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OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA n. 6 - Luglio Agosto 2007 n. 6 - Luglio Agosto 2007 - Spedizione in abbonamento postale 70% - DC Roma Pescara: avvocati di famiglia La mediazione sistemica Il sistema pensionistico pubblico La famiglia in Italia nel rapporto Istat 2007 Avvocati di famiglia

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OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA

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Pescara: avvocati di famiglia

La mediazione sistemica

Il sistema pensionistico pubblico

La famiglia in Italia nel rapporto Istat 2007

Avvocatidifamiglia

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Avvocati di famigliaMensile dell’Osservatorio nazionale suldiritto di famiglian. 6 - Luglio Agosto 2007

Comitato direttivo dell’OsservatorioNazionale sul diritto di famigliaGianfranco Dosi (Roma)Maria Giulia Albiero (Messina)Gianfranco Barrella (Frosinone)Claudio Cecchella (Pisa)Franca Ferrara (Cagliari)Barbara Maria Lanza (Verona)Clara Mecacci (Grosseto)Alessandra Rosati (Prato)Corrado Rosina (Barcellona Pozzo di Gotto)Gabriella Stomaci (Firenze)Ivana Terracciano Scognamiglio (Napoli)

AmministrazioneCentro studi giuridici sulla personaVia Nomentana 257, 00161, Romatel. 06.44242164fax 06.44236900([email protected])

Direttore responsabileGianfranco Dosi ([email protected])([email protected])

Coordinamento redazionaleSimonetta Di Cagno

Collaboratori di redazioneSimon Luca Andreozzi, Elvira Bacchini,Paola Bonifazi, Cristina Beni, Monica Buonfiglio, Giada Caprini, Cristina Caraboni, Giacomina Cisternino,Nicoletta Di Giovanni, Marco Fossati,Fulvia Ioriati, Anna Lanza, Lorenzo Margiotta, Daniela Muratori, Paola Pellegrino, Claudio SabbataniSchiuma, Cristina Scorsone, Alessia Sipione,Mirella Tavano, Laura Vellone, Cristina Virgili

Stampa: Registri Velox Contabilità

Autorizzazione del tribunale di Roma n. 98del 4.3.1996La rivista ha diffusione nazionale in ambitoforense e nelle sedi professionali eistituzionali, pubbliche e private, collegateal diritto di famiglia.

Foto di copertina: Il Tribunale di Pescara.

A cura della rivista è pubblicatoperiodicamente un albo di avvocati difamiglia redatto e aggiornato dal Comitatodirettivo dell’Osservatorio nazionale suldiritto di famiglia.Nell’albo sono inseriti su loro richiesta inominativi degli avvocati iscrittiall’Osservatorio nazionale sul diritto difamiglia in regola con i criteri indicati dalComitato direttivo d’intesa con ilCoordinamento centrale dell’associazione.L’inserzione nell’albo di avvocati di famigliacomporta l’autorizzazione alla rivistaAvvocati di famiglia al trattamento e alladiffusione dei dati dell’interessatoidentificativi della persona e del recapitodello studio professionale.

Informazioni sui costi, sulla prenotazione esulla diffusione di ulteriori copie possonoessere richieste a [email protected]

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La rivista è inviata agli avvocati in regolacon i versamenti della quota associativastabilita annualmente dal Comitatodirettivo dell’Osservatorio nazionale suldiritto di famiglia.

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La rivista viene inviata dal mese successivoa quello in cui viene corrisposto ilversamento della quota associativaall’Osservatorio nazionale sul diritto difamiglia o della quota di abbonamento e sirinnova di anno in anno salvo disdettadell’interessato.

AvvocatidifamigliaLA PROFESSIONE FORENSE NEL DIRITTO DI FAMIGLIA IN ITALIA

OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 1

EditorialeAvvocati di famiglia. Le nostre responsabilità (GianfrancoDosi) 2

Primo pianoProfessione avvocato di famiglia. Progetto formativo2008 4

Verso qualche modifica al regolamento sulla formazionecontinua 5

Le responsabilità dell’avvocato familiarista (GianfrancoDosi) 6

ZoomPescara. Un’architettura giudiziaria moderna per unagiustizia più efficiente 10

Pescara. Avvocati e diritto di famiglia (EmanuelaMalatesta) 11

Intervista al Presidente del tribunale, dott. Luigi Grilli (acura di Luana di Medio) 12

L’opinione del Sostituto Procuratore della Repubblica,dott. Giampiero Di Florio, della Sezione Famiglia (a curadi Riccardo Fusilli) 13

La Fondazione Forum Aterni: un’iniziativaall’avanguardia degli avvocati di Pescara 15

Il comitato per le pari opportunità costituito presso ilConsiglio dell’Ordine degli avvocati di Pescara 17

Professione avvocatoL’attività di consulenza legale può essere svolta solo daprofessionisti e non da società 18

Per la parcella non basta solo il parere del consigliodell’ordine ma occorre provare i presuppostidell’onorario richiesto 18

Mediazione familiareLa mediazione sistemica (Rodolfo de Bernart) 20

Famiglia e fiscoPatti di famiglia, trust e negozi fiduciari. Profili

dell’imposizione indiretta (Lorenzo del Federico eFrancesco Montanari) 22

GiurisprudenzaInversione dell’onere della prova in materia diriconciliazione (Gianfranco Dosi) 40

Sulle modifiche dell’assegno di divorzio non possonoincidere gli eventuali lasciti ereditari sopraggiunti dopola cessazione del matrimonio (Cristiana Ubaldi) 42

Massimario di diritto di famiglia 45

Legislazione2007: Anno europeo delle pari opportunità per tutti. Ilnuovo codice delle pari opportunità 48

L’opinioneLa famiglia in Italia. Il Rapporto 2007 curato dall’Istat edal Dipartimento per le politiche della famiglia per laConferenza Nazionale della Famiglia. Firenze, 24-26maggio 2007 52

Protocollo sull’audizione del minore tra i rappresentantidel tribunale per i minorenni di Roma e del Consigliodell’ordine degli avvocati. Roma, 7 maggio 2007 56

Osservatorio per la giustizia civile di Milano, GruppoFamiglia e minori. Protocollo per i procedimenti diseparazione e divorzio tra i coniugi. Norme di caratteregenerale 58

InterventiLa salute del danno esistenziale e i danni in famiglia(Mauro Di Marzio) 60

Cognome: proposte di legge e profili di dirittocomparato (Giacomina Costernino e Nicoletta DiGiovanni) 63

DOSSIERIl sistema pensionistico pubblico 27

Avvocati di famiglia | n. 6 | Luglio Agosto 2007Sommario

OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA

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2 | Avvocati di famiglia | Luglio Agosto 2007

EDITORIALE

Avvocati di famiglia.Le nostre responsabilità

GIANFRANCO DOSI, AVVOCATO

Non è stata casuale la decisione di dedi-care il nostro ultimo Forum nazionaledel 15-16 giugno a Grosseto al temadella responsabilità. Si tratta di un te-

ma tra i più impegnativi per l’avvocatura che ri-chiama numerosi profili di attualità, puntual-mente emersi nel dibattito che abbiamo avviato.

Un primo profilo, il più immediato, concernenaturalmente l’approfondimento generale di unacategoria giuridica – appunto la responsabilità -

che negli ultimi anni ha visto continue emersioni dottrinarie e giurispru-denziali. Una trasformazione sistematica che ha accompagnato i mutamen-ti sociali e civili fino a coprire praticamente tutti gli ambiti e i risvolti del vi-vere quotidiano. Una trasformazione resa evidente da un continuo ap-profondimento in convegni, seminari, contributi, note, sentenze, libri, mo-nografie, riviste specializzate e perfino associazioni. Si può dire che nessunaaltra categoria giuridica abbia mai subìto una così generale e tumultuosaevoluzione. E il percorso non è certo terminato.

Un secondo profilo di attualità è quello che deriva dall’applicazione neldiritto di famiglia del principio di responsabilità. Come è risaputo – ed a par-te alcune vecchie decisioni della Cassazione che avevano lasciato apertoqualche spiraglio – è soltanto dal 2005 che si è fatto autorevolmente spazionella giurisprudenza di legittimità il tema della compatibilità delle regoledel diritto di famiglia con quelle della responsabilità.

Dobbiamo questa apertura alla Cassazione che ha messo da parte, stavol-ta coraggiosamente, i timori di una esplosione del sistema famiglia di fronteall’area dell’illecito riconoscendo che “il rispetto della dignità e della perso-nalità, nella sua interezza, di ogni componente del nucleo familiare assume

Le relazioni al Forum nazionale di Grosseto sulla responsabilitànelle relazioni familiari

Mauro Paladini (Professore di diritto civile all’Università Sant’Anna di Pisa) Responsabilitàcivile e risarcimento del danno nel diritto civile

Francesco Canevelli (Psichiatra, Presidente della società italiana di mediazione familiare) Laresponsabilità nelle relazioni familiari. Aspetti psicologici

Giovanni Puliatti (Magistrato a Grosseto) Diritto penale e responsabilità nella famigliaClaudio Cecchella (Professore di diritto processuale civile all’Università di Pisa, Avvocato)

Separazione, divorzio e art. 709 ter c.p.c.Francesca Picardi (Magistrato a Pisa) Separazione, divorzio e domande di responsabilità

contrattuale ed extracontrattualeMichele Sesta (Professore di diritto civile all’Università di Bologna, Avvocato) Famiglie e

responsabilità civile. le nuove forme del dannoSilvia Governatori (Magistrato a Firenze) L’addebito nella separazioneGiacomo Oberto (Magistrato a Torino) La responsabilità contrattuale nelle relazioni coniugali

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 3

EDITORIALE

il connotato di un diritto inviolabile, la cui lesione da parte di altro compo-nente della famiglia costituisce il presupposto logico della responsabilità ci-vile”(Cass. sez, I, 10 maggio 2005, n. 9801).

Affermazione molto forte se si pensa che la violazione dei doveri nascentidal matrimonio ha sempre trovato in famiglia sanzione esclusiva nelle mi-sure tipiche nel diritto di famiglia, come l’addebito nella separazione o la so-spensione del diritto all’assistenza nel caso di abbandono senza giusta cau-sa della residenza familiare.

Il terzo profilo che abbiamo messo in risalto è connesso agli aspetti meta-giuridici della responsabilità, intesa come capacità delle persone di valutaregli effetti del proprio comportamento. E’ il tema tipico delle relazioni fami-liari e della loro estrema fragilità. Credo che ci si debba interrogare molto dipiù su quali siano gli effetti dei comportamenti irresponsabili. Quale effettoabbia nelle relazioni familiari, parentali e genitoriali l’uso a volte spregiudi-cato della violazione dei doveri. Quale sia l’effetto su un coniuge della siste-matica violazione del dovere di assistenza; quale sia l’effetto sui figli dellasistematica violazione del dovere di educazione e di mantenimento. Un’a-rea da esplorare con grande prudenza ma anche con coraggio se è vero chela responsabilità costituisce uno dei terreni più fecondi ai fini della preven-zione generale dei comportamenti socialmente indesiderati.

L’ultimo profilo al quale abbiamo, però, potuto solo accennare, tocca un te-ma delicato. Il tema del rapporto tra l’avvocato e il proprio cliente. Il mandatodifensivo rischia talvolta di essere – dobbiamo avere il coraggio di ammetter-lo - anche complicità e collusione dell’avvocato con le peggiori aspirazionidel proprio cliente Non possiamo non interrogarci su come si possa inserirenel mandato difensivo il grande tema del rispetto dei diritti di tutti, anchedell’avversario, pur nel perseguimento della tutela del proprio assistito.

E’ possibile proporre regole di comportamento specifiche per l’avvocatoche esercita la professione nell’ambito del diritto di fa-miglia? E, soprattutto, è possibile poi rispettarle nel la-voro quotidiano nelle aule di giustizia? Come propongoall’interno di questo numero della nostra rivista inten-do aprire un dibattito all’interno dell’associazione sullecaratteristiche comportamentali dell’avvocato familiari-sta. Un dibattito imposto dalla centralità che ha assuntooggi nella società civile il tema della tutela della fami-glia e soprattutto dalla urgenza di ripensare alle relazio-ni familiari come luogo di sviluppo primario dell’equili-brio e dell’identità delle persone. Il tema è quello, quin-di, delle responsabilità del professionista che entra incontatto con le relazioni familiari.

Ora che abbiamo dato una connotazione forense si-gnificativa all’Osservatorio abbiamo anche la responsa-bilità di pensare a questo tema. Si tratta di norme chel’avvocatura specialistica ha il dovere di discutere consi-derato che le norme esistenti non sono sufficienti a co-prire la specificità di questo settore.

I Forum nazionalidell’Osservatorionazionale sul diritto difamiglia

2007 (Grosseto) La responsabilitànelle relazioni familiari2006 (Roma) La circolazione dellaproprietà in famiglia2005 (Taormina) A trent’annidalla riforma del diritto difamiglia2004 (Pescara) Diritto di famigliae procedura civile2003 (Roma) I principi generalidel diritto di famiglia

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4 | Avvocati di famiglia | Luglio Agosto 2007

PRIMO PIANO

Professione avvocato di famigliaProgetto formativo 2008

Il Comitato direttivo dell’Osservatorio, in linea conquanto prevede il nuovo regolamento per la for-mazione degli avvocati, ha chiesto al Consiglionazionale forense l’accreditamento di un progetto

formativo nazionale che impegnerà nel 2008 tutte lesezioni territoriali.

Il progetto prevede un percorso di analisi complessi-va delle principali aree problematiche del diritto di fa-miglia alla ricerca degli orientamenti condivisi e dellelinee di tendenza emergenti in dottrina e giurispru-denza.

Gli eventi formativi avranno la durata di uno o duegiorni e si articoleranno da gennaio a dicembre in mo-do da garantire per quanto possibile nelle stesse dateun evento al nord, uno al centro ed uno al sud.

Oltre alle tappe specifiche di questo itinerario for-mativo ciascuna sezione territoriale potrà realizzare leulteriori iniziative che ritiene opportune chiedendonel’accreditamento ai rispettivi Ordini territoriali.

Il nostro statuto associativo (art. 3) prevede come ob-bligatoria la partecipazione ad almeno tre iniziative diformazione promosse dall’Osservatorio a livello localeo nazionale per l’inserimento nell’albo di avvocati difamiglia pubblicato periodicamente dall’Osservatorio.

18 – 19 GENNAIO 2008 Palermo (“Fondo patrimoniale, trust e art. 2645 terc.c.”)25 – 26 GENNAIO Firenze (“I matrimoni misti”)2 – 3 FEBBRAIO Milano (“Fondo patrimoniale, trust e art. 2645 ter c.c.”)9 FEBBRAIOSalerno (“L’audizione del minore”)15 – 16 FEBBRAIO Genova (“Convivenza e matrimonio”)7 – 8 MARZO Massa (Trasferimenti immobiliari in sede di separa-zione e divorzio”)Messina (“Abusi sui minori e provvedimenti sulla po-testà”)14 – 15 MARZO Chieti (“L’amministrazione di sostegno”)Napoli nord (“Nullità del matrimonio. Giurisdizione.Rapporti tra la delibazione e il divorzio”)21 – 22 MARZO Perugia (“L’affidamento e il mantenimento dei figlilegittimi e naturali. Aspetti sostanziali e processuali”)Lucera (“L'affidamento e il mantenimento dei figli le-gittimi e naturali. Aspetti sostanziali e processuali”)4 – 5 APRILE Pistoia (“Scioglimento e divisione della comunionelegale. I rimborsi e le restituzioni”)11 – 12 APRILE Macerata (“L’audizione del minore”)18 – 19 APRILE Udine (“Il trust nel diritto di famiglia”)Campobasso (“L’art. 709 c.p.c. e le misure cautelarinel diritto di famiglia. Gli ordini di protezione”)Parma (“A due anni dalla riforme del diritto di fami-glia: le questioni controverse e le risposte di dottrinae giurisprudenza”)9 – 10 MAGGIO Bolzano (“I rimborsi e le restituzioni alla comunionedei beni”)Crotone (“Il lavoro casalingo”)16 – 17 MAGGIOSiracusa (“Abusi, limitazioni e decadenza della pote-stà”)23 – 24 MAGGIOTreviso (“I trasferimenti immobiliari in sede di sepa-razione e divorzio”)30 – 31 MAGGIOCagliari (“L'assegno di separazione e divorzio.Aspetti fiscali del diritto di famiglia”)6 – 7 GIUGNOLa Spezia (“Scioglimento e divisione della comunionelegale.I rimborsi e le restituzioni”)Cassino (“L’affidamento e il mantenimento dei figlilegittimi e naturali. Aspetti sostanziali e processuali”)13 – 14 GIUGNOFORUM NAZIONALE

Osservatorio nazionale sul diritto di famigliaAvvocati di famiglia

Le sezioni territoriali dell’Osservatorio

AlessandriaAnconaArezzoAscoli PicenoAstiAvellinoBarcellona Pozzo Di GottoBariBeneventoBolzanoBresciaCagliariCaltagironeCampobassoCasertaCassinoCataniaChietiCivitavecchiaCremaCrotoneCuneoFirenzeFoggiaFrosinoneGenovaGrossetoLa SpeziaLarino TermoliLatina

LivornoLodi

LuccaLucera

MacerataMassa

MessinaMilanoNapoli

Napoli nordNocera Inferiore

NolaPadova

PalermoParma

PerugiaPescara

PisaPistoia

PratoReggio Calabria

Reggio EmiliaRieti

RomaSalernoSassari

SiracusaTempio Pausania

TeramoTorino

TrevisoUdineVarese

VeneziaVerona

Vibo Valentia

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 5

PRIMO PIANO

20 GIUGNOTempio Pausania (“L'adozione dei minori. Il procedi-mento e le garanzie”)27 – 28 GIUGNO Nocera Inferiore (“La tutela delle obbligazioni dimantenimento dei figli e del coniuge”)19 – 20 SETTEMBRE Pisa (“La famiglia di fatto”)26 – 27 SETTEMBRE Civitavecchia (“La fase presidenziale nella separazio-ne e nel divorzio”)3 – 4 OTTOBREPadova (“Convivenza e matrimonio”)Prato (“La fase presidenziale nella separazione e neldivorzio”)10 – 11 OTTOBRE Barcellona Pozzo di Gotto (“La casa familiare”)

17 – 18 OTTOBRELodi (“Misure cautelari nel diritto di famiglia”)Bari (“Gli aspetti patrimoniali nella separazione e neldivorzio”)Catania (“La tutela delle obbligazioni di manteni-mento dei figli e del coniuge”)

24 – 25 OTTOBRE Sassari (“Comunione legale e separazione dei beni aconfronto”)

7 – 8 NOVEMBREVerona (“Fondo patrimoniale, trust e art. 2645 terc.c.”)Arezzo (“Le indagini tributarie e la prova sui redditi”)

14 – 15 NOVEMBRE Torino (“L’impresa familiare”)Rieti (“Scioglimento e divisione della comunione le-gale. I rimborsi e le restituzioni”)Vibo Valentia (“Gli aspetti patrimoniali nella separa-zione e nel divorzio”)5 – 6 DICEMBRE Cuneo (“I matrimoni misti”)

Pisa14 settembre 2007Aula magna nuova, La Sapienza

2^ GIORNATA DI STUDI IN MEMORIA DELL'AVV.MARIO JACCHERI“DAL RECLAMO ALL'APPELLO: LE IMPUGNAZIONINEI PROCEDIMENTI DI SEPARAZIONE EDIVORZIO”organizzata dalla Sezione di Pisa dell'Osservatorionazionale sul diritto di famigliacon il patrocinio della scuola per le professioni legalidell'Università di Pisa e dell'Ordine degli Avvocati diPisa

ORE 9:00INTRODUZIONEPreside della Facoltà di Giurisprudenza, Prof. Marco GoldoniPresidente del Tribunale di Pisa, Dr. Carlo De PasqualePresidente Ordine degli Avvocati di Pisa, Avv. Stefano Borsacchi

ORE 9:301^ SESSIONE“RECLAMO, REVOCA E MODIFICA DEIPROVVEDIMENTI SOMMARI”Il punto di vista dell'Università, Prof. Avv. Sergio Menchini, Università di PisaIl punto di vista del giudice, Pres. Paolo Martinelli, Tribunale di Genova e Dr. Giulio De Simone, Corte di appello di FirenzeIl punto di vista dell'avvocato, Prof. Avv. Claudio Cecchella, Università di Pisa

ORE 12:00DIBATTITO

ORE 13:00COLAZIONE

ORE 15:002^ SESSIONE“L'APPELLO CAMERALE”Il punto di vista dell'Università, Prof. Avv. Francesco P. Luiso, Università di PisaIl punto di vista del giudice, Pres. Gioacchino Massetani, Corte di appello diFirenzeIl punto di vista dell'avvocato, avv. Gianfranco Dosi, Presidente OsservatorioNazionale sul diritto di famiglia

ORE 17:30DIBATTITO

Per informazioni, prenotazioni e iscrizioni050/26205 (Avv. Prof. Claudio Cecchella)050/580001 (Avv. Elena Jaccheri o Avv. Rita Cialdella)

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6 | Avvocati di famiglia | Luglio Agosto 2007

PRIMO PIANO

Le responsabilitàdell’avvocato familiarista

GIANFRANCO DOSI

Èpossibile proporre regole di comportamentospecifiche per l’avvocato che esercita la profes-sione nell’ambito del diritto di famiglia? E, so-prattutto, è possibile poi rispettarle nel lavoro

quotidiano nelle aule di giustizia?Intendo aprire con questo contributo un dibattito al-

l’interno dell’associazione sulle caratteristiche compor-tamentali dell’avvocato familiarista.

Un dibattito imposto dalla centralità che ha assuntooggi nella società civile il tema della tutela della fami-glia e soprattutto dalla urgenza di ripensare alle relazio-ni familiari come luogo di sviluppo primario dell’equili-brio e dell’identità delle persone. Il tema è quello, quin-di, delle responsabilità del professionista che entra incontatto con le relazioni familiari.

Avevo già abbozzato in un lavoro sull’avvocato delminore alcune idee che vorrei ora riproporre per l’avvo-cato familiarista come base per una discussione.

Ora che abbiamo dato una connotazione forense al-l’Osservatorio abbiamo anche la responsabilità di pen-sare a questo tema.

Si tratta di norme che l’avvocatura specialistica e, ciauguriamo, il Consiglio nazionale forense potrebberodiscutere per l’eventuale inserimento nel codice deon-tologico degli avvocati, come norme integrative nel set-tore del diritto di famiglia considerato che le norme esi-stenti non sono sufficienti a coprire la specificità diquesto settore.

a) I legami familiari e i diritti del minoreDue primi principi fondamentali dovrebbero concer-

nere la necessità che l’avvocato tenga in profonda con-siderazione sia i legami familiari che i diritti del minore.Come si è detto si tratta di un’esigenza imprescindibile.Una causa giudiziaria di separazione, di divorzio, di affi-damento, ha la capacità di essere potenzialmente di-struttiva dell’equilibrio di tutti coloro che vi sono coin-volti. Il benessere del proprio assistito è direttamentecollegato alla capacità dell’avvocato di affrontare e ri-solvere non solo il tema della corretta gestione del con-flitto per il quale è stato richiesto il suo intervento ma,soprattutto, il problema di come si possano affrontare iconflitti coniugali e generazionali a partire dal rispettodei legami familiari stessi e non dalla loro negazione.Fare i conti con i legami familiari è un vero e propriocompito di chiunque è chiamato ad occuparsi dei con-flitti familiari. Ugualmente il benessere del proprio assi-stito dipende dalla capacità dell’avvocato di tenere inconsiderazione i diritti del minore, da consideraretutt’uno con l’interesse del proprio cliente. L’esito diuna causa sarà tanto più soddisfacente per una perso-na, quanto più le sue aspettative riusciranno a non col-lidere con il benessere del proprio figlio minore. Un ri-sultato difficile da raggiungere se ci si pone nell’ottica

della contrapposizione tradizionale tra due contenden-ti. Qui oltre i contendenti ci sarà sempre da fare i conticon il minore.

Nella loro esperienza professionale tutti gli avvocati siimpegnano in genere ad interpretare correttamente idiritti del minore. Il punto è che spesso la rappresenta-zione di questi diritti offerta dagli interessati distorcel’angolazione. D’altro lato, molte volte, in una medesi-ma vicenda gli avvocati delle parti, ritengono anche sin-ceramente che corrispondano all’attuazione dei diritti edell’interesse del minore situazioni che si presentanotalvolta opposte tra loro. E non è escluso che questo siavero, dal momento che lo stesso giudice, che pure non èlegato direttamente ad una delle parti, si trova spessis-simo di fronte al dubbio se l’interesse del minore debbaessere perseguito con un certo provvedimento o inun’altra direzione. Chi può dire se il collocamento pres-so la madre piuttosto che presso il padre in una causadi separazione sia più o meno corrispondente all’inte-resse del minore? È solo la paziente lettura di tutti glielementi acquisiti che porterà ad una decisione che siauspica il meno lontana possibile dall’interesse del mi-nore. Il punto, quindi, non è attribuire all’espressione“diritti del minore” la portata quasi magica di una chia-ve di lettura ontologica del benessere del minore. Vice-versa quello che all’avvocato si chiede è semplicementedi non raccogliere acriticamente il punto di vista delproprio assistito e di saperlo ridefinire. In questo misembra che possa consistere il dovere di diligenza e diindipendenza applicato ai conflitti familiari.

Dovere che dovrebbe spingersi fino alla rinuncia almandato difensivo tutte le volte in cui le richieste delcliente appaiono così manifestamente esorbitanti dal-l’interesse del minore da dover essere disattese. In talicasi la rinuncia al mandato va considerata pienamentegiustificata.

Nel campo specifico delle procedure di separazione edi divorzio e in quelle di affidamento dei figli minori ilproblema relativo alla ricerca della soluzione menocontrastante con l’interesse del minore non si presentasempre facile.

Le prime due norme di comportamento dell’avvocatofamiliarista, integrative dell’attuale codice deontologicopotrebbero avere una formulazione del genere:

I. In tutti i procedimenti civili o penali concernenti lafamiglia o i minori l’avvocato deve tenere in considera-zione i legami familiari e il benessere fisico e psicologi-co del minore secondo il principio che l’interesse delminore va considerato parte dell’interesse del proprioassistito.

Nell’atto di eventuale rinuncia al mandato difensivol’avvocato può motivare la rinuncia facendo riferimentoalla manifesta contrarietà delle richieste del proprio as-sistito rispetto all’interesse del minore.

II. L’avvocato è tenuto nelle procedure di affidamentodi minori a rispettare sia il diritto del minore a mante-nere rapporti con entrambi i genitori dopo la separazio-ne sia il diritto dei genitori a condividere le rispettive re-sponsabilità genitoriali.

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 7

PRIMO PIANO

b) La conciliazione e la consensualizzazioneE’ esperienza comune che la decisione imposta dal

giudice subisce sempre il rischio di una delusione delleaspettative e porta con sé inevitabilmente la frustrazio-ne, la trasgressione, la richiesta di continue modifiche.Una decisione non accontenta mai, anche quando puòapparire la più giusta. Il motivo è che la decisione èsubìta, spesso tollerata, quasi sempre poco accettata.Non esiste un antidoto sicuro a questa delusione. Puòessere, però, utile esplorare quanto possa, invece, esseremeno frustrante una soluzione concordata. Non che unaccordo tra i contendenti sia sempre meglio di una de-cisione imposta. Tuttavia l’accordo è il risultato di unconfronto, di una negoziazione, di una fatica personaleche suggerisce più rispetto, più adesione. Se poi in baseall’accordo si è mantenuto aperto un canale comunica-tivo tra le parti, questo fatto ha una forte capacità diorientare anche per il futuro il comportamento concilia-tivo. Quando l’accordo non è estorto e quando non è l’e-sito di una prepotenza del più forte, la strada dell’incon-tro, della negoziazione, dell’accordo ha più possibilità dimantenere nel tempo integro il contenuto della decisio-ne concordata. E questo è senza dubbio un esito da pre-ferire a quello potenzialmente distruttivo del conflittoperenne. E ciò anche in settori diversi da quello del di-ritto di famiglia.

La regola di comportamento che sintetizza questa ac-quisizione può essere così formulata:

III. In tutti i procedimenti civili concernenti la fami-glia o i minori per quanto possibile l’avvocato deve ten-tare una soluzione concordata della vertenza, fermi re-stando i vincoli deontologici relativi alla non utilizzabi-lità della documentazione concernente tali trattative.

Se il proprio assistito e la controparte sono d’accordol’avvocato favorisce, anche nel corso della causa, l’ac-cesso del proprio assistito o dei propri assistiti a proce-dure di conciliazione o di mediazione familiare delle si-tuazioni conflittuali.

c) I conflitti di interesseL’art. 37 vigente del codice deontologico forense, dedi-

cato ai conflitti di interesse dopo aver ribadito chel’avvocato ha l’obbligo di astenersi dal prestare attivitàprofessionale quando questa determini un conflitto congli interessi di un proprio assistito, prevede espressa-mente che sussiste conflitto di interessi quando l’esple-tamento di un nuovo mandato difensivo determini laviolazione del segreto sulle informazioni fornite da unaltro assistito, ovvero quando la conoscenza degli affaridi una parte avvantaggi ingiustamente un nuovo assi-stito, ovvero quando lo svolgimento di un precedentemandato limiti l’indipendenza dell’avvocato nello svol-gimento di un nuovo incarico. In particolare prevedeche il difensore il quale abbia assistito congiuntamentei coniugi in controversie familiari deve astenersi dalprestare la propria assistenza in controversie successivein favore di uno di essi.

La precisazione va integrata opportunamente non so-lo con l’estensione del divieto anche nel settore penalema con la previsione di un analogo impedimento nell’i-

potesi in cui prima della causa in cui assiste le parti odopo di essa, l’avvocato venga nominato difensore delminore in un qualsiasi procedimento civile per esempioin un procedimento di limitazione della potestà genito-riale. In tali ipotesi è evidente che il mandato difensivoè inquinato almeno quanto lo è l’assunzione della dife-sa di un coniuge dopo aver assistito l’altro.

Bisogna ricordare che nelle procedure di limitazionedella potestà o nelle altre civili nelle quali il difensoreviene nominato d’ufficio “curatore speciale” (es. le pro-cedure di adottabilità, il disconoscimento) il minore èparte. Non c’è motivo, quindi, per negare al minore par-te le stesse cautele deontologiche riconosciute per le al-tre parti.

Per quanto concerne l’avvocato del minore è evidenteche il rischio del conflitto di interessi è connesso allapossibilità che l’autonomia del difensore venga com-promessa dai necessari contatti che il difensore nomi-nato dall’autorità giudiziaria dovrà prendere, per assol-vere al mandato, con i genitori del minore. Non è, per-ciò, fuori luogo prevedere che l’avvocato del minore puòprendere senz’altro contatti con i genitori del minore dalui assistito fermo il dovere di completa autonomia.

La norma deontologica indicata nell’art. 37 del vigen-te codice deontologico potrebbe, perciò, essere integratada due brevi specificazioni per l’avvocato familiarista:

IV. Nei procedimenti civili o penali di diritto di fami-glia l’avvocato che abbia assistito uno dei coniugi deveastenersi dall’assistere in successivi procedimenti con-cernenti il diritto di famiglia l’altro coniuge.

L’avvocato del minore dovrà astenersi dall’assumerela difesa in successivi procedimenti di diritto di famigliadi uno dei genitori del minore.

V. L’avvocato del minore può prendere contatto con igenitori del minore per acquisire informazioni utili alladifesa del minore ma manterrà piena autonomia rispet-to ad essi.

d) L’audizione del minoreL’audizione del minore – sia in sede civile che penale

– consiste in un adempimento per certi versi dovuto eper altri versi temuto. L’audizione, se male interpretata,ha una discreta capacità di intimorire un avvocato. Perquesto in genere gli avvocati non sono molto propensi aconsiderare favorevolmente l’audizione. Il che potrebbeessere, però, un segnale della cattiva coscienza dei pro-fessionisti, consapevoli che quello dell’audizione è unterreno carico di possibili strumentalizzazioni.

In verità il tema dell’audizione del minore è ineludibi-le. Sia che il luogo dell’audizione debba essere l’aula digiustizia, come avviene soprattutto in sede penale (nel-le forme dell’audizione protetta) nei confronti del mino-re persona offesa dal reato, sia come avverrà in sede ci-vile quando verrà data attuazione alle norme che inqualche misura già lo pretendono. Sappiamo che l’auto-rità giudiziaria privilegia le modalità indirette dell’audi-zione, effettuata tramite operatori dei servizi o più spes-so consulenti tecnici o ancora giudici onorari. Difficil-mente questa disponibilità si tradurrà in futuro inun’opzione massiccia dei giudici verso forme di audi-

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PRIMO PIANO

zione diretta dei minori nelle aule di giustizia anche secominciano ad emergere prassi connesse all’audizionenel corso dei procedimenti di separazione ove la rifor-ma del 2006 l’ha espressamente prevista.

Certo è che la prassi in sede civile non ha ancorachiarito, come si può dire che è stato fatto da temponell’area penale, forme, modalità, occasioni dell’audi-zione. L’ascolto del minore rimane ancora un adempi-mento lasciato all’episodicità, alla casualità, alla sensi-bilità personale dei giudici.

Per l’avvocato si pone un problema deontologico pre-ciso. Se e quando ascoltare il minore. Interrogativo chediventa incombente – e addirittura dovuto – quando ildifensore è nominato appositamente per tutelare gli in-teressi di un minore o per assisterlo e rappresentarlo ingiudizio.

Si può convenire sul fatto che all’avvocato del minorenon si può negare il diritto, se non proprio il dovere, diaudizione del minore da lui rappresentato. Non avrebbesenso attribuire ad un avvocato – come ha fatto la leggen. 149 del 2001 – il patrocinio per un minore nel proces-so civile se poi si dovesse negare al difensore il potere dicomprendere e di accertare quali siano la condizionepersonale e le aspettative del minore che egli è chiama-to a rappresentare. Nel processo penale, come si è detto,l’audizione del minore da parte dell’avvocato e più ingenerale il tema della comunicazione tra l’avvocato e ilminore è stata al centro di molte ricerche. Quindi l’av-vocato del minore può ascoltare il proprio assistito, co-municare con lui, cercare di capire il suo vissuto, i suoibisogni, le sue aspirazioni. S’intende, compatibilmentecon la capacità di discernimento del minore da lui assi-stito.

L’avvocato non è, però, uno psicologo, non ha studiatoné elementi di psicologia dell’età evolutiva, né le tecni-che del colloquio. Probabilmente molti avvocati sarannoanche impacciati nel parlare e nel colloquiare con unminore. Il colloquio con un minore non è mai una cosafacile, neanche per i genitori; quindi è verosimile pensa-re che l’audizione da parte di un estraneo possa presen-tare qualche difficoltà, seppure in genere i bambini e iragazzi abbiano una spontanea consapevolezza del pro-prio ruolo di intervistati. Perciò non vanno neanche esa-gerati gli aspetti legati alla difficoltà del colloquio. An-che gli avvocati (e i giudici) dovranno imparare a collo-quiare con un minore. Le convenzioni e le norme in vi-gore lo impongono.

Tuttavia non è inopportuno prevedere che l’audizioneda parte dell’avvocato del minore possa avvenire ancheattraverso l’ausilio di un esperto. L’avvocato del minorepotrà, quindi, delegare questo compito se lo ritiene ne-cessario e ne avverte l’esigenza, anche ad un esperto.Non sono pochi gli studi professionali dove, proprio pertali adempimenti, si richiede l’aiuto di un esperto, peresempio di uno psicologo o di una psicologa, in talunicasi anche presente come figura professionale stabilenello studio.

Per quanto, invece, concerne l’avvocato dei genitorinella separazione o nel divorzio le conclusioni sono di-verse.

L’avvocato di uno dei genitori non ha necessità diascoltare il minore. Non è un adempimento che gli è ri-chiesto. Egli è l’avvocato del genitore e rappresenterà gliinteressi del proprio cliente con la conseguenza che iprofili legati all’interesse del minore che egli è tenuto avalutare sono quelli che il cliente gli rappresenta e chel’avvocato è capace di valutare. E anche quando il geni-tore dovesse insistere perché l’avvocato ascolti il figliominore, nel professionista dovrebbe prevalere la pru-denza rispetto al rischio della strumentalizzazione diquel colloquio. Sarà il contraddittorio nella causa chepotrà fornire all’avvocato le opportunità per esercitare ilsuo mandato nel modo più aderente possibile anche al-l’interesse del minore. Il minore nella cause di separa-zione e di divorzio ha diritto ad essere lasciato fuori dal-la vertenza giudiziaria e non è opportuno che vengaportato nello studio professionale del difensore.

Quando per una necessità straordinaria dovesse esse-re proprio necessario acquisire elementi specifici di va-lutazione, all’audizione potrà procedere non l’avvocatoma l’esperto o gli esperti indicati dall’avvocato o dagliavvocati delle parti e sempre con il consenso di entram-bi i genitori. Il consenso è dovuto trattandosi di un attoper il quale non può essere derogata la norma generaleche attribuisce ad entrambi i genitori la titolarità dellapotestà e, quindi, il diritto di opporsi ad un atto che ilgenitore ritiene contrastante con l’interesse del propriofiglio minore. Il ricorso all’esperto – meglio al colloquioda parte di entrambi gli esperti dell’avvocato – e la ne-cessità del consenso di entrambi i genitori sono suffi-cienti garanzie rispetto al rischio di una strumentaliz-zazione del colloquio.

Non è inopportuno prevedere anche che, quando èdisposta una consulenza tecnica d’ufficio in materia diaffidamento, l’audizione del minore, per evitare possibi-li strumentalizzazioni, sia considerata un compito delconsulente d’ufficio. Pertanto i consulenti di parte nonpotranno nel corso della consulenza, tanto meno inprevisione o in occasione della consulenza, procedereall’audizione del minore se non dopo che all’audizioneabbia proceduto il consulente d’ufficio.

In tutti i casi in cui il problema dell’audizione di unminore si pone è comunque necessario rispettare il di-ritto del minore ad esprimere il consenso alla sua audi-zione. Compatibilmente con la sua capacità di discerni-mento occorrerà sempre, quindi, accertarsi che il mino-re acconsenta al colloquio.

Le norme di comportamento alle quali si è fatto rife-rimento potrebbero così trovare formulazione:

VI. L’avvocato di fiducia o di ufficio del minorenne neiprocedimenti penali o civili procede all’audizione delminore, personalmente o avvalendosi di un esperto,previo consenso manifestato dal minore.

Nel corso o in occasione delle procedure di separazio-ne, di divorzio o aventi ad oggetto l’affidamento dei figliminori, all’eventuale audizione del minore che abbiasufficiente discernimento e che non manifesti dissensorispetto a tale adempimento possono procedere soloesperti incaricati dall’avvocato, con il consenso anchedell’altro genitore o dell’avvocato che lo rappresenta.

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PRIMO PIANO

All’audizione del minore, se richiesto, procedono con-giuntamente gli esperti incaricati dai rispettivi avvocati.

L’audizione è finalizzata al solo obiettivo della neces-saria conoscenza del vissuto del minore e delle sueaspirazioni complessive.

Quando nel corso di una procedura di separazione odi divorzio è disposta una consulenza tecnica d’ufficiosulla regolamentazione dell’affidamento di un minore,il consulente tecnico di parte, senza il consenso dellacontroparte o del rispettivo legale, non potrà procedereall’audizione del minore prima dell’audizione da partedel consulente tecnico d’ufficio.

e) Il rispetto per il minoreNella medesima prospettiva di evitare qualsiasi stru-

mentalizzazione del minore nella causa di separazioneo di divorzio e di rispettarne la riservatezza e l’intimità,non è fuori luogo prevedere l’impegno dell’avvocato anon raccogliere e produrre in giudizio scritti o disegnidel minore al di fuori di una eventuale consulenza chelo disponga, a non comunicare al minore gli atti di cau-sa e a raccomandare ai propri assistiti di non comuni-care al minore il contenuto dei medesimi atti di causa.

Non c’è nulla di più invasivo e irrispettoso per unbambino o un ragazzo che il fatto di portare a cono-scenza di altre persone quanto lui ha spontaneamentescritto, confidato o disegnato. Il rischio della strumenta-lizzazione di un diario, di uno scritto, di una confidenza,di un disegno è molto alto.

Sempre che la produzione o l’esibizione di tali scrittio disegni non serva per presentare una denuncia, per ri-chiedere una consulenza tecnica o per gravissimi moti-vi.

Le norme potrebbero avere questa formulazione.VII. L’avvocato non può produrre o esibire in giudizio

scritti o disegni del minore, salvo che l’autorità giudizia-ria autorizzi la parte che ne abbia fatto personale richie-sta.

È sempre possibile la produzione di scritti o disegniprovenienti dal minore quando la produzione è neces-saria per avviare un procedimento penale a protezionedel minore.

VIII. L’avvocato non può comunicare il contenuto de-gli atti del giudizio al minore ed è tenuto a richiedere alproprio assistito di astenersi dal rendere noti gli attistessi al proprio figlio minore.

f) Il rispetto per gli operatoriIl diritto di difesa appare compatibile con la possibi-

lità di esplicitare all’esterno, attraverso interviste o co-municazioni ufficiali, la propria opinione e il propriopunto di vista rispetto alla situazione che il proprio as-sistito si trova ad affrontare.

Tuttavia quando la causa è in corso non è accettabileche nei confronti degli operatori dei servizi socio-sani-tari che si occupano del caso su delega dell’autoritàgiudiziaria vengano effettuate valutazioni pubblicheche, anche se dovessero apparire giustificate, finisconoinevitabilmente per ripercuotersi in modo negativo sulminore.

Il rispetto in ogni caso del contesto di lavoro deglioperatori sociali deve prevalere proprio nell’interessedel minore sul diritto di critica e di difesa dell’avvocato.

Ogni osservazione dell’avvocato anche legittima-mente critica verso l’operato dei servizi sociali non po-trà, perciò, che essere rivolta, nel corso della causa, sol-tanto all’autorità giudiziaria.

La norma comportamentale potrebbe essere così for-mulata:

IX. Nel corso di un procedimento concernente minoril’avvocato si asterrà dall’esprimere pubblicamente o ri-lasciare interviste relative al procedimento e al com-portamento dell’autorità giudiziaria o degli operatoriistituzionali chiamati a collaborarvi.

g) Il titolo di “specialista” in diritto di famigliaIl dovere di diligenza (art. 8 del codice deontologico) e

quello di competenza (art. 12) impongono all’avvocatodi adempiere con cura e capacità professionale l’incari-co e di non accettare incarichi che egli sappia di nonpoter svolgere con competenza. Il dovere di aggiorna-mento professionale (art. 13) si sostanzia, parallela-mente, nell’obbligo di conservare e di accrescere le pro-prie competenze, con particolare riferimento al settoredi lavoro prescelto. All’art. 13 del codice deontologicoforense si precisa che «L’avvocato realizza la propriaformazione permanente con lo studio individuale e lapartecipazione a iniziative culturali in campo giuridicoe forense». Alla formazione generalista l’avvocato cheintende trattare il diritto di famiglia è impegnato ad ag-giungere lo studio, l’aggiornamento e il confronto con-tinuativo sui temi del diritto di famiglia. Il Consiglio na-zionale forense ha approvato, come è risaputo, un ap-posito regolamento per la formazione e l’aggiornamen-to.

Sono maturi i tempi per una discussione risolutivadel problema del titolo di “specialista” in diritto di fa-miglia. L’avvocato che si iscrive negli elenchi dei difen-sori d’ufficio nel settore penale minorile o negli elenchiche i consigli dell’ordine saranno chiamati a compilareper i difensori ai quali attribuire le funzioni di avvocatodel minore, non potranno sfuggire all’obbligo di curarein modo permanente la propria formazione anche at-traverso la previsione di momenti formativi di base ob-bligatori e di un aggiornamento ugualmente obbligato-rio. A quali condizioni si potrà ipotizzare che l’avvocatoesperto in diritto di famiglia possa qualificarsi “specia-lista” in diritto di famiglia, spetterà, però, al dibattitonell’avvocatura e al Consiglio nazionale forense stabi-lirlo.

Per il momento una norma di comportamento di ca-rattere integrativo – relativamente alla possibilità di co-municare che il settore di lavoro prescelto concerne ildiritto di famiglia – potrebbe essere formulata nel mo-do seguente:

X. L’avvocato che intende indicare attraverso i mezziconsentiti dal codice deontologico forense di trattare lamateria diritto di famiglia e minorile, è impegnato apartecipare ad iniziative di formazione, di aggiorna-mento e confronto professionale nella materia.

