Pantheon 65 - La forza delle parole

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Copia gratuita Novembre 2015 Anno 8, Numero 9 PAROLE VER NA NETWORK IN BILICO TRA DIALETTICA E COMPRENSIONE. DIRE, NASCONDERE, FRAINTENDERE: QUALI SONO I CONFINI DEL LINGUAGGIO? DONNE A tu per tu con Lella Costa ECONOMIA Verso un polo finanziario veneto CULTURA Riapre il Museo degli Affreschi ANIMALI Cani d’allerta per il diabete 2,50www.verona-pantheon.com

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Dette, fraintese, cercate e, a volte, persino perse. Quali sono le parole del nostro presente? Oltre la sfiducia nelle istituzioni con il linguaggio ostile del “burocratese”e la spesso inutile oscurità del linguaggio pubblico c’è l’importanza della nostra consapevolezza.

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Copia gratuita Novembre 2015 Anno 8, Numero 9

parole

VER NAN E T W O R K

In bIlIco tradIalettIca e

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Del linguaggio?

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E D I T O R I A L Edi Matteo Scolari

sono gli uomini che hanno dissuaso Dio dall’esistere. Gesualdo Bufalino

“quella che stiamo vivendo non è una guerra tra religioni, è una guerra dettata da scelte politiche sbagliate. non nominiamoil nome diDio invano”

Avrei voluto iniziare e riempire d’inchiostro questo spazio con ben altre parole, con ben altri

argomenti. I tragici fatti di Parigi, però, così come hanno scosso voi e l’intera comunità internazionale, hanno lasciato una sensazione di immenso vuoto e sconsolazione an-che in me. Sfoglio le immagini dei volti delle vittime di quella sera, 129 fino ad ora: visi giovani, sorridenti, pieni di vita, pieni di sogni e di speranza. Li sento vicini, potrebbero essere miei coetanei. Provenivano da 26 Paesi diversi, e il loro destino si è incro-ciato fatalmente, e per l’ultima vol-ta, nel cuore della Francia, in quella che dovrebbe essere, e lo è sempre stata, la più bella capitale d’Europa. Tra loro l’italiana Valeria Solesin, 28enne, dottoranda in demografia alla Sorbona che per alcuni gior-ni abbiamo sperato fosse viva, da qualche parte. Ma non è stato così. Proseguo scorrendo quelle imma-gini. Incontro gli sguardi di Khei-reddine Sahbi, giovane violinista algerino di grande talento iscritto anch’egli alla Sorbona; di Élodie Breuil, 23 anni, studentessa francese all'École de Condé di design e fo-tografia. Aveva marciato a gennaio con sua madre dopo il massacro di Charlie Hebdo in sostegno delle vit-time. Di Luis Felipe Zschoche Valle, musicista 35enne del Cile, chitar-rista e membro della band Cap-tain Americano; di Cécile Misse, 32 anni, responsabile della produzio-ne al teatro Jean Vilar Suresnes di Hauts-de-Seine; di Mathieu Hoche, 38 anni, tecnico al canale televisi-vo France24; di Mohamed Amine Benmbarek, architetto di 28 anni marocchino, ma residente a Parigi dove insegnava all'Ensa, la scuola nazionale superiore d'architettura; di Arianne Thrillier, talento del fu-metto, disegnatrice della casa sta-tunitense Urban Comics; di Raphael Hilz, 28 anni, tedesco, architetto e collaboratore di Renzo Piano; di He-

lene Muyal, 37 anni, make up artist e giovane madre di un bambino di un anno e mezzo; di Valentin Ribet, stu-dente di Legge alla London School of Economics; di Alberto Gonzalez Gar-rido, 29enne ingegnere di Madrid; di Quentin Mourier, francese, 29enne, architetto all'Atelier Grand Paris; di Nohemi Gonzales, 20 anni, messica-na, che a Parigi frequentava lo Strate College Design.Potrei proseguire ancora a lungo con la lista, e lo farei anche solo per ricor-darli uno a uno. Giovani ragazzi e ra-gazze, talenti, la cui vita è stata spez-zata in un venerdì qualunque, a una cena al ristorante, per strada o a un concerto di musica rock. Perché tutto questo? In nome di chi? Di Dio forse? Non scherziamo! Sono pienamente d’accordo con Papa Francesco, quando dice che compie-re barbarie in nome di Dio, qualun-que esso sia, è un atto gravissimo, è una bestemmia. Nessun Dio, nessuna religione, nessun testo sacro predica odio o violenza contro il genere uma-no. Nemmeno il Corano. Quella che stiamo vivendo non è una guerra tra religioni, è una guerra det-tata da scelte politiche sbagliate che affondano le radici nel passato e nel presente e di cui la comunità interna-zionale e le parti coinvolte, sono ben a conoscenza. Ognuno di noi, in cuor suo, anche in quello degli attentatori che hanno dimenticato di averlo, sa che Dio è amore, è pace, è fraterni-tà tra i popoli. Non tiriamo in ballo il Creatore. Non inquiniamo la sacrali-tà di Cristo, di Allah, di Yahweh. Non abbassiamoci a un livello così becero della vita.Preghiamo, insieme, per quei ragazzi di Parigi, per i loro genitori distrutti dal dolore. Preghiamo per le miglia-ia e i milioni di vittime che ogni anno muoiono in tutto il mondo per una re-sponsabilità diretta delle scelte politi-che dei governi internazionali. Non nominiamo il nome di Dio invano. Tantomeno per giustificare guerre o per nascondere i nostri peccati.

@scolarimatteo

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C a m i l l a P i s a n i , E r i k a P r a n d i , N i c o l e S c e va r o l i , A l e s s a n d r a S c o l a r i , I n g r i d S o m m a c a m pa g n a , G i o va n n a T o n d i n i , G I U L I A Z A M P I E R I , M at t i a Z u a n n i .

C o p e r t i n a F l a v i o B r u t t i

P r o g e t t o g r a f i c o F l a v i o B r u t t i

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m a i l : r e d a z i o n e @ g i o r n a l e p a n t h e o n . i t - w e b : w w w. g i o r n a l e p a n t h e o n . i t - F a c e b o o k : / P a n t h e o n - T w i t t e r : @ p a n t h e o n v r

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Partiti, politici, sindacati: le parole del passato. Fami-glia, merito, bene comune:

le parole che guideranno il no-stro futuro.E al centro: la Democrazia. Questo è il “lessico del Futu-ro” secondo il sondaggio De-mos-Coop condotto a Maggio 2015. Per l’occasione, è stato sottoposto alla valutazione dei cittadini un vero e proprio sillabario, una serie di parole attinte dal linguaggio dei me-dia e della vita pubblica, per misurare il sentimento susci-tato da queste parole nel sen-tire comune. Il risultato è una «mappa del linguaggio del no-

stro tempo››, come definita dal sociologo Ilvo Diamanti, che esprime da un lato una diffusa delusione nei confronti di poli-tica e istituzioni, forse proprio perché incapaci di dialogare in modo chiaro ed efficace con i cittadini, dall’altro la fiducia in quei valori su cui si costruisce il nostro presente e che saranno le fondamenta del nostro futu-ro. Al confine, tra disincanto e speranza, sta la democrazia; il termine più controverso e dibattuto, proprio a causa dei cambiamenti che interessano il nostro tempo e che stanno at-traversando le istituzioni: i par-titi, lo Stato, l’Unione Europea.

L E P A R O L E C H E S I A M OUn’indagine condotta da Demos-Coop ha individuato le parole chiave del passato e del futuro. Oltre la sfiducia nel-le istituzioni con il linguaggio ostile del “burocratese”e la spesso inutile oscurità del linguaggio pubblico, c’è l’impor-tanza della nostra consapevolezza. Perché le parole fanno la differenza, e per un futuro più chiaro possiamo partire da parole, quelle del presente, più limpide.

di Giulia Zampieri

[email protected]

D I R I T T O E D O V E R E D I PA R O L AIn questo scenario, in un’Italia in cui spesso la classe dirigente è incapace di interpretare le reali esigenze della cittadinanza, in un’epoca di “crisi della demo-crazia” e in una società sempre più complessa, c’è un presup-posto imprescindibile: ritornare a prendersi cura delle parole, come incita il giurista Gustavo Zagrebelsky nel suo Decalogo contro l’apatia politica. Il tema potrebbe sembrare materia da linguisti o intellettuali, una que-stione astratta che non ci riguar-da. Tutti però abbiamo a che fare con il linguaggio, ogni gior-no, e con la distanza, sempre più ampia, tra le parole e i fatti. Con la perdita di concretezza della nostra lingua. Inoltre, ricorda Zagrebelsky, più ricca sarà la quantità e la qualità delle parole del nostro “vocabolario colletti-vo”, più giusti e chiari saranno i nostri pensieri e le nostre idee e, con essi, le nostre capacità di analizzare e comprendere la complessità del tempo presente. Per questo, è dovere di coloro che la lingua della burocrazia, dell’amministrazione, del dirit-to e dei media la esercitano in modo attivo ritornare a prender-si cura delle parole, perché dire qualcosa comporta (o almeno così dovrebbe), sempre, un im-pegno di verità. E perché, come afferma Tullio De Mauro, «chi è al servizio di un pubblico ha il

PRIMO PIANO

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Vizi, virtù (e potere) del linguaggio

dovere costituzionale di farsi capire››. Ma la cura delle parole è anche il compito di tutti i citta-dini, i destinatari che questa lin-gua la vivono in modo (solo ap-parentemente) passivo, perché capire è un diritto di tutti e la condizione fondamentale per la

nostra libertà di parola. Perché la democrazia non è da cercare solo nella cabina elettorale, nel momento delle «elezioni libere, corrette e aperte a tutti» (Hun-tington) ma, ancor prima, nel dialogo vivo che è possibile solo quando c’è reciproca compren-

sione. E allora partiamo proprio dalle parole del nostro presente, dalla salute nel nostro linguag-gio quotidiano per migliorare il presente e magari anche il fu-turo. Partiamo dalle parole che usiamo e che definiscono quello che siamo.

B I S O G N A T R O VA R E L E PA R O L E G I U S T E

L E PA R O L E S O N O I M P O R TA N T I !

( N A N N I M O R E T T I )

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Non è possibile pensare con chiarezza se non si è capaci di parlare e

scrivere con chiarezza», il no-stro modo di esprimerci è, in qualche misura, anche il no-stro modo di essere. Questo afferma il filosofo John Searle e così si apre con parole pre-cise Breviario di scrittura civile, l’ultimo lavoro di Gianrico Ca-rofiglio, presentato a Padova in occasione della fiera delle Parole. Domenica 11 ottobre, lo scrit-tore, già pubblico ministero, consulente della commissio-ne parlamentare antimafia e senatore della Repubblica, ha dialogato con un attento e partecipe pubblico in un gre-mito Palazzo della Ragione. Prima di lui, sono tanti i giuri-sti, i linguisti, i politici e gli in-tellettuali che nel nostro Paese e all’estero hanno lamentato la qualità del linguaggio usa-to dalle istituzioni: una lingua spesso volutamente oscura, che preferisce nascondere in-vece che mostrare, e lontana dall’italiano quotidiano, quel “burocratese” inutilmente complicato che spreca tempo e risorse. Non è un caso che già nell’or-

mai lontano 1998 l’allora pre-sidente degli Stati Uniti d’A-merica Clinton ricordasse in un memorandum che «il plain language (il linguaggio piano, ndr) fa risparmiare tempo, fa-tica e denaro al Governo e al settore privato». Da questo dato di fatto e dal «disagio e dall’indignazione per l’uso delle parole in pub-blico» nasce l’esigenza di que-sto libro, ci spiega Carofiglio, «perché occuparsi del linguag-gio pubblico e della sua qualità non è un lusso da intellettuali o una questione ac-cademica. È un do-vere cruciale dell’e-tica civile». Le società si fonda-no proprio sulla fi-ducia in una lingua condivisa e sulla fondamentale re-sponsabilità nell’u-so delle parole. Mi impegno a fare ciò che dico.«La lingua oscura, quella intervallata da continui “Sono stato frainteso” e quella delle leggi, spesso troppo aper-

«

L E pA R O L E p R E C I S E d E L L’ E T I C A C I V I L E

PRIMO PIANO

ta a libere interpretazioni, è profondamente antidemocra-tica» dichiara, con chiarezza, Carofiglio. Perché laddove c’è oscurità di linguaggio non si può trovare autentica demo-crazia, quella democrazia che nelle parole di Norberto Bob-bio è «l’esercizio visibile del potere». In poche parole, la certezza del diritto, non è meno importante della sua chiarezza e di quella di tutti i linguaggi pubblici.

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BREVE DIZIONARIO BUROCRATESE – ITALIANO (EsEmpI tRAtt I D A " C O N pA R O l E p R E C I s E . B R E V I A R I O D I s C R I t t U R A C I V I l E " )

Le apparecchiature terminali per servizi di comunicazione elettronica da uso pubblico i telefoni cellulari

Le modalità della segnaletica alla clientela in merito al paga-mento del titolo di viaggio i modi per informare i clienti su come pagare il biglietto

La problematica relativa alla tipologia familiare

il problema dei tipi di famiglia

Supportare i processi di valu-tazione e farsi carico del mo-nitoraggio della loro corretta applicazione in base ai criteri definiti dal C.d. D. aiutare nella valutazione e controllare che corrisponda ai criteri stabi-liti dal collegio dei docenti

La realizzazione del proget-to comporta la necessità di una rivalutazione della politica dell’Amministrazione nonché di una ridefinizione dei suoi obiettivi Per realizzare il pro-getto l’amministrazione deve rivalutare la propria politica e ridefinire i propri obiettivi L’azione esecutiva dovrà esse-

re nuovamente sospesa per la sopravvenuta caducazione del

titolo l’azione esecutiva do-vrà essere nuovamente sospesa perché il titolo è venuto meno

Provvedere al mantenimento Mantenere

Effettuare una cancellazione cancellare

Procedere a una verifica Verificare

Vizi, virtù (e potere) del linguaggio

A proposito di parole, il concorso per (ri)conoscere Dante

lui è il padre della lingua e , diciamolo, un po' di tutti noi. È stato calcolato che il 90% del lessico fondamentale dell’italiano in uso oggi (cioè il 90% delle 2000 parole più frequenti, che a loro volta co-stituiscono il 90% di tutto ciò che si dice, si legge o si scrive ogni giorno) è già tutto con-tenuto nella sua opera più famosa. Per celebrare i 750 anni dalla nascita dell'uomo che inventò la Divina com-media, e che passeggiò, tra l'altro, anche per le belle vie della nostra città, il rotary club Verona scaligero, con il patrocinio della Provincia di Verona ha bandito per l’anno scolastico 2105/2016 il con-corso “l’attualità di Dante”.

riservato alle ultime tre classi dei licei classici, scientifici, lin-guistici e delle scienze uma-ne, statali e paritari, presenti sul territorio di Verona e Pro-vincia, il concorso, suddiviso in tre livelli ha come oggetto la composizione di un saggio breve sui temi legati alla com-media.sarà il canto V dell'inferno che racconta la condanna dei due celebri amanti persi in un amore troppo umano, l'ar-gomento da affrontare per le classi iii. l’incontro con sor-dello e la successiva invettiva contro l’italia nel Purgatorio il tema, invece, per le classi del penultimo anno.agli studenti delle classi V ter-minali è destinato il canto XVii

del Paradiso che celebra la liberalità degli scaligeri, si-gnori di Verona, attraverso la visione di Dante, che si lascia andare in questi versi alla pre-dizione del suo stesso esilio. l’iscrizione per partecipare al concorso dovrà pervenire via e mail entro il 30/11/2015 al seguente indirizzo email: [email protected]. Verrà premiato con un assegno di 500,00 euro a copertura parziale o totale del percorso estivo “summer camp” promosso dal rotary club, il migliore elaborato per ciascun livello di concorso. Per maggiori dettagli:e mail: rcveronascaligero@ro-tary2060. eu tel. 045/597005

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Cosa fare allora per rag-giungere questa chia-rezza, di lingua e quindi

di pensiero e comportamento? Per Carofiglio la chiave sta proprio nella semplicità, in quel linguaggio piano consi-gliato da Clinton, ma già ricer-cato e auspicato da tanti altri anche in Italia: risale al 1993 infatti il codice di stile delle co-municazioni scritte a uso delle pubbliche amministrazioni pro-mosso dal Ministro della Fun-zione Pubblica Sabino Cassese e seguito poi da un più conciso Manuale di stile (1997). Certo, prestando attenzione alle date di pubblicazione vie-ne da pensare che di strada se ne sia fatta ancora poca. Nonostante i numerosi studi che dimostrano i comprovati

benefici del plain language in termini di risparmio di tempo, di risorse e di denaro sia nel settore pubblico così come nel privato.«Semplicità non vuol dire tra-durre tutto, indistintamente: un “incidente probatorio” non può che essere chiamato così! Bisogna però evitare il più pos-sibile le definizioni astratte e preferire a queste la concre-tezza delle azioni». Su questo insiste Carofiglio, che parlan-do di semplicità e chiarezza accenna anche a Papa France-sco e all’efficacia comunicati-va delle sue parole. E non è un caso che proprio il pontefice sia l’unica figura condivisa che emerge da quella stessa inda-gine condotta da Demos-Coop sul lessico del futuro.

d U E pA R O L E p E R U N F U T U R O p I ù C h I A R O

PRIMO PIANO

dUE dOMANdE pER UNO SgUARdO pIù ChIARO

La Costituzione italiana, come ha già ricordato Tul-lio De Mauro, è un docu-

mento di grandissima impor-tanza, non solo per i valori e i diritti che difende, ma anche per la sua brevità e chiarezza. È composta di sole 9369 paro-le e le sue frasi non superano, in media, le venti parole. Ma ancora più importante, è stata scritta utilizzando 1357 lemmi, di cui più del 92 % appartiene al vocabolario di base che tutti noi conosciamo e comprendia-mo. Spesso si rimprovera al plain language di essere infan-tile, semplicistico e impreciso ma chi di noi descriverebbe così la nostra Costituzione? «Guardiamo alla nostra Costi-tuzione nel fare le leggi, alla sua limpidezza ed essenziali-tà» suggerisce Carofiglio. Quanto invece ai cittadini, a tutti noi che le leggi non le scriviamo ma le viviamo, è dato il compito di avvicinarci

al linguaggio pubblico in modo consapevole, di ascoltare in modo attento e perspicace così da riuscire a rispondere sempre a due domande. «Per-ché? chi ha scritto questo testo lo ha scritto in questo modo. Come? si sarebbe potuto scri-vere in modo più efficace, così da renderlo più adeguato e onesto». La lingua democratica, quella che include invece di esclu-dere, è quella che combatte l’oscurità non necessaria, che «non ricorre a pseudotecnici-smi per dare sfoggio di sé, per esercitare il proprio potere o per occultare la mancanza di contenuti».È la lingua che, con parole pre-cise, mostra i fatti e le cose per quello che sono, senza paura di chiamarli con il loro nome, ed è «sintomo di virtù civili e fatto-re di democrazia». È una “cosa pubblica”, un bene comune al servizio del bene di tutti.

