l'Inadempimento Delle Obbligazioni Carlo Augusto Cannata

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CAPITOLO PRIMO Considerazioni preliminari sul testo dell’art.1218 cc (con l’art. 1222). Mancata esecuzione, esecuzione scorretta, ritardo nell’esecuzione. Dal tenore dell’ART 1218 completato con quello dell’ART 1222, si può desumere la nozione di inadempimento dell’obbligazione : Articolo 1218: Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta tenuto al risarcimento del danno,se non prova che l’inadempimento o il ritardo stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Dobbiamo quindi osservare che: - il ritardo è una forma di inadempimento; - si fa riferimento anche al ‘cattivo adempimento’, in quanto si usa il termine ‘esattamente’. Per valutare se vi sia stato un cattivo adempimento ci si dovrà basare sugli artt. 1175 (Articolo 1175. Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza) e 1375 (Articolo 1375. Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede) Possiamo concludere dicendo che il codice adotta come nozione generale di inadempimento quella della mancata esecuzione della prestazione dovuta, che può assumere le forme dell’assenza di prestazione, dell’esecuzione scorretta e del ritardo nell’esecuzione che concreta la violazione del dovere di esecuzione tempestiva. Finora si è sempre fatto riferimento alle obbligazioni positive, ma l’art 1222 richiama anche le obbligazioni negative: Art. 1222 Inadempimento di obbligazioni negative Le disposizioni sulla mora non si applicano alle obbligazioni di non fare; ogni fatto compiuto in violazione di queste costituisce di per sé inadempimento.

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CAPITOLO PRIMO

Considerazioni preliminari sul testo dell’art.1218 cc (con l’art. 1222). Mancata esecuzione, esecuzione scorretta, ritardo nell’esecuzione.

Dal tenore dell’ART 1218 completato con quello dell’ART 1222, si può desumere la nozione di inadempimento dell’obbligazione :

Articolo 1218: Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta tenuto al risarcimento del danno,se non prova che l’inadempimento o il ritardo stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Dobbiamo quindi osservare che:

- il ritardo è una forma di inadempimento;- si fa riferimento anche al ‘cattivo adempimento’, in quanto si usa il termine

‘esattamente’. Per valutare se vi sia stato un cattivo adempimento ci si dovrà basare sugli artt. 1175 (Articolo 1175. Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza) e 1375 (Articolo 1375. Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede)

Possiamo concludere dicendo che il codice adotta come nozione generale di inadempimento quella della mancata esecuzione della prestazione dovuta, che può assumere le forme dell’assenza di prestazione, dell’esecuzione scorretta e del ritardo nell’esecuzione che concreta la violazione del dovere di esecuzione tempestiva.

Finora si è sempre fatto riferimento alle obbligazioni positive, ma l’art 1222 richiama anche le obbligazioni negative:

Art. 1222 Inadempimento di obbligazioni negativeLe disposizioni sulla mora non si applicano alle obbligazioni di non fare; ogni fatto compiuto in violazione di queste costituisce di per sé inadempimento.

Per quanto riguarda le obbligazioni negative, l’inadempimento si concreta nel fatto di realizzare il comportamento dal quale il debitore è tenuto astenersi.

2. Debitore inadempiente, tenuto ad adempiere e debitore responsabile.

La formulazione dell’arti 1218 pone un problema delicato.

L’art. 1218 sembra collegare direttamente l’inadempimento con l’obbligazione del debitore di risarcire il danno.

Quando si dice che : “Il debitore inadempiente è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento…… è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile” si allude alla responsabilità del debitore inadempiente.

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Sulla base di questa affermazione possiamo dire che il debitore inadempiente non è responsabile se l’impossibilità della prestazione derivi da una causa non a lui imputabile.

- Ma cosa si intende per responsabilità?

Si fa riferimento all’obbligazione del debitore al risarcimento del danno, danno cagionato dall’inadempimento, inadempimento risultante dal fatto che la prestazione è resa impossibile per una causa imputabile al debitore stesso.

Ma se ci fermassimo a questo punto, il nostro discorso presenterebbe una grave lacuna:non abbiamo parlato del caso in cui il debitore non adempia a una prestazione che permane possibile!

Analizziamo la questione:

NB: Finchè la prestazione è possibile, il debitore e tenuto ad eseguirla, quindi se il debitore è obbligato ad eseguire la prestazione dovuta, egli non può essere obbligato al risarcimento del danno.

Ecco che a questo punto si inserisce la tematica del ritardo.

Il RITARDO, se ci basiamo su quanto stabilito dall’art. 1183 (Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita,il creditore può esigerla immediatamenteQualora tuttavia, in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell'esecuzione, sia necessario un termine, questo, in mancanza di accordo delle parti, è stabilito dal giudice) concreta la violazione del dovere di eseguire tempestivamente la prestazione. Questo dovere rappresenta una obbligazione complementare rispetto all’obbligazione principale di eseguire la prestazione,e l’obbligazione complementare può essere inadempiuta in modo autonomo rispetto alla principale.

L’inadempimento del dovere di tempestività rappresenta sempre un fatto che genera responsabilità, perché con il ritardo la prestazione consistente nella tempestività diviene definitivamente impossibile. Un debitore in ritardo è tenuto ad eseguire la prestazione e a risarcire i danni per il ritardo egli è responsabile per il ritardo e obbligato alla prestazione.

L’art 1218 imposta la problematica relative alle conseguenze per l’inadempimento.L’operazione era effettuata dai veteres, come i giuristi Romani dell’epoca chiamavano i loro antecessori degli ultimi due secoli della Repubblica (metà del 2° e inizio 1°secolo a.C.).La loro costruzione era riferita alla stipulatio, promessa formale di dare una cosa determinata, dove si presentava un rapporto fra due soggetti tra i quali sussiste un’obbligazione.Stipulatio con la quale un soggetto B si sia obbligato a dare un certa cosa ad un soggetto A. L’azione della quale, in caso di inadempimento, A disponeva contro B era la condictio --) il pretore nominava il giudice attribuendogli l’officium di giudicare nell’azione che l’attore A gli aveva chiesto contro il convenuto B, il magistrato avrebbe ordinato al giudice stesso di verificare se B era tenuto a dare ad A la cosa in questione e di pagarne ad A il valore..

