Parte III - Lezione 4

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Parte III - Lezione 4 - pag. 321 PARTE III - LEZIONE 4 IL TASSO D’INTERESSE La lezione ‘endogenizza’ le variabili che restano esogene nella configurazione assunta dal modello macroeconomico alla fine della Lezione 3. Lo scopo è raggiunto elaborando una teoria della formazione del tasso d’interesse in un contesto molto semplice in cui le famiglie possono allocare il patrimonio disponibile in due sole attività: la moneta e le obbligazioni irredimibili. IV.1. Introduzione ............................................................................................................................ 322 IV.2. La moneta transattiva delle imprese ..................................................................................... 322 IV.2.1. Le ragioni della moneta transattiva ................................................................................... 323 IV.2.2. Moneta transattiva e tasso d’interesse ............................................................................... 325 IV.2.3. Moneta transattiva e reddito.............................................................................................. 326 IV.3. La moneta transattiva delle famiglie ..................................................................................... 329 IV.3.1. Moneta transattiva delle famiglie e tasso d’interesse ........................................................ 330 IV.3.2. Moneta transattiva delle famiglie e reddito....................................................................... 331 IV.4. La moneta speculativa ............................................................................................................ 332 IV.4.1. Le scelte di portafoglio ..................................................................................................... 332 IV.4.2. Le ipotesi di lavoro ........................................................................................................... 333 IV.4.3. Il patrimonio disponibile: composizione di fatto e desiderata .......................................... 333 IV.4.4. Moneta speculativa e tasso d’interesse ............................................................................. 336 IV.4.4.1. La regola speculativa e i tassi normali ..................................................................... 336 IV.4.4.2. La moneta speculativa in percentuale del patrimonio disponibile............................ 337 IV.4.4.2.1. In assenza di cassettisti ......................................................................................................... 337 IV.4.4.2.2. In presenza di cassettisti........................................................................................................ 339 IV.4.4.3. La dimensione del patrimonio aggregato ................................................................. 340 IV.4.4.4. La moneta speculativa desiderata ............................................................................. 342 IV.5. Mercato dei titoli versus mercato della moneta .................................................................... 344 IV.5.1. Offerta, domanda ed equilibrio ......................................................................................... 345 IV.5.2. La legge di Walras ............................................................................................................ 346 IV.5.3. Modi di dire ...................................................................................................................... 349 IV.5.4. La ‘necessità’ dell’equilibrio ............................................................................................ 350 IV.5.5. Tasso d’interesse e offerta di moneta speculativa ............................................................. 351 IV.5.6. Un esempio ....................................................................................................................... 353

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PARTE III - LEZIONE 4 IL TASSO D’INTERESSE

La lezione ‘endogenizza’ le variabili che restano esogene nella configurazione assunta dal modello macroeconomico alla fine della Lezione 3. Lo scopo è raggiunto elaborando una teoria della formazione del tasso d’interesse in un contesto molto semplice in cui le famiglie possono allocare il patrimonio disponibile in due sole attività: la moneta e le obbligazioni irredimibili.

IV.1. Introduzione ............................................................................................................................ 322 IV.2. La moneta transattiva delle imprese ..................................................................................... 322

IV.2.1. Le ragioni della moneta transattiva................................................................................... 323 IV.2.2. Moneta transattiva e tasso d’interesse............................................................................... 325 IV.2.3. Moneta transattiva e reddito.............................................................................................. 326

IV.3. La moneta transattiva delle famiglie ..................................................................................... 329 IV.3.1. Moneta transattiva delle famiglie e tasso d’interesse........................................................ 330 IV.3.2. Moneta transattiva delle famiglie e reddito....................................................................... 331

IV.4. La moneta speculativa ............................................................................................................ 332 IV.4.1. Le scelte di portafoglio ..................................................................................................... 332 IV.4.2. Le ipotesi di lavoro ........................................................................................................... 333 IV.4.3. Il patrimonio disponibile: composizione di fatto e desiderata .......................................... 333 IV.4.4. Moneta speculativa e tasso d’interesse ............................................................................. 336

IV.4.4.1. La regola speculativa e i tassi normali ..................................................................... 336 IV.4.4.2. La moneta speculativa in percentuale del patrimonio disponibile............................ 337

IV.4.4.2.1. In assenza di cassettisti ......................................................................................................... 337 IV.4.4.2.2. In presenza di cassettisti........................................................................................................ 339

IV.4.4.3. La dimensione del patrimonio aggregato ................................................................. 340 IV.4.4.4. La moneta speculativa desiderata............................................................................. 342

IV.5. Mercato dei titoli versus mercato della moneta .................................................................... 344 IV.5.1. Offerta, domanda ed equilibrio ......................................................................................... 345 IV.5.2. La legge di Walras ............................................................................................................ 346 IV.5.3. Modi di dire ...................................................................................................................... 349 IV.5.4. La ‘necessità’ dell’equilibrio ............................................................................................ 350 IV.5.5. Tasso d’interesse e offerta di moneta speculativa............................................................. 351 IV.5.6. Un esempio ....................................................................................................................... 353

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IV.1. Introduzione La Lezione 3 si è conclusa con un aggiornamento del modello macroeconomico

dove il consumo compare in qualità di variabile endogena (comandata dal reddito) che non ne comanda altre. Perciò è possibile cancellarne l’equazione senza interrompere alcuna catena causale. In tal modo, si ottiene la forma ridotta di cui al Quadro IV.1 i cui contenuti economici possono essere così riassunti:

• il tasso d’interesse determina la dimensione dell’investimento aggregato; • l’investimento attiva il processo moltiplicativo che genera il reddito e il

risparmio; • insieme con l’adeguamento della cassa, l’investimento concorre anche a

determinare l’aumento di capitale di cui le imprese hanno bisogno.

A

S I=

1

1Y I

c= ⋅

−K I A∆ = +( )I I r=

r

Quadro IV.1

Allo stato, il modello è in grado di determinare le sue quattro variabili endogene solo a condizione che siano ‘manualmente’ predeterminate le due esogene. La procedura può essere così rappresentata:

esogene endogene

, , , ,A r MODELLO I Y S K⇒ ⇒ ∆�����

La ‘potenza interpretativa’ di ogni modello è tanto maggiore quanto minore è il numero delle variabili esogene in esso presenti. In altre parole, la teoria da esso formalizzata è tanto più ‘generale’ quanto più piccola è ‘la ‘parte di mondo’ che non riesce a spiegare. Massimamente ‘potenti’ sono i modelli ‘chiusi’ (autosufficienti), cioè totalmente privi di esogene. Gli economisti usano chiamarli di equilibrio generale in contrapposizione a quelli ‘aperti’, contenenti esogene, che sono invece chiamati di equilibrio parziale o locale.

Lo scopo della presente lezione è di completare il modello macroeconomico fino a chiuderlo. Cominceremo aggiungendo una nuova equazione di cui sarà protagonista la ‘moneta transattiva delle imprese’: una nuova denominazione per una vecchia conoscenza.

IV.2. La moneta transattiva delle imprese Dalla Lezione 3 della Parte I si ricorderà che le scorte liquide delle imprese

(cassa) servono a superare le asincronie fra gli incassi e i pagamenti. Con un discutibile

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anglicismo, sia gli uni che gli altri sono chiamati ‘transazioni’1. Ecco perché, nel seguito, tali scorte saranno chiamate (seguendo l’uso) moneta transattiva.

Sappiamo che, ogni anno, le imprese possono adeguare la moneta transattiva posseduta (ereditata dal precedente). L’equazione K I A∆ = + ci ricorda che l’adeguamento è ottenuto conferendo capitale in misura diversa da quella necessaria a finanziare l’investimento. Si distinguono tre casi:

• se 0A > (le imprese desiderano più moneta transattiva di quella che hanno) allora dovrà essere ∆K I> (il capitale conferito dovrà superare l’investimento);

• se 0A < (le imprese desiderano meno moneta transattiva di quella che hanno) allora dovrà accadere il contrario2;

• se 0A = (le imprese sono soddisfatte della moneta transattiva che posseggono) allora dovrà essere K I∆ = .

L’adeguamento della moneta transattiva può diventare endogeno aggiungendo al modello un’equazione che lo definisce come differenza fra la moneta desiderata e quella posseduta. Indicando la prima con i

tL (L per liquidità – sinonimo di moneta – t per

transattiva, i per imprese) e la seconda con itM (M per moneta) l’accennata equazione

prende la forma:

(IV-1) .i it tA L M= −

Naturalmente, la (IV-1) non consente di progredire verso la chiusura del modello perché, da un lato, la variabile A diventa endogena ma, dall’altro, compare la nuova esogena i

tL . Il passo successivo sarà di spiegare quest’ultima in termini di variabili già

presenti nel modello3. Cominceremo approfondendo il ‘movente transattivo’, cioè la ragione per la quale le imprese hanno bisogno di mantenere scorte liquide.

IV.2.1. Le ragioni della moneta transattiva Si ricorderà che tale ragione è già stata discussa nella Lezione 3 della Parte I,

contestualmente a quelle che giustificano le scorte di prodotti e di beni intermedi. Infatti, le tre scorte sono similmente motivate.

Prescindendo dall’attività di investimento in macchine e scorte, da finanziare con apposito aumento di capitale, ogni impresa registra i seguenti flussi (movimenti) di cassa:

• incassa moneta dai clienti per quanto produce, • eroga moneta ai fornitori per quanto consuma, • eroga moneta alle famiglie (salari, interessi e profitti) in misura uguale al

surplus che realizza.

1 ‘Transazione’ è l’erronea traduzione di transaction. In corretto italiano, il termine significa

‘accordo’, ‘compromesso’, o ‘punto di incontro’ che pone fine ad una controversia. 2 Conferire capitale in misura inferiore all’investimento significa lasciar concorrere al

finanziamento di quest’ultimo una parte della moneta transattiva posseduta. 3 Si noti che i

tM non è una variabile bensì un parametro in quanto la moneta transattiva ereditata

dal passato è un dato per il presente.

