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Istituzioni di diritto privato Le obbligazioni nascenti da negozi unilaterali Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) LE OBBLIGAZIONI NASCENTI DA NEGOZI UNILATERALIPROF. BERNARDINO IZZI

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Istituzioni di diritto privato Le obbligazioni nascenti da negozi unilaterali

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Istituzioni di diritto privato Le obbligazioni nascenti da negozi unilaterali

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Indice

1 LE OBBLIGAZIONI NASCENTI DA NEGOZI UNILATERALI IN GENERALE ----------------------------- 3

2 PROMESSA DI PAGAMENTO E RICOGNIZIONE DI DEBITO -------------------------------------------------- 5

3 LA PROMESSA AL PUBBLICO ------------------------------------------------------------------------------------------- 6

4 I TITOLI DI CREDITO ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 8

CONCETTO E FUNZIONE --------------------------------------------------------------------------------------------------------- 8 CARATTERISTICHE DEI TITOLI DI CREDITO ----------------------------------------------------------------------------------10 TITOLI ASTRATTI E CAUSALI ---------------------------------------------------------------------------------------------------11 TITOLI NOMINATIVI, ALL’ORDINE ED AL PORTATORE ----------------------------------------------------------------------11 TITOLI CAMBIARI, RAPPRESENTATIVI E DI PARTECIPAZIONE -------------------------------------------------------------12 LE ECCEZIONI OPPONIBILI DAL DEBITORE ----------------------------------------------------------------------------------13 L’AMMORTAMENTO -------------------------------------------------------------------------------------------------------------13

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1 Le obbligazioni nascenti da negozi unilaterali in generale

Il contratto costituisce una figura generale ed è consentito alle parti di concludere anche

contratti non previsti dalla legge ai sensi art. 1322 c.c. (da cui la distinzione tra contratti tipici e

atipici).

Diverso è il principio che regola la promessa unilaterale di una prestazione. Questa, infatti,

non costituendo, come il contratto, una fonte generale di obbligazioni, produce effetti giuridici solo

nei casi previsti dalla legge (art. 1987 c.c.).

Qui, quindi, vale il principio della tipicità, rimanendo preclusa all’autonomia dei privati la

possibilità (ampiamente consentita per i contratti) di creare promesse unilaterali atipiche, cioè oltre i

casi espressamente previsti dalla legge.

La ragione di tale sfavore deriva da ragioni storiche e cioè dall’idea, oggi in larga parte

contestata, che l’attribuzione della liberà ai privati di dar luogo a schemi atipici fosse ammissibile

solo dove l’assunzione di un’obbligazione avvenisse in seguito ad uno scambio (e quindi a seguito

di un contratto), mentre andasse negata ogni qual volta derivasse da un impegno unilaterale1.

Le promesse unilaterali sono negozi giuridici, appunto, unilaterali caratterizzati dal fatto di

dar vita ad un’obbligazione a carico del promittente a prescindere da qualsivoglia manifestazione di

volontà del promissario2, a cui si applicano, in quanto compatibili, le norme che regolano i contratti

3

(art. 1324 c.c.)

Quelle enumerate da codice sono:

a) la promessa di pagamento

b) la ricognizione di debito

c) la promessa al pubblico

d) i titoli di credito.

1 B. INIZIARI, Gli altri atti o fatti fonti di obbligazioni, in Istituzioni di diritto privato a cura di M. Bessone, Torino, p.

536 ss. Proprio in ragione di ciò la dottrina più moderna ha cercato di mitigare le conseguenze di tale principio,

affermando che quella prevista dall’art. 1987 c.c. è una tipicità relativa solo allo schema previsto dal legislatore, nel

senso che rimarrebbe comunque consentito al promittente di modellare il contenuto della promessa unilaterale a

condizione che lo schema legislativo non venga alterato. Sul punto v. F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, p.

657 2 F. GAZZONI, op e loc. ult. cit.

3 A. TORRENTE, P. SCHESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, p. 640 ss.

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2 Promessa di pagamento e ricognizione di debito

La promessa di pagamento è la dichiarazione unilaterale con cui un soggetto promette ad

un altro di effettuare una prestazione in suo favore (ti prometto cento).

