Osdi%20 %20dicembre%202014 33952

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normeautoriper gli

Le proposte di pubblicazione saranno accettate a giudizio del comitato di redazione.Ogni articolo esprime il lavoro e/o le convinzioni degli autori i quali assumono la responsabilità diquanto dichiarato. Quando l’articolo esprime o può coinvolgere la responsabilità o l’immaginedell’istituzione di appartenenza o quando gli autori parlano a nome della medesima, occorrerà unaliberatoria scritta dei relativi responsabili.La pubblicazione dei lavori è gratuita; il materiale anche originale pervenuto, anche se non pubblicato,non sarà restituito.Gli autori sono tenuti a specificare se la proposta di pubblicazione è stata inoltrata presso altreriviste.Il comitato editoriale si riserva di eseguire, nell’eventualità che appaia opportuno, un lavoro direvisione formale del testo, ferma restando la conservazione dei contenuti espressi dall’Autore, perrenderli conformi allo stile della Rivista.

La rivista In...formazione OSDI pubblica lavori di interesse didattico, scientifico e assistenzialiriguardanti il diabete e gli argomenti correlati.Indicare, oltre al proprio indirizzo, il numero di fax e l’indirizzo e-mail per l’eventuale corrispondenza.La struttura del lavoro dovrà conformarsi alle seguenti indicazioni:- Titolo: il titolo deve essere il più possibile conciso, ma chiaramente esplicativo della natura del

lavoro.- Nome dell’Autore (o degli Autori): nomi e cognomi per esteso in lettere maiuscole; accanto a

ciascun nome uno o più asterischi con riferimento alla successiva indicazione.- Indicazione, preceduta dal relativo numero di asterischi, per ciascun autore della qualifica o

struttura di appartenenza; va indicato l’indirizzo e-mail dell’Autore cui fare riferimento.- Riassunto: il riassunto dovrà essere non superiore alle 300 parole e illustrare succintamente scopo

del lavoro e risultati.- I riferimenti bibliografici dovranno essere riportati in calce al lavoro numerati progressivamente

in cifre arabe poste tra parentesi quadre:indicando il cognome e le iniziali del nome dell’Autore, il titolo dell’articolo per esteso, il titolodella rivista, il volume (in corsivo), i numeri della prima e dell’ultima pagina e l’anno.

Le bozze di stampa inviate agli autori devono essere corrette e restituite entro 4 giorni.

Il materiale dovrà essere inviato all’indirizzo e-mail: [email protected]

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IN...FORMAZIONEPeriodico trimestraledell’Associazione OSDIOperatori Sanitaridi Diabetologia ItalianiVia Guelfa, 9 - 40138 Bolognawww.osdi.itAutorizzazione del tribunaledi Lecce n. 1014 - marzo 2009

DIRETTORE RESPONSABILEMaria Teresa Branca

VICE-DIRETTORERoberta Chiandetti

COMITATO SCIENTIFICORoberta ChiandettiMaria Teresa BrancaGiovanni Lo GrassoLia Cucco

COMITATO DI REDAZIONEGemma AnnicelliElisa BelliniLia CuccoRaffaella FiorentinoMarcella LaiElisa LevisGiovanni Lo GrassoVilma MaglianoAlberto PambiancoSilvana PastoriClara ReboraKatia SpeeseSilvia Tiozzo

PROGETTAZIONE GRAFICA,IMPAGINAZIONE E STAMPAALTOGRAF73042 Casarano (Le)Tel. 0833.502319

som mario

a cura di Lia Cucco 36nursing diabetologico

editoriale del direttoredi Maria Teresa Branca 4

28vita associativa

44Articolo originaleTrattamento del paziente diabeticoospedalizzato. Esperienza OspedaleSan Marcellino Muravera Asl n. 8 Cagliaridi Tatiana Lai

lettera del presidentedi Giovanni Lo Grasso 7notizie dall’associazione 14

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editorialedirettoredel

di Maria Teresa Branca

Cari colleghi,

anche quest’anno possiamo conside-

rare positivo il bilancio della rivista!

Gli articoli pubblicati sono sempre

stati di notevole interesse ma so-

prattutto molto pertinenti alla no-

stra formazione professionale.

Voglio ringraziare tutti gli autori che

hanno voluto aderire volontariamente

alla stesura di articoli per il nostro

giornale. Il loro contributo è stato

utile a rendere più interessante e più

avvincente la lettura della rivista e

offrire un supporto concreto allo svi-

luppo professionale dell’infermiere di

diabetologia.

Ma che cosa significa essere infer-

miere di diabetologia oggi? Dove van-

no tutti i nostri sforzi per conciliare

““scienza e rscienza e r elazionelazion e” e” e per essere un

vero supporto al paziente che convive

con una patologia cronica?

Non servono analisi particolarmente

acute per inquadrare la situazione

che colpisce la sanità italiana, uno

scenario che forse non potevamo im-

maginare ma che si sta materializ-

zando nella maniera più drammatica.

Un declino di un modello d’assistenza

che non regge più ai colpi di una

politica sanitaria concentrata

sull’aspetto finanziario, che genera

solo tagli di budget, riduzione dei ser-

vizi e dei posti di lavoro.

Purtroppo le previsioni future non so-

no molto promettenti, la sanità con-

tinua a essere considerata un terre-

no sul quale tagliare e non sul quale

investire.

Noi infermieri siamo consapevoli che

il nostro contributo, fatto di compe-

tenze e di esperienze possa essere

utile per una sanità diversa, più ri-

spettosa degli utenti e dei suoi lavo-

ratori e nell’interesse primario dei

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cittadini. Per que-

sto motivo, incre-

mentare e valoriz-

zare le nostre

competenze vuol

dire avere maggiore

energia per dare maggiore valore alla

nostra professione.

A tal proposito v’invito alla lettura di

questo numero della rivista nel quale

abbiamo pubblicato un importante do-

cumento sulle tecniche iniettive re-

datto dal gruppo Inter - Societario

AMD OSDI, mi riferisco alla CCONSEN-ONSEN-

SUS AMDSUS AMD --OSDI SULLE TEOSDI SULLE TE CNICHECNICHE

INIETINIETTIVE NEL SOGGETTIVE NEL SOGGET TTO DIABETI-O DIABETI-

CCOO..

Il progetto, frutto di un grosso lavoro

di ricerca e di studio, traccia un qua-

dro molto preciso sulle tecniche iniet-

tive e sulle complicanze alle quali può

andare incontro il paziente a causa di

una scorretta tecnica iniettiva. Il do-

cumento rileva

l’intuitiva importanza

dell’educazione del

paziente ma mostra

che ancora oggi gli in-

terventi educativi

sono carenti, un dato avvalorato

dall’elevata frequenza di lesioni cuta-

nee dovute a errata tecnica iniettiva.

La Consensus è molto completa negli

argomenti ma è anche arricchita da

tabelle e tavole sinottiche che rendo-

no ancora più comprensibile

l’argomento.

Vi auguro una buona lettura!

Buon Natale e Buon anno a tutti!

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Cari colleghi, cari lettori,

anche quest’anno volge al termine e quindi è il momento di fare i bilanci su quanto fattonei mesi appena trascorsi, cominciando ad ipotizzare “buoni propositi” per il nuovoanno. Nostro malgrado, dobbiamo sottolineare che anche quest’anno la situazione delnostro paese è stata caratterizzata da notevoli criticità, sia sul campo economico chesociale, con evidenti e risapute ripercussioni anche nell’ambito sanitario e assistenziale.Ripercussioni che hanno portato OSDI a mantenere alta l’attenzione, non solo nel portareavanti le attività prefissate, ma anche a rafforzare l’attività di rete con gli altri attori delsistema salute rivolgendo particolare attenzione agli sviluppi normativi e organizzativi.Da più parti si ribadisce che, a causa della riduzione delle risorse, l’attuale modellodefinito tradizionale non riesce più a soddisfare i bisogni scaturiti dalle cronicità e dallepolipatologie; ciò porta a rafforzare la posizione assunta anche da OSDI nell’orientaregli interventi verso il superamento dell’attuale organizzazione, che risulta essereprevalentemente individuale e autoreferenziale per andare verso un modello di cura eassistenza in team, al fine di costruire un sistema equo e sostenibile nel tempo. Inquest’ottica si muove anche il Patto della Salute 2014-2016 approvato dalla ConferenzaStato Regioni lo scorso mese di Luglio che sottolinea come “è necessaria una ridefinizionedei ruoli, delle competenze e delle relazioni professionali assegnando ad ogni professionistaresponsabilità individuali e di gruppo su compiti, obiettivi e funzioni abbandonando una

letteradel presidente

di Giovanni Lo Grasso

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logica gerarchica e privilegiando una logica di governance responsabile dei professionisti”.In questo contesto si riconosce l’importanza dell’assistenza multidisciplinare e multiprofessionale. Compito della professione infermieristica è quello di evitare che all’infermierevenga assegnato solo un ruolo sussidiario alle attività svolte da altri e quindi attenzionaresoprattutto i prossimi sviluppi e le possibili declinazioni in ambito regionale.Il recente passato è stato caratterizzato anche dalle diatribe in merito all’erogazione deipresidi per l’autocontrollo e dal costante e attento presidio anche di Osdi nel seguirele vicende sia a livello regionale, con la presenza attiva e propositiva dei Presidenti ecomponenti dei Consigli Direttivi Regionali ai tavoli tecnici, che a livello nazionale conla partecipazione alla stesura di documenti tecnico politici quali il Protocollo per ildiabete sottoscritto dalle Comunità Scientifiche e dalle Associazioni di personediabetiche presentato il 14 Maggio scorso in presenza del Ministro della Salute eL’appello di associazioni dei pazienti e società scientifiche contro le gare pubblicheper la fornitura dei dispositivi medici previste dalla legge di Stabilità presentato il13 Novembre scorso in conferenza stampa presso la Camera dei Deputati.Il protocollo ha la finalità e lo scopo di ribadire come sia necessario garantire la diffusionee la distribuzione in maniera equa ed omogenea su tutto il territorio nazionale deglistrumenti per l’autocontrollo domiciliare della glicemia, sottolineando che questo èparte integrante del percorso di cura delle persone affette da diabete; mentre l’appelloribadisce la contrarietà al ricorso alle gare per la fornitura dei presidi per la gestionedel diabete (autocontrollo, microinfusore). L’appello include anche un decalogo perl’autocontrollo domiciliare con la finalità di far comprendere per l’appunto cos’èl’autocontrollo.OSDI partecipa attivamente a tali attività perché ha ritenuto in passato e continua adessere convinta nel presente che in quanto “addetti ai lavori” può contribuire a costruireun sistema equo, sostenibile che soddisfi i bisogni delle persone.

Rivolgendo l’attenzione all’interno della nostra associazione, evento cruciale di quest’annoè stato l’XI Congresso Nazionale OSDI che, oltre a segnare l’inizio del mio mandato daPresidente e l’avvicendamento dei componenti all’interno del CDN, ha permesso dievidenziare che non si può parlare di cura e assistenza senza tener conto del cambiamentodemografico della popolazione, mettendo al centro del sistema la persona con le suepecularietà e specificità, non solo anagrafiche.In questa direzione, continua il percorso di OSDI caratterizzato dall’attività formativaresidenziale, i precorsi FAD, la partecipazione e collaborazione a prestigiose iniziativecongressuali, i contributi disponibili all’interno del sito internet e della rivista In…Formazione Osdi e l’impegno a dotare i professionisti di “strumenti” finalizzati a renderevisibile il risultato delle cure erogate. A tal proposito OSDI è da diverso tempo impegnatanel costruire gli strumenti per mettere a disposizione della comunità scientifica i dati

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relativi gli esiti assistenziali in ambito diabetologico. Possiamo dire che l’obiettivo èstato raggiunto, e per questo devo ringraziare, non solo per la competenza e professionalitàma anche per la sua caparbietà, la collega Roberta Chiandetti che assieme a Lia Cucco,Maria Teresa Branca hanno lavorato negli ultimi mesi per definire e sviluppare il progettoche sarà fruibile nei primi mesi del prossimo anno. Questo percorso ha permesso ancheil consolidamento della collaborazione con il GISED che sicuramente porterà a qualcosadi più strutturato nel prossimo futuro nell’interesse di omogeneizzare l’azione deiprofessionisti valorizzandone e accrescendone le competenze.

