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PAOLO SCONOCCHINI

La BIBBIA

dei Testimoni di Geova

traduzione o manipolazione?

ELLEDICI

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ABBREVIAZIONI

TdG = Testimoni di Geova. CD = Comitato (Corpo) Direttivo. E la massima autorità dottrinale e organiz-

zativa dei TdG. Ha sede a Brooklyn, negli Stati Uniti.

Prima edizione: aprile 1991 Seconda edizione rivista e ampliata: febbraio 1992 Seconda ristampa: novembre 2001

Internet: www.elledici.org E-mail: [email protected]

© 1991 Editrice ELLEDICI - 10096 Leumann (Torino) ISBN 88-01-10458-8

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PRESENTAZIONE

Addentrarsi nell'arcipelago dei movimenti religiosi alterna-tivi, detti anche «sètte», non è cosa facile. Il panorama lettera-rio del nostro paese si sta riempiendo di opere, studi e contri-buti che tentano di far luce su questo fenomeno che costituisce un'autentica sfida alla Chiesa.

Noi tutti abbiamo fatto l'esperienza, in modo diretto o in-diretto, dell'esistenza di questo fenomeno. Agli angoli delle stra-de, siamo stati fermati da persone che ci invitavano a riflettere, ad ascoltare o, più semplicemente e più comunemente, ad ac-quistare il loro materiale.

Esistono vari movimenti religiosi che hanno una diversa ma-trice, un diverso fine e, soprattutto, una diversa zona d'influenza. Per zona d'influenza s'intende il «terreno», cioè le categorie di persone che interessano il movimento stesso. Alcuni movimenti hanno una preferenza per la gioventù, altri invece non hanno una scelta ma sono per un proselitismo selvaggio, che non guarda né età né condizione né altra sfumatura di vita sociale.

È in questo contesto che si situa il movimento dei Testimo-ni di Geo va: un movimento che tutti conosciamo per alcuni aspetti particolari che, di tanto in tanto, riempiono le cronache dei giornali: i Testimoni di Geova non usano sottoporsi a tra-sfusioni di sangue, non accettano di prestare servizio militare né, tanto meno, il servizio civile come obiettori di coscienza, non votano, hanno un particolare credo, non creano problemi, perché tutti li conoscono come persone educate e gentili. Il che contrasta, alcune volte, con il loro essere pesantemente petu-lanti alle nostre porte.

Ma chi sono, in realtà, i Testimoni di Geova? Come si au-todefiniscono? E, soprattutto, in che cosa credono?

Essi sostengono di essere cristiani, seguaci di Gesù Cristo, e, quindi, partono da una fonte da loro ritenuta inviolabile: la

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Bibbia. La Bibbia che è anche fonte e fondamento per la fede degli altri cristiani.

È nella Bibbia, perciò, che l'Autore di questo libro ha fon-dato e focalizzato la sua attenzione. In particolare, ad una do-manda: la Bibbia che hanno i Cristiani (Cattolici e Protestanti) è la stessa Bibbia che hanno i Testimoni di Geova? Questo la-voro risponde in modo preciso ed esauriente: no! Non è la stes-sa Bibbia!

I dirigenti della «Società Torre di Guardia», astutamente, hanno compreso che, per sostenere alcune teorie, dovevano avere un supporto biblico: supporto che non sempre c'era ma che es-si hanno creato, modificando la stessa Scrittura. Con questo la-voro, si vuoi dimostrare che la Bibbia dei Testimoni di Geova non è tradotta in uno «stile moderno, comprensibile e fedele ai testi originali», come sostengono i dirigenti della «Società Torre di Guardia», ma è un'accozzaglia di traduzioni malfatte, spesso incomprensibili, volutamente travisate nel loro contenuto e gravemente stravolte.

Dei traduttori della Bibbia geovista, apparsa per la prima volta nel 1967 e, in una seconda edizione corretta e modificata, nel 1986, non si conoscono i nomi. Il Corpo Direttivo dei Te-stimoni di Geova, cioè i dirigenti del movimento a livello mon-diale, hanno sempre sostenuto che, per non creare il mito della personalità e per umiltà, i traduttori hanno rifiutato di mettere in calce il loro nome. In realtà, secondo gli studiosi della mate-ria, non sono stati fatti i nomi dei traduttori, perché questi non avrebbero potuto vantare nessun titolo di studio idoneo per im-pegnarsi in un lavoro difficilissimo e delicatissimo, qual è la tra-duzione dei testi sacri.

Questo è il merito del presente lavoro: l'aver operato con oggettività e grande limpidità una puntualizzazione dei testi più importanti che i Testimoni di Geova propongono sotto un'al-tra traduzione. Partendo dal testo originale, l'Autore esamina le regole grammaticali e lessicali che permettono di avere una giusta versione della Bibbia, scritta originalmente nelle lingue ebraica, aramaica e greca.

La lettura di questo libro può, forse, risultare difficile per

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qualcuno, semplicemente perché difficile è la materia in que-stione. È uno studio che va fatto con impegno, con cautela e soprattutto con tanta preghiera, per poter far sì che la Bibbia non finisca per diventare elemento di divisione tra fratelli, ma sia, come prega Gesù al cap. 17 di Giovanni, un momento di unione di tutti i credenti, per la maggior gloria di Dio.

Siamo chiamati a pregare, a studiare, a conoscere. Questo lavoro risponde a questa triplice finalità. Non è scritto con spi-rito di crociata, ma in ogni sua pagina vi si legge la sofferenza di chi è cosciente che alcuni fratelli hanno abbandonato la fe-de. Il tono polemico, che talvolta traspare, non è diretto ai fe-deli Testimoni di Geova, per i quali l'Autore nutre il massimo rispetto, ma agli anonimi traduttori che, volutamente, hanno spesso corretto i testi sacri. È dovere del cristiano studiare la Scrittura: uno studio che porti alla conoscenza per rispondere, per illuminare, per testimoniare.

Auguro di cuore che questo dovere venga facilitato dal pre-sente lavoro, così che tanti possano crescere nella fede della Pa-rola di Dio, coscienti, come dice Gesù nei riguardi del Padre: «la tua Parola è verità» (Gv 17,17). È verità che fa vivere e fa crescere nell'amore.

* DIONIGI TETTAMANZI Segretario generale

della Conferenza Episcopale Italiana

10 marzo 1991

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Presentare un testo così indovinato, com'è il lavoro di Pao-lo Sconocchini, è un piacere non molto frequente, purtroppo.

L'Autore ha obbedito ad una spinta intcriore in aiuto di quanti, vittime ingenue di astute tecniche di persuasione, sono finiti nel labirinto della Torre di Guardia.

Al servizio di questo obiettivo apostolico, l'Autore ha po-sto la sua capacità di ricerca e il rispetto per l'intelligenza dei lettori, ai quali ha offerto una serrata ed ineccepibile documen-tazione dei guasti operati a danno della Bibbia dall'anonimo Co-mitato di Traduzione, assoldato dal Head Quarters dei Testi-moni di Geova.

Ogni lettore intelligente non avrà difficoltà a seguire le di-mostrazioni: sono costituite essenzialmente dal confronto sere-no tra le cosiddette «traduzioni» geoviste in italiano (quella del 1967 e quella del 1986) e il testo critico del Nuovo Testamento. Tra i vari testi critici disponibili, l'Autore ha scelto proprio quello ripubblicato in edizione interlineare dalla Società Torre di Guar-dia ed elogiato più volte dai Testimoni come «autorevole» (per esempio a pag. 399 di «Ragioniamo facendo uso delle Scritture»).

È questo il metodo vincente. Infatti, l'Interlinear Transla-tion presenta anche due traduzioni ufficiali — in inglese — eseguite per ordine dello stesso Corpo Direttivo di Brooklyn: constatare quante volte esse siano in insanabile e grave contrasto fra loro e con 1'«autorevole» testo greco non apre gli occhi soltanto se uno li serra per non vedere.

Non sono siffatte documentazioni proprio «l'autorevole mez-zo di giudizio, la norma di valutazione» che — a pag. 368 de La Torre di Guardia del 15-6-1964 — il Corpo Direttivo esige in ogni persona che «smascheri pubblicamente una certa reli-gione, indicando che è falsa»?

All'Autore la riconoscenza di quanti saranno aiutati ad uscire dal labirinto e dei cattolici a cui il presente lavoro impedirà di avventurarvisi.

Mons. LORENZO MINUTI

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INTRODUZIONE STORICA

1. CHARLES TAZE RUSSELL (1852-1916)

Quel fenomeno sociale che si verificò tra la fine del secolo XVIII e l'inizio del XIX e che è noto come «rivoluzione indu-striale», fu all'origine delle numerose sètte religiose che, nel se-colo scorso, pullulavano negli Stati Uniti d'America. In quel-l'epoca di rivolgimenti, la civiltà agricola scompariva, per ce-dere il posto alla rivoluzione industriale. Il radicale mutamento delle istituzioni sociali e politiche indusse molti a credere che fossero giunti gli «ultimi tempi». Molti videro nella fine del vec-chio mondo la «fine del mondo». Alcuni vollero trovare nella Bibbia la conferma ai loro timori e si misero a ricercare nelle Scritture la data precisa della «fine del mondo».

Tra questi, il più famoso fu William Miller (1782-1849) il quale, Bibbia alla mano, aveva «dimostrato» che la fine del mon-do e il conseguente ritorno di Cristo sarebbero avvenuti nel 1843. L'impressione suscitata in America dalla «profezia» di Miller fu immensa e la tensione fortissima, con innumerevoli casi di fanatismo e follia. L'entusiasmo per la predicazione di Miller fu tale che si dovettero costruire tende giganti, che potevano contenere fino a seimila persone, per raccogliere coloro che de-sideravano ascoltarlo. Passato il 1843, Miller corresse i suoi cal-coli e fissò la data della «fine» per la primavera del 1844. Tra-scorsa anche tale primavera, Miller, deluso e deriso, non impe-dì ai seguaci di fissare un'altra data: 22 ottobre 1844. Era l'ul-tima speranza. Se Cristo non fosse ritornato, il futuro degli Av-ventisti sarebbe stato in pericolo. I seguaci di Miller si prepara-rono di nuovo all'incontro con Cristo, il quale però, anche questa volta, mancò all'appuntamento. Isolati e fatti oggetto di scher-no, gli Avventisti di Miller si divisero in vari gruppi.

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In questo clima di esaltazione e di attese deluse compare la figura di Charles Russell.

Nacque il 15 febbraio 1852 ad Allegheney, oggi sobborgo di Brooklyn. Il padre era commerciante di tessuti. All'età di nove anni, Charles perse la madre, che gli aveva trasmesso la sua fe-de religiosa: il presbiterianesimo. L'educazione calvinista influì negativamente sulla formazione del suo carattere, profondamen-te pessimista. Lo turbava e angosciava la dottrina della prede-stinazione e il timore di essere già condannato all'inferno. Ver-so i quindici anni, Russell cadde in una profonda crisi religiosa e si diede ad esaminare varie fedi religiose, comprese le religio-ni orientali, ma ne restò deluso.

Una sera del 1870, passando davanti a un locale, udì canti e preghiere. Entrò. Il pastore Jonas Wendell, avventista, tenne un sermone nel quale sosteneva l'impossibilità dell'esistenza del-l'inferno. Russell si sentì come sollevato da un peso enorme e ritrovò la fede nella Bibbia, che si mise a studiare con ardore. Nello stesso anno istituì un circolo per giovani, chiamati «Stu-denti biblici».

In quegli stessi anni Russell conobbe un uomo le cui teorie egli porrà a fondamento della sua «teologia»: Nelson Barbour. Questi era stato un collaboratore di William Miller. Dopo la grande delusione del 1844, Barbour elaborò una nuova teoria, secondo la quale Cristo sarebbe tornato nel 1874. Trascorso an-che quell'anno senza che nulla accadesse, Barbour rimase delu-so. «Com'è possibile? — si chiedeva — . I calcoli sono esatti!».

Si era quasi convinto d'aver commesso lo stesso errore del suo maestro Miller, quando un suo collaboratore, B.W. Keith, gli portò un'edizione inglese del Nuovo Testamento in cui la pa-rola «parusia», con la quale le Scritture indicano il ritorno di Cristo, non era tradotta «venuta» ma «presenza». Barbour vi scorse la possibilità di salvare la data del 1874. Si convinse che quella data era giusta, ma era sbagliato ciò che aveva atteso in questa data. Quel che si era verificato nel 1874 era la «parusia» di Gesù, da intendersi però non come «venuta visibile», ma co-me «presenza invisibile». Dal 1874, sosteneva Barbour, Gesù era presente sulla terra in modo invisibile, per preparare un greg-ge di eletti, in previsione della imminente fine del mondo.

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La data della «fine del mondo» fu scoperta elaborando una teoria basata sui «sette tempi» di Daniele 4,13. Secondo Bar-bour, i «sette tempi» corrisponderebbero a sette anni di 360 giorni ciascuno, e quindi a 2520 giorni. Appoggiandosi poi su altri testi, stabilì che ogni giorno equivaleva a un anno. Perciò 2520 giorni corrispondono a 2520 anni. Poiché calcolava il periodo di 2520 anni a partire dal 607 a.C. (data nella quale poneva, erroneamente, la distruzione di Gerusalemme per opera di Na-bucodonosor), la fine dello stesso periodo andava a cadere nel 1914 d.C. Fissò, così, la «fine del mondo» per il 1914.

Nel 1876 Russell si incontrò a Los Angeles con Barbour, il quale gli spiegò la sua «cronologia» e la teoria della «presenza invisibile». Russell accettò la teoria di Barbour e vi elaborò una complessa «teologia» al centro della quale vi era l'affermazio-ne che il 1914 era l'anno della «fine del mondo». Per circa cin-quant'anni la «Società Torre di Guardia» ha insegnato che la «presenza invisibile» di Cristo era cominciata nel 1874 e la «fine del mondo» sarebbe avvenuta nel 1914.1 successori di Russell cambieranno questa dottrina, aggiornando la cronologia.

Per diffondere le sue teorie, Russell iniziò, nel 1879, la pub-blicazione della «Watch Tower» (Torre di Guardia).

In seguito a vicende giudiziarie e dopo la separazione dalla moglie, Russell si trasferì a Brooklyn e cominciò una grande campagna propagandistica per diffondere le sue idee.

I sermoni di Russell venivano ascoltati da grandi folle e pub-blicati su molti giornali. In seguito, egli percorse un gran nu-mero di paesi stranieri, in veri e propri giri del mondo. Per so-stenere economicamente questi viaggi propagandistici, fu fon-data, nel 1881, la «Watch Tower Society» (Società Torre di Guardia).

Vennero mobilitati anche gli «Studenti biblici», perché «co-loro che volevano regnare con Cristo durante il millennio, do-vevano professare la loro fede davanti a tutti o distribuendo vo-lantini di propaganda di porta in porta, oppure scrivendo lette-re... Durante i loro viaggi, Russell e i suoi "Studenti" visitava-no i lettori de "La Torre di Guardia", incoraggiandoli a rag-gnipparsi in "classi" o "ecclesie". Si era creata, così, una strut-

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tura dualistica: da una parte la società commerciale e dall'altra le congregazioni della Chiesa russelliana».1

Avvicinandosi la data del 1914, Russell si fece sempre più cauto nelle sue affermazioni. Morì il 31 ottobre 1916, convinto di aver sbagliato solo di pochi mesi nell'indicare la data della «fine del mondo».

2. JOSEPH RUTHERFORD (1869-1942)

La morte di Russell lasciò migliaia di seguaci delusi e con-fusi. Era necessario dargli un successore energico e di grandi capacità organizzative, per rimettere in sesto la «Società Torre di Guardia».

Il 6 gennaio 1917 fu eletto Joseph Rutherford. Era nato nel 1869 da una famiglia di agricoltori del Missouri. Si era iscritto alla facoltà di giurisprudenza, ma il padre, che lo voleva al suo fianco nella fattoria, gli faceva mancare gli aiuti economici ne-cessari. Il giovane Rutherford doveva lavorare per potersi man-tenere agli studi. A ventidue anni aprì uno studio di avvocato a Boonville, nel Missouri. «Il giudice», come lo chiamavano i seguaci, «era un pezzo d'uomo di 1,93 m, dall'energia aggres-siva e dalla tendenza ai comportamenti radicali e violenti. Nel 1894 dovette pagare un'ammenda per offesa alla corte. William Scimeli, che fu Testimone di Geova per trent'anni, prima di stac-carsene, ricorda le reprimende pubbliche inflitte a coloro la cui condotta non gli piaceva... In uno dei suoi opuscoli, aveva fat-to disegnare due preti panciuti, con gli occhi bendati. Sotto la vignetta aveva scritto: "Guide cieche, serpenti, insensati, vipe-re, ipocriti, sepolcri imbiancati, pieni di ossa di morti"! È un esempio della violenza verbale a cui ricorreva "il giudice" per convincere ed imporre la sua autorità».2

1 B. BLANDRE, La storia dei Testimoni di Geova, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo 1989, pag. 21.

2 B. BLANDRE, op. cit., pagg. 57-58.

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Subito dopo l'elezione di Rutherford, la sètta fu scossa da crisi interne e da difficoltà col mondo esterno.

Uno dei collaboratori del defunto presidente Russell, un certo Paul Johnson, era convinto che le Scritture parlassero di lui e del suo ruolo in seno alla «Società Torre di Guardia», ma non sapeva con precisione quale versetto della Bibbia lo riguardas-se. Si sentiva, comunque, chiamato da Dio a succedere a Rus-sell. Questi, nel 1915, lo aveva inviato in Inghilterra, per risol-vere una crisi sorta in seno ai vertici delle congregazioni britan-niche. In Inghilterra lo aveva raggiunto la notizia dell'elezione di Rutherford. Johnson ne contestò la validità. Ritornò in America e, negoziando con i quattro assessori del Consiglio dei Direttori, riconobbe la validità dell'elezione di Rutherford.

Ma il 17 luglio 1917, «il giudice» annunciò la pubblicazione del libro Thè Finished Mystery. Era un'opera di estrema vio-lenza contro le Chiese e gli Stati. I quattro assessori e Johnson, temendo le reazioni ostili dello Stato, si dichiararono contrari alla pubblicazione del libro. Rutherford li destituì.

I dissidenti si divisero dal gruppo di Rutherford, provocan-do uno scisma. Alla crisi interna si aggiunse lo scontro con il mondo esterno.

Rutherford pubblicò il libro Thè Finished Mystery, nel quale attaccava violentemente tutto e tutti. Gli «Studenti biblici» vi erano descritti come i veri seguaci di Cristo, che sono nel mon-do ma non sono del mondo. Il «mondo», nemico di Dio, veni-va identificato con tutto ciò che era fuori della sètta: il Catto-licesimo, il Protestantesimo, gli Stati, i politici, i militari. Tut-to ciò era «il mondo, Babilonia, la grande meretrice». Ruther-ford, inoltre, criticava aspramente il patriottismo, proprio mentre infuriava la guerra.

Naturalmente successe quello che i vecchi assessori avevano temuto: i militari si sdegnarono, gli ecclesiastici protestarono, i politici minacciarono, la popolazione s'indignò, il governo s'in-sospettì. Tutti contro gli «Studenti biblici». Ma era quello che «il giudice» voleva. Il 28 febbraio 1918 lo Stato fece requisire le pubblicazioni della «Società Torre di Guardia» a Los Ange-les. Rutherford rispose con un volantinaggio, denunciando la

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«persecuzione» e accusando il clero di esserne l'istigatore. L'8 maggio, «il giudice» e sette suoi collaboratori vennero arrestati con l'accusa di incitamento all'insubordinazione e alla disob-bedienza alle autorità militari, in tempo di guerra. Fu condannato a vari anni di reclusione. L'opinione pubblica si scagliò, allora, contro i suoi seguaci. «Alcuni furono spalmati di catrame, presi a bastonate o gettati in acqua. Vennero presi di mira le pubblicazioni e i loro beni e molti vennero condannati per aver diffuso libri proibiti... Solo alla fine della guerra, una grande campagna propagandistica e una petizione che raccolse settecentomila firme portarono alla liberazione dei prigionieri».3

Uscito di prigione (26 marzo 1919), Rutherford non temeva più rivali. Agli occhi dei seguaci ora egli era un martire che, per la fedeltà a Dio, aveva subito la prigione. Diventò il padrone incontrastato della sètta, che cominciò a governare con pugno di ferro e che trasformò in una struttura totalitaria, incentrata sull'attivismo e sullo scontro con il mondo esterno. Definì il pro-gramma della sua presidenza: 1) Rinsaldare l'unità tra i seguaci e la Direzione. 2) Rafforzare la coesione del gruppo. 3) Neutra-lizzare gli effetti negativi delle mancate profezie di Russell.

Per attuare i primi due punti del programma mise a punto una tattica che risulterà efficacissima: la strategia della «provo-cazione-repressione-solidarietà». Consisteva in questo: bisognava provocare le Chiese e gli Stati. Questi avrebbero risposto alla provocazione con la repressione. La repressione avrebbe crea-to dei «martiri». I «martiri» avrebbero provocato le proteste dei cittadini, dando credibilità ai suoi seguaci e facendo passa-re i loro avversari come «persecutori» e disponendo così l'opi-nione pubblica a favore della «Società Torre di Guardia» e con-tro lo Stato e le Chiese.

«La Torre di Guardia» cominciò la provocazione, con arti-coli di estrema violenza. Prima si accusavano le Chiese cristia-ne di essere state responsabili della guerra mondiale e i membri del clero venivano definiti «egoisti, fanfaroni, ingrati, empi, cru-deli, disprezzatori di coloro che si sforzano di essere buoni».

B. BLANDRE, op. cit., pag. 53.

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Poi vennero presi di mira i politici e i finanzieri che venivano descritti come strumenti di un complotto ordito dal diavolo. Alla Lettera ai Romani che vuole che i cristiani rispettino le autorità costituite (13,1) venne data un'altra spiegazione. Rutherford af-fermò che le «autorità» di cui parla l'apostolo Paolo non era-no i pubblici poteri, ma i dirigenti della «Società Torre di Guar-dia». Nel 1933 attaccò, con estrema violenza, il papa Pio XI, che aveva proclamato l'Anno Santo. Nel 1936 alcuni suoi se-guaci con manifesti sfilarono a Nawark con lo slogan: «La reli-gione è una trappola e un imbroglio».4

Come Rutherford aveva previsto e desiderato, «l'indigna-zione creata da queste provocazioni portò a numerosi scontri in piazza; i suoi seguaci seppero approfittarne al massimo, co-me attesta Schnell: "Arrestandoci e moltiplicando i casi giudi-ziari, i nostri oppositori ci resero un grande servizio. Ciò, infatti, ci spinse a serrare saldamente le file, suscitò un vero interesse per la nostra organizzazione fra la gente insoddisfatta di come andavano le cose e ci mise nella posizione di martiri. Noi, naturalmente, continuammo ad aizzare il nemico a scendere in campo aperto. Con tutta questa pubblicità, i nostri libri andavano a ruba. Avevamo piazzamenti a milioni, i nuovi converti-ti a migliaia". Questa strategia serviva anche a rafforzare la coesione interna. Uniti contro il nemico esterno, i seguaci di Rutherford erano più disposti ad obbedire ai capi».5

Il 1931 fu una data d'importanza storica per la sètta. Ru-therford cambiò nome ai seguaci. Non si chiameranno più «Stu-denti biblici» o «Russelliani» ma « Testimoni di Geova». «An-che questo era un modo per distinguersi. Geova era il loro Dio, solo il loro, mentre il termine "Dio" è il risultato di un nome comune, utilizzato in tutte le religioni. Il termine "Testimoni" metteva l'accento sulla testimonianza, come è intesa dal Geovi-smo, cioè sulla propaganda che, sotto Rutherford, era diventata l'attività essenziale del gruppo».6

4 Cf B. BLANDRE, op. cit., pag. 67. 5 Ivi, pagg. 67-68. 6 Ivi, pag. 64.

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Il programma del «giudice» comprendeva anche la revisio-ne delle «profezie» del suo predecessore. «Rutherford aveva due alternative: o rettificare, ammettendo francamente l'errore, o cercare di giustificare le predizioni di Russell. Scelse la strada della giustificazione.

Agendo rapidamente, per ravvivare la fiducia dei lettori de "La Torre di Guardia", in un primo tempo affermò che nel 1914 era veramente stato instaurato il Regno di Dio, non però sulla terra, come aveva creduto Russell, ma nei "deli invisibi-li". Quindi cercò di spostare al 1918 gli avvenimenti attesi per il 1914, tracciando un parallelismo con il soffocamento della rivolta giudaica ad opera dei Romani. La distruzione di Geru-salemme si verificò nell'anno 70 d.C, ma la rivolta giudaica finì solo tre anni e mezzo dopo, nel 73 d.C. Pertanto, lo stesso numero di anni fu aggiunto all'autunno del 1914 e veniva, per-ciò, additata la primavera del 1918 come nuova data per la fi-ne».7 Ma il 1918 vide solo la fine della guerra mondiale e la car-cerazione di Rutherford, della quale abbiamo parlato.

Uscito dal carcere, il «giudice» pensò subito a una nuova data che potesse soddisfare alle attese dei seguaci. E così, nel 1920, pubblicò un libretto dal titolo sensazionale: Milioni di uo-mini che oggi vivono non moriranno mai. Vi si annunciava la risurrezione dei «principi della nuova terra», cioè di Abramo, Isacco, Giacobbe e degli altri patriarchi biblici. Per dimostrare la sua certezza, il «giudice» fece costruire a San Diego, in Cali-fornia, una villa con dieci appartamenti, chiamata «Bet-Sarim» (casa dei principi), che avrebbe dovuto ospitare Abramo e gli altri patriarchi risorti.

Tra i Testimoni di Geova l'attesa del 1925 diventò febbrile. Passò anche il 1925 senza che i «principi» potessero andare

ad alloggiare nella residenza costruita per loro. Ma la villa non rimase vuota; vi si stabilì Rutherford nel 1930, perché il mite clima della California giovava alla sua salute.

La delusione dei TdG fu enorme. La sètta entrò in una gra-

1 Cf R. FRANZ, Crisi di coscienza. Un TdG si confessa, Ed. Dehoniane, Napoli 1988, pag. 241.

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vissima crisi che mise in forse la sua sopravvivenza. «Ruther-ford riuscì a salvare il movimento grazie alla trasformazione della struttura piuttosto elastica di "Studenti biblici" di Russell in un'organizzazione teocratica, fondata su un'obbedienza quasi militare, e all'introduzione della propaganda di porta in porta, con visite sistematiche agli abitanti di una stessa casa o di uno stesso quartiere. Era un'idea geniale, che avrebbe dato frutti straordinari e sarebbe stata studiata, con profitto, anche da grandi industrie americane, impegnate a vendere prodotti ben diversi dalla religione».8

Morì P8 gennaio 1942.

3. NATHAN HOMER KNORR (1905-1977) A succedere a Rutherford nella direzione della «Società Torre

di Guardia» veniva chiamato, il 13 novembre 1942, Nathan Knorr.

Era nato nel 1905 ed entrato nella sètta nel 1921. Knorr con-fermò il programma del predecessore: combattere le religioni, i sistemi politici, l'ONU e il comunismo. Cambiò soltanto il me-todo di lotta. «Il Testimone di Geova non doveva più presenta-re a coloro che gli aprivano la porta un messaggio registrato su disco, come avveniva sotto Rutherford. A imitazione delle grandi organizzazioni industriali, improntate al profitto, con-sacrò una parte importante dei suoi sforzi alla formazione delle persone. Aprì quindi, nel 1942, la "Scuola di Galaad" in una fattoria presso South Lansing, nello stato di New York. La fun-zione della scuola era quella di preparare i missionari che, an-no dopo anno, andavano nella maggior parte dei paesi del mon-do. Volle, soprattutto, che ogni Testimone diventasse un effi-cace proclamatore. A partire dal 1942 creò la "Scuola di mini-stero teocratico" per allenare i Testimoni all'arte di convincere; vi si insegnava come porgere brevi allocuzioni, come mettere a suo agio l'uditorio o come rispondere alle obiezioni».9

8 M. INTROVIGNE, Le nuove religioni, Ed. Sugarco, Milano 1989, pag. 132. 9 B. BLANDRE, op. cit., pag. 76.

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Bisognava, inoltre, far sì che i Testimoni non avessero troppo tempo per pensare. Si evitò questo pericolo riducendo il loro tempo libero.

«Ogni Testimone deve soddisfare a vari impegni, tra cui "l'a-dunanza pubblica", "l'adunanza di servizio", lo studio perso-nale de "La Torre di Guardia", lo studio del libro di congre-gazione, la predicazione di porta in porta, le visite supplemen-tari alle persone interessate al messaggio geovista, l'educazione religiosa dei bambini. Se a questi impegni si aggiungono i do-veri della vita profana: lavori domestici, attività professionale 0 di studio (anche se il Testimone è invitato ad accorciare gli studi), al Testimone di Geova non rimane più tempo per pensa re a se stesso e ad altro che non sia la sua religione. L'organiz zazione si impadronisce, così, della vita dell'individuo in tutti 1 suoi aspetti».10

Questa impostazione della vita dell'organizzazione, data da Knorr, è rimasta anche oggi.

Ma Knorr capiva che tutto questo non bastava per tenere unita la sètta. Bisognava riempire il cuore dei Testimoni con qual-cosa che, ai loro occhi, giustificasse tanti sacrifici. L'ideale per cui ogni Testimone è disposto a rinunciare al suo cervello e alla sua vita privata è la «fine di questo sistema di cose» e la «vita eterna su questa terra». Knorr si rendeva conto che i suoi se-guaci avevano bisogno di credere che la «fine del mondo» fos-se imminente e che tutti i sacrifici che la «Società Torre di Guar-dia» chiedeva ai Testimoni, soprattutto il sacrificio supremo del-l'intelligenza e della volontà, stavano per finire. Poi ci sarebbe stato il premio: il paradiso terrestre. Un premio che non poteva essere troppo lontano, pena l'affievolimento dell'ardore dei Te-stimoni.

E così, nel libro La vita eterna nella libertà dei figli di Dio, pubblicato in inglese nel 1966 e in italiano nel 1967, veniva an-nunciata la «fine del mondo» per l'autunno del 1975:

10 Ivi, pagg. 77-78.

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«Seimila anni dalla creazione dell'uomo termineranno nel 1975 e il settimo periodo di mille anni di storia umana comince-rà nell'autunno del 1975» (pag. 29).

Qualche anno più tardi, Knorr scriveva:

«È vero, in tempi passati, vi sono stati alcuni che hanno pre-detto la fine del mondo, annunciando perfino una data specifi-ca. .. tuttavia non è accaduto nulla. La fine non è venuta. Si so-no resi colpevoli di falsa profezia. Perché? Che cosa mancava? Mancava a tali persone la verità di Dio... Ma che dire oggi? Oggi abbiamo l'evidenza richiesta, tutta. Ed è schiacciante» («Sve-gliatevi!», 22.4.1969, pag. 23).

Quegli «alcuni» che Knorr accusava di essere falsi profeti erano i suoi predecessori: Russell e Rutherford! Lui, invece, era il vero profeta, detentore della «verità di Dio» e sapeva, con «evidenza schiacciante», che l'autunno del 1975 avrebbe visto la «fine del mondo». C'era un solo dubbio: il giorno preciso della fine della «battaglia di Harmaghedón» e dell'inizio del Re-gno millenario. Ma «è una questione di settimane o mesi, non anni» («La Torre di Guardia», 1.2.1969, pag. 83).

Tra i Testimoni, l'attesa dell'autunno del 1975 diventò os-sessiva. Tra il 1968 e il 1975 furoreggiavano tra i TdG slogan come questi:

«Siamo negli ultimi giorni! È saggio continuare a mandare a scuola i vostri figli? È questo il tempo d'aver figli?».

Alcuni Testimoni «liquidarono i propri affari, lasciarono il lavoro, vendettero case e fattorie e si trasferirono in altre zone per "servire dove il bisogno era maggiore", ritenendo di aver fondi a sufficienza per arrivare fino al 1975. Altri, incluse alcu-ne persone anziane, incassarono polizze di assicurazione o altri titoli di valore; qualcuno rinviò operazioni chirurgiche nella spe-ranza che la "fine di questo sistema di cose" avrebbe eliminato la necessità di sottoporsi ad esse».11

«A molti fu consigliato di non comprare una casa, di non

R. FRANZ, op. cit., pag. 285.

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effettuare lavori di manutenzione nella propria abitazione, tanto stava per venire Harmaghedón e poi... tutti nel paradiso terre-stre riservato ai Testimoni di Geova».12

«A Brooklyn, il CD era riluttante ad imporre una certa mo-derazione, perché si stava registrando un incremento nelle ade-sioni. Dal 1966, quando fu tratto in ballo il 1975, si ebbe un periodo di crescita fenomenale».13

Qualcuno più critico rifletteva e, cosa miracolosa tra i Te-stimoni di Geova, pensava con la propria testa:

«Più leggevo le Scritture, più l'intero concetto mi appariva fuor di luogo; esso non quadrava con le affermazioni dello stesso Gesù Cristo: "In quanto a quel giorno e a quell'ora nessuno sa, né gli angeli, né il Figlio ma solo il Padre" (Mt 24,36).

"Siate vigilanti perché non sapete in quale giorno verrà il vostro Signore" (Mt 24,42). Tuttavia, stretto com'ero nell'in-granaggio del Quartier generale di una organizzazione che era in preda all'euforia dell'espansione e che stava conoscendo una crescita rimarchevole, non c'era molto da fare. In alcuni arti-coli provai a consigliare la moderazione».14

Ma «La Torre di Guardia» del 1.2.1969 scrisse che non bi-sognava prendere troppo sul serio le parole di Gesù Cristo:

«Questo non è il tempo di scherzare con le parole di Gesù che "in quanto a quel giorno e a quell'ora nessuno sa". Al con-trario, è un tempo in cui ci si dovrebbe vivamente render conto che la fine di questo sistema di cose sta per giungere rapidamente al suo violento termine. Non lasciatevi ingannare, è sufficiente che il Padre stesso sappia "sia il giorno che l'ora"».

Commenta R. Franz:

«Questo equivale a dire: "Gesù ha detto così e così ma non dateci molta importanza; non quello che dice Gesù Cristo deve guidare la vostra vita, ma quello che vi dice il CD"».15

12 A. AVETA - W. PALMIERI, Testimoni di Geova: essere o non essere?, Ed. Deho- niane, Napoli 1984, pag. 40.

13 R. FRANZ, op. cit., pag. 286. 14 Ivi. " Ivi, pag. 284.

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Passò anche il 1975. La delusione fu un trauma tremendo per la sètta, che co-

minciò a registrare serie diminuzioni nelle adesioni. Bisognava trovare una giustificazione biblica alla mancata

«fine del mondo». La giustificazione venne da Brooklyn sulle pagine de «La

Torre di Guardia» del 15.3.1976. L'errore consisteva nell'aver contato gli anni dalla creazione di Adamo invece che da quella di Èva. Solo dopo che Adamo ebbe dato un nome a tutti gli animali, Geova creò Èva. Quanto tempo impiegò Adamo a da-re un nome a tutti gli animali?

«Non sappiamo se fu un breve tempo come un mese o un periodo di mesi, un anno o anche più. Ma qualunque quantità di tempo fosse, tale quantità di tempo deve aggiungersi al tem-po passato dalla creazione di Adamo per portarci ai 6000 anni entro il settimo giorno di Dio» (Siate svegli finché riusciate a scampare).

«Questa tamponatura permetteva il ricupero di un ragione-vole periodo di tempo, ma per quanto ancora i TdG potevano far passeggiare Adamo da solo nel giardino? Per evitare altri pericolosi sbilanciamenti, nell'estate del 1976, fu presentata la nuova formula: "La fine verrà quando la predicazione avrà rag-giunto il culmine".

È la formula più ambigua ed astuta che il CD abbia partori-to. Si condiziona la realizzazione del supremo desiderio dei fe-deli Testimoni, la "fine del mondo", all'impegno che essi met-teranno nell'opera di evangelizzazione che, in altri termini, si-gnifica distribuire libri e riviste, e quindi arricchire la Società Torre di Guardia, senza discutere, senza far domande».16

4. FREDERIK FRANZ

L'8 giugno 1977 moriva il presidente Knorr e assumeva la direzione della sètta il vice presidente Frederik Franz, eletto il 22 giugno 1977.

16 A. AVETA - W. PALMIERI, op. cit., pagg. 46-48.

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Franz era noto per le sue doti di oratore e per la sua capaci-tà di entusiasmare le masse. Aveva avuto modo di dimostrare queste sue preziose attitudini all'Assemblea internazionale di New York nel 1950, allorché, con grande abilità, «aggiornò» il concetto di «principi della nuova terra» che, fino a quel mo-mento, era riservato ai patriarchi dell'Antico Testamento. In quell'occasione Franz tenne agli oltre ottomila congressisti un discorso, riportato dall'Annuario dei TdG del 1976, durante il quale pronunciò questa frase: «Sarebbe felice quest'Assemblea internazionale di sapere che qui, questa sera, in mezzo a noi, ci sono alcuni dei futuri principi della nuova terra?».

Queste parole suscitarono grande emozione. L'Annuario ri-porta alcune reazioni dei congressisti. «Ricordo — dice una si-gnora — la sorpresa che colse l'Assemblea; cominciammo tutti a guardarci in giro con circospezione... c'era David o Abramo o Giacobbe?». Un'altra congressista afferma: «Ero certa che uno di questi uomini dell'antichità sarebbero venuti fuori da un momento all'altro».

Franz rimase in silenzio, poi, da profondo conoscitore del-la psicologia della folla, riprese la parola e fece notare che i «prin-cipi» si trovavano tra i congressisti, ma non erano Abramo, Isac-co e gli altri patriarchi, come tutti credevano. Quindi, «sviluppando un'esegesi della parola ebraica "sar", fino ad allora tradotta con "principe", arrivò alla conclusione che il termine non si applicava solo agli antichi patriarchi biblici ma a chiunque avesse un posto di responsabilità in seno all'organizzazione. Chiunque poteva meritare la dignità di "principe della nuova terra". Bastava impegnarsi in seno all'organizzazione. E così Franz, da abile stratega, aveva nello stesso tempo eliminato un vecchio problema e conferito una nuova giustificazione alla militanza».17

Durante i primi mesi della sua presidenza, Franz impiegò tutte le sue energie per risolvere la grave crisi che scuoteva la sètta. La delusione del 1975 aveva provocato un dibattito pro-fondo in seno al CD. Bisognava precisare quale fosse la «gene-

B. BLANDRE, op. cit., pag. 79.

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razione» di cui parla Matteo 24,34 («Non passerà questa gene-razione prima che tutto questo avvenga»).

«Gli esegeti geovisti avevano scritto che si trattava della ge-nerazione del 1914. Avrebbero, cioè, visto la "fine del mondo" coloro che nel 1914 erano in grado di capire gli avvenimenti di quell'anno. Dopo il 1975 vennero allungati i tempi di attesa: i membri di "questa generazione" non erano solo quelli che po-tevano capire gli avvenimenti del 1914, ma anche quelli che po-tevano "vederli" (cf "La Torre di Guardia", 1.4.1979).

"La Torre di Guardia" del 15.4.1981 ampliò ancora i ter-mini, precisando che già a dieci anni alcuni fatti lasciano tracce durature nella memoria. Perciò, finché tutti i nati del 1914 non fossero morti, era logico aspettare ancora».18

Alla questione del 1914 il CD dedicò la seduta del 5 marzo 1980. In quell'occasione, alcuni membri del CD (Robert Schroe-der, Karl Klein e Grant Suiter) proposero di applicare «questa generazione» di Matteo TA^A non più alla generazione del 1914 ma a quella del 1957. Il fondamento biblico sarebbe stato Matteo 24,29: «II sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, gli astri cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte».

Schroeder e gli altri proponevano di riferire questo testo al-l'inizio dell'era spaziale con il lancio dello Sputnik nel 1957. Si aveva, così, un guadagno netto di quarantatré anni rispetto al 1914. La proposta venne respinta. Klein propose, allora, di at-tenersi alla pratica adottata qualche volta, di «tacere semplice-mente per un certo periodo su un determinato insegnamento, sicché, se si fosse deciso un cambiamento, esso non avrebbe pro-vocato una grossa impressione. Ma anche questa proposta ven-ne respinta. La maggior parte era favorevole ad enfatizzare, co-me al solito, la data del 1914». "

Si approvò, allora, la tesi di Lloyd Barry, uno dei membri più conservatori del CD, secondo cui non ci si deve preoccupa-re perché «ci sono in Russia persone che vivono fino a cento-

1 B. BLANDRE, op. cit., pag. 99. ' R. FRANZ, op. cit., pag. 300.

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trenta anni e anche oltre», il che consente di spostare la «fine del mondo» ben oltre il Duemila.

«Per il momento, l'approccio più conservatore continua a prevalere e chi mette in dubbio che la generazione del 1914 ve-drà la "fine" viene espulso dai TdG. Non è tuttavia impossibi-le che, presto o tardi, questa dottrina possa essere in qualche modo modificata, come è stato per tante altre».20

20 «I molti cambiamenti dottrinali, anche su questioni essenziali, subiti dal Geovi-smo nel corso dei cento anni di vita della sètta, vengono giustificati dal CD con la teoria del "bordeggiamento", esposta ne "La Torre di Guardia" del 1.6.1982, ispirata al principio hegeliano della dialettica ternaria tesi-antitesi-sintesi. La sua applicazione avviene in questo modo: A. Viene formulata la "verità" di oggi (TESI).

Ma poi, col tempo, si nota che questa "verità" ha certi difetti o lacune. B. Si adotta, allora, un argomento diametralmente opposto, la nuova "verità" (AN TITESI).

In seguito si riscontra che nemmeno questa posizione rappresenta tutta la "verità". C. E allora si giunge ad una combinazione dei punti validi di entrambe le posizioni (SINTESI).

