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1 PARTE PRIMA INTRODUZIONE La produzione di vino rappresenta un importante aspetto dell‘economia nazionale, da sempre presente nella storia e cultura del popolo italiano. Dati recenti inseriscono l‘Italia al primo posto come paese produttore di uve da vino con 86200 migliaia di quintali pari al 14% della produzione mondiale. I vini si differenziano tra loro per il sistema di vinificazione (vini normali e speciali) e per le proprietà organolettiche: colore, profumo, gusto e retrogusto; altri parametri concorrono a definire le caratteristiche di un vino: alcol, acidità, sapidità, sensazione di astringenza (dovuta ai tannini). I vini possono essere differenziati in vini tranquilli, vini frizzanti e spumanti, a seconda del fatto che siano in grado o meno di sprigionare anidride carbonica all'apertura delle bottiglie. Costituisce ulteriore distinzione il contenuto in zuccheri non fermentati del vino (secco, semisecco, dolce). Gran parte di questi parametri vengono monitorati durante le varie fasi della fermentazione, per avere un indice dell‘andamento della vinificazione. Tra i vari parametri, è stato recentemente introdotto il tasso di acido acetico, che per legge non deve superare 1 g/l, mentre per valori compresi tra 0,7 e 1 g/l si parla di acescenza o spunto, ovvero il caratteristico odore e sapore acre. Il superamento di tali valori conferisce alla bevanda la denominazione di aceto e non più quella di vino. Risulta quindi necessario sviluppare sistemi diagnostici atti all‘analisi del tasso di acetato, che vanno ad affiancare le analisi di routine: monitoraggio della temperatura, dei sali d‘ammonio, dei lipidi e dei tannini, oltre che la caratterizzazione degli zuccheri. In questo lavoro è stato sviluppato un kit diagnostico su base enzimatica che sfrutta la reazione in serie di tre enzimi chiave del metabolismo ottenuti in maniera ricombinante per misurare la concentrazione in acido acetico di prodotti sottoposti a fermentazione. In particolar modo il lavoro si focalizza sull‘enzima acetil-CoA sintetasi AMP forming (ACS), che sarà caratterizzato da un punto di vista biochimico, strutturale e cinetico. Nel nostro laboratorio sono stati sviluppati tre enzimi ACS in maniera ricombinante, due dei quali provengono da Bacillus subtilis mentre il terzo proviene da Saccharomyces cerevisiae. In precedenti lavori sono stati ottenuti, sempre in maniera ricombinante, gli enzimi ACS di Escherichia coli e Sulfolobus sulfataricus. Verranno discusse in questo lavoro, le tecniche e gli sviluppi affrontati a partire dalla fase di clonazione e processamento del gene acs, la fase di espressione e purificazione proteica e i saggi di attività specifici.

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PARTE PRIMA INTRODUZIONE

La produzione di vino rappresenta un importante aspetto dell‘economia nazionale,

da sempre presente nella storia e cultura del popolo italiano. Dati recenti inseriscono

l‘Italia al primo posto come paese produttore di uve da vino con 86200 migliaia di

quintali pari al 14% della produzione mondiale. I vini si differenziano tra loro per il

sistema di vinificazione (vini normali e speciali) e per le proprietà organolettiche:

colore, profumo, gusto e retrogusto; altri parametri concorrono a definire le

caratteristiche di un vino: alcol, acidità, sapidità, sensazione di astringenza (dovuta ai

tannini). I vini possono essere differenziati in vini tranquilli, vini frizzanti e spumanti, a

seconda del fatto che siano in grado o meno di sprigionare anidride carbonica

all'apertura delle bottiglie. Costituisce ulteriore distinzione il contenuto in zuccheri non

fermentati del vino (secco, semisecco, dolce).

Gran parte di questi parametri vengono monitorati durante le varie fasi della

fermentazione, per avere un indice dell‘andamento della vinificazione. Tra i vari

parametri, è stato recentemente introdotto il tasso di acido acetico, che per legge non

deve superare 1 g/l, mentre per valori compresi tra 0,7 e 1 g/l si parla di acescenza o

spunto, ovvero il caratteristico odore e sapore acre. Il superamento di tali valori

conferisce alla bevanda la denominazione di aceto e non più quella di vino. Risulta

quindi necessario sviluppare sistemi diagnostici atti all‘analisi del tasso di acetato, che

vanno ad affiancare le analisi di routine: monitoraggio della temperatura, dei sali

d‘ammonio, dei lipidi e dei tannini, oltre che la caratterizzazione degli zuccheri.

In questo lavoro è stato sviluppato un kit diagnostico su base enzimatica che

sfrutta la reazione in serie di tre enzimi chiave del metabolismo ottenuti in maniera

ricombinante per misurare la concentrazione in acido acetico di prodotti sottoposti a

fermentazione. In particolar modo il lavoro si focalizza sull‘enzima acetil-CoA sintetasi

AMP forming (ACS), che sarà caratterizzato da un punto di vista biochimico,

strutturale e cinetico. Nel nostro laboratorio sono stati sviluppati tre enzimi ACS in

maniera ricombinante, due dei quali provengono da Bacillus subtilis mentre il terzo

proviene da Saccharomyces cerevisiae. In precedenti lavori sono stati ottenuti, sempre

in maniera ricombinante, gli enzimi ACS di Escherichia coli e Sulfolobus sulfataricus.

Verranno discusse in questo lavoro, le tecniche e gli sviluppi affrontati a partire dalla

fase di clonazione e processamento del gene acs, la fase di espressione e purificazione

proteica e i saggi di attività specifici.

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1.1 ACIDO ACETICO

L'acido acetico è un composto chimico organico la cui formula molecolare è

CH3COOH, meglio conosciuto per conferire all'aceto il suo caratteristico sapore acre e

il suo odore pungente. L'acido acetico puro, privo di acqua, a temperatura ambiente è

un liquido incolore che attrae acqua dall'ambiente e che congela al di sotto dei 16,7°C

in un solido cristallino incolore. Chimicamente si comporta come un acido debole per

via della sua limitata capacità a dissociarsi in soluzioni acquose (1.86x10-5

),

caratteristica che lo rende utilizzabile anche in molto sistemi tampone. In condizioni

fisiologiche può perdere un H+ e lo ione risultante è l'anione acetato.

Soluzioni di acido acetico molto concentrato manifestano una tossicità

respiratoria causando infiammazione delle vie respiratorie e congestione polmonare,

risultando anche irritante per gli occhi e le mucose in genere. È un importante reagente

chimico e prodotto industriale che viene utilizzato nella produzione del

polietilentereftalato, usato principalmente per le bottiglie di plastica per le bibite;

dell'acetato di cellulosa, principalmente per le pellicole fotografiche; dell'acetato di

polivinile per le colle da legno e in molte fibre sintetiche e tessuti. Nell'industria

alimentare, l'acido acetico è usato come additivo alimentare con la funzione di

regolatore di acidità; è classificato sotto il codice E260. La sua presenza all‘interno di

prodotti alcolici, in particolar modo nel vino, è una caratteristica indesiderata che va a

influenzare negativamente la qualità di tale bevanda, oltre ad essere un indice della

degradazione della bevanda stessa.

L‘interesse biochimico per tale composto risiede nel suo importante

coinvolgimento in diversi pathways metabolici dove risulta sia come prodotto di

ossidazioni, che come intermedio di sintesi, che come prodotto finale nella

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fermentazione acetica, caratteristiche queste, che lo portano ad essere definito

composto chiave del metabolismo sia eucariotico che procariotico.

Questo debole acido lipofilico può permeare attraverso la membrana plasmatica

cellulare, sia nella sua forma indissociata, che in quella acida, in funzione del gradiente

di pH transmembrana. Il protone acidifica il citoplasma, mentre l‘anione influenza la

pressione osmotica. Essendo solo parzialmente ossidato, poi, può ancora restituire

energia andandosi ad inserire a diversi livelli del metabolismo catabolico, mentre con i

successivi passaggi di dissimilazione e assimilazione regola tale aspetto.

L‘acetato cellulare necessita di una attivazione per poter essere sfruttato: diversi

sistemi enzimatici catalizzano, infatti, una reazione di tioesterificazione tra acetato e

Coenzima A (CoA) producendo acetil-CoA, molecola ad elevata energia che

rappresenta il punto di incontro dei vari percorsi metabolici cellulari.

Il ruolo principale dell‘acetil-CoA è permettere l'utilizzo del prodotto della

glicolisi, il piruvato, nel ciclo di Krebs. Inoltre è fondamentale nel metabolismo degli

acidi grassi e degli amminoacidi. È precursore dell'HMG-CoA (β-idrossi-β-

metilglutaril-CoA), componente fondamentale delle vie di sintesi del colesterolo.

Un'altra importante reazione in cui è coinvolto, catalizzata dalla colina acetiltransferasi

è l'acetilazione della colina per formare il neurotrasmettitore acetilcolina (figura 1.1).

L‘intermedio ad alta energia acetil-fosfato (acetil-P), gioca un ruolo egualmente

importante nella regolazione dei processi cellulari, assimilazione dei nitro-composti,

regolazione osmotica, biogenesi dei flagelli, pili, capsule e adesione e strutturazione dei

biofilm.

FIG 1.1 Acetil-CoA come punto di incontro dei principali

percorsi metabolici cellulari

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Analizziamo ora in dettagli lo situazioni fisiologiche in cui l‘acido acetico è

coinvolto: le fermentazione acetica e l‘acetogenesi.

La prima viene considerata come diretta conseguenza della fermentazione alcolica

del mosto in vino, dove la produzione di acetato diventa una condizione degradante la

qualità della bevanda. La seconda, invece, rappresenta la serie di meccanismi comuni

sia a procarioti che eucarioti, per la mobilitazione dell‘acetato cellulare.

1.2 FERMENTAZIONE ALCOLICA

La fermentazione alcolica è una forma di metabolismo energetico che avviene in

alcuni lieviti in assenza di ossigeno. Essa è responsabile di diversi fenomeni che

vediamo ogni giorno, quali la lievitazione del pane o la trasformazione del mosto in

vino. Questo evento, noto sin dall‘antichità, è mediato dall‘azione di una particolare

classe di microrganismi, i Saccharomyces, dei quali il più comune è senz'altro il S.

cerevisiae, presente sulla buccia dell'uva. Nell‘uomo esiste la fermentazione omolattica,

coinvolta nella generazione di lattato a seguito di un intenso lavoro muscolare, ma non

la fermentazione alcolica, caratteristica solo dei microorganismi fermentatori.

Dal punto di vista chimico si tratta di una ossidazione in anaerobiosi, condizione

questa che non permette l‘utilizzo dell‘ossigeno come accettore finale di elettroni,

ragion per cui, lo stesso substrato viene in parte ossidato e in parte ridotto. Le

fermentazioni sono quindi delle disproporzioni. Nella maggior parte delle

fermentazioni il metabolita di partenza è uno zucchero o un altro composto in cui il

numero di ossidazione medio del carbonio è zero in quanto il carbonio stesso verrà in

parte ossidato ed in parte ridotto. Nelle fermentazioni conviene distinguere due parti:

la glicolisi, comune alla maggior parte delle fermentazioni;

la modalità di rigenerazione del NAD+, specifica delle varie fermentazioni.

Nella prima parte, la glicolisi, il glucosio viene trasformato in due molecole di

acido piruvico con contemporanea produzione di due molecole di ATP e due molecole

di NADH, reazione, quest‘ultima, mediata dalla GAPDH (gliceraldeide-3-fosfato-

deidrogenasi).

Nella seconda parte della fermentazione, la cellula provvede alla rigenerazione

del NAD+, necessario per i successivi cicli di ossidazione glicolitica, a livello della

GAPDH. Il NADH, nella sua forma ridotta, rappresenta una grossa fonte di energia che

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per essere utilizzata, rigenerando NAD+, richiede però la presenza di ossigeno,

accettore finale di elettroni nella successiva fase di respirazione metabolica. In assenza

di ossigeno, il piruvato deve essere convertito in un prodotto finale ridotto, in modo da

poter riossidare il NADH prodotto dalla reazione della GAPDH. Le varie fermentazioni

differiscono per il modo in cui il NAD+ viene rigenerato. Nel lievito, il piruvato viene

decarbossilato a CO2 e acetaldeide, che viene poi ridotta dal NADH, ottenendo NAD+

ed etanolo. Nel muscolo, invece, il piruvato viene ridotto a lattato per rigenerare NAD+,

in un processo chiamato fermentazione omolattica.

Il lievito produce etanolo e CO2, attraverso due reazioni consecutive (FIG 1.2):

1. La decarbossilazione del piruvato a formare acetaldeide e CO2, catalizzata

dalla piruvato decarbossilasi (un enzima che non è presente negli animali).

2. La riduzione a etanolo da parte del NADH, catalizzata dall‘alcol deidrogenasi;

si rigenera così il NAD+.

La termodinamica ci permette di dividere il processo della fermentazione nelle

sue varie parti e di considerare la variazione di energia libera in ognuna di esse. Tutto

ciò ci consente di calcolare con quale efficienza l‘energia libera ricavata dalla

degradazione del glucosio viene utilizzata per la sintesi dell‘ATP. Per la fermentazione

alcolica la conversione di una molecola di glucosio in 2 molecole di CO2 e 2 molecole

di etanolo, è accompagnata ad una variazione di energia libera ΔG°’ = -235 kJ · mole-1

.

La formazione netta di 2 ATP, evento accoppiato alla fermentazione, richiede un

ΔG°’ = +61 kJ · mole-1

. Facendo il rapporto tra il ΔG°’ per la formazione di ATP e il

ΔG°’ per la formazione di etanolo, si ottiene che la fermentazione alcolica ha

un‘efficienza del 26%, cioè il 26% dell‘energia libera rilasciata in condizioni

biochimiche standard durante questo processo, viene recuperata sotto forma di ATP.

FIG 1.2 Produzione di etanolo a partire da piruvato. Reazione 1: decarbossilazione mediata

dalla piruvato decarbossilasi. Reazione 2: riduzione mediata dall‘alcol deidrogenasi.

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Il resto viene dissipato come calore, rendendo il processo irreversibile. In

condizioni fisiologiche, però, dove le concentrazioni dei reagenti e dei prodotti

differiscono dalle condizioni standard, le fermentazioni hanno un‘efficienza superiore

al 50%. In ogni caso è bene ricordare come le fermentazioni utilizzino il glucosio in

maniera assolutamente inefficiente se paragonata alla fosforilazione ossidativa.

Gli organismi fermentatori, liberando nell'ambiente il loro prodotto etanolo,

abbandonano un catabolita ricco di energia, ulteriormente utilizzabile in presenza di

ossigeno. La scarsa resa energetica della fermentazione è compensata dalla flessibilità

ecologica che permette ai fermentatori di vivere anche in condizioni in cui gli

organismi aerobi obbligati non sono in grado di sopravvivere. Questo si nota nella

produzione di aceto: essa avviene dopo la fermentazione alcolica ed è dovuta a

microrganismi aerobici del genere Acetobacter e Mycoderma che sfruttano

aerobicamente proprio il catabolita etanolo, prodotto finale della fermentazione alcolica

(riferimento 1).

1.3 FERMENTAZIONE ACETICA

Una delle conseguenze indesiderate della fermentazione alcolica, può essere

dovuta all‘azione dell‘Acetobacter, normalmente presente sulle bucce delle uve o

venuto a contatto con il mosto durante la fase dell‘ossigenazione. Tale microorganismo

aerobio, infatti, è in grado di ossidare fonti carboniose quali etanolo e zuccheri del vino,

restituendo acido acetico, secondo quella che viene definita fermentazione acetica. Le

condizioni di reazione sono temperature comprese tra i 20 e i 30 °C, titolo in etanolo

inferiore al 10% e presenza di ossigeno nell‘ambiente.

Vini lasciati per molto tempo senza controllo del tasso acetico, possono

sviluppare anche un tenore tra il 3% e il 5% di acetato e, come si è detto, sopra il 10%

non si parla più di vino ma di aceto. L‘acetificazione rimane in ogni caso, un evento

irreversibile del normale processo di vinificazione, che può essere ritardato se

l‘operatore dispone di buona manualità e di un attento sistema di controllo.

La presenza di acido acetico nel vino risulta inevitabile anche nel caso in cui il

vino venga a contatto con batteri del genere delle Enterobacteriaceae, che favoriscono

una fermentazione anaerobica parallelamente a quella alcolica, denominata

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FIG 1.3 Lo switch acetato durante crescita aerobica in terreno minimale e glucosio come

sola fonte di carbonio (A) e in brodo di triptone (B). La freccia singola punta lo switch fisiologico

dell‘acetato. OD, densità ottica. [glc] e [ace], concentrazioni extracellulari di glucosio e acetato. La

freccia a doppia punta denota l‘intervallo di consumo degli aminoacidi.

fermentazione mista-acida e che utilizza sorgenti di carbonio per produrre sia etanolo

che acetato, lattato e formato, aumentando inevitabilmente il tenore acido del vino (2).

1.4 SWITCH FISIOLOGICI: ACETOGENESI

Per poter sopravvivere la maggior parte delle cellule deve saper alternare i propri

programmi metabolici in funzione dei nutrienti biodisponibili secondo determinati

―switch ― o transizioni metaboliche. Un esempio di switch avviene quando cellule

batteriche transitano da un programma a crescita rapida che produce e secerne acetato

(dissimilazione) ad un programma a crescita lenta, favorito dall‘acquisizione

dell‘acetato rilasciato precedentemente (assimilazione). Lo ―switch acetato‖ si realizza

quando le cellule depletano l‘ambiente intracellulare delle fonti di carbonio per la

produzione di acetato quali D-glucosio e L-serina con contemporaneo rilascio di acido

acetico nell‘ambiente extracellulare (acetogenesi), quindi, in una successiva fase, si

affidano alla loro abilità di ―scavengers ― dell‘acetato circostante. Tale switch necessita

dell‘espressione e attivazione del pool enzimatico responsabile dell‘assimilazione

dell‘acetato, tra i quali spicca l‘acetil-CoA sintetasi (ACS) oggetto di studio e

applicazioni in questa ricerca.

Il coinvolgimento dello switch acetato è stato analizzato in colture batteriche sotto

differenti condizioni di crescita: terreno con glucosio o con acetato e si è visto che

durante la fase di crescita esponenziale, le cellule generano e dissimilano acetato (3,4).

Prima dell‘esaurimento del glucosio, in prossimità della fase stazionaria avviene lo

switch e le cellule coassimilano entrambi i nutrienti, rallentando la propria crescita (FIG

1.3).

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1.5 TURNOVER DELL ACETATO

La necessità dell‘escrezione dell‘acetato nell‘ambiente extracellulare

(acetogenesi) risulta dal bisogno di ripristinare il NAD+ consumato dalla glicolisi e per

riciclare il CoA a CoASH richiesto per la conversione di piruvato ad acetil-CoA.

L‘acetogenesi si attiva nel momento in cui il TCA non completa l‘ossidazione

dell‘acetil-CoA in condizioni anaerobiche (fermentazioni) o in eccesso di prodotti

(inibizione a feedback negativo) o se il flusso di CO2 eccede la capacità della cellula di

gestirlo (capacità anfibolica)(5, 6, 7). Esiste anche una condizione aerobica di

acetogenesi: in cellule che crescono in eccesso di glucosio, o altre fonti di carbonio,

viene inibita la respirazione, un aspetto noto come ―effetto Crabtree batterico‖ (8) e

circa il 15% di glucosio viene escreto come acetato.

La disponibilità di O2 e la natura delle fonti di carbonio, guidano lo stato del ciclo

dei TCA (9). In assenza di ossigeno e di repressione catabolica (es: eccesso di

glucosio), le cellule di E. coli non inducono pienamente il TCA, ma sfruttano un

percorso ramificato, che forma succinil-CoA attraverso una via riduttiva, e

2-ketoglutarato, attraverso una ossidativa (9). Questa strada alternativa non genera

energia, ma favorisce solo la biosintesi di importanti precursori metabolici. L‘ATP

necessario alla cellula deve perciò provenire dalla glicolisi (10) e la fosforilazione dei

substrati, avviene grazie al pathway della fosfotransacetilasi (PTA)-acetato chinasi

(ACKA) (11).

Questa versione ramificata occorre poiché l‘assenza di ossigeno inibisce

potentemente l‘espressione di alcuni degli enzimi del TCA, in particolar modo la

succinato deidrogenasi (SDH), il complesso succini-CoA sintetasi (SCSC) e

2-ketoglutarato deidrogenasi (KGDH) . In anaerobiosi, infatti, i regolatori globali

ossigeno-sensitivi ArcA e FNR mediano la repressione dei promotori dei geni TCA e

gli operoni sdh-suc (12).

Il pool cellulare di CoA comprende principalmente la forma non esterificata

CoASH, e poi i tioesteri acetil-CoA, succinil-CoA e malonil-CoA. La concentrazione

del CoA oscilla tra 100 e 500 µM (13) e viene regolata sia a livello del precursore acido

pantotenico, che a livello della degradazione del CoASH stesso. La limitata

concentrazione di CoA risponde anche alle variazioni in termini di quantità e qualità

delle fonti di carbonio nel terreno di crescita. L‘aggiunta di D-glucosio a cellule in

coltura aumenta il livello di CoA e CoASH, mente l‘aggiunta di acetato, succinato e

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altri zuccheri non assimilabili non ha effetto. Questo fenomeno spiega il motivo del

picco di acetil-CoA nella fase di dissimilazione di fonti acetogeniche che diminuisce

quando la cellula assimila l‘acetato precedentemente escreto. Questo aspetto è

inversamente correlato anche con il ciclo TCA, che viene represso durante la crescita su

D-glucosio (14) e indotto durante la crescita su acetato (15) (FIG 1.3).