La ricognizione di debito è, invece, la dichiarazione unilaterale con cui un soggetto

riconosce di avere un debito nei confronti di un altro (riconosco che ti devo cento).

Si tratta di fattispecie assimilabili l’una all’altra, in quanto si caratterizzano per il fatto che

esse non determinano la nascita di un’obbligazione a carico del promittente o di chi opera la

ricognizione di debito, in quanto producono come effetto solo l’inversione dell’onere della prova,

nel senso che il rapporto fondamentale da cui scaturisce la promessa o la ricognizione si presumerà

esistente fino a prova contraria; prova che è a carico del promittente o di chi ha operato il

riconoscimento. (art. 1988 c.c.).

In altri termini, se nulla era dovuto, una semplice promessa unilaterale non è idonea a far

sorgere l’obbligazione; invece, se prometto di pagare quanto già dovevo, l’obbligazione non sorge

ora, ma era sorta già a suo tempo.

Gli istituti in esame, dunque, operano sul piano processuale. Infatti la persona a cui favore

sono stati rilasciati una promessa di pagamento o un riconoscimento di debito è dispensata

dall’onere di provare i fatti che giustificano il credito che egli può, quindi, far valere in base alla

dichiarazione unilaterale ricevuta, perché in virtù di questa il credito si presume che esista

realmente (se così non fosse il dichiarante non avrebbe avuto ragione di riconoscere un debito

inesistente o di promettere un pagamento non dovuto). Si tratta, però, di una presunzione relativa,

nel senso che determina solo un’inversione dell’onere della prova, essendo consentito al dichiarante

di dimostrare di non essere realmente debitore o che la promessa deriva da una causa illecita.

Sia la promessa di pagamento che la ricognizione di debito possono essere “pure” (o

astratte) o “titolate”, a seconda che non sia o che sia indicato nella promessa o nell’atto ricognitivo

il rapporto fondamentale.

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3 La promessa al pubblico

Tra gli atti unilaterali che sono fonti d’obbligazioni vi è anche la promessa al pubblico,

ossia la promessa di una prestazione fatta a favore di chi si trovi in una determinata situazione

(ricompensa per il primo acquirente di un determinato prodotto o alla madre di chi sia nato in un

determinato luogo o giorno, ecc.) o abbia compiuto una determinata azione (ricompensa per chi

trova un cane smarrito, per chi scriverà il miglior libro su di un determinato argomento, ecc.) (art.

1989 c.c.)

Secondo i più qui sorge un vero e proprio vincolo obbligatorio a carico del promittente dal

momento in cui la promessa è stata resa nota al pubblico (giornali, affissioni, radio, internet, ecc.),

risiedendo la peculiarità della fattispecie nel fatto che nel momento in cui la promessa diviene

vincolante per il promittente, perché resa nota al pubblico, il creditore è ancora indeterminato (nel

momento in cui affiggo avvisi in cui prometto una ricompensa per chi ritroverà il mio cane smarrito

ancora non so se è stato ritrovato o chi è stato a farlo)4.

Si tratta di una dichiarazione unilaterale indirizzata alla collettività indifferenziata che,

quindi, non può in nessun modo essere qualificata come atto recettizio (diversamente ad. es. dalla

proposta contrattuale, che dà luogo al contratto solo se ricevuta ed accettata dalla controparte).

Da tale caratteristica deriva anche la sua generale irrevocabilità, che trova eccezione solo in

presenza di una giusta causa ed a condizione che la revoca sia stata resa pubblica nella stessa forma

della promessa o in una forma equivalente (art. 1990 c.c.). Naturalmente è consentito al promittente

sottoporre la promessa ad un termine, allo spirare del quale non è necessaria alcuna revoca. In

assenza di uno specifico termine, l’art. 1989 c.c. limita comunque l’efficacia della promessa

all’anno in assenza di usi che prevedano una diversa durata.