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Poiché quest’ultimo è la differenza fra la produzione e il consumo, gli incassi bilanciano i pagamenti totali (ai fornitori e alle famiglie), come nell’esempio numerico rappresentato nel Quadro IV.2. Il bilanciamento garantisce l’invarianza della cassa ( 0∆ = ) ovvero permette una consistenza finale di quest’ultima identica a quella iniziale.

acquisti. = 400(pagamenti ai fornitori)

ciclo produttivoscorte di

beni interm. produzione: = 1.000scorte di prodotti

vendite = 1.000(incassi dai clienti)

famiglie

redditi = 600

cassa∆=0

consumointermedio. = 400

Quadro IV.2

Il bilanciamento su base annua non esclude sbilanci infrannuali, dovuti alla diversa ‘stagionalità’ degli incassi e dei pagamenti, ovvero al diverso calendario con cui gli uni e gli altri si distribuiscono in corso d’anno. In proposito, si osservi l’esempio proposto nel Quadro IV.3 dove la seconda e quinta colonna registrano, rispettivamente, gli incassi e i pagamenti mensili, mentre la terza e quarta mostrano il dettaglio di questi ultimi. Naturalmente, i pagamenti alle famiglie altro non sono che i redditi (salari, interessi e profitto) ad esse erogati dall’impresa.

Si noterà che la seconda e quinta colonna, pur avendo totali identici e coerenti coi flussi annui indicati nel Quadro IV.2, delineano calendari ‘asincroni’ degli incassi e dei pagamenti totali. Infatti, ogni mese i secondi sono diversi dai primi. L’asincronia è responsabile dei saldi mensili indicati nella sesta colonna.

Si osservi che: • la distribuzione infra-annuale dei pagamenti ai fornitori lascia supporre

contratti, o usi commerciali, che prevedono consegne semestrali ad aprile e ottobre;

• la distribuzione dei pagamenti alle famiglie lascia supporre obblighi contrattuali e/o norme di legge che impongono l’erogazione di redditi mensili costanti (a cominciare dal salario annuo da ripartire, secondo legge, in 12 rate mensili di uguale importo);

• la distribuzione degli incassi è compatibile con un’impresa produttrice di articoli sportivi i cui clienti usano distribuire gli acquisti annui ‘a schiena di cammello’, ovvero con picchi in inverno (sci da neve, etc.) e in estate (canne da pesca, etc.).

Infine, nella settima colonna sono indicati i saldi ‘cumulati’, ciascuno dei quali è costruito sommando i saldi semplici dall’inizio dell’anno. Perciò risulta dalla differenza

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fra il totale degli incassi e il totale dei pagamenti registrati fino a quel momento. Ad esempio, il saldo cumulato di aprile (-80 euro) è ottenuto sommando i saldi semplici dei primi quattro mesi dell’anno (150+50-40-240) e perciò risulta dalla differenza fra il totale degli incassi (320 euro) e il totale dei pagamenti (400 euro) registrati nel primo quadrimestre.

Si osservi che il saldo cumulato di dicembre è nullo non per caso. Infatti, è la differenza fra gli incassi e i pagamenti annui che sono bilanciati per le ragioni spiegate commentando il Quadro IV.2.

ai fornitori alle famiglie totali semplici cumulati

gennaio 200 0 50 50 150 150febbraio 100 0 50 50 50 200marzo 10 0 50 50 -40 160aprile 10 200 50 250 -240 -80maggio 10 0 50 50 -40 -120giugno 90 0 50 50 40 -80luglio 200 0 50 50 150 70agosto 200 0 50 50 150 220settembre 60 0 50 50 10 230ottobre 10 200 50 250 -240 -10novembre 10 0 50 50 -40 -50dicembre 100 0 50 50 50 0TOTALE ANNUO 1000 400 600 1000

pagamentiincassimese

saldi di cassa mensili

Quadro IV.3

I saldi cumulati rappresentano temporanee eccedenze di cassa, se positivi, oppure deficienze se negativi. I saldi negativi sono più importanti perché indicano i mesi in cui l’impresa è a rischio di insolvenza. Ad esempio, nel mese di ottobre è ‘scoperta’ per 10 euro dovendo sostenere pagamenti per 250 euro a fronte di incassi per 10 euro nonché di 230 euro ‘ereditati’ dal mese precedente.

Per scongiurare il rischio d’insolvenza, l’impresa deve dotarsi di moneta transattiva (scorta liquida) usandola come una ‘banca’ dalla quale ‘prendere a prestito’ i moduli dei saldi cumulati negativi (e nella quale ‘depositare’ quelli positivi). Nell’esempio del Quadro IV.3, la moneta transattiva di cui dotarsi è di 120 euro, tale essendo il ‘prestito massimo’ di cui l’impresa ha bisogno per fronteggiare lo scoperto di maggio. Se l’impresa cominciasse l’anno avendo in cassa tale somma, non potrebbero insorgere problemi di insolvenza né a maggio, né mai.

IV.2.2. Moneta transattiva e tasso d’interesse Dalla Lezione 3 della Parte I sappiamo che la cassa, ora ‘ribattezzata’ moneta

transattiva, ha un costo uguale all’interesse annuo ad essa commisurato. Infatti, per costituirla l’impresa deve reperire risorse (nella forma di capitale di credito oppure proprio) sulle quali maturano interessi (espliciti nel primo caso, oppure impliciti – inclusi nel profitto normale – nel secondo caso). Nell’esempio del Quadro IV.3, se il tasso d’interesse fosse del 12%, il costo che l’impresa deve sopportare per dotarsi di moneta transattiva per 120 euro è pari a 120 0 12 14 4, ,× = euro all’anno.

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In realtà, la moneta transattiva non è indispensabile. In alternativa, l’impresa potrebbe far fronte agli scoperti di cassa reperendo risorse temporanee (anziché permanenti) commisurando gli interessi alla sola durata e dimensione degli scoperti. Nell’esempio del Quadro IV.3, dovrebbe prendere a prestito 80 euro ad aprile con un costo di 80 0 12 12 0 8, ,× = euro, 120 a maggio con un costo di 120 0 12 12 1 2, ,× = euro,

10 a ottobre con un costo di 10 0 12 12 0 1, ,× = euro e 50 a novembre con un costo di

50 0 12 12 0 5, ,× = euro. In tal modo, l’onere finanziario annuo si ridurrebbe a 0 8 1 2 0 5 0 1 2 6, , , , ,+ + + = euro.

Ma non bisogna dimenticare la ‘laboriosità’ degli indebitamenti temporanei che impegnano gli uffici amministrativi aumentando il costo del lavoro. In effetti, la loro gestione può rappresentare un onere ancor più rilevante di quello finanziario, cosicché, in condizioni normali, la costituzione di una scorta liquida appare una scelta razionale. Ciò non toglie che, in presenza di tassi d’interesse particolarmente elevati, le imprese possano scegliere il ricorso all’indebitamento temporaneo. Oppure adire ad una scelta intermedia costituendo una scorta liquida inferiore allo scoperto massimo, ma almeno in grado di far fronte ad una parte degli scoperti di cassa. In tal modo possono diradare il ricorso all’indebitamento temporaneo e quindi alleggerire l’onere della sua gestione. Si profila quindi una dipendenza funzionale decrescente della moneta transattiva dal tasso d’interesse. Per semplicità, nel seguito la ignoreremo assumendo che le imprese scelgano di dotarsi di moneta transattiva sufficiente ad affrancarsi totalmente dalla ‘scomodità’ del capitale temporaneo.

IV.2.3. Moneta transattiva e reddito Nella presente sezione stabiliremo che la moneta transattiva desiderata dalle

imprese è una funzione crescente del reddito da esse distribuito alle famiglie. In primo luogo, si torni all’esempio del Quadro IV.3 per notare che lo scoperto

massimo (120 euro) è: • il 12% degli incassi annui dai clienti (1.000 euro); • il 30% dei pagamenti annui ai fornitori (400 euro); • il 20% del reddito annuo distribuito alle famiglie (600 euro).

Chiediamoci quindi se tali percentuali cambierebbero ove cambiasse il ‘volume d’affari’ dell’impresa. Ad esempio, ove tale volume raddoppiasse, cioè l’impresa vendesse il doppio acquistando il doppio dei beni intermedi e distribuendo quindi il doppio del reddito. Ebbene:

• le abitudini della clientela non cambierebbero (i clienti non smetterebbero di andare in montagna d’inverno e al mare d’estate) cosicché le vendite resterebbero a schiena di cammello,

• i beni intermedi sarebbero ancora acquistati ad aprile e ottobre perché così prevede il contratto coi fornitori;

• i salari sarebbero ancora pagati mensilmente perché così impone la legge. Allora il raddoppio del volume d’affari farebbe raddoppiare i saldi cumulati, ivi compreso lo scoperto massimo, e perciò anche la moneta transattiva necessaria per garantire la solvibilità dell’impresa. Più in generale, il fabbisogno di moneta transattiva aumenta in proporzione ai flussi di cassa annui, così da mantenersi costante in percentuale di ciascuno di essi.

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Possiamo allora concludere che il fabbisogno di moneta transattiva è una funzione lineare di ciascun flusso di cassa. L’ordinata all’origine è nulla in ogni caso, mentre il coefficiente angolare varia col flusso scelto come variabile indipendente. In particolare, vale 0,20 quando sia scelto il reddito (piuttosto che gli incassi oppure i pagamenti ai fornitori).

E’ fondamentale capire che l’esistenza di una dipendenza lineare ‘stabile’ del fabbisogno di moneta transattiva dal reddito è basata sulla ‘vischiosità istituzionale’ dei ‘calendari’ con cui i flussi di cassa si distribuiscono fra i mesi dell’anno. In presenza di calendari diversi, ma ugualmente vischiosi, la dipendenza del fabbisogno dal reddito sarebbe governata da un coefficiente angolare diverso. I calendari dei flussi di cassa, e perciò il coefficiente angolare, possono cambiare in ragione di fattori quali il settore produttivo, la collocazione territoriale, la dimensione, etc..

Per il sistema delle imprese vale una ‘macro-equazione’ del tipo:

(IV-2) i iF Y= ⋅λ ,

recante al primo membro il fabbisogno aggregato di moneta transattiva (somma dei fabbisogni delle singole imprese) e, al secondo membro, il reddito nazionale4.

