Movimento Ecumenico prima parte

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Il Movimento Ecumenico Prof. Antonino PILERI BRUNO A.A 2012-2013 F ACOLTÀ TEOLOGICA DI SICILIA

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Lezione introduttiva al Movimento Ecumenico

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Il Movimento Ecumenico

Prof. Antonino PILERI BRUNO

A.A 2012-2013

FACOLTÀ TEOLOGICA DI SICILIA

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Presentazione del seminario: nodi tematici, scopo e

metodo.

Considerazioni preliminari sui termini utilizzati:

movimento ecumenico, ecumene.

Le lacerazioni della Chiesa: scisma d‟oriente e

d‟occidente

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Contenuto: «Promuovere il ristabilimento dell’unità fra tuttii cristiani è uno dei principali intenti del sacro ConcilioVaticano II. Da Cristo Signore la Chiesa è stata fondatauna e unica, eppure molte comunioni cristiane propongonose stesse agli uomini come la vera eredità di Gesù Cristo.(…) Tale divisione non solo si oppone apertamente allavolontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo edanneggia la più santa delle cause: la predicazione delVangelo ad ogni creatura» (Unitatis Redintegratio n. 1).

A partire da questa espressione magisteriale, il seminario intende

focalizzare la riflessione e l’esperienza ecclesiale che è venuta via via

maturando fino a sfociare nel movimento ecumenico.

Presentazione del corso

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I nodi tematici su cui si articolerà l‟offerta contenutistica delseminario sono i seguenti:

1. Origine del movimento ecumenico attuale; Fede e Costituzione;

2. Consiglio Ecumenico Delle Chiese;

3. La dimensione ecumenica del Concilio Vaticano II;

4. Presentazione del Direttorio Ecumenico;

5. Presentazione del; Vademecum per la pastorale delle parrocchiecattoliche verso gli orientali non cattolici;

6. Questione dei matrimoni misti e recenti disposizioni dellaConferenza Episcopale Italiana in merito ai matrimoni misti.

Scopo: introdurre alla storia del movimento ecumenico, assumendoil Concilio Vaticano II come referente critico ed ermeneutico;delineare le implicazioni pastorali prodotte da tale apertura.

Metodologia: il seminario si articolerà su lezioni frontali, utilizzo distrumenti multimediali, cooperative learning, brainstorming.

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Definizione del Movimento Ecumenico

“Per movimento ecumenico si intendono le attività e le iniziative

suscitate e ordinate a promuovere l'unità dei cristiani, secondo le

varie necessità della Chiesa e secondo le circostanze. Così, in primo

luogo, ogni sforzo per eliminare parole, giudizi e opere che non

rispecchiano con giustizia e verità la condizione dei fratelli

separati e perciò rendono più difficili le mutue relazioni con essi. Poi, in

riunioni che si tengono con intento e spirito religioso tra cristiani di

diverse Chiese o comunità, il « dialogo » condotto da esponenti

debitamente preparati, nel quale ognuno espone più a fondo la dottrina

della propria comunione e ne presenta con chiarezza le caratteristiche”

(Unitatis Redintegratio n. 4).

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“Ecumene”…cosa significa?

Il termine "ecumene" deriva dal greco. Indica la "terra

intera", "tutta la terra abitata". Il luogo di dominio

dell'impero greco-romano. Questa concezione è traghettata

nel Nuovo Testamento! L'ecumene è il campo d'azione

della chiesa. il luogo in cui essa vive ed annuncia la

Buona Novella.

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Dimensione missionaria come cuore del Movimento Ecumenico

L'attuale Movimento Ecumenico è sorto da una

rinnovata tensione missionaria. Nel 1910 si

riunirono a Edimburgo i rappresentanti delle

maggiori chiese europee e nordamericane, per

una conferenza mondiale. Questa conferenza

ebbe un carattere preminentemente anglo-

americano. Non erano presenti esponenti della

Chiesa cattolica e delle Chiese ortodosse che

d‟altra parte non vi erano stati invitati.