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ZOOM

Pescara, un’architetturagiudiziaria moderna per unagiustizia più efficiente

Con 120.000 abitanti Pescara è la città più popo-lata dell’Abruzzo, una delle quattro provinceche compongono la Regione e, sul versante giu-diziario, uno degli otto circondari (Avezzano,

Chieti, Lanciano, L’Aquila, Pescara, Sulmona, Teramo, Va-sto) della Corte d’appello che ha sede nel capoluogo aL’Aquila. Una provincia giovane, fondata nel 1926 attra-verso l’unione dell’antica Pescara con la confinante Ca-stellammare Adriatico. Da allora la città è cresciuta rapi-damente diventando oggi la provincia industriale, com-merciale e turistica più importante dell’Abruzzo, sebbe-ne per proporzioni ne sia la più piccola. Una metropoliriconosciuta capitale dell’economia regionale, investitadel ruolo di cerniera tra il meridione adriatico e il nord.

Il nuovo tribunale - inaugurato nel 2005 – costituisceuno degli esempi più moderni di architettura giudizia-ria; una struttura in cui gli spazi e le strutture garanti-scono funzionalità e dignità all’amministrazione dellagiustizia. Il secondo tribunale più grande d’Italia dopoquello di Torino.Vi ha sede anche una sezione del TAR.

Tuttavia in tutto l’Abruzzo, come nel resto d’Italia,l’amministrazione della giustizia risente della carenzadi personale di cancelleria, amministrativo, informativoed ausiliario a causa del blocco ormai quasi decennale

delle nuove assunzioni e dei concorsi interni di riquali-ficazione. La politica di risparmio ha anche comportatola riduzione delle somme assegnate per spese d’ufficio.

Come in gran parte delle regioni italiane, in tutto l’A-bruzzo la giustizia civile è appesantita da un aumento,anche se non drammatico, delle sopravvenienze chenello scorso anno è stato per la Corte dell’11% portandola durata media un procedimento a tre anni e mezzo.Un po’ meglio per i tribunali dove molte sedi giudiziariehanno un saldo in pareggio tra sopravvenienze e pro-cessi esauriti e dove la durata media dei processi e di 2anni e mezzo. Ancora troppi. Significano oltre 900.000euro all’anno per l’intero distretto della Corte d’appellodi indennizzi di equa riparazione. Molti soldi in più –come ha fatto notare il presidente della Corte Mariodella Porta all’inaugurazione dell’anno giudiziario del2007 – di quanti lo Stato ne assegna all’Abruzzo per lespese di tutto il distretto.

Anche la giustizia penale mostra un aumento dellasopravvenienza e nelle procure sono stati iscritti l’annoscorso il 10% in più di procedimenti rispetto all’annoprecedente. Le caratteristiche della criminalità nonhanno subito particolari variazioni se si fa eccezioneper alcuni episodi che hanno richiamato anche l’atten-zione della stampa nazionale e rimangono sporadici ifatti riconducibili alla grande criminalità organizzata.Sono in aumento, tuttavia, i reati di spaccio di sostanzestupefacenti, di tratta di donne e minori dall’est euro-peo, di induzione alla prostituzione. In aumento anche ireati contro la pubblica amministrazione anche con epi-sodi di corruzione e concussione.

La giustizia minorile accentua alcune allarmanti ca-ratteristiche. Gli abusi sui minori sono cresciuti – secon-do i dati forniti dagli studiosi di questo fenomeno – conun aumento degli episodi in ambito familiare. L’80% deireati contro il patrimonio denunciati in sede minorile èdovuta alla devianza di minori zingari stanziali e il 10%a minori stranieri. Sul versante della giustizia civile mi-norile sono poche le dichiarazioni di adottabilità dalmomento che nella regione si privilegiano forme di aiu-to e sostegno alle situazioni di disagio familiare.

Gli avvocati a Pescara, unaprofessione sempre più al femminile

Tra avvocati e praticanti l’Ordine forense di Pescaraconta ormai quasi 2000 iscritti, per la precisione 1942.Alla data del 21 maggio 2007 gli avvocati iscritti erano1419 e i praticanti 523.Tra gli avvocati sono ancora gli uomini in maggioranza(763 contro 656) mentre tra i praticanti sono in cima ledonne (299 contro 244 uomini). Il trend è decisamentea favore delle donne. Nelle fasce medio altre prevale ancora il generemaschile. Basta guardare ai cassazionisti (dove ledonne sono solo 39 contro 214 uomini) mentre nelleleve più giovani il dato si inverte radicalmente (617

donne tra gli avvocati non cassazionisti a fronte di 549uomini). La stessa prevalenza femminile si riscontra trai praticanti dove le donne sono 299 e gli uomini 224.

Il Foro di PescaraAvvocati Avvocati Praticanti TOTALEcassazionisti253 1166 523 1942

Iscritti per sessoAvvocati Avvocati Praticanti TOTALEcassazionisti

M 214 M 549 M 224 M 987F 39 F 617 F 299 F 955

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Pescara: avvocati e diritto di famiglia

DI EMANUELA MALATESTA, AVVOCATO

La sezione territoriale di Pescara dell’Osserva-torio nazionale sul diritto di famiglia, inseritain un contesto caratterizzato dalla presenzadi numerose associazioni forensi, si propone

la finalità, nello spirito delle finalità dell’Osservato-rio, di osservare la realtà giudiziaria del territoriocon particolare attenzione alle tematiche del dirittodi famiglia.

Muovendo dal desiderio di non essere una tra letante associazioni esistenti solo sulla carta, la nostraSezione cerca non solo di organizzare e promuovereincontri di studio ma, anche, di evidenziare le prassisviluppatesi nella nostra Regione per individuare unpunto di vista comune sui problemi del diritto di fa-miglia: a tal fine stiamo raccogliendo, presso le can-cellerie dei Tribunali presenti in Abruzzo, dati ine-renti i procedimenti instaurati dopo l’entrata in vigo-re della legge 54/2006 per rilevare, a titolo esemplifi-cativo, i casi in cui è stato disposto l’affidamentoesclusivo, le modalità di audizione del minore, gliistituti introdotti dalla citata legge e di fatto inappli-cati.

Riservando di pubblicare l’esito di dette ricerche,dai dati ad oggi raccolti emerge che è e resta uno deiproblemi del diritto di famiglia l’individuazione di ri-medi effettivi per garantire il rapporto genitore – fi-glio. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha, recen-temente, ribadito con la sentenza 13 marzo 2007 che“ Per garantire il rispetto alla vita familiare a ogni ge-nitore che non convive più con il proprio figlio, le au-torità nazionali sono tenute non solo ad adottareprovvedimenti idonei a garantire che il minore abbiarapporti con il proprio genitore, ma anche a predi-sporre, pur nel rispetto del margine di discreziona-lità di cui godono, tutti gli strumenti necessari perrendere esecutivo un simile provvedimento.

Le autorità nazionali sono poi tenute a prevedere,nel proprio ordinamento, rimedi effettivi che con-sentano alla persona i cui diritti sono lesi di agire insede giurisdizionale e di accelerare lo svolgimentodei processi che, qualora si protraggano oltre un ter-mine ragionevole, rischiano di compromettere il be-nessere e gli interessi superiori del minore”.

Potrebbe costituire una soluzione, almeno qualegaranzia di definizione, in tempi relativamente brevi,dei procedimenti in materia di famiglia e per unamaggiore specializzazione dei magistrati e dei pro-fessionisti, la creazione di una sezione specializzatanel diritto di famiglia anche presso un Tribunalequale quello di Pescara di modeste dimensioni.

La legge 54/2006 costituisce, in questa ottica, unelemento importante di novità sul piano non sologiuridico ma, anche, di promozione di una nuovacultura della famiglia e dei rapporti genitori - figli

che veda i genitori ugualmente partecipi su ogni pia-no.

L’intervista al Presidente Luigi Grilli, Presidente delTribunale di Pescara, a cura dell’avvocato Luana DiMedio, evidenzia come l’affidamento condiviso è di-venuto regola nei procedimenti di separazione dellacoppia genitoriale: sul punto è da segnalare che ilPresidente Grilli, anche prima dell’entrata in vigoredella legge, ha considerato sempre l’esercizio con-giunto della responsabilità genitoriale uno strumen-to necessario per superare la conflittualità tra geni-tori.

I cambiamenti della famiglia contemporanea, qua-li risultano dagli elementi brevemente richiamati, ri-chiamano il tema centrale del rispetto dei diritti delminore. Tuttavia, se la legge sull’affidamento condi-viso costituisce uno strumento utile nella ricerca diuna maggiore responsabilità genitoriale, il raggiungi-mento della maturità esistenziale e affettiva chefanno di un uomo o di una donna un buon genitorenon si raggiunge per legge come attesta il crescentenumero di abusi nella famiglia.

Costituisce un punto di osservazione privilegiatosulla condizioni degli abusi in famiglia, nella realtàdel territorio di Pescara il sostituto procuratoreGiampiero Di Florio, in servizio presso la Sezione fa-miglia della Procura della Repubblica di Pescara, in-tervistato dall’Avv. Riccardo Fusilli.

ZOOM

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12 | Avvocati di famiglia | Luglio Agosto 2007

ZOOM

Intervista al Presidente del tribunale dottor Luigi Grilli

A CURA DI LUANA DI MEDIO, AVVOCATO

Presidente Grilli, quali modifiche sono intervenutenella realtà del Tribunale di Pescara, dopo la legge54/2006?

Nella realtà del Tribunale di Pescara dopola legge 54/2006 le modifiche intervenu-te riguardano esclusivamente l’affidocondiviso dei minori e l’applicazione

dell’istituto della mediazione familiare. Natural-mente mi riferisco alla fase presidenziale deiprocedimenti di separazione ed alle questioniprospettate dalle parti interessate.

L’affido condiviso viene applicato in modo co-stante e se non è stato richiesto dalle parti, lestesse vengono sollecitate in tal senso.

Ci sono stati anche casi di applicazione diaffido esclusivo aduno dei genitori?

No. Le procedurein cui è stato chie-sto l’applicazionedell’affido esclusi-vo non presentava-no elementi suffi-cienti tali da poterescludere l’affidocondiviso in favoredell’affido esclusi-vo richiesto. Lemotivazioni rap-presentate dalleparti a fondamentodella richiesta nonerano serie, non inficiavano in modo concreto lapotestà genitoriale, e, comunque, quanto soste-nuto non veniva provato in modo incisivo. Lemotivazioni erano generiche e tese solo all’esclu-sione dell’altro genitore nella vita quotidiana delminore.

Quali istituti hanno trovato applicazione?La legge 54/2006 valorizza molto la mediazione

familiare soprattutto nella fase preliminare incui viene espressamente prevista.

Come già detto, gli istituti che hanno trovatoapplicazione dopo la riforma nella realtà di que-sto Tribunale sono stati l’affido condiviso e lamediazione familiare.

Tale limitazione è stata determinata anche dal-le richieste delle parti, tese, quasi sempre, all’af-fidamento dei minori e alla quantificazione del-l’assegno di mantenimento. Gli altri istituti pre-

visti dalla riforma, invece, non vengono applicatiin quanto le parti non ne fanno richiesta. Adesempio, non sono mai state presentate richiestedi risarcimento danni a carico di uno dei due ge-nitori nei confronti del minore né nei confrontidell’altro genitore.

Quanto all’istituto della mediazione familiare,credo che la mediazione aiuti i coniugi a supera-re l’astio ed i disaccordi creatisi nel momentodella separazione, quieta gli animi, ed, aiuta loroa dialogare consentendo così eventualmente an-che il raggiungimento diretto di accordi. Se i co-niugi, quindi, sono in disaccordo sollecito le par-ti a ricorrere alla mediazione familiare.

Come viene disposta la mediazione familiare?Viene inquadrata come Consulenza Tecnica?

No, nella fase presidenziale invito le parti a se-guire un percorso di mediazione familiare la-sciandole libere nella scelta su dove esperirla.Indico le strutture pubbliche, quali comuni econsultori, ove è possibile seguire il percorso inmodo gratuito.

Naturalmente, la mediazione non può essereimposta perché siandrebbe ad inci-dere su diritti in-disponibili, le par-ti rimangono libe-re di non aderireall’invito, di nonseguire la media-zione familiarema di tale com-portamento neverrà poi tenutoconto in sede didecisione.

Vi sono urgenzeparticolari nel

diritto di famiglia e quali possibili soluzionisono prospettabili?

Il problema cruciale nel diritto di famiglia sipresenta in sede di esecuzione dei provvedimen-ti.

Non vi sono istituti che consentono una solu-zione seria in caso di mancata esecuzione delprovvedimento del giudice da parte di uno deiconiugi. Ad esempio se un genitore che ha comefonte di reddito un’attività autonoma non corri-sponde l’assegno di mantenimento perché so-stiene di non aver reddito l’altra parte incontraserie difficoltà nel dimostrare il contrario. E’ co-stretto a ricorrere a fonti di prova alternative li-mitandosi gli accertamenti tributari ad un con-trollo cartaceo.

Allo stato comunque non sembra che vi sia in-teresse a risolvere le problematiche inerenti l’e-secuzione dei provvedimenti.

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 13

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L’opinione del Sostituto Procuratore della Repubblica dottor Giampiero Di Floriodella Sezione Famiglia

A CURA DI RICCARDO FUSILLI, AVVOCATO

Dott. Di Florio, nella sua qualità di SostitutoProcuratore della Repubblica, cosa può dirci inmerito ai reati che interessano la famiglia e, inparticolare, nella realtà pescarese, ai delitti control’assistenza familiare?

Idati statistici in posses-so dell’Ufficio - per ilperiodo compreso tra il2003 ed i primi cinque

mesi dell’anno in corso -evidenziano una lieve fles-sione rispetto al delitto diviolazione degli obblighi diassistenza familiare ( art.570 c.p.), mentre, per quantoconcerne il più grave delittodi maltrattamenti in fami-glia (art. 572 cp), se pur di poco, nell’anno passa-to si è registrato un aumento delle iscrizionidelle notizie di reato.

Deve evidenziarsi, con riguardo al delitto dicui all’art. 570 c.p., che sovente si assiste ad unuso strumentale dell’azione penale (specie inrelazione alla violazione degli obblighi di assi-stenza economica), nella convinzione, evidente-mente, di poter ottenere in sede penale maggiortutela rispetto alla più appropriata sede civile.Dall’esame di alcune querele emerge chiara-mente come anche il semplice ritardo - sia purper pochi giorni - nell’adempimento dei doveridi contribuzione, spinga il beneficiario a rivol-gersi all’Autorità Giudiziaria nella convinzionedi poter ottenere tempestivamente quanto do-

vutogli.Ma non è così.Le indagini, anche di natura patrimoniale, per

verificare la sussistenza dei presupposti del de-litto in esame, richiedono tempi lunghi e la ri-sposta non è sempre così immediata, anche pergli adempimenti cui l’ufficio del PM è tenuto,dopo la conclusione delle indagini preliminari(ad esempio: avviso delle conclusioni delle inda-gini a norma dell’art. 415 bis c.p.p., con notifichenon più ad opera della polizia giudiziaria, bensìad opera dell’UNEP con tempi di attesa anchenell’ordine di un anno).

Ancor più complesso è l’accertamento del rea-to di maltrattamenti in famiglia, sotto il profilodella ricerca degli elementi di prova.

Le vittime - nella maggior parte dei casi mogli- in più di una circostanza, dopo l’iniziale messain moto del procedimento penale (ad esempio: aseguito del ricorso alle cure dei sanitari del loca-le PS a cui raccontano le aggressioni subite adopera dei mariti ), spesso assumono un atteggia-mento reticente, escludendo la reiterazione el’abitualità delle vessazioni da esse patite, limi-tando il racconto solo all’episodio dell’aggressio-ne subìta in relazione alla quale, peraltro, omet-tono di presentare la querela.

In altri casi, invece, l’accertamento dei fatti-reato appare più agevole (sia pur con i limiti de-rivanti dal fatto che si tratta di un tipico reatocommesso all’interno delle mura domestiche, inassenza di testimoni esterni al nucleo familia-re), quando la convivenza è diventata oramai in-sostenibile e non vi sono possibilità di recuperodella vita coniugale: nei casi di particolare gra-vità dei fatti-reato, si è fatto ricorso alla misuracoercitiva personale di cui all’art. 282 bis c.p.p.(introdotto dall’art. 1 co. 2 L.n.154/2001) ovverol’allontanamento dalla casa familiare, con tuttele prescrizioni che di volta in volta il giudice haritenuto di poter applicare anche se, a mio avvi-so, occorre dosare il ricorso agli strumenti dicoercizione personale per la loro interferenzanella sede civile.

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Prospetto riepilogativo dei procedimenti di cui agli articoli 570 – 572 codicepenale

ISCRITTI NEL PERIODO 01/01/2003 – 31/05/2007

2003 2004 Diff. % 2005 Diff. % 2006 Diff. % 2007 Prev.

Art.570161 128 -33 -20,50% 154 26 20,31% 128 -26 -16,88% 63 8,28%Art.57293 81 -12 -12,90% 90 9 11,11% 124 34 37,78% 44 21,94%

Giampiero Di Florio

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14 | Avvocati di famiglia | Luglio Agosto 2007

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Può confermarci se, negli ultimi anni, nellasocietà pescarese vi è stata una evoluzione e seprevalgono fattori di miglioramento o dipeggioramento?

Si è già detto dell’andamento, sotto il profilonumerico, dei dati statistici a far data dal 2003.Non possiamo parlare di miglioramento o di peg-gioramento della situazione, in generale. Ogni vi-cenda assume una sua connotazione ben specifi-ca in relazione alla quale ciascun processo è di-verso dall’altro. Certo , come pubblici ministeri,esaminiamo la patologia del rapporto di convi-venza, con tutti i suoi possibili risvolti negativi.

Non è un caso che, ad una separazione difficilee oltremodo litigiosa, si accompagni la vicendapenale: la violazione degli obblighi di assistenzamorale ed economica, il mancato rispetto deiprovvedimenti assunti in sede civile, rappresen-tano fatti che vengono portati a conoscenza del-l’autorità giudiziaria, sino ai casi più gravi di sot-trazione di minori portati da uno dei genitori al-l’estero.

Dal suo punto di vista cosa ritiene andrebbefatto per prevenire e, comunque, fronteggiare ilfenomeno della violazione degli obblighi diassistenza familiare?

Quanto alla possibilità di trovare strumenti perprevenire e fronteggiare tali fenomeni, è eviden-te che lo strumento dell’azione penale è assolu-tamente limitato, non per i suoi effetti bensì perl’idea che al giudice penale possa essere deman-dato il ruolo di mediatore nella vicenda familia-re.

In altri termini il problema è assolutamenteculturale.

Non si può pretendere la funzione di supplen-za dell’Autorità Giudiziaria in vicende che, ancorprima, potrebbero essere adeguatamente fron-teggiate da altre istituzioni, quali ad esempioservizi sociali, centri di mediazione familiare,consultori.

E’ innegabile la perdita di valori che attraversala nostra società e che coinvolge, in primo luogo,la famiglia, con la mancanza o l’alterazione dimodelli culturali di riferimento: il discorso sa-rebbe troppo lungo da affrontare, ma un segnale

deve essere trasmesso nel senso che non si puòchiedere all’Autorità Giudiziaria di intervenireper rieducare coniugi incapaci di affrontare, sen-za strumentalizzazioni, anche la più difficile del-le separazioni, avendo essi, in molto casi, qualeunico obiettivo il raggiungimento di più che ade-guate condizioni economiche, noncuranti dellecondizioni dei figli, troppo spesso utilizzati comestrumenti di ricatto nei confronti dell’altro co-niuge.

E non si tratta di certo, di famiglie con basso li-vello culturale, bensì di famiglie anche di cetoelevato e con un buon grado di cultura. Ma, evi-dentemente, ciò non basta.

Anche se i dati forniti e le dichiarazioni raccol-te dai Colleghi, membri della Sezione, fornisconosolo un modesto ritratto dell’attuale realtà dellafamiglia, è certo che, nella società odierna, l’in-teresse del minore prevale su quello degli adultinel determinare che cos’è una buona famiglia.Altresì, deve essere riconosciuto un ruolo di rife-rimento al minore medesimo nel momento dicrisi della famiglia: in questo senso la legge54/2006 offre la possibilità di affrontare, gestire erisolvere la conflittualità attraverso l’affermazio-ne del diritto del minore alla bigenitorialità.

Se è vero che il legislatore e gli operatori deldiritto non possono sostituirsi alla famiglia,nemmeno nel momento di crisi della medesima,è, altresì, vero che, attraverso una maggiore pre-parazione dei magistrati e dei professionisti cheoperano nel diritto di famiglia, è possibile fornirestrumenti validi per una genitorialità responsa-bile.

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 15

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La Fondazione Forum Aterni:un’iniziativa all’avanguardiadegli avvocati di Pescara

Su iniziativa del Consiglio dell’Ordine degli Av-vocati di Pescara nel novembre 2001 è stata co-stituita la Fondazione Forum Aterni che ha co-me scopi primari la promozione, la diffusione e

l’aggiornamento della cultura giuridica e forense.La sua attività si sviluppa su tre principali linee d’in-

tervento:

1) PUBBLICAZIONICon delibera datata 23.1.2003 il Consiglio dell’Ordine

degli Avvocati di Pescara ha trasferito alla Fondazione laproprietà di “PQM”. Si tratta di una rivista trimestrale cheviene stampata e diffusa dal 1988 e che ha conquistatoun ruolo rilevante nell’ambito delle riviste giuridiche na-zionali. La Fondazione ne ha curato la stampa e la distri-buzione dall’anno 2003 in poi nella quantità di circa 4.000copie per numero.

Nell’anno 2005 la rivista P.Q.M. ha curato la pubblica-zione del quaderno “La responsabilità civile in campo sa-nitario”, stampato e distribuito anch’esso nel numero di4.000 copie

Nel corso dell’anno 2004 è iniziata la pubblicazione delperiodico bimestrale di attualità forense “Avvocati a Pe-scara”

2) SCUOLA DI FORMAZIONE PROFESSIONALE PER LAPRATICA FORENSE

La Fondazione è subentrata all’Ordine degli Avvocatianche nella gestione della Scuola Forense il cui scopo èquello di preparare i praticanti avvocati all’accesso allaprofessione.

Il corso, di durata biennale, è strutturato sulla base del-le indicazioni del Consiglio Nazionale Forense e prevede250 ore di lezioni ed esercitazioni pratiche per ciascunanno su materie oggetto dell’esame di abilitazione peravvocato e su altre materie di interesse professionale (di-ritto dell’informatica, tecnica dell’argomentazione e dellacomunicazione, metodologia giuridica, tecnica della ne-goziazione, mediazione e conciliazione, tecnica di reda-zione degli atti, deontologia e ordinamento forense).

Il corpo docente è formato da docenti universitari (pro-venienti, la maggior parte, da università non abruzzesi),da avvocati (anche non abruzzesi) e da magistrati dotatidi specifica esperienza professionale nei diversi settoridel diritto.

3) ATTIVITÀ DI FORMAZIONE E AGGIORNAMENTOPROFESSIONALE

Nel perseguimento delle finalità di porre a disposizio-ne degli avvocati iscritti all’Ordine di Pescara un sistemadi informazione ed aggiornamento permanente, la Fon-dazione, in collaborazione con altri Enti, associazioni econ la locale Università ha organizzato negli ultimi anninumerosissime iniziative di formazione e di aggiorna-mento

anno 2003Corso di Diritto Europeo dell’Impresa – Master Univer-

sitario (Master di I livello, in collaborazione con il Diparti-mento di Scienze Giuridiche dell’Università “G. D’Annun-zio “ avente lo scopo di impartire una formazione specia-

listica avanzata di diritto comunitario a coloro che opera-no all’interno delle professioni forensi ovvero che lavora-no o che aspirano a lavorare nelle imprese o nelle ammi-nistrazioni pubbliche).

Corso di Perfezionamento in diritto della responsabili-ta’ civile da fatto illecito (in collaborazione con l’AIDAAbruzzo e sotto la direzione della Prof.ssa Giovanna Vol-pe Putzolu, ordinaria di Diritto delle assicurazioni dell’U-niversità “La Sapienza” di Roma).

Corso in materia di Diritto Penale della Famiglia e diProcesso penale minorile. Iin collaborazione con l’AIAF(Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e peri Minori) si è svolto in cinque lezioni incentrate sulla po-sizione del minore quale persona offesa e quale autoredel reato.

Corso di formazione ed aggiornamento per curatori fal-limentari (in collaborazione con l’Ordine dei DottoriCommercialisti di Pescara e Sulmona e con la Fondazioneper la Promozione della cultura professionale e dello svi-luppo economico si è svolto in tredici lezioni che hannoaffrontato i principali problemi che il curatore fallimenta-re è chiamato a risolvere nell’esercizio della funzione).

Seminario su “La Famiglia di Fatto” (in collaborazionecon l’A.I.A.F.)

Seminario su “Diritto Comunitario della Concorrenza(in collaborazione con il C.S.M.)

Incontri di Studio sulla Riforma del Diritto Societarioorganizzati unitamente al Comitato Interprofessionaleeconomico-giuridico (formato dall’Ordine degli Avvocatidi Pescara, dall’Ordine dei Notai di Teramo e Pescara, dal-l’Ordine dei Dottori Commercialisti di Pescara e Sulmonae dal Collegio dei Ragionieri di Pescara).

anno 2004Convegno di studio sulla riforma delle procedure con-

corsuali tra economia e diritto (in collaborazione con ilCSM-Formazione decentrata del distretto de L’Aquila,l’Ordine dei dottori Commercialisti di Pescara e Sulmona,il Collegio dei Ragionieri di Pescara e il Ce.S.Con-CentroStudi Concorsuali e del Diritto Commerciale)

Forum nazionale “Diritto di famiglia e processo civile”(in collaborazione con il CSM-Formazione decentrata deldistretto de L’Aquila e l’Osservatorio Nazionale sul dirittodi famiglia)

Giornate di studio “Adeguamento degli Statuti di S.p.a.,S.r.l. e cooperative diritto societario” (in collaborazionecon il Consiglio Notarile dei distretti di Teramo e Pescara,l’Ordine dei Dottori Commercialisti di Pescara e Sulmona,il Collegio dei Ragionieri di Pescara)

Convegno “La responsabilità civile in campo sanitario”(in collaborazione con AIDA Abruzzo)

Convegno di studio “Tutela del contributo al manteni-mento: profili penali e civili” (in collaborazione con AIAFAbruzzo

anno 2005Seminari su “Lavoro pubblico e privato: riforme recenti

e approfondimenti” (in collaborazione con Centro studiDiritto del Lavoro “Domenico Napolitano” e Facoltà diEconomia Università “G. D’Annunzio”)

Corso su “La tutela penale del minore” (in collaborazio-ne con Associazione Italiana Avvocati per la Famiglia eper i Minori)

Corso di formazione ed aggiornamento per CuratoriFallimentari (in collaborazione con Centro Studi Concor-suali)

Corso intensivo su “L’Arbitrato”Convegno su “Le scuole forensi”Incontri del Venerdi’ su “ La riforma del processo civile

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16 | Avvocati di famiglia | Luglio Agosto 2007

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nella legge 80/05”Convegno su “La legge sull’amministrazione di soste-

gno” (in collaborazione con Associazione Italiana Avvo-cati per la Famiglia e per i Minori)

Seminario di formazione professionale su “L’azione re-vocatoria ed il concordato preventivo alla luce delle re-centi modifiche della legge fallimentare” (in collaborazio-ne con Ordine Dottori Commercialisti di Pescara e Sul-mona e Collegio dei Ragionieri di Pescara)

Convegno su “Avvocatura e Telematica (in collaborazio-ne con ITALDATA)

Seminario di formazione professionale su “La riformadelle esecuzioni immobiliari: novità legislative, prassi edaspetti operativi” (in collaborazione con Ordine DottoriCommercialisti di Pescara e Sulmona e Collegio dei Ra-gionieri di Pescara)

Seminario di formazione professionale su “La riformadelle esecuzioni immobiliari: decreto di trasferimento epiano di riparto” (in collaborazione con Ordine DottoriCommercialisti di Pescara e Sulmona e Collegio dei Ra-gionieri di Pescara)

anno 2006Incontri di Studio su “IL TRUST” (iniziativa in colla-

borazione con C.S.M. Formazione decentrata del distretto de L’Aquila, Ordine Dottori Commercialisti di Pe-scara e Sulmona e Collegio dei Ragionieri di Pescara)

Corso di Inglese Giuridico (in collaborazione con il Di-partimento di Scienze Giuridiche del Corso di Laurea inServizi Giuridici per l’impresa dell’Università “G. D’An-nunzio” di Pescara (gennaio-giugno 2006)

Incontro di Studio “La nuova legge sull’affido condivi-so”

Incontri di studio “Il nuovo processo civile”Incontro di studio “Il nuovo ricorso per cassazione in

materia di lavoro”Corso in materia di sicurezza sui luoghi di lavoroIncontro di studio “Il danno alla persona nella legge

102/2006”Corso di Diritto Fallimentare (iniziativa in collabora-

zione con Consiglio notarile dei Distretti di Teramo e Pe-scara, Ordine Dottori Commercialisti di Pescara e Sulmo-na, Collegio dei Ragionieri Commercialisti di Pescara)

Convegno “Rapporti familiari, responsabilità civile edanno esistenziale” (in collaborazione con AssociazioneItaliana Avvocati per la Famiglia e per i Minori)

Convegno “Legge Pecorella: problemi applicativi”Convegno “Il fallimento tra liquidazione e salvaguardia

dell’impresa nel mercato”(iniziativa in collaborazione con C.S.M. Formazione de-

centrata del distretto de L’Aquila, Ordine Dottori Com-mercialisti di Pescara e Sulmona, Collegio dei Ragionieridi Pescara e Centro Studi Concorsuali)

Corso La tutela penale del minore (in collaborazionecon l’Associazione Italiana Avvocati per la Famiglia eper i Minori)

Convegno “La normativa antiriciclaggio per l’avvocato”Seminario di Studio “Separazione di patrimoni e tutela

dei terzi” (niziativa in collaborazione con Consiglio nota-rile dei Distretti di Teramo e Pescara, Ordine Dottori Com-mercialisti di Pescara e Sulmona, Collegio dei RagionieriCommercialisti di Pescara, Osservatorio nazionale sul Di-ritto di Famiglia e Camera Civile di Pescara)

anno 2007Incontro di Studio “Danni da demansionamento: oneri

di allegazione e di prova (Cass. Sez. Un. 24.03.06)”Incontro di Studio “ Il risarcimento del danno nel pro-

cesso amministrativo”Incontro di Studio “Intercettazioni telefoniche e am-

bientali”Seminario di formazione professionale “La formazione

dello stato passivo” (in collaborazione con Ordine deiDottori Commercialisti di Pescara e Sulmona)

Incontro di Studio “Questioni sul processo societario”Incontro di Studio “Legge ex Cirielli e processi pendenti

(Corte Cost. 23.11.06 n.393)”Incontro di Studio “La sentenza della Corte Costituzio-

nale 6/2/07 sulla Legge Pecorella e gli effetti sui processiin corso: l’impugnazione del Pubblico Ministero, dellaparte civile e dell’imputato”

Incontro di Studio “Controllo interno ed esterno nel ti-po S.r.l. dopo la riforma societaria (questioni sottese agliartt. 2367 e 2409)”

Incontro di Studio “Il nuovo Statuto della RegioneAbruzzo. Problemi e questioni d’interesse professionale”

Incontro “Tutela del danneggiato nel nuovo codice del-le assicurazioni” (in collaborazione con ANF SindacatoAvvocati di Pescara e AIDA Abruzzo)

Incontro di Studio “Questioni sul “nuovo” procedimen-to cautelare”

Incontro di Studio “Nuove regole sulla competenza inmateria di affidamento e mantenimento dei figli naturalialla luce dell’ordinanza della Cassazione 3/4/07 n. 8362(in collaborazione con Associazione Italiana Avvocati perla Famiglia e per i Minori

Incontro di Studio “L’assegnazione della casa coniugalenella separazione e nel divorzio con particolare riferi-mento all’art. 155 quater della legge sull’affido condiviso”

Incontro di Studio “Primi orientamenti di giurispruden-za sul contratto di lavoro a progetto”

Convegno “Procedimenti di separazione e divorzio. Ac-certamento dei redditi e dei patrimoni. Circolazione deibeni. Aspetti fiscali e tributari” (in collaborazione con As-sociazione Italiana Avvocati per la Famiglia e per i Mino-ri)

Convegno “Il processo societario” (in collaborazionecon C.S.M. Formazione decentrata del distretto de L’Aqui-la, Ordine Dottori Commercialisti di Pescara e Sulmona eCollegio dei Ragionieri di Pescara)

Incontro di studio “ Primi orientamenti di giurispru-denza sul “nuovo” contratto di lavoro a termine”.

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 17

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Il comitato per le pari opportunità costituitopresso il Consiglio dell’Ordine degli avvocati diPescara

1. CostituzioneAl fine di favorire l’accesso alla libera professione, alla formazionee qualificazione professionale delle donne nonché di promuoverela rimozione dei comportamenti discriminatori e di ogni altroostacolo che limiti di fatto l’uguaglianza sostanziale tra uomini edonne nella professione forense, valorizzando nel contempo ladifferenza di genere, è costituito presso il Consiglio dell’Ordinedegli Avvocati di Pescara il Comitato per le Pari Opportunità.Il Comitato ha la propria sede operativa presso il Consigliodell’Ordine degli Avvocati di Pescara.

2. ComposizioneIl Comitato dura in carica due anni e decade contestualmente allascadenza del mandato degli Avvocati eletti a componenti delConsiglio dell’Ordine.Il Comitato è composto da 15 componenti , quattro di loro sonodesignati dal Consiglio dell’Ordine di cui uno iscritto al Registrodei praticanti. Gli altri 11 componenti vengono eletti da tutti gliiscritti all’Albo degli Avvocati.Il comitato indica i componenti del Seggio elettorale costituitoda 6 iscritti all’Albo non candidati alle elezioni.Le elezioni sono disciplinate dal regolamento individuato comeallegato A che fa parte integrante del presente regolamento.Al suo interno il Comitato nomina il Presidente, il V. Presidente, ilSegretario.

3. FunzioniLa funzione del Comitato è quella di proporre, anche tramite ilConsiglio dell’Ordine degli Avvocati, interventi volti apromuovere e realizzare pari opportunità tra uomini e donne.A tal fine esso svolge i seguenti compiti:analizza e monitora la situazione delle donne avvocato e dellepraticanti operanti nell’ambito istituzionale di pertinenza delConsiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pescara;elabora proposte atte a creare e favorire effettive condizioni dipari opportunità nell’accesso e nella crescita dell’attivitàprofessionale, coordinando le proprie iniziative con gli organismianaloghi operanti a livello istituzionale e/o territoriale;diffonde le informazioni sulle iniziative intraprese;propone al Consiglio dell’Ordine iniziative demandate dalle leggivigenti;organizza incontri con gli Avvocati ed i Praticanti;informa e sensibilizza sulla necessità di promuovere pariopportunità per i Praticanti nella vita lavorativa e nellaformazione;verifica la corretta attuazione e l’esito finale dei progetti elaboratidal Consiglio dell’Ordine;elabora codici di comportamento diretti a specificare regole dicondotta conformi alla parità e ad individuare manifestazionianche indirette di discriminazione;promuove iniziative e confronti tra gli operatori del diritto sullepari opportunità;promuove e favorisce la istituzione dei comitati per le PariOpportunità presso gli altri Consigli dell’Ordine per costituireuna rete indispensabile tra i vari organismi, che dovrà costituirevalido supporto anche per le iniziative promosse dallaCommissione di Studi per le Pari Opportunità istituito presso ilConsiglio Nazionale Forense;inserisce nella formazione professionale moduli atti a diffonderee valorizzare le differenze di genere;individua forme di sostegno ed iniziative volte a promuovere lacrescita professionale delle donne avvocato e la formazione diuna cultura di rappresentanza femminile negli organi istituzionalie associativi, anche tramite l’attuazione di riforme delle leggi eregolamenti che disciplinano l’ordinamento professionale.

4. OrganiIl Comitato elegge al suo interno, a maggioranza semplice, ilPresidente, il Vice Presidente ed il Segretario.Il Presidente:rappresenta il Comitato;lo convoca e lo presiede;stabilisce l’ordine del giorno della riunione, tenendo conto delleproposte formulate;riferisce al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati sulle iniziative daintraprendersi per l’attuazione delle funzioni di cui innanzi;Il Vice Presidente:sostituisce il Presidente in caso di impedimento dello stesso;su delega del Presidente svolge funzioni di rappresentanza delComitato;Il Segretario:fruendo degli Uffici e dei collaboratori del Consiglio dell’Ordinesvolge le usuali attività di Segreteria.

5. Organizzazione interna del Comitato.Il Comitato definisce, al suo interno, l’organizzazione dei lavori,la periodicità degli incontri ed i criteri di studio edapprofondimento delle tematiche.

6. Convocazioni.Il Presidente convoca il Comitato almeno una volta al mese.Il Comitato può essere altresì convocato su richiesta motivata dellametà dei suoi componenti. Le delibere saranno approvate amaggioranza semplice. In caso di parità prevale il voto delPresidente.

7. Decadenza e DimissioniIl componente del Comitato Pari Opportunità decade laddove nongiustifichi la propria assenza per oltre tre riunioni.Nel caso di decadenza quale componente del Comitato così comenel caso in cui vengano rassegnate le dimissioni, il primo deicandidati non eletti alle ultime elezioni sarà nominato quale nuovocomponente con delibera del Comitato medesimo. Nell’ipotesi didecadenza o di dimissioni del componente delegato dal Consigliodell’Ordine quest’ultimo provvederà a sostituirlo.

8. Diritto di informazione.Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati assicura al Comitatoinformazioni preventive su argomenti di interesse dello stesso.Trasmette tempestivamente documenti preparatori.Il Comitato, in persona del suo Presidente, può richiedere inqualsiasi momento al Presidente del Consiglio dell’Ordine e agliorgani istituzionali consultazioni ed audizioni su materie e temi atutela delle pari opportunità.

9. Strumenti e risorse.Per lo svolgimento delle proprie funzioni, il Comitato puòrichiedere al Consiglio dell’Ordine la collaborazione degli addettiall’Ufficio dello stesso e può usufruire di contributi che ilConsiglio dell’Ordine delibererà previa motivata richiesta perpromuovere iniziative, indagini e ricerche e quant’altronecessario per il raggiungimento delle proprie finalità.

10. Norma transitoria.Il presente regolamento entra in vigore dalla data diapprovazione dello stesso da parte del Consiglio dell’Ordine.Nel caso di costituzione effettuata in corso di mandato ilComitato, in via provvisoria e sino alle elezione come previste alpunto 2, sarà composto da n. 4 componenti designati dalConsiglio dell’Ordine e da un numero non superiore a 11componenti in parte scelti tra avvocati di riconosciuta esperienzain tema di pari opportunità, in parte designati dalle AssociazioniForensi. Il Consiglio dell’Ordine designa il coordinatore delComitato tra i componenti delegati.

Approvato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pescaracon delibera del 22.06.2006

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18 | Avvocati di famiglia | Luglio Agosto 2007

L’attività diconsulenza legalepuò essere svolta solo daprofessionisti enon da societàCassazione, sezioneterza, 18 aprile 2007, n.9236

Le attività di consulenza eassistenza in materia legalee tributaria rientrano tra leprestazioni professionali

protette, che possono essere svoltesolo da professionisti iscritti nei re-lativi albi.

Non rileva che le prestazioni og-getto del contratto tra committen-te e società di consulenza sianosvolte da singoli professionistiiscritti all’albo. Il contratto deve ri-tenersi radicalmente nullo, per vio-lazione del divieto di cui all’artico-lo 2 della legge 1815 del 23 novem-bre 1939.

Lo ribadisce la terza sezione civi-le della Corte di cassazione condue sentenze “gemelle”, la 9236/07e la 9237/07 (qui di seguito pubbli-chiamo alcuni stralci della primasentenza).

Argomentazione della sentenza(omissis)Con motivazione adeguata e lo-

gica i giudici di appello hanno pre-messo alcuni principi del tutto cor-retti in punto di diritto, sottoli-neando che le attività di assistenzae consulenza in materia legale etributaria rientrano tra le presta-zioni professionali protette chepossono essere svolte soltanto daprofessionisti iscritti nei relativi al-

bi professionali.Secondo i giudici di appello, co-

stituiva circostanza del tutto irrile-vante che molti dei servizi prestatinon rientrassero tra le attività pro-fessionali protette.

Infatti, il compenso era stato ri-chiesto unitariamente per le atti-vità di consulenza ed assistenza eper quella di elaborazione dati, sal-vo la specificazione di alcune voci,di minore importo, relative appun-to a questa ultima attività.

Il contratto nullo non poteva es-sere fatto valere, evidentemente, alfine di ottenere il compenso pat-tuito.

Quanto al rilievo che la societàavesse, nella pratica, chiesto ad unprofessionista iscritto nel relativoalbo di svolgere le attività di con-sulenza ed assistenza legale e tri-butaria, e che la stessa si fosse at-trezzata proprio per mettere a di-sposizione dei propri clienti questotipo di assistenza qualificata, cor-rettamente il giudice di appello haritenuto tale fatto - secondo la con-solidata giurisprudenza di questaCorte - del tutto irrilevante di fron-te al preciso divieto di legge, anco-ra vigente (articolo 2 della legge1815 del 23 novembre 1939).

Ha rilevato infatti questa Corte(Cassazione 8 settembre 1999 n.9507), che la nullità di un contratto,per violazione del divieto di costi-tuzione di società di capitali aventiad oggetto l’espletamento di pro-fessioni intellettuali protette, san-cita dall’articolo 2 della legge1815/39, si produce per il solo fattoche l’attività oggetto del contrattotra il committente e la società tra iprofessionisti consista in una pre-stazione interamente ricompressanell’attività tipica della professioneprotetta, sì che, contrattualmente,tale prestazione sia imputabile invia diretta alla società e non ai pro-fessionisti che alla stessa faccianocapo, senza che assuma rilievo lacircostanza secondo cui la presta-zione oggetto del contratto sia sta-ta poi, concretamente, effettuatada un professionista iscritto all’al-bo (o sotto la sua direzione e vigi-lanza).

(omissis)

Per la parcella nonbasta solo il pareredel consigliodell’ordine maoccorre provare ipresuppostidell’onorariorichiestoCassazione, Sezioneprima, 31 maggio 2007,n. 12765

Nel giudizio di opposizione a de-creto ingiuntivo il professionista ri-corrente assume sostanzialmentela veste di attore e l’onere di prova-re i fatti alla base della sua pretesa.Perciò al professionista nel caso diingiunzione emessa per il paga-mento di diritti e onorari non bastala sola parcella corredata dal pare-re del Consiglio dell’ordine.

È quanto emerge dalla sentenza12765/07, emessa dalla prima se-zione della Corte di cassazione.

Argomentazione della sentenza(omissis)Ora, secondo il prevalente indi-

rizzo della giurisprudenza di meri-to e di legittimità (conforme alladottrina più qualificata), l’opposi-zione avverso il decreto ingiuntivonon costituisce un’azione di im-pugnazione della solidità del de-creto stesso (Cassazione 27 giugno2000, n. 8718; Cassazione 17 no-vembre 1997, n. 11417; Cassazione28 gennaio 1995 n. 1052), ma intro-duce un ordinario giudizio di co-gnizione diretto ad accertare lafondatezza della pretesa fatta va-lere dall’ingiungente e delle ecce-zioni e delle difese fatte valeredall’opponente; per cui nel relati-vo procedimento, solo da un pun-to di vista formale l’opponente as-sume la posizione di attore, per-ché è il creditore ad avere vestesostanziale di attore ed a soggia-cere ai conseguenti oneri probato-ri (articolo 2697 codice civile).Mentre l’opponente assume quel-la di convenuto cui compete di ad-durre e dimostrare eventuali fatti

PROFESSIONE AVVOCATO

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 19

PROFESSIONE AVVOCATO

estintivi, impeditivi o modificatividel credito, di tal che le difese conle quali egli miri ad evidenziare l’i-nesistenza, l’invalidità o comun-que la non azionabilità del creditovantato ex adverso non si colloca-no sul versante della domanda -che resta quella prospettata dalcreditore nel ricorso per ingiun-zione - ma configurano altrettanteeccezioni proprie e/o improprie;ed in quest’ultimo caso si concre-tano nell’espressione di mere con-testazioni della ricorrenza dellecondizioni dell’azione, senza per-ciò inerire al petitum immediato

(elemento di identificazione del-l’azione) già compiutamente defi-nito dalla domanda rivolta ad ot-tenere l’ingiunzione.