Le competenze di OSDI sono sicuramente espresse al meglio all’interno delle Scuolaformatori. Nel mese di ottobre la SFO OSDI si è sottoposta al periodico controllo delSistema di valutazione della Qualità ed anche questa volta si è confermato che il sistemarisponde alle norme ISO. Tutto ciò è frutto del lavoro e dell’impegno del Direttore dellaScuola Elisa Bellini, insieme a tutto il Direttivo della SFO ai quali rinnovo le congratulazioneper il prestigioso e brillante risultato, di  Maria Teresa Branca che ha seguito i lavoriin rappresentanza del CDN e anche dei colleghi della sezione OSDI Veneto che hannoospitato il certificatore all’interno di un evento formativo da loro organizzato.

Nell’ottica di creare una rete tra i professionisti e le società scientifiche rientra lacollaborazione con AMD nella costituzione del Gruppo inter-societario sulla TerapiaIniettiva. L’attività del gruppo è stata caratterizzata dalla raccolta di una serie di datisulle lipodistrofie e dalla stesura della Consensus AMD-OSDI sulle Tecniche iniettive nelsoggetto diabetico. Ambedue le attività oltre a produrre una serie di dati particolarmenteinteressante sono state utili al fine di far aumentare la coscienza e la consapevolezzache è necessario destinare particolare attenzione ai temi inerenti la somministrazionedell’insulina.

In conclusione di questo breve escursus sulle attività che hanno caratterizzato questoultimo anno di associazione volevo ringraziare le persone che a vario titolo partecipanoa “fare l’OSDI” perché l’associazione non è rappresentata solo dalla sua organizzazione,dal suo statuto, dalla sua rivista, dal sito, dalla scuola formatori, dal provider, ma, a mioavviso, soprattutto dalle persone che la costituiscono e dal contributo all’esercizio dellaprofessione che riesce a produrre.Quindi, rinnovando l’impegno ad operare nell’intento di contribuire alla crescita dellanostra Associazione, Auguro a tutti delle festività natalizie serene e un Nuovo Annofelice e prospero per tutti.

Giovanni Lo Grasso

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notiziedall’associazione

CONSENSUS AMD-OSDI SULLE TECNICHEINIETTIVE NEL SOGGETTO DIABETICOA cura del Gruppo Inter-Societario AMD-OSDI sulle Tecniche iniettive

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CoordinatoreSandro Gentile (AMD)

ComponentiLia Cucco (OSDI)Nicoletta De Rosa (AMD)Giorgio Grassi (AMD)Carlo Lalli (AMD)Giovanni Lo Grasso (OSDI)Maria Teresa Marcone (AMD)Maurizio Sudano (AMD)

Consulenti esterniLuigi Gentile (AMD)Annalisa Giancaterini (AMD)Patrizio Tatti (AMD)Laura Tonutti (AMD)

Referente CDN AMDVincenzo Armentano

PREMESSA

Di seguito potrete consultare la Consensus sulle Tecniche Iniettive nella Persona affettada Diabete Mellito redatto dal Gruppo Inter-Societario AMD-OSDI.

Il documento è il frutto del lavoro del Gruppo Intersocietario, che sta ripercorrendotutte le problematiche inerenti la tecnica iniettiva, nell’attesa di render disponibili gli altriprodotti del lavoro del Gruppo Vi auguro una buona lettura del documento.

Giovanni Lo Grasso

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PERCHÉ UN DOCUMENTO DI CONSENSO SULLE TECNICHE INIETTIVE

Dati ISTAT 2011 indicano che oggi in Italia vi sono circa 3 milioni di persone diabetiche(1), a distribuzione regionale differente, maggiore nelle regioni del sud, e con prevalenzadi diabete Tipo 1 di 5,1 %. I dati del rapporto ARNO 2011 mostrano come nel corsodell’ultima decade vi è stato un progressivo incremento d’uso di preparazioni di insulinapiù moderne e dal profilo farmaco-cimetico più fisiologico, come analoghi rapidi e basali,così come di schemi terapeutici più moderni (3). Ad onta di questo progresso e di ungenerale miglioramento della qualità delle cure, i dati degli annali AMD 2012 (3) mostranocome solo il 22,2% dei diabetici tipo1 ed il 43,8% dei diabetici tipo 2 raggiungano valoridi HbA1c al di sotto del 7% e, viceversa, come diabetici tipo 2 con valori superiori al 9%siano il 25,7%.

Le ragioni del mancato raggiungimento del compenso glicemico dipendono da svariatifattori, ivi comprese le modalità di somministrazione, conservazione e manipolazionedell’insulina che rivestono un ruolo non secondario del percorso di cura. Pertanto, unodegli obiettivi del team curante deve essere quello di garantire il conseguimento diconoscenze ed abilità che guidino nel corretto utilizzo dei farmaci ipoglicemizzantiiniettivi, nel corretto uso dei dispositivi per iniettarli e nella corretta applicazione ditecniche iniettive da parte delle persone con diabete e dei loro care givers, al fine diutilizzarne appieno tutte le potenzialità terapeutiche.

Per poter garantire tutto ciò, si è reso necessario raccogliere tutte le evidenzescientifiche disponibili su questa tematica ed organizzarle secondo criteri gerarchici incui occupa un ruolo fondamentale un’azione educativa strutturata, finalizzataall’acquisizione da parte della persona con diabete delle conoscenze e delle abilitànecessarie all’autogestione consapevole della malattia (4).

Da queste esigenze nasce la realizzazione del documento di consenso sulle TecnicheIniettive.

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1. Il Diabete in Italia Anni 2000-2011. Istat 20122. Analisi Prospettica Degli Indicatori Di Qualità Dell’assistenza Del Diabete In Italia (2004-2011) Gli Annali AMD 2012.3. Osservatorio ARNO Diabete. Il profilo assistenziale della popolazione con diabete. Rapporto 2011 Volume XVII -

Collana “Rapporti ARNO” Cineca - Dipartimento SISS – Sanità.4. Raccomandazioni di trattamento assistenziale in campo diabetologico - Le position statement OSDI 2011/2012

Somministrazione di Insulina: Aspetti Tecnici ed Educativi http://www.osdi.it/Uploads/Raccomandazioni/Raccomanda-zioni_01.pdf

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TECNICA INIETTIVA

Raccomandazioni

1. Una corretta tecnica di iniezione è essenziale per garantire un’ottimale azionedell’insulina e degli altri farmaci iniettabili per la cura del diabete.La corretta tecnica iniettiva prevede la scelta dell’ago, la rotazione delle sedi diiniezione, la manipolazione e la conservazione dell’insulina, la procedura con cuisi inserisce l’ago nella cute, la durata dell’iniezione con l’uso di penne, la manipo-lazione della cute prima e dopo l’iniezione.(Livello della prova III, Forza della raccomandazione B)

2. L’insulina deve essere iniettata nel tessuto sottocutaneo integro, evitando l’iniezioneintramuscolare, che invece comporta un assorbimento più rapido e il rischio diipoglicemia.(Livello della prova II, Forza della raccomandazione B)

3. L’azione dell’insulina non è influenzata dalla profondità a cui viene iniettatanell’ambito del tessuto sottocutaneo.(Livello della prova V, Forza della raccomandazione B)

4. La rotazione delle sedi di iniezione su ampie superfici, il non riutilizzo dello stessoago più volte, la tecnica del pizzicotto e l’angolazione dell’ago a 45° rispetto allacute - se si utilizzano aghi di lunghezza superiore ai 6 mm - sono fattori essenzialiper garantire un assorbimento ottimale dell’insulina ed evitare lesioni cutanee.(Livello di prova II, Forza della raccomandazione A)

5. Uno schema di rotazione di comprovata efficacia consiste nel suddividere il sitodi iniezione in quadranti, iniettando l’insulina con una sequenza di puntureregolarmente distanziate tra loro di circa 2 cm all’interno di ciascun quadrante,al fine di evitare traumi ripetuti nella stessa sede.(Livello di prova I, Forza della raccomandazione A)

6. Gli analoghi rapidi dell’insulina possono essere iniettati in qualunque sito diiniezione, perchè il loro assorbimento non è sito-dipendente. Invece l’insulinaumana regolare va preferenzialmente iniettata sull’addome, perchè in tale sede ilsuo assorbimento è più rapido e stabile.(Livello di prova I, Forza della raccomandazione A)

7. La mancata rotazione delle sedi di iniezione, il riutilizzo più volte dello stesso agoe l’uso di alcune preparazioni insuliniche può provocare la formazione di aree dilipodistrofia.(Livello della prova III, Forza della raccomandazione B)

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8. La scelta della lunghezza dell’ago da iniezione (per penna o siringa) è cruciale pergarantire un assorbimento ottimale dell’insulina.(Livello della prova III, Forza della raccomandazione B)

9. Le iniezioni praticate con aghi più corti e più sottili causano minore dolore e disagionei pazienti e ne garantiscono una migliore accettazione ed aderenza alla terapia.(Livello della prova II, Forza della raccomandazione A)

10. L’iniezione con la penna e l’uso di aghi più corti e più sottili garantisceun assorbimentoottimale dell’insulina anche in soggetti magri e in bambini, è più facile da praticaree da insegnare, non necessita della tecnica del pizzicotto (o della plica), causaminore paura e doloree garantisce una migliore accettazione ed aderenza allaterapia.(Livello della prova II, Forza della raccomandazione A)

11. L’iniezione di insulina in aree lipodistrofiche ne modifica la farmacocinetica e lafarmacodinamica, provocando assorbimento variabile ed imprevedibile ed influen-zando il compenso glicemico.(Livello della prova II, Forza della raccomandazione B)

12. Nel passaggio dall’iniezione da una zona lipodistrofica ad una zona sana le dosidi insulina vanno solitamente ridotte perché ne migliora l’assorbimento.

La riduzione della dose insulinica varia da individuo ad individuo e deve essereguidata da un’intensificazione dell’automonitoraggio glicemico.(Livello della prova II, Foza della Raccomandazione A)

13. E’ necessaria un’adeguata azione educativa da parte del team curante per tutti ipazienti che iniziano la terapia iniettiva per la cura del diabete.(Livello della prova II, Forza della raccomandazione A)

14. L’ispezione e la palpazione delle sedi di iniezione va effettuata sistematicamentein tutti i pazienti diabetici in terapia iniettiva e va sistematicamente rinforzatal’azione educativa sulla corretta tecnica iniettiva e sull’autopalpazione delle sedidi iniezione.(Livello della prova II, Forza della raccomandazione A)

Commento

Per garantire che l’azione dell’insulina iniettata in persone diabetiche rispetti i profilidi farmacocinetica e farmacodinamica teorici, garantendo un effetto biologico prevedibile,è necessario che la tecnica di iniezione dell’insulina sia corretta (1-4), evitando erroriche ne modifichino l’zione (5-6). Poiché la terapia insulinica è una trattamento quotidiano,esiste il rischio che la persona diabetica nel tempo tenda a praticarla in modo disinvolto

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e spesso scorretto, contribuendo così ad aumentare la variabilità glicemica senza unadeguato supporto educativo (5).

