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15 come si fa gol? > su cross; > su iniziativa individuale; > su combinazioni a due o a tre; > su errore dell’avversario; > su calcio piazzato. Le azioni che preparano l’ultimo passaggio, quelle cioè che permettono ad un giocatore di finalizzare il gioco tirando in porta, riscuotono sempre il favore del pubblico… attenzione quindi alle squadre che soffocano il gioco avversario ammassandosi intorno alla palla! u cross e ricezione I gol segnati su cross, in particolare su quelli all’indietro, sono spesso molto spettacolari. 11 è spostato in profondità sulla fascia sinistra. 10 gli passa il pal- lone sulla corsa, 11 supera l’avversario e crossa al centro. , che ha anticipato e superato 4, riceve al volo e fa gol. 11 11 2 4 5 11 9 10 capitolo I u obiettivo: fare gol

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come si fa gol?

> su cross;> su iniziativa individuale;> su combinazioni a due o a tre;> su errore dell’avversario;> su calcio piazzato.

Le azioni che preparano l’ultimo passaggio, quelle cioè che permettono ad un giocatore di finalizzare il gioco tirando in porta, riscuotono sempre il favore del pubblico… attenzione quindi alle squadre che soffocano il gioco avversario ammassandosi intorno alla palla!

u cross e ricezione

I gol segnati su cross, in particolare su quelli all’indietro, sono spesso molto spettacolari. 11 è spostato in profondità sulla fascia sinistra. 10 gli passa il pal-lone sulla corsa, 11 supera l’avversario e crossa al centro. �, che ha anticipato e superato 4, riceve al volo e fa gol.

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capitolo I u obiettivo: fare gol

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Termini come “allargamento sulle fasce” o “attacco”, “ripiegamento strategico”o “manovra di diversione” nascono dal vocabolario militare. Così il calcio, dove due squadre si affrontano per contendersi un pallo-

ne, è prima di tutto una “guerra” che divide gli spettatori. Alcuni di loro si iden-tificano con i tattici e sognano di vedere ciò che più amano: la raffinatezza dei tocchi, gli scambi corti, il gioco del gatto col topo di cui apprezzano l’astuzia, la riflessione, l’intelligenza. Gli altri preferiscono invece la forza, l’impegno, la determinazione, i grandi spazi.Giocatori, spettatori, dirigenti, giornalisti, o allenatori: in quale gruppo vi col-locate? Bisogna rafforzare le linee o filtrarle, sfondarle o aggirarle? La guerra teorica delle tattiche e delle strategie oppone i dialettici del calcio, e non so-lamente gli attori in campo. L’obiettivo resta sempre vincere senza infrangere le regole.Ad ogni modo, di forza o di finezza, alcuni giocatori sono riusciti ad imporre la loro personalità.Un giocatore non può giocare contro la propria natura. Un allenatore com-petente non può incatenare l’attore più eclettico, ma deve disporre in campo il “blocco squadra” e una strategia che siano adatti all’avversario, tenendo conto dei suoi punti di forza e di debolezza.Se il gruppo dei giocatori agisce nel rispetto dell’avversario, il gioco sarà più limpido e lo spettacolo più apprezzato. L’importanza della sfida non deve si-stematicamente snaturare ed appiattire il gioco.Quando una squadra ha una grande superiorità su quella avversaria, monopo-lizza il pallone e conduce il gioco a proprio piacimento; può quindi concretiz-zare la sua supremazia in campo realizzando numerosi gol. Le sue costruzioni di gioco sono spettacolari, l’avanzamento del pallone è rapido e preciso, ed i piazzamenti degli attaccanti sono adatti a moltiplicare le conclusioni. Non si può però impedire ad una squadra considerata più debole di organizzarsi di conseguenza, occupando la sua metà campo e puntando esclusivamente sul contropiede. La sua prima preoccupazione diventa quella di evitare una pioggia di gol, ma non è escluso, al momento di una delle sue rare incursioni nell’area avversaria, che possa anche riuscire a segnare. Se ci si trova allora in grande difficoltà a trovare spazio per il tiro, visto il disturbo del blocco difensivo avversario disposto in modo chiuso e compatto, starà alla squadra più forte cercare delle soluzioni vincenti.Quali sono, in modo schematico, le organizzazioni difensive più spesso adot-tate e più adatte al gioco moderno?Essendo l’obiettivo quello di far avanzare il pallone nelle fila avversarie, il di-spositivo difensivo di una squadra ha come principio di base:

> la protezione della propria porta> la riconquista del pallone per passare dall’azione difensiva a quella

offensiva.

capitolo II u dalla tecnica alla tattica

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Rispetto il pensiero dei sognatori e dei teorici idealisti. Nel caso specifico del “duello”, aspetto di leggere quello che loro consigliano per arrivare a rifiutare questo termine.