FIG 1.4 I percorsi

del metabolismo centrale.

Le frecce puntinate

indicano il bypass PDHC

proposto, per POXB e

AMP-ACS. Le frecce

tratteggiate indicano gli

enzimi (sottolineati) e i

passaggi del bypass del

gliossilato. Le caselle e le

frecce con la doppia linea

indicano passaggi e enzimi

unici della gluconeogenesi.

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1.6 PATHWAYS DI ESCREZIONE DELL’ACETATO

Per rilasciare acetato, così come per etanolo e formato, le cellule batteriche

devono prima decarbossilare il piruvato in acetil-CoA, che avviene per via ossidativa

sotto condizioni aerobiche, oppure per via non ossidativa in condizioni anaerobiche. La

decarbossilazione ossidativa è mediata dal complesso piruvato deidrogenasi (PDHC)

(FIG 1.6), che genera due NADH per molecola di glucosio ossidata. Elevate

concentrazioni di NADH inibiscono l‘attività del PDHC. Tale complesso, non è quindi

cataliticamente attivo in anaerobiosi, condizione che non favorisce la rapida

riossidazione del NADH in NAD+. L‘anaerobiosi stessa è condizione che reprime la

trascrizione dei geni che codificano per il PDHC.

Durante l‘anaerobiosi, invece, i batteri decarbossilano piruvato in acetil-CoA e

formato, grazie all‘azione della piruvato formato liasi (PFL) che catalizza una reazione

non ossidativa (16). Il formato, in funzione del pH può andare incontro alla conversione

in H2 e CO2, mentre l‘acetil-CoA segue due destini alternativi: conversione ad acetato o

riduzione ad etanolo.

La conversione ad acetato è mediata dal pathway PTA/ACKA che genera due

ATP per glucosio, senza consumare però equivalenti riducenti (FIG 1.5). La riduzione

ad etanolo invece, catalizzata dall‘alcol deidrogenasi (ADH) sacrifica energia ma

FIG 1.5 Pathway per l‘escrezione di metaboliti parzialmente ossidati, sottolineati in figura.

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consuma equivalenti riducenti. Attraverso la modulazione dei livelli di etanolo ed

acetato, una cellula può bilanciare le sue richieste e rigenerare NAD+ necessario per

l‘energia (17).

L‘acetato può anche essere escreto tramite l‘azione di un terzo enzima, la piruvato

ossidasi (POXB), che catalizza la decarbossilazione ossidativa direttamente in acetato

in condizioni aerobiche, coinvolgendo la riduzione del FAD a FADH + H+ (18).

Evidenze recenti connotano tale enzima come non necessario al metabolismo, con una

funzione prettamente di supporto alla crescita aerobica, e la sua attivazione sembra

correlata all‘induzione dell‘ACS-AMP forming (19, 20).

FIG 1.6 Percorsi di attivazione dell‘acetato. PDHC, complesso

piruvato deidrogenasi; POXB, piruvato ossidasi; PTA, fosfotransacetilasi;

ACKA, acetato chinasi; ACS, AMP forming acetil-CoA sintetasi; PPase,

pirofosfatasi; TCA, ciclo degli acidi tricarbossilici; GB, bypass del

gliossilato. Le frecce puntinate denotano il meccanismo proposto per il

bypass PDHC mediato da POXB e AMP-ACS.

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1.7 PATHWAYS DI ATTIVAZIONE DELL’ ACETATO

1.7.1 SISTEMA PTA/ACKA: dissimilazione dell’acetato

In E. coli e B. subtilis, la dissimilazione dell‘acetato è catalizzata dagli enzimi

PTA [acetil-CoA(CoA):Pi acetiltransferasi; EC 2.7.2.1]

ACKA (ATP:acetato fosfotransferasi; EC 2.3.1.8)

Il primo enzima catalizza la conversione dell‘acetil-CoA e fosfato inorganico, in

acetil-P (acetil-fosfato), un intermedio ad alta energia, mentre il secondo enzima

trasferisce tale gruppo fosfato su una molecola di ADP, restituendo ATP e acetato,

entrambi in maniera reversibile (21). Questa reazione metabolica viene attivata dai

procarioti quando la concentrazione di acetato nell‘ambiente è alta (≥ 30 mM), avendo

la ACKA e la PTA una bassa affinità per l‘acetato (KM tra 7 e 10 mM) (22).

Essendo completamente reversibile, la via ACKA/PTA gioca un importante ruolo

catabolico sia durante la fermentazione che durante la crescita in condizioni aerobiche

in eccesso di glucosio o di altri intermedi glicolitici (21): in condizioni che portano alla

fermentazione acetica o acida mista, l‘acetil-CoA non può entrare nel ciclo di Krebs,

quindi le cellule lo convogliano attraverso il sistema ACKA/PTA, producendo e

secernendo acetato con la contemporanea produzione di ATP (23); in condizioni di

aerobiosi, quando il flusso di carbonio nelle cellule eccede la capacità anfibolica delle

vie metaboliche centrali, come ad esempio il ciclo degli acidi carbossilici, le cellule

rispondono, anche in questo caso, trasformando l‘acetil-CoA attraverso la via

ACKA/PTA. Come conseguenza, le cellule, oltre ad espellere l‘acetato nell‘ambiante

extracellulare, accumulano l‘acetil-fosfato, intermedio di questa via metabolica (24).

Quando, poi, nel passaggio alla fase stazionaria di crescita, le cellule riassorbono

l‘acetato prodotto ed escreto precedentemente per utilizzarlo come fonte di energia,

attraverso il ciclo di Krebs, e per generare composti biosintetici attraverso il ciclo del

gliossilato, i livelli di acetil-fosfato diminuiscono (21, 24). Cellule mutanti per i sistemi

PTA/ACKA crescono molto lentamente in tutti i tipi di terreno.

Alcuni batteri aerobi facoltativi e fermentativi traggono vantaggio dalla

reversibilità del sistema enzimatico ACKA/PTA per conservare energia e mantenere i

livelli di Coenzima A libero nella cellula ad uno stato stazionario. Per questo motivo le

cellule usano PTA per convertire acetil-CoA in acetil-P, il quale è consumato

dall‘ACKA in una reazione che genera ATP e acetato(25, 26, 27, 28).

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1.7.2 SISTEMA ACS AMP forming: assimilazione dell’acetato

L‘acetil Coenzima-A sintetasi (Acetato:CoA ligasi [AMP forming]; EC 6.2.1.1) è

un enzima chiave del metabolismo energetico sia per le cellule procariotiche che

eucariotiche; appartiene alla superfamiglia degli enzimi ―AMP forming‖ la quale

include tre sottofamiglie: l‘acil- e aril-CoA sintetasi, la luciferasi delle lucciole (29) ed

il dominio adenilante della peptide sintetasi non ribosomiale (NPRS). Nei sistemi

procariotici, l‘ACS oggetto del nostro studio, catalizza l‘assimilazione dell‘acetato

attraverso un classico meccanismo a ping pong. AMP-ACS, o semplicemente ACS,

converte inizialmente acetato e ATP in acetiladenilato (acetil-AMP), intermedio che

rimane associato all‘enzima e pirofosfato, che viene invece rilasciato. In una seconda

fase l‘acetil-AMP reagisce con CoASH per formare acetil-CoA rilasciando AMP (30,

31) (FIG 1.7).

FIG 1.7 Meccanismo catalitico di AMP-ACS

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Questo pathway anabolico si mobilita per piccoli quantitativi di acetato

nell‘ambiente circostante e possiede una KM di 200 µM per l‘acetato, rendendo tale

sistema in grado di funzionare ma solo per piccole concentrazioni di substrato. Esistono

evidenze che la regolazione del sistema ACS avviene anche ad opera della

concentrazione di acetil-P intracellulare (32) e che AMP-ACS sia coinvolto nel

controllo del flusso di carbonio attraverso il pathway PTA/ACKA e nella modulazione

del espressione e attività del bypass del gliossilato (GB) nel ciclo TCA.

Cellule che crescono in terreni ricchi in acetato quindi, up-regolano i livelli allo

stato stazionario dei trascritti e delle proteine: AMP-ACS (FIG 1.8), GB, ciclo dei

TCA, e della gluconeogenesi. Al contrario, tali cellule down-regolano i trascritti e le

proteine del pathway PTA/ACKA e gli enzimi glicolitici. (33, 34). Condizioni opposte

sopraggiungono per crescita in D-glucosio.

E‘ nota anche una ACS-ADP forming, che opera attraverso un meccanismo

reversibile a singolo step (35). La catalisi procede attraverso la formazione di acetato a

partire da acetil-CoA e accoppia questa reazione con la sintesi di ATP da ADP e Pi

(acetil-CoA + ADP + Pi → acetato + ATP + CoA).

FIG 1.8 Trascrizione di acs da cellule che crescono in terreno minimale

con glucosio. Viene valutata la densità ottica OD, il consumo di fonti di carbonio,

l‘escrezione di acetato e le concentrazioni intracellulari di FIS e IHF.

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1.8 AMP-ACS: profilo d’espressione e regolazione della

trascrizione

In E. coli, acs, sequenza genica di 1959 paia di basi, è il primo gene in un operone

che include anche una ORF e un gene che codifica per una permeasi, che favorisce la

permeabilizzazione della membrana plasmatica. La trascrizione di acs avviene ad opera

di due promotori: acsP2 prossimale, che è il primario, e acsP1 distale che è debole e

localizzato circa 200 bp a monte di acsP2 (36, 37, 38). Sulla base di analisi di

immunoblot e reverse transcription PCR (39), è stato dimostrato che la trascrizione è

mediata dal fattore σ70

. Esiste poi un fattore σS

, di recente scoperta, che per

competizione media una inibizione della trascrizione , riducendo i livelli di acs

trascritto. In vivo la trascrizione è consentita anche dal fattore CRP (Proteina Recettore

del cAMP), che focalizza la formazione del complesso nella regione nucleotidica di

acsP2, attraverso il legame in due siti CRP I e CRP II. Viene così reclutato il dominio

C-terminale delle due subunità α della RNAP (α-CTD) (FIG 1.9).

FIG 1.9 Regolazione della trascrizione di acs in E. coli. (A)Le frecce piegate

rappresentano i siti di iniziazione della trascrizione. (B) Localizzazione dei siti di legame per

CRP, FIS e IHF. (C) Interazione proposta per l‘attivazione mediata da CRP.

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Esistono poi due proteine Histon-like, FIS e IHF, che giocano un ruolo dinamico

e altamente specializzato nell‘influenzare la trascrizione. L‘espressione di tali

nucleoproteine è modulata dallo status fisiologico della cellula. FIS regola

negativamente la trascrizione di acsP2 CRP dipendente, perciò i livelli di acs trascritto

sono bassi quando quelli di FIS sono alti, mentre raggiungono il picco quando i livelli

di FIS sono minimi. Anche IHF riduce il trascritto acs a livello del promotore acsP1 e

collaborando con FIS nel mantenere tale promotore represso (37, 40). FIS e IHF

possono legare acs contemporaneamente senza influenzarsi l‘un l‘altro.

In Bacillus subtilis, batterio Gram positivo del suolo, il catabolismo dell‘acetato

richiede AcsA, il prodotto del gene acsA, mentre la via della PTA/ACKA opera

principalmente nell‘escrezione dell‘acetato (41). Il fatto che la via dell‘ACS in Bacillus

sia preferita rispetto alla via della PTA/ACKA fa si che l‘ACS di questo organismo

risulti avere un‘attività specifica più alta rispetto all‘enzima di Coli (per questo motivo

abbiamo scelto di clonare l‘ACS di Bacillus). In un precedente lavoro Grundy e

collaboratori (42) hanno descritto in Bacillus subtilis un operone prossimale di tre geni

(distante 161 bp) trascritto in modo divergente dall‘acsA, le cui funzioni erano

necessarie per utilizzare l‘acetoina (acetil-metil carbinolo) ed il 2,3-butandiolo come

fonti di carbonio.

Questo operone è stato denominato acuABC (acetoin utilization) per indicare il

suo coinvolgimento nel catabolismo dell‘acetoina. Rimaneva un problema ancora

aperto scoprire se AcuABC era direttamente o indirettamente coinvolto nell‘utilizzo

dell‘acetoina come fonte di carbonio ed energia (43) (FIG 1.10).

La presenza di fonti di carbonio prontamente metabolizzabili nel mezzo di coltura

generalmente comporta la repressione di sistemi genetici per l‘utilizzazione di fonti di

carbonio secondarie e l‘attivazione di vie coinvolte nell‘escrezione di carbonio in

eccesso. Nelle specie di Bacillus è evidente che l‘effettore non è l‘AMP ciclico come

avviene invece in Escherichia coli (41).

FIG 1.10 Operone AcuABC

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Probabilmente nei ceppi wild-type di Bacillus subtilis, l‘acetiltrasferasi PTA è

attentamente regolata ad un livello che consente di mantenere un sufficiente livello di

AcsA nello stato deacetilato. I livelli di AcuABC sono probabilmente regolati a livello

trascrizionale dove l‘espressione di acuABC è sotto il controllo della proteina

regolatoria generale CcpA (carbon catabolite protein A) (41).

Il fatto che CcpA controlli l‘espressione di acsA e di acuABC (44) si riflette

sull‘importanza di modulare l‘attività dell‘AcsA sia ad un livello trascrizionale che

post-traduzionale al fine di mantenere un pool di CoA libero tale da soddisfare le

richieste di altri processi metabolici in cui questo importante coenzima è coinvolto.

CcpA è dunque un regolatore chiave del metebolismo del carbonio in B. subtilis

ed altri batteri gram positivi, e reprime la trascrizione di vari geni che codificano per

proteine coinvolte nell‘utilizzazione di fonti di carbonio secondarie (45).

CcpA attiva anche la trascrizione di geni coinvolti nell‘escrezione del carbonio.

Questi geni includono pta e ackA che operano insieme nel convertire acetil-CoA ad

acetato per l‘eliminazione nel mezzo di coltura (42, 46, 47).

La proteina CcpA è un membro della famiglia dei repressori trascrizionali LacI-

GaIR e si lega a siti cre conservati nel sito promotore dei suoi geni target (48, 49, 50,

51).

I membri di questa famiglia contengono un dominio amino-terminale di legame al

DNA a struttura helix-turn-helix e una regione carbossi-terminale coinvolta nel

riconoscimento dell‘effettore e nell‘oligomerizzazione (52).

L‘attività di CcpA è controllata da HPr o dall‘omologo Crh, ed entrambi sono

fosforilati da una chinasi ATP-dipendente durante la crescita in glucosio (53, 54 55 56).

Mutazioni che bloccano questa via di controllo causano perdita della repressione

operata dal glucosio di alcuni geni target e perdita della attivazione trascrizionale di

ackA e pta (57, 58, 59, 60). Le due unità trascrizionali acsA e acuABC codificano per

prodotti coinvolti nel metabolismo rispettivamente dell‘acetato e dell‘acetoina (FIG

1.11). Siti di controllo sono stati identificati nelle regioni a monte del gene ccpA nel

cromosoma di Bacillus subtilis ed i livelli allo stato stazionario dei trascritti di acsA e

acuABC sono ridotti durante la crescita in presenza di un eccesso di glucosio (42).

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Tuttavia la trascrizione sembra rispondere anche a fattori ambientali, inclusa la

bassa pressione parziale di ossigeno, medium povero di nutrienti e elevate temperature

(61, 62), caratteristiche da noi sfruttate nell‘espressione del gene ricombinante. Sembra

improbabile che acetil-CoA, acetil-P e acetato operino direttamente sulla trascrizione di

acs, quanto piuttosto in collaborazione con tutti questi fattori. Da ciò si evince come

acs non sia un semplice gene indotto dal substrato e represso dal catabolita, quanto

piuttosto un complesso circuito regolatorio in cui molti fattori esogeni ed endogeni

assicurano la corretta trascrizione.

1.9 CONTROLLO POST TRADUZIONALE

L‘attività della ACS è controllata post-traduzionalmente attraverso un sistema di

acetilazione e deacetilazione. Una acetiltransferasi di recente scoperta, acetila il residuo

K549 in B. subtilis e K609 nella maggior parte delle altre specie, rimanendo invariato

in tutti i membri della superfamiglia delle luciferasi. L‘enzima acetilato

(AMP-ACS-Ac) risulta inattivo, poiché tale modifica impedisce la adenilazione

FIG 1.11 Ipotetico ruolo degli enzimi AcuA e AcuC nel catabolismo dell‘acetoina.

AcoABC,sistema enzimatico dell‘acetoina deidrogenasi; AcoA, subunità della acetoina deidrogenasi

TPP-dipendente; AcoB, subunità b dell‘acetoina deidrogenasi TPP-dipendente; AcoC,

diidrolipoamide deidrogenasi; AcuA, proteina acetiltrasferasi; AcuC, proteina deacetilasi; GltA,

citrato sintasi. I numeri tra parentesi indicano di seguito: 1, acetoina; 2, acetil-Co-A; 3, acetato; 4,

ossalacetato; 5, citrato. 2e- , due equivalenti riducenti.

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dell‘acetato. AMP-ACS-Ac, in E. coli viene riattivata da CobB, una deacetilasi NAD+

dipendente, coinvolta anche nella deacetilazione degli istoni, che gioca un ruolo

centrale connettendo il metabolismo centrale alla trascrizione e altre funzioni cellulari.

In B. subtilis, la somiglianza di AcuA e AcuC a proteine acetiltrasferasi e deacetilasi

suggeriva la possibilità che l‘operone acuABC potesse codificare in Bacillus subtilis

per un sistema proteico di modificazione post traduzionale di

acetilazione/deacetilazione (63).

1.10 ANALISI STRUTTURALE

L‘ACS batterica è un monomero caratterizzato da un peso molecolare di circa 70

KDa. Nel caso specifico, ACS di Bacillus subtilis, è un monomero di 572 aminoacidi.

Le sequenze geniche della superfamiglia AMP-forming condividono dal 20% al 40% di

omologia di sequenza, con domini altamente conservati e altri specie variabili. La taglia

media è compresa tra 500 e 700 aminoacidi, composta da un lungo dominio N-

terminale di 400-550 aminoacidi e uno più corto C-terminale di circa 130 residui, con il

dominio catalico all‘interfaccia tra i due.

Il grande dominio N-terminale è organizzato in due foglietti β paralleli, che si

ripiegano per otto volte, indicati come foglietti A e B; inoltre contiene un foglietto β

antiparallelo distorto che si ripiega quattro volte (foglietto C). Gli ultimi 130 residui,

che costituiscono il dominio C-terminale, iniziano con un piccolo loop contenente due

filamenti antiparalleli, mentre la restante parte forma un foglietto β che si ripiega tre

volte e che viene fiancheggiato per entrambi i lati da due α-eliche.

I membri di tale superfamiglia, condividono dieci regioni altamente conservate,

chiamate A1-A10. Un acido aspartico in A8 unisce il C-terminale all‘N-terminale. La

regione A10, contiene l‘importante Lys 609 per E. coli o Lys 549 per B. subtilis, parte

della sequenza consensus PXXXXGK. La regione A5 costituisce la tasca di legame per

l‘ATP, la cui sequenza è W413

WQTE. Trp 413 è orientato lontano dal sito attivo,

mentre il Trp 414, è coinvolto nel legame al substrato. La sequenza Thr264-Gly273, a

livello delle regione A3 gioca un ruolo importante nell‘orientare i 3 gruppi fosfato

dell‘ATP, prima della semireazione.

Il residuo cardine Lys 609 in E. coli o Lys549 in B. Subtilis è stato proposto

essere il principale responsabile della rotazione di 104° a livello del C terminale,

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FIG 1.12 Struttura

tridimensionale di ACS e

cambiamenti conformazionali

proposti. (A) ACS nella

conformazione AMP-forming,

legata a propyl-AMP. (B) ACS in

conformazione formante tioestere,

legata a CoA e propyl-AMP. (C)

Rappresentazione di 5 mutanti

sovrapposti al wild type (verde).

Dominio N-terminale (blu); C-

Terminale (rosa); regione A8

(gialla); Gly524 (sfera gialla); Cα

della Lys609 in A10 (sfera nera).

consentendo ad entrambe le semireazioni di avvenire, attraverso un meccanismo di

alternanza del dominio. Mutanti in questa regione non sono in grado di catalizzare la

reazione. (64).

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1.11 SPECIFICITA’ DI SUBSTRATO E ANALISI CINETICA

L‘ACS è un enzima con una bassa specificità di substrato: in condizioni normali

catalizza la formazione di acetil-CoA a partire da acido acetico, Coenzima A e ATP

FIG 1.13 Struttura e orientamento di ACS a livello degli aminoacidi che

formano la tasca del sito attivo, determinata in presenza di propyl-AMP (A), CoA(B)

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(65), ma può operare su di una grande varietà di acidi carbossilici a basso peso

molecolare come acido propionico, acrilico, fluoroacetico, metacrilico,

3-cloro-propionico e 3-bromo-propionico e glicina (66).

Attraverso analisi di cinetica enzimatica è stato possibile sperimentare la

specificità di substrato dell‘ACS utilizzando acidi carbossilici a catena corta diversi

dall‘acetato.