Viene ora un passo importante dell’analisi. L’equazione (IV-2) ‘ragiona a scoppio ritardato’ nel senso che indica troppo tardi la moneta transattiva di cui le imprese avrebbero dovuto disporre nell’anno corrente. Infatti, non può farlo che a fine anno, alla luce del reddito (volume d’affari) che si è effettivamente realizzato. Pertanto, non aiuta a capire come le imprese ragionano per decidere la moneta transattiva di cui dotarsi in anticipo rispetto al bisogno, e cioè ogni anno per il successivo.

Possiamo tuttavia ‘adattare’ la (IV-2) trasformando le variabili ‘correnti’ (in essa coinvolte) in variabili ‘attese’, cioè scrivendo:

ˆ ˆi iF Y= ⋅λ ,

dove ˆ iF e Y denotano, rispettivamente, il fabbisogno e il reddito (volume d’affari) previsti ‘oggi per domani’, cioè nel periodo corrente per il successivo. Al contempo possiamo porre:

ˆi itL F= ,

onde ‘tradurre’ il fabbisogno atteso per l’anno successivo (ˆ iF ) in scorta che si desidera costituire nell’anno corrente (itL ). Dalla ‘fusione delle due equazioni segue:

(IV-3) ˆi itL Y= ⋅λ .

Finalmente, la (IV-3) può offrire una spiegazione al comportamento delle imprese. Infatti, la moneta transattiva da esse desiderata nell’anno corrente è spiegata in termini del reddito (volume d’affari) atteso nel successivo.

4 A rigore, l’aggregazione delle equazioni individuali genera un’equazione del tipo (IV-2) solo a

condizione che i contributi percentuali delle singole imprese al reddito nazionale siano costanti (indipendenti dal reddito stesso).

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Tuttavia, la (IV-3) ha il ‘difetto’ di non consentire passi avanti sulla strada della chiusura del modello macroeconomico. Infatti, endogenizza i

tL ma introduce la nuova

esogena Y . Si può ‘correre ai ripari’ assumendo l’ipotesi di aspettative statiche. Di che si tratta?

La teoria economica assume spesso che le aspettative siano statiche, o inerti, cioè che gli agenti si aspettino l’invarianza delle variabili rilevanti per le loro decisioni. In altre parole, assume che, nelle aspettative degli agenti, tali variabili siano destinate a mantenere, in futuro, i valori osservati nell’anno corrente.

L’ipotesi è meno peregrina di quanto possa sembrare. Anzi è continuamente avvalorata dai fatti, anche recenti. Ad esempio, tutti sanno che, alla base della crisi finanziaria che investì le banche americane nel 2006, ci fu l’incapacità di molte famiglie di onorare i contratti di mutuo a tasso variabile stipulati in tempi nei quali l’interesse era particolarmente basso e perciò le rate annue particolarmente ‘abbordabili’. In quei frangenti, sarebbe bastato dare un’occhiata agli andamenti altalenanti del passato per ammettere che quella fase non sarebbe durata in eterno. Eppure, prevalsero le aspettative statiche: contando su un futuro uguale al presente, le famiglie chiesero mutui troppo grandi e le banche non furono da meno assecondando con disinvoltura le loro richieste. La successiva lievitazione del tasso d’interesse aumentò le rate al punto da ridurre le famiglie all’insolvenza e le banche al fallimento.

Tornando al punto, assumeremo Y Y=⌢

, cioè che il reddito atteso dalle imprese per l’anno successivo replichi quello osservato nell’anno corrente. Così facendo, la (IV-3) prende la forma:

(IV-4) i itL Y= ⋅λ

che accoglieremo nel modello insieme all’equazione (IV-1). Così facendo, si ottiene la nuova configurazione rappresentata nel Quadro IV.4. Rispetto al precedente Quadro IV.1, il nuovo compie un passo avanti in direzione della chiusura del modello. Infatti, le variabili esogene si riducono da due (A ed r) ad una soltanto (r). D’ora in avanti, ne ometteremo la (ridondante) rappresentazione esplicita, tenendo tuttavia presente che il tasso d’interesse continua a comparire nell’equazione che definisce l’investimento in qualità di variabile indipendente. Il fatto che r sia, al momento, esogeno è testimoniato dall’assenza di un’equazione che lo spieghi (definendolo come funzione di altre variabili).

K I A∆ = +

S I=

1

1Y I

c= ⋅

−( )I I r=

it iL Y= ⋅λ i i

t tA L M= −

Quadro IV.4

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In vista dei successivi sviluppi, conviene sostituire l’equazione di A in quella di ∆K per ottenere la semplificazione rappresentata nel Quadro IV.5, dove le equazioni e le variabili endogene scendono da sei a cinque.

i it tK I L M∆ = + −

S I=

1

1Y I

c= ⋅

−( )I I r=

i itL Y= ⋅λ

Quadro IV.5

IV.3. La moneta transattiva delle famiglie Anche le famiglie, come le imprese, hanno bisogno di moneta transattiva per

superare le asincronie infrannuali fra incassi e pagamenti. Nel loro caso, gli incassi sono costituiti dai redditi percepiti dalle imprese e i pagamenti dai consumi.

I redditi, perlopiù salari, tendono a distribuirsi uniformemente in corso d’anno, cioè ad essere percepiti nella misura di 1/12 al mese. Esistono, però, molte eccezioni: i lavoratori dipendenti possono percepire la tredicesima mensilità a dicembre, gli interessi fruttati dalle obbligazioni (cedole) sono pagati alle scadenze previste dalle emissioni (ad esempio, ogni sei mesi), i profitti sono percepiti una volta l’anno alla chiusura dei bilanci delle imprese.

redditi da lavoro

redditi da capitale

redditi da impresa

redditi totali semplici cumulati

gennaio 10 0 0 10 5 5 5febbraio 10 0 0 10 35 -25 -20marzo 10 0 0 10 5 5 -15aprile 10 0 0 10 5 5 -10maggio 10 0 0 10 5 5 -5giugno 10 25 0 35 22 13 8luglio 10 0 0 10 5 5 13agosto 10 0 0 10 35 -25 -12settembre 10 0 0 10 5 5 -7ottobre 10 0 0 10 28 -18 -25novembre 10 0 0 10 5 5 -20dicembre 20 25 20 65 5 60 40TOTALE ANNUO 130 50 20 200 160

mese

saldi mensilipagamenti (consumi)

incassi

Quadro IV.6

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Anche i consumi tendono a distribuirsi uniformemente nell’anno per la semplice ragione che occorre ‘mangiare tutti i giorni’. Tuttavia, l’assicurazione e il bollo dell’auto si pagano una volta l’anno come i libri scolastici, il vestiario si compra ai cambi di stagione, in settimana bianca si va a febbraio, al mare in agosto, etc..

Diversamente dalle imprese, le famiglie registrano incassi annui superiori ai pagamenti, essendo l’eccedenza uguale al risparmio. Così è nel caso della famiglia esemplificata nel Quadro IV.6 dove, su base annua, gli incassi (200 euro) superano di 40 euro i pagamenti (160 euro). Agli stessi 40 euro ammonta perciò il saldo cumulato di dicembre. Ciò nondimeno, i saldi cumulati dei mesi precedenti possono risultare negativi. Nell’esempio, ciò accade ben otto volte: a febbraio, marzo, aprile, maggio, agosto, settembre, ottobre e novembre. La moneta transattiva serve ad evitare l’insolvenza: ogni famiglia deve dedicare ad essa una parte del patrimonio posseduto per attingervi temporaneamente quando necessario. Nell’esempio, il fabbisogno di moneta transattiva ammonta a 25 euro, pari alla dimensione dello scoperto massimo di ottobre.

IV.3.1. Moneta transattiva delle famiglie e tasso d’interesse In realtà, come le imprese, così le famiglie potrebbero evitare la moneta

transattiva. Mentre le prime possono ricorrere al capitale temporaneo, le seconde possono ricorrere al temporaneo smobilizzo dei titoli posseduti (più in generale, delle attività fruttifere in cui abbiano investito l’intero loro patrimonio). Per meglio spiegare, la famiglia fotografata nel Quadro IV.6 (che non si fosse dotata di moneta transattiva) dovrebbe vendere titoli per 20 euro a febbraio per ricomprarne, 5 euro alla volta, a marzo, aprile, maggio e giugno. Ad agosto dovrebbe tornare a vendere titoli per 12 euro ricomprandone per 5 euro il mese successivo. A ottobre dovrebbe vendere titoli per altri 18 euro così da raggiungere uno smobilizzo totale di 25 euro dal quale potrebbe infine rientrare ricomprando titoli per 5 euro a novembre e per i restanti 20 euro a dicembre. Così operando, perderebbe interessi solo nei mesi in cui il saldo cumulato è negativo e in ragione della sola dimensione del medesimo. Mantenendo l’ipotesi che il tasso d’interesse sia del 12%, perderebbe 20 0 12 12 0 2, ,× = euro a febbraio,

15 0 12 12 0 15, ,× = euro a marzo, 10 0 12 12 0 1, ,× = euro ad aprile, 5 0 12 12 0 05, ,× =

euro a maggio, 12 0 12 12 0 12, ,× = euro ad agosto, 7 0 12 12 0 07, ,× = euro a settembre,

25 0 12 12 0 25, ,× = euro a ottobre e 20 0 12 12 0 2, ,× = euro a novembre. Su base annua, gli interessi complessivamente mancati ammonterebbero a 0 2 0 15 0 1 0 05 0 12 0 07 0 25 0 2 1 14, , , , , , , , ,+ + + + + + + = euro, contro i 25 0 12 3,× = euro da perdere dotandosi di moneta transattiva in misura uguale al massimo scoperto.

Ma la moneta transattiva offre la comodità di affrancarsi dalla gestione degli smobilizzi temporanei la quale implica ‘laboriose’ compravendite di titoli. Proprio questo è il motivo per cui le famiglie tendono a preferirla, pur essendo pronte a cambiare idea in presenza di tassi di interesse molto elevati che rendano troppo oneroso l’onere finanziario. Oppure, possono fare la scelta intermedia di dotarsi di moneta transattiva in misura tale da almeno contenere (se non eliminare) la laboriosità degli smobilizzi temporanei. Insomma, anche la moneta transattiva delle famiglie (come già quella delle imprese) si profila come una funzione decrescente del tasso d’interesse. Per semplicità, nel seguito assumeremo invece che le famiglie desiderano affrancarsi

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Parte III - Lezione 4 - pag. 331

totalmente dalla fatica di vendere e ricomprare titoli, e perciò vogliano dotarsi di moneta transattiva sufficiente allo scopo.