GianricoCarofiglio

scrittore epolitico italiano

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Vizi, virtù (e potere) del linguaggio

Le parole per gli al tri

A seguito dell’incontro inti-tolato le parole che cura-no, le parole che feriscono

salute mentale, mass media e linguaggio usato nella vita quotidiana organizzato dall’A-zienda ULSS 20 Verona con l’Azienda Ospedaliera Univer-sitaria Integrata Verona abbia-mo incontrato Jessica Cugini, giornalista e caporedattrice del mensile COMBONIFEM Magazi-ne Donna Mondo Missione. As-sieme a lei abbiamo dialogato per cercare di fare chiarezza sul linguaggio utilizzato dai mass media per raccontare il fenomeno dell’immigrazione e per ribadire, ancora una volta, quanto sia urgente oggi l’uso di un linguaggio civile che non alimenti pregiudizi e discrimi-nazioni. «Chi ha come strumento le pa-role non si può permettere di usarle in modo inconsapevole» afferma Jessica, riferendosi a quella lingua che abbandona la lealtà e la precisione per «fomentare paure e diffondere falsità».Sono tante le “parole sporche”

che trovano spazio nei media italiani: dai vari appellativi che, usati senza distinzione alcuna, discriminano, tra cui il termine “clandestino”, riferito per par-lare di “irregolari” , “richieden-ti asilo”, “rifugiati”, “migranti”. E ancora, prosegue Jessica, i titoli che promuovono l’etni-cizzazione del reato come se “Rom” debba essere sinonimo di “furto” e “Zingaro” significhi, per forza, “ladro di bambini”. Per non parlare di quella co-stante “emergenza”, profughi o migranti per citarne solo due, che ci ritroviamo a vivere nelle notizie di giornali e telegiornali:

come può essere “emergenza” un fenomeno che riusciamo a prevedere? Il giornalismo, quello che merita il nostro rispetto perché civile e lontano da titoli vergognosi, «prima che una funzione infor-mativa ha una funzione forma-tiva e dovrebbe ricordarsi che il racconto ha sempre bisogno di incontro e conoscenza». È anche quando il razzismo, spinto spesso da pregiudizi e rifiuto all’incontro, si fa largo tra le righe di un giornale che si insinua poi dentro di noi. E le parole sporche finiscono per definire ciò che siamo.

Chi parla male pensa male«Ma noi non abbiamo scritto che tutti gli islamici sono ter-roristi né lo abbiamo pensato (...) Noi non abbiamo insultato gli islamici in generale», scri-ve in un editoriale “riparatore” Maurizio Belpietro, direttore re-sponsabile di libero dopo l'in-dignazione social (e non solo) che è scaturita a seguito del titolo “Bastardi Islamici”, in pri-ma pagina sul suo quotidiano all'indomani del massacro pa-rigino. E ancora: «Noi abbiamo scritto: Bastardi (sostantivo) islamici (aggettivo). La lingua

italiana è chiara, non lo è solo per chi è in malafede e non vuole vedere la realtà». Suo-nano grottesche queste giusti-ficazioni che si rifugiano nelle sottigliezze della grammatica per fuggire la responsabilità di un significato. Chi lavora con le parole le conosce e dovreb-be indovinarne la portata. E in-fatti il giornalista del fattoquo-tidiano.it Maso Notarianni ha sporto denuncia contro il di-rettore di libero perché, come ha riferito a laPresse «chi ha fatto quel titolo lo ha fatto con-

sapevolmente e sapendo che i mezzi di informazione pos-sono influenzare l'opinione di decine di migliaia di persone: un titolo criminale che istiga all'odio». Nelle stesse ore è partita anche una petizione su change.org per chiedere la ra-diazione di Belpietro dall'Ordi-ne dei Giornalisti che, mentre scriviamo, ha raggiunto 91mila firme. In una situazione come questa nessuna parola, sostan-tivo o aggettivo che sia, deve fuorviare e aggiungere altro alla sintassi dell'odio.

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FINANZA

Cosa rimarrà della Verona capitale della finanza in Veneto? È questa la do-

manda che affiora dall’incerto scenario economico che, oggi, vede al centro le tre principali istituzioni finanziarie scalige-re: Banco Popolare, Cattolica Assicurazioni e Fondazione Cariverona. Se la prima sta affrontando la travagliata tra-sformazione da popolare in Spa, quindi verso una quota-zione in borsa che aprirebbe la possibilità di acquisto di azioni dall’estero, la compagnia gui-data da Paolo Bedoni guarda con apprensione al futuro di BpVi, primo azionista del grup-po con il 15%, oggi costretto ad un aumento di capitale. In tutto questo si apprende che il pre-sidente uscente di Fondazione Cariverona Paolo Biasi, prossi-mo al ritiro, resterà comunque nella governance della fonda-zione mettendosi a capo del fondo distaccato Property. Lo scorso venerdì 6 novembre, in Gran Guardia, in occasione della settimana Veronese della finanza organizzata da Ger-mano Zanini, insieme a Panthe-on Magazine e VeronaExpo, si è potuto riflettere sulle riper-cussioni nel sistema finanziario veronese dei recenti provvedi-menti normativi che interessa-no il settore delle banche Po-polari, anche alla luce delle difficoltà che stanno vivendo VenetoBanca e Banca Popolare

di Vicenza. I principali protago-nisti dell’economia locale, il sin-daco Flavio Tosi, il sottosegre-tario all’economia, l’On. Enrico Zanetti, il presidente di Apindu-stria Arturo Alberti, il presiden-te di Federmanager Verona Gianfranco Cicolin e il presi-dente Compagnia delle Opere Veneto Luca Castagnetti, sono stati a chiamati a confrontarsi sulla possibilità di costituire un unico polo finanziario veneto: una «Verona City» che unisca Banco Popolare e Cattolica, con Cariverona principale investi-tore. «Si deve ripartire dalla città: abbiamo tre importanti istituzioni finanziarie che insie-me capitalizzano oltre 8,5 mi-liardi di euro distribuiti tra circa 250mila soci - ha spiegato Za-nini - un patrimonio che, se non si fa nulla, rischia di passare in mani probabilmente straniere. La Riforma delle Popolari impo-ne a realtà come il Banco Popo-lare la trasformazione in S.p.A. ma anche l’eliminazione del voto capitario e, dopo 2 anni,

del limite del 5% di partecipa-zione aprendo alla possibilità che un fondo estero, magari di Dubai o cinese, possa acquisire il controllo dell’Istituto. In più, la Banca Popolare di Vicenza, che ha il 15% di Cattolica Assi-curazioni, dovrà affrontare un aumento di capitale da 1,5 mi-liardi di euro, che ripartito tra i 114mila soci ammonta a circa 14mila euro a testa. Chi, in un momento di difficoltà come questo, sarà in grado di mette-re sul piatto questi soldi? Forse, anche stavolta, un fondo stra-niero». Di qui, l’appello di Za-nini affinché i protagonisti di questi cambiamenti trovino so-luzioni per tutelare il territorio. «È una riforma che dobbiamo trasformare in opportunità per il Sistema Verona ma anche per la Regione - è intervenuto il sindaco Tosi - alcune realtà a noi vicine sono andate in crisi anche per la forte vicinanza al territorio che le ha portate ad assumersi rischi maggiori. Ma è proprio questa la vocazione

LA POSSIBIL ITà DI UNA «VERONA CITy»P O L O F I N A N Z I A R I O S C A L I G E R OGermano Zanini, direttore della settimana Veronese della finanza, in occasione dell'edizio-ne straordinaria del format, lancia l’idea di un polo finanziario cittadino a tre: Banco Popola-re, Cattolica e Cariverona. «Abbiamo istituzioni finanziarie che insieme capitalizzano oltre 8,5 miliardi di euro: un patrimonio che, se non si fa nulla, rischia di passare in mani probabil-mente straniere». A sposare l’idea di un polo bancario veneto è anche Giulio Pedrollo, pre-sidente di Confindustria Verona che, a margine dell’assemblea generale degli industriali, lo scorso 9 novembre, ha dichiarato «senza un centro bancario, si brucia la ripresa».

di Camilla Pisani

I relatori della settimana Veronese della finanza

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Distretto bancario veronese, la città si interroga

delle banche: non dobbiamo perdere questo radicamento perché è ciò che ha portato Verona ad essere la seconda realtà finanziaria italiana. In un contesto di aggregazioni si va delineando uno scenario lombardo-veneto che può raf-forzare la centralità di Verona, sia per la sua posizione che per

la capacità di investimento. La Fondazione Cariverona avreb-be le risorse per fare da pivot in quest’operazione». Sulle po-tenzialità di Verona come polo aggregante ha insistito anche Zanetti: «La Riforma apre sce-nari di rischio ma anche grandi opportunità: se dovesse preva-lere il rischio sarebbe il segno

che il sistema precedente era più votato alla protezione di se stesso che non alla crescita. Se Verona saprà fare sistema avrebbe la forza per dare slan-cio a quel polo bancario veneto che altrimenti rischierebbe di ridursi ad un’aggregazione tra deboli incapace di fare strada». Appelli a salvaguardare il patri-monio e il legame con il terri-torio delle Istituzioni finanzia-rie veronesi sono giunti anche dagli altri relatori. «Veniamo da una cultura basata più sulla co-operazione che sul porre al pri-mo posto costi e benefici - ha detto Alberti - forse è anacroni-stico in un mondo globalizzato avere una banca non comple-tamente aperta alla finanza, ma per le piccole imprese del territorio può essere penaliz-zante soprattutto in termini di rapporti umani». «A noi basta riunire 20-30 direttori di filiali per avere il polso dell’economia

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FINANZA

locale e capirne le prospettive - ha aggiunto Cicolin - prima andavano a chiedere un affida-mento al direttore di banca, lo conoscevano perché abitavano vicino casa sua. Oggi si trovano

davanti un operatore che chie-de loro “Lei che rating ha?”». «Per noi il legame tra finanza e territorio è inscindibile. Ser-vono entrambi: imprese e so-cietà civile. La città di Verona è

unica da questo punto di vista, dovremmo chiederci come sa-rebbe stata senza le sue istitu-zioni finanziarie così radicate nel tessuto locale» ha concluso Castagnetti.

P E R G L I I N D U S T R I A L I L’ E C O N O M I A V E R O N E S E « V O L A »

F O N D A Z I O N E C A R I V E R O N A : P R I O R I Tà A L S O C I A L E

Oggi i numeri “che contano” hanno davanti il segno più: la produzione industriale (+2,56% nell’ultimo trimestre rispetto al precedente), l’export (+5,85%) e l’occupazione (+1,18%). Dal palco della 70esima Assem-blea generale di Confindustria Verona dello scorso 9 novem-bre, ottimisticamente intitola-ta Volare, si levano sospiri di sollievo sotto forma di cifre che, finalmente, testimoniano un nuovo inizio per l’economia italiana e veneta. «Siamo in un momento che anticipa la ripre-sa - ha detto il presidente di Confindustria Veneto Roberto Zuccato - Quest’anno nei primi tre mesi dell’anno avevamo il 30% delle assunzioni a tempo

indeterminato». Che sia me-rito del Governo, come ha as-sicurato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, rivendicando il ruolo dell’esecutivo renziano e del Jobs Act, o della Regione, come è invece convinto il pre-sidente Luca Zaia («Se l’Italia cresce è merito del Veneto che tira: la legge di stabilità crea 14 miliardi di deficit») poco im-porta. A livello locale, viviamo il momento migliore da sette anni a questa parte. A confer-marlo è Giulio Pedrollo, presi-dente di Confindustria Verona che rivela come, da uno studio effettuato dalla stessa associa-zione cittadina, risulti che negli ultimi due anni, 8 imprese su 10 tra quelle che hanno chiuso

con degli utili, hanno investi-to nella azienda. «Sono orgo-glioso di rappresentare questi imprenditori - ha commentato Padrollo - adesso, però, occorre aumentare la crescita: lo 0,9% è poco, la Spagna viaggia ol-tre il 3». E mentre l’economia viaggia, riconosce il presiden-te, è la politica a restare ferma: «L’Amministrazione è bloccata sulle infrastrutture. Sui giornali di due anni fa, i temi erano gli stessi di oggi. Traforo, filobus, Alta velocità e, sopratutto, lo sviluppo degli scali Catullo e Montichiari, come diceva un mio amico: un chilometro di strada non porta da nessuna parte, un chilometro di pista porta in tutto il mondo».

Il Consiglio Generale della Fon-dazione Cariverona ha appro-vato, all’unanimità, il Documen-to Programmatico Previsionale 2016 che fissa le linee direttrici dell’attività istituzionale dell’En-te. I ricavi pari a 65,5 milioni di euro hanno reso possibile una previsione dell’avanzo di eserci-zio 2015 di 52,9 milioni di euro. Risultano disponibili per l’attivi-tà istituzionale 40,3 milioni cui

vanno aggiunti 13,5 milioni per interventi diretti della Fondazio-ne che portano i fondi comples-sivi per l’attività istituzionale a 53,8 milioni di euro (+6% rispet-to all’anno precedente). A tale cifra va aggiunto anche l’accan-tonamento per il volontariato e per il Fondo iniziative comuni gestito dall’ACRI che innalza l’importo a 55,4 milioni. All’in-terno dei settori di intervento si

è voluto dare priorità al sociale (Settore Volontariato ed Assi-stenza agli anziani), cui è de-stinata una parte significativa delle complessive disponibilità. Tra gli altri settori: salute pubbli-ca, medicina preventiva e riabi-litativa; educazione, istruzione e formazione; arte, attività e beni culturali; filantropia e beneficen-za; solidarietà internazionale; ri-cerca scientifica e tecnologica.

Paolo Bedoni - presidente Cattolica assicurazioni

Carlo Fratta Pasini - presidente Banco Popolare

Paolo Biasi - presidente Fondazione Cariverona

Distretto bancario veronese, la città si interroga

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L'opinione dell'avvocato Manzini

R I S I k O B A N C A R I Oq U A L è L A M O S S A G I U S TA?L’avvocato veronese Nicolò Manzini, nell’ultimo anno, è stato incaricato dai Commissari Straordinari nominati da Bankitalia di promuovere le azioni di responsabilità nei confronti degli organi di amministrazione e controllo di due BCC venete (BCC Euganea e Credito Trevigiano). Ne abbiamo approfittato per chiedergli un parere sui temi caldi emersi duran-te l'edizione straordinaria della settimana Veronese della finanza, lo scorso 6 novembre.

di Miryam Scandola

Avvocato, sembra esser-ci grande fermento nel mondo bancario. Qual è

la sua opinione? Stiamo vivendo un momento che, per il sistema bancario e finanziario su scala europea, nazionale, e quindi anche lo-cale, è al tempo stesso stori-co e cruciale. Storico perché nel solo 2015 – sotto la spinta dell’Unione Europea – hanno preso il via i processi di rifor-ma delle banche popolari, del-le Fondazioni e del sistema del Credito Cooperativo. Cruciale perché queste importanti rifor-me rappresentano ad un tempo un’opportunità ed un rischio. Ci troviamo però in una fase nella quale il sistema bancario ve-neto mostra segnali di debo-lezza: la componente rischio, pertanto, assume dimensioni rilevanti e richiede uno sforzo di gestione ed intervento del mondo politico, finanziario e bancario per evitare di uscirne con le ossa rotte.si spieghi meglio.I casi della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca e i numerosi commissariamenti che hanno interessato le BCC venete – ben cinque istituti su un totale di 16 – negli ultimi due anni, rendono evidente come un ripensamen-to del modello fosse, ormai, in-dispensabile. La vicinanza del-la banca al proprio territorio è un valore importante che va preservato. Purtroppo in alcuni casi la stessa vicinanza è sta-ta male interpretata, finendo

col favorire interessi non sem-pre coincidenti con quelli della banca, dei soci e del tessuto sociale e imprenditoriale lo-cale. In questo senso, un tratto comune che mi sembra di po-ter scorgere nell’attribuzione delle funzioni di vigilanza alla BCE per le banche maggiori, da un lato, e la costituzione di un sistema “federato” del-le BCC così come congegnato nel progetto di autoriforma, dall’altro, è la volontà di avere un controllo decentrato, meno

soggetto a condizionamenti ambientali. Il che, di per sé, mi sembra positivo.Quali sono però i rischi? Se giocata male, la partita del Risiko bancario che si sta gio-cando potrebbe chiudersi con il venir meno della centralità di Verona nel panorama finanzia-rio nazionale. Personalmente mi auguro che Fondazione Ca-riverona, amministrazioni loca-li e mondo dell’impresa vero-nese sappiano trovare il modo di fare sistema.

Avv. Nicolò Manzini

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la nuova generazIone dI apIndustrIaCambio dei vertici all’interno del Gruppo Giovani di Apindu-stria Verona: archiviata l’era di Alessandro Ferrari, il neo elet-to presidente è Daniele Maccari, 30 anni, perito industriale a capo dell’impresa di famiglia OMI BERALDO Srl. Per il pros-simo triennio sarà Maccari a guidare gli under40 dell’asso-ciazione che riunisce i rappresentanti della piccola e media impresa scaligera. Noi l'abbiamo intervistato.

di Camilla Pisani

In quale direzione si svilup-peranno i temi di apindustria giovani nel prossimo triennio?

Sarà fondamentale la colla-borazione con il mondo delle scuole e della formazione per cercare di far crescere i possi-bili collaboratori validi e pre-parati da inserire nelle nostre aziende o, perché no, maga-ri anche nuovi imprenditori. Spesso come categoria ci la-mentiamo della bassa prepa-razione di chi viene a lavorare da noi, è il momento di lanciare proposte concrete per miglio-rare il sistema. Altrettanto im-portante è lo sviluppo di net-work e business fra le aziende associate ad Apindustria, con eventi dedicati. Cerchiamo clienti e fornitori a chilometri di distanza quando potremmo scoprire di avere un “vicino di casa” come possibile partner. Punteremo anche a favorire il dialogo con altre associazioni territoriali di giovani imprendi-tori, confrontando le esperien-ze fatte per condividere idee e progetti che possano portare alla nascita di nuove importan-ti iniziative.I rapporti con enti e istituzioni vanno rinforzati (o intrapresi) perché anche l’imprenditoria “giovane” possa incidere sullo sviluppo del territorio?Assolutamente sì, andranno

intrapresi, curati e rafforzati. Molto spesso sentiamo parla-re di voglia di cambiamento o ringiovanimento degli enti che gestiscono e sviluppano il ter-ritorio veronese: credo che, per dare il via a questo processo, serva la presenza di noi giova-ni imprenditori ai tavoli di di-scussione più importanti, dove contribuire con le nostre idee, iniziative e proposte arricchite dello spirito giovane e futuristi-co che ci caratterizza.Quali sono le attività che avete in programma come associa-zione giovani? Daremo seguito alle attività già avviate e consolidate, come ad esempio il Premio Verona giovani che si terrà a febbraio 2016, evento nato per premiare chi ha saputo distinguersi nel-la propria professione valoriz-zando l’immagine dell’impren-

ditoria veronese e l’iniziativa l’imprenditore ci racconta, una serie di eventi organizzati allo scopo di agevolare lo scam-bio di idee ed esperienze da imprenditore ad imprenditore. Proprio pochi giorni fa, siamo stati all’ultimo incontro presso Hinowa spa.tra amministrative e cambio dei vertici nei cda più impor-tanti del panorama istituziona-le veronese, la città ha davanti un anno di incognite. dal vo-stro punto di vista, dovremmo aspettarci effetti di qualche tipo sul mondo imprenditoriale? Sicuramente ci aspetta un anno con molte novità e pun-ti interrogativi nel panorama finanziario territoriale. Banco, Cattolica e Fondazione Cari-verona sono tre istituzioni di grande rilevanza e sarà pro-prio il futuro di queste realtà a determinare ripercussioni, speriamo positive, sul piano dell’imprenditoria e dello svi-luppo economico e sociale del territorio veronese.un recente studio di Fondazio-ne nord est evidenzia come il digital manifacturing sia de-terminante per il futuro delle imprese (+70% di produttività per le aziende che fanno inno-vazione), è d’accordo? Qual è il collante che ancora manca tra azienda e tecnologia?

