitalismo e socialismo, nella quale la burocrazia gestiva i mezzi di produzione e riscuoteva i profitti in forma collettiva per mezzo dello stato che incassa l'intero plusvalore nazionale e poi lo distribuisce fra i propri funzionari, Trotsky obbietta: 1) che non esiste un fenomeno siffatto su scala mondiale e che è impossibile accostare i processi sovietici di burocratizzazione a quelli di altro genere come il dirigismo statale nei paesi fascisti o la separazione della proprietà del controllo delle imprese nei paesi capitalistici 'democratici' (es. America del New Deal). (..) 2) che una classe non può essere determinata solo dalla sua partecipazione al reddito nazionale, ma anche e soprattutto da un ruolo indipendente nelle fondamenta economiche della società, da una sua forma particolare di proprietà”. La situazione dell'URSS di corpo estraneo, nel sistema imperialista, ha richiesto spese sempre più importanti per la difesa (visto che gli stati imperialisti hanno sempre tentato di distruggere lo stato operaio, soprattutto nelle due guerre), avendo l'effetto di una emorragia continua dell'economia.La burocrazia ha stretto rapporti sempre più stretti con l'imperialismo per espandere il commercio, per l'importazione di prodotti di alta tecnologia (vista la crescente dipendenza tecnologica), per prestiti; in condizioni di relativa arretratezza dell'URSS, questi rapporti con l'imperialismo erano molto diseguali. Cresceva sempre più la dipendenza dell'economia sovietica in relazione all'imperialismo. Le relazioni economiche più strette con l'imperialismo hanno portato inevitabilmente a “contaminare” l'economia sovietica con elementi di capitalismo.Riguardo alla crisi economica piombata nel finire degli anni settanta, ci sono molte spiegazioni. La ragione di base sta nel ruolo della burocrazia. “Essa non ha intenzione, dopo il 1950, alla crescita della produzione, finché c'era una penuria assoluta di beni di consumo – grosso modo dal 1929 al 1950 – la necessità di soddisfare i propri bisogni immediati spingeva i burocrati a raddoppiare o triplicare gli sforzi. Una volta soddisfatti tali bisogni, la burocrazia sovietica si è trovata confrontata al problema che ha caratterizzato tutte le società pre-capitalistiche. Classi o strati dominanti i cui privilegi si riducono in sostanza a vantaggi nei consumi privati, non hanno alcun interesse oggettivo a lungo termine a una crescita costante della produzione.” “Con il progressivo rallentamento della crescita dell'economia sovietica, una parte della burocrazia intensifica la spinta a una decentralizzazione del controllo dei mezzi di produzione e del sovraprodotto sociale, in nome del rafforzamento dei 'diritti dei direttori', e a una appropriazione illegale delle risorse per la produzione privata e il profitto privato. Ciò intacca progressivamente la pianificazione centrale, porta a fare operare con più forza la legge del valore e sbocca in definitiva in una tendenza del capitalismo”. Il fattore oggettivo restava nella debole innovazione tecnologica. L'alto tasso di accumulazione dell'economia sovietica (in media il 25% del reddito nazionale annuale), secondo Ernest Mandel, è un altro fattore di freno alla crescita, riversandosi nella compressione dei consumi; altro fattore di immobilismo dell'economia risiede nell'ipertrofia del settore III: non solo le alte spese militari, ma anche quelle verso i controllori, poliziotti, burocrati (se confrontati con gli altri paesi). Il settore improduttivo sottrarrebbe sempre più risorse agli investimenti produttivi.Esisteva poi un motto, in certo modo rivelatore sul fattore soggettivo della bassa produttività del lavoro, che andava di moda fin dai primi anni settanta negli ambienti operai: “loro fingono di pagarci, noi fingiamo di lavorare”.Con la gestione e la pianificazione da parte di una burocrazia affarista si arriva ad un degenerazione dei modelli di sviluppo, basati sui risultati da raggiungere da parte dei direttori di azienda. “E così si tende , nella registrazione delle risorse, a sottodimensionare quelle di cui si dispone, a camuffarle per disporre di riserve; a massimizzare la richiesta di risorse materiali e umane nuove in rapporto a obiettivi di produzione sottostimati; (…) si tende a realizzare la parte di piano di cui si è responsabili nel modo indispensabile a superare il controllo, formalmente, superficialmente, senza curarsi dei destinatari; a fissare piani ripetitivi, la cui realizzazione è manovrabile. Lo scarto tra informazioni e realtà aumenta; la cattiva qualità dei prodotti che devono passare da un'impresa ad un'altra provoca frequenti strozzature e arresti nel ciclo improduttivo (insieme con la tendenza ad accumulare il più possibile risorse materiali e umane all'interno dell'impresa, per far fronte a tali forzose penurie). (…) Non vi è alcun interesse da parte dei direttori a indurre innovazioni tecnologiche e a ridurre i costi. Esiste dunque una crisi della 'pianificazione burocratica', che si caratterizza essenzialmente come crisi di produttività ed efficienza, e che non ha però i tratti tipici delle crisi capitalistiche: non vi è sovrapproduzione di merci (ma sottoproduzione o cattiva produzione di valori d'uso), né sovraccumulazione di capitale in cerca di profitto.” Il piano divenne una sommatoria, più o meno consapevole, di diversi interessi dei gruppi sociali.

