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Cosa nutre il pianeta? IN QUESTO NUMERO I nuovi consiglieri pastorali 24 maggio 1915: l’Italia entra in guerra Anno LXXXVI - Numero 5 - Maggio 2015

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Cosa nutre il pianeta?

IN QUESTO NUMERO

I nuovi consiglieripastorali

24 maggio 1915:l’Italia entra in guerra Anno LXXXVI - Numero 5 - Maggio 2015

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TRA LE GUGLIE2

«Globalizzare la solida-rietà». È questol’obiettivo che dovràavere l’Expo 2015. Lo

ha proclamato con intensità papa Fran-cesco in un videomessaggio trasmessoin diretta nel giorno d’inaugurazionedell’Esposizione, venerdì 1° maggio. Haauspicato che Expo sia un’occasioneper non dimenticare «i volti di milioni di personeche oggi hanno fame, che oggi non mange-ranno in modo degno di un essere umano».«Vorrei che ogni persona che passerà a visitarel’Expo di Milano, attraversando quei meravi-gliosi padiglioni, possa percepire la presenza diquei volti - ha proseguito -. Una presenza na-scosta, ma che in ogni realtà deve essere lavera protagonista del-l’evento: i volti degli uominie delle donne che hannofame, e che si ammalano,e persino muoiono, perun’alimentazione troppo ca-rente e nociva».Nel pomeriggio è stato inau-gurato il Padiglione dellaSanta Sede. Promosso, rea-lizzato e gestito in collaborazione con il Pontifi-cio consiglio della Cultura (espressione dellaSanta Sede), la Conferenza episcopale italianae la Diocesi di Milano, con il contributo del Pon-tificio consiglio Cor Unum.«Expo non è solo una vetrina tecnologica - hadichiarato il Segretario generale della Confe-renza episcopale italiana (Cei), mons. NunzioGalantino - e neanche soltanto un’opportunità

di investimenti economici. È un momento diconfronto tra culture diverse e un’occasione perriproporre il tema di uno sviluppo sostenibile,cioè per tutti gli uomini e per ogni uomo».Nella giornata inaugurale, l’Arcivescovo di Mi-lano, il cardinale Angelo Scola, ha esortato anon banalizzare il tema dell’Esposizione: «La

fame può essere sconfitta. L’Expo saràun successo se eliminerà il pregiudiziosecondo cui la fame nel mondo è in-vincibile. Per affrontare il tema del di-ritto al cibo occorre che sia abbattutala speculazione sui cibi, ma è neces-sario anche rispondere al bisognospirituale della famiglia umana, per-ché ognuno di noi per condivideredeve capire quale senso ha la vita».

La Santa Sede è presente in Expo 2015 uffi-cialmente come Paese espositore, con un pro-prio Padiglione intitolato «Non di solo pane»all’interno del quale si sviluppa un percorsoespositivo basato su diversi linguaggi artistici,dai più tradizionali a quelli innovativi, suddiviso inquattro grandi capitoli: “un giardino da custo-dire”, “un cibo da condividere”, “un pasto cheeduca”, “un pane che rende presente Dio nelmondo”.

Papa Francesco a Expo 2015:«Globalizzare la solidarietà»Il Santo Padre ha voluto far arrivare la propria voce ai visitatoridell’Esposizione con un videomessaggio in diretta: «Veri protagonistidell’evento i volti degli uomini e delle donne che hanno fame».Inaugurato il padiglione della Santa Sede

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3LA PAROLA DEL PARROCO

La primavera mi incoraggia a usare an-cora di più la mia bicicletta per spo-starmi in città. Una bici a cui tengo: imiei amici romeni l’hanno definita

“museo”, ma si pedala bene e il suo aspettovecchiotto scoraggia i ladri -spero-. In unprimo dopopranzo (straordinariamente senzafunerali) mi sono messo a ripulirla. In casa par-rocchiale, intanto, la commissione elettoralesta spogliando i voti del Consiglio pastorale.Così, penso contemporaneamente alla mia bi-cicletta e alla Comunità Madonna del Pila-strello col suo Consiglio che sta nascendo.Passo lo straccio su tutti i raggi. Qualcuno èun po’ molle: “Dovrò farlo tirare” penso. Laruota tiene se tutti i raggi sono ben fissi nelmozzo. È essenziale. Anche la nostra Comu-nità riesce a reggere la strada accidentatadella storia se ogni suo membro è ben inne-stato nel mozzo che è Gesù: «Corriamo conperseveranza nella corsa che ci sta davanti,tenendo fisso lo sguardo su Gesù» (Eb 12, 1-2). La vita liturgica e fraterna delle nostre par-rocchie aiuta proprio a essere ben fermi nelcentro che è Gesù. E così la ruota, nella suaunità di mozzo e raggi, gira sicura. Il nuovoConsiglio pastorale dovrà far sì che liturgia efraternità siano risorse accessibili e nutrienti,lontani da ogni autocelebrazione e ogni auto-referenzialità.Poi tasto le gomme: in qualche punto sono unpo’ lise al centro. Ne hanno fatta di strada enon sono certo immacolate: “Tengono”, de-creto con autorità. Queste gomme umili e te-naci mi portano alla mente Papa Francescoquando dice che la Chiesa è “nata in uscita”.Il nuovo Consiglio pastorale non dovrà mai di-menticarlo nel suo delicato e oneroso compitodi “consigliare”. Le nostre gomme, anche seun po’ accidentate (è sempre il Papa chesogna una Chiesa così), possono, devonoportarci “in uscita”. E i gruppi, le associazioni,i movimenti, gli oratori, le molte forme di ca-

rità, di cultura, di sport sono le gomme dellanostra Chiesa.Infine, un’occhiata alla catena. La pulisco conun panno inumidito di detergente; poi, con unapposito prodotto, applico una goccia su ognigiunto per poi spazzolare la catena in modotale da far penetrare il lubrificante in ogni sin-gola maglia (... così leggo sulla confezione). Unlavoraccio: ma poi c’è lì un gioiellino che vola.Penso che il nuovo Consiglio pastorale debbapreoccuparsi di una Chiesa così, capace diportare l’olio della consolazione e della forzadi Dio a ogni uomo e ogni donna. Mettendoanche i nostri preti in grado di farlo: nelle no-stre parrocchie la corresponsabilità dei laici,unita alla sinfonia dei carismi e alla cura del-l’essenziale (e non del ridondante o del retag-gio del passato o delle comodità acquisite odelle proprie idee salvatrici), è lo stile di unaChiesa che si fa ospedale da campo. «Io vedocon chiarezza che la cosa di cui la Chiesa hapiù bisogno oggi è la capacità di curare le fe-rite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vici-nanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa comeun ospedale da campo dopo una battaglia. Èinutile chiedere a un ferito grave se ha il cole-sterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare lesue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto.Curare le ferite, curare le ferite… E bisogna co-minciare dal basso… La cosa più importanteè il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ha sal-vato!”. E i ministri della Chiesa devono innan-zitutto essere ministri di misericordia». Paroledel Papa, che volentieri facciamo nostre.Questa bicicletta sarà anche un “museo”, mava. Eccome se va. E di questa bici sono orgo-glioso: non me ne serve un’altra. Come la miabici, anche questa bella Chiesa col suo belnuovo Consiglio pastorale necessita sempredi tre cose: tirare i raggi, un occhio alle gommee olio su ogni singola maglia. E adesso, peda-lare.