Per un assorbimento ottimale l’insulina deve essere iniettata nel tessuto sottocutaneoe non nel derma o nel muscolo, per cui la scelta della lunghezza dell’ago è cruciale. Lalunghezza degli aghi delle siringhe è maggiore di quello per le penne e nella scelta trasiringhe e pennei diabeticipreferiscono la penna,sebbene sia stato dimostrato che,utilizzando una corretta tecnica iniettiva, l’efficacia e la sicurezza dei due sistemi iniettivisiano sovrapponibili, consentendo uguale controllo glicemico e rischio di complicanze.[7, 8].

La cute ha uno spessore medio di 2,23 mm nelle braccia, 1,87 nelle cosce, 2,15nell’addome e 2,41 nei glutei, tanto in soggetti magri che in bambini (9-11). L’iniezioneintramuscolare accidentale provoca frequentemente ipoglicemia (11-15). Per tale motivo,anche iniettando a 90° senza pizzico, l’uso di un ago corto (4mm) riduce il rischio diiniezione intramuscolare e non fa aumentare il riflusso dell’insulina (12,17). L’uso di unago da 4mm è adatto per adulti, indipendentemente dal BMI (5), così come per bambinie adolescenti (13,14, 19) (la tecnica del pizzico potrebbe essere necessaria in soggettiparticolarmente magri) (18). Nella transizione da un ago più lungo ad uno più cortopotrebbero verificarsi variazioni dell’assorbimento dell’insulina per cui viene raccomandatodi intensificare il monitoraggio glicemico [19,20.

Il sottocute ha uno spessore che varia sensibilmente in funzione di genere, sedecorporea, indice di massa corporea, età, etnia, tipo di diabete, morfologia del singolosoggetto diabeticoed insieme alla pressione esercitata durante l’iniezione (3,6,9) determinaun rischio di iniezione intramuscolare stimato del 15,3% con aghi da 8 mm, 5,7% conaghi da 6 mm e dello 0,4% con aghi da 4 mm (9, 21-23).

La rotazione delle sedi di iniezione su ampie superfici, il non riutilizzo dello stessoago più volte, la tecnica del pizzicotto e l’angolazione dell’ago a 45° rispetto alla cute -se si utilizzano aghi di lunghezza superiore ai 6 mm - sono fattori essenziali pergarantire un assorbimento ottimale dell’insulina ed evitare lesioni cutanee (6, 10, 17,24-25).

Con l’avvento degli analoghi dell’insulina si è ridotta la variabilità inter-personale onella stessa persona, l’assorbimento è più prevedibile e quindi di più facile gestione daparte del paziente (25). Nonostante i progressi tecnologici che hanno reso disponibiligli analoghi dell’insulina, alcuni fattori di variabilità del suo assorbimento e della suaazione permangono tutt’ora: esercizio fisico, ormoni contro-regolatori, dose elevata diinsulina, mancata attesa dei 10 secondi al termine dell’iniezione e prima di estrarre l’agodalla pelle (una volta che il pistone della penna è arrivato a fine corsa), uso di mix cherichiedono una corretta miscelazione (24,25). Altro esempio di come la tecnica iniettivapossa influire sulla farmacocinetica dell’insulina è offerto da Glargine (26), che basa la

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propria lunga durata d’azione sul fatto che precipita a pH7 nel tessuto sottocutaneo,mentre se iniettata nel muscolo viene assorbita più rapidamente, provocando inaspettatiepisodi ipoglicemici (25).

E’ stato dimostrato che l’assorbimento dell’insulina non varia in funzione dellaprofondità raggiunta nel sottocute, per cui l’utilizzo di specifici siti di iniezione pertipologia di preparazione insulinica vale solo per le insuline umane (1-3). In quest’ultimocaso, viene raccomandato di utilizzare la stessa regione anatomica per le iniezioni allastessa ora del giorno, iniettando l’insulina con una sequenza di punture regolarmentedistanziate tra loro di circa 2 cm all’interno di ciascuna regione, al fine di evitare traumiripetuti nella stessa sede. L’addome è il sito migliore per le iniezioni associate ai pasti(19)

La scelta del dispositivo per la somministrazione ela lunghezza dell’ago si rivelaquindi un fattore in grado di condizionare il corretto assorbimento dell’insulina. Sia chesi utilizzi la penna, che la siringa. il fattore che influenza notevolmente la corretta tecnicaresta l’ago. Oggi nel nostro paese non sono in commercio siringhe per la somministrazionedell’insulina con aghi di lunghezza inferiori agli 8mm ed il loro utilizzo aumenta ilrischio di iniezioni intramuscolari se non vengono praticate con la corretta tecnica delpizzico e con angolazione dell’ago posto a 45° rispetto alla cute. Per tale motivo, è dapreferire l’utilizzo di penne con aghi corti (4mm) per minimizzare il rischio di iniezioneintramuscolare. Anche lo spessore (G) e l’affilatura dell’ago sono fattori importanti perl’accettazione ed il gradimento dei pazienti (27-30). L’ago da 4mm x 32G dà un equivalentecontrollo glicemico rispetto al 5 mm x 31G e l’8 mm x 31G mm, sia in pazienti obesiche in pazienti non obesi ma è percepito come meno doloroso e viene meglio accettatodei pazienti (29, 31-34).

Le iniezioni di insulina praticate con aghi per penna più corti e più sottili (4 mm e32 G) e con triplice affilatura, in osservanza della norma UNI EN ISO 7864, causanominore dolore e disagio (34-37) e ne garantiscono una migliore accettazione ed aderenzaalla terapia. Infattimaggiore è il diametro esterno, maggiore è la resistenza dell’ago nelpenetrare la cute e, viceversa, minore è il diametro esterno, minore è la sensazione didisagio avvertita dal paziente all’atto dell’iniezione.

Una delle più comuni complicanze nella terapia iniettiva con insulinica è lo sviluppodi lipodistrofia cutanea, realizzabile anche con sistemi di infusione continua di insulina(38-40). La sua esatta eziologia non è del tutto chiara, anche se vari fattori causalivengono chiamati in causa, come traumi ripetuti da iniezioni fatte in zone moltocircoscritte, riutilizzo dell’ago, vecchie insuline protaminate e umane e la stessa insulinaad alte dosi, quale fattore di crescita (17,41). Il rischio di lipoipertrofianelle la personediabetiche che riutilizzano lo stesso ago è del 31% maggiore rispetto a quelli che nonli riutilizano (6).

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Le lipodistrofie sono molto diffuse: Vardar e Kizilci (42) riferiscono una prevalenzadel 48.8% in 215 pazienti turchi in terapia insulinica da almeno 2 anni; per Hauner etal. (43) la prevalenza è del 28.7% (in 233 pazienti con DMT1 tedeschi). Più recentementeBlanco et al. (6) hanno documentato che il 64.4% dei pazienti indagati presentavanolipodistrofie, con una forte relazione con la scorretta rotazione dei siti. Inoltre il 39.1%dei pazienti con lipoipertofia mostravano inspiegabili ipoglicemie e il 49.1% avevanoampia variabilità glicemica. Diversi studi mostrano che l’assorbimento dell’insulinainiettata in aree lipodistrofiche può essere ritardato o diventare imprevedibile (44-47),rappresentando un potenziale fattore di peggioramento del compenso glicemico (47-55), laddove l’uso di aghi molto corti è preferito dai pazienti (30,32,33) ed esercitaun’azione meno traumatica nel sito di iniezione (39,34).

EDUCAZIONE

La terapia insulinica è un trattamento quotidiano e duraturo, per cui esiste il rischioche la persona diabetica - senza un adeguato e costante supporto educativo - tenda neltempo a praticarla in modo disinvolto e spesso scorretto, contribuendo così ad aumentarela variabilità glicemica e il cattivo controllo glicemico (5).

L’importanza di un’adeguata educazione sulle tecniche di iniezione da parte deglioperatori sanitari è intuitiva, tuttavia va rilevato che l’azione educativa risulta spessocarente (4), dato per altro avvalorato dalla frequenza di lesioni cutanee dovute ad erratatecnica iniettive (6, 35-37).

Il team curante deve favorire l’empowerment della persona diabetica rendendolacapace di prendere quotidianamente decisioni strettamente correlate con la terapia. Inparticolare, l’auto-somministrazione dell’insulina richiede l’acquisizione delle abilitànecessarie a garantire l’esecuzione dell’iniezione con tecnica corretta.

Il paziente deve comprendere sia la relazione esistente tra un’appropriata tecnicainiettiva e il buon controllo glicemico (56), sia le alterazioni di farmacocinetica dell’insulinache si realizzano in caso di tecnica iniettiva errata ed il conseguente rischio che talialterazioni facilitino l’insorgenza o accelerino l’evoluzione delle complicanze del diabete(5,6,9,10).

Tutti i pazienti che iniziano la terapia iniettiva per la cura del diabete devono essereadeguatamente istruiti sulle corrette tecniche iniettive (18,27,49-51). L’azione educativadeve essere periodicamente rinforzata e il personale sanitario deve procedere periodi-camente e sistematicamente all’ispezione e alla palpazione delle sedi di iniezione intutti le persone diabetiche in terapia iniettiva (31,55,57-62), specie in presenza di episodiipoglicemici inspiegabili (6). L’azione educativa deve enfatizzare le conseguenze negativedelle iniezioni di insulina intramuscolare o in aree di lipodistrofia e deve rendere capacela persona diabetica di riconoscere le lipodistrofie stesse (58-64).

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L’azione educativa non deve essere limitata all’inizio della terapia ma costante, conrinforzi periodici per tutto il follow-up successivo (63).

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OSDI LOMBARDIABERGAMO 25 OTTOBRE 2014

La bella locandina scelta insieme altitolo mostra l’obiettivo che il Presidenteed il direttivo regionale avevano per questoXI congresso: fare il punto sulla collocazio-ne della patologia diabetica sempre piùinserita nel contesto della sindrome meta-bolica da un lato, e dall’altro avere unapanoramica delle sfide che questo com-porta per l’assistenza infermieristica,nell’evoluzione della professionalitàdell’infermiere.

Nell’immagine l’orologio vuole indicarelo scorrere del tempo, il lungo tempo dellamalattia cronica, e i binari il percorso dirittoverso gli obiettivi, l’autocura efficace; maper noi anche la nostra associazione è

come un treno i cui passeggeri sono i soci.Un treno che conosce il percorso e vuolearrivare dritto alla propria meta.

In questo contesto due relazioni cen-trali sono state dedicate ad illustrarel’associazione OSDI nel suo sviluppo dalpassato al presente, con il consigliereMonica Bossi e il precedente consiglierenazionale Anna Satta Hai, al futuro, conl’attuale consigliere nazionale Silvana Pa-stori, delegata dal presidente nazionaleGiovanni Lo Grasso.

Ciò a sottolineare quanto la nostraassociazione è stata ed è importante peraiutare gli infermieri a crescere sianell’ambito della disciplina specialisticache della cultura infermieristica.

Si è fortemente voluto anche un con-tributo dell’IPASVI provinciale, quello diBergamo perché sede del congresso, atestimonianza della ricerca di sinergie trala nostra associazione e la comunità infer-mieristica che il direttivo regionale si èimpegnato a fare in seguito alla modificadello statuto del dicembre 2012, che aprel’iscrizione anche agli infermieri non ope-ranti strettamente in diabetologia; perquesto ringraziamo il consigliere AnnaMaria Dorigatti.

Un altro ambito in cui abbiamo cercatocollaborazione è stato quello dell’università,avviando contatti “esplorativi” e piccolecollaborazioni con i nostri colleghi docentie direttori di corsi di laurea in ScienzeInfermieristiche, per fare conoscere lanostra associazione e il suo importantebagaglio culturale, sempre alla luce delnuovo statuto che permette l’scrizione agli

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studenti; per questo molto gradito è statoil contributo della dott. Paola Bergomi,coordinatore didattico formazione specia-listica del policlinico san Matteo di Pavia.