IV.3.2. Moneta transattiva delle famiglie e reddito Il fabbisogno di moneta transattiva è una funzione lineare crescente del reddito

con ordinata all’origine nulla. Infatti: • ferma restando la propensione a consumare5, al crescere del reddito annuo il

consumo annuo cresce in proporzione; • ferma restando la stagionalità di entrambi i flussi di cassa, imputabile a

leggi, contratti, usi e abitudini, in proporzione crescono anche i saldi mensili, sia semplici che cumulati, compreso lo scoperto massimo e perciò il fabbisogno di moneta transattiva.

Allora quest’ultimo si configura come una percentuale costante del reddito, ovvero come una funzione lineare del medesimo.

Nell’esempio del Quadro IV.6 lo scoperto massimo (25 euro) è il 12,5% del reddito (200 euro) e tale resterebbe se il reddito raddoppiasse. Dunque per la famiglia ivi rappresentata, il coefficiente angolare della funzione lineare è 0,125.

Per il complesso delle famiglie, vale una ‘macro-equazione’ del tipo:

(IV-5) f fF Y= ⋅λ

che, come la (IV-2), ha il difetto di indicare solo ex post il fabbisogno e perciò non riesce a spiegare come le famiglie decidono la moneta transattiva da preparare ex ante: ogni anno per il successivo. Possiamo tuttavia adattarla scrivendo:

ˆ ˆf fF Y= ⋅λ ,

cioè traducendo le variabili correnti in variabili attese. A sua volta, il fabbisogno previsto per l’anno successivo può essere ‘tradotto’ in

moneta transattiva che la famiglia desidera stanziare in quello corrente, ponendo:

ˆf ftL F= .

E le due equazioni possono essere ‘fuse’ come segue:

(IV-6) ˆf ftL Y= ⋅λ .

Finalmente, l’equazione (IV-6) offre una spiegazione del comportamento delle famiglie. Lo fa commisurando la moneta transattiva desiderata ogni anno al reddito atteso nell’anno successivo.

Da ultimo, possiamo estendere alle famiglie l’ipotesi di aspettative statiche già assunta per le imprese, cioè assumere Y Y= . In tal modo, la (IV-6) può prendere la seguente forma definitiva:

5 Nel Quadro IV.6 compare un consumo annuo di 160 euro a fronte di un reddito di 200. Perciò

la propensione al consumo della famiglia ivi rappresentata è dell’80%.

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Parte III - Lezione 4 - pag. 332

(IV-7) f ftL Y= ⋅λ ,

del tutto simile alla (IV-4). Naturalmente, la moneta necessaria a una famiglia è mediamente molto più

piccola di quella necessaria a un’impresa. Tuttavia, le famiglie sono ben più numerose delle imprese. Perciò la moneta transattiva complessivamente necessaria alle prime supera quella complessivamente necessaria alle seconde, ovvero dovrà essere f iλ λ> .

Accogliendo l’equazione (IV-7) nel modello, questo assume la forma rappresentata nel Quadro IV.7, dove il numero delle variabili endogene aumenta di un’unità mentre il tasso d’interesse resta l’unica variabile esogena.

i it tK I L M∆ = + −

S I=

1

1Y I

c= ⋅

−( )I I r=

i itL Y= ⋅λ

f ftL Yλ= ⋅

Quadro IV.7

IV.4. La moneta speculativa Il movente transattivo non è il solo a spingere le famiglie a tenere in forma

liquida una parte del loro patrimonio ‘aggregato’ (somma dei patrimoni individuali). In verità, ne esiste un altro del quale dobbiamo ora occuparci. Cominceremo spiegando cosa sono le ‘scelte di portafoglio’.

IV.4.1. Le scelte di portafoglio In ogni momento, il patrimonio (ricchezza) di una famiglia si misura sommando

i valori correnti dei cespiti posseduti, chiamati attività o asset. Ad esempio, se Tizio è proprietario di:

• una casa di abitazione da 500 mila euro, • una casa al mare da 200 mila, • quote del capitale di rischio delle imprese, ad esempio nella forma di azioni,

per 240 mila, • semplice moneta per 60 mila,

il suo patrimonio ammonterà a un milione di euro. Naturalmente, ciascuno deve accontentarsi della ricchezza che possiede, poca o

tanta che sia! Ciò non toglie che possa desiderarne una diversa ‘composizione’. In luogo delle attività possedute, può insomma desiderarne altre di ugual valore. Ad esempio, Tizio può non essere più interessato alla casa al mare, che gli accresciuti impegni di lavoro gli consentono di usare ormai poco, e desiderare invece una casa di abitazione più grande. Preoccupato dell’instabilità della borsa, può anche desiderare obbligazioni

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Parte III - Lezione 4 - pag. 333

in luogo delle azioni. Infine, può desiderare di convertire in obbligazioni anche 50 mila dei 60 mila euro impiegati in moneta.

Per scelte di portafoglio si intendono i processi decisionali con cui le famiglie progettano ex novo la composizione dei loro patrimoni. Le compravendite sono lo strumento per passare dalla composizione di fatto (determinata dalle scelte compiute in passato) a quella desiderata.

Nell’esempio, Tizio ha un bel da fare: deve vendere entrambe le case e le azioni per devolvere il ricavato di 940 mila euro all’acquisto di una nuova casa da 700 mila, nonché di obbligazioni per 290 mila. A compravendite concluse, il suo patrimonio da un milione di euro risulterà così ricomposto:

• una casa di abitazione da 700 mila euro, • titoli obbligazionari per 290 mila, • moneta per 10 mila.

IV.4.2. Le ipotesi di lavoro Per consentire un’introduzione semplice al tema complesso delle scelte di

portafoglio, la generalità dei manuali assume l’esistenza di due sole forme di impiego del patrimonio: la moneta e i titoli obbligazionari. Queste Lezioni si adeguano all’uso confermando anche l’ipotesi, assunta fin dalla Lezione 2 della Parte I, che le obbligazioni sono tutte irredimibili e pagano la stessa cedola, così da avere lo stesso prezzo.

L’esclusione dei depositi bancari non è una novità dal momento che l’assenza delle banche è stata assunta fin dalla ricordata Lezione 2 della Parte I. E’ invece nuova l’ipotesi che gli investitori non possano investire in immobili, né in capitale di rischio delle imprese. Si tratta di semplificazioni eroiche della realtà. Vale la pena di considerarne alcuni singolari risvolti.

In primo luogo, l’esclusione degli immobili rischia di configurare una ‘economia di senza tetto’. Per ovviare, basta immaginare che le abitazioni appartengono tutte (anziché in parte come nella realtà) ad imprese ‘immobiliari’, specializzate nella produzione del ‘servizio abitativo’: un bene speciale il cui prezzo è costituito dal canone di locazione. Gli immobili (affittati alle famiglie) si configurano come mezzi di produzione durevoli (macchine) che quasi bastano, da soli, alla produzione del servizio, pur senza dimenticare i modesti impieghi di lavoro e di beni intermedi perlopiù necessari alla manutenzione degli immobili stessi.

In secondo luogo, l’esclusione del capitale di rischio fa sì che il capitale di credito sia la sola fonte di finanziamento delle imprese. Ciò non esclude che gli imprenditori possano personalmente conferire capitale alle proprie imprese. Implica, però, che il conferimento deve prendere la singolare forma del capitale di credito, ovvero dell’acquisto di obbligazioni.

IV.4.3. Il patrimonio disponibile: composizione di fatto e desiderata Dalla ricordata Lezione 2 della Parte I si ricorderà la distinzione fra cassettisti e

speculatori: Nell’attuale contesto, in cui i titoli e la moneta sono le sole forme di investimento possibili, ogni investitore (famiglia) non può che essere dell’uno o dell’altro tipo.

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Parte III - Lezione 4 - pag. 334

Si ricorderà, altresì, che i cassettisti scelgono sistematicamente i titoli in base alla semplice considerazione che la moneta è infruttifera, mentre gli speculatori li scelgono sol quando sono ‘ottimisti’, cioè si aspettano un rendimento a breve termine positivo. Altrimenti scelgono la moneta. E’ pur vero che quest’ultima è infruttifera, ma almeno i patrimoni in essa ‘rifugiati’ non sono esposti al rischio di rendimenti a breve negativi (perdite). Nel seguito, la moneta scelta dagli speculatori pessimisti sarà chiamata moneta speculativa.

In presenza di due sole forme di impiego della ricchezza, le famiglie si affacciano all’anno corrente con un patrimonio aggregato necessariamente formato da:

• la moneta transattiva che tutte hanno indistintamente scelto l’anno precedente per evitare l’insolvenza in quello corrente;

• la moneta speculativa scelta l’anno precedente dagli speculatori allora pessimisti (che dai titoli temevano un rendimento a breve termine negativo);

• i titoli scelti l’anno precedente dai cassettisti e dagli speculatori allora ottimisti (fiduciosi in un rendimento a breve positivo).

Indicheremo i primi due asset con le notazioni, rispettivamente, ftM (M come

‘moneta’, t come ‘transattiva’, f come ‘famiglie’) e sM (s come ‘speculativa’). Il terzo

asset risulterà dal prodotto del numero dei titoli posseduti, indicato con n, per il prezzo corrente dei medesimi, indicato con P 6.

Imprese

Y

C

FamiglieS=Y-C

Quadro IV.8

Le tre attività anzidette formano la parte ‘vecchia’ del patrimonio aggregato, intesa come la parte che le famiglie ‘ereditano’ dal passato. Ad essa si aggiunge la parte ‘nuova’ costituita dal risparmio realizzato nel periodo corrente.

In proposito, si osservi il Quadro IV.8 illustrativo dei flussi monetari che, in ogni periodo, intervengono fra le imprese e le famiglie. Da un lato, le prime trasferiscono alle seconde moneta in misura uguale al reddito (come rappresentato dalla freccia superiore che va da sinistra a destra). Dall’altro, le seconde trasferiscono alle prime moneta in misura uguale al consumo (come rappresentato dalla freccia inferiore che va da destra a sinistra). Perciò il risparmio, definito come reddito non consumato, prende la forma di moneta ‘drenata’ dalle famiglie (non restituita alle imprese).