Naturalmente, il CD si guarda bene dal chiarire che si tratta di un principio ispirato alla filosofia di Hegel, ma cerca di trasformare questo principio in un esempio chiaro per tutti, servendosi del termine "bordeggiare" e spiega: "Si potrebbe fare un paragone con una tecnica che, in gergo nautico, è chiamato 'bordeggio'. Manovrando le vele, i marinai possono mandare la barca da destra a sinistra, avanti e indietro, ma sempre procedendo verso la meta, nonostante i venti contrari" (La Torre di Guardia, 1.6.1982, pag. 27).

Ecco un esempio di "bordeggio". Una "verità" di carattere morale: il trapianto. A) 1963: il trapianto è lecito perché non vi è implicato alcun principio biblico" (La Torre di Guardia, 15.3.1963). B) 1968: il trapianto è illecito; è un atto di cannibalismo. Ci sono basi bibliche per condannare tale pratica (La Torre di Guardia, 15.3.1968). C) 1980: il trapianto è lecito, osservando certe precauzioni (La Torre di Guardia, 1.9.1980).

Ma per quali motivi una "verità" deve cominciare a "bordeggiare"? Quanti fedeli Testimoni sono morti fino al 1980 per aver rifiutato un trapianto, illecito nel 1968 e diventato lecito nel 1980? Chi si assume la responsabilità morale ed umana di scelte che possano mettere in gioco vite umane? "Bordeggiando" è stata spostata anche la data della creazione di Adamo: prima nel 4126 a.C. poi nel 4026 a.C... Passato il 1975 e la sua ennesima delusione, il CD "bordeggia" ancora e scopre che 6000 anni erano sì trascorsi, ma dalla creazione di Adamo e non da quella di Èva. Bisognava allora attendere per un tempo corrispondente all'intervallo intercorso tra la creazione dell'uomo e quella della donna. Quanto era stato lungo quest'intervallo? Mesi, annunciò all'ini-zio. Poi, bordeggiando, anni... Con la tecnica del "bordeggio" il CD può, dunque, dire tutto e il contrario di tutto sul medesimo argomento. Resta quindi confermato che il supporto ideologico dei TdG muta continuamente e, spesso, in modo sostanziale e

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Comincia, intanto, a farsi strada l'idea (formulata da Al-bert Schroeder) secondo cui «la generazione che non passerà» prima che Cristo ritorni, «è composta da tutti coloro che con-fessano di far parte degli "unti". In pratica, la nuova teoria implicherebbe che almeno un "unto" sarà in vita il giorno del-lo scoppio della "battaglia di Harmaghedon".

Poiché ogni anno nuovi Testimoni sentono la "parola inte-riore" che li spinge a proclamarsi "unti", il limite della profezia verrebbe portato avanti nel tempo, in maniera indefinita».21

Il 1979 fu un anno di grave crisi. Un membro del CD, Ray-mond Franz, nipote del Presidente Fred Franz, mise in dubbio il significato del 1914 e altre dottrine insegnate dalla «Società Torre di Guardia».

Franz prima fu escluso dal CD, poi «disassociato» (cioè sco-municato). Alcuni Testimoni, soprattutto irlandesi, lo seguirono

non a causa di una luce progressivamente più intensa che s'irradia dalle Scritture, co-me direbbe il CD, ma solo per una questione di opportunità. Quando una data, un'i-dea, un comportamento diventano inutili o sono di impedimento grave per la sètta, allora viene deciso un mutamento... Ma, alla luce di questo principio, cosa resta del Geovismo? In realtà nulla! Se tutto può essere "aggiustato" e, quindi, sostanzialmen-te mutato; se il tempo produce le metamorfosi delle verità, allora una prima conclusio-ne deve essere che nessun insegnamento del CD è certo, sicuro, stabile. Qual è, allora, la verità fondamentale, assoluta e immutabile per un TdG? Sembra un paradosso, ma è la seguente: il CD e solo il CD ha sempre ragione! E la Bibbia? La Bibbia non è che uno strumento che il CD utilizza per dare i propri insegnamenti. La Bibbia, da sola, non serve a niente» (E. ZUCCHINI, limito dell'eterno ritorno alle origini, in Cristo no-stro Dio e nostra speranza, Elle Di Ci, Leumann 1986, pagg. 56-57). Anzi, la Bibbia è dannosa, perché leggendola senza la guida del CD si rischia di «ricadere nella dottri-na del Cristianesimo ortodosso» e di sprofondare nelle tenebre: «Di tanto in tanto, nelle file del popolo di Geova, sorgono alcuni che, come Satana originale, adottano un modo di pensare critico e indipendente... affermando che è sufficiente leggere esclu-sivamente la Bibbia da soli o in piccoli gruppi a casa. Ma, cosa strana, mediante que-sto tipo di lettura biblica, sono tornati indietro proprio alla dottrina apostata che i com-mentari del clero della Cristianità insegnavano cento anni fa» (La Torre di Guardia, 15.8.1982).

«Ma se è vero che le dottrine del Cristianesimo ortodosso sono scopribili dalla let-tura della sola Bibbia e che quelle dei TdG necessitano, invece, di altre pubblicazioni, ciò sarebbe prova lampante che il Cristianesimo ortodosso è in armonia con la Bibbia, mentre le dottrine della "Società Torre di Guardia" sono frutto del pensiero umano» (R. WALSH, Russell e le origini della "Società Torre di Guardia").

21 M. INTROVIGNE, La crisi degli anni ottanta alla sede centrale di Brooklyn, in Cristo nostro Dio e nostra speranza, cit., pag. 90.

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provocando un piccolo scisma. La crisi si attenuò nel 1980 e già nel 1985 era superata. «Agli inizi del 1989, i TdG "vero no-mine" erano circa 3.600.000 sparsi in almeno 205 nazioni. I TdG considerano, tuttavia, appartenenti in senso proprio alla loro organizzazione soltanto coloro che si impegnano nella testimo-nianza di porta in porta... Alla statistica riportata più sopra, va quindi aggiunta quella relativa ai presenti alla Commemora-zione annuale della "Cena del Signore": oltre nove milioni di persone nel 1988.

Quest'ultima cifra dovrebbe avvicinarsi al numero dei par-tecipanti alla vita delle congregazioni dei TdG».22

Ecco un bilancio in cifre, prese dagli Annuari dei TdG e ri-portate da B. Blandre. Le cifre riguardano i TdG "vero no-mine".

TdG che hanno abbandonato la sètta o che ne sono stati espulsi:

1973: 77.806 1975: 117.040 1976: 105.693

1977: 126.809 113.845 7.894.

Come si può constatare, le defezioni aumentano di molto tra il 1975 e il 1978, in seguito alla delusione subita per la man-cata «fine del mondo», prevista per il 1975.

I paesi in cui i TdG sono più numerosi (anno 1986): Stati Uniti: Brasile: Messico: Italia: Germania Occ. Inghilterra: Francia:

700.187 (24,4% del totale) 166.952 162.130 123.253 114.188 97.370 84.925

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22 M. INTROVIGNE, Le nuove religioni. Ed. Sugarco, Milano 1989, pag. 133.

1978: 1981:

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«La geografia del movimento è legata all'influenza ameri-cana nel mondo, al carattere internazionale della lingua inglese e al liberalismo politico. Fenomeno originariamente america-no, il Geovismo è riuscito a superare i confini del mondo pro-testante anglosassone e diffondersi nei paesi cristianizzati e ne-gli Stati che sono sotto l'influenza occidentale. La sua crescita è rilevante e potrà continuare ancora per qualche tempo. L'ag-gressività verbale del gruppo e il rigore morale imposto ai membri potrebbero in futuro provocare una saturazione, ma non è pos-sibile prevederne la data».23

B. BLANDRE, op. dt., pag. 106.

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AVVERTENZA

Abbiamo messo la Bibbia geovista a confronto con le seguenti edizioni della Sacra Scrittura:

LA SACRA BIBBIA LA SACRA BIBBIA

LA SACRA BIBBIA

LA BIBBIA

traduzione CEI. traduzione del Dott. GIOVANNI LUZZI, già pro-fessore alla Facoltà Teologica Valdese di Roma, Li-breria Sacra Scrittura, Roma 1987. a cura del Dott. SALVATORE GAROFALO, Edizioni Marietti, Torino 1964. traduzione del Dott. FULVIO NARDONI, Editrice Fiorentina, Firenze 1971.

EDIZIONI GEOVISTE — Traduzione del nuovo mondo delle Sacre Scritture, Ed. Watchtower Bi-

ble and Tract Society, New York 1967. — Traduzione del nuovo mondo delle Sacre Scritture, Ed. Watch Tower, Ro

ma 1986. Le traduzioni di entrambe le edizioni sono anonime.

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INTRODUZIONE

Fino al 1950, i TdG non possedevano una propria traduzio-ne della Bibbia. Tra il 1950 e il I960, la Società Torre di Guar-dia pubblicò, in inglese, la Bibbia in sei volumi, col titolo «Tra-duzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture» e con note in calce. I traduttori avrebbero chiesto di rimanere anonimi per umiltà:

«II loro scopo non era quello di farsi un nome, ma solo di rendere onore al divino Autore delle Scritture».1

È una ragione che il lettore intelligente non può accettare. Chi si accinge a leggere un libro tradotto vuoi essere sicuro

che il traduttore abbia già un «nome», cioè la fama di studioso che garantisca della serietà del suo lavoro oppure che possa mo-strare, come referenza, il nome di qualche studioso. Ma i TdG non possono esibire nessuna referenza:

«Non abbiamo usato il nome di nessun studioso come refe-renza o raccomandazione perché riteniamo che la Parola di Dio debba presentarsi da sola».2

La Parola di Dio non può presentarsi da sola, perché è scritta in lingue incomprensibili per moltissime persone le quali devo-no, necessariamente, ricorrere alla traduzione.

In realtà, i TdG non hanno trovato nessun studioso dispo-sto a presentare la «Traduzione del Nuovo Mondo». Gli esperti che hanno esaminato la traduzione geovista ne hanno dato un giudizio negativo.3

1 Ragioniamo facendo uso delle Scritture, Ed. 1985, pag. 400. 2 Ivi, pag. 400. 3 Ecco i giudizi di alcuni studiosi, apparsi sul periodico australiano «Australian

Record» del 20-5-1974, pag. 6:

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I veri motivi dell'anonimato ce li rivela W. Cetnar che fu TdG dal 1940 al 1962 e membro del CD:

«La ragione di tale anonimato è duplice: 1) In tal modo non si potevano né controllare né valutare le loro qualifiche. 2) Così facendo, non vi sarebbe stato nessuno che avrebbe assunto la responsabilità della traduzione».4

Per testimonianza di Cetnar, sappiamo anche che alle riu-nioni per la traduzione partecipavano il presidente Knorr, F. Franz, D.G. Gangas, M. Henschel e A. Schroeder.5 Solo Franz aveva frequentato l'Università di Cincinnati ritirandosi, però, dopo il secondo anno. Nessuno di loro, comunque, possedeva una preparazione sufficiente a renderli capaci di tradurre la Bib-bia.

Nel 1967, la «Traduzione del Nuovo Mondo» venne tradot-ta dall'inglese in italiano, in un unico volume. Anche l'autore di questa traduzione è ignoto ma, come dimostreremo più avanti, è un americano con una scarsa conoscenza della lingua italia-na. Nella prefazione di questa edizione italiana, il Comitato di traduzione dichiara di aver inserito nel testo sacro le note che, nella precedente edizione in sei volumi, figuravano in calce:

Anthony Hoekema: «La loro "Traduzione del Nuovo Mondo" non è una versio-ne obiettiva della Bibbia in inglese moderno, ma una traduzione di parte in cui molti degli originali insegnamenti della "Società Torre di Guardia" sono stati introdotti dì contrabbando».

Ray Stedman: «Un accurato esame che va al di là dell'esteriore apparenza di eru-dizione dei traduttori, rivela un autentico miscuglio di fanatismo, ignoranza, pregiudizio e parzialità che viola ogni norma di critica biblica».

R. Mantey: «Dopo aver studiato la loro traduzione in centinaia di versetti del Nuovo Testamento, si è chiarita in me la convinzione che quando la Scrittura era in disaccordo con i loro particolari insegnamenti, essi deliberatamente l'hanno tradotta in modo erroneo oppure hanno alterato il testo al punto tale che potrebbe sembrare che ci sia qualche apparente sostegno per le loro opinioni non scritturali... Ma ciò che è di gran lunga peggio, essi si sono resi colpevoli di deliberato inganno. Ciò rende la loro tradu-zione detestabile» (v. A. AVETA, Analisi di una sètta, Ed. Filadelfia, Altamura 1985, pagg. 30-31).

4 Cf P. HEDLBY, Perché hanno lasciato i TdG, Crociata del libro cristiano, Napoli 1980, pag. 100.

5 Cf P. HEDLEY, op. cit., pag. 101.

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«Poiché l'edizione in un solo volume delle Sacre Scritture non avrebbe avuto note in calce, furono prese molte espressio-ni delle note in calce pubblicate nella traduzione precedente in sei distinti volumi e riportate nel testo principale dell'edizione in un solo volume» {Prefazione all'edizione italiana del 1967, pagg. 5-6).

Inserire in un testo le note del commentatore, senza dare al lettore la possibilità di distinguere le note dal testo, per tutte le persone normali equivale ad «alterare, manipolare»; per gli americani del CD significa maggior fedeltà al testo:

«...lo scopo era quello d'essere ancora più conformi col te-sto letterale delle lingue originali» (Ivi, pag. 6).

Dopo questa stupefacente dichiarazione, il Comitato di tra-duzione sente il bisogno di ringraziare «il Divino Autore delle Scritture che ce ne ha concesso il privilegio e il cui spirito confi-diamo abbia cooperato con noi in questa degna opera» (Ivi, pag. 6).

Qualsiasi autore, che vedesse i suoi scritti trattati in questo modo, si rifiuterebbe di riconoscerli come sua opera. Dio, al contrario, sarebbe soddisfattissimo del trattamento cui i «tra-duttori» geovisti hanno sottoposto la Sua Parola e avrebbe ad-dirittura cooperato con loro, ispirandoli ad alterare le Scritture.

Molti TdG lesserò quella prefazione. I più critici ne colsero il senso e cominciarono a porre alla Società domande imbaraz-zanti e a chiedere spiegazioni.

La Società corse ai ripari. Nel 1986, pubblicò un'altra edizione italiana in cui la fami-

gerata prefazione venne eliminata ma le note nel testo restano, sicché l'edizione del 1986 è, in un certo senso, peggiore di quel-la del 1967 perché in questa il lettore è avvisato che il testo è alterato; in quella del 1986, invece, il testo è manipolato ma il lettore non viene avvertito.

Ad aggravare l'inganno, la Società Torre di Guardia non fa che lodare la «Traduzione del Nuovo Mondo» come «accura-ta, per lo più letterale, dalle lingue originali» (Ragioniamo..., Ed. 1985, pag. 400).

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In questo studio, mettiamo a confronto le due traduzioni geoviste del 1967 e del 1986 con altre versioni della Bibbia e col testo greco del Nuovo Testamento. Abbiamo scelto il testo cri-tico pubblicato nel 1881 da Westcott e Hort, usato dai tradut-tori geovisti e da essi lodato come «autorevole» (Ragioniamo..., Ed. 1985, pag. 399).

Ci siamo limitati ad esaminare i testi principali, quelli, cioè, che determinano le dottrine fondamentali. Ogni capitolo si apre con un'esposizione sintetica della dottrina geovista; quindi ven-gono esaminati i testi biblici che sono stati manipolati per so-stenere tale dottrina. Premettiamo alcune considerazioni sull'i-taliano della traduzione geovista. Il volume si chiude con le te-stimonianze di alcuni ex TdG.

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CAPITOLO PRIMO

«UNO SPAVENTOSO ANALFABETISMO»

Tra le certezze dei TdG, ce n'è una di cui essi sono partico-larmente orgogliosi. Sarebbero gli unici ad aver compreso le Sa-cre Scritture e considerano tutte le Chiese cristiane incapaci di discernere le verità divine contenute nella Bibbia, poiché la cri-stianità sarebbe immersa nelle tenebre, nel peccato e nell'idola-tria. I capi americani dei TdG arrivano perfino ad insultare i cristiani delle varie confessioni, denunciando «uno spaventoso analfabetismo... fra i membri delle chiese per quel che riguar-da la Bibbia».1

Fra le traduzioni italiane della Bibbia, la più criticata dai TdG è quella della CEI. Questa traduzione è nata dalla colla-borazione tra biblisti e docenti di lingua e letteratura italiana in varie Università. I TdG la giudicano poco comprensibile, per-ché «oscurata dall'italiano arcaico».2 Esaltano, invece, la loro traduzione come «perfetta e risplendente di significativa luce», «aggiornata, accurata e di facile lettura».3

Ecco un elenco di versetti biblici, nella traduzione geovista del 1986 e in quella della CEI. Il lettore faccia questa prova:

1 La Torre di Guardia, 15-2-1980, pag. 30. 2 Gli autori dell'italiano «oscuro ed arcaico» della traduzione CEI sono i seguenti

professori, docenti di Lingua e Letteratura italiana: Devoto Giacomo, dell'Università di Firenze; Marvaldi Umberto, dell'Università «Assunta» di Roma; Migliorini Bruno, dell'Università di Firenze; Montanari Fausto, dell'Università di Genova; Mor Anto nio, dell'Università di Genova; Petrocchi Giorgio, dell'Università di Roma; Puppo Ma rio, dell'Università di Genova; Sacchi Paolo, dell'Università di Torino; Villani Giulio, del Seminario di Firenze. Inoltre, gli scrittori: Piero Bargellini, Canopi Anna Maria, Luzi Mario, Pampaloni Geno, Luigi Maria Persone e il filologo Dino Pieraccioni.

3 La Torre di Guardia, 15-8-1990, pagg. 16-17.

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legga prima il versetto nella versione geovista e cerchi di com-prenderne il senso; poi lo legga nella traduzione CEI; quindi giudichi quale delle due è «oscura e poco comprensibile» e quale è in italiano decente.

TRADUZIONE GEOVISTA TRADUZIONE CEI

benignità tratta rimunerativa-mente la sua propria anima, ma la persona crudele da l'o-stracismo al suo proprio or-ganismo».

mo misericordioso, il crude-le invece tormenta la sua stes-sa carne».

PROVERBI 11,25

«L'anima generosa sarà essa stessa resa grassa, e chi innaffia liberalmente [altri] sarà anche lui liberalmente in-naffiato».

«La persona benefica avrà successo e chi disseta sa-rà dissetato».

PROVERBI 13,11

«Le cose di valore che de- «Le ricchezze accumulate rivano dalla vanità diminuì- in fretta diminuiscono, chi le scono, ma chi raduna me- raduna a poco a poco le ac- diante la mano è colui che fa cresce», aumentare».

PROVERBI 17,23

«Chi è malvagio prende-rà perfino un regalo dal seno per piegare i sentieri del giu-dizio».

«L'iniquo accetta regali di sotto al mantello per deviare il corso della giustizia».

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PROVERBI 11,17 «L'uomo di amorevole «Benefica se stesso l'uo-

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PROVERBI 19,19 «Chi ha gran furore [ne] «II violento deve essere

porterà la pena; poiché se tu [lo] liberi, continuerai anche a farlo ripetute volte».

PROVERBI 23,1-2

«Nel caso che tu ti metta a sedere per cibarti con un re, devi considerare con diligen-za ciò che ti sta davanti, e ti devi mettere un coltello alla gola se sei proprietario [di un desiderio] dell'anima».

«Quando siedi a mangia-re con un potente, considera bene cosa hai davanti; mettiti un coltello alla gola, se hai molto appetito».

PROVERBI 25,23

«II vento del nord reca co-me con dolori diparto un ro-vescio di pioggia; e la lingua [che rivela] un segreto, una faccia denunciata».

«La tramontana porta la pioggia, un parlare in segre-to provoca lo sdegno sul volto».

ECCLESIASTE 7,27

«"Vedi, ho trovato que- «Vedi, io ho scoperto sto", disse il congregatore, questo, dice Qoelet, confron-"una cosa presa dopo l'altra, tando una ad una le cose, per

trovarne la ragione».

contro di loro; poiché certa-mente renderà emaciati tutti gli dèi della terra».

con loro, poiché annienterà tutti gli idoli della terra».

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punito, se lo risparmi, lo diventerà ancor di più».

SOFONIA2,11 «Geova sarà tremendo «Terribile sarà il Signore

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Spesso, i verbi sono usati in modo errato. Qualche esempio. Il leone strangola (Naum 2,12), il mare tuona (Salmo 96,11),

l'uomo pio «rotola» le sue opere su Geova (Proverbi 16,3). Molti versetti sono incomprensibili. Provi il lettore a «deci-

frare» i seguenti testi: «L'ottener tesori mediante la lingua falsa è un soffio porta-

to via, nel caso di quelli che cercano la morte» (Proverbi 21,6). «L'anima di chi lavora duramente ha lavorato duramente

per lui, perché la sua bocca ha fatto duramente pressione su di lui» (Proverbi 16,26).

«E i potenti si dipartono, non mediante mano» (Giobbe 34,20).

«Nel pensiero, chi è senza inquietudine disprezza la stessa estinzione; Essa è preparata per quelli dai piedi vacillanti. Le tende degli spogliatori sono senza preoccupazioni, e quelli che fanno adirare Dio hanno la sicurezza che appartiene a chi ha portato un dio nella sua mano» (Giobbe 12,5-6).

«Dagli uomini, [mediante] la tua mano, o Geova, Dagli uo-mini di [questo] sistema di cose, la cui parte è in [questa] vita, E il cui ventre riempirai con il tuo tesoro nascosto, che sono sazi di figli E che in effetti riservano ai loro fanciulli ciò che lasciano» (Salmo 17,14 [CEI 16(17), 14]).

Non sono rari i casi in cui i «traduttori» non hanno capito il senso del testo. Un esempio.

SALMO 84,6 (CEI 83,7) è tradotto così: «Passando per il bassopiano delle macchie di baca, Lo mutano in una sorgente stessa; L'insegnante si avvolge pure di benedizioni». Cosa significa «l'insegnante si avvolge di benedizioni»? Il termine ebraico che i geovisti traducono «insegnante» è

«mòreh». Questa parola può significare «insegnante» oppure «pioggia autunnale». Ma cosa c'entra l'«insegnante» in un con-

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testo in cui si parla dell'arida valle di Baca? È evidente che qui «mòrèh» significa «pioggia». Le piogge autunnali sono una be-nedizione per l'arida valle di Baca.

Ecco, infatti, come viene tradotto dalle altre Bibbie: «Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente,

anche la prima pioggia l'ammanta di benedizioni» (CEI). «...e la pioggia d'autunno la copre di benedizioni» (Luzzi). «...la pioggia la copre di benedizione» (Garofalo).

Abbondano le frasi ridicole, le proposizioni senza senso, che rivelano un'assoluta mancanza di comprensione del testo. Ec-co un elenco di «significativa luce» geovista, tratta dai libri del-l'Antico Testamento, più ridicolizzati e maltrattati dai «tradut-tori» geovisti.

TRAD. GEOV. «Mi sono affaticato con i miei sospiri; Tut-ta la notte faccio nuotare il mio letto; Delle mie lacrime faccio traboccare il mio proprio divano» (Salmo 6,6).

Il salmista, «affaticato con i suoi sospiri», avrebbe fatto nuo-tare il suo letto per tutta la notte.

Confrontiamo questa «luminosa ed aggiornata» traduzio-ne con quella «oscura ed arcaica» della CEI.

TRAD. CEI «Sono stremato dai lunghi lamenti, ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio, irroro di lacrime il mio letto».

TRAD. GEOV. «Il mio medesimo occhio è stato versato e non avrà posa, così che non ci sono pause» (Lamentazioni 3,49).

L'occhio (il mio medesimo) versato, non avrà né posa né pause.

TRAD. CEI «II mio occhio piange senza sosta perché non ha pace».

TRAD. GEOV. «L'uragano viene dalla stanza interna» (Giobbe 37,9).

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L'uragano viene da una stanza!

TRAD. CEI «Dal mezzogiorno avanza l'uragano».

TRAD. GEOV. «E la mia mano baciava la mia bocca» (Giobbe 31,27).

Bacio rovesciato. TRAD. CEI «E con la mano alla bocca ho mandato un ba-

cio».

TRAD. GEOV. «La luminosità degli occhi fa rallegrare il cuore; la notizia che è buona fa ingrassare le ossa» (Proverbi 15,30).

Le ossa ingrassano!

TRAD. CEI «Uno sguardo luminoso allieta il cuore; una notizia lieta rianima le ossa».

TRAD. GEOV. «Comunque, la medesima anima dei dili-genti sarà resa grassa» (Proverbi 13,4).

L'anima diventa grassa. TRAD. CEI «L'appetito dei diligenti sarà soddisfatto».

TRAD. GEOV. «...chi confida in Geova sarà reso grasso» (Proverbi 28,25).

Ora è chi confida in Geova a diventar grasso. TRAD. CEI «...chi confida nel Signore avrà successo».

TRAD. GEOV. «La sua carne scompare alla vista, e le sue ossa che non si vedevano certamente si denudano» (Giobbe 33,21).

La carne scompare alla vista (un fantasma?) e le ossa si spo-gliano (però non si vedevano).

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TRAD. CEI «La sua carne si consuma a vista d'occhio e le ossa, che non si vedevano prima, spuntano fuori».

TRAD. GEOV. «[A] colui che pone in luogo alto quelli che sono bassi» (Giobbe 5,11).

Dio metterebbe in un luogo alto (un monte, un grattacielo ecc.) le persone basse.

TRAD. CEI «Colloca gli umili in alto».

TRAD. GEOV. «La mia rivolta è sigillata in una borsa, E tu applichi colla sul mio errore» (Giobbe 14,17).

Dio metterebbe la colla sull'errore di Giobbe. TRAD. CEI «In un sacchetto, chiuso, sarebbe il mio mi-

sfatto e tu cancelleresti la mia colpa».

TRAD. GEOV. «Siamo stati inseguiti fin sopra il nostro col-lo» (Lamentazioni 5,5).

TRAD. CEI «Con un giogo sul collo siamo perseguitati».

TRAD. GEOV. «Mediante il ferro, il ferro stesso si affila. Così un uomo affila la faccia di un altro» (Proverbi 27,17).

Poveretto! TRAD. CEI «II ferro si aguzza con il ferro e l'uomo aguzza

l'ingegno del suo compagno».

TRAD. GEOV. «Raccoglietevi, sì, fate la raccolta, o nazione che non impallidisci di vergogna. Prima che [lo] statuto parto-risca [alcuna cosa]... cercate Geova» (Sofonia 2,1-2).

In Europa, si arrossisce di vergogna e si impallidisce per la paura. A Brooklyn, avviene il contrario: s'impallidisce di ver-gogna e si arrossisce di paura. Comunque, sempre «prima che lo statuto partorisca alcuna cosa».

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TRAD. CEI «Radunatevi, raccoglietevi, o gente spudora-ta, prima di essere travolti... cercate il Signore».

TRAD. GEOV. «Quando lavavo i miei passi nel burro» (Giobbe 29,6).

Generalmente, gli uomini si lavano i piedi. Il Giobbe geovi-sta era un fenomeno: si lavava i passi e col burro!

TRAD. CEI «Quando mi lavavo i piedi nel latte».

Sono soltanto alcuni esempi delle piacevoli sciocchezze con-tenute nella cosiddetta Bibbia dei TdG, ma sufficienti a chiari-re in quale Chiesa si riscontra uno «spaventoso analfabetismo».

È evidente che la «traduzione» è opera di un americano che aveva una scarsa conoscenza della lingua italiana ed è stata fat-ta con il vocabolario in mano.

Questo spiega il motivo dell'anonimato che non era certa-mente l'umiltà ma la consapevolezza della propria incompetenza. E ci chiarisce perché, anche per questa edizione italiana, non sia stato fatto il nome di nessun studioso come referenza o rac-comandazione. Quale studioso potrebbe raccomandare una tra-duzione simile? La Bibbia non è un libro di barzellette. I cri-stiani la venerano come «Parola di Dio» e impostano la loro vita su di essa. Chi garantisce al lettore della Bibbia geovista che i testi dottrinali, complessi e difficili, siano stati tradotti cor-rettamente, dal momento che gli «studiosi» geovisti non sono in grado di tradurre decentemente testi semplicissimi, come quelli su elencati e non conoscono neppure la differenza che corre tra «passo» e «piede»?

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CAPITOLO SECONDO

TESTI TRINITARI

II Geovismo ha una concezione materialistica di Dio. Le de-scrizioni antropomorfiche di Dio, di cui la Bibbia è piena, ven-gono prese quasi sempre alla lettera. È un grosso errore — di-cono i TdG — pensare Dio come una grande mente senza un corpo. Il corpo di Dio, però, non è fatto di materia, perché «Dio è uno Spirito» {Giovanni 4,24). Poi, applicando a Dio un testo della Prima Corinzi in cui Paolo parla di Adamo (15,44-49), deducono che Dio è un «corpo spirituale». Il corpo di Dio sa-rebbe di enormi proporzioni, ben definito, di sesso maschile, dotato di tutti i sensi:

«Dio è un'incorruttibile persona, con sensi di vista, udito ecc».

La dimostrazione che Dio ha il senso della vista si trovereb-be nel seguente testo:

«Riguardo a Dio, i suoi occhi scorrono tutta la terra» (2 Cro-nache 16,9).

Anche l'Apostolo Pietro affermerebbe che Dio ha il senso della vista e dell'udito, quando scrive:

«Gli occhi di Dio sono sopra i giusti e i suoi orecchi sono rivolti alle loro suppliche» (/ Pietro 3,12).

Dio ha anche il senso del tatto e quindi le mani, i piedi ecc., perché in Isaia 45,9 è scritto:

«Direbbe la tua opera: Egli non ha mani?».

1 Accertatevi di ogni cosa, pag. 204.

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Essendo un corpo, Dio non può essere onnipresente. Infat-ti, Gesù dice: «Padre nostro che sei nei deli...». Quindi Dio abita in un punto preciso del cielo, dove può anche essere avvicinato:

«L'Iddio altissimo ha sempre avuto in cielo un luogo di re-sidenza... essendo una persona intelligente, ha il suo luogo, il suo posto di residenza dove può essere avvicinato».2

Naturalmente, lo possono avvicinare e vedere solo gli ange-li, perché Dio, non solo è invisibile agli occhi umani ma può cambiare anche «l'aspetto del suo luogo di residenza»:

«L'Iddio onnipotente può cambiare anche l'aspetto del suo esclusivo luogo di residenza».3

Ma, in quale parte del cielo abita Dio? Su questo, i dirigenti di Brooklyn non vanno d'accordo.

In alcune pubblicazioni, scrivono che Dio abita nel centro dell'universo, che Gli girerebbe intorno. Anche gli uomini, con la terra, girerebbero intorno a Dio:

«Perciò, noi che abitiamo sulla terra ci troviamo necessa-riamente a girare anche intorno al celeste Fattore della nostra terra, del nostro sistema solare, della nostra galassia, la Via Lat-tea, sì, di tutte le galassie note ai moderni astronomi mediante i più potenti telescopi».4

In altre pubblicazioni, invece, si insegna ai fedeli Testimoni che Dio abita «sul circolo della terra»:

«Di Dio la Bibbia disse molto tempo fa: "...Egli dimora sul circolo della terra" (Isaia 40,22)».5

Non viene spiegato di quale circolo si tratti; se del circolo polare artico o di qualche parallelo e a quanti chilometri dalla superficie terrestre abiti l'Onnipotente. In questo caso però, non sarebbe la terra a girare intorno al «celeste Fattore», ma Dio girerebbe, con la terra, intorno al sole.

2 II millenario Regno di Dio, pag. 98. 3 Il millenario Regno di Dio, pag. 98. 4 Il nostro prossimo governo mondiale, Brooklyn 1977, pag. 15. 5 È la Bibbia realmente la Parola di Dio?, Brooklyn 1969, pag. 13.

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Concepito Dio in questo modo, è impossibile ai TdG accet-tare il concetto di «Trinità».

Nella Scrittura, con l'espressione «Spirito Santo» s'intende talora la terza Persona della Trinità, talaltra i suoi doni o ma-nifestazioni.

Questa distinzione non è colta dal Geovismo, per il quale lo Spirito Santo non è una persona ma una cosa e cioè «la for-za attiva di Dio», una impersonale forza energetica, proveniente da Dio.

Esaminiamo ora due testi.

SECONDA CORINZI 13,13 (nella Bibbia geovista 13,14)

TRADUZIONE GEOVISTA «L'immeritata benignità

del Signore Gesù Cristo e l'a-more di Dio e la partecipazio-ne nello spirito santo siano con tutti voi».

TUTTE LE ALTRE

«La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi».

Ecco il testo greco, traslitterato secondo l'alfabeto italiano, e la traduzione alla lettera:

He chàris tu Kyriu Ièsù Christù La grazia del Signore Gesù Cristo kài he agape tu Theù e 1' amore di Dio kài hè koinònia tu hagiu Pnèumatos e la comunione del santo Spirito

Nella Bibbia geovista, il termine «chàris» (grazia) è sosti-tuito con l'espressione «immeritata benignità». «La comunio-ne dello Spirito Santo» è trasformata in «partecipazione nello spirito santo».

Il versetto contiene tre complementi di specificazione, intro-dotti dall'articolo al genitivo: «tu» (...del Signore Gesù ...diDio

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...del Santo Spirito). I geovisti traducono correttamente i pri-mi due. Nell'ultimo, invece, sostituiscono «dello» con «nel-lo». Viene rotta, così, la concatenazione espressa dall'articolo «dello».

È una concatenazione analoga a quella, molto più forte, della formula battesimale: «...e battezzatele nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Matteo 28,19). Se i primi due «ele-menti» di questa concatenazione sono persone (Padre-Figlio), non si capisce per quale motivo il terzo «elemento» (Spirito San-to) non debba essere una persona.

Se lo Spirito Santo fosse solo «la forza attiva del Padre», come sostiene il Geovismo, e sostituissimo tale espressione a «Spirito Santo», avremmo: «...e battezzatele nel nome del Pa-dre e del Figlio e della forza del Padre». Sarebbe un'inutile ri-petizione (Padre... forza del Padre), perché la «forza del Pa-dre» è già espressa nella parola «Padre».

Nella cultura ebraica, il «nome» spesso è sinonimo di «au-torità». Quando Gesù dice: «Le opere che io compio nel nome del Padre mio» (Giovanni 10,25), intende dire: «le opere che io compio con l'autorità del Padre mio». Quindi, battezzare «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» significa bat-tezzare con l'autorità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Se è Dio soltanto il Padre, che senso avrebbe unire l'autori-tà di Dio a quella di un angelo (il Figlio) e di una cosa (lo spiri-to santo), quasi che l'autorità del Padre non sia sufficiente?

La formula battesimale è comprensibile solo se si ammette l'uguaglianza di natura del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ed infatti, benché le Persone siano tre, il potere col quale si bat-tezza è unico («nel nome»). Il che significa che le tre Persone divine sono un solo Dio.

O ci sono in Dio tre Persone o il precetto di Cristo di bat-tezzare «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» risulta enigmatico o addirittura assurdo.

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GIOVANNI 14,26

TRADUZIONE GEOVISTA TUTTE LE ALTRE «Ma il soccorritore, lo

spirito santo che il Padre manderà nel mio nome, quel-lo vi insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutte le cose che vi ho detto».

«Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ri-corderà tutto ciò che vi ho detto».

Nella Bibbia geovista, il pronome «ekeìnos» viene tradotto «quello». Si vuoi far dire al testo che lo Spirito Santo non è una persona ma una cosa, la «forza attiva del Padre».

Tutti gli studiosi traducono «egli», perché «ekeìnos» è un maschile riferito a «Pneuma» (Spirito), che è di genere neutro. Si tratta, perciò, di una persona. La traduzione geovista («quel-lo» inteso come «cosa») sarebbe esatta se il pronome fosse al neutro (eketno).

Lo Spirito Santo viene chiamato dalla Scrittura «Paràklé-tos», che significa «consolatore», o «avvocato». Anche Gesù è chiamato «Paràklètos» in 1 Giovanni 2,1: «Se qualcuno avesse peccato, abbiamo un avvocato (Paràklètos) presso il Padre: Gesù Cristo giusto». Gesù, quindi, è un «Paràklètos». E quando Gesù parla dello Spirito Santo, dice: «Io pregherò il Padre che vi darà un altro consolatore (Paràklètos), perché resti con voi per sempre» (Giovanni 14,16).

Ora, come è una persona il primo Paraclito (Gesù), manda-to dal Padre, lo è anche l'altro Paraclito, cioè lo Spirito Santo, mandato nel nome del Figlio: «il Consolatore (Paràklètos), lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome» (Giovanni 14,26).

In alcuni testi lo Spirito Santo è descritto come un essere in possesso di una sua volontà attiva, che è la caratteristica di una persona concreta: «Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: "Riservate per me Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati"» (Atti

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13,2). Lo Spirito Santo esercita le funzioni di maestro: «Quan-do sarà venuto lui, lo Spirito di verità, egli vi guiderà verso tut-ta la verità, perché non vi parlerà di se stesso ma dirà tutto quello che ascolta» (Giovanni 16,13).

Solo lo Spirito Santo conosce perfettamente Dio: «Lo Spi-rito sonda ogni cosa perfino le profondità di Dio... Le cose di Dio nessuno le conosce tranne lo Spirito di Dio» (/ Corinzi 2,10-11). Una tale conoscenza dimostra che lo Spirito Santo pos-siede la natura divina ed è consustanziale a Dio Padre.

Il peccato contro lo Spirito Santo è il più grave: «Ogni pec-cato e ogni bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la be-stemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata. A chiun-que parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la be-stemmia contro lo Spirito non gli sarà perdonata» (Matteo 12,31-32). «Se lo Spirito Santo è una cosa, non si capisce per-ché il semplice parlar male di una misteriosa ed impersonale forza attiva, emanata per trasudazione divina da Dio, possa essere così enormemente più grave della bestemmia contro Cristo, che è una persona inviata da Dio».6

Naturalmente, i TdG fanno anche obiezioni. 1) La Bibbia dice che i discepoli di Gesù «furono ripieni di

Spirito Santo». Se lo Spirito Santo è una persona, dicono i TdG, come potevano i discepoli essere pieni di una persona?

«Essere pieni di Spirito Santo» significa essere riempiti del-la potenza della sua presenza, simboleggiata dalle lingue di fuoco, e immersi in essa. Si allude, cioè, ai doni dello Spirito e all'ef-fetto che la sua Persona provoca.

Dio, poi, può «inabitare» in coloro che lo amano: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e dimoreremo in lui» (Giovanni 14,23). Il Padre e il Figlio possono «dimorare» cioè «inabitare» in tutti coloro che amano Dio. Così pure lo Spirito Santo che opera sempre

6 P.A. GRAMAGLIA, Perché non sono d'accordo con i TdG, Ed. Piemme, Roma 1984, pag. 37.

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insieme al Padre e al Figlio: «Lo Spirito di verità... dimora presso di voi e sarà in voi» (Giovanni 14,17). Dio, infatti, non abita in un punto preciso del cielo, come materialisticamente e pue-rilmente crede il Geovismo, ma è purissimo Spirito che non sot-tosta alle leggi del tempo e dello spazio. Non c'è luogo che pos-sa contenerlo: «I cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti» (/ Re 8,27). Egli è l'immenso: «Non riempio io il cielo e la ter-ra?» (Geremia 23,24), l'onnipresente: «Se salgo nei cieli, là sei tu, se scendo negli inferi, eccoti» (Salmo 139,8). Dio è presen-te, in modo particolare, in tutti coloro che lo amano: «Chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1 Giovanni 4,16). Assegnando a Dio una dimora, il Geovismo cerca di sem-plificare la sua dottrina per renderla accessibile a tutti i cervel-li. Un Dio che abita in un luogo sembra più comprensibile di un Dio che è dovunque. Ma ad una riflessione un po' più ap-profondita, il Dio geovista che abita in un luogo preciso del cielo, oltre che di una puerilità sconcertante, appare meno «ragione-vole» di un Dio onnipresente. Infatti, se Dio deve avere una di-mora nei cieli, ed Egli è il creatore di tutte le cose (compresi i cieli), dove abitava prima di creare i cieli? A questa domanda i TdG rispondono tirando in ballo lo «spazio universale». Dio, cioè, prima di creare i cieli, era tutto solo nello «spazio univer-sale» (cf Potete vivere per sempre..., pag. 44). Ma che cos'è que-sto «spazio universale»? O è niente o è qualcosa. Se è niente non esiste; se è qualcosa è anch'esso creato da Dio, perché tut-to ciò che esiste è stato creato da Lui. E se lo «spazio universa-le» è stato creato, dove abitava Dio prima di crearlo? Negata a Dio l'onnipresenza, bisogna negargli tutti gli altri attributi. Infatti, se Dio non è onnipresente, non è neppure autosufficiente, perché ha bisogno di qualcosa (un luogo di dimora) fuori di Lui; non è eterno, perché il luogo che Lo contiene non è eterno; non è onnipotente, perché non può fare in modo di stare con il cor-po dappertutto. E se Dio non è autosufficiente, non è eterno, non è onnipotente, che Dio è? È il dio dei TdG ma non il Dio della Bibbia. A questi argomenti, i TdG rispondono con disprez-zo: «Questa è filosofia!». Quando si tratta di negare la Trinità, si fa appello alla ragione e ai suoi «validi argomenti»; quando

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la ragione è contro la dottrina geovista, i suoi argomenti non sono più validi ma sono «fallaci ragionamenti umani, satanica sapienza, filosofia».

2) Tra le obiezioni che il Geovismo fa al concetto di «Trini-tà», la più banale è la seguente: «Uno non è uguale a tre. Se Dio è uno, non può essere tre. Se sono tre, non è uno».