Analisi cinetiche riportano le seguenti costanti in relazione a diversi substrati:

KM (µM) Kcat (S-1

) Kcat/KM (µM−1

·S−1

)

Acetato 6047±1024 276.8±21.4 0.045±0.008

Proprionato 9413±1709 261.0±20.8 0.027±0.005

Glicina 9450±1658 259.4±13.3 0.027±0.005

Ricordando che la KM esprime la specificità per il substrato: minore è tale valore,

minore sarà la quantità di substrato necessaria a raggiungere la metà della velocità

massima di reazione, il che indica una alta specificità per il substrato utilizzato. Dai

valori tabulati, si nota come la specificità di substrato sia effettivamente bassa. Altra

indicazione è l‘efficienza catalitica Kcat/KM in funzione dei diversi substrati, che indica

il numero di molecole di substrato elaborate da 1 molecola di enzima ogni secondo.

1.12 LOCALIZZAZIONE E FILOGENESI

Oltre che nei procarioti, l‘ACS è presente anche negli eucarioti, quali i lieviti e i

mammiferi. In entrambi questi organismi sono presenti due isoforme di tale enzima.

Nel lievito, ACS1, l‘enzima da noi espresso, è probabilmente presente nei perossisomi,

necessario per la crescita in presenza di composti organici a 2 atomi di carbonio, mentre

ACS2 potrebbe essere implicata nella produzione dell‘acetil-CoA a partire dal piruvato

attraverso la via della piruvato-deidrogenasi (67). Nei mammiferi, invece, ACS1 è un

enzima citosolico, principalmente presente nel fegato, che gioca un ruolo importante

nel fornire acetil-CoA per la biosintesi degli acidi grassi e del colesterolo (68), mentre

ACS2 si trova nella matrice mitocondriale soprattutto nel muscolo cardiaco e

scheletrico (69). L‘acetil-CoA prodotto da questo isoenzima viene primariamente

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utilizzato per la produzione di energia mediante il ciclo dell‘acido citrico, attraverso il

quale viene ossidato a CO2.

Vengono qui riportate le sequenze di circa 80 aminoacidi all‘N terminale, in cui si

notano le regioni di omologia, relative ai domini più importanti, per quattro organismi

modello: Staphylococcus enterica, Halobacterium salinarum, Saccharomyces

cerevisiae e Homo sapiens, rispettivamente un procariote, un archea, il lievito,

anch‘esso oggetto dei nostri studi, un eucariote. Come si può vedere, la Lys609

essenziale alla catalisi, viene conservata sempre. Ricordiamo che in B. subtilis viene

acetilato il residuo Lys549. (70).

1.13 APPLICAZIONE IN DIAGNOSTICA

L‘acetil Co-A sintetasi, prodotta in maniera ricombinante e poi purificata, viene

integrata in un kit enzimatico che sfrutta le seguenti reazioni in maniera sequenziale:

Acetato + ATP + CoA Acetil-CoA + AMP + PPi

L‘acetil Co-A formatosi, reagisce con l‘ossalacetato, substrato di una seconda

reazione catalizzata dalla Citrato Sintati (CS) altro enzima del kit, generando citrato e

Coenzima-A:

Acetil-CoA + Ossalacetato + H2O Citrato + CoA

L‘ossalacetato, necessario alla reazione precedente, proviene dalla reazione

reversibile, mediata dalla Malato Deidrogenasi (L-MDH), che in presenza di NAD+

ossida L-Malato ad Ossalacetato restituendo NADH.

L-Malato + NAD+

Ossalacetato + NADH + H+

L-MDH

CS

ACS

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La presenza del cofattore nicotinamidico ridotto, quindi diventa un indice per

valutare l‘andamento della reazione globale. La variazione nella concentrazione del

NAD+ infatti risulta essere proporzionale al consumo di ossalacetato, il quale a sua

volta governa il consumo di acetil-CoA generato dalla reazione ACS dipendente. Tale

livello è quantificato dalla variazione della misura della densità ottica della soluzione.

Con lo sviluppo della reazione, infatti, si noterà un picco a 340 nm, lunghezza d‘onda

assorbita dal NADH stesso, associato a diminuzione del picco a 260, indice di consumo

di NAD+.

La quantità di NADH formatasi, è proporzionale, seppur non in maniera lineare,

alla concentrazione di acido acetico nel vino.

1.14 INTERESSE INDUSTRIALE

L‘interesse industriale per l‘enzima Acetil Co-A Sintetasi, risiede nella necessità

di adempiere a normative europee e italiane circa il tasso in acetato nelle bevande

sottoposte a fermentazione, in particolar modo il vino. Esiste già un documento detto

―etichetta del vino‖ che indica gli aspetti caratterizzanti il vino: la zona di produzione, il

tipo di uve utilizzate, l‘alcolemia totale, nominativo del produttore e

dell‘imbottigliatore. Tra le normative europee invece, grande risalto ha la misurazione

FIG 1.14 Schema delle reazioni sequenziali governate dal‘azione di ACS,

CS, L-MDH.

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dell‘acido acetico, che costituisce l‘acidità volatile del vino, così chiamata per il fatto

che tale acido è volatile in corrente di vapore e pertanto può essere separato dagli altri

acidi. La sua presenza è un fatto negativo a differenza di quanto avviene per gli altri

acidi, cosicché la sua determinazione diventa essenziale per la conoscenza del vino e

per la sua conservazione.

Una presenza di tale composto maggiore di 10 g/l poi, ha anche delle conseguenze

negative per la salute, anche se riscontrare tali valori nel vino è molto difficile. Da un

punto di vista tossicologico, infatti, risulta irritante per le vie respiratorie e corrosivo.

Può causare edema bronchiale se inalato, mentre risulta in un elevato pericolo di

perforazione dell‘esofago, bruciature gastro-intestinali, spasmi e vomito se ingerito. Va

da se la necessità di regolamentare la sua presenza nelle bevande. La quantità di acido

acetico presente nel vino (acidità volatile) si esprime in g/l o in meq/l e i limiti massimi

stabiliti per legislazione italiana (D.P.R. 12/2/1965 n. 162) sono:

Vini bianchi: 18 meq/l o 1,08 g/l

Vini rossi: 20 meq/l o 1,20 g/l

Per bevande alcoliche con gradazione superiore al 10% volume, il tenore

massimo dell‘acidità volatile è pari ad 1/10 del grado alcolico.

Le analisi attuali prevedono l‘utilizzo dell‘Acidimetro Jozzi. Si tratta di un

apparecchio di distillazione in corrente di vapore formato da un generatore di vapore,

un pallone per la distillazione, un pallone refrigerante per la condensazione e i condotti

di collegamento.

Assieme all‘acido acetico, volatilizzano pure l‘acido carbonico e l‘acido solforoso

(SO2 e derivati) eventualmente presenti nel vino, che contribuiscono quindi a falsare il

dato reale. L‘acido carbonico si allontana dal vino per agitazione prima dell‘operazione

analitica; l‘acido solforoso va determinato a parte, come SO2 totale, e detratto poi dal

dato complessivo: si ottiene l‘acidità volatile reale.

L‘intera analisi risulta piuttosto macchinosa e viene eseguita in due ore circa,

tempo necessario alla distillazione e al raffreddamento. Necessita di abilità manuale e

di 200 ml di vino per una misurazione attendibile. Oltre all‘aspetto prettamente tecnico,

rimane incerta anche la sensibilità e la specificità di tale strumento. Come tutti gli

impianti di distillazione, poi, altro aspetto di non poco conto è la manutenzione e

revisione periodica della macchina, con particolare attenzione agli aspetti di pulizia e

taratura dello strumento.

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Da qui la necessità di sviluppare una tecnica più immediata ed attendibile nelle

risposte, che godesse anche di criteri di specificità nella misura del solo acetato in una

miscela complessa di oltre 800 composti diversi, ovvero il vino, e sensibilità nel

quantificare tale risposta. Un altro aspetto sicuramente importante, è la necessità di

svolgere l‘intera misura in tempi rapidi, con poco quantitativo di reagente e in maniera

pratica da un punto di vista delle operazioni manuali da svolgere.

L‘enzima ACS da noi clonato, espresso e purificato va a sostituire la vecchia

distillazione in corrente di vapore, generando un sistema di analisi sicuramente più

immediato e preciso.

Trattandosi di un sistema di misurazione su base proteica, poi, hanno anche

notevole importanza, gli aspetti caratterizzanti l‘enzima stesso. Si è cercato, quindi, di

ottenere un enzima stabile nel tempo, cioè che non degradasse o che manifestasse

perdita di attività catalitica a distanza di tempo. L‘enzima deve anche essere

termostabile, ovvero non influenzabile dalle temperature, all‘interno di determinati

range, fornendo sempre la stessa risposta. Tale proteina deve essere poi perfettamente

compatibile all‘interno del tampone di misurazione, subendo scarse interferenza da

parte degli altri reagenti (altri enzimi del kit) e dei substrati diversi dall‘acetato.

Nei nostri laboratori, abbiamo cercato di sviluppare tale sistema di misurazione,

secondo i criteri precedentemente elencati. In particolar modo si è cercato di migliorare

un kit diagnostico su base enzimatica esistente, in cui l‘enzima ACS rappresenta

l‘aspetto economicamente rilevante. In un precedente kit, infatti, le tecniche di

ottenimento di tale enzima rappresentavano una spesa che pesava molto nel prezzo

finale di vendita del sistema diagnostico, generando un elevato costo specifico per ogni

lotto commercializzato. Altro criterio, sicuramente ricercato infatti è stato quello del

basso costo rispetto al kit già esistente.

Ad oggi l‘enzima ACS ottenuto soddisfa tali requisiti, e risponde positivamente in

termini di specificità e sensibilità dell‘output, determinando così la conclusione di tale

progetto.

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PARTE SECONDA SCOPO DELLA RICERCA

Il goal primario della nostra ricerca è sicuramente l‘ottenimento dell‘enzima ACS

perfettamente funzionante, e in linea con le richieste di interesse industriale

precedentemente enunciate. La sua completa integrazione in un kit diagnostico nel

comparto agro alimentare, presuppone la messa a punto e il perfezionamento di un

protocollo di ottenimento per tale enzima. Un obiettivo collegato, risulta quindi anche

essere la standardizzazione delle metodiche di ottenimento dell‘ACS ricombinante

secondo un protocollo ben definito, in modo da avviare una produzione di questa

componente del kit, completamente automatizzata per l‘operatore. Per far ciò abbiamo

sfruttato inizialmente alcuni strumenti bioinformatici quali le banche dati genomiche

Genbank ed EMBL/EBI per la ricerca del gene acs di diversi organismi procariotici.

Grande risalto è stato dato anche alle informazioni provenienti dal database Swissprot,

in cui venivano analizzate le sequenze aminoacidiche. In tale maniera abbiamo ottenuto

le sequenze geniche dell‘acs di E. coli, B. subtilis e S. cerevisiae, sui quali abbiamo

concentrato il nostro lavoro. In precedenti lavori, di cui forniremo solo accenni, è stato

sfruttato anche la ricerca delle omologie di sequenza sfruttando Fasta. Questa necessità

si è manifestata durante la ricerca del gene acs di Sulfolobus sulfataricus, esperimento

poi accantonato, che aveva evidenziato 7 ORF ritenute delle acs putative.

Ottenuta la sequenza genica, si è proceduto alle operazioni di clonaggio e

amplificazione genica, introducendo in un secondo momento anche dei siti di

restrizione terminali per poter favorire l‘integrazione di tale sequenza, previa digestione

enzimatica operata da endonucleasi di restrizione, all‘interno di un vettore plasmidico

di espressione. Notevole risalto è stato dato a questa porzione di lavoro. Si è passati

infatti attraverso molti plasmidi, prima di trovare quello ottimale. Allo stato attuale si

utilizza il vettore pET45 che possiede una His-TAG N-terminale che ne favorisce le

successive metodiche di purificazione.

L‘espressione proteica, nel ceppo BL21 di E. coli, in diversi terreni e in varie

condizioni ambientali è stato un altro step molto laborioso: sono state allestite colture

cellulari in terreni completi a diverso tasso aminoacidico e glucidico (LB e YT) e in

terreni a minima concentrazione di nutrienti (M9), risultando questi ultimi in un miglior

profilo di espressione proteica. Altri aspetti sensibili nella fase di espressione proteica

sono sicuramente le temperature di reazione impostate a 37°C e l‘utilizzo di induttori

della trascrizione. Ricordando il precedente capitolo in cui si illustrata lo switch

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dell‘acetato, abbiamo arricchito tali terreni con varie fonti di carbonio, al fine di

identificare il miglior pattern di espressione. Cellule che crescono in acetato, sembrano

manifestare una miglior induzione del sistema di sintesi ACS, rispetto a cellule che

crescono in glucosio. Ciò sicuramente deriva dalla capacità dell‘acetato di attivare il

pathway di assimilazione dell‘acetato AMP-ACS dipendente, e quindi amplificare la

sintesi dello stesso enzima. Sono state approntate diverse condizioni di crescita anche in

funzione del tempo, con durata dell‘induzione proteica da 5 ore e 24 ore, senza

evidenziare marcate differenze.

L‘enzima così espresso è stato purificato e concentrato in una soluzione a pH e

forza ionica ottimale. La metodica di estrazione proteica scelta, è stata quella della

sonicazione a onde ultra soniche, che causa una disgregazione delle membrane

plasmatiche e delle strutture cellulari, rilasciando la frazione proteica di interesse.

Successivi passaggi sono stati la purificazione per affinità del prodotto proteico su

colonne IMAC sfruttando il tag di istidine N-terminali dell‘enzima ricombinante e

l‘integrazione in un buffer di reazione e conservazione idoneo.

Per concludere, l‘intera soluzione è stata saggiata, sia nella condizione di lavoro

industriale che attraverso saggi associati alla riduzione di NAD+ a NADH, di cui

parleremo in dettaglio in seguito.

Passaggi ulteriori saranno l‘allestimento di saggi per quantificare le unità

enzimatiche, attraverso il dosaggio proteico, aspetto questo che conclude il nostro

lavoro prettamente metodologico. Sviluppi auspicabili sono la ricerca di altri geni acs,

provenienti da altri microorganismi, il miglioramento del profilo di espressione degli

enzimi ACS disponibili, nonché il miglioramento delle condizioni di conservazione

dell‘enzima in forme più stabili, quali ad esempio la liofilizzazione.

Tutti gli aspetti sin qui brevemente trattati verranno sviluppati nelle successive

sezioni di questo lavoro, fornendo una visione globale e dettagliata su quanto sinora

studiato e operato sul prodotto genico e sull‘enzima acetil-CoA sintetasi.

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PARTE TERZA MATERIALI E METODI

Il lavoro da noi affrontato può essere definito da 5 fasi sperimentali:

1- Identificazione, isolamento e clonaggio del gene codificante la proteina

bersaglio

2- Espressione in un sistema eterologo

3- Purificazione e caratterizzazione della proteina ricombinante

4- Allestimento di saggi di attività specifici

5- Progettazione, produzione e caratterizzazione di versioni mutate

3.1.1 IDENTIFICAZIONE GENE acs

Una prima indicazione sugli aspetti qualitativi dell‘enzima ACS deriva dal lavoro

di ricerca effettuato all‘interno di banche dati bioinformatiche. In particolar modo, il

primo passo è stato l‘ottenimento della sequenza genica dell‘acs di diversi organismi.

Sfruttando i database primari NCBI e GENBANK (72) siamo stati in grado di ottenere

tali sequenze, che di seguito riportiamo:

acsA di Bacillus subtilis, 1869 bp

(http://www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/viewer.fcgi?db=nuccore&val=50812173)

1 atgaacttga aagcgttacc agcaatagag ggggatcata acttaaaaaa ctatgaagaa

61 acgtaccggc attttgattg ggccgaggca gagaaacatt tctcttggca tgagacaggg

121 aaactgaatg cggcgtatga agcgattgac cgccatgccg aatcgtttcg aaaaaacaaa

181 gtagcgcttt attataaaga cgcaaaaagg gatgaaaaat acacatttaa agaaatgaag

241 gaagaatcaa acagagccgg gaatgtgctg agacggtatg gaaatgtgga aaaaggggac

301 cgcgttttta tttttatgcc gagatcaccc gagctttatt ttattatgct tggcgcaatc

361 aaaattggcg ccatcgccgg gccgctgttc gaagcattta tggagggagc ggtgaaagac

421 cggcttgaaa acagtgaggc aaaggttgtt gtcacaacgc ctgagctgct ggagagaata

481 ccggtagaca aactgcctca cttgcagcat gtcttcgtag tcgggggaga ggctgagagc

541 ggcacgaata tcatcaatta tgatgaagca gcgaaacagg aaagcacaag attggatatc

601 gaatggatgg ataaaaaaga cggctttctg cttcactata catcaggttc cactggtacg

661 ccaaagggcg tgttgcatgt ccatgaagcg atgattcagc aatatcaaac aggaaagtgg

721 gtccttgatt taaaggaaga agacatttat tggtgcacgg ctgatccagg ctgggtgaca

781 ggtacggtat acggcatttt tgcaccgtgg ctgaacggag cgacaaatgt catcgtcggc

841 ggacgtttca gcccggaaag ctggtatgga acgattgaac agcttggcgt caatgtctgg

901 tacagcgcgc cgacagcttt tcggatgctg atgggagcgg gagatgaaat ggctgcgaaa

961 tatgatctaa cttcactccg gcatgtgctc agtgtcggtg agccgctaaa tccggaagtc

1021 atcagatggg gacataaagt ttttaacaaa cgaatccatg atacctggtg gatgaccgaa

1081 acgggcagtc agctcatctg caactatcct tgcatggata ttaaaccggg ttcaatgggt

1141 aagccgattc caggagtgga ggcagcgatc gttgacaatc aaggcaacga gctaccgccg

1201 taccgaatgg gcaatctcgc catcaaaaag ggctggcctt ccatgatgca taccatttgg

1261 aataaccctg aaaagtatga atcgtatttc atgccgggcg gctggtatgt gtctggggat

1321 tctgcttaca tggatgaaga gggatacttt tggttccaag gcagagttga tgacgtcatc

1381 atgacctccg gtgagcgcgt cggcccattt gaagtggaaa gcaagcttgt cgaacatccg

1441 gctattgcag aagcaggcgt tatcggaaag cctgacccgg tgcgtggaga aatcattaaa

1501 gcctttattg cactcaggga aggatttgag ccgtctgata aactgaaaga agagatccgc

1561 ctatttgtaa agcagggtct tgcagcccat gcggctccgc gtgagatcga atttaaagat

1621 aagcttccga aaaccagaag cggaaagatc atgaggcgcg tgctgaaggc atgggagctt

1681 aatctgccgg ctggagatct gtcaacaatg gaggattaa

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acs di Escherichia coli strain K12, 1959 bp

(http://www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/viewer.fcgi?db=nuccore&val=49175990)

1 atgagccaaa ttcacaaaca caccattcct gccaacatcg cagaccgttg cctgataaac

61 cctcagcagt acgaggcgat gtatcaacaa tctattaacg tacctgatac cttctggggc

121 gaacagggaa aaattcttga ctggatcaaa ccttaccaga aggtgaaaaa cacctccttt

181 gcccccggta atgtgtccat taaatggtac gaggacggca cgctgaatct ggcggcaaac

241 tgccttgacc gccatctgca agaaaacggc gatcgtaccg ccatcatctg ggaaggcgac

301 gacgccagcc agagcaaaca tatcagctat aaagagctgc accgcgacgt ctgccgcttc

361 gccaataccc tgctcgagct gggcattaaa aaaggtgatg tggtggcgat ttatatgccg

421 atggtgccgg aagccgcggt tgcgatgctg gcctgcgccc gcattggcgc ggtgcattcg

481 gtgattttcg gcggcttctc gccggaagcc gttgccgggc gcattattga ttccaactca

541 cgactggtga tcacttccga cgaaggtgtg cgtgccgggc gcagtattcc gctgaagaaa

601 aacgttgatg acgcgctgaa aaacccgaac gtcaccagcg tagagcatgt ggtggtactg

661 aagcgtactg gcgggaaaat tgactggcag gaagggcgcg acctgtggtg gcacgacctg

721 gttgagcaag cgagcgatca gcaccaggcg gaagagatga acgccgaaga tccgctgttt

781 attctctaca cctccggttc taccggtaag ccaaaaggtg tgctgcatac taccggcggt

841 tatctggtgt acgcggcgct gacctttaaa tatgtctttg attatcatcc gggtgatatc

901 tactggtgca ccgccgatgt gggctgggtg accggacaca gttacttgct gtacggcccg

961 ctggcctgcg gtgcgaccac gctgatgttt gaaggcgtac ccaactggcc gacgcctgcc

1021 cgtatggcgc aggtggtgga caagcatcag gtcaatattc tctataccgc acccacggcg

1081 atccgcgcgc tgatggcgga aggcgataaa gcgatcgaag gcaccgaccg ttcgtcgctg

1141 cgcattctcg gttccgtggg cgagccaatt aacccggaag cgtgggagtg gtactggaaa

1201 aaaatcggca acgagaaatg tccggtggtc gatacctggt ggcagaccga aaccggcggt

1261 ttcatgatca ccccgctgcc tggcgctacc gagctgaaag ccggttcggc aacacgtccg

1321 ttcttcggcg tgcaaccggc gctggtcgat aacgaaggta acccgctgga gggggccacc

1381 gaaggtagcc tggtaatcac cgactcctgg ccgggtcagg cgcgtacgct gtttggcgat

1441 cacgaacgtt ttgaacagac ctacttctcc accttcaaaa atatgtattt cagcggcgac

1501 ggcgcgcgtc gcgatgaaga tggctattac tggataaccg ggcgtgtgga cgacgtgctg

1561 aacgtctccg gtcaccgtct ggggacggca gagattgagt cggcgctggt ggcgcatccg

1621 aagattgccg aagccgccgt agtaggtatt ccgcacaata ttaaaggtca ggcgatctac

1681 gcctacgtca cgcttaatca cggggaggaa ccgtcaccag aactgtacgc agaagtccgc

1741 aactgggtgc gtaaagagat tggcccgctg gcgacgccag acgtgctgca ctggaccgac

1801 tccctgccta aaacccgctc cggcaaaatt atgcgccgta ttctgcgcaa aattgcggcg

1861 ggcgatacca gcaacctggg cgatacctcg acgcttgccg atcctggcgt agtcgagaag

1921 ctgcttgaag agaagcaggc tatcgcgatg ccatcgtaa

acs1 di Saccharomyces cerevisiae, cromosoma 1, 2142 bp

(http://www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/viewer.fcgi?val=NC_001133)