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Capitolo 5STATO BORGHESE IN URSS ED EVOLUZIONE DELLA BUROCRAZIA

Quali sono stati quindi i fatti storici significativi che hanno aperto le porte per un ritorno ad una Russia nuovamente capitalista? E' stato veramente il 'putsch di agosto' a far prendere un nuovo corso alla storia della Russia? Quando è avvenuto il cambio di classe dominante ai vertici del potere? Esistevano i capitalisti nell'Unione Sovietica? C'era un capitalismo di stato? Rispondere a queste domande aiuta il compito di ricostruzione e comprensione del processo di dissoluzione dell'Unione Sovietica, e rispondere a modo a quella specie di intellettuali che propagandano la sconfitta storica del comunismo.Ci volle molto tempo prima che la sinistra internazionale potesse arrivare a capire che ormai nei paesi dell'Unione Sovietica era avviata la restaurazione al capitalismo. Nelle loro analisi si trovava l'idea che l'URSS fosse attraversata da una specie di NEP, insomma si trattava solo di qualche concessione al capitalismo per uscire dalla crisi economica.Anche nella maggior parte delle correnti che si rifacevano al trotskismo (vedi Segretariato Unificato), le quali vedevano l'URSS come uno stato operaio degenerato, l'analisi di questi cambiamenti economici erano plasmati con la loro teoria di una burocrazia come forza, per sua natura, anti-restauratrice: pensavano (contro le vere teorie di Trotsky) che la burocrazia al potere necessitasse per sempre dello stato operaio per difendere i propri interessi, e perciò finiva per giocare comunque un ruolo progressista. La burocrazia avrebbe dovuto difendere la proprietà statale fino alla fine. Seguendo questa visione, per arrivare ad una restaurazione del capitalismo sarebbe dovuta accadere una vera e propria rivoluzione (identificata da alcuni nel tentativo di colpo di stato dell'agosto 1991).I dirigenti del SU erano convinti che quando il sistema si sarebbe convertito in capitalismo, si avrebbe conosciuto una forte resistenza e mobilitazione della classe operaia. In una certa parte fu così, ma queste lotte furono identificate da questi personaggi in modo erroneo nelle manifestazioni di massa dell'agosto 1991, quelle guidate da Eltsin. Secondo questi dirigenti trotskisti il processo di riforma sovietico, e le conseguenti varie scosse nel gruppo dirigente, erano emersi per scelta della burocrazia per prevenire l'insurrezione del proletariato, era una risposta di natura progressista che “non andava verso il ritorno al capitalismo, ma era la variante della lotta antiburocratica per riprendere la strada del socialismo” , la burocrazia più illuminata perseguiva quindi la perestroika per conservare il sistema di potere su cui essa si reggeva. Ancora nel 1991 Maitan poteva scrivere che una restaurazione capitalistica era cosa molto difficile, per la mancanza di una classe borghese vera e propria, mancavano i capitalisti.Il dirigente bolscevico Trotsky affermava invece che se la burocrazia sovietica fosse rimasta ancora al potere (cosa che è avvenuta) la restaurazione del capitalismo era una cosa non solo possibile, ma inevitabile. Scrivendo circa la situazione politica nell'Unione Sovietica degli anni venti-trenta affermava che “la prognosi politica implica un'alternativa: o la burocrazia, divenendo sempre più l'organo della borghesia mondiale nello Stato operaio, rovescerà le nuove forme di proprietà e trascinerà di nuovo il Paese nel capitalismo, oppure la classe operaia distruggerà la burocrazia e aprirà la strada al socialismo”. Trotsky già nel 1935, continuando a sottolineare al differenza tra metodi borghesi di distribuzione e metodi socialisti di produzione esistenti nella fase di transizione dello stato sovietico, poteva dire che “due tendenze opposte si sviluppano nel seno del regime. Sviluppando le forze produttive – al contrario del capitalismo stagnante – esso crea le basi economiche del socialismo. E spingendo all'estremo, nella sua compiacenza verso i dirigenti, le norme borghesi di distribuzione, prepara una restaurazione capitalista. La contraddizione tra le forme di proprietà e le norme di distribuzione non può accrescersi indefinitamente. O le norme borghesi dovranno, in un modo o nell'altro, estendersi ai mezzi di produzione