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ANNO VI II GIUGNO 2015 N. 2 IL CAMMINO VERSO IL NUOVO INFERMIERE: A CHE PUNTO SIAMO? siamo schiavi del cibo che costa poco OBESITÀ: DI GRANDE PORTATA UN PROBLEMA ECONOMICO SIAMO QUELLO CHE MANGIAMO

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IL CAMMINO VERSO IL NUOVO INFERMIERE: A CHE PUNTO SIAMO?

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DI GRANDE PORTATAUN PROBLEMA ECONOMICO

SIAMO QUELLOCHE MANGIAMO

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Le proposte di pubblicazione saranno accettate a giudizio del comitato di redazione.Ogni articolo esprime il lavoro e/o le convinzioni degli autori i quali assumono la responsabilità diquanto dichiarato. Quando l’articolo esprime o può coinvolgere la responsabilità o l’immaginedell’istituzione di appartenenza o quando gli autori parlano a nome della medesima, occorrerà unaliberatoria scritta dei relativi responsabili.La pubblicazione dei lavori è gratuita; il materiale anche originale pervenuto, anche se non pubblicato,non sarà restituito.Gli autori sono tenuti a specificare se la proposta di pubblicazione è stata inoltrata presso altreriviste.Il comitato editoriale si riserva di eseguire, nell’eventualità che appaia opportuno, un lavoro direvisione formale del testo, ferma restando la conservazione dei contenuti espressi dall’Autore, perrenderli conformi allo stile della Rivista.

La rivista In...formazione OSDI pubblica lavori di interesse didattico, scientifico e assistenzialiriguardanti il diabete e gli argomenti correlati.Indicare, oltre al proprio indirizzo, il numero di fax e l’indirizzo e-mail per l’eventuale corrispondenza.La struttura del lavoro dovrà conformarsi alle seguenti indicazioni:- Titolo: il titolo deve essere il più possibile conciso, ma chiaramente esplicativo della natura del

lavoro.- Nome dell’Autore (o degli Autori): nomi e cognomi per esteso in lettere maiuscole; accanto a

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Le bozze di stampa inviate agli autori devono essere corrette e restituite entro 4 giorni.

Il materiale dovrà essere inviato all’indirizzo e-mail: [email protected]

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IN...FORMAZIONEPeriodico trimestraledell’Associazione OSDIOperatori Sanitaridi Diabetologia ItalianiVia Guelfa, 9 - 40138 Bolognawww.osdi.itAutorizzazione del tribunaledi Lecce n. 1014 - marzo 2009

DIRETTORE RESPONSABILEMaria Teresa Branca

VICE-DIRETTORERoberta Chiandetti

COMITATO SCIENTIFICORoberta ChiandettiMaria Teresa BrancaGiovanni Lo GrassoLia Cucco

COMITATO DI REDAZIONEGemma AnnicelliLia CuccoRaffaella FiorentinoMarcella LaiElisa LevisGiovanni Lo GrassoVilma MaglianoAlberto PambiancoClara ReboraTiziana RisoloKatia Speese

PROGETTAZIONE GRAFICA,IMPAGINAZIONE E STAMPAALTOGRAF73042 Casarano (Le)Tel. 0833.502319

som mario

a cura di Lia Cucco

22nursing diabetologico

12vita associativa

lettera del presidentedi Katia Speese 6notizie dall’associazione 8XX Congresso Nazionale AMD

L’uomo è ciò che mangia

33articolo originale

a cura di Tiziana Terni

Il cammino verso il nuovo infermiere:a che punto siamo?