Questa Corte ha poi ripetuta-mente affermato che detti principiin base ai quali nel giudizio di op-posizione al decreto ingiuntivo ilcreditore ricorrente assume la ve-ste sostanziale di attore e l’oneredi provare i fatti costitutivi dellapropria pretesa, non soffrono de-roga nel caso di ingiunzioneemessa per il pagamento di dirittie onorari di avvocato e procurato-re sulla base di parcella corredata

dal parere del Consiglio dell’ordi-ne professionale; con la conse-guenza che anche in tale ipotesi difronte a contestazioni dell’oppo-nente, sia pure generiche, incom-be sul professionista l’obbligo didimostrare l’esistenza del titolodedotto nonché l’effettività delleprestazioni elencate nella parcella(allorché contestate), affinché ilgiudice possa accertare la ricor-renza dei presupposti onde liqui-dare i relativi compensi secondotariffa (Cassazione 10150/2003;942/1995; 8724/1993).

(omissis)

Gli avvocati in Italia

Sono quasi 160.000 gli avvocati che esercitano la professione in Italia. Un vero e proprio esercito in aumentocontinuo (dall’1,7 per mille al 2,7 per mille in otto anni). La media italiana è di quasi tre avvocati ogni mille abitanti ma dal Lazio in giù ve ne sono quasi il doppio rispettoal nord.Le regioni con più avvocati per numero di abitanti sono la Calabria (4,5 per mille abitanti), il Lazio (4 per mille), laCampania e la Puglia (3,8 per mille).

Regioni Avvocati Popolazione Avvocati Avvocati Avvocatiogni mille ogni mille ogni mille abitanti abitanti abitantinel 1997 nel 2001 nel 2004

Piemonte 6.586 4.330.172 1,0 1,3 1,5 Valle d’Aosta 115 122.868 0,8 0,9 1,1Lombardia 19.806 9.393.092 1,3 1,8 2,1Liguria 5.016 1.592.309 1,7 2,4 3,2Trentino A.A. 1.196 974.613 0,8 1,0 1,2Veneto 7.555 4.699.950 1,0 1,3 1,6Friuli V. G. 1.704 1.204.718 1,0 1,2 1,4Emilia Romagna 9.314 4.151.369 1,5 2,0 2,2Toscana 7.553 3.598.269 1,4 1,8 2,1Umbria 2.080 858.938 1,4 1,8 2,4Marche 3.594 1.518.780 1,5 2,0 2,4Lazio 21.341 5.269.972 2,5 3,3 4,0Abruzzo 4.022 1.299.272 1,9 2,6 3,1Molise 1.157 321.953 1,9 2,5 3,6Campania 22.195 5.788.986 2,2 3,2 3,8Puglia 15.622 4.068.167 2,2 3,1 3,8Basilicata 1.821 596.546 1,8 2,4 3,1Calabria 8.950 2.009.268 2,5 3,5 4,5Sicilia 15.993 5.013.081 1,9 2,4 3,2Sardegna 3.133 1.650.052 1,2 1,5 1,9

Italia 158.772 58.462.375 1,7 2,2 2,7

Nord 51.311 24.469.091 1,2 1,6 1,9Centro 34.568 11.245.959 1,9 2,6 3,1Sud e isole 72.893 20.747.325 2,0 2,8 3,5

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20 | Avvocati di famiglia | Luglio Agosto 2007

La mediazionesistemicaRODOLFO DE BERNART,PSICHIATRA, PRESIDENTE

DELL’ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE

MEDIATORI SISTEMICI

Le scelte dell’AIMS

Nel 1995 tre Istituti di Tera-pia Familiare( Istituto diTerapia Familiare di Fi-renze, Iscra di Modena ed

Eteropoiesi di Torino) fondarono in-sieme l’Associazione Internazionaledei Mediatori Sistemici. Ben prestoaltri Istituti si unirono a loro fino adarrivare oggi a 42 centri e 2500 socidistribuiti in tutta l’Italia. Le sceltecondivise dai fondatori e dagli altrisoci furono: occuparsi di mediazionesecondo l’ottica sistemica, non limi-tarsi alla mediazione familiare incorso di divorzio, ma occuparsi an-che degli altri interventi mediatorisulla famiglia e di altri campi comu-nitari e sociali come le aziende, lascuola , i tribunali, i quartieri, le cul-ture diverse.

Terapisti, Consulenti e MediatoriLa Consulenza è un altro inter-

vento importante nel campo psico-giurudico , con il quale i mediatoridevono fare i conti. Spesso alcuneConsulenze Tecniche di Ufficio(CTU) non riescono ad ottenere ri-sultati buoni per il minore in affida-mento se non si introducono ele-menti di mediazione nel corso dellaperizia, allo scopo di far lavoraremeglio genitori litigiosi e vendicativi.Questo non vuol dire che si possafare una mediazione nella CTU sem-plicemente, ma solo utilizzare alcu-ne delle preziose tecniche mediato-rie per aiutare la coppia genitorialeed i suoi figli. Non chiamiamo ma-

gari questa attività mediazione, madiamole uno status perché si è di-mostrata utilissima in molte situa-zioni.

I centri CoMeTeIl primo obiettivo di Co.Me.Te. , co-

me abbiamo a suo tempo scritto conL.Pappalardo, è la creazione di unCentro specializzato che fornisca ri-sposte e servizi differenziati a quellesituazioni familiari problematicheche a vario titolo siano connesse alcontesto giuridico nelle sue molte-plici sedi. civili e penali.

L’esperienza fatta come consulen-ti nei contesti riconducibili in ma-niera più o meno diretta all’ambitogiuridico ci ha mostrato una gammadi richieste assai diverse tra loro equasi sempre confuse o complesse.Invii di coppie da parte di legali sen-za che nè loro, nè i coniugi sappianose vogliono una mediazione familia-re o una psicoterapia di coppia, o difamiglia addirittura. Domande di re-lazioni di consulenza da parte di unavvocato che, per sostenere un ricor-so alla Magistratura, invia un genito-re che si è visto abbandonato da unfiglio dopo anni di convivenza conlui in quanto genitore affidatario.Domande di certificazioni sull’ido-neità di una coppia all’adozione chead un’attenta analisi rivelano il biso-gno drammatico di colmare vuotipersonali e della relazione coniuga-le. Nomine a consulente tecnicod’ufficio fatte dai giudici, quandoogni altro tentativo di gestione delconflitto è stata bruciata da un agirespesso alla cieca. Si incontrano cosìnelle cause giudiziali richieste di af-fidamento o ricorso per il cambia-mento del dispositivo di affidamen-to che nascondono la maledizionedi un legame disperante (Cigoli et al,1988), nel senso che i coniugi nonriescono a smettere di sperare chel’altro o il rapporto cambi. Con laconseguenza di una discordia senzafine che attesta peraltro il manteni-mento a qualunque costo del lega-me. O piuttosto con la conseguenzadi un progetto scismatico: l’altro, ilcontenitore unico del Male, devescomparire, cadere nell’oblio, e conesso ogni nefasta influenza sul fi-glio.

Ed anche quelle situazioni che

provengono dal penale, e per le qualii giudici ci nominano periti, conten-gono intrinsecamente non solo unadomanda di “verità” sull’esistenza diun abuso o di un maltrattamentoma anche un’istanza implicita di in-tervento sulle dinamiche del nucleofamiliare e magari sui bisogni dicoesione o sulle paure di abbando-no, che non può non essere raccolta.

Il clinico che, in quanto tale si in-terroga sul senso plausibile delleazioni compiute dalle persone, nontenga conto della natura profonda diquesta domanda, non potrà acco-gliere le azioni medesime cercandodi portarle verso risorse vitali.

Crediamo quindi che un punto diforza concettuale di Co.Me.Te dovràessere costituito da una profondacapacità di analisi della domanda dicui i familiari sono portatori. Ogni ri-duzionismo - quale, tanto per fareun esempio, quello di consideraredue coniugi solo per il loro essere le-galmente separati una coppia sepa-rata - dovrà essere bandito. E i “com-mittenti” dovranno avere la garanzianel rivolgersi al Centro di avere unasituazione che è stata vagliata sindalla natura della domanda. Do-manda spesso indicibile ed inconsa-pevole e pertanto lontana da quellaesplicita che dagli stessi viene di-chiarato.

Noi preferiamo pensare ad unpercorso che la domanda deve spes-so fare per essere accolta e trattata.In questa direzione, alla luce di que-ste trame relazionali, analisi delladomanda non può che voler dire ri-costruzione del senso della storia fa-miliare a partire dal momento cru-ciale della formazione della coppia,vero e proprio snodo e punto di in-contro di ciò che transita nel passag-gio tra le generazioni precedenti equelle successive. In questo sensointendiamo la valutazione dellaqualità del conflitto, senza farsifuorviare ad esempio dalla quantifi-cazione del parossismo emotivo oda meccanici quanto facili indici diintensità. Soltanto la possibilità di ri-costruire il significato della storia, iltema emotivo fondante e di coglierein esso la ragione della crisi ci infor-ma a riguardo della risposta. Ma ingenerale si tratta piuttosto di creareall’interno di Co.Me.Te. molteplici

MEDIAZIONE FAMILIARE

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 21

MEDIAZIONE FAMILIARE

competenze specifiche nei singolioperatori e una sensibilità diagnosti-ca tale da metterle a disposizionenelle varie fasi di gestione della crisi.Perchè diversi sono oltretutto i tem-pi. Differenti possono essere infattitra loro i momenti di incontro tra ifamiliari ed il Centro, così come dif-ferenti sono appunto i tempi ed i bi-sogni emergenti durante il lavorocon una situazione familiare. a so-stenere, curare, mediare, consigliare... E nuovamente ci sarà bisogno, sul-la base del tempo della domanda, didifferenziare le risposte ed i percorsiadatti.

In questo centro polivalente trovanaturale posizione il mediatore fa-miliare non lasciato a se stesso inun centro dove si faccia solo media-zione. Altrimenti il rischio è che aduna domanda confusa si dia una ri-sposta troppo precisa perché già de-finita. Insomma se uno ha un mar-tello in mano , come è noto, tutti iproblemi sembrano chiodi.

Mediazione ortopedica emediazione terapeutica

L’aggettivo terapeutico è visto co-me il fumo agli occhi da gran partedei mediatori familiari della vecchiaguardia. Anche per la loro origine(molti di essi non provengono dallaclinica) essi temono infatti la conta-minazione fra i due campi. Sebbene, in effetti, la terapia di coppia siamolto vicina alla mediazione, lacontaminazione risulta impossibile.La definizione è chiara: siamo inmediazione quando la coppia ha giàscelto la strada del divorzio e vuolesolo essere aiutata a portarlo a ter-mine nel migliore dei modi e con ilminor danno possibile per i figli. Sia-mo in terapia di coppia quando lacoppia chiede aiuto per salvare unacoppia in crisi e , spesso la famigliada essa prodotta. Tuttavia all’internodella mediazione è possibile affron-tare il processo di separazione conun atteggiamento solamente nego-ziale o con uno spirito terapeutico.Quest’ultimo tuttavia non porta ilmediatore ad operare come un tera-peuta , ma ad utilizzare un approc-cio più complesso per confrontarsicon nodi irrisolti allo scopo di af-frontare in modo pìù costruttivo ilpercorso della mediazione.

L’importanza dell’ ottica sistemicaPer chi si è formato nell’ottica si-

stemica è impensabile occuparsi dimediazione senza vederla immedia-tamente orientata da quest’ottica. Ilcontesto ed il suo significato , il siste-ma e le sue regole sono guide sicureper muoversi nel campo familiare edunque anche in quello della coppiain mediazione. Molti autori anche ri-levanti hanno osservato che in realtànon ci sarebbe bisogno di definire si-stemica la mediazione familiare, da-to che essa lo è in modo naturale.Purtroppo riesce difficile crederlo ,quando vediamo alcuni mediatorioperare senza osservare tutto il con-testo (ad esempio non vedendo mai ibambini) . Si ha più l’impressioneche il termine sistemico sia da questiautori confuso con strategico.

L’importanza della storia: iltrigenerazionale

Un altro grande spartiacque nellavoro con la coppia e con la fami-glia è sempre stato quanta impor-tanza dare alla storia ed al passato. Iprimi terapeuti sistemici , fautoridell’Hic et Nunc , hanno sempre af-fermato che ciò che poteva esserevisto nelle interazioni presenti ba-stava a comprendere il funziona-mento interattivo delle famiglie edelle coppie e che la storia non ser-viva che a confondere. Al contrario iTerapeuti di formazione analiticasostenevano la necessità di com-prendere le famiglie attraverso lostudio del loro passato. Anche per imediatori si è posto lo stesso proble-ma. La mediazione deve guardare alpresente ed al futuro, mai al passatodichiaravano alcuni. Ma la giustametafora è quella di Aldo Morrone,maestro carismatico di quasi tutti imediatori nel mondo, che parla del-la mediazione come di un’automo-bile dalla quale si deve guardareavanti attraverso il parabrezza, sen-za dimenticare gli specchietti retro-visori. Certo il lavoro sugli aspetti tri-generazionali dovrà essere riservatoalle situazioni più complesse, quellein cui significati profondi, radicatinella storia delle generazioni passa-te, possono spiegare ad esempio,perché sia così difficile rinunciare auna casa o ad oggetti a volte privi divalore intrinseco.

L’importanza dei significati : ilsimbolico

Alcuni oggetti contesi fra i coniu-gi, le case, a volte persino il danaropossono avere contenuti simbolici avolte legati al passato delle famiglie,a volte alle esperienze individuali,che non ne consentono una gestio-ne “tranquilla”. Una mediazione chesi limitasse a stabilire regole e com-promessi senza trattare i significatisimbolici, finirebbe spesso per otte-nere risultati instabili , pronti a ce-dere al primo impatto con un eventoche interessasse aspetti emotivi.

I bambini in mediazioneDovremo dunque davvero ” lascia-

re a casa i bambini a giocare ” , men-tre i genitori “si accoltellano “ nellesedute di mediazione? Siamo pro-prio sicuri che così li terremo fuoridalla tensione che i genitori allente-ranno “giudiziosamente” per loro? Oli terremo fuori solo dall’elaborazionedell’evento , mentre di esso subiran-no impotenti tutti i danni, senza po-ter neppure dire quanto, perché o co-me soffrono? Certo i bambini nondevono partecipare alle sedute dicontrattazione o di scontro , ma at-traverso opportune tecniche non ver-bali e verbali (gioco, disegno congiun-to, progetto etc.) possono aiutare i ge-nitori a capire dove hanno creato sof-ferenza e come fare ad affrontarla re-sponsabilmente nel modo migliore.

ConclusioniQueste poche note possono dare ai

lettori un’idea della struttura e deimodelli operativi dell’AIMS. L’Asso-ciazione, distribuita su tutto il territo-rio nazionale, si dà ora alcuni obietti-vi importanti: riconoscimento dellaprofessione di mediatore; diffusionedella Mediazione in altri campi menoconosciuti; apertura di nuove sezioniregionali anche in collegamento conil sindacato; potenziamento del Fo-rum Europeo della Mediazione Fami-liare, apertura di nuove sezioni nazio-nali e all’estero.

Altre notizie possono essere trovate sulsito www.mediazionesistemica.it, mentre larivista “Mediazione Familiare Sistemica”,giunta al n. 3-4/2006, viene distribuita gra-tuitamente o può essere scaricata dal sito:www.mediazione-familiare.it.

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22 | Avvocati di famiglia | Luglio Agosto 2007

Patti di famiglia,trust e negozifiduciari. Profilidell’imposizioneindiretta*

DI LORENZO DEL FEDERICO E FRANCESCO MONTANARI

* Il presente scritto è basato sul testodella relazione presentata nell’ambitodell’incontro di studio svoltosi in Pe-scara nei giorni 1 e 2 dicembre 2006,sul tema “Separazione di patrimoni etutela dei terzi. Le nuove norme sullatrascrizione degli atti di destinazione esui patti di famiglia”.Lorenzo del Federico (ordinario di Dirit-to Tributario - Università di Chieti –Pescara) ha curato la premessa, le con-clusioni e la parte riguardante i profiliimpositivi del trust; Francesco Monta-nari (Dottorando in Diritto TributarioEuropeo - Università degli Studi di Bo-logna) ha curato la parte riguardante iprofili impositivi dei patti di famiglia edei negozi fiduciari.

Premessa

Ci si propone di analizzare,nei tratti essenziali, i profilitributari di taluni istituti iquali se, da un lato, costitui-

scono gli strumenti “tipici” per attua-re il cosiddetto “passaggio generazio-nale della ricchezza”1, dall’altro, pre-sentano ancora molteplici incertezzeinterpretative sotto il profilo fiscale e,prima ancora, sotto quello civilistico.

In particolare, riguardo agli aspettidella imposizione “indiretta”, la que-stione si è ulteriormente complicatain ragione del fatto che il legislatoreha “reintrodotto” l’imposta sulle suc-cessioni e sulle donazioni amplian-

done, peraltro, sensibilmente, il pre-supposto oggettivo di applicazione2.

La “delicatezza” della materia inquestione deriva, principalmente, dalfatto che, da un lato, taluni istituti(nel caso di specie, i patti di famiglia ele società fiduciarie) hanno trovatouna propria regolamentazione perquanto concerne gli aspetti civilistima non per quelli tributari, dall’altro,talune figure, di assoluto rilievo appli-cativo, come il trust, non posseggonouna autonoma disciplina né in unsenso né nell’altro (fatta salva la re-cente riconduzione del trust nell’al-veo dei soggetti passivi Ires ai sensidel novellato art. 73 del Tuir n.917/1986).

L’importanza della tematica emer-ge con chiarezza se si pensa che “inItalia sono oltre tre milioni le piccoleimprese i cui proprietari o azionistifanno riferimento ad una famiglia:ciò significa che le imprese familiarirappresentano circa il 90 per centodelle aziende. Oltre il 45 per cento de-gli imprenditori ha circa sessant’an-ni. Questi numeri bastano a far capi-re quanto sia rilevante per il nostrosistema economico-produttivo il pro-blema del passaggio generazionalenella gestione e nella proprietà del-l’impresa e più in generale quantosiano numerosi gli imprenditori chedevono passare il timone alle nuovegenerazioni”3.

Ad ogni buon conto, la vera “no-vità” è, certamente, costituita dallaintroduzione ad opera della Legge 14gennaio 2006, n. 55, dei cosiddetti“patti di famiglia”, laddove, al contra-rio, le società fiduciarie ed i trustshanno avuto, in ambito familiare4, unnotevole sviluppo e non possono cer-to essere considerati istituti “scono-sciuti” all’ordinamento, pur sussi-stendo ancora significative difficoltàin merito al loro inquadramento tri-butario.

1) Profili fiscali dei patti di famigliaI patti di famiglia, come si è evi-

denziato da più parti, rispondono al-l’esigenza - anche di derivazione co-munitaria5 - di introdurre nell’ordina-mento una disciplina volta a favorireil passaggio generazionale delle im-presa “tramite uno strumento il piùpossibile “blindato” contro possibiliattacchi da parte di legittimari che

dovessero ritenersi, una volta aperta-si la successione del disponente, inqualche modo lesi da siffatte disposi-zioni”6. In particolare, accadeva di fre-quente che, in seguito al decesso del-l’imprenditore, l’azienda venisse fra-zionata tra gli eredi con la conse-guente impossibilità, per l’imprendi-tore stesso, di affidare l’azienda all’e-rede “più meritevole” o, comunque,intenzionato alla prosecuzione dellaattività.

I patti di famiglia trovano, oggi, unapropria autonoma collocazione nelcodice civile e, pertanto, questi ultimisono qualificabili come istituti tipici.

Come è noto, la novella del 2006 hadisciplinato tale figura mediante l’in-troduzione degli artt. da 768 - bis a768 octies7, disponendo, altresì, espli-citamente, una parziale deroga al di-vieto di patti successori8 così comedisposto dall’art. 458 c.c. I patti di fa-miglia, infatti, sono definibili, in pri-ma battuta, come contratti,9 median-te i quali “l’imprenditore trasferisce,in tutto o in parte, l’azienda, e il tito-lare di partecipazioni societarie tra-sferisce, in tutto o in parte, le propriequote, ad uno o più discendenti” (Art.768 - bis, c.c.).

Al di là delle dispute teoriche che sisono sviluppate in merito alla naturadi detto istituto, sulle quali si daràbrevemente conto, sono, comunque,ravvisabili taluni punti fermi che noncostituiscono più fonte di contrastiinterpretativi: da un lato, il patto nonsi sostanzia in una mera indicazionedi come l’asse ereditario dovrà esseresuddiviso fra gli eredi una volta aper-ta la successione, ma realizza essostesso il trasferimento dell’impresa odelle partecipazioni dal disponente aldiscendente10, dall’altro, l’atto attribu-tivo della azienda o delle partecipa-zioni è connotato dalla gratuità11.

Le considerazioni che precedonomostrano, pertanto, con tutta eviden-za, che la disciplina fiscale dei patti difamiglia deve essere oggi letta alla lu-ce della recente “reintroduzione” del-l’imposta sulle successioni e sulle do-nazioni.

La legge di conversione del DecretoLegge 3 ottobre 2006, n. 262 (collegatoalla Finanziaria 2007) - che ha sensi-bilmente modificato l’impostazioneiniziale di tale decreto legge - preve-de infatti che “è istituita l’imposta

FAMIGLIA E FISCO

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FAMIGLIA E FISCO

sulle successioni e donazioni sui tra-sferimenti di beni e diritti per causadi morte, per donazione o a titologratuito e sulla costituzione di vincolidi destinazione…”.

Come appare evidente, già ad unaprima lettura della norma in esame,il legislatore ha ampliato sensibil-mente l’alveo degli atti da sottoporread imposizione, tanto che appare piùappropriato discorrere in termini di“tributo sulle gratuità”12, piuttosto chedi imposta sulle successioni e sulledonazioni”. Per pura “memoria stori-ca”, infatti, è sufficiente ricordare chel’art. 1, comma 1, del D. Lgs. 31 otto-bre 1990, n. 346 prevedeva l’applica-zione del tributo “ai trasferimenti dibeni e di diritti per successione a cau-sa di morte ed ai trasferimenti di be-ni e diritti per donazione o altra libe-ralità tra vivi”13

La novella del 2006, tuttavia, haprevisto una franchigia fino ad unmilione di euro per quanto concernele devoluzioni (sia per atto inter vivossia mortis causa) a coniuge e parentiin linea retta.

Oltre tale valore, per questi sogget-ti, troverà applicazione una aliquotadel 4% (oltre alle imposte ipotecarie ecatastali, qualora oggetto del trasferi-mento sia un bene immobile, impo-ste che, è bene ricordarlo, troverannocomunque applicazione anche per gliimmobili di valore inferiore al milio-ne di euro). Per gli altri parenti fino al4° grado e degli affini in linea collate-rale fino al terzo grado, l’aliquota(senza la previsione di una franchi-gia) è del 6%. Tale aliquota è, poi,dell’8% per tutti gli altri soggetti.

E’, pertanto, evidente che la disci-plina introdotta con il collegato allafinanziaria potrebbe trovare, astratta-mente, applicazione con riguardo alleattribuzioni patrimoniali nell’ambitodei patti di famiglia eccedenti lemenzionate franchigie, posto che pa-re indiscutibile che l’atto di disposi-zione effettuato dall’imprenditore siaqualificabile come atto a titolo gratui-to.

Sotto il profilo civilistico, infatti, si èassistito in dottrina ad un vivo dibat-tito e l’opinione che è sembrata pre-valere è nel senso di qualificare i pattidi famiglia come liberalità dirette po-ste in essere dall’imprenditore (o, co-munque, dal “titolare” di partecipa-

zioni) a favore di un suo discendente,aventi ad oggetto un’azienda od unapartecipazione societaria, con uncontestuale obbligo di “attribuzione”di beni, volta al ripristino della quotadi legittima, incombente sui benefi-ciari della azienda e delle partecipa-zioni, a favore degli altri partecipantial patto di famiglia.

Secondo la dottrina maggioritaria,in particolare, i patti di famiglia pos-sono essere inquadrati, in via analo-gica, nello schema tipico della dona-zione modale, essendo previsto unmodus incombente sui beneficiaridel patto stesso.

E’ chiaro che la riconduzione dell’i-stituto nell’ambito applicativo del tri-buto sulle gratuità avrebbe compor-tato un evidente contrasto con la ra-tio sottesa al medesimo, ovvero la vo-lontà di agevolare il passaggio gene-razionale di attività produttive. Talefinalità emerge chiaramente nellapresentazione della proposta di leggen. 3870 dell’8 aprile 2003, laddove silegge che il fine della riforma è quellodi “garantire la dinamicità degli isti-tuti collegati all’attività d’impresa, as-sicurando la massima commerciabi-lità dei beni nei quali si traduce giuri-dicamente l’attività stessa” e, conte-stualmente, quello di “conciliare il di-ritto dei legittimari con l’esigenzadell’imprenditore che intende garan-tire alla propria azienda (o alla pro-pria partecipazione societaria) unasuccessione non aleatoria”.

Il legislatore, infatti, ha previstouna vera e propria esclusione dal tri-buto per le attribuzioni poste in esse-re nell’ambito di detto istituto. L’art. 1,comma 78, della Legge 27 dicembre2006 (Legge finanziaria 2007), n. 296,ha espressamente integrato l’art. 3del D. Lgs 346/1990, come segue: “Itrasferimenti, effettuati anche trami-te i patti di famiglia di cui agli articoli768-bis e seguenti del codice civilea favore dei discendenti, di aziendeo rami di esse, di quote sociali e diazioni non sono soggetti all’imposta.In caso di quote sociali e azioni disoggetti di cui all’articolo 73, comma1, lettera a), del testo unico delle im-poste sui redditi, di cui al decreto delPresidente della Repubblica 22 di-cembre 1986, n. 917, il beneficio spet-ta limitatamente alle partecipazionimediante le quali è acquisito o inte-

grato il controllo ai sensi dell’arti-colo 2359, primo comma, numero 1),del codice civile.

E’ appena il caso di osservare che illegislatore tributario ha implicita-mente confermato la natura liberaledell’istituto: infatti, è chiaro che se ipatti di famiglia fossero stati qualifi-cati in maniera diversa non si sareb-be resa neppure necessaria una ap-posita esclusione dal tributo.

Ben più incertezze sono ravvisabilicirca la tassazione della attribuzionepatrimoniale che i beneficiari dellaazienda o delle partecipazioni pongo-no in essere nei confronti degli altrilegittimari per “ripristinare” il dirittodi legittima. Come è noto, infatti, l’art.768 – quater del c.c. prevede, espres-samente, la liquidazione, a favore dei“non assegnatari” di una somma didanaro corrispondente al valore del-le loro quote di legittima, essendo, al-tresì, prevista la facoltà, per i con-traenti, di concordare che il paga-mento avvenga in natura.

Dalla riconduzione dei patti di fa-miglia nell’alveo delle donazioni mo-dali, occorre giungere alla conclusio-ne che anche il trasferimento tra i be-neficiari del patto e gli altri eredi siada qualificare come liberalità. E’, in-fatti, ragionevole ritenere che anchetale attribuzione patrimoniale confi-guri una liberalità posta in essere in-direttamente dall’imprenditore per iltramite di un proprio discendente.

Appare, pertanto, coretto afferma-re che se la liquidazione da parte del-l’assegnatario svolge la medesimafunzione che sarebbe garantita dallaattribuzione diretta da parte del di-sponente, la qualificazione tributariadelle due fattispecie non può esserediversa e, se, certamente, è liberalitàla seconda, la stessa natura deve ri-conoscersi alla prima. In particolare,potrà trovare applicazione il dispostocontenuto nell’art. 56, comma I, D.Lgs. 346/1990, “gli oneri da cui è gra-vata la donazione, che hanno per og-getto prestazioni a soggetti terzi de-terminati individualmente, si consi-derano donazioni a favore dei benefi-ciari”.

Talune incertezze potrebbero sor-gere qualora tra tali soggetti non vifosse una parentela in linea retta (sipensi, ad esempio, ai rapporti tra ifratelli). Potrebbe, infatti, ipotizzarsi

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che possa trovare applicazione l’ali-quota del 6% (ma tale tesi sembraassolutamente priva di fondatezza).Ciò non troverebbe una razionalegiustificazione sotto diversi aspetti:da un lato, sotto il profilo civilistico visarebbe una discriminazione tra sog-getti (ugualmente legittimari) i quali,in seguito ad una maggiore imposi-zione, vedrebbero ridotte le propriepretese successorie (in termini ridu-zione di quota di legittima), laddovela disciplina codicistica dei patti di fa-miglia è proprio volta al rispetto dellapar condicio tra gli eredi necessari;dall’altro, sotto quello tributario, po-sto che il rapporto donante - benefi-ciario sembra che debba essere ricer-cato unicamente tra l’imprenditorecedente l’azienda (o le partecipazio-ni) e gli altri soggetti che non hannoricevuto tali beni. In altre parole an-che le attribuzioni poste in essere daibeneficiari della azienda agli altri pa-renti dell’imprenditore “estromessi”dalla attribuzione effettuata con ilpatto di famiglia, non possono cheessere causalmente ricondotte a talepatto.

A conclusioni non dissimili si giun-gerebbe se si volessero qualificare leliquidazioni effettuate dai discenden-ti come atti a titolo gratuito ma noncome liberalità, posto che l’attualeimposta sulle donazioni, come giàosservato, per espressa volutas legis,trova applicazione anche su tali attiimplicanti un trasferimento di beni odiritti, a prescindere dalla causa libe-rale.

Del tutto speculare a tale proble-matica è quella della eventuale ri-nuncia alla liquidazione da parte deilegittimari. L’art. 768 – quater c.c. pre-vede, infatti, che l’obbligo di “liquida-re gli altri partecipanti al contratto”viene meno solamente nell’ipotesi incui questi ultimi rinuncino, in tuttood in parte, al conseguimento diquanto loro spettante in base al valo-re delle quote previste dagli artt. 536e ssgg. del codice civile. Il fatto che larinunzia integri i presupposti del tri-buto sulle successioni e sulle dona-zioni appare ormai un dato acquisitoe tale assunto ha trovato piena con-ferma anche nella prassi ministerialepiù recente14. Anche in tale ipotesi,simmetricamente, sembra che debbatrovare applicazione, nei confronti

dei legittimari, la norma di esclusioneprevista dal legislatore tributario.

Si può, altresì, giungere alle mede-sime conclusioni per quanto riguardale liquidazioni dei soggetti legittimariche non hanno partecipato alla sti-pulazione del patto. Infatti, tenutoconto che all’apertura della succes-sione potrebbero risultare altri legitti-mari non esistenti al momento dellaconclusione del contratto o che, co-munque, per varie ragioni, non vihanno preso parte, l’art. 768 – sexiesc.c. dispone che tali soggetti possonochiedere ai beneficiari del contrattostesso il pagamento di una sommacorrispondente alla rispettiva quotadi legittima, aumentata degli interes-si legali15. Esigenze sistematiche e dirazionalità portano, de plano, a rite-nere che anche tali somme debbanoessere ricondotte nel novero delle li-beralità e sfuggire ad imposizione. Equesto è tanto più vero se si pensache la norma è diretta a tutelare i le-gittimari “non partecipanti”16.

Occorre, infine, menzionare unatesi suggestiva di altra parte delladottrina, che prospetta la possibilitàdi riconoscere ai trasferimenti deiquali si discorre la natura giuridica diatti divisionali, tesi, ad onor del vero,non del tutto peregrina17. Se ciò fossevero dovrebbe trovare applicazionel’imposta di registro nella misuradell’1%, ai sensi dell’art. 3 della Tariffaallegata al D. P. R. 131/1986, previstaper gli atti dichiarativi aventi ad og-getto qualunque tipologia di beni.

2) Profili fiscali del trustE’ opportuno preliminarmente os-

servare che la tipologia di trust dellaquale ci si occuperà è esclusivamentequella dei trusts liberali i quali se, daun lato, sono istituiti, il più delle vol-te, per evidenti ragioni, in ambito fa-miliare, dall’altro, non necessaria-mente tutti i soggetti coinvolti nell’o-perazione sono legati da rapporti dparentela (si pensi, a titolo meramen-te esemplificativo, alle ipotesi in cuila carica di trustee, come sovente ac-cade, è ricoperta da un soggetto pro-fessionale, come una trust company).Da qui la problematica di capire se gliatti posti in essere dal disponente edal trustee possano essere soggetti altributo sulle gratuità, posto che puòaccadere che non trovino applicazio-

ne le suddette franchigie previste peri trasferimenti tra soggetti legati daun qualche grado di parentela.

Come è noto, semplificando aimassimi termini la fattispecie – nel-l’ambito dei trusts liberali il dispo-nente affida determinati beni al tru-stee affinché quest’ultimo, allo sca-dere di un determinato termine odalla morte del disponente, trasferiscai beni che formano il trust found adalcuni beneficiari preventivamenteindividuati (spesse volte famigliaridel disponente stesso) o da indivi-duare successivamente ad opera deltrustee (è l’ipotesi del cosiddetto trustdiscrezionale)18.

Pur con le tante incertezze che sisono presentante agli interpreti inmerito alla qualificazione civilisticadell’istituto, appare ormai pacifico,sia in dottrina19, sia nella giurispru-denza di merito che manchi nel di-sponente qualsiasi intento di libera-lità20 nei confronti del trustee inquanto quest’ultimo costituisce soloil mezzo per la realizzazione del pro-gramma voluto, che è quello di attri-buire un vantaggio patrimoniale aibeneficiari finali21.

Si ritiene, per contro, che possaravvisarsi l’intento di liberalità in fa-vore dei beneficiari al momento delcompimento dell’atto dispositivo allascadenza del trust e che il passaggiodal trustee ai beneficiari possa esseresuscettibile di imposizione tributaria.

Non si può che concordare con taleimpostazione. Se si ragionasse, alcontrario, in termini di donazione(nel qualificare l’atto di disposizionedal disponente al trustee), si incorre-rebbe in un errore concettuale enor-me: si porrebbero sullo stesso pianogli atti a titolo gratuito e gli atti libera-li.

Tale impostazione non è correttané sul piano civilistico - ove gli atti atitolo gratuito sono definiti, sostan-zialmente, per contrapposizione congli atti a titolo oneroso, (dai negozi atitolo gratuito esula il concetto diqualsiasi corrispettività, equivalenzao proporzione fra le prestazioni, inquanto si tratta di una prestazioneunica ed a carico di una sola parte),difettando, rispetto agli atti liberali,del requisito dell’animus donandi, (aprescindere dalle formalità necessa-rie per la forma dell’atto di donazio-

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ne) né sul piano tri-butario. Infatti, se, daun lato, il legislatoretributario ha previ-sto una serie di atti atitolo gratuito (perfare un esempio, sipensi alle destina-zioni di beni a fina-lità extraimprendito-riali) ma estranei al-l’alveo del contrattodi donazione, dall’al-tro, la donazione, dalpunto di vista impo-sitivo, richiede lapresenza di un re-quisito ulteriore, ov-vero il definitivo ar-ricchimento del do-natario, espressione di una capacitàcontributiva attuale ed effettiva22. E’,al contrario, del tutto pacifico che iltrustee non ottenga alcun incremen-to del proprio patrimonio posto che ibeni che costituiscono il trust foundrimangono del tutto separati dal re-stante patrimonio del medesimo e“destinati” allo scopo individuato nel-l’atto istitutivo di trust.

Si può ragionevolmente affermareche, nel caso in cui sia palese la vo-lontà di arricchire il trustee sia daescludere a priori che il disponentevoglia porre in essere un trust e ci sidebba In altri termini, nelle ipotesi didefinitivo arricchimento del trusteenon si pone il problema della impo-nibilità o meno della attribuzione, po-sto che tale circostanza collide irri-mediabilmente con “l’essenza” stessadel trust (cioè la separazione dei benidal restante patrimonio del trustee,espressione della cosiddetta “pro-prietà affidamento”) e si dovrà inda-gare circa la causa sottostante alle at-tribuzioni patrimoniali. La causa deltrust, infatti, consiste proprio nella“segregazione”. Attraverso la segrega-zione è possibile perseguire il duplicescopo, da un lato, di isolare un certocomplesso di beni dal restante patri-monio del proprietario, dall’altro, digarantire la pienezza dei poteri di di-sposizione23.

Diverso è ravvisare i connotati del-le liberalità nel rapporto tra dispo-nente e beneficiari. Nel caso dei tru-sts liberali con i beneficiari già indivi-duati dal disponente, infatti, occorre

valorizzare il rapporto tra il dispo-nente ed i beneficiari ed è possibileconsiderare l’intero istituto quale unadonazione indiretta

La dottrina ha, in larghissima par-te, aderito a tale impostazione ed,adottando una impostazione “unita-ria” dell’intero complesso negoziale,ha ritenuto di poter qualificare il tru-st alla stregua di una liberalità postain essere dal disponente nei confron-ti dei beneficiari finali24.

E’ chiaro che tali considerazioni de-vono essere lette alla luce della nuo-va imposta sulle successioni e sulledonazioni, e, più in particolare, dellaapplicabilità di detta imposta ai tra-sferimenti di beni e diritti a titolo gra-tuito e sulla costituzione di vincoli didestinazione. In base ad una superfi-ciale interpretazione della novella, sipotrebbe giungere alla conclusioneche il trasferimento dei beni dal di-sponente al trustee possa scontarel’imposta sulle donazioni, in quantovincolo di destinazione posto sui be-ni “conferiti” in trust oppure in ragio-ne della gratuità del medesimo.

Ciò non appare, tuttavia, condivisi-bile alla luce delle considerazioni cheprecederono.

In primo luogo, sembra potersiescludere che l’imposta sia applicabi-le in ragione della gratuità dell’attodisponente - trustee, ciò in quanto se,da un lato, è vero che la norma men-ziona espressamente gli “atti a titologratuito”, dall’altro, per non giungerea conclusioni che si pongono in con-trasto con il principio della capacità

contributiva, è ne-cessario che tali attiimportino un arric-chimento del bene-ficiario. Posto che,come già ampia-mente evidenziato,il trustee non ottie-ne alcun tipo di in-cremento in relazio-ne al proprio patri-monio, l’impostanon sembra potertrovare applicazio-ne.

Di maggiore com-plessità il profilodella “costituzionedi vincoli di destina-zione”. Se si adotta

una impostazione “unitaria” dell’isti-tuto - unitaria nel senso di qualificarel’intero schema negoziale come unadonazione indiretta - non sembrapossibile, neppure con riferimento ai“vincoli di destinazione”, l’applicazio-ne del tributo sulle successione altrasferimento dei beni disponente -trustee. Tale impostazione “unitaria”era stata recepita anche da uno Stu-dio della Direzione Regionale dellaEmilia Romagna del 2001. In altri ter-mini, l’atto che realizzerà il risultatoeconomico perseguito dal disponente(e non la causa del trust che rimane,comunque, la segregazione di un de-terminato bene o diritto), sarà sem-pre la attribuzione dal trustee ai be-neficiari.

Se ciò è vero, sembra potersi con-cludere nel senso della applicabilitàdella imposta di registro in misurafissa all’atto di istituzione del trusted, eventualmente, valorizzando ilrapporto di parentela tra disponentee beneficiari, della imposta sulle do-nazioni nel momento del successivotrasferimento dei beni dal trustee aquesti ultimi. Se si ragionasse altri-menti ci si troverebbe innanzi ad unaipotesi di doppia imposizione sul me-desimo patrimonio, ovvero, sul me-desimo atto di attribuzione patrimo-niale.

3) Profili fiscali delle società fiduciarieOccorre, preliminarmente, porre in

evidenza che le considerazioni cheseguono sono limitate, esclusiva-mente, alle società fiduciarie, discipli-

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nate espressamente dalla Legge 23novembre 1939, n. 1966, il cui art. 1 ledefinisce come “quelle che, comun-que denominate, si propongono, sot-to forma di impresa, di assumerel’amministrazione dei beni per contodi terzi, l’organizzazione e la revisio-ne contabile di aziende e la rappre-sentanza dei portatori di azioni e diobbligazioni”25.

Occorre, preliminarmente, una di-stinzione - per quanto concerne l’og-getto dell’intestazione fiduciaria - tratitoli, partecipazioni e, comunque, be-ni mobili e beni immobili.

Premesso che nelle ipotesi in cui ilfiduciario sia una società fiduciaria,pare ormai compatibile con il nostroordinamento, alla luce della normati-va attualmente in vigore, lo schemadella fiducia di tipo germanico, inquanto la società fiduciaria, per defi-nizione, amministra beni non propri,nello specifico settore dei valori mo-biliari, è la legge stessa ad escludereche la società fiduciaria diventi effet-tiva proprietaria dei titoli che il fidu-ciante le affida in amministrazione e,pertanto, non sembrano porsi parti-colari problemi di natura tributaria:l’atto di intestazione fiduciaria saràcertamente soggetto ad imposta diregistro in misura fissa.. A titoloesemplificativo l’art. 1 del R. D. 29marzo 1942 n. 239 stabilisce che “lesocietà fiduciarie che abbiano inte-stato a proprio nome titoli azionariappartenenti a terzi sono tenute a di-chiarare le generalità degli effettiviproprietari dei titoli stessi”, laddovel’art. 9, comma I, della Legge 29 di-cembre 1962 n. 1745 prevede una se-rie di obblighi di comunicazione in-combenti sulle fiduciarie in relazioneai “nomi degli effettivi proprietari del-le azioni ad esse intestate ed appar-tenenti a terzi.26

Ciò appare coerente con quantostatuito costantemente dalla Supre-ma Corte la quale ha statuito chenella società fiduciaria, i fiducianti ...vanno identificati come gli effettiviproprietari dei beni da loro affidati al-la società ed a questa strumental-mente intestati”27. In senso conforme,i giudici di legittimità hanno ulterior-mente precisato che, “istituzional-mente, anche nei confronti dei terzi,le società fiduciarie non sono pro-prietarie dei titoli azionari loro affida-

ti in gestione; ciò in virtù della disci-plina legislativa che le regola. Nonentrando i titoli azionari a far partedel patrimonio della società fiducia-ria (tanto da non essere aggredibili daparte dei creditori della stessa), la loroproprietà non può che appartenereeffettivamente al fiduciante, spettan-do, alla società fiduciaria, soltanto lalegittimazione ad esercitare i diritticonnessi alla partecipazione societa-ria”28.

Non è altrettanto agevole la solu-zione per i beni immobili, per i qualiuna costruzione siffatta si scontra,inevitabilmente con l’attuale sistemadi pubblicità immobiliare.

In particolare, l’Agenzia delle en-trate29 è stata chiamata a pronunciar-si sul trattamento fiscale, ai fini del-l’imposta di registro, dell’intestazionefiduciaria di un immobile ad una so-cietà autorizzata a svolgere l’attivitàpropria di società fiduciaria, discipli-nata dalla legge 23 novembre 1939, n.1966.

L’amministrazione ha ritenuto cheil trasferimento di beni a società fidu-ciarie comporti il trasferimento sol-tanto dei poteri di amministrazione egestione dell’immobile e non dellaproprietà degli stessi, ragione per cuil’operazione è riconducibile al man-dato a titolo oneroso senza rappre-sentanza, soggetto a registrazione intermine fisso e ad imposta di registronella misura del 3%, ai sensi dell’art.9 tariffa, parte prima, allegata al D.P.R.26 aprile 1986, n. 131, da applicarsi sulcorrispettivo pattuito per il mandato.Ha, altresì, precisato l’Agenzia che“l’intestazione dell’immobile, così co-me il suo ritrasferimento costituisco-no cessione di beni senza alcun corri-spettivo, che non comportano trasfe-rimento di diritti reali” ed anche che“con dette cessioni... si adempionospecifiche obbligazioni, derivanti daquella principale e assunte in sede dicontratto e, in particolare, la restitu-zione del bene è conseguenza dell’e-sercizio del diritto di recesso conve-nuto tra le parti”. Di tenore analogouna successiva risposta ad interpellodella Direzione Regionale dell’EmiliaRomagna30.