Il prevosto don Angelo

Per far correre la bicicletta

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Riposano in Cristo

DUCOLI Bruno di anni 81NARDIN Elsa di anni 88NERI Maria di anni 93CALLONI Luciano di anni 85CARUSILLO Iolanda di anni 84

MONICI Ezio di anni 94SAGONA Lucia di anni 89GIANDINOTO Gianfranco di anni 63MACCHITELLA Felice di anni 77BARILARO Michelangelo di anni 90DI LORENZO Michela di anni 81

Rinati al fonte battesimaleLESMA SINDONA Gabriele VOLPATO Emma Beatrice SANTINELLI NicoleSPINONI Serena MARUZZO Ambra Angela Monica TRICOLI ViolaGIANNATTASIO Aurora LOIZZO Gioia MILAZZO GaiaTRINCA Amelie VIGANO’ Eleonora AMODEO Noemi

Legati del mese di maggio

2 ore 9 VITTORI Guido e DE PONTI Giuseppina4 ore 7 COLOMBO Piero e RECALCATI Virginia6 ore 7 RECALCATI Virginio e ALFIERI Angela8 ore 7 CAPRA Felice e LECCHI Luigia9 ore 9 MEANA Cesare e CAPPELLETTI Irene e Mariangela

11 ore 17.30 BIANCHI Elena e PAROLINI Enrico14 ore 17.30 ANDREONI Enrico e Brigida15 ore 9 CAVENAGO Maria e Rina

17.30 CORNO Pietro e Lucia16 ore 9 CASSAMAGNAGHI Ines, Carlo e SORMANI Maria18 ore 7 MAZZOLA Angelo e BIANCHI Maria21 ore 7 STRADA Innocente e SAVINO Vittorio

9 MAGNI Pierino e CAVENAGO Melania25 ore 9 LOVATI Innocente e Rosa

ore 17.30 MAZZOLA Enrico, Carolina, Emilia28 ore 9 PEREGO Giulio e ANDREONI Giulia29 ore 7 GIUSSANI Carlo e Camilla30 ore 9 ORIANI Vittorio

Legati del mese di giugno

1 ore 7 MERONI Cesarina e CASSAMAGNAGHI Riccardo4 ore 7 Consorelle del SS. Sacramento5 ore 7 Famiglie PAROZZI, CAZZANIGA e COMI

ore 9 LEGNANI Giuseppe6 ore 9 LESMA Clemente8 ore 9 LONGHINI Achille e CONTI Maria9 ore 7 ALFIERI Maria e CONSONNI Giuseppe

Per verificare il calendario 2016 dei legati i parenti- qualora non l’avessero già fattogli scorsi anni - passino in Segreteria Parrocchiale (lun-ven h. 17.30-19).

Sposati nel Signore-----

LA NOSTRA COMUNITÀ4

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Una Pasqua luminosaL’alto cero pasquale, acceso alla notte di Pa-squa alle porte della nostra chiesa, è un segnodella vittoria di Gesù sul buio delle mille nostreschiavitù, sul male del mondo e addiritturasulla morte. È bello vederlo svettare sul pre-sbiterio, tra l’ambone e l’altare: sono proprioquella Parola e quel Pane che rendono viva,ascoltabile, assimilabile quella vittoria. Nonsiamo condannati alla lamentela, allo smarri-mento, alla paura: c’è futuro, e futuro buonoper tutti, se di quella vittoria di Gesù ci fidiamo.Quando entriamo in chiesa, guardiamo quelsegno: e chiediamo la grazia di essere accesianche noi, e di diffondere speranza e fiducia.

Le celebrazioni della Cresima in cittàPer la prima volta uno dei segni della sinfoniadella Comunità pastorale si è reso visibile: lacelebrazione comune della Cresima. Nelle duechiese più capienti di Bresso (San Carlo e Ma-donna della Misericordia) i nostri 196 cresi-mandi sabato 18 e domenica 19 aprile hannoricevuto il sigillo dello Spirito, che li rende te-stimoni vivi del suo amore. A ognuna dellequattro celebrazioni, presiedute dal vicario epi-scopale don Piero Cresseri, hanno partecipatoragazzi delle nostre 3 parrocchie: tutti si sonosentiti così dentro una Chiesa più grande e ca-ratterizzata da condivisione e corresponsabi-lità. E così anche i loro genitori. Domenica 24maggio ci sarà una simile esperienza per i14enni della Professione di Fede, che si trove-ranno tutti nella chiesa dei SS. Nazaro e Celso.La qualità delle liturgie, ineccepibili con la regiadi don Pier, è stata tanto segnata dal buonprofumo di Dio e dalla fraternità, che si sonodissolti quei malumori della vigilia, di chi di-ceva: “Ah, non è più come una volta!”. È vero,non è più come una volta: oggi è meglio

L’otto per mille, un diritto, un dovere.Anche per chi non ha redditi da denunciareCorresponsabilità, perequazione, libertà: sonoalcuni dei pilastri su cui si fonda il sostegno

economico alla Chiesa. Sostegno che ha nellafirma per l’8x1000 la forma più famosa. Uncoinvolgimento ecclesiale “effettivo” e non solo“affettivo”.Anche le parrocchie del nostro territorio nehanno beneficiato. Tante attività caritative at-tingono a questa fonte. E al fedele non costanulla. Se non la fatica di apporre una firma. Chiè chiamato a consegnare la denuncia dei red-diti già lo fa.Ma anche coloro che non sono tenuti ad al-cuna dichiarazione fiscale possono esercitarequesta libera scelta. E, anzi, li invitiamo a farlo,in ragione dei motivi sopra citati. In fondo allachiesa trovate, per esempio, un modulo pre-stampato. Soltanto chi non ha redditi da denunciarelo può ritirare e, debitamente firmato, ricon-segnarlo secondo le modalità lì riportate.Poiché c’è tempo sino a settembre per com-piere questa operazione, nelle prossime setti-mane anche alcuni gruppi parrocchiali siadopereranno per facilitare la raccolta dellascheda secondo modalità proprie. Oggi quisolo sensibilizziamo a questo proposito. Esor-tando anche ad approfondire il tema nei modipiù diversi.

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Gruppo parrocchiale Terza EtàProgramma attività mese di Maggio/Giugno

Giovedì 7: Ore 15 Festa di CompleannoGiovedì 14: Ore 15 Ricreativo... Teniamoci attiviGiovedì 21: Ore 15 Ascoltiamo il nostro corpoGiovedì 28: Ore 15 Tombolata Ore 17 In Chiesa S. Rosario e S. Messa

in chiusura dell’anno socialeGiovedì 4/6: Ore 12.30 Pranziamo insieme

Ore 14.30 Ricreativo

Inoltre si ricorda che tutti i mercoledì, alle ore 15, chi vuole può partecipareai lavori a maglia e in stoffa a favore dei nostri missionari.

La Terza Età (e non solo)a Milano, Porta Nuova

Una bellissima visita guidata da un giovane architetto ainuovi quartieri che hanno cambiato lo skyline milanese

NOTIZIARIO 3aETÀ

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CONSIGLIO PASTORALE11

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VITA DELLA COMUNITÀ

Una Pasqua luminosa

La Veglia pasquale romeno ortodossa

Ospite dell’oratorio San Giuseppe nella lunga liturgia notturna

dalla redazione

Una settimana dopo lanostra Pasqua, leChiese cristianed’Oriente celebrano

la loro, secondo l’antico ca-lendario giuliano. Stessa Pa-squa di Gesù, in usanzedifferenti. Quest’anno ab-biamo avuto l’onore e la gioiadi ospitare in oratorio San Giu-seppe la Chiesa Romeno Or-todossa di Bresso per lacelebrazione della Veglia pa-squale. La lunga liturgia (dalle23 alle 3 di notte!) è stata pre-sieduta dal parroco romeno ortodossopadre Sergiu Nicolae Arcaleanu, che i let-tori della “Squilla” ormai conoscono. Affol-latissimo di cristiani romeni della nostrazona di Bresso, Cormano e Cusano, l’ora-torio brillava delle centinaia di luci accese ebenedette, rito molto caro ai cristiani orien-tali. Molti di loro portavano i cibi che avreb-bero consumato la settimana successiva

perché fossero benedetti dalla forza del Ri-sorto. Anche il parroco (cattolico) di Bressoha portato il saluto della nostra Chiesa edè stato accolto fraternamente. Per 40giorni, fino all’Ascensione, i romeni si salu-tano dicendo: “Hristos a inviat!” (Cristo è ri-sorto!) a cui si risponde “Adevarat ainviat!” (È veramente risorto!). Provate coni romeni che conoscete!

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VITA DELLA COMUNITÀ

Chi è Padre Julio Velasco?