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Ma se la cosa da dare non esiste più,non può dirsi che un soggetto sia tenuto a darla. Se la morte dello schiavo Stico può essere imputata al convenuto,egli deve essere condannato come se rifiutasse l’adempimento dell’obbligazione potendo adempierla.Questo problema fu risolto dai veteres con la perpetuatio obbligationis, cioè una spiegazione razionale del perché in un caso come quello prospettato il giudice debba condannare il convenuto se la morte dello schiavo gli risulti imputabile. Quindi, se la cosa dovuta è perita in seguito ad un fatto del debitore,la prestazione è divenuta impossibile,ma se l’impossibilità si ricollegasse l’effetto di estinguere l’obbligazione,si violerebbe il principio secondo il quale il debitore non può liberarsi dall’obbligazione con un fatto proprio che non costituisca adempimento.Il debitore, con il fato che ha cagionato l’impossibilità della prestazione,ha perpetuato la sua obbligazione ad eseguirla. Se l’adempimento non è più possibile, l’obbligazione del debitore è una nuova obbligazione,con un nuovo oggetto, il quale si identifica in un obbligazione suppletiva,quella del risarcimento del danno. Questo nuovo rapporto va sotto il nome di responsabilità, che è determinata da un comportamento illecito sanzionato da un’azione reipersecutoria. L’obbligazione contrattuale una volta trasformatasi in rapporto di responsabilità,viene aperta dall’azione.

Un debitore inadempiente può trovarsi in una delle situazioni seguenti: 1. la prestazione è ancora possibile,2. la prestazione è impossibile per causa a lui non imputabile --) il debitore è liberato.3. la prestazione è impossibile per causa a lui imputabile --) il debitore è responsabile

e deve risarcire il danno.Per il caso 1. il debitore è tenuto ad eseguire la prestazione. La sanzione è quella della sua condanna al risarcimento del danno.In un processo relativo ad un’obbligazione inadempiuta ma il cui adempimento è ancora possibile,il debito del convenuto si estingue per trasformarsi in responsabilità al momento della precisazione delle conclusioni. Dopo,il convenuto sarà soggetto alla condanna in quanto tenuto al risarcimento del danno. Un suo eventuale adempimento sarà un pagamento d’indebito, l’attore non più creditore,nulla potrà pretendere finchè la sentenza non costituisca a suo favore la nuova obbligazione della quale essa stessa è fonte.

CAPITOLO 2DANNO e RISARCIMENTO.

L’inadempimento è un fatto giuridico.Le conseguenze vengono inquadrate nelle tre categorie:

1. DANNO 2. RESPONSABILITA’ 3. RISARCIMENTO.

DANNO, la definizione di Mommsen del 1855, non aveva per oggetto la nozione di danno ma quella di interesse, inteso come la misura della somma alla quale in convenuto sarebbe stato condannato in un’azione nella quale tale misura doveva corrispondere al valore dell’interesse dell’attore. Danno in quanto entità da risarcirsi.L’espressione id quod interest fa riferimento ad interesse come la differenza fra la consistenza in un dato momento,del patrimonio di una persona e la consistenza che

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questo patrimonio avrebbe nel momento considerato senza l’intervento di un certo accadimento dannoso.L’evento dannoso è il fatto dell’inadempimento stesso,e il danno da risarcirsi è rappresentato dalla perdita patrimoniale che non si sarebbe avuta se l’inadempimento non avesse avuto luogo.

ART 1223, il danno viene in considerazione come conseguenza dell’inadempimento e l’entità di tale danno rappresenta la misura del risarcimento.Prima dell’inadempimento,nel patrimonio del creditore esisteva un’aspettativa giuridicamente protetta alla prestazione con un implicita serie di vantaggi; l’inadempimento ha tolto al patrimonio del creditore l’aspettativa e ciò rappresenta il danno. E l’aspettativa delusa va calcolata tra due quantità riferite allo stesso momento, di queste una è reale e l’altra ipotetica.

Il risarcimento del danno deve essere calcolato comprendendo la perdita subita dal creditore e il mancato guadagno in quanto questi siano conseguenza immediata e diretta.Il danno da inadempimento consta:

a)a) Perdita subita dal creditore in quanto sia conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento, = DANNO EMERGENTE, cioè il valore della prestazione mancata in se stessa.

b)b) Mancato guadagno al creditore in conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento, = LUCRO CESSANTE, e sono riflessi economicamente negativi.

Il problema è quello dei limiti entro i quali la legge vuole sia contenuto il risarcimento del danno da inadempimento.

In un frammento del Digesto dove Ulpiano informava che Giuliano con riguardo alla condanna nell’azione intentata dal compratore contro il venditore,distingue tra colui che abbia venduto consapevolmente e colui che abbia venduto ignorando. Chi ha venduto del bestiame ammalato o una trave difettosa se lo ha fatto ignorandolo,a seguito dell’azione che gli verrà intentata in base alla compera risponderà nei limiti di quanto meno io sarei stato disposto a pagare se avessi saputo che le cose stavano così.Se invece sapendolo ha taciuto e ingannato il compratore, risponderà di tutti i danni che sono provenuti al compratore dal fatto di aver comprato

L’esempio che da questo testo elabora il Pothier, si riferisce agli animali ammalati e prevede 3 tipi di conseguenze:_ la morte di altri animali per contagio posta a carico del venditore;_ perdita dei raccolti per l’impossibilità di effettuare i lavori agricoli, posta a carico del venditore solo nella misura in cui non potesse essere di fatto evitata dal compratore magari prendendo in locazione altri animali;_ il dissesto economico del compratore che,per il mancato raccolto cada in stato di insolvenza e perda i suoi beni e ciò non è a carico del compratore.Ciò che interessa di più è il secondo punto, da dove deriva il principio che dice che il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.