Nell'assemblea si prese coscienza di come la

separazione tra le chiese costituisca un grave

scandalo da parte di chi è raggiunto dal Vangelo.

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Come rileva lo storico Brian Stanley, (cf. The World Missionary

Conference. Edinburgh 1910), la Conferenza di Edimburgo ebbe due

conseguenze indirette. La prima è che formò una generazione di

uomini e donne che negli anni successivi si sarebbero dedicati

all’azione missionaria con prospettive nuove e diverse da coloro che li

avevano preceduti. In secondo luogo la Conferenza avvicinò come mai

era accaduto esponenti di Chiese diverse, tutte protestanti certo, ma

non per questo più disposte a passare agevolmente sopra le proprie

specifiche visioni dogmatiche: per la prima volta la proiezione verso la

missione evangelizzatrice in un mondo che non conosceva Cristo

sembrava mettere in secondo piano le antiche diatribe confessionali.

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I grandi scismi

Per ragioni didattiche non prenderò in considerazione gli scismi che

riguardano le controversie dogmatiche dei primi Sette Concili.

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Le chiese d'oriente e d'occidente si separano

Tra la fine del terzo e l'inizio del quarto secolo l'impero romano

venne diviso in impero romano d'oriente e impero romano

d'occidente. Questa divisione ebbe, ripercussioni ecclesiali. L'impero

romano d'occidente cadde sotto l'urto dei barbari che premevano

alle sue frontiere i nuovi regni barbarici diedero origine alla società

medioevale e poi alle nazioni e agli stati che si formarono gradualmente

nell'Europa occidentale. L'impero romano d'oriente sopravvisse

invece, con la sua organizzazione, il suo diritto, la sua raffinata

eredità culturale.

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L'unica chiesa cristiana, che agli inizi del quarto secolo aveva

acquistato la libertà e che dalla fine del quarto secolo era

sostanzialmente chiesa di stato, conobbe due storie separate, in

occidente e in oriente

La chiesa in occidente sarà impegnata ad evangelizzare le

popolazioni germaniche.

La chiesa d'oriente si troverà anch'essa in una situazione di

sempre crescente subordinazione nei confronti del potere

imperiale, anche per il fatto che la leadership di tale chiesa era

passata da Alessandria a Costantinopoli, che grazie al can. 28

del concilio di Calcedonia vide riconosciuto in Oriente il suo

primato di onore nei confronti dei patriarchi di Alessandria,

Antiochia e Gerusalemme.

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Fra la chiesa d'occidente e quella d'oriente per lungo

tempo i contatti resteranno difficili. Gli ostacoli nelle

comunicazioni, le differenze di lingua porteranno queste

due chiese a percepirsi come reciprocamente estranee.

Questa dolorosa estraneazione porterà, dopo lo scisma

acaciano e alla grande crisi all'epoca del patriarca Fozio

nel nono secolo alle scomuniche reciproche dell'anno

1054, data alla quale si fa ascendere l'attuale stato di

separazione. I fattori non teologici, di ordine linguistico,

economico, politico, etnico, culturale, devono essere

considerati assai più decisivi, che non i fattori dottrinali.

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Le crociate non fecero che allargare il fossato fra oriente ed

occidente, in quanto gli orientali furono vittime di spoliazioni

e di vessazioni da parte dei “crociati” occidentali, soprattutto

allorché nel 1204 la quarta crociata fu dirottata alla presa di

Costantinopoli e si concluse con l'instaurazione di un impero

latino e di un patriarcato latino nella stessa Costantinopoli

(1204-1261).

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La riforma e i suoi esiti per la chiesa d'occidente

La frattura tra occidente ed oriente rappresentò un grave

vulnus per la cristianità. La chiesa d'oriente conservò anche

dopo la separazione della chiesa d'occidente la fede e la

struttura ecclesiale dei primi secoli, ma restò in un grave stato

di subordinazione rispetto alle autorità statuali. La chiesa

d'occidente grazie all'accentuazione del primato papale,

acquistò una nuova indipendenza dalle autorità statuali.