L’amministrazione, in particolare,ha ritenuto che l’intestazione fiducia-ria di un immobile sia il risultato del-la combinazione di due negozi: “uno

con effetti reali, che determina il tra-sferimento di proprietà fiduciaria sulbene dal fiduciante al fiduciario, chene diventa proprietario, seppure soloformalmente, l’altro con effetti obbli-gatori, tipicizzabili nei caratteri di unmandato senza rappresentanza concorrispettivo. Si avrebbe così una“cessione di proprietà formale senzacorrispettivo dal fiduciante al fiducia-rio”, “un sottostante contratto dimandato a titolo oneroso e” “una se-conda cessione senza corrispettivo inrestituzione della proprietà formaledel bene dal fiduciario al fiduciante”.

Tuttavia, se, apparentemente, taleimpostazione sembra condivisibile,ad una attenta analisi si può giunge-re ad una soluzione opposta, ovveroche non sia soggetto a tassazioneneppure il mandato fiduciario.

Sembra, infatti, che l’Agenzia delleEntrate sia incorsa in una “svista”macroscopica posto che, come appa-re evidente, le commissioni percepitedalla società fiduciaria, in virtù delmandato stesso, sono soggette al-l’imposta sul valore aggiunto e, per-tanto, alla luce del principio di alter-natività tra l’Iva e l’imposta di regi-stro, non devono essere soggette atassazione.

ConclusioniLe brevi considerazioni che prece-

dono mostrano, chiaramente, che leproblematiche tributarie relative al“passaggio generazionale della ric-chezza” sono ben lungi dal trovareuna definitiva soluzione e che lamancanza di una disciplina fiscale diriferimento complica, sensibilmente,il “lavoro”dell’interprete.

Autorevole dottrina, circa un de-cennio addietro, già poneva in evi-denza le problematiche in questionesottolineando che “la legislazione tri-butaria italiana non regola con nor-me specifiche il passaggio generazio-nale delle imprese ed anzi non si oc-cupa in modo particolare del proble-ma: il trasferimento dell’impresa, siaessa individuale o societaria, è consi-derato sostanzialmente alla streguadi tutti gli altri trasferimenti di ric-chezza… Occorre perciò inquadrare inostri problemi nel contesto dei prin-cipi generali in materia”31. E’ di tutta

(SEGUE A PAG. 39)

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 27

DOSSIER

Il sistema pensionistico pubblico

La situazione deficitaria dei conti pubblici e l’invecchiamento della popolazione hanno da tempo messo in crisi il sistema pensionisticopubblico.Il 28 luglio 2004 veniva approvata la legge delega sulla riforma dellepensioni.Poi la legge 252/2005 ha avviato la riforma della previdenzacomplementare i cui effetti sono stati poi anticipati al 1° gennaio2007 dalla finanziaria 2007 (legge 296/2006).In questo dossier esaminiamo qual è la situazione attuale delsistema pensionistico pubblico.

1. La pensione di anzianità

2. La pensione di inabilità

3. La pensione di invalidità

4. La pensione di vecchiaia

5. La pensione ai superstiti

6. Il trattamento minimo pensionistico

7. La pensione supplementare

8. L’assegno sociale (l’ex pensione sociale)

9. La pensione agli invalidi civili

10. La riforma delle pensioni del 2004

11. La previdenza complementare

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DOSSIER

1. La pensione di anzianitàSi può ottenere prima di aver compiuto l’età prevista perla pensione di vecchiaia.È necessario però aver maturato i seguenti requisiti:

35 anni di contributi e 57 anni di età per i lavoratoridipendenti;35 anni di contributi e 58 anni di età per i lavoratoriautonomi (artigiani, commercianti e coltivatori diretti).

Si può prescindere dall’età, se si ha una maggiore anzia-nità contributiva.In tal caso servono:almeno 39 anni di contributi per i lavoratori dipendenti;almeno 40 anni di contributi per i lavoratori autonomi.

Il requisito della maggiore anzianità contributiva saliràgradualmente, fino ad arrivare a 40 anni nel 2008, ancheper i lavoratori dipendenti.

Per avere la pensione di anzianità i lavoratori dipendentidevono dimettersi dal lavoro.Gli autonomi possono invece continuare la loro attività,senza obbligo di cancellazione dagli elenchi di categoria.La recente legge di riforma del sistema previdenziale haintrodotto l’incentivo al posticipo della pensione, un par-ticolare beneficio per i lavoratori del settore privato chehanno maturato o matureranno il diritto alla pensione dianzianità entro il 31 dicembre 2007, ma decidono di con-tinuare a lavorare.Coloro che scelgono di rimanere al lavoro possono rinun-ciare all’accredito dei contributi ottenendo un aumentoesentasse in busta paga pari alla contribuzione previden-ziale.

I requisiti sono indicati nella tabella seguente

Lavoratori dipendenti, operai Lavoratori autonomie precoci

57 anni di età e 35 di contributi 58 anni di età e 35 di contributi

Lavoratori dipendenti, operai Lavoratori autonomie precoci

2006 39 40 anni di contributi2008 40

Una volta in possesso dei requisiti occorre attendere la“finestra d’uscita” che fissa la decorrenza della pensione.Per i lavoratori dipendenti “le finestre” sono indicate nel-

la tabella che segue:

Se i requisiti sono raggiunti entro il la prima finestra utile è quella del

1° trimestre dell’anno 1° luglio dello stesso anno2° trimestre dell’anno 1° ottobre dello stesso anno3° trimestre dell’anno 1° gennaio dell’anno successivo4° trimestre dell’anno 1° aprile dell’anno successivo

Mentre per i lavoratori autonomi “le finestre” utili sono:

Se i requisiti sono raggiunti entro il la prima finestra utile è quella del

1° trimestre dell’anno 1° ottobre dello stesso anno2° trimestre dell’anno 1° gennaio dell’anno successivo3° trimestre dell’anno 1° aprile dell’anno successivo4° trimestre dell’anno 1° luglio dell’anno successivo

La pensione decorre dall’apertura della finestra purché ladomanda sia stata presentata prima di quella data.In caso contrario, decorre dal primo giorno del mese suc-cessivo alla presentazione della domanda.

A) La pensione di anzianità per i lavoratori dipendenti

La pensione di anzianità si può ottenere prima di avercompiuto l’età pensionabile. Attualmente i requisiti ri-chiesti per la pensione di anzianità sono 35 anni di con-tributi e 57 anni di età. Se non si sono ancora raggiunti i57 anni di età, si può comunque ottenere la pensione dianzianità se si possono far valere 39 anni di contribuzio-ne. Anche per ottenere la pensione di anzianità è neces-sario aver cessato l’attività lavorativa.

I requisiti sono i seguenti:

Pensione di anzianità con 35 anni di contributi e 57 anni di etàNel conteggio dei 35 anni di contributi (1820 contributi settimanali) nonsono considerati i contributi figurativi per malattia e disoccupazione(tranne pochi casi). Dal 1° gennaio 2001 sono considerati validi i contributifigurativi per il trattamento speciale di disoccupazione per l’edilizia.

Pensione di anzianità con 39 anni di contributi a qualunque etàNel 2006 un lavoratore con almeno 39 anni di contributi può ottenere lapensione di anzianità indipendentemente dall’età.

Come varia negli anni il requisito dell’età per i lavoratori precoci e glioperai con 35 anni di contributi

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007anni di età 54 54 55 55 56 56 57 57

Come varia negli anni il requisito dell’età per i lavoratori dipendenti con 35anni di contributi

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007anni di età 55 56 57 57 57 57 57 57

Incremento del requisito dell’anzianità contributiva per i lavoratoridipendenti

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007anni di contributi 54 54 55 55 56 56 57 57

Non basta avere maturato i requisiti contributivi ed ana-grafici per poter ottenere la pensione di anzianità.La legge 335 del 1995 ha introdotto le cosiddette “finestred’uscita” fissando le decorrenze per il pensionamento.Dal 2000 in poi

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 29

DOSSIER

Se i requisiti sono raggiunti entro il la prima finestra utile è quella del

1° trimestre dell’anno luglio dello stesso anno2° trimestre dell’anno ottobre dello stesso anno3° trimestre dell’anno gennaio dell’anno successivo4° trimestre dell’anno aprile dell’anno successivo

Date di pensionamento per la generalità dei lavoratori di-pendenti secondo la legge n.449 del 1997

Data entro la quale Requisiti richiesti Decorrenza della maturano i requisiti pensione30.09.2005 contributi: 35 anni 01.01.2006

età: 57 anni oppure contributi: 38 anni

31.12.2005 contributi: 35 anni 01.04.2006 età: 57 anni oppure contributi: 38 anni

31.03.2006 contributi: 35 anni 01.07.2006 età: 57 anni oppure contributi: 39 anni

30.06.2006 contributi: 35 anni 01.10.2006 età: 57 anni oppure contributi: 39 anni

30.09.2006 contributi: 35 anni 01.01.2007 età: 57 anni oppure contributi: 39 anni

31.12.2006 contributi: 35 anni 01.04.2007 età: 57 anni oppure contributi: 39 anni

L’incentivo al pensionamento posticipato

Che cos’è il bonus La legge di riforma del sistema previdenziale introduceun particolare beneficio (cosiddetto bonus) per i lavorato-ri dipendenti del settore privato che hanno maturato omatureranno il diritto alla pensione di anzianità fino al31 dicembre 2007, ma decidono di continuare a lavorare.Con il bonus, coloro che scelgono di rimanere al lavororinunciano all’accredito dei contributi ottenendo un au-mento esentasse in busta paga pari alla contribuzioneprevidenziale, che è del 32,7% dello stipendio lordo perquasi tutti i lavoratori (l’incremento sale al 33,7% sulla fa-scia di retribuzione annua che eccede i 39.297 euro).

Quali requisiti per ottenerloIl bonus è diretto a chi ha maturato o raggiungerà i requi-siti per la pensione di anzianità.Nel 2007, per la pensione sono necessari 35 anni di con-tributi e almeno 57 anni di età. In alternativa, si può an-dare in pensione con 39 anni di contribuzione indipen-dentemente dall’età.

In particolareLavoratori precoci Nel 2007 anche gli operai e i cosiddetti “precoci”, colorocioè che possono vantare almeno un anno di contribu-zione derivante da attività lavorativa prima del compi-mento del 19° anno di età, potranno andare in pensione

con gli stessi requisiti previsti per la generalità dei lavora-tori dipendenti.Gestioni particolariIl diritto al bonus, per i lavoratori che fanno parte di parti-colari gestioni (ad esempio: iscritti al fondo volo) per iquali il diritto alla pensione di anzianità si raggiunge conrequisiti ridotti, scatta solo nel momento in cui si raggiun-gono i requisiti previsti per la generalità dei lavoratori.Lavoratori con contribuzione mista I lavoratori dipendenti del settore privato che raggiungo-no i requisiti per la pensione di anzianità cumulandocontributi da lavoro autonomo, possono chiedere il bo-nus con 58 anni di età e 35 anni di contributi oppure con40 anni di contributi a prescindere dall’età (ossia con i re-quisiti richiesti per lavoratori autonomi).Lavoro all’esteroIl diritto al bonus si può raggiungere totalizzando i con-tributi italiani con quelli maturati all’estero in Paesi con-venzionati con l’Italia (per esempio: 10 anni di lavorosvolto in Italia + 25 anni di lavoro svolto in Argentinadanno diritto al bonus).

Non hanno diritto al bonusI lavoratori dipendenti di: • Stato (comprese le scuole e le istituzioni educative); • Aziende ed Amministrazioni dello Stato ad ordinamen-to autonomo; • Province, Regioni, Comuni, comunità montane; • Università; • Istituti autonomi case popolari; • Camere di commercio, industria, artigianato e agricol-tura; • Enti pubblici non economici; • Asl, Aran e Agenzie fiscali; • Autorità indipendenti (Consob, Isvap, Autorità del ga-rante della concorrenza e del mercato ecc.); • Banca d’Italia e Ufficio italiano cambi.Il bonus non spetta ai lavoratori iscritti ai fondi esclusividell’assicurazione generale obbligatoria (per esempio:Inpdap, Ipost).Il bonus, inoltre, non spetta a coloro che hanno compiutol’età prevista per la pensione di vecchiaia (65 anni per gliuomini e 60 anni per le donne).

Come fare per ottenerloChi decide di usufruire del bonus si può recare alla piùvicina sede Inps, dove può ritirare e compilare il moduloper la richiesta.Successivamente l’Inps invierà a casa del lavoratore l’e-stratto contributivo, la certificazione del diritto alla pen-sione ed il calcolo indicativo della pensione stessa.Il lavoratore dovrà comunicare l’intenzione di rimanereal lavoro sia agli uffici dell’Inps sia al datore di lavoro, chericeverà dall’Istituto l’attestazione che il lavoratore pos-siede i requisiti per ottenere l’incentivo.

Il diritto al bonus, ossia a percepire i contributi in bustapaga, decorre:• dal mese successivo a quello di ricezione della richie-sta, se questa è contestuale o successiva all’apertura del-la finestra di accesso; • dal mese di apertura della finestra se la domanda vienericevuta entro la fine del mese precedente quello di aper-

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tura della finestra stessa.La pensione dopo il bonusL’importo della pensione che spetterà dopo aver usufruitodel bonus sarà “cristallizzato” cioè calcolato al momentodella decorrenza dell’incentivo (sulla base dei contributiversati fino a quella data) e maggiorato degli aumenti delcosto della vita che sono intervenuti nel frattempo.Dal mese di gennaio 2008, i lavoratori che hanno usufrui-to del bonus potranno continuare a lavorare senza anda-re in pensione. I contributi versati o accreditati, da questomomento in poi, daranno diritto alla liquidazione di unsupplemento di pensione.

B) La pensione di anzianità per ilavoratori autonomi

La pensione di anzianità per artigiani, commercianti, col-tivatori diretti, coloni e mezzadri, si può ottenere primadi aver compiuto l’età pensionabile. Attualmente i requi-siti richiesti per la pensione di anzianità sono 35 anni dicontributi e 58 anni di età.Se non si sono ancora raggiun-ti i 58 anni di età, si può comunque ottenere la pensionedi anzianità se si possono far valere 40 anni di contribu-zione.I lavoratori autonomi possono continuare a svolge-re attività lavorativa non subordinata.I REQUISITI

Pensione di anzianità con 35 anni di contributi e 58 anni di etàPer il raggiungimento del requisito di 35 anni di contributi (equivalenti a1820 contributi settimanali) non vengono presi in considerazione icontributi figurativi per malattia e disoccupazione eventualmente acquisitiper lo svolgimento di lavoro dipendente (tranne quelli per il trattamentospeciale di disoccupazione agricola e pochi altri casi).

Pensione di anzianità con 40 anni di contributi a qualunque età Un lavoratore che può far valere almeno 40 anni di contributi può ottenerela pensione di anzianità indipendentemente dall’età. In questo caso sitiene conto di tutta la contribuzione accreditata.

Non basta avere maturato i requisiti contributivi ed anagrafici perpoter ottenere la pensione di anzianità. La legge 335 del 1995 ha in-trodotto le cosiddette “finestre d’uscita” fissando le decorrenze per ilpensionamento.Decorrenza della pensione di anzianità per i lavoratori autonomi inbase alla data del perfezionamento dei requisiti

Se i requisiti sono raggiunti entro il la prima finestra utile è quella del

1° trimestre dell’anno 1° ottobre dello stesso anno2° trimestre dell’anno 1° gennaio dell’anno successivo3° trimestre dell’anno 1° aprile dell’anno successivo4° trimestre dell’anno 1° luglio dell’anno successivo

2. La pensione di inabilitàE’ una pensione che spetta ai lavoratori dipendenti o au-tonomi affetti da un’infermità fisica o mentale.Si può ottenere quando si verificano le seguenti condi-zioni:- un’infermità fisica o mentale, accertata dal medico del-l’INPS, che provochi una assoluta e permanente impossi-bilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa;- un’anzianità contributiva di almeno cinque anni, di cuitre versati nei cinque anni precedenti la domanda dipensione.

Per ottenere la pensione di inabilità non si deve svolgerealcuna attività lavorativa.

La pensione di inabilità non è definitiva, può essere sog-getta a revisione e non viene trasformata in pensione divecchiaia.Nel calcolare l’importo, alle settimane di contribuzionematurate, viene aggiunto un bonus che copre il periodomancante dalla decorrenza della pensione fino al rag-giungimento di 55 di età anni per le donne e di 60 per gliuomini.Il bonus, tuttavia, non deve far superare complessiva-mente i 40 anni di anzianità contributiva.Per coloro che, al 31 dicembre 1995, avevano un’anzianitàinferiore ai 18 anni, il bonus è calcolato con il sistemacontributivo, come se il lavoratore inabile avesse l’etàpensionabile di 60 anni, indipendentemente dal sesso edalla gestione di appartenenza.

L’importo della pensione di inabilità viene calcolato ag-giungendo all’anzianità contributiva maturata un “bonuscontributivo” corrispondente al periodo che manca perarrivare al compimento dell’età pensionabile che per gliinabili è di 55 anni se donne e 60 se uomini. Il “bonuscontributivo” non può comunque far superare i 40 annidi anzianità contributiva.Per le pensioni di inabilità, i cui titolari avevano al 31 di-cembre 1995 un’anzianità inferiore ai 18 anni, il “bonus”è calcolato con il sistema contributivo, come se il lavora-tore inabile avesse già raggiunto l’età pensionabile di 60anni, indipendentemente dal sesso e dalla gestione nellaquale gli sono stati accreditati i contributi.

Dal 1° settembre 1995 la pensione di inabilità non puòessere cumulata con la rendita Inail dovuta a infortuniosul lavoro o a malattia professionale, riconosciuta per lastessa causa.In ogni caso, se la rendita Inail è di importo inferiore allapensione Inps, il titolare riceve in pagamento dall’Inps ladifferenza tra le due prestazioni.Le pensioni con decorrenza anteriore al 1° settembre1995 continuano ad essere pagate integralmente ma adesse non vengono applicati i successivi aumenti (“cristal-lizzazione”) fino al riassorbimento del maggior importopagato.

L’ASSEGNO PER L’ASSISTENZA PERSONALE ECONTINUATIVAI pensionati di inabilità possono chiedere l’assegno perl’assistenza personale e continuativa, se si trovano nel-l’impossibilità di camminare senza l’aiuto permanente diun accompagnatore oppure hanno bisogno di assistenzacontinua in quanto non sono in grado di condurre da solila vita quotidiana.L’assegno di assistenza viene concesso su domanda del-l’interessato e può essere chiesto insieme alla pensionedi inabilità. L’assegno per l’assistenza cessa di essere cor-risposto alla morte del titolare di pensione di inabilità.Decorre dal primo giorno del mese successivo alla datadi presentazione della domanda o dal primo giorno delmese successivo alla data di perfezionamento dei requi-siti.Dal 1° luglio 2005 l’assegno di assistenza è pari a 415,13euro mensili.L’assegno non spetta:

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- durante i periodi di ricovero in istituti di cura o di assi-stenza a carico della pubblica amministrazione; - nei periodi di ricovero in istituti di cura o di assistenzaprivati, quando la spesa è a carico della pubblica ammi-nistrazione.L’assegno è incompatibile:con l’assegno mensile corrisposto dall’Inail agli invalidiper l’assistenza personale e continuativa.

L’assegno è ridotto:per coloro che ricevono analoga prestazione da un altroente previdenziale. In questo caso l’Inps corrisponde ladifferenza tra le due prestazioni.

3. La pensione di invaliditàE’ un assegno che spetta ai lavoratori dipendenti e auto-nomi affetti da un’infermità fisica o mentale.

Si può ottenere quando si verificano le seguenti condi-zioni:- l’infermità fisica o mentale, accertata dal medico del-l’INPS, che provochi una riduzione permanente di dueterzi della capacità di lavoro, in occupazioni confacentialle attitudini del lavoratore; - un’anzianità contributiva di almeno cinque anni, di cuialmeno tre versati nei cinque anni precedenti la doman-da di pensione;- l’assicurazione presso l’Inps da almeno cinque anni.

L’assegno ordinario di invalidità non è una pensione defi-nitiva: vale infatti fino ad un massimo di tre anni ed èrinnovabile su domanda del beneficiario, che viene quin-di sottoposto ad una nuova visita medico-legale. Dopodue conferme consecutive l’assegno diventa definitivo.L’assegno ordinario di invalidità viene concesso anche sesi continua a lavorare. In questo caso il titolare ogni annoviene sottoposto a visita medico-legale.Al compimento dell’età pensionabile l’assegno viene tra-sformato in pensione di vecchiaia.

INTEGRAZIONE AL MINIMONel caso in cui l’assegno risulti di importo molto mode-sto e l’interessato percepisca bassi redditi, l’importo dellapensione può essere aumentato di una cifra non superio-re all’assegno sociale (389,36 euro per il 2007). L’assegnonon può comunque superare l’importo del trattamentominimo (436,14 euro nel 2007).

I limiti di reddito annui entro i quali è possibile ottenerele integrazioni sono i seguenti:

Integrazione al minimo

Anno Pensionato solo Pensionato coniugato

2006 € 9.924,72 € 14.887,08 2007 € 10.123,36 € 15.185,04

TRASFORMAZIONE DELL’ASSEGNOAl compimento dell’età pensionabile l’assegno si trasfor-ma automaticamente in pensione di vecchiaia, purchél’interessato abbia cessato l’attività di lavoro dipendentee possegga i requisiti contributivi previsti per la pensione

di vecchiaia: 20 anni di contribuzione, 65 anni di età seuomo e 60 anni se donna. Il periodo in cui l’invalido habeneficiato dell’assegno e non ha contributi da lavoro,viene considerato utile per raggiungere il diritto alla pen-sione di vecchiaia.

4. La pensione di vecchiaia Si ottiene quando si verificano tre condizioni essenziali: - età- contribuzione minima - cessazione del rapporto di lavoro

Il terzo requisito non è richiesto per i lavoratori autono-mi, i quali possono chiedere la pensione e continuare laloro attività.Gli altri due variano a seconda che il sistema di calcolosia retributivo o contributivo.

A) SISTEMA DI CALCOLO CONTRIBUTIVO

Con il sistema di calcolo, attualmente in vigore, legato al-la totalità dei contributi versati, rivalutati in base all’an-damento del prodotto interno lordo.

ETA’: variabile da 57 a 65 anni, sia per gli uomini che perle donne.Prima dei 65 anni la pensione si ottiene a condizione cherisulti superiore del 20% all’importo dell’assegno sociale.

CONTRIBUTI: Sono richiesti almeno 5 anni di contribu-zione legati ad una effettiva attività lavorativa.

Lavoratrici madriLe lavoratrici madri - che hanno diritto alla pensione conil sistema contributivo - possono andare in pensione pri-ma aggiungendo alla loro età 4 mesi per ciascun figlio fi-no ad un massimo di 12 mesi. In alternativa possono op-tare per un calcolo più favorevole della pensione grazie

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all’applicazione di un coefficiente di trasformazionemaggiore (si tratta di una percentuale, stabilita dalla leg-ge in relazione all’età del lavoratore, necessaria per calco-lare l’importo della pensione annua).

Lavori usurantiLa legge prevede che coloro che svolgono lavori usurantipossono andare in pensione prima, rispetto ai limiti dietà stabiliti per la generalità dei lavoratori, in relazioneallo svolgimento e alla durata dell’attività (attualmente siè in attesa del decreto di attuazione della legge 335/1995).

B) SISTEMA DI CALCOLO RETRIBUTIVO

È il sistema di calcolo legato alle retribuzioni degli ultimianni di attività lavorativa (10 anni per i lavoratori dipen-denti e 15 per i lavoratori autonomi). E’ ancora valido perchi al 31 dicembre 1995 aveva almeno 18 anni di contri-buzione.ETA’: Si va in pensione a: - 65 anni per gli uomini; - 60 perle donneGli invalidi all’80% e i lavoratori non vedenti possono an-dare in pensione di vecchiaia a 60 anni se uomini e a 55se donne.CONTRIBUTI: Sono richiesti almeno 20 anni di contribu-zione comunque accreditata (da attività lavorativa, da ri-scatto, figurativa ecc.).Bastano 15 anni di contributi per quei lavoratori che al 31dicembre 1992 avevano già tale anzianità ovvero avevanogià compiuto l’età pensionabile prevista all’epoca (55 an-ni per le donne e 60 per gli uomini) ovvero erano stati au-torizzati ai versamenti volontari.

Le donne possono rimandare il momento del pensiona-mento sino al compimento del 65° anno di età.Le lavora-trici che continuano a lavorare dopo i 60 anni hanno di-ritto ad un aumento della percentuale di rendimentodella pensione, pari a mezzo punto per ogni anno lavora-to fino al compimento dei 65 anni. Da ricordare che gliincrementi dei punti percentuali sono attribuibili solo fi-no al raggiungimento dei 40 anni di contributi.La lavoratrice che volesse proseguire l’attività lavorativa,dopo il raggiungimento dell’età pensionabile, deve: Se ha già 40 anni di contributi,comunicare l’intenzione di proseguire l’attività lavorativaalla propria azienda e all’Inps almeno 6 mesi prima delcompimento dell’età pensionabile e non deve essere giàtitolare di pensione di vecchiaia.Se non ha ancora 40 anni di contributi,comunicare l’intenzione di proseguire l’attività lavorativasolo alla propria azienda almeno 6 mesi prima del com-pimento dell’età pensionabile e non deve essere già tito-lare di pensione di vecchiaia né deve aver presentato do-manda di pensionamento.

C) CON IL SISTEMA MISTO

Per coloro che al 31 dicembre 1995 avevano un’anzianitàcontributiva inferiore ai 18 anni si applica il sistema mi-sto: l’importo della pensione viene calcolato sulla basesia del sistema contributivo sia di quello retributivo.La legge di riforma del 1995 ha previsto una situazionetransitoria, durante la quale i due diversi sistemi di calco-lo convivono.

Il sistema contributivo vale solo per chi è stato assuntodopo il 31 dicembre 1995.Per coloro che risultano assicurati prima di tale data eavevano un’anzianità contributiva, al 31 dicembre 1995,inferiore ai 18 anni, la pensione di vecchiaia si calcolacon i due sistemi: • per i periodi fino al 31 dicembre 1995 con il calcolo re-tributivo; • per i periodi dal 1° gennaio 1996 con il calcolo contribu-tivo.

LA PENSIONE DI VECCHIAIA AI LAVORATORIAUTONOMI

La pensione di vecchiaia si consegue quando si raggiun-gono i requisiti di età, che attualmente sono di 65 anniper gli uomini e 60 per le donne, e i requisiti contributividi almeno 20 anni.

Per il calcolo della pensione possono venire adottati i se-guenti sistemi: Per coloro che hanno iniziato l’attività dopo il 31 dicem-bre 1995 la pensione viene calcolata con il sistema con-tributivo; • Per coloro che, al 31 dicembre 1995 avevano un’anzia-nità pari o superiore a 18 anni, la pensione viene calcola-ta con il sistema retributivo; • Per coloro che, al 31 dicembre 1995 avevano un’anzia-nità inferiore ai 18 anni, la pensione viene calcolata con ilsistema misto (retributivo e contributivo);

NEL SISTEMA CONTRIBUTIVOL’ETA’ : Almeno 57 anni sia per gli uomini sia per le don-ne.LA CONTRIBUZIONE: Almeno 5 anni di contribuzione ef-fettiva.LA MISURA MINIMA: L’importo della pensione non do-vrà essere inferiore all’importo dell’assegno sociale au-mentato del 20%; in caso contrario la pensione non puòessere liquidata.Tale limite non viene adottato per i lavo-ratori che hanno almeno 65 anni di età.

IL TRATTAMENTO MINIMO: La riforma del sistema pen-sionistico ha stabilito che per le pensioni liquidate esclu-sivamente con il sistema contributivo non si applicano ledisposizioni sull’integrazione al trattamento minimo.

NEL SISTEMA RETRIBUTIVOL’ETA’ : L’età pensionabile è di 65 anni per gli uomini e di60 anni per le donne.I CONTRIBUTII requisiti minimi di assicurazione e contribuzione per ildiritto alla pensione sono di 20 anni (pari a 1040 contri-buti settimanali).Continuano a valere solo 15 anni di assicurazione e con-tribuzione per i lavoratori autonomi che: • al 31 dicembre 1992 avevano già raggiunto i 15 anni dicontributi; • al 31 dicembre 1992 avevano già compiuto l’età pensio-nabile; • erano stati autorizzati ai versamenti volontari primadel 31 dicembre 1992;

NEL SISTEMA MISTOLa legge di riforma del 1995 ha previsto una situazione

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transitoria, durante la quale i due diversi sistemi di calco-lo convivono.Il sistema contributivo vale solo per chi ha iniziato l’atti-vità dopo il 31 dicembre 1995.Per coloro che risultano assicurati prima di tale data eavevano un’anzianità contributiva, al 31 dicembre 1995,inferiore ai 18 anni, la pensione di vecchiaia si calcolacon i due sistemi:

5. La pensione ai superstitiÈ la pensione che, alla morte del lavoratore assicurato opensionato, spetta ai componenti del suo nucleo familia-re.Questa pensione può essere: a) di reversibilità: se la persona deceduta era già pensio-natab) indiretta: se la persona, al momento del decesso, avevaaccumulato, in qualsiasi epoca, almeno 15 anni di contri-buti oppure se era assicurato da almeno 5 anni, di cui al-meno 3 versati nel quinquennio precedente la data dimorte; ovvero se la persona, al momento del decesso,svolgeva attività lavorativa La pensione indiretta spetta solo se il deceduto aveva ac-cumulato, in qualsiasi epoca, almeno 15 anni di contribu-ti oppure se era assicurato da almeno 5 anni, di cui alme-no 3 versati nel quinquennio precedente la data di mor-te.

La pensione ai superstiti spetta- al coniuge, anche se separato o divorziato, a condizioneche abbia beneficiato di un assegno di mantenimento enon si sia risposato.- ai figli (legittimi, legittimati, adottivi, affiliati, naturali,legalmente riconosciuti o giudizialmente dichiarati, natida precedente matrimonio dell’altro coniuge) che alladata della morte del genitore, siano: minori di 18 anni;studenti di scuola media superiore di età compresa tra i18 e i 21 anni, che siano a carico del genitore e che nonsvolgano alcuna attività lavorativa; studenti universitariper tutta la durata del corso legale di laurea e comunquenon oltre i 26 anni, che siano a carico del genitore e chenon svolgano alcuna attività lavorativa; inabili di qualun-que età, a carico del genitore.- ai nipoti minori che erano a carico del parente defunto(nonno o nonna).In mancanza del coniuge, dei figli e dei nipoti ne hannodiritto anche i genitori e, in mancanza di questi, i fratellicelibi e le sorelle nubili.

La percentuale di spettanza:- 60% al coniuge;- 20% a ciascun figlio se c’è anche il coniuge;- 40% a ciascun figlio, se sono solo i figli ad averne diritto; - 15% a ciascun genitore, fratello e sorella.

In ogni caso la somma delle quote non può superare il100% della pensione che sarebbe spettata al lavoratore.Se c’è un solo figlio superstite l’aliquota è elevata al 70%.Dal 1° gennaio 1996, l’importo della pensione ai superstitiè condizionato dalla situazione economica del titolare.L’assegno viene ridotto del 25%, del 40% e del 50% a se-

conda dei redditi percepiti dal beneficiario. Questa regolanon vale se sono contitolari i figli minori, studenti o ina-bili.

Il coniuge divorziato ha diritto alla pensione anche se illavoratore deceduto si è risposato dopo il divorzio e il se-condo coniuge è ancora in vita. In tal caso, l’Inps paga lapensione soltanto dopo che il Tribunale ha emesso unasentenza con la quale stabilisce le quote di pensionespettanti al primo e al secondo coniuge (legge n.74 del1987).Con la sentenza 419/99, la Corte Costituzionale ha stabili-to che il criterio della durata temporale dei due matrimo-ni non è l’unico criterio che il tribunale deve seguire percalcolare la quota proporzionale di pensione spettante alconiuge superstite e all’ex-coniuge. Il giudice deve valu-tare anche altri elementi quali la posizione economicadel coniuge divorziato e quella del coniuge superstite.Inoltre, con una recente sentenza, la Corte di Cassazioneha stabilito che, per valutare la quota di pensione spet-tante a ciascuno, occorre tenere conto anche di eventua-le periodi di convivenza prima del matrimonio.In caso di nuove nozze, al coniuge superstite viene revo-cata la pensione di reversibilità, ma ha diritto alla liqui-dazione di una doppia annualità, che corrisponde a 26volte l’importo della pensione percepita alla data delnuovo matrimonio. La doppia annualità spetta al coniugeche si risposa, anche se vi sono figli superstiti che perce-piscono la pensione. Per ottenere la doppia annualità, ilvedovo o la vedova che contraggono un nuovo matrimo-nio devono presentare all’Inps una domanda, con l’indi-cazione dei propri dati anagrafici, il numero di certificatodella pensione e la data del matrimonio. Ad essa deve es-sere allegato il certificato di matrimonio. All’atto dellapresentazione della domanda, il richiedente deve resti-tuire il libretto e il certificato di pensione (modelloObis/M). Se esistono figli minori che percepivano la pen-sione di reversibilità insieme al coniuge superstite, essihanno diritto ad un aumento della loro quota. Per otte-nere l’aumento è necessario presentare all’Inps la docu-mentazione attestante l’avvenuto matrimonio del geni-tore superstite.

Quando si è a caricoPerché i figli, i nipoti e gli equiparati maggiorenni studen-ti o inabili superstiti, siano considerati a carico del geni-tore o del nonno deceduto, devono trovarsi in uno statodi bisogno, non siano autosufficienti economicamente eal loro mantenimento provvedessero l’assicurato o ilpensionato deceduto.Sono considerati a carico: • i figli ed equiparati maggiorenni studenti che hanno unreddito che non supera l’importo del trattamento mini-mo maggiorato del 30%. Si ricorda che, per il 2007, taleimporto è di 566,98 euro mensili;• i figli maggiorenni inabili che hanno un reddito non su-periore a quello richiesto dalla legge per il diritto allapensione di invalido civile totale. Si ricorda che, per il2007, tale importo è pari a Û 1.187,73 mensili.• i figli maggiorenni inabili, titolari dell’indennità di ac-compagnamento, che hanno un reddito non superiore aquello richiesto dalla legge per il diritto alla pensione diinvalido civile totale aumentato dell’importo dell’inden-nità di accompagnamento. Si ricorda che, per il 2007, tale

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importo è di 1.643,15 euro mensili.

Quote di pensione spettanti ai superstiti dell’assicurato odel pensionato deceduto:

Quote di pensione

Percentuale Beneficiari

60% al coniuge80% al coniuge con un figlio100% al coniuge con due figli

Nel caso in cui abbiano diritto alla pensione soltanto i fi-gli o i nipoti, o i fratelli o le sorelle, o i genitori, le quote dipensione sono le seguenti:

Quote di pensione

Percentuale Beneficiari

70% un figlio80% due figli100% tre o più figli15% un genitore30% due genitori15% un fratello o una sorella30% due fratelli o sorelle45% tre fratelli o sorelle60% quattro fratelli o sorelle75% cinque fratelli o sorelle90% sei fratelli o sorelle70% un figlio

Le pensioni ai superstiti con decorrenza dal 1° luglio2000, sono cumulabili con la rendita vitalizia liquidatadall’Inail in caso di morte per infortunio sul lavoro o ma-lattia professionale. Le pensioni con decorrenza anterioreal 1° luglio 2000 che, per effetto della legge 335 del 1995,sono state sospese o ridotte, non possono essere cumu-late con le rendite Inail fino al 30 giugno 2000; dal 1° lu-glio 2000 sono cumulabili con la rendita vitalizia.

INDENNITA’ UNA TANTUMNel caso in cui gli eredi non abbiano diritto alla pensione,per mancanza di requisiti, possono ottenere un’inden-nità “una tantum”.Nel sistema contributivo l’indennità è pari all’importomensile dell’assegno sociale, che per il 2007 è di 389,36euro, moltiplicato per gli anni di contribuzione in posses-so dell’assicurato deceduto.

.Spetta alle seguenti condizioni: - mancanza dei requisiti per la pensione indiretta (cin-que anni di contribuzione, di cui almeno tre versati nelquinquennio precedente la data del decesso); - mancanza del diritto alla rendita Inail in conseguenzadella morte del lavoratore; - presenza dei requisiti reddituali previsti per l’assegnosociale.Si ricorda che nel sistema retributivo l’indennità è liqui-data in proporzione all’entità dei contributi versati, pur-ché nel quinquennio precedente la data della morte, ri-sulti versato almeno un anno di contributi. L’importo diquesta indennità non può essere inferiore a euro 22,31né superiore a euroÛ66,93.

6. Il trattamento minimopensionisticoE’ l’integrazione che lo Stato, tramite l’Inps, corrispondeal pensionato quando la sua pensione, derivante dalcalcolo dei contributi versati, è di importo molto basso,al di sotto di quello che viene considerato il “minimo vi-t a l e ” .In questo caso l’importo della pensione viene aumenta-to (“integrato”) fino a raggiungere una cifra stabilita dianno in anno dalla legge.

IMPORTO: L’importo mensile, che per il 2006 è pari a Û427,58, varia di anno in anno e, a condizione che si pos-seggano determinati requisiti, può essere incrementatodi una maggiorazione.L’integrazione è riconosciuta a condizione che il pensio-nato e l’eventuale coniuge abbiano redditi non superioriai limiti stabiliti dalla legge.

LIMITI DI REDDITO: Per ottenere l’integrazione al tratta-mento minimo non si devono superare determinati li-miti di reddito personali e coniugali, il cui importo variadi anno in anno.

Il limite di reddito personale per il 2006 è pari a euro5.558,54. Se invece il reddito va da euroÛ5.558,54 a eu-roÛ11.117,08 si ha diritto all’integrazione ridotta; nonspetta alcuna integrazione se si supera il limite di euro11.117,08.

Il limite di reddito cumulato con quello del coniuge,sempre per il 2006, è pari a euro 16.675,62; se invece ilreddito va da euro 16.675,63 a euro 22.234,16 si ha dirit-to all’integrazione ridotta; non spetta alcuna integrazio-ne se si supera il limite di euro 22.234,16.

Per le persone coniugate, l’integrazione al minimo nonpuò, comunque, essere assegnata se il reddito persona-le supera i limiti di legge, anche se il reddito cumulato èinferiore.Analogamente, l’integrazione non può essere ricono-sciuta se il reddito personale è inferiore al limite indica-to, ma il reddito cumulato lo supera.

MAGGIORAZIONE FINO A 516,46 EUROUn incremento della maggiorazione sociale - in favoredi persone disagiate - per garantire un importo di pen-sione fino a Û 516,46 al mese per tredici mensilità.

La maggiorazione, elevata per l’anno 2006 a euro 550,94spetta:- ai titolari di pensione a carico dell’assicurazione gene-rale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, dei lavoratoriautonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti,mezzadri e coloni); - ai titolari di pensione della gestione speciale per i la-voratori delle miniere, cave e torbiere;- ai titolari di pensione dei fondi esclusivi e sostitutivi

dell’assicurazione generale obbligatoria (fondo volo,fondo telefonici etc.); - ai titolari di pensione sociale;- ai titolari di assegno sociale; - ai titolari di prestazioni assistenziali (invalidi civili,

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sordomuti e ciechi civili).

Per ottenere questo incremento, i titolari di pensionedevono avere un’età di almeno 70 anni che può essereridotta, fino a 65 anni, nella misura di un anno di etàogni cinque anni di contribuzione. Si può ottenere la ri-duzione di un anno anche se si è in possesso di un pe-riodo di contribuzione non inferiore a due anni e mez-zo.La maggiorazione viene concessa se il pensionato nonsupera certi limiti di reddito.Per l’anno 2006, chi non è coniugato deve avere i redditipersonali inferiori a euro 7.162,22 annui.Se il pensionato è coniugato, i redditi personali vannocumulati con quelli del coniuge. L’importo complessivoper il 2006 deve essere comunque inferiore a Û 12.124,58annui.LA MISURA del trattamento minimo

Importi del trattamento minimo di pensione dal 1994 al2007

Decorrenza Importo

01.01.1994 £. 602.35001.01.1995 £. 626.45001.01.1996 £. 660.30001.01.1997 £. 686.05001.01.1998 £. 697.70001.01.1999 £. 710.25001.01.2000 £. 721.60001.01.2001 £. 740.35001.01.2002 € 392,69 01.01.2003 € 402,12 01.01.2004 € 412,18 01.01.2005 € 420,02 01.01.2006 € 427,58 01.01.2007 € 436,14

7. La pensione supplementareCHE COS’È E’ una pensione che va ad aggiungersi alla pensioneprincipale.Si può ottenere quando i contributi versati all’Inps nonsono sufficienti per avere una pensione autonoma.Spetta a coloro che hanno:- già una pensione liquidata da un altro Fondo assicura-tivo obbligatorio per i lavoratori dipendenti (Inpdap,Fondo elettrici, telefonici, ecc.)- altri contributi versati nell’assicurazione generale ob-bligatoria Inps, non sufficienti per raggiungere il dirittoalla pensione di vecchiaia o invalidità;- compiuto l’età pensionabile INPS (65 anni se uomo e60 se donna)- cessato ogni rapporto di lavoro dipendente.

Spetta anche ai familiari superstiti.

La pensione supplementare spetta anche agli iscritti al-la gestione separata, nel caso in cui non raggiungano i

requisiti per il diritto ad una pensione autonoma o sel’ammontare della prestazione risulti inferiore all’im-porto dell’assegno sociale maggiorato del 20%.Il trattamento è liquidato, dopo il compimento dei 57

anni di età, a coloro che, oltre a vantare una posizioneassicurativa nella gestione separata, siano titolari diuna pensione a carico:

- dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratoridipendenti, o delle forme esclusive e sostitutive di essa; - delle gestioni previdenziali dei coltivatori diretti, mez-zadri e coloni, degli artigiani e degli esercenti attivitàcommerciali;- delle gestioni previdenziali obbligatorie dei liberi pro-fessionisti.

LA PENSIONE SUPPLEMENTARE DI VECCHIAIA E DIINVALIDITÀ

E’ una pensione che si può ottenere se chi la chiede ègià titolare di un altro trattamento e se i contributi ver-sati all’Inps non sono sufficienti per raggiungere il dirit-to alla pensione di vecchiaia o di invalidità. In presenzadei requisiti, l’Inps liquida una pensione che va ad ag-giungersi (e quindi “supplementare”) a quella già perce-pita.

Chi presenta la domanda di pensione supplementare,deve: - essere già titolare di una pensione a carico di un Fon-do sostitutivo, esclusivo o esonerativo dell’assicurazio-ne generale obbligatoria (Inpdap, Fondi Speciali Inpsecc.); - avere altri contributi versati nell’assicurazione genera-le obbligatoria Inps, non sufficienti per raggiungere il di-ritto alla pensione di vecchiaia o di invalidità; - avere compiuto l’età pensionabile; - avere cessato l’attività lavorativa, se lavoratore dipen-dente.

Per ottenere la pensione supplementare di invalidità,occorre essere in possesso del requisito sanitario per ot-tenere l’assegno ordinario di invalidità.

Sono esclusi dal diritto alla pensione supplementare: - i titolari di pensione a carico di Casse e Fondi per liberiprofessionisti (medici, avvocati, ingegneri ecc.); - i titolari di pensione a carico dell’Enpals (Ente Nazio-nale Lavoratori dello Spettacolo). Le norme che regolanoi rapporti tra l’Inps e l’Enpals stabiliscono che agli iscrit-ti, all’uno o all’altro Ente, deve essere corrisposto un so-lo trattamento per tutta la contribuzione da lavoro di-pendente versata presso i due Enti. In questa esclusionenon rientrano i lavoratori parasubordinati, iscritti allagestione separata dell’Inps, i quali ottengono la pensio-ne supplementare nella loro gestione anche se sono ti-tolari di pensione a carico dell’Enpals e delle Casse deiliberi professionisti; - i titolari di pensione estera di un Paese extracomuni-tario non convenzionato con l’Italia; - i titolari di pensione estera di un Paese comunitario oextracomunitario convenzionato, in quanto hanno di-ritto alla totalizzazione dei periodi esteri e italiani equindi alla liquidazione della pensione pro-rata.

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8. L’assegno sociale (l’ex pensione sociale) Dal 1° gennaio 1996 l’assegno sociale ha sostituito la

pensione sociale, che continua comunque ad essere ero-gata a coloro che, avendone i requisiti, ne hanno fatto do-manda entro il 31 dicembre 1995.