o le norme di distribuzione dovranno essere adattate alla proprietà socialista. Per Trotsky la burocrazia necessitava dello stato operaio per mantenere i propri interessi solo in una prima fase, ma poi la burocrazia avrebbe cercato di perpetuare i propri privilegi (carattere tipico della borghesia) e perciò sarebbe stata necessaria la restaurazione del capitalismo; la burocrazia fin dal principio ha dovuto “ristabilire i gradi e le decorazioni; in seguito, dovrà inevitabilmente creare un appoggio nei rapporti di proprietà. (…) Il culto del tutto recente della famiglia sovietica non cade dal cielo. I privilegi che non si possono tramandare ai figli perdono la metà del loro valore. Ora, il diritto di lasciare in eredità è inseparabile a quello di proprietà. Non basta essere un direttore di un trust, bisogna essere un azionista.” Non basta cioè essere un burocrate, è necessario diventare un borghese.Ovviamente quando ci si riferisce alla restaurazione borghese in URSS non si deve intendere la vecchia classe borghese, ma la grande maggioranza dei tecnocrati, la burocrazia istituzionale e partitica, l'aristocrazia operaia e kolkoziana.

5.1 Marzo 1986: la borghesia prende il potere

Al tempo del collasso dell'Unione Sovietica ci si trovava, in quel momento, a leggere uno scenario nuovo nella storia, mai visto prima, cioè il ritorno al capitalismo dal socialismo (o da un certo tipo di socialismo); è chiaro che si sono incontrate non poche difficoltà nella lettura e nell'analisi di questi eventi.Prendendo in analisi i casi storici del passaggio del potere da una classe all'altra (Francia 1871, Russia 1917, Cina 1949, Cuba 1959, ecc..) si può vedere come l'espropriazione della borghesia e la costruzione di uno stato operaio si basa su

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una rivoluzione sulla struttura economica; ma la rivoluzione, è bene renderlo evidente, inizia nella sovrastruttura: con la presa del potere politico. Lo stesso vale per la restaurazione del capitalismo: il processo inizia nella sovrastruttura. Così come nell'ottobre del 1917 la classe operaia russa ha preso il potere e da lì ha cominciato ad espropriare la borghesia e a costruire uno stato operaio, c'è stato anche per la borghesia un momento in cui ha preso il potere in Unione Sovietica e da lì condotto il disfacimento dello stato operaio. Questo momento è stato nel febbraio-marzo 1986, con il XXVII Congresso del PCUS.L’11 marzo 1985 Michail Gorbaciov fu eletto alla carica di Segretario Generale del PCUS. Da questa posizione ha lanciato a livello nazionale e internazionale le idee fondamentali che a posteriori avrebbero dato luogo alla perestroika (ristrutturazione) ed alla glasnost (trasparenza). Il testo della perestroika era pieno di frasi confuse ed intenzionalmente ambigue, ma il tempo dimostrò che il vero indirizzo di quel progetto non era altro che l'uscita dal declino economico attraverso la restaurazione del capitalismo. Dall'altra parte, la glasnost fu un tentativo di varare alcune riforme politiche nel contesto comunque del mantenimento della dittatura del partito unico (finita solo a metà del 1990, in una fase gorbaciovana altalenante) e di quella data burocrazia.Alexander Yakovlev, che fu il cervello della perestroika, non ha esitato a confessare i veri obiettivi della stessa, queste frasi sono rivelatrici di quale fosse lo scopo principale di quella 'ristrutturazione': “se si continuava a persistere con i metodi con cui l'Unione Sovietica stava lavorando fino allora (...) il nostro paese sarebbe stato relegato a potenza economica di secondo ordine, e forse verso la fine del secolo sarebbe potuta cadere ai livelli dei paesi del terzo mondo. Abbiamo indicato alcune linee guida che esigevano un cambio drastico del sistema economico. Proponevamo un modello di sviluppo che dava alle imprese autonomia finanziaria e libertà di iniziativa, per rompere con il centralismo o per ridurlo al minimo possibile. Inoltre abbiamo ipotizzato l'organizzazione di imprese miste, non solo con la collaborazione dei paesi socialisti o con i paesi del terzo mondo, ma anche con i paesi occidentali. Per noi era l'unica possibilità che l'Unione Sovietica partecipasse alla divisione internazionale del lavoro, negli scambi di capitale, di