Un ulteriore distinzione va fatta tra: mancato adempimento e cattivo adempimento.CATTIVO ADEMPIMENTO, le conseguenze sono in genere poste a carico del debitore con una notevole larghezza,e si distingue tra la scientia del debitore e la sua ignoranza del difetto che l’adempimento aveva.

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MANCATO ADEMPIMENTO, se dipende dal venditore,che egli non consegni la cosa,nella valutazione che il giudice faccia del valore della cosa viene in considerazione qualunque utilità del compratore,purchè riguardi la cosa stessa.

Il risarcimento del danno dovuto dal debitore inadempiente al creditore insoddisfatto deve stabilirsi in modo che il creditore risulti interamente indenne dal pregiudizio derivato dall’inadempimento e nel contempo il creditore non deve profittare della situazione gravando il debitore di perdite o rischi che non gli toccano.ART 1223, la norma va intesa come orientamento interpretativo di tutto il sistema della responsabilità per inadempimento.Solo dal concreto carattere dell’obbligazione si potrà stabilire se il debitore debba o meno sopportare dei danni causati non eseguendo o eseguendo male la prestazione.

Secondo l’ART 1225, il debitore che non sia inadempiente o in ritardo per suo dolo,è tenuto a risarcire il solo danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione.

La formula francese dice: il debitore non è tenuto se non ai danni che sono stati preveduti o si sono potuti prevedere al tempo del contratto,quando l’inadempimento non derivi da suo dolo. Significa dunque che il debitore non dolosamente inadempiente risponde solo dei danni previsti o prevedibili dalle parti al momento del contratto che ha prodotto l’obbligazione inadempiuta.Il testo dell’art 1225 ha introdotto due varianti: una è innocua e l’altra è la soppressione della menzione del “danno che si è previsto”--) la rilevanza accordata ai danni prevedibili implica quella dei danni concretamente previsti,ma sopprimendola il contesto poteva risultare equivoco. Ma ciò che infine è rilevante è quanto poteva prevedere il debitore.Il POTHIER dice: una persona che mi ha venduto dei pezzi di legno,io me ne sono servito per puntellare il mio edificio che è crollato per i difetti del legno.

Se il venditore non è un uomo di mestiere e vende in buona fede ignorando il difetto, il risarcimento del danno --) è della deduzione del prezzo,senza assumersi il rischio.Se il venditore è un uomo del mestiere è tenuto al risarcimento dei danni --) danni che risultano dal crollo dell’edificio, quindi si assume il rischio del danno e se ne assume la responsabilità poiché l’ignoranza dell’uomo di mestiere non è scusabile.

--) la prevedibilità del danno è riferita dalla legge al singolo contraente, nel senso che il debitore sarà responsabile dei danni che al momento del contratto era tenuto a prevedere secondo i criteri di responsabilità a lui applicabili come parte di quello stesso contratto.

Esso spiega così:a)a) Di solito le parti sono considerate non aver previsto se non i danni prevedibili in relazione

all’oggetto dell’obbligazione.b)b) Talvolta deve tener conto anche di danni estrinseci, e avvengono in due casi:

I.I. Danno il cui rischio è stato espressamente previsto nel contratto II.II. Danno il cui rischio è implicato dalla natura dell’affare gestito dalle parti col contratto e

il debitore deve considerarsi esserlo tacitamente assunto.

Quindi il senso degli ART 1223 e 1225 è: il debitore risponde solo dell’inadempimento a lui imputabile, e si deve distinguere l’ipotesi in cui gli sia imputabile a titolo di dolo o a titolo di colpa. E risponde per la perdita subita e il mancato guadagno del creditore e sono perdite che trovano nell’inadempimento la loro causa diretta e immediata.Al di fuori dei casi d’inadempimento doloso le conseguenze negative vanno risarcite nella misura in cui erano prevedibili al momento della conclusione del contratto.

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CAPITOLO 3Concorso del fatto colposo del creditore.

ART.1227 tratta dei limiti della responsabilità del debitore inadempiente che possono provenire dal comportamento del creditore.Riguarda i casi nei quali l’inadempimento è imputabile al debitore.Se un fatto del creditore rende impossibile l’adempimento,il suo intervento avrà lo stesso effetto dell’intervento di un terzo,e il debitore ne risulterà liberato.

_ se il creditore è al corrente di un determinato rischio, ma lo accetta comunque --) il debitore è esente da responsabilità.

Es: il vettore è responsabile della perdita e dell’avaria delle cose consegnategli per il trasporto,se non prova che sono derivate dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio.--) la gamma dei doveri d’informazione o di protezione che gravano sulle parti finiscono col porre il problema di base come problema di responsabilità o esonero dalla responsabilità di una parte.Nel caso le cose imballate richiedano un’attenzione particolare,il vettore deve esserne informato.

Si parte dall’idea che il creditore,una volta constato l’inadempimento,non deve ritenersi tenuto al compimento di attività onerose e straordinarie.Ma negli anni ’60 si è fatta strada una nuova interpretazione, essa si concreta nella individuazione di singoli doveri di protezione del debitore che la legge stessa pone a carico del creditore mediante una clausola generale.La nuova visuale interpretativa dell’art 1227 comma 2 ha radici sicure nel pensiero dei giuristi romani che consideravano l’applicazione del principio della buona fede oggettiva ai rapporti obbligatori come produttiva dei doveri di protezione.L’art prevede il trasferimento dal debitore al creditore dei danni evitabili dal creditore, quando si dovrà calcolare l’incidenza del comportamento negligente del creditore nel contenere i danni questo deve essere calcolato al netto delle spese che la diligenza gli sarebbe costata.Se la possibilità che il creditore avrebbe avuto di contenere i danni si presentava come rischiosa di concludersi con un bilancio negativo,il fatto di non averla sfruttata non potrà essergli imputato.Il creditore opera per limitare i propri danni e quindi nel proprio interesse. Il fatto che l’ordinamento esiga da lui che eserciti questa tutela del proprio interesse anche nell’interesse del debitore dipende dalla considerazione che in relazione a ciò gli interesse delle parti coincidono e quello di evitare dei danni corrisponde anche ad un interesse economico generale.

