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GEOGRAFIA E COMUNICAZIONIPROF.SSA EMILIA SARNO

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““GGEEOOGGRRAAFFIIAA EE CCOOMMUUNNIICCAAZZIIOONNII””

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Università telematica Pegaso Geografia e comunicazioni

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3

2 L’IMPATTO ECONOMICO E IL RUOLO SOCIALE DELLE TELECOMUNICAZIONI------------------- 7

3 UN CASO DI STUDIO: LA TELEFONIA ------------------------------------------------------------------------------- 10

4 L’UNIVERSO TELECOM -------------------------------------------------------------------------------------------------- 12

5 LA CONFIGURAZIONE DELLE UTENZE ---------------------------------------------------------------------------- 16

BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 23

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1 Introduzione

Geografia delle Comunicazioni, Geografia delle Telecomunicazioni, Geografia della Società

dell’Informazione: le denominazioni indicano la rapida evoluzione di un settore di ricerca e

contemporaneamente la rapidissime trasformazioni tecnologiche1. Le telecomunicazioni, che ormai

hanno acquisito particolare rilievo nelle relazioni umane, rappresentano uno dei fattori

infrastrutturali essenziali della società contemporanea, poiché la produzione massiccia di

informazioni e la loro diffusione sono diventate basilari per l’economia odierna, nonché per l’intera

organizzazione sociale, grazie al telelavoro, alle televendite, all’erogazione di servizi online 2.

Peraltro, se la radio, la televisione e il telefono fisso sono ormai mezzi classici, la rapida

evoluzione della società dell’informazione, fondata sulla telefonia mobile, sulle reti wireless, sui

sistemi informatici ha lanciato una sfida scientifica che è stata già raccolta.

Tuttavia, per la compresenza di più media, dai più datati ai più innovativi, sembra opportuno

considerare la telecomunicazioni nella loro globalità, come un complesso oggetto dinamico.

Lo sviluppo ne ha pure rimodulato la relazione con i trasporti. Finché non si è utilizzato il

telegrafo, le comunicazioni erano un tutt’uno con i mezzi di trasporto, infatti Hillis (1998)

evidenzia che prima di quel momento vi fosse una stretta consequenzialità tra chi portasse un

messaggio e il messaggio stesso. Ora esse non solo non hanno più bisogno di gambe e ruote per

raggiungere il destinatario, ma sono diventate sempre più invisibili e veloci, acquisendo il sottile

potere di interagire con i processi socio-economici. Per questi motivi, sempre Hillis (1998)

documenta il dibattito tra una geografia «argument of the eye3» e la graduale attenzione per l’

invisibilità della comunicazione.

1 Graef (2001) considera la geografia delle comunicazioni come l’insieme di diverse modalità tecnologiche, mentre

Pinna (2000) identifica come geografia delle comunicazioni i movimenti tanto di beni e persone quanto di

informazioni. Bakis (2001; 2007) considera importante mettere a fuoco le evoluzioni tecnologiche e i cambiamenti

concettuali che ne seguono. Rocca (1998) ritiene che l’oggetto di studio della geografia delle telecomunicazioni sia

costituito dalla mobilità spaziale dell’informazione, mentre Corna Pellegrini e Paradiso (2009) suggeriscono di

ragionare nei termini di una geografia della comunicazione globale. 2 L’informazione è divenuta così preponderante rispetto ad altri fenomeni che, agli inizi degli anni Ottanta del secolo

scorso, Claude Raffestin (1981) discuteva le differenze epistemologiche tra il termine circolazione, volto a indicare la

mobilità spaziale di beni e persone, e il termine comunicazione specifico per le informazioni. 3 L’espressione è di Cosgrove (1984) [la geografia oggetto della vista], commentata da Hillis (1998) per mettere in

evidenza il passaggio dalla visibilità come oggetto geografico all’invisibilità.

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Invero, sebbene Ratzel nel 1897 già considerasse l’importanza dell’informazione4, i primi

studi geografici sul tema cominciano alla fine degli anni Settanta del secolo scorso. Come ricorda

Bakis, precedentemente vi era stata una sorta di disattenzione. Calogero Muscarà nel 1996

documentava la sottovalutazione di questo settore, pur essendo stata operata una vera e propria

rivoluzione nella riduzione delle distanze geografiche tanto dai trasporti quanto dalle

telecomunicazioni5.