Per molti secoli, all'interno della Chiesa d'occidente, era

stata infatti invocata una riforma della Chiesa, in fide et in

moribus, in capite et in membris.

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Questa aspirazione alla riforma si era espressa in

innumerevoli petti giuridici, preparò quella che dev'essere

considerata la più grave lacerazione del tessuto della Chiesa

d'occidente, la lacerazione della Riforma.

Movimenti laicali, da cui alcuni, come i valdesi, erano

stati condannati, mentre altri erano stati accolti

portando a un notevole rinnovamento ecclesiale

(francescani e altri ordini mendicanti). Questa aspirazione

fatta sentire nei concili all'inizio del XV secolo, ed era stata

fatta propria dal papato.

Il concilio di Basilea aveva anche preso tutta una serie di

decisioni in ordine alla riforma della chiesa.

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Di fatto nessuna riforma adeguata poté essere messa in atto,

l'accumularsi di tutta una serie di fattori, formarono una

miscela esplosiva, nella quale pesonalità come Lutero,

Zwingli e Calvino, agirono da detonatori.

I fattori teologici, con la centralità del principio della

giustificazione per grazia mediante la fede e con l'appello

diretto alla Scrittura come ultima autorità della fede, svolsero

un ruolo molto più determinante di quanto non fosse

accaduto nella separazione con l'oriente.

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Lutero e la rivolta protestante

Nato a Eisleben il 10 novembre 1483 Lutero morì nella stessa città il 18

febbraio 1546.

Lutero studiò filosofia all’Università di Erfurt. Nel 1505, conseguito il

dottorato, entrò nel convento degli Agostiniani di Erfurt. Ordinato

sacerdote due anni dopo, nel 1508 fu chiamato a Wittemberg e vi

insegnò etica, dogmatica ed esegesi. Nel 1510 venne inviato a Roma

per questioni interne all’ordine.

Dopo un periodo di sereno fervore Lutero cadde in uno stato di

inquietudine. Nel 1517, meditando su un passo di Rm 1, 17 «Il giusto

vivrà per la fede» comprende che la “giustizia” della Scrittura non

allude all’intervento con cui Dio premia i giusti e punisce i peccatori,

ma parla dell’atto con cui Dio copre i peccati di quanti si

abbandonano a Lui attraverso la fede.

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I tre pilastri della riforma Luterana

Sola Scriptura: la Scrittura contiene tutte le verità rivelate da Dio e s’interpreta da

se stessa, non ha bisogno della tradizione e del magistero.

Sola Fide: apparentemente per Lutero la natura umana dopo il peccato originale

è intrinsecamente corrotta, l’uomo ha perso la sua libertà, ogni opera anche

buona è peccato. Dio tuttavia, senza cancellare i peccati attribuisce all’uomo i

meriti e la santità di Cristo.

Sola Gratia: poiché fra l’uomo e Dio si dà un’immediatezza reale, Lutero rifiuta

ogni mediazione esterna istituita dall’uomo non opera di Dio, e perciò priva di

valore salvifico. I sacramenti si riducono a battesimo ed eucaristia, la confessione

è utile ma non necessaria (Confessio Augustana n.25).

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La questione delle indulgenze

Fin dal 1507 Giulio II aveva dato inizio ai lavori per la costruzione della nuova

basilica di San Pietro, aveva concesso un’indulgenza a modo di giubileo, a chi

offrisse elemosine per l’impresa, l’iniziativa era stata ripetuta nel 1514 da Leone

X.

In Germania la questione si complicava: Abalberto di Brandeburgo, arcivescovo

di Magdeburgo e amministratore apostolico della vicina Halberstadt era stato

eletto vescovo di una terza diocesi Magonza sul Reno (il titolare di questa

diocesi aveva il privilegio di partecipare all’elezione imperiale). Per entrare in

possesso di questa carica doveva sborsare alla Camera Apostolica un ingente

somma di cui non disponeva. La famiglia Fugger (banchieri) anticipò i 29.000

ducati che egli doveva pagare a Roma; il vescovo ottenne la facoltà di far

predicare le indulgenze, le elemosine sarebbero state devolute per metà a Roma

e per metà alla famiglia Fugger.