Tranne quando il giocatore, con il suo anticipo, con la sua velocità, o per il vantaggio di una deviazione, s’impossessa del pallone con un’apparente fa-cilità, il duello è un elemento costitutivo e fondamentale del gioco del calcio. A seconda della zona del campo, esso mette in evidenza un certo numero di qualità che permettono, in assenza di opposizione, di appropriarsi del pallone, di mantenerne il possesso, di passarlo…o di concludere a rete.Quando al giocatore in possesso di palla questa viene sottratta nel rispetto delle regole, si tratta di un duello. Il faccia a faccia portiere-attaccante, è un duello. La palla che passa di compagno in compagno, non esclude il disturbo od il tentativo di disturbo da parte degli avversari che cercano di riprendere il pallone. Il calcio prende in prestito dai moschettieri il loro motto; nella riconqui-sta del pallone, nei piazzamenti e negli spostamenti devono essere combinati, e la copertura del terreno di gioco deve essere completa; nell’area offensiva, in prossimità del portatore di palla, i giocatori devono moltiplicare gli sforzi e andare ad occupare delle posizioni utili a far seguire l’azione o a finalizzare: “Tutti per uno.”Sia il difensore che, per il suo senso della posizione e con un buon interven-to, riprende la palla all’avversario, che il dribblatore talentuoso che s’infila in una difesa molto compatta per sfondare le fila avversarie o offrire un assist al compagno di squadra, giocano per la collettività e danno vita così alla formula: “Uno per tutti”.I duelli si realizzano e si succedono nel contesto del gioco, ne sono cioè la tra-ma fondamentale. Saper guidare la palla attraverso gli ostacoli non è garanzia di successo nel dribbling. Se ci dovesse essere una relazione tra questi due esercizi, è proprio davanti all’avversario che il dribblatore sperimenta i suoi “saper-fare”.

Quando il giocatore è in grado di affrontare l’1 contro 1 con una certa efficacia, dobbiamo introdurlo ai concetti di sostegno, appoggio, chiamata.

A u riconquistare - attaccare - concludere

La riconquista del pallone può riuscire nell’1 contro 1, essere preparata nell’1 contro 2, oppure essere perseguita nella costruzione di un attacco fino al tiro in porta.A seconda della disposizione in campo della vostra squadra in profondità e nelle fasce laterali, nel gioco vengono continuamente interrotti e poi ricompo-sti dei triangoli. É per questo motivo che sostegno, appoggio, chiamata sono delle posizioni e delle azioni chiave per la costruzione del gioco.

capitolo III u in cerca del gioco combinato

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Lo sviluppo delle organizzazioni di gioco verso un maggior rigore e gli enormi progressi realizzati nel campo della preparazione atletica non de-vono negare ciò che fa spettacolo in una partita: la tecnica. Scegliere

un’azione piuttosto che un’altra è una capacità data dall’intelligenza tattica, ma gli spettatori più esperti che si dicono poco soddisfatti delle strategie più complesse, elogiano prima di tutto l’apparente facilità, la precisione e l’ele-ganza del gesto tecnico, l’efficacia di Di Stefano, Pelé, Kopa, Beckenbauer, Cruyff, Platini, Zidane, Beckham, Figo, Henry, Ronaldo, Ronaldinho o quelle del campione della propria squadra.

Ci sembra fondamentale non solo ricordare la varietà delle possibilità tecniche del gioco di piede, ma anche precisare, secondo la forma del gesto, certe finezze che possono sfuggire ad un normale osservatore.