È una prestazione di natura assistenziale riservata ai cit-tadini italiani che abbiano:

- 65 anni di età ;- la residenza in Italia;- un reddito pari a zero o di modesto importo.

I redditi devono essere inferiori ai limiti stabiliti ogni an-no dalla legge e variano a seconda che il pensionato siasolo o coniugato. Se è coniugato si tiene conto anche delreddito del coniuge.Per il 2006 tali limiti sono pari a euro 4.962,36 annui se ilpensionato è solo, euro 9.924,72 annui se è coniugato.

Sono equiparati ai cittadini italiani:- gli abitanti della Repubblica di San Marino;- i rifugiati politici;- i cittadini di uno Stato dell’Unione europea;- i cittadini extracomunitari che hanno ottenuto la cartadi soggiorno.

L’importo dell’assegno viene stabilito anno per anno ed èesente da imposta.

L’assegno non è esportabile e pertanto si perde se l’inte-ressato si trasferisce all’estero.L’assegno non è reversibile e quindi non può essere tra-smesso ai familiari superstiti.Coloro che percepiscono l’assegno sociale possono, a de-terminate condizioni, avere diritto alle maggiorazioni so-ciali. (vedi scheda trattamento minimo e maggiorazionisociali)

La domanda può essere presentata o inviata per posta amezzo di raccomandata con avviso di ricevimento a qua-lunque sede dell’Inps. Deve essere redatta su un apposi-to modulo (AS1) in carta semplice disponibile presso lesedi Inps e sul sito dell’Istituto www.inps.it, nella sezione“moduli”.

LIMITI DI REDDITO E MISURA DELL’ASSEGNOPer l’anno 2007, l’importo mensile dell’assegno è di389,36 euro. Ne deriva che, per lo stesso anno, l’importoannuo dell’assegno sociale è di 5.061,68 euro (cioè 389,36x 13) e pertanto i limiti di reddito sono di 5.061,68 euro seil richiedente non è coniugato e di 10.123,36 euro annui(cioè 5.061,68 x 2) se il richiedente è coniugato.Se chi fa domanda non ha alcun reddito personale né in-sieme all’eventuale coniuge, percepisce l’assegno socialein misura intera. Se, invece, i suoi redditi, quelli dell’even-tuale coniuge oppure la somma di entrambi superano ilimiti di legge, l’assegno sociale viene negato. Nel caso incui il reddito del richiedente o quello del coniuge o la lorosomma siano inferiori ai limiti di legge, l’assegno viene

erogato con l’importo ridotto. In questo caso, sarà pagatoun importo annuo pari alla differenza tra l’importo interoannuale dell’assegno sociale corrente e l’ammontare delreddito annuale.

L’assegno sociale può essere ridotto nei casi in cui il tito-lare sia ricoverato in istituti o comunità con rette a caricodello Stato.La riduzione è del 50% se il titolare è ricovera-to in istituti o comunità con retta a totale carico degli entipubblici, e del 25% quando la retta è a carico dell’interes-sato o dei suoi familiari, per un importo inferiore allametà dell’assegno sociale. L’assegno non subisce riduzio-ni quando la retta a carico del titolare o dei familiaricomporta una spesa superiore al 50% dell’assegno socia-le. Al fine di stabilire la misura dell’assegno, il pensionatodeve presentare all’Inps documentazione, rilasciata dal-l’istituto o dalla comunità presso la quale è ricoverato,che attesti l’esistenza e l’entità del contributo a caricodell’ente pubblico e della quota eventualmente a caricosuo o dei familiari.

Per chi aveva fatto domanda entro il 31 dicembre 1995vale ancora la pensione socialePer l’anno 2007, l’importo mensile della pensione socialeè di 320,88 euro.

Se chi percepisce la pensione sociale non è coniugato enon ha alcun reddito personale, ha diritto all’importo in-tero della pensione sociale. Se il suo reddito personalesupera 4.171,44 euro, la pensione sociale non spetta,mentre se non supera questo limite, l’importo viene ri-dotto ed è pari alla differenza tra l’importo annuale cor-rente della pensione e l’ammontare del reddito persona-le del titolare.Se chi percepisce la pensione sociale è coniugato e il red-dito complessivo dei coniugi non supera 10.202,26 euroannui, la pensione viene erogata in misura intera. Se ilreddito complessivo dei coniugi supera 14.373,70 eurol’anno, la pensione sociale non spetta, mentre se l’am-montare del reddito complessivo dei coniugi è compresotra 10.202,26 e 14.373,70 euro, l’importo viene ridotto ed èpari alla differenza tra 14.373,70 euro e l’ammontare delreddito complessivo dei coniugi.

9. La pensione agli invalidiciviliE’ una prestazione di natura assistenziale a cui hanno

diritto gli invalidi civili totali e parziali, i ciechi e i sordo-muti che non hanno redditi personali o, se ne hanno, so-no di modesto importo.

Dal 1° gennaio 2001, il riconoscimento dell’invalidità èstato assegnato alle Regioni, che verificano i requisiti sa-nitari attraverso Commissioni mediche istituite presso leAziende sanitarie locali (Asl). Fino al 31 dicembre 2000 ilriconoscimento della pensione era affidato alle Prefettu-re.

In linea generale, l’Inps ha solo il compito di provvedere

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DOSSIER

al pagamento mensile dell’assegno.Solo in alcuni casi, a seguito di specifici accordi, le Regio-ni possono demandare all’Inps il riconoscimento ammi-nistrativo della prestazione di invalidità civile.Recenti modifiche legislative hanno trasferito all’Inps lecompetenze del Ministero dell’Economia e delle Finanzein tema di verifiche sanitarie dell’invalidità civile succes-sive al suo riconoscimento. Il trasferimento sarà operati-vo una volta emanati gi appositi decreti

Coloro che percepiscono la pensione d’invalidità civilepossono, a determinate condizioni, avere diritto anchealle maggiorazioni sociali.

I LIMITI DI REDDITOLimite reddito invalidi civili

Tipo di prestazione Limite di reddito Importo personale annuo mensile

invalidi civili Assegno di assistenza € 4.171,44 € 242,84 invalidi civili Indennità di frequenza

minori € 4.171,44 € 242,84 invalidi civili Pensione di inabilità € 14.252,72 € 242,84 invalidi civili Indennità di

accompagnamento senza limite € 455,42sordomuti Pensione € 14.252,72 € 242,84 sordomuti Indennità di

comunicazione senza limite € 228,63 ciechi civili Pensione ciechi

assoluti € 14.252,72 € 262,62 ciechi civili Pensione ciechi parziali:

assegno decimisti € 6.852,30 € 180,21 ciechi civili Pensione ventesimisti € 14.252,72 € 242,84 ciechi civili Indennità ventesimisti senza limite € 167,48 ciechi civili Indennità di

accompagnamento senza limite € 703,56

10. La riforma delle pensionidel 2004Il 28 luglio 2004 è stata approvata la legge delega sullariforma delle pensioni (Legge 23 agosto 2004, n. 243). Sientra ora nella fase attuativa. La maggior parte delle no-vità introdotte dalla riforma saranno operative dal 2008,mentre il primo provvedimento previsto per il 2007 saràquello relativo all’incentivo per il posticipo della pensio-ne.

Le novità:

PENSIONE DI ANZIANITÀFino al 2007 resteranno in vigore le norme attuali. Pertan-to, i lavoratori che matureranno entro il 31 dicembre 2007i requisiti di età e contribuzione attualmente richiesti,potranno accedere alla pensione secondo le quattro fine-stre previste, senza che abbia alcun rilievo la nuova disci-plina.Dal 2008 i lavoratori dipendenti potranno andare in pen-sione con 35 anni di contributi e 60 anni di età; i lavorato-ri autonomi con 35 di contributi e 61 di età. Per tutti èprevista la possibilità di andare in pensione con 40 annidi contributi a prescindere dall’età.Dal 2010 i requisiti diventeranno 35 + 61 per i lavoratoridipendenti e 35 + 62 per quelli autonomi (oppure 40 anni

di contributi).Dal 2014, oltre ai 35 anni di contributi, serviranno 62 annidi età per i dipendenti e 63 per gli autonomi (oppure 40anni di contributi).

Le donne avranno la possibilità di andare in pensione,anche dopo il 2008, con i requisiti previsti dalla normati-va attualmente in vigore (35 + 57), ma la pensione saràinteramente calcolata con il sistema contributivo.Dal 2008 le finestre di uscita saranno ridotte da quattro adue (1° gennaio e 1° luglio).

PENSIONE DI VECCHIAIAPer le pensioni liquidate con il sistema retributivo noncambia nulla.

Dal 2008 per le pensioni liquidate esclusivamente con ilsistema contributivo l’età pensionabile sarà elevata da 57a 65 anni di età per gli uomini e 60 per le donne (in alter-nativa si potrà andare in pensione con il solo requisitocontributivo di 40 anni).

INCENTIVO PER IL POSTICIPOFino al 2007 i dipendenti del settore privato, in possessodei requisiti per la pensione di anzianità previsti dallanormativa attualmente in vigore, potranno rinviare ilpensionamento usufruendo di un bonus esentasse parial 32,7% della retribuzione lorda.Questa parte della riforma entra in vigore da subito.

IL POSTICIPO DELLA PENSIONELa legge di riforma del sistema previdenziale introduceun particolare beneficio (cosiddetto bonus) per i lavorato-ri dipendenti del settore privato che hanno maturato omatureranno il diritto alla pensione di anzianità fino al31 dicembre 2007, ma decidono di continuare a lavorare.

Con il bonus, coloro che scelgono di rimanere al lavororinunciano all’accredito dei contributi ottenendo un au-mento esentasse in busta paga pari alla contribuzioneprevidenziale, che è del 32,7% dello stipendio lordo perquasi tutti i lavoratori (l’incremento sale al 33,7% sulla fa-scia di retribuzione annua che eccede i 38.641 euro).

Il bonus è diretto a chi ha maturato o raggiungerà i requi-siti per la pensione di anzianità, che nel 2006 e nel 2007

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DOSSIER

sono di 35 anni di contributi e almeno 57 anni d’età (op-pure 39 anni di contribuzione indipendentemente dal-l’età).

NON HANNO DIRITTO AL BONUSI lavoratori dipendenti di:- Stato (comprese le scuole e le istituzioni educative);- Aziende ed Amministrazioni dello Stato ad ordinamen-to autonomo;- Province, Regioni, Comuni, Comunità montane e loroconsorzi e associazioni;- Università;- Istituti autonomi case popolari;- Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltu-ra e loro associazioni;- Enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali;- Asl, Aziende ospedaliere, Aran e Agenzie fiscali;- Autorità indipendenti (Consob, Isvap, Autorità del ga-rante della concorrenza e del mercato ecc.);- Banca d’Italia e Ufficio italiano cambi.

Il bonus non spetta ai lavoratori iscritti ai fondi esclusividell’assicurazione generale obbligatoria (per esempio:Inpdap, Ipost).

L’importo della pensione che spetterà dopo aver usufrui-to del bonus sarà “cristallizzato” cioè calcolato al mo-mento della decorrenza dell’incentivo (sulla base deicontributi versati fino a quella data) e maggiorato degliaumenti del costo della vita che sono intervenuti nelfrattempo.

Dal mese di gennaio 2008, i lavoratori che hanno usufrui-to del bonus potranno continuare a lavorare senza anda-re in pensione. I contributi versati o accreditati, da questomomento in poi, daranno diritto alla liquidazione di unsupplemento di pensione.

11. La previdenzacomplementareLa legge del 2004 di riforma delle pensioni avevaprevisto di far decollare la previdenza complemen-tare indicando che, salvo diversa esplicita volontàdel lavoratore dipendente il trattamento di finerapporto maturando deve essere conferito ad unadelle forme pensionistiche complementari colletti-ve o individuali di cui alla legislazione vigente.Nell'ipotesi in cui il lavoratore non intende aderiread alcuna forma di previdenza complementare lariforma prevedeva il conferimento del TFR a favoredi fondi istituiti o promossi dalla Regioni.Una riforma della previdenza complementare e delTFR era poi stata apporvata con il D. Lgs 5 dicem-bre 2005, n. 252.La Finanziaria 2007 (L. 27 dicembre 2006 n. 296),nell'art. 1, commi 749 e seguenti, anticipa al1°.1.2007 l'entrata in vigore del D.lgs 5 dicembre2005 n. 252 sulla riforma della previdenza comple-mentare e detta nuove regole sul trattamento di fi-

ne rapporto.Essa determina infatti che, dal 1° gennaio 2007,ciascun lavoratore dipendente del settore privato(esclusi i lavoratori domestici) può scegliere di ade-rire alla previdenza integrativa, destinando tutto oparte (a seconda che si tratti di lavoratore iscrittoad un ente di previdenza obbligatoria dal 29.4.2003o in data antecedente) il proprio TFR futuro, alleforme pensionistiche complementari (di cui al sud-detto D.lgs. 252/2005), oppure mantenere il TFR co-me retribuzione differita, presso il datore di lavoro.In tal caso, la scelta è sempre revocabile e il datoredi lavoro che abbia alle proprie dipendenze più di50 addetti, è obbligato a trasferire l'intero TFR futu-ro al fondo di tesoreria gestito dall'INPS previstodall'art. 1, comma 757, L. 296/06 finanziato dai con-tributi mensili dei datori di lavoro.Se, entro il 30.6.2007, o entro sei mesi dalla data diassunzione (se avvenuta successivamente al1°.1.2007), il lavoratore non esprime alcuna scelta,si verifica una ipotesi di silenzio-assenso all'ade-sione: il datore di lavoro che abbia più di 49 dipen-denti, trasferirà gli accantonamenti del TFR allaforma pensionistica collettiva prevista dai contrattio accordi collettivi, salvo che sia intervenuto un di-verso accordo aziendale. Se sussistono più fondiintegrativi di riferimento per il dipendente (per es.fondo di categoria e adesione collettiva a fondoaperto stabilita con accordo aziendale) il datore dilavoro trasferirà il TFR al fondo al quale abbia ade-rito il maggior numero di dipendenti dell'aziendae, in assenza di una forma pensionistica individua-bile sulla base di questi criteri, al fondo comple-mentare INPS istituito dall'art. 9 D.lgs 252/05 (co-siddetto FONDINPS).L'art. 3 del decreto interministeriale attuativo dellaFinanziaria per il 2007 che regolamenta il fondopensione residuale INPS, stabilisce che il patrimo-nio del fondo è separato ed autonomo rispetto aquello dell'INPS e che i fondi accantonati non pos-sono essere distratti dal fine per cui sono stati co-stituiti e pertanto sono impignorabili ad opera deicreditori dell'INPS e dei creditori degli aderenti. Sitratta di una previsione che ripete quanto già pre-visto dall'art. 2117 c.c. a proposito dei fondi specia-li per la previdenza e l'assistenza.

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FAMIGLIA E FISCO

evidenza che tali considerazionimantengono, a tutt’oggi, assoluta va-lidità ed anche la recente introduzio-ne del tributo sulle gratuità non ha,in alcun modo, contribuito a farechiarezza.

Al contrario, la novella del 2006non sembra avere influito sugli istitu-ti in questione, in particolare sui pattidi famiglia e sui trusts, sia per espres-sa voluntas legis, nel primo caso, siain ragione delle caratteristiche pecu-liari dell’istituto, con riferimento aitrusts.

E’, comunque, assai probabile chesi assisterà, in un futuro assai prossi-mo, ad una presa di posizione dell’A-genzia delle entrate: è auspicabileche prevalga una reale volontà di ri-costruire in maniera corretta la fatti-specie di riferimento piuttosto cheuna posizione dettata da un mero in-teresse fiscale, laddove, come si è cer-cato di mettere in luce, il passaggiogenerazionale della ricchezza meritadi essere “agevolato”, o, quanto me-no, non ostacolato, dal legislatore tri-butario.

Note

1 Sul punto vd., tra gli altri, AA.VV., La tra-smissione familiare della ricchezza, Padova,1995, 134; Merz, La trasmissione familiare efiduciaria della ricchezza, Padova, 2001. Perinteressanti considerazioni di natura “azien-dalistica” oltre che per la bibliografia, spe-cialmente straniera, vd. Corbetta, La gestio-ne strategica del passaggio generazionale inRiv. dei dott. comm., 1996, 779.

2 Sul punto vd., in particolare, Stevanato,La reintroduzione dell’imposta sulle succes-sioni e donazioni: prime riflessioni critichein Corr. Trib., 2007, 247; D. Stevanato – R. Lu-pi, Imposta sulle successioni e sulle dona-zioni: dove eravamo rimasti? in Dialoghi didir. trib., 2006, 1657; Gaffuri, Nota riguardantila novellata imposta sulle successioni e do-nazioni in Rass. trib., 2007, 441. Per proble-matiche connesse con quelle che si andrà diseguito a trattare vd. Stevanato, Il regime fi-scale dei trasferimenti d’azienda a titolo gra-tuito in Riv. dir. trib., 1997, 362; Fiori, Il trasfe-rimento a titolo gratuito dell’azienda ai fa-miliari nella recente evoluzione legislativa egiurisprudenziale in Riv. dir. trib., 2002, II, 7.

3 Manes, Prime considerazioni sul pattodi famiglia nella gestione del passaggio ge-nerazionale della ricchezza familiare in Con-tratto e impresa, 2006, 539; amplius De No-va- Delfini- Rampolla- Venditti, Il patto di fa-miglia. Legge 14 febbraio 2006, n. 55, Milano2006.

4Per quanto riguarda l’utilizzabilità deltrust vd., in particolare, Patti, I trusts: utilizzo

nei rapporti di famiglia in Vita not., 2003, 3.5 Si veda, sul punto, la raccomandazione

della Commissione CE 7.12.1994(94/1069/CE) riguardante la successione nel-le piccole e medie imprese e la comunica-zione della Commissione relativa alla tra-smissione delle piccole e medie imprese(98/C 93/02).Tali documenti, e più in genera-le i lavori preparatori, sono consultabili in DeNova- Delfini- Rampolla- Venditti, Il patto difamigli.a cit.

6 Oberto, Lineamenti essenziali del pattodi famiglia in Famiglia e diritto, 2006, 407. Siè, altresì, evidenziato sul punto che le nuovenorme, pur traducendosi obiettivamente inun inno alla diseguaglianza in ambito fami-liare, consentendo al capoazienda/capofa-miglia di designare il proprio successore allaguida dell’impresa possono, in astratto favo-rire anche un ricambio generazionale menoconflittuale fra gli aventi titolo alla succes-sione”. Così Atelli, Prime note sul patto di fa-miglia in Obbl. e contratti, 2006, 6.

7 Per una prima esegesi delle novellate di-sposizioni vd. Fondazione Luca Pacioli, Ilpatto di famiglia – Legge 14 febbraio 2006 n.55 - Documento n. 7 del 29 marzo 2006, e DeNova- Delfini- Rampolla- Venditti, Il patto difamiglia cit.

8 Sul punto vd. Zoppini, Il patto di fami-glia: linee per la riforma dei patti sulle suc-cessioni future in Dir. priv., 1998, 255 nonchéIeva, Il trasferimento di beni produttivi infunzione successoria: patto di famiglia epatto d’impresa. Profili generali di revisionedel divieto dei patti in Riv. del notariato,1997, 1371.

9 Sul punto vd., in particolare, l’autorevolericostruzione di De Nova, Il patto di famigliacit., sub art. 2, 5 e ssgg.

10 Fondazione Aristeia, I profili fiscali delpatto di famiglia – Documento n. 62 – giugno2006, 10

11 Per un’ampia disamina delle diverseproblematiche vd. AA. VV., Patti di famigliaper l’impresa, a cura della Fondazione ita-liana per il Notariato, Milano, 2006.

12 Sia permesso rinviare a Montanari, Iltrust nell’ambito dell’imposizione indiretta:arresti giurisprudenziali e novella legislativa,in Giustizia tributaria, 2007, 45

13 Vd. ad es. G. Gaffuri, L’imposta sullesuccessioni e donazioni, Padova, 1993; AA.VV., Commento al testo unico dell’impostasulle successioni e sulle donazioni, a cura diN. D’Amati, Padova, 1996.

14 Ris. 16 febbraio 2007, n. 25/E in www.fi-nanze.it

15 Sul punto vd., in particolare, Di Simone– Fiorino, Gli effetti della mancata partecipa-zione di un legittimario al patto di famigliain Notariato, 2006, 703, nonché Delfini, Il pat-to di famiglia cit., sub art. 2, 17 e ssgg

16 In tali termini Fondazione Luca Pacioli,op. cit., 7; sui profili civilistici vd. per tuttiDelfini, Il patto di famiglia cit., sub art. 2, 20 essgg

17 Vd. Basilavecchia, Le implicazioni fi-scali delle attribuzioni tra familiari in AA.VV., Patti di famiglia per l’impresa, op. cit.,195, il quale ritiene che questa sia la “princi-pale alternativa qualificatoria”

18 Per un’ampia ricostruzione delle diver-se categorie di trusts vd., per tutti, Lupoi,Trusts, Milano, 2000 nonché Id, Lupoi, I tru-sts nel diritto civile in AA. VV., Trattato di di-ritto civile (diretto da Sacco),Torino, 2003

19 Per una completa ricognizione delle di-verse linee interpretative vd. Montanari,Tru-sts interni disposti inter vivos e imposte in-dirette: considerazioni civilistiche e fiscali amargine di un rilevante dibattito dottrinalein Dir. prat. trib., 2002, I, 384; Contrino,Trustsliberali e imposizione indiretta sui trasferi-menti dopo le modifiche al tributo sulle do-nazioni in Rass. trib., 2004, 434.

20 Come si è autorevolmente osservato“ciò che anima il costituente a compiere l’at-to di spossessamento in favore del trusteenon è lo spirito di liberalità ovvero l’inten-zione di arricchire lo stesso, tanto è vero cheil bene o complesso di beni conferiti in trustcostituiscono un patrimonio separato daquello del titolare e da destinare ad uno sco-po specifico o in favore di soggetti ben indi-viduati o da individuare”. Così Palazzo, Attigratuiti e donazioni in AA.VV.,Trattato di di-ritto civile diretto da Sacco, Torino, 2000,435. Analogamente De Nova, Trust: negozioistitutivo e negozi dispositivi in Trusts e atti-vità fiduciarie, 2000, 169

21 Comm. trib. prov. Treviso, 29 marzo2001, n. 27 e Comm. Trib. prov. di Lodi 5 no-vembre 2001, n. 135 in Dir. prat. trib., 2002, II,270 con nota di F. Montanari,Aspetti civilisti-ci e fiscali dei trusts disposti inter vivos: uncontrasto giurisprudenziale; Comm. trib. reg.di Venezia, 23 gennaio 2003 in Trusts e atti-vità fiduciarie, 2003, 253 commentata da Ro-tondo - Sonini - Lizza, Profili donativi nel tra-sferimento al trustee di un trust liberale, ivi,2003, 371; Comm. trib. prov. di Brescia, sez . I,12/12/2005, n. 205, dep. 11/01/2006, in Giusti-zia Tributaria, 2007, 45, con nota di F. Monta-nari, Il trust nell’ambito dell’imposizione in-diretta cit.

22 Da ultimo Montanari, Il trust nell’am-bito dell’imposizione indiretta cit., 49.

23 Sul punto vd. ancora Lupoi, Aspetti ge-stori e dominicali. Segregazione: trusts edistituti civilistici in Foro It., 1998, I, 3391.

24 Montanari, Trusts interni disposti intervivos e imposte indirette: considerazioni ci-vilistiche e fiscali a margine di un rilevantedibattito dottrinale, op. cit., nonché Pistolesi,La rilevanza impositiva delle attribuzioni li-berali realizzate nel contesto di un trust inRiv. dir. fin. Sc. Fin., 2001, 154

25 Sui profili tributari delle società fidu-ciarie vd., in particolare, Adonnino, voce So-cietà fiduciaria – II) Diritto tributario in Enc.giur., Roma; Nussi, voce Fiducia nel dirittotributario in Dig. disc. priv. – sez. comm., To-rino, 1991.

26 Per una approfondita disamina dellanormativa vd. Consiglio Nazionale del nota-riato, Negozio fiduciario e imposte indirette– Studio n. 86

27 Cass. 21 maggio 1999, n. 494328 Cass. 23 settembre 1997, n. 9355. In

senso conforme Cass. 14 ottobre 1997, n.10031 in Notariato, 1998, 307 con nota diGrondona, Intestazione fiduciaria e deposito

29 Parere della Direzione regionale dellaLombardia, n. 118299 in data 31 dicembre2001 in www.finanze.it

30 Risoluzione 13 marzo 2003, prot. n.909-14280/2003 in www.finanze.it

31 Lupi, in Riv. dei dott. comm., 1996, 381.

(SEGUE DA PAG. 26)

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40 | Avvocati di famiglia | Luglio Agosto 2007

Inversione dell’onere dellaprova in materia diriconciliazioneCassazione 12314/2007

GIANFRANCO DOSI, AVVOCATO

La sentenza 12314/07 qui di seguito pubblicata,ripropone il tema della prova in materia di ri-conciliazione. Come è risaputo la riconciliazio-ne assume rilevanza nel nostro ordinamento in

tre momenti della vita dei coniugi. Innanzitutto nel-l’articolo 154 Cc che si occupa degli effetti della ricon-ciliazione dopo che è stata presentata domanda di se-parazione. La norma ci dice che se avviene la riconci-liazione la domanda di separazione si intende abban-donata. Si tratta di una norma francamente inutile peril semplice motivo che se due coniugi si riappacificanoè evidente che nessuno dei due coltiverà la domandadi separazione proposta.

La seconda norma che si occupa di riconciliazione è,invece, molto interessante. Si tratta dell’articolo 157 Ccche si occupa della riconciliazione dopo che è statapronunciata la separazione. La norma dice che i coniu-gi possono di comune accordo far cessare gli effettidella separazione con un comportamento inequivoco(appunto la riconciliazione) ovvero con una espressadichiarazione. In tal caso cessano perciò gli effetti del-la separazione, anche quelli, s’intende, indicati nell’ar-ticolo 189 delle disposizioni di attuazione del codicecivile e cioè anche gli effetti che in caso di estinzionedel processo di separazione sono indicati come effettiche continuano ad avere efficacia. Quindi vengonomeno i provvedimenti presidenziali e i due coniugitornano ad essere marito e moglie pienamente. Comesi sa la giurisprudenza ha chiarito che gli effetti che siripristinano sono quelli di natura personale: con laconseguenza che un eventuale accordo di separazioneche prevedeva trasferimenti immobiliari resterà inpiedi se non sostituito da un diverso accordo. Ugual-mente si ripristina, secondo l’orientamento prevalentedella giurisprudenza, il regime di comunione legale adecorrere dal momento della riconciliazione. Sempreche – aggiungerei – la riconciliazione sia stata comuni-cata all’ufficiale di stato civile che ha, appunto, com-petenza con il nuovo ordinamento di stato civile a rac-

cogliere le dichiarazioni di riconciliazione. Una solu-zione diversa sarebbe a mio avviso in contrasto con idiritti dei terzi che non hanno altrimenti alcuna cer-tezza nei rapporti con coniugi riconciliatisi.

Il terzo momento normativo in cui si affronta il te-ma della riconciliazione è contenuto nell’articolo 3della legge sul divorzio (legge 898/70 e successive mo-dificazioni) dove si avverte che il coniuge convenuto inuna causa di divorzio può eccepire (e trattasi di ecce-zione non rilevabile d’ufficio) l’avvenuta interruzionedella separazione, cioè, appunto – nell’interpretazioneassolutamente prevalente – l’avvenuta riconciliazione.

La norma in questione è quella più affollata di sen-tenze della cassazione che hanno chiarito come la ri-conciliazione significa in definitiva la ripresa di quellacomunione materiale e spirituale di vita in cui consi-ste il matrimonio. Per un gioco del destino la definizio-ne del matrimonio (appunto una comunione materia-le e spirituale di vita) e contenuta proprio nella leggesul divorzio.

Fin qui tutto chiaro. La giurisprudenza ha avuto mo-do di osservare che neanche l’eventuale nascita di unfiglio può essere di per sé la prova della riconciliazionema occorre che sia provato che si sia ripresa appuntola comunione materiale e spirituale di vita.

La decisione che ora si segnala (Cassazione12314/07) indica come deve essere fornita la prova del-la riconciliazione. E afferma che se il convenuto doves-se dare lui la prova della intervenuta riconciliazione sitratterebbe di una probatio diabolica che difficilmentepotrebbe dare. Pertanto i giudici ritengono che debbaoperarsi una inversione dell’onere della prova. Al con-venuto sarà sufficiente dare la prova della ripresa del-la coabitazione. Sarà il ricorrente che, se vorrà opporsialla eccezione dovrà provare che la ripresa della coabi-tazione non ha comportato la ripresa della comunionemateriale e spirituale di vita. Se non riuscirà a darequesta prova non potrà sperare nella possibilità dicontinuare la causa di divorzio e dovrà ricominciaretutto daccapo ripresentando domanda di separazione.

Nella vicenda specifica la riconciliazione era interve-nuta tra il 1990 e il 1991 quando ancora l’ordinamentodi stato civile non prevedeva la possibilità di dichiarareall’ufficiale di stato civile l’avvenuta riconciliazione. Og-gi penso che le cose potrebbero andare diversamente.Infatti il nuovo regolamento di stato civile (DPR396/2000) prevede all’art. 63 lett. g l’iscrizione nei regi-stri di stato civile delle dichiarazioni con le quali i co-niugi manifestano la loro riconciliazione ai sensi del-l’art. 157 Cc. Se questa norma dovesse essere interpre-tata nel senso che la iscrizione costituisce sempre unonere dei coniugi ai fini della prova della riconciliazione(e non soltanto come onere riferito alla riconciliazioneper espressa dichiarazione che insieme a quella per fat-ti concludenti è prevista nell’art. 157 Cc) chi eccepiscel’avvenuta riconciliazione potrebbe dimostrarlo solo sevi è stata la dichiarazione all’ufficiale di stato civile. Lagiurisprudenza non si è, però, ancora mai pronunciatain questo senso.

GIURISPRUDENZA

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 41

GIURISPRUDENZA

Cassazione – Sezione prima civile –sentenza 21 marzo – 25 maggio 2007,n. 12314

PRESIDENTE LUCCIOLI – RELATORE DE CHIARA

Il sig. Andrea R., coniugato con la sig.ra Renata D. e separatoseneconsensualmente con atto omologato il 26 aprile 1990, chiese, conricorso al Tribunale di Brescia depositato il 14 febbraio 2001,pronunciarsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio.Nonostante l’opposizione della sig.ra D., che allegava esservi statariconciliazione dei coniugi, i quali avevano ripreso a conviveredall’ottobre 1990 al dicembre 1991, il Tribunale accolse la domanda delricorrente.La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 16 gennaio 2004, hapoi respinto, su conforme parere del pubblico ministero, il gravamedella soccombente, osservando che ella non aveva provato la suaeccezione. Infatti la riconciliazione si verifica quando sia stataricostituita la comunione materiale e spirituale tra i coniugi, ossial’intero complesso dei rapporti che caratterizzano il vincolomatrimoniale, e quindi non solo dei rapporti concernenti l’aspettomateriale del matrimonio, ma anche di quelli che sono alla base dellacomunione spirituale; sicché l’appellante avrebbe dovuto dimostrare“qualcosa di più della coabitazione ripristinata con il marito”, inquanto tale circostanza, pur essendo certamente significativa erilevante, non è, tuttavia, di per sé sola decisiva, “occorrendo anche ladimostrazione del ripristinarsi dell’affectio tra i coniugi, della volontàdi superare le pregresse ostilità e di affrontare in comune le difficoltàfuture”. E tale prova non era stata fornita; anzi, considerato che iconiugi, anche dopo la ripresa della coabitazione, avevano continuatoa frequentare amicizie diverse ed avevano dormito in camere separate- circostanze, queste, che poco si conciliano con la normalità dellasituazione familiare vi era “persino il dubbio che i coniugi si sianolimitati a ripristinare null’altro che la mera coabitazione”.Avverso tale sentenza ricorre la sig. ra D. per un solo, complessomotivo, cui resiste il sig. R. con controricorso.Motivi della decisioneIl ricorso denuncia violazione dell’art. 3, primo comma, n. 2, lett. b),della legge l° dicembre 1970, n. 898 e vizio di motivazione. Laricorrente deduce che:a) la durata della riconciliazione non può avere alcuna rilevanza, e nellaspecie essa si era protratta per oltre un anno;b) durante tale periodo i coniugi avevano anche significativamente -trascorso assieme periodi di vacanza, durante i quali avevano anchedormito assieme, come confermato dal figlio, e i giudici di merito nonavevano dato il giusto peso a tale rilevantissima circostanza,preferendo dare maggior peso alla testimonianza de relato di un amicodel sig. R., cui quest’ultimo avrebbe riferito che “le cose non andavanobene”;c) che non è provato che i coniugi avessero frequentato amici noncomuni;d) che il principio giuridico applicato dalla Corte di appello, secondocui è necessaria, ai fini della configurabilità della riconciliazione, laripresa della comunione anche spirituale tra i coniugi, vaopportunamente precisato, evitando sia di pretendere, per la meracessazione di una separazione già in atto (art. 3, primo comma, n. 2,lett. b) , della legge n. 898 del 1970, cit.) , più di quanto rientri nellafisiologia di matrimoni mai interrotti, sia che l’indagine del giudice,nella ricostruzione presuntiva dell’elemento psicologico dellariconciliazione, sconfini indebitamente nella sfera intima delle personee presupponga una vera e propria probatio diabolica;e) che non rileva l’assenza di rapporti sessuali tra i coniugi, peraltronon provata.Il ricorso è fondato sotto il profilo di cui alla lett. c).Nella giurisprudenza di legittimità la riconciliazione è tradizionalmentedefinita come situazione di completo ed effettivo ripristino dellaconvivenza coniugale, mediante la ripresa dei rapporti materiali espirituali che caratterizzano il vincolo del matrimonio e sono alla basedel consorzio familiare (a tale definizione si rifà la sentenza quiimpugnata).Tuttavia non si è mancato di evidenziare, in pronunce più recenti (cfr.,in particolare, Cassazione 12428/01, in motivazione, ed ivi ulterioririferimenti), che, nella qualificazione della fattispecie concreta, valore

essenziale va attribuito «agli elementi esteriori oggettivamente edinequivocabilmente diretti a dimostrare la seria e comune volontà deiconiugi di ripristinare la comunione di vita, piuttosto che a quegli statid’animo che, appartenendo alla sfera dei sentimenti, sono tanto piùdifficili da accertare in quanto permeati di soggettività»; onde si èritenuto corretto «conferire rilievo centrale, ai fini del relativoaccertamento, agli elementi di fatto ed alle iniziative concrete idonei alumeggiare l’evento riconciliativo, alla loro durata, alla lorocollocazione nel tempo, in sostanza alla loro oggettiva capacità didimostrare la disponibilità dei coniugi alla ricostituzione del nucleofamiliare, prescindendo da irrilevanti riserve mentali».In tale quadro di riferimento, particolare rilievo è stato attribuito alripristino della coabitazione, che, pur non integrando di per sé la vera epropria convivenza coniugale (potendo il vivere sotto lo stesso tettonon essere accompagnato da comportamenti volti ad una totalecondivisione della vita familiare), tuttavia assume, anche in relazionealla sua durata, un forte valore presuntivo, per la sua idoneità adimostrare la volontà dei coniugi di superare il precedente stato.L’elemento oggettivo del ripristino della coabitazione tra i coniugi,quindi, è potenzialmente idoneo a fondare il positivo convincimentodel giudice quanto all’avvenuta riconciliazione; con la conseguenza chespetterà al coniuge interessato a negarla dimostrare «che il nuovoassetto posto in essere, per accordi intercorsi tra le parti o per lemodalità di svolgimento della vita familiare sotto lo stesso tetto, eratale da non integrare una ripresa della convivenza, e quindi da nonconfigurarsi come evento riconciliativi» (Cassazione 12428/2001, cit.).A tale orientamento, che giustamente valorizza il dato oggettivo deicomportamenti dei coniugi (in armonia con il dettato dell’articolo 157,primo comma, c.c., che appunto fa riferimento al «comportamento nonequivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione»), questoCollegio intende dare continuità.La Corte di appello, invece, discostandosi da esso ed evidentementesopravvalutando aspetti legati alla sfera dei sentimenti piuttosto cheall’oggettività dei comportamenti, ha doppiamente errato nel motivareil proprio convincimento contrario all’intervenuta riconciliazione: perun verso, pretendendo che l’appellante fornisse prove ulteriori dellariconciliazione - segnatamente quanto al suo aspetto psicologico - giàlogicamente presumibile, salvo prova contraria, in base al datooggettivo della ripresa della durevole coabitazione dei coniugi; peraltro verso, ritenendo (peraltro in maniera perplessa, evocando, cioè, ilsemplice “dubbio”) superata siffatta presunzione in base alle solecircostanze che i coniugi frequentassero amici diversi e dormissero incamere separate, significative, semmai, sul piano dei sentimenti, ma diper sé non incompatibili con la convivenza (nel senso sopra chiarito dicoabitazione accompagnata da comportamenti volti alla totalecondivisione della vita familiare) e, dunque, con l’interruzione dellaseparazione (ovvero, appunto, con la riconciliazione).Nell’accoglimento di tale censura restano assorbiti gli ulteriori rilievidella ricorrente.La sentenza va pertanto cassata con rinvio, per un nuovo esame, algiudice indicato in dispositivo, il quale provvederà anche sulle spesedel giudizio di legittimità.PQMLa Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e rinvia,anche per le spese, alla Corte di appello di Brescia in diversacomposizione.

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42 | Avvocati di famiglia | Luglio Agosto 2007

GIURISPRUDENZA

Sulle modifiche dell’assegnodi divorzio non possonoincidere gli eventuali lascitiereditari sopraggiunti dopo lacessazione del matrimonioCassazione 12687/07

CRISTIANA UBALDI

La successione ereditaria ricevuta - dopo la ces-sazione del matrimonio - dal coniuge obbligatoal pagamento dell’assegno di divorzio, da solanon basta a giustificare l’aumento di tale asse-

gno. È necessario, infatti, un peggioramento della si-tuazione economica del beneficiario.

A chiarire che non sussiste alcun automatismo fra imiglioramenti della situazione economica dell’obbliga-to verificatisi dopo il divorzio e l’aumento dell’assegnodovuto all’ex coniuge, è la prima sezione civile dellaCassazione con la sentenza 12687/07 (qui di seguitopubblicata).

Il fatto. Tutto nasce dalla richiesta di una moglie - ac-colta dai giudici di merito - di aumentare l’assegno didivorzio che percepiva dal suo ex marito, in relazioneall’avvenuto miglioramento del tenore di vita di que-st’ultimo legato unicamente ad un’eredità intervenutadopo circa dieci anni dalla cessazione del matrimonio.

Il decisum. I Supremi giudici, non condividendo ilpensiero della Corte d’appello, sottolineano che, per ot-tenere un aumento dell’assegno di divorzio, il coniugerichiedente deve dimostrare che i miglioramenti dellecondizioni del coniuge obbligato siano collegati a fattiiniziati durante il matrimonio, come per esempio unapromozione lavorativa oppure una «prevedibile evolu-zione economica delle attività svolte in costanza dimatrimonio» (v. Cassazione 11326/93 citata in motiva-zione); e questo perché uno dei criteri base per conce-

dere tale assegno è, appunto, il mantenimento dellostesso tenore di vita goduto durante la vita coniugale(v. per tutte Su 11490/90 in motivazione). Da ciò derivaquindi che l’aumento di reddito improvviso e soprat-tutto legato esclusivamente a lasciti ereditari ricevutidall’onerato dopo il divorzio e non collegati alla vitamatrimoniale precedente, non può essere preso comeparametro per giustificare l’aumento dell’assegno di-vorzile. Solo, infatti, le successioni ereditarie che si ve-rifichino durante la convivenza coniugale e che quindiincidono sul tenore di vita matrimoniale, «concorronoa determinare la quantificazione dell’assegno dovutodal coniuge onerato».

I precedenti giurisprudenzialiQuesto ragionamento segue un principio di diritto

che risale a circa undici anni fa, ma ancora seguito daigiudici di legittimità.

Cassazione 2273/96. Infatti nel 1996 con la sentenza2273 del 18 marzo la Cassazione, ai fini della revisionedell’assegno di divorzio, ha escluso che costituisse ele-mento determinativo del tenore di vita cui commisu-rare l’adeguatezza dei mezzi, l’evento in sè della vendi-ta di beni immobili pervenuti in eredità all’ex coniugedopo la fine del matrimonio, non risultando tale even-to in alcun modo collegato alla situazione di fatto edalle aspettative maturate nel corso della vita coniuga-le. In quell’occasione, infatti, i Supremi giudici hannoaffermato che « L’accertamento del diritto all’assegnodi divorzio va effettuato verificando l’inadeguatezzadei mezzi (o l’impossibilità di procurarseli per ragionioggettive), raffrontati ad un tenore di vita analogo aquello avuto in costanza di matrimonio, o che potevalegittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspet-tative maturate nel corso del matrimonio, fissate almomento del divorzio. Nella individuazione di taliaspettative, deve tenersi conto unicamente delle pro-spettive di miglioramenti economici maturate nel cor-so del matrimonio che trovino radice nell’attività all’e-poca svolta e/o nel tipo di qualificazione professionalee/o nella collocazione sociale dell’onerato, e cioè solodi quegli incrementi delle condizioni patrimoniali del-l’ex coniuge che si configurino come ragionevole svi-luppo di situazioni e aspettative presenti al momentodel divorzio».

Cassazione 18367/2006. Circa un anno fa a ricordareche per sopprimere l’obbligo di corrispondere l’assegnodi divorzio non basta il miglioramento delle condizionieconomiche dell’ex coniuge che lo riceve ma è necessa-rio verificare che il titolare del contributo economicoabbia raggiunto - grazie al cambiamento della propriacondizione – un tenore di vita analogo a quello avutodurante il periodo del matrimonio, è la prima sezionedella Cassazione con la sentenza 18367/06.

In quella circostanza i Supremi giudici - accogliendoil ricorso di una donna che, in seguito ad un lascito ere-ditario, si era vista togliere dai giudici di merito l’asse-gno di divorzio - hanno ribadito il principio di diritto se-condo il quale «In tema di revisione dell’assegno divor-zile, allorché a fondamento dell’istanza dell’ex coniuge

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 43

GIURISPRUDENZA

obbligato, rivolta a ottenere la totale soppressione deldiritto al contributo economico, sia dedotto il migliora-mento delle condizioni economiche dell’ex coniuge be-neficiario (nella specie dipendente dall’acquisto persuccessione ereditaria della proprietà e della compro-prietà di beni immobili), il giudice, ai fini dell’accogli-mento della domanda, non può limitarsi a considerareisolatamente detto miglioramento, attribuendo a essouna valenza automaticamente estintiva della solida-rietà post-coniugale, ma - assumendo a parametro l’as-setto di interessi che faceva da sfondo, e da risultato, alprecedente provvedimento sull’assegno divorzile - deveverificare se l’ex coniuge, titolare del diritto all’assegno,abbia acquistato, per effetto di quel miglioramento, ladisponibilità di mezzi adeguati, ossia idonei a renderloautonomamente capace, senza necessità di integrazio-ni a opera dell’obbligato, di raggiungere un tenore di vi-ta analogo a quello avuto in costanza di matrimonio».

Cassazione – Sezione prima civile –sentenza 4 aprile – 30 maggio 2007, n.12687

PRESIDENTE LUCCIOLI – RELATORE FELICETTI

(omissis)Il sig. Q., con ricorso 20 ottobre 2000 al tribunale di Roma,chiedeva la modifica delle condizioni di divorzio stabilite con lasentenza n. 2795/91, revocando l’assegno divorzile posto a suocarico ed attribuito alla ex moglie pari a lire 1.281.000, rivalutabiliannualmente secondo gl’indici Istat - o quanto meno ridurlo,eliminando o riducendo l’ipoteca concessa a garanzia di dettoassegno. La signora B, con autonomo ricorso depositato il 10 novembre2000, chiedeva a sua volta l’aumento dell’assegno divorzile.Riuniti i ricorsi il tribunale, con decreto 25 febbraio 2002,riduceva l’importo dell’ipoteca a garanzia dell’assegno erigettava tutte le altre domande di entrambe la parti. Avverso il decreto la signora B. proponeva reclamo, al qualeresisteva il sig. Q. proponendo a sua volta impugnazioneincidentale. La Corte di appello, con decreto 29 gennaio 2004, notificato il 20febbraio 2004, aumentava l’assegno divorzile ad euro 800,00mensili, a partire dal gennaio 2001, confermando per il resto ildecreto impugnato. Avverso il provvedimento della Corte di appello il sig. Q. haproposto ricorso a questa Corte ex articolo 111 Costituzione, conatto notificato il 10 marzo 2004, formulando tre motivi. La parte intimata resiste con controricorso notificato il 27 aprile2004 e memoria.