6 Non avrebbe senso economico valutare i titoli al prezzo ‘storico’ al quale furono acquistati.

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Parte III - Lezione 4 - pag. 335

In conclusione, il patrimonio complessivamente posseduto dalle famiglie si presenta così composto:

(IV-8) �

�moneta titoli

patrimonioposseduto

.ft sW S M M n P= + + + ⋅

�����

Ricordiamo che con ftL è stata indicata la moneta transattiva desiderata dagli

agenti in base all’equazione (IV-7). Deducendola dal patrimonio complessivo (IV-8), si ottiene il seguente patrimonio disponibile:

(IV-9) �

�moneta titoli

patrimonio composizione di fattodisponibile

,f fd t s tW S M M L n P= + + − + ⋅

�������

�����������

così detto in quanto le famiglie possono liberamente disporne l’impiego distribuendolo fra i titoli e la moneta speculativa. Si osservi che il patrimonio complessivo (IV-8) non

può dirsi ‘disponibile’ perché la quota ftL deve essere obbligatoriamente impiegata in

moneta transattiva per evitare l’insolvenza nel periodo successivo. Alla composizione di fatto (IV-9) si contrappone la seguente composizione

desiderata:

(IV-10) �

� �moneta titoli

patrimonio composizione desideratadisponibile

d sW L m P= + ⋅�������

,

dove m denota il numero dei titoli desiderati dai cassettisti e dagli speculatori ottimisti, mentre sL denota la moneta desiderata dagli speculatori pessimisti7.

Esercizi

1. Il patrimonio aggregato delle famiglie, compreso il risparmio di 200 euro realizzato nel periodo corrente, vale 5.000 euro. Alla sua formazione concorrono 200 titoli che pagano una cedola di 10 euro. Se il tasso

d’interesse corrente è del 5%, quanto vale la moneta complessivamente ereditata (f

t sM M+ ) dal periodo

precedente?

2. In coda all’esercizio precedente, si determini il numero (m) dei titoli desiderati nell’ipotesi che sia di 3.000

euro la moneta complessivamente desiderata (ft sL L+ ).

3. In coda ai due esercizi precedenti, si determini il patrimonio disponibile supponendo 1.000ftL = .

7 E’ importante distinguere le grandezze ‘storiche’ ftM , sM e n, ereditate dal periodo

precedente, da quelle odiernamente desiderate ftL , sL e m. Le seconde sono gli ‘oggetti’ delle scelte di

portafoglio, mentre le prime (insieme al risparmio) sono i ‘dati’ di quelle stesse scelte.

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Parte III - Lezione 4 - pag. 336

John M. Keynes

IV.4.4. Moneta speculativa e tasso d’interesse Ci attende il compito di ‘spiegare’ sL , cioè individuare le variabili da cui sL

dipende, nonché le modalità della dipendenza. Cominceremo ricordando, dalla Lezione 2 della Parte I, come gli speculatori scelgono fra la moneta e i titoli.

IV.4.4.1. La regola speculativa e i tassi normali Mentre i cassettisti ragionano in modo molto semplice, preferendo i titoli che

fruttano un interesse alla moneta che è infruttifera, gli speculatori sono investitori più sofisticati i quali sanno riconoscere che il rendimento annuale di un titolo ‘accettato’ oggi (acquistato o trattenuto) non è riducibile al solo tasso d’interesse corrente. Infatti, ad esso occorre sommare algebricamente il capital gain (positivo o negativo che sia) generato dalla variazione che il tasso medesimo subirà nel periodo successivo a quello in cui il titolo è acquistato. La somma sarà positiva solo se il tasso futuro non supererà il cosiddetto tasso limite che è superiore al tasso corrente perché definito come il quoziente fra quest’ultimo e il suo complemento all’unità. Dunque il tasso d’interesse potrà aumentare senza che il rendimento diventi necessariamente negativo. Basta che lo faccia senza sforare il tasso limite. In tal modo, il prezzo dei titoli non potrà scendere abbastanza da consentire alla capital loss di superare la cedola.

Purtroppo, il tasso futuro non è conoscibile ex ante. Perciò lo speculatore deve accontentarsi di basare la scelta (fra la moneta e i titoli) sulla sua personale ‘aspettativa’ (previsione). La sua regola decisionale è quindi la seguente:

(IV-11) ˆse sono scelti i titoli

1

ˆse è scelta la moneta,1

rr

rr

rr

<−

≥−

dove r è il tasso atteso, cioè il tasso che lo speculatore prevede si affermerà nel periodo successivo a quello corrente.

Per quando condivisa dalla generalità degli speculatori, la regola (IV-11) divide gli speculatori stessi in due gruppi:

• gli ottimisti che scelgono i titoli (trattenendoli se già li posseggono o acquistandoli se posseggono la moneta) perché il loro tasso atteso è inferiore a quello limite;

• i pessimisti che scelgono la moneta (trattenendola oppure vendendo i titoli) perché il loro tasso atteso supera quello limite.

Tutto ciò ricordato, occorre ora ‘integrare’ la regola (IV-11) con la teoria dei tassi normali attribuita a J.M. Keynes8.

Il tasso normale è postulato, dalla teoria, come un ‘pregiudizio psicologico’ a carattere individuale. Infatti, ogni speculatore ha ‘in testa’ un valore ‘normale’ del tasso d’interesse da cui il tasso di mercato può allontanarsi temporaneamente, salvo farvi inevitabilmente ritorno. Insomma, il tasso normale è una sorta di ‘polo gravitazionale’ da cui (nella convinzione dello speculatore) il tasso d’interesse è ‘calamitato’.

8 Nel parere dello scrivente, i tassi normali sono il tentativo post-Keynesiano di mettere ordine in

taluni passaggi oscuri della Teoria Generale, in realtà suscettibili di interpretazioni diverse.

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Parte III - Lezione 4 - pag. 337

Così concepito, il tasso normale può integrare la regola decisionale (IV-11) ‘incarnando’ la previsione r al primo membro delle disequazioni.

IV.4.4.2. La moneta speculativa in percentuale del patrimonio disponibile

In vista della spiegazione di sL (che resta l’obiettivo della Sezione IV.4.4)

discuteremo ora la frequenza con cui gli investitori scelgono la moneta speculativa, interpretandola come la percentuale del patrimonio disponibile (IV-9) che gli investitori stessi desiderano allocare in moneta di tal genere9. Va da sé che i titoli saranno scelti con la frequenza residua.

IV.4.4.2.1. In assenza di cassettisti In prima battuta, ipotizzeremo l’assenza dei cassettisti, cioè assumeremo che

tutti gli investitori si lascino guidare dalla regola speculativa (IV-11).

1r''r'

1

r

r−

( )r A⌢

( )r B⌢

r''r'

100%

50%

0%

Figura A

Figura B

Quadro IV.9

Per cominciare, si consideri il caso, molto semplice, in cui gli speculatori sono soltanto due:

• lo speculatore A che confida nel tasso normale ( )r A⌢

,

• lo speculatore B che confida nel tasso normale ( ) ( )ˆr B r A<⌢

.

Avendo la natura di convincimenti psicologici non influenzati dal tasso d’interesse corrente, sul piano cartesiano recante quest’ultimo in ascissa, i tassi normali dei due

9 A rigore, l’interpretazione è consentita solo a condizione che il patrimonio aggregato sia

perfettamente equidistribuito, ovvero tutte le famiglie ne posseggano un’identica quota.

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Parte III - Lezione 4 - pag. 338

speculatori possono essere rappresentati mediante le rette orizzontali che compaiono nella Figura A del Quadro IV.9.

Nella medesima figura compare anche la curva del tasso limite ( 1r r− ) nel campo di variazione ‘canonico’ compreso fra zero e l’unità (in termini percentuali, fra lo 0% e il 100%). Dalla Lezione 2 della Parte I, si ricorderà che tale curva è crescente, esce dall’origine degli assi e la sua ordinata cresce a dismisura al tendere di r all’unità. Perciò incontra necessariamente le rette dei tassi normali. Le ascisse dei punti d’incontro sono indicate con r’ e r”.

Si noti che: • se il mercato esprimesse (nel periodo corrente) un tasso d’interesse

compreso fra 0 e r ′ , la regola speculativa (IV-11) prescriverebbe la moneta sia allo speculatore A che allo speculatore B. Infatti, i tassi normali di entrambi sforerebbero quello limite. Possiamo concludere che gli investitori (ancorché solo due) sceglierebbero la moneta con una frequenza del 100% (e perciò i titoli con una dello 0%).

• Se il mercato esprimesse un tasso d’interesse compreso fra r ′ e r ′′ , la regola speculativa prescriverebbe la moneta ad A e i titoli a B. Infatti, A resterebbe pessimista, mentre B diverrebbe ottimista essendo ( )ˆ 1r B r r< − . Possiamo

concludere che gli investitori sceglierebbero la moneta con una frequenza del 50% (e perciò i titoli con una frequenza identica).

• Infine, se il mercato esprimesse un tasso d’interesse compreso fra r ′′ e l’unità, la regola speculativa prescriverebbe i titoli sia ad A che a B. Infatti, anche A diverrebbe ottimista essendo ora ( )ˆ 1r A r r< − . In conclusione, gli

investitori sceglierebbero la moneta con una frequenza dello 0% (e perciò i titoli con una del 100%).

Possiamo rappresentare la frequenza con cui gli speculatori scelgono la moneta mediante la ‘scala’ (linea spezzata) discendente che compare nella Figura B del Quadro IV.9.

1 r

100%

Quadro IV.10

E’ facile rendersi conto che, ove nella Figura A fossero rappresentati i tassi normali di una miriade di speculatori (anziché due soltanto) la scala in Figura B presenterebbe una moltitudine di ‘microscopici gradini’ come quella rappresentata nel

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Parte III - Lezione 4 - pag. 339

Quadro IV.10. Sarebbe perciò approssimabile con una curva continua del tipo presente nel medesimo quadro.