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INTERVISTA

Daniele Maccari

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risultare interessanti sul mer-cato internazionale, aziende, tecnologia e innovazione do-vranno viaggiare in parallelo. Gli imprenditori non dovran-no accontentarsi ma cercare di migliorare e investire nella ricerca per rendere la propria attività sempre più appetibile.che altro portano in dote le imprese del territorio per po-ter agganciare la ripresa e come la “visione giovane” di questa imprenditoria può in-fluire? La voglia di non arrendersi da-

vanti a nessuna difficoltà o im-previsto e la determinazione di continuare a credere nella propria azienda e nel proprio progetto, non lasciandosi in-timorire da una situazione economica e politica confusa. Questa virtù è scritta nel no-stro DNA e, sommata alla vi-sione sognatrice di noi giova-ni imprenditori, nonostante le incertezze riusciremo sicura-mente a portare un importan-te contributo non solo alla cre-scita delle nostre aziende ma anche del territorio veronese.

Il Digital Manufacturing è un tema di notevole importanza, proprio qualche settimana fa allo SMAU di Milano è stata lanciata una provocazione in-dicando il digitale come mo-tore di una Terza Rivoluzione Industriale. E, in effetti, se pen-siamo a quanto si sono ridotti i costi o semplificate le gestio-ni di alcune attività azienda-li proprio grazie alle nuove tecnologie, possiamo parlare di enormi cambiamenti. Guar-dando al futuro e ai prossimi anni credo che, se vogliamo

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L'Italia ha vinto la sfida», ne è sicuro il Presidente della Re-pubblica Sergio Mattarella,

perché alla fine, è così. Ci siamo riusciti. In pochi ci avrebbero scommesso, quando a maggio l’Expo ha aperto i battenti, ep-pure, numeri alla mano, i 20 mi-lioni di visitatori auspicati sono arrivati tutti.Expo Milano 2015 è stato un evento straordinario, partito in sordina, ma conclusosi nel mi-glior modo possibile: i dati uf-ficiali parlano di 21,5 milioni di persone ad aver varcato i can-celli, di cui almeno 6,5 prove-nienti dall’estero, e più o meno tutte sono rimaste soddisfatte dalla loro visita al sito espositivo (code a parte).Con orgoglio tutto italiano, vo-gliamo mettere in fila tutte le cifre che hanno fatto di questo grande evento un record: 300 visite istituzionali, la presenza di 60 Capi di Stato o di Gover-no e ventimila impiegati e vo-lontari addetti al sito animato

da 140 Stati partecipanti, dei quali 54 con padiglioni propri oltre 70 nei nove cluster, ma an-che tre organizzazioni interna-zionali.Ma l’Expo ha avuto anche il merito di creare sul territorio italiano una serie di realtà, di relazioni e di opportunità che altrimenti non avrebbero avuto modo di esistere.E anche Verona è stata prota-gonista di questa esperienza importantissima.VeronaExpo infatti è nata pro-prio con l’intenzione di tradurre nel territorio veronese le mille opportunità che l’Esposizione Universale è riuscita a creare. Con i suoi 45 soci, 6 patrocini istituzionali (tra cui quello pre-stigioso di Expo Milano) e molti partner operativi, ma anche 40 giovani veronesi coinvolti col progetto Volontari per Vero-naExpo, oltre 50 pullman partiti dalla nostra città verso Expo Mi-lano, 42 eventi patrocinati a Ve-rona e provincia e più di 2500

tra biglietti/pacchetti viaggio venduti per Milano, l’ATS può dire di essere riuscita nell’inten-to.Per celebrare questo successo incredibile, l’ATS ha festeggia-to la chiusura dei lavori di Expo con una serata di Gala che il 30 ottobre ha regalato a tutti i soci e gli amici di VeronaExpo un momento di grande festa. Tra le note frizzanti della Jazz Set Or-chestra che ha reso l'atmosfera indimenticabile, c'è stato an-che modo, grazie all'intervento dell'amministratore delegato di Infoval Vincenzo Scotti, di con-frontarsi con il nuovo progetto di network territoriale perma-nente nel quale l'ATS ha scelto di evolvere.Nella splendida cornice di Corte San Felice, è stato anche conse-gnato il premio VeronaExpo a Veronafiere, per il suo impegno durante l’Esposizione Universa-le, che ha fatto del padiglione Vino – a taste of italy uno dei più apprezzati. Come testimo-

E x P O , C O M ' è F I N I TAScatoloni, transenne e cancelli chiusi. I giorni dell'Esposizione sono volati via veloci. Fini-te le ore di attesa, dimenticate le serpentine davanti agli ingressi dei padiglioni imperdi-bili; non è vero che c'è sempre nostalgia quando finisce qualcosa. C'è quando quello che giunge al termine ha lasciato il segno.

di Miryam Scandola

VER NAN E T W O R K

«

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Tutti i numeri di un successo anche veronese

nia, tra l'altro, il riconoscimento che l'Ente fieristico scaligero ha ritirato nei medesimi giorni anche all'Expo di Milano. «Con il Padiglione del Vino abbiamo mostrato al mondo la forza di questo settore, fatta di passione, storia e di una fortissima spin-ta all'innovazione», con queste parole il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina ha conferma-to la piena riuscita della presen-za di Veronafiere all'Esposizio-ne Universale. Expo, come ha ricordato il direttore generale dell'ente Giovanni Mantovani, «prima di tutto, è stato un gran-de risultato per la Fiera di Vero-na e in particolare per Vinitaly, ma non solo: anche per tutte le manifestazioni che organiz-ziamo a Verona. Oltre 2 milioni di visitatori in 6 mesi vuol dire aver aperto nuove interessanti relazioni internazionali che sa-ranno a servizio di Verona, di

Vinitaly e di tutte la manifesta-zioni in città, e credo anche che abbiano affermato il ruolo della nostra fiera e della nostra città soprattutto nel settore agroali-mentare, la cui visibilità è anda-ta oltre quello che avevamo rag-giunto». Oltre alla consegna del premio VeronaExpo, la serata ha visto la premiazione di tutti i soci e dei volontari, che negli ultimi mesi hanno unito le for-ze per fare dell’ATS VeronaExpo

un’esperienza di successo.E gli sforzi fatti finora non an-dranno dispersi con la fine di Expo: l’ATS difatti sta moltipli-cando le energie per evolvere in un network permanente e trasversale, che sappia offrire occasioni di sinergia in un'ottica di piena valorizzazione del terri-torio. Perché nella nuova narra-zione di una Milano che riesce, di un'Italia che non rinuncia, c'è posto anche per la nostra città.

VeronaExpo premia Veronafiereda sinistra: Scolari, Beghini, Rossini, Bruno e Scotti

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Dall’impegno sul territorio con la Carta di Verona, al coinvolgimento di istituzioni, aziende e cittadini all’interno di un network territoriale permanente per accrescere relazioni, siner-gie e opportunità commerciali.

V E R O N A E x P O N E T w O R kL’ E R E D I Tà V E R O N E S E D E L L’ E S P O S I Z I O N E U N I V E R S A L E di Miryam Scandola

VER NAN E T W O R K

L’Esposizione Universale 2015 è terminata. La sua eredità rimane e si farà

sentire a lungo, anche a livello locale. Proprio grazie ad Expo Milano 2015, in molte città vi-cine al capoluogo lombardo, come Como, Bergamo, Brescia, Mantova, sono nate negli ultimi tre anni delle reti territoriali at-tive che hanno prodotto risul-tati concreti e significativi sul territorio. Anche la nostra Ve-rona ha cercato più di un anno fa di organizzarsi e di farsi trovare pronta, o comunque ri-cettiva, nei confronti di questo grande evento internazionale con la nascita dell’Associazio-ne Temporanea di Scopo Vero-naExpo.E così come è successo negli al-tri capoluoghi e nelle altre città d’Italia, pure a Verona, utiliz-zando una similitudine, si sono generate quelle onde concen-triche di energia e movimento che si propagano verso l’ester-no come quando gettiamo un grande sasso (l’Expo, ndr) in uno stagno fermo. L’esperien-za eterogenea di 45 soci che si sono uniti un anno fa nell’as-sociazione VeronaExpo ricor-da proprio questa immagine. Molte realtà, molte associa-zioni, molte aziende, pur non avendo chiaro alla vigilia cosa fosse l’Expo e quali reali effetti avrebbe avuto a livello locale, si sono mosse, si sono attivate, alimentando e rimpolpando i palinsesti di appuntamenti, di serate, di incontri, inaugurando canali di comunicazione nuo-vi, creando relazioni, sinergie,

scambi e condivisioni. L’Expo di Milano ha davvero rimesso in moto le menti e l’entusiasmo della gente.E sull’onda di questo entusia-smo sarebbe stato un peccato lasciar decadere un patrimonio umano e, appunto, di relazioni, messo in piedi per l’occasione. Ecco, quindi, l’idea del network permanente, di una struttura che nasce dall’esperienza ap-pena conclusa e che è in grado di alimentare costantemente una rete di contatti istituzio-nali e aziendali coinvolgendo e rendendo partecipe tutto il tessuto economico e sociale,

quindi i cittadini, in un percor-so di crescita territoriale.L’impegno preso a Milano da VeronaExpo con la Carta di Verona si sta già traducendo con serate di approfondimento su alcuni temi cardine del pre-sente e del futuro. Già realizza-ti incontri sull’agroalimentare con l’On. Paolo De Castro, sulla finanza con il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti e sulla sicurezza con il prossimo appuntamento del 26 novem-bre in Cantina Valpantena. VeronaExpo Network è già una realtà, e già questa è una bella eredità lasciata da Expo.

30 ottobre, presentazione VeronaExpo Network presso Corte San Felice

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Valpantena più sicuraPER IL FUTURO DEI NOSTRI FIGLI

GIOVEDI 26 NOVEMBRE

i nostri bambini guardano la nostra vallata... per loro è il posto

più bello e sicuro del mondo, sono felici e devono continuare

ad esserlo!!! Spetta a noi fare in modo sia veramente cosi!!!

SALUTI ISTITUZIONALI

Colonnello Pietro OrestaComandante Provincialedell’Arma dei Carabinieri

Roberto De Razza PlanelliComandante stazione Carabinieri di Grezzana

Andrea Massimo CavestroFondatore Gruppo“Valpantena più Sicura!!!”CANTINA VALPANTENA

ORE20.30

PRESSO

INTERVENGONO

Matteo ScolariDirettore Rivista Pantheon

Simone BellamoliPortavoce Gruppo“Valpantena più Sicura!!!”

Paolo GarraSindaco di Cerro Veronese

Avv. Francesca MilazzoAvv. Filippo Vicentini

Flavio TosiSindaco di Verona

MODERATORE della serata

Via Colonia Orfani di Guerra, 5, 37142 Quinto VR

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@matteobellamoli

verso la sostenIbIlItàIntensIvaSembra un paradosso eppure potrebbe essere l’unica via per garantire una produzione alimentare sufficiente a sod-disfare la domanda in rapida crescita senza appesantire ulteriormente un ambiente già asfissiato. Ne abbiamo par-lato con Paolo De Castro, Europarlamentare in Commissio-ne Agricoltura e Sviluppo alla presentazione del suo ultimo saggio cibo. la sfida globale.

di Matteo Bellamoli

Sei mesi in cui l’agricoltura è stata al centro del dibat-tito mondiale insieme alla

sostenibilità e all’alimentazio-ne. La domanda che ora tutti si pongono è: come dare continu-ità ai messaggi di Expo Milano 2015 sulla strada di una cresci-ta agroalimentare bilanciata e coerente con il fabbisogno del mondo. Un’impresa se pensia-mo alla stretta attualità, con l’UE e gli USA che ancora non riescono a trovare l’accordo de-finitivo sul TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partner-ship, ndr) che secondo alcu-

ni farà fare un salto di qualità all’economia europea su scala mondiale, mentre oltre duecen-tomila persone hanno sfilato sotto la Porta di Brandeburgo per chiedere la sospensione delle trattative. Questo stori-co accordo (dovrebbe essere chiuso nei primi mesi del 2016, ndr) renderà molto più facili gli scambi economici tra Europa e Stati Uniti. A livello alimentare e agricolo si insegue la strada del livellamento normativo sia per quanto riguarda la produ-zione, sia per quanto riguarda, ad esempio, i controlli di qualità prima e durante la coltivazione.A preoccupare una buona par-te della popolazione è il fatto che questo accordo potrebbe innalzare ulteriormente il nostro sfruttamento del suolo, già ec-cessivamente alto.Si inserisce in questo dibattito anche l’ultimo saggio di Paolo De Castro cibo. la sfida globa-le. Abbiamo incontrato l’Euro-

parlamentare italiano in Com-missione Agricoltura e Sviluppo alla presentazione del suo ulti-mo lavoro a Villa Ca’ Vendri, lo scorso 22 ottobre. Un saggio chiave per interpretare le dina-miche di sviluppo del comparto agricolo e alimentare nel dopo Expo.on. de castro, l’idea di scrivere questo saggio nasce prima o dopo expo?Prima. Nasce nel 2011 quando scrissi “Corsa alla terra”. Tut-to parte dal sorpasso, all’inizio degli anni Duemila, del tasso di crescita della domanda sull’of-ferta. Questo enorme cambia-mento ha generato a cascata una serie di scompensi ai quali non eravamo preparati. La pro-duzione agricola per decenni ha superato la domanda, ge-nerando eccedenze e surplus, oggi succede il contrario.abbiamo modo di invertire questa tendenza?Provocatoriamente dovremmo puntare all’intesivizzazione del-la sostenibilità. Siamo abituati a parlare di agricoltura inten-siva, mentre dovremmo, invece, lavorare per trasformare le col-tivazioni e le produzioni soste-nibili in uno standard diffuso a livello planetario.per la prima volta, ad expo mi-lano 2015, all’interno dei cluster abbiamo visto paesi in via di sviluppo presentare le loro ti-picità agricole come una risor-sa. tipicità sulle quali basano i

AGROALIMENTARE & ALIMENTAZIONE

L’impronta sostenibiledel Mediterraneo

26 ottobre 2015. Barcellona. la global footprint network lan-cia un altro allarme: nessuno dei 24 Paesi dell’area mediter-ranea raggiunge gli obiettivi minimi per una crescita so-stenibile. lo sfruttamento del-le risorse della terra è troppo alto. l’italia è la pecora nera del gruppo: sfruttiamo troppo rispetto a quello di cui dispo-niamo. roma richiede un terzo delle risorse naturali rinnova-bili dell’italia, pur con una po-polazione che raggiunge solo il 7% della popolazione nazio-nale. la ragione è anche nelle abitudini alimentari e nel gra-duale abbandono della nostra dieta mediterranea in favore di abitudini alimentari diffuse anche nel resto del mondo. Per quanto tempo potremo conti-nuare a questo regime?

[email protected]

INTERVISTA

On. Paolo De Castro

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propri orizzonti di crescita per il futuro. ce la potranno fare da soli?Alla luce di questa crescita esponenziale della domanda, il mercato non mancherà nem-meno per questi Paesi. Poi però bisogna fare in modo che la produzione giunga nei luoghi in cui può essere valorizzata, dove i prezzi possono pagare gli

agricoltori che hanno prodotto i beni. Il mondo è complicato, chiede più cibo ma a prezzi che i consumatori e il territorio sono in grado di pagare. Quindi un conto è il riconoscimento della qualità, altra cosa è la capacità di esportare.Quindi saranno i piccoli a dover fare i grandi, o i grandi a dover fare i piccoli?

Non è un fatto di dimensione. Si rischia di tradurre piccolo con bene e grande con male. Ci sono strutture produttive pic-colissime in grado di generare reddito. Pensiamo alle mele in Trentino, ad esempio. La capa-cità di successo è insita nella capacità organizzativa. Da qui dipende il successo o meno di un prodotto.on. de castro, un’ultima do-manda. Quale sarà l’eredità agricola di expo...L’Esposizione Universale ha accresciuto la consapevolezza diffusa, tra i cittadini, di questi temi che fino a qualche mese fa sembravano troppo difficili, riservati a studiosi ed esperti in materia. Conoscere questi squilibri è fondamentale per cercare di superarli. Dietro a questi scompensi spesso ci sono guerre guidate dalla man-canza di prodotti alimentari o dall’impennata dei prezzi. La conoscenza potrà generare del-le soluzioni.

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eXpo Premiata la scuola primaria di S. Maria in Stelle

avanti da anni con le colleghe e gli alunni della “Caliari”.«La scuola “Caliari”, che fa parte dell’Istituto Comprensivo Valpantena, - spiega la Dirigen-te Scolastica Nicoletta Morbio-li - da sempre propone attività per sensibilizzare gli alunni su specifiche tematiche della so-stenibilità ambientale, sociale ed economica. Gli alunni, infat-ti, seguendo i suggerimenti del calendario e dei nonni, hanno coltivato verdure e piantine nel loro orto scolastico, assapo-rando poi i prodotti raccolti. Si sono impegnati a diminuire lo spreco di acqua e di cibo du-rante la mensa scolastica, ol-tre a riflettere sull’importanza dell’acqua come bene comune.

L’intera scuola ha aderito inol-tre al progetto EASE, promosso dal Comune di Verona per una scuola ecologica e sostenibile, e al progetto nazionale “Frut-ta nelle scuole”, il programma europeo finalizzato ad aumen-tare il consumo di frutta e ver-dura da parte dei bambini e ad attuare iniziative che suppor-tino più corrette abitudini ali-mentari e una nutrizione mag-giormente equilibrata proprio nella fase in cui si formano le loro abitudini alimentari». Per-corsi particolarmente preziosi, se si pensa che per la maggior parte degli alunni la scoperta delle corrette abitudini a tavo-la inizia proprio tra i banchi di scuola.

Con questo slogan, e una foto che fa sorridere e insieme riflettere, la scuola primaria “Caliari” di S. Maria in Stelle è stata premiata ad Expo nell’ambito del concorso nazionale “Cibo per tutti, è compito nostro”, promosso da Caritas e MIUR.