E proprio qui si è avuta la sorpresamaggiore: l’iscrizione di 40 studenti dellediverse università della regione, di cui 2erano già soci!

“Non tutto oro…”; infatti siamo rima-sti dispiaciuti della scarsa partecipazionedei soci e su questo abbiamo riflettutoarrivando ad alcune considerazioni.

Nel mese di ottobre nella nostra regio-ne si sono accavallati in venti giorni im-portanti eventi delle società scientifichedella diabetologia nelle quali è stata coin-volta a diverso titolo la nostra associazione;dopo una pessima estate, il clima è statomolto favorevole, portando i primi freddiin quel periodo che ha generato le primeforme parainfluenzali; e non ultimi gliimpegni familiari che vedono le infermieremamme sempre in prima fila…

Ma il congresso regionale viene ognidue anni ed è un evento particolarmenteimportante per i soci che hanno la possi-bilità di confrontarsi nell’assemblea e dieleggere i nuovi rappresentanti del diret-tivo, cioè la linea di lavoro degli annisuccessivi.

E’ evidente una crisi dell’associa-zionismo degli infermieri molto importantenon solo per OSDI, questo è dovuto amolti fattori concreti che vedono la pro-fessione sempre poco considerata e inbalia di qualunque vento spiri, ridottanumericamente e sempre più “anziana”.

Ma è pur vero che la categoria più nu-merosa tra gli operatori sanitari se non“butta il cuore oltre gli ostacoli” compro-metterà, oltre all’assistenza ai cittadini, ilfuturo di nostri colleghi che invece cidimostrano, ancora da studenti, quantola scelta di questa bella professione nonsia un ripiego.

A questo punto ringraziamo il presi-dente e i consiglieri uscenti, MariarosaCattaneo, Giacomo Bonino e Enrica Peiti,e accogliamo nella “squadra” i nuovi eletti,Silvia Maino, Carolina Larocca, Agnes DiGennaro e Marialuisa Uberti che insiemeal nuovo presidente Tiziana Terni e alconsigliere Monica Bossi, avranno il difficilecompito di collaborare col direttivo nazio-nale in una regione così grande ed impor-tante in pieno rinnovamento di politicasanitaria.

Per il direttivo Osdi LombardiaTiziana Terni e Mariarosa Cattaneo

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OSDI UMBRIATODI (PG) 15 NOVEMBRE 2014

Il giorno 15 Novembre si è svolto aTodi (PG) presso l’Hotel Europalace il VIICongresso OSDI Umbria sul tema: compli-canze del diabete e stile di vita.

All’evento sono intervenuti in qualitàdi relatori e moderatori il Dr. Carlo Lalli,Presidente AMD Umbria, il Dr. GiovanniLuca, Dirigente Medico S.S. Andrologia eMedicina della riproduzione, la Sig.ra Au-gusta Micheletti, infermiera presso il Re-parto funzionale di Diabetologia- OspedaleAlto Chiascio Gubbio-Gualdo Tadino, ilDr. Fabio Notarstefano, Medico Specialistapresso l’Università degli studi di Perugia,la Dr.ssa Natalia Piana, pedagogista eformatrice esperta in metodologie pratiche

autobiografiche, la Sig.ra Laura Piastrella,infermiera presso l’Ambulatorio Speciali-stico di Piazzale Europa USL1, Sig.ra LorenaUrbani infermiera presso l’ambulatorio diMedicina Interna Scienze Endocrine eMetaboliche dell’Azienda Ospedaliera diPerugia, la Dr.ssa Cristiana Vermigli, Diri-gente Medico I° Livello e responsabileCentro Regionale Piede Diabeticodell’Azienda Ospedaliera di Perugia e at-tuale Presidente SID Umbria.

L’inizio dei lavori è stato precedutodall’intervento della Presidente OSDI Um-bria, Raffaella Lupattelli che durante lasua introduzione ha espresso alcuni con-cetti chiave sull’educazione terapeutica e

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su quanto è importante fornire al pazientegli strumenti necessari affinché egli possaimparare a capire quando il suo corpomanda dei segnali di pericolo, che possonoessere l’esordio di una complicanza dellapatologia.

Ad esempio, è stata citata l’importanzadell’educazione all’osservazione quotidianadei propri piedi; una pratica che permettedi notare eventuali segnali, come ad esem-pio un arrossamento locale dovuto all’usodi una calzatura inadatta. L’ispezione quo-tidiana porterà il paziente stesso ad evitarela complicanza di un ulcera adottando uncomportamento adeguato che può esseresemplicemente il non indossare più quellescarpe. Alla base della prevenzione edell’aderenza alla terapia c’è dunque unprocesso educativo, il cui fulcro è senzadubbio l’infermiere, che attraverso le suespecifiche competenze mira a far raggiun-gere al paziente l’autonomia nella gestionedella sua patologia.

Nella prima parte del Congresso sonostate trattate alcune delle principali com-plicanze che un diabetico potrebbe svilup-pare. Il Dr. Luca ha esposto le problemati-che della sfera sessuale maschile efemminile soffermandosi in particolare suldeficit di erezione (DE). Questo aspetto ètroppo spesso sottovalutato dagli operatorisanitari perché c’è una difficoltà psicologicadei pazienti a fornire dati durante laraccolta dell’anamnesi.

Sono state poi trattate le complicanzedell’artereopatia (Dr.ssa Vermigli) e dellaneuropatia (Dr. Notarstefano). Le compli-canze, acute e croniche, rappresentanola battaglia quotidiana combattuta da tuttigli operatori sanitari di diabetologia.L’obiettivo da raggiungere è chiaro a tutti:la migliore qualità di vita possibile per ilpaziente.

E’ indubbio che un corretto stile divita può essere uno strumento utile perridurre le complicanze legate al diabetema anche di altre patologie croniche comel’ipertensione. Abbiamo maturato altresìla consapevolezza che adattare stili di vitasani non è sicuramente facile, poiché ilcambiamento di abitudini inveterate rap-presenta una sfida importante.

A volte come dimostrato dalla Dr.ssaPiana citando Vasco Rossi “….. Cambiarelogica e molto facile, cambiare idea giàun po’ più difficile cambiare tutte le ragioniche ci hanno fatto fare gli errori nonsarebbe neanche naturale. Cambiare ilmondo è quasi impossibile”.

Per far si che avvenga un cambiamen-to, occorre essere motivati; la motivazioneè ciò che spinge le persone a fare ciò chefanno. E’ inutile cercare di far cambiareuno stile di vita scorretto ad un pazientesolo con l’imposizione, piuttosto è neces-sario agire sulle leve motivazionali affinchésia egli stesso a intraprendere il giustopercorso.

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Le persone sono maggiormente per-suase da ciò che scoprono da sole che daciò che viene imposto da altri. Non dob-biamo mai dimenticare come infermieriche ci troviamo davanti una persona malatacon una propria storia fatta di sentimenti,vissuti, credenze ed impatti sociali. Perpromuovere un cambiamento dobbiamocapire se il paziente ha la consapevolezzanecessaria ad attuarlo, aiutarlo ad affron-tare le nuove situazioni che si prospettanoe quindi assisterlo offrendogli supportoaffinché ciò avvenga.

Un valido strumento che possiamoutilizzare è la medicina narrativa che siavvicina, filosoficamente parlando, agliapprocci olistici tipici delle medicine nonconvenzionali, che a fronte di una classifi-cazione rigida delle malattie, propongonouna soggettivizzazione del paziente, vistoin tutta la sua complessità e unicità. Lestorie offrono l’occasione di contestualiz-zare dati clinici e soprattutto bisogni, epermettono di leggere la propria storiacon gli occhi degli altri, apportando unaricchezza e una pluralità di prospettiveoggi assenti. La narrativa permette al pa-ziente di sentirsi non isolato, ma al centrodella struttura e questo offre, a sua volta,agli operatori la possibilità di avere unavisione più completa dei problemi. Lanarrazione della patologia del pazienteverso il medico viene quindi considerataal pari dei segni e dei sintomi clinici dellamalattia stessa.

Nella sessione pomeridiana moderatadal Vicepresidente OSDI Umbria Sig.raLaura Piastrella e dalla Sig.ra Lupattellisono state presentate le relazioni dellecolleghe Urbani e Micheletti. La prima ciha dettagliatamente illustrato comel’esercizio fisico può essere consideratoun ottimo strumento per il raggiungimentodi un buon controllo metabolico e unariduzione dello sviluppo delle complicanze.Ci ha parlato delle varie iniziative tra cuiricordiamo il Progetto Eurobis (Epode Um-bria Region Obisity Intervention Study) perla lotta contro l’obesità infantile. Questoprogetto propone delle escursioni rivolteai bambini accompagnati dai familiari,passeggiate lente tra aree urbane, contestirurali e naturali adatte ai più piccoli. Sifanno soste dedicate a narrazioni e rifles-

sioni, visite in fattorie, racconti di buonepratiche e degustazioni di cibo buono,pulito e giusto. Queste sono state chiamatele passeggiate della formica Selma cheverranno sostituite in inverno dalle “ Corselente di Valentina e Dante”. Ma questoprogetto prevede anche delle cooking classper mamme e papà intitolate:” La cucinadedicata ai bambini” in cui i più piccoliaiutati dai genitori preparano da soli ipropri spuntini. Da menzionare sono anchele passeggiate che vengono organizzatetutto l’anno insieme alla Comunità Mon-tana e che vanno da quelle “Aspettandole ginestre” Passando per il “Trekking delleginestre” ai “Tramonti d’estate alTrasimeno” per concludere con i “Sentierid’Autunno”.

La collega Micheletti ci ha infine illu-strato la fantastica esperienza fatta durante“La settimana di autogestione” in cui persette giorni pazienti diabetici di tipo II didiverse fasce d’età e componenti del teammultidisciplinare della struttura hannoconvissuto in un agriturismo e hanno con-diviso le loro esperienze e conoscenze, lafatica dovuta ad un’attività fisica giornalieracostante e i loro miglioramenti ( il BMI eCV ridotti come pure la diminuzione diHbA1c). Il tutto condito da del buon ciboe dalla voglia di stare insieme.

Il concetto su cui però abbiamo capitodi dover riflettere maggiormente è rappre-sentato dalla condivisione di esperienzein cui la sfera emotiva del paziente e quelladell’operatore devono venire in contatto,in altre parole, come ha detto la Dr.ssaPiana, si deve suonare la stessa musica, sideve essere sulla stessa lunghezza d’ondaper far passare un messaggio altrimenti siperderà solo tempo.

Durante la pausa pranzo si sono svoltele Elezioni per il rinnovo del ConsiglioDirettivo. Un doveroso ringraziamento aiConsiglieri Augusta Micheletti, MarcelaCornea Vecturia e al Segretario il Sig. GiulioGrilli per il loro contributo dato in questianni per le attività della nostra Sessione. Il nuovo Consigliere eletto è la collegaCinzia Bondi a cui diamo un ben venutonel direttivo augurandole un buon lavoro.

Per il direttivo Osdi UmbriaR. Lupattelli e L. Piastrella

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BISCEGLIE (BT) 26-27 SETTEMBRE 2014

Si è svolto a Bisceglie presso il NICOTELil convegno Osdi Puglia sul tema:

LA COMUNICAZIONE ALL’INTERNODEL TEAM DIABETOLOGICO: TRATTAMEN-TO DELLE CHETOACIDOSI E DELLE IPOGLI-CEMIE. All’evento sono intervenuti, inqualità di relatori, il Prof. Francesco Gior-gino, Professore ordinario di endocrinologianel Policlinico di Bari, la Dott.ssa AccogliM. Grazia infermiera presso il Policlinicodi Bari , il Prof. Mauro Cignarelli Dirigentedi II livello presso U.O di Endocrinologiadell’azienda “Ospedali Riuniti” di Foggiae il Prof. Francesco Tommasi consulentedi comunicazione.