IV.4.4.2.2. In presenza di cassettisti Occorre ora riammettere i cassettisti (fin qui esclusi) nessuno dei quali sceglie la

moneta qualunque sia il valore corrente del tasso d’interesse. Quali le conseguenze sulla curva decrescente del Quadro IV.10?

Si supponga che gli investitori siano in numero di 100, suddivisi in 70 cassettisti e 30 speculatori. Allora le conseguenze saranno quelle rappresentate nel Quadro IV.11. In particolare, la frequenza con cui gli investitori (cassettisti e speculatori insieme considerati) scelgono la moneta tenderà al 30% (non più al 100%) quando il tasso d’interesse si approssima a zero, mentre resterà dello 0% quando il tasso d’interesse vale uno. Per ogni altra ascissa, la frequenza sarà abbattuta del 70%.

r

100%

30%

1

Quadro IV.11

In generale, la riammissione dei cassettisti schiaccia la curva del Quadro IV.10 in base alla percentuale con cui i cassettisti medesimi incidono sul totale degli investitori.

Riassumendo, all’aumentare del tasso d’interesse diminuisce la frequenza con cui gli investitori scelgono la moneta speculativa. Perciò a quest’ultima è dedicata una percentuale decrescente del patrimonio disponibile. Per 0r = tale percentuale vale quanto l’incidenza percentuale degli speculatori sul totale degli investitori, mentre per

1r = vale zero. Non si dimentichi che il nostro scopo, dichiarato in apertura della presente

Sezione IV.4.4, è di spiegare la moneta speculativa desiderata in valore assoluto (cioè in euro) anziché in percentuale del patrimonio aggregato. Perciò lo scopo non è del tutto raggiunto. Occorre quindi un ‘supplemento di indagine’.

Esercizi

4. Nell’ipotesi di 3 (soli) speculatori, A, B e C, i cui tassi normali sono quelli rappresentati nella figura acclusa, e di 7 (soli) cassettisti, si chiede di compilare la seconda colonna dell’unita tavola. Si chiede inoltre di disegnare una linea spezzata del tipo rappresentato nella Figura B del Quadro IV.9.

Page 20: Parte III - Lezione 4

Parte III - Lezione 4 - pag. 340

r

1rr−

( )r A⌢

( )r B⌢

( )r C⌢

1% 2,5% 3,5%

tasso d'in teresse freq uenza0% < < r ≤1%

2,5% < < r ≤3,5%2,5% < < r ≤3,5%

5. Gli speculatori sono 20 e i cassettisti 80. A quale valore tende la frequenza con cui gli investitori (complessivamente considerati) scelgono i titoli al tendere del tasso d’interesse dello 0%? A quale altro al tendere del tasso d’interesse al 100%?

6. A Fantasyland i cassettisti sono 30 e gli speculatori 10. I nomi dei secondi sono A, B, C,..., L e i loro tassi normali sono, rispettivamente, del 2% , 3% , 4% ,..., 11%. Si chiede di completare l’acclusa tabella:

tasso d'interesse

tasso limite (fino al secondo

decimale)

numero (assoluto) di speculatori

che scelgono la moneta

frequenza con cui gli speculatori scelgono la

moneta

frequenza con cui gli investitori scelgono la

moneta

1% 1,01% 10 100% 25%2% 2,04% 9 90% 30%3% 3,09% 8 80% 27%4% 4,17% 7 70% 23%5% 5,26% 6 60% 20%6% 6,38% 5 50% 17%7% 7,53% 4 40% 13%8% 8,70% 3 30% 10%9% 9,89% 2 20% 7%

10% 11,11% 0 0% 0%

IV.4.4.3. La dimensione del patrimonio aggregato Si torni all’equazione (IV-9) per notare che la dimensione del patrimonio

disponibile è anch’essa una funzione decrescente del tasso d’interesse (proprio come la percentuale allocata in moneta speculativa). Infatti, risulta dalla somma della componente liquida:

(IV-12) 1 f fd t s tW S M M L= + + − ,

e della componente mobiliare:

(IV-13) 2dW n P= ⋅

che può essere anche scritta come segue:

(IV-14) 2d

n CW

r

⋅=

in considerazione della nota relazione:

C

Pr

=

introdotta nella Lezione 2 della Parte I.

Page 21: Parte III - Lezione 4

Parte III - Lezione 4 - pag. 341

Figura A Figura B

r1 r

+∞

n C×

1

1dW 2

dW

Quadro IV.12

La (IV-14) evidenzia che il patrimonio mobiliare è una funzione decrescente del tasso d’interesse e che assume il valore n C⋅ per 1r = . Il lettore che abbia letto con attenzione la Lezione 1 della Parte I riconoscerà nella (IV-14) l’equazione di una funzione iperbolica, rappresentabile come nella Figura B del Quadro IV.12. Si noti che il patrimonio mobiliare cresce a dismisura (tende all’infinito) per r che si approssima a zero. Infatti, a dismisura cresce il prezzo di ogni titolo che ne fa parte.

La componente liquida (IV-12) è invece indipendente dal tasso d’interesse ed è quindi rappresentabile, sul piano cartesiano recante quest’ultimo in ascissa, con la retta orizzontale in Figura A.

Nel Quadro IV.13 è rappresentata la curva dell’intero patrimonio disponibile, ottenuta per somma della retta orizzontale e dell’iperbole già rappresentate nel Quadro IV.12.

r

+ ∞

dW

1

21

f ft s t

dd

S M M L n CWW

+ + − + ×���������

Quadro IV.13

Page 22: Parte III - Lezione 4

Parte III - Lezione 4 - pag. 342

Esercizi

7. Il patrimonio aggregato delle famiglie vale 100.000 euro. Alla sua formazione concorrono la moneta posseduta per 20.000 euro. Ne fanno parte anche 200 titoli che pagno una cedola di 20 euro. Quanto vale il tasso d’interesse corrente?

8. A Fantasyland le famiglie ereditano dal periodo precedente un patrimonio aggregato composto da 50 titoli e da moneta per 2.000 euro. Nel periodo corrente risparmiano 3.000 euro e desiderano moneta transattiva per 1.000. Assumendo che i titoli pagano una cedola di 10 euro, completare la tabella acclusa indicando, per ogni

tasso d’interesse nella prima colonna, la ricchezza mobiliare (n C r⋅ ), il patrimonio complessivo (W) e la parte

disponibile ( dW ).

r n C / r W Wd

1% 50.000 55.000 54.0002% 25.000 30.000 29.0003% 16.667 21.667 20.6674% 12.500 17.500 16.5005% 10.000 15.000 14.0006% 8.333 13.333 12.3337% 7.143 12.143 11.1438% 6.250 11.250 10.2509% 5.556 10.556 9.556

10% 5.000 10.000 9.000

9. Le famiglie posseggono 20 titoli che pagano una cedola di 10 euro e altri 20 che ne pagano una di 30 euro. Quanto vale la componente mobiliare del patrimonio aggrgato in presenza di un tasso d’interesse del 5%? Quanto in presenza di un tasso di interesse del 10%?

IV.4.4.4. La moneta speculativa desiderata Siamo pronti per tirare le fila del ragionamento. Il Quadro IV.11 e il Quadro

IV.13 mostrano funzioni decrescenti del tasso d’interesse che rappresentano, rispettivamente:

• la percentuale del patrimonio disponibile allocata in moneta (uguale alla frequenza con cui gli investitori la scelgono);

• la dimensione del patrimonio medesimo. Il Quadro IV.14 ripropone sia l’una nella Figura A sia l’altra nella Figura B. Lo

scopo è di ‘lasciar dialogare’ le due per spiegare finalmente sL . Sull’asse delle ascisse

sono considerati due tassi d’interesse: • r ′ in corrispondenza del quale la Figura A mostra che il 25% degli

investitori sceglie la moneta (e il 75% i titoli) mentre la Figura B mostra che il patrimonio disponibile vale 1.100 euro;

• r r′′ ′> in corrispondenza del quale la Figura A mostra che il 15% degli investitori sceglie la moneta (e l’85% i titoli) mentre la Figura B mostra che il patrimonio disponibile vale 1.000 euro.

Pertanto, al tasso r ′ gli investitori desiderano moneta speculativa per il 25% di 1.100, cioè per 275 euro, mentre al tasso r ′′ la desiderano per il 15% di 1.000, cioè per 150 euro. Insomma, all’aumentare del tasso d’interesse il desiderio di moneta speculativa decresce per due ragioni:

• si riduce la percentuale del patrimonio disponibile allocata in moneta speculativa (riducendosi la frequenza con cui gli investitori la scelgono),

• si riduce anche il patrimonio perché scende il prezzo di ogni titolo che ne fa parte.

Page 23: Parte III - Lezione 4

Parte III - Lezione 4 - pag. 343

Figura A

Figura B

r

r

1.000

15%

150

100%

1.100

275

25%

r' r'' 1

Wd

L s

Quadro IV.14

Infine, si noti che, negli estremi del campo di variazione, il desiderio di moneta speculativa si comporta come segue:

• per r che si approssima a zero, la percentuale del patrimonio allocata in moneta tende al valore massimo (pari all’incidenza percentuale degli speculatori sul totale degli investitori) mentre il patrimonio stesso cresce a dismisura. A dismisura crescerà anche la moneta speculativa desiderata.

• Per 1r = , la percentuale del patrimonio allocata in moneta tende a zero (tutti gli speculatori diventano ottimisti perché il tasso limite cresce a dismisura superando ‘alla grande’ ogni tasso normale) mentre il patrimonio stesso assume il valore minimo indicato nel Quadro IV.13. La prima circostanza basta a dire che il desiderio di moneta speculativa si annulla.

Riassumendo, si è provato che sL :

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Parte III - Lezione 4 - pag. 344

• è una funzione decrescente di r10, • cresce a dismisura per r che si approssima a zero, • vale zero per 1r = .

Nel seguito, ne indicheremo l’equazione col simbolo:

(IV-15) ( )s sL L r= .

Esercizi

10. Dopo aver risolto gli esercizi 6 e 8, completare la tabella acclusa.

r L s

1% 17.4902% 8.0703% 4.7164% 3.0365% 2.1206% 1.5027% 981

8% 6559% 403

10% 0

La moneta speculativa desiderata a Fantasyland

11. Lo speculatore A possiede titoli che, in presenza di un tasso d’interesse dell’8%, valgono 2.000 euro mentre

lo speculatore B possiede moneta per 8.000 euro. Inoltre, ( ) 5r A %= mentre ( ) 10r B %= . A quanto ammonta

la moneta speculativa complessivamente desiderata dai due speculatori?