“ P R E N D I A M O C I C U R A D E L M O N D OM A N G I A M O S A N O , E N O N S P R E C H I A M O ! ” di Francesca Mauli

Andare a scuola significa cono-scere e impa-

rare, non solo l’italia-no, la matematica, le lingue straniere, ma anche a svilup-pare un senso civi-co e critico che farà dei bambini di oggi gli adulti di domani. Sull’onda di Expo, in molti istituti italiani si è iniziato a par-lare anche di cibo, di buona alimenta-zione e di lotta allo spreco, spingendo bambini e ragazzi a riflettere sul si-gnificato di questi concetti e sulla loro importanza. Su queste temati-che hanno lavorato anche gli alunni della scuo-la primaria “Pietro Caliari” di Santa Maria in Stelle, vincitori della sezione “sprechi alimen-tari” del concorso fotografi-co nazionale “Cibo per tutti, è compito nostro”, indetto dal Ministero per l’Istruzione, l’U-niversità e la Ricerca (Miur) e da Caritas Italiana con l’obiet-tivo di promuovere consape-volezza e impegno educativo sugli squilibri del pianeta. La fotografia vincitrice, premia-ta lo scorso 17 ottobre a Expo in occasione della “Giornata internazionale contro la po-vertà”, è una delle tappe del percorso interdisciplinare che le insegnanti Daniela Pellegrini e Nadia Neri stanno portando

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disposizione dei cittadini: il pa-tronato ACLI, in particolare, for-nisce informazione, consulenza e tutela in merito a questioni previdenziali ed assistenziali a livello nazionale ed internazio-nale, malattie professionali ed infortuni sul lavoro, invalidità civili e trattamenti di famiglia, assistenza socio-sanitaria, tute-la lavoro, rinnovo e rilascio del permesso di soggiorno, cittadi-nanze e ricongiungimenti fami-liari. Alle ACLI ci si può quindi rivolgere per problemi relati-vi a pensioni, assegni sociali e di mantenimento, permessi di soggiorno o richieste di citta-dinanza, ricorsi e contenziosi legali, ma anche per avere assi-stenza alla compilazione e alla gestione delle pratiche per l’as-sunzione e gestione completa del contratto Colf ed assistenti familiari. Oltre a tutti i servizi già messi a servizio dei citta-dini, ACLI Verona si è fatta pro-motrice anche di un altro im-

portante progetto: “Sprigiona Lavoro”, iniziativa ideata dalla storica associazione di volon-tariato scaligera la fraternità che, ormai da decenni, si occu-pa del mondo della giustizia. “Sprigiona Lavoro” si occupa di raccogliere in un database le competenze lavorative dei detenuti del carcere di Monto-rio vicini alla scarcerazione. Il database in questione è con-sultabile dalle aziende e dalle imprese del territorio, che pos-sono così scegliere le persone più adatte da assumere nel pro-prio organico.Il progetto mira all’inserimen-to lavorativo dei detenuti che vivono la delicata fase di pas-saggio tra la conclusione del-la pena detentiva e il ritorno in società, per fare il possibile perché chi ha avuto guai con la legge non ci ricaschi, ma eviti invece ogni recidiva e aderisca ai valori del rispetto degli altri e delle norme.

Con l’apertura del nuovo circolo, ACLI Verona fa un altro passo in avanti verso la cittadi-nanza: il Circolo ACLI Nord-Est metterà a disposizione i suoi molti servizi per tutta la zona della 6^, 7^ e 8^ circoscrizione, San Martino Buon Albergo e Lessinia.

L A M I S S I O N E : E S S E R E A N C O R AP I ù V I C I N I A I C I T TA D I N I di Chiara Boni

Con oltre un milione di iscritti, circa 3 milioni di italiani che usufruiscono

dei servizi, attraverso le oltre 7800 strutture territoriali, tra cui 3.500 circoli, 106 sedi pro-vinciali e 21 regionali, le ACLI, Associazioni Cristiani Lavora-tori Italiani, da sempre sono sul territorio per promuovere opere al servizio della socie-tà, o meglio di «una società in cui ognuno avrà il suo posto e la sua dignità». Sono a Verona da oltre mezzo secolo, ma il loro impegno non si ferma: è infatti da poco stato costituito il Cir-colo ACLI Nord-Est, con sede in Piazza Frugose 4. Il nuovo cir-colo, che prende l’avvio grazie alla Federazione Anziani e Pen-sionati di Verona e il Patronato ACLI di Verona, sarà un punto di riferimento per la zona della 6^, 7^ e 8^ circoscrizione, San Martino Buon Albergo e tutta la Lessinia. Tantissimi i servizi che questo neonato circolo mette a

aclI Apre il Circolo Nord-Est

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«dIetro un grande uomo?c'è una donna stupeFatta››Lella Costa, attrice e scrittrice, è intervenuta il 19 ottobre scorso all'incontro “Libertà, regole e trasgressioni” con l'ex magistrato e giudice della Cassazione, Gherardo Colombo. Il loro dibattito, che ha animato con seria ironia il Palazzo della Gran Guardia, si è inserito in uno di quei momenti “amati e richiesti” di riflessione dei quali si fanno da tempo promotori l'associazione Prospettiva Famiglia e la rete di scuole “Scuo-la e Territorio: Educare insieme”. Noi l'abbiamo intervistata.

di Miryam Scandola

Lunga gonna verde e oc-chi intensi. Lei, ti amma-lia subito. «Quella sorta di

molteplicità che ha finito per caratterizzare la mia vita» è, forse, l'ingrediente che rende Lella Costa, immediatamente, irresistibile.Femminista, ma senza scomo-dare gli stereotipi. Scrittrice (che bello essere noi per Piem-me, è la sua ultima fatica, ndr) solo perché «scrivere romanzi significa prendersi cura degli altri». Ma anche icona del tea-tro civile, capace negli anni di sensibilizzare uomini e donne rispetto alla figura femminile nel mondo contemporaneo.L'ironia per lei, come per Ro-main Gary, è una dichiarazione di dignità. «È un modo più lieve e quindi più facile per comuni-care le cose importanti». Per questo lei la usa così, da mae-stra, anche nei temi grandi. Ambasciatrice a Expo Milano e appassionata del piatto im-prescindibile di ogni tavola in-vernale, ha scritto Minestrina (Slow Food) perché «avere un po’ di senso buono del bene comune può passare anche attraverso cose semplici come la minestrina». Difende le tra-sgressioni, quelle «fatte contro le regole sbagliate», e poi cita l'Antigone per dire che ci sono

obblighi che hanno a che fare con qualcosa di più profondo e che sono in vigore «non da ieri, non da oggi e nessuno sa dove abbiano attinto il loro splendo-re». Noi l'abbiamo intervistata per capire se queste due paro-le, donne e diritto, stiano dav-vero sulla stessa riga anche nella vita. cos'è per lei la libertà?Dovremmo stare qui a parlar-ne fino a dicembre. Per definir-la non basta un mese e nean-che una vita. Credo che sia uno di quei beni comuni che non possano esistere se non sono comuni. È come per il discor-so della felicità, funziona se è condivisa. le regole sono limite o soglia?Le regole sono la fonte delle nostre possibilità. Ma devono essere poche, molto chiare e

non negoziabili. Poche cer-tezze e un numero preciso di diritti che non possono esse-re ridiscussi in continuazione; questa è la ricetta. E poi conta l'esempio. Trasmettiamo attra-verso quello che facciamo. E, alla fine, anche se si insegna l'ipocrisia vince il comporta-mento.con lei, paladina non scontata, non possiamo che parlare di donne. come siamo messi con la questione femminile?Credo che le pari opportunità non abbiano a che fare solo con il maschile o con il fem-minile, ma con qualcosa di più profondo. C'è la diffusa e dolorosa opinione per la qua-le le questioni rosa debbano per forza riguardare solo le donne. Non è vero, è una que-stione che c'entra con l'uma-nità. Vuol dire battersi per un mondo migliore per tutti, non solo per le donne. Non riesco a capire come maggiori dirit-ti possano ledere qualcuno. Il maschile nella società vive, da anni, di una rendita di po-sizione. Mentre, per noi, ogni conquista va contrattata. Noi stesse, bisogna riconoscerlo, abbiamo interiorizzato queste regole dissennate con ingiusta quiescenza.Credo che il punto di vista

INTRAPRENDENZA fEMMINILE

[email protected]

@miryamscandola

INTERVISTA

lella costa

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femminile sia il contributo indi-spensabile di cui il Pianeta non può fare a meno in questo mo-mento. Il 70 per cento del pub-blico dei teatri stabili è donna, per non parlare della schiac-ciante vittoria delle lettrici sui lettori; sono dati che qualcosa dicono. Quello che mi sembra estenuante nella sua stupidità è che questi talenti non venga-no mai valorizzati.la Fallaci nel suo Sesso Inutile diceva che non abbiamo pos-sibilità di essere veramente felici, noi donne. Forse, perché non possiamo esistere senza appartenere ad un ruolo pre-definito...Perché le donne non possono

avere tutto, mi chiede? Per-ché nessun essere umano può avere tutto. La donna ne sof-fre perchè è sempre rimasta dietro l'uomo. Quello è il luo-go dove la storia l'ha relegata. Non poteva esprimersi, non poteva produrre arte, non par-liamo poi di ricoprire ruoli di comando o di potere. Poi dopo i primi successi, si è iniziato a riconoscere che dietro ad un grande uomo c’è sempre una grande donna. Oggi si potreb-be affermare che dietro ad un grande uomo c’è sempre una donna stupefatta. Stupefatta anche solo perché la socie-tà ha scambiato il suo per un grand’uomo.

«Noi non siamo ugua-li, ma dobbiamo avere possibilità uguali».

tra mancate assunzioni, carriere ferme e ricatti sul-le gravidanze, l'ue, con una recente indagine, ha sot-tolineato un altro aspetto nella questione di genere nel mondo del lavoro: gli sti-pendi. a parità di incarichi e ruoli, le lavoratrici femmine fanno esattamente 59 giorni gratis. fa effetto "contarla" così la differenza, ossia quel 16,3% che nella media euro-pea separa i guadagni ma-schili da quelli femminili.

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le cave della lessInIasI trasFormanoAlla ricerca del recupero e della salvaguardia del nostro ter-ritorio ci hanno pensato in tanti ma a crearne un progetto degno di ricevere ben due premi, quello indetto da Marmo-macc e quello di “Vivi la Valpolicella”, ci ha pensato lui, Fran-cesco Zardini, giovane architetto veronese che ha saputo guardare oltre delle semplici cave.

di Giorgia Castagna

Se quelle che fino a poco tempo fa vedevamo es-sere solo delle inutili cave

dismesse prendessero forma per diventare una fantastica attrazione turistica, tutto cam-bierebbe. Ad immaginarselo per primo ci ha pensato Fran-cesco che su questa idea ha realizzato la sua tesi di laurea “I paesaggi della Valpolicella e della Lessinia. Fondamen-ti teorici e ipotesi progettuali per i paesaggi dello scarto”. Lo sfruttamento delle risorse naturali è da sempre una tra le cause principali della modifica del paesaggio sia in Valpolicel-la che in Lessinia dove il nostro territorio è sottoposto ad uno sfruttamento, talvolta quasi in-controllato, sia di risorse natu-rali sia di superficie. Su questa idea Francesco ha srotolato il suo progetto per «ridare un senso a questi luoghi scartati creando un fil rouge che de-scriva un percorso di esperien-za del paesaggio».a quali paesaggi ha pensato?Su quella che amo definire la promenade paysagère (pas-seggiata del paesaggio, ndr) si localizzano terrazzamenti, forti, contrade e cave. Ho così immaginato di proporre due diversi processi di riciclo del paesaggio: da una parte i ter-razzamenti con un computo del patrimonio esistente e la proposta di piccole azioni di

rivitalizzazione e dall’altra il riciclo di una cava in via di di-smissione.ci parli del progetto di riva-lutazione della cava “loffa” di sant’anna d’alfaedo.La cava oggetto del riciclo è composta di sei lotti diversi la cui estensione totale è di 40700 m2 da cui viene estratta la famosa Pietra di Prun. Essa, da sistema chiuso e inaccessi-bile dovrà diventare un dispo-sitivo aperto ed ospitale e da realtà rifiutata e inquinata si trasformerà in un luogo recla-mato e riciclato.In che modo?Alla fine del processo di scavo il volume estratto totale sarà di 222500 m3 ma, tenendo conto che su 100% di pietra estrat-ta circa il 30-40% è scarto, e questo, una volta movimenta-to aumenta il proprio volume del 70%, avremo un volume di scarti totale pari a 113475 m3. Il progetto, basandosi su di

una forte idea di sostenibilità, si propone di riutilizzare tutti questi scarti all’interno dell’a-rea di progetto, la cava stessa, evitando così che debbano es-sere trasportati in discariche apposite da camion che an-drebbero a congestionare il si-stema di traffico della Lessinia e della Valpolicella.e l’interno come è stato pensato?Lì si andrà a generare un volu-me plastico che, per triangola-zioni e allineamenti, colonizza i fronti di cava generando così una nuova morfologia, un pae-saggio costruito sulle rovine di quello precedente. Gli scarti si comporranno in enormi dune che garantiranno la percorri-bilità e la sicurezza del sito. Il nuovo processo di escavazio-ne in itinere permetterà il rici-clo dello spazio scavato e dei materiali scartati. I macchinari già presenti in loco permette-ranno la frantumazione delle pietre secondo diverse granu-lometrie che garantiranno la stabilità dei nuovi terrapieni. Alla fine del processo estratti-vo anche la fabbrica a servizio della cava, che si trova al suo interno, come scarto del pro-cesso produttivo, sarà riciclata e rivitalizzata per ospitare fun-zioni a servizio della fruizione del paesaggio. La fabbrica di-venterà una scatola per vedere il paesaggio, un cannocchiale in posizione privilegiata.

IL PERSONAGGIO

[email protected]

@castagiorgia

INTERVISTA

architettofrancesco

Zardini

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come sarà garantita la fruibili-tà della cava?Semplice, da una rampa, una nuova struttura effimera che andrà ad attraversare l’edificio, che da una quota di +6 m ri-spetto il piano di cava, scende-

rà fino al piazzale permetten-do un’esperienza di paesaggio unica e privilegiata. Come alla scala del paesaggio, la ram-pa si srotola come un nastro, diventando una promenade architecturale, una struttu-ra che indirizza e scandisce il movimento e lo sguardo verso l’esterno; tale rampa sarà re-alizzata in acciaio Corten rici-clato di derivazione industriale e navale. Le altre funzioni, in-vece, saranno contenute all’in-terno di un “muro spesso” che si compone come una scatola nella scatola. Per esaltare an-cora di più il materiale, e mi riferisco alla Pietra di Prun ho poi pensato di inserire gli scar-ti in gabbioni di rete metalli-ca per costituire una seconda pelle per l’edificio, per esaltare ancora di più la condizione di paesaggio reclamato.

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Il verona FablabraddoppIa e apre In centro Lo scorso 22 ottobre, l'associazione nata in Valpantena ha inaugurato la sua seconda sede negli spazi di un'altra realtà scaligera estremamente innovativa, Lino’s Type. Per Verona FabLab un bis quasi obbligato dal successo delle adesioni e dai tanti progetti in cantiere.

di Mattia Zuanni

Vicolo Valle numero 9. Segnatevi su un pezzo di carta questo indiriz-

zo. Ora inseritelo sulle mappe del vostro smartphone. Fatto? Bene, ora sapete che a cin-quanta metri dal Teatro Ristori e a poco più di cinque minuti da piazza Bra è stata aperta la seconda sede dell’Associa-zione Verona FabLab. Una no-vità importante per i makers veronesi che ora potranno usufruire di un nuovo spazio proprio in centro città. Tra corsi, workshop e lavorazioni si cerca di affrontare sempre le aree di interesse dei po-tenziali partecipanti: questo è l'atteggiamento vincente dell'associazione originaria di Grezzana. Formula tanto sem-plice, quanto assolutamente efficace come testimonia il numero sempre in crescita degli associati. Durante l’inau-gurazione dello scorso otto-bre, abbiamo scambiato qual-che battuta con il presidente dell’associazione, Riccardo Bertagnoli.la prima domanda è abba-stanza scontata, questa nuo-va sede è stata aperta per ne-cessità o per…Più che necessità, direi per richiesta dei nostri associati. Siamo ormai quasi a quota 400 (in un anno e mezzo di vita, ndr) e una buona parte di questi sono residenti nella provincia di Verona. Grezzana

è comoda, ma non comodissi-ma. Abbiamo fatto un sondag-gio all’open day dello scorso settembre chiedendo ai par-tecipanti dove avrebbero pre-ferito frequentare i workshop, le serate e i corsi dando loro tre opzioni: Grezzana, Verona o entrambe senza distinzione. I risultati sono stati abbastan-za equivalenti; poco più della metà ha dichiarato che pote-vano andare bene entrambi, la restante percentuale ha chiesto di farli a Verona».Quindi vi siete adoperati di conseguenza..Sì, avevamo già preso con-tatto con la realtà di Lino’s Type e quando abbiamo visto che c’era tutta questa richie-sta, sono stati i primi con cui abbiamo parlato per questo possibile trasferimento. Con Matteo, Tommaso, Nicola, Ste-fano e tutti gli altri, «parliamo la stessa lingua» in termini di cooperazione; una collabora-

zione che porterà sicuramen-te beneficio sia a noi come FabLab che alla società Lino’s.parla del trasferimento, a grezzana non è più attiva l’as-sociazione?Grezzana c’è e rimane la sede principale dove poter trovare i macchinari più grandi come la fresa e il taglio laser, oltre

ENERGIA, AMbIENTE & HI TECH

Verona FabLabÈ un luogo di incontro per aziende, scuole e privati; un’officina aperta dove far nascere progetti innovati-vi e nuove professionalità. all’interno dell’associazione puoi: seguire corsi, serate gratuite o altri eventi, utiliz-zare i macchinari presenti nel laboratorio per le tue lavorazioni, richiedere una lavorazione con stampa 3D, taglio laser, fresa cnc, sartoria e molto altro!

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LA NUOVA SEDE

la serata di inaugurazione

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al laboratorio di sartoria e ai banchi d’elettronica. Questa sede cittadina è la secon-da dell’associazione. Abbia-mo già avviato dei corsi che si svolgeranno nei prossimi mesi, e il nostro obiettivo è quello di partite in quarta per gennaio 2016.

Quanto è importante per voi avere due sedi? anche perché non credo ci siano molti Fa-blab con più di una sede nella stessa città.La rete dei FabLab si sta sempre più strutturando, so-prattutto a livello regionale; averne due nella stessa città

è sicuramente motivo di or-goglio, ma allo stesso tempo è anche più difficile da gestire. Chiaro che ora siamo all’inizio e dobbiamo un attimo ingra-nare, ma abbiamo già tantis-sime idee in cantiere e non vediamo l’ora di presentarle ai soci e agli appassionati.

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Lino’s TypeÈ un concept store innovati-vo che vende prodotti stam-pati e di design, uno stu-dio di comunicazione attento alla valorizzazione del prodotto tipografico che offre servizi di progetta-zione grafica e marketing. uno spazio in cui poter la-vorare da soli o in team. un laboratorio di stampa tipografica e 3d per speri-mentare, sporcarsi le mani e scoprire cose nuove. uno luogo per eventi, inno-vazione e formazione sem-pre orientati alla creatività e alla diffusione della cultu-ra grafica.Per info:www.linostype.com

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Dopo i corsi di Processing e di Arduino, continua il percorso di programmazione all’interno del Verona FabLab. Nei prossimi mesi verranno aperte le iscrizioni per corsi di Python, Linux e Database.

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Partiamo da una semplice parola: cartotecnica, un termine di uso forse non comune ma che, come vedremo, ha molto a che fare con la nostra quotidianità.Gran parte delle cose che ci circondano derivano dalla lavorazione cartotecnica; basta andare in cucina, fare un salto al supermercato o al centro commerciale, osservare anche distrat-tamente lungo le strada che percorriamo in auto.

Stiamo parlando di quel settore industriale che si dedica all’arte di trasformare carta e cartone in oggetti, contenitori, espositori… in pratica, in tutte quelle confezioni che troviamo nella nostra casa: scatole di pasta, biscotti, con-fezioni di medicinali e cosmetici, confezioni regalo per vino e olio, e chi più ne ha più ne metta.

Novagraf è un’azienda che opera nel settore cartotecnico da oltre quarant’anni, guidata da Rolando Orlandi con costante passione. Ed è proprio questo il sentimento che ha coin-volto anche la sua giovane terzogenita Sara, che assieme al marito Luca ha accolto questa sfida: Sara e Luca, come studio Atelier Orlandi, si sono messi in gioco per creare con rinnovato entusiasmo la Novagraf di domani.