Scambio di doni tra le Chiese

Sarà ospite nelle parrocchie di Bresso tra maggio e giugno.Uno dei frutti della “Quaresima di fraternità”

di Roberto Calmi

Ricorderete sicuramente che negliultimi due anni, in questa stagione,abbiamo ricevuto la visita di unprete africano che si trovava invi-

tato in Italia e che ben volentieri ha cele-brato le Messe domenicali nelle nostreparrocchie. Si è trattato di contatti molto si-gnificativi, in quanto hanno creato unasorta di legame fra noi e le rispettive loroparrocchie locali.Quest’anno la nostraComunità ha fatto pro-pria questa iniziativa,invitando un Padre –stavolta sudamericano– a vivere per un po’ digiorni la vita bressese.In questo modo,avremo l’occasione perfarci un’idea di primamano su quelle realtà lontane, eppure tantovicine a noi spiritualmente e nella fede.Si chiama Padre Julio Velasco, è un reli-gioso dell’ordine dei Padri Domenicani,nato nel Sud-est boliviano cinquant’anni fa,al suo primo viaggio in Europa, secondo dicinque figli. È stato ed è tuttora formatoredei seminaristi in varie città di quel Paese eattualmente opera in Cochabamba, doveha significativi contatti con le problemati-che sociali. Potrà quindi parlarci delle atti-vità che la nostra Comunità sta aiutando,anche attraverso i regali natalizi alternativi,in quel Paese lontano.La Bolivia si trova nel cuore dell’Americameridionale, senza sbocchi al mare. Laparte orientale è grosso modo costituita daforeste tropicali pluviali, mentre a ovest ci

sono altopiani e cime andine altissime. Ègrande più di tre volte l’Italia e ospita pocopiù di dieci milioni di persone, delle quali piùdella metà sono indigeni (soprattutto que-chua o aymara) e un altro 30% sono me-ticci. Il potere è stato detenuto dallaminoranza bianca sino al 2006, quando èstato eletto Evo Morales, un aymara, e daallora – pur fra luci e ombre – l’economiaha preso a funzionare correttamente, con

un tasso di crescitamedio del 5%, una di-minuzione della po-vertà dal 38% al 17%e con possibilità di ac-cesso all’istruzioneormai vicina al 96%.Si tratta quindi di unPaese in rapida evolu-zione, per cui è neces-

saria una presenza della Chiesa attenta eincisiva, soprattutto a salvaguardia dellefasce più deboli.La venuta di Padre Julio ha due significatiprincipali. Per noi è un’occasione per guardare un po’più in là dei confini della nostra città. Ca-pire meglio come funziona il mondo ci aiu-terà sicuramente ad avere una visionemeglio centrata anche sulle nostre realtà in-terne.Per lui è un’occasione insperata per vederela nostra vecchia Europa, e sarà sicura-mente un’esperienza molto intensa e moti-vante. Ci auguriamo che possa essereaccolto adeguatamente dalla nostra Co-munità, anche con incontri diretti conquanti vorranno avvicinarlo e conoscerlo.

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Oratorio estivo: da sempre una novità per la città

Si apre un nuovo progetto sull’oratorio estivo

Si apre un progetto educativo calibrato su ogni fascia d’età che valorizza le strutture dei tre oratori della città

di don Pierpaolo, don Andrea, Silvia Accurso

Ogni estate i cortili dei nostri oratorisi riempiono di vita: per cinquesettimane ragazzi e ragazze, tra-scinando anche i loro genitori, vi-

vono di tornei, di squadre, di classifiche, diracconti su ciò che è accaduto in oratorio.Ogni anno tantissimi adolescenti, giovani eadulti rendono possibile tutto ciò gratuita-mente provocati dalla bellezza dello stareinsieme sperimentando così la promessadi Gesù: la vita è più felice se donata!Ma com’è possibile rendere questo ancorapiù vero e credibile? Come è possibile cu-stodire la crescita dei nostri ragazzi e ra-gazze cercando di parlare lo stessolinguaggio della loro età? Come far capireloro che la provocazione del Vangelo diGesù, che loro ascoltano durante l’annonegli incontri di “catechesi”, c’entra con lavita anche oggi? Come aiutarci (soprattuttonoi adulti) a vivere in comunione nellaChiesa e quindi essere sempre più propo-sta per la vita buona della città? Questesono le domande che ci frullano in testa eche ci hanno convinto ad un ripensamentocittadino dell’oratorio estivo.La Comunità Pastorale quindi organizzeràl’oratorio estivo in modo “diverso” da quelloche noi siamo abituati a vivere: un servizioattento all’età dei nostri ragazzi un po’ più“cittadino”. Anche per i ragazzi con disabi-lità, particolare attenzione sarà posta nei

confronti della progetto “una tavola imban-dita per tutti” caratterizzato da una propo-sta inclusiva ed esteso ai tre oratori dellacittà.1 Innanzitutto la grande attenzione all’ETÀDELLA PREADOLESCENZA (nati 2001-2004): sempre più la proposta dell’oratorioestivo non viene presa in considerazionedai più grandi e dalle loro famiglie per poi ri-trovare i nostri ragazzi a casa da soli o ingiro senza far nulla. L’estate può essere il ri-lancio del cammino per i nostri ragazzi dellemedie: ecco perché l’estivo per loro dal 9 al26 giugno sarà presso l’oratorio Madonnadella Misericordia (via Villoresi), per poi con-tinuare fino al 10 luglio all’oratorio san Giu-seppe.2 PER I RAGAZZI E LE RAGAZZE DELLEELEMENTARI (nati 2008-2005) si è pen-sato alla proposta cittadina delle cinquesettimane all’oratorio san Giuseppe (viaGalliano) con un’attenzione particolare aipiù piccoli.3 E alla san Carlo, niente oratorio? IN SANCARLO I RAGAZZI DELLE ELEMENTARIDELLA CITTÀ FARANNO UN’ESPE-RIENZA DEL TUTTO NUOVA: ogni setti-mana si alterneranno alcune fasce di etàper rivivere intensamente, aiutati anche daalcuni adulti, tutto ciò che durante l’annohanno ascoltato in oratorio parlando di Dioe di come ci chiede di amare i fratelli! Una

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specie di “camp” con teatro, laboratori,giochi a tema, ambientazioni ad hoc. 4 C’è ancora molto da pensare e da or-ganizzare, per ora vi invitiamo al pomerig-gio di presentazione dell’Oratorio Estivoche si terrà sabato 23 maggio al teatro sanCarlo alle ore 15 per la fascia delle ele-mentari e alle ore 16 per la fascia dellemedie.5 I costi saranno uguali a quelli dell’annoscorso: 10€ all’iscrizione, 15€ a settimanae 2€ per ogni pranzo. L’inizio e le modalitàper l’iscrizione lo comunicheremo piùavanti. Non ci sono limiti di numero o didate per l’iscrizione.

Ricapitolando:

L’oratorio estivo inizia il 9 giugno e terminail 10 luglio tutti i giorni dalle 7.30 alle 17.30.

Fascia elementari (nati 2008-2005) tutti alsan Giuseppe per cinque settimane:La prima settimana i 2006 (III el.) sarannoal san CarloLa seconda settimana i 2005 (IV el.) sa-ranno al san CarloLa terza settimana i 2007 (II el.) saranno alsan Carlo

Fascia preadolescenti (nati 2001-2004)Dal 9 giugno al 26 giugno alla Madonnadella Misericordia, Dal 29 giugno al 10 luglio all’oratorio sanGiuseppe.