12. Come cambia la risposta all’esercizio precedente assumendo ( ) 10r A %= e mantenendo l’ipotesi che

( ) 10r B %= ?

IV.5. Mercato dei titoli versus mercato della moneta Fino al momento presente, si sono discussi il movente transattivo e quello

speculativo con cui gli agenti scelgono di ‘tenere moneta’. Le equazioni (IV-4), (IV-7) e (IV-15) formalizzano i risultati raggiunti. Le prime due fanno già parte del modello macroeconomico, mentre la terza ancora no.

La restante parte della lezione è dedicata al mercato dei titoli e alla endogenizzazione del tasso d’interesse. La moneta transattiva e quella speculativa

10 Si torni all’equazione (IV-9) per notare che al patrimonio disponibile ( dW ) concorrono il

risparmio (S) col segno positivo e la moneta transattiva desiderata dalle famiglie ( ftL ) col segno negativo.

Tanto il primo quanto la seconda sono quote del reddito (Y). La prima quota è identificata dal parametro s (la propensione marginale al risparmio) e la seconda dal parametro λ. Allora il patrimonio disponibile è una funzione del reddito: crescente se s λ> , oppure decrescente se s λ< . D’altra parte, si è appena visto

che il desiderio di moneta speculativa (sL ) è il prodotto del patrimonio disponibile per la frequenza con

cui gli speculatori pessimisti incidono sul totale degli investitori. Perciò dipende anche dal reddito, oltre che dal tasso d’interesse. Per semplicità, ignoreremo tale aspetto implicitamente assumendo s λ= .

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Parte III - Lezione 4 - pag. 345

svolgeranno ruoli di fondamentale importanza. Esordiremo individuando gli ‘attori’ del mercato dei titoli: da un lato l’offerta esercitata dalle imprese, che indicheremo con TO ,

e dall’altro la domanda esercitata dalle famiglie che indicheremo con TD .

IV.5.1. Offerta, domanda ed equilibrio L’offerta di titoli è intesa come il valore dei titoli che le imprese desiderano

emettere, pari al prestito aggregato ch’esse desiderano ottenere dalle famiglie. L’ipotesi di assenza del capitale proprio (assunta nella Sezione IV.4.2) consente di identificare l’offerta di titoli con l’intero aumento di capitale K∆ 11, ovvero consente di porre:

(IV-16) TO K= ∆ .

Occorre ora identificare la domanda, intesa come il valore dei titoli che le famiglie desiderano acquistare, pari al prestito aggregato ch’esse desiderano concedere alle imprese. Allo scopo, si noti che la composizione di fatto (IV-8) del patrimonio disponibile e quella desiderata (IV-10) devono essere equivalenti. Ciò per la banale ragione che le famiglie possono convertire le attività possedute in altre di ugual valore, ma non modificare ‘magicamente’ la dimensione del patrimonio posseduto. Insomma, deve valere il seguente vincolo di equivalenza:

� � �

moneta titoli moneta titoli

composizione di fatto composizionedesiderata

,f ft s t sS M M L n P L m P+ + − + ⋅ = + ⋅

�������

����������� �����

da cui segue:

(IV-17) ( ) ( )moneta indesiderata

moneta posseduta moneta desiderata

.

TD

f ft s t sm n P S M M L L− ⋅ = + + − +

������������

������� �����

A ben vedere, il primo membro è proprio la domanda di titoli. Infatti, è la differenza fra il valore dei titoli desiderati e quello dei titoli posseduti. Il secondo membro la spiega come ‘moneta indesiderata’, cioè come differenza fra la moneta posseduta dalle famiglie (ereditata dal periodo precedente oltreché drenata dal risparmio corrente) e la moneta desiderata. In verità, la spiegazione è un ‘uovo di Colombo’ perché, in presenza di due sole forme di impiego del patrimonio disponibile, le famiglie possono desiderare più dell’una (i titoli) solo desiderando meno dell’altra (la moneta).

L’offerta (IV-16) e la domanda (IV-17) compaiono entrambe nella riformulazione del modello macroeconomico presentata nel Quadro IV.15. Fa il suo ingresso anche la domanda speculativa di moneta che concorre a spiegare la domanda di titoli. Infine, compare l’equazione:

(IV-18) T TO D=

11 Rimuovendo tale ipotesi, l’offerta di titoli non potrebbe più esaurire K∆ perché una parte di

quest’ultimo prenderebbe la forma del capitale proprio.

Page 26: Parte III - Lezione 4

Parte III - Lezione 4 - pag. 346

che impone al mercato dei titoli di essere in equilibrio. Si osservi il diverso ruolo delle domande transattive di moneta esercitate dalle

imprese, l’una, e dalle famiglie l’altra. La domanda delle imprese (itL ) concorre a

determinare (col segno positivo) l’aumento di capitale delle stesse imprese e perciò (indirettamente) l’offerta di titoli, mentre la domanda delle famiglie ( f

tL ) concorre a

determinare (col segno negativo) la domanda di titoli.

S I=

1

1Y I

c= ⋅

−( )I I r=

i itL Yλ= ⋅

f ftL Yλ= ⋅

TO K= ∆

( )s sL L r=

i it tK I L M∆ = + −

f fT t s t sD S M M L L= + + − −

T TO D=

Quadro IV.15

IV.5.2. La legge di Walras Sostituendo l’equazione di K∆ in quella di TO , si ottiene la seguente

riformulazione dell’offerta di titoli:

(IV-19) i iT t tO I L M= + − .

Sostituendo l’offerta (IV-19), insieme alla domanda (IV-17), nella condizione di equilibrio (IV-18), quest’ultima prende la forma:

,i i f ft t t s t s

TT

I L M S M M L L

DO

+ − = + + − −����� �����������

da cui (semplificando e riordinando):

(IV-20) ( )moneta possedutamoneta desiderata

.i f i ft t s t t sI S L L L M M M− + + + = + +��� �����

Infine, sostituendo l’equazione del risparmio nella (IV-20) questa assume la seguente ‘veste’ definitiva:

(IV-21)

moneta possedutamoneta desiderata

.i f i ft t s t t sL L L M M M+ + = + +��� �����

Page 27: Parte III - Lezione 4

Parte III - Lezione 4 - pag. 347

La ‘metamorfosi’ (IV-21) subita dalla condizione di equilibrio (IV-18) è sorprendente. Infatti, spiega che il mercato dei titoli è in equilibrio se e solo se la moneta desiderata dagli agenti (famiglie e imprese) uguaglia quella da essi posseduta. In altre parole, il mercato dei titoli e in equilibrio se e solo se gli agenti desiderano moneta in misura complessivamente uguale a quella che posseggono!

Si noti bene che l’uguaglianza (IV-20) è compatibile con la diversità di ciascun addendo al primo membro rispetto al corrispondente addendo al secondo, cioè è compatibile con le disuguaglianze i i

t tL M≠ , f ft tL M≠ e s sL M≠ . In altri termini, le

quantità desiderate , ei ft t sL L L possono differire dalle corrispondenti quantità possedute

, ei ft t sM M M , ma la somma delle prime non deve differire da quella delle seconde.

Infine, nulla vieta di porre:

(IV-22) i ft t sM M M M= + + ,

ovvero di indicare con M la quantità di moneta complessivamente posseduta dagli agenti e quindi presente nel sistema economico. Ne beneficia la sintesi perché la forma (IV-20) della condizione di equilibrio può assumere la più semplice forma:

(IV-23) .i ft t sL L L M+ + =

Tutto ciò facendo, il Quadro IV.15 può cedere il passo al Quadro IV.16 dove compaiono sei sole equazioni.

11

Y Ic

= ⋅−

i itL Yλ= ⋅

f ftL Yλ= ⋅

i ft t sL L L M+ + =

( )I I r=

( )s sL L r=

Quadro IV.16

Un’ulteriore semplificazione del modello si può ottenere sommando membro a membro le equazioni di itL e f

tL come segue:

( )

i it

f ft

i f i ft t

L Y

L Y

L L Y

= ⋅= ⋅

+ = + ⋅

λλ

λ λ

Possiamo inoltre porre:

(IV-24) i ft t tL L L= +

Page 28: Parte III - Lezione 4

Parte III - Lezione 4 - pag. 348

e:

i f= +λ λ λ ,

così da poter scrivere la somma nella forma:

(IV-25) tL Yλ= ⋅ .

Accogliendo la (IV-24) nella condizione di equilibrio (IV-23) questa diventa:

(IV-26) t sL L M+ =

e il modello macroeconomico prende la forma rappresentata nel Quadro IV.17, dove le equazioni diventano cinque.

1

1Y I

c= ⋅

tL Yλ= ⋅ t sL L M+ =

( )I I r= ( )s sL L r=

Quadro IV.17

L’equivalenza fra l’uguaglianza (IV-26) e l’equilibrio del mercato dei titoli (IV-17) è nota come Legge di Walras dal nome dell’economista francese già citato nella Parte II. A onor del vero, Leon Walras ebbe molti meriti ma, da prekeynesiano, non ebbe certo modo di contribuire specificamente all’equivalenza in oggetto. In ambiti teorici diversi, ottenne tuttavia risultati generali di cui essa può essere considerata un’applicazione.

Della Legge di Walras esiste una seconda formulazione che si ottiene riscrivendo la (IV-26) come segue:

(IV-27) s tL M L= − ,

ovvero come segue:

(IV-28) ssL M= ,

dove:

(IV-29) stM M L= −

è la quota della moneta esistente (M) ‘rifiutata’ a scopo transattivo, cioè è la moneta di cui imprese e famiglie non hanno bisogno di fare scorta per garantire la rispettiva

Leon. Walras

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Parte III - Lezione 4 - pag. 349

solvibilità. La (IV-28) spiega che il mercato dei titoli è in equilibrio se e solo se la moneta rifiutata è esattamente accettata dagli speculatori pessimisti12.