Motivi della decisioneCon il primo motivo si denuncia la violazione degli articoli 5 e 9della legge 898 del 1970. Si deduce che la Corte di appelloavrebbe errato, violando detti articoli, nel ritenere lasopravvenienza di motivi idonei a giustificare la modifica dellecondizioni di divorzio nella successione ereditaria conseguenteal decesso della madre di esso ricorrente, avvenuta il 24 maggio2001, in quanto fatto prevedibile e rientrante nella normalitàdella vita familiare, come tale idoneo a influire sul tenore di vitaprospettico dei coniugi e, quindi, anche sull’assegno dì divorzio.Secondo il ricorrente tale affermazione non sarebbe conforme aldisposto degli articoli sopra indicati, che non consentirebbero ditenere conto, ai fini della riquantificazione dell’assegno didivorzio, di un’eredità sopravvenuta dopo dieci anni daldivorzio, e violerebbe anche l’articolo 179 codice civile, non

rientrando i beni ereditari nella comunione legale fra i coniugi.Pertanto nessuna aspettativa successoria poteva avere la mogliedivorziata sull’eredità materna del ricorrente, tenuto ancheconto che l’articolo 458 codice civile impedirebbe di nutrireaspettative sui beni di soggetti in vita. Si cita in proposito la giurisprudenza di questa Corte secondo laquale l’accertamento della spettanza dell’assegno di divorzio vaeffettuato con riferimento al tenore di vita «analogo a quelloavuto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente eragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso delmatrimonio, fissate al momento del divorzio». Tenore di vita alquale sarebbe estraneo l’apporto di beni ereditati dopo ildivorzio, non influendovi ogni incremento reddituale opatrimoniale dei coniugi, ma solo quelli sui quali ciascunconiuge poteva fare ragionevole affidamento. In proposito ilricorrente sottolinea che con il divorzio il matrimonio si scioglie,e quindi la solidarietà economica fra i coniugi viene meno,cosicché mentre le successioni ereditarie intervenute durante laseparazione sono idonee a determinare la modifica dell’assegnodi separazione, non possono esserlo quelle che si verificanodopo il divorzio. La Corte, tenendo conto dell’eredità ricevuta dalla madre delricorrente durante il giudizio di modifica delle condizioni didivorzio, e ritenendola fatto sopravvenuto idoneo a determinarela modifica dell’assegno di divorzio, avrebbe rideterminato taleassegno sulla base della valutazione comparativa dellecondizioni attuali delle parti, mentre doveva tenere conto dellepotenzialità economiche dei coniugi durante il matrimonio.Il motivo è fondato.Va premesso che l’orientamento di questa Corte, interpretativodell’articolo 9 della legge 898 del 1970, nel testo modificatodall’ articolo 13 della legge 74 del 1987, si è formato incorrelazione con quello dell’ articolo 5 della stessa legge 898 del1970, come modificato dall’ articolo 10 della legge 74 del 1987.Secondo tale articolo, l’accertamento del diritto all’assegno didivorzio va effettuato verificando innanzitutto «l’inadeguatezzadei mezzi (o l’impossibilità di procurarceli per ragioni oggettive),raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto incostanza di matrimonio, o che poteva legittimamente eragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso delmatrimonio, fissate al momento del divorzio». L’assegno che sarebbe necessario per assicurare detto tenorecostituisce l’assegno massimo liquidabile. La liquidazione in concreto dell’assegno, peraltro, ove siaritenuto dovuto non essendo il coniuge richiedente in grado dimantenere con i propri soli mezzi detto tenore di vita, vacompiuto, tenendo conto, sempre a norma dell’ articolo 5, dellecondizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, delcontributo personale ed economico dato da ciascuno allaconduzione familiare ed alla formazione del patrimonio diciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi,valutandoci tutti i su detti elementi anche in rapporto alla

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GIURISPRUDENZA

durata del matrimonio. Tali elementi funzioneranno normalmente come criteri diriduzione dell’assegno, come sopra stabilito, e potranno ancheportare ad escluderlo. In particolare, dovrà tenersi conto dei comportamenti chehanno determinato la fine della comunione spirituale emateriale della famiglia, cosicché l’assegno per il coniuge chene sia responsabile potrà essere ridotto, nonché della duratadel matrimonio la quale, quanto più sia protratta, tanto piùlegittimerà la conservazione all’avente diritto del livello dì vitaacquisito durante il matrimonio e quanto meno si siaprotratta, tanto più ne legittimerà la riduzione (CassazioneSezioni unite 29 novembre 1990, n. 11490, alla quale si èconformata, consolidandosi, la successiva giurisprudenza diquesta Corte).In correlazione a ciò si è tratta la conseguenza che la revisionedell’assegno in senso più favorevole all’avente diritto,prevista dall’ articolo 9 sopra citato per il sopravvenire “digiustificati motivi”, è uno strumento volto ad assicurare all’exconiuge, con riferimento all’assegno già liquidato, lapermanente disponibilità di quanto necessario, nel tempo,per fruire di un tenore di vita adeguato alla pregressaposizione economico-sociale, tenendo conto dei mutamentiin negativo e in positivo della situazione economica di ciascunconiuge.La rilevanza dei fatti sopravvenuti va considerata, quindi, conriguardo alla su detta funzione dell’assegno divorzile ecomporta una rinnovata valutazione comparativa dellarispettiva situazione economica delle parti (Cassazione 13febbraio 2006, n. 3018). Con la specificazione che il tenore divita al quale deve farsi riferimento, non è solo quelloriconducibile ai mezzi economici che i coniugi avevanodurante il matrimonio, ma anche alla sopravvenienza dimiglioramenti di reddito «che si configurino come ragionevolesviluppo di situazioni e aspettative presenti al momento deldivorzio» (Casszione 4 aprile 1997, n. 5720) e siano quindirapportabili «all’attività all’epoca svolta, e/o al tipo diqualificazione professionale» dell’onerato (Cassazione 28gennaio 2000, n. 958; 8 gennaio 1996, n. 2273), ovvero,comunque, alla prevedibile evoluzione economica (Cassazione16 novembre 1993, n. 11326) delle attività svolte in costanza dimatrimonio.Ciò non implica che in sede di revisione dell’assegno didivorzio debba essere compiuta una nuova determinazionedella misura dell’assegno sulla base di tutti i criteri indicatidall’articolo 5 della legge 899 del 1970, in quanto ilriferimento alla sopravvenienza dei giustificati motivi(contenuto nell’articolo 9 della stessa legge) comporta lavalorizzazione, unicamente, delle variazioni redditualiintervenute successivamente al divorzio (Cassazione 26

novembre 1998, n. 12010) e, quindi, della loro idoneità amutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con ilprovvedimento attributivo dell’assegno (o con un precedenteprovvedimento di modifica), ferme rimanendo tutte le altrevalutazioni compiute ai sensi del suddetto art. 5 nellaliquidazione dell’assegno.Non si ravvisano ragioni per discostarsi da tale indirizzointerpretativo, che appare in linea con l’esigenza di tuteladelle aspettative del coniuge economicamente più debole,sorte durante il matrimonio e pregiudicate dagli effetti dellasua cessazione, alle quali la legge 74 del 1987 ha inteso dareparticolare tutela.In tale ottica interpretativa, come questa Corte ha giàaffermato (Cassazione 28 gennaio 2000, n. 958), il legislatore,subordinando la revisione dell’assegno alla sopravvenienza digiustificati motivi nel senso sopra detto, non ha intesostabilire un automatismo fra i miglioramenti della situazioneeconomica del coniuge obbligato, successivi al divorzio, el’aumento dell’assegno. Ciò, in primo luogo perché, ove la richiesta di modifica vengaa fondarsi unicamente su tali miglioramenti, è necessario chesi valuti se ed in quale misura il coniuge che richiede larivalutazione dell’assegno possa ritenersi titolare di unaffidamento a un tenore di vita correlato a dettimiglioramenti, in relazione alla loro natura. In particolare,occorre accertare se detti miglioramenti siano rapportabiliall’attività svolta, in costanza di matrimonio, o al tipo diqualificazione professionale dell’onerato.Tra tali incrementi questa Corte ha già affermato (Cassazione18 marzo 1996, cit.) che non possono ricomprendersi imiglioramenti dovuti ad eredità ricevute dall’onerato dopo ildivorzio, e questo collegio ritiene di dovere confermare taleindirizzo, risultando i relativi incrementi reddituali privi dicollegamento con la situazione economica dei coniugi duranteil matrimonio e con il reciproco contributo datosi nel corso diesso. Le aspettative ereditarie sono infatti, sino al momentodell’apertura della successione, prive, di per sé, di valenza sultenore di vita matrimoniale e giuridicamente inidonee afondare affidamenti economici. Con la conseguenza che,mentre le successioni ereditarie che si verifichino in costanzadi convivenza coniugale, incidendo sul tenore di vitamatrimoniale, concorrono a determinare la quantificazionedell’assegno dovuto dal coniuge onerato, quelle che siverifichino dopo non sono idonee ad essere valutate, sottodetto profilo, secondo i principi sopra indicati.Nel caso di specie l’odierna resistente aveva richiesto lamodifica dell’assegno di divorzio sia sotto il profilo delpeggioramento della propria situazione economica, sia sotto ilprofilo del miglioramento di quella dell’ex marito, per avereegli ereditato alcuni beni immobili dalla madre. La Corte di appello ha respinto la domanda in relazione aldedotto peggioramento della situazione economica della exmoglie, ritenendo insussistenti le condizioni per accoglierla inrelazione agli elementi allegati. L’ha accolta, invece, inrelazione all’avvenuto miglioramento della situazioneeconomica dell’ex marito in correlazione all’eredità ricevuta,respingendo implicitamente la domanda del coniuge onoratodi soppressione o riduzione dell’assegno.Con riferimento a tali statuizioni la Corte di appello dovràpertanto rivalutare la situazione sulla base del principiosecondo il quale «le successioni ereditarie ricevute dopo ildivorzio dal soggetto onorato del pagamento di un assegnodivorzile, in mancanza di un peggioramento della situazioneeconomica del soggetto beneficiario dell’assegno, non sonoidonee a giustificare l’aumento dell’assegno, concorrendo ilrelativo incremento patrimoniale unicamente nellavalutazione della capacità economica dell’obbligato a pagarel’assegno già in atto».Ne deriva l’accoglimento del primo motivo.(omissis)

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 45

GIURISPRUDENZA

ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMILIARE

Il coniuge assegnatario dell’abitazione coniugale non puòesperire l’’azione revocatoria a tutela dell’assegnazione dellacasa familiare venduta dal coniuge proprietario.Cass. sez. II, 22 maggio 2007, n. 11830

Pur non potendosi disconoscere che nel concetto di credi-to rientrano non solo situazioni giuridiche aventi ad oggettola prestazione di dare somme di denaro., ma anche quelleinerenti a prestazioni di fare, o di non fare, ovvero di conse-gna o rilascio, dal collegamento tra l’art. 2901, c.c., delinean-te i presupposti dell’azione revocatoria. e l’art. 2902, c.c., in-dicante i possibili effetti della pronuncia favorevole, si dedu-ce che l’azione, c.d. pauliana, non tutela l’esecuzione in for-ma specifica ed obbligazioni diverse da quelle pecuniarie,ma ha la sola funzione di ricostituire la garanzia genericaassicurata al creditore ex art. 2740, c.c., dal patrimonio deldebitore, nel caso in cui la consistenza di esso sia stata ri-dotta, da uno o più atti dispositivi, al punto da pregiudicarela realizzazione coattiva del diritto del creditore, ed è corre-lata all’esercitabilità al suo esito dell’azione esecutiva, a nor-ma dell’art. 602 e ss., c.p.c., sul bene od i beni il cui trasferi-mento abbia pregiudicato le ragioni del creditore (cfr.: cass.civ., sez. II, sent. 25 maggio 2001, n. 7127; cass. civ., sez. I,sent. 19 dicembre 1996, n. 11349 ; cass. civ ., sez. II, sent. 18febbraio 1991, n. 1691).

In coerenza con detta funzione conservativa della garan-zia patrimoniale, l’azione non determina, ove esperita vitto-riosamente, il travolgimento dell’atto di disposizione postoin essere dal debitore, come si era dubitato nella vigenzadell’art. 1235, c.c. 1865, ma soltanto la sua inefficacia relati-va, consentendo al solo creditore che abbia agito per la revo-ca di procedere nei limiti del suo diritto di credito all’espro-priazione contro il terzo divenuto proprietario del bene alie-nato con le formalità specificamente previste per detta ese-cuzione e di essere preferito nel soddisfacimento della suapretesa rispetto ai creditori di quest’ultimo.

Attraverso l’istituto della revocazione non è conseguente-mente possibile ottenere la tutela specifica del diritto all’abi-tazione nella casa familiare, attribuito al coniuge con il prov-vedimento di assegnazione emanato in un giudizio di sepa-razione personale o di cessazione degli effetti civili del ma-trimonio, nei confronti del terzo acquirente dell’immobiledall’altro coniuge che ne era proprietario, né in via di azionemediante la richiesta di inibire all’acquirente di chiederne laconsegna in conseguenza dell’atto di acquisto (cfr.: cass. civ.,sez. I, sent. 8 aprile 2003, n. 5455) e né in via di eccezione al-l’esecuzione per rilascio da questo promossa.

DIRITTO PENALE DELLA FAMIGLIA

Violazione di obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.)

Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare non ècorrelato al semplice inadempimento dell’obbligazione dimantenimento coniugale stabilita dal giudice della separazioneCass. pen. sez. VI, Sezione VI, 4 aprile 2007 n. 14103

In regime di separazione personale tra coniugi, stante ladiversa natura dell’assegno di mantenimento, volto a con-servare la situazione patrimoniale quale era in seno al ma-trimonio, non vi è interdipendenza tra il reato di cui all’arti-

colo 570, comma 2, n. 2, del Cp e l’assegno liquidato dal giu-dice civile sia che tale assegno venga corrisposto sia che nonvenga corrisposto agli aventi diritto. Il provvedimento delgiudice civile, infatti, non fa stato nel processo penale né inordine alle condizioni economiche dell’obbligato né perquanto riguarda lo stato di bisogno degli aventi diritto, circo-stanze che devono essere entrambe accertate in concreto.

Di conseguenza, la mancata corresponsione, specie oveparziale, dell’assegno di mantenimento non rende, per ciòsolo, responsabile l’obbligato del reato di cui all’articolo 570,comma 2, n. 2, del Cp, mentre anche il completo adempi-mento dell’obbligo civile potrebbe lasciare spazio alla confi-gurabilità del reato suddetto, dovendosi distinguere dallenozioni civilistiche di “mantenimento” e di “alimenti” quelladei mezzi di sussistenza, che si identifica in ciò che è stret-tamente indispensabile, a prescindere dalle condizioni so-ciali o di vita pregressa degli aventi diritto, come il vitto, l’a-bitazione, i canoni per utenze indispensabili, i medicinali, lespese per l’istruzione e il vestiario.

Sottrazione di incapaci (art. 574 c.p.)

Il reato di sottrazione di incapaci può concorrere con quello disequestro di personaCass. pen. sez. VI, 4 aprile 2007, n. 14102

Il reato di cui all’articolo 574 del Cp, che punisce la sottra-zione di persone incapaci, può concorrere con il reato di se-questro di persona previsto dall’articolo 605 del Cp, poichéanche il minore è titolare del bene giuridico della libertàpersonale, costituzionalmente garantito, che può essere lesoda qualsiasi apprezzabile limitazione della libertà stessa, in-tesa quale possibilità di movimento privo di costrizioni.

FILIAZIONE NATURALE

Alla dichiarazione giudiziale di paternità naturale puòcontraddire autonomamente chiunque vi abbia interesseCass. sez. I, 3 aprile 2007, n. 8355

In tema di azione per la dichiarazione giudiziale di pater-nità o maternità naturale l’ultimo comma dell’articolo 276del Cc (in base al quale alla domanda può contraddirechiunque vi abbia interesse) configura una forma di inter-vento principale autonomo, ai sensi dell’articolo 105, comma1, del Ccp e non meramente adesivo.

HANDICAP

Anche il coniuge di una persona disabile ha diritto al congedoretribuitoCorte cost. 8 maggio 2007, n. 158

E’ costituzionalmente illegittimo l’articolo 42, comma 5,del D.lgs n. 151 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legi-slative in materia di tutela e sostegno alla maternità e allapaternità a norma dell’art. 15 delle legge 8 marzo 2000, n. 53)nella parte in cui non prevede l’estensione del diritto al con-gedo straordinario retribuito, al coniuge del soggetto grave-mente disabile.

MANTENIMENTO

Ai fini della valutazione sull’entità dell’assegno di

Massimario di diritto di famiglia

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GIURISPRUDENZA

mantenimento il giudice deve valutare non solo i redditi delleparti ma anche tutti gli altri elementi suscettibili di incideresulle condizioni delle partiCass. sez. I, 24 aprile 2007, 9915

In tema di separazione tra coniugi, al fine della quantifi-cazione dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge,al quale non sia addebitabile la separazione, il giudice delmerito deve accertare quale indispensabile elemento di rife-rimento ai fini della valutazione di congruità dell’assegno, iltenore di vita del quale i coniugi avevano goduto durante laconvivenza, quale situazione condizionante la qualità e laquantità delle esigenze del richiedente, accertando le dispo-nibilità patrimoniali dell’onerato. A tal fine, detto giudicenon può limitarsi a considerare soltanto il reddito (sia puremolto elevato) emergente dalla documentazione fiscale pro-dotta, ma deve tenere conto anche degli altri elementi di or-dine economico, o comunque apprezzabili in termini econo-mici, diversi dal reddito dell’onerato, suscettibili di incideresulle condizioni delle parti (quali la disponibilità di un consi-stente patrimonio, anche mobiliare, e la conduzione di unostile di vita particolarmente agiato e lussuoso), dovendo, incaso di specifica contestazione della parte, effettuare i dovu-ti approfondimenti - anche, se del caso, attraverso indaginidi polizia tributaria - rivolti ad un pieno accertamento dellerisorse economiche dell’onerato (incluse le disponibilità mo-netarie e gli investimenti in titoli obbligazionari ed azionaried in beni mobili), avuto riguardo a tutte le potenzialità deri-vanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività,di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere e difondate aspettative per il futuro; e, nell’esaminare la posi-zione del beneficiario, deve prescindere dal considerare co-me posta attiva, significativa di una capacità reddituale,l’entrata derivante dalla percezione dell’assegno di separa-zione. Tali accertamenti si rendono altresì necessari in ordi-ne alla determinazione dell’assegno di mantenimento in fa-vore del figlio minore, atteso che anch’esso deve esserequantificato, tra l’altro, considerando le sue esigenze in rap-porto al tenore di vita goduto in costanza di convivenza conentrambi i genitori e le risorse ed i redditi di costoro.

PENSIONE DI REVERSIBILITÀ

Ai fini della ripartizione della pensione di reversibilità tra exconiuge e coniuge superstite può tenersi conto anche dielementi diversi dalla semplice durata del matrimonio.Cass. sez. I, 9 maggio 2007, n. 10638

A norma dell’art. 9, comma 3, della legge n. 898 del 1970,nel testo novellato dall’art. 13 l. n. 74 del 1987, la ripartizionedella pensione di reversibilità tra il coniuge superstite e l’exconiuge devo essere compiuta “tenendo conto della duratadel rapporto” matrimoniale di ciascun coniuge.

Tale criterio, sulla base degli elementi interpretativi indi-viduati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 419 del1999, deve ritenersi non si ponga come. unico ed esclusivoparametro al quale conformarsi automaticamente ed in ba-se ad un mero calcolo matematico, potendo essere correttoda altri criteri, da individuare nell’ambito dell’art. 5 dellalegge n. 898 del 1970 (Caso. 29 gennaio 2002, n. 1057), tenutoconto del carattere solidaristico proprio della pensione di re-versibilità e in relazione alle particolarità del caso concreto(Case. 10 ottobre 2003, n. 15164), fermo restando che alla du-rata del matrimonio “può essere riconosciuto valore prepon-derante e il più delle volte decisivo” (Corte cost., sentenza n.419 del 1999) nella ripartizione della pensione.

Deve quindi tenersi anche conto delle condizioni econo-miche di entrambi gli ex coniugi (Casa. 9 marzo 2006, n.5060), dell’assegno goduto dal coniuge divorziato (Cass. 16dicembre 2004, n. 23379; 5 maggio 2004, n. 8554; 19 febbraio2003, n. 2471), dei periodi di convivenza prematrimoniale(Cass. 7 marzo 2006, n. 4867; 22 dicembre 2005, n. 28478; 16dicembre 2004, n. 23379; 10 ottobre 2003, n. 15148), e di ognialtro elemento desumibile dall’art. 5 della legge n. 898 del1970, ivi compreso il contributo dato da ciascun coniuge, du-rante i rispettivi matrimoni, alla famiglia. Non tutti tali ele-menti, peraltro, debbono necessariamente essere valutati inuguale misura, rientrando nella valutazione del giudice dimerito la determinazione della loro rilevanza in concreto

(Cass. 14 settembre 2004, n. 6272; 30 marzo 2004, n. 6272).La correzione del criterio di massima, dettato dal legisla-

tore, della durata del matrimonio, peraltro, può essere com-piuta unicamente e nei limiti necessari per evitare che il co-niuge divorziato sia privato dei mezzi necessari a mantene-re il tenore di vita che gli avrebbe dovuto assicurare (o con-tribuire ad assicurare) nel tempo l’assegno di divorzio, ed ilsecondo coniuge del tenore di vita che il “de cuius” gli assi-curava (o contribuiva ad assicurargli) in vita (Cass. 10 gen-naio 2001, n. 282). E ciò, comunque, non con carattere di as-solutezza, costituendo gli elementi desumibili dall’art. 5 an-che il limite giuridico a tale aspettativa,che potrà restareparzialmente insoddisfatta a causa del concreto ammontaredella pensione di reversibilità - rimanendo garantito a unodei coniugi solo il soddisfacimento di minori esigenze di vi-ta, sia in relazione alla del tutto esigua durata del suo matri-monio rispetto al matrimonio dell’altro coniuge, sia sulla ba-se degli elementi di valutazione complessiva, fra i quali ilcontributo dato da un coniuge rispetto all’altro alla condu-zione familiare, con particolare riferimento alla crescita ededucazione dei figli a lui affidati in regime di separazione edi divorzio.

REGIME PATRIMONIALE TRA CONIUGI

Il coniuge che assume un’obbligazione non pone l’altro nellaveste di debitore solidale.Cass. sez. III, 15 febbraio 2007, n. 3471

Nella disciplina del diritto di famiglia, introdotta dalla leg-ge 151/1975, l’obbligazione assunta da un coniuge, per sod-disfare i bisogni familiari, non pone l’altro coniuge nella ve-ste di debitore solidale, difettando una deroga rispetto allaregola generale secondo cui il contratto non produce effettirispetto ai terzi. Il suddetto principio opera indipendente-mente dal fatto che i coniugi si trovino in regime di comu-nione dei beni, essendo la circostanza rilevante solo sotto ildiverso profilo della invocabilità da parte del creditore dellagaranzia dei beni della comunione o del coniuge non stipu-lante, nei casi e nei limiti di cui agli artt. 189 e 190 (nuovo te-sto) c.c.

Nella disciplina del diritto di famiglia, in relazione alle ob-bligazioni contratte da uno solo dei coniugi nell’interessedella famiglia, il creditore che, ai sensi dell’art. 189 c.c., vo-glia agire anche nei confronti del coniuge dello stipulante,deve dimostrare non solo che il convenuto è coniuge dellostipulante, ma anche che i beni della comunione non sonosufficienti ad estinguere l’obbligazione e che l’unico debitoreprincipale, il coniuge stipulante, non abbia adempiuto l’ob-bligazione, assunta esclusivamente a suo carico.

In materia di rapporti patrimoniali tra coniugi, il con-traente che ha contrattato con uno solo dei coniugi può in-vocare il principio dell’apparenza del diritto, al fine di soste-nere il suo ragionevole affidamento sul fatto che questi agis-se anche in nome e per conto dell’altro coniuge solo qualorasi verifichino le seguenti condizioni: a) uno stato di fatto noncorrispondente allo stato di diritto; b) il ragionevole convin-cimento del contraente, derivante da errore scusabile, che lostato di fatto rispecchiasse la realtà giuridica; ne consegueche, per poter invocare il principio dell’apparenza del dirittoil terzo deve comunque poter provare la propria buona fedee la ragionevolezza dell’affidamento, non essendo invocabileil principio in questione da chi versi in colpa per aver omes-so di accertare, in contrasto con la stessa legge oltre che conle norme di comune prudenza, la realtà delle cose.

RESPONSABILITÀ

Il danno non patrimoniale va risarcito nei casi previsti dallelegge ordinaria e nei casi di lesione di valori tutelati dallaCostituzione.Cass. sez. III, 20 aprile 2007 n. 9510

Non forma oggetto di tutela una generica categoria didanno esistenziale nella quale far confluire fattispecie nonpreviste dall’articolo 2059 del Cc e non ricavabili dall’inter-pretazione costituzionale, ma il danno non patrimonialedeve essere risarcito, oltre che nei casi previsti dalla leggeordinaria, anche nei casi di lesione di valori della persona

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 47

GIURISPRUDENZA

umana costituzionalmente protetti, quali la salute, la fami-glia, la reputazione, la libertà di pensiero.

Come già affermato dalla recente sentenza n. 23918/2006,la responsabilità aquilana va ricondotta nell’ambito della bi-polarità prevista dal “codice vigente” tra danno patrimoniale(art. 2043 c.c. ) e danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.); fer-ma la tipicità prevista da quest’ultima norma, il danno nonpatrimoniale deve essere risarcito non solo nei casi previstidalla legge ordinaria, ma anche nei casi di lesione di valoridella persona umana costituzionalmente protetti (quali lasalute, la famiglia, la reputazione, la libertà di pensiero) aiquali va riconosciuta la tutela minima, che è quella risarci-toria; ne consegue che non può formare oggetto di tutelauna generica categoria di “danno esistenziale” nella qualefar confluire fattispecie non previste dalla norma e non rica-vabili dall’interpretazione costituzionale dell’art. 2059 c.c .

Pertanto, qualora, in relazione ad una lesione del bene allasalute, sia stato liquidato il <<danno biologico>>, che inclu-de ogni pregiudizio diverso da quello consistente nella dimi-nuzione o nella perdita della capacità di produrre reddito, ivicompresi il danno estetico e il danno alla vita di relazione,non v’è luogo per una duplicazione liquidatoria della stessavoce di danno, sotto la categoria generica del “danno esi-stenziale” (in senso conf. Cass. 11761/06 e 15022/05 ).

Mentre il danno biologico della persona deceduta inconseguenza ed immediatamente dopo un sinistro non èrisarcibile iure ereditatis, è trasmissibile invece agli eredi ildanno moraleCass. sez. III, 19 febbraio 2007, n. 3760

In tema di risarcimento del danno, nel caso di lesionimortali che abbiano determinato in capo alla vittima brevespazio di sopravvivenza (non importa se in stato di luciditào di coma), ne è esclusa la risarcibilità iure hereditatis comedanno reale non patrimoniale di natura biologica.

Il danno morale subito dalla persona deceduta in seguitoalla lesione penalmente rilevante è trasmissibile agli eredicome posta risarcitoria in virtù del principio informatoredell’integrale risarcimento di tale tipo di danno. Infatti, l’in-tegrità morale della persona possiede valenza costituzionaledi inviolabilità, da cui l’autonomia ontologica di tale danno,onde la doverosità di una adeguata considerazione ai fini delriconoscimento della posta risarcitoria non patrimoniale edella sua trasmissibilità iure hereditatis.

SEPARAZIONE E DIVORZIO. ASPETTI PROCESSUALI

Le sentenze della corte d’appello in materia di separazione edivorzio sono ricorribili per cassazione ai sensi dell’art. 360c.p.c. ancorché emesse in camera di consiglio.Cass. sez. I, 9 maggio 2007, n. 10638

A norma dell’art. 360 c.p.c., infatti, tutte le sentenze, an-corché emesse a seguito di procedimento in camera di con-siglio, sono ricorribili per i motivi ivi indicati, e quindi anche,ai sensi del n. 5 dell’articolo, per omessa, insufficiente o con-traddittoria motivazione circa un punto decisivo della con-troversia.

La mancanza di connessione tra più domande (separazione erestituzione somme) deve essere rilevata o eccepita entro laprima udienza di trattazione.Cass. sez. I, 24 aprile 2007 n. 9915

Proposta nei confronti dei coniugi, nell’ambito di un giu-dizio di separazione personale, soggetto al rito camerale,una domanda di restituzione di somme di denaro o di benimobili, al di fuori delle ipotesi di connessione qualificata dicui agli articoli 31, 32, 34, 35 e 36 del Cpc, la mancanza diuna ragione di connessione idonea a consentire, ai sensi delcomma 3 dell’articolo 40 del Cpc, la trattazione unitaria del-le cause, può essere rilevata dal giudice non oltre la primaudienza, in analogia a quanto disposto dal comma 2 del me-desimo articolo 40, di talché non può essere rilevata d’ufficioper la prima volta in appello al fine di dichiarare l’inammis-sibilità della domanda, esaminata e decisa nel merito in pri-mo grado.

SOTTRAZIONE INTERNAZIONALE DI MINORI

Sulla differenza di tutela per la sottrazione e la violazione deldiritto di visita.Cass. sez. I, 4 aprile 2007, n. 8481

Dall’esame della Convenzione dell’Aja 25 ottobre 1980 siricava che in questa, per le vicende relative alla sottrazioneinternazionale di minore, sono tracciati percorsi assai dif-ferenti in ragione della diversa natura del diritto del geni-tore che si assume leso. In particolare, in caso di violazionedel diritto di custodia attribuito al medesimo genitore invia esclusiva o congiunta, obiettivo della Convenzione èquello di ripristinare la situazione preesistente alla sottra-zione, consentendo al minore stesso di tornare prima chesia possibile, a vivere con il genitore al quale è stato illeci-tamente sottratto. Diversamente, nel caso in cui sia com-promesso il diritto di visita del genitore non affidatario, l’o-biettivo della Convenzione, difettando il presupposto dellailliceità del trasferimento, è garantire a quest’ultimo, conl’ausilio dell’autorità centrale, l’effettività dell’esercizio delsuo diritto o, in alternativa, alla luce del diverso contestoambientale in cui egli sia stato trasferito.

Sulle differenze tra la Convenzione sul riconoscimento delledecisioni in tema di affidamento e la Convenzione sullasottrazione internazionale.Cass. sez. I, 7 marzo 2007, n. 5236

Le norme di cui alla Convenzione di Lussemburgo 20maggio 1980, in materia di riconoscimento ed esecuzionedelle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ri-stabilimento dell’affidamento, e quelle di cui alla Conven-zione de L’Aja 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sot-trazione internazionale di minori, entrambe rese esecutivecon la legge di autorizzazione alla ratifica 64/1994, puravendo la medesima finalità di tutela dell’interesse del mi-nore dal pregiudizio derivante dai trasferimenti indebiti,hanno contenuto, funzione e condizioni di applicazione deltutto diversi: la Convenzione di Lussemburgo presupponeche, anteriormente al trasferimento di un minore attraver-so una frontiera internazionale, sia stata adottata, in unoStato contraente, una decisione esecutiva sull’affidamentoovvero che, successivamente al trasferimento, sia statopronunciato un provvedimento sull’affidamento dichiarati-vo della illiceità del trasferimento stesso; è invece scopoesclusivo della Convenzione de L’Aja il ripristino dello sta-tus quo di residenza del minorenne, da cui deriva l’irrile-vanza di un titolo di affidamento, se non al limitato e prov-visorio fine di legittimare, alle condizioni stabilite dall’art.3 della medesima Convenzione, la persona che svolge difatto la funzione di affidatario a richiedere il rientro delminorenne.

SUCCESSIONI

L’erede che agisce con l’azione di simulazione e con l’azione diriduzione è terzo rispetto all’atto e può provare la simulazionecon ogni mezzo.Cass. sez. II, 26 aprile 2007, n. 9956

Per opinione del tutto prevalente nella giurisprudenza dilegittimità in materia, ai fini della prova della simulazioned’una vendita posta in essere dal de cuius onde dissimula-re una donazione, l’erede può essere considerato terzo ed,in quanto tale, beneficiare delle agevolazioni probatoriepreviste dall’art. 1417 CC ove abbia proposto, contestual-mente all’azione intesa alla dichiarazione della simulazio-ne e facendo valere anche la sua qualità di legittimario sul-la specifica premessa che l’atto dissimulato comporti unalesione del suo diritto personale all’integrità della quota diriserva spettantegli, un’espressa e concreta domanda di ri-duzione della donazione dissimulata, diretta a far dichiara-re, in aggiunta all’appartenenza del bene all’asse eredita-rio, che la quota di riserva di sua pertinenza deve esserecalcolata tenendo conto del bene stesso (Cass. 30.7.02 n.11206, 24.2.00 n. 2093, 21.4.98 n. 4024, 29.5.95 n. 6031,29.10.94 n. 8942, 4.4.92 n. 4140, 6.8.90 n. 7909, 21.12.87 n.9507).

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2007: annoeuropeo delle pari opportunitàper tutti

Il nuovo codice delle pariopportunità

La legge comunitaria 2006(legge 6 febbraio 2007, n. 13)ha delegato il Governo tral’altro ad adottare, entro il

termine di dodici mesi dalla suaentrata in vigore, i decreti legislati-vi necessari per recepire la diretti-va europea n. 54/2006 in materia diattuazione dei principi delle pariopportunità e della parità di tratta-mento fra uomini e donne in ma-teria di occupazione ed impiego. Iltema è importante considerato an-che che la Commissione europeaha dichiarato il 2007 anno delle pa-ri opportunità per tutti.

L’Italia ha già una sua legislazio-ne sulle pari opportunità che an-drà ora aggiornata e rivista peradeguarla alla direttiva 54/2006. Sitratta del decreto legislativo 11aprile 2006, n. 198 – che ha rimessoinsieme norme esistenti - comune-mente conosciuto con il nome dicodice delle pari opportunità.

Ne pubblichiamo il testo per larilevanza che ha nel nostro ordina-mento, nella prospettiva di elimi-nare ogni distinzione, esclusione olimitazione che si fondi sulle diffe-renze di genere.

E’ necessario segnalare ancheche all’interno di questa normativaè contenuta una norma un po’ sco-nosciuta, l’art. 40, in materia di in-versione dell’onere della prova, siapure limitatamente alle procedure

di discriminazione sul lavoro, se-condo cui quando il ricorrente for-nisce elementi di fatto, desunti an-che da dati di carattere statisticorelativi alle assunzioni, ai regimiretributivi, all’assegnazione dimansioni e qualifiche, ai trasferi-menti, alla progressione in carrieraed ai licenziamenti, idonei a fonda-re, in termini precisi e concordanti,la presunzione dell’esistenza di at-ti, patti o comportamenti discrimi-natori in ragione del sesso, spettaal convenuto l’onere della provasull’insussistenza della discrimina-zione.

Si tratta di una disposizione dastudiare e approfondire anche inuna prospettiva più generale dirifondazione di un sistema di re-sponsabilità civile centrato in ge-nerale sulla prova dell’illecito at-traverso la prova della violazionedi una norma di legge; rispetto atale prova spetterò al convenutodimostrare l’insussistenza della di-scriminazione.

Decreto Legislativo 11aprile 2006, n. 198Codice delle pariopportunità tra uomo edonna, a normadell’articolo 6 della legge 246/05 (in Supplemento ordinario n. 133 allaGazzetta Ufficiale, 31 maggio, n. 125)

PREAMBOLO

Il presidente della repubblicaVisto l’articolo 87 della Costituzione;Visto l’articolo 6 della legge 28 novembre 2005,n. 246, recante delega al Governo perl’emanazione di un decreto legislativo per ilriassetto delle disposizioni vigenti in materia dipari opportunità tra uomo e donna, nel qualedevono essere riunite e coordinate tra loro ledisposizioni vigenti per la prevenzione erimozione di ogni forma di discriminazionefondata sul sesso, apportando, nei limiti didetto coordinamento, le modifiche necessarieper garantire la coerenza logica e sistematicadella normativa, anche al fine di adeguare esemplificare il linguaggio normativo;Vista la preliminare deliberazione del Consigliodei ministri, adottata nella riunione dei 24gennaio 2006;Udito il parere del Consiglio di Stato, espressodalla sezione consultiva per gli atti normativinella riunione del 27 febbraio 2006;Acquisito il parere della Conferenza unificata dicui all’articolo 8 del decreto legislativo 28agosto 1997, n. 281;

Considerato che le competenti Commissionidella camera dei deputati e del Senato dellaRepubblica non hanno espresso nei termini dilegge il prescritto parere;Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri,adottata nella riunione del 6 aprile 2006;Sulla proposta del Ministro per le pariopportunità, di concerto con i Ministri per lafunzione pubblica, del lavoro e delle politichesociali, della salute e delle attività produttive;Emana il seguente decreto legislativo:

ARTICOLO 1 Divieto di discriminazione tra uomo e donna (legge 14 marzo 1985, n. 132, articolo 1)1. Le disposizioni del presente decreto hannoad oggetto le misure volte ad eliminare ognidistinzione, esclusione o limitazione basata sulsesso, che abbia come conseguenza, o comescopo, di compromettere o di impedire ilriconoscimento, il godimento o l’esercizio deidiritti umani e delle libertà fondamentali incampo politico, economico, sociale, culturale ecivile o in ogni altro campo.

ARTICOLO 2 Promozione e coordinamento delle politichedi pari opportunità(decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303,articolo 5)1. Spetta al Presidente del Consiglio deiMinistri promuovere e coordinare le azioni diGoverno volte ad assicurare pari opportunità, aprevenire e rimuovere le discriminazioni,nonché a consentire l’indirizzo, ilcoordinamento e il monitoraggio dellautilizzazione dei relativi fondi europei.

ARTICOLO 3 Commissione per le pari opportunità frauomo e donna (decreto legislativo 31 luglio 2003, n. 226,articolo 1)1. La Commissione per le pari opportunità frauomo e donna, istituita presso il Dipartimentoper le pari opportunità, fornisce al Ministro perle pari opportunità, che la presiede, consulenzae supporto tecnico-scientifico nell’elaborazionee nell’attuazione delle politiche di pariopportunità fra uomo e donna, suiprovvedimenti di competenza dello Stato, adesclusione di quelli riferiti alla materia dellaparità fra i sessi nell’accesso al lavoro e sullavoro; in particolare la Commissione:a) formula proposte al Ministro perl’elaborazione delle modifiche della normativastatale necessarie a rimuovere qualsiasi formadi discriminazione, sia diretta che indiretta, neiconfronti delle donne ed a conformarel’ordinamento giuridico al principio di pariopportunità fra uomo e donna, fornendoelementi informativi, documentali, tecnici estatistici, utili ai fini della predisposizione degliatti normativi;b) cura la raccolta, l’analisi e l’elaborazione didati allo scopo di verificare lo stato diattuazione delle politiche di pari opportunitànei vari settori della vita politica, economica esociale e di segnalare le iniziative opportune;c) redige un rapporto annuale per il Ministrosullo stato di attuazione delle politiche di pariopportunità;d) fornisce consulenza tecnica e scientifica inrelazione a specifiche problematiche surichiesta del Ministro o del Dipartimento per le

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pari opportunità;e) svolge attività di studio e di ricerca inmateria di pari opportunità fra uomo e donna.

[Omissis]

ARTICOLO 23 Pari opportunità nei rapporti fra coniugi 1. La materia delle pari opportunità nei rapportifamiliari è disciplinata dal codice civile.

ARTICOLO 24 Violenza nelle relazioni familiari 1. Per il contrasto alla violenza nelle relazionifamiliari si applicano le disposizioni di cui allalegge 4 aprile 2001, n. 154.

ARTICOLO 25 Discriminazione diretta e indiretta (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4, commi1 e 2)1. Costituisce discriminazione diretta, ai sensidel presente titolo, qualsiasi atto, patto ocomportamento che produca un effettopregiudizievole discriminando le lavoratrici o ilavoratori in ragione del loro sesso e,comunque, il trattamento meno favorevolerispetto a quello di un’altra lavoratrice o di unaltro lavoratore in situazione analoga.2. Si ha discriminazione indiretta, ai sensi delpresente titolo, quando una disposizione, uncriterio, una prassi, un atto, un patto o uncomportamento apparentemente neutrimettono o possono mettere i lavoratori di undeterminato sesso in una posizione diparticolare svantaggio rispetto a lavoratoridell’altro sesso, salvo che riguardino requisitiessenziali allo svolgimento dell’attivitàlavorativa, purché l’obiettivo sialegittimo e i mezzi impiegati per il suoconseguimento siano appropriati enecessari.

ARTICOLO 26 Molestie e molestie sessuali (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4,commi 2-bis,2-ter e 2-quater)1. Sono considerate come discriminazionianche le molestie, ovvero queicomportamenti indesiderati, posti inessere per ragioni connesse al sesso,aventi lo scopo o l’effetto di violare ladignità di una lavoratrice o di unlavoratore e di creare un climaintimidatorio, ostile, degradante,umiliante o offensivo.2. Sono, altresì, considerate comediscriminazioni le molestie sessuali,ovvero quei comportamenti indesideratia connotazione sessuale, espressi informa fisica, verbale o non verbale,aventi lo scopo o l’effetto di violare ladignità di una lavoratrice o di unlavoratore e di creare un climaintimidatorio, ostile, degradante,umiliante o offensivo.3. Gli atti, i patti o i provvedimenticoncernenti il rapporto di lavoro deilavoratori o delle lavoratrici vittime deicomportamenti di cui ai commi 1 e 2sono nulli se adottati in conseguenza delrifiuto o della sottomissione aicomportamenti medesimi. Sonoconsiderati, altresì, discriminazioni queitrattamenti sfavorevoli da parte deldatore di lavoro che costituiscono una

reazione ad un reclamo o ad una azione voltaad ottenere il rispetto del principio di parità ditrattamento tra uomini e donne.

ARTICOLO 27 Divieti di discriminazione nell’accesso allavoro (legge 9 dicembre 1977, n. 903, articolo 1,commi 1, 2, 3 e 4; legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4, comma 3)1. È vietata qualsiasi discriminazione fondatasul sesso per quanto riguarda l’accesso allavoro, in forma subordinata, autonoma o inqualsiasi altra forma, indipendentemente dallemodalità di assunzione e qualunque sia ilsettore o il ramo di attività, a tutti i livelli dellagerarchia professionale.2. La discriminazione di cui al comma 1 è vietataanche se attuata:a) attraverso il riferimento allo statomatrimoniale o di famiglia o di gravidanza;b) in modo indiretto, attraverso meccanismi dipreselezione ovvero a mezzo stampa o conqualsiasi altra forma pubblicitaria che indichicome requisito professionale l’appartenenzaall’uno o all’altro sesso.3. Il divieto di cui ai commi 1 e 2 si applicaanche alle iniziative in materia diorientamento, formazione, perfezionamento eaggiornamento professionale, per quantoconcerne sia l’accesso sia i contenuti, nonchéall’affiliazione e all’attività in un’organizzazionedi lavoratori o datori di lavoro, o in qualunqueorganizzazione i cui membri esercitino unaparticolare professione, e alle prestazionierogate da tali organizzazioni.4. Eventuali deroghe alle disposizioni deicommi 1, 2 e 3 sono ammesse soltanto per

mansioni di lavoro particolarmente pesantiindividuate attraverso la contrattazionecollettiva.5. Nei concorsi pubblici e nelle forme diselezione attuate, anche a mezzo di terzi, dadatori di lavoro privati e pubblicheamministrazioni la prestazione richiestadev’essere accompagnata dalle parole«dell’uno o dell’altro sesso», fatta eccezioneper i casi in cui il riferimento al sessocostituisca requisito essenziale per la naturadel lavoro o della prestazione.6. Non costituisce discriminazionecondizionare all’appartenenza ad undeterminato sesso l’assunzione in attività dellamoda, dell’arte e dello spettacolo, quando ciòsia essenziale alla natura del lavoro o dellaprestazione.