La Trinità, perciò, sarebbe «irragionevole». La Chiesa, per duemila anni, avrebbe insegnato una dottrina pagana e contro la ragione. Tutti i geni cristiani, dai Padri greci a quelli latini, da Agostino a Tommaso d'Aquino, da Luterò a Pascal, sareb-bero stati degli «sprovveduti» che non conoscevano la differenza tra il numero «uno» e il numero «tre». L'«assurdità» della Tri-nità sarebbe stata scoperta da Russell, il fondatore dei TdG.

Perché un TdG possa accettare il concetto di «Trinità» do-vrebbe, prima, capire che Dio non è «una Persona con sensi di vista, udito, ecc.» come, puerilmente, lo immagina lui; che «Trinità» non significa «uno è uguale a tre», ma «una natura e tre persone», quindi bisognerebbe addentrarsi in disquisizio-ni filosofiche sui concetti di «natura» e di «persona». Ma i TdG detestano la filosofia (degli altri) più del peccato. Poi bisogne-rebbe parlare di «mistero». Ma appena i TdG sentono la paro-la «mistero», scattano: «Nella Bibbia — dicono — non ci sono misteri ma solo segreti. Una dottrina che la ragione non com-prende è falsa, perché Geova ci da sempre ampie ragioni per tutto ciò che riguarda la fede».

Ma se i fedeli Testimoni non si limitassero a ripetere le fra-sette de «La Torre di Guardia», ma riflettessero anche con la loro testa, si renderebbero conto di quanto sia assurda questa affermazione: la nostra ragione è in grado di comprendere Dio e le sue azioni, perché Egli ce ne da sempre «ampie ragioni»!

Chiediamo, allora, ai TdG: Ci da una ragione Dio della creazione di Satana? «Satana

e gli altri demoni — dicono i TdG — non sono stati creati da Dio, perché questo sarebbe contrario alla ragione. Dio aveva creato degli angeli perfetti, senza difetti. Essi si resero demoni da soli, ribellandosi a Dio».7

1 La verità che conduce alla vita eterna, pagg. 56-58.

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Certo! Ma se Dio conosce le cose future, sapeva che quegli angeli gli si sarebbero ribellati e sarebbero diventati demoni. E se lo sapeva, perché li ha creati? È «ragionevole» questo modo di agire? Se poi Dio può annientare Satana, è «ragionevole» che lo lasci esistere ed agire per la rovina delle Sue creature? Ci da Dio «ampie ragioni» di questo suo modo di agire?

Ha mai dato Dio «ampie ragioni» di tanti bambini nati cie-chi, sordi, storpi? Ha mai spiegato le ragioni della sofferenza di tanti innocenti?

«La causa di tutti i mali — dicono i TdG — è il peccato ori-ginale».

Giusto! Ma è «ragionevole» il peccato originale? È «ragio-nevole» che, per colpa di uno solo (Adamo), tutti gli uomini siano considerati peccatori e che tutti debbano pagare per lo sba-glio di uno solo? È giusto, secondo la nostra ragione, questo modo di agire? Ci da Dio una spiegazione convincente per la nostra intelligenza? No!

E perché Dio, che pure ci ha rivelato tante cose, non ci ha svelato questi «segreti»? Per quale motivo ci da spiegazione di alcune cose e di altre no? Per capriccio? Sarebbe un Dio «irra-gionevole»!

Egli ci da le ragioni solo di quelle cose che noi possiamo com-prendere. Ci sono, infatti, certe cose che noi non potremmo mai comprendere, non perché siano «contro» la nostra ragione, ma perché sono «sopra» la ragione, cioè sono «misteri», la cui so-luzione si trova nell'infinità di Dio.

Egli, infatti, ci supera infinitamente ed è impossibile per la nostra ragione comprendere la Sua natura. Il nostro intelletto è un ben piccolo barlume in confronto all'intelligenza divina. Dire che noi possiamo capire Dio è un'enorme sciocchezza. «Comprendere una cosa» — dicevano due «sprovveduti» che si chiamavano Aristotele e Tommaso d'Aquino — «è, in un certo qual modo, appropriarsi di essa», come dice l'etimologia stes-sa della parola «cum-prehendere», cioè «contenere in sé».

Potrebbe mai il nostro intelletto «contenere» Dio? La parola «mistero» viene usata, in teologia, non nel senso

di «incomprensibile perché contro la ragione», ma «incompren-sibile perché è sopra la ragione».

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Non tutto ciò che è razionale è comprensibile. L'universo è retto da leggi che l'uomo è incapace di capire a fondo. Come potrebbe capire la natura di Dio? La Trinità, dunque, è un «mi-stero» nel senso che, riguardando la natura stessa dell'infinito Iddio, non si oppone alla ragione ma supera le sue capacità di comprensione.

Ma non è solo la «Trinità» ad essere inaccessibile alla no-stra ragione. Ci sono degli attributi divini che la nostra mente non riesce a comprendere come, ad esempio, l'eternità.

Chiediamo ai TdG: è ragionevole che un essere non abbia mai avuto un principio?

«La nostra mente — rispondono i TdG — non può com-prendere appieno. Ma questa non è valida ragione per non cre-derci... è risaputo che gli scienziati non comprendono pienamente il funzionamento dei geni... né capiscono esattamente come fun-zioni il cervello umano. Ma chi negherebbe che queste cose esi-stono? Dovremmo davvero aspettarci di capire tutto sul conto di una Persona così grande da essere stata in grado di portare all'esistenza l'universo, con la sua complessa struttura e le sue dimensioni stupefacenti?».8

Siamo perfettamente d'accordo! Ma questo ragionamento vale sempre quando si parla di Dio. Se vale per la Sua eternità, perché non dovrebbe valere per la Sua Trinità? È una strana logica quella dei TdG. Ammettono l'eternità di Dio benché in-comprensibile, respingono la Sua Trinità perché incomprensibile.

8 Ragioniamo facendo uso delle Scritture, Ed. 1985, pagg. 107-108.

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CAPITOLO TERZO

TESTI CRISTOLOGICI

La cristologia geovista ripropone l'eresia ariana. Cristo non è Dio. Egli è «un dio», cioè un essere divino in-

feriore al Padre e, precisamente, l'arcangelo Michele. È il «Pri-mogenito di Dio», perché è il primo a essere stato creato da Dio. È «l'Unigenito di Dio», perché è l'unico a essere creato diretta-mente da Dio. Tutte le altre cose sono state create da Dio indi-rettamente, cioè per mezzo di lui.

L'arcangelo Michele è chiamato «Parola di Dio» in quanto presta servizio in cielo come portavoce di Dio. Poi, un giorno

«improvvisamente, il primogenito Figlio di Dio (Michele) scomparve dal cielo. La sua forza vitale fu trasferita nel corpo vergine di Maria».1

Dunque, niente incarnazione:

«Gesù fu non parte spirito e parte uomo; fu non un'ibrida creatura celeste e terrestre... non fu nessuna incarnazione di una persona celeste; nessuna incarnazione della "Parola di Dio"».2

Il rifiuto della dottrina dell'incarnazione comporta la nega-zione della risurrezione corporale di Cristo. Il corpo carnale di Gesù sarebbe stato fatto sparire da Dio, dopo la sua sepoltura. Il corpo del Risorto non era il corpo di Gesù, ma «una materia-lizzazione momentanea che rassomigliava al corpo di Cristo».

Cristo non è neppure Redentore; è solo «il nuovo Adamo». Il concetto di «redenzione» è collegato a quello di «peccato

originale», che dal Geovismo è inteso come rovina della sanità

1 Lo spirito santo. La forza del nuovo ordine avvenire!, pag. 87. ' Vita eterna nella libertà dei figli di Dio, pag. 75.

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morale e fisica che impedisce di godere felicemente i beni della terra.

Pertanto «la redenzione di Cristo è vista, soprattutto, come un semplice risanamento dell'integrità corporea (dopo la risur-rezione finale) ad opera del sacrificio di Cristo. La redenzione è un semplice riscatto da pagare in "contanti". Tutto il concet-to paolino di redenzione è ridotto a un semplice problema lega-le, secondo la prassi giudiziaria americana: qualcuno deve pa-gare la cauzione per ottenere la scarcerazione. Geova cancella il debito di Adamo, applicando rigorosamente il principio le-gale dell'ebraismo: "anima per anima, occhio per occhio". È la legge del taglione applicata al concetto di redenzione, un prin-cipio che è alla base del "cristianesimo" dei TdG».3

È una radicale riduzione del Cristianesimo al Giudaismo pre-cristiano. I passi della Scrittura in cui si afferma la divinità di Cristo vengono accuratamente manipolati e distorti.

Ne esaminiamo alcuni.

GIOVANNI 1,1

TRADUZIONE GEOVISTA TUTTE LE ALTRE Edizione 1967 «Nel principio era la Pa-

rola e la Parola era con il Dio e la Parola era dio».

«In principio era il Verbo* e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio».

1 P.A. GRAMAGLIA, op. cit., pagg. 46-47. 4 «In principio era il Verbo» non significa, come dicono i TdG, che il Verbo fu

creato per primo. Il Verbo non è stato creato, esso «era», vale a dire che già allora esisteva, assoluto, fuori del tempo in eterno. «Essere» ha qui il significato di «esiste-re». Il Verbo esisteva già «in principio». La seconda proposizione: «il Verbo era presso Dio» precisa i rapporti eterni del Verbo con il Padre. Questo secondo imperfetto («era») non esprime più, come il primo, l'esistenza ma, essendo seguito da una prepo-sizione («presso»), indica una relazione con Dio («il Verbo era presso Dio»). Viene espressa, cioè, la distinzione tra la persona del Padre e quella del Verbo. Il Padre e il Verbo sono due Persone distinte. La terza proposizione («il Verbo era Dio») precisa che anche il Verbo, benché distinto dal Padre, possiede la stessa natura del Padre e perciò è Dio egli pure.

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Edizione 1986 «Nel principio era la Pa-

rola e la Parola era con Dio e la Parola era un dio».

Si noti la trasformazione che subisce il testo nelle due tra-duzioni geoviste.

Nell'edizione del 1967, la Parola era «dio». Nell'edizione del 1986, era «un dio». I dirigenti della «Società Torre di Guar-dia» giustificano in vari modi questa loro traduzione:

«Alcune traduzioni rendono correttamente il senso origina-le del versetto, dicendo: "La Parola era un dio"» (Potete vive-re per sempre..., pag. 40).

Non ci risulta. Non esiste alcuna edizione della Bibbia (ec-cetto quelle di alcune sètte americane, ideologicamente vicine ai TdG, della cui serietà scientifica dubitiamo) che traduce in questo modo.

Ecco il testo greco dell'intero versetto, traslitterato secondo l'alfabeto italiano:

En archi(i) èn ho Lògos In principio era il Verbo kài ho Lògos en pròs tòn Theón e il Verbo era presso il Dio kài Theòs èn ho Lògos e Dio era il Verbo.

Facciamo l'analisi della terza proposizione: Theòs = «Dio». Predicato nominale. Senza

articolo. èn = «era». Copula,

ho Lògos = «il Verbo». Soggetto. Con articolo. Il fatto che il predicato nominale sia senza articolo indicherebbe, secondo i TdG, che deve essere tradotto «un dio». Se ci fosse stato l'articolo, dicono, allora sì che si doveva tradurre «Dio».

Ecco il parere degli studiosi. Si dividono in due gruppi che partono da premesse diverse ma si ritrovano nella conclusione.

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A. Un primo gruppo di studiosi ritiene che la mancanza del l'articolo nei nomi concreti (come in questo caso) metta in ri salto la natura e la qualità di essi; il nome, cioè, è preso in sen so qualitativo. Perciò, il «Theòs» di Giovanni 1,1 è «un essere divino» o «di natura divina».

Con questo, però, non si vuole affermare un'inferiorità del Verbo nei confronti del Padre. Il Verbo è «un essere divino» nel senso che «possiede l'essere comune che è pròprio sia al Verbo che al Padre» (Schnackenburg).

Il Verbo è «un essere divino» così come lo è il Padre. Si af-ferma l'identità di natura tra il Padre e il Verbo.5

B. Un secondo gruppo di studiosi nega che si possa dare a «Theòs» di Giovanni 1,1 un valore qualitativo. Per due motivi:

1) Se Giovanni avesse voluto dire che il Verbo è «divino» non avrebbe usato il sostantivo «Theòs» (Dio) ma l'aggettivo «theiòs» (divino), che compare altrove nel Nuovo Testamento.6

2) L'articolo è omesso per motivi grammaticali. Infatti, «Theòs» è un predicato nominale che precede il verbo e quindi rifiuta l'articolo, secondo la «regola di Colwell»: «Un comple mento predicativo determinato prende l'articolo quando segue il verbo, rifiuta l'articolo quando precede il verbo».

La mancanza dell'articolo in Giovanni 1,1 non rende, per-ciò, né indeterminato né qualitativo il predicato nominale «Theòs», poiché questo precede il verbo. In tale posizione, il predicato è indeterminato solo quando il contesto lo richiede.

5 «Qui "Dio" (senza articolo) è predicato... il Verbo, perciò, è di natura divina. Ma nonostante ogni diversità fra Dio e Verbo, entrambi sono accomunati dall'unica essenza divina» (W. KASPER, II Dio di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 1987, pag. 242).

' «Non è lecito sottilizzare nell'interpretazione di questa proposizione per indebo-lirne, in qualche modo, l'assolutezza e la nettezza. Tentativi del genere ce ne sono stati molti e ce ne sono ancora molti. Per esempio "Theòs" qui viene interpretato come fosse "theiòs": "il Logos era di natura divina". Ma un'interpretazione del genere (ri-fiutata anche dal Bultmann) è inammissibile. Se l'autore avesse voluto dire ciò, avrebbe avuto a disposizione l'aggettivo "theiòs", che compare altrove nel Nuovo Testa-mento» (O. CULLMANN, Cristologia del Nuovo Testamento, Ed. Il Mulino, Bologna 1970, pagg. 396-397).

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Il contesto del Vangelo di Giovanni non solo non lo richiede ma lo esclude.

C. Per tutti gli studiosi, la mancanza dell'articolo non giu-stifica la traduzione geovista («un dio») che è grammaticalmente scorretta7 e non corrisponde al pensiero di Giovanni, quale ri-sulta dal contesto.

Infatti: 1) L'articolo è omesso, non per negare l'identità di natura

tra le due divine Persone, ma per distinguere il Verbo dal Pa-dre. Distinzione che sarebbe stata impossibile se «Theòs» fosse stato preceduto dall'articolo. Infatti: «Se l'articolo è usato sia con il predicato nominale che con il soggetto, essi sono inter-cambiabili» (Robertson).

Cioè, ci sarebbe stata un'identificazione tra il soggetto e il predicato, come nel caso di 1 Giovanni 3,4:

He hamartia estìn he anomia II peccato è la violazione della legge,

che può essere tradotto ugualmente bene «la violazione della legge è il peccato», perché il soggetto («il peccato») e il predi-cato («la violazione della legge»), essendo entrambi preceduti dall'articolo, si identificano. Il peccato e la violazione della legge sono la stessa cosa.

Allo stesso modo, se «Theòs» di Giovanni 1,1 fosse prece-duto dall'articolo, ci sarebbe un'identificazione tra Dio («tòn

1 I TdG giustificavano la «loro» traduzione, citando il «Manuale di grammatica del greco del Nuovo Testamento» di Mantey. Ma la citazione (tattica consumatissima dei TdG) era incompleta. Il dott. Mantey difese il proprio prestigio di studioso con un articolo intitolato «A shocking Mistranslation» nel quale scriveva: «Essi mi citano fuori dei contesto... Tradurre Gv 1,1 "la Parola era un dio" è grammaticalmente scor-retto». Vedendosi poi sempre citato nelle pubblicazioni geoviste, il dott. Mantey, in una lettera dell'11.7.1974, indirizzata al CD dei Testimoni di Geova, nella quale face-va riferimento all'edizione inglese della Bibbia geovista, scriveva: «Non c'è afferma-zione nella mia grammatica che consenta di dire che "un dio" sia una traduzione ac-cettabile di Gv 1,1... Poiché mi avete citato fuori del contesto, vi invito a non citare più il mio "Manual", cosa che avete fatto negli ultimi ventiquattro anni, e neppure me, in nessuna delle vostre pubblicazioni, da questo momento in poi». (Cf P. HEDLEY, Perché hanno lasciato i TdG, Crociata del Libro Cristiano, Napoli 1980, pag. 200).

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Theón») della seconda proposizione (il Padre) e il Verbo («Theòs» della terza proposizione). Cioè, tutta la Deità sareb-be il Verbo. E questo non è vero, perché la seconda proposizio-ne («il Verbo era presso Dio») dice chiaramente che il Verbo non è tutta la Deità.

2) Che il «Theòs» della terza proposizione sia senza artico-lo per motivi grammaticali e per distinguere il Padre dal Verbo e non per negare l'identità di natura tra le due divine Persone, è dimostrato da Giovanni 20,28 in cui Tommaso chiama Cristo:

Ho Kyrios mu kài ho Theòs mu Signore mio e Dio mio.

Qui «Theòs» è riferito a Cristo e ha l'articolo («ho»), per-ché la grammatica lo permette e non si da possibilità di equivoco.

Se alla fine del Vangelo di Giovanni Cristo è «Dio», all'ini-zio dello stesso Vangelo non può essere «un dio».

Se la grammatica e il contesto escludono che Giovanni 1,1 possa tradursi «un dio», perché i TdG si ostinano a tradurre in questo modo? Rispondono:

«Non è ragionevole; perché come può la Parola essere con Dio e nello stesso tempo essere lo stesso Dio?».8

Ecco, dunque, il vero motivo: «non è ragionevole». La traduzione geovista, quindi, non si basa sull'autorità della

Scrittura e sulle regole della grammatica, ma su una dottrina precostituita, su un pregiudizio razionalista: non si può accet-tare ciò che la mente non comprende perfettamente. Tutto de-ve essere «ragionevole», cioè a misura della mente umana. An-che Dio!

8 Thè Kingdom Interlinear Translation of thè Greek Scriptures, pagg. 1158-1159.

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GIOVANNI 7,29

TRADUZIONE GEOVISTA Edizione 1967 «Io lo conosco perché so-

no un rappresentante [che vengo] da lui, ed Egli mi ha mandato».

Edizione 1986 «Io lo conosco perché so-

no un suo rappresentante ed Egli mi ha mandato».

LE ALTRE TRADUZIONI

«Io lo conosco perché so-no da Lui, ed Egli mi ha man-dato» (Nardoni).

«Io lo conosco perché vengo da Lui, ed Egli mi ha mandato» (CEI-Luzzi-Garo-falo).

Ecco il testo greco, traslitterato secondo l'alfabeto italiano, e la traduzione alla lettera:

Egò òida autón hóti par' autù eimì. Io conosco lui perché da lui sono.

Nardoni traduce alla lettera «sono da Lui». Tutti gli altri studiosi traducono «vengo da Lui», perché in questo testo il ver-bo «essere» è usato semiticamente ed equivale a «venire».

L'edizione geovista del 1967 aggiunge al testo le parole «un rappresentante». Il verbo «vengo», che fa parte del testo, è messo tra parentesi. Nell'edizione del 1986, le parole «vengo da Lui» sono sostituite con «un suo rappresentante».

«15Egli è l'immagine del-l'invisibile Iddio, il primoge-nito di tutta la creazione; 16 perché per mezzo di lui tutte le [altre] cose furono create nei deli e sulla terra, le cose visibili e le cose invisibili, siano esse troni o signorie o

Dio invisibile, il primogenito di tutta la creazione, "perché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei deli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili, sia troni, sia dominazioni, sia

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COLOSSESI 1,15-17

TRADUZIONE GEOVISTA TUTTE LE ALTRE «15Egli è l'immagine del

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governi o autorità. principati, sia potestà. Tutte Tutte le [altre] cose sono le cose sono state create per state create per mezzo di lui mezzo di lui e per lui. llEgli e per lui. ' ''Egli è prima di tut- è prima di tutte le cose e tut te le [altre] cose e per mezzo te sussistono in lui», di lui tutte le [altre] cose fu rono fatte esistere».

È una delle manipolazioni più gravi e vistose. Pur sapendo che la parola «altre» non è nel testo, i tradut-

tori geovisti la inseriscono di proposito col comodo espediente della parentesi e tentano di giustificare tale scorrettezza, con un ragionamento che è un vero sofisma. Essi fanno un parallelo col seguente passo di Luca:

«E rispondendo egli disse loro: "Immaginate voi che questi Galilei fossero peccatori peggiori di tutti gli altri Galilei perché hanno sofferto queste cose?"» {Luca 13,2-4, trad. geov.).

In questo versetto la parola «altri» non c'è nel testo greco ma i traduttori geovisti l'aggiungono perché è implicita nel te-sto. Anche altre Bibbie, dicono, aggiungono in questo versetto la parola «altre» per rendere più chiaro il testo. Allo stesso mo-do, aggiungendo la parola «altre» in Colossesi 1,15-17, essi avrebbero reso esplicito e chiaro il significato implicito in que-sto testo.

Il confronto fra i due brani è fuor di luogo. È vero che nel testo di Luca la parola «altri» è implicita.

Infatti, vengono contrapposti due gruppi omogenei: «questi Ga-lilei» massacrati da Pilato e «tutti i Galilei» sono della stessa specie; sono Galilei quelli e Galilei questi. Quindi, aggiungere nel testo di Luca la parola «altri» è perfettamente corretto, per-ché non cambia il senso del versetto. Con «altri» o senza «al-tri», la frase ha sempre lo stesso significato.

Ma in Colossesi 1,15-20, la parola «altre» non è implicita nel testo, perché da al versetto un senso completamente diver-so. Qui, infatti, la contrapposizione non è tra due gruppi omo-genei ma tra due realtà di diversa specie. Da una parte c'è Cri-sto e «tutte le cose» dall'altra. Perciò, Cristo non è della stessa

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specie delle cose ma è da esse distinto. L'apostolo sottolinea que-sta differenza usando un pronome neutro: «tà pdnta» che, a rigore, dovrebbe essere tradotto «il tutto». È estraneo al pro-nome plurale neutro, qual è «tàpdnta», un valore partitivo quale gli danno i TdG. La grammatica è... grammatica! «Il tutto» cioè tutto ciò che esiste, tutte quante le creature celesti e terrestri, visibili ed invisibili, senza eccezione, sono state create per mez-zo di lui. Aggiungendo la parola «altre», il testo verrebbe a si-gnificare che anche il Figlio è una creatura. Ed è il significato che il Geovismo vuole che abbia.

Come si vede, non è la dottrina geovista ad essere costruita sulla Bibbia, ma è la Bibbia a essere «adattata» alla dottrina geovista.

La stessa espressione si trova in Ebrei 2,10:

«Era ben giusto che colui per il quale e dal quale sono tutte le cose ("tà pànta")...».

In questo testo vengono usate le stesse parole di Colossesi 1,15-20, ma qui i geovisti non hanno inserito la parola «altre» perché si riferiscono al Padre. Questo prova che la traduzione geovista non è fatta su obiettive basi grammaticali ma su pre-supposti dottrinali. Se un testo va d'accordo con la dottrina geo-vista, gli «studiosi» di Brooklyn rispettano la grammatica; se un versetto non si concilia con la loro ideologia, la grammatica viene del tutto ignorata.

Il versetto 17:

Tà pànta en autò(i) synésteken Tutte le cose in lui sussistono,

elimina ogni dubbio circa il pensiero di Paolo. Questa frase si-gnifica che Cristo da coesione e unità all'universo, che in Lui ha la sua ragione d'essere. Come potrebbe una creatura mante-nere nell'esistenza l'universo?

La frase viene resa così dai traduttori geovisti:

«per mezzo di lui tutte le [altre] cose furono fatte esistere».

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«Primogenito di tutta la creazione» (Col 1,15)

I TdG interpretano questa espressione nel senso che Cristo è la prima creatura, cioè il primo ad essere creato.

Tutti gli esegeti concordano nel ritenere che la parola «pri-mogenito», riferita a Cristo, significa che il Cristo ha una posi-zione di supremazia e di autorità su tutta la creazione.9 E que-sto per tre motivi.

1) Se Paolo avesse voluto dire che Cristo è stato creato per primo, avrebbe usato il verbo «creare» (in greco «ktìzo»). Quindi non avrebbe chiamato Cristo «protótokos» (primogenito), ma «protóktistos» (creato per primo). Nella Scrittura il verbo «crea re» non è mai usato per indicare il rapporto tra il Padre e il Fi glio. Per esprimere questo rapporto è usato sempre il verbo «ge nerare». Perciò la Scrittura fa una precisa distinzione tra «crea re» e «generare».10

2) II termine «primogenito» viene usato molto spesso nella Bibbia con riferimento al concetto legale ebraico di «primoge nitura», per esprimere il rango, la dignità, la preminenza di una persona su tutte le altre, senza alludere all'ordine di nascita. Ecco un esempio:

«Io lo costituirò mio primogenito, il più alto tra i re della terra» (Salmo 89,28).

Si parla del re David che non fu il primo nato della sua fa-miglia, ma il più giovane di molti fratelli. Dio lo fa diventare il «primogenito» cioè «ilpiù alto tra i re della terra». È evidente

9 «II titolo "primogenito di tutta la creazione" fu oggetto di difficoltà al tempo della controversia ariana: dal contesto, tuttavia, appare con chiarezza che si vuoi nega re che Cristo sia allo stesso livello — per dignità, per carattere, per origine — degli esseri creati, dato che è in Lui e per Lui che tutte le cose sono state create» (J. MCKEN- ZIE, Dizionario biblico, Cittadella Ed., Assisi 1981, pag. 763).

«Sostenitori ed avversari che il "protótokos" di Col 1,15 debba riferirsi a rappre-sentazioni mitologiche dell'ellenismo, sono tutti concordi nel ritenere che l'afferma-zione rappresenti una professione di fede nella superiorità del Cristo preesistente, co-me mediatore della creazione di tutte le cose» (Dizionario dei concetti biblici del Nuo-vo Testamento, Ed. Dehoniane, Bologna 1986, pag. 1433).

10 Per il significato di «generare» riferito al Figlio, vedi pag. 66 nota 14.

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che qui «primogenito» ha il senso di «preminente, il più impor-tante».

Alcuni studiosi, dando al termine «primogenito» il senso che esso aveva acquisito nel giudaismo, vi vedono un equivalente di «signore», perciò l'espressione «primogenito di tutta la crea-zione» viene da essi tradotta «signore di tutta la creazione» (Du-rand).

3) Dal contesto della Lettera ai Colossesi e degli altri testi, risulta evidente che Cristo è chiamato «primogenito» per «ana-logia con la posizione che, nell'ordinamento del popolo ebrai-co, spettava al primogenito, avesse o no fratelli» (Garofalo).

Cristo, dunque, ha la preminenza su tutte le creature e ne è il Signore.

Non può essere una creatura Colui che ha creato tutte le co-se {Ebrei 1,10-13); Colui che è «prima di tutte le cose» {Colos-sesi 1,17); Colui che «sostiene l'universo con la potenza della sua parola» {Ebrei 1,3); Colui che è la forza di coesione dell'u-niverso {Colossesi 1,17).

Cristo, perciò, è il «primogenito» nel senso che occupa una posizione di anteriorità e superiorità rispetto al creato. Egli è al di sopra di tutte le creature «affinchè in ogni cosa Egli tenga il primato» {Colossesi 1,18).

GIOVANNI 8,58

TRADUZIONE GEOVISTA Edizione 1967 «Gesù disse loro: Verissi-

mamente vi dico: Prima che Abramo venisse all'esistenza, io sono stato».

Edizione 1986 «Gesù disse loro: Verissi-

mamente vi dico: Prima che Abramo venisse all'esistenza, io ero».

TUTTE LE ALTRE

«Disse loro Gesù: In ve-rità, in verità vi dico: Prima che Abramo fosse, io sono».

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Ecco il testo greco traslitterato e la traduzione alla lettera: Prìn Abraàm genésthai egò eimi Prima che Abramo fosse io sono.

Nell'edizione del 1967, i geovisti traducono con un passato prossimo («io sono stato»). Poi ci ripensano e, nell'edizione del 1986, traducono con un imperfetto («io ero»).

Entrambe le traduzioni sono errate. Nel testo, infatti, c'è un presente indicativo assoluto: «Io sono».11 Ignoranza dei tra-duttori? Crediamo proprio di no! Il cambiare i tempi dei verbi, l'aggiungere parole, eliminare frasi fanno parte del metodo dei «traduttori» geovisti.

In questo testo, Gesù afferma la propria divinità, cosa non ammessa dal Geovismo. L'espressione «Io sono» che Cristo at-tribuisce a se stesso è una chiara affermazione di uguaglianza col Padre e un evidente richiamo ad Esodo 3,13-14 in cui Dio si presenta a Mosè come «Io sono»: «Dio disse a Mosè: "Io sono colui che sono". Poi disse: Dirai agli Israeliti: "Io sono mi ha mandato a voi"».

Applicando quest'espressione («Io sono») a se stesso, Gesù si mette sullo stesso piano di Dio, facendosi uguale a Lui. Per questo i Giudei vogliono lapidarlo: per bestemmia. Se Gesù aves-se voluto affermare solo la sua preesistenza (come la «tradu-zione» geovista vuole insinuare), nessuno lo avrebbe accusato di bestemmia. Sarebbe stato considerato un pazzo, un esaltato,

" Ecco i motivi che, secondo i TdG, giustificherebbero la traduzione di un pre-sente indicativo con un tempo passato:

a) «Io sono» è un presente storico. Il presente storico si usa per narrare degli avvenimenti o una storia. Ma qui Gesù

non stava raccontando un fatto o una storia, ma stava disputando con i Giudei. b) La versione greca dei Settanta traduce il termine «ehyèh» (Io sono) con l'e

spressione greca «ho ón» (colui che è), per cui non si può identificare l'espressione «ego eimi» di Gesù con l'«Io sono» dell'Antico Testamento.

È uno dei tanti sofismi geovisti. Anzitutto precisiamo che la versione dei Settanta è una traduzione, anche se autorevole. Il testo ispirato è quello originale e, in ebraico, «ehyèh» significa «Io sono». Notiamo, poi, che «ho òn» e «egò eimi» sono forme dello stesso verbo «essere» e significano la stessa cosa. «Ho On» è il participio presente del verbo «essere» e significa «colui che è, l'ente»; esprime quindi lo stesso concetto di «egò eimi» (Io sono). Infine, in altre parti, la versione dei Settanta traduce «ehyèh» con «ego eimi» e quindi l'obiezione geovista non regge.

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ma non un bestemmiatore. Bestemmiare non significava spac-ciarsi per un essere divino, ma insultare il nome di Dio, «tocca-re il suo onore».

Le parole di Gesù: «Abramo, vostro padre, esultò di gioia al pensiero di vedere il mio giorno; lo vide e ne gioì» (Giovanni 8,56) vengono scambiate dai Giudei come affermazione di pree-sistenza, ma nessuno si scandalizza. Fanno soltanto dell'ironia: «Noi hai ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo?» (Gio-vanni 8,57). È il compatimento che si prova di fronte a un esal-tato. Lo scandalo, invece, scoppia quando Gesù non solo af-ferma di esistere prima ancora di Abramo, ma pretende per sé l'eternità («Io sono»12), che è attributo esclusivo di Dio, e quindi agli occhi dei Giudei si macchia di un'orribile bestemmia, per-ché si mette alla pari con Dio. Scrive infatti Giovanni: «Per que-sto i Giudei cercavano di ucciderlo: perché non solo violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio» (Giovanni 5,18).

COLOSSESI 2,9

LE ALTRE TRADUZIONI «.. .perché in lui abita cor-

poralmente tutta la pienezza della divinità» (CEI-Garo-falo).

«.. .poiché in lui abita cor-poralmente tutta la pienezza della Deità» (Luzzi-Nardoni).

In italiano, la parola «divinità» ha questi due fondamentali significati:

12 «Io sono» è una traduzione del nome «Iahvè» (non «Jehova» né «Geova», che sono pronunce errate) che deriva dal verbo ebraico «hayah» (= essere, esistere). «Il senso del nome "Iahvè" è "Egli è", mentre Dio, parlando di Sé, dice: "Io sono"; se-condo la natura particolare del modo ebraico corrispondente al passato - presente -futuro: "Egli è - era - sarà"» (Garofalo).

63

TRADUZIONE GEOVISTA «...perché in lui dimora

corporalmente tutta la pie-nezza della qualità divina».

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1) «Natura, essenza divina», cioè «l'essere Dio, Deità». 2) «Qualità divina». In greco, «divinità» secondo il primo senso si dice «theó-

tes»; nel senso di «qualità divina» si dice «theiótes». In questo testo si afferma che in Cristo dimora corporalmente

pàn tò pléròma t§s theótetos tutta la pienezza della divinità.

«Theótetos» è il genitivo di «theótes» e indica la «Deità, lo stato di essere Dio». È la divinità come essenza.

«Theótes differisce da theiótes come la natura o essenza dif-ferisce dalla qualità o attributo» (Thayer).

Cristo possiede la «pienezza» della divinità. Proprio perché in Cristo abita corporalmente la pienezza della Deità, Egli è «l'immagine dell'invisibile Iddio» (Colossesi 1,15).

I traduttori geovisti manipolano il testo sostituendo il ter-mine «theótetos» (genitivo di «theótes») col termine «theióte-tos» (genitivo di «theiótes»).

GIOVANNI 1,14

LE ALTRE TRADUZIONI «E il Verbo si fece carne e

venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre» (Nardoni-CEI).

«...e noi abbiamo con-templato la sua gloria, gloria che come Unigenito ha dal Padre» (Garofalo).

«Il Verbo si fece carne... e noi vedemmo la sua gloria», cioè la gloria di Cristo, il Verbo fatto uomo; una gloria che Cristo ha in quanto Unigenito del Padre. «Unigenito» è riferito a Cri-sto e «Padre» a Dio.

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TRADUZIONE GEOVISTA «E la Parola è diventata

carne e ha risieduto fra noi, e abbiamo visto la sua gloria, una gloria tale che appartie-ne a un figlio unigenito da parte di un padre».

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Ecco il testo greco traslitterato e la traduzione alla lettera: dóxan hòs monoghenùs para patrós gloria come di unigenito dal padre.

Il termine greco «hòs» (come) è una forma avverbiale che non ha qui valore comparativo; non indica cioè un paragone, ma ha valore confermativo. Definisce, con più precisione, la glo-ria che si addice al Verbo; quindi «gloria in quanto Unigenito, nella sua qualità di Unigenito» o «quale si addice all'Unige-nito».13

«Dal Padre» viene unito da alcuni esegeti a «Unigenito» e quindi «gloria come di Unigenito (che viene) dal Padre» (Schnackenburg, Bultmann, Westcott).

Altri studiosi, poiché Giovanni per esprimere la generazio-ne usa, di preferenza, la preposizione «ek» (da), mentre qui è usata la «troppo debole» preposizione «para», preferiscono col-legare «dal Padre» con «gloria», e traducono «gloria che, in quanto Unigenito, ha dal Padre» (Lagrange, Braun, Dupont).

Il contesto consente entrambe le traduzioni, perché sia la glo-ria che il Figlio vengono dal Padre.

La «traduzione» geovista è dovuta alla necessità di salva-guardare la dottrina della non consustanzialità del Figlio col Pa-dre. Poiché, per il Geovismo, il Verbo è di natura inferiore al Padre, non può essere Figlio naturale di Dio. Perciò i traduttori geovisti trasformano l'affermazione in paragone; cioè la re-lazione che c'è tra il Padre e il Verbo è paragonata a quella di un unigenito qualsiasi con suo padre («una gloria tale che ap-partiene a un figlio unigenito da parte di un padre»). Ma quale

13 «L'evangelista ha voluto esaltare la speciale gloria che spetta al Figlio di Dio; perciò l'"hOs" (come) non ha significato attenuante, non stabilisce un confronto ma definisce la "gloria" con più precisione, ne esprime la qualità particolare» (R. SCHNAC-KENBURG, // Vangelo di Giovanni, Paideia, Brescia 1973, voi. I, p. 343). Così pure Feuil-let: «Davanti a "Unigenito" la congiunzione "hós" non indica una restrizione o una diminuzione... significa "in quanto, in qualità di"» (A. FEUTLLET, II prologo del quarto vangelo, Cittadella, Assisi 1971, pag. 115). E Van den Bussche: «II termine "hòs" non significa "come se", non comporta nessun paragone, ma afferma che la gloria fornisce la prova valida, vera della filiazione unica di Cristo» (H. VAN DEN BUSSCHE, Giovanni, Cittadella, Assisi 1970, pag. 113).

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gloria speciale potrebbe mai avere un normale figlio da parte di suo padre?

Secondo il Geovismo, il Verbo è creato, perché «generare» e «creare» sarebbero la stessa cosa.14 Per la «teologia» geovista si può generare solo accoppiandosi sessualmente. Ma in cielo, dicono i TdG, non c'era nessuna femmina con la quale Dio po-tesse accoppiarsi e generare il suo unico Figlio. Né si può pen-sare, affermano i «teologi» geovisti, che l'Unigenito sia nato spontaneamente dal solo Geova, perché Dio non è femmina ma è maschio, naturalmente.

«C'era qualche persona di sesso femminile in cielo, da cui Geova generasse il suo Unigenito Figlio?... L'Unigenito Figlio fu l'originale e prima creatura diretta di Dio, senza alcun inter-mediario come moglie o persona di sesso femminile. Inoltre, per-ché generò, non dobbiamo pensare che Dio abbia un seno co-me una persona di sesso femminile. Dio non è femmina» (Cose nelle quali..., pagg. 123-127).

EBREI 1,8

TRADUZIONE GEOVISTA «Ma riguardo al Figlio:

Dio è il tuo trono per sem-pre».

TUTTE LE ALTRE «Del Figlio invece affer-

ma: II tuo trono, o Dio, è per sempre».

14 L'interpretazione geovista di «Parola di Dio» come «portavoce di Dio», così come nella mitologia greco-romana Hermes (Mercurio) era il portavoce di Zeus (Gio-ve), è superficiale e semplicistica. In greco, il termine «logos» non significa solo «paro-la». La nozione fondamentale di «logos» è la manifestazione di un'idea, la rilevazione di qualcosa. «Logos», perciò, significa anche «pensiero». È la «parola» in quanto ma-nifesta il «pensiero». Il «Logos» non è il portavoce di Dio, ma la Parola stessa di Dio, è Parola-Pensiero del Padre e viene generato da Lui, come il pensiero è generato dalla mente. Si tratta di una generazione spirituale, di ordine intellettuale. «La Parola pro-nunciata da Dio non può distaccarsi da Lui. A differenza delle nostre idee e delle parole che le esprimono che non si identificano con noi, la Parola di Dio è Dio stesso» (FEUTL-LET, op. cit., pag. 33). È un concetto che i TdG non possono assolutamente capire, perché è legato a una concezione puramente spirituale di Dio. Avendo i TdG una concezione primitiva e materialistica di Dio («corpo spirituale con sensi di vista, udito, ecc, v. pag. 41), «generare» si identifica necessariamente con «creare».

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Nella traduzione geovista «Dio» è soggetto e «il tuo trono» è predicato. La frase significherebbe che Dio è il trono del Figlio.

Nelle altre versioni «Dio» è un vocativo riferito al Figlio e «il tuo trono» è soggetto. Così tradotta, la frase significa che il Regno («trono») del Figlio dura in eterno. Dal punto di vista grammaticale, sono possibili entrambe le traduzioni, ma la ver-sione geovista è esclusa da tutti. La frase è una citazione del versetto 7 del Salmo 45, con la quale l'Autore della Lettera agli Ebrei contrappone il Figlio agli angeli: questi sono inferiori. Ecco il versetto, inserito nel suo contesto:

«E di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo dice: lo adorino tutti gli angeli di Dio.

E mentre degli angeli dice... del Figlio invece afferma: il tuo trono, o Dio, sta in eterno... e ancora: Tu, o Signore, da prin-cipio hai fondato la terra e opera delle tue mani sono i deli...».

Il Figlio gode di un dominio eterno («il tuo trono sta in eter-no»); gli angeli, invece, sono soltanto servi.

La traduzione geovista che considera Dio come trono del Fi-glio è una assurdità. Il trono, infatti, è inferiore a chi vi sta so-pra. Le creature sono il trono di Dio e non viceversa: «Così di-ce il Signore: il cielo è il mio trono» {Isaia 66,1. Cf Matteo 5,34; Isaia 37,16; Salmo 80,1-3).

Che il Figlio abbia per trono il Padre è, ripetiamo, un'as-surdità; ma che il Figlio sia una creatura e si sieda su Dio è una bestemmia.

Pur di strappare la divinità al Figlio, i geovisti non esitano a bestemmiare il Padre, trasformato in «sedia» di una creatura!

GIOVANNI 14,9-11

TRADUZIONE GEOVISTA «9Chi ha visto me ha vi-

sto [anche] il Padre. Come mai dici "Mostraci il Pa-dre"? l0Non credi che io so-

TUTTE LE ALTRE

«9Chi ha visto me ha vi-sto il Padre. Come puoi dire: "Mostraci il Padre"? '"Non credi che io sono nel Padre e

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no unito al Padre e che il Pa-dre è unito a me? Le cose che io vi dico non le dico da me stesso; ma il Padre che rima-ne unito a me fa le sue ope-re. u Credetemi che io sono unito al Padre e il Padre è unito a me».

che il Padre è in me? Le pa-role che io vi dico non le di-co da me; ma il Padre che è in me compie le sue opere. "Credetemi, io sono nel Pa-dre e il Padre è in me».

Ecco il testo greco della terza frase, traslitterato secondo l'al-fabeto italiano, e la traduzione alla lettera:

U pistéueis hóti ego en to(i) Patrì kài ho Pater Non credi che io ne il Padre e il Padre en emói estìn? in me è?