Il divieto di usare le mani per dieci giocatori su undici, a parte la rimessa in gio-co, ha via via aumentato la creatività dei calciatori. L’uso del petto, dell’esterno piede, del tacco si è arricchito, modellato ed affinato attraverso le partite e gli allenamenti.Il senso acrobatico ha poi permesso al brasiliano Leonidas, ora vicino ai set-tant’anni, di effettuare quella sforbiciata che tutt’oggi i pulcini delle scuole cal-cio tentano di imitare.

La tecnica è nata dal gioco e si perfeziona anche al di fuori di questo , ma è nel gioco che ritorna perché è lì che trova la sua espressione più alta, nel confronto continuo tra due squadre ed a servizio del senso tattico.

Non è un caso se nel calcio, in gergo, quando si parla di un giocatore medio-cre, si usa dire in modo dispregiativo che ha i piedi storti o quadrati!È vero anche che i puristi per mettere in evidenza le capacità di un giocatore abile tecnicamente, usano il verbo “accarezzare” la palla per lodare il suo uso del piede, paragonabile appunto a quello di una mano. Speriamo che in futuro il vocabolario dello sport omologhi il termine “pédier”* (= usare i piedi) la cui va-lenza semantica ci pare più adatta al contesto, quando si sa che “maneggiare” la palla può costare un rigore!

Considerando il piede come mezzo principale e con esso alcune superfici complementari di contatto, vi proponiamo di passare in rassegna, con un pun-to di vista un po’ nuovo, gli elementi della tecnica e le loro caratteristiche.

capitolo IV u la tecnica

*Vocabolario incerto sul piano letterario, ma significativo per i giocatori.

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u ieri, oggi e domani: i principi del gioco sono eterni

La querelle sul calcio tra gli anziani ed i moderni, più di carattere teorico che pratico, esiste ancora. Parlare di difesa a uomo e di difesa a zona è quasi come toccare le

guerre di religione. Gli undici giocatori muovono il pallone per attaccare oppure aspirano a riconquistarlo: con energia e determinazione nel confronto diretto, con un acuto senso tattico nelle situazioni d’inferiorità numerica (ad esempio 1 contro 2), o con la trappola del fuorigioco. Senza tempi morti. Nel calcio moderno, la partita può allungarsi ai tempi sup-plementari. I raggruppamenti difensivi si posizionano in velocità a “grande V”. Anche il minimo errore si paga molto caro. È per questo motivo che difensori bravi nel piazzamento, dalla capacità di giudizio e dalla buona tecnica come Laurent Blanc, Marcel Desailly, Lilian Thuram, Maxime Bossis, Marius Trésor, Manuel Amoros…fanno carriera.

I “recuperatori” di palla vigili e attenti, la cui attività non si ferma mai, come Didier Deschamps, Makelélé, Vieira, combattono ostinatamente per tutta la partita. Gli abili centrocampisti offensivi, come Platini, Zidane, Beckham, si impegnano con buon esito ed eleganza a far filtrare l’ultimo passaggio per la punta, oppure ad aumentare il proprio bottino personale. I “girovaghi” del cam-po del calibro di Fontaine, Onnis, Skoblar, Muller, Papin, Shevchenko, Pauleta, Trezeguet, Van Nistelrooy, più rapidi della loro ombra e astuti come una volpe, mirano con forza e prepotenza al bersaglio oppure realizzano di finezza, sen-za dimenticare quei cannonieri che amano partire da lontano, come Thierry Henry.

In mancanza di un ruolo iniziale o di una funzione di base, il giocatore moder-no si evolve sfruttando tutte le sue potenzialità. Esemplare è l’immagine che ha per sempre fissato nella mente di tutti Lilian Thuram proiettandosi in fase d’attacco durante Francia-Croazia, e battendo per ben due volte i pali di Ladic. Occorre sapere, per rispetto della storia, che la settimana precedente Aimé Jacquet, allenatore molto più acuto di quello che credevano i suoi detrattori, aveva buttato là una battuta durante la preparazione: “Insisti Lilian, mettici maggior convinzione, altrimenti rischi di non segnare mai nella tua carriera”. Il generoso Antillais continua a dimostrare che, come Lisarazu, Desailly, Mexès, Boumsong, il principio di gioco “tutti attaccano, tutti difendono” s’im-pone come una regola di comportamento indispensabile nel calcio del terzo millennio. Più che mai sono importanti la mobilità, il proporsi in tutte le fasi, le combinazioni, i sostegni, gli appoggi, le chiamate di palla, gli scivolamenti, gli sganciamenti, la copertura alternata, partecipando allo sviluppo del gioco senza comprometterne precisione e affidabilità.