Il team di lavoro è composto da tecnici e creativi che mettono la loro competenza e professio-nalità al servizio della comunicazione: grafica, web, design, video e fotografia, packaging e progetti a tutto tondo, in una efficace coope-razione di idee e contenuti.

“Siamo a fianco delle imprese a 360°, proget-tando sia la comunicazione visiva che sistemi espositivi (display da banco, display da ter-ra, cartelli vetrine, manifesti e poster ecc.) che hanno lo scopo di ottimizzare la visibi-lità del brand sul mercato” ci dice Sara, e prosegue: “Assieme al cliente, tutto il team è chiamato alla realizzazione del progetto. Noi lavoriamo così, ci si mette il cuore e ci si sporca le mani. Atelier non a caso significa laboratorio”.

Ora è Luca a prendere la parola: “Presto renderemo disponibili una serie di nuovi servizi di stampa on-demand di altissima qualità, così da completare la nostra offerta produttiva per soddisfare i vostri bisogni in maniera pratica ma anche creativa. Vi garantiamo supporto grafico, tecnico ed eventuale continuità a progetti già esistenti, per seguire con voi lo sviluppo e la realizzazione di nuove idee”.

“Gli assemblaggi manuali sono eseguiti con precisione e competenza dal nostro staff. Da sempre siamo attenti alle esigenze del cliente, la sua soddisfazione è ciò che più conta per noi” ci spiega Rolando, che nel mentre controlla la qualità dell’ultimo lavoro.

E conclude Sara: “Abbiamo nel cassetto molti progetti che contiamo di realizzare a breve, soprattutto legati alla didattica e al riciclo, temi ai quali siamo particolar-mente sensibili. Veniteci a trovare in azienda, abbiamo ancora tanto da raccontarvi!”.

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• Espositori cartotecnici per punto vendita• Manifesti, poster, flyer, etichette adesive, cataloghi• Packaging per tutti i settori (alimentare, industriale, moda, prodotti artigianali)• Stampa digitale di grande formato, roll up, banner, roter• Immagine coordinata e brand communications

Via N.Copernico, 8 37023 Stallavena (VR)Tel: 045 8668044 – Fax: 045 8668089

email: [email protected]

Una semplice parola CARTOTECNICA

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Page 33: Pantheon 65 - La forza delle parole

Partiamo da una semplice parola: cartotecnica, un termine di uso forse non comune ma che, come vedremo, ha molto a che fare con la nostra quotidianità.Gran parte delle cose che ci circondano derivano dalla lavorazione cartotecnica; basta andare in cucina, fare un salto al supermercato o al centro commerciale, osservare anche distrat-tamente lungo le strada che percorriamo in auto.

Stiamo parlando di quel settore industriale che si dedica all’arte di trasformare carta e cartone in oggetti, contenitori, espositori… in pratica, in tutte quelle confezioni che troviamo nella nostra casa: scatole di pasta, biscotti, con-fezioni di medicinali e cosmetici, confezioni regalo per vino e olio, e chi più ne ha più ne metta.

Novagraf è un’azienda che opera nel settore cartotecnico da oltre quarant’anni, guidata da Rolando Orlandi con costante passione. Ed è proprio questo il sentimento che ha coin-volto anche la sua giovane terzogenita Sara, che assieme al marito Luca ha accolto questa sfida: Sara e Luca, come studio Atelier Orlandi, si sono messi in gioco per creare con rinnovato entusiasmo la Novagraf di domani.

Il team di lavoro è composto da tecnici e creativi che mettono la loro competenza e professio-nalità al servizio della comunicazione: grafica, web, design, video e fotografia, packaging e progetti a tutto tondo, in una efficace coope-razione di idee e contenuti.

“Siamo a fianco delle imprese a 360°, proget-tando sia la comunicazione visiva che sistemi espositivi (display da banco, display da ter-ra, cartelli vetrine, manifesti e poster ecc.) che hanno lo scopo di ottimizzare la visibi-lità del brand sul mercato” ci dice Sara, e prosegue: “Assieme al cliente, tutto il team è chiamato alla realizzazione del progetto. Noi lavoriamo così, ci si mette il cuore e ci si sporca le mani. Atelier non a caso significa laboratorio”.

Ora è Luca a prendere la parola: “Presto renderemo disponibili una serie di nuovi servizi di stampa on-demand di altissima qualità, così da completare la nostra offerta produttiva per soddisfare i vostri bisogni in maniera pratica ma anche creativa. Vi garantiamo supporto grafico, tecnico ed eventuale continuità a progetti già esistenti, per seguire con voi lo sviluppo e la realizzazione di nuove idee”.

“Gli assemblaggi manuali sono eseguiti con precisione e competenza dal nostro staff. Da sempre siamo attenti alle esigenze del cliente, la sua soddisfazione è ciò che più conta per noi” ci spiega Rolando, che nel mentre controlla la qualità dell’ultimo lavoro.

E conclude Sara: “Abbiamo nel cassetto molti progetti che contiamo di realizzare a breve, soprattutto legati alla didattica e al riciclo, temi ai quali siamo particolar-mente sensibili. Veniteci a trovare in azienda, abbiamo ancora tanto da raccontarvi!”.

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un tabletper rompere Il sIlenzIoSi chiama Blu(e) ed è l'innovativo comunicatore “made in Italy” ideato dalla giovane start-up di Rovereto Needius per migliorare la qualità di vita di bambini, ragazzi e adulti per i quali l'utilizzo della parola è compromesso.

di Marta Bicego

Non sempre le buone in-venzioni, applicate alle moderne tecnologie,

devono necessariamente arri-vare da oltreoceano. È “made in Italy” l'innovativo comunica-tore Blu(e) pensato dalla start-up di Rovereto Needius per migliorare la qualità di vita di bambini, ragazzi e adulti per i quali l'uso della parola è com-promesso. Il segreto per riuscire a rompe-re il silenzio in chi ha difficoltà a esprimersi è racchiuso tutto in un tablet: un quaderno, a so-stituire quello di carta, sul cui schermo digitale sono disponi-bili simboli grafici e immagini, associati al suono di una voce personalizzata, da cliccare e modulare all'occorrenza per comporre frasi, facilitando ap-punto la comunicazione e ren-dendola più efficace. Idea semplice, ma non banale e dalle interessanti potenziali-tà, tanto che il colosso coreano dell'hi-tech Samsung ha mes-so a disposizione dell'azienda roveretana, giovane perché nata appena lo scorso anno, la propria tavoletta Galaxy. Così il dispositivo, utile per la terapia e nella quotidianità, ha avuto l'opportunità di diffon-dersi nel territorio nazionale. E le richieste sono continue.Questione di sensibilità nei confronti della disabilità e dei cosiddetti bisogni speciali. E dell'esperienza, maturata sul campo, dai tre soci fondatori di

Needius: i trentini Nicola Filip-pi e Jacopo Giovanni Romani assieme al veronese Raffaele Ettrapini, psicologo ed esperto di autismo, che si sono cono-sciuti sui banchi dell'Università di Trento specializzandosi nel Laboratorio di osservazione, diagnosi e formazione della facoltà di Psicologia e Scienze cognitive. «Il tablet è un ausilio unica-mente comunicativo», premet-te Ettrapini. Questo non soltan-to per distinguerlo dalle altre applicazioni in commercio, precisa, «ma per renderlo uno strumento riconosciuto dal Sistema sanitario nazionale, mutuabile su prescrizione del-lo specialista, e per azzerare il rischio che venga impiegato

per scopi diversi da quelli per cui è stato pensato». Creato per rispondere al biso-gno comunicativo manifestato dai bambini con disturbo del-lo spettro autistico, lo speciale comunicatore ha ampliato le prospettive della comunica-zione. Nella sua prima versio-ne, va a rappresentare la base della piramide comunicativa: «È fruibile a tutti i livelli cogni-tivi e della comunicazione non verbale. Non richiede determinate competenze, perché tutti i sim-boli, gli stessi della Comunica-zione aumentativa alternativa (Caa), sono racchiusi in un'u-nica schermata: un bimbo può in tale maniera scegliere di se-lezionare una singola immagi-

SALuTE & bENESSERE

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TECNOLOGIA

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ne o di pronunciare una frase completa». I simboli sono stati disegna-ti dalla cooperativa sociale il ponte di rovereto, grazie a un progetto di inserimento lavo-rativo rivolto a persone disa-bili esperte di grafica; mentre le voci che pronunciano le pa-role, naturali e non sintetizza-

te, sono suddivise per genere, maschile e femminile, e per fascia di età per aumentare l'empatia nel messaggio co-municativo. Punto di forza del progetto, evidenzia ancora Et-trapini, è la metrica: «Ogni vol-ta che l'utilizzatore digita un simbolo, viene registrato dal sistema. Attraverso grafici e ta-

belle, è possibile vedere come viene usato l'apparecchio nel contesto familiare, scolastico, terapeutico e quali sono i pro-gressi raggiunti nel tempo». Dati che i familiari e il terapista possono monitorare costante-mente e che diventano utili per rendere migliore lo strumento, proseguendo la ricerca in col-laborazione con l'Ateneo tren-tino. La speciale tavoletta può essere impiegata anche per facilitare l'inserimento scola-stico, per strutturare interventi di pre-lettura o per una fase di prima alfabetizzazione in stra-nieri che non conoscono l'ita-liano. A qualsiasi età, dai più piccoli agli adulti, complice la versa-tilità e la capacità di persona-lizzazione nei contenuti. Con la prospettiva, conclude lo psicologo, di ulteriore imple-mentazione: per ottimizzare il prodotto e renderlo fruibile, da tutti con una distribuzione capillare.

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una chIamatacontro la solItudIne800 280233. Il telefono squilla: è libero. Risponde un volon-tario, pronto ad ascoltare. Dall’altro capo della cornetta, un uomo, una donna che ha bisogno di parlare, alla ricerca di un orecchio attento e della sicurezza dell’anonimato, grazie al quale è possibile confidarsi, aprirsi totalmente all’altro. È questo, in sintesi, il servizio svolto da telefono amico Mon-do x onlus – Verona, un centro di ascolto telefonico anonimo presente nella nostra città da circa 25 anni.

di Francesca Mauli

Rispondiamo tutte le sere dalle 19.00 alle 23.00 al Numero Verde gratuito

800 280233, messo a disposi-zione dal Comune di Verona» spiega uno dei volontari, “pro-tetto” dall’anonimato, allo stes-so modo di chi chiama e non deve nemmeno dire il proprio nome. «Il 60 – 70% di chi ci cerca ha un’età compresa tra i 40 e i 50 anni, più maschi che femmine. Ci sono anche chia-mate di persone più giovani, in genere per problematiche di identità sessuale, oppure di persone anziane, che chia-mano soprattutto per lenire la solitudine».Telefono Amico Mondo X, di-versamente da altri “telefoni amici”, è un centro di ascolto che non segue una tipologia specifica di bisogno, ma è una vera e propria finestra sul mondo. Sono tante le ragioni per cui le persone chiamano, «lo sconforto e la solitudine - sottolinea il volontario - si fan-no sentire soprattutto la sera». Chi mette a disposizione parte del proprio tempo per questo servizio entra in contatto con le realtà più disparate, ac-comunate sempre dalla soli-tudine. «Si ha a che fare con persone disturbate psicologi-camente, con chi non riesce a instaurare relazioni personali, ha poca autostima e soffre per

non sapersi rapportare con il mondo, o vive problematiche genitoriali. Le persone anzia-ne, donne soprattutto, vivono situazioni di sofferenza a cau-sa dello scarso interesse dei figli grandi e sposati. Vivono questa realtà con molto ram-marico e rassegnazione, per-ché ormai troppo anziane per lottare e pretendere qualcosa in più. Alcuni di loro ci chiama-no a volte anche solo per rice-vere la buonanotte». La solitudine, oggi, assume forme sempre nuove; ecco quindi che a chiamare l’800 280233 sono anche persone che hanno perso il proprio la-voro a causa della crisi finan-ziaria e si sentono isolate e di-sorientate, ma anche persone

acculturate, informate sull’an-damento del mondo, che usa-no il computer e hanno acces-so a internet, con un lavoro ma che, nonostante tutto questo, vivono un profondo senso di solitudine. «La società del con-sumismo propone figure sem-pre più perfette, dove tutto va bene e funziona. Questo porta a tenere nascosti i nostri punti di debolezza e a vergognarsi di mostrare i propri limiti, le proprie criticità, facendo vive-re un senso di inferiorità. Per questo, negli ultimi anni, rice-viamo sempre più telefonate di persone che, pur vivendo in mezzo alla gente, sono profon-damente sole». A rispondere a queste chia-mate è un gruppo eteroge-

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neo di volontari, «composto da impiegati, pensionati, ca-salinghe, liberi professionisti che hanno deciso di mettere a disposizione una parte del loro tempo serale a favore di chi è in difficoltà». Per offrirsi a un servizio simile, occorre per prima cosa avere predisposi-zione all’ascolto e capacità di mettersi nei panni dell’altro, «ascoltare con empatia e con attenzione, rispettando la per-sona che c’è dall’altra parte in-dipendentemente dalla tema-tica della quale sta parlando, non voler mettersi in cattedra dando consigli, astenendosi da qualsiasi tipo di giudizio: sono queste le caratteristiche fon-damentali dei nostri volontari.

Spesso chi chiama ha difficoltà a far partire la telefonata: non è semplice aprirsi e parlare dei propri problemi. Il volontario deve comprendere questi sta-ti d’animo e con serenità deve saper gestire la telefonata con il maggior tatto possibile». Per diventare volontari, occorre frequentare un corso di for-mazione «il prossimo partirà a gennaio 2016 e avrà una dura-ta di circa 2 mesi con cadenza settimanale; occorre poi met-tersi a disposizione per 2 turni di ascolto mensili della durata di 4 ore ognuno e partecipare alla formazione permanente di sostegno. Se qualcuno fosse interessato a diventare nostro volontario, può mandare un

SMS al 349 9577646 e verrà richiamato da un nostro inca-ricato».«Quando mettiamo a disposi-zione una parte del nostro tem-po a favore degli altri – conclu-dono i volontari – pensiamo che sia per fare del bene, ma questa è solo una faccia della medaglia: il bene che noi do-niamo è arricchimento anche per noi stessi. Finite le 4 ore dell’ascolto, sappiamo di non aver risolto i problemi di chi ha chiamato, ma il fatto di essere stati a disposizione di chi ave-va bisogno, sapere che qual-cuno ha ricevuto sollievo per il semplice fatto di essere stato ascoltato, ci fa rientrare a casa sereni».

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cInema Intervista al regista Andrea Segre

spunto per narrare il ricordo doloroso, ancora incastrato nella memoria della traversata in mare e della vita dopo, una volta arrivati dall'altra parte.sono almeno 760mila i mi-granti in fuga principalmente da siria, afghanistan e Iraq che hanno attraversato il me-diterraneo nel 2015. che cosa potevamo fare e non abbiamo fatto come europa?Sono quindici anni che i pae-si europei e l'Europa -perché sono due entità distinte con responsabilità distinte- non sanno utilizzare le loro struttu-re diplomatiche per intercetta-re e dialogare con i flussi, pri-ma del dramma. Il loro errore è stato quello di lavorare solo nel punto di contatto, nel mo-mento dell'emergenza. Molti oggi pensano che i barconi dei migranti siano strumenti di guerra del gruppo Stato isla-mico. Ma i barconi non sono stati inventati dall'ISIS, che, anzi, come forza minoritaria tra le fazioni in guerra in Libia, si è inserito nel business, usan-do, forse, alcuni spazi in un mercato che ha reti e mecca-

nismi esistenti da tempo. Così in questa esasperata guerra, anche di comunicazione, chi ci perde sono sempre gli stessi. Da una parte quelli che vedono mutilata la loro necessità o vo-glia di viaggiare, dall'altra chi non ha gli strumenti per com-prendere e si trova a soffocare di paura o di compassione, che poi è la stessa cosa.cosa può il cinema, quanto può?Il cinema permette di conosce-re le persone. Un film funziona se tu spettatore riesci a entra-re in quella storia. Raccontare l'immigrazione attraverso il cinema significa dare volti e nomi ai migranti che spesso sono legati a numeri e luoghi impersonali: campi profughi, centri d'accoglienza, barconi. Il cinema restituisce loro l'identi-tà perduta. Riesce a parlare al singolare ed evita il plurale in-definito delle masse. l'anno scorso ha ideato Fuori rotta: un'azione sociale e cul-turale per riscoprire il “diritto al viaggio”. come si viaggia bene?Rompendo la propria rotta, che è di per sé una fatica. Per-ché viaggiare in maniera con-sapevole, ovvero coraggiosa, alla fine c'entra con la civiltà e con la democrazia.Oggi ci sono viaggiatori che viaggiano per distrazione, per distrarsi; è la conseguenza di un sistema di omologazione che schiaccia i diritti ma anche i desideri. E poi ci sono loro: i viaggiatori impossibili. Quel-li ai quali non riconosciamo nome, cognome e speranza.

Tra i mille appuntamenti del Festival del Cinema Africano, dal 6 al 15 novembre, noi ne ab-biamo scelto uno. E tra i tanti registi abbiamo intervistato Andrea Segre, che nella sezio-ne 'Viaggiatori e Migranti', ha presentato il suo come il peso dell'acqua (2014). Abbiamo parlato con lui, da anni impegnato nella narrazione di margini, di chi, quei margini prova a scavalcare.

MIGRANTI, qUEI VIAGGIATORI IMPOSSIBILI

di Miryam Scandola

In quest'Europa di fortezze, che cerca solo di fermare, contenere e di «ridurre gli

sbarchi», Andrea Segre, 38 anni, ha scelto di cammina-re, a piedi nudi. E ha finito col far camminare anche gli altri senza scarpe. Alla Mostra In-ternazionale del Cinema di Venezia, l'11 settembre scorso, in piena kermesse, ha coinvol-to, in quella che è stata una vera è propria marcia solidale, i grandi nomi del cinema ita-liano da Valerio Mastrandea a Elio Germano passando per Toni Servillo e Jasmine Trinca «per stare, insieme, dalla par-te degli uomini scalzi». Oltre 70 città della nostra penisola hanno abbandonato le calza-ture in nome di un'accoglien-za degna e umana e di un si-stema unico di asilo europeo, aderendo all'azione lanciata dal regista padovano. Lui “gli uomini scalzi” li conosce per nome. Da dieci anni racconta le loro storie con una serrata produzione artistica di film e documentari sul fenomeno mi-gratorio (a sud di lampedusa, come un uomo sulla terra, Mare chiuso), sui fatti di Rosarno (il sangue verde), ma anche sulla crisi greca (indebito, con Vini-cio Capossela) e sulle relazioni interculturali (io sono li e la prima neve). In come il peso dell'acqua ha raccontato, con l'aiuto e la voce di altri due narratori civili Marco Paolini e Giuseppe Battiston, di tre don-ne e del loro difficile viaggio dal paese d'origine alle coste italiane. Le storie di Gladys, Nasreen e Semhar sono lo

Andrea Segre

Page 39: Pantheon 65 - La forza delle parole

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Concerti, mostre, conferenze, creatività, feste, workshop, sagre, di tutto di più.

Per maggiori informazioni su tutti gli eventi vai su www.salmonmagazine.com

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#FollowtheSalmon

Chi l’ha detto che la pagina di una rivista non possa essere anche una galleria d’arte?!Fate vedere quanto siete bravi, mandateci un vostro disegno, una vostra fotografia o quel salmone che volete. Saremo severissimi, pubblicheremo solo quello che ci piacerà. poi verremo ad intervistarvi e vi metteremo in mezzo alla corrente.