La promessa al pubblico (art. 1989 c.c.) non va confusa con l’offerta al pubblico che è un

particolare tipo di proposta contrattuale (art. 1336 c.c.) che si ha, ad esempio, nel caso di merce in

vendita esposta in un negozio o in un supermercato con l’indicazione del prezzo.

4 v. A. TORRENTE, P. SCHESINGER, op. cit., p. 643; B. INIZIARI, op. cit., p. 527. Diversamente, secondo altri, la nascita

dell’obbligazione non si ricollega alla semplice esternazione della promessa perché in quel momento potrebbe non

essere determinata, né determinabile la persona del creditore. Al contrario l’obbligazione nascerebbe quando la

situazione prevista nella promessa si sia determinata o l’azione dedotta nella promessa sia stata compiuta, a prescindere

dalla conoscenza che ne abbia il promittente e, quindi, a prescindere da qualsiasi comunicazione. v. F. GAZZONI, op cit.

p. 660 ss.

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Le due fattispecie hanno in comune solo l’indeterminatezza del destinatario. Infatti la

promessa al pubblico, come detto, è vincolante di per sé appena è stata resa pubblica e ciò

indipendentemente dall’accettazione ed è revocabile solo per giusta causa. Diversamente, l’offerta

al pubblico è una proposta di contratto che richiede l’accettazione dell’altra parte ed è revocabile

finché tale accettazione non sia portata a conoscenza del proponente (art. 1328 c.c.).

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4 I titoli di credito

Concetto e funzione

Tra le promesse unilaterali rientrano anche i titoli di credito in quanto questi contengono una

promessa del debitore efficace irrevocabilmente e senza bisogno di accettazione dell’altra parte5.

Per comprendere la funzione importantissima che i titoli di credito hanno nelle moderne

economie, è necessario richiamare la disciplina della cessione del credito.

La cessione del credito6, regolata dagli artt. 1260 c.c., si realizza attraverso un contratto con

il quale l’originario creditore (cedente) trasferisce ad un terzo (cessionario) il diritto di credito

intercorrente con il debitore (ceduto).

Si tratta di un istituto diretto a far circolare il credito che, però, non può avere larga

diffusione in quanto la sua disciplina non è idonea a garantire il cessionario contro una serie di

5 Molto si è discusso se il momento di perfezionamento del rapporto incorporato nel titolo di credito coincida con la sua

redazione (teoria della creazione) oppure sia necessario lo spossessamento volontario e la consegna del titolo al

creditore (teoria dell’emissione). La prevalenza della prima teoria (dell’emissione) è stata determinata da una norma

contenuta nella legge cambiaria che dispone che, se una persona ha perduto per qualsiasi ragione la cambiale, il

possessore in buona fede non è tenuto a riconsegnarla a chi l’ha perduta e dall’art. 1994 c.c. che stabilisce che chi ha

acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito in conformità alle regole che ne disciplinano la circolazione

non è soggetto a rivendicazione. 6 Tale istituto è stato già esaminato quando si è affrontato il tema delle modificazioni soggettive dal lato attivo delle

obbligazioni.

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eccezioni che il debitore potrebbe sollevare7, senza contare che detta circolazione è rallentata

dall’esigenza del cessionario di notificare la sua cessione al debitore ceduto8.

Per ovviare a tale situazione di incertezza e per realizzare una circolazione più veloce (e

sicura) del credito si sono elaborati i titoli di credito, la cui caratteristica prevalente è quella di

collegare l’esercizio del diritto al possesso di un dato documento (il titolo appunto).

In altri termini il documento rappresenta il diritto o, come si suo dire, lo incorpora, con la

conseguenza che sarà sufficiente la consegna materiale del titolo ed il conseguente

impossessamento per garantire la trasmissione giuridica della titolarità del relativo diritto, evitando

così i rischi collegati a possibili cessioni plurime. A ciò si aggiunge che - come vedremo- è stata

compressa al massimo la possibilità del debitore di rifiutare il pagamento a chi è in possesso del

titolo in ragione di vizi riguardanti il rapporto sottostante; circostanza questa che elimina quella

situazione di incertezza che caratterizza la cessione del credito.