Nella Bibbia geovista viene aggiunta, col solito espediente della parentesi, la parola «anche». Le espressioni «nel Padre» e «in me» non sono tradotte ma liberamente interpretate e tra-sformate in «unito al Padre» e «unito a me».'15 Il testo sottoli-

1S Le espressioni «in me», «in voi» nella Bibbia geovista non sono quasi mai tra-dotte alla lettera ma sempre parafrasate. Ecco un altro testo: «Rimanete in me e io in voi... chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Giovanni 15,4-5). «Tradotti alla lettera, questi versetti inducono a credere che Gesù stia parlando di una sua personale presenza nei suoi discepoli: cosa che diversi cristiani credono. Poiché il CD dei Testimoni di Geova non riconosce la personale presenza di Cristo nei suoi discepoli, la Bibbia geovista parafrasa le parole di Gesù, sostituendo la preposizione "in" col participio "unito": questa sostituzione di una pre-posizione (in greco "en") con un participio non trova alcuna giustificazione sul piano grammaticale e sintattico. L'espressione "senza di me non potete far nulla" (in greco "chòrìs" = senza; "emù" = me) viene trasformata in "separati da me non potete far nulla". L'alterazione concettuale operata dai traduttori geovisti è ancora più evi-dente in Galati 2,20: "Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo ma Cristo vive in me". In questo testo è troppo evidente la convinzione di Paolo che Cri-sto "vive in lui"; perciò la Bibbia geovista manipola così il versetto: "Non sono più io a vivere, ma Cristo vive unito a me". Anche in Colossesi 1,27-28 ("...Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cristo in voi... È lui infatti che noi annunciamo... per rendere ciascuno perfetto in Cristo"), per ben due volte la preposizione greca "en" (= in) viene trasformata arbitrariamente nell'av-verbio "unitamente" ("...Cristo unitamente a voi... egli è colui che annunciamo... per presentare ogni uomo compiuto unitamente a Cristo"). Questo tipo di parafrasi, che altera la traduzione letterale del greco, viene ripetuto in Giovanni 17,26 che, tradotto

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nea una mutua immanenza del Figlio nel Padre e del Padre nel Figlio. La «traduzione» geovista suggerisce, invece, solo un'u-nità morale tra il Padre e Cristo. L'interpretazione si sostitui-sce al testo. In altri passi l'espressione «in me» e «nel Padre» potrebbe avere il significato di un'unione morale. Ma in questo testo non si allude a un'unità morale, ma a qualcosa di molto più profondo.

A Filippo, che gli chiede di mostrargli il Padre, Gesù rispon-de: «Chi ha visto me, ha visto il Padre... Io sono nel Padre e il Padre è in me». Chi vede Gesù vede il Padre, non solo perché Cristo parla e agisce per conto del Padre. Anche Mosè, Elia e gli altri profeti, inviati da Dio, hanno parlato in nome di Dio e, in suo nome, hanno compiuto miracoli. Erano servi di Dio, uniti a Lui moralmente. Ma nessuno di loro ha mai osato dire: «Io sono la via, la verità e la vita» (Giovanni 14,6), perché solo Dio è la verità e la vita. Quale creatura, quale angelo, per quanto vicino a Dio, potrebbe dire: «Chi ha visto me ha visto il Pa-dre»? Quella di Cristo con il Padre è un'unità di natura. Le pa-role «il Padre è in me e io nel Padre» sono intese in questo sen-so anche dai Giudei, che reagiscono, cercando di lapidarlo (cf Giovanni 10,38-39).

Chi vede Gesù vede il Padre, perché Cristo è «l'immagine dell'invisibile Dio» (Colossesi 1,15), è «Io sono» (Giovanni 8,58).

correttamente, suona: "io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, per-ché l'amore col quale mi hai amato sia in essi (in greco "en autóis") e io in loro (in greco "en autòis"). Nel testo greco, compare due volte l'espressione "en autòis" ( = in loro). Tale espressione è resa dalla Bibbia geovista una volta, correttamente, "in loro"; ma la seconda volta viene parafrasata "unito a loro": "Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, affinchè l'amore col quale mi hai amato sia in loro e io unito a loro" (Trad. geovista). Lo stesso artificio si nota in Romani 8,9-10: "Voi però non siete sotto al dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi ("en hymìn"). Se qualcuno non ha lo spirito di Cristo, non gli appartiene. E se Cristo è in voi ("en hymìn"), il vostro corpo è morto". Ecco la traduzione geovista: "Comunque, voi non siete in armonia con la carne, ma con lo spirito, se lo spirito di Dio dimora veramente in voi. Ma se uno non ha lo spirito di Cristo, questi non appartiene a lui. E se Cristo è unito a voi, il corpo..." (Trad. geovista). In questi versetti troviamo due volte l'espressione "en hymìn" (= in voi), eppure la Bibbia geovista la traduce in due modi diversi: al v. 9 traduce letteralmente "in voi", mentre al v. 10 parafrasa "unito a voi"» (A. AVETA, Analisi di una sètta, Ed. Filadelfia, Altamura 1985, pagg. 36-37).

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Ma Cristo non è soltanto «vero Dio» (1 Giovanni 5,20) ma è anche vero uomo. È questo suo essere uomo, spesso umilia-to, che gli Apostoli hanno sotto gli occhi, perché la divinità è, in un certo qual modo, nascosta nella natura umana. Cristo, infatti, benché fosse «nella forma di Dio» (Filippesi 2,6), cioè benché avesse la natura e gli attributi di Dio, «svuotò se stesso prendendo la forma di schiavo» (Filippesi 2,7). Prendendo questa «forma di schiavo», cioè facendosi uomo, il Figlio viene a met-tersi davanti al Padre in condizione di totale dipendenza. In que-sto senso, in quanto uomo, il Padre «è maggiore» di Lui (Gio-vanni 14,28).

1 PIETRO 1,10-11

TRADUZIONE GEOVISTA «Circa questa salvezza una

diligente investigazione e un'attenta ricerca furono fatte dai profeti che profetizza-rono intorno alla immeritata benignità a voi riservata. Essi continuarono ad investigare quale particolare periodo di tempo o a quale sorta di [periodo di tempo] lo spirito che era in loro indicasse circa Cristo, quando rendeva anticipatamente testimonian-za delle sofferenze per Cristo e delle glorie che le avrebbe-ro seguite».

In questo testo si dice che nei profeti dell'Antico Testamen-to c'era lo Spirito di Cristo. Compito dei profeti era quello di annunciare Cristo.

«I dolori e le sofferenze del Messia erano l'oggetto delle lo-ro indagini. E in questo erano ispirati dallo Spirito di Cristo

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TUTTE LE ALTRE «Su questa salvezza inda-

garono a scrutarono i profeti che profetizzarono sulla grazia a voi destinata, cercan-do di indagare a quale mo-mento o a quali circostanze accennasse lo Spirito di Cri-sto che era in loro, quando prediceva le sofferenze di Cri-sto e le glorie che dovevano seguirle».

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che era in loro. Qui Pietro attribuisce l'ispirazione profetica a Cristo stesso preesistente e operante già nella storia del Vecchio Testamento, in quanto Dio» (Garofalo).

Ecco il testo greco traslitterato e la traduzione alla lettera del passo manipolato:

Tò en autòis pnéuma Christù promartyrómenon Lo in loro spirito di Cristo predicente tà eis Christòn pathémata le per (di) Cristo sofferenze.

Nella traduzione geovista, l'espressione «lo Spirito di Cri-sto che era in loro indicava...» viene trasformata in «lo spirito che era in loro indicasse circa Cristo». Il testo viene manipola-to a favore della dottrina geovista secondo la quale lo spirito che era nei profeti sarebbe stato lo «spirito santo» com'è inteso dal Geovismo, cioè «la forza attiva del Padre».

EBREI 1,6

TRADUZIONE GEOVISTA Edizione 1967 «Ma quando Egli introduce

di nuovo il suo Primogenito nella terra abitata dice: "E tutti gli angeli di Dio lo adorino"».

Edizione 1986 «Ma quando introduce di

nuovo Usuo Primogenito nel-la terra abitata dice: "E tutti gli angeli di Dio gli rendano omaggio"».

È uno dei testi più importanti a favore della divinità di Cristo. La frase «lo adorino tutti gli angeli di Dio» è la citazione

di un'aggiunta della Versione greca dei Settanta a Deuterono-mio 32,43 e, nell'originale, è riferita a Iahvè stesso. S'intende, perciò, «adorare».

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TUTTE LE ALTRE

«E di nuovo, quando in-troduce il Primogenito nel mondo, dice: "Lo adorino tutti gli angeli di Dio"».

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L'Autore della Lettera agli Ebrei la applica al Figlio, per cui il senso di questo versetto è il seguente: gli angeli hanno l'ordi-ne di tributare al Figlio la stessa adorazione che rendono al Pa-dre. Tutti gli studiosi sono d'accordo.

Le due versioni geoviste differiscono notevolmente. Nell'edizione del 1967, il verbo «proskynéo» è tradotto, cor-

rettamente, «lo adorino». Poi gli «esperti» geovisti si sono ac-corti che questa traduzione confermava la divinità di Cristo, da loro negata. Infatti, solo Dio dev'essere adorato. Poiché que-sto testo dice chiaramente che il Figlio dev'essere adorato dagli angeli, ne deriva che il Figlio è Dio. Bisognava, perciò, «rive-dere» la traduzione. Cosa che è stata fatta nell'edizione del 1986, in cui «lo adorino» diventa «gli rendano omaggio».16

Tra «adorare» e «rendere omaggio» c'è una differenza so-stanziale di significato. L'adorazione è dovuta solo a Dio. Si può, invece, rendere omaggio a qualsiasi persona. Supponia-mo che i traduttori geovisti, nell'edizione del 1967, abbiano sba-

16 Russell, fondatore dei TdG, sosteneva che Gesù «mentre era sulla terra, fu ve-ramente adorato e giustamente» (Watch TowerReprints, pag. 2337). «La Torre di Guar-dia» del 15.10.1945, riproponendo l'interpretazione di Russell, commenta così Ebrei 1,6: «Poiché Geova Dio regna come Re per mezzo di Sion... chiunque lo voglia adorare, deve anche adorare e prostrarsi davanti al principale rappresentante di Geova, cioè Gesù Cristo, il Suo Co-reggente sul Trono della Teocrazia. Gli angeli santi ubbidirono lietamente al comando divino e dimostrarono la loro adorazione del nuovo Re di Geo-va e la loro sottomissione a lui, partecipando alla sua "guerra nel cielo" contro Satana e i suoi angeli malvagi». Dunque, anche nel 1945, è giusto adorare Cristo, in quanto rappresentante di Geova. E resta giusto fino al 1983, quando comincia a delinearsi una nuova interpretazione. Infatti, ne «La Torre di Guardia» del 1.8.1983 è scritto: «In Ebrei 1,6 il verbo "proskynéo" può significare adorare Geova mediante o per mezzo del Suo principale rappresentante Gesù suo Figlio». Dunque, fino al 1983 il verbo «pro-skynéo» significa certamente «adorare Cristo»; dal 1983 comincia a significare «ado-rare Geova per mezzo di Cristo», cioè un'adorazione indiretta, indirizzata in realtà a Geova. Dal 1986 significa «rendere omaggio a Cristo». Ma il CD dei Testimoni di Geova che, nel suddetto numero de «La Torre di Guardia», ammetteva l'adorazione «relati-va», si era dimenticato di aver scritto proprio il contrario nel libro Sia Dio riconosciu-to verace (Ed. ital. 1949) a pag. 136: «L'onore relativo reso a Dio, per mezzo di un angelo, fu riprovato con queste parole: "Guardati dal farlo: adora Dio"». E aveva anche dimenticato di aver scritto su Accertatevi di ogni cosa (Ed. ital. 1974) a pag. 232: «Proibito inchinarsi in adorazione dinanzi a uomini o anche angeli come rappre-sentanti di Dio». Le pubblicazioni geoviste, nella loro poco più che centenaria storia, sono piene di contraddizioni di questo tipo, che il CD giustifica con la teoria del «bor-deggio» (v. Introduzione storica, pag. 24, nota 20).

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gliato in buona fede e poi, accortisi dell'errore, l'abbiano cor-retto. Ma, in questo caso, che fiducia si può avere della compe-tenza di studiosi che sbagliano nel tradurre un testo così impor-tante? E se hanno sbagliato qui, non potrebbero aver sbagliato in altri casi? La verità è che la preoccupazione degli anonimi traduttori geovisti non è l'obiettività scientifica ma l'esigenza di «salvare» una dottrina prefabbricata, ad ogni costo, anche manipolando i testi.

Nella Scrittura, il verbo «proskynéo» compare spesso ed è riferito al Padre, a Cristo, a Satana e agli idoli. Nella Bibbia geovista è tradotto in due modi diversi, a seconda che si riferi-sca a Cristo o agli altri.

Ecco due elenchi di versetti biblici, nella traduzione geovi-sta del 1986.

«PROSKYNÉO» RIFERITO AL PADRE

«Allora Gesù gli disse: "Va' via, Satana! Poiché è scritto: Devi adorare (prosky-néseis) Geova il tuo Dio"» (Matteo 4,10).

«Egli era venuto a Geru-salemme ad adorare (prosky-néson)» (Atti 8,27).

«E tutti gli angeli... ado-rarono (prosekynesan) Dio» (Apocalisse 7,11).

«I ventiquattro anziani... adorano (proskynésousin) Colui che vive per i secoli dei secoli» (Apocalisse 4,10).

«PROSKYNÉO» RIFERITO A CRISTO

«Poiché vedemmo la sua stella quando eravamo in oriente e siamo venuti a ren-dergli omaggio (proskyné-sai)» (Matteo 2,2).

«Ed entrati nella casa vi-dero il fanciullino con sua madre Maria, e prostratisi, gli resero omaggio (prosekyne-san)» (Matteo 2,11).

«Ed ecco, Gesù andò lo-ro incontro e disse: "Buon giorno!". Esse si accostaro-no e, presolo ai piedi, gli re-sero omaggio (prosekyne-san)» (Matteo 28,9).

«... e, vedutolo, resero omaggio (prosekynesan)» (Matteo 28,17).

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«PROSKYNEO» RIFERITO A SATANA

«E (il Diavolo) gli disse: "Ti darò tutte queste cose se ti prostri e mi fai un atto di adorazione (proskynéses)"» (Matteo 4,9).

«PROSKYNEO» RIFERITO AGLI IDOLI

«Ma avete portato la ten-da di Moloc e la stella del dio Refan, le figure che avete fat-to per adorarle (proskynéin)» (Atti 7,43).

«Mentre li benediceva si separò da loro ed era porta-to su nel cielo. Ed essi gli re-sero omaggio (proskynésan-tes)» (Luca 24,51-52).

«Quindi egli disse: "Ri-pongo fede in lui, Signore". E gli rese omaggio (prosekynesen)» (Giovanni 9,38).

Come si può constatare, in tutti questi versetti, è usato il verbo «proskynéo».

Quando questo verbo è riferito al Padre, a Satana e agli idoli, i TdG lo traducono «adorare»; quando è riferito a Cristo lo tra-ducono «rendere omaggio».

Ma per quale motivo, se non per un'ideologia precostituita, un verbo deve avere un significato diverso solo quando è riferi-to a Gesù?

GIOVANNI 10,33

TRADUZIONE GEOVISTA

«I Giudei gli risposero: "Noi non ti lapidiamo per un'opera eccellente, ma per bestemmia, perché tu, benché sia un uomo, fai di te stesso un dio"».

TUTTE LE ALTRE «Gli risposero i Giudei:

"Non ti lapidiamo per un'o-pera buona, ma per la be-stemmia, perché tu, che sei uomo, ti fai Dio"».

Nella traduzione geovista i Giudei accuserebbero Gesù non di farsi uguale a Dio ma di fare di se stesso un dio.

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Abbiamo dimostrato che tale interpretazione è inammissi-bile (v. pagg. 52-56) ed è smentita da Giovanni 5,18: «Per que-sto i Giudei cercavano di ucciderlo, perché non solo violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio».11

La distinzione che il Geovismo fa tra il vero Dio (con la D maiuscola) e «un dio» in sottordine (Cristo) colpisce l'essenza stessa del Cristianesimo.

Vi sono numerosi passi scritturistici in cui le espressioni ri-ferite al Padre vengono riferite anche al Figlio, sottolineando l'identità di natura fra le due divine Persone.

Eccone alcuni.

TESTI RIFERITI AL PADRE

IL PRIMO E «Così dice il Signore de-

gli eserciti: Io sono il primo e sono l'ultimo» (Isaia 44,6).

«Io sono l'Alfa e l'Ome-ga, dice il Signore Dio, colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente» (Apocalisse 1,8).

TESTI RIFERITI AL FIGLIO

L'ULTIMO «Io sono il primo e l'ulti-

mo e il Vivente. Io ero mor-to ma ora vivo per sempre» (Apocalisse 1,17-18).

«Io sono l'Alfa e l'Ome-ga, il primo e l'ultimo, il prin-cipio e la fine» (Apocalisse 22,13).

17 Giovanni 5,18 («...chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio») è un ver-setto pericoloso per i TdG ma, cosa strana, l'hanno tradotto bene (dimenticanza?). I dirigenti di Brooklyn, per rimediare alla svista dei loro traduttori, si sono affrettati a spiegare che, in questo testo, Giovanni non riferisce il suo pensiero ma quello dei Giudei. Non sarebbe stato Giovanni, cioè, a credere che Gesù volesse farsi uguale a Dio, ma i Giudei i quali, per questa sua pretesa, volevano ucciderlo. «Erano i giudei increduli a pensare che Gesù volesse farsi uguale a Dio, chiamandolo Suo Padre» (Ra-gioniamo..., Ed. 1985, pag. 168). Ma i traduttori geovisti annullano questa interpreta-zione, truccando Giovanni 10,13: «I Giudei gli risposero: "...ti lapidiamo... perché tu... fai di te stesso un dio"». Ma se i Giudei pensavano che Gesù volesse farsi un dio, chi era che pensava che volesse farsi uguale a Dio? Giovanni, evidentemente!

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«Ilprimo e l'ultimo» e «l'Alfa e l'Omega» (la prima e l'ul-tima lettera dell'alfabeto greco) sono titoli analoghi e simboli della totalità e pienezza di Dio.

Non ci possono essere «due primi e due ultimi». Solo Dio è «ilprimo e l'ultimo». Ma se il Figlio dichiara di essere, anche Lui, «ilprimo e l'ultimo, l'Alfa e l'Omega», Egli è Dio come il Padre.

Il Padre e il Figlio sono «il primo e l'ultimo» perché sono l'unico Dio, non nel senso di una sola persona, ma di un'unica natura o «sostanza».

Il Figlio è della stessa «sostanza» del Padre, com'è detto, in modo sublime, nel seguente testo: «Questi (il Figlio) è fulgo-re della gloria e impronta della sostanza del Padre» (Ebrei 1,3).

Il Figlio è «fulgore» della gloria del Padre, cioè la luce ir-raggiata dal Padre. «Non tanto un riflesso della luce del Padre quanto piuttosto l'immagine riverberata della sostanza di Lui» (O. Kuss).

«L'impronta della sostanza» è una definizione che suggeri-sce l'idea di una perfetta uguaglianza tra le due divine Persone, in forza dell'identità di natura. La parola «impronta» è, nell'e-timologia del termine greco, la riproduzione di un oggetto in un corpo adatto a riprodurre i lineamenti del modello in ma-niera perfetta. Il Figlio, quindi, riproduce in sé l'immagine per-fetta della sostanza del Padre. Il Figlio perciò è della stessa es-senza o natura del Padre.

Identico al Padre nella natura, il Figlio ne condivide i titoli e le mansioni:

IL SIGNORE

«II vostro Dio è il Dio de-gli dèi, il Signore dei signori» (Deuteronomio 10,17).

«Certo il vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei

DEI SIGNORI

«Essi combatteranno con-tro l'Agnello, ma l'Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re» (Apocalisse 17,14).

«Un nome porta scritto sul mantello e sul femore: Re

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re» (Daniele 2,47). dei re e Signore dei signori» (Apocalisse 19,16).

Il Padre è «il Signore dei signori». Ma anche il Figlio è «il Signore dei signori». Come sarebbe possibile questo, se il Fi-glio non fosse della stessa natura del Padre?

IL SIGNORE (RE) DELLA GLORIA

«Nessuno dei dominanti di questo mondo ha potuto conoscerla; se l'avessero co-

nosciuta non avrebbero cro-cifisso il Signore della gloria» (1 Corinzi 2,8).

«Il Re della gloria» e «il Signore della gloria» sono espres-sioni analoghe e vengono riferite al Figlio come al Padre.

Nella Bibbia geovista, l'espressione «il Signore della gloria» (in greco «tòn Kyrion tés dóxès») viene cambiata in «il Signore glorioso».

IL RETRIBUTORE «Io, il Signore, scruto la «Così parla il Figlio di

mente e saggio i cuori, per Dio... Io sono colui che scru- rendere a ciascuno secondo ta gli affetti e i pensieri de- la sua condotta» (Geremia gli uomini e darò a ciascuno

17,10). secondo le proprie opere» (Apocalisse 2,23).

IL CREATORE

II Figlio è, con il Padre, creatore di tutte le cose:

«Mio Dio, non rapirmi a «Del Figlio invece affer- metà dei miei giorni; i tuoi ma... Tu, o Signore, da prin- anni durano per ogni genera- cipio hai fondato la terra e zione. In principio tu hai fon- opera delle tue mani sono i dato la terra, i deli sono ope- deli. Essi periranno ma tu ri-

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«II Signore degli eserciti è il Re della gloria» (Salmo 24,10).

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ra delle tue mani. Essi peri-ranno ma tu rimani, tutti si logorano come veste, come un abito tu li muterai ed essi passeranno. Ma tu resti lo stesso e i tuoi anni non han-no fine» (Salmo 102,25-28).

mani; invecchieranno tutti come un vestito. Come un mantello li avvolgerai, come un abito e saranno cambiati; ma tu rimani lo stesso e gli anni tuoi non avranno fine» (Ebrei 1,10-13).

L'Autore del Salmo 102 si rivolge a Dio perché allontani da lui la morte e gli conceda una lunga vita («non prendermi a me-tà dei miei giorni»). Dio, infatti, è l'Autore della vita e mentre il cielo e la terra passeranno, Dio, che ha creato tutte le cose, rimane eterno e immutabile.

L'Autore della Lettera agli Ebrei applica questo salmo al Fi-glio e gli attributi che nel salmo sono riferiti al Padre vengono trasferiti al Figlio. I deli stessi finiranno ma il Figlio resta, eterno e immutabile. Egli è il Creatore di tutte le cose.

Ma Isaia afferma che Dio ha creato tutte le cose «da solo», senza che con Lui ci fosse alcuno: «Sono io, Iahvè, che ha fat-to tutto, che ha spiegato i cieli da solo, ho disteso la terra; chi era con me?» {Isaia 44,24).

Il Figlio, però, è sempre insieme al Padre nella creazione: «Senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste» {Gio-vanni 1,3).

Se il Figlio non è Dio ma una creatura, non sarebbe vero quanto afferma Isaia, cioè che Dio era solo nel creare tutte le cose. Dio ha creato tutte le cose da solo perché il Padre e il Fi-glio, «senza del quale niente è stato fatto», sono l'unico Dio. Certo, il Figlio non prende il posto del Padre, ma viene sottoli-neata la parte attiva del Figlio nell'opera della creazione.

Il Padre e il Figlio agiscono sempre insieme: «II Padre mio opera sempre e anch'io opero... quello che il Padre fa, anche il Figlio lo fa» {Giovanni 5,17-19).

IL CONSERVATORE

II Figlio, insieme al Padre, mantiene nell'esistenza tutte le cose.

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«Tu solo sei il Signore, tu «Questo Figlio, che è ir- hai fatto i deli... la terra... i radiazione della sua gloria e mari e quanto è in essi; tu fai impronta della sua sostanza vivere tutte queste cose» e sostiene tutto con la poten- (Neemia 9,6). za della sua parola» (Ebrei

1,3). «Egli è prima di tutte le

cose e tutte sussistono in lui» (Colossesi 1,17).

Come potrebbe una creatura «sostenere» l'universo?

IL SIGNORE DELLA VITA E DELLA MORTE

«II Signore fa vivere e fa morire scendere agli inferi e risalire» (1 Samuele 2,6).

«Come il Padre risuscita i morti e da la vita, così an-che il Figlio da la vita a chi vuole» (Giovanni 5,21).

Il Figlio non solo è padrone della vita, ma Egli stesso è la vita: «Io sono la risurrezione e la vita» {Giovanni 11,25). «Io sono la via, la verità e la vita» {Giovanni 14,6).

Poiché il Padre e il Figlio sono l'unico Dio, identica è la lo-ro gloria:

«Io sono Iahvè: questo è «E ora, Padre, glorifica- li mio nome; non darò ad al- mi davanti a te con quella tri la mia gloria» (Isaia 42,8). gloria che avevo presso di te

prima che il mondo fosse» (Giovanni 17,5).

«A colui che siede sul tro-no e all'Agnello onore, glo-ria e potenza nei secoli dei se-coli» (Apocalisse 5,13).

Se identiche sono la natura e le prerogative divine, identico è l'onore che si deve al Padre e al Figlio: «II Padre ha rimesso al Figlio ogni giudizio, affinchè tutti onorino il Figlio come ono-rano il Padre» {Giovanni 5,22-23).

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Al Figlio, come al Padre, si deve adorazione: «Mi prostrai in adorazio-

ne ai piedi dell'angelo... ma egli mi disse: Guardati dal farlo! ...È Dio che devi ado-rare» (Apocalisse 22,8-9).

«E di nuovo, quando in-troduce il Primogenito nel mondo, dice: Lo adorino tut-ti gli angeli di Dio» (Ebrei 1,6; v. pagg. 71-73).

Dai testi che abbiamo esaminato, risulta evidente l'uguaglian-za di natura tra il Padre e il Figlio. Egli è Signore e Dio.

L'Apostolo Tommaso si rivolge a Cristo risorto con queste parole:

Apekrithé Thómàs kài èipen autò(i): Ho Kyriós Rispose Tommaso e disse a lui: Signore mu kài ho Theós mu {Giovanni 20,28; v. pag. 56). mio e Dio mio

Sono parole di adorazione di Tommaso verso Cristo che egli riconosce come Signore e Dio.

È un testo che i TdG, non potendo manipolare, tentano di annullare con interpretazioni assurde. Secondo una prima spie-gazione geovista, l'espressione di Tommaso non sarebbe rivol-ta a Gesù ma sarebbe un'esclamazione di sorpresa e di sbalor-dimento di fronte a Cristo risorto, corrispondente al nostro «O Signore! O Dio!». Tommaso, cioè, avrebbe usato il nome «Dio» invano e in modo blasfemo, perché gli Ebrei non avrebbero mai pronunciato il nome «Iahvè» o la parola «Dio» come pura escla-mazione. Il testo, poi, elimina ogni possibilità di equivoco, per-ché dice chiaramente che quelle parole erano indirizzate a Gesù («e disse a lui»). E Gesù approva Tommaso per averlo chiama-to «Signore e Dio»: «Perché hai veduto, Tommaso, hai credu-to» {Giovanni 20,29).

Ma i TdG, non convinti neppure essi della loro spiegazione, ne danno un'altra:

«Se Tommaso chiamò Gesù "Dio mio", bisogna interpre-tare che egli riconosceva il Padre di Gesù come il Dio di un Dio, cioè come un Dio più alto di Gesù Cristo, un Dio che Gesù stes-so adorava».18

" Thè Word: Who Is He According to John?, pag. 51.

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Notare il «bisogna interpretare»! Qualsiasi cosa la Scrittu-ra affermi, deve comunque andar d'accordo con «La Torre di Guardia».

Ma se il Padre è «il Dio di un Dio», Gesù Cristo allora non è più «un dio», ma un altro «Dio» grande (con la D maiuscola) e ci sarebbero allora due Dèi. Ma la Scrittura afferma che vi è un solo Dio! Tommaso chiama Gesù «Dio» perché riconosce che Cristo, insieme al Padre, è l'unico Dio: «Egli è il vero Dio e vita eterna» (1 Giovanni 5,20).

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CAPITOLO QUARTO

TESTI SULLA SOPRAVVIVENZA

Secondo il Geovismo, non esiste sopravvivenza, perché la morte distrugge completamente l'uomo. I TdG credono di tro-vare nella Scrittura i fondamenti di questa loro dottrina. E i fon-damenti sarebbero tre termini:

1) La parola ebraica «nephesh» (greco: «psychè»), tradot ta sempre «anima», intesa come «persona fisica, creatura vi vente dotata di un corpo».

2) La parola ebraica «sceòl» (greco: «àdes»), intesa come l'equivalente di «tomba».

3) La parola ebraica «geenna», intesa come l'equivalente di «distruzione, annientamento».

Il vizio di fondo del Geovismo sta nel voler credere che una parola abbia sempre e solo un significato. Ma qualsiasi studen-tello sa che anche le parole hanno una storia e possono avere diversi significati, a seconda dell'epoca e del contesto. E se questo è vero per tutte le lingue, lo è, in modo particolare, per la lingua ebraica, che è caratterizzata da una grande povertà di vocaboli.

Ci soffermiamo sulla prima delle parole suddette: «nephesh». I geovisti, preoccupati di dimostrare che la Bibbia non am-

mette l'esistenza di un'anima immortale, ogni volta che incon-trano la parola «nephesh» traducono «anima», senza curarsi se il contesto lo consenta. Nascono, allora, traduzioni incom-prensibili.

Ecco un'antologia di «traduzioni» geoviste.

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ISAIA 3,18-20: «In quel giorno Geova toglierà la bellezza degli anelli attor-

no alle caviglie... le acconciature per il capo e le catenelle ai pie-di e le fasce e le case dell'anima e le tintinnanti conchiglie».

Cosa significa «case dell'anima»? «Cosa c'entrano le "case dell'anima" in un contesto in cui

si parla della bellezza dell'abbigliamento femminile? Per risol-vere il "rebus", ricorriamo ad un'altra traduzione, che così rende lo stesso versetto:

"...i diademi, le catenelle, le cinture, / vasetti di profumo e gli amuleti" (Nardoni).

Ecco svelato il mistero: le "case dell'anima" sono dei ba-nali vasetti di profumo, perché "nephesh", in questo contesto, significa "profumo".

GIONA 2,6 (nella Bibbia geovista 2,5), nella traduzione geo-vista suona così:

"Le acque mi circondarono fino all'anima". A chi dobbiamo rivolgerci per capire il significato di questa

espressione? Se l'anima è la "persona stessa", come sostengo-no i TdG, cosa significa "le acque mi circondarono fino alla persona"? Cerchiamo di comprendere rivolgendoci ad un'al-tra versione della Bibbia, che così rende il versetto in esame:

"Le acque mi hanno sommerso fino alla gola" (CEI). Ecco, quindi, che "nephesh " assume il significato di "go-

la", in stretta aderenza al significato basilare della radice ver-bale ebraica dalla quale deriva».1

EZECHIELE 18,4 è il «cavallo di battaglia» dei TdG. Ecco co-me è tradotto dai geovisti:

«Ecco, tutte le anime appartengono a me... L'anima che pec-ca, essa stessa morirà».

1 A. AVETA - W. PALMIERI, Testimoni di Geova: essere o non essere?, Ed. Deho-niane, Napoli 1984, pagg. 82-83.

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Questo versetto, in mano ai TdG, funziona da specchietto per le allodole.

Con questo testo, essi dimostrano che l'anima muore. Ecco come è tradotto dalle altre Bibbie:

«Ecco, tutti mi appartengono... morirà la persona che pec-ca» (Garofalo).

«Ecco, tutte le vite sono mie... chi pecca morirà» (CEI). Dunque, in questo testo «nephesh» significa «persona, in-

dividuo».

PROVERBI 16,26 è tradotto così nella Bibbia dei TdG: «L'anima di chi lavora duramente ha lavorato duramente

per lui, perché la sua bocca ha fatto duramente pressione su di lui».

È una delle tante frasi ridicole ed incomprensibili della Bib-bia geovista (la bocca fa pressione!). Se «anima» significa sem-pre «persona», cosa vuoi dire «la persona di chi lavora ha la-vorato per lui»? Vediamo come questo versetto è tradotto dalle altre Bibbie:

«L'appetito del lavoratore lavora per lui, perché la sua boc-ca lo stimola» (CEI).

«La fame del lavoratore lavora per lui, perché la sua bocca lo stimola» (Luzzi).

Dunque, in questo caso, «nephesh» significa «appetito, fame».

ISAIA 29,8, viene tradotto così dai geovisti: «Deve accadere proprio come quando qualcuno che ha fa-

me sogna, ed ecco, mangia, ed in effetti si sveglia e la sua ani-ma è vuota».

Cosa significa: «la sua anima è vuota»? Consultiamo un'altra traduzione della Bibbia:

«E come un affamato sogna ed ecco mangia, poi si sveglia ed ha lo stomaco vuoto» (Luzzi).

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Ora è chiaro. In questo caso «nephesh» significa «stomaco». Un ultimo esempio.

i SAMUELE 19,5 così è reso dai traduttori geovisti: «E metteva la sua anima nella palma della sua mano e ab-

batteva il filisteo». Si parla di David che ha combattuto contro il filisteo Golia

e lo ha ucciso; secondo la «traduzione» geovista, «metteva la sua anima nella palma della sua mano». Anche qui, per capirci qualcosa, dobbiamo ricorrere a vere traduzioni che così rendo-no il suddetto versetto:

«Egli, a rischio della propria vita, ha ucciso il filisteo» (Nardoni).

«Egli ha messo la propria vita a repentaglio, ha ucciso il fi-listeo» (Luzzi).

«Egli ha esposto la vita quando uccise il filisteo» (CEI). «Egli ha messo in pericolo la vita, ha abbattuto il filisteo»

(Garofalo). Dunque «nephesh», in questo contesto, significa «vita» e

l'espressione ebraica «mettere l'anima nella palma della mano» significa «rischiare la vita». Ci chiediamo: è una buona tradu-zione quella geovista? Una traduzione, come sostengono i TdG, «dal linguaggio moderno e comprensibile»? È lecito oscurare e nascondere il senso della Parola di Dio per difendere la pro-pria dottrina? Tutte le altre versioni concordano, perché i veri studiosi non devono salvaguardare nessuna dottrina; le loro preoccupazioni sono la grammatica da rispettare e le particolarità della lingua da rendere comprensibili, con rigore scientifico. Cose che i traduttori geovisti dimenticano spesso.

Il significato di «nephesh» è, dunque, «soffio, respiro». Si tratta tanto del soffio del vivente come dell'esalazione delle pian-te, quindi, «profumo».

«Nephesh» è anche l'organo attraverso il quale passa il re-spiro, quindi «gola, collo». Significa «vita» legata a un deter-minato corpo, quindi «persona, individuo». E, come abbiamo visto, può significare «appetito», «stomaco» e tante altre cose,

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da capire in base al contesto. Non significa, però, «anima» nel senso che diamo comunemente a questa parola. È il Nuovo Te-stamento a dare, qualche volta, al corrispondente termine gre-co «psyche» un significato simile a quello che intendiamo noi con «anima».

Tradurre, perciò, il termine «nephesh» sempre «anima», co-me fanno gli «esperti» di Brooklyn, è errato. Il motivo che spinge i geovisti a fare simili «traduzioni» (il voler dimostrare che non esiste sopravvivenza) è inconsistente, perché la fede nella soprav-vivenza non si basa sul significato di «nephesh», ma sull'inse-gnamento biblico nel suo complesso, che ci assicura che non tutto l'uomo viene distrutto dalla morte.

Esaminiamo alcuni testi sulla sopravvivenza, manipolati dai traduttori geovisti.

SECONDA CORINZI 5,6-9

TRADUZIONE GEOVISTA «6Noi perciò abbiamo

sempre coraggio e sappiamo che mentre abbiamo la nostra casa nel corpo siamo assenti dal Signore, 7 poiché cammi-niamo per fede non per visio-ne. %Ma abbiamo coraggio e preferiamo piuttosto essere assentì dal corpo, e fare la nostra casa presso il Signore. 9Perciò abbiamo anche la mi-ra, sia che abbiamo la nostra casa presso di Lui o che sia-mo assenti da Lui, di essergli graditi».

LE ALTRE TRADUZIONI «^Essendo dunque sempre

pieni di fiducia e sapendo che mentre siamo presenti nel corpo, siamo lontani dal Si-gnore, "'poiché camminiamo per fede e non per visione, "tuttavia ci facciamo animo e preferiamo uscire da questo corpo, per andare a vivere presso il Signore.9Per questo, ci studiamo di piacere a lui sia che si debba rimanere in que-sto corpo, sia che lo si debba lasciare» (Nardoni).

«... 8e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore» (CEI).

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«...*e abbiamo molto più caro di partire dal corpo e d'abitare col Signore» (Luzzi).

Finché abitiamo nel corpo siamo lontani dal Signore, per-ciò è preferibile «uscire dal corpo» per andare dal Signore. Se, per andare dal Signore, bisogna «uscire dal corpo», c'è qualco-sa di noi che «abita nel corpo» e che vivrà col Signore, anche quando il corpo non ci sarà più. Dunque, l'uomo non è soltan-to «corpo».

La versione geovista non solo è poco elegante («abbiamo la mira»!), ma è anche imprecisa.

Il verbo «ekdeméo» significa «essere lontano», nel tempo presente greco (aspetto durativo); significa «uscire, partire, mi-grare» al tempo aoristo (aspetto istantaneo). Al v. 6 è presente: «siamo lontani»; al v. 8 è aoristo (ekdemèsai): «uscire». Unito, come in questo caso, a «ek tu sómatos» (= dal corpo), signifi-ca «partire dal corpo, uscire dal corpo». È un verbo di «moto» e non di «stato», come è reso dalla versione geovista che tradu-ce «essere assenti dal corpo». È qualcosa di noi che esce dal corpo.

«La morte qui è intesa metaforicamente come cambio di re-sidenza ed è espressa da un chiaro gioco di parole: si tratta di muoversi da un paese verso l'altro, vale a dire di traslocare e stabilirsi altrove, dunque di sloggiare dal corpo per guadagna-re il cielo e vedere Cristo. Quaggiù i cristiani sono in esilio, lon-tano dal Signore e, fintantoché dimorano nel corpo, paragona-to ad una tenda (cf 2 Cor 5,1-4: "sklnos" = tenda, simbolo della vita nomade) vivono da emigrati».2

SECONDA TIMOTEO 4,22

TRADUZIONE GEOVISTA TUTTE LE ALTRE «II Signore (sia) con lo «II Signore (Gesù) sia con

spirito che tu (mostri)».

2 C. SPICQ, Note di lessicografia neotestamentaria, Ed. Paideia, Brescia 1988, voi. I, pag. 525.

il tuo spirito».

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È il saluto con il quale l'apostolo Paolo chiude la sua se-conda lettera a Timoteo. Qualche manoscritto omette la parola «Gesù».

Se Paolo augura a Timoteo che il Signore sia con il suo spi-rito, ciò significa che il Signore può essere in comunione con lo spirito di una persona,3 «inabitare» in lei. È quanto afferma Gesù stesso: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Pa-dre mio lo amerà e noi verremo a lui e dimoreremo presso di lui (Giovanni 14,23).

Evidentemente l'apostolo Paolo non la pensa come il CD di Brooklyn. Ma neppure a lui è permesso contraddire a «La Torre di Guardia». A correggere l'Apostolo ci hanno pensato i «traduttori» geovisti. «Il Signore (Gesù) sia con il tuo spirito» viene trasformato in «II Signore (sia) con lo spirito che tu (mo-stri)». Dobbiamo ammettere che i «traduttori» geovisti sono do-tati di una fantasia eccezionale. Non era facile correggere que-sto versetto. Essi hanno fatto del loro meglio, ma il risultato non ci sembra molto felice. Ci piacerebbe sapere, dalla viva vo-ce di un TdG (nelle pubblicazioni geoviste non abbiamo trovato

5 II Geovismo da alla parola «pnéuma» (spirito) il significato di «respiro, disposi-zione mentale, qualcosa simile al vento». Qualche volta, in dipendenza dal contesto, può significare anche questo. Ma il fatto che talvolta abbia questi significati non vuoi dire che li abbia sempre. L'inganno dei «traduttori» geovisti sta nel nascondere, con miserabili stratagemmi, il significato incompatibile con la dottrina geovista. Per esem-pio, nell'edizione del 1967, la parola «pnéuma» di Matteo 27,50 viene tradotta «respi-ro»: «Gesù gridò ad alta voce e rese il (suo) respiro». Si vuoi far apparire la morte di Gesù semplicemente come la cessazione delle funzioni respiratorie. Con questo testo di Matteo il gioco è stato facile, ma quando si trattava di tradurre lo stesso avvenimento in Luca, la cosa non era più così semplice, perché il testo lucano non si prestava al giochetto geovista. Scrive, infatti, Luca: «Padre, nelle tue mani consegno il mio pnéuma» (23,46). Per coerenza, i geovisti avrebbero dovuto tradurre anche qui la parola «pnéuma» con «respiro», poiché si parla dello stesso avvenimento, cioè della morte di Cristo. Ma far dire a Gesù morente: «Padre, nelle tue mani consegno il mio respi-ro», sarebbe stato veramente troppo! Anche un fedele Testimone di Geova avrebbe dubitato. Perciò, nel testo di Matteo, «pnéuma» è tradotto «respiro» perché non di-sturba la dottrina geovista; in Luca è tradotto con un generico «spirito», perché tra-durre «respiro» sarebbe stato un gioco troppo scoperto.

In 2 Timoteo 4,22 a «pnéuma» non si può dare nessuno dei significati che il geovi-smo da a questa parola. Poiché il testo rifiuta di armonizzarsi col sistema dottrinale geovista, viene manipolato nel modo che abbiamo visto.

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spiegazioni), che cosa significa «il Signore sia con lo spirito che tu (mostri)».