L’inizio dei lavori è stato preceduto dalsaluto della presidente OSDI PUGLIAdott.ssa Accogli M. Grazia che ha puntatol’attenzione sull’importante tematica dellacomunicazione all’ interno del team dia-betologia come chiave per una miglioregestione delle complicanze acute e croni-che del diabete.

Nella prima parte del convegno il Prof.Francesco Giorgino ha trattato l’importantetematica della chetoacidosi e delle ipogli-cemie. Nella sua relazione dal titolo CHE-TOACIDOSI E IPOGLICEMIE: DUE LATIDELLA STESSA PATOLOGIA è emerso comeentrambe siano delle complicanze fataliper il paziente se non trattate adeguata-mente, in particolare, la chetoacidosi è daconsiderarsi un emergenza endocrina,

spesso fatale, nel paziente di tipo 1all’esordio ed è una delle maggiori causedi ospedalizzazione, inoltre ha ribaditoquali sono i sintomi più importanti, comericonoscerli e come trattarli.

Ha parlato anche delle ipoglicemie,che nel diabete di tipo 1 rappresentanoun limite importante alla terapia insulinicastessa. Nel diabete tipo 2 l’ipoglicemia èspesso legata alla terapia e può essereinsidiosa con l’utilizzo di alcuni farmaciche hanno una durata d’azione moltolunga, a questo proposito ha postol’attenzione alle ipoglicemie nell’anzianoche spesso sono asintomatiche e si mani-

LA COMUNICAZIONE ALL’INTERNODEL TEAM DIABETOLOGICO:TRATTAMENTO DELLECHETOACIDOSI E DELLE IPOGLICEMIE

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festano solo quando il quadro clinico èmolto compromesso.

Nella relazione tenuta dalla dott.ssaM. Grazia Accogli dal titolo: Protocolli eprocedure della gestione della chetoacidosie delle ipoglicemie, si è parlatodell’importanza dell’ utilizzo dei protocollicome elemento per permettere al teamdiabetologico di uniformare i comporta-menti e i metodi di lavoro, valutare laqualità dell’assistenza, migliorare l’utilizzodei presidi e delle risorse umane, garantireuno standard di riferimento. Ha inoltreevidenziato alcune criticità insitenell’utilizzo dei protocolli e delle difficoltà,ancora oggi presenti, di appropriarsi distrumenti utili all’infermiere per potererogare una assistenza efficace e di qualità.

Nella seconda parte del convegno,dedicata alla parte pratica, i partecipantihanno lavorato in gruppo guidati da tretutors Domenica Altamura infermiera c/oAsl poliambulatorio Ruvo di Puglia, Fran-cesca Del Rosso inf. c/o l’ambulatorio didiabetologia di Giovinazzo Asl Bari e Ad-dolorata Maria De Matteis coordinatricepresso il reparto di endocrinologia Policli-nico di Bari.

I temi affrontati nei lavori si basavanosostanzialmente sulla comunicazioneall’interno del team diabetologico nellagestione delle chetoacidosi e delle ipogli-cemie. La metodologia scelta è stata quelladello scambio dei ruoli per simulare situa-zioni tipiche del colloquio con il paziente.

I lavori erano supervisionati dal Dottor

Francesco De Tommasi, esperto in comu-nicazione, che ha messo in evidenza ipunti di criticità e di forza emersi durantele simulazioni, inoltre ha evidenziatol’importanza della capacita d’ascolto poi-ché spesso emerge la tendenza ad imporreil proprio pensiero e a sottovalutare ilpunto di vista degli altri. Saper ascoltarenon è facile e non significa restare insilenzio per aspettare il proprio turno diparola, piuttosto significa entrare in unrapporto empatico con il paziente percomprendere e condividere le difficoltàche sta vivendo in quel momento. Solo inquesto modo possiamo ottenere una co-municazione efficace e fare della relazionecon il paziente una vera relazione d’aiuto.

La giornata si è conclusa con la con-sapevolezza che c’e ancora tanto da fareper migliorare la COMUNICAZIONEall’interno del team e che spesso bisognafare riferimento alle proprie risorse perso-nali oltre che a quelle professionali, sevogliamo essere d’aiuto al paziente ed aisuoi familiari per prevenire e per gestirele complicanze e per migliorare la suaqualità di vita.

Un doveroso ringraziamento va a tuttii relatori e ai tutors per la disponibilità eper la professionalità messa a disposizionema anche alla azienda Lifescan che comesponsor non condizionante ha garantitola realizzazione dell’evento.

Per il direttivo Osdi PugliaMaria Grazia Accogli

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a cura di Lia Cucco

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LA SICUREZZA DEL PAZIENTEE GLI ERRORI IN SANITÀ

INTRODUZIONE

La rapida espansione verificatasi negliultimi cinquanta anni del numero e dellacomplessità delle tecnologie sanitarie, icambiamenti demografici e le mutateaspettative di salute, l’aumento del con-tenzioso sanitario e del ricorso alla magi-stratura, a fronte di risorse disponibililimitate, sono alcuni degli elementi chefocalizzano l’attenzione sugli errori insanità. “Attualmente il rischio clinico sipone come argomento di rilevante severitàche interessa vari settori della sanità edha un forte impatto sociale. Pertanto èindispensabile conoscere ed analizzarequesto aspetto dell’assistenza sanitaria,che si colloca nel tema più generale dellaqualità e della valutazione degli outcome”.Così esordiva dieci anni fa il documentosul “Risk management in sanità. Il proble-ma degli errori” del Ministero della salute[1] Queste affermazioni continuano adessere di forte attualità, anche se è difficilepoter quantificare con precisione qualesia oggi la situazione in Italia. Nello studioCensis “Aspettative e soddisfazione deicittadini rispetto alla salute e alla sanità”[2], tre italiani su quattro ritengono pocoo per nulla frequenti i casi di malasanità(intesi come errori diagnostici o terapeuticicon conseguenze significative sulla salute

dei pazienti), questa quota si riduce al58,3% al sud, mentre si attesta al 90%nelle regioni settentrionali. Sulla probabilitàche un paziente ricoverato possa subireun grave errore medico, il 70% degliitaliani lo ritiene poco o per nulla probabile(al Sud questo dato scende al 51%). Con-siderando come attendibile una percen-tuale di errori intorno al 4% come neglistudi americani, nel nostro paese dovevengono ricoverati ogni anno circa 8 mi-lioni di persone, almeno 320.000 andreb-bero incontro a una malattia o a un dannoderivabile da un errore medico e il numerodei morti oscillerebbe tra 14.000 e 50.000[3]. La commissione parlamentare di in-chiesta sugli errori in campo sanitario(costituita nel 2009) tra aprile 2009 edicembre 2012, ha esaminato 570 casi dipresunta malasanità, che in 400 casi avreb-bero portato alla morte del paziente. Inquesto stesso rapporto è evidenziato comecapitoli di spesa per la medicina difensivae l’organizzazione del sistema assicurativopesino in modo rilevante sul nostro sistemasanitario [4].

In questi anni a proposito di sicurezzadelle cure, si è molto parlato di governoclinico, di qualità, di sicurezza degli ospe-dali, di cure primarie, di medici di famiglia,tutte criticità presenti anche nel dibattitosull’’assistenza diabetologica.

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Criticità che si possono riassumere neiproblemi e nelle contraddizioni che carat-terizzano il rapporto etica/economia: afronte di forti apparati etici che si riferisco-no ai diritti, alla persona, alla dignità, allagiustizia, al valore della salute, si impon-gono pratiche, politiche, organizzazioni,limitazioni, restrizioni che rischiano diridurre l’etica ad una variabile subvenientedella razionalità economica [5] .

Un’altra criticità è riferibile a conflittiche riguardano principalmente le duefigure portanti dell’assistenza sanitaria: imedici e gli infermieri, causati da cambia-menti normativi che hanno ridiscusso lafigura dell’infermiere senza ridefinire nuoverelazioni e nuove forme di organizzazionedel lavoro e che potrebbero esporre lepersone a pagare le conseguenze di unlavoro non coordinato, con situazioni dialta incomunicabilità.

Inoltre c’è chi vede il contenzioso legalecome “la forma moderna di conflitto so-ciale tra la sanità e la società civile e testi-monia un rapporto fiduciario che è in crisi,ma anche cambiamenti profondi nellafigura storica del paziente”[5].

Infine, può esistere una sorta di op-portunismo professionale che fa un usostrumentale del consenso informato, delleprocedure a fini di tutela legale, o abusodi sistemi sanitari come DRG, accredita-mento ecc.

La letteratura sociologica non esita aparlare di moda nel risk management [6].

Ci adeguiamo alla moda, ponendocialcune domande: trasferire metodologiedall’industria alla sanità è funzionale? Chesignificato ha un approccio sistemico?.Poniamo l’attenzione sul rischio delleprestazioni o sui significati di assistenzainfermieristica?

CLINICAL GOVERNANTE E RISKMANAGMENT

Il Royal College of Nursing già nel1998 definì la clinical governance come“lo strumento che aiuta a mantenere altie migliorare gli standard di assistenza erappresenta un approccio per sviluppareun sistema culturale aperto e apprendente,un sistema nel quale le informazioni con-divise costituiscono le basi per il lavoro deiteam multi professionali. E’ uno strumento

di lavoro che aiuta tutti gli operatori,infermieri inclusi, a migliorare costante-mente la qualità e gl i standarddell’assistenza erogata”.

Il governo clinico richiede il coinvolgi-mento del paziente, con l’ascolto dellestorie indispensabili per realizzare semplicima concreti cambiamenti per migliorarel’assistenza, ma ha anche l’ulteriore obiet-tivo di fornire un appoggio per creare unambiente di lavoro sano e sicuro [RoyalCollege of Nursing Clinical Governance:an RCN resource guide. London RCN, June 2003.] Possiamo condividere quindi chegli infermieri abbiano un ruolo fondamen-tale nella sua implementazione, che ilgoverno clinico sia focalizzato sul miglio-ramento della qualità dell’assistenza edesteso a tutta l’assistenza sanitaria, ovun-que essa venga erogata, che sia garantitala partecipazione di tutti i gruppi profes-sionali, degli operatori sanitari, dei dirigenti,dei pazienti e della popolazione.

Infine, un approccio basato sul miglio-ramento della qualità dell’assistenza habisogno di creare una cultura che imparidagli errori.

Le attività che concretizzano il miglio-ramento della qualità sono: la sicurezza,l’efficacia, l’appropriatezza, l’efficienza,l’equità di accesso, il coinvolgimento degliutenti. Indispensabili per il loro sostegnosono una buona leadership, lo sviluppoprofessionale continuo, il lavoro di squadrae un sistema informativo efficace [7].

Mi soffermerò in particolare su alcunequestioni del rischio e della sicurezza, chefortemente si legano alle altre aree, anchese il sillogismo la qualità vuol dire sicurezzae la sicurezza vuol dire qualità, autorevol-mente proposto dalla Joint Commissionon Accreditation of Healthcare Organiza-tions (2000), non è stato oggetto di trat-tazione accurata secondo alcuni autori.Infatti è un problema valutare un tratta-mento dannoso con i criteri classici dellaqualità, mentre parecchi problemi potreb-bero derivare dal rispetto rigoroso deglistandard [8].