Eppure, i silenzi non sono stati affatto ostativi. Bonavero, nella rassegna del 1991 sulle reti

delle telecomunicazioni come settore di ricerca geografica, distingue tre filoni di analisi: l’empirico-

descrittivo, l’interpretativo «settoriale», il teorico e «interpretativo globale». Fino a quel momento

la maggior parte degli studi aveva utilizzato variabili riferite al servizio telefonico, ma egli

puntualizza che particolare attenzione era già rivolta all’introduzione «delle nuove tecnologie di

telecomunicazione sull’assetto territoriale della grande impresa multilocalizzata» (Bonavero, 1991,

p. 462).

Successivamente i cambiamenti dovuti alla telematica hanno rappresentato un tema ineludibile e

capace di mettere in discussione anche un concetto classico della geografia: lo spazio geografico.

Maria Paradiso, coordinatrice del Network Italiano di Geografia della Società

dell'Informazione6, così sintetizza le fasi recenti: una prima rivolta alle tecnologie

dell’informazione di per sé, ossia reti e telecomunicazioni; una seconda indirizzata ai contenuti;

«una terza dimensione di studio, aperta di recente, riguarda le politiche e la pianificazione

territoriale nell’era dell’informazione» (Paradiso, 2009, p. 35).

Fondamentali nelle diverse fasi sono stati i saggi di Aharon Kellerman tra i quali

Telecommunications and geography, pubblicato nel 1993, o Personal Mobilities del 2006. Nel

primo egli precisa i fondamenti della geografia delle telecomunicazioni: lo studio delle

infrastrutture, le differenziazioni regionali, la riduzione dell’impatto della distanza e quindi la

convergenza tra spazio e tempo. Già da quel momento chiarisce un passaggio sul quale continuerà a

lavorare: l’impatto sociale dei media.

4 Ratzel nell’opera Politische Geographie del 1897 chiariva l’interesse geografico per l’informazione.

5 L’intervento di C. Muscarà è parte integrante degli atti di un convegno dedicato proprio alla geografia delle

telecomunicazioni e pubblicati a cura di Capineri e Tinacci Mossello (1996). 6 Il gruppo, a cui hanno aderito diversi studiosi è coordinato dalla prof.ssa Maria Paradiso (Università degli Studi del

Sannio), mentre il prof. Massimiliano Tabusi (Università per Stranieri di Siena) ne è il segretario.

Cfr http//.www.societageografica.it/network/index.html.

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Egli considera il ruolo economico dei media a scala internazionale in relazione all’introduzione dei

satelliti, che mettono in atto un flusso globale di servizi e di scambi. In questo quadro evolutivo

illustra la leadership degli Stati Uniti d’America e precede diversi studi successivi delineandone i

futuri sviluppi: l’incremento delle relazioni internazionali grazie ai media, la combinazione-

connessione tra i diversi medium, ad esempio telefono e computer o telefono e televisore, il ruolo

sociale dei network, cioè delle reti sociali formatesi tramite web.

Questi fattori rappresentano le basi della computer and communication networks age, alla

cui analisi ha ampiamente contribuito Henry Bakis. Egli, che negli anni Ottanta, nell’ambito delle

telecomunicazioni, si è principalmente soffermato sulla telefonia, successivamente ha

puntualizzato il ruolo nevralgico della telematica per la governance territoriale e le azioni possibili,

vantaggiose per l’economia oltre che per la vita sociale.

Egli distingue tre modalità di rapporto tra ICT e i territori che corrispondono a tre fasi

succedutesi nel tempo. Nella prima le ICT (Information and Communication Technology o in

italiano Tecnologie dell'informazione e della comunicazione) sono state considerate come un’

opportunità rivoluzionaria per superare vincoli geografici. Nella seconda esse si sono integrate in

modo pragmatico all’organizzazione territoriale, mentre nella terza, che deve tener conto del

geocyberspazio come rinnovata visione del concetto classico di spazio geografico, esse sono alla

base della creazione e della produzione dei territori futuri (Bakis, 2010).

Gli effetti delle ICT sono stati analizzati anche da Maria Paradiso (2003b), che, con puntuali

riferimenti bibliografici, ne sottolinea il ruolo strategico nella pianificazione territoriale. Le ICT

diventano così nodo strategico per riprogettare e pianificare il territorio in termini sia di opportunità

economica sia di beneficio per la stessa vita sociale delle comunità. Quest’ultima si è, d’altronde,

modificata da tempo perché organizzata da una info-mobility society (Janelle, 2004, p. 209). La

mobilità è divenuta una condizione sostanziale della nostra vita tramite l’implementazione dei

trasporti, ma soprattutto dal punto di vista virtuale grazie ai molteplici mezzi di comunicazione.