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COLORI DEGLI ORATORI

SPQR: Sono Pazzi Questi Ragazzi

I ragazzi della Professione di Fede dei tre oratori a Roma

di Stefano Martelli

Potrebbe essere questo l’acronimoche descrive il nostro pellegrinag-gio. Eh sì, perché solo dei pazzi di13 anni puntano la sveglia alle 4.30

del Lunedì dell’Angelo per attraversaremezza Italia da nord a sud e dopo 7 ore dipullman arrivare finalmente a destinazione:Roma!Occorre essere fuori di senno anche perdecidere di stare dietro a un prete e bennove educatori che ti scorrazzano in lungoe in largo, tra il Colosseo e il Vaticano, conun unico scopo: affermare ancora di più lapropria fede, quella che -come noi piùgrandi- anche loro hanno scelto di profes-sare, grazie all’aiuto di due santi, Pietro ePaolo.Spostandoci tra San Giovanni in Laterano,la basilica dei Santi Cosma e Damiano e leCatacombe di San Callisto comprendiamoquanto sia bellissimo, ma al tempo stessofaticoso e destabilizzante fino al pericolo,dire “sì” a Gesù!

Bellissimo: come bellissime e maestosesono le basiliche e le chiese che visi-tiamo; faticoso, come la Scala Santa chesaliamo tutti assieme in ginocchio, pre-gando a ogni singolo gradino per coloroche portiamo nel cuore (e non solo); epericoloso a volte, come ci insegna ilpassato -con le catacombe, luogo dipreghiera dei primi cristiani- e il presente,con i martiri a causa di coloro che nonaccettano la convivenza tra le professionireligiose: e una religione parla della ve-rità quando insegna l’amore per il pros-simo e il perdono.Ed ecco che capiamo come la nostra vo-lontà di seguire la sua Parola e i suoi in-segnamenti diventa una certezza tramolti dubbi: la fede in Gesù, la nostrafede in Gesù è la cosa più bella che ab-biamo ed è una splendida grazia poterlaprofessare giorno dopo giorno, nono-stante le avversità.Quindi, sì: SPQR!

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GRUPPI, ASSOCIAZIONI, MOVIMENTI

Angelus

La storia della preghiera dell’Angelus

a cura del Movimento per la Vita di Bresso

Siamo nel 1211-1212: Francesco diAssisi è ad Arezzo e con le sueparole infiamma i cuori di chi lo in-contra. Un gruppo di giovani, tra

cui spiccano figli di nobili e ricchi casati, de-cidono di seguire quel carisma che Fran-cesco portava: aderire a Cristo e alla suaumanità «sine glossa».Nella storia dell’Angelus è implicato propriouno di questi giovani, Benedetto Sinigardi(1190 ca.-1282), che, dopo aver incontratoil santo di Assisi, «dette addio al padre ealla madre e a tutte le grandi ricchezze chaabbondavano nella sua casa».Nel 1214 Benedetto inizia il cammino diobbedienza a Francesco che lo porterà,poco più che ventenne, a diventare uno deiprincipali responsabili del movimento. Ma,poiché «ebbe sempre fisso nel cuore il de-siderio del martirio e ottenne di poter an-dare oltremare», nel 1220 raggiunge ilMedio Oriente per sostituire lo stesso Fran-cesco, e pone le basi dell’insediamentofrancescano nei luoghi santi.Ora Benedetto tocca con mano la terra diGesù, contemplando con commozione lo

stesso orizzonte che gli occhi di Maria, Gio-vanni e Pietro, e di Gesù stesso, avevanoguardato. Ciò che lo colpisce di più sonoNazareth e Cana. Terre lontane scelte daDio per entrare nella storia. Grazie a Maria.Colei che ha permesso a Dio di compiere ilsuo disegno tra gli uomini. Per questo dalMedio Oriente, stupito dai continui richiamialla preghiera del muezzin, sollecitò conuna lettera i superiori perché insegnassero,a tutte le ore e al suono delle campane, lodia Dio in ogni luogo della terra.Al suo ritorno in Italia nel 1241, insieme allereliquie di Terrasanta, Benedetto portavastampato nel cuore quel momento decisivoper la storia dell’uomo. L’annuncio dell’An-gelo: un fatto accaduto nel silenzio di unluogo lontano e solitario diventato concretonella sua quotidianità: «Qui, proprio qui èiniziato tutto. Qui “Angelus locutus est Ma-riae!”». E proprio questa frase diventò poil’antifona cantata nel convento di Arezzo,dopo Compieta. Benedetto «ripeteva e in-segnava le parole rivolte dall’arcangelo Ga-briele alla Vergine, cioè la prima partedell’Ave Maria».

La basilica di San Francesco ad Arezzo

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GRUPPI, ASSOCIAZIONI, MOVIMENTI

La devozione alla Madonna nel conventofu così grande che la consuetudine si tra-smise rapidamente. Già nel 1274 l’uso diquesta preghiera è ormai diffuso per tuttaEuropa, come testimoniano i documenti:da Magonza a Milano, da Montecassino aWurzburg. Nel 1288uno statuto dei calzolaidi Lodi ordinava cheessi dovessero subitosmettere il lavoro «ap-pena fatto il primosuono della campanadell’Ave Maria nel cam-panile della chiesa mag-giore di Lodi, la sera diogni sabato e di ogni vi-gilia di S. Maria». E allostesso modo, a Pa-dova, dove un capitoloprovinciale del 1295 or-dinava di suonare pertre volte la campana intutti i luoghi in onoredelle Vergine «... e alloratutti i frati si genuflette-ranno e diranno trevolte: Ave Maria, gratiaplena».Nel 1318 la Santa Sede,con Papa Giovanni XXII,approva l’usanza. E verso la fine del Tre-cento alla pratica serale si affianca quelladel saluto a Maria da farsi al mattino. Ciòaccade anche in Inghilterra, dove il suonomattutino viene introdotto dal cardinaleCantorbery su desiderio del re Enrico IV. Ementre san Carlo Borromeo raccomandadi recitarlo sempre, sant’Ignazio di Loyolalo porta in Spagna. Fino a che, nel 1560,in un catechismo stampato a Venezia ap-pare per la prima volta la formula “AngelusDomini nuntiavit Mariae”.A distanza di secoli, la tradizione dell’An-gelus viene consolidata dai Papi. Come

Paolo VI che, nell’Esortazione apostolicaMarialis cultus, dice: «La Nostra parola sul-l’Angelus Domini vuole essere solo unasemplice, ma viva esortazione a mante-nerne consueta la recita, dove e quandosia possibile. Tale preghiera non ha biso-

gno di restauro: la strut-tura semplice, ilcarattere biblico, il ritmoquasi liturgico, che santi-fica momenti diversidella giornata, l’aperturaverso il mistero pa-squale, per cui, mentrecommemoriamo l’Incar-nazione del Figlio di Dio,chiediamo di esserecondotti per la sua pas-sione e la sua croce allagloria della risurrezione,fanno sì che essa, a di-stanza di secoli, conserviinalterato il suo valore».Con la stessa devo-zione, Giovanni Paolo IIha fatto dell’Angelus ilmomento d’incontro do-menicale con i fedeli inpiazza San Pietro. Il 23maggio 1993, pregandodavanti alla tomba del

beato Benedetto Sinigardi, nella basilica diSan Francesco ad Arezzo, Papa Wojtyla hadetto: «È sempre molto suggestiva questasosta a metà della giornata per un mo-mento di preghiera mariana. Lo è oggi inmodo singolare, perché ci troviamo nelluogo dove, secondo la tradizione, è natal’usanza di recitare l’Angelus Domini».Anche Benedetto XVI continuò questa tra-dizione riconoscendo all’essenzialità del-l’Angelus la potenza della memoria. E cosìPapa Francesco. Una preghiera che ci ri-corda come e quando è accaduto un fatto.Il contenuto della speranza dell’uomo.