La storia del risk management ha iniziotra gli anni ’80-’90 del secolo scorso,quando un gruppo di ricercatori di Harvard,iniziò un lavoro di mappatura di danni aimalati procurati dai medici, su commissio-

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ne di assicurazioni private molto preoccu-pate della crescita degli indennizzi. Laricerca dimostrò una relazione statistica-mente significativa tra i danni dichiaratidai malati e la pratica clinica e diede l’avvioad una ricca letteratura sull’argomento[9,10,11]. La logica del profitto si fecequindi promotrice di una delle impreseetiche più importanti del nostro tempo:il risk management. Questa forte valenzadi tipo economico deve essere tenutapresente come un ambivalente elementodi forza e di debolezza di questo strumen-to. Infatti il risk management –gestionedel rischio- viene definito come “la gestio-ne dell’accadimento di un evento avversoche può comportare perdite o danni perl’Azienda o per le persone coinvolte”.

Secondo Vincent [12], gli obiettivi diun programma di Clinical Risk Manage-ment sono: ridurre il verificarsi di eventiavversi prevenibili, minimizzare il dannocausato dall’evento avverso, diminuire laprobabilità che siano intraprese azionilegali, contenere le conseguenze econo-miche delle azioni legali. I primi due obiet-tivi sono assolutamente coerenti con lecaratteristiche proprie delle professionisanitarie, le altre due chiamano in causaaltri saperi con propri modelli concettualibasati su diverse modalità di acquisizionee conoscenze, non sempre sostenuti daprove di efficacia. Mettere insieme gliobiettivi può determinare dei conflitti. E’bene chiarire che il Clinical Risk Manage-ment è una tecnologia appartenente allafamiglia degli strumenti, metodi e tecnicheper progettare, organizzare, valutare emigliorare la qualità del sistema sanitario.In questo senso l’obiettivo del risk manag-ment è la sicurezza del paziente. NeiDocumenti del Ministero della salute “IlRisk management in sanità rappresental’insieme di varie azioni complesse messein atto per migliorare la qualità delleprestazioni sanitarie e garantire la sicurezzade l paz iente , s i curezza basatasull’apprendere dall’errore”[4].

Una figura molto nota e usata per il il rischio clinico è l’immagine delle quattrofette di formaggio bucato di James Reasondove viene rappresentata la possibilità cheun incidente accada quale traiettoria diopportunità che, considerando la fallibilità

del l ’uomo, s i insinua nei buchidell’organizzazione ed arriva a generarel’errore.

Reason dimostra le relazioni esistenti tra fallibilità umana e rischi organizzatividi un sistema. Sostiene che non esistonodecisioni prive di errori, evidenzia il pro-blema delle decisioni e delle capacitàcognitive di chi decide, ritiene le organiz-zazioni non cause primarie di errori maamplificatori di complessità, consideral’idea di errore latente, ovvero la poten-zialità di errore che esisterebbe nelleorganizzazioni e che viene attivato quandosi allineano/combinano diverse varibili.

Reason insiste molto sulla specificitàdel mondo medico sanitario: ”enormevarietà di attività e tecnologie, elevatafrequenza di emergenze, incertezza insitanella pratica medica e la vulnerabilità deipazienti” [13]. Ma la cosa che forse rendemolto differente la sanità da altri settori,compresa l’aviazione dalla quale è partitala gestione del rischio, è che “quella sani-taria è una attività che dipende moltodalle persone: il modo in cui ogni singolooperatore applica le sue competenze haun profondo effetto sulla sicurezzadell’intero processo. Se si vuole gestire ilrischio clinico in modo efficace è vitalecomprendere questa peculiarità del mondosanitario”[14 -15].

Per Karl Wieck, nell’ affrontare il rischioe l’errore, è centrale considerare i processi

Tratto da: Risk management in sanità.Il problema degli errori

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cognitivi, le esperienze delle persone, iprocessi di creazione di senso [16]. Eglipropone le mappe cognitive prima dellemappe del rischio, nelle quali l’intrecciotra cognizione e organizzazione è indisso-lubile. Sulla base di tale intreccio le perso-ne, e non le organizzazioni, conferisconosenso all’esperienza organizzativa (sense-making-organizing). Secondo Weick “nonsi può organizzare senza fare operazionidi senso”.

Ciò significa che è l’attivazionedell’esperienza della persona a dare senso agli interventi, assieme alla selezione deisignificati, alla elaborazione di nuoveinformazioni, alla verifica delle mappecognitive, alla riflessione critica…

Quando c’è un fallimento del sense-making si verificano incidenti, eventi av-versi, errori, determinati da una disgrega-zione dei processi di organizzazione, dauna leadership non chiara, da una perditadi identità dei ruoli organizzativi, dallaroutine, dalla comunicazione grigia, dauna interpretazione non veritiera dellasituazione. Gli eventi avversi causati dalfallimento organizzativo sono ricondottia questioni cognitive, cioè rapporti nonidonei tra intenzioni e azioni, tra percezio-ne dell’ambiguità/complessità e operativitàper cui l’organizzazione non può risolversiin una logica gestionale, ma deve consi-derare le relazioni tra persone e organiz-zazione. Pertanto le cinque caratteristicheche Weick propone per garantire unaorganizzazione affidabile sono: attenzioneai fallimenti, rifiuto delle semplificazionisuperficiali, cura per le attività, cioè perla prassi, contrasto agli eventi avversi,rispetto delle competenze esperte [17].Weick propone un approccio basato sulnon separare gli errori dal contesto, sulsemplificare senza negare la complessità,monitorare come modalità preventiva,sviluppare capacità di resistenza agli eventiavversi, raccordare i saperi professionalidispersi nelle organizzazioni. Da qui nasceuna critica alla metodologia del risk ma-nagement troppo sbilanciata sul sistemae sulla separazione (nel metodo), piuttostoche sulla considerazione delle intercon-nessioni non separabili tra persone e trapersone e contesti.

Un’altra critica è al concetto di causa: nella Root Cause Analysis (RCA), si va a

vedere cosa è successo, perché è successo,cosa fare perché non accada di nuovo,non limitandosi all’individuazionedell’errore, ma all’intero processo. Secondoalcuni autori però, nel momento in cui siva a cercare una causa precisa (la causaradice, associata spesso all’errore latentedi Reason) “la causa più basilare che puòessere ragionevolmente identificata ed èin potere del management controllare”[18] si usa una logica deterministica checontraddice la famosa traiettoria delleopportunità che è, invece, la rappresenta-zione dell’interazione tra gli errori umanie l’organizzazione. Se vogliamo complicarciancora di più la vita, ma a volte è neces-sario, bisogna anche ricordare che esisteun dibattito sul concetto di causalità: unacausa è sempre una relazione, e pertantoun’idea di causalità non dovrebbe fondarsisul concetto di evento, ma di processo ei processi potrebbero essere causali o noncausali, e quindi esprimere una connessio-ne di tipo probabilistico (congetturare)piuttosto che necessaria. E il risk manage-ment non può ignorare che non esistepiù un concetto unitario di causalità.

Dobbiamo quindi convivere con il fattoche qualsiasi decisione è fondata su unmargine di indeterminazione, che nonha senso imputare le complessità sociali,le mappe cognitive, le fallibilità come sefossero colpe perché sono condizioni in-sopprimibili della realtà.

L’audit è il passaggio dove viene rico-nosciuta la fallibilità: si effettua una analisicritica per il miglioramento della qualitàassistenziale e si invitano i professionistia non nascondere le cose andate male,con l’utilizzo di una metodologia (FMEA)che va ad identificare la sequenza deglieventi, gli errori latenti, le soluzioni orga-nizzative e tecnologiche. Da un altro puntodi vista, l’audit potrebbe essere un luogodove costruire catene relazionali che in-terconnettono gli oggetti di rischio, par-tendo dall’errore umano [5].

Concludendo, la gestione del rischioha un carattere previsionale nel senso chepre-vede delle probabilità e lo fa in duemodi: con il controllo del passato (errori,incidenti) e il controllo del futuro attraversola gestione vera e propria e poiché ilrischio fa parte della decisione ci si devepreoccupare di decidere dentro un sistema

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di garanzie e dentro una consensualitàcon l’altro.

Perciò dobbiamo porre attenzione acome le persone individualmente vivonoil rischio e come il rischio è rappresentato,diffuso, prodotto dalla società perchéesiste uno stretto rapporto tra percezioneindividuale e percezione sociale, comeesiste un rapporto tra percezione del ri-schio e credenze personali, vere o falseche siano.

NURSING MALPRACTICE

Quando parliamo di errori, con con-seguenze più o meno importanti sui pa-zienti, non possiamo certo sottrarci. Sa-rebbe riduttivo a questo proposito,considerare solo art 9 del CodiceDeontologico” L’infermiere, nell’agireprofessionale, si impegna ad operare conprudenza, al fine di non nuocere”, senzaconsiderare il 29, nel quale “L’infermiereconcorre a promuovere le migliori condi-zioni di sicurezza dell’assistito e dei familiarie la cultura dell’imparare dall’errore. Par-tecipa alle iniziative per la gestione delrischio clinico”. Ciò implica la necessitàdi una pratica basata sulle evidenze, ovvero“L’integrazione della migliore evidenzaprodotta dalla ricerca con la competenzae l’esperienza clinica e con le preferenzee i valori del paziente”. Inoltre Di Censoet al affermarono che: “nel mettere inpratica il nursing basato su prove, uninfermiere deve decidere se la prova èrilevante per quel singolo paziente. Laperizia clinica deve essere bilanciata coni rischi e i benefici di cure alternative perogni paziente e dovrebbe prendere inconsiderazione le condizioni cliniche diogni singolo paziente e le sue preferenze”[19].

Nel nostro paese tutto quello checausa danno o è percepito come dannoderivante da un qualsiasi approccio conil Sistema Sanitario e con i suoi operatori,è definito malasanità. Dobbiamo ancorafar ricorso a una citazione anglosassone per trovare una definizione:” Nursingmalpractice indica un errore che recadanno al paziente e questo errore è unodi quelli che un infermiere sufficiente-mente attento non avrebbe commesso inuna situazione analoga”. Negli Stati Uniti

la nursing malpractice, non è riferita soloa prestazioni tecniche ma anche alla man-cata individuazione e registrazione di unbisogno di assistenza infermieristica chepuò aver provocato danni alla persona.L’errore è l’esito negativo dell’assistenza,riportato in letteratura come cadute, infe-zioni, errori di terapia, lesioni da pressione,danni trasfusionali, danni nella gestionedei pazienti critici..., generato da unasituazione non prevista, in grado di pro-durre attualmente o potenzialmente unincidente e che risente di tutte le causeprecedentemente descritte. Questi sonogli esiti maggiormente individuati ancheperché facilmente reperibili nelle cartellecliniche. Il National Patient Safety GoalsHospital Program per il 2008 includeva iseguenti elementi: migliorare l’accuratezzanell’identificazione dei pazienti, migliorarel’efficacia della comunicazione tre caregi-vers, migliorare la sicurezza nell’utilizzarei farmaci, documentare in modo completoe accurato la terapia lungo tutto il processodecisionale, ridurre il rischio derivante dapossibili cadute, incoraggiare il coinvolgi-mento attivo dei pazienti nella cura di sécome strategia per la sicurezza del pazien-te, ridurre il rischio di malattie influenzalie pneumococciche negli anziani istituzio-nalizzati [20].

E IN DIABETOLOGIA?

La peculiarità di chi assiste le personemalate di diabete è che lo sforzo di ga-rantire la sicurezza non si esaurisce neicontesti ospedalieri e ambulatoriali, madeve essere trasmessa al paziente stesso,che diventa soggetto dell’autocura con ilminor rischio possibile.

La identificazione dei rischi presentinella struttura è il primo passo per attuareil sistema di gestione del rischio clinico.