Il tema è stato ampiamente dibattuto da Kellerman nel volume Personal mobilities (2006)

con l’individuazione degli indicatori - l’accessibilità, la velocità, la connettività - e dei fattori

chiave: i trasporti e le telecomunicazioni. Istantaneamente siamo in più luoghi e situazioni e ciò

accade con maggiore facilità del passato abbattendo barriere e rendendo chiunque più libero.

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L’esistenza attuale si caratterizza per una continua mobilità, anzi motilità7, che si realizza in modo

fluido grazie ad una corporeità che si prolunga nel web. Strumenti per eccellenza della mobilità

sono la telefonia mobile e il wireless (Kellerman, 2009), mentre cambiano il senso e le funzioni dei

luoghi, in particolare delle città, che si impongono tanto come nevralgici nodi di connessione

quanto come centri di produzione di reti (Kellerman, 2006).

7 L’espressione è proposta da Kellerman che a sua volta riprende una riflessione sulla motilità di Kaufmann (2002): «as

the way in which an actor appropriates the field of possible action in the area of mobility and uses it to develop personal

projects» (Kellerman, 2006, p. 8). [“La motilità è definibile come il modo nel quale un agente si appropria delle sue

possibilità nell’area della mobilità e le utilizza per i progetti personali”].

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2 L’impatto economico e il ruolo sociale delle telecomunicazioni

I geografi hanno mostrato particolare attenzione per la relazione tra i processi economici e le

telecomunicazioni. Esse sono infatti essenziali «per comprendere l’organizzazione geografica ed

economica di grandi imprese industriali, a cominciare dai loro grandi centri di ricerca, per arrivare

alle reti di vendita e passando per le diverse fasi di produzione più o meno decentrate» (Spriano,

1987, p. 3).

Le telecomunicazioni hanno acquisito particolare valenza per l’economia, dal momento che

l’informazione è diventata un decisivo fattore di produzione, pari all’energia e ad altre materie

prime; per di più la loro diffusione è indice dello sviluppo di un Paese8. Le imprese, grazie ad esse,

si avvalgono dell’evoluzione tecnologica applicata all’informazione per mettere a disposizione di

un’utenza sempre più vasta le loro produzioni secondo la logica della globalizzazione; per di più

hanno mutato la loro organizzazione e la relativa articolazione territoriale (Longo, Cannizzaro,

2008).

Come già negli anni Novanta aveva chiarito Abler (1993), le telecomunicazioni

rappresentano la ragione principale perché le aziende tendano ad innovare la loro organizzazione e

soprattutto a dedicarsi alla produzione di media.

L’installazione e l’implementazione di una rete rappresentano un fattore decisivo sia

nell’organizzazione territoriale di una regione sia nella vita di relazione9. La più importante è la rete

delle reti ovvero Internet. «Un gigantesco reticolo a scala planetaria, già agli inizi del 1996,

collegava 40.000 reti telematiche, che, a loro volta, attraverso linee telefoniche, satelliti, cavi a

fibre ottiche, permettevano di far comunicare fra loro 40 milioni di computer» (Rocca, 1998, p.

201).

Lo sviluppo di Internet ha reso particolarmente agevoli i servizi delle banche, delle

assicurazioni, delle agenzie territoriali. Tuttavia, le telecomunicazioni, pur contribuendo alla

moderniz-zazione (C. Muscarà, 1996), non cancellano le differenze, ma le ridisegnano delineando il

digital divide tra paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, tra centro e periferia. I parchi telefonici

8Mainardi (1996, p.17) aggiunge: «ciascuno presenta alcuni caratteri distintivi nell’organizzazione dei media».

9 Ipotesi affascinante, ma poi tralasciata, è stata la costituzione di teleporti che «costituirebbero fattori di sviluppo

regionale, in quanto punti privilegiati per l’insediamento di unità produttive appartenenti a «grandi consumatrici» di comunicazioni internazionali o ad imprese innovative ad alta «intensità di informazione»» (Bonavero, 1991, p. 466).

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e telematici, perciò, si impongono come indicatori di sviluppo di uno stato, mentre la diffusione dei

cellulari è indagata per i suoi effetti economici.

Approfondimenti in tal senso hanno fatto emergere il digital divide in tutta la sua ampiezza

geografica. Già nel 1967, Hägerstrand, studiandone la diffusione spaziale, aveva dimostrato che il

raggio delle reti di comunicazione varia a seconda dell’azienda di riferimento e del suo contesto10

.