investimenti, etc. La libertà economica è inseparabile dalla libertà politica. Era necessario abolire il monopolio della proprietà statale... Era necessario introdurre l'economia di mercato il prima possibile” .Gorbaciov nel suo libro “Perestroika, nuove idee per il mio paese e il mondo”, non lascia dubbio su quali erano le sue idee originali, cioè quelle della restaurazione del capitalismo e del libero mercato.Il sostegno di Gromyko (Presidente dal 1985 dell'Unione) , dei vertici del KGB , e degli altri dirigenti del partito all'ascesa di Gorbaciov (divenuto Segretario Generale del PCUS), fu la dimostrazione che la maggior parte della burocrazia, di fronte ai continui fallimenti economici, era favorevole a 'cambiamenti radicali' nel settore economico, cioè nella restaurazione del capitalismo, seppur gradualmente e di nascosto. In tutto il 1985 Gorbaciov, in qualità della maggioranza della burocrazia e del capitalismo internazionale, si limitava a pubblicizzare il progetto. Ma dal 1986, dopo il XVII Congresso (25 febbraio – 6 marzo), non fu più solo propagandata.Nel XXVII Congresso del PCUS, fu approvato un nuovo Comitato Centrale: mai negli ultimi 25 anni ci fu un così profondo cambiamento.Subito dopo, in pochi mesi, il parlamento, seguendo gli ordini del CC del PCUS, approvò una serie di leggi che miravano a smantellare ciò che rimaneva dello stato operaio, misure che si inserivano nella via della restaurazione del capitalismo. Come abbiamo già visto precedentemente nel mese di agosto del 1986, cioè solo cinque mesi dopo il XXVII congresso del PCUS, il governo ha autorizzato la formazione di imprese con partecipazione di capitale straniero e a settembre si è iniziato a liberalizzare il lavoro privato attraverso la “Legge sulle attività individuali”. Nel 1987 viene approvata la ”Legge sulle imprese statali”: vengono eliminati i sussidi di stato alle aziende, e queste ora possono commerciare liberamente con l'estero. Con questa legge si è dato il colpo mortale alla pianificazione centralizzata e al monopolio centrale del commercio estero. Nel 1988 viene approvata la “Legge sulle cooperative” che facilita l'emergere di un gran numero di società private; viene poi legalizzata la vendita delle case e liberalizzata anche l'attività bancaria. Nel 1990, nella Federazione Russa, viene varata la “Legge sulle attività impresarie”, con la quale si liberalizza totalmente la costruzione di qualsiasi tipo di imprese capitalistiche. Nel 1989 ci sono 200.000 cooperative con 5 milioni di iscritti.Ci si trova in una situazione in cui la borghesia nel 1986 ha preso il potere nell'Unione Sovietica quando ancora la borghesia come classe non esisteva in quel paese. Sembra strano, ma in primo luogo bisogna capire che la borghesia è una classe mondiale; in secondo luogo, nella maggior parte dei casi, la borghesia non governa direttamente, ma governa attraverso i suoi rappresentanti piccolo borghesi; in terzo luogo bisogna capire che se in Unione Sovietica non esisteva una borghesia come classe, esisteva una casta parassita (la burocrazia) con relazioni e tenore di vita paragonabili alla borghesia. La burocrazia era la legittima aspirante per divenire borghesia. La burocrazia finì di essere burocrazia riciclandosi come classe capitalista, o come 'burocrazia compradora al servizio del capitalismo'.Può sembrare strano che la borghesia abbia preso il potere in uno stato operaio e restaurato il capitalismo senza una rivoluzione, non ci fu infatti alcun atto violento al momento della presa del potere nel 1986 (i fatti dell'agosto '91 o quelli del '93, come verrà chiarito successivamente, furono altra cosa, semmai furono in qualche modo eventi di assestamento). Riguardo questa questione, nell'approccio sulla questione dello stato esiste una grande differenza tra il comportamento della borghesia e quello del proletariato. Questo ha a che fare con il differente ruolo della direzione politica di entrambe le classi. Confermato dall'esperienza storica, si può giungere alla conclusione che, seguendo gli