CAPITOLO 4Responsabilità per fatto degli ausiliari.

ART 1228, gli ausiliari sono i terzi dalla cui opera il debitore si vale nell’adempimento dell’obbligazione.Questa norma non era presente nel codice civile del 1865 ma la dottrina faceva leva su due norme contenute sullo stesso codice.

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La nozione di ausiliare ha un carattere generico e comprende tutti coloro che operino in funzione della realizzazione della prestazione dovuta.

Una norma generale sulla responsabilità contrattuale per fatto altrui manca nel nostro codice, e non è stata fatta oggetto nelle codificazioni moderne di una previsione unitaria.Nel diritto romano,quello della responsabilità per fatto altrui si pone in modo costante e compiuto solo per la responsabilità per inadempimento.RECEPTUM, le situazioni alle quali si riferiva erano quelle del trasporto di merci su una nave mercantile o per i passeggeri = contratto di locazione + obbligazione di garanzia e restituzione.Per i romani l’idea della responsabilità per fatto altrui era intesa come assunzione del rischio per i fatti dell’altro .Presso i giuristi romani si trova l’atteggiamento che la giurisprudenza dell’età moderna ha costruito come considerazione della culpa in eligendo , cioè della negligenza nella scelta dell’ausiliare.La traccia di un atteggiamento inteso oscillante verso la culpa in eligendo non è assente nelle fonti romane: si deve fare attenzione perché bisogna distinguere:

l’atteggiamento dei testi classici,nei quali la culpa in eligendo avviene come giustificazione dell’attribuzione al debitore del rischio della colpa altrui. (=per il fatto di aver scelto imprudentemente,rispondi verso di me degli effetti della negligenza di lui).Della responsabilità per colpa altrui,da altri testi tardi,nei quali tali attitudine classica è stata convertita nella costruzione di una culpa in eligendo. (= il titolare è reo di colpa in quanto si è valso dell’opera di cattivi soggetti)

Esistono pareri di giuristi classici nei quali la culpa in eligendo è presa in considerazione in funzione delle circostanze del caso.O casi in cui essa è considerata come specifico oggetto di prova in giudizio.

E’ consuetudine della dottrina porre il problema della natura della responsabilità del debitore inadempiente per il fatto degli ausiliari come responsabilità oggettiva.Si vuole negare che essa possa venire costruita come responsabilità per culpa in eligendo.Nella nostra materia della responsabilità contrattuale, la responsabilità degli ausiliari è responsabilità per colpa altrui e la prova liberatoria non essendo ammessa,essa resta sempre responsabilità per colpa altrui.Parlare di responsabilità oggettiva ha senso solo se il danno subito dal soggetto attore in giudizio viene imputato al convenuto senza che sia possibile porre problemi di colpa nella responsabilità per un fatto altrui, si pongono tuttavia problemi della colpa dell’autore del fatto. Spetterà al convenuto l’onere della prova negativa e cioè sarà il debitore che dovrà provare che l’inadempimento o il ritardo èè dovuto ad impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile all’ausiliare.Ciò che differenzia questa ipotesi da quella comune, sta nel fatto che il convenuto non potrà liberarsi provando di non avere alcuna colpa nel fatto di essersi valso dell’aiuto di quel terzo.La colpa degli ausiliari mette in colpa il debitore stesso,non per culpa in eligendo,ma perché della colpa di questi egli sopporta il rischio,e quindi ne risponde come di colpa propria.

CAPITOLO 5Clausole di esonero da responsabilità

ART 1229.

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Il primo comma stabilisce la nullità del patto che escluda o limiti la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave.La concezione moderna considera la colpa grave come un grado della colpa,mentre i giuristi romani l’avevano costruita come un ipotesi di dolo tipizzato: la colpa grave è dolo,un debitore grossolanamente negligente deve ritenersi frustrare consapevolmente un’aspettativa naturale del creditore.

Patto di esonero da responsabilità per il fatto di un terzo, la legge non vieta una convenzione con la quale il debitore intenda non assumersi il carico della mala fede dei suoi collaboratori.

CAPITOLO 6Il ritardo nell’adempimento e la mora del debitore

MORA significa ritardo, ma si indica un ritardo qualificato, e vi è uno specifico atto di costituzione in mora del debitore.La costituzione in mora consiste in una constatazione del ritardo del debitore.Le disposizioni sulla mora non si applicano alle obbligazioni di non fare,il debitore,il quale non deve fare qualcosa non può mai essere in ritardo nell’adempimento.Inoltre il ritardo non si pone nell’obbligazione sottoposta ad un termine puntuale,che prevede che l’obbligazione sia eseguita in un certo momento.L’obbligazione sottoposta a termine perentorio,cioè ad un termine finale, permette che l’obbligazione venga eseguita prima della scadenza e lo scadere del termine fa perdere senso economico alla prestazione.