Peraltro, se la connettività di Internet copre da tempo la quasi totalità degli Stati al punto che oggi

si ritiene che vi sia circa un miliardo di utenti nel mondo collegati a internet, ossia una persona su

sei alla scala globale, le comunicazioni sembrano però conservare un tratto preciso: una maggiore e

più solida presenza nei paesi industrializzati. Infatti, Graham e Marvin (1996) hanno dimostrato che

l’introduzione delle tecnologie per l’informa-zione e la comunicazione attenua le differenze tra

territori, ma non le cancella.

Basti richiamare dati, anche recenti, riguardanti l’Africa: solo una persona su 700 accede ad

Internet e appena il 12% della popolazione utilizza continuativamente l’energia elettrica perché

frequenti blackout ne mettono a rischio l’uso. La telefonia mobile sembra diffondersi ma solo in

alcune aree (Chakraborty, 2005).

Invero, le telecomunicazioni ridisegnano le compartimentazioni spaziali o stabiliscono nuove

interdipendenze per il fatto che esse esercitano il controllo del tempo attraverso l’annullamento

della distanza, per cui stiamo evolvendo, sempre secondo le parole di Bakis (2001), verso a greater

spatio-temporal fluidity of work, ma probabilmente anche verso a greater spatio-temporal fluidity

of life.

Si aprono così altre prospettive che toccano la vita sociale e culturale. Se le

telecomunicazioni sono in sintonia e sincronia con il mercato economico mondiale, esse rispondono

anche a modelli di vita grazie ai quali ogni individuo si inserisce agevolmente nelle diverse reti per

comunicare, informarsi, intrattenersi, stabilire contatti professionali, fruire di servizi. Infatti, sono

ormai prevalsi nuovi modelli di aggregazione grazie ai social network.

«Il mondo sembra essersi rimpicciolito in modo impressionante: è più rapido contattare

telefonicamente o raggiungere in aereo un punto qualsiasi del globo di quanto non fosse nel secolo

scorso il collegamento tra una qualsiasi città e i villaggi di campagna circostanti» (Bakis, 1987, p.

9). Tramite i media, si rimpicciolisce o si annulla la distanza che ciascuno di noi ha con gli altri, al

punto che persino «la riflessione privata, personale, che ciascuno fa sul proprio computer, resta

10

Hägerstrand, 1967, mostra che il raggio di connessioni della rete varia da azienda ad azienda e le interazioni di

ciascuna sono a diverse scale: locale, regionale, internazionale.

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sullo schermo e diventa collettiva; va a confondersi, a mescolarsi, a interagire con quella di molti

altri» (Mainardi, 1996, p.24).

La partecipazione ai social network ha scardinato la visione unidirezionale della

comunicazione, creando continuamente comunità tra pari, i quali nella rete costruiscono

collaborativamente conoscenze. Ciascuno liberamente può integrarsi nelle community e nel

contempo recuperare intera la propria autonomia. L’individuo sembra non avere più frontiere e

fruisce di nuove forme di mobilità virtuali (Kellerman, 2006).

L’espansione delle possibilità relazionali, per cui ciascuno di noi è partecipe di più spazi e

più comunità, si realizza in modo compiuto nel cyberspazio. Quest’ultimo si presenta come un

denso concetto geografico che mette in sinergia ambienti tecnologici, culture, motivazioni

personali.

Il cyberspazio ha le sue origini nella contrazione della distanza grazie alle telecomunicazioni

e si caratterizza come un mondo virtuale cablato dai network che connettono persone, computer e

luoghi. L’espressione più raffinata è costituita dalle città digitali.

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3 Un caso di studio: la telefonia

Le telecomunicazioni costituiscono l’infrastruttura portante per la trasmissione di

informazioni a distanza. Un insieme di reti collega questi dispositivi, come le reti televisive,

radiofoniche, telefoniche e telematiche11

. La rete delle reti, internet, ha finito in tempi recenti per

attrarre gli studiosi intenti a delineare le caratteristiche della società digitale, tralasciando così gli

altri media che in qualche misura appaiono ormai tradizionali e quasi obsoleti. Nella loro classicità,

la televisione come il telefono hanno, però, il merito di un tale radicamento, persino individuale, da

potersene studiare effettivamente la configurazione territoriale. Inoltre, le evoluzioni recenti, dalla

sinergia con l’ADSL allo smartphone12

, attestano la vitalità della telefonia fissa e mobile.

Inventato nel 1876 da Alexander Graham Bell, il telefono ha cambiato la nostra vita

ampliando lo spazio comunicativo e consentendo il contatto diretto sia pure fisicamente a distanza.

Ha persino rafforzato la cultura dell’oralità oscurata dalla scrittura.