Per noi le strutture sono le diverseunità operative ospedaliere, i servizi didiabetologia, le case di riposo, le RSA….e il domicilio dei pazienti. Un sistema nonsolo complicato, ma complesso per lagrande quantità di variabili riferite allecaratteristiche degli ambienti, degli ope-ratori, non tutti con la stessa preparazioneed esperienza, dei pazienti, dei care givere alle loro interazioni nei diversi contesti.Le fonti da cui trarre dati sono diverse: la

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sicurezza degli ambienti e delle attrezza-ture, i percorsi per il controllo delle infe-zioni, le tecnologie, la sorveglianza delgrado di soddisfazione di utenti e dipen-denti, gli eventi avversi, i percorsi, il ma-nagement e la leadership.

In particolare per gli eventi avversibisogna avere particolare attenzione nonsolo agli incident reporting, ovvero lasegnalazione di eventi indesiderati, chedeve interessare gli eventi avversi di qual-siasi natura e gravità, ma anche ai noharm events, eventi che pur espressionedi un possibile errore o criticità, non hannocomportato danni al paziente, e ai nearsmisses, incidenti potenziali, che non siverificano per casualità, oltre agli eventisentinella elencati dal Ministero della sa-lute.

Ognuno di noi potrebbe fare un elencodegli errori commessi, di quelli evitati perpura fortuna a se stesso o agli altri, oquelli raccontati dai pazienti sui abbiamomaturato una discreta esperienza.

L’approccio narrativo sugli errori èsicuramente utile con i pazienti, se riuscia-mo a trarre dalle storie i presupposti, gliintrecci, le credenze, i vissuti che hannoportato alle decisioni intraprese, in quelmomento e in quel contesto, per impararedall’errore, per insegnare a sbagliare bene.Negare la possibilità di sbagliare signifi-cherebbe per le persone con il diabetenon prendere decisioni e non intraprendereazioni, e quindi essere sottomessi allamalattia e agli operatori che vedono pochevolte l’anno, con conseguenze gravi daun punto di vista clinico e di qualità divita.

Nelle attività di cura alle persone condiabete, possiamo identificare alcune areedi criticità che possono generare errori odiminuire la sicurezza. Mi soffermerò inparticolare sulla terapia insulinica, il rischioinfettivo e la dimissione, sui quali ci sonoriscontri in letteratura.

L’insulina è considerata come farmacoad alto rischio nel glossario del Ministerodella Salute [21]. Il rischio non riguardasolo la prescrizione, ma un qualsiasierrore che si verifica nel processo di ge-stione del farmaco e comprende la deci-sione e la scrittura, la trascrizione,l ’et ichettatura/confez ionamento,l’allestimento/preparazione, la sommini-

strazione (Raccomandazione per la pre-venzione della morte, coma o grave dannoderivati da errori in terapia farmacologica).La terapia insulinica è spesso oggetto dierrori.

Uno studio condotto negli Stati Unitiha evidenziato come la maggior partedegli eventi avversi attribuibili a errori diterapia si verifica nella prescrizione e ri-guarda farmaci principalmente farmaciipoglicemizzanti (28.7%), seguiti da car-diovascolari (18.6), anticoagulanti (18.6),diuretici (10.1) [22]. In una ricerca interapia intensiva, il più numeroso erroremedico era costituito dalla terapia insuli-nica[23-24],che poteva essere ridotto,dopo applicazione di specifici protocolli[25]. Confusioni possono crearsi per mo-dalità di prescrizione, soprattutto se nonsi utilizza una scrittura computerizzata,per esempio l’abbreviazione u di unitàpuò venire scambiata per 0 [26] o non sirende chiara a tutti (soprattutto pazienti)quando vengono usati i numeri romaniper indicare la dose. Errori associatiall’insulina in ospedale sono comuni erivelano una serie di sistemi di errori chedovrebbero essere affrontati [27]. Gli erroridi somministrazione per tutti i farmacipossono costituire fino al 59% degli errori:erronea identificazione, scambio di iden-tità, errori di orario, errori della via disomministrazione e utilizzo di presidi,dispositivi o apparecchiature per la som-ministrazione inadeguati o scorretti. Lastanchezza, le interruzioni e le distrazioni,i turni particolarmente lunghi, un ambientedi lavoro rumoroso, sono i fattori checoncorrono in generale ad aumentare ilrischio di errori in terapia. Nell’approcciosistemico agli errori in terapia i puntifondamentali sono 3: imparare dagli errori,individuare le possibili fonti di rischio dierrore nell’ospedale, mettere in atto azionicorrettive e di prevenzione. L’approcciopunitivo repressivo sembra invece nonridurre il rischio. Alla sicurezza della terapiaè legata anche la non adesione e riguardauna moltitudine di farmaci usati per lacura del diabete e delle complicanze.

Un rischio sicuramente sottovalutatoè il rischio infettivo: utilizzare strumentiper la rilevazione della glicemia capillaree penne pungidito non idonei in ambienteospedaliero può provocare infezioni, stante

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anche l’alto numero percentuale di perso-ne diabetiche portatrici di malattie infettive(HBV, HCV, HIV) [28]. Altro rischio infettivoè generato dall’uso della stessa penna diinsulina per più pazienti, La trasmissioneospedaliera da HBV è stata documentatain casi di contaminazione di flacone multidose [29].

Per quanto attiene la dimissione, dallaletteratura si evince che un piano di dimis-sione strutturato per il singolo pazienteporta a piccole riduzioni dei giorni diospedalizzazione e di riammissione, inparticolare nelle persone anziane. Riman-gono invece incerti i costi e la mortalità[30]. In una review del 2012 gli infermieriidentificano alcuni temi ricorrenti nellastrutturazione di un piano di dimissionein sicurezza: l’educazione all’assunzionedei farmaci, l’aderenza alla terapia e glieffetti collaterali [31]. Inoltre, le riammis-sioni in ospedale stanno ricevendo cre-scente attenzione come indicatori di qua-lità delle cure e della necessità di interventimultifattoriali che tengano contodell’istruzione dei pazienti e dei familiarie del coinvolgimento delle strutture am-bulatoriali [32].

Nei pazienti dimessi con terapia insu-linica occorrono miglioramenti nella di-missione, in particolare per l’adeguamentosicuro delle dosi di insulina [33]. In gene-rale, la letteratura è ricca di esempi didanni anche gravi di preparazione e som-ministrazione di farmaci dopo la dimissio-ne, soprattutto nei pazienti pediatrici. Talierrori sono dovuti a vari fattori, tra cuil’incompletezza delle spiegazioni, il nonfar seguire alla spiegazione dell’uso unaprova pratica, barriere linguistiche, uso diunità di misure inappropriate o approssi-mative.

Ogni reparto dovrebbe prevedere unaprocedura per l’educazione dei pazientiche devono proseguire la terapia al domi-cilio perché la preparazione del pazientealla dimissione è una responsabilità infer-mieristica, con coinvolgimento del pazientee dei familiari. Gli infermieri giocano unruolo importante nella pianificazione delladimissione in ospedale. La dimissione èun processo centralizzato, coordinato,multidisciplinare, che fornisce al pazienteun piano per continuare le cure dopo ladimissione in sicurezza.

CONCLUSIONI

In letteratura prevale un approcciosistemico alla sicurezza del paziente e alrisk management, perché approcci di tipopunitivo, con la responsabilità indirizzatasul singolo operatore non hanno portatoad una riduzione degli errori, che invecesembra esserci quando è possibile la se-gnalazione anonima degli errori e deglieventi avversi [35-36]. L’approccio sistemi-co richiama una cultura della sicurezzache dovrebbe attraversare e accompagnarel’assistenza infermieristica che si preoccupadel bisogno di sicurezza dell’essere umanoe della sua salute. Dobbiamo però essereconsapevoli che sbagliamo anche quandonon facciamo e non mi riferisco a presta-zioni meramente tecniche, ma a quelleche fanno di noi una professione intellet-tuale, che esprime giudizi clinici con unproprio linguaggio, che ricerca i risultati,che descrive gli interventi e documentaquello che fa. “L’assistenza infermieristicaè l’uso del giudizio clinico nell’erogazionedelle cure per rendere le persone capacidi migliorare, di mantenere o di recuperarela salute, di affrontare problemi di salutee di realizzare la miglior qualità di vitapossibile, quale che sia la loro malattia odisabilità, fino alla morte”. L’uso del giu-dizio clinico serve a comprendere l’evolveredella situazione di salute complessivadell’assistito, in ragione degli interventi diaiuto effettuati e in relazione alla suastoria, alla sua cultura, alle sue abitudini,al suo progetto di vita.

Usare il giudizio clinico vuol dire, quindi,per l’infermiere, collocarsi in una prospettivadi attenzione, di esplorazione e di scoperta.Per farlo dobbiamo rischiare e possiamosbagliare. Siamo anche obbligati a ricercareintese, con altri professionisti con i qualilavoriamo, a ripensarci in quelle relazioniobbligate. La funzione stessa è relazionee la funzione è quella che ci caratterizza,ci distingue dagli altri operatori. Se non cimettiamo in relazione possiamo aumentaregli errori. L’assistenza infermieristica richie-de investimento di tempo e di energia: ènecessario, quindi, un ripensamento dellacultura organizzativa che dovrebbe porrel’organizzazione a servizio dell’assistenzae prendersi cura di chi si prende cura, ancheper diminuire gli errori.

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PREMESSA

Almeno il 25% delle persone rico-verate negli ospedali ha il diabete. Se aqueste aggiungiamo quelle con diabetenon diagnosticato e quelle che, a causadella condizione clinica di stress, perdo-no temporaneamente l’equilibrio glice-mico, arriviamo al 37% dei ricoverati.

Questo dato dipende dall’aumentodel diabete nella popolazione, dal-l’invecchiamento generale e dal fattoche i pazienti diabetici sono ricoveraticon una frequenza 4 volte superiorerispetto ai non diabetici. Negli ultimianni sono aumentate le segnalazioniche dimostrano come un corretto con-trollo della glicemia nei pazienti criticisia in grado di ridurre gli eventi avversi.Questa situazione si riscontra anchenella realtà quotidiana del P.O. SanMarcellino di Muravera.

GLI OBIETTIVI DEL TEAM DIABETO-LOGICO SONO SOSTANZIALMENTETRE:

1. sviluppare la cultura del trattamentodella persona con diabete presso imedici e il personale infermieristicoin tutti i reparti dell’ospedale;

2. progettare, a cura dell’ambulatoriodiabetologico, corsi per il personaledei reparti e percorsi specifici per lapersona con diabete;

3. sostenere un nuovo ruolo del Serviziodi Diabetologia con la previsione divisite ed educazione pre-ricovero epost-ricovero.

Si vuole arrivare così ad una situa-zione ottimale in cui tutti i repartidell’ospedale sappiano come agire neiconfronti di un paziente con diabete,poiché seguono dei percorsi, cioè deglischemi che esprimono con chiarezza

TRATTAMENTO DEL PAZIENTE DIABETICOOSPEDALIZZATO. ESPERIENZA OSPEDALESAN MARCELLINO MURAVERAASL N. 8 CAGLIARI

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A cura di Tatiana Lai – Servizio di Diabetologia – Ospedale San Marcellino - Muravera (CA)Master in Management per le Funzioni di Coordinamento nell’Area Infermíerística, Ostetrica e PediatricaSegretaria O.S.D.I Regione Sardegna

Tenere sotto controllo la glicemia quando si è ricoverati anche per cause diversedal diabete non è facile.La soluzione è nel percorso del paziente all’interno della struttura ospedaliera.

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ruoli, azioni, modalità e tempistiche, inmodo da garantire alle persone con dia-bete, la migliore gestione possibile dellamalattia.

Ecco come avvengono le varie fasi dalricovero alla dimissione.

RICOVERO E ACCOGLIENZADEL PAZIENTE

Generalmente il paziente arriva dalpronto soccorso, spesso non proprio condiagnosi di diabete ma a seguito di altrepatologie.

Viene ricoverato in camera di degenza,si rilevano tutti i parametri vitali e vieneeffettuato un ECG; se diabetico si procedealla misurazione immediata di una glice-mia.