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interessi di classe, la borghesia, quando prende il controllo in uno stato operaio, avvierà inevitabilmente, prima o dopo, un processo di restaurazione del capitalismo. La borghesia, includendo i suoi settori chiamati 'progressisti', non può non tendere alla restaurazione del capitalismo, cioè difendere il diritto del capitale, altrimenti equivarrebbe ad un suicidio, e si sa che le classi sociali non si suicidano. Invece quando la classe lavoratrice prende il potere, molte volte non va a costruire uno stato operaio perché al suo interno esistono direzioni riformiste che si danno come obiettivo la ricostruzione dello Stato capitalista. Questo comportamento politico poggia su basi materiali: si tratta di settori privilegiati che nella maggior parte dei casi hanno più da perdere e meno da guadagnare con la fine dello stato capitalista.Con questa analisi, dal febbraio-marzo 1986, e di fatto già a partire dai mesi successivi, si deve considerare l'Unione Sovietica non più come uno stato operaio burocratico (o stato operaio degenerato) bensì come uno stato borghese. Uno stato borghese atipico certamente per una decina di anni, perché molto differente dagli altri stati borghesi: il peso della proprietà statale era rilevante, la stessa borghesia era in via di creazione attraverso lotte frenetiche di accumulazione di capitale, le istituzioni della democrazia borghese erano ancora in fase di costruzione, e rimanevano molti elementi dell'epoca precedente. Nel primissimo periodo, dall'insediamento di Gorbaciov, si può dire non sbagliando che esisteva “uno stato borghese senza borghesia”.I successivi eventi delle mobilitazioni popolari contro il regime sono state fatte passare come la prova della vittoria del capitalismo sul socialismo, fatte far parte dello stesso processo di restauro del capitalismo. Non bisogna credere come molte volte propagandato ad hoc, che siano state le mobilitazioni di massa contro la burocrazia a portare alla distruzione degli stati operai. Così non fu.E' vero che c'era molta confusione anche tra la popolazione e che c'erano anche settori che volevano un ritorno al capitalismo, ma è vero che la maggior parte dei lavoratori non lo voleva. Se fosse stato vero che i lavoratori volevano il ritorno al capitalismo la burocrazia non avrebbe esitato a dire che non c'era sistema migliore di questo; eppure nei suoi discorsi Gorbaciov argomentava così (per tradire i lavoratori): “Il nostro obiettivo è quello di rafforzare il socialismo e non di sostituirlo con un sistema diverso. Ciò che ci da l'occidente in termini di economia, è inaccettabile per noi..” Ci furono continui riferimenti alla Rivoluzione d'Ottobre e a Lenin, Gorbaciov disse perfino che “la Rivoluzione d'Ottobre è stata 'fonte ideologica della perestroika' ”.Quando si è chiesto a Alexander Yakovlev sul perchè è stato citato Lenin, costui non si vergognava a rispondere che: ”Se oggi citiamo Lenin è perché gode ancora di qualche credibilità nel pubblico”. Continuando con le manovre di restaurazione, la burocrazia, quando non si potevano più nascondere il vero percorso, si argomentava dicendo che era una specie di NEP, come quella del 1921 fatta da Lenin. In realtà la burocrazia sovietica non stava inventando nulla, ricalcava gli stessi passi della Cina. Nel 1978 la Cina aveva iniziato la restaurazione al capitalismo con gli stessi discorsi. Nel dicembre 1978, nel terzo plenario del 11° comitato centrale del PCC furono avviate le 'quattro modernizzazioni' che furono come una perestroika anticipata: non ci fu quindi alcuna concessione al capitalismo (nel 1921 operata per ben altri motivi), bensì un vero restauro del capitalismo.Alcuni sondaggi di opinione condotti da alcuni quotidiani russi dimostrano ancora che non c'era tra la popolazione un sentimento antisocialista economicamente parlando; alla domanda “Cosa pensi su di un economia di transizione verso una economia di mercato proposta dal governo?” posta dal Movskovsky Novosti l'8 luglio 1990, il 14% rispose a favore, il 51% era contro, il 34% senza opinione.Se la gente non voleva un ritorno al capitalismo non voleva però la continuazione del regime dittatoriale del PCUS. Nel 1990 venne presentato un altro sondaggio: “Che interessi rappresenta la politica del PCUS?”. Le risposte furono per l'85% “L'apparato del partito”, l'11% “Gli stessi membri del PCUS”, solo il 2% rispose “La classe operaia” .