EBREI 12,22-23

TRADUZIONE GEOVISTA «22Ma vi siete accostati al

monte Sion e alla città del-l'Iddio vivente, la Gerusalem-me celeste, e a miriadi di an-geli, "in generale assemblea, alla congregazione dei primo-geniti che sono stati iscritti nei deli, e a Dio giudice di tutti, e alle vite spirituali dei giusti che sono stati resi perfetti».

TUTTE LE ALTRE «" Voi vi siete accostati al

monte Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalem-me celeste e a miriadi di an-geli, alla adunanza festosa, 23e all'assemblea dei primoge-niti iscritti nei deli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfe-zione».

Il testo enumera gli «abitanti» della «Città di Dio», cioè del Paradiso. In esso ci sono gli «spiriti dei giusti» («pnéumasi» = agli spiriti; «dikàiòn» = dei giusti). In questo testo «spiriti» ha lo stesso significato di «anime» di Apocalisse 6,9. Gli spiriti dei giusti «portati alla perfezione» sono le anime di persone che han-no terminato quel processo di perfezionamento e di purifica-zione di cui parla più volte la Lettera agli Ebrei.

La Bibbia geovista sostituisce «spiriti» con «vite spiritua-li». È un modo scorretto di aggirare il senso di questo versetto.

LUCA 23,43

TRADUZIONE GEOVISTA «E Gesù disse a lui: vera-

mente ti dico oggi: Tu sarai con me in Paradiso».

TUTTE LE ALTRE «E Gesù gli rispose: in ve-

rità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso».

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Nei manoscritti manca la punteggiatura. I traduttori geovisti sistemano i due punti dopo «oggi» e,

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per eufonia, aggiungono «Tu», che nel testo non c'è. Il senso della frase cambia completamente.

Tutte le edizioni critiche sistemano i due punti prima di «og-gi». Infatti, con la punteggiatura geovista, la parola «oggi» di-venta inutile, superflua.

Gesù usa molto spesso l'espressione «in verità ti dico» e sem-pre senza l'avverbio «oggi». Ecco due esempi:

1) «In verità ti dico: non canterà il gallo prima che tu non mi abbia rinnegato tre volte» (Giovanni 13,38).

Non dice: «In verità ti dico oggi: non canterà il gallo...». 2) «In verità vi dico: uno di voi mi tradirà» (Giovanni 13,21).

Non dice: «In verità vi dico oggi: uno di voi mi tradirà».

La parola «oggi» è superflua. Ma se in questo caso la usa, è perché la vuoi mettere in risalto, altrimenti avrebbe detto, co-me sempre: «In verità ti dico: sarai con me in Paradiso», senza l'avverbio «oggi».

Ma quest'ovvia interpretazione contrasta con la dottrina geo-vista, secondo la quale, la morte è la distruzione totale dell'uo-mo. Ci sarebbe solo la risurrezione dei morti alla «fine del mondo».4

Il Paradiso che Gesù promette al buon ladrone non sareb-be, perciò, il Paradiso vero e proprio (il Paradiso celeste), ma la terra, diventata un nuovo paradiso (il paradiso terrestre).

Secondo il Geovismo, Gesù, alla fine del mondo, risusciterà il buon ladrone, il quale tornerà a vivere su questa terra come agricoltore, e farà così bene questo lavoro che la terra sem-brerà un paradiso.

4 Nella Holy Bible pubblicata dalla Società Torre di Guardia a Brooklyn nel 1901, la frase era tradotta con la virgola prima di «oggi»: «Verily I say unto thee, Today shalt thou be with me in Paradise». In seguito, la frase venne tradotta in forma inter-rogativa: «Sarai tu meco in Paradiso?» (v. «Salvezza», pagg. 330-349).

Dopo Rutherford, si preferì spostare i due punti dopo «oggi».

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«Il re Gesù Cristo avvererà le sue parole verso quel malfat-tore morente. Come? Non solo risuscitandolo a rinnovata vita sulla terra, ma anche facendo coltivare tutta la terra come un Paradiso» (Cose nelle quali..., pag. 382).

Quindi, «sarai con me in Paradiso» significherebbe: «alla fine del mondo ti risusciterò e ti farò coltivare tutta la terra co-me un paradiso».

Più che un premio, ci sembra una condanna ai lavori forzati! Ma Gesù afferma che il ladrone sarà con lui («sarai con me»),

cioè vivrà insieme a lui, là dove vive lui e quindi nel Paradiso celeste.

A meno che non si voglia far vivere anche Cristo sulla ter-ra, insieme al buon ladrone, dediti entrambi all'agricoltura!

FILIPPESI 1,21-24

TRADUZIONE GEOVISTA Edizione 1967 «21Poiché nel mio caso vi-

vere è Cristo, e morire, gua-dagno. 22Or se sia vivere nella carne, questo è frutto della mia opera, eppure non so quale cosa scegliere. "Sono messo alle strette da queste due cose; ma ciò che deside-ro è la liberazione e di essere con Cristo, poiché questo, per certo, è molto migliore. "Comunque, è più necessario che io rimanga nella carne per voi».

Edizione 1986 «2iPoiché nel mio caso vi-

vere è Cristo, e morire, gua-dagno. 22Ora se sia il conti-

li ALTRE TRADUZIONI

«21Perme, infatti, il vivere è Cristo e il morire un gua-dagno. 22Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere. "Sono messo alle strette tra queste due cose: da una parte il de-siderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ud'altra parte, è più necessa-rio per voi che io rimanga nel-la carne» (CEI).

«21Perme, infatti, il vivere è Cristo e il morire un gua-dagno. 22Ma se il vivere in

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nuare a vivere nella carne, questo è frutto della mia ope-ra, eppure ciò che sceglierei non lo faccio conoscere. "So-no messo alle strette da que-ste due cose; ma ciò che de-sidero è la liberazione e di es-sere con Cristo, poiché que-sto, certo, è molto migliore. 24Comunque, è più necessario che io rimanga nella carne a motivo di voi».

carne, questo deve significa-re per me frutto di apostola-to, allora non so cosa pre-ferire "Sono preso, infatti, fra queste due brame: desi-dero andarmene ed essere con Cristo, cosa di gran lun-ga migliore, 2ima d'altra par-te, il rimanere ancora nella carne è più necessario per il vostro bene» (Nardoni-Garofalo).

Si leggano attentamente le due versioni geoviste. Ci si ac-corgerà che è impossibile capirne il senso, perché il testo è tal-mente manipolato da risultare incomprensibile. Si leggano, poi, le altre traduzioni e si vedrà che il pensiero dell'Apostolo è chia-rissimo.

Per Paolo, la morte è un guadagno, perché gli consente di vivere con Cristo. Ma il bene dei Filippesi esige che egli non muoia subito, e continui a vivere nel corpo. Quindi l'Apostolo è combattuto da questi due desideri contrarii morire subito per essere con Cristo o continuare a vivere per il bene dei Filippesi.

I traduttori geovisti manipolano il testo in due modi:

1) II testo viene reso incomprensibile. La virgola posta tra «morire» e «guadagno» è un errore.

«Morire» è un infinito sostantivato, con funzione di soggetto, preceduto dall'articolo: «ilmorire» (in greco «Tò apothanèin»). «Guadagno» è predicato nominale («II morire è un guadagno»).

Nel secondo periodo, il «non so qua! cosa scegliere» dell'e-dizione del 1967, che era l'unica proposizione tradotta bene, nel-l'edizione del 1986 diventa: «ciò che sceglierei non lo faccio co-noscere».

Si parla di «due cose» («sono messo alle strette da queste due cose»), ma non si capisce quali siano queste «due cose». È un discorso incomprensibile.

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2) II verbo «analysai». Tale verbo, che tutti gli studiosi traducono «essere disciol-

to, partire, morire», viene reso dai traduttori geovisti con il so-stantivo «liberazione». Secondo i TdG, Paolo

«In nessun modo afferma qui che, immediatamente, alla sua morte, egli sarebbe stato mutato in spirito per essere sempre con Cristo... Paolo vuoi parlare del ritorno di Cristo e della libera-zione dell'apostolo per essere sempre col Signore» (Trad. Nuo-vo Mondo, Edizione inglese, pagg. 780-781).

Quindi, mentre tutti gli studiosi sanno che «analysai» signi-fica «essere sciolto o liberato dal corpo» e quindi «morire», i traduttori geovisti danno a questo verbo il significato contra-rio: «essere liberato dalla morte nella risurrezione finale». In altre parole, Paolo direbbe ai Filippesi: «Non vedo l'ora di mo-rire, per essere con Cristo alla fine del mondo!».

Che questa interpretazione sia insensata, lo dimostra l'espres-sione «per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno». Se l'Apostolo avesse pensato che la morte non l'avrebbe riunito a Cristo subito, ma avrebbe dovuto aspettare nella tomba sino alla fine del mondo, che cosa avrebbe guadagnato morendo su-bito? Il suo desiderio della morte, definita «un guadagno», sa-rebbe incomprensibile. È lo stesso contesto che indica chiara-mente che «analysai» significa «essere sciolto o liberato dal cor-po» e quindi «morire». Paolo afferma di essere combattuto da due desideri contrari: o «rimanere nella carne», cioè vivere per il bene dei Filippesi, o, al contrario, «essere liberato dalla car-ne», cioè morire. Preferirebbe morire perché la morte è «un gua-dagno», in quanto gli consente di essere con Cristo.

Il verbo «analysai» e il sostantivo corrispondente «anàly-sis» ricorrono altre volte nel Nuovo Testamento e sempre col significato di «morire». In 2 Timoteo 4,6 Paolo, riferendosi alla sua morte, che egli sente imminente, scrive: «Io sono già offerto in libagione e il tempo della mia partenza («analy'seós») è imminente». I geovisti traducono, anche qui, il sostantivo «ana-lyseos» con «liberazione» («il tempo della mia liberazione è imminente»). Ma l'aggettivo «imminente» li costringe ad ammet-

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tere che qui Paolo parla della sua morte. Anche i traduttori geo-visti danno ad «analysai» sempre il significato di «morire». Solo in Filippesi 1,21-24 non avrebbe tale significato. Perché? Ecco il motivo:

«II verbo "analysai" non può applicarsi alla morte dell'A-postolo come creatura umana e perciò alla sua dipartita da que-sta vita. Deve trattarsi degli avvenimenti del tempo del ritorno di Cristo» (Ibidem).

Ecco dunque il motivo: «Deve trattarsi del tempo del ritor-no di Cristo». Ma perché «deve»? Perché così esige la dottrina geovista!

Abbiamo visto come i testi biblici che contraddicono alla dot-trina geovista vengono manipolati. Non sempre, però, un testo si presta a essere manipolato. In questo caso il Geovismo lo an-nulla, stravolgendone il senso. Un esempio:

APOCALISSE 6,9

«Vidi le anime di coloro che erano stati uccisi a causa della Parola di Dio... gridarono a gran voce dicendo...».

APOCALISSE 20,4 «Vidi anche le anime dei decapitati a causa della testimo-

nianza di Gesù e della Parola di Dio». In questi testi, la parola «anime» non significa certamente

«persone, creature dotate di un corpo». Sono anime di persone uccise.

I geovisti, non potendo manipolare il testo, lo annullano con la seguente interpretazione:

«L'Apostolo Giovanni usava la parola "anime" nel senso in cui le ispirate Sacre Scritture la usano e intese dire creature viventi, coscienti, dotate di un corpo» (// millenario Regno di Dio, pag. 30).

È il tipico errore geovista. Poiché in alcuni passi della Scrit-tura «anima» significa «creatura dotata di un corpo», anche qui deve avere lo stesso significato. Poi il trucco:

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«Giovanni non vide anime uccise, ma creature dotate di un corpo» (Ibidem).

Con un giro di parole, si fa dire alla Scrittura il contrario di quanto essa afferma. Il testo non parla di «anime uccise» ma di «anime di coloro che erano stati uccisi», «anime di decapita-ti», cioè di anime di persone uccise. Non potevano essere «crea-ture dotate di un corpo», perché il loro corpo era stato ucciso. Sono, perciò, anime senza il corpo, che sopravvivono in cielo in modo pienamente cosciente, perché cantano e pregano.

Quasi tutta la Bibbia viene interpretata in senso fanatica-mente letterale; solo i testi «scomodi» sono letti sempre in chiave simbolica, con esegesi allegoriche le più assurde e strampalate. Un altro esempio:

APOCALISSE 14,9-12

«Chiunque adora la bestia... sarà tormentato con fuoco e zolfo e il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte coloro che adorano la bestia e la sua statua... Qui appare la costanza dei santi...».

Ecco l'interpretazione geovista. I santi rappresentano i TdG i quali «tormentano» gli altri

uomini («coloro che adorano la bestia»). La «bestia» sarebbe il simbolo degli Stati e delle Religioni. Il tormento a cui i TdG sottopongono gli altri uomini consiste nella predicazione fatta di casa in casa: una predicazione continua e martellante della «fine del mondo» e che non deve dar riposo «né giorno né not-te» agli altri uomini (speriamo che si limitino a «tormentarci» solo di giorno!). Naturalmente i «malvagi» cercano di non far-si «tormentare», imponendo il silenzio ai TdG e «perseguitan-doli». I TdG, però, non devono scoraggiarsi, devono continuare a «tormentare» gli altri uomini con costanza («qui appare la costanza dei santi»).5

La stessa interpretazione, ma in chiave anticlericale, viene

' Cf È questa vita tutto quello che c'è?, Ed. 1975, pagg. 121-122.

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data alla parabola di «Lazzaro e il ricco epulone» (Luca 16, 19-31). Il ricco epulone rappresenta i farisei e quindi i preti cri-stiani; Lazzaro rappresenta le persone umili (non i poveri!)6 del tempo di Gesù e quindi i TdG. Il «seno di Abramo» in cui va Lazzaro, dopo la morte, rappresenta il favore divino accordato ai TdG «su questa terra paradisiaca»; i tormenti del ricco nel fuoco dell'inferno sono «gli infuocati messaggi del giudizio di Dio, proclamati dai discepoli di Gesù» che angustiavano e tormentavano i capi religiosi ebrei e corrispondono ai tormenti del Clero cristiano, provocati dalla predicazione della «verità», fatta dai TdG.7

In altri termini. «Con questa parabola, Gesù intendeva par-lare dei TdG, da Lui incaricati, dopo il 1918 [sarebbe proprio la data a cui pensava l'evangelista!] di tormentare continuamente gli uomini increduli, specialmente il Clero cristiano, con l'an-nuncio esplicito e non annacquato [questo sarebbe il significa-to della goccia d'acqua con cui Pepulone chiede ad Abramo che gli si rinfreschi la lingua] della imminente "fine del mondo". Insomma, tutte le volte che la Bibbia parla di «fuoco eterno» indicherebbe solo la vocazione dei TdG a «tormentare» gli altri uomini con la loro predicazione».8

6 «L'allegoria della parabola viene spostata dai TdG su un piano diverso da quel lo originario, perché il ricco del racconto era, per Gesù, proprio il simbolo dei ricchi egoisti, e la parabola commenta il capovolgimento delle situazioni umane e dei rappor ti tra poveri e ricchi davanti al giudizio di Dio (si confrontino i "guai" contro i ricchi in Luca 6,20-26). L'ideologia veterotestamentaria per cui la ricchezza è indice di bene dizione divina è alla base dell'"esegesi" geovista. Alla luce del Vecchio Testamento viene, come sempre, letto e annullato il Nuovo Testamento. Vi è nei TdG una specie di ossessione di fronte al messaggio evangelico della povertà; è un atteggiamento tipico della psicologia americana che può, al massimo, rivolgere a Dio questa preghiera: "Non mi dare né povertà né ricchezza" (Prv 30,8). Con tale presupposto viene appunto ma nipolata la parabola del "ricco epulone" (GRAMAGLIA, op. cit., pag. 92).

7 Cf È questa vita tutto quello che c'è?, Ed. 1975, pagg. 98-109. ' P.A. GRAMAGLIA, op. cit., pag. 93.

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CAPITOLO QUINTO

TESTI ESCATOLOGICI

Per i TdG, come per tutte le altre sètte catastrofico apocalittiche, la «fine del mondo» è un bisogno psicologico vitale, la spinta emotiva che fa «marciare» il gruppo e ne garantisce la sopravvivenza. La «fine» deve essere sentita sempre come imminente, per mantenere vivo l'ardore del fedele Testimone.

L'escatologia, dunque, è il fondamento di tutta la dottrina geovista ed è costruita sulla base del seguente testo:

GENESI 2,2

TRADUZIONE GEOVISTA «E il settimo giorno Dio

giunse al compimento dell'o-pera che aveva fatta, e si ri-posava il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fat-ta».

TUTTE LE ALTRE «Allora Dio, nel settimo

giorno, portò a termine il la-voro che aveva fatto e sì ri-posò (cessò), nel settimo gior-no, da ogni lavoro che aveva fatto».

Il verbo ebraico «vayshbòth» è un passato remoto («si ri-posò»), ma viene tradotto dai geovisti con un imperfetto («si riposava»). '

Non è un errore innocuo, come potrebbe sembrare, perché sulla base di questo imperfetto è costruita tutta la cronologia biblica geovista.

Secondo il Geovismo, infatti, il riposo di Dio non sarebbe

1 Per un'approfondita trattazione di questo argomento v. A. AVETA - W. PALMIERI, op. cit., pagg. 84-89.

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finito, ma continuerebbe ancora. Per rendere l'idea di questo «riposo» che non è ancora finito ma che continua, il verbo «vay-shbòth» che, come abbiamo detto, è un passato remoto, viene tradotto con un imperfetto. Il passato remoto, infatti, indica un'azione conclusa, terminata. L'imperfetto, invece, indica un'azione compiuta ma non definitivamente, un'azione ancora in corso. Dopo questa premessa, basta su un'errata traduzione di «vayshbòth», si passa all'interpretazione della settimana creativa.

1 giorni della settimana creativa sono simbolici. Un «gior no» starebbe per 7.000 anni.2 Quindi Dio avrebbe creato l'uni verso in 42.000 anni (7.000x6). E all'inizio del settimo giorno della durata di 7.000, Dio avrebbe cominciato a riposarsi. Ma possiamo sapere l'anno in cui è iniziato il settimo giorno del riposo divino? Certo! Dio avrebbe creato Adamo e poi iniziato a riposarsi nell'autunno del 4026 a.C.!3

La data della creazione di Adamo è ricavata da un calcolo fatto sulle genealogie dei patriarchi biblici (Genesi 5,1-32; 11,

2 Naturalmente, in nessuna parte della Bibbia è scritto che un «giorno» è uguale a 7.000 anni. L'equivalenza è motivata dagli scritti apocrifi.

3 «Anche i dati scientifici vengono manipolati a sostegno dei due dogmi intoccabi li: a) l'uomo è apparso sulla terra nel 4026 a.C; b) gli uomini preistorici o non sono esistiti o sono vissuti tra il 3000 e il 2000 a.C. Il diluvio universale sarebbe iniziato nel novembre del 2370 a.C. L'acqua avrebbe ricoperto tutti i monti della terra; l'enorme pressione fece sollevare catene di montagne e si sarebbero formati gli oceani attuali. E tutto questo dopo il 2370 a.C. Ciò sarebbe confermato dalle ricerche scientifiche... Tutto ciò è un'autentica presa in giro... Ma non è questo l'unico caso in cui nei loro scritti viene gabbata la semplicità del lettore, spesso simpatizzante ingenuo e, non po che volte, sprovveduto. Così, ad esempio, l'arca di Noè è presentata come una nave in cui ci stavano tutti, ma proprio tutti, gli animali, esclusi i delfini e le balene; e chi non crede che l'arca fosse proprio così, è figlio di... Satana!» (P.A. GRAMAGLIA, op. cit., pag. 73).

Naturalmente, i TdG conoscono con precisione le date di tutti gli avvenimenti bi-blici. La Torre di Babele sarebbe del 2189 a.C. È in quest'anno che sarebbero comparsi sulla terra lo spiritismo, la dottrina della trinità, la fede nei morti e l'astrologia. Nel 1513 a.C. Mosè, che allora si trovava in Egitto, cominciò a scrivere la Bibbia, serven-dosi degli appunti di Adamo! I dieci comandamenti, invece, furono consegnati da Dio nel maggio (il giorno non l'hanno ancora scoperto) del 1513 (Cose nelle quali..., pag. 272). Tutta la cronologia biblica è «costruita» in funzione del 1914 d.C, anno d'im-portanza fondamentale nel sistema dottrinale geovista. La distruzione del regno d'I-sraele viene fissata al 740 a.C, la distruzione di Gerusalemme e del tempio al 607 a.C. Sono date inesatte; basta consultare un libro di storia o un'enciclopedia per rendersene conto.

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10-26) i cui numeri vengono presi alla lettera. Stabilito, quindi, che l'inizio del settimo «giorno» di 7.000 anni cade nell'autun-no del 4026 a.C., la fine dello stesso giorno verrebbe a cadere nel 2975 d.C.

Entro questo «giorno» di 7.000 anni del «riposo» di Dio si svolgerebbe la storia umana, divisa anch'essa in 7 giorni sim-bolici, della durata di 1.000 anni ciascuno. Il fondamento per quest'altra interpretazione di «1 giorno = 1.000» il Geovismo 10 troverebbe nei seguenti testi.

In Genesi 2,17 Dio dice ad Adamo: «Nel giorno4 in cui man-gerai del frutto dell'albero morirai».

È chiaro, dicono i «biblisti» di Brooklyn, che qui «giorno» è simbolico perché Adamo è morto molti anni dopo aver peccato.

Nel Salmo 90 è scritto: «Ai tuoi occhi mille anni sono come 11 giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte».5

Anche Pietro scrive: «Davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo» (2 Pietro 3,8).

Dunque, ragionano i TdG, il «giorno» di Genesi 2,17 sta per «1.000 anni». E infatti, dicono, Adamo morì a 930 anni, cioè nello stesso «giorno» in cui peccò.

La storia umana, iniziata nell'autunno del 4026 a.C. durerà dunque 7.000 anni, e quindi finirà nell'autunno del 2975 d.C, data che, come abbiamo riferito, coinciderebbe con la fine del «giorno» di 7.000 anni del «riposo» di Dio.

Ma la fine della storia umana sarà preceduta dal Regno di Cristo che durerà ugualmente 1.000 anni. Gesù, infatti, dopo la sua risurrezione, fu innalzato in cielo ma non prese subito possesso del suo Regno. Dovette aspettare fino al 1914 d.C. In

4 L'espressione ebraica «beyòm» (nel giorno) ha valore avverbiale e significa «quan-do» («quando tu ne mangiassi, certo moriresti» CEI), o «qualora» («qualora tu ne man-gerai, di certo morrai» [Nardoni]). I geovisti traducono alla lettera («nel giorno») per potergli poi dare il valore simbolico di 1.000 anni.

! II senso di questo versetto è evidente. Si vuoi dire che di fronte all'eternità di Dio, mille anni sono come un giorno oppure come un turno di guardia di notte ( = tre ore). Il fatto stesso che i mille anni sono paragonati, nello stesso versetto, a un gior-no oppure a tre ore, sta ad indicare che non si tratta di equivalenza matematica. Vuoi dire semplicemente: i tempi che per noi sono lunghi, per Dio sono brevi o brevissimi.

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quell'anno, infatti, Gesù combattè contro Satana, che la face-va da padrone. La battaglia fu vinta da Cristo che, finalmente, dopo aver aspettato quasi 2.000 anni, potè cominciare a regna-re. Cominciò, così, la «presenza» (parusia) di Cristo.6 Tutto que-sto accadde nei cieli ma «in modo invisibile ai nostri occhi umani».

Ma perché proprio nel 1914? Perché in quell'anno si sono verificati fatti terribili (guerra, terremoti, inondazioni, ecc), pro-vocati da Satana, gettato sulla terra da Gesù proprio in quel-l'anno. Questi fatti disastrosi sarebbero proprio quelli cui allu-de Gesù in Matteo 24,15-35 e che preludono alla fine del mon-do: una fine vicinissima, perché Gesù dice: «Non passerà que-sta generazione prima che tutto ciò avvenga». A quale genera-zione si riferiva Gesù? Senza dubbio, dicono i TdG, Gesù si ri-feriva alla generazione del 1914. Il Geovismo si preoccupa, al-lora, di far notare che dal 1914 il mondo è diventato sempre più cattivo e, a partire da quell'anno, fa la collezione di tutte le notizie catastrofiche (crudeltà, sventure, guerre, terremoti, ecc), causate appunto dall'odio di Satana che, da quell'anno, domina la terra.

Satana ha al suo servizio le Chiese cristiane e gli Stati, so-prattutto la Chiesa Cattolica e l'ONU. Ma Satana e i suoi se-guaci hanno i giorni contati. Geova provocherà una spavento-sa guerra tra gli uomini e massacrerà tutti quelli che non sono Testimoni di Geova. L'operazione di sterminio sarà diretta per-sonalmente da Cristo, «Maresciallo di campo» di Geova. Quan-do avverrà questo? I calcoli fatti sulla Bibbia dalla «Società Torre di Guardia» fissavano la «fine del mondo» per l'autunno del 1975, perché proprio in quell'anno scadeva il sesto millennio della creazione di Adamo e quindi della storia umana.7

Come mai nel 1975, la «fine del mondo», attesa con ansia dai TdG, non ha avuto luogo? Evidentemente c'è stato un er-rore di calcolo. Infatti, qualche mese dopo, arriva da Brooklyn la spiegazione della mancata «fine del mondo». Si sono sba-

6 V. pagg. 113-121. 7 V. pagg. 19-20.

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gliati perché hanno cominciato a contare gli anni dalla creazio-ne di Adamo. Ma Geova non ha cominciato a riposarsi dopo la creazione di Adamo, bensì dopo la creazione di Èva.

«La Bibbia, infatti, dice chiaramente che tra la creazione di Adamo e quella di sua moglie Èva ci fu un certo lasso di tempo: pertanto non sappiamo esattamente quando cominciò il grande giorno di Geova né sappiamo esattamente quando finirà» (La Torre di Guardia, 15.3.1976).

Comunque, prima che scompaia la generazione del 1914, la grande battaglia di Harmagedon avrà luogo.

In questa terribile battaglia, tutti quei poveracci che non han-no accettato il messaggio dei TdG subiranno lo «stroncamento eterno», cioè saranno annientati e su questa terra resteranno solo i TdG. Cosa succederà dopo la grande battaglia? I TdG, Bib-bia alla mano, ci assicurano che i corpi dei morti non saranno sepolti ma per evitare il diffondersi di epidemie tra i TdG so-pravvissuti, Geova non troverà di meglio che mandare gli av-voltoi a divorare i cadaveri:

«Ci sarà un'abbondanza di cadaveri di uccisi di ogni rango, nazionale e militare, perché se ne sazino gli uccelli da preda... le ossa degli uccisi nemici di Dio saranno ripulite dagli uccelli da preda. Questo servirà anche da misura sanitaria, per elimi-nare dalla terra il cattivo odore dei cadaveri umani in putrefa-zione e per prevenire la contaminazione dell'acqua e dell'aria e il diffondersi di malattie ai superstiti di questa guerra di Har-Maghedon» (Babilonia la Grande è caduta, Brooklyn 1972, pag. 187).

Naturalmente, si porrà per Geova il problema di trovare tanti uccelli da preda che divorino, in poche ore, circa quattro mi-liardi di cadaveri. Ma Geova è onnipotente e non rinuncerà al suo «grande pasto serale».

Lo spettacolo degli avvoltoi intenti a far scempio dei cada-veri degli odiati «nemici» riempirà di gioia il cuore dei TdG, i quali mangeranno con gli occhi ciò che gli avvoltoi divoreran-no con le fauci come, con l'italiano di Brooklyn, è spiegato nel seguente testo:

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«Per i loro occhi di apprezzamento sarà tanto un banchetto come lo sarà in senso letterale per i selvaggi uccelli da preda... Si sazieranno vedendo questa gloriosa rivendicazione della so-vranità universale dell'Iddio Altissimo, Geova» (Ivi, pagg. 187-190).

A ripulire le ossa dai pezzettini di carne lasciati dagli avvol-toi penseranno i vermi, come ci informa il «catechismo» per i bambini Testimoni:

«Per ogni carne sopravvissuta, i cadaveri saranno disgustanti, odiosi. I vermi non cesseranno di brulicare sui milioni di cada-veri finché non saranno consumati fino all'ultimo» (Dal Para-diso perduto al paradiso riconquistato, Brooklyn 1959, pag. 210).

Dopo gli avvoltoi e i vermi, sarà la volta dei TdG, unici so-pravvissuti al massacro, i quali

«saranno lieti di seppellire le ossa dei malvagi che saranno rimaste, purificando così la terra» (Babilonia la Grande..., pag. 190).

Le ossa umane insepolte deturperebbero il paesaggio per-ciò, per sette mesi consecutivi, ogni TdG avrà il suo mucchietto di ossa da seppellire ma «senza provare compassione perché Geo-va non lo vuole»:

«Le ossa non abbelliscono la terra. Quindi per sette mesi pro-fetici i superstiti di Armaghedon raccoglieranno le ossa e le sep-pelliranno... Le ossa non saranno seppellite per altra ragione che per purificare il paese» (Dal Paradiso..., pagg. 210-211).

Non sarà facile per circa tre milioni di TdG seppellire, in sette mesi, le ossa di circa quattro miliardi di persone, sparse per tutta la terra ma tanta fatica sarà ricompensata dal botti-no. Tutte le cose dei «figli di Satana» uccisi diventeranno pro-prietà dei TdG:

«Qualsiasi cosa materiale Geova abbia loro permesso di ac-quistare passerà da loro, finendo nelle mani dei nemici» (La Tor-re di Guardia, 15.1.1980, pag. 20).

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I «nemici» ovviamente sarebbero i TdG sopravvissuti. Intanto un gruppetto di privilegiati tra i TdG andrà in cielo

a far parte dei 144.000 (il primo gruppo appartenente ai 144.000 e comprendente Russell e alcuni membri del CD è entrato in cielo nel 1918). Tutti gli altri Testimoni resteranno sulla terra, non più «deturpata» dalla presenza dei «figli di Satana».

Qualche giorno dopo la battaglia di Harmaghedon, comin-cerà la risurrezione dei morti, ma non tutti in una volta. Prima risorgeranno le «pecore», cioè i TdG morti prima della grande battaglia, poi toccherà agli altri uomini che risorgeranno a sca-glioni per non creare problemi di sovraffollamento:

«Non torneranno tutti una volta, cioè in un giorno di venti-quattro ore... Il ritorno dei morti causerà problemi e obblighi per quelli che saranno in vita sulla terra... Quelli che saranno tornati alla vita sulla terra avranno bisogno di aiuto e sarà loro dato perché si adattino al giusto nuovo ordine di cose» {Cose nelle quali è impossibile..., pagg. 370-371).

Ma quanti saranno i morti che risorgeranno? A Brooklyn pensano che da Adamo fino ad oggi siano vis-

suti sulla terra 14 miliardi di persone. Quando questi 14 miliar-di di persone vissute prima di noi risorgeranno, potranno di-sporre di 10.000 metri quadrati di terra ciascuno:

«...la popolazione totale in tutta la storia umana si potreb-be calcolare di circa 14 miliardi di persone. La superficie di asciutto sulla terra è di oltre 145 milioni di chilometri quadrati. Questo consentirebbe più di diecimila metri quadrati per perso-na. Non solo questo provvederebbe spazio per produrre da man-giare, ma permetterebbe anche di avere foreste, monti e così via, senza indebito affollamento nella terra paradisiaca» {Verapace e sicurezza, Brooklyn 1973, pag. 108).

Ma Geova dovrà risolvere un altro grande problema. Se nel futuro mondo si continuerà a nascere ma nessuno più

morirà, nel giro di pochissimi anni i 14 miliardi di abitanti rad-doppieranno, poi triplicheranno e sarà impossibile trovare spa-zio per tanta gente.

A Brooklyn hanno pensato anche a questo. Nel futuro pa-

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radiso terrestre solo i TdG avranno il privilegio di procreare. A coloro che non hanno avuto la fortuna di diventare Testimo-ni di Geova verrà negato questo privilegio cioè «non prende-ranno né moglie né marito secondo quanto afferma Luca 20,35»! Inoltre, maneggiando la Bibbia con disinvolta padronanza, han-no stabilito che, non appena la popolazione avrà raggiunto il numero di 15 miliardi, Geova renderà di colpo tutti sterili, co-sicché non ci saranno più nascite e tutti vivranno tranquilli.

Ma come vivranno gli abitanti di questo nuovo mondo? Avranno da Geova quanto di più bello un uomo possa desi-

derare, tutto quello che abbiamo sempre sognato: belle case, giardini, parchi. I leoni, le tigri e tutte le fiere da animali carni-vori torneranno ad essere erbivori e pacifici.8 Ma la cosa più meravigliosa sarà la giovinezza perenne. Non ci saranno più né bambini né vecchi. I primi perché non nasceranno più dato che, come abbiamo riferito, Geova renderà tutti sterili; i secondi per-ché diventeranno giovani. Anche l'ambiente naturale sarà mi-gliore.9

* Era opinione di Rutherford che le belve siano diventate feroci per colpa del Dia-volo che avrebbe istigato Nimrod e gli altri cacciatori postdiluviani a perseguitare ed uccidere gli animali i quali «per la propria difesa e per salvarsi divennero feroci ed im-pararono ad aggredir l'uomo. Così fu che il Diavolo, a mezzo di uomini empi come Nimrod, fece diventare feroci molte bestie selvagge» (Salvezza, pag. 282). Quindi il leone, la tigre, l'orso, i rapaci, lo squalo ecc. prima di venir braccati ed uccisi erano assolutamente mansueti e perfettamente vegetariani. Naturalmente il «giudice» non spiega come mai le lepri, le quaglie e i cerbiatti, pur essendo spietatamente braccati ed uccisi non divennero feroci e non aggredirono mai gli uomini. O dobbiamo credere che il pa-cifico Rutherford sia stato morsicato da una lepre o inseguito da una quaglia?

«In migliaia di pubblicazioni, la Società Torre di Guardia sforna immagini va-riopinte di questo paradiso da società dei consumi. E tutto a colori, splendidi colori. Le immagini sono talmente verosimili da sembrare filmate o, meglio, tutto è talmente ben dipinto che vien da credere che i disegnatori vi abbiano realmente soggiornato. Molte persone ingenue ed incolte si lasciano facilmente abbindolare dall'arcano fascino esercitato da questa astuta rappresentazione iconografica: paesaggi stupendi con monti innevati, foreste e boschi lussureggianti, verdi vallate percorse da ruscelli limpidi e ridenti, prati fioriti punteggiati qua e là da miti pecorelle, rupi, anfratti e macchie di verde ombreggiati da alberi secolari. Non si scorgono città ma solo graziose villette unifamiliari, immerse nel verde di alberi fronzuti... Abbondano dappertutto animali selvatici quali: leprotti, caprioli, uccelli variopinti, nonché leoni mansueti e tigri case-recce che giocano con bimbi deliziosi e riderelli. Mancano Biancaneve e i sette Nani

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Per mantenersi sempre in ottima salute e restare immortali, i «beati» risuscitati da Geova dovranno però sottoporsi a delle cure farmacologiche miracolose, fornite dalle farmacie del pa-radiso terrestre, altrimenti potrebbero morire di nuovo e Geo-va sarebbe costretto a risuscitarli una seconda volta:

«Qualunque "farmaco" il governo mondiale somministri, la sua assistenza produce meraviglie. Infine recherà la perfezio-ne umana» (Il nostro prossimo governo mondiale, Brooklyn 1977, pag. 8).

ma si ha l'impressione che stiano per sbucar fuori da qualche macchia fiorita. I «beati» abitatori di questo Eden prefabbricato sono tutti bellissimi e sprizzano gioia da tutti i pori; colgono fiori, coltivano ortaggi o discorrono amabilmente standosene molle-mente adagiati sull'erba soffice dei prati. Tutti, indistintamente, ridono gaiamente mettendo in mostra dentatute perfette e bianchissime... E poi: frutta! Molta frutta! Dipinta alla perfezione, da sembrare vera: uva, mele, pere, fragole, banane, ananas e pomi esotici assai gradevoli a vedersi. I «beati» mangiano tanta frutta con evidente godimento (raramente si scorge del latte e del formaggio); probabilmente mangiano anche ortaggi, visto che vengono coltivati, ma i disegnatori puntano tutto sulla frutta assai più seducente a vedersi. Pensate: un'eternità di broccoli e banane! Che prospettiva meravigliosa! Questo è, dunque, il paradiso geovista: lavoro interessante, frutta, verdura e conversazioni dilettevoli. E per l'eternità! Ma hanno idea i TdG che cosa voglia dire la parola «eternità»? L'eternità non consiste in un milione di anni, né in un miliardo, né in mille miliardi di anni; l'eternità non avrà mai fine. Se il paradiso ortofrutticolo dei TdG si avverasse è d'obbligo pensare che dopo un milione di anni ogni essere umano conoscerà a menadito ogni angolo della terra. Dopo cento milioni di anni, avrà contato i granelli di sabbia di tutti i mari... Dopo un miliardo di anni avrà individuato e battezzato tutte le stelle del cielo e dopo dieci miliardi di anni conoscerà a memoria tutti i crocicchi dell'universo. Dopo cento miliardi di anni, avrà studiato, scritto, inventato, costruito, dipinto, intagliato, scolpito, miniato, tutto quello che c'era da studiare e da realizzare... Ogni essere umano, soprattutto, avrà ingerito milioni di tonnellate di frutta, ortaggi e verdura che avrà dovuto digerire ed evacuare giorno dopo giorno della sua povera vita da consumista. E tutti questi pereagricoli avvenimenti si svolgeranno in un mondo di adulti perché ad un certo punto Geova renderà di colpo tutti sterili. Ciononostante i disegnatori americani continuano a dipingere un paradiso terrestre popolato da graziosissimi bimbi (fanno tanta tenerezza e il tutto risulta più vendibile). Ma, dopo un certo tempo, poco o molto non importa, i poveri condannati ai broccoli perpetui non ne potranno più ed invocheranno la morte pur di uscire da questo incubo ortofrutticolo e, se non la otterranno, se la procureranno cessando semplicemente di mangiare le policrome delizie. Frutta e verdura? No, grazie! Gesù Cristo ha promesso il Regno dei Cieli a tutti i credenti» (S. DE PAOLIS, Sarebbero divertenti se non fossero impertinenti, Pescara 1991, pagg. 12-14).

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Naturalmente, i «beati» parleranno tutti una sola lingua: l'e-braico. Sarebbe stata la lingua con cui si esprimevano Adamo ed Èva e che era stata insegnata ad essi da Dio stesso:

«È la lingua originale del genere umano, che tutti parlarono sulla terra per i primi milleottocento anni di esistenza umana. Quella lingua originale... non si estinse mai... e fu preservata anche nel più grande libro che esista sulla terra» (Ivi, pag. 6).

Ci sarà un'unica nazione: «Le distinzioni nazionali scompaiono! Nessuno è cittadino

di questa o quella nazione. Tutti sono cittadini del mondo, sì, cittadini di un mondo nuovo» (Ivi, pag. 6).

I cittadini di quest'unica grande nazione potranno, però, fare dei «viaggi all'estero». In questo caso, non avranno bisogno di documenti e formalità:

«L'unità della lingua facilita i viaggi all'estero... Com'è me-raviglioso, com'è facile non aver più bisogno di un passaporto! Non le occorre un certificato sanitario; non deve attraversare confini internazionali e sottoporsi al controllo doganale. Non ci sono tasse sulle importazioni. Non c'è da preoccuparsi di cal-colare il cambio del denaro» (Ivi, pagg. 6-7).

Naturalmente i «beati» non staranno in ozio ma dovranno occupare... il tempo (un'eternità!) che hanno a disposizione. Ad ognuno di essi sarà assegnato un ettaro di terra da coltivare. Saranno, poi, impiegati nei lavori di edilizia, sistemazione del paesaggio, giardinaggio, attività didattiche, arte, musica. Insom-ma, una vita comodissima e felicissima. E per l'eternità!

Quando tutti i morti saranno risorti, incomincerà il millen-nio del Regno di Cristo e il giudizio. Il «giorno» del giudizio durerà mille anni e i risorti verranno giudicati non su quanto avevano già fatto ma su quanto faranno durante i mille anni del «giorno» del giudizio.10

10 In Giovanni 5,28-29 è scritto: «Viene l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepol-cri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una resurrezione di vita e quanti fecero il male per una resurrezione di condanna». I risorti, quindi, ver-

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Allo scadere del millennio, gli abitanti del nuovo mondo sa-ranno sottoposti alla prova finale, che consisterà nel dare a tut-ti la possibilità di diventare Testimoni di Geova. Chi accetterà, otterrà la vita eterna su questa terra, con tutte le delizie sopra elencate; chi non accetterà sarà nuovamente e definitivamente annientato (la seconda morte).

È una costruzione grandiosa, una storia tragicomica che in-teressa più allo psicologo che al biblista. Per la critica ai singoli punti dell'escatologia geovista, rimandiamo il lettore alle molte pubblicazioni esistenti. Ci limitiamo a fare qualche conside-razione sulla teoria più fantasiosa del Geovismo: i 144.000.

Il genere apocalittico abbonda di numeri, specie del nume-ro 7, del numero dodici e dei loro multipli, usati sempre in sen-so allegorico. Tutti gli studiosi sono d'accordo nel ritenere sim-bolico il numero 144.000 di Apocalisse 1,4-9-1 TdG considera-no simbolici gli addendi e reale la loro somma.