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La predicazione, non senza eccessi, fu svolta dal domenicano

Johannes Tetzel; a lui si attribuisce la frase: «Appena la moneta

cade nella cassetta delle elemosine, l’anima è liberata dal

Purgatorio».

Reagendo agli abusi Lutero la vigilia di ogni santi del 1517 inviò ad

Alberto di Brandegurgo una lettera invitandolo a prendere

posizione contro gli abusi connessi alle indulgenze; e insieme 95 tesi

sulle indulgenze invitandolo ad una decisione.

Nel 1518 Leone X fece sottoporre ad esame le asserzioni sulle

indulgenze e intimò Lutero a presentarsi a Roma. Lutero fu

dispensato dal viaggio a Roma e potè essere interrogato ad Augusta

nell’ottobre 1518 dal card. Caietano.

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Nel 1520 a Roma si concluse un processo a Lutero con la

promulgazione della bolla Exsurge Domine.

Lutero risponde con tre opere:

Alla nobiltà cristiana della nazione germanica;

De captivitate babilonica ecclesiae praeludium;

De liberitate cristiana.

Nell’ottobre 1520 Lutero brucia il Codice di diritto canonico e

la bolla Exsurge Domine. Il 3 gennaio 1521 la bolla Decet

Romanum Pontificem scomunicò Lutero.

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Lo scisma anglicano

La causa scatenante dello scisma anglicano va ricollegata

al mancato assenso da parte della Chiesa di Roma alla

richiesta di scioglimento del matrimonio di Enrico VIII(1491-1547). Questo scioglimento era stato richiesto

perché non aveva un figlio maschio cui lasciare il trono.

Enrico VIII, approfittando dello scontento che serpeggiava

nelle file del clero contro Roma, si rivolse all'arcivescovo

Cranmer di Canterbury e ottenne il divorzio da

Caterina d'Aragona. Immediatamente dopo la

scomunica fece approvare dal Parlamento (1533) una serie

di leggi che compromettevano irrevocabilmente i legami

con Roma e asservivano il clero inglese alla corona,

sciolse i monasteri, confiscò i beni della chiesa.

Enrico VIII si autoproclamò "capo della chiesa inglese"

con l'Atto di supremazia (imposto all'Irlanda nel 1541).

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Il divorzio fu il pretesto che offrì al re la possibilità di

rivendicare la sovranità regia contro ogni possibile

ingerenza, soprattutto se proveniente dall'esterno.

L‟ incremento del capitalismo nell'Inghilterra del XVI sec.

aveva reso necessaria la costituzione di una monarchia

assoluta che accelerasse la crisi del regime feudale. Un

importante strumento di centralizzazione dei poteri fu la

riforma della chiesa, con la quale il re si appropriò di un terzo

di tutta la proprietà terriera inglese. Questo esproprio risollevò

le casse dello stato inglese dalle spese belliche sostenute

durante la “guerra dei cento anni” contro la Francia.

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Lo scisma anglicano non incontrò in Inghilterra alcuna

forte resistenza da parte ecclesiastica (fanno eccezione

alcuni religiosi ed il vescovo Fisher). Enrico VIII aveva

assicurato al clero e a tutti i fedeli che nulla della tradizione

cattolica sarebbe stato modificata, a livello sia dogmatico

che sacramentale.

La vittima più illustre fu Thomas More che pur essendo

disposto a sottoscrivere l„atto per la successione della prole

di Anna Bolena (la donna con cui Enrico VIII viveva in

concubinato), rifiutava il modo in cui il re si era auto

proclamato "capo della chiesa".

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Grazie!

Prossima lezione 22 febbraio 2013

Prof. Antonino Pileri Brunowww.luxecclesiaeorientalis.org