1 atgtcgccct ctgccgtaca atcatcaaaa ctagaagaac agtcaagtga aattgacaag

61 ttgaaagcaa aaatgtccca gtctgccgcc actgcgcagc agaagaagga acatgagtat

121 gaacatttga cttcggtcaa gatcgtgcca caacggccca tctcagatag actgcagccc

181 gcaattgcta cccactattc tccacacttg gacgggttgc aggactatca gcgcttgcac

241 aaggagtcta ttgaagaccc tgctaagttc ttcggttcta aagctaccca atttttaaac

301 tggtctaagc cattcgataa ggtgttcatc ccagacccta aaacgggcag gccctccttc

361 cagaacaatg catggttcct caacggccaa ttaaacgcct gttacaactg tgttgacaga

421 catgccttga agactcctaa caagaaagcc attattttcg aaggtgacga gcctggccaa

481 ggctattcca ttacctacaa ggaactactt gaagaagttt gtcaagtggc acaagtgctg

541 acttactcta tgggcgttcg caagggcgat actgttgccg tgtacatgcc tatggtccca

601 gaagcaatca taaccttgtt ggccatttcc cgtatcggtg ccattcactc cgtagtcttt

661 gccgggtttt cttccaactc cttgagagat cgtatcaacg atggggactc taaagttgtc

721 atcactacag atgaatccaa cagaggtggt aaagtcattg agactaaaag aattgttgat

781 gacgcgctaa gagagacccc aggcgtgaga cacgtcttgg tttatagaaa gaccaacaat

841 ccatctgttg ctttccatgc ccccagagat ttggattggg caacagaaaa gaagaaatac

901 aagacctact atccatgcac acccgttgat tctgaggatc cattattctt gttgtatacg

961 tctggttcta ctggtgcccc caagggtgtt caacattcta ccgcaggtta cttgctggga

1021 gctttgttga ccatgcgcta cacttttgac actcaccaag aagacgtttt cttcacagct

1081 ggagacattg gctggattac aggccacact tatgtggttt atggtccctt actatatggt

1141 tgtgccactt tggtctttga agggactcct gcgtacccaa attactcccg ttattgggat

1201 attattgatg aacacaaagt cacccaattt tatgttgcgc caactgcttt gcgtttgttg

1261 aaaagagctg gtgattccta catcgaaaat cattccttaa aatctttgcg ttgcttgggt

1321 tcggtcggtg agccaattgc tgctgaagtt tgggagtggt actctgaaaa aataggtaaa

1381 aatgaaatcc ccattgtaga cacctactgg caaacagaat ctggttcgca tctggtcacc

1441 ccgctggctg gtggtgttac accaatgaaa ccgggttctg cctcattccc cttcttcggt

1501 attgatgcag ttgttcttga ccctaacact ggtgaagaac ttaacaccag ccacgcagag

1561 ggtgtccttg ccgtcaaagc tgcatggcca tcatttgcaa gaactatttg gaaaaatcat

1621 gataggtatc tagacactta tttgaaccct taccctggct actatttcac tggtgatggt

1681 gctgcaaagg ataaggatgg ttatatctgg attttgggtc gtgtagacga tgtggtgaac

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1741 gtctctggtc accgtctgtc taccgctgaa attgaggctg ctattatcga agatccaatt

1801 gtggccgagt gtgctgttgt cggattcaac gatgacttga ctggtcaagc agttgctgca

1861 tttgtggtgt tgaaaaacaa atctagttgg tccaccgcaa cagatgatga attacaagat

1921 atcaagaagc atttggtctt tactgttaga aaagacatcg ggccatttgc cgcaccaaaa

1981 ttgatcattt tagtggatga cttgcccaag acaagatccg gcaaaattat gagacgtatt

2041 ttaagaaaaa tcctagcagg agaaagtgac caactaggcg acgtttctac attgtcaaac

2101 cctggcattg ttagacatct aattgattcg gtcaagttgt aa

I genomi di B. subtilis, E. coli e S. cerevisiae, sono noti e completamente

sequenziati, quindi siamo stati in grado di ottenere delle sequenze sicure e univoche che

si riferissero al gene acs da noi cercato. Gli sviluppi su acs di E. coli sono stati portati a

termine con successo nel precedente lavoro e qui riporteremo solo le fasi salienti. Altre

sequenze geniche da noi indagate, in lavori passati, sono quelle di Sulfolobus

sulfataricus, Listeria monocytogenes, Pseudomonas aeruginosa, Methanotrix.

Purtroppo, per diversi motivi, questi sviluppi sono stati abbandonati, mentre il lavoro

principale si è concentrato su acs di B. subtilis, gene di riferimento.

3.1.2 ISOLAMENTO E CLONAGGIO

Si è scelto di isolare i geni utilizzando il metodo di clonaggio diretto tramite PCR

(polimerase chain reaction). Il primo step è stata la formulazione di primers

oligonucleotidici complementari alle estremità 3‘ del filamento codificante (primer

forward o F) e 5‘ del filamento antiparallelo (primer reverse o R). Sono stati così

disegnate le seguenti sequenze nucleotidiche con i codoni di inizio e termine

trascrizione sottolineati:

acs di B. subtilis

ACSBac forward: GCATGAACTTGAAAGCGTTACCAGCAATAGAGG

ACSBac reverse: CTTTTAATCCTCCATTGTTGACAGATCTCCAGCC

acs di E. coli

ACScoli forward: GCATGAGCCAAATTCACAAACACACCATTCCTGC

ACScoli reverse: CAATTGTGGGTTACGATGGCATCGCGATAGC

acs di S. cerevisiae

ACSyeast forward: ATGTCGCCCTCTGCCGTACAATCATC

ACSyeast reverse: TACAACTTGACCGAATCAATTAGATGTCTAACAATGC

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I primers così formulati hanno una lunghezza di circa 30 nucleotidi, che consente

un appaiamento stabile con il DNA parentale. Il calcolo della temperatura di melting

(Tm) definita come la temperatura alla quale la metà del DNA in soluzione si trova

nello stato a doppia elica e la metà in quello denaturato, è calcolata seguendo una

formula empirica:

Tm = 64.9°C + 41°C x [%(G+C)] – N/500

Dove G e C sono rispettivamente il contenuto in guanine e citosine, mentre N è il

numero totale di basi. Egualmente importante risulta essere la temperatura di annealing

(Ta) , in cui avviene l‘appaiamento tra filamenti singoli di DNA. In PCR è necessaria

per mediare un corretto appaiamento tra oligonucleotidi e DNA templato, prima che la

Taq Polimerasi catalizzi la fase di elongazione. La miscela di reazione per la PCR viene

così preparata:

DNA 6 l

Primers 16 l

miscela: 2 l F + 2 l R + 96 l H2O

dNTP 10mM 10 μl

AccuTaq buffer 10x 20 l

H2O 148 l

AccuTaq polimerasi (1U/μl) 6 l

Tale miscela è stata poi suddivisa in 4 provette da 50 μl e sottoposta alla reazione

di amplificazione utilizzando un apparecchio termostatato ad effetto Peltier (GenAmp

PCR System 2400-Perkin Elmer). La versione della Taq polimerasi utilizzata in questa

fase è l‘AccuTaq, DNA-polimerasi termostabile specifica per le reazioni di PCR,

caratterizzata da una più bassa frequenza d‘errore.

Le variabili su cui abbiamo lavorato in questa fase della clonazione, sono la Ta e il

numero di cicli. Sono state fatte diverse prove, prima di impostare come ideale la

Ta=66°C e un numero di cicli x=25 per B. subtilis. Per E. coli Ta=70°C e x=25.

Per S. cerevisiae Ta=64°C e x=30 cicli1. Primers diversi posseggono Ta diverse. La

durata di ogni singola fase di PCR e le altre temperature di reazione sono riportate in

figura.

1 Per ACSyeast viene impostata una durata della fase di elongazione pari a 2‘

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Meccanismo della reazione

polimerasica a catena (PCR)

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3.1.3 CONTROLLO IN ELETTROFORESI SU GEL D’AGAROSIO

Per verificare se il frammento di DNA, nel nostro caso il gene acs, è stato

amplificato, si procede con un‘analisi su gel di agarosio allo 0,8%.

Per la preparazione del gel analitico allo 0,8% si pesano 240 mg agarosio che

vengono disciolti in 30 ml di tampone TAE 1X (Tris-acetato-EDTA buffer) e portati ad

ebollizione; quando la soluzione diventa limpida si lascia raffreddare e si aggiungono

1,5 l di bromuro di etidio (10 mg/ml), un agente intercalante che mette in evidenza le

bande del DNA quando il gel viene sottoposto ad irraggiamento con lampada

ultravioletta poichè in grado di emettere luce fluorescente.

Per l‘analisi si prelevano 5l di DNA da ogni provetta dell‘amplificato e vi si

aggiungono 1l di Loading Dye 6X, una soluzione contenente glicerolo che facilita

l‘introduzione del campione nei pozzetti del gel. Oltre ai campioni viene caricato anche

il marker dei pesi molecolari GeneRulertm

1 kb DNA Ladder. La corsa viene condotta

per 45 minuti a 80V e una volta terminata, il gel viene irradiato con lampada UV per

visualizzare i frammenti di DNA presenti nell‘amplificato.

Grazie alla presenza del marcatore è possibile determinare la lunghezza del

filamento amplificato e verificare se corrisponde a quella del gene di interesse; inoltre

l‘intensità della luminescenza dà un‘indicazione sulla concentrazione del frammento

amplificato.

3.1.4 PURIFICAZIONE DEL DNA AMPLIFICATO

Il passaggio di estrazione e purificazione del DNA, è necessario per massimizzare

la quantità di frammento amplificato, eliminando il materiale genetico che interferisce,

come nucleotidi liberi, frammenti non di interesse, primers e Taq Polimerasi stessa.

acsBAC: Gel d‘agarosio relativo alla prima

reazione di amplificazione del gene acs

con PCR.

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Il primo passaggio è la preparazione di un gel allo 0,8% con 400 mg di agarosio

disciolto in 50 ml di tampone TAE 10X, in cui vengono caricati 400 µl totali di

prodotto della prima PCR, suddivisi in 30 µl per ogni pozzetto. La corsa elettroforetica

avviene a 80 V per circa 1 h. Per la purificazione è stato utilizzato il kit MiniElute Gel

Extraction della Quiagen, specifico per i frammenti di DNA con una lunghezza

compresa tra 70 bp e 4 kb.

Le operazioni previste dal protocollo possono essere così schematizzate:

tagliare la banda del gel contenente il frammento. È opportuno prelevare la

massima quantità di gel con il materiale genetico e limitare quella di gel

pulito;

pesare la banda con il DNA ed aggiungere 3 volumi di tampone QG, in modo

da portare il gel in fase liquida;

incubare la soluzione a 50°C per 10‘, o almeno per il tempo necessario a far

dissolvere completamente il gel; per aiutare la dissoluzione è possibile

mescolare la soluzione ogni 2-3‘. Il tampone QG contiene un indicatore di pH

che conferisce a questo una colorazione gialla (pH 7,5); se, una volta avvenuta

la dissoluzione del gel, la colorazione resta tale, si avrà la massima affinità del

DNA con la resina presente nella colonna; se, invece, il colore della soluzione

vira al violetto, allora è necessario aggiungere un piccolo volume di acetato di

sodio 3 M a pH 5, per riportare il pH al valore ottimale;

aggiungere 1 volume di isopropanolo alla soluzione e mescolare per

inversione;

inserire la colonna miniElute in una provetta da 2 ml. Questa colonna è

costituita da una matrice di silice a cui il DNA si lega attraverso diversi tipi di

interazioni;

caricare il campione in colonna, centrifugare per 1‘ e scartare il non-affine.

Poiché la colonna ha una capacità massima di 800 μl, è necessario caricare il

campione in più passaggi;

aggiungere 500 μl di tampone QG alla colonna, centrifugare per 1 minuto e

scartare il filtrato;

lavare la colonna con 750 μl di tampone PE e scartare il liquido di lavaggio. È

consigliabile procedere con un‘ulteriore centrifugazione a 13.000 rpm per

eliminare eventuali tracce di etanolo;

lasciare a temperatura ambiente per almeno 10‘ per permettere all‘etanolo di

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evaporare naturalmente;

eluire il DNA con 200 μl di tampone EB (10 mM Tris/HCl, pH 8,5) o H2O

posti al centro della resina e lasciati a riposo per almeno 1 minuto, per

permettere la completa idratazione della matrice.

Una volta raccolto l‘eluato della colonna si procede ad un controllo elettroforetico

in gel di agarosio analitico allo 0,8%, per verificare l‘avvenuta purificazione del

frammento.

3.1.5 INSERIMENTO DEI SITI DI RESTRIZIONE

Il frammento genico proveniente dalla prima PCR, viene amplificato nuovamente,

utilizzando stavolta dei primers che contengono al loro interno dei siti di restrizione

unici non presenti nel gene acs, sensibili alla digestione enzimatica operata da

endonucleasi di restrizione, nella successiva fase. Le sequenze nucleotidiche di tali siti

di restrizione, non compaiono all‘interno del gene acs, in modo da impedire il taglio di

quest‘ultimo in una regione intragenica. Sono stati così formulati i seguenti primers con

i siti unici di restrizione sottolineati:

acs di B. subtilis Sito

ACSBac forward: GAACCATGGACTTGAAAGCGTTACCAGCAATAG

ACSBac reverse: GGGGAATTCTTAATCCTCCATTGTTGACAGATC

NcoI

EcoRI

acs di E. coli Sito

ACScoli forward: GTGAATTCTGGGTTACGATGGCATCGCGATAGC

ACScoli reverse: GGCCATGGGCCAAATTCACAAACACACCATTCC

EcoRI

NcoI

acs di S. cerevisiae Sito

ACSyeast forward: ATACCATGGCGCCCTCTGCCGTAC

ACSyeast reverse: GGGAATTCTTACAACTTGACCGAATCAATTAGATG

NcoI

EcoRI

Anche in questo caso è stata preparata una miscela del volume di 200 μl che è

stata successivamente ripartita in 4 provette da 50 μl:

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DNA 4 l

Primers 16 l miscela: 2 l F + 2 l R + 96 l

H2O

dNTP 10mM 10 μl

AccuTaq buffer 10x 20 l

H2O 150 l

AccuTaq polimerasi (1U/μl) 6 l

Nella seconda PCR, solitamente si imposta la Ta su valori più bassi, poichè

diminuisce il livello di complementarietà tra oligonucleotidi e templato, a causa

dell‘introduzione dei siti di restrizione che non esistono nel DNA parentale ovvero il

DNA prodotto dalla prima PCR. Diminuendo la Ta , quindi, si aumenta la stabilità

dell‘appaiamento e diminuisce la probabilità di associazioni non corrette. Vengono

quindi impostate le seguenti Ta, mentre il numero di cicli viene impostato su 25. Gli

altri parametri, ovvero la temperatura e la durata della altre fasi di PCR rimangono

speculari alla prima amplificazione:

ACSBac 56°C

ACScoli 62°C

ACSyeast2

64°C

Successivamente si procede all‘analisi per elettroforesi in gel d‘agarosio allo

0,8% per valutare la bontà dell‘avvenuta amplificazione genica.

2 Per ACSyeast viene impostata una durata della fase di elongazione pari a 2‘

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3.1.5.1 PURIFICAZIONE DEL FRAMMENTO

CONTENENTE I SITI DI RESTRIZIONE

La purificazione viene effettuata utilizzando il kit MiniElute Gel Extraction della

Quiagen, seguendo la procedura illustrata in precedenza. Un nuovo controllo

elettroforetico ci dà infine conferma della buona riuscita del processo. A seguito

dell‘eluizione in 200 µl di EB, avremo una soluzione concentrata di DNA contenente i

siti unici di restrizione, sensibili al successivo passaggio enzimatico con endonucleasi

di restrizione, più semplicemente definito ―digestione‖.

3.1.5.2 DIGESTIONE DEL FRAMMENTO

AMPLIFICATO, CON ENZIMI DI RESTRIZIONE

La digestione è quel passaggio che rende le estremità della sequenza genica da noi

amplificata, complementari a quelle di un vettore plasmidico, necessario nelle

successive fasi della clonazione. Tale vettore infatti, a seguito di una reazione di

ligazione potrà integrare correttamente tale sequenza genica ed essere utilizzato come

vettore di espressione o per la costruzione di una libreria genica. Il vettore così trattato

viene definito correttamente processato.

Importante risulta quindi essere il passaggio catalizzato dalle endonucleasi di

restrizione o deossoribonucleasi. Tali enzimi riconoscono una sequenza consuensus di

circa 8 basi, all‘interno della doppia elica di DNA da digerire, differente per ogni

enzima. Il successivo passaggio è l‘idrolisi tra due nucleotidi prossimali a livello del

gruppo fosfato al 5‘, restituendo di fatto, due frammenti di DNA. Tali enzimi

riconoscono come target, delle sequenze palindromiche, ovvero identiche se lette

secondo la stessa polarità nei due filamenti, ed operano un taglio nucleotidico allo

stesso livello dei due filamenti. Per tale motivo, gran parte delle endonucleasi sono

dimeri che restituiscono dei frammenti di DNA definiti con estremità coesive o ―sticky

ends‖.

La doppia digestione, che prevede l‘uso contemporaneo di due enzimi di

restrizione diversi, rende necessaria la scelta di un tampone di reazione che sia ottimale

per entrambi. Consultando tabelle di compatibilità fornite dalla casa produttrice di

enzimi, è possibile scegliere il tampone ottimale per ogni coppia di enzimi. Nel nostro

caso viene utilizzato il buffer H che fornisce un ambiente a forza ionica e pH

compatibile per la coppia di enzimi da noi utilizzata.

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Il buffer H è disponibile in forma dieci volte concentrata e viene aggiunto nella

misura di 1:10 del volume totale della miscela di reazione finale.

Il DNA acsBac3 viene digerito trattandolo in questo modo:

DNA 180 μl

buffer H 10X 20 μl

enzima di restrizione NcoI

(10U/μl)

2,5 μl

enzima di restrizione EcoRI

(10U/μl)

2,5 μl

La digestione viene condotta a 37°C over night e viene successivamente verificata

con una corsa elettroforetica su gel d‘agarosio allo 0,8%.

Al fine di rimuovere le tracce di enzimi e di concentrare il DNA, il campione è

stato purificato seguendo il seguente protocollo, previsto dal kit NucleoSpin Extract II:

• aggiungere al campione due volumi di tampone NT;

• inserire la colonna NucleoSpin in una provetta da 2 ml e caricare il campione;

• centrifugare a 13.000 rpm per 1‘ e scartare il filtrato;

3 Le quantità sono equivalenti anche per acscoli e acsyeast

B. subtilis NcoI C↓

CATGG

GGTAC↑ C

F

EcoRI G↓

AATTC

CTTAA↑ G

R

E. Coli NcoI C↓

CATGG

GGTAC↑ C

F

EcoRI G↓

AATTC

CTTAA↑ G

R

S. Cerevisiae NcoI C↓

CATGG

GGTAC↑ C

F

EcoRI G↓

AATTC

CTTAA↑ G

R

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• aggiungere 600 μl di tampone NT3, centrifugare a 13.000 rpm per 1 minuto e

scartare il filtrato;

• centrifugare a 13.000 rpm per 2‘ per rimuovere totalmente il tampone NT3.

Poichè eventuali tracce di etanolo, contenuto nel tampone NT3, potrebbero

interferire con i passaggi successivi, questo deve essere rimosso; in aggiunta

alla centrifugazione, quindi, si può procedere con un‘incubazione della

colonna a 70°C per 2-5‘ prima dell‘eluizione;

• porre la colonna in una provetta da 1,5 ml pulita; aggiungere 50 μl di tampone

di eluizione NE ed incubare a temperatura ambiente per 1 minuto per

aumentare la quantità di DNA eluito;

• centrifugare a 13.000 rpm per 1 minuto.

Si ottiene, così, un volume di eluato di 50 µl finale, in cui è utile andare a stimare

la concentrazione del gene acs purificato. Viene approntato un saggio di stima diretta,

per confronto con delle quantità scalari di DNA campione, da analizzare in gel

d'agarosio. Il DNA così preparato può venire conservato per un periodo di qualche

mese a -20°C senza problemi.

3.1.6 OTTENIMENTO DEL VETTORE pET-29/acsBac

3.1.6.1 PREPARAZIONE DEL VETTORE pET-29

Il vettore di clonazione utilizzato in questa fase del nostro lavoro è il pET-294.