In seguito la rilevazione delle glicemieè riportata su un apposito grafico conte-nente i dati del paziente e la relativa terapiadomiciliare. Il sistema di rilevazione variaa seconda della situazione clinica del pa-ziente.

DEGENZA E GESTIONE DEL PAZIENTE

La degenza varia generalmente dai 3ai 7 giorni. Il paziente ha la possibilità diessere ricoverato in camera singola o dadue posti letto con bagno. Questa è lasistemazione gradita dal paziente. Nelcaso in cui a causa di ricoveri urgenti vienesuperata la massima disponibilità di posti

letto, si è costretti ad aggiungere pazientiin camere che originariamente erano de-stinate alle singole degenze.

Generalmente nella nostra U.O. il mo-nitoraggio della glicemia è fondamentale,avviene frequentemente ed è accurato. Ildato “glicemia capillare” equivale a unvero e proprio ” parametro vitale” aggiun-tivo poichè permette di apportare rapida-mente eventuali correzioni alla terapiainsulinica sia per via infusionale sia per viasottocutanea consentendo così la moni-torizzazione degli eventi stressanti.

PROFILO GLICEMICO

a) misurazione prima dei pasti PREPRAN-DIALE per valutazione dose insulinada somministrare;

b) due ore dopo i pasti POSTPRANDIALEper valutare il compenso glicemico;

c) ogni volta che il paziente avverte omanifesta sintomi o segni non abitualie che potrebbero essere riferiti ad unaumento o riduzione della glicemia;

d) se il paziente non si alimenta ogni 4-6 ore, in relazione alle condizioni cli-niche;

e) in caso di ipoglicemia: subito e dopo15 min. dalla somministrazione di 15g.di zucchero;

f) in caso di notevole iperglicemia ogni2 ore;

g) ogni 1-2 ore nei pazienti in terapiainsulinica “intensiva” endovenosa.

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PROFILO GLICEMICO

A.S. n° 8 CAGLIARIOSPEDALE SAN MARCELLINO

MURAVERADIVISIONE MEDICINA

PRIMARIO: Dott.ssa F. CAREDDANOME PAZIENTE:LETTO:

TERAPIA

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DIAGNOSI: Diabete mellito tipo

TERAPIA DOMICILIARE:ColazionePranzoCenaNotte

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IL PERSONALE INFERMIERISTICO

Gli infermieri della U.O. sono perfet-tamente addestrati nella precisa e scrupo-losa compilazione della scheda. Con curasi annota sempre nella tabella se il pazientesi alimenta, se è iperpiretico se è digiunoper eventuali esami diagnostici, etc.

Nella nostra U.O. i pazienti non sonoresi autonomi e la gestione dell’autocon-trollo e della terapia è a totale carico delpersonale infermieristico e medico.

SISTEMA DI MISURAZIONE ADOTTATO

È adottato un misuratore di glicemiadi nuova generazione che utilizza enzimidi reazione glucosio ossidasi (GO).

SCHEMA DI TERAPIA INSULINICA

I regimi terapeutici sono scelti e impo-stati sulla base delle specifiche condizionicliniche del paziente.

La via sottocutanea è la più utilizzataper garantire un efficace controllo glice-mico nella maggior parte dei soggettiospedalizzati con diabete. Il fabbisognoinsulinico giornaliero può essere raggiuntocon i vari tipi di insulina a disposizione. Aseconda della specifica situazione, la te-rapia insulinica sottocute può essere mo-dificata giornalmente in base alle diverseesigenze del paziente (esami, procedure,terapie).

Lo schema adottato è quello del BA-SAL BOLUS.

Viene utilizzato per il trattamento siadel paziente ospedalizzato di tipo 1 chedi tipo 2. Prevede 4 somministrazioni diinsulina al giorno che sono normalmenteaccettate, anche a domicilio, dai pazienti.Generalmente in ospedale non abbiamoproblemi di compliance per quanto riguar-da il numero di somministrazioni.

Lo schema prevede la somministrazio-ne di una quota di insulina rapida, circail 50% del totale, suddivisa tra i 3 pastiprincipali e la restante quota di insulinalenta la sera.

La terapia endovenosa viene usata neicasi di chetoacidosi e spesso, quando ipazienti non si alimentano.

LA DIETA

Nella U.O. non è prevista la figuradella dietista. Non vi sono specifici schemialimentari per i diabetici. Ci affidiamo albuon senso dei pazienti stessi che al mo-mento dei pasti si autoregolano.

Fondamentali sono le competenzedegli infermieri che distribuiscono i pasti.In loro aiuto lo schema “dietetico” che siaggiorna con cadenza quotidiana: su diesso si annota la dieta di tutti i degenticompresi i diabetici.

Quindi, al momento della colazione,l’operatore che distribuisce il pasto sosti-tuirà lo zucchero con il dolcificante .

Durante i pasti principali si preferiràproporre piatti a basso indice glicemico,con più proteine e meno carboidrati e siincentiverà il consumo di frutta e verdura.

Gli infermieri prestano anche qui par-ticolare attenzione e cura nell’educazionedell’assistito; non nascondiamo che visono particolari criticità nell’attività dieducazione alimentare, in quanto manca-no gli strumenti per un corretto addestra-mento, ad esempio schemi alimentari daadottare nelle varie diete da personalizzareeventualmente per ciascun paziente.

LA DIMISSIONE

Essa avviene solo dopo aver stabiliz-zato il paziente. In base alla diagnosi, chesia solo diabete, o altro con diabetecorrelato, ci si rivolge all’ambulatorio didiabetologia.

Vero e proprio punto di forza

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dell’Ospedale di Muravera è il Servizio diDiabetologia ubicato all’interno della strut-tura ospedaliera, in prossimità della U.O.di Medicina.

Il centro si occupa di effettuare tuttele consulenze richieste dai vari reparti,U.O. di Medicina, U.O. di chirurgia, CentroDonna (curve glicemiche e trattamentodi pazienti in gravidanza).

Si occupa inoltre, della presa in caricodel paziente dopo la dimissione, soprat-tutto se di nuova diagnosi.

Gli infermieri del centro (in collabora-zione, quando possibile con quelli dellaU.O.) si occupano di tutta la parte riguar-dante il self monitoring, della pratica allasomministrazione dell’insulina, spiegazionee documentazione dei device, e dell’educa-zione a un sano stile di vita.

Si cerca, “sfruttando il ricovero”, dicolmare eventuali gap del paziente giàdiabetico e per chi lo è per la prima volta,di organizzare insieme al team diabetolo-gico un’attività di rinforzo educazionale.Si concordano i vari follow up.

GRADO DI SODDISFAZIONE

Generalmente i pazienti:• sono soddisfatti, trovano personale

preparato e disponibile, Infermieri eMedici attenti e scrupolosi;

• sono consapevoli che tutti lavoranoattorno alle esigenze del degente;

• sono confortati dal fatto che il centroè a loro disposizione dopo il ricovero.

PUNTI DI FORZA

• Centro diabetologico in forza pressol’ospedale.

• La formazione in primo piano.Quest’anno a marzo il centro ha orga-nizzato una giornata di formazione perMedici e Infermieri per trattare variargomenti, dalla terapia all’educazione.Cosi facendo, chi interessato, ha potutorafforzare le proprie competenze e ag-giornarsi in sede senza affrontare grossidisagi.

• Disponibilità e preparazione del perso-nale.

PUNTI DI DEBOLEZZA

• Un punto di debolezza sentito da vari

colleghi e dai pazienti è quellodell’assenza di un dietista.

• Mancanza di autogestione per il pazien-te ricoverato autosufficiente.

• Centro chiuso durante il fine settimana.In conclusione credo sia indispensabile

che in qualunque setting assistenziale sidebba attivare un percorso di cura assi-stenziale condiviso che permetta a noiinfermieri, medici, chirurghi, anestesisti,di agire con tempestività e appropriatezzaper rispondere a tutte le esigenze specifichedelle persone con diabete, in ogni momen-to, dalla accoglienza alla dimissione.

Prima della dimissione ospedalieraquindi si preferisce attivare il team per lapresa in carico dei pazienti neo diagnosti-cati o che hanno cambiato terapia, pergestire le fasi di convalescenza, fornireuna consulenza infermieristica strutturataalla necessaria educazione terapeuticae programmazione delle successive visiteper la rivalutazione della situazione. Concostanza e tanto lavoro di tutti è possibileattuare tutte le strategie dei percorsi ot-tenendo, così facendo, la piena soddisfa-zione del paziente stesso e del personalededicato.

Sitografia

www.diabete.itwww.diabete.netwww.diabetologia.itwww.medicineeoltre.itwww.portalediabete.orgwww.studenti.itwww.wikipedia.org

OSPEDALESAN MARCELLINOIngresso principale

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Al momento della stampa della rivista altri eventi sono in fase di definizione.Rivolgersi al Presidente della Sezione Regionale per eventuali ulteriori informazioni

5 dicembre 2014 - Monza - Hotel de la Ville - Diabete di tipo 2 e adherence: quale miglioramento per la qualità divita della persona con diabete? AstraZeneca

12 dicembre 2014 - Catania - HN Parco degli Aragonesi - Autocontrollo, Tecnologia, Aderenza: Strategie a supporto.Lifescan

13 dicembre 2014 - Pineto (TE) - Hotel Parco degli Ulivi - Congresso OSDI Abruzzo - Il percorso diagnostico-terapeuticoassistenziale della persona con il diabete. OSDI

19 dicembre 2014 - Cagliari - Caesar’s Hotel - Le nuove frontiere dell’automotitoraggio glicemico. Lifescan

17 gennaio 2015 - Udine - Hotel Là di Moret - VII Congresso OSDI Friuli - Complicanze acute e croniche del diabete:centralità del ruolo infermieristico nella prevenzione primaria e secondaria. OSDI

23 gennaio 2015 - Ancona - Ego Hotel - Diabete di tipo 2 e adherence: quale miglioramento per la qualità di vita dellapersona con diabete? AstraZeneca

30 gennaio 2015 - Roma - Holiday Inn Parco dei Medici - Diabete di tipo 2 e adherence: quale miglioramento per laqualità di vita della persona con diabete? AstraZeneca

31 gennaio 2015 - Catania - Hotel Sheraton - Diabete di tipo 2 e adherence: quale miglioramento per la qualità divita della persona con diabete? AstraZeneca

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Presidente

Vice Presidente

Past President

Segretaria

Consiglieri

Tesoriere

Giovanni Lo Grasso [email protected]

Marcella Lai [email protected]

Roberta Chiandetti [email protected]

Elisa Levis [email protected]

Gemma AnnicelliLia CuccoRaffaella FiorentinoVilma MaglianoAlberto PambiancoSilvana PastoriClara ReboraKatja SpeeseSilvia Tiozzo

Michele Galantino

[email protected]@[email protected]@[email protected]@[email protected]@[email protected]

[email protected]

Abruzzo-Molise

Calabria

Campania

E. Romagna

Friuli V.G.

Lazio

Liguria

Lombardia

Marche

Puglia

Sardegna

Sicilia

Toscana

Trentino A.A.

Umbria

Veneto

Roberto Berardinucci [email protected]

Francesca Corazziere [email protected]

Nunziata Di Palma [email protected]

Simonetta Fantini [email protected]

Valentina Toffoletti [email protected]

Paola Saltarelli [email protected]

Maura Mazzoni [email protected]

Tiziana Terni [email protected]

Manuela Montoni [email protected]

Maria Grazia Accogli [email protected]

Simonetta Mamusa [email protected]

Salvatore Strano [email protected]

Marilena Carnevale [email protected]

Patrizia Contrini [email protected]

Raffaella Lupatelli [email protected]

Fabio Favaretto [email protected]

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