La telefonia ha attratto l’attenzione scientifica da diversi punti di vista: l’ottica

ingegneristica ne analizza le modalità d’impianto, la sociologia il ruolo nelle relazioni interpersonali

e professionali, la geografia si occupa tanto della densità e dei flussi telefonici, quanto delle

problematiche socio-economiche inerenti alla sua diffusione.

Nel 1987, l’analisi della rete italiana è stata affrontata da Carla Lanza che ne ha ricostruito

l’organizzazione e ha valutato alcuni dati statistici nazionali, anche in relazione agli altri stati

europei13

. La Lanza riscontra un fenomeno ampiamente diffuso, benché ne evidenzi le differenze a

scala regionale, in base ai dati del 1982. Lo studio traccia la fotografia della SIP come azienda di

stato, mentre il passaggio dal monopolio alla liberalizzazione delle telecomunicazioni è discusso da

Daniela La Foresta (2006) che considera l’attuale ruolo economico di Telecom Italia nel contesto

europeo.

11

Le reti terrestri e marine possono essere cablate, cioè costruite da cavi metallici o da fibre ottiche, come nel caso di

quelle telefonica, oppure formate da una serie di ripetitori a terra o montati su satelliti in orbita geostazionaria attraverso

i quali le informazioni sono trasmesse sotto forma di onde radio, come avviene per i segnali televisivi e telefonici, o

essere costituite da entrambi i tipi di infrastruttura. Nonostante sia possibile l’utilizzo dei satelliti anche per internet, la

rete telefonica e i computer sono di solito alla base anche delle reti telematiche. 12

Uno smartphone o telefonino intelligente è un cellulare che gestisce dati personali, collegamento internet e altre

funzioni.

13

Lo studio della Lanza è riportato in Spriano 1987; la studiosa ricostruisce la storia dei gestori italiani e dell’importanza

della SIP fornendo uno schema dell’organizzazione della rete fonia dati.

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La rapida diffusione della telefonia fissa nel mondo è da tempo monitorata con continuità per

evidenziarne il radicamento capillare e la capacità di collegare facilmente gli utenti, che però

risultano concentrati per metà negli Stati Uniti, per il 22% in Europa e per il 12% in Giappone

(Rocca, 1998). Come nel caso delle altre reti, anche quella telefonica ha una diffusione a maglie

geografiche diseguali, se nei paesi sviluppati vi sono 35 volte più telefoni in rapporto alla

popolazione che nel Terzo Mondo (Mainardi, 1996).

Moss (1987) è stato uno dei primi a porre in evidenza le differenze tra aree geografiche e

all’interno di ciascuna tra zone urbane e rurali, avviando una riflessione che è divenuta sistematica

riguardo al phone divide. La cornetta appare infatti un’abitudine, ma solo per il mondo occidentale.

Anzi, mentre nei paesi industrializzati la linee fisse subiscono variazioni e limitazioni, nel resto del

pianeta non si assiste ancora ad un pieno utilizzo del medium telefonico. Il digital divide quindi

non riguarda solo il PC, ma anche questo terminale comu-nicativo, utile per esigenze personali,

nonché per attività commerciali e istituzionali.

D’altronde, la diffusione della linea mobile, benché elevata, appare anche essa disomogenea per

aree geografiche e per funzioni. In Italia, ad esempio, il terminale fisso è di gran lunga preferito

per le telefonate nazionali, sebbene nel 2009 le conversazioni con la classica cornetta abbiano

totalizzato 103,8 miliardi di minuti, mentre quelle con i cellulari 113,8 miliardi14

.

A scala mondiale si registra un elevato utilizzo dei cellulari, ma, come fanno notare Longo e

Cannizzaro (2008), la quantità delle linee fisse si sta riducendo maggiormente in Giappone e Stati

Uniti piuttosto che in Europa. Tutta particolare è la situazione africana dove il cellulare appare un

bene necessario a chi vive per strada.

Si assiste quindi ad una compresenza delle due funzioni. Daniela La Foresta (2006) analizzando il

dualismo tra linee fisse e mobili nel contesto europeo osserva come queste ultime siano considerate

complementari e non sostitutive.

14

I dati sono sintetizzati e resi pubblici sul sito: http://galatone.splinder.com/

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4 L’universo Telecom

Telecom15

Italia nasce il 18 agosto 1994 con la fusione per incorporazione in SIP di Irite,

Italcable, Telespazio e Sirm. «Si concludono così le vicissitudini della SIP telefonica secondo

l’assetto istituzionale scaturito dalla ristrutturazione del 29 ottobre 1964, dopo un trentennio che,

attraverso un complesso intreccio di eventi, ha visto un’imponente crescita ed una sostanziale

trasformazione delle telecomunicazioni nazionali» (Abeille, 1999, p. 19).