Il pET-29 è un plasmide facilmente lavorabile, caratterizzato da un sito multiplo

di clonaggio (MCS), un gene per la resistenza all'antibiotico kanamicina (kan), un

origine autonoma di replicazione(ori) e un promotore specifico per la RNA-polimerasi

del fago T7 che opera il controllo trascrizionale.

4 Nei precedenti lavori è stato utilizzato il plasmide pJET – ampicillina resistente

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Il plasmide viene digerito con gli stessi enzimi di restrizione utilizzati per il

frammento al fine di creare estremità coesive compatibili per la successiva reazione di

ligasi. Viene così creato un vettore linearizzato.

La miscela di reazione è la seguente:

pET-29 90 μl

buffer H 10x 10 μl

enzima di restrizione EcoRI (10U/μl) 2,5 μl

enzima di restrizione NcoI (10U/μl) 2,5 μl

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Come visto in precedenza la digestione viene condotta a 37°C overnight.

Successivamente si verifica l‘avvenuta digestione tramite gel analitico allo 0,8% e si

procede con la purificazione utilizzando il kit MiniElute Gel Extraction.

Al fine di evitare che il plasmide si richiuda su se stesso nella successiva fase di

ligazione, è necessaria un digestione in fosfatasi alcalina (AP). Questa reazione

catalizza l'idrolisi del gruppo fosfato terminale, nei nucleotidi all'estremità in cui è

avvenuto il taglio, garantendo di fatto che il vettore linearizzato non trovi le strutture

ideali per una eventuale autoligazione.

pET-29 linearizzato 90 μl

buffer AP 10x 10 μl

AP (1U/μl) 2 μl

La miscela è stata tenuta a 37°C per tutta la notte e successivamente purificata per

eliminare l‘enzima ed eventuali agenti interferenti.

Tramite un ulteriore passaggio di purificazione (Nucleobond filters) eliminiamo

nucleotidi liberi ed enzimi, ottenendo il vettore pronto per la ligazione successiva,

caratterizzato da:

• Estremità acsBac5

• Basso numero di vettori richiusi su se stessi

• Assenza di agenti interferenti

5 pET-29 digerito è compatibile sia con acsBac che con acscoli e acsyeast

Figura 3 6 Gel d‘agarosio relativo alla digestione del plasmide e

del frammento acsBac amplificato con la seconda PCR. (1) e (2)

sono i frammenti (1869 bp.); (3), plasmide (5371 bp); (L), DNA

Ladder.

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Faccio una stima della concentrazione di DNA diretta, tramite analisi in gel

d'agarosio allo 0,8% per quantificare il materiale genetico purificato.

3.1.6.2 LIGASI pET-29 e acsBac DIGERITI NcoI e EcoRI

Dopo aver digerito frammento e plasmide con gli stessi enzimi di restrizione, si

procede con la ligazione, il passaggio attraverso il quale il gene dell‘acs viene inserito

all‘interno del vettore di clonazione. La miscela di reazione viene così allestita:

prova controllo

vettore pET-29 2 μl 2 μl

inserto acs 5 μl

buffer 10X diluito 1:10 rispetto al volume finale

2,5 μl 2,5 μl

H2O 15,5 μl 20,5 μl

ligasi T4 (400U/μl) 0,5 μl 0,5 μl

La miscela viene posta in bagnetto termostatato a 16°C over night.

Contemporaneamente è stata preparata anche una miscela di controllo, nella quale

i 5 μl di inserto sono sostituiti da un‘uguale quantità di H2O; questa operazione è

indispensabile per verificare la capacità del vettore di chiudersi su se stesso e poter

valutare successivamente alla trasformazione, quale è la probabilità che vi siano nella

prova colonie in grado di esprimere la proteina. Poiché vettori che tendono ad

autoligarsi, hanno minore capacità di accogliere al loro interno il frammento, un

numero alto di colonie nel controllo sarà indice di un processo di ligazione scarsamente

efficiente nella prova e quindi di una minore probabilità di trovare in questa colonie di

cloni ricombinanti.

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3.1.6.3 TRASFORMAZIONE DI CELLULE DI E. coli CEPPO

DH5α6 CON pET-29/acsBac

Con la trasformazione, il plasmide contenente il gene acs (pET-29/acsBac) è stato

introdotto all‘interno di cellule batteriche.

In questa fase del nostro lavoro, lo scopo principale era quello di amplificare il

prodotto di ligazione; per questo motivo abbiamo scelto di trasformare cellule di E.coli

del ceppo DH5α (cellule competenti) che presentano una notevole capacità di

replicazione nei confronti del plasmide introdotto.

La procedura viene condotta in condizioni di assoluta sterilità:

• scongelare su ghiaccio le cellule competenti (conservate a -80°C);

• aliquotare 80 μl di cellule (corrispondenti a 108 cellule) in provette sterili;

• aggiungere il DNA in quantità compresa tra 25 μl;

• incubare su ghiaccio per 20‘;

• procedere con lo shock termico incubando a 37°C per 2‘;

• aggiungere 900 μl di terreno LB preriscaldato a 37°C;

• incubare a 37°C per 20‘;

• centrifugare a 3.000 rpm per 2-3‘;

• aspirare 900 μl del supernatante;

• risospendere il precipitato con il supernatante residuo;

• seminare su piastra agar-LB contenente kanamicina 30 mg/ml, in quanto il

vettore utilizzato contiene il gene per la resistenza a questo antibiotico;

• incubare le piastre per tutta la notte a 37°C.

La stessa procedura viene seguita utilizzando la miscela di controllo contenente il

solo vettore pET-29 senza inserto

3.1.6.4 SCREENING DELLE COLONIE DH5α /pET-29/acsBac

Una volta cresciute le colonie, si valuta quella che è stata l‘efficienza del processo

di ligazione, osservando il numero delle colonie cresciute nella piastra di controllo.

L‘informazione che ci viene data dalla piastra di controllo è solo di carattere statistico,

e serve sostanzialmente per valutare se intervenire su un processo di ligazione

scarsamente efficace, al fine di aumentare la probabilità di avere colonie di cloni

6 Nei precedenti lavori è stato scelto il ceppo JM109 di E. coli

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ricombinanti nella piastra di prova. Per avere delle certezze, cioè per valutare quale di

queste contenga effettivamente il plasmide ricombinante, dobbiamo effettuare uno

screening. A tal fine, alcune colonie della piastra di prova vengono scelte a caso ed

utilizzate per la preparazione di colture da cui verranno in seguito estratti i plasmidi da

analizzare.

Operando in condizioni di sterilità, si preleva dalla piastra di prova una colonia,

con il filo di platino, e si mette a crescere in 20 ml di terreno LB contenente 20 μl di

kanamicina in modo da favorire la crescita delle cellule che contengono il plasmide e

che presentano quindi il gene per la resistenza a questo antibiotico. Dopo 24 ore di

crescita in agitazione a 37°C, la coltura viene sottoposta al protocollo di purificazione

per l‘estrazione del plasmide previsto dal kit GenElute miniprep plasmid purification

(sigma):

• centrifugare a 5.000 rpm per 10‘ e scartare il supernatante;

• risospendere il pellet con 200 μl di Resuspension Solution;

• lisare le cellule risospese con 200 μl di Lysis Solution;

• mescolare 7 volte per inversione ed attendere 3‘ a temperatura ambiente;

poiché la soluzione di lisi contiene NaOH, non prolungare oltre il contatto di

questa con il campione per evitarne la denaturazione;

• aggiungere 350 μl di Neutralizing/Binding Solution;

• mescolare 4-6 volte per inversione e centrifugare a 12.000 rpm per 10‘; in

questo modo vengono allontanati i detriti cellulari, le proteine, i lipidi, l‘SDS e

il DNA genomico. Se il supernatante ottenuto non è abbastanza limpido,

procedere con un ulteriore step di centrifugazione;

• attivare la colonna con 500 μl di Column Preparation Solution, centrifugare la

colonna a 12.000 rpm per 1 minuto e scartare il filtrato; con questo passaggio

si massimizza la capacità di legame della membrana;

• trasferire il supernatante nella colonna e centrifugare a 12.000 rpm per 1

minuto; ripetere questa operazione per 3 volte per legare alla membrana tutto

il DNA;

• scartare il filtrato e aggiungere 500 μl di Optional Wash Solution;

• centrifugare a 12.000 rpm per 1 minuto e scartare il liquido;

• aggiungere 750 μl di Wash Solution e centrifugare a 12.000 rpm per 1 minuto;

• lasciare all‘aria per far evaporare tutto l‘etanolo;

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• eluire il DNA con 100 μl di Elution Solution senza EDTA e centrifugare a

12.000 rpm per 1 minuto; ripassare l‘eluato sulla colonna per due volte

lasciando incubare per 5‘ prima di centrifugare.

Dei 100 μl di soluzione contenente pET-29/acs, un‘aliquota è stata sottoposta a

digestione con gli enzimi di restrizione precedentemente utilizzati per verificare quale

delle colonie da noi scelte contenesse il vettore con l‘inserto.

La miscela di digestione è la seguente:

plasmide pET-29/acs 8 μl

buffer OPA 10x 2 μl

EcoRI (10U/μl) 0,5 μl

NcoI (10U/μl) 0,5 μl

Dopo un‘ora a 37°C, la stessa miscela viene sottoposta a corsa elettroforetica su

gel d‘agarosio allo 0‘8% .

3.1.6.5 AMPLIFICAZIONE DEL VETTORE RICOMBINANTE

pET-29/acsBac IN CELLULE DH5α

Dei 4 cloni analizzati visti in precedenza scegliamo di amplificare il clone 17.

Utilizziamo quindi il plasmide estratto da questo clone per ritrasformare cellule DH5α

seguendo la stessa procedura già vista nel paragrafo 3.1.6.3. Il clone trasformato viene

prelevato e cresciuto in un terreno di coltura con selezione negativa.

7 Il lavoro sul pET-29/acsBac1 (clone 1) è stato completamente sviluppato in un precedente lavoro.

Gel d‘agarosio relativo allo screening

effettuato su 4 colonie di cloni

trasformati col prodotto di ligazione.

Come si può notare, le colonie 1,3 e 4

sono quelle che contengono il vettore

con l‘inserto.

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Operando in condizioni di sterilità, prepariamo l‘inoculo, una pre-coltura,

operando nel seguente modo: si preleva dalla piastra una colonia con il filo di platino e

si mette a crescere in 10 ml di terreno LB contenente 10 μl di kanamicina (30 mg/ml).

Dopo 4-6 ore di crescita in agitazione a 37°C, versiamo i 10 ml di inoculo in una

beuta contenente 115 ml di terreno LB (precedentemente equilibrato a 37°C) e 115 μl

di kanamicina (30 mg/ml).

La coltura così ottenuta viene lasciata in agitazione a 37°C over night e in seguito

sottoposta al protocollo di purificazione per l‘estrazione del plasmide previsto dal kit

NucleoBond AX100 (Macherey-Nagel).

I passaggi di tale processo sono i seguenti:

• centrifugare a 5.000 rpm per 10‘ a 4°C;

• risospendere il precipitato con 4 ml di S1;

• aggiungere 4 ml di buffer S2 (soluzione di lisi), risospendere per inversione e

lasciare a temperatura ambiente per 5‘;

• aggiungere 4 ml della soluzione neutralizzante S3, risospendere per inversione

e lasciare su ghiaccio per 5‘;

• centrifugare a 12.000 rpm per 25‘ a 4°C;

• prelevare il supernatante ed applicarlo alla colonna a scambio ionico,

preventivamente equilibrata con il tampone di equlibratura N2;

• eluire completamente e scartare il filtrato;

• lavare la colonna per 2 volte con 5 ml del tampone di lavaggio N3;

• eluire il campione con 5 ml del tampone di eluizione N5;

• aggiungere all‘eluato 3,6 ml di isopropanolo a temperatura ambiente;

• centrifugare a 12.000 rpm per 30‘ a 4°C;

• scartare il supernatante, lavare il precipitato con 1 ml di etanolo al 70% e

centrifugare a 15.000 rpm per 10‘ a 4°C;

• scartare il supernatante e lasciar asciugare all‘aria;

• risospendere il precipitato in tampone EB;

Una volta terminata la purificazione si effettua una digestione con gli enzimi di

restrizione NcoI-EcoRI seguita da un controllo elettroforetico su gel di agarosio allo

0,8%.

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TAMPONE COMPOSIZIONE

S1 50 mM Tris/HCl, 10 mM EDTA; 100 µg RNasiA/ml pH 8

S2 200 mM NaOH, 1% SDS

S3 2,80 M KAc, pH 5,1

N1 100 mM Tris/H3PO4, 15% etanolo, 400 mM KCl, pH 6,3

N2 100 mM Tris/H3PO4, 15% etanolo, 900 mM KCl, pH 6,3,

0,15% Triton X-100

N3 100 mM Tris/H3PO4, 15% etanolo, 1150 mM KCl, pH 6,3

N5 100 mM Tris/H3PO4, 15% etanolo, 1000 mM KCl, pH 8,5

3.1.7 OTTENIMENTO DEL VETTORE pET-29/acsYeast

Una procedura identica è stata seguita anche per acsyeast, e il vettore ricombinante

pET-29/acsyeast amplificato in cellule DH5α, è stato ottenuto e tuttora conservato per

un‘ulteriore serie di esperimenti. In questo lavoro, come detto in precedenza, verrà dato

risalto soprattutto ad acsBac, fornendo le informazioni salienti relative agli altri geni acs.

3.1.8 OTTENIMENTO DEL VETTORE pET-45/acsBac

3.1.8.1 ESTRAZIONE DEL GENE acs DAL VETTORE

pET-29/acsBac

L‘ottenimento dei vettori pET-29 correttamente processati con il gene acs, ci

consente di conservare tale sequenza nucleotidica di interesse per molto tempo in

gel d‘agarosio relativo alla digestione del

plasmide ricombinante pET-29/acs di B.subtilis

estratto e purificato da coltura. La figura ci mostra

come l‘intero processo di clonazione abbia avuto

buon esito in quanto sono presenti sia la banda

relativa all‘inserto (1869 bp) che quella relativa

al vettore (5371 bp).

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condizioni stabili e riutilizzarla senza bisogno di passare nuovamente attraverso la fase

di PCR. E‘ stata creata con successo una libreria plasmidica che risulta utile in questa

nuova fase del lavoro, in cui abbiamo scelto di passare dal vettore pET-29 ad un vettore

più comodo per la fase successiva di purificazione proteica, ovvero pET-45.

Scegliamo quindi di estrarre il gene acs da pET-29/acsBac. Viene così preparata la

miscela:

pET-29/acsBac 100 μl

buffer OPA 10x (one phor all) 25 μl

enzima di restrizione KpnI (10U/μl) 2,5 μl

enzima di restrizione SacI (10U/μl) 2,5 μl

La soluzione viene lasciata in stufetta a 37°C per tutta la notte, successivamente si

analizza tramite elettroforesi in gel d‘agarosio allo 0,8% e confermata l‘avvenuta

digestione, si procede alla purificazione del frammento con il kit commerciale Hiyeld

RBS Realgenomics

ACSbac digerita KPN-Sac1

e purificata

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3.1.8.2 PREPARAZIONE DEL VETTORE pET-45

In questa fase del lavoro, è stato utilizzato il vettore plasmidico pET-45 che

condivide le caratteristiche comuni ai pET, ovvero una resistenza all‘antibiotico, fornito

dal gene ampR, un MCS (sito di clonazione multipla) target dell‘azione di molte

endonucleasi di restrizione, un‘origine autonoma di replicazione (ori) e un promotore

specifico per la RNA-polimerasi del fago T7 che opera il controllo trascrizionale. Il

pET45, poi è largamente usato nella produzione di enzimi ricombinanti perchè, oltre ad

essere facilmente lavorabile, presenta anche una regione prossima al sito di inserzione,

che traduce per una coda di poly-istidine, la quale fornisce la proteina ricombinante

espressa, di un TAG di istidine (His-tag) che trova impiego nella successiva fase di

purificazione proteica8. (spiega il perchè questi enzimi tagliano bene, dato che sono a

monte dei precedenti)

Il plasmide da noi utilizzato proviene da esperimenti di trasformazione di cellule

DH5α con il plasmide pET-45, seguito da una fase di crescita delle colonie

ottenute su terreno a selezione negativa per l‘antibiotico ampicillina e successiva

8 Nel precedente lavoro, abbiamo utilizzato il vettore pHAT, anch‘esso con l‘His-tag, ma senza un sistema di

controllo trascrizionale efficiente simile al pET-45.

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estrazione plasmidica seguendo il protocollo del kit NucleoBond AX100 (Macherey-

Nagel) visto in precedenza.

Il plasmide viene digerito con gli stessi enzimi di restrizione KpnI e SacI

precedentemente utilizzati per il frammento genico acs, al fine di creare estremità

coesive compatibili per la successiva reazione di ligasi. Viene così creato un vettore

linearizzato.

La miscela di reazione è la seguente:

pET-45 90 μl

buffer H 10x 10 μl

enzima di restrizione KPN (10U/μl) 2,5 μl

enzima di restrizione SacI (10U/μl) 2,5 μl

Come visto in precedenza la digestione viene condotta a 37°C overnight.

Successivamente si verifica l‘avvenuta digestione tramite gel analitico allo 0,8% e si

procede con la purificazione utilizzando il kit MiniElute Gel Extraction.

3.1.8.3 LIGASI pET-45 e acsBac DIGERITI KpnI e SacI

Dopo aver digerito frammento e plasmide con gli stessi enzimi di restrizione, si

procede con la ligazione, il passaggio attraverso il quale il gene dell‘acs viene inserito

all‘interno del vettore di clonazione. La miscela di reazione viene così allestita:

prova controllo

vettore pET-45 (diluito 1:1 dalla madre)

1 μl 1 μl

inserto acs 7 μl

buffer 10X

(diluito 1:10 rispetto al volume finale)

2 μl 2 μl

H2O 10 μl 17 μl

ligasi T4 (400U/μl) 0,5 μl 0,5 μl

La miscela viene posta in bagnetto termostatato a 16°C over nigh.

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3.1.8.4 TRASFORMAZIONE DI CELLULE DI E. coli

CEPPO DH5α CON pET-45/acsBac

Con la trasformazione, il plasmide contenente il gene acs (pET-45/acsBac) è stato

introdotto all‘interno di cellule batteriche. Anche in questa fase del nostro lavoro, lo

scopo principale era quello di amplificare il prodotto di ligazione; per questo motivo

abbiamo scelto di trasformare cellule di E. coli del ceppo DH5α (cellule competenti)

che presentano una notevole capacità di replicazione nei confronti del plasmide

introdotto.

Viene utilizzata la medesima procedura vista in precedenza, ovvero lo shock

termico, caratterizzato da una discreta efficienza di trasformazione. Ricordiamo come,

differentemente dal pET-29, il pET-45 non ha la resistenza all‘antibiotico kanamicina,

bensì fornisce la resistenza all‘ampicillina tramite il gene ampR , alle cellule che

acquisiscono correttamente tale vettore. La stessa procedura viene seguita utilizzando la

miscela di controllo contenente il solo vettore pET-45 senza inserto.

3.1.8.5 SCREENING DELLE COLONIE DH5α /pET-45/acsBac

Una volta cresciute le colonie, si valuta quella che è stata l‘efficienza del processo

di ligazione, osservando il numero delle colonie cresciute nella piastra di controllo.

Operando in condizioni di sterilità, si preleva dalla piastra di prova una colonia,

con il filo di platino, e si mette a crescere in 20 ml di terreno LB contenente 20 μl di

ampicillina in modo da favorire la crescita delle cellule che contengono il plasmide e

che presentano quindi il gene per la resistenza a questo antibiotico. Dopo 24 ore di

crescita in agitazione a 37°C, la coltura viene sottoposta al protocollo di purificazione

per l‘estrazione del plasmide previsto dal kit GenElute miniprep plasmid purification

(sigma), vista in precedenza. Dei 50 μl di soluzione contenente pET-45/acs, un‘aliquota

è stata sottoposta a digestione con gli enzimi di restrizione precedentemente utilizzati

per verificare quale delle colonie da noi scelte contenesse il vettore con l‘inserto.

La miscela di digestione è la seguente:

plasmide pET-45/acs 8 μl

buffer OPA 10x 2 μl

KpnI (10U/μl) 0,5 μl

SacI (10U/μl) 0,5 μl

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Dopo un‘ora a 37°C, la stessa miscela viene sottoposta a corsa elettroforetica su

gel d‘agarosio allo 0‘8% .

Vengono scelti per i successivi passaggi, i cloni pET-45/acsBac3 e pET-45/acsBac4.

3.1.8.6 AMPLIFICAZIONE DEL VETTORE RICOMBINANTE

pET-45/acsBac3 E pET-45/acsBac4 IN CELLULE DH5α

Dei 4 cloni analizzati visti in precedenza scegliamo di amplificare i cloni 3 e 4.

Utilizziamo quindi il plasmide estratto da questi cloni per ritrasformare cellule DH5α

seguendo la stessa procedura già vista nel paragrafo 3.1.6.3. Il clone trasformato viene

prelevato e cresciuto in un terreno di coltura con selezione negativa.

Operando in condizioni di sterilità, prepariamo l‘inoculo, una pre-coltura,

operando nel seguente modo: si preleva dalla piastra una colonia con il filo di platino e

si mette a crescere in 10 ml di terreno LB contenente 10 μl di ampicillina (30 mg/ml).