“La burocrazia restaurazionista non andrà mai dicendo che si diano le fabbriche ai suoi vecchi proprietari, perché questa burocrazia-borghesia restaurazionista non sarà la vecchia borghesia, ma la stragrande maggioranza dei tecnocrati, la burocrazia, l'aristocrazia operaia e kolkoziana. Questi sono i settori aspiranti borghesi. Auspicheranno quindi che le fabbriche non siano più dello stato totalitario ma passino 'nelle mani degli operai' inteso come proprietà delle cooperative dei lavoratori.” E fu esattamente così che andò. Anche in Polonia veniva detto “diamo le fabbriche agli operai” quando in realtà andavano alle strutture tecnocratiche e burocratiche e non ai lavoratori.Seguendo la cronologia degli eventi, ed analizzando giustamente le varie fasi si potrà smontare la campagna imperialista che descrivono le mobilitazioni popolari come anticomuniste. Esistono infatti quattro fasi distinte . Nella prima la borghesia, attraverso i suoi agenti burocratici, ha preso il potere; nella seconda quando la borghesia al potere ha iniziato lo disfacimento dello stato operaio; la terza fase è stata quando le masse iniziarono le loro grandi mobilitazioni contro i loro nuovi stati borghesi ed i loro governi; la quarta fase quando, nella maggior parte dei paesi, furono rovesciati i regimi stalinisti e al loro posto si instaurarono nuovi regimi democratico borghesi. La mancanza di chiarezza sulle diverse fasi del processo che ha investito l'Est Europa è stato e rimane fonte di enorme confusione politica. Nel passato, come già ricordato, ci furono molti casi di sollevazioni popolari con il tentativo di abbattere la burocrazia (l'ultimo grande esempio furono le lotte in Polonia nei primi anni '80). Questi tentativi sono stati sconfitti: la burocrazia non è stata sbattuta fuori dalle camere del potere, arrivando poi così progressivamente alla restaurazione del

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capitalismo. Questo senza dubbio è un fatto estremamente negativo per i lavoratori e per le masse popolari (non solo della Russia ma di tutto il mondo). Ma dopo la presa del potere della borghesia, le masse sono scese in strada e rovesciarono quei regimi dittatoriali stalinisti ed i loro rappresentanti, questo fatto è evidentemente positivo. Il crollo dell'apparato stalinista è una grande vittoria per la classe operaia internazionale. Se vogliamo individuare un punto di partenza di questo movimento popolare diretto contro i regimi stalinisti, lo possiamo trovare nelle sommosse nazionaliste in Kazakistan nel dicembre 1986, cioè quasi due anni dopo che Gorbaciov diventò Segretario del PCUS e quasi un anno dopo che la perestroika entrò a regime. Dopo le rivolte in Kazakistan seguirono le importanti manifestazioni in Germania, dove si sono uniti i lavoratori dei due blocchi, la mobilitazione dei minatori polacchi, che si basarono sulle libertà conquistate per muoversi e occupare Varsavia, poi le mobilitazioni negli altri paesi stalinisti dove le masse prendevano ad esempio le lotte e le vittorie negli altri stati.L'ordine di questi fatti nel tempo ha molta importanza. In Russia, come negli altri paesi dell'Este Europa le masse non hanno sconfitto delle dittature burocratiche del proletariato e collocato al suo posto un regime democratico borghese, bensì le masse trionfarono contro una dittatura borghese. Quello che mancò fu una direzione rivoluzionaria del proletariato, per questo motivo, anziché rigenerare genuinamente lo stato operaio con una nuova classe dirigente (e veri mezzi di democrazia operaia), vennero instaurati regimi democratici borghesi. Furono quindi queste tutte rivoluzioni politiche ma non sociali, cioè gli stati non cambiarono il loro carattere di classe (borghesi erano e borghesi sono rimasti). Prima i lavoratori erano sottomessi a dittature dove non avevano nessuna libertà, ora invece le hanno conquistate. Si è visto che la burocrazia stalinista, per il restauro, non ricorse ad un colpo di stato militare, perché aveva in mano qualcosa di meglio: un regime simile a quello fascista, che aveva schiacciato la classe lavoratrice per decenni. Se si tolgono le differenze dal punto di vista di classe c'è una grande somiglianza tra fascismo e stalinismo. Ma la differenza fondamentale, ragioni per cui si devono difendere gli stati operai degenerati dall'attacco