Il cambiamento aziendale, in realtà, rispecchia una diversa impostazione socio-economica:

le telecomunicazioni sono divenute nel tempo un oggetto di primaria necessità da non sottoporsi più

a monopolio.

La nazionalizzazione era stata la risposta al coacervo di aziende che gestivano le

telecomunicazioni, accorpate anche ai servizi postali e elettrici fino agli anni Sessanta, ed era

apparsa necessaria per pianificarne l’ organizzazione. Fu effettivamente un vantaggio perché,

all’atto costitutivo del 29 ottobre 1966, la SIP contava, su tutto il territorio nazionale, 4.220.000

abbonati e 5.530.000 apparecchi telefonici in servizio. Grazie alla nazionalizzazione la telefonia

fissa si è ampiamente diffusa in Italia, modificandosi in base alle innovazioni tecnologiche e

integrandosi ai processi europei16

.

«Oggi, a distanza di qualche anno dall’avvio del processo di liberalizzazione, la realtà dei

paesi dell’Unione appare sufficientemente equilibrata e orientata sulla linea della omogeneità

tecnica, gestionale e organizzativa, condizione grazie alla quale il mercato delle telecomunicazioni

ha vissuto una fase eccezionale di crescita e di sviluppo» (La Foresta, 2006, p. 212).

Una vera e propria rivoluzione nel settore delle telecomunicazioni ha investito l’Italia. «In

seguito alle decisioni liberiste assunte in sede europea, che fissavano tra l’altro nel 1° gennaio 1998

l’apertura del mercato alla concorrenza, scomparvero dal settore i monopoli e le aziende controllate

dallo Stato17

».

15

La Telecom ha un Centro Studi e diffonde, tramite il sito

http://www.telecomitalia.it/, informazioni sulla storia dell’azienda e sul telefono raccolte nell’archivio storico; inoltre

pubblica periodicamente report sulle telecomunicazioni.

Tramite il sito sono rese pubbliche le ricerche che annualmente la Telecom anche unitamente ad altre aziende europee o

internazionali realizza. L’azienda è stata oggetto di studio di tesi di laurea documentate dal sito:

http://www.tesionline.it/default/index.asp. 16

Carla Lanza (1987) sottolinea che negli anni Settanta per la crisi economica furono limitati gli investimenti italiani

per lo sviluppo delle telecomunicazioni e che solo negli anni Ottanta si risolsero alcune carenze nelle infrastrutture. 17

Cfr. C. Ottaviano, Sip-Telecom. Storia, Giugno 2008, p. 5.

www. Storiaindustria.it

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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

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Il passaggio alla digitalizzazione è stato coevo alla privatizzazione18. Se quest’ultimo

cambiamento ha permesso ad altre aziende di offrire servizi, l’ampiezza della Telecom è stata

relativamente scalfita. «Nella telefonia fissa Telecom mantiene il suo primato storico di ex

monopolista, ma negli ultimi tre anni la quota di mercato dell’incumbent è scesa di 10 punti, dal 94

all’84%» (Calabrò, 2008, p.16). Come si vedrà, in base ai dati a nostra disposizione per il periodo

2005-2007, la diminuzione si attesta all’incirca sul 15%.

La prevalenza Telecom, sul territorio nazionale, è comunque tale da non rappresentare solo

un campione significativo dell’universo telefonico, ma è essa stessa un universo più che consistente

perché gestisce, tra gli altri, due importanti segmenti: le utenze famiglia e le utenze business.

L’azienda italiana utilizza la struttura tecnologica consolidata negli anni, ma poi evolutasi

grazie alla modalità ADSL o banda larga e alla Linea DATI. Si propone in modo competitivo sul

mercato europeo, per cui la stessa capillare commercializzazione della telefonia mobile ha finito per

integrarsi con la fissa.

«La posizione dominante di cui continua a godere Telecom Italia è per molti aspetti la

conseguenza di un intreccio tra vincoli geografici e comportamenti strategici dell’ex monopolista»

(La Foresta, 2006, p. 216).

La telefonia italiana, che nell’immaginario comune è quindi ancora Telecom, è una rete

geografica formata da centrali e da linee trasmissive con nodi intermedi. Questa struttura costituisce

la cosiddetta Rete Telefonica Generale (RTG), più nota col termine inglese di Public Switched

Telephone Network (PSTN). Essa trasferisce segnali elettrici analogici che negli apparati degli

utenti rappresentano la voce (v. fig. 3.1).