“L’Annunciazione” di Piero dellaFrancesca, in San Francesco ad Arezzo

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APPROFONDIAMO

Le ragioni di Francesco, che vuole riavvicinare due popoli lontani

Le parole del Papa sul centenario del genocidio armeno

I massacri del 1915 non riguardarono solo gli armeni, bensì i cristianinell’impero ottomano: siriaci cattolici e ortodossi, assiri, caldei, greci. Per la prima volta il Papa ha ricordato questo con chiarezza. Francesco non assume una posizione antiturca. Il turco e l’armeno di oggi non sono quelli di cent’anni fa, è tempo diriprendere «il cammino di riconciliazione» tra i due popoli.

di Andrea Riccardi, storico, fondatore della Comunità di Sant’Egidio

La parola «genocidio» divide, comeun abisso, gli armeni dai turchi. Perquesti ultimi (e per la loro storiogra-fia repubblicana) non c’è

stato un genocidio armeno du-rante la Prima guerra mondiale.Invece gli armeni della diaspora,discendenti di quel popolo mas-sacrato, sostengono che nel1915 avvenne un genocidio pia-nificato dal governo dei GiovaniTurchi, con 1.500.000 di per-sone morte in un processo di pu-lizia etnica. E’ anche la posizionedello Stato armeno, per cui lamemoria si connette alla sicu-rezza, mentre le sue frontiere conla Turchia sono chiuse e c’è unconflitto con l’Azerbaijan a causa del Na-gorno Karabakh. Papa Francesco, ieri, haproclamato dottore della Chiesa Gregoriodi Narek, teologo armeno del 1000. Non hadimenticato però le stragi del 1915, fa-cendo risuonare la parola «genocidio» sottole volte di San Pietro, di fronte alla leader-ship religiosa e civile armena. La reazioneturca al Papa è stata negativa. Il governoha espresso «irritazione» e «disappunto»

per le sue parole, affermando che si apre«una questione di fiducia» con la SantaSede.

Fino a ieri, sembrava che il Papa si sarebbeattenuto alla prudenza. Così hanno fatto isuoi predecessori fino a Giovanni Paolo II,primo Papa a riconoscere il genocidio, nel2000. Se Francesco non ne avesse par-lato, avrebbe mancato nei confronti degliarmeni, ma anche verso quei turchi (noncosì pochi) che si battono per rapporti vericon gli armeni. Per il Papa esiste però unaquestione ulteriore: è in atto un «genocidio

Il genocidio armeno

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20APPROFONDIAMO

causato dall’indifferenza generale». Par-tendo dal centenario dei massacri (ognianno gli armeni ricordano il 24 aprile,quando iniziarono le deportazioni con l’ar-resto dei loro notabili di Istanbul), il Papa hariflettuto sul Novecento: «Sembra chel’umanità non riesca a cessare di versaresangue innocente». A lui pare che la co-scienza maturata dopo la Seconda guerramondiale «stia scomparendo». L’umanità«rifiuta di imparare dai propri errori». Perquesto non si può dimenticare l’«immane efolle sterminio» del 1915: «Laddove nonsussiste la memoria significa che il maletiene ancora aperta la ferita». E’ la grandelezione di Primo Levi riguardo alla Shoah.E il Papa ha parlato ieri dei genocidi nazistie staliniani, senza dimenti-care gli stermini in Cambo-gia, Ruanda, Burundi eBosnia. La strage del 1915è – dice il Papa – «il primogenocidio del XX secolo»:dimenticarlo è aprire lastrada a eventuali ripeti-zioni.I massacri del 1915 non ri-guardarono solo gli armeni,bensì i cristiani nell’imperoottomano: siriaci cattolici eortodossi, assiri, caldei,greci. Per la prima volta unPapa ha ricordato questocon chiarezza. Infatti il go-verno dei Giovani Turchi, laico

e nazionalista, timoroso dellapresenza di gruppi etnici cristiani(anche come base di eventualisecessioni nazionali), fece ap-pello all’odio religioso musul-mano contro il giaur, l’infedele,proclamando il Jihad, la guerrasanta, per mobilitare i contadini

anatolici e i curdi insensibili al na-zionalismo. Finì un mondo seco-

lare di vita comune tra musulmani ecristiani.Il Papa non assume una posizione anti-turca. Ma non si può restare prigionieri diuna contrapposizione secolare. Il turco el’armeno di oggi non sono quelli di cen-t’anni fa: «Si riprenda il cammino di riconci-liazione tra il popolo armeno e quelloturco», scrive il Papa. Sono «popoli che, inpassato... hanno vissuto lunghi periodi diconvivenza» e anche «casi di solidarietà»durante le stragi. Il centenario non deve es-sere l’occasione per ribadire posizioni cri-stallizzate, ma per scrivere una storiadiversa.Tratto dal Corriere della Sera, 13 aprile2015

Papa Francesco e il Catholicos d’Armenia, Karekin II (ansa)

Deportazione del popolo armeno 1915

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21OLTRE IL CAMPANILE

Con un listino prezzi dettagliato il 16ottobre scorso Daesh (lo Stato isla-mico, NdR) ha ufficializzato il mer-cato delle schiave (sûq al-nikhâsah):

50.000 dinari per una donna tra i 40 e i 50anni, 75.000 per una tra i 30 e i 40 anni,100.000 per una tra i 20 e i 30 anni, 150.000per una ragazza tra i 10 e i 20. Il valore piùalto 200.000 dinari, è attribuito alle bambinedi età compresa tra 1 e 9 anni. Vietato invecel’acquisto di più di 3 donne, divieto dal qualetuttavia sono esclusi turchi, siriani e chi pro-viene dai Paesi del Golfo. Al listino è seguitopochi giorni dopo un testo divulgato da nu-merosi siti jihadisti e da alcune testate arabe:s’intitola “Domande e risposte sulle prigio-niere di guerra e sulle schiave”. Il pamphlet dicinque pagine regolamenta la condizionedelle donne fatte prigioniere e schiave, e sta-bilisce ciò che è lecito e non nel rapporto conil loro padrone, in modo che chi compra unaschiava sappia esattamente quali diritti puòvantare su di essa.Tali diritti sono dedotti da alcuni versetti cora-nici e da alcune tradizioni, estrapolati dal lorocontesto e citati per accreditare la praticadella schiavitù. Un metodo pericoloso, quellodi Daesh, che testimonia la crisi ermeneuticain corso e la pericolosità di un atteggiamentosempre più diffuso negli ambienti fondamen-talisti, che mira a giustificare qualunqueazione, anche la più turpe, “a colpi di ver-

setti”. Per uscirne, sembra ormai ineludibileanche nel mondo musulmano l’adozione diun approccio ermeneutico storico, ovverol’interpretazione dei contenuti coranici allaluce del contesto in cui videro la luce. Altri-menti sarà sempre l’utilità politica del mo-mento a farla da padrone.Per esemplificare il problema, basti citare al-cuni passaggi del pamphlet a titolo di esem-pio: «la prigioniera di guerra è una donna della“gente della guerra”, e ciò che la rende lecitaè la sua miscredenza». Ma non tutte le mi-scredenti possono essere catturate e portatenella casa dell’Islam, si legge nel documento.Lo Stato islamico infatti conviene sull’idea chesolo le donne del Libro – dunque le ebree e lecristiane – e le politeiste possano essere fatteschiave lecitamente. Ad acquisto effettuato,il padrone è autorizzato ad avere rapportisessuali con la sua schiava sulla base del ver-setto coranico che recita: «[prospereranno icredenti] che si mantengono casti, eccettocon le loro spose e con schiave che possie-dono» (Cor. 23,5-6). A condizione che l’uomone abbia la proprietà esclusiva. Il pamphletspiega che è possibile «vendere, acquistaree regalare le prigioniere essendo esse unamera proprietà», il che significa che alla mortedel proprietario le schiave, con tutti gli altribeni, sono parte dell’eredità, regolata concura dal documento.È consentito picchiare la propria schiava «a

I prezzi delle schiave di Isis e la condanna delle istituzioni egiziane

Cose terribili dallo Stato islamico (Daesh)