Ecco il testo e, tra parentesi, l'interpretazione geovista: «"Poi udii il numero

144.000 (numero reale) (espressione simbolica) 5dalla tribù di Giuda dalla tribù di Ruben dalla tribù di Gad 6dalla tribù di Aser dalla tribù di Neftali dalla tribù di Manasse 'dalla tribù di Simeone dalla tribù di Levi dalla tribù di Issacar Malia tribù di Zabulon

di coloro che furono segnati col sigillo: segnati da ogni tribù dei figli d'Israele

12.000 (numero simbolico) 12.000 (numero simbolico) 12.000 (numero simbolico) 12.000 (numero simbolico) 12.000 (numero simbolico) 12.000 (numero simbolico) 12.000 (numero simbolico) 12.000 (numero simbolico) 12.000 (numero simbolico) 12.000 (numero simbolico)

ranno giudicati sul bene e sul male fatto prima di morire e non su quello che faranno dopo la risurrezione, come sostiene il geovismo. «Quanti fecero il bene» e «quanti fe-cero il male» è al passato. Nel testo greco è adoperata la forma dell'aoristo («poièsan-tes... pràxantes») che esprime azione passata, circoscritta e che attesta che «il fare il bene» e «il fare il male» risale ad un tempo anteriore all'uscita dai sepolcri (cf Efesini 6,8).

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dalla tribù di Giuseppe 12.000 dalla tribù di Beniamino 12.000

144.000 'Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno

poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello...».

In un contesto simbolico, perché solo un numero dovrebbe essere preso in senso letterale? Come può la somma di dodici numeri simbolici dare un numero reale? O si prende tutto alla lettera e allora avremo centoquarantaquattromila ebrei («centoquarantaquattromila segnati da ogni tribù dei figli d'Israele») o si prende tutto in senso simbolico. Per i TdG, «centoquarantaquattromila» è da prendere in senso letterale e «da ogni tribù dei figli d'Israele» in senso simbolico. Il metodo d'inter-pretazione geovista è arbitrario. Non è la logica a dettare l'in-terpretazione ma l'esigenza di salvare una dottrina precostituita, che vuole che i cristiani perfetti, chiamati a regnare con Cristo in cielo, siano solo centoquarantaquattromila.

I TdG ritengono che sia logico prendere il numero cento-quarantaquattromila come reale, perché è contrapposto alla «moltitudine immensa» o «grande folla» del v. 9. Questa «gran-de folla» — dicono i TdG — rappresenta tutti coloro che sono destinati a vivere sulla terra (Regno di Dio), mentre i centoqua-rantaquattromila vivranno in cielo (Regno dei cieli).

Ma questa distinzione tra «Regno dei cieli» per i centoqua-rantaquattromila e «Regno di Dio» per la «grande folla» è, bi-blicamente, infondata.

Nella Bibbia, le formule «Regno di Dio» e «Regno dei cie-li» si identificano, come risulta dai seguenti testi:

MATTEO

«Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Gio-vanni il Battista; tuttavia, il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui» (11,11).

LUCA

«... tra i nati di donna non c'è nessuno più grande di Giovanni; però il più piccolo nel regno di Dio è più gran-de di lui» (7,28).

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(numero simbolico) (numero simbolico) (numero reale)

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«...difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli» (19, 23-24).

«Molti verranno dall'o-riente e dall'occidente e sie-deranno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli... mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre» (8,11-12).

«Quant'è difficile per co-loro che possiedono ricchez-ze entrare nel regno di Dio! È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio» (18,24-25).

«Là ci sarà pianto e stri-dor di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio» (13,28-29).

Come si può constatare, là dove Luca parla di «regno di Dio», Matteo parla di «regno dei cieli». Abramo, Isacco e Gia-cobbe non sono destinati al paradiso terrestre ma al «regno dei cieli» {Matteo 8,11) detto anche «regno di Dio» {Luca 13,28). Dunque, «regno dei cieli» e «regno di Dio» sono la stessa cosa.

Se è arbitraria la distinzione tra «regno di Dio» e «regno dei cieli», è antibiblica la dottrina secondo cui centoquaranta-quattromila vivranno nel «regno dei cieli» e tutti gli altri sulla terra. La Bibbia non dice che la «grande folla» vivrà sulla terra ma che tutti i componenti di essa «stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello» {Apocalisse 7,9), cioè in cielo. I TdG rispondono: «davanti al trono» significa «al cospetto di Dio»; questo non vuoi dire necessariamente che la «grande folla» sia in cielo, perché si può essere al cospetto di Dio in senso spirituale.

Rispondiamo che le formule «essere al cospetto di Dio» e «essere in piedi davanti al trono» non sono identiche. La prima può significare tanto «essere in cielo» quanto «essere al cospet-to di Dio» in senso spirituale. Ma l'espressione «essere in piedi

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davanti al trono» di Dio significa sempre «essere in cielo» dove sta il trono di Dio. Una formula analoga si trova al capitolo 11, dove si parla di sette angeli «ritti davanti a Dio» (Apocalis-se 11,22). Lo stesso contesto lascia capire chiaramente che «es-sere in piedi davanti al trono» di Dio significa «essere in cielo», perché tutta la scena si svolge in cielo e niente lascia intendere che, per la «grande folla», lo «stare in piedi davanti al trono» significhi «stare sulla terra».

Ma supponiamo che l'interpretazione geovista sia giusta e che in cielo vadano solo 144.000 persone.11 Chi sarebbero questi cristiani perfetti, soli degni di regnare con Cristo in cielo? Tra i centoquarantaquattromila figurerebbero gli Apostoli e Maria. E Giuseppe, lo sposo di Maria e padre putativo di Gesù? Lui no! Per lui niente cielo. Lui non è degno di stare accanto alla sposa e a Gesù, perché è morto prima di Cristo e quindi non ha fatto in tempo ad entrare nel nuovo patto concluso da Gesù con la sua morte sul «palo». Giuseppe, l'«uomo giusto» (Matteo 1,19), vivrà, insieme al buon ladrone, nel «paradiso ter-restre». Per lo stesso motivo, anche Abramo, Giacobbe, Mosè, Isaia e tutti i patriarchi e profeti dell'Antico Testamento non hanno meritato di far parte dei centoquarantaquattromila. An-che per loro è riservata la vita eterna su questa terra che «colti-veranno come un paradiso».

Ma se, per andare in cielo, bisogna essere morti dopo il sa-crificio di Cristo, ci sembra ovvio che facciano parte dei cento-quarantaquattromila i martiri, uccisi per la fede, durante le per-secuzioni. Invece «La Torre di Guardia» ci informa che neppu-re i martiri sono veri cristiani:

" Tra le amenità insegnate dal CD, la più divertente è, senza dubbio, quella che si può leggere a pag. 159 di Sia Dio riconosciuto verace (Ed. 1952). In questo piacevole libro, gli americani del CD scrivono che Dio può essere chiamato «Padre» in senso proprio solo dai 144.000 (i TdG di serie A). Tutti gli altri TdG (quelli di serie B, desti-nati a vivere sulla terra) possono chiamare Dio col nome di «Padre» solo in senso im-proprio, perché questi non sono figli di Dio ma «figli di Gesù Cristo» e, quindi, sono «nipoti di Dio». Se i normali TdG sono nipoti di Dio, è logico che Dio è il loro nonno. Quindi, Dio sarebbe il Padre dei TdG che andranno in cielo e il nonno dei TdG che rimarranno sulla terra. Infatti, dicono a Brooklyn, «nella Scrittura, il nonno spesso è chiamato padre».

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«È bene ricordare che la morte di martire, di per se stessa, non diede alla persona merito dinanzi a Geova né le garantì che divenisse membro del regno celeste... Che uno asserisca di esse-re cristiano e perfino muoia per il suo credo non significa di per sé che sia un approvato servitore di Geova... Pertanto, il fatto che oggi ci sia ancora un rimanente dei 144.000 sulla terra, mo-strerebbe che fino a questo ventesimo secolo meno di 144.000 terminarono il loro corso terrestre nella fedeltà» (La Torre di Guardia, 15.9.1975, pag. 575).

In quasi duemila anni di cristianesimo, i veri cristiani sareb-bero stati meno di centoquarantaquattromila e neppure i mar -tiri possono chiamarsi cristiani!12

Ma se non sono degni di appartenere ai centoquarantaquat-tromila i Patriarchi e i Profeti, se non sono veri cristiani i mar-tiri che, per amore di Cristo, hanno dato la vita, chi può defi-nirsi cristiano? «La Torre di Guardia» ci assicura che i veri cri-stiani, appartenenti ai centoquarantaquattromila, sono Russell, Rutherford, Knorr, i membri del CD e qualche altro, tutti TdG e, per lo più, maschi.

Mosè, Isaia, Geremia, Giovanni Battista e i martiri di Cri-sto, sulla terra a fare gli agricoltori; Russell, Rutherford e com-pagni, in cielo con Cristo!

Gli americani non finiscono mai di stupirci.

«Poiché come il lampo viene dalle parti orientali e ri-splende fino a quelle occiden-tali, così sarà la presenza del Figlio dell'uomo».

oriente e brilla fino ad occi-dente, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo».

12 II motivo è evidente. Includendo le migliaia di martiri, morti per Cristo, si ot-terrebbe un numero superiore di molto al numero chiuso 144.000 e per i membri del CD di Brooklyn non ci sarebbero più «posti liberi».

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MATTEO 24,27 TRADUZIONE GEOVISTA TUTTE LE ALTRE

«Come la folgore viene da

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Tutte le Chiese cristiane credono che Cristo tornerà, alla fi-ne dei tempi, in modo visibile a tutti e glorioso.

La «Società Torre di Guardia» crede, invece, che Cristo sia tornato in forma invisibile, e quindi sarebbe già presente. Il Geo-vismo cerca di fondare questa teoria sulla parola «parusia», che è il termine usato dalla Scrittura per indicare il ritorno di Cristo.

«Parusia» può avere due significati: «presenza» o «venuta, arrivo».

I TdG ragionano nel modo che già conosciamo: poiché spesso «parusia» significa «presenza», deve avere sempre questo signi-ficato. Tutte le volte che nel Nuovo Testamento compare la pa-rola «parusia» o il verbo corrispondente «pàreimi», anche in testi non dottrinali, i geovisti traducono «presenza» o «essere presente», senz'altra preoccupazione se non quella di evitare le parole temute «venuta, venire».

Ecco un esempio: Filippesi 1,25-26.

TRADUZIONE GEOVISTA «.. .50 che rimarrò e dimo-

rerò con tutti voi per il vostro progresso e la gioia che ap-partiene alla (vostra) fede, af-finchè la vostra esultanza tra-bocchi in Cristo Gesù a mo-tivo mio mediante la mia pre-senza di nuovo con voi».

TUTTE LE ALTRE «...sono convinto che re-

sterò e continuerò ad essere di aiuto a voi tutti, per il pro-gresso e la gioia della vostra fede, perché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sem-pre più in Cristo, con la mia nuova venuta (o "col mio ri-torno") tra voi».

Sia la traduzione geovista che l'altra sono corrette e rendo-no perfettamente il senso di questo testo. Se una preferenza va accordata alla versione non geovista è solo per motivi stilistici. Nella lingua italiana, forse, è preferibile dire «nuova venuta» o «ritorno» anziché «presenza di nuovo».

Il problema sorge quando la parola «parusia» viene riferita al ritorno di Cristo. I TdG sostengono che, anche in questo ca-so, «parusia» significa «presenza», anzi, «presenza invisibile», iniziata in cielo nel 1914.

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Anche il modo di intendere il «segno» («Quale sarà il segno della tua parusia?», Matteo 24,3) cambia radicalmente. Se la «partiste» è una «venuta», il «segno» precede questa venuta, la annuncia. Se, invece, la «parusia» è una «presenza», il «se-gno» segue l'arrivo di Cristo e ne contrassegna la presenza. Se-condo il Geovismo, il «segno» sarebbero gli avvenimenti del 1914 (l'anno della «presenza» di Cristo) e cioè la guerra e ciò che se-guì a quell'anno (terremoti, sconvolgimenti sociali, ecc).

È il dogma fondamentale dell'intero sistema dottrinale geo-vista, e questo spiega la determinazione con cui il Geovismo so-stiene quello che tutti gli studiosi negano.

Ecco gli argomenti che i TdG portano per provare che il ri-torno di Cristo sarebbe un evento verificatosi nel 1914 e in mo-do invisibile.

A) Cristo avrebbe cominciato a regnare in cielo nel 1914, perché in quell'anno sarebbero terminati i «tempi dei pagani» (Luca 21,24). I «tempi dei pagani» corrisponderebbero ai «sette tempi» di Daniele 4,13 che equivarrebbero a un periodo sim-bolico di 7 anni di 360 giorni ciascuno, e quindi a 2.520 giorni. Poiché in alcuni casi (Numeri 14,34; Ezechiele 4,6) la Bibbia fa corrispondere un giorno a un anno, 2.520 giorni equivarreb-bero a 2.520 anni. Questo periodo di 2.520 anni sarebbe, dun-que, il «tempo dei pagani», che inizierebbe con la distruzione di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor e finirebbe con la «presenza invisibile» di Cristo. Poiché — dicono i TdG — Na-bucodonosor distrusse Gerusalemme nel 607 a.C, la fine del periodo di 2.520 anni va a cadere nel 1914 d.C. Ecco perché Cristo è «presente» dal 1914!

Ma anche uno studente di scuola media sa che Nabucodo-nosor non distrusse Gerusalemme nel 607 a.C. ma nel 587-586 a.C, e quindi l'intero sistema dottrinale geovista, fondato sul-la cronologia dei «tempi dei pagani», crolla.13

13 Olof Jonsson, nella sua opera («I tempi dei gentili»), confuta la cronologia geo-vista dei «tempi dei pagani», dimostrando, in accordo con tutti gli storici, l'insosteni-bilità della teoria geovista circa la data del 607 a.C. come data della distruzione di Gerusalemme.

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Gli storici — rispondono i TdG — sbagliano, perché i loro calcoli si basano sulle indicazioni degli antichi sacerdoti paga-ni, ispirati da Satana.

B) Accettati come indiscutibili dati acquisiti che Nabuco-donosor distrusse Gerusalemme nel 607 a.C. e quindi che Cristo è ritornato nel 1914, il Geovismo legge e interpreta la Scrittura per giustificare la data del 1914 e «costruisce» le ragioni per cui Cristo è ritornato in modo invisibile:

1) II punto di partenza è la negazione della verità fondamen-tale della fede cristiana: la risurrezione corporale di Cristo. Ge-sù non sarebbe risorto corporalmente. Il suo corpo fu fatto spa-rire da Dio, dopo la sepoltura.

Il corpo del Risorto non sarebbe, dunque, il corpo di Gesù ma «una materializzazione momentanea che rassomigliava al corpo di Gesù».

Poiché Cristo non è risorto corporalmente — dicono i TdG — non è neppure asceso al cielo corporalmente, e quindi nean-che il suo ritorno è fisico e visibile, ma spirituale e invisibile. Infatti gli Atti degli Apostoli raccontano l'Ascensione di Gesù in questo modo:

«Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nu-be lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: "Uomini di Galilea, per-ché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo"» (Atti 1,9-11).

I TdG commentano: «Gli angeli dicono agli apostoli che Gesù sarebbe tornato

nella stessa maniera con cui è andato in cielo. Poiché Gesù è asceso in forma invisibile ad occhio umano, anche il suo ritor-no sarà invisibile» (Make Sure of All Things, pag. 320).

Ma il testo non dice che Gesù è asceso in forma di spirito, afferma proprio il contrario. Gesù fu sollevato «sotto i loro oc-chi». Dunque non era invisibile. Una nube sottrasse Cristo alla

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vista degli Apostoli. Quindi, prima che la nube lo nascondesse, essi lo vedevano. Perciò Gesù non ascese al cielo in forma spi-rituale e invisibile. Era lo stesso Gesù che era apparso agli Apo-stoli, dopo la sua risurrezione, e aveva dimostrato loro di non essere uno spirito ma un corpo in carne ed ossa:

«Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toc-catemi e guardate; un fantasma non ha carne ed ossa14 come vedete che io ho» (Luca 24,39).

«Tornerà allo stesso modo» non significa, dunque, in mo-do invisibile ma «sulle nubi del cielo». Come le nubi lo hanno sottratto alla vista degli Apostoli, le nubi lo mostreranno alla vista di tutti gli uomini: «Tutte le tribù della terra... vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo» (Matteo 24,30). Il ritorno avverrà non in modo invisibile, ma «con grande po-tenza e gloria» (Matteo 24,30).

2) In Giovanni 14,19 è scritto: «Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece

mi vedrete perché io vivo e voi vivrete». Se il mondo non lo vedrà più — commentano i TdG — al-

lora Gesù tornerà in modo invisibile al mondo ( = ai nemici) e visibile (cioè conosciuto) solo agli amici, cioè ai TdG.

In questo testo Gesù non allude alla sua seconda venuta, ma solo al tempo intercorso fra la sua morte e la sua ascensione. Dopo la sua morte il mondo non lo vedrà, ma i suoi amici (i discepoli) lo vedranno. Infatti Gesù apparve ad essi molte vol-te, dopo la sua risurrezione.

14 La negazione della risurrezione e ascensione corporali è motivata dai TdG su una frase della Prima Corinzi: «La carne e il sangue non possono ereditare il Regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità» (/ Corinzi 15,50). Co-me al solito, la frase è distaccata dal suo contesto. Qualche riga più sotto, l'Apostolo scrive: «È necessario che questo corpo corruttibile si rivesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità» (1 Corinzi 15,53). Sarà dunque questo nostro corpo mortale a risorgere ed ereditare il Regno, ma sarà un corpo «glorioso», cioè non più soggetto alle leggi della materia («carne e sangue»), perché sarà trasformato da Dio che gli conferirà «incorruttibilità e immortalità».

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L'interpretazione geovista è in contrasto con il contesto di Matteo 24 e con Apocalisse 1,7.

Matteo 24,32-33: «Dal fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo

diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che Egli è vicino, alle porte».

Poniamoci questa domanda: quando i discepoli chiesero a Gesù il segno della sua «parusia» («Quale sarà il segno della tua parusia?», Matteo 24,3) pensavano a una presenza invisibi-le? Gli stessi TdG lo negano:

«Quando chiesero a Gesù: "Quale sarà il segno della tua pre-senza?" i discepoli non sapevano che la sua futura presenza sa-rebbe stata invisibile. Anche dopo la sua risurrezione chiesero: "Signore, ristabilisci in questo tempo il Regno d'Israele?". At-tendevano che fosse ristabilito in modo visibile» {La Torre di Guardia, 1.7.1974).

Dunque, anche secondo i geovisti gli Apostoli credevano che la futura parusia di Gesù sarebbe avvenuta in modo visibile. Ma se gli Apostoli pensavano che la parusia sarebbe stata visibile, a che scopo chiedere un segno come prova? La presenza visibi-le di Gesù non sarebbe stata una prova sufficiente? Evidente-mente, essi volevano conoscere il segno che avrebbe preceduto l'arrivo di Cristo. La risposta che Gesù da alla loro domanda conferma questa interpretazione. Cristo addita come esempio il fico: «Dal fico imparate la parabola: quando il suo ramo di-venta tenero e mette le foglie, sapete che l'estate è vicina». Ge-sù non dice: «sapete che l'estate è presente», dice: «l'estate è vicina». Dunque, non è ancora presente.

Poi prosegue: «Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che Egli è vicino». Dunque, «tutte queste cose» dimostrano che Cristo è «vicino» e non che è «invisibilmente presente», allo stesso modo che il ramo di fico, che si fa tene-ro, dimostra che l'estate è vicina e non presente. Il paragone è stabilito tra l'estate che è «vicina» e Cristo che è «vicino».

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E se Cristo è «vicino» non è «presente». Quindi il «segno» pre-cede e non segue l'arrivo di Gesù.

In Matteo 24,30-31 è usato esplicitamente il verbo «venire»: «Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e

si batteranno il petto tutte le tribù della terra e vedranno il Fi-glio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande poten-za e gloria. Egli manderà i suoi angeli...».

E in Apocalisse 1,7: «Ecco, viene sulle nubi del cielo e ognuno lo vedrà; anche

quelli che lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteran-no per lui il petto».

In questi testi il termine «parusia» è sostituito dal verbo «érchomai».

Truccare questi testi per adattarli all'interpretazione geovi-sta di «presenza» è impossibile anche per le abilità manipolato-ne dei geovisti, perché il verbo «érchomai» significa sempre «ve-nire» nel senso più preciso della parola, né è possibile, in questi testi, sostituire il verbo «venire» con «essere presente». Vi si dice, inoltre, che tutti vedranno Cristo ritornare, anche i nemici. Quin-di «parusia», riferita al ritorno di Cristo, significa «venuta vi-sibile».

A questo punto, i TdG fanno il gioco che già conosciamo. Non potendo manipolare questi testi, li annullano con

l'in-terpretazione allegorica. Tutti e due i testi suddetti sarebbero allegorici; le apparizioni degli angeli al ritorno di Cristo sarebbero simboliche; anche per l'espressione: «ognuno lo vedrà, anche quelli che lo trafissero» (Apocalisse 1,7) danno una spiegazione che vale la pena di riportare, perché ci aiuta a capire il loro metodo di lettura dei testi biblici:

«Come bisogna intendere queste parole di Apoc. 1,7? Qui la Bibbia parla di "vedere" non con gli occhi fisici, ma nel sen-so di "comprendere"... Perciò "ogni occhio lo vedrà" signifi-ca che allora tutti capiranno o riconosceranno che Cristo è pre-sente. .. Quelli che trafissero Gesù rappresentano coloro che, fa-

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cendo del male agli attuali seguaci di Gesù, imitano la condotta di quelli che trafissero Gesù».15

La «perla» dell'interpretazione geovista è l'equivalenza se-guente:

Quelli che trafissero Gesù = quelli che, facendo del male agli attuali seguaci di Gesù, imitano la condotta di coloro che trafissero Cristo.

Equivalenza che si può trasformare nel seguente sillogismo: 1) Quelli che trafissero Gesù sono coloro che imitano la con

dotta di quelli che trafissero Gesù. 2) Coloro che imitano la condotta di quelli che trafissero

Gesù sono quelli che fanno del male agli attuali seguaci di Gesù. 3) Gli attuali seguaci di Gesù sono i Testimoni di Geova. 4) Quindi, coloro che trafissero Gesù rappresentano quelli

che fanno del male ai Testimoni di Geova.

Tutte le volte che la Bibbia parla di persone che fanno sof-frire e persone che soffrono indicherebbe sempre le «sofferen-ze» che devono sopportare i TdG, «perseguitati» dagli altri uo-mini, perché non vogliono essere «tormentati» dalla loro pre-dicazione (v. pag. 97).

È un'interpretazione che ci dispensiamo dal commentare. «Del tutto improbabile è, inoltre, che l'espressione "lo ve-

dranno anche quelli che lo trafissero" sia da prendersi nel sen-so di "avvertire nella propria coscienza la presenza invisibile di Cristo". Infatti, vi è un esplicito riferimento a Giovanni 19,37 in cui si dice: «volgeranno gli occhi a colui che hanno trafitto", ove il volgere lo sguardo verso Gesù crocifisso non è certo in senso allegorico. Così pure, del tutto arbitrario e fantasioso è il modo con cui l'espressione biblica "i malvagi vedranno Cri-sto" viene interpretata: "i malvagi si accorgeranno di scompa-rire nel nulla e di essere distrutti per aver commesso iniquità". Se, infine, tutte le apparizioni degli angeli, narrate nella Bib-bia, vengono prese alla lettera, perché solo le apparizioni degli angeli al ritorno di Cristo devono essere prese in senso allegorico?

Potete vivere per sempre, pag. 146.

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Le apparizioni angeliche appartengono allo stesso genere lette-rario. Per quale motivo quelle vanno prese in senso letterale e queste in senso simbolico? Il motivo è sempre lo stesso: se un testo va d'accordo con la loro ideologia, i TdG lo prendono in senso letterale; se, invece, non è conciliabile con le loro fanta-sie, viene manipolato o preso in senso simbolico. Il criterio d'interpretazione non è quasi mai fondato sulle tipicità storiche e letterarie dei brani biblici, bensì sul sistema religioso già del tutto precostituito».16

16 P.A. GRAMAGLIA, op. cit., pag. 129.

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CAPITOLO SESTO

IL «PALO» DI CRISTO

Fino al 1931, «La Torre di Guardia», la rivista di cui si ser-ve il CD di Brooklyn per trasmettere ai fedeli Testimoni la vo-lontà di Geova, portava, stampate sulla copertina, la croce e la corona di spine.11 fedeli Testimoni portavano questi simboli (croce e corona) nella giacca, come distintivo, finché «il pro-gresso nell'intendimento della Parola di Dio recò alcuni altri ag-giustamenti nel pensiero»2 dei TdG.

Nel 1928, all'assemblea dei TdG tenuta a Detroit, Ruther-ford, allora presidente della sètta, preparò i fedeli al «cambiamento di vedute» facendo sapere ai congressisti che «i simboli della croce e della corona erano non solo non necessari, ma discutibili».3 I due simboli (croce e corona) scomparvero subito dalle giacche dei TdG. «La Torre di Guardia» tolse i due simboli dalla prima pagina a cominciare dal numero del 15 ottobre 1931. Finalmente, «alcuni anni dopo, il popolo di Geova apprese per la prima volta che Gesù Cristo non morì su una croce»4 ma su un palo. La sensazionale scoperta fu fatta da Ru-therford e da lui stesso annunciata il 31 gennaio 1936 nel libro «Ricchezza» a pag. 27. Dall'anno della «scoperta» di Ruther-ford, la croce scomparve da tutte le pubblicazioni geoviste e dalla Bibbia della Società, che sostituisce «croce» con «palo».

1 Annuario 1976 dei TdG, pag. 147. 2 Ivi, pag. 147. ' Ivi, pag. 147. 4 Ivi, pag. 147.

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FILIPPESI 2,8 TRADUZIONE GEOVISTA

«(Cristo) umiliò se stesso e divenne ubbidiente fino al-la morte, sì, la morte su un palo di tortura».

TUTTE LE ALTRE «(Cristo) umiliò se stes-

so facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce».

Considerato il livello culturale dei TdG, fu facile a Rutherford convincere i suoi seguaci che Gesù morì su un palo, nonostante che la storia e l'archeologia dimostrassero che Cristo morì su una croce. Ma per i TdG, la storia, l'archeologia e la scienza fanno parte della «satanica sapienza del mondo». Non sono, dunque, argomenti storici e archeologici quelli che i geovisti possono portare ma, come sempre, argomenti biblici.

Rutherford «dimostrò» che Gesù venne fissato a un palo, con un chiodo nelle mani e uno nei piedi. La «dimostrazione» sarebbero le parole «xylon» e «staurós». Dal fatto che la Scrit-tura usa, qualche volta, il termine «xylon» che significa «legno» («II Dio dei nostri padri risuscitò Gesù, che voi avete ucciso, appendendolo al legno», Atti 5,30), i TdG deducono che Gesù morì su un palo. Ma chi conosce un po' di storia della lingua greca sa che col termine «xylon», nel periodo ellenistico, si in-dicava spesso «ogni cosa fatta di legno», proprio come faccia-mo noi quando per dire «spada» diciamo «ferro».

Nella traduzione greca dei Settanta, la croce viene chiamata «xylon didymon» (- legno doppio). Se poi consultiamo un vo-cabolario della lingua greca, alla voce «xylon», leggiamo che questo termine, se usato per indicare uno strumento di suppli-zio, in alcuni scrittori classici significa «gogna» e, in epoca el-lenistica e nel Nuovo Testamento, significa «croce».5

Per quanto riguarda il termine «staurós», il Geovismo com-mette il solito errore: si ferma al significato più antico della pa-rola. Il termine greco «staurós» e la parola latina «crux», in origine, significavano «palo».

' Cf L. Rocci, Vocabolario greco-italiano, Società Ed. Dante Alighieri, Firenze.

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Poi vennero usate per designare isolatamente il braccio più corto della croce, che veniva portato dal condannato sulle spal-le fino al luogo del supplizio, donde l'espressione «stauròn bastàzein» che corrisponde esattamente al latino «crucemferre», cioè «portare la croce». In seguito, i due termini, «staurós» e «crux», vennero usati, per sineddoche, per designare entrambi i bracci della croce.6

Ma poiché gli argomenti extra-biblici non hanno alcun va-lore per i TdG, possiamo anche noi «giocare» con le frasette della Bibbia.

In Giovanni 20,25 l'apostolo Tommaso dice: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, non crederò». Se Gesù fosse stato fissato a un palo con un chiodo nelle mani e uno nei pie-di, come dicono i TdG, Tommaso avrebbe detto: «Se non vedo nelle sue mani il segno del chiodo». Se dice «il segno dei chio-di», vuoi dire che per le mani erano stati usati due chiodi e non uno.

Ma i TdG portano anche argomenti di carattere psicologico: «Come si può onorare la croce? È uno strumento di suppli-

zio! È come se uno rendesse omaggio ad una forca, ad una pi-stola!».

Ma la croce, da quando vi è morto Cristo, è diventata il sim-bolo dell'amore di Dio, di cui il cristiano dev'essere fiero. Non dice, forse, l'apostolo Paolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (palati 6,14)? Se Paolo si vantava della croce di Cristo, perché i TdG non si vantano del «palo» di Cristo?

Ma, si chiederà qualcuno, qual è il motivo di tanta avver-sione alla croce? In fondo, che importanza può avere lo stru-mento su cui è morto Gesù? Una croce o un palo non cambia-no il significato teologico della morte di Cristo.

«Cancellare» la croce fa parte di un piano che mira a isolare

6 H.G. LIDDELL - R. SCOTT, Dizionario illustrato greco-italiano, Le Monnier, Fi-renze 1976, pag. 1183.

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i fedeli Testimoni dalla Cristianità e che si attua in due mo-menti.

Entrando a far parte della sètta, viene inculcata nel fedele Testimone l'idea che tutto quello che fino a quel momento gli è stato insegnato e ha fatto è sbagliato. Tutto! Bisogna, perciò, fargli odiare il suo passato e isolarlo dagli altri uomini che, non essendo fedeli Testimoni, sono «figli di Satana». Quindi, niente più feste, niente più compleanni e onomastici perché sono «usanze pagane». Ai genitori si sconsiglia di mandare il bambi-no alla Scuola Materna perché lì sarà influenzato dalla maestra e dai compagni; sconsigliati ai ragazzi gli studi superiori per-ché, per vendere libri di casa in casa, non è necessario avere istru-zione; proibito fare un brindisi a tavola con gli amici, perché è un'usanza pagana.

È proibito lo studio della filosofia; proibito al giovane Te-stimone partecipare agli sport organizzati, perché «le istituzio-ni sportive hanno poco rispetto per la fedeltà a Geo va». Anche la musica classica va censurata, perché «glorifica il lato sordi-do ed egoistico della vita ed è stata scritta da molti compositori famosi che vissero una vita immorale e dissoluta, le cui perver-se vedute e malvagie emozioni sono penetrate nelle note».7

È errato, soprattutto, quello che la Chiesa, figlia primoge-nita di Satana, gli ha insegnato fin da fanciullo. Vengono quin-di rivedute quelle espressioni care a tutte le Chiese cristiane che possono ricordare la vecchia fede. Così «il buon ladrone» di-venta «il malfattore morente», «il buon pastore» diventa «il pa-store eccellente», il saluto angelico «ave, piena di grazia», peri-colosissimo perché richiama la nota preghiera mariana, si tra-sforma in «buon giorno, altamente favorita». La croce, sim-bolo nel quale tutti i cristiani si ritrovano e si sentono uniti, è, proprio per questo motivo, la più detestata. E così la croce di-venta il «palo».

Tutto è studiato dagli psicologi di Brooklyn per isolare i fe-

' Cf Come ottenere il meglio dalla tua giovinezza, pagg. 118-129.

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deli Testimoni che, senza più difese, sono pronti a subire un radicale lavaggio del cervello.8

Fatta questa prima operazione, si passa alla seconda. Si incita il fedele testimone a disprezzare tutti coloro che non

sono Testimoni di Geo va. Il loro aspetto esteriore, garbato ed educato, fa parte di una metodologia di approccio, ben studia-ta e calibrata (partecipano a dei veri e propri corsi di compor-tamento). Ma, appena si è approfondita la loro conoscenza, si scoprirà che, sotto quelle buone maniere, cova un disprezzo to-tale nei confronti di chi non pensa come loro: disprezzo che di-

8 «II culmine dell'indottrinamento geovista consiste nel fatto che... tutto deve es-sere accettato supinamente come se venisse da Dio. Ai TdG è concesso solo di imparare, non di vagliare le modalità attraverso le quali il CD è giunto a certe definizioni dot-trinali... Ogni dottrina geovista viene talmente semplificata da essere "digeribile" per ogni intelletto. Questa tendenza all'eccessiva semplificazione ha lo scopo di celare l'in-sicurezza del CD, consapevole della labilità di molti suoi fondamenti dottrinali. Tale insicurezza spiega l'avversione sia nei confronti di quei TdG che, avendone la capaci-tà, si avvicinano ai lavori di specialisti di scienze bibliche, sia contro quei TdG che so-no interessati agli scritti dei profondi conoscitori del Geovismo, che lo presentano nella corretta dimensione storica della sua genesi ed evoluzione» (A. AVETA - W. PALMIERI, Struttura, ideologia della Teocrazia, in Cristo nostro Dio e nostra speranza, Elle Di Ci 1986, pag. 130). «L'insicurezza si difende con l'autoritarismo che ha, come arma, la "dissociazione" che, contro chi ha commesso "reati ideologici", è particolarmente severa: "I membri della Congregazione non gli stenderanno la mano dell'amicizia e non gli diranno nemmeno 'ciao' o 'arnvederci'. Non converseranno con lui né mostreranno in alcun modo di notarlo. Se il dissociato tenta di parlare ad altri della Congregazione, essi dovranno allontanarsi da lui" (La Torre di Guardia, 15.12.1963). Se un TdG lavora con un "dissociato" ed è costretto ad avere con lui frequenti rapporti di lavoro, egli è invitato addirittura a cambiar mestiere. Il CD teme, soprattutto, l'in-fluenza di chi pensa. Bisogna, perciò, allontanare quelli che "pensano troppo" e che possono creare fastidi e tenersi quelli che obbediscono felicemente... Il clima di terrore instaurato contro i "peccatori ideologici" è accentuato dalle malevole dicerie che ven-gono diffuse allo scopo di denigrare il "ribelle" e quindi svalutare le sue opinioni... Se, ad esempio, uno ha qualcosa da obiettare sulla questione del sangue, subito tra i TdG si sparge la voce che costui, essendosi stancato di condurre una vita moralmente corretta, comincia a trovare delle "scuse per avere da ridire sull'operato di Geova e della sua organizzazione' '. Con questa astuta tecnica, si riesce a nascondere il vero motivo del dissenso... In conclusione possiamo dire che, come naturale conseguenza della ve-duta teocratica imposta dal CD, tutto deve essere accettato ciecamente senza la possi-bilità di esprimere il proprio pensiero. La pratica conseguenza di questo atteggiamento è un indottrinamento senza paragoni, una radicale rinuncia a pensare con la propria testa. Il TdG non deve avere idee proprie, deve essere solo una memoria destinata a conservare un messaggio da diffondere» (A. AVETA - W. PALMIERI, Testimoni di Geo-va: essere o non essere?, cit., pagg. 175-177).

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venta vero e proprio odio nei confronti della Chiesa e dei suoi ministri.

Chi non fa parte della sètta «odia Geova», perciò è «figlio di Satana». E i «figli di Satana» devono essere odiati, ma di un odio speciale:

«Coloro che odiano Geova ed il suo popolo devono essere oggetto di odio, ma questo non vuoi dire che approfitteremo per far loro del male materialmente... Dobbiamo odiare nel sen-so più vero, nutrire, cioè, estrema ed attiva avversione, consi-derare spregevole, odioso, sozzo, detestare. Coloro che odiano Dio non dovrebbero certamente vivere su questa bella terra. La terra sarà liberata dai malvagi e noi non dovremo levare un di-to per far cadere su loro il male fisico, perché a ciò provvederà Dio».9

In altre parole: i TdG devono odiare coloro che non fanno parte della loro sètta. Il loro odio non si spinge fino a «fare il male fisico» agli «infedeli» solo perché a questo penserà Dio. Il motivo per cui tutti coloro che non sono Testimoni di Geova devono essere considerati «spregevoli, odiosi, sozzi», è perché «odiano Dio e i TdG». Non condividere le idee della «Società Torre di Guardia» significa «odiare Dio e i TdG» e perdere il diritto a «vivere su questa bella terra».

«Non possiamo amare quei nemici spiranti odio, perché li aspetta solo la distruzione».10

Ma anche se gli altri uomini fossero nemici mortali dei TdG, non dovrebbero essi amarli ugualmente, secondo l'insegnamento di Cristo: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi per-seguitano»?

Veramente, abbiamo letto una preghiera dei TdG per i loro «nemici»:

«O Geova, Eterno degli eserciti... non mostrar misericordia verso alcuno dei malvagi trasgressori... Distruggili nella tua ira, distruggili perché non siano più (Salmo 59,4-6; 11-13).

9 «La Torre di Guardia», 1.10.1952, citata da W. MARTIN - N. KLANN, II Geova della Torre di Guardia, Ed. Centro Biblico, Napoli 1977, pagg. 116 -117.

10 Ibidem.

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Sono questi i sentimenti, i desideri e le preghiere dei giusti oggi... O Geova, che essi siano svergognati e sgomentati per sem-pre; siano confusi e periscano affinchè conoscano che tu solo, il cui nome è Geova, sei l'altissimo sopra tutta la terra»."

È la stessa preghiera che gli Ebrei, al tempo di Mosè e di David, rivolgevano a Dio, perché sterminasse gli altri popoli.

Ci sembra, però, che Cristo abbia detto qualcosa di nuovo anche su questo punto:

«Avete inteso che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete?

Non fanno così anche i pubblicani? E se date il vostro salu-to soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?

Siate voi, dunque, perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» {Matteo 5,43-48).

In ogni casa, i TdG annunciano due «verità»: la imminente fine del mondo e la loro purezza e giustizia. Per sfuggire alla catastrofe imminente, bisogna unirsi ai TdG, i soli giusti. Essi, infatti, dichiarano a tutti di non essere come gli altri uomini, adulteri, ubriaconi, idolatri ecc. ecc. ma sono giusti, onesti, senza peccato. I peccatori vengono espulsi dal gruppo, buttati via co-me mele marce. Ma se cacciare i peccatori è antievangelico (Gesù li cercava e sedeva a mensa con loro), la presunzione di essere giusti è condannata dalla Scrittura in una celebre parabola in cui un fariseo parla di sé con Dio, proprio come i TdG parlano di se stessi con gli altri uomini: «O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri» {Luca 18,9-14). La morale della parabola è nota a tutti. La pretesa di essere giusti non è solo un peccato, è // peccato, quello che non sarà perdonato, perché chi lo commette rifiuta Cristo e il

Ibidem.

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Suo sacrificio redentivo e, quindi, «fa di Lui un bugiardo»: «Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la ve-rità non è in noi... facciamo di lui un bugiardo» (1 Giovanni 1,8-10).

Se tutti sono peccatori, a nessuno è permesso giudicare gli altri: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati» (Luca 6,37).

Ogni conversazione con i TdG si apre o si chiude con una maldicenza. In ogni numero del quindicinale «Svegliatevi» c'è la paginetta di insulti contro la Chiesa, definita «figlia primo-genita di Satana, Babilonia la meretrice»; non c'è rivista che non contenga articoli velenosi contro il clero cattolico, con fo-tomontaggi ignobili, pettegolezzi e maldicenze. Su «La Torre di Guardia» del 15.4.1989 a pag. 9, è riprodotta perfino un'im-magine a colori, raffigurante cinque maiali che rappresentano «i capi religiosi immorali». Tutto ciò allo scopo di suscitare nel-l'animo del cattolico impreparato la sfiducia e l'odio contro la sua Chiesa. Questo strano modo di predicare il vangelo, accu-sando gli altri ed esaltando se stessi, per i TdG è giusto, perché «bisogna accertarsi di ogni cosa». Quando però il TdG si trova di fronte a una persona preparata, che tenta di informarlo dei peccati dei capi della sua religione, il principio «accertatevi di ogni cosa» non vale più. Chi parla della burla della «fine del mondo» fissata per il 1878 e il 1914 da Russell, rimandata al 1925 da Rutherford e al 1975 da Knorr; chi accenna al cinismo del CD che nel 1980 ammette come «biblico» il trapianto di or-gani, dopo averlo considerato «antiscritturale e illegittimo» per dodici anni, dichiarando così la propria responsabilità per la morte di quei TdG che hanno rifiutato tale intervento; chi ac-cenna allo strano modo con cui la Società americana «Torre di Guardia» si prepara all'imminente fine del mondo, chiedendo cioè i risparmi dei fedeli Testimoni per amministrarli ed invi-tando i TdG ad intestare alla Società beni e denaro;12 chi sotto-pone al TdG la pagina dell'Annuario, in cui il CD confessa d'a-ver «contribuito alle ingiustizie di questo mondo» durante il se-

V. La Torre di Guardia, 1.12.1988, pagg. 29-31.

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condo conflitto mondiale, prendendo i soldi dei fedeli Testimoni per finanziare la guerra;13 chi denuncia i compromessi della So-cietà Torre di Guardia con il regime di Hitler;14 chi ricorda al TdG che, ogni anno, circa quarantamila Testimoni vengono espulsi per pratiche immorali, fra cui omosessualità, scambio delle mogli e molestie sessuali ai bambini e che a questi peccati hanno ceduto anche «alcuni che erano preminenti nell'organiz-zazione di Geova» (= membri del CD);15 chi denuncia, docu-mentandoli, questi ed altri peccati dei TdG è un persecutore e un mentitore. Denunciare i peccati altrui è giusto se la denun-cia è fatta dai TdG; se, invece, sono gli altri a denunciare i pec-cati dei TdG, la denuncia è un atto di persecuzione e una calun-nia.