Va segnalato, però, che ormai da anni è in corso, in ragione dell’evoluzione del mercato

finanziario, il fenomeno della decartolarizzazione del titoli di credito. Con tale locuzione ci si

riferisce ad un complesso di tecniche elettroniche dirette a far circolare i titoli di credito senza

l’ausilio del documento cartaceo.

Lo studio più approfondito di tale fenomeno, come pure dei singoli titoli di credito (come la

cambiali, l’assegno, la polizza di carico, le azioni, ecc.), sarà affrontato nel diritto commerciale,

7 Si pensi all’eventualità che il creditore ceda più volte il credito a soggetti diversi. In questo caso, in base all’art. 1265

c.c., il cessionario che per prima ha notificato la cessione al debitore prevale sugli altri. Ciò significa che chi diventa

cessionario non è sicuro di poter pretendere il pagamento dal debitore, perché quest’ultimo potrebbe eccepirgli che

prima di lui gli era stata notificata un’altra cessione del credito effettuata in favore di altri.

E’ pure possibile che il debitore possa legittimamente rifiutare l’adempimento al cessionario nel caso di invalidità del

titolo da cui il rapporto obbligatorio è nato, di intervenuta sua prescrizione, di inadempimento del cedente che legittima

la risoluzione del rapporto, o di compensazione (seppure nelle sole ipotesi previste dall’art. 1248 c.c.). In altri termini il

rapporto obbligatorio oggetto di cessione spesso nasce da un contratto (cd. rapporto sottostante) che si instaura tra

cedente (originario creditore) e ceduto (e cioè il debitore). A tale contratto se ne aggiunge un altro, quello con cui si

realizza la cessione del credito (che si instaura tra cedente e cessionario). Se il rapporto sottostante è viziato, tali vizi

(con alcune eccezioni), per così dire, si riflettono sulla cessione del credito, perché il debitore potrà rifiutarsi di

adempiere nei confronti del terzo cessionario proprio perché il rapporto da cui trae origine il debito risulta viziato. Il

problema sta nel fatto che il terzo cessionario non è parte del rapporto sottostante, con l’effetto che la cessione del

credito verrà presumibilmente effettuata solo nei casi in cui il terzo cessionario conosce il rapporto sottostante, mentre,

se il terzo non conosce i soggetti che hanno dato vita al rapporto sottostante, difficilmente diventerà cessionario del

credito. La cessione del credito, quindi, realizza sì un’ipotesi di circolazione del diritto, ma limitata. Al contrario i titoli

di credito, attraverso il fenomeno dell’incartolamento - come vedremo - riescono in gran parte ad ovviare ad i segnalati

inconvenienti e, quindi, a realizzare una circolazione di portata ben più ampia. 8 E’ vero che basta l’accordo tra ceditore cedente e terzo cessionario perché la cessione sia perfetta (art.1260 c.c.) ma, se

il debitore è cauto, non pagherà al cessionario se la cessione non gli è stata notificata o se non l’ha accettata (art. 1264)

Ciò significa che, nel caso di più cessioni, bisognerà - per sicurezza - sempre notificarle al debitore, con conseguente

rallentamento della circolazione del credito.

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limitandosi il corso di Istituzioni di diritto privato solo ad esaminare i principi generali della

materia.

Caratteristiche dei titoli di credito

Il diritto incorporato nel documento9 presenta due caratteri tipici che sono la letteralità e

l’autonomia

Il requisito della letteralità sta a significare che è esercitabile il diritto così come è descritto

nel documento. Ciò significa sia che al debitore non può essere chiesta una prestazione diversa da

quella indicata nel titolo (art. 1993, comma 1, c.c.), sia che lo stesso non può rifiutare la prestazione

richiamandosi a circostanze non scritte nel titolo. La letteralità serve a proteggere il terzo in buona

fede che ha fatto affidamento sul tenore del documento. Per tale ragione l’obbligazione nascente da

un titolo di credito si chiama “cartolare” in quanto è immedesimata o incorporata nella cartula,

ossia nel documento.