capitolo V u i principi del gioco

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capitolo VI u lo spirito del gioco

Nessun gioco, pur semplice che sia, può svolgersi senza delle regole. Anche i bambini a scuola quando giocano lo fanno rispettando i re-golamenti prestabiliti. Questi possono variare da un paese ad un altro,

ma ovunque resta il concetto alla base. La popolarità del calcio, dal livello regionale, passando per quello nazionale fino all’ internazionale, condusse l’In-ternational Board a regolamentare il gioco per facilitarne la diffusione e favorire gli scambi sportivi e culturali nel mondo.

Nel 1862, al collegio d’Eton, potevate essere oltre la linea della palla a condi-zione di contare almeno quattro avversari davanti a voi. Altrimenti eravate uno “sneack” (un vile ipocrita) e dunque penalizzabile.

Prima della regola sull’arbitro (18�0), i capitani di squadra dei collegi facevano le regole tra di loro. Un giocatore espulso usciva sempre con dignità, senza protestare.Quando gli arbitri appaiono per la prima volta, erano scelti tra i capitani delle squadre. Erano i primi giudici di gara, ed erano inattaccabili. Stavano fuori dal campo, ed avevano il potere di concedere o annullare un gol. La loro autorità si estendeva fino all’espulsione: erano considerati incorruttibili. Il collegio di Chelteman elaborò per primo l’idea di introdurre un osservatore neutro as-sistito da altri due giudici; questi riferivano all’arbitro di gara principale, che decideva in caso di dubbio. Poteva, su suggerimento educato ma fondato di un capitano o di un altro giocatore, fischiare un rigore contro chi commetteva un fallo.

Che ne pensate voi, giocatori del terzo millennio?

Il rigore è necessario. Gli insegnanti devono essere intransigenti, gli arbitri de-cisi, e le sanzioni esemplari. I dirigenti dei grandi club, i loro direttori tecnici e gli allenatori devono mantenere la calma in tutte le circostanze. Al di là degli interessi commerciali, il calcio è, per definizione, un gioco. Le sue regole de-vono essere rispettate. L’iniziativa di Daniel Diguet, presidente della Bassa-Normandia, di firmare una carta del fair play arbitri-allenatori è sì affascinante per gli uni, ma nel contempo ingenua per gli altri. La sua efficacia dipenderà dall’insieme degli attori coinvolti, sia sul campo che fuori. Cinquant’anni fa, Georges Capdeville aveva già tentato di riunirli, durante il primo stage degli arbitri federali ed internazionali all’Istituto nazionale dello sport; erano gli inizi degli anni ‘�0, ed apprezzai moltissimo il primo faccia a faccia con il capo degli arbitri che aveva diretto la finale del Mundial ’38.

Specialista in questa disciplina, fui incaricato di dirigere ogni mattina una se-duta di preparazione atletica per gli arbitri. Il terzo giorno, Georges Capdeville mi chiese senza giri di parole: “Jo, non so perché, ma non piaci ai miei colleghi.

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Tutto il mondo ha capito oggi che, senza potenzialità atletiche, non è possibile imporre la propria tecnica e metterla al servizio della propria intelligenza tattica. Le qualità fisiche, dunque, si adattano strettamente