APPENDICE AL CAPITOLO VI Manipolazione di un Dizionario

Nelle pubblicazioni geoviste vengono spesso citate enciclopedie del secolo diciannovesimo e dei primi decenni del ventesimo, per cui è dif-ficile controllare l'esattezza delle citazioni. Le poche citazioni di ope-re recenti e controllabili sono quasi sempre incomplete e riportate in modo tale che il pensiero degli studiosi viene sostanzialmente modifi-cato.

In un libretto pubblicato nel 1985, dal titolo Ragioniamo facendo uso delle Scritture, gli ignoti autori (le pubblicazioni geoviste sono sem-pre anonime), per dimostrare che il termine «xylon» non significa «cro-ce», citano il Dizionario illustrato greco-italiano di Liddell-Scott, della Casa Editrice Le Monnier, in questo modo:

«Che dire dello strumento usato per mettere a morte il Figlio di Dio? È interessante che la Bibbia usa anche il termine "xylon" per identificare lo strumento usato. Il Dizionario illustrato greco-italiano di Liddell e Scott ne da questa definizione: "Legno tagliato e pronto per l'uso, sia legna da ardere, sia legname da costruzione, ...pezzo

13 V. Annuario dei TdG 1984, pag. 97. 14 V. A. AVETA - S. POLLINA, / TdG e la politica, Ed. Dehoniane, Napoli 1990,

pag. 39ss. 15 V. La Torre di Guardia, 1.1.1986, pag. 13 e 1.4.1989, pag. 13.

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di legno, tronco, trave, palo, ...bastone, clava, randello, ...trave a cui erano legati i malfattori"» (Ragioniamo..., pag. 85).

Dunque, secondo gli anonimi autori di Ragioniamo..., anche gli studiosi Liddell e Scott confermerebbero che «xylon» non significa «croce».

Naturalmente, nessuno dei TdG si sognerebbe di controllare l'e-sattezza di questa citazione, perché la fiducia dei fedeli Testimoni nella «Società Torre di Guardia» è incondizionata.

Ecco il testo del Dizionario di Liddell e Scott, nella sua forma in-tegrale:

XYLON = LEGNO tagliato e pronto per l'uso, sia LEGNA DA ARDERE, sia LEGNAME DA COSTRUZIONE (Omero); LEGNA-ME PER NAVI (Esiodo, Tucidide). 1. al sing. PEZZO DI LEGNO, TRONCO, TRAVE, PALO (Omero) / BASTONE che serve da PO-SATOIO per gli uccelli (Aristofane) (lezione incerta) / BASTONE, CLAVA, RANDELLO (Erodoto, Aristofane). 2. COLLARE DI LE-GNO messo al collo del prigioniero, GOGNA (Aristofane); anche CEPPI, per i piedi (Erodoto, Aristofane); 3. ASSE o TRAVE a cui erano legati i malfattori, LA CROCE (Nuovo Testamento). 4. TA-VOLO o BANCO DA CAMBIAVALUTE (Demostene).

«La Croce», che il Dizionario riporta come uno dei significati pos-sibili di «xylon», nella pubblicazione geovista viene soppressa.

La Casa Editrice, venuta a conoscenza di tale scorrettezza, invia alla «Congregazione dei Testimoni di Geova» di Roma la seguente lettera:

Spett.le Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova Via della Bufalotta, 1281 00138 ROMA

23 settembre 1988

Egregi signori, con vivo disappunto rileviamo, a pag. 85 della Vostra pubblica-

zione «Ragioniamo facendo uso delle Scritture», una citazione tratta dal nostro dizionario greco Liddell-Scott.

Tale citazione appare artatamente tagliata, sopprimendo il termi-ne «la Croce», riportato fra le accezioni possibili, al fine di sostenere,

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con l'autorevolezza del nostro nome e del nostro, assai apprezzato, dizionario, una Vostra tesi teologica.

Ora, mentre riteniamo tutte le tesi in materia religiosa degne di rispetto, giudichiamo assai scorretto, oltre che gravemente lesivo della nostra reputazione scientifica, il Vostro modo di agire. Infatti, di fronte ad una pluralità di accezioni, diffuse e considerate accettabili, il nostro dizionario le riporta, correttamente, tutte, lasciando ai filo-logi di discutere la pertinenza di ciascuna rispetto ai diversi contesti storici e testuali.

La Vostra citazione amputata ci fa, da un lato, apparire come so-stenitori di una tesi teologica che, francamente, ci vede del tutto estra-nei e disinteressati, dato che lo scopo scientifico e didattico di un di-zionario è tutt'altro. E, d'altra parte, la medesima amputazione ci fa falsamente apparire sul piano lessicografico, che a noi interessa e che ci riguarda, come incompleti e carenti.

Siamo certi che vorrete con la massima tempestività ovviare al dan-no provocato alla nostra immagine e al nostro buon nome, pubbli-cando sulla Vostra stampa, con la dovuta evidenza tipografica, una non equivoca dichiarazione riparatoria.

Restiamo in attesa di una, cortesemente sollecita, comunicazione al riguardo da parte Vostra.

Con distinti saluti.

Risposta della «Congregazione dei Testimoni di Geova»:

Spett.le Casa Editrice FELICE LE MONNIER Casella Postale 202 50100 FIRENZE

19 ottobre 1988 Ci riferiamo alla Vostra del 23 settembre 1988 con la quale deplo-

rate presunte nostre incompletezze e scorrettezze nella citazione tratta dalla voce «xylon» del Vostro Dizionario greco Liddell-Scott.

In proposito teniamo a sottolineare quanto segue. Qualsiasi autore faccia riferimento alle definizioni di un diziona-

rio segue la costante e corretta prassi di citare una o più accezioni che si uniformano all'argomento trattato, senza avere l'obbligo di citarle tutte, anche quelle estranee al concetto esposto, solo per non essere tacciato di scorrettezza.

La Vostra asserzione che la nostra non completa citazione Vi fa

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apparire «sostenitori di una tesi teologica» a Voi del tutto estranea o carenti sul piano lessicografico è del tutto priva di argomenti di ri-lievo, considerato che la nostra citazione stessa contiene, per tre vol-te, i punti di sospensione che, secondo la comune prassi, evidenziano chiaramente per il lettore che il testo è citato soltanto in alcune parti.

Sotto il profilo giuridico la nostra pubblicazione «Ragioniamo fa-cendo uso delle Scritture» contiene tutti i dati richiesti dagli artt. 65 e 70 della legge 22.4.1941 n. 663 per identificare il vostro dizionario. Né la nostra citazione, ai sensi dell'art. 8 della legge 8.2.1948 n. 47, così come sostituito dall'art. 42 della legge 5.8.1981 n. 416, è contra-ria a verità in quanto riporta con precisione le parti citate dal Dizio-nario.

«Ragioniamo facendo uso delle Scritture» non cita diverse parti delle numerose accezioni della voce «xylon» (I, II, II/2 per intero, II/3, II/4 per intero, III per intero). Peraltro l'omissione da Voi la-mentata riguarda soltanto l'accezione II/3 che omette il brano «la Cro-ce, NT», il cui contenuto, di natura evidentemente interpretativa, non può contrastare i vari significati lessicografici da noi citati.

A parte le suddette considerazioni, non siamo contrari alla pub-blicazione del testo completo della voce «xylon» in un prossimo nu-mero di un nostro periodico.

Inoltre, nel caso di una ristampa del nostro libro, che peraltro non è destinato alla pubblica diffusione, ma riservato per lo più ai nostri associati, non abbiamo nessuna difficoltà a eliminare la citazione del Vostro Dizionario e a sostituirla con brani tratti da altre fonti autore-voli perlomeno quanto la Vostra pubblicazione. Se desiderate tale so-stituzione, potete comunicarcelo.

È stata per noi una spiacevole sorpresa constatare che la mancan-za di obiettività della Vostra comunicazione non corrisponde all'opi-nione che avevamo della Vostra Casa. Evidentemente non Vi è inte-ressato che centinaia di Vostri Dizionari siano stati acquistati dalle oltre 2.500 nostre Comunità, ognuna delle quali dispone di una bi-blioteca.

A volte cedere alle pressioni esterne danneggia i propri interessi. Con i più distinti saluti

II Presidente Valter Farneti

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La Casa Editrice replica con la seguente lettera: Egr. Sig. Valter Farneti Cong. Cristiana dei Testimoni di Geova Via della Bufalotta, 1281 00138 ROMA

26 ottobre 1988 Egregio Signor Farneti, chiunque minimamente conosca la nostra attività sa che nutriamo

il massimo rispetto per tutte le concezione religiose, cristiane e non cristiane. Inoltre, in quanto istituzione culturale, oltre che impresa, crediamo fermamente alla tolleranza reciproca, al confronto delle po-sizioni, al dialogo così come alla civile espressione del dissenso.

Una felice situazione economica (che Dio la conservi!) ci rende, inoltre, poco sensibili alle questioni di interesse se contrastanti con le ragioni della nostra libertà intellettuale. In altre parole, non siamo in vendita contro un acquisto di copie. Ne consegue che la Vostra cor-tese preferenza, sinora dimostrata, per l'acquisto del Liddell-Scott non è atta a mutare un modo di pensare che tutti gli studiosi, degni di questo nome, considerano corretto. Secondo tale impostazione, è lecito cita-re il pensiero altrui con tutte quelle omissioni che non ne alterano la sostanza, che non portano a significati diversi o, peggio, contrari. La frase «Caio non è un criminale» non si può citare nella forma: «Caio (...) è un criminale». Ora, grosso modo, questo è stato fatto dalla Vo-stra pubblicazione, che svolgeva il seguente ragionamento: Cristo fu appeso ad una trave e non a una croce, infatti «xylon» significa trave e non croce, come conferma anche il Liddell-Scott. (Segue la citazio-ne incompleta, da cui è stata tolta proprio l'accezione «la Croce, NT»).

Ora, né questa Casa Editrice né Liddell, Scott e collaboratori ave-vano la minima intenzione di prendere posizione su una questione che, oltretutto, non è lessicografica ma teologica; tanto è vero che hanno ri-portato parecchie accezioni (trave e croce, ma anche legno, bastone, go-gna, tavolo o banco ecc.) ognuna con la propria fonte. Sopprimere una di tali accezioni per poi dire che non esiste, ci pare un modo piuttosto malizioso di sostenere la Vostra tesi, per altri versi rispettabilissima.

La invitiamo pertanto a ripristinare l'integrità della citazione, an-che perché, contrariamente a ciò che Lei afferma, il riportare per in-tero e non amputato un passo non ci pare proprio nocivo per l'obiet-tività né segno di soggezione a pressioni esterne.

Con distinti saluti.

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Nel 1990, la Società pubblica una nuova edizione di Ragio-niamo facendo uso delle Scritture. Vi si notano dei cambiamenti: alcuni insignificanti, altri invece importanti. Ci sono, cioè, i se-gni di un prossimo «cambiamento di vedute» su alcune dottrine.

Per quanto riguarda la «croce», in questa edizione di Ra-gioniamo..., non viene messa in atto la minaccia fatta alla Ca-sa Editrice di eliminare la citazione del Dizionario Liddell-Scott e, al posto dei puntini di sospensione, si inserisce la parola «cro-ce», così come la Casa Editrice esigeva. Ma poi, per non dare all'Editrice la soddisfazione di averla avuta vinta, subito dopo la citazione del Dizionario, si aggiunge:

«Per illustrare l'accezione "la Croce", l'edizione inglese di questo dizionario, più ampia, cita Atti 5,30 e 10,39. In questi versetti, comunque, "xylon" è tradotto "legno" da Con, Di, EP, Mar, Na, VR e "albero" da KJ, RS. (Confronta questi si-gnificati con Galati 3,13, Deut. 21,22-23; vedi anche la nota ad Atti 5,30 in Gè)» {Ragioniamo..., Ed. 1990, pag. 86).

Il senso è chiaro: il Liddell-Scott, nell'edizione inglese, as-socia la parola «legno» di Atti 5,30 e 10,39 al termine «xylon» e altre Bibbie traducono «xylon» con «legno». Quindi, conclu-dono gli «esperti» di Brooklyn, avevamo ragione noi.

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CAPITOLO SETTIMO

ALTRI TESTI

Esaminiamo altri testi, mal tradotti o manipolati. Qualche volta la manipolazione è vistosa, perché vengono tolte o aggiunte parole. Spesso è meno evidente: piccoli ritocchi che sembrano insignificanti ma che, in realtà, alterano il senso originale.

GENESI 31,48-49 TRADUZIONE GEOVISTA

«E Labano diceva: "Que-sto mucchio è oggi un testi-mone fra me e te". Perciò gli mise nome Galeed e La Tor-re di Guardia».

TUTTE LE ALTRE «E Labano disse: "Que-

sto mucchio sia oggi un testi-monio tra me e te", per que-sto lo chiamò Galeed e anche Mizpa».

Il mucchio di pietre su cui Giacobbe e Labano fanno un patto viene chiamato «Mizpa», che significa «luogo di vedetta». Nella Bibbia geovista «Mizpa» diventa «La Torre di Guardia», per dare prestigio alla «Società Torre di Guardia» e all'omonima rivista geovista.

LEVITICO 23,21 TRADUZIONE GEOVISTA LE ALTRE TRADUZIONI

Edizione 1967 «E in questo stesso gior- «In quel medesimo gior

no dovete proclamare per voi no voi bandirete la festa e sa- stessi il santo congresso di rà per voi giorno di sacra Geova». adunanza» (Nardoni).

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Edizione 1986 «E in questo stesso gior-

no dovete fare una proclama-zione; ci sarà per voi stessi un santo congresso».

Riportiamo questo testo a dimostrazione della competenza degli «studiosi» geovisti. Nell'edizione del 1967, scambiano il verbo ebraico «yihyeh» ( = sarà) con il nome «Iahvè» (Geova). Nell'edizione del 1986, l'errore viene corretto e «Geova» sparisce.

NUMERI 2,2

LE ALTRE TRADUZIONI «Ifigliuoli d'Israele s'ac-

camperanno ciascuno vicino alla sua bandiera sotto le insegne della casa dei loro padri» (Luzzi).

«Si accampino i figli d'I-sraele ciascuno presso il suo vessillo principale, sotto le in-segne delle loro case paterne» (Nardoni).

«Gli Israeliti si accampe-ranno ciascuno vicino alla sua insegna con i simboli dei ca-sati paterni» (CEI).

Per il Geovismo, lo Stato è un'organizzazione satanica. «Il mondo di Satana è l'organizzata società umana» (Pote-

te vivere..., pag. 209). I TdG devono ubbidire alle leggi dello Stato, purché non contrastino con la Bibbia, interpretata dal CD di Brooklyn. In pratica «la sottomissione ai governi signi-fica obbedienza relativa, pagare le tasse e rispettare il traffico» («La Torre di Guardia», 1.11.1980, pag. 5).

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TRADUZIONE GEOVISTA «I figli d'Israele si devo-

no accampare, ciascun uomo secondo la sua divisione (di tre tribù), secondo i segni del-la casa dei loro padri».

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Per il resto, ogni servizio reso allo Stato è un servizio reso a Satana. Ai TdG è proibito, quindi, il servizio militare, non per motivi pacifisti, ma perché è un servizio reso allo Stato. Per lo stesso motivo non è consentito il servizio civile alternativo. Al TdG non è permesso votare, perché «colui che opta per un governo umano, opta nel medesimo tempo per un governo sa-tanico» (Bollettino Interno dei TdG n. 9, 1973, ed. francese in «Fètes et saisons», n. 34, 1980, pag. 24).

È permesso, invece, usufruire dei vantaggi che l'organizza-zione statale comporta. Nel 1986, i TdG hanno fatto un patto con il «satanico governo» italiano, chiedendo e ottenendo il ri-conoscimento giuridico.

Ogni Stato ha un inno nazionale e una bandiera. Ai TdG è vietato cantare l'inno nazionale e salutare la bandiera, perché ciò sarebbe un atto di idolatria. La bandiera sarebbe un idolo e salutarla significherebbe adorarla.

In Numeri 2,2ss si descrive la disposizione delle dodici tribù d'Israele nell'accampamento. Ogni tribù aveva un'insegna o ban-diera. Questo testo non può essere accettato dal Geovismo, che lo corregge, sostituendo le parole «vessillo, insegna, bandiera» con la parola «divisione» e aggiungendo, tra parentesi, «di tre tribù».

PROVERBI 11,9

TRADUZIONE GEOVISTA «Mediante la [sua] bocca

chi è apostata riduce il suo prossimo in rovina, ma me-diante la conoscenza i giusti sono liberati».

LE ALTRE TRADUZIONI «Con la sua bocca l'ipo-

crita rovina il suo prossimo, ma i giusti sono liberati dal-la loro perspicacia» (Luzzi).

«Il simulatore con le pa-role rovina il prossimo...» (Garofalo).

Il termine ebraico «khanef» significa «simulatore; ipocrita; colui che, con fare mellifluo, sparge calunnie e maldicenze per

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distruggere il prossimo». Non significa affatto «apostata». È evidente l'intenzione dei «traduttori» di diffamare coloro che hanno abbandonato la sètta, definiti «apostati», identificandoli con gli ipocriti, il cui scopo sarebbe quello di far perdere la fe-de ai fedeli Testimoni (i giusti).

La stessa manipolazione si riscontra nel Salmo 101,3 (CEI 100,4), che i geovisti traducono così:

«Ho odiato il fare di quelli che apostatano». Nelle altre Bibbie è, invece, tradotto così:

«Lontano da me il cuore perverso» (CEI). «Non metto davanti ai miei occhi azione perversa» (Garofalo).

AMOS 5,27 TRADUZIONE GEOVISTA

«...ha detto colui il cui nome è Geova l'Iddio degli eserciti».

TUTTE LE ALTRE «...dice il Signore, il cui

nome è Dio degli eserciti».

Amos dice che il Signore si chiama «Dio degli eserciti». È uno dei tanti nomi con cui l'Antico Testamento invoca Dio. Ma deve chiamarsi per forza «Geova». Perciò, aggiungendo un «co-lui» e inserendo un «Geova», anche Amos viene messo d'ac-cordo con i TdG.

«...Chiunque, perciò, viola uno di questi minimi co-mandamenti e insegna così al genere umano, sarà chiama-to "minimo" riguardo al re-gno dei deli»

rà uno solo di questi precet-ti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettan-to, sarà considerato minimo nel regno dei cieli».

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MATTEO 5,19

TRADUZIONE GEOVISTA TUTTE LE ALTRE «Chi, dunque, trasgredi-

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L'espressione «en te(i) basiléia ton uranon» è tradotta dai geovisti sempre correttamente «nel regno dei cieli» (cf Matteo 5,20; 8,11; 11,11 ecc). Qui viene cambiata in: «riguardo al re-gno dei cieli», perché è dogma di fede geovista che nel regno dei cieli non possono andare molte persone, ma solo centoqua-rantaquattr ornila.

MATTEO 6,7

LE ALTRE TRADUZIONI «E quando pregate, non

moltiplicate vane parole, come i pagani» (Nardoni).

«Pregando, poi, non sprecate parole come i pagani» (CEI).

«E nel pregare, non usa-te soverchie dicerie come fan-no i pagani» (Luzzi).

Il senso del versetto è completamente alterato. Il verbo «battalogéo», in questo contesto, significa «ciarla-

re, usare molte parole» e non «dire ripetutamente le stesse co-se» come vorrebbero i TdG. Si può pregare anche ripetendo le stesse cose, purché queste «cose» vengano dal cuore. Gesù stesso, nel Getsemani, «pregò per la terza volta, ripetendo le stesse pa-role» (Matteo 26,44).

In questo versetto «si allude alle lunghe e tediose formule magiche, spesso senza senso, tipiche delle preghiere dei pagani e alle quali essi attribuivano potere magico. È un pregare inte-so come infilar parole senza la partecipazione dello spirito» (Ga-rofalo).

I «pagani» erano chiamati «ethnikói» (in latino «gentiles»), che significa «stranieri, non appartenenti al popolo ebraico». Tutte le volte che nella Bibbia compare la parola «ethnikói», i geovisti traducono «le persone delle nazioni». Il fedele Testi-

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TRADUZIONE GEOVISTA «Ma nel pregare, non di-

te ripetutamente le stesse co-se come fanno le persone del-le nazioni».

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mone, quando legge quest'espressione, pensa a tutti gli uomini non Testimoni di Geova (cristiani compresi), sparsi per le na-zioni, che egli identifica con i pagani.

MATTEO 26,26-28 TRADUZIONE GEOVISTA

«Prendete, mangiate. Questo significa il mio corpo».

Ecco il testo greco traslitterato: Tùtó estin tò sòma mu Questo è il corpo mio.

«Estin» è il presente indicativo del verbo «emai» ( = esse re), che dai geovisti viene sostituito con «significa».

MATTEO 28,19 LE ALTRE TRADUZIONI

«Andate dunque e am-maestrate tutte le nazioni» (CEI).

«...tutte le genti» (Garo-falo).

«...tutti i popoli» (Nar-doni).

Il testo greco: ...mathéteùsate pànta tà éthnè

istruite tutte le genti. La Bibbia dice che tutte le genti sono chiamate alla salvez-

za. Ma, per i TdG, questo non è vero: solo pochi privilegiati (i TdG) presi tra le nazioni, sono chiamati alla salvezza. Evi-dentemente, i «traduttori» si vergognavano di scrivere aperta-

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TUTTE LE ALTRE «Prendete e

mangiate. Questo è il mio corpo».

TRADUZIONE GEOVISTA «Andate dunque e fate di-

scepoli di persone di tutte le nazioni».

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mente «alcune persone» perciò, con un italiano barbaro, tra-ducono «di persone». Ma il testo greco dice «tutte le genti».

Tutti i passi della Scrittura, in cui si afferma la chiamata di tutti i popoli alla salvezza, subiscono questo trattamento.

Ecco alcuni esempi: 1 Timoteo 2,4 («...il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della ve-rità») così è reso dalla Bibbia geovista: «...il quale vuole che ogni sorta di uomini siano salvati e vengano all'accurata cono-scenza della verità». La stessa manipolazione troviamo in Luca 24,27 dove si dice che saranno predicati la conversione e il per-dono dei peccati «nel suo (di Gesù) nome» e «a tutte le genti» ma che nella Bibbia dei TdG diventa «in base al suo nome» e «in tutte le nazioni». Ancora più grave è l'alterazione operata dai «traduttori» geovisti in Giovanni 12,32 che, tradotto cor-rettamente, suona così: «Io, quando sarò innalzato da terra, at-tirerò tutti a me», ma nella Bibbia dei TdG è reso così: «E io, se sarò innalzato dalla terra, attirerò a me uomini di ogni sor-ta». Notare il «se» al posto di «quando» che cambia completa-mente il senso del testo. È evidente l'intenzione dei «tradutto-ri» di sminuire Cristo, privandolo di tutto ciò che possa far pen-sare alla Divinità. Nella versione geovista, Gesù non sapeva se sarebbe stato «innalzato da terra». È una traduzione non solo errata dal punto di vista grammaticale ma in contrasto con i seguenti testi, in cui si afferma che Gesù sapeva perfettamente che sarebbe stato «innalzato».

«E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo» (Giovanni 3,14).

«Disse allora Gesù: "Quando avrete innalzato il Figlio del-l'uomo, allora saprete che io sono"» (Giovanni 8,28).

LUCA 4,22 LE ALTRE TRADUZIONI

TRADUZIONE GEOVISTA Edizione 1967

«E tutti... dicevano: "Questo è il figlio di Giuseppe, non è vero?"».

143

«E tutti dicevano: "Non è costui il figlio di Giusep-pe?».

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Edizione 1986 «E tutti... dicevano:

"Non è questo un figlio di Giuseppe?"».

Ecco il testo greco traslitterato: Ukì hyiós estin Iòsèp ùtos? Non figlio è di Giuseppe costui?

La parola «hyiós» (figlio) è un predicato nominale che pre-cede il verbo. La mancanza dell'articolo da al predicato nomi-nale un valore qualitativo. Tutti gli studiosi traducono, perciò, «il figlio di Giuseppe» o «figlio di Giuseppe». Nell'edizione geo-vista del 1967, la traduzione, se si escludono la forma interro-gativa e l'aggiunta dell'espressione «non è vero?», è corretta. Ma poi i traduttori geovisti si sono ricordati che bisognava ne-gare la verginità di Maria, perciò «il figlio di Giuseppe» dell'e-dizione del 1967 diventa «un figlio di Giuseppe» nell'edizione del 1986.

LUCA 16,22

TRADUZIONE GEOVISTA «Or con l'andar del tem-

po il mendicante morì e fu portato dagli angeli nel [la posizione del] seno di Abra-mo».

TUTTE LE ALTRE «Or avvenne che il pove-

ro morì e fu portato dagli an-geli nel seno di Abramo».

La parabola di Lazzaro e del ricco epulone parla chiaramente di un luogo di tormento in cui vive l'anima dell'epulone e di un luogo di felicità e di consolazione in cui vive l'anima di Laz-zaro.

Abbiamo accennato all'interpretazione geovista di questa pa-rabola (v. pag. 97). Il «seno di Abramo» è una metafora del «banchetto celeste», cioè del paradiso. Notare le aggiunte che vengono fatte al testo. Viene inserita l'espressione «con l'an-

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dar del tempo», e «nel seno di Abramo» diventa «nel [la posi-zione del] seno di Abramo», per armonizzare il testo con la dot-trina geovista.

GIOVANNI 14,13

TRADUZIONE GEOVISTA «Qualunque cosa voi

chiederete nel mio nome, io la farò, affinchè il Padre sia glorificato riguardo al Fi-glio».

TUTTE LE ALTRE «Qualunque cosa chiede-

rete nel mio nome, io la fa-rò, perché il Padre sia glori-ficato nel Figlio».

Ecco il testo greco traslitterato dell'ultima proposizione: ...hina doxasthe(i) ho Patèr en tò(i) Hyio(i)

affinchè sia glorificato il Padre ne il Figlio. Abbiamo visto come la preposizione greca «en» ( = in), nei

testi che contrastano con la dottrina geovista, viene sostituita con il participio «unito» (v. pag. 68). In questo testo, «en» di-venta «riguardo a».

GIOVANNI 17,8

TRADUZIONE GEOVISTA «...hanno certamente co-

nosciuto che sono uscito come tuo rappresentante».

Il testo greco traslitterato: ...égnòsan alethòs hóti para sù hanno conosciuto veramente che da te exilthon sono uscito.

Il «da te» viene sostituito con: «come tuo rappresentante».

145

TUTTE LE ALTRE «...sanno veramente che

sono uscito da te».

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ATTI 3,15

LE ALTRE TRADUZIONI «...avete ucciso l'autore

della vita» (CEI-Nardoni). «...e uccideste il principe

della vita» (Garofalo-Luzzi). Il testo greco traslitterato:

...tòn archègòn tès zòès apektéinate L’ autore (principe) della vita uccideste.

Per i TdG, Gesù è Michele Arcangelo, Governante Delega-to, Capo Pastore, Giustiziere, Maresciallo di campo. Qui viene degradato ad «Agente principale».

ATTI 7,59-60

TRADUZIONE GEOVISTA (Ed. 1986) «...E tiravano pietre a

Stefano mentre faceva appel-lo e diceva: "Signore Gesù, ricevi il mio spirito". Quin-di, piegando le ginocchio, gri-dò a gran voce: "Geova, non imputar loro questo pecca-to"».

TUTTE LE ALTRE

«E così lapidavano Stefa-no mentre pregava e diceva: "Signore Gesù, accogli il mio spirito". Poi piegò le ginoc-chio e gridò forte: "Signore, non imputar loro questo pec-cato"».

Secondo i TdG, si deve pregare solo Dio. Poiché, per il Geovismo, Gesù non è Dio, non Gli si possono rivolgere preghiere.

Nel testo greco di Atti 7,59-60, ci sono due «Kyrie» (= Si-gnore): «Signore Gesù, accogli il mio spirito» e «Signore, non imputar loro questo peccato».

È chiaro che sono due invocazioni, cioè due preghiere rivol-te a Gesù al quale Stefano chiede due cose: 1) che accolga il suo spirito, 2) che perdoni i suoi uccisori. Per il Geovismo, solo la

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TRADUZIONE GEOVISTA «... mentre uccideste

il principale Agente della vita».

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seconda richiesta sarebbe una preghiera, perciò sostituisce il se-condo «Kyrie» con Geova, spostando così il discorso da Gesù a Geova. La prima richiesta, invece, («Signore Gesù, accogli il mio spirito») non sarebbe una preghiera ma un «fare appello».

Nel testo greco, è usato il verbo «epikalèo» che significa «fare appello, appellarsi» in senso giuridico-legale ed è usato in que-sto senso solo in Atti 25,11, in cui l'apostolo Paolo, sottoposto a giudizio, dichiara di appellarsi a Cesare: «Mi appello a Cesare».

In tutti gli altri casi, il verbo «epikalèo» significa «invoca-re». Stefano non fa appello ma fa una richiesta, invoca Gesù chiedendogli una cosa («ricevi il mio spirito»). Stefano era cri-stiano e quindi «invocava» Gesù. I cristiani, infatti, sono «co-loro che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Ge-sù Cristo» (Prima Corinzi 1,2; cf Atti 9,21 e 22,26). L'espres-sione «invocare il nome di Gesù» significa «pregare e adorare Gesù», così come «invocare Dio» (Salmo 85[86],5) o «invocare il nome di Dio» (Gioele 3,5; nella Bibbia geovista 2,32) signifi-ca «pregare e adorare Dio».

ROMANI 6,4

TRADUZIONE GEOVISTA (Ed. 1986) «Perciò fummo seppelliti

con lui per mezzo del no-stro battesimo nella sua mor-te».

TUTTE LE ALTRE

«Siamo stati, dunque, se-polti con lui nella sua morte, per mezzo del battesimo».

Viene aggiunta la parola «nostro». Qui la sua manipolazione ha una sua astuta motivazione.

Generalmente, la traduzione viene fatta in modo tale che i fe-deli Testimoni pensino che la Bibbia sia stata scritta proprio per loro. Così, per esempio, il termine «ekklesia» (Chiesa) viene tra-dotto sempre «congregazione» («Tu sei Pietro e su questo mas-so di roccia edificherò la mia congregazione», Matteo 16,18. Ed. 1986). In questo modo, il fedele Testimone pensa che la

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«Congregazione dei Testimoni di Geova» sia edificata da Cri-sto. In Romani 6,4 viene aggiunta al testo la parola «nostro» per far credere al fedele Testimone che l'apostolo Paolo allu-desse al battesimo-impegno che i TdG ricevono entrando nella sètta. Il trucco riesce quasi sempre, perché fatto ai danni di per-sone che hanno pochissima o nessuna cultura storico-letteraria, considerata satanica dal Geovismo. Il CD di Brooklyn, sfrut-tando abilmente un testo paolino (1 Corinzi 1,19-31; 2,6ss) il cui senso viene, come al solito, travisato, fa credere ai fedeli Testimoni che la cultura sia inutile e dannosa. Di qui il consi-glio a non far studiare i propri figli. Sono sconsigliate, in modo particolare, le materie umanistiche e la filosofia, perché nella Lettera ai Colossesi è scritto: «Badate che nessuno v'inganni con la sua filosofia» (Colossesi 2,8).

ROMANI 14,7-9

TRADUZIONE GEOVISTA ^«Nessuno di noi vive in-

fatti solo per se stesso, e nes-suno muore solo per se stes-so; 'poiché se noi viviamo, vi-viamo per Geova, e se moria-mo, moriamo per Geova. Perciò sia se viviamo che se moriamo, apparteniamo a Geova. ''Poiché per questo Cristo morì e tornò in vita per essere Signore sia dei morti che dei vivi».

TUTTE LE ALTRE ''«Nessuno di noi infatti

vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, ^perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moria-mo, siamo dunque del Signo-re. 9Per questo, infatti, Cri-sto è morto ed è morto ed è tornato in vita: per essere il Signore dei vivi e dei morti».

Nel testo greco, non c'è il nome «Iahvè» (Geova) ma sem-pre «Kyrios» (= Signore).

Per i traduttori geovisti, preoccupati di sminuire la figura di Cristo, il «Kyrios» dei vv. 7 e 8 non è Cristo ma Geova; per-ciò sostituiscono la parola «Signore» con «Geova». Ma dal con-

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testo risulta evidente che qui il «Signore» è Cristo e non «Geo-va». Infatti, se il «Signore» dei vv. 7 e 8 è Geova, il versetto 9 non avrebbe più senso. In questo versetto, si dice che Cristo è morto ed è ritornato in vita per essere «il Signore dei vivi e dei morti». È chiaro, quindi, che o vivi («sia che viviamo») o morti («sia che moriamo») siamo di Cristo. Perciò, il «Signore» dei vv. 7 e 8 è Cristo e non Geova.

SECONDA CORINZI 4,6

TUTTE LE ALTRE «...la conoscenza della gloria

di Dio che rifulge sul volto di Cristo» (CEI-Luzzi-Garofalo).

«...la conoscenza della gloria di Dio che è sul volto di Cristo» (Nardoni).

Il testo greco traslitterato: ...tés gnòseòs tès dóxes tu Theù en

della conoscenza della gloria di Dio nel

prosòpò(i) Christù. volto di Cristo.

Il geovismo non può accettare che nel volto di Cristo brilli la gloria di Dio, perciò corregge il testo.

FILIPPESI 1,7

TRADUZIONE GEOVISTA LE ALTRE TRADUZIONI

«È del tutto giusto che io pensi questo riguardo a tutti voi, perché vi ho nel mio cuo-re, essendo voi tutti partecipi

«È giusto, del resto che io pensi questo di tutti voi, per-ché vi porto nel cuore, voi che siete tutti partecipi della gra-

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TRADUZIONE GEOVISTA «...con la gloriosa cono-

scenza di Dio mediante la fac-cia di Cristo».

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con me dell'immeritata beni-gnità, sia nei miei legami di prigionia che nel difendere e stabilire legalmente la buona notizia».

zia che mi è stata concessa sia nelle catene, sia nella difesa e nel consolidamento del van-gelo» (CEI).

«... nella conferma del vangelo» (Luzzi).

Il testo greco traslitterato: ...en tè (i) apologià kaì bebaiòsei tu euaggeliu

ne la difesa e consolidamento del vangelo.

In questo testo, l'apostolo Paolo afferma di provare un sen-timento di grande tenerezza nei confronti dei Filippesi, poiché essi hanno partecipato con lui alla difesa e alla propagazione e consolidamento del vangelo.

Nella «traduzione» geovista, l'apostolo affermerebbe che i Filippesi hanno partecipato con lui a «stabilire legalmente» il vangelo, cioè a fare in modo che lo Stato romano riconoscesse come legale la predicazione del vangelo. Ciò è semplicemente assurdo!

Il termine «bebàiois» e il verbo «bebaióo» ricorrono spesso nel Nuovo Testamento e sempre col significato di «conferma-re, consolidare, sostenere». Anche i «traduttori» geovisti lo san-no. Ecco alcuni esempi tratti dall'edizione geovista del 1986:

«Così essi uscirono e predicarono dappertutto, mentre il Si-gnore operava con loro e sosteneva (bebaioùntos) il messaggio con i segni che lo accompagnavano» (Marco 16,20).

«Poiché dico che Cristo divenne effettivamente ministro... per confermare (bebaiòsai) le promesse che Egli aveva fatto ai loro antenati» (Romani 15,8).

«...come sfuggiremo se avremo trascurato una così grande salvezza che... fu confermata (ebebàiothe) per noi da quelli che lo udirono» (Ebrei 2,3).

Come si può constatare, i TdG, in questi testi traducono cor-rettamente «confermare, sostenere». In Filippesi 1,7 il verbo «be-baióo» diventa «stabilire legalmente». Viene aggiunto l'avver-bio «legalmente». Perché quest'aggiunta?

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Ecco la spiegazione che ci ha dato un ex TdG: «L'Organiz-zazione si basa su questo e solo unico versetto per ottenere il riconoscimento legale dallo Stato politico, in modo da divenire una religione a tutti gli effetti e non solo giuridicamente rico-nosciuta. In questo modo, può accedere, con le dovute pressio-ni politiche, ad avere l'otto per mille dell'IRPEF e gestire così il potere economico che i suoi aderenti gli fornirebbero».

Abbiamo già riferito che, per il Geovismo, ogni Stato è un'e-manazione di Satana. A questo Stato-Satana non si può dar nul-la; si devono però chiedere riconoscimenti e soldi.

PRIMA TIMOTEO 4,1

TRADUZIONE GEOVISTA (Ed. 1986) «L'espressione ispirata di-

ce esplicitamente che in suc-cessivi periodi di tempo alcu-ni si allontaneranno dalla fe-de, prestando attenzione a in-gannevoli espressioni ispi-rate».

TUTTE LE ALTRE

«Lo Spirito dice espressa-mente che negli ultimi tempi (o "in tempi avvenire") alcu-ni si allontaneranno dalla fe-de, dando ascolto a spiriti menzogneri».

Il testo contrappone lo Spirito di verità (cf Giovanni 16,13) agli spiriti menzogneri.

Ecco il testo greco, traslitterato: Tò Pnèuma retos légei ...proséchontes Lo Spirito espressamente dice dando ascolto pnéumasin plànois a spiriti menzogneri.

Nella «traduzione» geovista, «lo Spirito» diventa «l'espres-sione ispirata» e gli «spiriti menzogneri» si trasformano in «in-gannevoli espressioni ispirate». Sarebbe interessante sapere chi sono questi «alcuni» che, sedotti da «spiriti menzogneri», negli ultimi tempi, abbandoneranno la fede.

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EBREI 1,2

TRADUZIONE GEOVISTA Edizione 1967 «Dio... alla fine di questi

giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio».

Edizione 1986 «Dio... alla fine di questi

giorni ha parlato a noi per mezzo di un Figlio».

Nell'edizione del 1967, i geovisti traducono correttamente «per mezzo del Figlio». Cristo, infatti, è il Figlio Unigenito del Padre (cf Giovanni 3,16). Ma bisognava negare la divinità di Cristo, perciò «il Figlio» dell'edizione del 1967 diventa «un Fi-glio» nell'edizione del 1986. Cristo sarebbe uno dei tanti figli di Dio.

GIACOMO 2,1

TRADUZIONE GEOVISTA «Fratelli miei, voi non

mantenete la fede del nostro Signore Gesù Cristo, nostra gloria, con atti di favoriti-smo, vero?».

TUTTE LE ALTRE «Fratelli miei, non mesco-

late a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria».

Due osservazioni. Il verbo «non mescolate» è all'imperativo. Nella versione

geovista viene data alla frase una forma interrogativa attenuante. L'espressione «Signore della gloria», riferita a Gesù, com-

pare altrove nel Nuovo Testamento (v. 1 Corinzi 2,8). Ma poi-ché richiama troppo la divinità, nella Bibbia geovista viene sem-pre cambiata in «il Signore glorioso». Qui diventa addirittura «nostra gloria».

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TUTTE LE ALTRE

«Dio... in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio».

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PRIMA PIETRO 2,17

TRADUZIONE GEOVISTA «Onorate [uomini] di ogni

sorta». Il testo greco traslitterato:

Pàntas timésate Tutti onorate.

I TdG non devono onorare e amare tutti, come vuole Gesù (cf Matteo 5,43-48), ma solo i buoni. Naturalmente i «buoni» sono i TdG e tutti gli altri sono i «cattivi». Perciò, il «tutti» di questo testo viene trasformato in «[uomini] di ogni sorta», cioè uomini bianchi, neri, gialli, poveri, ricchi, purché siano Te-stimoni di Geova, altrimenti non sono fratelli, ma «figli di Sa-tana» e devono essere odiati di un «odio puro».

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TUTTE LE ALTRE «Onorate tutti».

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CONCLUSIONE

Riteniamo di aver dimostrato che la «Traduzione del Nuo-vo Mondo» è una versione stilisticamente brutta, spesso volu-tamente incomprensibile e, in molti passi, manipolata: «un miscuglio di ignoranza e di inganno» (Ray Stedman).

I fedeli Testimoni credono che la Bibbia sia «Parola di Dio». In Deuteronomio 4,2 è scritto: «Non aggiungerete nulla a

ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla». E in Apocalisse 22,19: «Chi toglierà qualche parola da que-

sto libro profetico Dio lo priverà dell'albero della vita e della Città santa».

I «traduttori» geovisti violano questo comando di Dio e fan-no scempio della Scrittura, cambiando verbi, eliminando frasi, aggiungendo parole. Ci chiediamo: crede veramente che la Bibbia sia «Parola di Dio» chi si permette di correggerla? È onesto chi, approfittando della semplicità o dell'ignoranza o della buona fede, diffonde le proprie teorie, spacciandole per «Parola di Dio»?

Ci auguriamo che questo libro serva agli scopi per cui è sta-to scritto: stimolare i Cattolici allo studio della Scrittura, per-ché «ignorare la Scrittura è ignorare Cristo» (san Girolamo) e aiutare quei Testimoni di Geova che avranno in mano questo libro e che hanno ancora una sufficiente autonomia di giudi-zio, a ripensare a quanto essi hanno abbandonato, a quanto han-no accettato, a chi hanno affidato la loro vita. Il tono polemi-co e l'ironia che spesso animano le pagine di questo libro non sono dirette ai fedeli Testimoni, per i quali nutriamo stima e rispetto, ma ai dirigenti americani della «Società» che tengono in loro potere tante persone oneste, strumentalizzando la Paro-la di Dio, asservendola ai loro fini, manipolandola a loro piaci-mento, ridicolizzandola con traduzioni grottesche. Con spirito

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fraterno, ci permettiamo di dare ai fedeli Testimoni i seguenti consigli:

1) Procurarsi una vera Bibbia. 2) Dedicare meno tempo allo studio de «La Torre di Guar

dia» e delle pubblicazioni geoviste e più tempo alla lettura della Bibbia.

3) Mettere in pratica il consiglio (giusto) del CD: «Accerta tevi di ogni cosa ed esaminate la vostra religione alla luce della Bibbia».

Dopo aver esaminato la propria religione, con il solo aiuto del proprio cervello e di una vera Bibbia, il TdG si accorgerà che il Geovismo non è fondato sulla Scrittura ma è un'inven-zione di un gruppo di americani: la S.p.a. «Torre di Guardia» di New York.