Dopo 4-6 ore di crescita in agitazione a 37°C, versiamo i 10 ml di inoculo in una

beuta contenente 115 ml di terreno LB (precedentemente equilibrato a 37°C) e 115 μl

di ampicillina (100 mg/ml).

La coltura così ottenuta viene lasciata in agitazione a 37°C over night e in seguito

sottoposta al protocollo di purificazione per l‘estrazione del plasmide previsto dal kit

NucleoBond AX100 (Macherey-Nagel), visto in precedenza.

Cloni 3 e 4 di pET-45/acsBAC, digeriti

e non con KpnI e SacI. (d, digerito).

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3.1.9 OTTENIMENTO DEL VETTORE pET-45/acsyeast

Una procedura identica è stata seguita anche per acsyeast, e il vettore ricombinante

pET-45/acsyeast, amplificato in cellule DH5α, è stato ottenuto e tuttora conservato per

un‘ulteriore serie di esperimenti. In questo lavoro, come detto in precedenza, verrà dato

risalto soprattutto ad acsBac, fornendo le informazioni salienti relative agli altri geni acs.

3.2 ESPRESSIONE DELLA PROTEINA RICOMBINANTE

I plasmidi purificati e controllati vengono utilizzati per trasformare cellule di

Escherichia coli appartenenti al ceppo BL21 Seguendo la stessa metodica prima

descritta per trasformare le cellule DH5α, utilizziamo 50 μl di cellule ed 1µl di:

pET-29/acsBac9

pET-29/acsyeast10

pET-45/acsBac clone3

pET-45/acsBac clone4

pET-45/acsyeast

Le cellule BL21 sono particolarmente adatte a tale scopo in quanto possiedono

un‘elevata capacità di sintesi proteica se stimolate con l‘induttore IPTG (isopropil-β-

tiogalattoside), un analogo del lattosio. Tale ceppo, infatti, contiene nel proprio genoma

il gene che codifica per la RNA polimerasi del fago T7, posto sotto il controllo

trascrizionale del promotore del lattosio (lac). Quando il batterio cresce in assenza di

lattosio o composti correlati, questo promotore è bloccato dal repressore lac, che

impedisce il legame dell‘RNA polimerasi batterica al promotore lac stesso e quindi la

trascrizione del gene sotto il suo controllo. Il vettore pET, inoltre, contenendo il

promotore di questo gene a monte del sito di inserzione, subisce una trascrizione

massiccia dell‘inserto ad opera della RNA polimerasi T7, a sua volta codificata da

cellule BL21 sottoposte a induzione con IPTG. Il gene codificante l‘RNA polimerasi

T7 è necessario perciò, per l‘espressione di inserti presenti nel vettore pET, che

contiene il promotore di questo gene.

In questo caso le cellule BL21/pET-45 trasformate vengono seminate su piastre

agar-LB contenente ampicillina (100 mg/ml) e lasciate incubare per 24 ore a 37°C.

Dopo la crescita delle colonie trasformate, l‘espressione della proteina è stata condotta

9 Il lavoro di espressione in pET-29 è stato completato con successo nel precedente lavoro

10 Il lavoro di espressione di pET-29/acsyeast è stato interrotto, poichè esprimeva un prodotto insolubile

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utilizzando due brodi di coltura diversi: il YT, che è un terreno completo, e l‘M9 che è

invece un terreno minimale, ovvero a minima concentrazione di nutrienti.

3.2.1 ESPRESSIONE IN TERRENO YT

L‘espressione in terreno YT (16 g/l di triptone, 10 g/l di estratto di lievito, 5 g/l di

NaCl, pH 7,2) viene condotta nel modo seguente:

• pre-inoculo con 10 ml di terreno LB (Luria Broth 10 g/l triptone, 5 g/l estratto

di lievito, 10 g/l NaCl, pH 7,5) contenente 10 μl di ampicillina11

(100 mg/ml);

• crescita over night (o.n.) a 37°C;

• inoculo dei 10 ml di coltura o.n. in 115 ml di terreno YT (16 g/l triptone, 10

g/l estratto di lievito, 5 g/l NaCl, pH 7.2) contenente 115 μl di ampicillina (100

mg/ml);

• crescita per 2 ore a 30°C ;

• controllo della densità ottica (O.D.), per verificare la curva di crescita (valore

ottimale di O.D. a 600 nm pari a 0.6-0.7);

• aggiunta di IPTG isopropil-β-tio-galattoside, (induttore dell‘espressione

proteica) 0.5 mM finale pari a 50 μl IPTG 1M per beuta;

• crescita per 5 ore dopo aggiunta di induttore;

• centrifugazione a 5000 rpm per 10 minuti a temperatura ambiente;

11

Cellule BL21/pET-29 vengono seminate su piastre agar-LB contenenti kanamicina 30 mg/ml

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La porzione precipitata dopo centrifugazione contiene la frazione cellulare

utilizzata per la successiva fase di estrazione e purificazione della proteina.

3.2.2 ESPRESSIONE IN TERRENO M9

Per l‘espressione in terreno minimale è stato seguito lo stesso protocollo visto nel

paragrafo precedente ( 3.2.1), con l‘unica variante rappresentata dal terreno, la cui

composizione standard (M9 5X), per 1 litro di soluzione, è la seguente:

Na2HPO4•2H2O 42,7 mg/ml

KH2PO4 15 mg/ml

NaCl 2,5 mg/ml

In un cilindro sterile sono stati preparati 250 ml di terreno minimale, aggiungendo

alla miscela di sali standard, altri componenti, come di seguito riportato:

M9 5x 50 ml

MgSO4 1 M 0,5 ml

CaCl2 1 M 25 μl

Basal Medium Eagle 100x (vitamine) 2,5 ml

NH4Cl 0,2 g/ml filtrato e sterile 1,25 ml

glicerolo 50% (v/v) 2,5 ml

H2O sterile fino a 250 ml di Volume finale

Questa miscela è stata in seguito divisa equamente in due beute da 300 ml ed in

ciascuna di questa sono stati aggiunti 125 μl di acido pantotenico 1M (precursore del

Coenzima-A), ottenendo così una concentrazione finale di 1 mM.

Le due beute si differenziano tra loro perchè in una sono stati aggiunti 1,25 ml di

acetato di sodio 1M (concentrazione finale 10 mM) e nell‘altra 2,5 ml di glucosio 20%

(w/v). Lo scopo è quello di verificare quale può essere l‘influenza di queste sostanze

sull‘espressione della proteina.

Al momento dell‘inoculo, in ogni beuta sono stati aggiunti 125 μl di ampicillina

100 mg/ml e 10 ml di pre-coltura. Dopo circa 2 ore, raggiunto il giusto valore di densità

ottica (0,6-0,8 O.D. a 600 nm), la coltura è stata indotta con IPTG . Una aliquota di

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coltura è stata prelevata dopo 5 ore dall‘induzione, mentre la rimanente parte dopo 24

ore. Al termine dell‘induzione, la coltura è stata centrifugata a 5000 rpm per 10 minuti

a temperatura ambiente, i supernatanti scartati ed i precipitati utilizzati per l‘estrazione

della proteina.

3.2.3 ESTRAZIONE DELLA PROTEINA RICOMBINANTE

I precipitati ottenuti dopo la crescita e l‘induzione con IPTG, sono stati risospesi

in tampone NN 1X (Tris-HCl 20 mM pH 8.0, 100 mM NaCl) contenente 0,25% (v/v)

Triton-X100, un tensioattivo che permeabilizza la membrana cellulare, e 1 μM PMSF

(phenil-methyl-sulfonyl fluoride), inibitore delle proteasi cellulari. Nel caso in cui si

scelga di non procedere al passaggio di purificazione su colonne IMAC (utilizzate per

purificare proteine ricombinanti con His-tag) o nel caso in cui si purifica ACS

proveniente da BL21/pET-29, si utilizza tampone NEN 1X che presenta anche: EDTA

0,5 mM, chelante del Ca2+

e 5 mM DTT (ditiotreitolo), un agente riducente.

Ogni precipitato batterico derivante da 125 ml di brodo di coltura viene risospeso

in 5 ml di questa soluzione, sino ad ottenere una soluzione omogenea delle cellule.

La procedura di purificazione, sfrutta la disgregazione cellulare mediata da onde

ultrasoniche; il protocollo è il seguente:

• Sonicare 6 volte per 20‘‘ con pause da 20‘‘(si lavora su ghiaccio per impedire

che il calore che si sviluppa durante la sonicazione denaturi la proteina);

• Centrifugare a 10.000 rpm per 10‘ a 4°C;

• Separare il supernatante dal precipitato;

• Risospendere il precipitato in 5 ml di tampone NN 1X;

• Sonicare nuovamente 3 volte per 20‘‘ su ghiaccio;

• Centrifugare a 10.000 rpm per 10‘ a 4°C;

• Trasferire il supernatante e riunirlo a quello ottenuto dalla precedente

sonicazione o lasciarlo separato per riunirlo in un secondo momento;

• Risospendere il pellet ottenuto dalla seconda sonicazione in 5 ml di tampone

NN 1X;

Sia sul precipitato risospeso che sul supernatante si effettuano i prelievi per il

controllo elettroforetico.

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3.2.4 ANALISI DELLA PROTEINA ESTRATTA

La proteina ACS così ottenuta, può subire o meno successivi passaggi di

purificazione, in funzione dell‘utilizzo. In questa fase del lavoro possiamo scegliere di

non procedere alla successiva purificazione su colonne IMAC e analizzare l‘estratto

proteico in tampone NN 1X, per avere un‘indicazione quantitativa della bontà dei

passaggi precedenti. Si analizza in elettroforesi SDS-PAGE al 10% di acrilamide.

Vengono così ottenuti e conservati i seguenti prodotti di sintesi:

ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in YT (5h)

ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in YT (5h)

ACSpET45/acsYEAST cresciuto in YT (5h)

ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con acetato (5h)

ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con acetato (5h)

ACSpET45/acsYEAST cresciuto in M9 con acetato (5h)

ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con acetato (20h)

ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con acetato (20h)

ACSpET45/acsYEAST cresciuto in M9 con acetato (20h)

ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con glucosio (5h)

ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con glucosio (5h)

ACSpET45/acsYEAST cresciuto in M9 con glucosio (5h)

ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con glucosio (20h)

ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con glucosio (20h)

ACSpET45/acsYEAST cresciuto in M9 con glucosio (20h)

A seguito dell‘estrazione per sonicazione, inoltre otterremo due sospensioni, una

corrispondente al supernatante ed una al precipitato, per ognuno dei prodotti di sintesi

sopra elencati, caratterizzate da una concentrazione differente di proteina nell‘una o

l‘altra fase. Si ritiene che l‘enzima, qualora attivo e funzionante, vada a trovarsi come

molecola solubile nel supernatante.

Tali prodotti proteici o enzimi putativi, ancora non sono stati accuratamente

screenati. Verrà valutata nella prossima sezione la loro presenza in fase solubile o nella

fase insolubile di aggregati. C‘è da considerare, infatti, che un enzima funzionante verrà

necessariamente a manifestarsi nella fase solubile a seguito della fase di estrazione

proteica, ovvero nel supernatante. Una prerogativa negativa, di alcuni sistemi di

espressione eterologhi, tuttavia, può essere la presenza della proteina ricombinante nel

precipitato. Questo aspetto, indesiderato, influisce ovviamente sulla concentrazione

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dell‘enzima effettivamente utilizzabile e deriva da una non corretta espressione

proteica, associata a eventi di misfolding o denaturazione durante la sintesi stessa della

proteina.

Analisi SDS-PAGE di estratti proteici a seguito di sonicazione. (L) estratti di ACSYEAST.

S, supernatante; P, precipitato; Y, crescita in terreno YT; A crescita in terreno

M9+Acetato; G, crescita in terreno M9+glucosio. (Y) estratti di ACSBAC3 e ACSBAC4

cresciuti in terreno YT. 3, clone ACS3; 4, clone ACS4; S, frazione supernatante; P,

frazione precipitata.

SY SA SG PY PA PG

L Y

3S 3P 4S 4P

G A 3S 3P 4S 4P 3S 3P 4S 4P

Analisi SDS-PAGE di estratti proteici a seguito di sonicazione. (G) estratti di ACSBAC3 e

ACSBAC4 cresciuti in terreno M9+glucosio. 3, ACS clone 3; 4, ACS clone 4; S,

supernatante; P, precipitato; (A) estratti di ACSBAC3 e ACSBAC4 cresciuti in terreno

M9+acetato. 3, clone ACS3; 4, clone ACS4; S, frazione supernatante; P, frazione

precipitata.

←70

KDa

←70

KDa

←70

KDa

←70

KDa

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Dall‘analisi elettroforetica, si notano le seguenti evidenze:

ACSYEAST risulta insolubile, indipendentemente dal tipo di terreno

utilizzato. Si nota una grossa banda all‘altezza di 70KDa nella frazione

precipitata, indice dell‘insolubilità della proteina12

I cloni ACSBAC3 e ACSBAC4 hanno un andamento che si ripete, ovvero,

l‘enzima del clone ACS3 risulta completamente solubile e presente nella

fase di supernatante, mentre il clone ACS4 mostra una presenza

dell‘enzima maggiore nella frazione insolubile (precipitato), rispetto a

quella di solubile (supernatante), dove è presente in minima parte.

Si nota come la migliore modalità di espressione sia in terreno M9

addizionato di acetato, che induce una espressione proteica leggermente

maggiore della crescita in YT. Il terreno M9 più glucosio, restituisce poca

proteina nella frazione solubile (supernatante).

Si sceglie così di valutare nuove condizioni di crescita, sviluppando la crescita

in terreno M9 più acetato. Vengono analizzati anche i diversi tempi di

induzione di sintesi con IPTG. L‘espressione in glucosio, risulta sempre di

minore entità rispetto a quella in acetato e scegliamo di non affrontare ulteriori

prove in merito.

12

Un completo lavoro di rinaturazione dell‘enzima ACS di lievito è stato sviluppato in un precedente lavoro.

S5 P5 S24 P24 S5 P5 S24 P24

←70

KDa

←70

KDa

4 3

Analisi SDS-PAGE di estratti proteici a seguito di sonicazione. Estratti di ACSBAC3 e

ACSBAC4 cresciuti in terreno M9+acetato. (3) ACS clone; (4) ACS clone 4;

5, induzione per 5 ore; 24, induzione per 24 ore; S, supernatante; P, precipitato.

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Si possono notare le seguenti evidenze:

ACS3 esprime molta più proteina nella fase solubile rispetto alla fase

insolubile;

ACS3 esprime molta più proteina nella fase solubile di ACS4

ACS4 esprime molta più proteina nella fase insolubile, rispetto alla fase

solubile;

Portando i tempi di induzione da 5 ore a 24 ore, non si apprezza un

notevole aumento in sintesi proteica.

3.3 TECNICHE DI PURIFICAZIONE PROTEICA

Il principale vantaggio della purificazione è l‘ottenimento di una soluzione

proteica concentrata, priva di agenti interferenti quali sali, prodotti di degradazione

proteica, agenti ossidanti e riducenti utilizzati nelle precedenti fasi.

3.3.1 PRECIPITAZIONE IN SOLFATO D’AMMONIO

Rappresenta la principale tecnica di purificazione grazie alla sua semplicità. Nel

nostro lavoro ha trovato largo impiego soprattutto nella purificazione dell‘ACS

prodotta da BL21/pET-29/acsBac come unica forma di purificazione, seguita da

passaggio in colonna cromatografica a scambio ionico. L‘intera procedura risulta

piuttosto lunga, per questo si è passati a tecniche più immediate sfruttando il tag di

istidine del pET-45. Ricapitoliamo tali passaggi:

Sul supernatante BL21/pET-29/acs abbiamo effettuato una precipitazione in

solfato d‘ammonio. Si effettua un primo frazionamento (salting in) al 35% di

saturazione:

• Si aggiungono 209 mg/ml di solfato d‘ammonio;

• La soluzione si tiene in agitazione 1h a 4°C;

• Si centrifuga a 10.000 rpm per 10‘;

In questo modo molte proteine che non ci interessano vengono allontanate nel

precipitato mentre l‘ACS ricombinante si trova nel supernatante.

Successivamente aggiungiamo al supernatante solfato d‘ammonio fino ad una

concentrazione del 60% (salting out):

• Si aggiungono 181 mg/ml di solfato d‘ammonio;

• La soluzione si tiene in agitazione 1h a 4°C;

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• Si centrifuga a 10.000 rpm per 10‘;

Il supernatante è stato scartato mentre il precipitato contenente la proteina

d‘interesse è stato solubilizzato in 5 ml di tampone NEN 1X.

Il precipitato del salting out risospeso in 5 ml di tampone NEN 1X, è stato

dializzato per 72 ore in tampone 20mM Tris/HCl pH 8,0, 20 mM NaCl che è stato

sostituito con tampone fresco dopo le prime 24 h. Lo scopo della dialisi è quello di

allontanare l‘eccesso di sali che possono interferire con i successivi passaggi di

purificazione.

Dopo la dialisi il campione viene infatti sottoposto ad un ulteriore passaggio di

purificazione su colonna cromatografica a scambio ionioco HIGH Q (5 ml di resina

anionica forte) della BioRad.

La resina viene pre-equilibrata con lo stesso tampone usato per la dialisi (20 mM

Tris/HCl pH 8,0, 20 mM NaCl).

La proteina è stata eluita con gradiente lineare da 20 mM NaCl a 1M NaCl con

flusso di 1ml/min per 60 minuti.

Dopo la cromatografia l‘enzima è stato concentrato con una seconda

precipitazione in solfato d‘ammonio al 60%.

Sull‘intero processo di purificazione sono stati fatti controlli elettroforetici in

SDS-PAGE effettuando prelievi sui supernatanti e i precipitati provenienti dalla

sonicazione e dalla precipitazione in solfato d‘ammonio e sulle frazioni eluite dalla

colonna cromatografica.

grafico che mostra l‘andamento della

solubilità delle proteine in funzione

della concentrazione di sali in

soluzione

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3.3.2 PURIFICAZIONE DELLA PROTEINA CON HIS-TAG

La proteina da noi ottenuta, proveniente da BL21/pET-45/acs presenta

all‘estremità N-terminale un tag di istidine che ne consente la purificazione in un unico

passaggio cromatografico su colonne IMAC, colonne con ioni nichel immobilizzati.

In particolare, la resina da noi utilizzata è la Ni-NTA Agarose (nichel

nitrilotriacetic acid) della Quiagen (Figura 3 17) che ha una capacità di legame pari a 8-

10 mg/ml, ossia 8-10 mg di proteina su ml di gel paccato.

Le colture cellulari precedentemente indotte con IPTG vengono lisate attraverso

sonicazione con le modalità descritte nel paragrafo 3.2.3, utilizzando tampone di

risospensione NN 1X, invece che NEN 1X. Utilizziamo il tampone NN 1X (Tris-HCl

20 mM pH 8.0, 100 mM NaCl), perchè, a differenza del tampone NEN 1X visto in

precedenza, non contiene DTT ed EDTA, molecole che risultano entrambe

incompatibili con le colonne IMAC a causa della loro azione rispettivamente riducente

e chelante nei confronti dello ione nichel.

50 ml di tampone di risospensione contengono:

Il supernatante ottenuto dalla sonicazione (lisato grezzo) viene chiarificato

attraverso centrifugazione e di seguito caricato su colonna cromatografica.

Un passaggio essenziale, in questa fase del lavoro, è l‘attivazione della colonna

IMAC, ripristinando il Ni2+

, naturalmente soggetto a ossidazione a seguito di

precedenti passaggi cromatografici. Per far ciò di prepara una soluzione rigenerante

(NiSO4 · 6H2O 0,1 M ) da conservare e riutilizzare per riequilibrare la colonna dopo il

passaggio di ogni soluzione proteica.

tampone NN 10X (pH=8) 5 ml

Triton 10% (v/v) 500 μl

PMSF 0,1 M 40 μl

H2O fino a 50 ml di Volume totale

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Si è scelto, naturalmente, di passare in colonna dopo sonicazione solo le soluzioni

corrispondenti al supernatante di ACSBac3 e ACSBac4, poichè nel supernatante di

lievito, non si identifica una frazione proteica delle dimensioni di ACS. Vengono così

scelte le frazioni:

ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in YT (5h)

ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in YT (5h)

ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con acetato (5h)

ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con acetato (5h)

ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con acetato (20h)

ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con acetato (20h)

ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con glucosio (5h)

ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con glucosio (5h)

ACSpET45/acsBAC3 cresciuto in M9 con glucosio (20h)

ACSpET45/acsBAC4 cresciuto in M9 con glucosio (20h)

Rappresentazione della struttura di una resina costituita da una matrice polimerica di

agarosio attivata, in cui vengono messi in evidenza i sei legami che lo ione Ni2+

, stabilisce

nella formazione di un complesso di coordinazione a geometria ottaedrica. Le sei

posizioni di coordinazione sono occupate dai doppietti elettronici presenti sugli atomi di

ossigeno dei gruppi carbossilici della resina attivata e degli atomi di azoto degli anelli

imidazolici della proteina ―taggata‖.