ARTICOLO 28 Divieto di discriminazione retributiva (legge 9 dicembre 1977, n. 903, articolo 2)1. La lavoratrice ha diritto alla stessaretribuzione del lavoratore quando leprestazioni richieste siano uguali o di parivalore.2. I sistemi di classificazione professionale aifini della determinazione delle retribuzionidebbono adottare criteri comuni per uomini edonne.

ARTICOLO 29 Divieti di discriminazione nella prestazionelavorativa e nella carriera (legge 9 dicembre 1977, n. 903, articolo 3)1. È vietata qualsiasi discriminazione fra uominie donne per quanto riguarda l’attribuzione

delle qualifiche, delle mansioni e laprogressione nella carriera.

ARTICOLO 30 Divieti di discriminazione nell’accessoalle prestazioni previdenziali (legge 9 dicembre 1977, n. 903, articoli4, 9, 10, 11 e 12)1. Le lavoratrici, anche se in possesso deirequisiti per aver diritto alla pensione divecchiaia, possono optare di continuarea prestare la loro opera fino agli stessilimiti di età previsti per gli uomini dadisposizioni legislative, regolamentari econtrattuali, previa comunicazione aldatore di lavoro da effettuarsi almenotre mesi prima della data diperfezionamento del diritto allapensione di vecchiaia.2. Nell’ipotesi di cui al comma 1 siapplicano alle lavoratrici le disposizionidella legge 15 luglio 1966, n. 604, esuccessive modificazioni, in derogaall’articolo 11 della legge stessa.3. Gli assegni familiari, le aggiunte difamiglia e le maggiorazioni dellepensioni per familiari a carico possonoessere corrisposti, in alternativa, alladonna lavoratrice o pensionata allestesse condizioni e con gli stessi limitiprevisti per il lavoratore o pensionato.Nel caso di richiesta di entrambi igenitori gli assegni familiari, le aggiuntedi famiglia e le maggiorazioni dellepensioni per familiari a carico debbonoessere corrisposti al genitore con il qualeil figlio convive.4. Le prestazioni ai superstiti, erogatedall’assicurazione generale obbligatoria,

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per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti,gestita dal Fondo pensioni per i lavoratoridipendenti, sono estese, alle stesse condizionipreviste per la moglie dell’assicurato o delpensionato, al marito dell’assicurata o dellapensionata.5. La disposizione di cui al comma 4 si applicaanche ai dipendenti dello Stato e di altri entipubblici nonché in materia di trattamentipensionistici sostitutivi ed integratividell’assicurazione generale obbligatoria perl’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti e ditrattamenti a carico di fondi, gestioni ed entiistituiti per lavoratori dipendenti da datori dilavoro esclusi od esonerati dall’obbligodell’assicurazione medesima, per lavoratoriautonomi e per liberi professionisti.6. Le prestazioni ai superstiti previste dal testounico delle disposizioni per l’assicurazioneobbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e lemalattie professionali, approvato con decretodel Presidente della Repubblica 30 giugno1965, n. 1124, e della legge 5 maggio 1976, n.248, sono estese alle stesse condizionistabilite per la moglie del lavoratore al maritodella lavoratrice.

ARTICOLO 31 Divieti di discriminazione nell’accesso agliimpieghi pubblici (legge 9 febbraio 1963, n. 66, articolo 1,comma 1; legge 13 dicembre 1986, n. 874, articoli 1 e 2)1. La donna può accedere a tutte le cariche,professioni ed impieghi pubblici, nei vari ruoli,carriere e categorie, senza limitazione dimansioni e di svolgimento della carriera, salvi irequisiti stabiliti dalla legge.2. L’altezza delle persone non costituiscemotivo di discriminazione nell’accesso acariche, professioni e impieghi pubblici adeccezione dei casi in cui riguardino quellemansioni e qualifiche speciali, per le quali ènecessario definire un limite di altezza e lamisura di detto limite, indicate con decretodel Presidente del Consiglio dei Ministri,sentiti i Ministri interessati, le organizzazionisindacali più rappresentative e laCommissione per la parità tra uomo e donna,fatte salve le specifiche disposizioni relative alCorpo nazionale dei vigili del fuoco.

ARTICOLO 32 Divieti di discriminazione nell’arruolamentonelle forze armate e nei corpi speciali (decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24,articolo 1)1. Le Forze armate ed il Corpo della guardia difinanza si avvalgono, per l’espletamento deipropri compiti, di personale maschile efemminile.

ARTICOLO 33 Divieti di discriminazione nel reclutamentonelle Forze armate e nel Corpo della guardia di finanza (decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24,articolo 2)1. Il reclutamento del personale militarefemminile delle Forze armate e del Corpo dellaguardia di finanza è effettuato su basevolontaria secondo le disposizioni vigenti peril personale maschile, salvo quanto previstoper l’accertamento dell’idoneità al serviziomilitare del personale femminile dai decreti dicui all’articolo 1, comma 5, della legge 20ottobre 1999, n. 380, e salve le aliquoted’ingresso eventualmente previste, in viaeccezionale, con il decreto adottato ai sensidella legge medesima.2. Il personale femminile che frequenta i corsiregolari delle accademie e delle scuole allievimarescialli e allievi sergenti e i corsi diformazione iniziale degli istituti e delle scuoledelle Forze armate, dell’Arma dei carabinieri edel Corpo della guardia di finanza, nonché ilpersonale femminile volontario di truppa infase di addestramento e specializzazioneiniziale, è posto in licenza straordinaria permaternità a decorrere dalla presentazioneall’amministrazione della certificazioneattestante lo stato di gravidanza, fino all’iniziodel periodo di congedo di maternità di cuiall’articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo2001, n. 151. Il periodo di assenza del serviziotrascorso in licenza straordinaria per maternitànon è computato nel limite massimo previstoper le licenze straordinarie.3. Il personale femminile che frequenta i corsiregolari delle accademie e delle scuole allievimarescialli e allievi sergenti e i corsi diformazione iniziale degli istituti e delle scuoledelle Forze armate, dell’Arma dei carabinieri edel Corpo della guardia di finanza, posto in

licenza straordinaria per maternità ai sensi delcomma 2, può chiedere di proseguire ilperiodo formativo con esenzione di qualsiasiattività fisica, fino all’inizio del periodo delcongedo di maternità di cui all’articolo 16 deldecreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.L’accoglimento della domanda è disposto dalComandante di corpo, in relazione agliobiettivi didattici da conseguire e previoparere del dirigente del servizio sanitariodell’istituto di formazione.4. La licenza straordinaria per maternità di cuial comma 3 è assimilata ai casi di estensionedel divieto di adibire le donne al lavoroprevisti dall’articolo 17, comma 2, lettera c), deldecreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Alpersonale femminile, nel predetto periodo diassenza, è attribuito il trattamento economicodi cui all’articolo 22 del decreto legislativo 26marzo 2001, n. 151, ovvero, qualora piùfavorevole, quello stabilito dai provvedimentiprevisti dall’articolo 2, commi 1 e 2, del decretolegislativo 12 maggio 1995, n. 195.5. Il personale militare femminileappartenente alle Forze armate, all’Arma deicarabinieri e alla Guardia di finanza che, aisensi degli articoli 16 e 17 del decretolegislativo n. 151 del 2001, non possafrequentare i corsi previsti dalle relativenormative di settore, è rinviato al primo corsoutile successivo e, qualora lo superi con esitofavorevole, assume l’anzianità relativa al corsooriginario di appartenenza.

ARTICOLO 34 Divieto di discriminazione nelle carrieremilitari (decreto legislativo 31 gennaio 2000, n. 24,articoli 3, 4 e 5)1. Lo stato giuridico del personale militarefemminile è disciplinato dalle disposizionivigenti per il personale militare maschile delleForze armate e del Corpo della guardia difinanza.2. L’avanzamento del personale militarefemminile è disciplinato dalle disposizionivigenti per il personale militare maschile delleForze armate e del Corpo della guardia difinanza.3. Le amministrazioni interessate disciplinanogli specifici ordinamenti dei corsi presso leaccademie, gli istituti e le scuole di formazionein relazione all’ammissione ai corsi stessi delpersonale femminile.

ARTICOLO 35 Divieto di licenziamento per causa dimatrimonio (legge 9 gennaio 1963, n. 7, articoli 1, 2 e 6)1. Le clausole di qualsiasi genere, contenutenei contratti individuali e collettivi, o inregolamenti, che prevedano comunque larisoluzione del rapporto di lavoro dellelavoratrici in conseguenza del matrimoniosono nulle e si hanno per non apposte.2. Del pari nulli sono i licenziamenti attuati acausa di matrimonio.3. Salvo quanto previsto dal comma 5, sipresume che il licenziamento della dipendentenel periodo intercorrente dal giorno dellarichiesta delle pubblicazioni di matrimonio, inquanto segua la celebrazione, a un anno dopola celebrazione stessa, sia stato disposto percausa di matrimonio.4. Sono nulle le dimissioni presentate dallalavoratrice nel periodo di cui al comma 3, salvoche siano dalla medesima confermate entro un

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mese alla Direzione provinciale del lavoro.5. Al datore di lavoro è data facoltà di provareche il licenziamento della lavoratrice, avvenutonel periodo di cui al comma 3, è statoeffettuato non a causa di matrimonio, ma peruna delle seguenti ipotesi:a) colpa grave da parte della lavoratrice,costituente giusta causa per la risoluzione delrapporto di lavoro;b) cessazione dell’attività dell’azienda cui essaè addetta;c) ultimazione della prestazione per la quale lalavoratrice è stata assunta o di risoluzione delrapporto di lavoro per la scadenza del termine.6. Con il provvedimento che dichiara la nullitàdei licenziamenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 èdisposta la corresponsione, a favore dellalavoratrice allontanata dal lavoro, dellaretribuzione globale di fatto sino al giornodella riammissione in servizio.7. La lavoratrice che, invitata a riassumereservizio, dichiari di recedere dal contratto, hadiritto al trattamento previsto per ledimissioni per giusta causa, ferma restando lacorresponsione della retribuzione fino alladata del recesso.8. A tale scopo il recesso deve essereesercitato entro il termine di dieci giorni dalricevimento dell’invito.9. Le disposizioni precedenti si applicano siaalle lavoratrici dipendenti da imprese privatedi qualsiasi genere, escluse quelle addette aiservizi familiari e domestici, sia a quelledipendenti da enti pubblici, salve le clausoledi miglior favore previste per le lavoratrici neicontratti collettivi ed individuali di lavoro enelle disposizioni legislative e regolamentari.

ARTICOLO 36 Legittimazione processuale (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4, commi4 e 5)1. Chi intende agire in giudizio per ladichiarazione delle discriminazioni ai sensidell’articolo 25 e non ritiene di avvalersi delleprocedure di conciliazione previste daicontratti collettivi, può promuovere iltentativo di conciliazione ai sensi dell’articolo410 del codice di procedura civile o,rispettivamente, dell’articolo 66 del decretolegislativo 30 marzo 2001, n. 165, anche tramitela consigliera o il consigliere di paritàprovinciale o regionale territorialmentecompetente.2. Ferme restando le azioni in giudizio di cuiall’articolo 37, commi 2 e 4, le consigliere o iconsiglieri di parità provinciali e regionalicompetenti per territorio hanno facoltà diricorrere innanzi al tribunale in funzione digiudice del lavoro o, per i rapporti sottopostialla sua giurisdizione, al tribunaleamministrativo regionale territorialmentecompetenti, su delega della persona che vi hainteresse, ovvero di intervenire nei giudizipromossi dalla medesima.

[Omissis]

ARTICOLO 38 Provvedimento avverso le discriminazioni (legge 9 dicembre 1977, n. 903, articolo 15;legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4, comma 13)1. Qualora vengano posti in esserecomportamenti diretti a violare le disposizionidi cui all’articolo 27, commi 1, 2, 3 e 4, e di cuiall’articolo 5 della legge 9 dicembre 1977, n.

903, su ricorso del lavoratore o per sua delegadelle organizzazioni sindacali o dellaconsigliera o del consigliere di paritàprovinciale o regionale territorialmentecompetente, il tribunale in funzione di giudicedel lavoro del luogo ove è avvenuto ilcomportamento denunziato, nei due giornisuccessivi, convocate le parti e assuntesommarie informazioni, se ritenga sussistentela violazione di cui al ricorso, oltre aprovvedere, se richiesto, al risarcimento deldanno anche non patrimoniale, nei limiti dellaprova fornita, ordina all’autore delcomportamento denunciato, con decretomotivato ed immediatamente esecutivo, lacessazione del comportamento illegittimo e larimozione degli effetti.2. L’efficacia esecutiva del decreto non puòessere revocata fino alla sentenza con cui ilgiudice definisce il giudizio instaurato a normadel comma seguente.3. Contro il decreto è ammessa entro quindicigiorni dalla comunicazione alle partiopposizione davanti al giudice che decide consentenza immediatamente esecutiva. Siosservano le disposizioni degli articoli 413 eseguenti del codice di procedura civile.4. L’inottemperanza al decreto di cui al primocomma o alla sentenza pronunciata nelgiudizio di opposizione è punita ai sensidell’articolo 650 del codice penale.5. Ove le violazioni di cui al primo commariguardino dipendenti pubblici si applicano lenorme previste in materia di sospensionedell’atto dall’articolo 21, ultimo comma, dellalegge 6 dicembre 1971, n. 1034.6. Ferma restando l’azione ordinaria, ledisposizioni di cui ai commi da 1 a 5 siapplicano in tutti i casi di azione individuale ingiudizio promossa dalla persona che vi abbiainteresse o su sua delega da un’organizzazionesindacale o dalla consigliera o dal consigliereprovinciale o regionale di parità.

ARTICOLO 39 Ricorso in via d’urgenza (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4,comma 14)1. Il mancato espletamento del tentativo diconciliazione previsto dall’articolo 410 delcodice di procedura civile non preclude laconcessione dei provvedimenti di cui agliarticoli 37, comma 4, e 38.

ARTICOLO 40 Onere della prova (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4,comma 6)1. Quando il ricorrente fornisce elementi difatto, desunti anche da dati di caratterestatistico relativi alle assunzioni, ai regimiretributivi, all’assegnazione di mansioni equalifiche, ai trasferimenti, alla progressione incarriera ed ai licenziamenti, idonei a fondare,in termini precisi e concordanti, la presunzionedell’esistenza di atti, patti o comportamentidiscriminatori in ragione del sesso, spetta alconvenuto l’onere della provasull’insussistenza della discriminazione.

ARTICOLO 41 Adempimenti amministrativi e sanzioni (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4,comma 12; legge 9 dicembre 1977, n. 903, articolo 16, comma 1)1. Ogni accertamento di atti, patti ocomportamenti discriminatori ai sensi degli

articoli 25 e 26, posti in essere da soggetti aiquali siano stati accordati benefici ai sensidelle vigenti leggi dello Stato, ovvero cheabbiano stipulato contratti di appaltoattinenti all’esecuzione di opere pubbliche, diservizi o forniture, viene comunicatoimmediatamente dalla direzione provincialedel lavoro territorialmente competente aiMinistri nelle cui amministrazioni sia statadisposta la concessione del beneficio odell’appalto. Questi adottano le opportunedeterminazioni, ivi compresa, se necessario, larevoca del beneficio e, nei casi più gravi o nelcaso di recidiva, possono deciderel’esclusione del responsabile per un periododi tempo fino a due anni da qualsiasi ulterioreconcessione di agevolazioni finanziarie ocreditizie ovvero da qualsiasi appalto. Taledisposizione si applica anche quando si trattidi agevolazioni finanziarie o creditizie ovverodi appalti concessi da enti pubblici, ai quali ladirezione provinciale del lavoro comunicadirettamente la discriminazione accertata perl’adozione delle sanzioni previste. Ledisposizioni del presente comma non siapplicano nel caso sia raggiunta unaconciliazione ai sensi degli articoli 36, comma1, e 37, comma 1.2. L’inosservanza delle disposizioni contenutenegli articoli 27, commi 1, 2 e 3, 28, 29, 30,commi 1, 2, 3 e 4, è punita con l’ammenda da103 euro a 516 euro.

ARTICOLO 42 Adozione e finalità delle azioni positive (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 1, commi1 e 2)1. Le azioni positive, consistenti in misurevolte alla rimozione degli ostacoli che di fattoimpediscono la realizzazione di pariopportunità, nell’ambito della competenzastatale, sono dirette a favorire l’occupazionefemminile e realizzate l’uguaglianzasostanziale tra uomini e donne nel lavoro.2. Le azioni positive di cui al comma 1 hannoin particolare lo scopo di:a) eliminare le disparità nella formazionescolastica e professionale, nell’accesso allavoro, nella progressione di carriera, nellavita lavorativa e nei periodi di mobilità;b) favorire la diversificazione delle scelteprofessionali delle donne in particolareattraverso l’orientamento scolastico eprofessionale e gli strumenti dellaformazione;c) favorire l’accesso al lavoro autonomo e allaformazione imprenditoriale e la qualificazioneprofessionale delle lavoratrici autonome edelle imprenditrici;d) superare condizioni, organizzazione edistribuzione del lavoro che provocano effettidiversi, a seconda del sesso, nei confronti deidipendenti con pregiudizio nella formazione,nell’avanzamento professionale e di carrieraovvero nel trattamento economico eretributivo;e) promuovere l’inserimento delle donnenelle attività, nei settori professionali e neilivelli nei quali esse sono sottorappresentatee in particolare nei settori tecnologicamenteavanzati ed ai livelli di responsabilità;f) favorire, anche mediante una diversaorganizzazione del lavoro, delle condizioni edel tempo di lavoro, l’equilibrio traresponsabilità familiari e professionali e unamigliore ripartizione di tali responsabilità tra idue sessi.

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La famiglia in Italia (Rapporto 2007)

Pubblichiamo parte del rapporto che l’Istat e il Dipartimentoper le politiche della famiglia hanno curato per la Conferenzanazionale della famiglia tenutasi a Firenze dal 24 al 26 mag-gio 2007.

LA FAMIGLIA: CARATTERISTICHE E BISOGNI

1. Meno matrimoni e in età più avanzataII numero di matrimoni (250.979 rilevati nel 2005) è in

diminuzione dal 1972, anno in cui si sono registrati po-co meno di 419 mila matrimoni. Il tasso di nuzialità èpari 4,3 matrimoni per 1.000 abitanti. È cresciuta sial’età al primo matrimonio delle donne (30) che degliuomini (32), 4 anni in più dell’età media dei loro geni-tori. La quota dei matrimoni successivi al primo è inaumento e si è attestata sul 12,2% (rispetto all’8,3% del1995), mentre quella dei matrimoni religiosi è in dimi-nuzione (67,6%, era l’80% nel 1995). Cresce la quota dicoppie che non scelgono la comunione dei beni (56%)al momento del matrimonio (rispetto al 40,9% del1995). Emergono differenze territoriali, il Sud presentaancora un tasso di nuzialità più alto e una età al matri-monio più bassa. Più elevata la quota di secondi matri-moni al Nord, mentre il Sud continua a presentare piùmatrimoni religiosi e una quota maggioritaria di cop-pie in comunione di beni.

2. Italia, Paese a bassa feconditàII numero medio di figli per donna è 1,3 e da 20 anni

l’Italia presenta valori non superiori a 1,4, ma il nume-ro di figli desiderato è molto più alto: 2,1. Le differenzetra Nord e Sud si sono praticamente annullate, grazieal lieve incremento della fecondità al Nord e al Centro(da 1,05 a 1,37 e da 1,07 a 1,29 nell’ultimo decennio) al-la contemporanea diminuzione al Sud (dal,41 a 1,33).Trento e Bolzano sono le più prolifiche, la Sardegnapresenta la fecondità più bassa. L’età alla nascita dei fi-gli ha raggiunto 30,8 per le donne e 34,6 per gli uomini,come effetto della posticipazione dell’uscita dei giovanidalla famiglia di origine. Aumentano le nascite naturaliche hanno raggiunto il 13,7% e sono quasi raddoppiatein 10 anni. I valori più alti sono relativi alla Val d’Aosta,

Bolzano e Emilia-Romagna. I più bassi emergono in Ba-silicata, Molise, Calabria.

3. Crescono matrimoni e nascite della popolazioneimmigrata

Gli immigrati residenti in Italia sono più di 2 milioni700 mila. I minori sono circa 600 mila, il 22% della po-polazione immigrata.

Con l’aumento della popolazione straniera crescono imatrimoni con almeno uno sposo straniero raggiun-gendo il 12,3% del totale (erano solo il 4,8% nel 1995).Sono più frequenti i matrimoni misti e in particolarequelli in cui la donna è straniera. Crescono anche lenascite da almeno un genitore straniero raggiungendoil 12% del totale (erano circa il 2% nel 1995), a confermadel progressivo radicamento della popolazione immi-grata nel nostro Paese. Nel caso delle nascite, inoltre,sono più numerosi i nati da entrambi i genitori stranie-ri (8,7%). I permessi di soggiorno per ricongiungimentofamiliare hanno raggiunto quota 682 mila 365, il30%del totale.

4. Aumenta l’instabilità matrimonialeSeparazioni e divorzi sono in crescita. Le separazioni

legali nel 2004 sono state 83.179 (erano 52.3232 nel1995), i divorzi 45.097 (27.038 nel 1995). L’età alla sepa-razione per gli uomini è 43 anni, per le donne è 40 an-ni; l’età al divorzio è 45 anni per gli uomini e 41 per ledonne. Il tasso di separazione è pari a 283 separazioniogni 100.000 coniugati.

I minori coinvolti nelle separazioni sono stati 64.292nel 2004. L’83,2% è stato affidato alla madre, il 3,6% alpadre e il 12,7% ad ambedue. Il numero di separati, di-vorziati e separati di fatto è 2 milioni 635 mila . Di que-sti il 53,6% degli uomini vive da single e il 16,1% in cop-pia, mentre il 47,4% delle donne vive sola con i figli el’11,4% in coppia.

5. Famiglie sempre più piccoleLe famiglie sono sempre più piccole per il calo della

fecondità, l’aumento dell’invecchiamento della popola-zione e l’aumento dell’instabilità matrimoniale. Le fa-miglie di uno o due componenti sono il 53,3% del totale(22.907.000). In particolare il 26,1% sono persone sole, il27,2% ha 2 componenti, il 21,8% ne ha 3, il 18,4% ne ha4 e solo il 6,5% ne ha 5 o più. Crescono le persone sole(in dieci anni passano da 4 milioni 200 mila a 5 milioni900 mila) e le coppie senza figli (da 4 milioni 500 milanel 1995-1996 a 5 milioni 100 mila nel 2005-2006), dimi-nuiscono in dieci anni le coppie con figli, che passanoda 10 milioni 100 mila a 9 milioni 600 mila.

Le coppie con figli sono più diffuse nel Sud del Paesee in particolare in Campania, quelle senza figli nel Cen-tro Nord. Le famiglie estese continuano ad essere piùpresenti in alcune regioni del Centro e del Nord Est.

6. La lenta transizione allo stato adulto dei giovaniI giovani permangono a lungo nella famiglia di origi-

ne; tra 20 e 24 anni sono l’88%, tra 25 e 29 anni sono il59,7% e tra 30 e 34 anni il 30,3%. Permangono più a lun-

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go (nella classe di età 20-34 anni) i maschi (63,4%) dellefemmine (47,9%), ma il modello femminile si è avvici-nato negli anni a quello maschile. I giovani rimangonopiù a lungo in famiglia per un maggiore investimentoformativo che in passato (26,2%); per problemi econo-mici che creano incertezza per il futuro (precarietà, co-sto delle abitazioni e altri problemi economici 40,1%),perché i rapporti tra genitori e figli non sono più gerar-chici come in passato e i figli possono comunque man-tenere la propria autonomia in casa (42,3%).

Le difficoltà economiche sono maggiormente segna-late al Sud, mentre lo star bene nella famiglia di origineè maggiormente segnalato al Nord del Paese.

7. Sempre meno figli nelle coppie con figli e nei nucleimonogenitori

Le coppie con figli sono in totale 9 milioni 591 milaquelle con figli minori 5 milioni 812 mila. Le coppie con1 figlio convivente sono il 46% del totale (erano il 43,7dieci anni prima), quelle con due il 42,8% (43,5% nel1995-1996) e quelle con tre o più m,2% (12,8% nel 1995-1996). Se si considerano le coppie con almeno un figliominore la percentuale di quelle con un solo figlio è il52,2%. I nuclei monogenitore sono in totale 2 milioni113 mila, quelli con figli minori 679 mila. I nuclei mo-nogenitore con figli minori sono nell’86,9% dei casicomposti da madri sole. Va comunque detto che se siconsiderano i giovani italiani nati fra metà anni 80 emetà anni ‘90, ossia in un periodo di bassissima fecon-dità i figli unici nel 2003 erano il 13% del totale, solo inLiguria ed Emilia Romagna superavano il 25%. Nel Cen-tro Nord, il numero di figli unici raggiungeva il 18% co-me quello dei ragazzi con due fratelli, mentre la mag-gioranza dei giovani (59%) aveva un fratello.Conside-rando i nuclei familiari con persone nate tra il 1984 e il1993 la percentuale di nuclei con figlio unico raggiun-geva il 22,7% nel Centro Nord, valorepiù alto della per-centuale di nuclei con 3 o più figli (20,4%) e con puntedel 33,6% in Liguria, 29,9% in Emilia Romagna, e 28%della Toscana. Le differenze territoriali sono spiegatedal diverso andamento della fecondità. Nell’arco degliultimi venti anni la fecondità è diminuita a livello na-zionale del 10% come risultato della forte riduzione deifigli del terz’ordine o più (-45,7%) a cui si aggiunge unadiminuzione più contenuta dei secondogeniti (-8,4%) eun aumento della propensione ad avere il primo figlio(+2 %). Nel Nord del Paese si registra una ripresa dellafecondità che interessa il primo figlio (+17%) e il secon-do (+11%); al contrario nel Mezzogiorno si osservanoimportanti riduzioni della fecondità per tutti gli ordiniin modo particolare dal secondo figlio. Per le generazio-ni di donne nate a partire dalla fine degli anni ‘50 e deiprimi anni ‘60, si osserva, inoltre, che la percentuale dimadri che ha un solo figlio è aumentata dal 25 al 32 %.

8. Single non vedovi, monogenitori non vedovi, coppienon coniugate e famiglie ricostituite

I single non vedovi sono 3 milioni 310 mila, i mono-genitore non vedovi 995 mila, le coppie non coniugate606 mila, le famiglie ricostituite 775 mila. Tutte queste

forme familiari sono in crescita negli ultimi 10 anni,anche in conseguenza dell’aumento di separazioni edivorzi.

Dieci anni fa i single non vedovi erano 2 milioni 138mila, i monogenitori non vedovi 667 mila, 257 mila lecoppie non coniugate e le coppie ricostituite 567 mila.Tra le coppie non coniugate circa la metà ha figli. Neglianni sono cresciute le coppie non coniugate con figli(120 mila nel 1995-1996, 293 mila nel 2005-2006). Sonoaumentate anche le convivenze prematrimoniali. Il22,8% dei matrimoni che sono avvenuti nel 1998-2003sono stati preceduti da una convivenza. Erano il 14,7%per i matrimoni avvenuti tra il 1994 e il 1997. Nel Norddel Paese le convivenze prematrimoniali superano ora-mai il 30%. Tra le famiglie ricostituite il 59,4% ha figli, il10,7% di queste ha figli di uno solo dei partner, il 39,1%ha solo nati nell’attuale unione, il 9,6% ha figli nati dal-l’unione attuale e precedente.

9. La famiglia che accoglie: affidi e adozioniNel 2005 sono stati disposti 2.897 affidamenti fami-

liari, di cui 1.928 dal giudice tutelare e 969 dal tribunaleper i minorenni. Sono stati, inoltre, disposti 1.013 affi-damenti a comunità alloggio o istituti.

Gli affidamenti preadottivi di minori italiani nel 2005sono stati 947, quelli relativi a minori stranieri 458.

Nel 2005 sono state concesse 1.150 adozioni naziona-li legittimanti (il 64,3% del totale delle adozioni nazio-nali), 638 adozioni nazionali in casi particolari (35,7%) e2.304 adozioni di minori stranieri.

In base ai dati rilevati dalla Commissione per le ado-zioni internazionali, nel periodo dal 16 novembre 2000al 31 dicembre 2006 risulta che l’81,9% delle coppie harichiesto l’ingresso di un solo minore straniero, il 15,4%di due.

Il 54% dei minori stranieri ha meno di cinque anni,mentre il 35,7% ha un’età compresa tra cinque e noveanni. Considerando il continente di provenienza delminore, circa il 60% dei bambini oltre il primo anno divita arriva da paesi europei, mentre il 44,3% di quelli aldi sotto di un anno viene dall’Asia.

Nel 2005 sono stati aperti 2.752 nuovi procedimentisull’accertamento dello stato di abbandono del minoree 1.168 si sono conclusi con una dichiarazione di adot-tabilità, di cui 739 (pari al 63,3%) con genitori noti.

Sono state presentate 14.792 domande di adozionenazionale legittimante e 720 di adozione nazionale incasi particolari. Per quanto riguarda le adozioni di mi-nori stranieri, le domande sono state 7.882 mentre so-no stati emessi 6.243 decreti di idoneità.

10. Le famiglie con anziani sono di più di quelle conminori

Le famiglie con anziani di 65 anni e più sono il 36,4%,mentre quelle con minori sono il 28,3%. Le famiglie conultrasettantacinquenni raggiungono il 18,6%. Le fami-glie di tutti anziani di 65 anni e più sono il 22,5% equelle con tutti anziani di 75 anni e più sono l’11%.Considerando il totale degli ultrasettantacinquenni: il17,4% degli uomini vive solo, il 57,3% in coppia senza

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figli, il 2,9% come membro aggregato ad un’altra fami-glia, di solito quella di uno dei figli; il 48,8% delle don-ne vive sola, il 21,6% in coppia senza figli e il 10,4%come membro aggregato.

11. Le famiglie con disabili sono oltre 2 milioniLe famiglie con disabili sono pari a 2 milioni 356 mi-

la, pari al 10,3% del totale. Il 41,8% delle famiglie condisabili è formato da una persona sola (35,4%), o chevive solo con altri disabili (6,4%). Nella maggioranzadelle famiglie (58,3%) c’è almeno una persona non di-sabile che può farsi carico delle persone con disabilitàche fanno parte della famiglia. Quasi un terzo dellefamiglie con disabili dichiara di aver bisogno della as-sistenza domiciliare da parte delle ASL, queste rap-presentano il 32% dei single disabili e il 46,8% delle fa-miglie con tutti disabili. L’81,6% delle famiglie con di-sabili è rappresentato da famiglie di anziani. Le fami-glie con confinati a letto sono 1 milione 73 mila, il45,5% del totale. Nel Sud e nelle Isole la quota di fami-glie con persone disabili è più elevata, 12,2% e 13,2%contro l’8,5% nel Nord-ovest e l’8,9% nel Nord-est. Ilquadro dell’assistenza a domicilio di cui usufruisconole famiglie con persone disabili è fortemente differen-ziato a livello territoriale, benché appaia comunqueesigua la quota di famiglie assistite. Nelle regioni delNord e del Centro del paese c’è un maggiore supportodei servizi territoriali: oltre il 20% delle famiglie condisabili si avvale di servizi pubblici di assistenza do-miciliare sanitaria o non sanitaria (il picco è nell’Italiacentrale con una quota del 24,3%), mentre nel Sud enelle Isole la quota di famiglie che usufruisce di que-sti servizi è rispettivamente del 16,8% e 19,2%. Oltre il40% delle famiglie con disabili nel Sud e il 36,5% nelleIsole dichiara che avrebbe bisogno di assistenza sani-taria a domicilio.

La domanda non soddisfatta di assistenza da partedelle ASL è, dunque, più elevata al Sud, proprio dovepiù diffuse sono le famiglie disabili e anche quelle diconfinati.

12. I figli sono ancora una barriera all’accesso e almantenimento del lavoro per le donne

I tassi di occupazione femminile variano molto inbase al ruolo in famiglia delle donne: se si considera-no le donne tra 35 e 44 anni si passa dall’83% dellesingle al 75,4% delle coppie senza figli, al 56,9% dellecoppie con figli e al 40,5% delle coppie con 3 o più fi-gli. Inoltre, quasi una donna su cinque al momentodella nascita del figlio lascia o perde il lavoro. Il caricodi lavoro familiare per le donne occupate è molto ele-vato e poco distribuito all’interno della coppia. Il71,7% del lavoro familiare della coppia senza figli è in-fatti a carico della donna nel caso in cui la donna la-vora.

II valore sale se si considerano le lavoratrici in cop-pia con figli (74,9%). L’asimmetria dei ruoli è maggiorenel Sud del Paese (80,9%) per le occupate in coppiacon figli. Va detto comunque che le differenze non so-no molto elevate.

13. La violenza fisica o sessuale subita dalle donneII 14,3% delle donne dai 16 ai 70 anni ha subito nel

corso della vita almeno una violenza fisica o sessualeda un partner (attuale o passato), l’1,6% ha subito vio-lenze sessuali prima dei 16 anni da un parente.

La violenza fisica risulta essere il tipo di violenzapiù frequente (12% di vittime rispetto al 6,1% di vitti-me di violenza sessuale e al 2,4% di stupro o tentatostupro).

Sul totale di 482 mila donne vittime di stupro nelcorso della vita, il 69,7% lo ha subito da parte di unpartner.

Negli ultimi 12 mesi le donne vittime di violenza fì-sica o sessuale da un partner sono state il 2,4%.

La violenza è stata nella maggioranza dei casi grave(64,2%), ma solo il 7,2% delle vittime di un partner hadenunciato le violenze subite.

Analizzando, infine, le denuncie in relazione al tipodi violenza subita, emerge che sono denunciate il7,5% delle violenze fìsiche e appena il 4,8% delle vio-lenze sessuali subite da un partner, una quota che ar-riva al 5,3% in caso di stupri e tentati stupri.

14. Le rete informali, risorsa fondamentale,sottoposta a forti tensioni

La rete di aiuto informale continua a essere una ri-sorsa fondamentale nel nostro Paese. Il panorama de-gli aiuti non cambia molto fra il 1983 e il 2003 se siconsidera la percentuale di famiglie che hanno datoaiuti: per tutto il ventennio, in Italia, una famiglia sutre afferma di aver dato almeno un aiuto gratuito apersone non coabitanti, nelle quattro settimane pre-cedenti l’intervista. Le famiglie che danno più aiutisono quelle senza anziani e senza bambini, in modoparticolare se composte da una coppia con figli adulti;tuttavia anche fra le altre famiglie la proporzione dichi da aiuti non è mai troppo bassa, con l’esclusionedegli anziani che vivono da soli (Tavola 14.1). Se siconsiderano però le persone che danno aiuti questesono aumentate passando dal 20,8% al 22,9% (Tavola14.2). I care giver in maggioranza donne, selezionanodi più i casi di cui occuparsi e condividono di più gliaiuti con gli altri. Diverso il panorama per le famiglieche ricevono aiuti. La proporzione di famiglie aiutatediminuisce di molto fra il 1983 e il 2003 (dal 23,3% al16,7%). Tale diminuzione è concentrata nelle famigliecon componenti anziani dal 31% al 18%. Fra le fami-glie con bambini senza anziani con la madre che lavo-ra cresce invece la proporzione di famiglie aiutate dal31% al 34%. La forte diminuzione dell’aiuto alle fami-glie di anziani va messa in relazione a diversi fattori:le migliori condizioni di salute degli anziani, le mi-gliori condizioni economiche, ma anche la progressivadiminuzione del numero di figli, generi e nuore su cuigli anziani possono contare, e la minore disponibilitàdi tempo delle donne care giver sempre più impegna-te nel mondo del lavoro. Gli elementi di criticità appe-na segnalati potranno rafforzarsi nei prossimi anni,ciò significa che il sostegno agli anziani in difficoltà

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sarà sempre meno garantito dalla sola rete familiare.Le donne che lavorano e hanno figli sono supporta-

te dalla rete informale come si è visto, e usufruisconodel supporto dei nonni più che dei servizi nel caso dibimbi di 1-2 anni (il 52,3% contro il 27,8% che usano inidi). Il 13,5% dei bambini frequenta un asilo pubblico,il 14,3% un asilo privato, il 9,2% è affidato ad unababy-sitter, il 63,0% è accudito da un familiare (52,3%dai nonni, 7,3% dagli stessi genitori, 3,4% da altri pa-renti/amici). Emergono differenze rilevanti quando siconsiderano gli asili nido: i bambini figli di lavoracci,tra uno e due anni, che frequentano un nido pubblicosono solo il 7,5% nel Mezzogiorno, mentre sono il16,7% al Centro e il 15,3% al Nord. Al contrario nelMezzogiorno si registra la percentuale più elevata diutilizzo di un asilo nido privato: il 18,7% dei figli dellelavoratrici contro il 12,3% del Nord e il 13,6% del Cen-tro. Questo risultato è in accordo con il crescente svi-luppo di un mercato dell’offerta privata, pur in molticasi in regime di convenzione con enti locali, mercatoche trova maggiori prospettive di espansione là dove iservizi pubblici sono meno diffusi.

15. La popolazione è soddisfatta delle relazionifamiliari

Questa generale soddisfazione si registra in modotrasversale e sostanzialmente uniforme sull’interoterritorio nazionale sia per gli uomini che per le don-ne. Il vivere in coppia favorisce una percezione mi-gliore delle relazioni familiari, mentre i livelli più bas-si di soddisfazione si registrano tra le persone sole,soprattutto se di età inferire a 65 anni (81%), e tra lemadri sole (84%). Di converso anche i figli che vivonoin famiglie monogenitore presentano quote di soddi-sfazione (87,7%) inferiori a quelle dei figli che vivonocon entrambi i genitori (91,2%).

16. La maggior parte delle famiglie ha casa inproprietà, oltre la metà delle famiglie giovani pagaun affitto o un mutuo

La maggioranza delle famiglie residenti ha una casain proprietà (72%), senza rilevanti differenze tra le va-rie regioni; il 18,8% è affittuario dell’abitazione men-tre il restante 9% gode dell’abitazione a titolo gratuitoo grazie ad un usufrutto. Tra le famiglie proprietariedell’abitazione circa il 13% paga un mutuo; lapercentuale è decisamente più contenuta nelle regio-ni del Sud, dove però è più elevata la percentuale difamiglie che, avendo contratto un mutuo, sono rima-ste in arretrato con il pagamento. Il problema abitati-vo è più grave tra le famiglie di giovani: quasi il 35%delle famiglie con persona di riferimento con meno di35 anni è in affitto e tra le proprietarie (48,8%) ben il38,1% paga un mutuo; in sintesi circa il 53% delle fa-miglie di giovani paga un affitto o un mutuo per l’abi-tazione che occupano.

Ben il 13,6% delle famiglie in affitto dichiara di esse-re rimasta in arretrato con il pagamento e circa il 9%delle residenti è rimasto in arretrato con il pagamentodelle bollette. Inoltre il 5,4% dichiara di avere l’abita-

zione in cattive condizioni, il 10,7% ha infissi danneg-giati e il 19,1% ha problemi di infiltrazioni o scarsa lu-minosità; per il 12,6% delle famiglie l’abitazione ètroppo piccola. Le famiglie residenti nel mezzogiornomostrano le più evidenti difficoltà abitative, mentremeno accentuate sono le differenze rispetto alla zonain cui si vive; la percentuale di famiglie che dichiara-no di vivere in zone inquinate è prossima al 22%, al25,5% in caso di inquinamento acustico ed è pari al13,9% per le zone con problemi di criminalità.

17. Le famiglie povere e la possibilità delle famiglie difar fronte ad una spesa imprevista di 600 euro

L’11,1% delle famiglie residenti in Italia nel 2005 ri-sultava in condizione di povertà relativa. Il fenomenoè più diffuso tra le regioni del Mezzogiorno, in parti-colare Campania e Sicilia, dove alla maggiore diffu-sione si accompagna anche una maggiore gravita:l’intensità, che indica, in termini percentuali, diquanto la spesa media mensile equivalente delle fa-miglie povere è al di sotto della linea di povertà, tra lefamiglie siciliane è più elevata. Oltre ad avere livellidi reddito e di spesa per consumo mediamente piùbassi, le regioni del sud mostrano anche una disu-guaglianza nella distribuzione del reddito (indice delGin!) più accentuata rispetto al resto del paese; anco-ra una volta i valori più elevati (0,33) si osservanoproprio in Sicilia e Campania.

L’incidenza della povertà relativa dal 1997 al 2005risulta sostanzialmente stabile a livello nazionale,pur in presenza di alcune oscillazioni. Il divario fra itassi del Nord e del Sud del Paese è aumentato, inparticolare nell’ultimo biennio: nel Mezzogiornoquasi una famiglia su quattro vive in condizioni dipovertà relativa. La diffusione della povertà tra le fa-

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L’OPINIONE

miglie più ampie (5 o più componenti) è passata dal22,3% del 1997 al 26,2% del 2005, in particolare traquelle con tre o più figli minori ha raggiunto il 27,8%;l’incidenza è salita anche tra le famiglie con proble-mi di accesso al mercato del lavoro (nel 1997 era po-vero il 22,5% delle famiglie con almeno una personain cerca di occupazione contro il 26,1% osservato nel2005) e tra quelle con un solo occupato, spesso conbasso profilo professionale (dal 18% al 19,1%, iworking poot). Data la crescente difficoltà da partedei giovani a conquistare un’indipendenza economi-ca e abitativa, la diffusione della povertà è aumenta-ta anche tra le famiglie dove convivono più genera-zioni, le famiglie di altra tipologia, tra le quali l’inci-denza, dal 14,9% del 1997, raggiunge il 20% nel 2005.Parallelamente l’incidenza della povertà diminuiscetra gli anziani soli, dal 16,3% del 1997 ali’ 11,7% del2005, e le coppie di anziani senza figli, dal 15,8% al12,9%, anche grazie all’ingresso di nuove generazionidi anziani, spesso con storie lavorative alle spalle econ profili professionali mediamente più elevati.Quasi un terzo delle famiglie residenti dichiara dinon riuscire a sostenere una spesa imprevista di 600euro, quasi un quinto di non aver avuto soldi per ve-stiti necessari mentre circa il 15% dichiara di arriva-re a fine mese con difficoltà. Più contenuta la per-centuale di famiglie che dichiarano di non aver avu-to soldi per cibo, spese scolastiche e traslochi. Gli in-dicatori di deprivazione confermano il maggior disa-gio delle famiglie meridionali; in particolare le fami-glie siciliane detengono il primato negativo per tuttigli indicatori considerati.

Le regioni del nord sono quelle che mostrano il di-sagio più contenuto per tutti gli indicatori considera-ti; in particolare la diffusione della povertà in Lom-bardia è circa dieci volte inferiore a quella osservatain Sicilia, le famiglie che dichiarano difficoltà ad arri-vare alla fine del mese rappresentano circa un vente-simo delle residenti in Trentino e ben un quarto diquelle campane o siciliane, la difficoltà a sostenerespese impreviste di 600 euro riguarda il 16% delle fa-miglie trentine ma oltre la metà delle siciliane.

18. Le differenze sociali nell’uso del PC da parte deiminori

Le famiglie con minori che hanno il pc sono il 70%,ma mentre questa quota raggiunge il 75% nel Nord-ovest al sud si attesta ancora al 62% e nelle isole al59%. Elevate anche le differenze sociali: solo il 60,5delle famiglie operaie possiede un pc contro l’85%delle famiglie di status sociale più elevato.

Le differenze permangono elevate anche nell’utiliz-zo del pc da parte dei minori: i figli di operai lo utiliz-zano nel 52% dei casi, i figli di imprenditori o dirigen-ti nel 68%. La scuola non sembra favorire a sufficien-za l’uso del pc; infatti solo il 3% dei minori di famiglieoperaie usa il pc esclusivamente a scuola contro oltreil 40% che non lo usa affatto.