L’autoproclamatosi Stato islamico ha pubblicatoun dettagliato listino prezzi per le prigioniere ridotte in schiavitùe un regolamento su come trattarle

di Chiara Pellegrino

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OLTRE IL CAMPANILE22

fini educativi, ma è proibito picchiarla cau-sandole fratture per soddisfare un proprio de-siderio o per torturarla, così com’è proibitocolpirla sul viso». Alla donna ovviamente nonè consentito ribellarsi, dato che uno dei cri-mini più gravi che può commettere unoschiavo è fuggire dal suo padrone. In questocaso «anche se la legge di Dio non prevedeuna pena, è bene infliggere alla donna unapunizione esemplare per dissuadere le altreschiave dalla fuga». Facendo sempre riferi-mento al Corano, Daesh contempla la possi-bilità di affrancare gli schiavi. Affrancare unaschiava è considerata un’azione meritoriasulla base di quanto si legge nella sura dellaContrada e di un detto del Profeta che pro-mette il Paradiso a chi libera uno schiavo. Il documento in questione ha suscitato moltepolemiche in quasi tutti i Paesi arabi, in parti-colare in Egitto. Partendo dall’assunto che«Iddio l’Altissimo ha nobilitato l’uomo, l’hafatto Suo vicario sulla terra e l’ha creato libero

perché serva unicamente Lui», l’ex vice Mini-stro degli Affari religiosi egiziano, Sâlim ‘Abdal-Jalîl, ha precisato che la schiavitù è un fe-nomeno di vecchia data, proprio dell’epocapreislamica, e che avrebbe dovuto essere su-perato già da molto tempo, precisamente daquando Dio ha inviato Muhammad e la

sharî‘a per abolirla. Il ministro prende le di-stanze da questa pratica.Una condanna decisa è stata espressaanche dall’“Osservatorio delle fatwe takfiriste”(le condanne che sono inflitte per apostasia,NdR), istituito di recente dal mufti egiziano,nell’ambito del programma volto a combat-tere il terrorismo. In un dossier diffuso il 7 di-cembre l’Osservatorio elencava i criminicommessi da Daesh, tra cui quelli che ledonoi diritti della donna avanzando come pretestoi precetti dell’Islam e rileva le conseguenze in-ternazionali dell’azione di Daesh. Nello specifico il rapporto afferma che: 1) iterroristi disprezzano la donna e la sfruttanonei peggiori modi per conseguire i propri finiabbietti che non hanno nulla a che vederecon l’Islam, 2) l’offerta di donne costituisceuna parte importante delle organizzazioni ter-roristiche perché consentono di attrarre per-sone e favorisce nuove affiliazioni, 3) iseparatisti da al-Qaida [Daesh] hanno creato

una fondazione, la Fondazione al-Zawrâ’, riservata alle donne per pre-pararle alla guerra, insegnare loro aportare le armi e guadagnare altreragazze all’organizzazione, 4) l’affi-liazione di ragazze occidentali alleorganizzazioni terroristiche ha pro-dotto in Europa l’aumento dell’isla-mofobia e l’ascesa dei partiti didestra, 5) i leader di Daesh sfruttanole donne staccatesi da al-Qaida perconseguire i loro obiettivi, 6) le vio-lazioni dei diritti della donna daparte dell’organizzazione terroristicanon hanno nulla a che vedere conalcuna religione. È puro sfrutta-

mento della donna nel nome dell’Islam. Aogni modo, e nonostante l’importanza, teo-rica e pratica, delle considerazioni dell’Os-servatorio, il nodo ermeneutico sollevato daDaesh sembra rimanere irrisolto.

Tratto dalla rivista Oasis,lunedì 23 febbraio 2015

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CIVICA

Un orto in casaAnche a Bresso si può

Una nostra concittadina racconta del suo balcone verdedi G.F.

L’evento dell’Expo può essere dav-vero l’occasione per ripensare il no-stro rapporto col pianeta che ilCreatore ci ha affidato, non solo per-

ché lo dominassimo, ma perché lo custo-dissimo responsabilmente, rispettando icicli naturali, sentendoci parte dello stesso.Anche per noi, che abitiamo mondi ad altaconcentrazione di cemento, con l’istintosedato dalla consuetudine, l’interrogativosu come ripristinare il contatto verso unaprimordiale simbiosi con la natura, com’eraper l’uomo all’origine, può aprire scenariinaspettati. Così scopriamo che per qual-cuno un’iniziativa nata per gioco, e in unospazio apparentemente sfavorevole, hadato frutti che profumano della bontà diquel dono di Dio. Intervistiamo Elena, una nostra concitta-

dina, dotata di un innato pollice verde, cheafferma di aver voluto ascoltare l’istinto na-turale.– I tuoi sono balconi come tanti nella no-stra città, in un condominio abbastanza co-mune. Ciò che li rende particolari è lapresenza di “inquilini” speciali. Ce li vuoi de-scrivere?Hai ragione, i miei due balconi sono co-muni: non si tratta di terrazzi, ma da sem-pre li ho sentiti come quel giardino cherendesse la mia casa e il mio vivere quoti-diano integrati con l’ambiente naturale.Così ho cominciato a popolarli di “amici”verdi.Il primo balcone, stretto e lungo, ospita: unolivo, due vasi di rose rampicanti, due or-tensie, un ciliegio, due colonne di gelsominirampicanti. Qua e là, sui davanzali e sullaringhiera, ho distribuito i fiori di San Giu-seppe, due vasetti di Santa Teresa, i cicla-mini, i gerani, le primule, una gerbera e unapianta grassa dai fiori gialli, nata da unospezzone raccolto in terra nei pressi di ungiardino.– L’altro balcone è più contenuto, ma nonti ha impedito di popolarlo, vero?Certo, qui l’accesso è reso difficoltoso perla presenza di un rigoglioso nespolo natodiversi anni fa sotterrando il nocciolo di unagustosa nespola. L’anno scorso ha donatosette frutti che, seppur di dimensioni con-tenute, sono risultati molto saporiti. Vicino,da una parte, c’è una mimosa in fiore e dal-l’altra la salvia, un cespuglio di rosmarino,uno di alloro, un neonato nespolo e un va-setto di timo. Lo so: è un po’ affollato, mamio marito accetta con pazienza di distri-carsi in questa giungla per raggiungere

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CIVICA22

l’agognato armadietto degli attrezzi.– Torniamo dall’altro lato. Spiegami comemai hai pensato di collocare addirittura unolivo.L’olivo è una pianta affascinante, le cuiforme, specialmente in esemplari secolari,ricordano un’opera d’arte con un’espres-sività forte e sinuosa a un tempo. Inoltreper noi cristiani ha un notevole valore sim-bolico; per tutti è segno di pace. Così,quando due anni fa ho avuto l’occasione diacquistarne un alberello in offerta a soli 8euro al supermercato, non ho saputo resi-stere: l’ho caricato sulla bicicletta e l’hoportato a casa.– Ammetterai che l’habitat non è per luicosì consueto.Sì, ma io ho la dimostrazione che l’amoreper i doni di Dio supera ogni difficoltà. Ilprimo anno mi ha premiato con una ven-tina di olive, mentre quest’anno, dopo unmisericordioso rinvaso per dare più spazioalle radici, il raccolto è stato addirittura dicirca trecento olive: un miracolo a Bresso,celebrato con vasetti distribuiti a tutti i no-

stri cari, da gustare in occasione di eventispeciali.– Invece del ciliegio cosa mi dici?Beh, merli permettendo, una ventina di ci-liegie si riesce a raccoglierle ogni anno.Nello stesso lungo vaso in cui è collocato,fa bella mostra di sé una vasta distesa diprofumatissima menta e quattro coloratis-simi giacinti, prediletti dai miei figli.– Questa sì che è comunione vegetale…Ma questo vaso con solo terriccio?È solo in attesa che semini il prezzemolo:non può mancare su un balcone che si ri-spetti! Poi a breve sarà anche il momentodi coltivare il basilico. Ehi guarda! Spuntanole prime verdi foglioline sui rami delle or-tensie potati prima dello scorso autunno.Non vedo l’ora di godermi la vista deglisplendidi fiori fucsia che mi regalerannocome ogni anno.Non c’è che dire, questo balcone sembraun giardino sospeso tra la terra e il cielo.Alzi la mano chi non sente il desiderio diprovarci, anche dopo l’Expo…

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MEMORIE BRESSESI25

24 maggio 1915:la guerra scoppiaanche a Bresso

A centoanni dalla prima guerra mondiale

di P.B.