Il requisito dell’autonomia sta a indicare l’indipendenza del diritto incorporato dai rapporti

intercorsi fra il debitore ed i precedenti titolari, nel senso il debitore non potrà mai opporre al

possessore del titolo le eccezioni fondate sui rapporti personali con i precedenti possessori, salvo il

caso in cui, nell’acquistare il titolo, il possessore ha agito intenzionalmente a danno del debitore

medesimo (art. 1993, comma 2, c.c.). E’ questa, come si è accennato, una delle principali differenze

con la cessione del credito. In quest’ultimo caso il cessionario subentra, succede nello stesso diritto

del cedente e non acquista un diritto nuovo (ed è per questo che il debitore ceduto può opporre al

cessionario le stesse eccezioni che poteva opporre al cedente). Al contrario colui a cui viene

trasferito il titolo di credito acquista un diritto nuovo, originario, autonomo rispetto al diritto del

precedente titolare, con l’effetto che il debitore non gli può opporre tutte le eccezioni che poteva

opporre a quest’ultimo (art. 1993 c.c.)10

.

9 Si badi bene, il diritto e non il documento.

10 Ad esempio Tizio vende a Caio un bene a fonte del pagamento del prezzo. Caio, in luogo di pagare immediatamente

il prezzo, rilascia a Tizio una cambiale che “incartola” la sua obbligazione al pagamento del prezzo ad una certa data .

Se il creditore Tizio non può aspettare la scadenza della cambiale può cederla (gratuitamente, ma più spetto a titolo

oneroso) a Sempronio (cd. giratario). Quando verrà a scadenza la cambiale e Sempronio si presenterà a Caio per

ottenere il pagamento, Caio non potrà opporre a Semprionio la mancata consegna della merce o la presenza di vizi

(come avrebbe potuto fare nei confronti di Tizio in assenza di cambiale), ma dovrà pagare, salvo poi a rivolgersi nei

confronti di Tizio per essere rimborsato.

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Titoli astratti e causali

I requisiti della letteralità e dell’autonomia consentono di distinguere due profili e cioè il

rapporto cartolare e cioè quello che nasce dall’emissione del documento ed il rapporto

fondamentale (o sottostante) e cioè quello che giustifica l’emissione del titolo.

I titoli astratti sono quelli nei quali il rapporto fondamentale non è enunciato nel titolo ed è

irrilevante nei confronti del terzo possessore in buona fede, il quale ha diritto alla prestazione anche

se il rapporto fondamentale non sussiste. I titoli astratti possono essere rilasciati in base ad una

pluralità di rapporti fondamentali11

(si pensi alla cambiale e all’assegno).

Da questi vanno tenuti distinti i titoli causali nei quali l’adempimento della prestazione

promessa è subordinato anche di fronte ai terzi alla sorte ed allo svolgimento del rapporto

fondamentale di un’unica specie, con la conseguenza che la “causa” viene menzionata nel titolo (si

pensi all’azione, all’obbligazione di società, al titolo rappresentativo di merci, ecc.).

Pertanto, se l’astrattezza non è requisito comune a tutti i titoli di credito, elementi comuni a

tutti rimangono comunque la letteralità e l’autonomia e ciò perché quest’ultimi caratterizzano anche

i titoli causali.

Infatti non v’è incompatibilità tra causalità del titolo e letteralità, perché il riferimento alla

causa è ammesso nei limiti in cui il rapporto sottostante è richiamato nel titolo; né tra causalità ed

autonomia perché il debitore può opporre solo le eccezioni relative alla causa e non quelle derivanti

ad es. dai vizi del consenso

Titoli nominativi, all’ordine ed al portatore

La distinzione più rilevante è quella che deriva dal regime dei circolazione della

legittimazione ad esercitare il diritto incartolato nel titolo, in base alla quale i titoli di credito si

distinguono in nominativi, all’ordine ed al portatore.

11

Ad esempio una cambiale o un assegno possono essere rilasciata per le più svariate ragioni. Ad esempio per il

pagamento rateale di una merce, per estinguere un’obbligazione derivante dal risarcimento del danno, per estinguere il

debito di un amico, ecc.