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Il protocollo di purificazione, a questo punto prevede i seguenti passaggi:

• Si carica la resina sulla colonna e si lava con abbondante acqua al fine di

eliminare l‘etanolo normalmente presente al momento dell‘acquisto come

agente conservante;

• Qualora ve ne sia la necessità, la resina può essere rigenerata utilizzando la

soluzione di solfato di nichel 0,1 M a cui segue un secondo lavaggio con

acqua, (la colonna rigenerata in cui è presente il nichel assume una

caratteristica colorazione azzurrina);

• La colonna viene equilibrata con tampone NN 1X;

• Si carica il campione e si conserva la frazione eluita ―non affine‖;

• Si effettua un primo lavaggio con tampone NN 1X fino al completo ―wash-

out‖;

• Si effettua una unica eluizione con una soluzione di imidazolo 0,5 M pH 7,0 al

fine di dissociare dalla resina la proteina di interesse13

.

Le differenti frazioni proteiche ottenute e purificate, vengono eluite in un volume

di 1 mL finale di imidazolo 0,5 mM, ed è ritenuto conveniente un passaggio di

precipitazione in solfato di ammonio, secondo il protocollo visto al paragrafo 3.3.1.

Questa volta facciamo un‘unica precipitazione al 60% di solfato di ammonio, per

allontanare l‘imidazolo presente al termine del passaggio in colonna. Il passaggio in

dialisi è opzionale in questa fase del lavoro; il solfato di ammonio infatti, non va ad

intaccare la bontà dei successivi passaggi di valutazione dell‘attività enzimatica, e può

quindi rimanere nella soluzione di enzima ACS come contaminante non dannoso Il

precipitato così ottenuto viene risospeso in 0,5 ml di tampone NN1X addizionato dei

seguenti componenti.

13

E‘ anche possibile fare un primo passaggio con imidazolo 5mM pH 7,0 per dissociare le proteine che legano

più debolmente e analizzare tale frazione. Tale passaggio risulta essere opzionale.

DTT 1M (5mM finale) 25 µl

ATP 0,1M (2mM finale) 100 µl

Sodio Acetato 0,4M (2,5 mM finale) 30 µl

Coenzima-A (10µM finale) 15 µl

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Viene allestita un analisi elettroforetica in SDS-PAGE con acrilamide al 10% per

controllare l‘avvenuta purificazione:

Come da indicazione ottenuta dopo il passaggio di sonicazione, le evidenze che

possiamo riscontrare sono:

La crescita in M9 addizionato di acetato, restituisce un prodotto più puro e

in quantità maggiore in ogni caso, rispetto all‘equivalente crescita in M9 e

glucosio o in YT;

Non si notano evidenti differenze nella quantità di proteina espressa,

variando i tempi di induzione;

La proteina ACS3 risulta essere sempre quella maggiormente espressa.

L‘enzima, in questa forma, può essere utilizzato per la misura dei livelli di acido

acetico, sfruttando sia il test colorimetrico che enzimatico descritti nei paragrafi

successivi.

3.4 ALLESTIMENTO DI SAGGI DI ATTIVITA’ SPECIFICI

Vengono condotti sulle varie soluzioni di ACS ottenute, i seguenti saggi atti a

valutare l‘attività specifica dei diversi prodotti proteici:

Saggio colorimetrico

Saggio enzimatico

←70

KDa

←70

KDa

A5 A24 G5 G24 YT A5 A24 G5 G24 YT

Analisi SDS-PAGE dopo passaggio su colonna IMAC e precipitazione in solfato d‘ammonio. (3)

ACS3; (4) ACS4. A, crescita in terreno M9+Acetato; G, crescita in terreno M9+Glucosio; YT,

crescita in terreno YT; 5, 5 ore di induzione; 24, 24 ore di induzione

3 4

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Il saggio colorimetrico è un saggio indiretto, che valuta in maniera specifica la

presenza di acetato, risultando in un buon test indicativo, ma sensibile anche all‘utilizzo

di acetil-fosfato come substrato. Il test enzimatico, invece, è quello che realmente verrà

utilizzato a fini analitici nell‘industria. Conoscendo il titolo in acetato della soluzione, e

note le altre componenti di tali test, possiamo valutare l‘attività dell‘enzima ACS.

3.4.1 SAGGIO COLORIMETRICO

Questo saggio (71) si basa sulla reazione tra acetil-CoA e idrossilammina che

porta alla liberazione di CoA e acido idrossammico; questo composto può essere

determinato spettrofotometricamente dopo che ha reagito con cloruro ferrico (FeCl3), in

quanto origina idrossammato ferrico che ha una colorazione rosso-arancio.

Le soluzioni richieste sono:

200 mM Tris/HCl (3,15 g/100 ml)

portato a pH 8,1 con 20% KOH

100 mM MgCl2•6 H2O (2,03 g/100 ml)

400 mM acetato di sodio triidrato (5,44 g/100 ml)

3,33 mM CoA sale di litio (2,56 mg/100 ml)

100 mM ATP sale di sodio (55,15 mg/100 ml)

2M FeCl3 (2,5 g/100 ml di HCl)

Idrossilammina cloridrato 1M

uguali volumi di NH2OH•HCl 2M (139 mg/ml) e KOH 2M (56,1 mg/ml)

1M DTT

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Per eseguire il saggio è stato preparato anche un bianco: stessi componenti della

prova, ma assenza del substrato Co-A.

Ad ogni miscela così preparata sono stati aggiunti 10 µl della proteina da

saggiare; la reazione è fatta avvenire a 37°C per 20‘, trascorsi i quali viene bloccata

mediante l‘aggiunta di 500 µl di FeCl3; si vedrà, a questo punto, un viraggio del colore

dal trasparente al rosso-marrone per la formazione dell‘idrossammato ferrico. Si

centrifuga a 10.000 rpm per 10‘ a RT e si effettua una lettura spettrofotometrica del

supernatante a 520 nm. Per la determinazione quantitativa è stato utilizzato un

coefficiente di estinzione ε 1 mM a 520 nm pari a 0,2.

Volume (µl)

PROVA BIANCO

Tris/HCl 125 125

NH2OH 50 50

MgCl2 25 25

acetato di sodio 25 25

coenzima A 50 —

ATP 50 50

H2O 162,5 212,5

DTT 2,5 2,5

TOTALE 490 490

Lettura 1 Lettura 2 Precipitato

a 24 ore

Perdità attività

ACS3 0,589 0,303 Si Dopo 7 cicli

ACS4 0,433 0,194 Si Dopo 5 cicli

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Si possono estrapolare le seguenti informazioni:

l‘enzima ACS3 è più attivo di ACS4

Entrambi mostrano del precipitato dopo 24 ore a 4°C, indice di

degradazione della proteina se non opportunamente congelata

Una apprezzabile perdita di attività si manifesta dopo alcuni cicli di

congelamento e scongelamento (da -20°C a Tamb)

Più in generale possiamo notare come ACS3 manifesti molta più proteina

nella fase solubile e sia in effetti più attiva, mentre ACS4 che ne manifesta

di meno, risulta essere leggermente meno attiva.

3.4.2 SAGGIO ENZIMATICO

Il test enzimatico (72) misura la formazione di NADH a partire dall‘ossidazione

di malato ad ossalacetato ad opera della Malato deidrogenasi. L‘ossalacetato

condensa con l‘acetil-CoA a formare citrato grazie all‘azione della Citrato sintasi.

Lo step limitante la reazione è, quindi, l‘attività dell‘acetil-CoA sintetasi, che

agisce trasferendo il gruppo acetile dall‘acido acetico al CoA.

Il kit contiene:

• 128 mM TEA buffer pH 8,4;

• Liofilo (3,2 mM MgCl2, 9,6 mM L-Malato, 1,1 mM NAD+, 2,7 mM ATP,

0,28 mM CoA);

• 32 mM acetato di sodio;

• Miscela con 15,7 U/ml Citrato sintasi, 12 U/ml L-Malato deidrogenasi

(MDH/CS);

In una cuvetta da 3 ml si aggiungono:

Liofilo

precedentemente disciolto in 20 ml di TEA buffer

2 ml

MDH/CS 50 µl

Acetato di sodio 20 µl

ACS 50 µl

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La variazione di assorbanza dovuta alla formazione di NADH è stata registrata in

due differenti modi:

1 seguendo in maniera continua l‘andamento della reazione per 500‖ a 25°C

fino al raggiungimento del plateau;

2 effettuando letture della ΔOD ad intervalli di 5‘ con una incubazione a 37°C.

E‘ stato successivamente possibile analizzare gli aspetti di attività e

concentrazione proteica, in maniera più dettagliata, utilizzando una preparazione

di ACS3, a differenti tempi di induzione proteica, confrontata con l‘ACS

commerciale, già venduta e presente sul mercato.

I test mostrano i seguenti risultati che si riferiscono a preparazioni di enzima

ripreso in 5 ml di tampone ottenuto da 1 litro di coltura a diversi tempi di

induzione; per confronto sono riportati i valori relativi all‘enzima commerciale

impiegato nel kit:

Campioni testati

Acs

5 ore

Acs

20 ore

Acs

comm.

Concentrazione (mg/ml) 7,5 10 15

Resa (mg/litro) 37,5 50 -

Solubilità (dopo cong./scong.) Solub. Torb. Solub.

Attività specifica

acetato consumato espresso in μmoli /mg/min 3,5 2,3 1,0

Risulta noto come ACS a tempi di induzione compresi tra le 5 ore e le 20 ore

risulta essere più attiva, restituendo un prodotto in ogni caso altamente

concentrato. Rispetto all‘ACS commerciale già presente, il nostro enzima risulta

essere più attivo, e quindi potenzialmente concorrenziale.

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PARTE QUARTA RISULTATI E DISCUSSIONI

Il principale obbiettivo del nostro lavoro, è stato l‘ottenimento di un enzima

Acetil Co-A sintetasi funzionante, con un attività specifica superiore a quello di E.coli,

ottenuto con successo ma scarsamente attivo, nei lavori passati. La necessità di

esprimere tale proteina, risiede nel suo utilizzo a livello diagnostico, dove può essere

integrata in un kit enzimatico, atto a valutare la presenza di acetato nel vino e in tutte le

bevande sottoposte a fermentazione alcolica. La presenza di tale molecola, infatti, nella

recente normativa deve essere limitata a 1 g/l nel vino, e più in generale a 1/10 del

grado alcolico per bevande con gradazione superiore a 10°C.

Esiste già un distillatore in corrente di vapore, l‘acidimetro Jozzi, che svolge tale

misurazione, ma risulta essere macchinoso, non molto sensibile e suscettibile anche a

substrati acidi diversi dall‘acetato, normalmente presenti nel vino. C‘è da considerare,

infatti, come il vino sia una bevanda altamente complessa, in cui il bilancio tra 800

composti diversi, regola e definisce gli aspetti di sapore, astringenza, acidità, grado

zuccherino.

Esistono sistemi di rilevazione di tutte queste componenti, ma l‘attenzione

legislativa si è concentrata sull‘acetato, in quanto composto dotato di tossicità. Tale

molecola può, in concentrazioni superiori al 5% essere considerata a tutti gli effetti un

bronco convulsivo, causando nausea, vomito e bronco costrizione. Per titoli in acetato

superiori, poi, si è soggetti a intossicazione respiratoria e alimentare. Si è cercato,

quindi di definire in maniera stringente i limiti della presenza in acido acetico, oltre che

per l‘aspetto prettamente clinico, anche per non intaccare la qualità della bevanda vino,

in cui il classico retrogusto in acetato, è indice di degradazione della bevanda stessa. Il

raggiungimento di standard qualitativi elevati nel vino, è da sempre una prerogativa del

mercato agro-alimentare italiano, e in questa accezione, risulterebbe in un grande danno

economico, intaccare la qualità della bevanda, evitando di monitorare costantemente la

presenza di acetato.

L‘enzima ACS da noi espresso, quindi, può ovviare a questi aspetti, certamente

poco graditi, associati alla fermentazione acetica, naturale conseguenza di quella

alcolica. Microorganismi del genere Acetobacter, possono in determinate condizioni,

sviluppare potentemente una fermentazione acetica, utilizzando glucosio ed etanolo

come fonti di carbonio, per restituire acetato nell‘ambiente extracellulare. Le condizioni

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di reazione, sono presenza in ossigeno e un titolo in etanolo intorno al 10%, condizioni

che naturalmente si sviluppano durante la fermentazione del vino.

A livello molecolare, lo ―switch acetato‖ racchiude un‘importante serie di

meccanismi metabolici, in cui la presenza in acetato intra ed extra cellulare, governa

l‘attivazione di molti sistemi enzimatici. L‘acetato infatti, è considerato dal punto di

vista della cellula, come una molecola modestamente energetica, sicuramente meno

energetica del glucosio o dell‘etanolo, ma che può subire ulteriori cicli di ossidazione

associati a reazioni esoergoniche. Esiste quindi una prima forma di utilizzo dei substrati

cellulari glucosio e carboidrati in genere, che sussiste nel normale ciclo glicolitico e

ciclo TCA, in cui il passaggio da piruvato a acetil Co-A, può essere o meno associato a

fermentazione. Nel caso in cui la reazione avvenga in condizioni ipossiche o in elevate

condizioni riducenti (rapporto NADH / NAD+

alto), o in elevate concentrazioni di

prodotti acidi (acetato, malato, ossalacetato), la cellula può scegliere un meccanismo di

acetogenesi, in cui recupera parte del potenziale riducente NAD+ e in contemporanea

espelle all‘esterno l‘acetato stesso (dissimilazione), in maniera tale da ripristinare le

condizioni fisiologiche che conducono al completamento del ciclo TCA. D‘altro canto,

nelle condizioni opposte, ovvero, scarsa presenza di fonti carboniose intracellulari,

deficit da substrati, deficit da NAD+

, la cellula attiva meccanismi di assimilazione

dell‘acetato precedentemente rilasciato all‘esterno, da utilizzare come fonte energetica.

Esiste quindi, un delicato equilibrio nel mantenimento dell‘omeostasi dell‘acetato, e del

metabolismo energetico, governato dall‘azione di due sistemi enzimatici opposti

PTA/ACKA e ACS, l‘enzima di interesse. L‘indagine molecolare su ACS, pur non

essendo direttamente collegata allo sviluppo della proteina ricombinante, ci è servito

per identificare quelle che possono essere le condizioni migliori di espressione nel

sistema E.coli. Il complesso meccanismo di induzione dell‘espressione genica e dei

promotori della trascrizione, è regolato non solo meccanismi di feedback da eccesso di

prodotti e di substrati, ma anche dalla complessa serie di condizioni ambientali esterne,

ovvero temperatura, pressione, composizione glucidica e proteica del terreno di coltura.

Partendo, quindi da tali considerazioni, abbiamo pianificato il nostro lavoro in 4

parti da sviluppare in maniera sequenziale, rispettivamente:

1 Identificazione, isolamento e clonaggio del gene acsBAC

2 Espressione in un sistema eterologo

3 Purificazione e caratterizzazione della proteina ricombinante

4 Allestimento di saggi di attività specifici

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La sequenza genica di interesse, nella prima fase del lavoro, è quella di Bacillus

subtilis, sequenza di 1869 bp, già caratterizzata e presente nei database EMBL e

GENBANK. Sono stati quindi progettati dei primer oligonucleotidici idonei per la

prima reazione di PCR, in cui si è solamente amplificata la porzione genica a partire da

librerie dell‘intero genoma. I primers così formulati hanno una lunghezza di circa 30

nucleotidi, che consente un appaiamento stabile con il DNA parentale. Il calcolo della

temperatura di melting (Tm) definita come la temperatura alla quale la metà del DNA in

soluzione si trova nello stato a doppia elica e la metà in quello denaturato, è calcolata

seguendo una formula empirica:

Tm = 64.9°C + 41°C x [%(G+C)] – N/500

Dove G e C sono rispettivamente il contenuto in guanine e citosine, mentre N è il

numero totale di basi. Egualmente importante risulta essere la temperatura di annealing

(Ta) , a cui avviene l‘appaiamento tra filamenti singoli di DNA. In PCR è necessaria per

mediare un corretto appaiamento tra oligonucleotidi e DNA templato, prima che la Taq

Polimerasi catalizzi la fase di elongazione. La versione della Taq polimerasi utilizzata

in questa fase è l‘AccuTaq, DNA-polimerasi termostabile specifica per le reazioni di

PCR, con attività polimerasica 5‘ → 3‘ e attività proof reading 3‘→ 5‘, con associata

attività esonucleasica. La velocità catalitica è circa 60 nt/sec e la fedeltà è maggiore

della semplice Taq polimerasi, ovvero 1 nt errato ogni 106 nt incorporati, contro 1 su

104 della Taq. La fedeltà di copia del DNA parentale, è uno step cruciale, che andrà poi

a influire sull‘espressione di un prodotto funzionante. Controllata la congruenza del

frammento amplificato, con le dimensioni attese, si è passati a una seconda serie di

reazioni di PCR, in cui l‘obbiettivo era introdurre dei siti di restrizione terminali al 5‘ e

3‘ dell‘amplificato. Vengono quindi progettati e utilizzati dei primer che presentassero

al loro interno le sequenze nucleotidiche specifiche NcoI e EcoRI. Nella seconda PCR,

inoltre si imposta la Ta su valori più bassi, poichè diminuisce il livello di

complementarietà tra oligonucleotidi e templato, a causa dell‘introduzione dei siti di

restrizione che non esistono nel DNA parentale ovvero il DNA prodotto dalla prima

PCR. Diminuendo la Ta, quindi, si aumenta la stabilità dell‘appaiamento e diminuisce

la probabilità di associazioni non corrette.

I siti scelti per Bacillus sono Nco e EcoRI, sequenza nucleotidiche non presenti

all‘interno del gene stesso, e quindi uniche. L‘unicità di tali sequenze è stata importante

nella fase successiva alla seconda PCR, ovvero la digestione enzimatica ad opera delle

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endonucleasi di restrizione, rispettivamente NcoI e EcoRI, passaggio atto a creare dei

siti terminali noti nel frammento genico da noi amplificato e purificato con il kit

commerciale MiniElute Gel Extraction della Quiagen.

Importante risulta quindi essere il passaggio catalizzato dalle endonucleasi di

restrizione o deossoribonucleasi. Tali enzimi riconoscono una sequenza consuensus di

circa 8 basi, all‘interno della doppia elica di DNA da digerire, differente per ogni

enzima. Il successivo passaggio è l‘idrolisi tra due nucleotidi prossimali a livello del

gruppo fosfato al 5‘, restituendo di fatti, due frammenti di DNA. Tali enzimi

riconoscono come target, delle sequenze palindromiche, ovvero identiche se lette

secondo la stessa polarità nei due filamenti, ed operano un taglio nucleotidico allo

stesso livello dei due filamenti. Per tale motivo, gran parte delle endonucleasi sono

dimeri che restituiscono dei frammenti di DNA definiti con estremità coesive o ―sticky

ends‖.

La tecnica da noi scelta è stata quella della doppia digestione, con successiva

purificazione dell‘amplificato processato e digerito, da gel di agarosio, utilizzando kit

commerciali. Sono state poi valutate le dimensioni della banda, che corrispondevano a

quelle attese.

Un identico lavoro di digestione è stato fatto per la preparazione del vettore di

espressione. Nella prima serie di lavori, ci siamo concentrati sul vettore pET-29. Il

pET-29 è un plasmide facilmente lavorabile, caratterizzato da un sito multiplo di

clonaggio (MCS), un gene per la resistenza all'antibiotico kanamicina (kan), un origine

autonoma di replicazione(ori) e un promotore specifico per la RNA-polimerasi del fago

T7 che opera il controllo trascrizionale.

Il prodotto enzimatico ACS proveniente da pET-29/acsBAC è stato soddisfacente

in termini di resa e di attività, ma ha necessitato di un lungo lavoro di purificazione. Si

è scelto così di passare all‘utilizzo di un altro vettore, che potesse ottimizzare la fase di

estrazione e purificazione proteica.

Nella seconda serie di lavori, è stato perciò utilizzato il vettore plasmidico di

espressione pET45-b che condivide le caratteristiche comuni ai pET, ovvero una

resistenza all‘antibiotico, fornito dal gene ampR, un MCS, target dell‘azione di molte

endonucleasi di restrizione, un‘origine autonoma di replicazione (ori) e un promotore

specifico per la RNA-polimerasi del fago T7 per il controllo trascrizionale. Il pET45,

poi è largamente usato nella produzione di enzimi ricombinanti perchè, oltre ad essere

facilmente lavorabile, presenta anche una regione prossima al sito di inserzione, che

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traduce per una coda di istidine, la quale fornisce la proteina ricombinante espressa, di

un TAG di istidine (His-tag) che trova impiego nella successiva fase di purificazione

proteica.

In questa porzione di lavoro, l‘ottenimento del gene acs non è passato attraverso

la reazione di PCR, bensì tramite digestione del vettore pET-29/acs utilizzando gli

enzimi di restrizione KpnI e SacI, e successiva purificazione del frammento genico con

il kit Hiyeld RBS Realgenomics.

L‘utilizzo dei suddetti enzimi, rimane necessario perchè il sito di clonazione

multipla del pET-45, non contiene il sito EcoRI, mentre NcoI è posto a valle della

porzione che traduce per His-tag, e quindi è inutilizzabile ai nostri scopi.

Il passaggio successivo è stata la ligazione, attività catalizzata dalla T4 ligasi, tra

il vettore e l‘inserto acs opportunamente digeriti con i medesimi enzimi di restrizione,

ovvero KpnI e SacI. Il costrutto genico prodotto, è in via teorica un vettore di

espressione maturo, e la conferma di ciò, si effettua dopo un passaggio di

trasformazione e screening delle colonie di trasformato.