In coerenza con la riformulazione (IV-28) della legge di Walras, il Quadro IV.17 può cedere il passo al Quadro IV.18 dove le equazioni tornano sei.

1

1Y I

c= ⋅

tL Yλ= ⋅

( )I I r= ( )s sL L r=

s tM M L= − s sL M=

Quadro IV.18

IV.5.3. Modi di dire Gli economisti usano chiamare: • offerta di moneta la moneta M presente nel sistema economico, come

definita dalla (IV-22); • domanda transattiva di moneta la moneta tL desiderata dagli agenti

(famiglie e imprese) a scopo transattivo; • domanda speculativa di moneta la moneta sL desiderata dalle famiglie

(speculatori pessimisti) a scopo speculativo; • domanda di moneta la somma della domanda transattiva e di quella

speculativa. Il termine ‘offerta’ è sinonimo di ‘presenza’, ‘esistenza’, ‘disponibilità’. Il termine ‘domanda’ (come sempre in economia) è invece sinonimo di ‘desiderio’.

In ragione di tali modi di dire, la condizione di uguaglianza (IV-26), presente nel Quadro IV.17, può essere convenzionalmente definita come la condizione che il mercato della moneta sia in equilibrio. Coerentemente, la legge di Walras può essere definita come l’equivalenza fra l’equilibrio del mercato dei titoli e quello del mercato della moneta. Sia chiaro che quest’ultimo è solo una metafora. E’ fin troppo evidente che non esiste alcun luogo dove la moneta possa essere ‘commerciata’!

Inoltre, è possibile chiamare offerta di moneta speculativa la quantità di moneta sM definita dalla (IV-29) e interpretare la (IV-28) come la condizione che il mercato

della moneta speculativa sia in equilibrio (la domanda e l’offerta siano uguali). Va da sé che anche tal’altro mercato, riservato alla sola moneta speculativa, è una metafora.

Nella forma raggiunta nel Quadro IV.18, il modello macroeconomico può essere riepilogato come segue:

• il tasso d’interesse comanda l’investimento aggregato, • l’investimento aggregato comanda il reddito (via moltiplicatore), • il reddito comanda la moneta domandata dagli agenti a scopo transattivo,

12 Sol così tutta la moneta esistente può essere interamente accettata, come vuole la condizione

(IV-26).

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Parte III - Lezione 4 - pag. 350

• la moneta restante costituisce l’offerta speculativa di moneta, • la moneta domandata a scopo speculativo è comandata dal tasso d’interesse, • l’equilibrio del mercato dei titoli richiede che l’offerta speculativa sia

esattamente assorbita dalla domanda.

IV.5.4. La ‘necessità’ dell’equilibrio L’equilibrio del mercato dei titoli è stato accolto, nel Quadro IV.15, senza darne

giustificazione alcuna. Né l’hanno fatto le due formulazioni della Legge di Walras che, infatti, si sono limitate a tradurlo, l’una, nell’equilibrio del mercato della moneta (accolto nel Quadro IV.17) e l’altra nell’equilibrio del mercato della moneta speculativa (accolto nel Quadro IV.18).

Ma l’equilibrio del mercato dei titoli non può essere un ‘dogma’. Dobbiamo quindi giustificarne la ‘necessità’ spiegando quali ‘forze’ lavorano per realizzarlo. Lo faremo dimostrando che la differenza T TO D− , chiamata ‘eccesso di offerta’, deve

essere nulla. Tenuto conto delle (IV-19), (IV-22) e (IV-24), possiamo ‘manipolare’ l’eccesso di offerta come segue:

(IV-30)

( )

( )

( ).

t

i i f fT T t t t s t s

i f i fs t t s t t

M L

s t

ss

O D L M M M L L

L M M M L L

L M L

L M

− = − − + − −

= − + + − +

= − −

= −

������� �����

Dunque l’eccesso di offerta sul mercato dei titoli può essere ‘letto’ come un eccesso di domanda ( s

sL M− ) sul mercato della moneta speculativa.

Si noti che, ove l’eccesso di offerta T TO D− fosse negativo, cioè il mercato dei

titoli registrasse, in realtà, un eccesso di domanda, quello della moneta speculativa registrerebbe un eccesso di domanda ugualmente negativo, cioè, in realtà, un eccesso di offerta. Il seguente schema aiuta a riconoscere le corrispondenze:

(IV-31) s

T T ss

T T s

O D L M

O D L M

> ⇔ << ⇔ >

Si consideri ora il Quadro IV.19 dove, su un piano cartesiano recante in ascissa il tasso d’interesse, compaiono la curva decrescente rappresentativa della domanda speculativa di moneta, definita dall’equazione (IV-15), e una retta orizzontale rappresentativa dell’offerta speculativa, definita dall’equazione (IV-29). La condizione di equilibrio (IV-28) è soddisfatta se il tasso d’interesse vale r ∗ , cioè assume il valore che garantisce l’equilibrio del mercato della moneta speculativa (generando una domanda uguale all’offerta data) e quindi anche l’equilibrio del mercato dei titoli (in ossequio alla seconda formulazione della legge di Walras). Ma cosa spinge il tasso d’interesse ad assumere proprio tal valore?

Page 31: Parte III - Lezione 4

Parte III - Lezione 4 - pag. 351

Per rispondere, si osservi che un tasso *r r′ < genera l’eccesso di domanda AB sul mercato della moneta speculativa cui, in base allo schema (IV-31), corrisponde un identico eccesso di offerta sul mercato dei titoli. Allora il prezzo di questi ultimi dovrà scendere e il tasso d’interesse salire in direzione di r ∗ . Il contrario dovrà accadere per un tasso d’interesse *r r′′ > che genera l’eccesso di offerta CD sul mercato della moneta speculativa e perciò un identico eccesso di offerta sul mercato dei titoli. Cioè il prezzo di questi ultimi dovrà salire e il tasso d’interesse scendere in direzione di *r .

In conclusione, l’equilibrio è una condizione cui il mercato dei titoli non può sottrarsi, cosicché è giustificata la presenza, nel Quadro IV.18, della condizione (IV-28) che impone la condizione di equilibrio sul mercato della moneta speculativa. Infatti, la Legge di Walras garantisce la perfetta equivalenza dei due equilibri.

r1

A

B

C

D

sL

r ∗ r ′′r ′

sM

Quadro IV.19

IV.5.5. Tasso d’interesse e offerta di moneta speculativa Nel Quadro IV.20 sono rappresentate la domanda speculativa di moneta e due

offerte corrispondenti ad altrettante domande transattive. Il quadro mostra che all’offerta maggiore corrisponde il tasso d’interesse minore. Allora il tasso d’interesse si profila come una funzione decrescente dell’offerta di moneta speculativa. Con la notazione:

(IV-32) ( )sr r M= .

indicheremo l’equazione che la definisce. E’ importante comprendere bene la natura dell’equazione (IV-32) che, per ogni

assegnata offerta di moneta speculativa, determina il tasso d’interesse in grado di garantire un’uguale domanda speculativa e perciò (in forza della seconda formulazione della Legge di Walras) l’equilibrio del mercato dei titoli.

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Parte III - Lezione 4 - pag. 352

1

sL

r

stM M L′= −

stM M L′′= −

t tL L′′ ′<

Quadro IV.20

La giustificazione economica della decrescenza di r rispetto a sM è molto semplice: per preservare l’equilibrio, al crescere dell’offerta di moneta speculativa deve crescere anche la domanda, la qual cosa è possibile solo se il tasso d’interesse diminuisce.

1

sM

r

M

( )sr r M=

Quadro IV.21

E’ facile comprendere che il grafico marshalliano della funzione r nella variabile indipendente sM (sul piano cartesiano recante r in ascissa e sM in ordinata) coincide con la curva decrescente che, nel Quadro IV.20, rappresenta la funzione sL nella

variabile indipendente r. Per quanto visto nella Lezione 1 della Parte I, il grafico convenzionale si otterrà, invece, ribaltando il piano ‘marshalliano’ intorno alla bisettrice del primo quadrante. In tal modo, si ottiene la curva rappresentata nel Quadro IV.21. Si osservi che il campo di variazione di r non può andare oltre l’offerta di moneta (M) con

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Parte III - Lezione 4 - pag. 353

la quale l’offerta speculativa verrebbe a coincidere quando la domanda transattiva fosse del tutto nulla13.

Sotto il profilo algebrico-formale, l’equazione (IV-32) si ottiene sostituendo l’equazione (IV-15) nella condizione di equilibrio (IV-28) ed esplicitando la seconda rispetto a r. Si noti che, così operando, il modello rappresentato nel Quadro IV.18 assume la nuova forma rappresentata nel Quadro IV.22, dove le equazioni sono non più sei ma cinque. Così anche le variabili endogene, ciascuna delle quali è comandata da un’altra. Infatti:

• l’investimento aggregato è comandato dal tasso d’interesse; • il reddito è comandato dall’investimento; • la domanda transattiva di moneta è comandata dal reddito; • l’offerta di moneta speculativa è comandata dalla domanda transattiva; • il tasso d’interesse è infine comandato dall’offerta speculativa.

1

1Y I

c= ⋅

tL Yλ= ⋅

( )I I r= ( )sr r M=

s tM M L= −

Quadro IV.22

IV.5.6. Un esempio

L’equazione della domanda di moneta speculativa, presente nel Quadro IV.18, potrebbe avere la forma:

(IV-33) 1

sr

Lr

α −= ⋅ ,

essendo α un numero non negativo. Infatti, la (IV-33) rispetta i canoni stabiliti nella Sezione IV.4.4.4 definendo una funzione Ls decrescente rispetto a r, che cresce a dismisura per r che si approssima a zero mentre si annulla per 1r = .

Sostituendo la (IV-33) nella condizione di equilibrio (IV-28) e risolvendo per r, si ottiene la seguente forma dell’equazione (IV-32):

(IV-34) s

rM

αα

=+

.

che definisce r come funzione decrescente di sM . Inoltre, è subito visto che 1r = per

0sM = . Perciò la (IV-34) definisce una funzione con le caratteristiche rappresentate nel

Quadro IV.21.

13 Stante l’equazione tL Yλ= ⋅ , una domanda transattiva nulla può essere comandata solo da un

reddito nullo.

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Parte III - Lezione 4 - pag. 354