Cogli la palla al balzo, mandaci le tue robe a [email protected]

per

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Un polo museale rinnova-to che si basa su principi di sobrietà e chiarezza

che cerca di mantenere una continuità nei criteri che ca-ratterizzano il sistema muse-ale cittadino. Forse è proprio questa semplicità non banale la chiave di volta che riesce ad esaltare la ricca collezione di affreschi ed elementi lapi-dei conferendo loro fascino e incredibile mistero. Si tratta di pezzi unici della storia di Verona che si possono vedere esposti grazie (o a causa) di interventi di strappo (per gli af-freschi) effettuati dalla fine del Settecento fino alla metà del Novecento per poterli salva-guardare e, più tardi, per poter ammirare la sinopia sottostan-te, cioè il disegno preliminare dell’artista. Queste opere d’ar-te rare si collocano all’interno di un percorso espositivo che segue un ordine cronologico in modo da poter condurre il vi-sitatore all’interno di un imma-ginario viaggio attraverso i se-coli della città dipinta. Ma per arrivare a tutto questo sono stati necessari degli interven-ti di ristrutturazione al Museo degli Affreschi Cavalcaselle, in-serito all’interno del complesso museale denominato Tomba di Giulietta, che comprende an-che la chiesa sconsacrata di San Francesco al Corso. I pri-missimi interventi sono datati 1969 quando è stata restaura-ta l’ala occidentale del chio-stro per adibirla a Museo degli Affreschi, poi inaugurato nel 1973. Nel 2004 è stata sistema-

ta l’area verde esterna con la realizzazione del nuovo muro di cinta in tufo e mattoni ed è stata completata la rifinitura degli intonaci esterni. Infine, nel 2010 si sono conclusi i lavo-ri di ristrutturazione e restauro dell’ala sud in collaborazione con l’architetto Valter Rossetto. Nel 2012 è stato possibile inau-gurare spazi adibiti a servizi per i visitatori. Al secondo pia-no dell’ala settentrionale, inve-ce, sono stati resi funzionali gli uffici del catalogo, dell’archivio fotografico e dell’archivio Ma-gagnato rendendo questa sede il perno delle attività di ricerca e di conservazione per studiosi e ricercatori. «La nostra inten-zione – afferma la direttrice Pa-

ola Marini– è di fare del museo non solo un luogo di visita ma anche di ricerca e promozione culturale. Per questo motivo rappresenta una grande sezio-ne del museo diffuso della cit-tà». Attualmente sono in fase di conclusione i lavori di realizza-zione degli allestimenti interni per poter riconnettere visiva-mente e completare il fram-mentario sistema espositivo. Al progetto hanno collaborato anche l’Università degli Stu-di di Verona nella figura della professoressa Tiziana Fran-co, docente di Storia dell’arte medievale, e il laboratorio di restauro della Soprintendenza alle belle arti e al paesaggio delle province di Verona, Rovi-

Abbiamo incontrato la direttrice dei Musei civici di Verona nella sede ristrutturata di via da Porto per conoscere come è lo spazio permanente, inaugurato lo scorso 14 novembre, che ospita gli affreschi della Urbs Picta.

CULTURA

A F F R E S C H I , U N A LT R O TA S S E L L OA L M O S A I C O C U LT U R A L E D E L L A C I T Tà di Erika Prandi

Paola Marini

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Riapre il Museo degli Affreschi Cavalcaselle

go e Vicenza. Sono state con-dotte campagne di cataloga-zione e studio degli affreschi, delle sculture e dei frammenti lapidei in modo da identificarli e poter presentare i reperti ar-tisticamente più significativi. La testimonianza datata più antica è costituita da un fram-mento di affresco del 996 pro-veniente dal sacello rupestre di San Michele e strappato insie-me a tutto il ciclo pittorico nel 1885. Nel 1963, invece, fu strap-

pata la decorazione della vici-na chiesa dei santi Nazaro e Celso. I due cicli pittorici, fram-mentati, sono stati ricomposti in una delle prime sale del mu-seo grazie agli studi della pro-fessoressa Franco. Nella sala successiva si possono ammira-re gli affreschi originariamente situati sotto gli archi del palaz-zo di Cansignorio e realizza-ti da Altichiero. L’esposizione prevede una loro sistemazione “sospesa” entro finti archi a se-

sto acuto per poterli ammirare dal basso. Infine, un fregio lun-go trenta metri affrescato da Jacopo Ligozzi e raffigurante la Cavalcata di Carlo V e Cle-mente VII connette il nuovo con il preesistente percorso muse-ale che termina nella chiesa di San Francesco al Corso. Per informazioni si può chiama-re 0458000361 oppure consul-tare il sito alla pagina www.museodegliaffreschi.comune.verona.it.

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vIlla burIBERNINI SPOLVERINIVilla Bernini Buri è una villa veneta che si trova in località Molini di San Michele Extra ed è nota per il suo grande par-co, sede della Festa dei Popoli. Una villa che nel Settecento fu salotto dell’aristocrazia, nell’Ottocento fiorente centro cul-turale e agricolo. Nel terzo millennio è in comodato d’uso all’Associazione Villa Buri onlus.

di Alessandra Scolari

Il complesso. La casa padro-nale, con la facciata princi-pale rivolta a sud, si presen-

ta con i finestroni classici che incorniciano il corpo centrale, appena sopra il poggiolo (in ferro battuto) del piano nobile, mentre, tra quattro guglie, svet-ta l’attico con lo stemma della famiglia Buri: un’orsa rampan-te. Due ali avanzate ai lati, di-segnano una corte. La facciata a nord è più semplice: la parte centrale è decorata da stucchi, ai lati due grandi pigne e poi il poggiolo al secondo piano. Completano la casa padrona-le la cappella, i rustici, le scu-derie, le abitazioni del fattore (ora di un privato), la barches-sa e il parco all’inglese che si estende per circa 13 ettari e

confluisce nel parco comuna-le «Bosco Buri» sulle sponde dell’Adige. la storia. A costruire la Villa, secondo la tradizione, è stato Gian Antonio Spolverini, agli inizi del ‘600, su disegno di Do-menico Brugnoli, architetto di-scepolo del Sanmicheli, anche se, secondo gli studiosi, già nel 1574 vi viveva la famiglia Buri. Famiglia che ha eseguito im-portanti interventi di bonifica nella campagna ed arricchito la casa padronale di arredi e dipinti di pregio. La prima no-tizia storica di Villa Buri risale al 1738: il duca di Lorena e la consorte Maria Teresa, regi-na d’Ungheria e Arciduches-sa d’Austria vi abitarono (28 giorni) per evitare il contagio

della peste. Giovanni Danese Buri, agli inizi dell’Ottocento realizzò il parco e il giardino all’inglese, guadagnandosi il riconoscimento degli intellet-tuali Ippolito Pindemonte e Lu-igi Mabil. Nel 1844 in Villa Buri ci furono le truppe austriache. Giuseppe Bernini Buri (1921) fu l’ultimo conte a vivere nella villa, che durante la Seconda Guerra Mondiale venne invasa dai tedeschi. Nel 1945 (dopo il 25 aprile) venne saccheggiata dai concittadini. Nel 1953 Ma-rio Mazza, uno dei fondatori dell’Associazione Scout (ASCI) si trasferì con la moglie e la co-gnata a Villa Buri, realizzando un collegio (un’ottantina di ra-gazzi). Nel 1959 Mazza morì, il collegio venne chiuso e la Villa svuotata di tutto. Nel 1961 i Ber-nini Buri affittarono e poi (1971) vendettero la villa con 20 ettari di terra, ai Fratelli della Sacra Famiglia di Chieri, che trasfor-marono la casa padronale in un seminario, soltanto più tardi (1984) la aprirono ad iniziati-ve socio culturali esterne (una scuola media diocesana e un Centro per bambini). Questi padri nel 2000 misero in ven-dita la villa, che nel 2002 ven-ne acquistata da Marina Salo-mon e Marco Benatti.I proprietari. Dell’antica fami-glia veronese Buri si trovano tracce già nel 1262: frate Fino de’ Buri era priore del mona-stero agostiniano a Santa Eu-

GIOIELLI DEL TERRITORIO

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VILLE VERONESI

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femia. Nel 1405 Galvano Buri fu uno dei capi del Collegio dei notai e i suoi discendenti ot-tennero dai veneziani il titolo di «conti». In seguito, secondo gli studiosi, i conti Buri, ottenu-to il permesso dei veneziani, costruirono la villa in riva all’A-dige. La loro storia poi si per-de, fintantoché Girolamo Buri sposò Isotta Spolverini (1776) e il figlio Giovanni Danese Buri

investì nel parco e nel giardi-no. Nel 1880 morì l’ultimo dei Buri: il genero Bernini ne as-sunse il casato. L’ultimo conte Giuseppe Bernini Buri (iscritto al Partito Nazionale Fascista) abitava nella villa che era an-cora nel suo pieno splendore. Appena finita la guerra la fami-glia Buri Bernini (ancora sfolla-ta) subì un grande saccheggio dalla popolazione locale e non

tornò più: ospitò gli alluvionati del Polesine (1951-1953) e nel 1961, affittò il complesso ai frati della Sacra famiglia, i quali re-staurarono la villa, i fabbricati rurali e il parco. I Buri Bernini, nel 1971, vendettero la proprie-tà in parte al comune e in parte all’ordine della Sacra Famiglia. Questi Padri nel 2000, dati gli alti costi di gestione, decisero di vendere. I rappresentanti di varie associazioni (2001) valu-tarono l’opportunità di acqui-stare per crearvi un «Grande parco Culturale». Il progetto prevedeva la creazione di uno spazio, dove promuovere ed accogliere iniziative cultura-li inerenti l’ambiente, la pace, l’economia e la giustizia, temi prediletti anche dagli impren-ditori Marina Salamon e Marco Benatti, i quali acquistarono (2002) la proprietà che cedet-tero in comodato all’Associa-zione Villa Buri Onlus (costi-tuitasi nel 2003), attualmente presieduta da Silvano Brait.

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Quando Il doloresI Fece cantoÈ stato durante l’intervista a Lucia Beltrame Menini (Pan-theon 59, ndr) che siamo venuti a conoscenza di una can-zone, inedita, scritta da Pietro Moretti, Caporale della 117° compagnia. Composta sul Carso, se l’era portata con sé, di ritorno a casa in licenza.

di Giovanna Tondini

In queste strofe si concentra un mondo, quello della trin-cea, in cui i soldati semplici, i

fanti, sono i protagonisti. Eppu-re dalle sue parole non emerge la tragicità di quel luogo, dive-nuto il simbolo di una guerra nuova, stazionaria, logora. Al contrario, Pietro sembra inci-tare gli animi, sollevarli dalla cruda realtà, per un fine ben più alto della propria vita: la di-fesa della Patria. La madre per la quale si può sacrificare ogni cosa, anche se stessi. La “musica da guerra”, com-posta dai soldati come Pietro, oppure dai propagandisti di guerra, aveva un duplice sco-po: da un lato sublimare la tragedia che si stava vivendo, esorcizzare la paura della mor-te; dall’altro creare un senso di appartenenza al gruppo. In modo diverso si riproponeva la funzione dei “giornali di trin-cea”. Il ricorso poi al genere di musica popolare era un meto-do efficace per coinvolgere le masse dei soldati, consolandoli.

La musica li «riporta a casa». Si rivela quindi «un mezzo for-midabile per confermare la propria identità, per sentirsi di nuovo piantati sulle proprie radici, allacciati alla propria terra, al lavoro, alla famiglia, agli affetti». Un aspetto signifi-cativo per i soldati di fanteria, quelli maggiormente esposti al pericolo. Quelli che dopotutto formavano gran parte dell’e-sercito. «Secondo alcune stime i lavoratori agricoli fornirono 2.600.000 uomini, pari al 45% del totale dei richiamati», sot-tolinea lo storico Gibelli. Pro-prio questi uomini, che aveva-no sempre visto con diffidenza il mondo urbano e le istituzioni statali, come anche la guerra, vista come flagello al pari di una carestia, erano ora chia-mati a combattere in prima li-nea, in nome di un ideale a loro sconosciuto, la Patria, tanto caro invece ai loro ufficiali. Ep-pure, il sacrificio paziente e la rassegnata sottomissione che caratterizzava i lavoratori della terra si sarebbero rivelati per la retorica di allora gli ingredienti di un modello da seguire. E nei testi cantati al fronte, quelli più celebri come sul ponte di Bas-sano, Bandiera nera, sul cappel-lo, si riscontra proprio questa ambivalenza: lo spirito di ras-segnazione accompagnato al rispetto del dovere militare. A ben vedere però alcuni canti si allontano dalla retorica e ri-escono a restituire un quadro

più veritiero della dura vita del soldato. Come la famosa ta-pum che racconta «un dolente o lucido sprofondare nella sorte del soldato e un colloquio con la morte». La memoria purtroppo ha spesso sviato dalla atrocità della guerra in trincea, soprat-tutto nel ventennio fascista. Le canzoni che ebbero maggiore risonanza furono infatti quelle degli alpini, dove risaltava lo spirito di gruppo, omogeneo e coeso, del plotone. il testamento del capitano è il testo che rap-presenta meglio di tutti questo aspetto. Dopo la seconda guer-ra mondiale, dove i canti alpini furono ripresi dalla Resistenza, si deve attendere la metà degli anni Cinquanta per un nuovo sviluppo della musica popola-re. Su questo filone negli anni Sessanta vengono recuperati i canti sovversivi, con il fine di presentare una memoria più vera e meno “celebrativa” del-la Grande guerra. Solo gli anni Ottanta, però, vedono la pub-blicazione del più approfondito lavoro sul patrimonio musicale del QuindiciDiciotto, da parte di Savona e Straniero. A fianco agli studi critici ci sono le pro-duzioni discografiche che mo-strano un nuovo recupero delle canzoni della guerra, raggiun-gendo l’apice con la pubblica-zione di quel lungo treno da parte del cantautore veronese Massimo Bubola nel 2005 e del più recente testamento del ca-

STORIE DI STORIA

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GRANDE GUERRA

«Era un dì di set-tembre cuando il Capitano disse ad alta voce al fron-te dobbiamo an-dar/Era di notte, quando la sveglia quando la sveglia sentii suonar, al-lora con gioia tutti assieme abbas-so l’Austria si udì

gridar (...)/Dopo grandi sforzi con-tro a tal nemico e con un sol ferito trincee conqui-stan/Ora son qui sempre allegro, sempre allegro alla difesa del mio Re e tutti assieme inalto i quori gri-dian eviva il Re».

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pitano (2014).«Una tappa im-portante», come l’ha definita il nostro concittadino, «di rivisita-zione e riscoperta delle radici musicali e letterarie del folk di area lombardo-triveneta», in una visione individuale del tut-to originale. Come ha scritto Franzina, la Grande guerra «fu il luogo dei

luoghi della memoria naziona-le in musica», e proprio la sua memoria scritta nelle canzoni, in tutte le sue sfaccettature, deve essere tramandata.

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MassimoBubola

Il testo integrale sul sitoverona-pantheon.com

Page 46: Pantheon 65 - La forza delle parole

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Diabete e cani. Quale le-game può intercorrere tra questi due elementi?

È risaputa la simbiosi e l’em-patia che può instaurarsi tra il cane e l’uomo, che ne trae grossi benefici a livello fisico e psicologico. Bisogna, però, sa-per prendersi cura di un quat-tro zampe, donando affetto nella completa certezza che si riceverà in cambio un amore incondizionato che durerà per sempre. È da questi presuppo-sti che in Roberto Zampieri è nata la volontà, grazie all’input di Anna Butturini, una paziente italo-americana diabetica da 41 anni, di creare un proget-to che li formasse per l’allerta ipo/iper glicemia a supporto dei pazienti diabetici. Zam-pieri, dopo una prima fase di sperimentazione ha cercato un amico a quattro zampe per la signora Butturini di nome Red. Quando Anna andava in ipogli-cemia dava le sue camicie im-pregnate di sudore a Roberto per poi sperimentare la capa-cità olfattiva di Red. Nelle crisi IPO e IPER del diabete, infatti, vengono emesse delle particel-le acetoniche ed ormonali che vengono espulse con le urine e con l’alito, dunque questo è lo strumento che viene offerto per poter effettuare il lavoro inserendo le garze impregnate della saliva (prelevata durante gli attacchi, ndr) del paziente in campioncini. Questi ultimi vengono raccolti e proposti al

cane in fase di ricerca “ludica”, che deve riuscire ad indivi-duarli (senza segnalare in caso di normalità). Nel caso di Anna le prime segnalazioni incon-sapevoli nascevano quando il cane si accorgeva del malesse-re della sua padrona, andando-le vicino e leccandole le mani e se non rispondeva allertava il compagno. È stato importante spiegare al cane di segnalare questo stato ogni volta che se ne rendeva conto, motivando-lo e premiandolo. È importan-te che sia il cane a scegliere la modalità della segnalazione

(che sia abbaiando, leccando o grattando, ndr). «Red è stato l’input positivo per formare al-tri cani, in totale 11, come Jago, e Briquet. Ho scritto un proto-collo di 50 pagine con linee guida strutturate di esercizi e considerazioni, che si differen-ziano dagli altri tipi di condi-zionamenti impartiti da altre scuole di pensiero sull’educa-zione del cane. Ho lavorato in particolare sulla relazione tra animale e uomo affiancato da un istruttore, creando un rap-porto familiare, collaborativo, rispettoso, che sia costante. I

Roberto Zampieri, operatore cinofilo di Asparetto di Cerea, alle spalle 23 anni di esperienza con cani ricerca persone, ha ideato Progetto serena, grazie allo spunto di Anna Butturini, una paziente diabetica. Il progetto ha lo scopo di preparare cani d’allerta di qualsiasi razza in caso di calo (IPO) o crescita (IPER) di glicemia per i loro padroni diabetici, avvertendoli e, se non rispondono, avvisando i loro parenti. La formazione avviene presso Villa Arvedi di Grezzana, nella parrocchia di San Giovanni Evangelista e nelle abitazioni dei pazienti.

ANIMALI & CO

A M I C I A q U A T T R O Z A M P EC H E F I U TA N O I L D I A B E T E di Ingrid Sommacampagna

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Cani d’allerta al servizio di padroni malati

risultati ottimali sono convali-dati da: diari glicemici, esami dell’emoglobina glicata ogni tre mesi, testimonianze dei pa-zienti e istruttori, video e misu-razioni stick», spiega Roberto. «L’aiuto da parte di un cane è ciò che mancava nella cura del diabete ed è psicologicamen-te vantaggioso prendersi cura di un quattro zampe, portarlo in passeggiata, abbattendo la pigrizia; la tua vita cambia completamente ed è ovvio che, sentendosi più sicuri, pure la salute migliora», afferma Ro-berto Casale, di 53 anni e da 30 diabetico, proprietario di Jago da 8 mesi, ritenuto da lui un angelo custode. «È stato un momento difficile per tutta la famiglia perché ci siamo con-frontati con una malattia che non conoscevano, ma grazie

all’arrivo di Briquet siamo più tranquilli visto che previene i cali segnalandoli già a 90 (i valori normali di glicemia sono compresi nel range dagli 80 ai 140, ndr) ma anche l’aumento, e a distanza di mesi si posso-no notare glicemie più stabili», spiega Monica, madre di Alber-to Biasi, tredicenne diabetico da circa 2 anni.«Stiamo aspettando una rispo-sta da Venezia per diventare una Onlus. Il progetto è su base volontaristica ma si prevede un rimborso spese durante le trasferte e una tessera che dura per tutta la vita del cane. Roberto, io e altri preparatori, ci rechiamo attualmente in 5 abitazioni di diabetici al lunedì, mentre al giovedì siamo nel-la parrocchia di San Giovanni Evangelista e al sabato in Villa

Arvedi. C’è l’interesse al nostro progetto da parte di scuole, dell’Associazione Diabetici Alto Adige e di un medico, Mario Carrano, della Diabetologia di Salerno. Vengono fatti incontri in diversi paesi anche fuori dal Veneto. A San Martino Buon Al-bergo il nostro progetto è stato presentato durante i “Giovedì della salute”, insieme all’Asso-ciazione Giovani e Diabete di Verona con l’intervento di Clau-dio Maffeis, responsabile del reparto Diabetologia pedia-trica di Borgo Trento», spiega Elisa Arvedi, Presidente di Pro-getto Serena, e nipote di Alda Bertani Arvedi che ha messo a disposizione gli spazi della villa per la formazione dei cani.