Con la trasformazione, il plasmide contenente il gene acs (pET-45/acsBac) è stato

introdotto all‘interno di cellule batteriche del ceppo DH5α, ceppo caratterizzato da

un‘elevato tasso di crescita e quindi di amplificazione plasmidica. La trasformazione

con shock termico è una tecnica moderatamente efficiente, definita a bassa frequenza di

trasformanti, in cui si procede a un rapido passaggio in bagnetto termostatato a 37°C,

dopo una fase a 4°C. Nella prima fase di passaggio in ghiaccio, si sfrutta l‘associazione

che si instaura tra il CaCl2 utilizzato come componente della soluzione di

conservazione di cellule DH5α e la membrana plasmatica di tali cellule, risultando

nell‘adsorbimento dello ione Ca2+

sulla membrana e la genesi di un dipolo a parziale

carica positiva che avvolge le cellule. Questa carica positiva guida l‘avvicinamento del

pET-45/acsBac , a parziale carica negativa fornita dai gruppi fosfato del DNA, grazie a

deboli interazioni ioniche e dipolari, e consente una avvicinamento sterico tra plasmide

e cellula. Durante il rapido passaggio a 37°C, si formano delle momentanee rotture

nella plasmamembrana, che facilitano l‘ingresso e acquisizione del vettore.

Successivamente si procede ad una fase di semina su piastre agar e ampicillina.

L‘informazione che ci viene data dalla piastra di controllo è solo di carattere

statistico, e serve sostanzialmente per valutare se intervenire su un processo di

ligazione scarsamente efficace, al fine di aumentare la probabilità di avere colonie di

cloni ricombinanti nella piastra di prova. Per avere delle certezze, cioè per valutare

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quale di queste contenga effettivamente il plasmide ricombinante, dobbiamo effettuare

uno screening. A tal fine, alcune colonie della piastra di prova vengono scelte a caso ed

utilizzate per la preparazione di colture da cui verranno in seguito estratti i plasmidi da

analizzare. I plasmidi ricombinanti, dopo digestione, restituiscono due bande, una

realtiva al plasmide senza inserto, e l‘altra relativa all‘inserto. Le dimensioni risultano

quindi compatibili con quelle attese, e si sceglie sulla base delle dimensioni, quale

colonia portare avanti nella successiva fase di espressione proteica.

Nel nostro lavoro, abbiamo scelto di portare avanti l‘espressione dei prodotti delle

colonie 3 e 4, rispettivamente pET-45/acsBAC3 e pET-45/acsBAC4.

La seconda serie di esperimenti, ha come obbiettivo la produzione dell‘enzima

funzionante in un sistema eterologo. Nel nostro caso, ottenuti i vettori pET-45/acsBAC3

e pET-45/acsBAC4, che di seguito verranno identificati come ACS-3 e ACS-4, abbiamo

cercato di performare un sistema di espressione in cellule di coli, BL21. L‘utilizzo di

tale ceppo non è casuale, infatti, le cellule BL21 sono particolarmente adatte a tale

scopo in quanto possiedono un‘elevata capacità di sintesi proteica se stimolate con

l‘induttore IPTG (isopropil-β-tiogalattoside), un analogo del lattosio. Tale ceppo,

infatti, contiene nel proprio genoma il gene che codifica per la RNA polimerasi del fago

T7, posto sotto il controllo trascrizionale del promotore del lattosio (lac). Quando il

batterio cresce in assenza di lattosio o composti correlati, questo promotore è bloccato

dal repressore lac, che impedisce il legame dell‘RNA polimerasi batterica al promotore

lac stesso e quindi la trascrizione del gene sotto il suo controllo. Il vettore pET, inoltre,

contenendo il promotore di questo gene a monte del sito di inserzione, subisce una

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trascrizione massiccia dell‘inserto acs ad opera della RNA polimerasi T7, a sua volta

codificata da cellule BL21 sottoposte a induzione con IPTG. Il gene codificante l‘RNA

polimerasi T7 è necessario perciò, per l‘espressione di inserti presenti nel vettore pET,

che contiene il promotore di questo gene.

Anche in questo caso, la tecnica scelta per la trasformazione, è quella dello shock

termico, e successiva semina su piastre agar e ampicillina per la selezione negativa.

Successivamente si procede al prelievo di una colonia dalla piastre

pET-45/acsBAC3 e pET-45/acsBAC4 e si favorisce una crescita in terreno di coltura e

antibiotico ampicillina.

Il terreno di elezione, scelto per il preinoculo è il Luria Broth (LB) composto da

10 g/l triptone, 5 g/l estratto di lievito, 10 g/l NaCl, pH 7,5.

Le condizioni scelte per la crescita prevedono una prima fase detta pre inoculo in

LB, in cui si lavora su piccola scala. In questa fase si favorisce una crescita lenta della

cellula che si ―adatta‖ al nuovo tipo di terreno, fino ad arrivare ad una fase di plateau

sulla curva di crescita, in cui tutti i nutrienti sono esauriti e non si ha più un elevato

livello di duplicazione cellulare; tale crescita viene condotta over night. Si procede,

quindi, all‘inoculo vero e proprio su scala media, trasferendo la frazione cellulare del

preinoculo in beute con altro terreno e antibiotico, stimolandone nuovamente la crescita

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e duplicazione. Questa fase di crescita è stata da noi monitorata, calcolando la densità

ottica cellulare ed evitando di raggiungere concentrazioni troppo alte di cellule in

coltura. C‘è da considerare come in questa porzione di esperimenti, l‘interesse sia

quello di favorire una successiva produzione proteica, in cui ogni cellula non vada

incontro a deficit di nutrienti e che possa attivare normalmente il proprio metabolismo

proteico. Le colture vengono interrotte dopo circa 3 ore di crescita, a livelli di OD pari

a 0.6 alla lunghezza d‘onda di 600 nm e indotte con IPTG (isopropil-β-tio-galattoside),

attivatore della sintesi proteica mediata dall‘operone lac.

Abbiamo scelto di sperimentare la crescita cellulare in due brodi diversi,

rispettivamente il terreno YT (16 g/l triptone, 10 g/l estratto di lievito, 5 g/l NaCl, pH

7.2), caratterizzato da un‘elevata frazione aminoacidica, e quindi idoneo per la sintesi

proteica, e il terreno M9, a minime concentrazioni di nutrienti, arricchito in sali

minerali e vitamine (composizione molecolare riportata nei materiali e metodi).

Da un punto di vista della crescita cellulare, il terreno YT fornisce alla cellula

tutte i nutrienti necessari e già biodisponibili. Lo ―sforzo metabolico‖ cellulare, quindi,

risiede nella sola produzione dell‘enzima, a partire da aminoacidi e coenzimi già forniti.

Il terreno M9 invece, spinge la cellula a produrre aminoacidi e attivare i circuiti

anabolici di produzione delle componenti nutritive, eccezion fatta per le vitamine,

indispensabili alla crescita. Il tutto si tradurrà in un maggiore ―sforzo metabolico‖ e

sintesi proteica indotta più lentamente.

Una analisi prettamente economica, però, sollecita l‘utilizzo del terreno M9, in

quanto meno costoso del YT, aspetto questo da tenere in considerazione nell‘ambito

dell‘utilizzo industriale di tale enzima.

Sono state performate, relativamente al terreno M9, varie modalità di espressione

proteica. Le diverse condizioni di crescita, prevedono l‘aggiunta nel terreno di glucosio

o di acetato. Abbiamo poi lavorato sui diversi tempi di induzione, bloccando la sintesi

proteica rispettivamente a 5 ore e a 24 ore.

Viene quindi favorita una estrazione proteica con la tecnica della sonicazione a

onde ultrasoniche e successiva raccolta della frazione solubile (supernatante) separata

dalla frazione insolubile (precipitato) mediante centrifugazione; vengono raccolte e

conservate le diverse frazioni contenenti la proteina.

Tali prodotti proteici o enzimi putativi, sono stati analizzati per valutare la loro

presenza nella fase solubile o nella fase insolubile come aggregati. C‘è da considerare,

infatti, che un enzima funzionante verrà necessariamente a manifestarsi nella fase

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solubile a seguito dell‘estrazione proteica, ovvero nel supernatante. Una prerogativa

negativa, di alcuni sistemi di espressione eterologhi, tuttavia, può essere la presenza

della proteina ricombinante nella fase insolubile (precipitato). Questo aspetto,

indesiderato, influisce ovviamente sulla concentrazione dell‘enzima effettivamente

utilizzabile e deriva da una non corretta espressione proteica, associata a eventi di

misfolding o denaturazione durante la sintesi stessa della proteina.

A seguito della fase di estrazione proteica, e successiva analisi in SDS PAGE al

10% di acrilamide, abbiamo analizzato le diverse frazioni solubli ed insolubili,,

ottenendo le seguenti indicazioni (cap 3.2.4)

La crescita in terreno minimale sembra da preferirsi in termini di resa proteica, alla

crescita in terreno YT;

L‘aggiunta di acetato al terreno M9, aumenta notevolmente la sintesi di ACS, rispetto

all‘aggiunta di glucosio, che sembra non manifestare effetti rilevanti;

I tempi di induzione non influiscono eccessivamente sulla resa proteica, ed un

periodo di induzione superiore alle 24 ore si riflette nell‘aumento di ACS insolubile,

ovvero, aumenta la frazione ACS nel precipitato dopo sonicazione e aumenta la

tendenza di ACS in soluzione a precipitare dopo qualche giorno, evento che non

avviene per la crescita a 5 ore, indicando come ottimali tempi di induzione compresi

tra le 5 e le 16 ore.

L‘enzima ottenuto dal clone ACSBAC3 risulta essere più solubile di quello del clone

ACSBAC4, che al contrario produce una notevole quantità di proteina insolubile.

L‘enzima ottenuto da lievito, ACSyeast come da notazioni provenienti da esperimenti

passati, risulta essere totalmente insolubile, pur manifestando una notevole frazione

proteica espressa.

Standardizzando il protocollo di espressione, quindi, potremmo scegliere di

esprimere il clone scelto di ACSBAC , o entrambi come nel nostro caso, in terreno

minimale arricchito in acetato per tempi compresi tra le 5 e le 16 ore.

Le colonne IMAC hanno una notevole importanza in questa fase del lavoro.

Previo trattamento con opportuni tamponi di attivazione della colonna e nichel solfato

per ripristinare il Ni2+

ossidato, come riportato nei materiali e metodi, si sfrutta il

legame metallico di coordinazione tra Ni2+

e anello imidazolico delle istidine presenti

nel TAG all‘N-terminale della proteina ricombinante. Il legame metallico instauratosi

tra queste due componenti chimiche è molto stabile e consente di trattenere

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specificatamente solo la proteina ACS mentre le altre componenti inquinanti verranno

allontanate via con l‘eluato. Si sfrutta successivamente la competizione tra His e

imidazolo 0,5 M nei confronti dello ione metallico per dissociare la proteina, che verrà

raccolta e conservata. La purificazione tramite passaggio su colonne IMAC, restituisce

in breve tempo, un prodotto altamente concentrato e privo di contaminanti, che verrà

poi ulteriormente concentrato a seguito della precipitazione in solfato d‘ammonio e

dialisi, passaggio quest‘ultimo opzionale nel nostro caso, ma indispensabile per

l‘utilizzo in ambito diagnostico. Questa, di fatto rappresenta il livello di scale-up

raggiunto nel nostro lavoro, in cui le condizioni di espressione, in virtù di tali

considerazioni, sono ormai state definite e uniformate. (cap 3.3.2)

Vengono successivamente allestiti dei saggi di attività, del tipo colorimetrico, in

cui si confronta l‘attività tra ACS3 e ACS4 entrambe cresciute in acetato, per diversi

tempi di induzione, ottenendo le seguenti evidenze (cap 3.4.1):

l‘enzima ACS3 è più attivo di ACS4

Entrambi mostrano del precipitato dopo 24 ore a 4°C, indice di instabilità

della proteina se non opportunamente congelata

Una apprezzabile perdita di attività si manifesta dopo alcuni cicli di

congelamento e scongelamento (da -20°C a Tamb)

Più in generale possiamo notare come ACS3 manifesti molta più proteina

nella fase solubile e sia in effetti più attiva, mentre ACS4 che ne manifesta

di meno, risulta essere leggermente meno attiva.

Queste indicazioni ci spingono ad analisi più dettagliate, in particolar modo nei

confronti di ACS, ottenuta dopo 5 ore di induzione, che a seguito di indagini più

raffinate, risulta essere dotato di un‘attività specifica maggiore di ACS ottenuto dopo

24 ore di induzione e soprattutto più attivo di ACS commerciale, l‘enzima già presente

sul mercato. Questo era il parametro da noi identificato come obbiettivo principale e

può considerarsi raggiunto. Altre importanti informazioni sono quelle relative alla

stabilità. Il nostro enzima mantiene una stabilità paragonabile a quella di ACS

commerciale dopo diversi cicli di congelamento e scongelamento, evento che

inevitabilmente porta all‘inattivazione proteica.

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PARTE QUINTA CONCLUSIONI

In questo lavoro abbiamo cercato di ottenere una componente fondamentale per

un kit diagnostico a base enzimatica atto a valutare la concentrazione di acido acetico

nel vino e in bevande sottoposte a fermentazione alcolica, ovvero l‘ACS o acetil Co-A

sintetasi. L‘ACS ha un ruolo di primo piano nel metabolismo catabolico, ed è coinvolta

nell‘attivazione dei meccanismi di assimilazione dell‘acetato, in cui la cellula sfrutta un

composto solo parzialmente ossidato, reimmettendolo nel ciclo TCA. Tale enzima non

è un semplice prodotto proteico indotto dal substrato, ma è sottoposto ad un raffinato

controllo trascrizionale e traduzionale ad opera di molti agenti endogeni ed esogeni.

Abbiamo utilizzato tali informazioni per ottimizzare un protocollo di espressione

per la proteina, in cui l‘aggiunta di acetato al terreno di coltura, di cellule

BL21/pET-45/acs ha notevolmente migliorato la resa proteica, anche per tempi di

induzione non elevati, pari a 5 ore. Nel nostro lavoro, poi, ci siamo concentrati su ACS

di B. subtilis, che ha sempre restituito un prodotto in quantità maggiore rispetto a E.

coli e più solubile rispetto a S. cerevisiae, altri enzimi ottenuti sempre in maniera

ricombinante. Dato l‘utilizzo di tale enzima in un kit commerciale, risultava di notevole

spessore l‘aspetto prettamente economico, oltre a quello funzionale. Siamo riusciti a

performare, perciò, un‘espressione proteica in un terreno minimale M9, a basso costo,

che restituisce però una maggiore quantità di prodotto rispetto a quello ottenuto tramite

crescita nel comune e più costoso terreno YT.

Un altro aspetto importante sia dal punto di vista funzionale, che quello

dell‘abbattimento dei costi, è stata la purificazione e concentrazione proteica. L‘utilizzo

del vettore pET-45, ci ha consentito di condensare tutte le tecniche di purificazione, in

un unico passaggio su colonna IMAC agli ioni Ni2+

, sfruttando il legame di

coordinazione tra tale ione e il tag di istidine della proteina ricombinante, fornito dal

vettore stesso. A seguito di una successiva eluizione in imidazolo e precipitazione in

solfato d‘ammonio, si è ottenuto in breve tempo un enzima puro, concentrato e in

tampone già pronto per l‘uso.

L‘ultima analisi affrontata, ovvero i test per valutare l‘attività enzimatica, sono

stati tutti positivi, e ci hanno dato importanti indicazioni su quali condizioni di

espressione scegliere per ottenere il miglior rapporto tra quantità di proteina espressa

per attività specifica ottenuta.

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Grazie al protocollo di espressione e purificazione proteica, da noi creato e

ottimizzato, è possibile standardizzare la procedura di ottenimento dell‘ACS e

aumentare la scala di produzione portandola a livelli industriali.

Sono, altresì, possibili degli sviluppi che in futuro potrebbero portare

all‘ottenimento di enzimi ACS a partire da specie diverse da B. subtilis. E‘ già stata

indagata acs di Pseudomonas aeruginosa, Methnotrix sohengi, Sulfolobus sulfataricus,

senza però fornire un prodotto migliore di quello di B. subtilis. Altre importanti

diramazioni della nostra ricerca hanno portato a esperimenti di mutagenesi stEP tra acs

di B. subtilis e acs di S. cerevisiae, aspetti questi che potranno essere approfonditi in

seguito.

Il nostro enzima ACSBAC, tuttavia, confrontato con preparazioni precedenti e con

quello già presente in commercio, risulta già vincente da un punto di vista dell‘attività

specifica, ovvero della funzionalità, risulta essere più solubile e stabile nel tempo, e

aspetto di rilievo, è anche più economico, rendendo tale preparazione altamente

concorrenziale e sostituibile a tutti gli effetti nel sistema diagnostico già esistente.

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90

L‘essenza degli ultimi cinque anni è racchiusa in questo momento ormai a me ben

noto: il viaggio in treno. Essere solo, intorno a tanta gente, non può che spingermi a

pensare al tempo trascorso e agli obbiettivi che ho faticosamente quanto

inconsapevolemente raggiunto. Nel mio caso sono ancora pochi, ma il pensiero di aver

rispettato i tempi, almeno questa volta, mi rende pieno di orgoglio e mi fa guardare con

un pizzico di ottimismo in più al futuro. Al mio futuro. Eppure ritrovarmi a pochi giorni

dalla discussione della tesi, ancora in uno stato di apparente tranquillità, non può che

convincermi che in qualche modo sono stato plasmato da questo ambiente, dai

professori, colleghi, esami, alzataccie e treni. La risposta più decisa che ho potuto dare

all‘ambiente variegato di questi ultimi anni è racchiusa tanto nel mio bagaglio emotivo

personale quanto nel confronto con le persone che giravano, e mi auguro di far girare

ancora intorno al mio micro cosmo. E per questa mia predisposizione alla ricerca della

comunicazione con le persone, che tanta serenità mi ha portato, non posso che essere

grato alla mia famiglia, fonte di felicità, consigli, risate e litigi sempre risolti. Se quello

che sono diventato, mi soddisfa, lo devo a loro. Troppe sarebbero le righe da spendere

per parlarne in maniera riconoscente e degna. Troppi attributi positivi dovrei associare a

mamma Angela, papà Angelo e Francesca, che rischierei di diventare mieloso. Del

resto, nella mia costante ricerca di punti fermi e solidi, intorno a cui organizzare le mie

giornate e le mie esperienze, non ho potuto che apprezzare in misura sempre maggiore

col passare del tempo, la sicurezza, l‘affetto e la felicità offertami dalla mia famiglia, ed

è a voi che dedico questa tesi.

L‘interesse mostrato da parte dei parenti tutti, poi, mi è sempre stato utile. Penso a

nonna Gina, e alle serate passate a parlare sempre in maniera intelligente degli

argomenti più vari. Penso alle zie e agli zii, sempre pronti a incitarmi e a offrire parole

gentili. Penso ai cugini, che comincio a scoprire ora nella maniera adulta, con cui

abbiamo condiviso risate e che hanno mostrato interesse per la mia realtà che già li

riguardò quando erano studenti, proprio come me.

Il delicato equilibrio, tanto desiderato poi, non può che essere causa e

conseguenza anche del rapporto che ho quotidianamente con i miei amici. Il

meraviglioso gruppo di persone che chiamo amici, e che in molte occasioni si è

dimostrato tale, meriterebbe una pagina intera, persona per persona. Ma siamo in tanti,

lo sapete. Posso pensare però che ritrovarsi a non saper dare una data di nascita al

rapporto che ho con voi, mi riempie di gioia. Siete sempre stati e spero che rimarrete

quanto più a lungo possibile nelle mie giornate e nella mia vita. Scoprire, poi, che

Page 91: PARTE PRIMA INTRODUZIONEalessandromora.weebly.com/uploads/2/0/6/5/20651946/... · PARTE PRIMA INTRODUZIONE La produzione di vino rappresenta un importante aspetto dell‘economia

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ognuno di voi prima di essere amico, è una persona con i propri interessi, le proprie

ansie, i propri desideri e ambizioni, mi stimola a conoscervi sempre più e a condividere

con voi non solo le risate, mai mancate, ma anche le mie di ansie, preoccupazione e

momenti di gioia, proprio come in questo momento.

E strano mi fa, a ritrovarmi a pensare ai miei compagni di corso. Termine quanto

mai limitativo. Negli ultimi due anni ho scoperto la solidità, la simpatia, l‘intelligenza e

la bontà di molti di voi che non posso che reputare amici a tutti gli effetti e augurarmi

di rimanere tali.

Per ultimo, ma solo in ordine cronologico, penso al prof e all‘ambiente del lab.

Penso a voi tutti con infinito affetto, tante e tali sono le storie del lab che si sono

intrecciate con la mia ―vita reale‖ ed è qui che si affievolisce il concetto di posto di

lavoro per lasciar spazio a quello che voi siete: delle belle persone.

La paura per il mio futuro sicuramente passa attraverso tutti voi, so che in un

modo o nell‘altro coinvolgerò voi, persone fidate, nella mia esperienza di vita e so che

quando mi servirà, voi ci sarete. Proprio come mi auguro io, di essere reputato ai vostri

occhi.

Inizio ora un percorso sicuramente nuovo e stimolante, in cui mi impegnerò per

bilanciare le mie ambizioni e i miei desideri con il bisogno di trovare spazio a tutte le

persone a me care, che vuoi per esigenze di studio, vuoi per periodi negativi, ho a volte

trascurato. Dentro di me c‘è sempre stata la vostra presenza a guidarmi e darmi fiducia.

Grazie di cuore.