Il centenario dell’entrata in guerra dell’Ita-lia riguarda anche Bresso; la nostra fonteè il Liber Chronicus della parrocchia,dove il parroco annota gli eventi salienti

della sua comunità. Non c’è nulla sottol’anno 1915 riguardante lo scoppio dellaguerra; meritano attenzione invece le note,vergate con elegante e leggibile grafia, dal-l’allora parroco don Enrico Invernizzi, sottol’anno 1918. Eccole.Iniziata nella seconda metà del 1914 traAustria-Ungheria e Germania contro gliStati Balcanici, Russia, Francia, Inghilterra;nel 1915 si avvia anche l’Italia e precisa-mente il 4 maggio denunciava scaduto iltrattato di Alleanza coll’Austria-Ungheria -il 23 dichiarava lo stato di guerra a partiredal giorno seguente: 24; il 27 di agosto di-chiarava lo stato di guerra colla Germania apartire dal 28 e così anche l’Italia si schie-rava con la Triplice Intesa: Inghilterra, Fran-cia, Russia contro gli Imperi CentraliGermania ed Austria-Ungheria.Il bilancio che questa terribile guerra, purcoronata dalla vittoria delle nostre armi, hafruttato alla parrocchia nostra è il seguente:- Chiamata alle armi: dalla classe 1874 al1900. (Addenda di altra mano): tra i chia-mati diversi furono decorati di medaglia dibronzo. Due: il tenente Ambrogio Strada,defunto, ed il tenente Prof. Luigi Lovati conmedaglia d’argento.- Prigionieri: parecchi- Morti: 58, dei quali 9 in prigionia- Mutilati: n° 9- Il 4 novembre 1918 segnò la vittoria.

Quattro considerazioni.La prima: il parroco di allora precisa con pi-gnoleria le date dell’entrata in guerra del-l’Italia. Mostra di essere consapevole chequell’evento scompagina una intera epoca.E fu davvero così: la prima guerra mondialesegna una cesura con la storia precedentee determina quella futura. Tutto il corso delXX secolo è plasmato da quell’evento: i to-talitarismi, la seconda guerra mondiale, ladivisione dell’Europa in due blocchi e,segno di speranza e di futuro, la forma-zione dell’Europa Unita. La storia non si facoi “se”: ma quanto dolore e quante trage-die avremmo potuto evitare se le cancelle-rie europee del 1914-15 non avesseroceduto al fascino torbido della guerra come“proseguimento della politica con altrimezzi” come insegnava il generale prus-siano Von Clausewitz, e i nazionalismi radi-cali non l’avessero indicata come “igienedei popoli”. Scriveva nel 1915 il futuristaMarinetti: “Noi consideriamo come supe-rata ed ancora superabile l’ipotesi della fu-sione amichevole dei popoli e nonammettiamo, pel mondo, che un’unicaigiene: la guerra”. Quanto siano genialiqueste considerazioni è lì da vedere, da-vanti ai monumenti ai caduti della primaguerra mondiale, che ogni paese d’Europa,anche il più minuscolo, ha dedicato ai suoigiovani così ben “igienizzati”...La seconda considerazione. La dolentenota del buon parroco che vede ciò che“ha fruttato alla parrocchia nostra” questaguerra, giudicata “terribile”: ben 26 annate

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MEMORIE BRESSESI26

chiamate alle armi, morti, prigionieri, muti-lati. Nessuna enfasi, nessuna parola dicommento. Parlano da soli tali “frutti per laparrocchia nostra”. C’è l’eco dell’accoratoappello che l’allora Papa Benedetto XVaveva lanciato ai governi dei Paesi bellige-ranti il 1° agosto 1917, perché fermasseroquesta “inutile strage”. Appello che caddeinascoltato (tranne poche eccezioni: una,quella del giovane imperatore d’AustriaCarlo I, proclamato beato nel 2004 da sanGiovanni Paolo II) e che nemmeno tra l’in-tellighenzia cattolica fu accolto unanime-mente, preferendo “la pace della potenza,la pace del soldato” (p. Sertillanges). Que-sto nostro parroco di un paesino di 2.600abitanti sa guardare in faccia alle cose e lechiama con il loro nome, mostrandosi piùsaggio “dei sapientoni e degli intelligentoni”(Mt 11,25).La terza: la sua amara considerazione dellaguerra e dei suoi frutti non gli impedisce diessere italiano. Sono annotate le medagliedi bronzo e quelle d’argento appuntate suipetti dei bressesi. E ricorda la vittoria che“corona le nostre armi”. È l’amore per lasua gente che lo fa sentire contempora-neamente italiano e disgustato dallaguerra. Il patriottismo che non deraglia innazionalismo è sano, nessuna persona sipuò leggere autenticamente fuori da un po-polo, una tradizione, una cultura.Ma essa è sana e generatrice difrutti quando si apre intelligente-mente e responsabilmente alla re-lazione con altre culture, in uninsieme sinfonico e fraterno. Su qui,dopo la seconda guerra mondiale(altra tragedia!) si fonda quell’idea diEuropa consapevole della sua unitàe solidale, “che la storia vedrà es-sere il solo bene che sia uscito dalledue guerre e dalle due paci cheessa ha subito” (François Fejt ).La quarta: nelle parole di don Inver-

nizzi c’è l’eco di una partecipazione cor-diale dei cattolici e del clero alla tragediadella guerra e alle sorti della patria, cheebbe un prezzo altissimo anche di sangue.“Allo scoppio delle ostilità gli ecclesiasticicome i seminaristi, i novizi, i chierici, i con-versi, i sacerdoti che non erano parroci e ivicari, non godettero di nessuna distinzioneda parte delle autorità militari e venneroconsiderati come dei soldati qualsiasi edassegnati alle unità combattenti. In oltre22.000 passarono alla storia come i pretisoldati” (cfr A. Nataloni, I cappellani militarinella prima guerra mondiale). Non dimenti-chiamo i cappellani militari: “Sostanzial-mente erano quasi tutti parroci dicampagna che fino a quel momento ave-vano vissuto più o meno tranquillamente inmezzo ai loro semplici parrocchiani... A lorosi aggiungevano giovani appena usciti daiseminari... Dai silenzi dell’altare, dai bisbiglidei confessionali venivano sbalzati di fronteal fuoco delle artiglierie, tra gli scoppi dellebombe e le scariche di fucileria” (ibidem).Uno di questi fu don Angelo Roncalli, il fu-turo Papa e ora san Giovanni XXIII.Ma la vicenda della guerra coinvolse i bres-sesi anche per un altro fatto, un fatto diamore solidale: l’accoglienza dei profughidella Venezia Giulia dopo Caporetto. Saràoggetto di una prossima puntata.

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RECENSIONI27

Ultima fatica del grande regista Er-manno Olmi, Torneranno i prati (Ita-lia, 2014) è un monumentale elogio

funebre ai caduti della Grande Guerra.Lungo un’unica nottata trascorsa nelle trin-cee italiane del fronte Nord-Est, il film rie-sce a evocare in maniera semplice eumanissima, ma allo stesso tempo lirica esublime, tutto il dolore provocato dal primoconflitto mondiale. Cullati dalla notte e sdraiati su un mantonevoso, la natura sembra la prima prota-gonista della pellicola. Un ambiente docilee rassicurante in cui in troppi hanno sof-ferto. Un innoalla vita, un innoal ricordo, unaesortazione ne-cessaria e sin-cera all’amorereciproco. nale. Semplice-mente imperdi-bile.