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Quel giorno, non so pro-prio perché decisi di an-dare a correre un po’». E

come Forrest Gump nell’omo-nimo film di Robert Zemeckis, c’è chi ha deciso che correre potrebbe essere davvero una buona idea. Poi, non c’è biso-gno di attraversare l’America dall’Atlantico al Pacifico, e il Gruppo Marciatori Grezzane-si lo sa bene: ha organizzato una marcia sui Colli di Grezza-na, che domenica 22 novembre porterà la corsa nei luoghi e nei dintorni più belli ma forse meno conosciuti.Un percorso nuovo, che unisce una sana attività fisica all’aria aperta e l’amore per la bellezza dei paesaggi mozzafiato della Valpantena: così è nata l’idea di questa maratona, che segna quest’anno la sua 32° edizione. L’idea è originale e innovativa, per più di un motivo: non solo il percorso scelto per la corsa è stato deciso con l’intenzione di mettere in mostra i vigneti e gli uliveti della nostra splendida vallata, ma anche di far risco-prire tre prestigiose ville che fanno da contorno a questo paesaggio: Villa Arvedi, Villa Bevilacqua Lazise detta Palaz-zo Rosso e Villa La Carrara. So-prattutto, questa marcia è pen-sata per essere senza barriere, di nessun tipo, per accogliere tutti e tutte: i percorsi sono pen-sati anche per i diversamente abili, che potranno partecipare alla corsa.Gli organizzatori hanno ideato tre percorsi diversi per accon-

tentare le esigenze di tutti.Il primo percorso sarà lungo 5 km e sarà tutto in piano, pri-vo di barriere architettoniche. Questo tragitto passa attra-verso le vie del paese, sfrutta la pista ciclabile ed entra nel suggestivo parco di Villa Arve-di per il ristoro, per poi uscire attraverso i campi delle scuole medie ed arrivare infine al Par-co Europa.Il secondo percorso, da 10 km, dislivello 180 mt, anche questo adatto a tutti, passa prima at-traverso i campi di Redoro, poi attraversa il Progno Pantena, tramite la ciclabile si arriverà quindi al parco di Villa Arvedi e poi si proseguirà verso Cavo-lo, per poi scendere a Palazzo Rosso, dove si potrà ammirare la caratteristica villa e il parco. Si proseguirà poi dietro l’Hotel La Pergola e in seguito dentro al parco di Villa Carrara, per poi rientrare in centro al paese al Parco Europa.Il terzo percorso, da 17 km, è decisamente più impegnativo, ma non per questo meno sug-gestivo. È consigliato per per-sone particolarmente allenate,

passa come il secondo da tutte tre le ville, ma si inerpica anche fino a Via Gaspari, la Madonni-na e le Case Vecie (dove ci sarà il momento di ristoro, ndr), per poi scendere dalla dorsale ver-so Palazzo Rosso e Villa Carrara e terminare insieme al percorso dei 10 km.L’iniziativa del Gruppo Mar-ciatori Grezzanesi arriva una settimana esatta dopo un altro imperdibile appuntamento per gli appassionati di corsa: la Ve-rona Marathon, che con la sua 14° edizione ha mantenuto in pieno le sue promesse. Dopo le oltre 8000 persone iscritte alla Giulietta&Romeo Half marathon di febbraio, anche i numeri per questa edizione della maratona

Alla sua 32° edizione, la Marcia sui Colli apre tre percorsi adatti un po’ a tutti: anche ai diversamente abili. Appuntamento sportivo di poco successivo alla 14° edizione di Verona Marathon che, anche quest’anno, ha “movimentato” per bene la nostra città.

U N A M A R C I AP E R S C O P R I R E I L U O G H I P I ù B E L L I D E L L A V A L P A N T E N A

di Chiara Boni

«

dI corsa

[email protected]

Palazzo Rosso Villa Arvedi

Villa La Carrara

@chiarettaboni

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L’iniziativa del Gruppo Marciatori Grezzana

tra le mura scaligere non hanno deluso: più di 5000 iscritti per l'evento inserito nei calendari internazionali di IAAF (Interna-tional Association Athletics Fe-deration) e FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera). La maratona è stata organizzata da G.A.A.C. 2007 Veronama-rathon Asd e Veronamarathon Eventi, in collaborazione con il Comune Di Verona. Quest’anno, gli sforzi sono triplicati: oltre alla classica corsa di 42 chilometri si sono aggiunti la Cangrande Half Marathon, 21,097km, e la

LAST 10km, gara non compe-titiva aperta a tutti, famiglie e bambini compresi, a carattere solidale.Ci dice Matteo Bortolaso, vice presidente di Asd Gaac2007: «Un evento che cresce sempre di più grazie a tanta passione ma anche a tanto impegno du-rante tutto l’anno. Domenica 15 è stata una fatica di poche ore ma molto entusiasmante, il vero grande lavoro il nostro staff l’ha fatto in questi mesi e siamo onorati di averlo fatto anche per la città di Verona».

3 2 ° E d i z i o n e d e l l a M a r c i a s u i C o l l i d i G r e z z a n aLa marcia ha inizio dalle

ore 8.30 dalla Piazza Renato Gozzi, ci si iscrive dalle 8.00 alle 9.00 del giorno stesso, il costo dell'iscrizione è di 3€. (2,50+0,50 di assicura-zione) incluso pacco gara. Il Gruppo Marciatori Grez-zana ringrazia la Famiglia Arvedi, la Famiglia Cometti e la Famiglia Frank per aver consentito il passaggio del-la marcia nelle loro splendi-de proprietà, il Comune di Grezzana per il patrocinio e quanti si sono adoperati per la riuscita dell'iniziativa. Per info: [email protected]

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@manupegaso

Spesso sentiamo dire che cinquant’anni fa nevica-va tutti gli inverni e lo fa-

ceva molto più copiosamente di adesso. C’era un tempo in cui, per muoversi da un pae-se all’altro o da una contrada all’altra, in montagna non era possibile aspettare mezzi che sgomberassero le strade dalla neve. Lo sci di fondo è nato con questa funzione, anche in Les-sinia, e solo dopo è diventato uno sport. Così com’è calata la nevosità degli inverni, col passare dei decenni sono diminuiti anche gli sci club esistenti nel vero-nese. I quattro club rimasti, vedendo che le rispettive pro-blematiche di affrontare una stagione sportiva sono identi-che, hanno deciso di dare una svolta epocale alla loro attivi-tà. Da questa stagione, e fino al 2019, si è deciso di creare lo Ski Team Lessinia: si tratta di un’associazione di associa-zioni di cui fanno parte Marco Fontanesi (S.C. Bosco), Franco Brunelli (S.C. Orsi Bianchi Velo), Gianni Segala (S.C. Roverè) e Mauro Roncari (U.S. Campo-fontana). Le quattro società, in un grande progetto di con-divisione patrocinato da ben nove comuni, intendono unire le forze per massimizzarle, con obiettivo anche di ridurre le spese.Si può dire dunque che ora la Lessinia dello sci di fondo sia unita: i gruppi di lavoro nelle varie categorie saranno seguiti

da un unico staff di allenatori, maestri qualificati e accompa-gnatori, mentre in gara ogni at-leta parteciperà per il proprio club di appartenenza. Le cate-gorie Baby Sprint (6-7 anni) e Baby (8-9) si alleneranno due volte a settimana, seguite da Federica Campedelli e Giulia Scardoni, con l’aiuto di Giaco-mo Lavarini, Giada Pomari e Filippo Canteri. Cuccioli (10-11) e Ragazzi (12-13) saranno alle-nati quattro volte a settimana da Carlo Vito Scandola e Gia-como Cona. Le categorie Allie-

vi (14-15), Aspiranti (16-17) e Ju-nior (18-19), anch’esse quattro volte a settimana, saranno in-vece guidati da Mirco e Cesare Pezzo. Infine Giovanni Pezzo si occuperà dei materiali, aiutan-do i rispettivi allenatori come aiuto ski man. Già la stagione passata Bosco e Velo si unirono in una simile sinergia, che por-tò a buoni risultati: nel Grand Prix Lattebusche, gara regio-nale per le categorie Baby e Cuccioli, ad esempio, i due club si classificarono come primo e terzo del Veneto. Va ricordato,

Da questa stagione parte il progetto dello Ski Team Lessinia, che riunisce i quattro club veronesi di Bosco Chiesanuova, Velo Veronese, Roverè e Campofontana. Fino al 2019 le società metteranno a disposizione dei propri atleti un unico staff, in un’ottica di condivisio-ne di risorse che poi si tradurrà in gara, mantenendo comunque i colori dei rispettivi club.

LESSINIA

S C I D I F O N D OF A C C I A M O L O I N S I E M E di Emanuele Pezzo

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Consorziati i quattro club veronesi

Abbiamo chiesto un parere su questo progetto a due fondisti veronesi di grande caratura, uno del passato e uno del pre-sente. Fulvio Valbusa, assieme alla sorella Sabina, è stato uno degli sciatori di punta della nazionale italiana tra gli anni Novanta e i Duemila, oro olim-pico in staffetta a Torino 2006 e plurimedagliato in gare mon-diali e di coppa. Adesso "Bubo" è apprezzato commentatore tecnico per Eurosport e dà un giudizio positivo sulla forma-zione dello Ski Team Lessinia: «L'unione fa la forza anche in uno sport di squadra. È un van-taggio grosso per le società, che così ha costi minori ma più competenze professionali. Pur-troppo si perde una parte di "sana rivalità" con i club vicini: ricordo con piacere quanto mi

sentivo teso prima delle sfide provinciali contro i miei coe-tanei di altre zone della Lessi-nia».La finanziera Lucia Scardoni, invece, sta emergendo pro-prio in queste stagioni. Dopo aver vinto la scorsa Coppa Europa, in questa stagione parteciperà di diritto alle pri-me gare di Coppa del Mondo. Anche da parte sua il pollice è alto: «Più il gruppo è grande, più c'è compagnia ed è facile trovare divertimento e sprono ad allenarsi. Sicuramente que-sto progetto darà risultati, an-che se per le società sarà uno sforzo enorme. Certo, con uno staff unico si potrebbe perdere la varietà nella preparazione: anche nei corpi sportivi mili-tari le metodologie sono diffe-renti ed è sempre interessante poterle confrontare».

LUCIA SCARDONI E FULVIO "BUBO" VALBUSA, I PRO DI qUESTA UNIONE

tra l’altro, che l’organizzazione dello sci di fondo veronese è nota anche a livello nazionale. Anche questa stagione infatti, dopo le edizioni 1999, 2002, 2007, 2009 e 2013, lo S.C. Bo-sco ospiterà i Campionati Ita-liani Assoluti, evento di mag-giore prestigio dato che in questa annata non vi saranno né mondiali né olimpiadi.

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Page 52: Pantheon 65 - La forza delle parole

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Anche quest’anno il Re-vival Rally Club Valpan-tena, manifestazione di

regolarità sport organizzata dall’omonimo club, è tornato a registrare oltre 200 equipag-gi iscritti (220) confermandosi manifestazione numero in Italia nella regolarità sport.Iniziato nel 2003, per festeg-giare i primi vent’anni del ral-ly club più longevo d’Italia con sede a Rosaro (Grezzana), il Revival Rally Club Valpantena in pochi anni ha raccolto i più alti riconoscimenti nazionali e internazionali come una fra le più ambite manifestazioni dai praticanti della specialità. Sulle strade della valle sono arrivati mostri sacri del calibro di San-dro Munari, Walter Rohl, Gian-franco Cunico, Miki Biasion, Ful-vio Bacchelli, Mauro Pregliasco e Vanni Tacchini, “Lucky” a bor-do delle vetture che li hanno vi-sti protagonisti negli anni d’oro della specialità.«È difficile anche per noi spie-gare il successo e l’affetto ver-so questa manifestazione» ha detto il presidente del comita-to organizzatore “Bob” Brunel-li. «Quando abbiamo iniziato questa avventura la regolarità sport era una specialità appena nata, non molti la conoscevano. Tutto è nato da una passione comune tra noi organizzatori e tra chi questa gara la corre o la viene a vedere. Il Revival Val-pantena è diventata una festa, un momento di aggregazio-ne dove appassionati dentro e fuori dagli abitacoli si ritrovano

per condividere la sana e au-tentica passione per l’automo-bilismo vero: quello senza com-puter, senza elettronica e con un pizzico di nostalgia».Durante la due giorni, quest’an-no in scena dal 12 al 14 novem-bre, tutto il territorio della Val-pantena si muove intorno alla manifestazione: strutture ricet-tive, piccole botteghe di paese, officine. Un modo concreto per aiutare l’indotto locale anche a fare promozione. «È già succes-so più volte» ha concluso Bru-nelli, «che concorrenti stranieri abbiano poi prenotato le loro

vacanze di Natale o di Pasqua qui sul nostro territorio». Come a dire che anche da una mani-festazione di auto possono na-scere interessanti sinergie.

La manifestazione di regolarità sport curata dal Rally Club Valpantena ha registrato an-che quest’anno l’affetto e il calore di pubblico e piloti con 220 partenti. Ecco il perché del successo di un evento che crea indotto su tutto il territorio e che aumenta, di anno in anno, anche l’affetto internazionale.

D A L L E A U T O D A R A L LyA L L A PROMOZIONE DEL TERRITORIO

di Matteo Bellamoli

sport 13° Revival Rally Club Valpantena

Soci fondatori RCV28 agosto 1983soci fondatori rally club Valpantena. 28 agosto 1983: roberto Brunelli, sergio Bru-nelli, alberto Zanchi, Paolo saletti, gian urbano Bella-moli, luciano Veronesi, ade-lino Brunelli, Maurizio tode-schini, luigi e Paolo iseppi

Comitato Organizzatore 12 novembre 2015comitato organizzatore rally club Valpantena 2015: roberto Brunelli, alberto Zanchi, gian urbano Bellamoli, sergio Bru-nelli, Paolo saletti. collaborato-ri tecnici Marco sartori e Mat-teo Bellamoli.

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Page 54: Pantheon 65 - La forza delle parole

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Dirigiamoci subito al suc-co, alle chiavi di volta che hanno portato fino

a noi i Sestomarelli. In realtà qualcosa abbiamo già intro-dotto, l’alternanza tra generi musicali diversi, che, tra tutte le esperienze che un musicista può accumulare nella propria carriera, saranno sempre una miscela di emozioni e cono-scenze da poter utilizzare a proprio piacimento in qualun-que momento per sviluppare i propri progetti. Poi ci sono loro, i due lavori della band “Acciaierie e ferriere lombarde folk” e “Possibilmente”, datati 2013 e 2015. Due album sfocia-ti in una lunga promozione sul campo, in numerose palchi cal-cati con la voglia di spaccare il mondo, un carico inesauribile di soddisfazioni. Poi si sa, se il prodotto è buono arrivano an-che altri tipi di soddisfazione, come aprire lo show di Danilo Sacco, l’ex voce dei Nomadi, alla Bandabardò e ai Figli di Madre Ignota. «I due album sono un importante sforzo sia in termini di professionalità sia di pura creatività. La composi-zione è un lavoro di fino, una sorta di continua nutrizione ed evoluzione, parte da pic-cole idee grezze che puntano decise alla compiutezza del prodotto-canzone. Il raggiun-

gimento di questo obiettivo è estremamente emozionante, soprattutto quando ci si trova ad eseguire dal vivo i brani sui quali si è tanto sudato ed ac-corgersi che al pubblico stan-no arrivando, piacciono». Questo il pensiero e le paro-le di Roberto Carminati, voce della band. Come non credergli? La mu-sica dei Sestomarelli ha viag-giato ormai per buona parte dell’Italia, uscendo anche dai

confini del Belpaese, facendo parlare di sé anche al festi-val Bustofolk, al Tinta Roja e al Riereta 20 Bis di Barcellona, passando tra le altre anche alla rassegna Festitalia di Bu-carest. Che altro dire, io ho ascoltato la loro musica, i loro lavori e personalmente li ritengo una bomba. Buttateci un orecchio anche voi: www.sestomarelli.com

UNDERGROUND

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Alessandro Aliprandi: chitarrista e mandol in ista;

Roberto Carminati: cantante - Alessandro Muscillo: bassista Mariela Valota: viol ino - Ricky Preda: batterista

20 anni di musica, 20 anni passati tra l’energia del rock ‘n’ roll e del punk, tra il ritmo reggae e le influenze pop, fino all’arrivo, al capolinea dell’urban folk, in tutto e per tutto destinazione e par-tenza per il nostro gruppo mensile: i Sestomarelli.

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1965-2015

F I L O T I M oa b i t i i n t e s s u t i n a t u r a l i

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edItorIa per ragazzI

Il lIbro: racconta la storia di nils holgersson, un ragazzino di quasi 14 anni, bello quando basta ma davvero «scansafatiche». una domenica mentre i ge-

nitori sono a messa, lui si spaparanza in giardino, finché uno gnomo, con una strana magia lo rimpicciolisce, come un folletto e in questa veste vive incredi-bili avventure. anzitutto incontra marten, la grande oca selvatica di famiglia, la quale gli propone di unirsi in volo alle altre oche selvatiche: il ragazzo-folletto, preoccupato per la reazione dei genitori, cerca di impedire che la grande oca prenda il volo, però marten è più forte e lo trascina via. Iniziano così uno straordinario viaggio, insieme alle altre sette oche selvatiche dirette al nord della svezia, guidati da akka originaria del monte Kebnekajse (in lepponia).

l’autrIce: la scrittrice svedese selma ottilia lovisa lagerlöf (1858-1940) (ma-estra elementare) doveva insegnare geografia, materia antipatica ai ragazzi da che mondo è mondo. Quindi nel 1906 pubblicò questo libro, nel quale ha saputo fondere realtà e fantasia: attenta al risvolto didattico. l’autrice racconta a nils come le è venuta questa ispirazione nel bellissimo capitolo «un piccolo podere». ne nacque un testo, diventato subito un classico della letteratura per ragazzi. selma lagerlöf, tre anni dopo, venne insignita del premio nobel per la letteratura (prima donna a riceverlo, ndr) «per l'elevato idealismo, la vivida immaginazione e la percezione spirituale che caratterizzano le sue opere».

curIosItà: presentiamo questo classico, perché riteniamo sia uno di quei li-bri, senza tempo, che tutti, almeno una volta, dovremmo leggere. tante le curiosità, su tutte prevale l’abilità e la sensibilità dell’autrice nel raccontare i ragionamenti e le emozioni degli animali, dimostrandoci che il loro sguardo può insegnarci molto. così dopo marten e akka, bataki il corvo saggio, smirre la volpe (nemica di nils e dello stormo di oche), l’aquila gorgo, l’alce pelogri-gio, il cane Karr, il corvo ventofretta (carismatico e capo violento dei corvi) e non poteva mancare garm pennabianca.