dell'imperialismo, è che le diverse burocrazie (fascista e stalinista) alla testa degli stati, hanno un'origine completamente diversa: gli stati fascisti (Italia e Germania) sono stati il trionfo della controrivoluzione, mentre il regime in Unione Sovietica è stato comunque un prodotto della rivoluzione proletaria. Come detto, in questi due diversi regimi c'è un importante analogia: esisteva una burocrazia che dominava sulla società ed ebbe un potere dittatoriale su tutte le istituzioni e sulle masse. L'URSS, come dirà Trotsky, spogliata dal suo carattere di casse, non sarebbe stata altro che uno stato fascista. Altra semplice similitudine quella di sviluppare metodi repressivi contro la popolazione dissidente, contro i lavoratori e e la loro avanguardia. In questo ambito, se si confrontano i dati, lo stalinismo può essere considerato addirittura peggiore del fascismo (almeno a quello italiano). Guardando poi oggi alla Cina, possiamo dire che, perdute le caratteristiche di classe e le conquiste rivoluzionarie dei lavoratori con l'avvio di un effettivo capitalismo, sta operando di fatto in quel paese un regime reazionario, fascista.Anche riguardo la lotta da intraprendere contro questi regimi Trotsky indica un parallelismo tra fascismo e stalinismo: il fascismo poteva essere sconfitto solo attraverso la mobilitazione e la lotta in tutto il mondo, allo stesso modo lo stalinismo poteva essere sconfitto solo attraverso una esperienza senza precedenti nella lotta di classe in tutto il mondo: una rivoluzione a livello internazionale, che coprisse i principali paesi dell'Est e avessero la simpatia delle masse in tutto il mondo. E' bene riferirsi con il termine stalinismo e regimi stalinisti non solo al tempo in cui comandò Stalin, ma anche dopo, in tutta l'Europa dell'Est (ed in Asia) fino al loro crollo.

5.2 Il golpe del '91 come tentativo di preservare il socialismo?

I funzionari del Partito Comunista della Federazione Russa (l'erede in qualche modo del PCUS) continuano a difendere ancor oggi il tentativo di golpe del '91, sostenendo che fu l'ultimo tentativo di preservare lo 'stato socialista'. Anche buona parte della sinistra internazionale tradizionale (stalinista e post-stalinista) difendeva le manovre del comitato.I canali di informazione e formazione internazionali continuano a ripetere che quella fu la linea di demarcazione tra economia pianificata ed economia di mercato, tra socialismo e capitalismo. Niente di più sbagliato. Come abbiamo descritto precedentemente, da diversi anni si era già avviata la fase di passaggio al capitalismo. Nel 1991 il capitalismo era già stato restaurato (se pur non completamente, rimanevano alcune oasi delle conquiste sociali del passato).Forse i rivoltosi, i golpisti, non prevedevano le conseguenze della loro battaglia, o forse le avevano anche calcolate, ma pensavano che quell'azione fosse l'unica carta che potevano giocare per non essere travolti, per una gestione del processo secondo i loro criteri. Essi non volevano andare contro la restaurazione del capitalismo. Non è difficile ricordare che questi personaggi prima appoggiarono l'opera della perestroika. Volevano però gestire il processo di restauro, o meglio volevano gestire il malcontento popolare, sotto un altro profilo, seguendo l'esempio cinese di Tien An Men.Tra Eltsin ed il Comitato di Emergenza Nazionale non esistevano infatti differenze su quale sistema economico si voleva sviluppare, semmai le differenze esistevano sui modi di gestione statale e su quali diversi settori della nuova borghesia dovevano indirizzarsi i vari dividendi della nuova economia. Ancora meglio, la differenza tra i due stava nelle proprie