Per vivere que-sto centenario di una guerra che fu grande solo per la sofferenza e l’eroismo umano di soldati e civili

Ermanno OlmiTorneranno i prati

giovedì 21 maggio 2015 - ore 21.00

Cinema San Giuseppe Via Isimbardi, 30 - Bresso

Il centenario dell’ingresso dell’Italia inquella che fu l’“inutile strage” della primaguerra mondiale merita attenzione. Ben

oltre facili retoriche, questa guerra causòsofferenze indicibili alle popolazioni e ai sol-dati e fu un vero e proprio suicidio dell’Eu-ropa. Molte delle sciagure successive,come le dittature di ogni colore, le crisi eco-nomiche e sociali, la seconda guerra mon-diale e la divisione dell’Europa in dueblocchi hanno in quella guerra e nei trattatidi pace conseguenti la loro causa. E cosìle odierne tensioni in Medio Oriente e in

Ucraina, comele vicende deigenocidi ar-meno ed ebreo.Brillarono figurealte e bellissimein quegli annioscuri: tra lemolte scono-sciute, ricor-diamo il PapaBenedetto XV e

Carlo d’Austria. Giusti inascoltati e ancoroggi poco noti. Ma grandi.Tutto ciò e molto altro è in questo agile eben curato libretto di 16 euro, composto dibrevi schede di facile comprensione. Pernon dimenticare ed essere consapevoli dicosa ci chiede questo travagliato oggi.

A cura di Luca e Paolo TanduoLa grande guerraPolitica. Chiesa. Nazioni.Lindau

Un centenario vivo

La grande guerraUn centenario vivissimo

Torneranno i pratidi P.B. di Il Circolo Cinematografico Bresso

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Cinema Teatro San GiuseppeVia Isimbardi, 30 - Bresso - Tel. 02/66 50 24 94

Programma di maggio

**FILM SE DIO VUOLEVenerdì 8 ore 21.00

Sabato 9 ore 21.00

Domenica 10 ore 15.00 - 17.30

I RAGAZZI DELLA PROFESSIONE DI FEDE PRESENTANO:

***TEATRO INSIEME PER...Venerdì 15 ore 21.00

Sabato 16 ore 21.00

*CINEFORUM TORNERANNO I PRATIGiovedì 21 ore 21.00

**FILM MIA MADREVenerdì 22 ore 21.00

Sabato 23 ore 21.00

Domenica 24 ore 15.00 - 17.30

**FILM SARÀ IL MIO TIPO?Venerdì 29 ore 21.00

Sabato 30 ore 21.00

Domenica 31 ore 15.00 - 17.30

Il programma potrebbe subire variazioni non dipendenti dalla nostra volontà

CINETEATRO SAN GIUSEPPE28

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29PAROLE D’AUTORE

MAGGIO NELLA MIA INFANZIA

Le rondini a stormi garrule nel cielomi ricordano la mia primavera,la gioia e la felicità quandobimba correvo nei prati.Le risate erano gioiose,come l’eco s’espandevano nell’aria.Il rumore degli zoccoletti facevano da coro.Con la mamma costeggiavoIl naviglio ancora limpido.La sera lungo le siepile lucciole illuminavano la strada.Presa per mano, con tenerezza, si andava verso la chiesa.Il chiacchiericcio delle donne ci accompagnava.I rintocchi delle campane nella dolce serainvitavano alla preghiera.Il Santo Rosario. I grani scorrevano fra le dita.Le Ave Maria, in latino, per me poco comprensibili,si susseguivano con intensa devozione.Il ritorno era gioioso. Il cielo stellato. Una dolce brezza ci accarezzava.Si può ancora con i bimbi rincorrerci.Fare a gara nel prendere le lucciole,stringerle tra le mani per poi lasciarle volare tra le siepi o libere nel cielo!!

Lucia Porro Annoni

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CALENDARIO LITURGICO

MAGGIO 2015

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FARMACIE DI TURNO

MAGGIO 2015 (Bresso - Cormano - Cusano)a cura dell’Azienda Farmaceutica Cormano

GUARDIA FARMACEUTICA DALLE ORE 19.30 ALLE ORE 8.30DEL GIORNO SUCCESSIVO

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COMUNALE - Cormano Via A. Gramsci, 44COMUNALE N. 5 - Bresso Via Vittorio Veneto, 26DEL CORSO - Cusano M. P.za Trento e Trieste, 4FORNASÈ - Cormano P.za Bernini, 1/ARIVOLTA - Cormano Via Caduti della Libertà, 10COMUNALE N. 2 - Bresso Via Ambrogio Strada, 56PALTRINIERI - Cusano M. Via Cooperazione, 20SCOTTI - Bresso Via A. Manzoni, 14COMUNALE - Cormano Via A. Gramsci, 44BAIO - Bresso Via Vittorio Veneto, 5/DCOMUNALE N. 3 - Bresso Via Piave, 23COMUNALE - Cusano M. Via Ticino, 5MODERNA - Bresso Via Vittorio Veneto, 51TESTI - Ospitaletto di Cormano Via XXIV Maggio, 21COMUNALE N. 5 - Bresso Via Vittorio Veneto, 26MORETTI - Cusano M. V.le Matteotti, 2COMUNALE N. 5 - Bresso Via Vittorio Veneto, 26BRUSUGLIO - Cormano Via V. Veneto, 27GIUGLIANO - Cusano M. Via C. Sormani, 89COMUNALE N. 1 - Bresso Via Roma, 87DEL CORSO - Cusano M. P.za Trento e Trieste, 4FORNASÈ - Cormano P.za Bernini, 1/ARIVOLTA - Cormano Via Caduti della Libertà, 10COMUNALE N. 5 - Bresso Via Vittorio Veneto, 26PALTRINIERI - Cusano M. Via Cooperazione, 20SCOTTI - Bresso Via A. Manzoni, 14COMUNALE - Cormano Via A. Gramsci, 44BAIO - Bresso Via Vittorio Veneto, 5/DCOMUNALE N. 5 - Bresso Via Vittorio Veneto, 26COMUNALE - Cusano M. Via Ticino, 5MODERNA - Bresso Via Vittorio Veneto, 51

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I NUMERI DELLA COMUNITÀ

Orario Confessioni Parrocchia SS. Nazaro e Celsoferiali: ore 8.45 - 9.30sabato: ore 16-19

Indirizzovia Roma, 12 - 20091 Bresso

www.madonnadelpilastrello.it.e-mail: [email protected]

Direttore: Don Angelo Zorloni Redazione: Ambrogio Giussani - Luca BaraggiaWalter Baraggia - Flavio Campetti - Valentina VillaDario Landreani - Francesco Boso

Foto: Autori vari, Roberto Calmi Copertina: Realizzazione grafica a cura di Luca Baraggia

Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 405 del 18-11-1978Grafiche Baraggia s.r.l. - Via Ornato, 14 - MILANO - Tel. 02.6425737 - Fax 02. 66104118 - e-mail: [email protected]

Direttore: ANGELO ZORLONI

Orari delle SS. Messe in Bresso

Numeri utili

SS. NAZARO E CELSO - feriali: ore 7 (escluso il sabato) - 9 - 17.30sabato e vigiliari: ore 18.30festivi: ore 7.30 - 9 - 10.15 - 11.30 - 18

Santuario della Madonna del Pilastrellosabato e vigiliari: ore 17.30

SAN CARLO - feriali: ore 8 - 18.30sabato e vigiliari: ore 19festivi: ore 8.30 - 10 - 11.30 - 19

MADONNA DELLA MISERICORDIA - feriali: ore 17.30sabato e vigiliari: ore 17.30festivi: ore 10 - 17.30

Chiesa di San Francesco - feriali: ore 9 (escluso il sabato)sabato e vigiliari: ore 18.30festivi: ore 11

Prevosto - don Angelo ZorloniOrari segreteria parrocchiale: dal lun. al ven. 17.30 - 19Don Gianfranco RadiceOratorio - don Pierpaolo ZanniniCarabinieri BressoVigili del FuocoCroce RossaAmbulanzaServizio di guardia medicaComunePolizia LocaleOspedale BassiniAcliAssociazione Centro sociale anzianiAVISBiblioteca ComunaleCasa dell’AnzianoCentro della FamigliaCentro di ascolto CaritasCinema-Teatro San GiuseppeParrocchia San CarloParrocchia Madonna della Misericordia

02 610 08 82

02 610 17 7902 610 17 6802 610 89 51

11502 610 73 68

11802 34567

02 614 55102 614 554 00

02 5799.102 66 50 10 72

02 610 72 3602 614 00 95

02 614 55 34902 66 50 30 7002 66 50 34 39

366 489234302 66 50 24 94

02 614 26 6002 610 09 96

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