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Come detto, per potersi legittimare all’esercizio del diritto12

è necessario innanzitutto il

possesso del titolo di credito (e cioè del documento).

Se questo presupposto non solo è necessario, ma è anche sufficiente siamo in presenza di un

titolo di credito al portatore (buoni del tesoro non dematerializzati, secondo alcuni la

cartamoneta), il quale circola in virtù della semplice consegna del titolo (art. 2003 c.c.)

Diverso è il titolo all’ordine che si trasferisce mediante la consegna del titolo e la girata a

nome del nuovo portatore (giratario) (ad es. cambiale ed assegno). Il portatore si legittima in base

ad una serie continua di girate (art. 2008 c.c.), nel senso che il giratario che figura nella prima

girata, dovrà figurate anche nella seconda e così via.

Il titolo nominativo, invece, è quello dove l’intestazione ad un nome deve risultare non solo

dal documento, ma anche dal registro dell’emittente (cd. doppia intestazione) (art. 2021 c.c.)

(polizza di carico, azioni di una società). La circolazione del titolo è più complicata che nelle ipotesi

precedenti, in quanto il trasferimento avviene mediante l’annotazione del nome dell’acquirente sul

titolo e sul registro dell’emittente o con il rilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo titolare.

Titoli cambiari, rappresentativi e di partecipazione

Una ulteriore distinzione può farsi tra titoli cambiari (cambiale, assegno bancario, ecc.) che

incorporano un diritto di credito, i titoli di partecipazione (le azioni di società) che incorporano il

diritto a partecipare alle società per azioni e i titoli rappresentativi di merce (polizza di carico,

fede di deposito, nota di pegno, ecc.) che, ai sensi dell’art. 1996 c.c., attribuiscono al possessore il

diritto alla consegna delle merci che sono in essi specificate, il possesso delle medesime ed il potere

di disporne mediante il trasferimento del titolo.

Non sono titoli di credito i cosiddetti titoli impropri ed i documenti di legittimazione (art.

2002 c.c.), in quanto questi servono solo a facilitare la prova per l’individuazione dell’avente diritto

alla prestazione (ad es. biglietti teatrali, ferroviari, cinematografici, ecc.) o a consentire il

trasferimento del diritto senza le forme proprie della cessione (ad es. vaglia postale). Per tale

ragione non può parlarsi di incorporazone del diritto nel titolo e la trasmissione del documento non

12

Ad esempio pretendere il pagamento da parte di chi ha rilasciato la cambiale, esercitare il diritto di voto in base alle

azioni possedute, ecc

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fa acquistare ad un altro soggetto il diritto a pretendere la prestazione. Inoltre, salvo eccezioni, il

creditore che perde il documento può dimostrare il diritto anche con altri mezzi di prova, il

possessore non acquista un diritto autonomo ma è esposto alle stesse eccezioni che erano opponibili

al precedente possessore, inoltre il debitore può esigere altre prove del diritto oltre il documento.

Le eccezioni opponibili dal debitore

Date le caratteristiche dei titoli di credito, in linea di principio, il loro possessore ha diritto

alla prestazione in essi indicata verso la presentazione del titolo, purché legittimato nelle forme

prescritte dalla legge (art. 1992) (che sono diverse, come visto, a seconda che il titolo sia al

portatore, all’ordine o nominativo).

La legittimazione, però, (che è un dato formale) può non essere sufficiente essendo

consentito al debitore, in base all’art. 1993, in alcuni casi di opporsi alla prestazione.

Tali eccezioni si distinguono in eccezioni reali (o assolute), che si possono opporre a

qualunque possessore e che attengono al titolo, ed eccezioni personali (o relative), che si possono

opporre solo ad un possessore determinato.

Le eccezioni reali sono: a)- le eccezioni di forma13

; b)- quelle fondate sul contesto del

titolo14

; c)- le eccezioni di falsità della firma del debitore, o il difetto di capacità del rappresentante;

d)- la mancanza delle condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione cartolare15

Le eccezioni personali sono quelle opponibili in ragione: a)- dei rapporti personali16

; b)-

dell’assenza di titolarità del diritto17

.