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linee guida per la gestione della transizione, alla luce delle mobilitazioni popolari e dell'ondata rivoluzionaria che dall'Est Europa fino in Russia aveva scosso le manovre di Gorbaciov e l'intero progetto di restauro del capitalismo. C'era una divisione di vedute sul come gestire l'insoddisfazione popolare. Il Comitato statale di emergenza scelse la forza. Non a caso tra i punti del loro proclama c'era il coprifuoco, il divieto di sciopero, di manifestazioni, di cortei, di picchetti e di partiti. Un golpe di destra mascherato da una bandiera rossa.Lo scopo del golpe era quello di preservare la dittatura del PCUS e della sua dirigenza, procedendo comunque poi il più velocemente possibile verso la restaurazione del capitalismo. Se i golpisti avrebbero vinto e le masse non avrebbero rovesciato il regime al potere, la situazione nell'Unione Sovietica sarebbe stata simile a quella cinese dopo la sconfitta delle mobilitazioni popolari di piazza Tien An Men (uno stato che si richiama al socialismo ma che in realtà è una feroce dittatura borghese e capitalistica). I lavoratori sovietici riuscirono quindi ad ottenere una grande vittoria, ma non riuscirono a fermare la restaurazione. Poterono rovesciare il regime dittatoriale del PCUS e ottenere così, nel già avviato capitalismo, una vasta gamma di libertà democratiche. Purtroppo le masse trovarono solo Eltsin e le forze restauratrice a traghettare e indirizzare questa loro lotta, ingannando e distogliendo dai veri obiettivi i lavoratori russi. Mancava ancora una volta una direzione rivoluzionaria delle masse che centralizzasse nelle organizzazioni di massa della classe lavoratrice le forze per sviluppare una lotta per la presa del potere da parte della stessa classe e procedere verso l'obiettivo della pianificazione socialista dell'economia. Eltsin opererà nella Federazione Russia misure di macelleria sociale, la cancellazione di tutte le garanzie e tutte le conquiste sociali passate delle masse, porterà alla bancarotta lo stato, e ad una situazione paragonabile a quella del secondo dopoguerra.

CONCLUSIONI

Il restauro, concludendo, fu quindi una cosa inedita, mai vista nella storia fino ad allora, e come tale bisogna studiarlo.Come abbiamo detto tutto il processo inizia quindi negli anni venti, con la sconfitta delle rivoluzioni in Occidente, l'affermarsi dello stalinismo, la nascita della burocrazia e la degenerazione dello stato operaio. L'origine della burocrazia si trova nell'insufficiente sviluppo delle forze produttive in URSS, alla permanente contraddizione fra obiettivi socialisti e metodi borghesi (proprietà collettiva dei mezzi di produzione da una lato, criteri borghesi di distribuzione secondo il lavoro dall'altro). Si può quindi dire, che la vera sconfitta dell'URSS (e del socialismo) non è stata nel 1991, ma negli anni '20, con l'esito negativo delle crisi rivoluzionarie in Germania e negli altri paesi sviluppati dell'Occidente. E' stata in ultima analisi una sconfitta militare. Certo la storia e le possibilità per un mondo socialista e comunista non terminarono con l'avvento della burocrazia, le manifestazioni di massa (nel 1953 nella Germania dell'Est, nel 1956 in Polonia e in Ungheria, nel 1968 in Cecoslovacchia e in Polonia, nuovamente in Polonia nel 1970 e nel 1980, negli ultimi anni dell'URSS in Ucraina, in Russia e nelle varie Repubbliche..) dimostravano che L'Unione Sovietica sarebbe potuta rinascere, dopo una rivoluzione politica interna per spazzare la burocrazia che giocava un ruolo di freno nei confronti delle varie mobilitazioni rivoluzionarie internazionali.Trotsky infatti scrisse che era necessario fare una nuova rivoluzione in URSS, di carattere politico e non sociale, per espellere la burocrazia dal potere. Con il metodo transitorio si dovevano avanzare parole d'ordine contro la disuguaglianza sociale e l'oppressione politica, contro i privilegi della burocrazia, contro lo stachanovismo, per una maggiore uguaglianza nel salario tra tutte le forme di lavoro, per la revisione dell'economia pianificata dall'alto in basso tenendo presenti gli interessi dei produttori e dei consumatori, lottando per la libertà dei sindacati e dei comitati di fabbrica, per la libertà di riunione e di stampa, per la legalizzazione di partiti sovietici, per una nuova democrazia sovietica; la politica internazionale conservatrice della burocrazia deve far posto alla politica dell'internazionalismo proletario .Non disperino quelli che sono convinti che il comunismo sia ancora necessario, la fine dell'Unione Sovietica fu semmai la sconfitta dello stalinismo, la sconfitta della teoria del 'socialismo in un paese solo'. E questa sconfitta ha allo stesso tempo liberato molte forze rivoluzionarie da quella cappa di contenimento.

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