18

La Telecom nasce formalmente nel 1994 per il riassetto e la fusione STET-Telecom Italia; la sua privatizzazione

avviene nel 1997; nel 2006 il consiglio d’amministrazione decide la riorganizzazione dell’azienda nei seguenti settori:

la telefonia fissa, la telefonia mobile, la rete telefonica, la Telecom NET. Per un’analisi delle scelte di mercato della

Telecom Italia si rimanda a La Foresta, 2006.

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Figura 3.1 L’organizzazione della rete telefonica

La diffusione si può monitorare comparando la frequenza degli abbonati con quella dei

residenti in Italia nel corso del tempo. Dagli anni Sessanta al 2007, in circa cinquant’anni anni, si

registra un aumento vertiginoso degli utenti (v. fig. 3.2); in particolare, se si confronta la

percentuale nazionale degli abbonati calcolata su ogni cento abitanti nel 1982 (Lanza, 1987) con

quella19

del 2007 si registra un aumento degli abbonati di ben 10 punti percentuali, dal 26 al 36%,

pur con una variazione minima della popolazione italiana, che risultava di 56.960.692 unità nel

1982 e di 59.131.287 nel 2007 (v. fig. 3.2).

Se a questi dati si aggregassero anche gli accessi ADSL e Linee Dati l’attuale incremento

sarebbe ancora più elevato, ma questi ultimi non sono stati utilizzati per la comparazione poiché

sono formule introdotte solo in anni recenti.

19

La percentuale del 2007 è calcolata sui dati forniti dalla Telecom per tutto il territorio nazionale accorpando utenze

famiglia e utenze business. Come già chiarito per questi accessi ogni linea corrisponde ad un utente.

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Figura 3.2 La relazione abbonati/residenti a scala nazionale

Peraltro, bisognerebbe aggiungere agli oltre venti milioni di utenti Telecom almeno una

parte di quel 15% servito da altri gestori, ma che comunque ha deciso di mantenere la linea fissa.

E’ la testimonianza di una presenza elevata dell’apparecchio telefonico nelle nostra quoti-dianità.

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5 La configurazione delle utenze

Nell’universo Telecom così radicato il segmento più rilevante è rappresentato dagli accessi

famiglia, ovvero dai contratti che corrispondono alla fruizione individuale sul territorio nazionale;

secondo i dati del 2007 questi contratti sono 15.687.086 ma, sommati agli accessi famiglia ADSL,

diventano circa 20 milioni, per una popolazione di circa 59 milioni di residenti nello stesso anno (v.

fig. 3.3).

L’altro segmento, rilevante ma dai numeri meno eclatanti, è quello dei contratti business,

ovvero i contratti stipulati da enti ed aziende20

fino a 250 addetti, completati anch’essi da utenti che

accedono a questo servizio tramite ADSL e Linea DATI. Nel complesso le utenze business

costituiscono il 27% di tutti gli accessi, mentre i contratti tramite linee di trasmissione più rapida

rappresentano il 26% del totale.

Figura 3.3 I diversi accessi fonia nel 2007

L’ampiezza del fenomeno, come la figura 3.4 illustra per gli accessi famiglia, è pari alla sua

distribuzione proposta per macroaree, tra le quali il Nord-ovest polarizza a primo acchito

l’attenzione, confermando una frequenza elevata, pur in una superficie territoriale meno vasta, a

testimonianza del radicamento puntuale del mezzo telefonico. L’area che presenta la quantità

20

Il segmento delle aziende superiori ai 250 addetti è considerato a parte dalla Telecom e rientra nel Data Base Seat

Pagine Gialle, per cui i dati non sono stati forniti.

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inferiore è il Nord-est, probabilmente per la diffusione di altri gestori, mentre le regioni centrali e

meridionali si attestano su una situazione a mezza strada.

Il puntuale radicamento nel Nord-ovest è storico, difatti la prima azienda telefonica in Italia,

la STEP o Società Telefonica Piemontese, fu fondata a Torino il 10 giugno 1924; essa, nel 1925,

si trasformò in STIPEL, ovvero Società Telefonica Interregionale Piemontese e Lombarda, per cui

per prime queste zone beneficiarono della presenza del telefono. Infatti, nella rilevazione effettuata

dalla Lanza (1987), il Piemonte21, la Valle d’Aosta e la Lombardia si attestavano ben oltre il 30%

nel 1982, superando la media nazionale del 26% ogni 100 abitanti, mentre la Liguria sfiorava il

40%.