L’ammortamento

Si è innanzi sottolineato che l’incartolamento caratterizza la disciplina dei titoli di credito.

13

Ad esempio non si rispetta la prescrizione di legge che vuole che la denominazione di “cambiale” sia inserita nel

contesto del titolo. 14

Di tale requisito ci siamo occupati quando abbiamo parlato di letteralità. Infatti l’eccezione sta ad indicare che il

contenuto del titolo incorporato è solo quello che risulta dal titolo, salvo che questo appartenga alla categoria dei titoli

causali. 15

Ad esempio perché questa si è prescritta o il debito non è ancora scaduto, ecc. 16

Ad esempio compensazione con altro credito vantato dal debitore nei confronti del possessore, ecc. 17

Ad esempio il possessore è un ladro o ha acquistato in mala fede da un ladro. Questa eccezione può essere sempre

proposta perché, ai sensi dell’art. 1992, comma 2, c.c., il debitore che adempie la prestazione nei confronti del

possessore è liberato se questi non è il titolare del diritto solo se il pagamento avviene senza dolo o colpa grave, con la

conseguenza che, se il debitore ha la prova che il possessore è un ladro, deve rifiutare l’adempimento.

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Se tale principio dovesse essere applicato fino alle sue estreme conseguenze la distruzione

del titolo dovrebbe comportare la scomparsa del diritto18

. Egualmente, lo smarrimento o la

sottrazione del titolo dovrebbe impedire al soggetto legittimato l’esercizio del diritto.

Qui ci troviamo dinanzi a due opposte esigenze perché da un lato v’è quella di chi non ha

più il possesso del documento di ottenere un altro titolo con cui esercitare il suo diritto, dall’altro

v’è quella generale di sicurezza dei traffici perché eventualmente il titolo di cui si afferma la

distruzione, lo smarrimento può continuare a circolare, ingenerando nei terzi l’affidamento sulla sua

validità19

.

Per conciliare le opposte esigenze, la legge predispone un particolare procedimento, detto

ammortamento, con il quale si mira a distruggere l’efficacia del titolo smarrito o sottratto o distrutto

ed a procurare a chi ha perduto il possesso del titolo un documento che di questo faccia la veci (cd.

ricostituzione della legittimazione).

Secondo il disposto del codice civile sono fonti dell’obbligazione: il contratto, il fatto

illecito e qualsiasi altro atto o fatto idoneo a produrla in conformità dell’ordinamento giuridico (art.

1173 c.c.).

Si tratta di una tripartizione (contratto, fatto illecito e altre varie fonti) che richiama quella di

un giurista romano (Gaio) e che, secondo molti, attesta il passaggio, rispetto al previgente codice

civile del 1865, ad un sistema “aperto” delle fonti, capace, cioè, di dare ampio spazio anche a fonti

“atipiche” dell’obbligazione20

. In altri termini, ogni atto o fatto (anche atipico cioè non previsto in

una specifica norma) è idoneo a far nascere un’obbligazione purché ciò appaia possibile alla luce di

una più vasta valutazione operata sulla base dei principi propri dell’ordinamento giuridico21

.

Il libro IV del codice civile regolamenta le principali fonti delle obbligazioni (cc.dd. fonti

tipiche) ma ciò, come detto, non esclude né che i privati possano crearne di diverse e di nuove

(cc.dd. fonti atipiche), né che le fonti tipiche siano contenute solo nel libro IV, visto che tra di esse

vanno annoverate certamente anche, ad esempio, il matrimonio ed il testamento (disciplinati

rispettivamente nei libri I e II del codice civile).

18

Come la “creazione” del documento crea il diritto, così la “scomparsa” del documento dovrebbe simmetricamente

determinare la “morte” del diritto. v. V. BUONOCORE, Titoli di credito in generale, in Istituzioni di diritto privato a cura

di M. BESSONE, cit., p. 970. 19

Si vuole evitare che possano circolare più titoli relativi allo stesso diritto. 20

Più ampiamente sul punto C.M. BIANCA, Diritto civile, 4, L’obbligazione, 1993, p. 7 ss. 21

F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 1994, p. 548.