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APPENDICE

TESTIMONIANZE

Chi conosce i TdG stenta a credere che un Testimone possa cam-biare idea. Eppure, sono migliaia i TdG che, ogni anno, abbando-nano la sètta perché, studiando la Bibbia senza gli «occhiali» de «La Torre di Guardia», scoprono l'inganno di cui sono state vitti-me. Sono persone animate da una grande fede e da un profondo amore alla Parola di Dio. «La Torre di Guardia» li chiama «apo-stati, ipocriti, cani che tornano al proprio vomito» e impone ai familiari ancora TdG di rompere con loro ogni rapporto, speran-do che l'isolamento, nel quale sono costretti a vivere, li riporti, sconfitti ed umiliati, alla vecchia schiavitù.

«I membri della Congregazione non gli stenderanno più la ma-no dell'amicizia, e non gli diranno nemmeno "ciao" o "arnvederci". Se il dissociato tenta di parlare ad altri della Congregazione, essi dovranno allontanarsi da lui» (La Torre di Guardia, 15.12.1963. Cf La Torre di Guardia, 15.4.1988).

È con questo ricatto che la sètta tiene legate a sé molte persone. Ma qualcosa sta cambiando. Sono sempre più numerosi gli ex

TdG che parlano e rivelano retroscena che gli studiosi delle sètte in generale e del geovismo in particolare conoscevano.

Riportiamo qui le testimonianze di alcuni ex TdG.

1. Vi lascio per seguire Cristo

Cari amici,1 mi accingo a scrivere questa lettera con grande dolore ma con

la serena certezza che sia la cosa giusta da fare. Con essa, infatti, vi comunico la mia volontà di dissociarmi dall'organizzazione dei Testimoni di Geova, fondamentalmente perché adesso ho raggiunto

1 Lettera scritta ai TdG di Siracusa.

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la piena convinzione che essa, contrariamente a quanto mi era stato insegnato e a quanto avevo creduto, non è il popolo di Dio e i suoi insegnamenti non sono basati sulla Bibbia.

Io sono una donna anziana e per oltre trenta anni ho conside-rato la Congregazione come la mia casa e la mia famiglia. Ho fat-to di tutto perché anche i miei figli seguissero la fede che ritenevo giusta e tre di loro sono divenuti Testimoni, uno per sino Anziano. Non vi è mai stato un momento nella mia vita in cui io abbia dubi-tato di essere «nella verità». Anche quando vedevo che le cose non andavano come sarebbero dovute andare, confidavo che Dio avreb-be sistemato ogni cosa per amore del suo popolo. Ma, tristemen-te, ho dovuto convincermi che Dio non ha proprio niente a che fare con questa organizzazione; certamente non con chi in essa ha posizioni di responsabilità: dal Corpo Direttivo sino agli Anziani delle Congregazioni. Forse la maggioranza dei fratelli e delle so-relle semplici e sprovveduti, come lo sono stata io, è in buona fede e crede in ciò che fa, ma certamente non gli altri... Data la mia età avanzata, ho vissuto in pieno gli orrori della Seconda Guerra Mondiale e ho ancora vivo il ricordo che a quel tempo ci trasmet-teva il sentir parlare dei nazisti e della loro terribile polizia: la Ge-stapo! Ebbene, è spaventoso a dirsi, ma in questi ultimi tempi, ho visto quegli antichi incubi tradursi in realtà sulla mia pelle, solo che questa volta non era la Gestapo bensì gli «amorevoli» pastori della mia Congregazione ad indossare quegli abiti.

Poiché uno dei miei figli, per motivi di coscienza, ha deciso di non appartenere più alla Congregazione dei Testimoni di Geo-va, pur continuando pienamente il suo impegno cristiano, sono venuti a trovarmi gli Anziani e mi hanno imposto la scelta: o rinnegavo mio figlio e mantenevo al minimo i rapporti filiali, oppure mi avrebbero disassociata e in tal modo mi avrebbero privato dell'affetto più grande di una madre: quello delle altre due figlie che sono ancora Testimoni. Ho implorato gli «ufficiali nazisti», ho spiegato loro che l'amore fra madre e figlio è un dono di Dio che nessun uomo deve sopprimere, ho detto anche che mio figlio è ancora profondamente impegnato con Cristo. Ma a niente sono valse le mie lacrime e le mie suppliche, né hanno contato i miei trentacinque anni di fedele servizio all'Organizzazione o i miei capelli bianchi. «Devi rinnegare pubblicamente tuo figlio e anche qui di-

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nanzi a noi» mi hanno detto; «devi dire che è un apostata, altri-menti manchi di lealtà all'Organizzazione», hanno continuato con atteggiamento inflessibile. Solo dopo lo sconvolgente interrogato-rio a porte chiuse e con la mente più serena, mi sono chiesta se tutto ciò era quello che avevo imparato intorno a Cristo, studian-do la Bibbia. Non riesco ad immaginare Gesù che proibisce ai suoi discepoli, pena la disassociazione, di avere intima associazione con i loro familiari. Qualcuno mi ha citato, per sostenere questa poli-tica disumana dell'Organizzazione, le parole di Gesù in Matteo 10,35-37, dove Lui dice che «chi ama padre o madre più di me, non è degno di me» e che «sono venuto a creare divisione, ponen-do un uomo contro suo padre». Solo che lì Matteo mostra che sa-rebbe stato Gesù a dividere, non qualche organizzazione; e la di-visione sarebbe stata il risultato di una decisione individuale di non amare Cristo. Ma io e mio figlio amiamo Cristo con tutto il no-stro cuore. Solo che lui prima e io adesso non riusciamo più a ve-dere Cristo nell'Organizzazione dei Testimoni di Geova. Avevo sem-pre pensato che i Testimoni di Geova fossero i veri cristiani di cui parla la Bibbia, caratterizzati da profondo amore, dalla carità cri-stiana e dalle espressioni benigne. Ma è difficile credere quante espressioni calunniose, insultanti, colme di odio, ho dovuto udire all'interno della Congregazione, sia sul conto di mio figlio che di altri Testimoni che hanno deciso di lasciare l'Organizzazione. «Cani, porci, criminali, ladri, adulteri, immorali» sono le espressioni che circolano comunemente tra i «fratelli». Dov'è la dolcezza di Cri-sto, il suo amore? Qui ho assistito alla gara di chi riusciva a inven-tare le calunnie più infamanti sul conto di persone che avevano l'unico torto di non pensarla più come loro. Non mi stupirei se ciò si ripetesse anche sulla mia persona.

Voglio aggiungere un'altra cosa e posso assicurare che non si tratta solo di un mio pensiero, bensì molti nella Congregazione la pensano allo stesso modo, solo che hanno paura di dirlo (sì, per-ché la paura, non l'amore, è il sentimento che predomina nelle Con-gregazioni di Siracusa). Voglio dire, con molta franchezza, che la Società ci sta letteralmente dissanguando economicamente. Quando io conobbi i Testimoni di Geova, c'era una sola cassetta per le con-tribuzioni, adesso ce ne sono cinque e ogni tanto, in speciali circo-stanze, aumentano: 1) Contribuzioni per la Sala del Regno; 2) Con-

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tribuzioni per il fondo di costruzione delle Sale del Regno; 3) Con-tribuzioni per la sala dei congressi; 4) Contribuzioni per i missio-nari; 5) Contribuzioni per l'opera del Regno. I fratelli sono letteralmente spremuti fino all'osso e non ce la fanno più, tanto è vero che per ragioni economiche sembra che si debbano chiudere due Congregazioni nella nostra città.

Ricordo che quando frequentavo la Chiesa Cattolica, passava qualcuno con il piattino e chi voleva contribuiva e chi non voleva, no; in ogni modo si metteva molto poco. Ma fra i Testimoni di Geova è diverso. Non c'è quasi adunanza che non si bussi a denaro e chi non contribuisce si sente in colpa, perché pensa di non mostrare sufficiente gratitudine a Dio. E «la Torre di Guardia» non fa altro che ricordare a ciascuno di noi che, se vogliamo esse-re benedetti da Dio, dobbiamo contribuire generosamente (v. La Torre di Guardia, 1.7.1988, pag. 11). Per non parlare poi di ciò che negli ultimi anni vediamo apparire regolarmente sulle colonne de «La Torre di Guardia», arrivati al mese di dicembre. Sembra quasi che la «Società», senza dircelo, voglia che le facciamo il re-galo di Natale. Valga, per tutte, «La Torre di Guardia» del 1° di-cembre 1988, pagine 29-31 dove, ben sapendo che dicembre è il mese delle tredicesime e delle gratifiche natalizie, ci chiede denaro in maniera ancor più sfacciata. Addirittura ci invita a darle il no-stro denaro per farcelo amministrare. Moltissimi fratelli di vec-chia data sono rimasti allibiti. Dopo aver letto le feroci critiche de «La Torre di Guardia» sul vescovo Marcinkus, chiamato il «ban-chiere di Dio», adesso era proprio l'Organizzazione a diventare il «banchiere di Geova», chiedendoci di amministrare i nostri sol-di! Tanti anni fa, ci vantavamo della nostra modestia e denigra-vamo l'opulenza e l'avidità delle chiese. Adesso la situazione si è ribaltata. Vedo molte chiese di periferia per anni rimaste grezze ed incomplete oppure ospitate in baracche ed in garages, mentre le sale dei congressi e le filiali sono monumenti dal lusso più sfre-nato, vere macchine mangia soldi (vedi, per esempio, la fastosa sala dei congressi di Jersey City e la filiale tedesca di Selters). Do-v'è andata a finire la nostra semplicità, la nostra modestia? Man mano che il tempo è andato trascorrendo, ho visto questa orga-nizzazione diventare un'industria dove chi non produce viene rim-proverato. Le adunanze servono a stimolarci a «collocare» più ri-

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viste, come se il termine «collocare» al posto di «vendere» possa cambiare la sostanza della cosa. Ogni visita del sorvegliante di cir-coscrizione è tutto un discorso di medie, di ore, di riviste, di invito a fare i pionieri e a contribuire.

Potrei continuare, perché grande è la mia amarezza per tutto ciò che ho passato; ma desidero dirvi un'ultima cosa: forse avrei potuto sopportare tante cose, e continuare ad accettare gli errori, le bugie e le contraddizioni del Corpo Direttivo, se solo avessi po-tuto vedere l'amore all'opera, perché «l'amore copre una moltitu-dine di peccati». Ma fra i «nazisti» non c'è amore ed è per questo che, con il rimpianto di aver sprecato la mia vita con voi, vi lascio per seguire Cristo.

Nonostante tutto, vi saluto con affetto. GRAZIELLA DELL'AQUIA in FIORE

Siracusa

2. Pregherò per quelli che mi faranno del male

Mi chiamo Vincenzo Abbate e sono nato a Canicattì (AG) il 16.8.1952.

Fino all'età di 23 anni, sono stato di religione cattolica che, come per la maggioranza degli italiani, mi è stata imposta dai miei genitori... Il primo contatto con i TdG l'ho avuto tramite mio fra-tello che, emigrato in Svizzera, aveva accettato tale nuova ed esal-tante religione assieme alla moglie ed ai loro due figli ancora in tenera età... Dopo qualche tempo, mio fratello rimpatriò e si sta-bilì in Puglia, terra d'origine della moglie, dove spesso li andavo a trovare e loro regolarmente mi conducevano alla Sala del Re-gno... Potete immaginare, io ero al centro dell'attenzione e un po-tenziale peccatore da evangelizzare. Ad ogni domanda che face-vo, vi era sempre una risposta che non faceva una grinza. Mi dis-sero che la fine era vicinissima, addirittura fra pochi mesi o, come ha affermato un rappresentante della Società Torre di Guardia ad un'assemblea di distretto a Palermo, probabilmente entro l'anno.

Cedendo alle insistenze di un fratello, mi fu iniziato uno stu-dio biblico, ritenuto necessario per scampare all'imminente distru-zione ed ottenere la salvezza riservata ai soli TdG. Con l'aiuto del libro «La verità che conduce alla vita eterna» tutto mi sembrò con-

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vincente, meraviglioso, fantastico. La via della salvezza era quel-la, non si discuteva!

Feci rapido progresso e cominciai a predicare ad altri quello che avevo appreso con zelo e convinzione, al punto che dopo soli otto mesi dall'inizio dello studio, chiesi di essere battezzato. Igna-ro di tutti i retroscena, mi battezzai nel maggio del 1976 nel mio stesso paese, ad un'assemblea di circoscrizione, quale predicatore della Società Torre di Guardia, di Brooklyn, incondizionatamente.

I primi dubbi Per qualche anno, tutto mi sembrò impeccabile: l'organizza-

zione, le dottrine, l'associazione fraterna. Ma, di tanto in tanto, questa quasi perfetta macchina organizzativa perdeva qualche col-po... Chiunque si azzardava a fare una critica sia pure costrutti-va, veniva preso per disfattista... Gli Anziani erano gli intoccabi-li: loro sorvegliavano il gregge ma il gregge non poteva fare altret-tanto con loro e chi l'avesse fatto si sarebbe messo contro lo spiri-to santo che li aveva costituiti sorveglianti. Quindi, noi eravamo alla loro mercé, signoreggiandoci come a loro piaceva.

Quando venivano in visita i sorveglianti viaggianti, la Congre-gazione si mobilitava per una settimana, con tanto amore e zelo ipocrita, abbracci, sorrisi, pacche sulle spalle, la corsa al servili-smo e il tutto, dopo pochi giorni, svaniva. I rappresentanti della Società si davano le arie da aristocratici e noi poveri proclamato-ri, al loro cospetto, sembravamo dei pezzenti. La gioia andava sva-nendo e mi chiedevo: ma dov'è l'amore, l'uguaglianza e la teocra-zia che mi avevano insegnato? E perché mai si critica la Cattolici-tà di aver divisa la società in clero e laicato quando loro l'avevano di fatto suddivisa in padroni e schiavi?

Sono stato tra i pochi arditi nell'organizzazione che ha avuto il coraggio di affrontare l'ingiustizia e gli abusi di potere e, per ritorsione, non sono mai stato nominato per incarichi di respon-sabilità nella Congregazione; ma questo non mi ha impedito di ac-quistare conoscenza e maturità.

Solo ora mi rendo conto: la Società vuole robotizzare i suoi adepti, facendo loro il completo lavaggio del cervello: non pensa-re, non sentire, non vedere, tanto a far questo ci sono i nonnetti del Corpo Direttivo di Brooklyn. Chi non viene plagiato del tutto

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diviene un personaggio scomodo: meglio sbarazzarsene. Altri, più ingenui, che hanno notato gravi lacune sugli Anziani e sorveglian-ti, vengono tenuti buoni con l'assicurazione che Geova, a suo tem-po, rimuoverà gli indegni... In quattordici anni di permanenza in questa organizzazione, ho visto tante di quelle carenze che la bla-sonata Società non ammette né penso che lo farà mai continuan-do ad insegnare che nella sola organizzazione dei TdG c'è purezza spirituale, morale e fisica e che al di fuori di essa c'è solo perdizio-ne. Troppo facile applicare le Scritture agli altri, ma si sono mai chiesti come la mettiamo con la competizione, l'arrivismo per far carriera, il plagio, la violenza psicologica (più deleteria di quella fisica), la costrizione, il ricatto, la rinuncia alla propria dignità per-sonale, cose tutte perpetrate in siffatta organizzazione?

L'abbandono Nonostante tutto, non riuscivo a lasciare l'organizzazione, per-

ché è difficile farlo di propria iniziativa. Tante volte ci avevo pro-vato e tante volte ho desistito. Troppe cose mi legavano ad essa: i compagni di fede di tanti anni, i parenti TdG e persino i miei più intimi familiari. Ho lottato per diversi anni, essendo in trava-glio notte e giorno; litigi con mia moglie, lei TdG fin dalla nasci-ta, e con tutti i suoi familiari, appartenenti a questa fede. È stato così tremendo che solo chi ha avuto la mia stessa esperienza può capire.

Nell'agosto 1986, riuscii a dissociarmi la prima volta e fin d'al-lora mi ero accorto di essere entrato in quell'organizzazione con tutti gli onori e ne uscivo considerato alla stessa stregua degli im-morali, idolatri, rapaci e oltraggiatori, solo perché non accettavo più la direttiva di Brooklyn nella mia vita.

All'indomani dell'annuncio alla Congregazione della mia dis-sociazione, tutti i «fratelli», compresi i più intimi, che mi erano stati amici in pranzi, cene e serate trascorse insieme, vedendomi, scappavano come se avessi la lebbra; i parenti TdG troncarono ogni tipo di rapporto; mi venne negato il saluto e alle comunità vicine furono spedite delle lettere con l'avvertimento: attenti al tradito-re! Subii ogni sorta di diffamazione ed infine l'isolamento totale. Solo Dio sa quello che ho sofferto! Non una parola di conforto, né un amico che mi tendesse una mano. Persino mia moglie mi

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diceva: «Te la sei voluta tu». Per anni la Congregazione era stata il mio mondo e, ad un tratto, mi trovai solo ed emarginato.

L'isolamento è l'arma vincente della Torre di Guardia per in-durre tanti fuoriusciti a ritornare ad essa, sottomessi ed umiliati e vi riuscì anche con me. Per cinque mesi sono rimasto fuori, spe-rando di non ritornarvi, ma vedendo mia moglie con i due bambi-ni andare alla Sala del Regno, in quelle sere autunnali, cominciai a pensare che, forse, avevo sbagliato tutto; che, in fondo, era quella l'organizzazione di Dio e che solo gli uomini ne offuscavano l'im-magine.

La Torre di Guardia fa leva sui sentimenti più nobili, come quel-lo della famiglia. Con grande umiltà cominciai a ritornare a fre-quentare le adunanze, sfidando gli sguardi increduli e imbarazzati dei «fratelli», ma io mi dissi: «Per amore di Dio, questo ed altro».

Nel giugno del 1987, presentai la lettera di riassociazione e, dopo l'ennesimo interrogatorio da parte di un comitato giudiziario, fui riassociato. Ma, come in altre circostanze, avevo mentito a loro e a me stesso, piegandomi al volere e all'asservimento del CD di Brooklyn. Ma in me rimanevano dubbi e perplessità non solo di natura organizzativa ma, negli ultimi tempi, avevo trovato anche delle discordanze di carattere scritturale e dottrinale. Le più pre-valenti riguardavano il tempo della fine dal 1914; il ritorno di Cri-sto; le due classi, una terrena e una celeste; il CD quale unico ca-nale tra Dio e l'uomo; ed, infine, perché si sminuiva Gesù Cristo?

La liberazione Nell'agosto del 1987, decisi di iniziare un profondo studio per-

sonale della Bibbia, senza l'aiuto delle pubblicazioni della Società, ma col solo confronto di cinque traduzioni della Bibbia, allo scopo di rivedere tutto l'insegnamento che avevo ricevuto dalla Tor-re di Guardia. Mi sono immerso in uno studio senza tregua, dedi-candovi in media quattro ore al giorno, studiando la Bibbia ver-setto per versetto, convinto che, se vi era una verità, la dovevo tro-vare. Non potevo stare più nel dubbio!

Nel giro di due anni, tutto cominciò ad apparirmi più chiaro. Scoprii delle forzature scritturali. Il CD storpiava e manometteva le Scritture a suo piacimento, mettendo in risalto quelle che soste-nevano le sue dottrine precostituite, occultando quelle che lo smen-

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tivano e apportando diversi aggiustamenti col passare del tempo, con la scusa di nuovi intendimenti.

Non ho mai visto nessuno mettere in discussione l'autorità del CD: chi per paura, chi per cieca fiducia. Questo era il colmo: inu-tile andare a chiedere spiegazioni alle alte gerarchie, perché la ri-sposta minacciosa era sempre la stessa: «Attento, fratello; ti stai incamminando verso l'apostasia».

La mia vita si trovò di nuovo ad un bivio: o soccombere come le altre volte, accettando tale dittatura spirituale e vivendo una vita da perfetto ipocrita, come fanno tanti in mezzo ai TdG, oppure ac-cettare di nuovo l'olocausto dei parenti e degli amici TdG che, tutto sommato, non era una grande perdita, considerando la posta in gioco. Ero entrato nell'organizzazione, sicuro che vi fosse la verità ma, svanendo quella sicurezza, non vi era più motivo di rima-nervi. Ora mi restano solo Dio e Gesù Cristo con la Sacra Bibbia. In loro soltanto scorgo la salvezza e non in qualsiasi sètta religiosa.

Spero di divenire un buon cristiano, senza più subire ricatti e compromessi.

Nel novembre 1989, ho consegnato agli Anziani locali la lette-ra di dissociazione definitiva. Sapendo cosa mi attende, affronte-rò la mia sorte con piena serenità ma so soprattutto che ora sono un uomo libero di pensare, di agire e di cercare il Signore Gesù in piena libertà, senza ricatti e compromessi.

Continuerò a pregare per i miei ex fratelli, i miei amici e pa-renti rimasti TdG e per tutti quelli che mi faranno del male. «Pa-dre, perdona loro perché non sanno quello che fanno...» {Luca 23,33) o che dicono.

Che questa testimonianza possa essere d'incoraggiamento a tutti quelli che hanno avuto la mia stessa esperienza e che l'avranno.

ENZO ABBATE Canicattì (Agrigento)

3. Mi si aprirono gli occhi della mente Spoltore, 28.6.1991

Rev. Padre,2 spero di non arrecarle disturbo, scrivendole questa lettera.

2 Lettera indirizzata all'Autore di questo libro.

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Mi chiamo Mary Volpicella, sono una signora di quarantadue anni, attualmente casalinga. Vorrei dirle, spero in breve, che ho letto il suo libro «La Bibbia dei Testimoni di Geova. Traduzione o manipolazione?» e ho provato un senso di interiore felicità per le informazioni che vi ho trovate. Le spiego il perché.

Sono stata associata come Testimone di Geova dal 1970 (bat-tezzata) fino al mese di luglio 1990. Anche mio marito e il mio unico figlio erano Testimoni insieme a mia madre di ottantuno anni.

L'anno scorso decidemmo che era il momento giusto perché tagliassimo la corda che ci teneva legati alla schiavitù della Torre di Guardia e ci dissociammo. Scrivemmo una lettera dove espone-vamo i motivi scritturali per cui non ritenevamo più l'organizza-zione dei TdG la «vera e unica rappresentante di Dio». Questa azio-ne ci procurò molto dolore e problemi da non poterli esprimere a parole. Dovemmo dare in mano ad un avvocato il nostro caso, affinchè ci aiutasse legalmente a venirne fuori, senza dover subire ulteriori sofferenze. Mio figlio, all'epoca minorenne, e mia ma-dre, gravemente malata di cuore, subirono pressioni affinchè ci isolassero e ci ripudiassero. Può immaginare, forse, la tensione a cui fummo sottoposti per un periodo abbastanza lungo, circa set-te mesi, tanto da dover ricorrere alle cure mediche per trovare sol-lievo.

Eravamo persone in vista in seno all'organizzazione. Mio ma-rito era stato Anziano e pioniere speciale (a tempo pieno) per molti anni e anch'io avevo servito come pioniera per quattordici anni e mio figlio da circa cinque anni. Quindi, essi temevano ci fossero ripercussioni nell'ambito delle numerose conoscenze che avevamo in molte parti d'Italia. Avevamo aiutato più di sessanta persone ad associarsi all'organizzazione e la loro paura era che, in qualche modo, a qualcuno venisse qualche dubbio sui motivi della nostra dissociazione (da loro presentata falsamente, come sempre d'al-tronde, come formale disassociazione per apostasia così da infa-marci e impedire qualsiasi contatto con i nostri numerosi parenti, anch'essi TdG) e così si potesse allargare la fuoriuscita di preziosi elementi.

È stato l'anno più significativo per la mia famiglia; abbiamo ricominciato a vivere come liberi pensatori, permettendo alla no-stra coscienza umana di condurci nella normale pratica della vita.

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Faticosamente ci siamo deprogrammati dal lavaggio del cervello che, per venti anni, avevamo subito e così, ora, più sereni, più uma-ni, stiamo ricominciando a vivere con più maturità ed esperienza.

Tornando al suo libro, devo dirle che è stata una lettura piace-vole e, me lo lasci dire, qualche volta ho riso di cuore, trovando particolari che lei commenta ironicamente.

Quante volte, leggendo la Traduzione del Nuovo Mondo e con-frontandola con le altre, avevo dubbi che poi scacciavo subito dalla mente, per timore di peccare contro Dio e l'organizzazione. Ma poi, un giorno, qualcosa è successo.

Passai un intero pomeriggio a fare ricerche per un sermone che dovevo fare in sala e così mi accorsi di contraddizioni che mi la-sciavano di sasso. Non posso raccontarle tutto, altrimenti l'annoio ma un particolare devo dirglielo perché non ho trovato riscontro nel suo libro.

In Filippesi 1,7 è scritto: «È del tutto giusto che io pensi que-sto riguardo a voi, perché vi ho nel mio cuore, essendo voi tutti partecipi dell'immeritata benignità, sia nei legami della mia pri-gionia che nel difendere e STABILIRE LEGALMENTE la buona notizia» (Trad. geov.). Notai che la Bibbia di Garofalo diceva di-versamente, cioè «nella difesa e nel CONSOLIDAMENTO dell'e-vangelo». Il verbo «consolidare» esprime qualcosa di completamente diverso dal «stabilire legalmente». Perché questo era importante per me? Perché l'organizzazione si basa su questo e solo unico versetto per ottenere il riconoscimento giuridico legale dallo Stato politico in modo da diventare una religione a tutti gli effetti e non solo giuridicamente riconosciuta. In questo modo, potrà accedere all'otto per mille dell'IRPEF e gestire così il potere economico che i suoi aderenti le fornirebbero. Può immaginare quanto è stato fatto internamente, in quanto a pressioni mentali, affinchè nessuno obiettasse in merito.

Ritornando a me, mi insospettii e feci ricerca sull'interlineare greca. Non trovai affatto il termine «legalmente». Mi si aprirono gli occhi della mente e quello fu Pinfèio della loro fine per quanto riguarda il loro potere su di noi.

Molte cose malvagie avevamo visto accadere nel gruppo ma ora vi erano le basi per non giustificarli più, perché manipolavano la Parola di Dio per ingannare e sfruttare le persone semplici e in buona fede, per renderli schiavi al loro servizio.

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Purtroppo, nel suo libro, questo particolare versetto di Filippesi 1,7 lei non lo ha citato.3 Allora mi sono chiesta se indegnamente, rispetto alla sua cultura, potevo farglielo notare e chissà forse poteva esserle utile per altri suoi lavori in questo settore.

Mi auguro che abbia pazientato nel leggere questo scritto, for-se non molto corretto e chiaro, in quanto ho la mente piena di co-se che vorrei altri sapessero e così esprimo male ciò che voglio dire.

La ringrazio profondamente, perché il suo libro so che aiuterà tante persone sincere a capire come rispondere ai dubbi suscitati a causa dell'ignoranza delle lingue originali, nelle quali è stata scritta la Bibbia.

Sarei immensamente grata se vorrà dare riscontro a questa mia. La ringrazio in anticipo e la saluto cordialmente.

MARY VOLPICELLA Spoltore (Pescara)

4. «Io, ora, voglio amare tutti» Conobbi i TdG all'età di undici anni, a Roma dove io e la mia

famiglia ci eravamo trasferiti per motivi di lavoro. Ero curiosa e li feci entrare. Vennero per diverse domeniche e, dopo un po', mi convinsero ad andare nella loro Sala del Regno. La prima impres-sione che provai fu quella di trovarmi fra gente diversa. Mi colpì subito il loro abbigliamento. Gli uomini, soprattutto, mi sembra-vano finti ma sorvolai. Mi colpì la loro gentilezza e disponibilità. Ascoltai, con attenzione, il discorso dell'oratore che, ogni tanto, citava qualche versetto della Bibbia. Con l'aiuto della ragazza che mi aveva accompagnato, riuscii a trovare i versetti nella mia Bib-bia e questo mi rendeva felice. Non avevo mai aperto questo li-bro. Il sentir parlare di Dio mi affascinava anche se c'erano molte cose che non mi piacevano, ma cercavo di andare all'essenziale.

Ritornai nella Sala del Regno altre due volte poi dissi alla ra-gazza che mi accompagnava che non volevo più continuare, per-ché dovevo riflettere.

Feci tante esperienze. Ho lavorato in un bar come cassiera, poi trovai lavoro in una boutique, poi in farmacia. Diventai un'acca-

3 Si riferisce alla prima edizione del libro.

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nita femminista, poi passai a «Lotta continua», poi diventai co-munista. Mi accorsi che la politica non faceva per me, perché in essa ci sono tanta disonestà ed arrivismo. Ero ingenua. Credevo che il mondo potesse diventare bello e giusto e che, lottando, avrei cambiato tutto. Lasciato l'impegno politico, passai un periodo senza fare nessuna esperienza al di fuori del lavoro. Ero apatica.

Un giorno, durante una vacanza, conobbi quello che ora è mio marito. Dopo due anni mi sposai e ritornai ad abitare nelle Mar-che, mia regione d'origine. Trascorsi quattro anni felici. Nacque la nostra bambina e fu una gioia immensa ma breve. Cominciaro-no le preoccupazioni e i dolori, soprattutto a motivo della bambi-na che, allora, non godeva di molta salute.

Avevo sempre sul comodino la Bibbia dei TdG, datami da quella ragazza di Roma, e ogni tanto la sfogliavo ma, poiché non sem-pre capivo il senso di quello che leggevo, la richiudevo con ama-rezza. Ricordo che una notte, nella mia camera, pregai Dio. Lo chiamai «Geova», perché l'unica cosa che ricordavo dell'esperienza di Roma con i TdG era questo nome. Chiesi a Dio di farmi cono-scere la verità, i suoi propositi. L'indomani mattina, domenica, bussarono alla mia porta i TdG. Sgranai gli occhi. Pensai fosse una risposta alla mia preghiera e li feci entrare. Rivolsi loro tante domande alle quali risposero in modo per me soddisfacente in quel momento. Mi dissero se volevo iniziare uno studio biblico. Ero mol-to titubante perché temevo di essere ingannata. Ma poi pensai: «Se inizio e poi non voglio più continuare, non mi possono certo ob-bligare!». Mio marito era d'accordo; la curiosità era tanta. E così iniziarono gli «studi». Mio marito vi partecipò solo due o tre vol-te poi smise. Man mano che andavo avanti nello «studio» mi con-vincevo che quella era la verità. Facevo sempre molte domande perché mi sorgevano molti dubbi, ma loro avevano già la risposta pronta per tutto. Pian piano, dopo conflitti intcriori, dubbi, in-certezze da parte mia e insistenze e pressioni da parte loro, arrivai al battesimo. Fu un giorno squallido e triste (solo ora posso dirlo perché prima mi sarebbe sembrato di peccare). Mi immersero in una specie di piscina all'interno della Sala dei Congressi in Abruz-zo. Mi dissero che non doveva restare fuori dall'acqua nemmeno un dito, altrimenti il battesimo non era valido. Quand'ero bambi-na, ebbi un'esperienza traumatica con l'acqua. I «fratelli» non riu-scivano ad immergermi. Al terzo tentativo, volevo scappare. Alla

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fine ce la feci. Uscii dall'acqua con la pelle del viso e gli occhi molto arrossati. Mi rivestii e andai nell'altra sala dove c'erano tutti i «fra-telli». Molti mi baciavano congratulandosi. Mi dicevano: «Ben-venuta fra noi!». Io, però, non ero felice perché nel mio cuore non c'era niente. Non riuscivo ad amare Dio come sentivo, come volevo e me ne facevo una colpa. Non ero neppure certa che i «fratelli» mi amassero veramente. Forse certi TdG non sono se stessi e quindi l'amore non è autentico.

Tornai a casa e continuai la mia vita come moglie, madre e TdG. Quando andavo per le case, prima di uscire pregavo così: «Si-

gnore, se questa non è la verità, fa' che quando vado alle porte, qualcuno me lo faccia capire». Poi uscivo. Ma mai nessuno riu-sciva a confutare quello che io andavo predicando e questo raf-forzava la mia convinzione di essere nella verità. E così andavo avanti con alti e bassi. Facevo poche ore di predicazione, alle adu-nanze non ero molto attiva. C'era qualcosa dentro di me che non mi convinceva: non sentivo il calore, la spinta giusta per fare me-glio. I «fratelli» mi dicevano: «Studia, fai più predicazione! Ve-drai come ti rafforzerai!». Ma io non ci riuscivo e questo mi face-va molto soffrire. Quando, la sera, parlavo con Dio, Gli dicevo: «Guarda quella o quell'altra sorella, come Ti servono, come Ti amano! Ed io, Geova, cosa faccio per te? Niente!». E Gli chiede-vo più fede, più sapienza. Chiesi aiuto più volte ai «fratelli». Mi ripetevano sempre: «Studia, vai in predicazione». Io mi sentivo sempre più sola ed essi si facevano vedere solo per dirmi le stesse cose. Soltanto prima del battesimo mi visitavano con assiduita. Do-po, mai che mi dicessero: «Andiamo a fare una passeggiata! Par-liamo di qualcos'altro. Distraiti, sei stanca!». Mai! Geova non man-da mai in ferie! Solo e sempre servizio, servizio, adunanze, adu-nanze! Pensavo, comunque, che fosse giusto e mi sentivo un ver-me, indegna di Dio. Ma quello che i TdG mi chiedevano andava contro il mio essere. Soffrivo tanto. Dio sa quanto ho pregato. Se i TdG hanno la verità, perché io non ho mai gioia, pace, i frutti dello spirito che amo tanto?

Avevo anche dei dubbi sulla Bibbia. Me li chiarirono a modo loro, ma non mi convinsero. Comunque, reprimevo il tutto e an-davo avanti.

Un giorno, una sorella di fede mi disse se andavo con lei a fare uno studio biblico a casa di una signora anziana. Accettai e an-

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dammo. La signora da «evangelizzare» era una signora tanto dol-ce e mi ricordava la mia nonna che non c'è più. La «sorella» che mi accompagnava era una donna molto sicura di sé e dirigeva lo studio con molta fermezza. Mi sembrava che forzasse la mano, che insistesse un po' troppo e ciò mi dava fastidio. Però gli altri «fratelli» mi dicevano che proprio queste «sorelle» e «fratelli» molto zelanti e sicuri erano quelli che facevano più proseliti, perché la timidezza, la poca sicurezza non davano frutti. Ad un certo pun-to, la signora anziana disse che ascoltava Radio «Maria» che, tutti i giorni, parlava dei TdG. Io, incuriosita, le chiesi che cosa dice-vano. Mi rispose che non capiva gran che ma che il vangelo lo spie-gavano bene. Io le promisi che l'avrei ascoltata, sicura, nonostan-te tutto, di avere la verità. La sorella mi guardò meravigliata per-ché l'Organizzazione ci sconsigliava di ascoltare altre religioni, per-ché appartenenti a Satana e, quindi, pericoloso. E così accesi Ra-dio «Maria». Erano le ore 12,30. Sentii la voce di un uomo, un ex TdG che raccontava la sua esperienza durata venti anni nei TdG. Avvertii la sua profonda tristezza, la delusione. Era come se leg-gessi nel suo cuore. Non sapevo ancora i motivi della sua dissocia-zione, eppure il tono della voce, l'amarezza, alcune parole piene d'amore, la sua sofferenza mi toccarono il cuore.

Spensi la radio e piansi tanto. Ero smarrita. Mi alzai di scatto e andai al telefono. Chiamai le Paoline di Ancona e dissi loro che ero una TdG con dei dubbi e desideravo un aiuto. La signora che stava dall'altra parte del telefono mi rispose molto gentilmente e mi disse di chiamare don Paolo, un sacerdote di Osimo il quale si occupava proprio di questi problemi. Lo chiamai immediata-mente e don Paolo fu di una disponibilità unica, dolce e sensibile.

Abituata a vedere il diavolo nei preti, dissi tra me e me: «Co-m'è gentile Satana!». Don Paolo mi organizzò subito un incontro con il gruppo «Shalom» di San Benedetto del Tronto e con un ex TdG. Conobbi allora la signora Lucia e il signor Gabriele del gruppo «Shalom», due persone gentilissime e molto preparate sull'argomento; conoscono le dottrine dei TdG meglio di me. Feci domande e mi risposero. Mi dimostrarono anche, con documentazioni per me attendibili, che la Bibbia dei TdG è manipolata. Mi chiarirono altre cose. Non avevo ancora capito tutto, ovviamente, ma mi resi conto che il mio cuore era già fuori. Solo la mia mente era ancora confusa: i versetti della Bibbia mi passavano nella mente

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uno dopo l'altro. Tornai a casa, stranamente, felice e triste nello stesso tempo, decisa comunque a continuare la mia ricerca.

Telefonai alla signora Lucia e le dissi che desideravo rivederla per continuare la ricerca. Lei, con la sua dolcezza e disponibilità venne a casa mia insieme al signor Gabriele. Poi venne anche don Paolo. Mi smontarono il castello di cartapesta nel quale abitavo e che credevo fosse indistruttibile, ma che invece si sgretolò in un batter d'occhio e mi ritrovai fuori. Vidi il sole che risplendeva di una luce che non avevo mai visto e mi sentivo come un uccellino che cade dal nido e non sa dove andare, ma che Dio sicuramente non avrebbe lasciato andare lontano da lui, tanto l'amava.

Nella Chiesa Cattolica ho conosciuto persone buone e sensibi-li, discrete, impegnate, comprensive. Io ora amo tutti e non chie-derò più a nessuno di che religione sia. Io voglio amare tutti nello stesso modo.

Ringrazio Dio perché ora capisco che l'aver fatto questa espe-rienza mi ha arricchita, affinata e, soprattutto, mi ha fatto capire che il vero amore non giudica mai nessuno. Ora, finalmente, pos-so parlare con Gesù; da tanto tempo volevo farlo, ma ai TdG è proibito pregare Gesù.

Dammi, Signore, la tua gioia e la tua pace (Giovanni 14,27). «La vostra tristezza si muterà in gioia» (Giovanni 16,20). Anch'io voglio ora portare agli altri la mia gioia.

Sono certa che Dio opera anche fra i TdG, perché ci sono molte persone sincere e buone che, quando pregano, lo fanno con tutto il cuore. Sono in buona fede e Dio esaudisce anche le loro pre-ghiere. Ma sono anche convinta che chi veramente cerca Dio, nei TdG non lo troverà mai e, quindi, sarà costretto prima o poi ad uscire e a cercarlo ancora. Io vorrei dire ai TdG che sono usciti di non temere perché Dio si farà trovare perché anche lui cerca noi. È stata una prova e se Dio l'ha permessa, dobbiamo essere certi che era per il nostro bene.

TERESITA MANCINI Moie (Ancona)

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INDICE

Presentazione ..................................................................... pag. 5

Introduzione storica ......................................................... » 9 1. Charles Taze Russell (1852-1916) .............................. » 9 2. Joseph Rutherford (1869-1942) .................................. » 12 3. Nathan Homer Knorr (1905-1977) ............................. » 17 4. Frederik Franz ............................................................ » 21

Introduzione ..................................................................... » 29

CAPITOLO PRIMO: «Uno spaventoso analfabetismo» ..... » 33

CAPITOLO SECONDO: Testi trinitari .................................. » 41 Seconda Corinzi 13,13 ..................................................... » 43 Giovanni 14,26 ................................................................ » 45

CAPITOLO TERZO: Testi cristologia .................................. » 51 Giovanni 1,1 ................................................................... » 52 Giovanni 7,29 ................................................................... » 57 Colossesi 1,15-17 .............................................................. » 57 Giovanni 8,58 ................................................................... » 61 Colossesi 2,9 .................................................................... » 63 Giovanni 1,14 ................................................................... » 64 Ebrei 1,8 ........................................................................... » 66 Giovanni 14,9-11 .............................................................. » 67 Prima Pietro 1,10-11 ........................................................ » 70 Ebrei 1,6 .......................................................................... » 71 Giovanni 10,33 ................................................................. » 74

CAPITOLO QUARTO: Testi sulla sopravvivenza ................ » 83 Seconda Corinzi 5,6-9 ..................................................... » 87 Seconda Timoteo 4,22 ..................................................... » 88 Ebrei 12,22-23 .................................................................. » 90

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Luca 23,43 ....................................................................... pag. Filippesi 1,21-24 ............................................................... »

CAPITOLO QUINTO: Testi escatologici ................................ » Genesi 2,2 ........................................................................ » Matteo 24,27 .................................................................... »

CAPITOLO SESTO: II «palo» di Cristo .............................. » Filippesi 2,8 ..................................................................... » Appendice al Capitolo VI: Manipolazione di un Dizionario »

CAPITOLO SETTIMO: Altri testi ......................................... » Genesi 31,48-49 ................................................................ » Levitico 23,21 ................................................................... » Numeri 2,2 ....................................................................... » Proverbi 11,9 ..................................................................... » Amos 5,27 ....................................................................... » Matteo 5,19 ...................................................................... » Matteo 6,7 ....................................................................... » Matteo 26,26-28 ............................................................... » Matteo 28,19 ................................................................... » Luca 4,22 ......................................................................... » Luca 16,22 ....................................................................... » Giovanni 14,13 ................................................................ » Giovanni 17,8 .................................................................. » Atti 3,15 ........................................................................... » Atti 7,59-60 ...................................................................... » Romani 6,4 ...................................................................... » Romani 14,7-9 ................................................................. » Seconda Corinzi 4,6 ........................................................ » Filippesi 1,7 ..................................................................... » Prima Timoteo 4,1 .......................................................... » Ebrei 1,2 .......................................................................... » Giacomo 2,1 ..................................................................... » Prima Pietro 2,17 ............................................................ »

Conclusione ...................................................................... »

APPENDICE: Testimonianze ............................................. »

Bibliografia ...................................................................... »

Stampa: Colle Don Bosco

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