TITOLOIl viaggio meravigliosodi nils holgerssonAuTORelagerlöf selma eDIzIONImondadori oscar ragazziPrezzo: €9,5 - Pagine: 228 età di lettura: da 11 anni

a cura dialessandra scolari

boX oFFIce

Il FIlm: In un tempo in cui nulla sembrava impossibile, quando la scienza, la tecnologia e la religione si muove-

vano per riscrivere le regole che governavano la vita e la morte, uno scienziato, il dr. victor Frankenstein e il suo protégé Igor strausman, si ritrovano a ricercare insieme la loro visione comune del mondo. ma quando i piani di victor vanno in fumo, portando ad orribili conseguenze, soltanto Igor potrà salvare lo scienziato da se stesso e dalla sua mostruosa creazione. victor - la storia segreta del dott. Frankenstein è l’emozionante storia mai rac-contata dell’uomo che sta dietro al leggendario mostro.

tItolo: victorla storia segreta

del dott. Frankesteingenere: horror,

FantascienzaregIa: paul mcguigan

attorI: James mcavoy,daniel radcliffe

Jessica brown Findlay,andrew scott

uscIta (Italia): 26 novembre 2015

«e questi chi sono?». chiede il massiccio leader di una banda di motociclisti selvaggi. ma prima che il polverone si posi e l’ultimo pistone smetta di pompare, scoprirà di persona con chi ha a che fare, per la gioia di tutti i fan. mel gibson intuì sin da subito il successo che avrebbe avuto il suo personaggio; max rockansky, il temerario poliziotto tutto vestito di pelle che dichiara guerra ai motociclisti criminali che hanno preso di mira la sua famiglia. Questa guerra neo-punk combattuta sfrecciando per le strade infuocate di un’australia post-apocalittica, non prevede ostaggi.

Titolo: Interceptor - Genere: azione, Fantascienza - Durata: 93 minuti Regia:george miller - Attori: mel gibson, Joanne samuel, steve bisley, hugh Keays-byrne

classIcI da non perdere

a cura dimattia zuanni

fotografail codice Qrper vedereil trailer

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BELLEZZAA L N AT U RA L E

La lavanda, la cui varietà più comune ed utilizzata è la lavandula officinalis, è una pianta erbacea aro-matica ricca di proprietà benefiche, utilizzata spesso nella cosmesi e in generale in numerosi prodotti per la cura della persona. L’olio essenziale di lavanda, in particolare, è l’ingrediente chiave di una ricet-

ta cosmetica molto semplice che si può facilmente riprodurre a casa con pochi ingredienti:lo Scrub esfoliante corpo alla lavanda.

Unire 10 cucchiai di sale fino a 4 cucchiai dell’olio di mandorle dolci e mescolare bene. Aggiungere al composto di sale e olio 5 gocce di olio essenziale di lavanda e, se sono facilmente reperibili, una pic-cola quantità a piacere di fiori essiccati di lavanda, che danno al nostro scrub ancora più profumo e una migliore consistenza. Mescolare bene tutti gli ingre-dienti finché non si ottiene un composto uniforme, granuloso e non troppo liquido.

Questo scrub è adatto ad essere usato sul corpo, specialmente sulle gambe, in quanto unisce il potere levigante dei granuli di sale all’effetto emolliente e idratante dell’olio di mandorle dolci. Per utilizzarlo basta prenderne una piccola quantità, applicarlo con movimenti circolari e non troppo vigorosi sul-le zone desiderate e infine risciacquare con acqua

tiepida. Il risultato sarà una pelle liscia, rinnovata e idratata grazie all’olio di mandorle dolci!

L’olio di mandorle dolci è sostituibile con l’olio d’oliva, presente in tutte le case, o con l’olio di cocco, reperibi-le negli alimentari etnici o nei negozi specializzati nel biologico. Inoltre, è possibile utilizzare lo zucchero al posto del sale: questa sostituzione è particolarmente indicata per chi ha la pelle secca, in quanto il sale ha un effetto lievemente astringente non desiderabile per chi ha quel tipo di pelle. Per questa ragione si raccomanda di evitare le zone che presentano pelle irritata, scre-polata o ferita. Il sale fino può essere sostituito con il sale grosso da chi invece desidera un maggiore effetto esfoliante. Lo scrub alla lavanda si può conservare in un barattolo a chiusura ermetica, meglio se di vetro, ricor-dando però che, essendo naturale e non contenendo conservanti, è consigliabile utilizzarlo entro un paio di mesi dalla produzione.

• Sale fino • Olio di mandorle dolci • Olio essenziale di lavanda• Fiori essiccati di lavanda (facoltativo)

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ritorna agli splendori di un tempo la chiesuola dedicata a Santo

Stefano Protomartire grazie al lavoro degli artigiani di Confartigianato, al prezioso contributo di Edilcassa Veneto e all’intervento formativo di UPA Servizi. «La chiesa – ha riferito l’Arch. Gianfranco Dalle Pezze, progettista e direttore dei lavori - lasciata per molti anni all’incuria, è stata oggetto, dal 2008, di una serie di lavori di manutenzione interna che hanno

s a n ta m a r i a

i n s t e l l e

L E S S I N I A

permesso il suo recupero ed utilizzo. Lavori che sono rientrati in un progetto più ampio di manutenzione generale, che dall’ottobre 2014 ad oggi è culminato nel recupero delle facciate esterne, del campanile e delle annesse stanze parrocchiali». Costruita probabilmente sul luogo di una preesistente chiesetta chiamata “la Gesiola”, questa piccola prima chiesa fu eretta intorno alla metà del Cinquecento.

Il risultato dello scorso anno ha stupito piacevolmente tutti. E la piccola

Fraternità Lessinia, associazione nata nel 1985 a Corbiolo di Bosco Chiesanuova, ha scelto di riproporre la fortunata campagna di vendita dei cesti natalizi. Lo scopo dell’iniziativa è in primo luogo legata all’operatività dei ragazzi con disabilità, impegnati sia nel confezionamento dei cesti che nella realizzazione e creazione dei manufatti

in legno contenuti nelle confezioni, tutti realizzati presso il laboratorio di falegnameria interno alla struttura. Con i fondi raccolti sarà possibile provvedere all’acquisto di un pulmino per trasporto disabili in sostituzione dell’attuale, deteriorato dal tempo.È possibile vedere le creazioni natalizie sul sito: www.pflessinia.it.Per ulteriori informazioni: 045 7050706 Email: [email protected].

gioiello archeologico della Valpolicella, oggi, la Grotta di Fumane è pronta

per accogliere i visitatori con una nuova struttura annessa. L’edificio, fresco di realizzazione grazie all’impegno della Comunità Montana della Lessinia con il contributo del GAL Baldo-Lessinia attraverso i fondi del PSL (Programma di Sviluppo Locale, ndr) 2007-2013, sarà destinato a fungere da biglietteria, sala conferenze e laboratorio temporaneo per studiare i primi risultati degli scavi. «La

Grotta è un patrimonio di tutti», ha ricordato il sindaco di Fumane Mirco Frapporti, durante l’inaugurazione il 17 ottobre scorso. E infatti, la Grotta, conosciuta come uno dei maggiori monumenti della preistoria antica, è un giacimento di estremo interesse per comprendere il grande cambiamento biologico e culturale avvenuto nell’evoluzione umana attorno a 40.000 anni fa. Il prossimo progetto sarà la messa in sicurezza del sito, provvedimento già in programma per l’anno prossimo.

un’eredità che la scuola materna e asilo nido S. Maria Assunta si porta

dietro da molti anni. Da quando cioè la signora Franca Mariotti ha inventato quello che è stato il primo mercatino della vallata. Borse fatte a mano, tessuti e regali per una causa che merita un po’ di tutta quella domestica fatica. Ha dello straordinario anche il semplice fatto che genitori e nonni di alunni, ormai grandi, si prodighino ancora oggi, con rinnovato

entusiasmo, per il buon risultato della tradizionale manifestazione. Coordinati dalle instancabili sorelle Goretta e Rosanna Braga, i volenterosi aiutanti sono già all’opera dall’estate scorsa. L’apertura del mercatino è prevista nei giorni dal 6 all’ 8 dicembre, presso Sala Mariotti. Per festeggiare i cent’anni della scuola ci sarà un piccolo momento di festa nei pressi della chiesa. www.infanziastelle.it

Te r r i t o r i o a Sp i c c h iB r e v i d a V e r o n a e P r o v i n c i a

STALLAVENA

Restaurata la chiesa di S. Stefano Protomartire

FUMANE

Torna l’appuntamento ( imperdib ile) con il mercatino

ECCO i cesti natalizi della Piccola Fraternità, pieni di cose buone

G r o t ta : U N p a d i g l i o n e p e r o s p i ta r e l a b o r at o r i e r i c e r c A

a cura di miryam scandola

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se ne è andato, il 30 ottobre, Sergio Menegolli, una delle persone più

carismatiche del paese, definito dai responsabili della Pro Loco il «cardine della vita associativa del paese». Una grande perdita per la famiglia – la mamma Rosetta, la moglie Maria Teresa Salvagno, i figli Stefano e Sabrina e i parenti – e per il territorio: era amico di tutti e partecipava intensamente alla vita del paese. Nel 2000 Sergio venne eletto presidente dell’Associazione del gemellaggio Grezzana-Bodenheim (provincia di Mainz, Germania), che ha fatto vivere intensamente lungo questi 15 anni, meritandosi a pieno titolo di far parte anche del Comitato Provinciale Gemellaggi. Tra i suoi obiettivi aveva anche quello di presentare ai gemelli tedeschi, un paese accogliente e ordinato. Già, amava il bello e l’arte: incideva bellissime opere su rame. Sergio - solare, entusiasta, sempre pronto alla battuta e alla mediazione - riteneva l’amicizia il valore umano fondante e su

R O M A G N A N O

questo instaurava tutti i suoi rapporti. Ha detto bene la figlia Sabrina durante la messa di commiato «non avevi paura di niente, ti ho visto felice, preoccupato e arrabbiato, però mai triste. Mi spronavi a sorridere per te e per gli altri. Ringrazio Dio di avermi fatto nascere nella nostra aperta famiglia. Se uscivo con te ci fermavamo ogni momento a salutare qualcuno, se poi c’era anche la mamma era fatta…». Il celebrante don Piergiorgio Belloni, parroco di Stallavena, ha detto «Sergio era un guerriero che si è sempre prodigato per tutti, che amava la vita ed era felice quando lo erano anche gli altri». Spronando la comunità riunita in chiesa a seguirne l’esempio «prendiamoci a cuore la nostra vita e quella della comunità, nella quale ciascuno può dare il meglio di sé». Anche Hildegard Banderne rappresentante dell’Associazione Gemellaggio di Bodenheim ha ricordato «il grande talento di Sergio, impregnato nell’entusiasmo e nella forza dell’amicizia».

si terrà domenica 13 dicembre “Un grande evento per un grande aiuto”,

organizzato dall’associazione Voci Volti Onlus di Verona. La Onlus si occupa da diversi anni di cooperazione internazionale in paesi in via di sviluppo in particolare in Africa, in Tanzania, Mozambico e Guinea Bissau. L’evento si svolgerà in Gran Guardia e segna quest’anno la sua terza edizione. L’idea di questo evento, patrocinato dal

Comune di Verona e con il contributo di AGSM e Amia, nasce dall’intento di coniugare una serata di musica a un preciso progetto di solidarietà che coinvolga il maggior numero di persone possibile.La serata sarà animata dalla band fiorentina Killer Queen, e vedrà il sostegno al progetto ”Amabilis Bakery”, che vuole realizzare un panetteria a Morogoro, nella Tanzania centrale.

nata nel 1945 nei pressi dell’abitazione del vicario parrocchiale, la struttura,

gestita prima dalla congregazione “Sorelle della Sacra Famiglia”, dal 2000 è diretta da un Comitato di Gestione con personale laico. La scuola apre le porte ai genitori sabato 19 dicembre dalle 10.00 alle 12.00 e giovedì 21 gennaio dalle 16.00 alle 18.00. L’offerta formativa nella sua proposta è quanto mai originale: non ci sono cattedre ma spazi esperienziali per favorire lo

sviluppo individuale del bambino. Le maestre attuano la regia educativa come metodo, non sostituendosi al bambino nelle piccole grandi scelte che passano anche dal colore del pennarello. Suddivisi in due sezioni eterogenee, i bimbi ( al massimo una quarantina) diventano protagonisti della loro crescita educativa. Oltre alla psicomotricità da quest’anno è previsto anche l’insegnamento dell’inglese.Per info: 045-907449.

Te r r i t o r i o a Sp i c c h iGREZZANA

Il paese saluta Sergio Menegolli

CITTà

La scuola materna parrocchiale compie 70 anni

B u o n a m u s i c a p e r u n a b u o n a r a g i o n e

a cura dialessandra scolari

a cura di chiara boni

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IN CUCINA CONNICOLE

500gr di castagne

100gr di zucchero a velo

2 cucchiai di cacao amaro

2 cucchiai di latte

1 cucchiaino di liquore

500ml di panna da montare

4 patate americane

rosmarino

sale, pepe

olio extra vergine

Incidete le castagne e fatele cuocere in acqua bollen-te per 40 minuti. Estraete la polpa con un cucchiaino poi schiacciatela col passaverdure. Unite cacao, zuc-chero, liquore e latte, impastate bene e ripassate nel passaverdure. Montate la panna e componete il dolce.

Sbucciate e lavate le patate. Tagliatele a cubetti poi fatele cuocere in acqua bollente per 5 mi-nuti. Scolate, asciugate e condite con olio, sale, pepe e rosmarino fresco. Adagiatele sulla banda del forno ed infornate a 200 gradi per 20 minuti.

Ciao! Mi chiamo Nicole Scevaroli, Abito a Poiano ed ho una grande passione per la cucina. Sono

l'autrice del blog senzalattesenzauova.blogspot.it nel quale propongo ricette per intolleranti. In questa rubrica vorrei suggerirvi delle

ricette semplici, sane, divertenti e golose per trasmettervi la mia voglia di cucinare, infornare ed assaggiare!

[email protected]

Nicole Scevaroli

Le Ricette dal Mondo di

NICOLE

da dIcembre sarà dIsponIbIle Il mIo lIbro dI rIcette...Prenotalo subito su: [email protected] per un regalo davvero originale

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La birra artigianale di Verona prodotta in Lessinia.

TRIS

MEDIUM

MAGNUM

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3 bottiglie da 50 cl

(Pils - Fosca - Gold)

1 bottiglia da 75 cl

(Pils o Fosca)

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20,90euro

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La prima domanda che salta in mente dopo aver spiegato all’ennesimo zelante promo-

ter che la sua offerta non ci inte-ressa è «ma come fanno queste società ad avere il mio numero?».I casi principalmente sono due.Se il marketing telefonico afflig-ge una linea di utenza fissa è molto probabile che il venditore abbia preso il contatto diretta-mente dall’elenco.Ciò si può impedire chiedendo al proprio gestore la rimozione del nominativo dagli elenchi oppure effettuando l’iscrizione nel Regi-stro Pubblico delle Opposizioni (www.registrodelleopposizioni.it). Tramite quest’ultimo stru-mento il numero rimarrà pubbli-cato ma non potrà essere utiliz-zato per finalità promozionali.Quando invece ad essere ber-saglio di chiamate promozio-nali sono linee fisse “riservate” oppure telefoni cellulari è pro-babile che il numero sia stato consegnato al venditore proprio

dall’utente stesso.Infatti, in ogni occasione

in cui si stipula un con-tratto, si effettua

una registrazio-ne sul web, si partecipa ad un concorso, è prassi compi-lare il modulo c o n te n e n te i propri dati personali.Anche il dato r iguardante il numero di telefono, qua-si sempre in-dicato come obbligatorio, viene trascrit-to e conse-gnato, senza troppi pen-sieri, all’inter-locutore di

turno. Fino qui niente di male. È normale che per instaurare un rapporto giuridico le parti siano precisamente individuate e co-noscano le rispettive identità.Il problema sorge successiva-mente quando, per fretta o leg-gerezza, si appongono due-tre firme - oppure si clicca in se-quenza sul pulsante “accetto”- senza leggere con attenzione per cosa si sta prestando con-senso.Attenzione quindi alle sottoscri-zioni plurime con cui le azien-de acquisiscono il benestare al trattamento dei dati personali a fini commerciali ed anche per la cessione dei dati stessi a società terze. È di fondamentale impor-tanza sapere che non sono leciti i moduli con la casella del ‘sì’ già contrassegnata così come non è corretto il comportamento della società che sostengano di non poter dare corso agli impegni contrattuali se non si rilascia il consenso al trattamento dei dati personali per finalità promozio-nali (il supermarket che si rifiuta di concedere la tessera fedeltà o il gestore di telefonia che non at-tiva l’offerta o il sito web che si ri-fiuta di prestare un servizio, ndr).

Leggere con accuratezza e spuntare le caselle dei ‘no’ sono accorgimenti utili per evitare un’ulteriore dispersione dei pro-pri dati personali, ma è anche possibile impedire a chi già pos-siede il nostro numero di telefo-no di continuare ad utilizzarlo.Infatti, il consenso al trattamen-to dei dati personali può essere modificato o revocato in qualsi-asi momento esercitando i diritti previsti dal Codice della Privacy.Per prima cosa bisogna chiedere all’operatore che ci sta telefo-nando da dove ha attinto il nu-mero di telefono. Bisogna poi chiedere chi è il re-sponsabile del trattamento dei dati ed infine opporsi ad un fu-turo utilizzo del dato. Se ciò non bastasse si dovrà inoltrare una formale richiesta al titolare del trattamento dei dati personali tramite i moduli predisposti dal garante della Privacy per la can-cellazione dei dati (www.garan-teprivacy.it). E se ancora non fosse sufficiente ci si potrà rivolgere ad Adicon-sum Verona per presentare ri-corso al Garante o, nelle ipotesi più gravi, ricorrere all’Autorità Giudiziaria.

Il peggior incubo dell’utente di telefonia, con un po’ di pazienza ed alcune accortezze, può essere eliminato o, perlomeno, ridotto.

adIconsum Consumatori consapevoli

C H I A M A T E P R O M O Z I O N A L I ?D I A M O C I U N TA G L I O di Carlo Battistella per Adiconsum Verona

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Frantoio Arvedi

è P R O N T O L’ O L I O N U O V OP r o d u z i o n e e c o n f e z i o n a m e n t o n e l p r o p r i o f r a n t o i o

i n l o c a l i tà C u z z a n o c o n s o l e o l i v e d i p r o p r i e tà

t e l . 0 4 5 9 0 7 0 4 5 - f a x 0 4 5 2 3 7 5 5 7 1 - o l e i f i c i o @ v i l l a r v e d i . i t

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FERRARI divisione FUOCOVia S. Caterina, 30 - 37023 Lugo di Grezzana (VR)Telefono 045.880.10.39E-mail: [email protected] - Sito-web: www.ferrarifuoco.itOrari di Apertura dello Showroom: Lun - Ven 7.00-12.00 - 13.00-18.00 Sab: 8:00-12:00 - Domenica Chiuso.

RIVENDITORE AUTORIZZATO:

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