_ Nel code civil,la costituzione in mora è prevista solo per le obbligazioni di dare. Quanto alle obbligazioni di fare,la necessità della messa in mora non è menzionata nel codice francese._ Il codice civile italiano del 1865 ha rimaneggiato la collocazione delle norme del capo III sugli effetti delle obbligazioni. L’articolo proviene dal codice civile degli Stati di Parma Piacenza e Guastalla,che fu redatto per impulso della Duchessa Maria Luigia d’Asburgo-Lorena, e reca qualche influenza dell’ABGB Austriaco del 1811: perché nel c.d. austriaco la norma recita: la mora è generalmente imputabile al debitore se non paga nel giorno dalla legge o dalla convenzione stabilito per il pagamento, ovvero se,nel caso in cui non sia prefisso il giorno del pagamento,non si è accordato col creditore dopo il giorno della giudiziale interpellazione._ Le norme sulla mora contenute nel BGB tedesco del 1900 ci interessa quella dove si stabilisce che il debitore,che non adempia un debito esigibile,è costituito in mora mediante intimazione,o senza bisogno d’intimazione,per la scadenza di un termine espresso con riferimento al calendario._ La disciplina più recente è quella del WB olandese del 1992,dove il legislatore ha posto una norma generale: la mora ha luogo quando il debitore è messo in difetto da un’intimazione scritta con la quale gli si fissa un termine ragionevole per adempiere e l’adempimento non ha luogo entro questo termine. Se il debitore si trova temporaneamente nell’impossibilità di adempiere o dal suo atteggiamento risulta evidente che un’intimazione sarebbe inutile,la messa in difetto può aver luogo mediante una comunicazione scritta dalla quale risulti che egli è tenuto responsabile per il mancato adempimento.

Tutta la disciplina codicistica della mora fa perno sull’individuazione di un atto di messa in mora, concepito come un’intimazione espressa di adempiere.Nel sistema romano classico un atto di messa in mora non era stato individuato e la frase che nelle fonti romane pare alludervi è un glossema postclassico che sottolinea che un criterio formale per stabilire se il debitore inadempiente in ritardo non può essere reperito.

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Il testo proviene da Marciano: la mora si intende non come l’effetto di determinati accadimenti (ex re) ma di un comportamento del soggetto (ex persona) <cioè se intimato non abbia adempiuto nel luogo opportuno>.

L’espressione mora ex re si è fatta tecnica,per indicare l’insieme dei casi nei quali il debitore risulta in mora senza bisogno di un intimazione formale da parte del creditore insoddisfatto.L’espressione mora ex persona è la situazione prevista nel glossema,cioè quella della mora dipendente dall’atto di messa in mora,cioè dall’intimazione formale del creditore.--) nel pensiero della giurisprudenza romana non esisteva alcuna differenza tra la mora del debitore e il ritardo nell’adempimento. Il problema proposto da Marciano era quello di stabilire quando un debitore,che non avesse adempiuto fosse o non fosse da considerarsi in ritardo nell’adempiere e ciò per stabilire se gli si dovessero addossare le conseguenze della mora.L’intimazione ad adempiere o la richiesta di adempimento era presa in considerazione unicamente nel senso che esiste una serie di casi nei quali il debitore non può essere considerato in ritardo se non sia stato sollecitato ad adempiere da parte del creditore.

Si ritenne meglio sostituire alla locuzione mora ex re quella di mora in re --) mentre nella mora in re il debitore è in ritardo in forza di circostanze oggettive, nella mora ex persona è messo in ritardo dall’atto di una persona (interpellatio).

Codice civile italiano, secondo il quale--) il ritardo nell’adempiere si trasforma in mora solo in seguito ad un atto formale di messa in mora,salvo che in una serie di casi espressamente enumerati dalla legge,nei quali la mora ha luogo ex re,cioè col verificarsi del ritardo stesso.

ART 1218 _ il debitore è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.Il debitore risponde del ritardo solo se questo gli è imputabile.Il ritardo è visto come un fatto colpevole,ma solo in quanto il criterio della colpa rappresenta il criterio comune di responsabilità.Ma questo articolo menziona il ritardo come tale e non la mora.

CAPITOLO 7COSTITUZIONE IN MORA

ART 1219, la costituzione in mora del debitore ha luogo mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto.Il creditore effettuando l’atto di costituzione in mora, assoggetta il debitore alle conseguenze della mora che sono quelle di addossargli il rischio dell’impossibilità della prestazione che sopravvenga per causa a lui non imputabile,e di gravarlo dell’obbligazione di pagare gli interessi moratori se il debito sia pecuniario. Esso produce anche l’interruzione della prescrizione del credito.Se la prescrizione del credito venga interrotta dall’atto stragiudiziale di messa in mora,dal momento di tale atto s’inizia un nuovo periodo di prescrizione,della stessa durata e alle stesse condizioni del precedente. Mentre se l’interruzione abbia avuto luogo giudizialmente,la prescrizione non corre fino al momento in cui passi in giudicato la sentenza che definisce il giudizio,solo se il giudizio si estingua,la sospensione della prescrizione sarà riportata all’atto giudiziale che l’ha determinata,con gli stessi effetti di un atto di interruzione stragiudiziale.

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L’atto giudiziale e l’atto stragiudiziale di messa in mora sono equivalenti ma i loro effetti sono differenti.Le conseguenze speciali previste per l’interpellazione giudiziale sono connesse col fatto che all’atto segua un processo sul merito della causa,se questo non segua perché il giudice adito è incompetente,gli effetti della messa in mora dovranno essere gli stessi che la legge assegna alla messa in mora giudiziale nel caso di successiva estinzione del processo, il che equivale a dire che l’interpellazione giudiziale varrà come un interpellazione stra giudiziale.

L’ATTO di COSTITUZIONE in MORA, (atto stragiudiziale) è un atto che spetta al creditore. La norma che lo prevede esige la forma scritta e lo descrive come intimazione o richiesta.=requisiti di forma, la legge vuole che il creditore formuli per iscritto un invito ad adempiere come lo fa una persona che intende far valere un diritto. La prassi è orientata nel senso di accompagnare l’intimazione con le minacce d’uso,in particolare quella di adire le vie legali.

E’ un atto recettizio e non può risultare efficace senza giungere a conoscenza del debitore.

Si ammette la possibilità che le parti si accordino per ammettere un’intimazione orale (si escludono le comunicazioni prive di sottoscrizione).