alle realtà di gioco. Se l’efficacia degli scatti fa appello alla velocità pura, l’atti-tudine a ripeterli si basa sulla durata e sulla resistenza. Il senso dell’equilibrio, la coordinazione e il controllo degli appoggi assicurano il successo degli stop, dei mezzi giri, dei cambi di direzione.Se il “timing”, la capacità di eseguire il gesto nel giusto momento, è indispensa-bile per il gioco di testa, è l’allungamento che però fa la differenza. Apparentato con la potenza, legato alla forza ed alla velocità, è una qualità determinante anche nel tiro dove la buona riuscita del gesto beneficia anche della sua poten-za. Il successo di numerosi elementi riferiti alla tecnica dipende dall’elasticità e dall’agilità, in particolare per la finta, il dribbling, e per i tiri al volo acrobatici.Tutte queste qualità indispensabili devono adattarsi alle esigenze del calcio. La velocità si differenzia nettamente da quella necessaria per una gara dei 100 metri piani; oltre al fatto che si esprime molto spesso per distanze tra i 10 ed i �0 metri, essa fa appello più alla capacità di giudizio ed al senso dell’antici-po. Partire troppo presto (e finire in fuorigioco), partire troppo tardi (ed essere anticipati), saltare in alto ma fuori tempo, sono degli handicap insormontabili. Occorre sempre tenerne conto.Inoltre le risorse atletiche sono rivelatrici della tecnica; la miglior prova è data da Pelé che ha mostrato in diversi momenti che, nonostante il passare degli anni, il suo controllo di palla restava eccezionale. I suoi “saper-fare” erano in-tatti, ma non gli permettevano più di imporre il suo gioco contro un avversario che paralizzava fisicamente la sua azione. Non era più sufficiente solo “saper fare”, ma diventava necessario “poterlo fare”. Quando i giocatori di alto livello tecnico appendono le scarpe al chiodo, è sempre per questa ragione. Il loro senso tattico resta intatto, la loro tecnica anche, ma le loro qualità fisiche cala-no drasticamente: diventano meno rapidi, meno potenti, meno elastici, meno agili, e dunque il loro potere atletico diminuisce. Come conseguenza, diventa-no meno veloci e meno pronti, e i loro gesti si rivelano meno efficaci. Arrivano a perdere quasi sempre un tackle contro l’avversario, e di conseguenza la palla sfugge facilmente al loro controllo.Dopo una dimostrazione di gioco al volo da parte di due istruttori miei amici durante uno stage della nazionale, un osservatore perspicace li avvicinò con queste parole:

- Posso permettermi un’osservazione?- Certamente!- Sono ormai una decina d’anni che voi partecipate a questo stage e io ho no-tato una chiara evoluzione nel vostro atteggiamento; siete molto più flessibili.

L’elasticità muscolare ed articolare era la causa e la prova vivente dell’impor-tanza di questa qualità, tra l’altro tra le più facili da allenare.

capitolo VII u potere - sapere - volere

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Su suggerimento del mio amico e collega Raymond Chappuis, appassio-nato di “ricerca”, Igor Barrère, uno dei pionieri dell’ORFT, mi invitò un giorno ad una trasmissione televisiva, finalizzata allo studio della perso-

nalità di alcuni giocatori. Sotto sua richiesta, indicai tre giovani calciatori, diffe-renti per struttura atletica e carattere. Se rivedessero oggi questo filmato, sen-za dubbio si ricorderebbero dell’esperienza che hanno vissuto con Igor Barrère prima di affermarsi in campo internazionale: Jacky Novi, difensore centrale (20 convocazioni in nazionale A), Hervé Revelli centravanti capace di dare soste-gno e di concludere (�0 convocazioni) e Georges Bereta, ala di allargamento e grande crossatore (44 presenze). L’esercizio consisteva nell’osservare una foto, comprenderla, analizzarla, calcolare al tempo stesso la situazione e poi l’eventuale azione che si sarebbe potuta realizzare a partire da questa. L’espe-rienza appurò il senso tattico e la personalità dei giocatori testati.

Ero tentato in questo manuale di sperimentare lo stesso esercizio su qualche personalità del pianeta calcio odierno, e di confrontare le analisi schematiche:

> di giocatori di talento attivi o non più attivi;> di allenatori coinvolti nel circuito internazionale, nazionale, regionale…;> di istruttori di giovani;> di giornalisti competenti;> di dirigenti preparati.