Protocollo sull’audizione delminore firmato a Roma il 7maggio 2007 tra irappresentanti del tribunaleper i minorenni di Roma e delConsiglio dell’ordine degliavvocati

Gli intervenutiPremesso• Che le modifiche legislative intervenute nel corso

dell’anno 2006 hanno reso urgente ed indilazionabile re-golamentare le modalità di audizione del minore neiprocedimenti che lo riguardano;

• Che è opportuno, alla luce di tutta la complessa nor-mativa nazionale e internazionale relativa all’ascolto delminore, individuare i procedimenti, le modalità, i tempi,i soggetti dell’audizione stessa;

• Che difatti il diritto del minore di essere ascoltatopersonalmente in ogni procedura giudiziaria e ammini-strativa che lo concerne, introdotto nell’ordinamento giàdalla legge 176/1991, è stato successivamente ribaditosia dalla Corte costituzionale con la sentenza 1/2002, siadalla legge 77/2003 (i cui strumenti di ratifica ne hannoperò circoscritto la portata) ed infine dal RegolamentoCe 2201/2003 ai fini della efficacia ed esecutività deiprovvedimenti italiani nei paesi dell’Unione Europea,nonché, per quanto concerne il fenomeno del childrenabduction, anche dalla legge 64/1994;

• Che inoltre la legge 54/2006, nel modificare l’articolo155 c.c., ha introdotto l’articolo 155sexies c.c. preveden-do che il giudice disponga, prima dell’assunzione anchedei provvedimento provvisori, l’audizione del minorenei procedimenti di separazione. L’articolo 4 della stessalegge ha esteso anche tale norma ai procedimenti relati-vi ai figli delle coppie non coniugali.

• Che il tenore letterale della norma citata, nonché lasua lettura sistematica alla luce del complesso sistemanormativo di cui sopra, induce a ritenere che:

- nei procedimenti relativi all’affidamento del minoresussista per il giudice l’obbligo, ove il minore sia già do-dicenne, la facoltà, ove sia infradodicenne, di ascoltarlomediante l’audizione;

- tale obbligo sia da prevedere in tutti i procedimentiche abbiano ad oggetto diritti del minore;

• Che la prassi giudiziaria presenta modalità e tecni-che di audizione del minore tra loro difformi;

• Che appare indispensabile omogeneizzare le prassiapplicative alla luce delle vigenti norme al fine di attua-re nel contempo le garanzie processuali e la possibilitàper il minore di esprimersi consapevolmente, libera-mente e serenamente;

• Che nel corso di incontri tra le componenti della ma-gistratura minorile e della avvocatura si è pervenuti al-l’enucleazione di regole condivise nel rispetto della per-sona del minore, la cui libertà e serenità deve essere sal-

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L’OPINIONE

vaguardata adeguando le necessità processuali del dirit-to di difesa e del giusto processo alla tutela del di lui di-ritto alla salute psico-fisica e preservandolo da inutilitraumi;

Tutto ciò premesso,gli intervenuti, ciascuno per quanto di competenza e

ragione, convengono di individuare nella regolamenta-zione che segue le norme di comportamento alle quali siatterranno e che saranno da ciascuna categoria indicateai propri componenti come paradigmatiche.

L’AUDIZIONE DEL MINORE

1. Procedimenti nei quali è obbligatoria l’audizione delminore

Stante il portato ampio e cogente della normativa ri-chiamata, ed in particolare dell’articolo 12 leg-ge176/1991, si ritiene che sia necessario procedere al-l’audizione del minore dodicenne:

• in tutti i procedimenti relativi all’affidamento delminore;

• nei procedimenti de protestate ex articoli 330 e 333c.c.;

• nel procedimento per la declaratoria dello stato diadattabilità;

• nell’azione ex articolo 334 c.c. per la rimozione diuno o di uno o di entrambi i genitori

• dall’ amministrazione del patrimonio del minore;• nei procedimenti di adozione, nazionale ed interna-

zionale e in quella disciplinata dall’articolo 44 legge184/1983.

2. Audizione del minore infradodicennePer quanto concerne la facoltà di audizione del mino-

re infradodicenne:1. non si darà luogo all’audizione se non risulteranno

seri motivi per darvi luogo;2. si darà luogo all’audizione, quando vi sarà accordo

in tal senso;3. in difetto di accordo:a) il giudice procederà all’audizione se vi è prova in at-

ti della capacità di discernimento del minore;b) se non vi è prova in atti della lui capacità di discer-

nimento, il giudice potrà delegare i Servizi Territorialidando loro mandato di acquisire elementi per valutarnela capacità di discernimento, riservandosi sulla eventua-le successiva audizione.

3. Luogo dell’audizioneIl luogo in cui si svolge l’udienza di audizione dovrà

contemperare le esigenze delle garanzie del giusto pro-cesso e la assoluta tutela e salvaguardia psicofisica delminore, della sua serenità e della sua libertà di opinione.A tal fine si auspica che sia al più presto predispostaun’aula del Tribunale appositamente attrezzata – divisain due stanze separate da uno specchio unidirezionale –in modo che il minore sia ascoltato da un’unica personama alla presenza distante e discreta, al di là dello spec-chio unidirezionale, anche dei difensori delle parti, non-

ché del curatore del minore se nominato, garantendocosì contraddittorio e diritto di difesa in quello che è co-munque un momento processuale. Tale aula sarà utiliz-zata almeno nei casi più delicati.

4. Soggetti dell’audizioneIl minore dovrà essere ascoltato direttamente dal giu-

dice; nel procedimenti dinanzi al Tribunale per i Mino-renni potranno essere anche delegati dal Collegio unGiudice Togato e/o un Giudice Onorario congiuntamen-te, se richiesto dalle parti o dai loro difensori e se possi-bile.

5. Presenza dei difensori, loro doveri e facoltà.Esclusione della presenza delle parti, se non opportuna.

I difensori delle parti costituite, anteriormente all’ini-zio dell’udienza, potranno fornire al giudice indicazionisu argomenti significativi. I difensori hanno il diritto dipartecipare all’udienza di audizione, attenendosi alle re-gole qui di seguito precisate a salvaguardia e garanziadella serenità e libertà del minore.

I difensori delle parti adulte non avranno alcun con-tatto con il minore, ne prima ne dopo l’audizione dellostesso. Se presenti all’audizione non interferiranno in al-cun modo, mantenendo un comportamento silenzioso enon invasivo, rispettoso della serenità e libertà di espres-sione del minore.

Ciascuno dei difensori inviterà il proprio assistito adun atteggiamento nei confronti del minore raccoman-dando di evitare ogni forma di suggestione e di induzio-ne della volontà, e di mostrare al minore atti processualio extraprocessuali relativi alla vertenza.

Inoltre i difensori delle parti adulte avvertirannoespressamente i propri assistiti che l’opinione del mino-re sarà uno dei vari elementi dai quali il giudice trarrà lapropria convinzione.

Le parti non potranno assistere all’audizione, salvoche il giudice non lo ritenga opportuno.

6. Modalità dell’audizione1. È opportuno che sia prevista un’ udienza ad hoc per

l’audizione del minore, salvo che ciò non sia ritenuto ne-cessario;

2. In caso di assenza ingiustificata del minore, verràdisposto un rinvio per l’audizione; il Giudice conferiràincarico al Servizio Sociale territorialmente competente,o a chi ritenuto opportuno, di accompagnarlo all’udien-za o, in caso di reiterato rifiuto di questi, di relazionaresui motivi;

3. Secondo la legge 77/2003, prima che il minore siaascoltato, debbono essere svolte alcune procedure inmodo che le sue dichiarazioni siano il più possibile con-sapevoli e libere. Infatti questi ha diritto di ricevere ogniinformazione pertinente la vicenda che lo riguarda; diessere informato delle possibili conseguenze della suaopinione e delle eventuali conseguenze di ogni decisio-ne. Conseguentemente:

a) nella attuale carenza nell’ordinamento di figure isti-tuzionali di rappresentanza e di difesa del minore nelprocesso, tale compito sarà svolto dal giudice prima di

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L’OPINIONE

ascoltare l’opinione del minore in modo da consentirglidi formarsi un’ opinione consapevole e di interloquireconsapevolmente nel giudizio;

b) sempre al fine di salvaguardare la libertà e la sere-nità del minore anche da strumentalizzazioni, il giudicechiarirà sia al minore, sia ai soggetti adulti coinvolti nelprocedimento, che dell’opinione del minore terrà debitoconto anche se poi sarà uno degli elementi sulla basedei quali saranno assunte le decisioni( e ciò anche per‘scaricare’ il minore dalla responsabilità della sua in-fluenza sulla decisione e proteggerlo dal conflitto dilealtà nei confronti degli adulti);

4. se ritenuto opportuno e possibile l’audizione del mi-nore potrà essere documentata integralmente attraversomezzi di riproduzione videografica o audiovisiva così co-me avviene in ambito penale (incidente probatorio exarticolo 392 c.p.p.; esame di minorenne testimone ex ar-ticolo 498 c.p.p. ) con gli stessi strumenti di protezionedel minore.

7. Verbalizzazione dell’audizioneLa verbalizzazione dell’audizione sarà integrale e fe-

dele, anche nel linguaggio, a quanto dichiarato dal mi-nore, in quanto trasposizioni di concetti in linguaggioadulto o sinterizzazioni potrebbero tradirne il significatoautentico e la reale portata. Saranno riportati ancheeventuali comportamenti e manifestazioni non verbalidel minore. Il minore avrà diritto di leggere e sottoscrive-re il verbale.

8. Esclusione dell’audizione del minoreQualora il minore sia già stato ascoltato anche in altre

sedi giudiziarie, l’audizione potrà essere esclusa se dal-l’acquisizione degli atti si rilevi che la ripetizione sarebbesuperflua o dannosa perché l’attuale opinione del mino-re rispetto all’oggetto del procedimento è già emersa.

Osservatorio per la giustizia civile di MilanoGruppo famiglia e minoriProtocollo per i procedimenti diseparazione e divorzio tra i coniugi

NORME DI CARATTERE GENERALEArt. 1Richiamo alle disposizioni previste dal protocollo per leudienze civiliSono espressamente richiamate le disposizioni previste dalprotocollo per le udienze civili agli artt. 5 (Puntualità nellapresenza in udienza, casi di assenza o ritardo delle parti), 7(Segnalazioni da parte del giudice in caso di ritardisull’orario previsto), 8 (Segnalazione di cortesia da partedel giudice in caso di suo impedimento a tenere udienza),11 (Segnalazioni di cortesia tra difensori e cancellerie),art.14 (Rinvio per impedimento del giudice),18 (Conoscenzadelle cause da trattarsi in udienza) e 22 (Fascicoli di parte edi ufficio).

Art. 2Cortesie tra i difensoriE’auspicabile che in caso di in caso di impedimento di unadelle parti e/o del difensore all’udienza fissata ex art. 708c.p.c. sia data tempestiva informazione alla cancelleria e/oal Presidente e all’altro difensore.In caso di mancata presenza di uno dei difensori all’orariofissato per la trattazione della causa, l’altro difensorecercherà di contattare il difensore assente per informarsidei motivi del ritardo e della sua possibile durata.Il difensore curerà il deposito della copia di cortesia di attie documenti per la controparte, ove la produzione deidocumenti sia effettuata in udienza, il difensore nedepositerà copia per la controparte costituita in giudizio.

Art. 3Fascicoli di parte e d’ufficio in caso di reclamo ex art.708, IV comma c.p.c.Nell’ipotesi di reclamo avanti la Corte di Appello avverso iprovvedimenti presidenziali, entrambi i difensori avrannocura di effettuare copia di tutti gli atti del procedimento,ivi compresi il verbale di udienza e i documenti prodotti, alfine di consentire la ricostruzione del fascicolo di ufficioper il proseguimento del giudizio avanti il giudiceistruttore.

INIZIO DEL PROCEDIMENTOArt. 4Predisposizione della documentazione da allegare alricorso per separazione e divorzio tra i coniugiAi fini dell’individuazione della competenza territoriale, aseguito delle modifiche introdotte dalla legge 80/06, ildifensore avrà cura di produrre ogni utile documentazioneche attesti che l’ultimo domicilio comune dei coniugi è nelcircondario ovvero: per la separazione di regola saràsufficiente lo stato di famiglia e di residenza comune, inmancanza potranno essere prodotti ulteriori documentiquali ad esempio il contratto di locazione cointestato adentrambi i coniugi; per il divorzio in assenza di tempestivo

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L’OPINIONE

rilascio del certificato storico di residenza da partedell’Ufficio dell’Anagrafe potrà ritenersi sufficiente laproduzione del verbale di separazione che indica ildomicilio comune.Ai fini della prova dei redditi: il difensore avrà cura diprodurre le dichiarazioni complete dei redditi (modello 730o Unico) della parte assistita relative agli ultimi tre anni enon limitarsi invece alla produzione del solo CUD. E’inoltre auspicabile, ai fini dell’assunzione deiprovvedimenti ex art. 708 c.p.c., che il difensore produca,sin dal ricorso introduttivo del giudizio, ogni altradocumentazione necessaria a documentare la situazioneeconomica della parte assistita (ad es. buste paga,contratti di locazione, richieste di finanziamenti, mutui,leasing, ecc.).Ai fini della razionalizzazione dei tempi dell’udienza e dellacelerità del processo è inoltre auspicabile che i difensori,provvedano a produrre e/o integrare tutta ladocumentazione necessaria nei termini fissati nel decretodi fissazione di udienza presidenziale

Art. 5Decreto fissazione udienza presidenzialeE’ auspicabile che nel decreto di fissazione per la personalecomparizione dei coniugi sia data ogni opportunainformazione sulla localizzazione della stanza del giudice,incui sarà tenuta l’udienza presidenziale.E’ altresì auspicabile un avvertimento che renda evidentealla parte convenuta la necessità di rivolgersi ad unavvocato per la predisposizione della difesa.

Art. 7Invito ai difensori della parte resistenteAi fini della razionalizzazione dei tempi dell’udienza e dellacelerità del processo è auspicabile che il difensoreadempia all’invito contenuto nel decreto di fissazione diudienza depositando nei termini ivi indicati memoriadifensiva e ogni opportuna documentazione a sostegnodelle domande svolte per consentire al Presidente diassumere, con cognizione di causa, i provvedimenti di cuiall’art. 708 cpc. nell’interesse dei figli e dei coniugi.

L’UDIENZA EX ART. 708 CPCArt. 8Numero di cause per ciascuna udienzaOrario di trattazione delle singole cause e fasce orarie diudienzaIn ciascuna udienza verrà fissato un numero massimo dicause, tali da consentire un’adeguata trattazione, effettivae decorosa per ciascuna di esse.Per ciascuna causa verrà fissato un orario di trattazionePrima dell’inizio dell’udienza, verrà affisso sulla porta dellocale in cui questa si tiene l’orario di trattazione dellesingole cause.

Art. 9Il verbaleAi fini della razionalizzazione dei tempi dell’udienza èauspicabile che i difensori compaiono in udienza munitidella modulistica predisposta dalla sezione nona del

Tribunale di Milano per i procedimenti di separazione edivorzio tra i coniugi.Nei casi di indisponibilità delle cancellerie ad assicurare ilservizio di verbalizzazione delle udienze sia tradizionalesia mediante mezzi informatici, il giudice procederà allaverbalizzazione di persona ovvero autorizzerà, su accordodelle parti e sotto la sua direzione e controllo, la redazionedel verbale ad opera di uno dei difensori

Art. 10Oralità del processoE’ auspicabile che le parti siano interrogate liberamentedal Presidente, prima l’una e poi l’altra. Successivamentesarà data parola ai difensori: questi dovranno attenersi alleregole di rispetto e cortesia reciproca, che il Presidentefarà rispettare, evitando interruzioni e/o sovrapposizioni eastenendosi dal rivolgersi direttamente all’altra parte.Qualora i difensori abbiamo provveduto al deposito delsolo Cud o le dichiarazioni dei redditi siano comunqueinsufficienti a rappresentare la situazione economica diciascuno dei coniugi, il Presidente potrà richiedere laproduzione di documenti ulteriori (quali attestazioni diveridicità, come ad esempio il certificato ISEE -indicatoredella Situazione Economica Equivalente- redatto dall’Inpsche certifica il reale tenore di vita).E’ auspicabile che Il Presidente raccolga a verbale ledichiarazioni orali rese dalle parti inerenti i chiarimentirichiesti.

MODALITÀ PER L’AUDIZIONE DELL’ASCOLTO DEL MINOREArt. 11(si richiama il Protocollo sull’interpretazione e applicazionelegge 8 febbraio 2006 n.54 in tema di ascolto del minore)

DEFINIZIONE DELLE CD “SPESE STRAORDINARIE” NEI CASIDI OBBLIGO AL PAGAMENTO DELL’ASSEGNO PER ILCONTRIBUTO NEL MANTENIMENTO DEI FIGLI MINORI.Art. 12È auspicabile che i difensori delle parti - alla luce dellanovella di cui alla legge 54/06- non si limitano ad utilizzareil termine “spese straordinarie” e provvedano invece adindicare in modo dettagliato quali siano le ulteriori spese -rispetto al contributo fisso mensile- che i coniugidovranno corrispondere pro quota in proporzione airispettivi redditi (es. spese mediche e/o specialistiche noncoperte dal servizio sanitario nazionale, spese perl’iscrizione scolastica, acquisto libri e materiali scolastici,gite scolastiche, corsi di lingue e/o sportive, ecc). E’ altresì auspicabile che siano indicate le modalità delpagamento fra i coniugi e specificato che, nel caso dispese mediche urgenti, esse non necessitano di esserepreviamente concordate.E’ auspicabile che le indicazioni di cui ai precedenti commisiano osservate sia dai difensori nella predisposizione dellecondizioni concordate fra i coniugi nei casi di separazioneconsensuale e di divorzio congiunto, sia dal Presidentenell’emanazione dei provvedimenti temporanei ed urgentiex art. 708 c.p.c.

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La salute del dannoesistenziale e i danni in famiglia

DI MAURO DI MARZIO, MAGISTRATO

Hanno sollevato un qualche clamore, nelle rivi-ste giuridiche cartacee ed on line, alcune re-centi sentenze della Suprema corte che, aduna prima impressione, potrebbero apparire

indicative di una inattesa presa di distanza dalla figuradel danno esistenziale, il quale - è stato detto nei primicommenti - darebbe luogo ad una duplicazione di postegià coperte dal risarcimento del danno biologico.

Ma le cose - questo il primo interrogativo al quale in-tendiamo rispondere - stanno proprio così?

Viceversa, prestando attenzione alla famiglia, «isola»,diceva un tempo Jemolo, «che il mare del diritto puòlambire soltanto», giacché «la sua intima essenza rima-ne metagiuridica», l’impiego della nuova figura apparesempre più ampio e, così, meritevole di un pur somma-rio scrutinio.

Proviamo ad unire in poche battute una «parte gene-rale» dedicata al danno esistenziale nei suoi rapporti colbiologico ed una «parte speciale» dedicata ai danni in fa-miglia.

Recenti pronuncie sul tema Duplicazioni risarcitorie mai. All’insegna di questo

motto - che vedremo essere sostanzialmente corretto - èstato sostenuto che: «Qualora in relazione ad una lesio-ne del bene della salute sia stato liquidato il “danno bio-logico” che include ogni pregiudizio diverso da quelloconsistente nella diminuzione o nella perdita della ca-pacità di produrre reddito ... non v’è luogo per una dupli-cazione liquidatoria della stessa voce di danno, sotto lacategoria generica del “danno esistenziale”» (Cassazione20 aprile 2007, n. 9510; analogamente, in precedenza, v.Cassazione 9 novembre 2006, n. 23918; Cassazione 19maggio 2006, n. 11761; Cassazione 15 luglio 2005, n.15022).

Nell’affermare il principio, l’ultima delle citate decisio-ni, sulla scia delle precedenti, ha altresì messo in discus-sione la stessa configurabilità del danno esistenziale:«Non può formare oggetto di tutela una generica catego-ria di “danno esistenziale” nella quale far confluire fatti-

specie non previste dalla norma e non ricavabili dall’in-terpretazione costituzionale dell’articolo 2059 c.c.». Edha aggiunto che l’esclusione della risarcibilità del dannoesistenziale sarebbe conforme all’«orientamento mag-gioritario» della Sc: il che, per la verità, dopo il ben notointervento sul tema delle Sezioni unite, denota una certaqual leggerezza (il riferimento è a Cassazione, Su 24marzo 2006, n. 6572; ma per la risarcibilità del danno esi-stenziale, di recente, v. pure Cassazione 15 marzo 2007,n. 5987; 6 febbraio 2007, n. 2546; 2 febbraio 2007, n. 2311;12 giugno 2006, n. 13546).

Guardiamo separatamente ai due aspetti.

Actio finium regundorum biologico/esistenzialeÈ vero anzitutto che, risarcito il danno biologico, non

v’è spazio per il risarcimento del danno esistenziale? Eb-bene, sì, è vero. Anche se occorre qualche precisazione.

Proprio grazie alla figura del danno esistenziale oggicomprendiamo meglio che il danno biologico si inquadranella categoria del danno-conseguenza ed è cioè risarcitoper le ripercussioni, per i peggioramenti, per le concretedifferenze in negativo che determina nella vita della vit-tima, ostacolata nello svolgimento non delle sole attivitàdi rilievo strettamente biologico-sussistenziale, ma - co-me ci ha insegnato già la celeberrima Corte costituziona-le 184/86 - di tutte «le attività realizzatrici della personaumana». Ecco, ad esempio, che il risarcimento del dannobiologico subito per la rottura del braccio copre tutte lenormali perdite di tipo areddituale-relazionale che vi so-no connesse: ne sarà compromesso lo scrivere, il guidare,lo svolgere attività sportive (sempre senza fine di lucro), ecosì via. Nulla alla vittima, dunque, sotto tale aspetto, perdanno esistenziale. Tutto ciò, diremmo, rientra in quellamedia, predeterminata misura del risarcimento derivan-te dall’applicazione delle tabelle.

Certo, però, che le vie della lesione della salute paionoessere infinite. Prendiamo ad esempio il caso analizzatoda Cassazione 9514 del 20 aprile 2007: una donna cadedal motorino e batte la testa. Di qui forse fatture? Defor-mità? Cicatrici? Perdita di funzionalità di arti o sensi?Niente di tutto questo: la donna subisce, per effetto del-l’urto, uno spropositato incremento del desiderio sessua-le ed un allentamento totale dei freni inibitori, tanto che- ci informa senza mezzi termini l’estensore - «si spoglia-va in pubblico e si concedeva a chiunque». Basta in que-sto caso il risarcimento del danno biologico? Bastano letabelle? Il primo diremmo di sì, le seconde non è detto.

La peculiare conseguenza occorsa, infatti, è pur sem-pre una conseguenza della lesione della salute, dunqueè danno biologico. Ma, come è noto, il giudice è tenutoalla personalizzazione della liquidazione del danno bio-logico, la quale, se occorre, deve discostarsi, dalle tabelle(ex multis, Cassazione 19 maggio 1999, n. 4852; 14 luglio2003, n. 10996; 30 luglio 2003, n. 11704; 31 luglio 2002, n.11376; 2 marzo 2004, n. 4186; 20 luglio 2004, n. 13445; 20ottobre 2005, n. 20323). Il principio, insomma, è quellodel risarcimento integrale del danno: né più né menoche integrale (da ultimo, in ossequio ad un indirizzo fer-mo, v. Cassazione 15 marzo 2007, n. 5987).

In definitiva, è vero che il risarcimento del danno esi-

INTERVENTI

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Luglio Agosto 2007 | Avvocati di famiglia | 61

INTERVENTI

stenziale non si cumula al risarcimento del danno biolo-gico. Ma è altrettanto vero che la liquidazione del dannobiologico deve tener conto delle ricadute esistenziali del-la lesione - anche delle ricadute del tutto individuali, co-me nel caso dell’insignificante frattura di un mignolo,che impedisca però per sempre al danneggiato, pianistadilettante, di suonare il suo amato strumento - attraver-so la costante e personalizzata determinazione delquantum debeatur.

La genericità del danno esistenziale Ma se non c’è di mezzo la lesione della salute che cosa

accade? Pensiamo alla perdita del congiunto. Non peg-giorerà forse (almeno di regola) la sua vita? E proviamo afare qualche altro esempio: immissioni rumorose ecce-denti la soglia della normale tollerabilità; inquinamentoambientale persistente come in quel di Seveso; sopraffa-zioni e molestie di natura sessuale; ingiusta detenzione;mobbing; demansionamento; licenziamento ingiustifica-to; errata diagnosi di una grave malattia inesistente; at-teggiamenti persecutori della pubblica amministrazione.Dell’ampio capitolo famiglia parleremo poi. Anche in tut-te queste ipotesi è evidente il potenziale peggioramentodella qualità della vita, sempre che ricorrano — senza ec-cezione alcuna, beninteso — tutte le condizioni di opera-tività della lex Aquilia: ingiustizia, causalità, prova.

Ora, è tutt’altro che agevole comprendere quale pen-siero alberghi nella mente della S.C. laddove essa affer-ma che: «Non può formare oggetto di tutela una generi-ca categoria di “danno esistenziale”». Pensiamo ad unosviamento del comportamento sessuale quale quelloche abbiamo visto poc’anzi essere derivato da un inci-dente stradale. Immaginiamo che un qualche sviamentodi analoga gravità, anche se non di identico contenuto,sia determinato da un’errata diagnosi di sieropositività(interruzione totale dei rapporti sessuali), o da molestie(reazioni di disgusto di fronte a successive avances altri-menti nient’affatto sgradite), o da licenziamento ingiu-stificato o demansionamento (disinteresse di improntadepressiva per la vita sessuale).

Ebbene, dovremmo forse credere che, seguendo l’im-postazione «negazionista» appena ricordata, nei casimenzionati non sarebbe riscontrabile un danno esisten-ziale, per il suo asserito carattere di genericità?

Questa soluzione apparirebbe francamente fuori ber-saglio. In effetti la genericità del danno esistenziale: a)non è riscontrabile nel suo specifico contenuto, che èl’impedimento di attività realizzatrici della persona alpari, in definitiva, del danno biologico, con la sola diffe-renza che in quest’ultimo il pregiudizio è mediato dallalesione del bene-salute, mentre nel danno esistenziale èmediato dalla lesione di interessi diversi dalla salute; b)non è riscontrabile nella pluralità di questi ultimi inte-ressi, purché dotati di un qualche rilievo costituzionale,giacché una simile opinione sarebbe altrettanto errataquanto quella che giudicasse generico il danno contrat-tuale poiché può derivare da un numero infinito di ete-rogenei inadempimenti.

Il danno esistenziale in famigliaE veniamo allora allo scrutinio del medesimo tema ri-

ferito alla materia di interesse di questa Rivista. In aper-tura si è rammentata la notissima citazione da Jemolo,secondo cui i rapporti endofamiliari poco si prestano asubire la regolamentazione del diritto e meno ancora al-l’applicazione della lex Aquilia: in effetti, chiunque pro-vasse a scorrere i repertori della seconda metà del nove-cento troverebbe rarissime pronunce pertinenti. Quellotra famiglia e responsabilità civile, insomma, è davveroapparso per decenni un accostamento balzano. Molto,però, è ormai cambiato. In un primo tempo vi ha contri-buito la dottrina (v. Patti, Famiglia e responsabilità civile,Giuffrè, Milano, 1984). Ma il radicale mutamento di pro-spettiva si è registrato proprio grazie all’ingresso sullascena della figura del danno esistenziale ed al comples-sivo cambiamento determinatosi nel campo del dannonon patrimoniale.

Vediamo perché.Il fatto è che il sistema della responsabilità civile, fino

a qualche tempo fa, non possedeva gli strumenti per co-gliere la peculiarità dei profili di danno che possono pre-sentarsi nel rapporto familiare. Il danno non patrimo-niale - come abbiamo avuto già modo di rammentare suquesta Rivista (v. Avvocati di famiglia n. 5 Maggio/Giugno- Dossier «Il danno morale nel sistema del danno nonpatrimoniale» p. 29) - veniva infatti identificato con il so-lo danno morale, con la sofferenza interiore e transitoriadeterminata dall’illecito: ossia con uno solo - e non ne-cessariamente il più importante - dei crinali lungo cui sisnodano le ripercussioni personali dell’illecito endofa-miliare. Accanto al danno morale, poi, dal versante nonpatrimoniale, non vi era che il solo danno biologico.

È la figura del danno esistenziale - perdita di «attivitàrealizzatrici della persona» - ad aver dunque consentitodi mettere a fuoco le effettive sequele dannose che, sulpiano relazionale, l’illecito può determinare in ambitofamiliare. Il danno esistenziale, infatti, si caratterizzaproprio per la considerazione dell’illecito aquiliano dal

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punto di vista del danneggiato: nel senso che guarda alletrasformazioni in peggio della sua vita in quei settoriche non hanno a che vedere né con il patrimonio, nécon la salute, né con il dolore, bensì con il mondo dellerelazioni umane.

Ciò è proprio quanto accaduto con riguardo al temadella responsabilità endofamiliare. Proviamo ad immagi-nare un esempio, prendendolo a prestito da una pro-nuncia giurisprudenziale che tra breve rammenteremo.Un padre si disinteressa del figlio, si nega ad ogni rap-porto con lui, sicché egli cresce come un orfano. Ebbene,ancora qualche anno addietro avremmo senz’altro avu-to modo di riservare ad un simile genitore il nostro bia-simo morale. Ma, spostando il ragionamento dal terrenodella morale a quello del diritto, non avremmo invecesaputo indicare la casella della disciplina aquiliana incui collocare una simile condotta: avremmo insommaescluso la risarcibilità del danno morale per mancanzadella criminosità della condotta e negato la configurabi-lità di un diverso danno aquiliano per difetto del requisi-to della patrimonialità. Magari, con qualche forzatura,avremmo ravvisato la ricorrenza di una patologia di ri-lievo psicologico da risarcire come danno biologico. Ogginon è più così, perché il nuovo corso del danno non pa-trimoniale, comprensivo del danno esistenziale consen-te di inquadrare pregiudizi che in passato sarebberosfuggite all’attrezzatura del tortman.

Per questa via, dunque, la Suprema Corte - respingen-do finalmente l’idea dell’incomunicabilità tra rimedigiusfamiliari e responsabilità civile - ha ammesso, conriguardo ai rapporti tra coniugi, la cumulabilità della tu-tela aquiliana con quella propria del diritto di famiglia inforza della considerazione che, se la famiglia è luogo diautorealizzazione dei singoli componenti, ciò vuol direche le prerogative di ciascuno trovano «riconoscimentoe tutela prima ancora che come coniuge, come personein adesione al disposto dell’articolo 2 Costituzione» (Cas-sazione 10 maggio 2005, n. 9801).

Danni tra coniugiÈ definitivamente caduto, qui, come si è appena ac-

cennato, il principio - così definito in ambiente di com-mon law - dell’intersposual immunity. Esaminiamo, bre-vemente e senza pretesa di completezza ed approfondi-mento, alcune decisioni.

Si trova affermato, in generale, che, avendo naturagiuridica i doveri che derivano dal matrimonio, la viola-zione di essi che si traduca in condotte di intrinseca gra-vità tale da configurare aggressione ai diritti fondamen-tali della persona, fra i quali rientra il diritto alla sessua-lità, fa sorgere il diritto dell’altro coniuge al risarcimentodel danno patrimoniale e non patrimoniale, senza chepossa ritenersi che la violazione di siffatti obblighi trovila propria sanzione nelle misure tipiche previste dal di-ritto di famiglia, quali la separazione, il divorzio, l’adde-bito della separazione, l’assegno di divorzio. La Scha cosìcassato la sentenza di merito che aveva respinto la do-manda risarcitoria proposta contro un coniuge che pri-ma delle nozze aveva taciuto all’altro la propria incapa-cità fisica a intrattenere normali rapporti sessuali (Cas-

sazione 10 maggio 2005, n. 9801, cit.).Talune pronunce hanno fatto seguire condanne risar-

citorie all’infedeltà di un coniuge nei confronti dell’altro.È stato così risarcito - in una pronuncia che suscita peròqualche perplessità - il danno esistenziale subito da unadonna per l’infedeltà (omosessuale) del marito (Tribuna-le Brescia 14 ottobre 2006, RCP, 2007, 81). Il risarcimento èstato riconosciuto, in questo caso del tutto condivisibil-mente, in ipotesi di reazione aggressiva di un coniuge al-la scoperta della propria infedeltà coniugale, tenuto con-to dell’attitudine lesiva, attribuibile a tale condotta, an-che della dignità della persona (Tribunale Venezia 3 lu-glio 2006, RC, 2006, 951).

Ed ancora non può mancarsi di rammentare la con-danna risarcitoria in caso di la violazione dei doveri diassistenza morale e materiale fra coniugi, nel caso diuna moglie malata di mente lasciata completamente so-la e abbandonata a se stessa, dal marito in una stanzadella casa per anni di seguito (Tribunale Firenze 13 giu-gno 2000, FD, 2001, 161). Così come merita di essere cita-ta la condanna di un coniuge per le continue offese e ag-gressioni anche in pubblico — si è parlato al riguardo dimobbing familiare — ai sentimenti più profondi e alladignità dell’altro coniuge (Appello Torino 21 febbraio2000, FI, 2000, I, 1555).

Ineccepibile, poi, la pronuncia che ha condannato perlite temeraria, in favore della moglie, un marito che ave-va agito per il disconoscimento, infondato, di paternitàdel figlio (Tribunale Monza 16 giugno 2005, www.perso-naedanno.it).

Quanto all’esercizio del cd. «diritto di visita» sappiamoche esso è in realtà anche un dovere, sicché il genitorenon affidatario vi è tenuto. Troviamo dunque stabilitoche risponde dei danni nei confronti dell’affidatario ilgenitore non affidatario venuto meno all’obbligo di visi-tare periodicamente il figlio portatore di handicap (Tri-bunale Brindisi 30 ottobre 2001, GM, 2001, 391). Il chesembra senz’altro porre un principio applicabile anchenel caso di responsabilità genitori-figli: se spetta il risar-cimento del danno al genitore affidatario, diremmo chea maggior ragione spetterebbe al figlio, che è la personasulla quale più direttamente si producono gli effetti del-la condotta dell’altro genitore.

Stesso tema del «diritto di visita» riguardato dall’op-posto punto di vista. Altre due sentenze del tribunale diRoma e del tribunale di Monza, rispettivamente del 2000e del 2004, hanno riconosciuto al coniuge separato e nonaffidatario della prole il risarcimento del danno per l’im-pedimento, da parte del genitore affidatario, dell’eserci-zio del diritto di visita, con conseguente privazione diogni rapporto con i figli (Tribunale Roma 13 giugno 2000,DFP, 2001, 209; TR, 2000, 1157; Tribunale Monza 5 novem-bre 2004, FD, 2009, 79). Si tratta dell’ipotesi cosiddetta del«genitore ostacolante». Non sembra incoerente, poi, sal-vo approfondire caso per caso, l’atteggiamento della giu-risprudenza che ha ritenuto responsabile il genitoreostacolante, ma ha ritenuto legittima la condotta del fi-glio — se così possiamo dire — «rifiutante»: del figlio,cioè, che non vuole vedere il genitore non affidatario. Sitrova affermato, in questo senso, che i figli adolescenti

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possono formulare precise richieste concernenti la ca-denza e le modalità della visita (Tribunale Catania 6 di-cembre 1995, DFP, 1998, 98; Tribunale Catania 17 aprile1996, DFP, 1998, 104) e che l’imposizione coattiva di rap-porti con il genitore non affidatario può sortire effetticontroproducenti (Cassazione 15 gennaio 1998, n. 317,DFP, 1999, 77).

Danni genitori-figliÈ un settore in cui le novità non mancano, anche se

non altrettanto numerose di quelle che concernono irapporti tra coniugi.

Rammentiamo, anzitutto, una celebre pronuncia dellaSc che ha confermato una sentenza della corte d’appellodi Venezia con cui era stato riconosciuto un risarcimen-to di 30 milioni di lire ad un figlio naturale al quale il pa-dre aveva ostinatamente rifiutato di corrispondere l’as-segno di mantenimento in precedenza fissato. Il padreaveva infine corrisposto per intero il dovuto, in unica so-luzione, sebbene con ritardo di anni. Il figlio, allora, ave-va chiesto nei suoi confronti il risarcimento dei dannisubiti «sotto il profilo affettivo» in conseguenza del com-portamento intenzionalmente e pervicacemente defati-gatorio dell’altro. La Sc ha qualificato il danno subito dalfiglio quale danno esistenziale ed ha osservato che lacondotta del padre rilevava «in termini di violazione nondi un mero diritto di contenuto patrimoniale ma di sot-tesi e più pregnanti diritti fondamentali della persona, inquanto figlio e in quanto minore» (Cassazione 7 giugno2000, n. 7713, DFP, 2001, 934; FI, 2001, I, 187; RCP, 2000,923; GI, 2000, I, 1, 1352; GC, 2000, I, 2219; CorG, 2000, 873).

Ancora Venezia. Il tribunale ha risarcito il danno ca-gionato ad una figlia, divenuta nel frattempo maggio-renne, per il «pervicace disinteresse» mantenuto dal pa-dre fin dalla nascita (Tribunale Venezia 30 giugno 2004, Ilmerito, 2005, 1, 17). Il danno è stato identificato nella«consapevolezza ... raggiunta dall’attrice di essere statatrattata come il figlio di un mammifero di specie diversada quella umana (sebbene molti mammiferi, a ben ve-dere, pongono a lungo cura alla prole)».

Pregevole, poi, la pronuncia della corte d’appello di Bo-logna secondo cui l’inadempimento da parte del padreagli obblighi di cui agli articoli 147 e 148 c.c., provoca, neiconfronti del figlio, un danno ai valori fondamentali del-la persona, così come garantiti dagli articoli 2 e ss. Costi-tuzione, sicché è configurabile quale nuovo danno nonpatrimoniale (esistenziale) la violazione da parte del ge-nitore dell’obbligo di mantenimento ed assistenza del fi-glio naturale (Appello Bologna 10 febbraio 2004, RC, 2006,129; FD, 2006, 511).

Già in passato, ancora, una sentenza del tribunale diTorino aveva condannato l’autore di un mendace rico-noscimento di paternità al risarcimento del danno mo-rale in favore del minore destinatario del riconoscimen-to per il dolore di scoprirsi figlio di una persona diversada quella che aveva ritenuto suo padre (Tribunale Torino31 marzo 1992, DFP, 1992, 193).

Facile prevedere che pronunce dello stesso segno an-dranno man mano crescendo di numero.

Cognome: proposte di legge e profili di dirittocomparato

GIACOMINA COSTERNINO, AVVOCATO

NICOLETTA DI GIOVANNI, AVVOCATO

L’attuale sistema vigente in materia di cognomedel coniuge e di trasmissione del cognome ai fi-gli, alla luce e nella direzione di un adeguamen-to della normativa ai principi della uguaglianza

morale e giuridica dei coniugi nonché delle evoluzionilegislative internazionali, è stato sottoposto, nel dise-gno di legge all’esame del Senato in sede referente, aprofonde e rilevanti innovazioni.

La modifica della attuale normativa, ancorata finoraad una radicata e sentita tradizione del cognome vistocome elemento identificativo della famiglia di apparte-nenza, segno di discendenza familiare, si rende neces-saria per adeguare la materia alle convenzioni interna-zionali e alle raccomandazioni del Consiglio d’Europache si sono mosse nella direzione della eliminazione diogni discriminazione nei confronti della donna neirapporti familiari.

Tra le altre si segnala, in proposito, la Convenzionesulla eliminazione di tutte le forme di discriminazionenei confronti della donna adottata a New York il 18 di-cembre 1979, ratificata in Italia con legge 132/85, cheha impegnato gli Stati aderenti ad assicurare gli stessidiritti personali al marito e alla moglie, compresa lascelta del cognome; le raccomandazioni 1271 del 1995e 1362 del 1998 del Consiglio d’europa che hanno affer-mato l’incompatibilità con il principio di eguaglianzadi previsioni discriminatorie tra uomini e donne in or-dine alla scelta del nome di famiglia.

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Il disegno di legge all’esame del senato in sedereferente

In riferimento alla disciplina del cognome del co-niuge, la proposta vuole modificare l’attuale articolo143bis c.c. - ai sensi del quale la moglie aggiunge alproprio cognome quello del marito e lo conserva du-rante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze- stabilendo che «Con il matrimonio ciascun coniugeconserva il proprio cognome».

L’obiettivo proposto, come si può evincere dalla re-lazione accompagnatoria, in piena coerenza ai princi-pi di uguaglianza dei coniugi, di tutela costituzionaledel nome e di eliminazione di ogni residua traccia dipotestà maritale, è proprio quello di consentire l’indi-viduazione della persona attraverso il proprio cogno-me indipendentemente dal rapporto di coniugio.

Le modifiche più innovative riguardano, indubbia-mente, la trasmissione del cognome ai figli legittimi,o meglio “figli nati nel matrimonio” secondo la nuovaterminologia proposta nell’articolo 3 dello stesso di-segno di legge.

Il disegno di legge, che introdurrebbe dopo l’artico-lo 143bis c.c. un nuovo articolo 143bis1 c.c., prevedequattro possibilità: al momento della registrazione igenitori possono attribuire al figlio il cognome delpadre, o quello della madre, o quello di entrambi i ge-nitori nell’ordine determinato di comune accordo. Incaso di mancato accordo tra i genitori, ovvero in casodi morte, irreperibilità o incapacità di entrambi sonoattribuiti al figlio i cognomi di entrambi i genitori inordine alfabetico, limitatamente al primo cognome diciascuno.

I genitori effettuano la scelta, con dichiarazione re-vocabile all’atto del matrimonio ovvero, in mancanzao in caso di revoca, all’atto della nascita del primo fi-glio.

La nascita del primogenito determina, comunque,la definitività della scelta: ai figli successivi al primo,e generati dagli stessi genitori, verrà automaticamen-te attribuito lo stesso cognome del primogenito. Si ri-tiene che questa disposizione rappresenti uno sbar-

ramento necessario e ineliminabile, finalizzato adevitare una moltiplicazione onomastica difforme inseno ad una medesima famiglia.

La scelta dell’assunzione del doppio cognome, seapplicata rigidamente anche ai discendenti, compor-terebbe una ingestibile ed eccessiva proliferazionedei cognomi determinando una confusione alla qualesarebbe davvero arduo mettere ordine; motivo, que-sto, che ha suggerito un equilibrato temperamentorappresentato dalla previsione che, il soggetto a cuisiano stati attribuiti i cognomi di entrambi i genitori,dovrà necessariamente scegliere quale dei due tra-smettere al proprio figlio.

La normativa vigente negli altri statiLa trasmissione del cognome rappresenta una que-

stione di grande attualità che, pur nel tentativo diispirazione ai medesimi principi, vede soluzioni e di-scipline diverse, negli altri Stati, legate a tradizioni,culture e identità profondamente differenti.

Spagna. In Spagna, vige da tempo la consuetudinedel doppio cognome; i figli prendono il primo cogno-me del padre e, di seguito, il primo della madre. I ge-nitori possono però accordarsi sull’ordine dei cogno-mi da imporre al primogenito; in assenza di accordosi applica la disciplina ordinaria che, a ben guardare,si appalesa discriminatoria per la donna; forse, ancheper questo è, altresì, prevista la possibilità per il fi-glio, al compimento della maggiore età, di avanzareistanza per l’inversione dell’ordine dei cognomi.

Francia. In Francia, i genitori possono scegliere apiacimento per i figli il cognome del padre, della ma-dre o quello di entrambi nell’ordine da essi scelto,con il limite di un solo cognome per ciascuno. Nel-l’intento di preservare al massimo il legame tra fra-telli è previsto che il cognome attribuito al primoge-nito venga trasmesso ai successivi figli della coppia.

Gran Bretagna. In Gran Bretagna le coppie possonoscegliere se dare alla famiglia il cognome del padre,della madre o di entrambi, o, addirittura, uno diversodai loro, anche se, nella pratica prevale il cognomepaterno.

Germania. Nella Repubblica Federale Tedesca, i co-niugi possono optare tra la scelta di un cognome difamiglia – che può essere il cognome di anche unosolo dei coniugi, al quale l’altro coniuge può sceglieredi aggiungere il proprio- ovvero il mantenimento deirispettivi cognomi; in questa seconda ipotesi, essipossono concordare all’atto di nascita del primo fi-glio quale cognome attribuire alla prole, e, in caso dimancato accordo, la scelta è devoluta al Giudice.

ConclusioniIl disegno di legge, in un’ottica di adeguamento alla

normativa internazionale, senz’altro merita di trovareingresso nel nostro ordinamento; rimane, tuttavia, ilproblema cruciale della mancata previsione della co-pertura finanziaria degli oneri economici necessaria-mente derivanti dalle modifiche proposte, che potreb-be impedirne la concreta attuazione.

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