Il destinatario dell’atto di messa in mora deve essere certo della sua provenienza, poiché è un atto del creditore stesso e da lui deve provenire.

L’atto deve fornire le notizie sulla provenienza,con quel minimo di certezza e verificabilità e si riassumono nell’autenticità della firma dell’autore dell’atto stesso.

Esso non è un atto negoziale, ma un mero atto giuridico.

Con la costituzione in mora,il creditore chiarisce al debitore che egli è in ritardo nell’esecuzione della prestazione dovuta,e gli rende nota la propria pretesa all’adempimento,ma l’atto di costituzione in mora non crea il ritardo.

Può essere effettuato anche da un soggetto no munito di capacità di agire, purchè munito di maturità sufficiente a comprendere il senso preciso di ciò che esprime.Il debitore intimato subisce effetti svantaggiosi: l’atto unilaterale può essere effettuato nei confronti di un incapace ma essendo recettizio non potrà produrre i suoi effetti, per produrli deve essere portato a conoscenza dal rappresentate lega le del debitore incapace.

Un soggetto non può essere in mora se non è obbligato, né se pur essendo obbligato,la prestazione dovuta non è ancora esigibile.

Un’atto di messa in mora effettuato per l’adempimento di un obbligazione nata da un contratto annullabile sarebbe priva di effetto. (eccezione di annullabilità riveste carattere perentorio).

Per ILLIQUIDITA’ del CREDITO, s’intende, un incertezza sulla consistenza della prestazione dovuta,tale da non permettere al debitore di valutare quale ne sia la sua esecuzione esatta.Se la determinazione non sia stata rimessa al terzo,essa spetta alle parti stesse.L’illiquidità sarà imputabile al debitore quando la liquidazione gli è considerata possibile e cioè quando dipende da scelte che gli spettano e quando disponga degli strumenti necessari per effettuarla.Nel caso in cui la liquidazione gli sia oggettivamente impossibile,il debitore inadempiente non potrà essere considerato in ritardo.

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Se l’impossibilità dipende da mancanza di collaborazione del creditore,il solo dovere del debitore sarà di sollecitare il creditore.La messa in mora per un debito illiquido sarà di per se stessa sempre valida,ma sarà efficace solo se la mancanza di liquidità del debito sia imputabile al debitore

Un intimazione ad adempiere un obbligazione sottoposta a TERMINE può avere uno di questi significati:

1. il creditore intende intimare il debitore di adempiere non appena il termine sia scaduto --) piena efficacia dell’atto;la messa mora è stata fatta con anticipo ma senza pretesa di anticiparne gli effetti.

2. intende intimare al debitore di adempiere subito,prima della scadenza del termine --) il creditore pretende un pagamento anticipato,quindi pretende più di quanto gli si debba.

Se il debitore indica una prestazione non dovuta,egli pretende un indebito, e dell’indebito non c’è pretesa.

Il debitore assunta l’obbligazione,ha il dovere di predisporre il necessario in vista del tempo dell’adempimento.

CAPITOLO 8-9MORA del DEBITORE da FATTO ILLECITO

Sono previste 3 ipotesi nelle quali non è necessaria la costituzione in mora, nelle quali il debitore inadempiente viene a trovarsi nella situazione di debitore moroso senza essere stato costituito in mora con l’intimazione --) MORA AUTOMATICA.

_ Quando il debito deriva da fatto illecito. Deve considerarsi immediatamente in mora il soggetto gravato da un’obbligazione che trova la sua fonte in un fatto illecito extra-contrattuale, uno dei fatti sanzionati dalla clausola generale dell’art 2043.La norma che vuole l’autore del fatto illecito in mora automatica al momento della commissione del fatto rappresenta una reinterpretazione di una regola che la giurisprudenza romana aveva elaborato con uno scopo diverso.--) contro il ladro,il proprietario derubato disponeva dell’azione penale per far condannare il ladro alla sanzione punitiva e dell’azione reipersecutoria per il recupero della cosa rubata.Il proprietario,anche se le cose non esistono più,può comunque pretendere la restituzione dal ladro. Ma se le cose sono perite il convenuto potrebbe difendersi dicendo che la restituzione è impossibile e quindi l’obbligazione di restituirle è estinta --) ma questa difesa non gioverebbe al ladro se viene considerato in mora dal momento del furto perché egli risponderebbe in forza del dogma della perpetuatio obbligationis.

Ciò perché, il ladro la cosa rubata non dovrebbe mai averla avuta,è quindi ogni istante dal momento nel quale l’ha avuta è in ritardo nel restituirla.Il ladro è considerato in mora dal momento della commissione di un fatto illecito, ma la mora si riferisce all’obbligazione di restituire che gli proviene da una situazione sanzionata con azione reipersecutoria.

Dalla Relazione del Guardasigilli si legge che la costituzione in mora non occorre quando il debito risulta da fatto illecito,in tal caso comincia dal momento stesso del fatto delittuoso,perché in quell’istante nasce nell’autore il dovere di riparare o restituire.

_ Quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non voler eseguire l’obbligazione.Il debitore si mette in mora da se stesso.

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La forma scritta per la sua dichiarazione è richiesta per conservare a questa AUTO-COSTITUZIONE in mora la stessa forma richiesta per la costituzione in mora effettuata dal creditore.E’ un atto non negoziale, unilaterale.E’ un atto del debitore che deve essere interpretabile come indizio certo del fatto che il debitore risponderebbe negativamente all’intimazione del creditore,se questi gliela facesse.