Ringrazio tra loro quelli che mi avevano dato la loro disponibilità, direttamente o sotto l’egida della Direzione tecnica nazionale, dell’ “Amicale des educa-teurs”, dell’U.N.F.P., dell’U.N.E.C.A.T.E.F., dell’Association des cadres techni-ques, dell’“Amicale des anciens de l’I.N.S.” che organizza stages di formazio-ne e di perfezionamento nazionale ed internazionale.Ho rinunciato e ho scelto, assieme alle Edizioni Amphora, i Sigg. Renaud Du-bois e François Gil, ed una formula più adeguata. Ai lettori giudicare. L’uso del video sembra oggi permettere a tutti i tecnici di analizzare meglio per meglio comprendere. In ogni club l’allenatore esamina con attenzione le immagini dell’ultima partita della sua squadra e del prossimo avversario. La visita al magnifico e funzionale complesso de “La Gaillette” del R.C. Lens ci ha permesso, grazie a Michel Ettore, di assistere allo studio e alla scelta delle immagini, alla selezione e al montaggio di sequenze elaborate da Marc Hou-venaeguel, insegnante ed appassionato di calcio e di video. La successione, e poi ancora la lettura e l’analisi delle sequenze è necessariamente ispirata, realizzata e orchestrata durante la visita del n.1 tecnico del club Joël Muller e del suo staff. Grazie all’accoglienza del personale tecnico e di un presiden-te innovatore come Gervais Martel, quando abbiamo messo piede in questo centro, abbiamo assaporato lo stesso spirito che ispira le migliaia di appassio-nati spettatori che frequentano il Félix Bollaert. Oggi Francis Gillot, successore

capitolo VIII u l’immagine parla

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Se all’alba del terzo millennio, l’Asia conferma le sue ambizioni anche nel calcio, alcuni ricercatori ricordano che il gioco della palla c’era già in Cina prima di Gesù Cristo. Se avessi saputo che, nonostante le critiche

dei suoi cortigiani, l’imperatore Qin Shi Huang Di, aveva imposto il pallone come esercizio militare alle sue truppe d’èlite, una delle più grandi emozioni della mia vita sarebbe stata la scoperta della sua tomba a XiAn, 116� km a ovest di Pechino. Fui comunque rapito da questo gruppo immobile e muto di guerrieri di terracotta che proteggevano l’ultima dimora dell’imperatore morto nel 210 a.C.

Praticavano davvero nella provincia dello Shandong il “cuju”, questa forma arcaica di calcio? Restiamo in attesa che gli studiosi cinesi facciano luce su questa parte della loro storia.

In Giappone, circa mille anni più tardi, gli imperatori Engi e Tenrei incoraggia-vano la pratica dei giochi di palla con i piedi. Veniva precisato addirittura il diametro dei palloni, da 21 a 24 centimetri. Più curiosa la grandezza dei terreni che andavano da �4 a �� metri in lunghezza per una larghezza dai 14 ai 24. Ci si interroga su quali potessero essere le regole ed il numero dei praticanti… sarebbe poi improprio non apprezzare l’originalità dei paletti che formavano le porte: un ciliegio, un acero, un salice, un abete… Altrettanto interessanti sono le immagini tramandateci dalle tavole del grande artista Schumcho, scoperte dal professore Yamagato, su cui si vedono, dettaglio interessante, i giocatori che portano scarpe…da calcio.

In Africa, la koura berbera fa parte del programma delle feste religiose orga-nizzate per assicurarsi, a seconda delle circostanze del momento, la fertile pioggia …oppure la siccità.

I giochi d’Olimpia, in Grecia rivelarono il successo dei giochi con la palla, l’ap-poraxis e l’épiskyros. Vasi dipinti e statue ne testimoniano l’esistenza dal mo-mento della loro ideazione nel 776 a.C. ed almeno fino al 396 d.C.

Nella Roma antica c’è l’harpastum che le legioni di Cesare esportano nelle loro conquiste in Gallia, �2 anni prima della nascita di Cristo. In questo caso gli storici sono soliti leggere i giochi con la palla come una trasposizione ludica delle reali battaglie di conquista che impegnavano i romani. Il calcio fiorenti-no ha le sue radici in Grecia prima di riproporsi nelle terre di Vercingetorige. Guglielmo il Conquistatore e i suoi Normanni furono forse dei precursori, in-troducendo la soule in Inghilterra. La melle, la savate (lotta libera francese), la barrette, la choule, sono forse gli antenati del calcio? In tutti questi giochi è sempre protagonista l’uso del piede. Il pallone, che fosse imbottito di cuoio o di crusca, riempito di sabbia o gonfiato d’aria, era la sfera emblematica del

capitolo IX u brevi cenni storici