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Nei precedenti moduli, oltre ad aver esaminato la disciplina dell’obbligazione in generale, ci

si è già soffermati sulle principali fonti negoziali ed in particolare, come ricordato, sul testamento,

sul matrimonio e sul contratto (sia sotto il profilo della disciplina generale, che dei principali

contratti tipici). Dobbiamo ora terminare l’indagine affrontando le altre fonti previste nel libro IV.

Prima di esaminare le singole ipotesi è necessario, però, delineare il quadro d’insieme.

Diversi sono i criteri di classificazioni proposti.

Ad esempio si è messo in risalto come alcune si ricollegano di più alla volontà privata,

mentre altre più alla volontà della legge. In ragione di ciò si distinguono le fonti negoziali, che

comprendono il contratto e tutti gli i negozi di autonomia privata (matrimonio, testamento,

promessa al pubblico, ecc.) dalle fonti legali che sono quelle fattispecie che producono il rapporto

obbligatorio in virtù della legge e comprendono gli atti giuridici in senso stretto. All’interno di tale

categoria, si distingue a seconda che l’atto giuridico sia illecito o lecito.

L’illecito è la lesione di una situazione giuridicamente tutelata che obbliga a risarcire il suo

titolare e al cui fondamento v’è l’esigenza di riparazione di un danno ingiusto (il cd. fatto illecito

art. 2043 c.c. e ss)22

. L’atto lecito è fonte di obbligazione quando crea un vantaggio economico per

il quale l’ordinamento avverte l’esigenza di una restituzione, di una compensazione o di una

contribuzione (gestione d’affari artt. 2028 -2032, pagamento dell’indebito artt.2033 - 2040,

arricchimento senza causa artt. 2041-2042).

Va però sottolineato che non v’è accordo nel ricomprendere le obbligazioni nascenti da atto

illecito nella categoria delle fonti legali, preferendosi da alcuni distinguere tra fonti negoziali, fonti

legali e fatto illecito. Infatti nella categoria fonti legali l’obbligazione trae origine da norme

puntuali, mentre in quella dell’atto illecito da un principio generale dell’ordinamento (non

cagionare ad altri un danno ingiusto o neminem laedere)23

.

Sotto il profilo della rilevanza attribuita dall’ordinamento va sottolineata, invece, la

contrapposizione tra il contratto, a cui è dedicata buona parte del libro IV, ed il fatto illecito che

viene disciplinato nell’ultima parte del libro IV. Tali fonti sono l’espressione di due diversi modi in

cui l’obbligazione può nascere. Infatti, nel contratto questa sorge da un rapporto intersoggettivo,

cosicché la regola di rivolge solo agli interessati, mentre nel fatto illecito l’obbligazione si origina

dalla violazione di una norma (quella del neminem laedere) che si rivolge a tutti i consociati.

22

Per ragioni storiche nel Titolo IX del libro IV il codice civile parla del “fatto illecito”. Molto si discute se tale istituto

vada ricondotto alla categoria dei fatti illeciti o a quella degli atti illeciti, anche se prevale quest’ultima impostazione. 23

A. TORRENTE, P. SCHESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, passim

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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All’interno di tali poli (contratto e fatto illecito), il libro quarto disciplina altre fonti.

In particolare regolamenta le obbligazioni nascenti da atti unilaterali (promessa di

pagamento, ricognizione di debito, promessa al pubblico e titoli di credito) e quelle nascenti dalla

legge (gestione d’affari, ripetizione dell’indebito ed ingiustificato arricchimento).

Nel prosieguo ci occuperemo delle fonti non contrattuali dell’obbligazione che non sono

state già esaminate (come nel caso del matrimonio e del testamento) soffermandoci, in particolare,

su:

- le obbligazioni nascenti da negozi unilaterali (promessa di pagamento, ricognizione

di debito, promessa al pubblico e titoli di credito).

- le obbligazioni nascenti dalla legge (gestione d’affari, ripetizione dell’indebito ed

ingiustificato arricchimento).

- il fatto illecito.