CAPITOLO 10RESTI della REGOLA <DIES INTERPELLAT PRO HOMINE>

La regola,formulata nei termini dies interpellat pro homine dalla dottrina medievale,venne posta in particolare evidenza nel codice civile italiano del 1865.Dalla Relazione del Guardasigilli: il progetto del 1936 aveva abbandonato la regola dies interpellat pro homine seguendo l’indirizzo francese che vi era nettamente contraria.Quando la convenzione ha un termine (essenziale o no) il debitore conosce già quale sia il momento preciso nel quale deve adempiere,ed è superfluo esigere una richiesta specifica alla scadenza. Ma poiché,se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del debitore è in re il bisogno di una richiesta di pagamento, l’interpellazione non si è richiesta nel solo caso in cui l’obbligazione è portabile.Il termine al quale si riferisce la regola dies interpellat ori homine è solo il termine espresso e cioè stabilito nella convenzione.

Il senso esatto della norma è il seguente: quando il debito sia sottoposto a termine espresso,il debitore viene a trovarsi automaticamente in mora alla scadenza se l’esecuzione corretta della prestazione dipenda unicamente da attività del debitore, mentre al creditore non spetta che l’accettazione dell’offerta che il debitore gli faccia.

Qualora il debitore muoia prima della scadenza del termine,gli eredi non sono costituiti in mora che mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto,e decorsi 8 giorni dall’intimazione o dalla richiesta.La necessità di un atto espresso di costituzione in mora si spiega pensando che gli affari del de cuius possono non esser noti ai suoi eredi,ed in particolare questi possono essere del tutto all’oscuro dei termini ai quali erano sottoposte le sue obbligazioni, essi possono inoltre non disporre dei mezzi per adempiere le obbligazioni del defunto,se non prelevandoli dai beni ereditari. La dilazione di 9 giorni appare in se stessa fin troppo breve.

CAPITOLO 11LA PURGAZIONE della MORA

L’ART 1220 dice che: il debitore non può essere considerato in mora,se tempestivamente ha fatto offerta della prestazione dovuta, a meno che il creditore non l’abbia rifiutata per un motivo legittimo.Per offerta s’intende il comportamento del debitore che realizzi tutto quanto dipende da lui stesso ai fini dell’adempimento.L’offerta solenne si richiede come presupposto perché si abbia la mora del creditore,e non può essere nel contempo considerata come mezzo per escludere la mora del debitore,perché si porrebbe a carico di quest’ultimo un onere di forma ingiustificato.Il debitore non può più essere considerato in mora se,finchè non si sia verificato l’inadempimento definitivo,egli abbia effettuato l’offerta corretta della prestazione dovuta: purchè il creditore non abbia già proposto domanda di risoluzione per inadempimento in quanto questa impedisce l’adempimento e quindi toglie senso all’offerta.

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Questo articolo recepisce nel nostro ordinamento l’istituto che si indicava come purgazione della mora.

La correttezza dell’offerta è determinata dalla presenza in essa di tre caratteri: l’offerta deve essere tempestiva,seria e completa._ la tempestività risulta dalla legge._ il requisito della seriètà dell’offerta --) l’offerta sarà seria se pone il creditore in condizione di soddisfarsi facendo solo quel che spetta a lui stesso di fare._ il requisito della completezza, esclude l’offerta parziale. Il creditore può rifiutare un adempimento parziale.

Per i Romani --) l’ipotesi della mora fu inserita dai giuristi romani nell’ambito dell’applicazione del dogma della perpetuatio obbligationis, il quale si riferiva in origine solo al caso dell’impossibilità cagionata da un positivo fatto colpevole del debitore, solo in un secondo momento si stabilì che : l’impossibilità sopravvenuta della prestazione,anche se non imputabile al debitore, veniva posta a suo rischio quando intervenisse mentre egli era in ritardo nell’adempiere. La costruzione della perpetuatio obbligationis si riferiva solo ai problemi posti dall’impossibilità sopravvenuta,ed anche la regola della purgazione della mora mediante l’offerta era applicabile nello stesso ambito.Essa implica che l’offerta cancello del tutto la mora intervenuta e,così concepita,in questo ambito funziona perfettamente: se il perimento della cosa interviene dopo la purgazione della mora,esso non è più a carico del debitore,ma del creditore che si trova a sua volta in mora per aver rifiutato l’offerta.

L’istituto della purgazione della mora riguarda unicamente la mora stabilita in funzione del rischio. Per le obbligazioni in relazione alle quali non può verificarsi l’impossibilità della prestazione, l’offerta del debitore non purga,cioè non elimina la mora, ma unicamente segna il termine del periodo di mora del debitore.

CAPITOLO 12GLI EFFETTI della MORA sul RISCHIO

Nel testo dell’ART 1221 sono contenute 3 disposizioni normative.Nel primo comma è enunciata la regola degli effetti della mora sul rischio.

1.1. Il debitore che è in mora non è liberato per la sopravvenuta impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile,

2.2. se non prova che l’oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore,

3.3. in qualunque modo sia perita o smarrita una cosa illecitamente sottratta, la perdita di essa non libera che l’ha sottratta dall’obbligo di restituirne il valore.

La formulazione del codice vigente è nuova rispetto a quella del codice del 1865.Si tratta di una norma sulla responsabilità: l’attribuzione del rischio dell’impossibilità sopravvenuta al debitore in mora fa parte dello strumento escogitato dai giuristi per giustificare in modo razionale il permanere della situazione di obbligato del debitore, nei casi in cui la sua liberazione per effetto dell’impossibilità sopravvenuta è inacettabile,essa fa dunque parte del dogma della perpetuatio obligationis e cioè della struttura giuridica della responsabilità del debitore.

Nel nostro codice si distingue:RITARDO nell’adempimento

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MORA, come ritardo qualificato.

L’impossibilità della prestazione, se intervenuta durante la mora del debitore,lo rende responsabile per l’inadempimento anche se essa non sia imputabile al debitore stesso.Il debitore in mora, sopporta dunque il rischio dell’impossibilità fortuita della prestazione dovuta a meno che: non provi che l’oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore.Ma se la cosa è perita per una causa non imputabile al debitore,e questa causa avrebbe agito anche presso il creditore,il beneficio che il creditore avrebbe avuto con l’ottenerla sarebbe stato nullo, per cui verrebbe a mancare un comportamento riprovevole ed insieme dannoso del debitore.