36a cura di Giulianna Montecinos

La tecnologia a supporto dell’autogestionedel diabete mellito di tipo II in un paziente anziano

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Carissimi colleghi e lettori della rivista,

come sicuramente avrete appreso, qualche settimana fa, ho rassegnato le dimissionidall’incarico di Presidente della “Nostra Associazione”. Voglio condividere con Voi alcuneriflessioni e ringraziarvi per il sostegno e la collaborazione che mi avete dato.La scelta sofferta e difficile di lasciare l’incarico di Presidente OSDI nasce da motivazionistrettamente personali che non mi consentivano di adempiere a pieno e in maniera adeguataagli impegni associativi. Sono pienamente consapevole che lasciare l’incarico anticipatamenteha creato dei problemi alle attività in essere e a quelle immediatamente in divenire ma,fortunatamente, all’interno della Nostra Associazione ci sono le risorse adeguate perfronteggiare anche questo momento difficile del passaggio di consegne anticipato. Sonocerto che il CDN, che io ritengo sia un gruppo coeso e forte, saprà superare questomomento di crisi e di complessità mettendo a frutto tutte le risorse di cui l’associazionedispone. L’imperativo è continuare a lavorare per dare risposte ai soci, per portare avantigli impegni associativi e per continuare ad essere un gruppo di professionisti interlocutoree portavoce di ciò che riguarda il nursing diaetologico e non solo.

Un sentimento di profondo orgoglio è presente in me, frutto del continuare ad apparteneread OSDI e di averne ricoperto un ruolo di prestigio consentendomi di valorizzare le mieconoscenze e competenze, oltre che di crescere sotto il profilo umano e professionale.Aver avuto la fortuna di collaborare e conoscere personalmente alcuni di voi per me èstato un vero privilegio ed onore che non dimenticherò, così come sono certo del valoreinsostituibile di ognuno di voi per le attività di OSDI e per l’affermazione del ruolodell’infermiere che tanto ci sta a cuore.Permettetemi infine di rivolgere un ultimo, ma non meno importante, augurio a Katja, chericoprendo anticipatamente il ruolo di Presidente della Nostra Associazione avrà l’oneredi tanti impegni ma anche l’onore di tanti brillanti risultati che non mancheranno adarrivare conoscendo le sue competenze e la sua determinazione, come quelle del resto deicomponenti del Consiglio Direttivo Nazione di OSDI e di quanti nelle sezioni regionali enei vari ruoli sono impegnati nelle attività associative.Un cordiale e affettuoso saluto

Giovanni

di Giovanni Lo Grasso

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letteradel presidente

di Katia Speese

Carissimi lettori,

scrivo la mia prima lettera da neo Presidente con un po’ di dispiacere perché le ragioniche mi hanno condotta, anticipatamente, a questo incarico sono state improvvise e credoanche sofferte. In primis le dimissioni da Vice Presidente di Marcella Lai; la sua sceltadi lasciare l’incarico ha colpito profondamente il CDN perché è giunta inaspettatamentee in un momento in cui erano in corso delle attività associative che non potevano essererimandate. Marcella, che per motivi strettamente personali ha rinunciato all’incarico diVice presidente, ha comunque accettato di rimanere come consigliere nel CDN. La suapresenza rappresenta, per tutti noi, un sostegno valido e fondamentale per il suo preziosocontributo professionale e umano.Le sue dimissioni hanno portato il gruppo a dover decidere il nuovo Vice presidente e,dopo diverse proposte e dopo aver vagliato diverse opportunità, la scelta è ricaduta sudi me.A distanza di poche settimane sono arrivate, con ulteriore grande sorpresa, anche ledimissioni del presidente Giovanni Lo Grasso. Inutile dire che il gruppo si è interrogatosu eventuali responsabilità di queste imprevedibili quanto sconcertanti decisioni maanche Giovanni ci ha rassicurato sul fatto che, ragioni che esulano dal contesto associativo,lo hanno portato suo malgrado a lasciare l’incarico e a consegnare al nuovo Vice presidentela guida dell’Associazione. Siamo sicuri che anche per lui la scelta non sia stata facilee ci tengo a ribadire, anche in questa occasione, IL CDN è stato compatto e vicino aGiovanni ed ha compreso e accettato la sua scelta.