Figura 3.4 Le utenze famiglia e le differenze tra le quattro aree

La visualizzazione dei dati del 2007, mentre dimostra la generalizzata diffusione del mezzo

telefonico, fa emergere contemporaneamente la sua non neutralità. Infatti, tramite le utenze

21

Secondo Lanza, 1987, il Piemonte si attestava al 31, 77%, la Valle d’Aosta al 33,19%, la Lombardia al 30,99 e la

Liguria al 39, 13%

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business, si percepiscono le differenze economiche, perché forniscono, in immediato, un’istantanea

della vitalità socio-economica dell’Italia (v. fig. 3.5). La limitata diffusione nel Mezzogiorno indica

la minore presenza di aziende di media dimensione le quali, invece, prevalgono nell’Italia centrale.

Figura 3.5 Differenze nella distribuzione degli accessi business, 2007

Altrettanto interessanti sono le variazioni avvenute in seguito alle evoluzioni tecnologiche.

La rete Telecom sul territorio nazionale deve soddisfare richieste sempre più sofisticate tramite

ADSL e/o l’utilizzo di Linea DATI; mentre la prima è un rafforzamento dei modem tradizionali, le

seconde sono una vera e propria alternativa, attivate pure in assenza della classica linea telefonica.

E’ un’evoluzione ancora da svilupparsi, ma anche in questo caso assistiamo ad una copertura totale

(v. fig. 3.6).

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Figura 3.6 Differenze nell’uso di formule avanzate, 2007

La figura 3.6 riporta in modo unitario i dati degli accessi ADSL - famiglia e business - e

quelli delle Linee DATI; non si evincono particolari differenze tra le quattro macroaree, benché il

Nord-ovest ne sia maggiormente fornito. La diffusione, comunque parziale, riguarda una vasta

gamma di servizi, richiesti da aziende e istituzioni per un territorio che sta vivendo un periodo di

transizione da formule più tradizionali ad altre tecnologicamente avanzate.

Per di più, le variazioni spaziali si intrecciano con quelle temporali, infatti, come si accennava

prima, sull’intero territorio nazionale, tra il 2002 e il 2007, si è verificata una riduzione del 15%

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degli accessi famiglia (da 18.355.103 a 15.687.086) in linea con i dati preannunciati inizialmente (v.

fig. 3.7).

Figura 3.7 L’oscillazione delle utenze famiglia

Tuttavia, le regioni centrali, dove si assiste ad una maggiore diminuzione, pari al 18% (v.

fig. 3.9), esprimono una fruizione differenziata del medium.

Figura 3.8 La forte oscillazione nelle regioni centrali

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Il decremento rimanda al passaggio sia ad altri gestori sia alla sola telefonia mobile;

comunque l’utente tende a conservare il terminale comunicativo se è attratto da formule

tecnologiche avanzate, infatti i contratti ADSL famiglia mostrano un trend positivo (v. fig. 3.9).

La telefonia fissa in Italia quindi complessivamente resiste bene, sorretta anche dalla

competizione tra gestori stessi. Peraltro, se indagini22

di mercato effettuate nel 2010 rilevano che nel

Nord Europa il 24% degli utenti si serva unicamente di apparecchi mobili per la propria

quotidianità, con picchi interessanti come in Finlandia, patria di Nokia, che sfiora il 61%, in Italia,

come in altre regioni europee, questo processo per ora è lento, risolto più con la compresenza delle

due funzioni che con una diffusa dismissione.

Figura 3.9 Ascesa, in pochi anni, della banda larga

Un percorso in progress collega il telefono alla banda larga, rappresentandone sicuramente

il prossimo futuro, secondo le raccomandazioni della UE sulla diffusione della connessione a fibre

ottiche.

«La struttura del nucleo familiare, costituente l’unità sociale di base, con la sua diretta

coincidenza con un’unità insediativa, favorisce la presenza di un terminale comunicativo comune,

utilizzabile come punto di contatto da parte dell’intero nucleo familiare e, tuttavia, disponibile allo

stesso utilizzo individuale, per giunta amplificato, attraverso la tecnologia ADSL» (La Foresta,

2006, p. 223).

22

La ricerca su un campione di 27.000 persone appartenenti ai 27 stati europei è stata messa in atto per la volontà di

Viviane Reding, commissario europeo per le TLC, e documentata in Reuters.com nel giugno 2010.

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Il radicamento storico sul territorio nazionale tende dunque a rimodularsi, per cui

l’istantanea dell’attuale configurazione, qui ricostruita, puntualizza un processo evolutivo che non è

solo tecnico, ma principalmente socio-geografico.

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