CAPITOLO 13I DANNI nelle OBBLIGAZIONI PECUNIARIE

L’ART 1224 parla degli interessi moratori.Il tasso degli interessi legali è stato portato dal 5 al 10% ed è stato poi ulteriormente modificato dalla legge 23Dicembre 1996 con la quale è stato introdotto il sistema della determinazione annuale della misura del saggio degli interessi legali mediante decreto del Ministro del tesoro,tenendo conto del tasso d’inflazione dell’anno precedente.

Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di denaro,sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali,anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sostenuto alcun danno.. al creditore che dimostra di aver subito danno maggiore,spetta l’ulteriore risarcimento.Si crearono così la nozione di danno da svalutazione monetaria e l’idea della sua risarcibilità.I danni per il ritardo nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie consistono nell’obbligo di prestare gli interessi legali.In un primo tempo la prestazione dei medesimi è espressione della naturale fecondità del denaro, in un secondo tempo l’effetto del ritardo.

Dal giorno della mora gli interessi moratori sono dovuti anche se precedentemente non fossero dovuti interessi compensativi dipende dal fatto che la mora ha fornito al loro debito il nuovo titolo consistente nel dovere risarcire il danno,che il creditore non sia tenuto,per avere titolo agli interessi moratori,a provare di aver sofferto alcun danno dipende dal fatto che il danno proveniente dall’impossibilità di lucrare della naturale fecondità del denaro non ha bisogno di prova.

Poi si parla di un danno maggiore e di risarcimento ulteriore, ciò perché il creditore può avere subito un danno più esteso.Gli interessi moratori coprivano il danno,che non è necessario provare,subito dal creditore per la perdita,imputabile al debitore in forza della sua mora nell’adempiere,della naturale fecondità del denaro.Danno maggiore è ogni danno che ha diversa provenienza.

Risarcimento ulteriore per danno maggiore non è dovuto se sia stata convenuta la misura degli interessi moratori: la convenzione assume una liquidazione anticipata del danno dipendente dal ritardo e deve escludere qualsiasi ulteriore risarcimento.

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OBBLIGAZIONE PECUNIARIA, non è solo un debito di valuta ma anche un debito di valore. Si tratta comunque di debiti che hanno ad oggetto una somma di denaro,per i quali non è concepibile l’impossibilità della prestazione.La responsabilità, in questo caso, da luogo sempre ad un risarcimento del danno il cui ammontare sarà composto da:

una somma di denaro uguale al dovuto non prestatouna somma di denaro corrispondente ai danni cagionati cin il ritardo nell’adempimento.

MORA --) effetti:pagare gli interessi legali a titolo di INTERESSI MORATORI, senza prova del danno (x naturale fecondità del denaro).RISARCIMENTO ULTERIORE per danno maggiore, prova ad onere del creditore.

CAPITOLO 14LA VALUTAZIONE EQUITATIVA del DANNO

La norma dell’ART 1226, attribuisce al giudice il potere di intervenire con valutazione equitativa, si riferisce alla liquidazione del danno ed è limitata nel caso nel quale il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare.

EQUITA’, la nozione è tratta dalla spiegazione che Papiniano forniva del ius praetorium. Egli diceva che venne introdotto con l’attività dei magistrati per agevolare, supplire o correggere il diritto civile in funzione dell’interesse pubblico.

L’EQUITA’ INTEGRATIVA o suppletiva è quella che agevola o supplisce,nel senso che integra dove occorra, il diritto civile quando da regola questo deve farsi decisione concreta.Alla fine di un processo in materia di inadempimento contrattuale il giudice deve condannare il convenuto a pagare all’attore una somma di denaro, e la determinazione precisa di questa somma non è sempre possibile e un’approssimazione risulta necessaria. Tale approssimazione è dettata a giudice dal criterio dell’equità.

La valutazione equitativa spetta al giudice solo se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare.La valutazione deve essere poi motivata opportunamente.

Il diritto comune al risarcimento del danno è rappresentato dall’insieme delle norme, dettate in materia di inadempimento,che stabiliscono che il risarcimento del danno deve comprendere: danno emergente e lucro cessante, che l’entità del risarcimento risente negativamente del fatto che a cagionare il danno abbia concorso il fatto colposo del creditore e viene escluso per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza e che se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare il giudice interverrà con valutazione equitativa.

Tutta la materia che il giudice è chiamato a dirimere può risultare cosparsa di punti nei quali i dati di fatto risultanti da un’esauriente istruzione probatoria appaiano pur sempre incerti. Si pensi: alla misura dell’incidenza della colpa del creditore nella causazione del danno, o alla prevedibilità da parte del creditore dei danni che l’inadempimento avrebbe potuto cagionare; al giudizio sulla stessa imputabilità al debitore dell’impossibilità della

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prestazione nei casi in cui il giudizio dipende da una sottile distinzione tra necessità e coincidenze, o ai casi nei quali la prestazione dovuta vengono in considerazione le conoscenze che il debitore avrebbe dovuto avere circa fenomeni naturali o sociali o comportamenti di terzi che hanno avuto di fatto un’influenza --) tutto ciò può influire sulla determinazione dell’ammontare finale del risarcimento perché possono portare a comprendere o escludere un certo effetto dannoso,o ad imputare ad una parte piuttosto che all’altra la causa di certi danni.

Il giudice deve lasciarsi guidare da un criterio di probabilità, che indica comunque incertezza.Sulla base delle categorie della buona fede oggettiva e dei doveri di correttezza il giudice deve adottare una valutazione secondo equità.Si tratta di pervenire ad una visione giusta del caso singolo,la quale non funziona come produttiva di regole nuove,perché il giudice,si vale di valori che la legge fa propri. L’operazione prevista da l’art 1226 ha solo lo scopo di fornire elementi per valutare il danno.