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Per me e per tutti noi continua a essere una persona sempre impegnata e leale, che hasempre dimostrato di avere a cuore i problemi associativi. Voglio cogliere l’occasioneper salutarlo affettuosamente e ringraziarlo per il lavoro svolto.Le sue dimissioni hanno decretato l’inizio del mio mandato di Presidente e non nascondodi essermi sentita impreparata e preoccupata per la grande mole di impegni che mi sonopiovuti addosso da un giorno all’altro. Lo scoraggiamento sono riuscita a superarlo solograzie al meraviglioso gruppo che mi è accanto, il CDN mi ha dimostrato fiducia esostegno e mi fornisce tutto l’aiuto necessario per portare avanti al meglio questoprestigioso incarico.Da parte mia ci sto mettendo tutta la tenacia e la caparbietà che solitamente micontraddistinguono e che ritengo siano doti che appartengono alla nostra professione.Per questo ho deciso di raccogliere la sfida e andare avanti nella speranza di non deluderele aspettative di nessuno e di seguire le orme di chi mi ha preceduto e che con grandeimpegno ha portato Osdi a rappresentare un valido interlocutore nei confronti delleistituzioni e delle società scientifiche.Il mio obiettivo è quello di ritrovare il valore della solidarietà lavorativa, la volontà diagire insieme, e di crescere come gruppo professionale. Per fare questo abbiamo bisognodi sostenerci reciprocamente...da soli non si va da nessuna parte! Dobbiamo continuarea credere in OSDI...dobbiamo continuare ad essere in OSDI! Far parte di un Associazioneprofessionale come la nostra è estremamente impegnativo ma solo le cose che impegnanoci offrono le migliori gratificazioni personali e professionali.Essere parte di un Associazione professionale come la nostra significa rinvigorire lanostra figura professionale e dare voce alle nostre priorità e alle nostre esigenze diprofessionisti, che puntano al miglioramento professionale finalizzato al miglioramentodella qualità dell’assistenza che ogni giorno eroghiamo.Voglio iniziare il mio mandato ringraziando tutto il “mio” CDN per il supporto che mista dando in queste prime fasi di rodaggio, la Segreteria e tutte le persone che in questigiorni mi stanno affiancando con estrema pazienza. Un ringraziamento particolare aRoberta che con la sua esperienza e competenza mi sta guidando all’interno di questonuovo mondo! Grazie alle new entry del direttivo, Tiziana Risolo e Maria Grazia Accogli,che hanno accettato con coraggio di salire su un treno già in corsa! Ma soprattutto unsentito ringraziamento a tutti i SOCI che continuano a rinnovare la loro fiducia nei nostriconfronti. Spero che questo possa essere l’inizio di una Rinascita per la Nostra Associazione,nel rispetto di quanti hanno collaborato a rendere OSDI quello che è oggi!Auguro a tutti NOI un BUON LAVORO!”

Katia Speese

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notiziedall’associazione

CONGRESSONAZIONALE AMD

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XXSi è svolto a Genova dal 13 al 16 maggio

presso il Centro Congressi Magazzini delCotone il XX Congresso Nazionale AMD.Osdi ha partecipato con una rappresentanzadel CDN ed ha presentato la Consensus sulletecniche iniettive, frutto del lavoro interso-cietario AMD-OSDI:

Il congresso ha avuto come tema“L’evoluzione della diabetologia alla luce delPiano Nazionale sul Diabete”. La cerimoniadi apertura con i saluti delle autorità presenti e del Presidente AMD Dr. Ceriello, ha datoinizio ai numerosi contributi scientifici chesi sono distribuiti nei 4 giorni del congressoanche con simposi paralleli con la presenzadi numerosi professionisti.

Molto spazio è stato dedicato alla defi-nizione e declinazione del ruolo dello spe-

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cialista che costituisce la vera sfida delladiabetologia moderna e all’educazione comeuno degli strumenti per una cura appropriata.

Molte sono state le relazioni con temaEducazione Terapeutica (ET) tra cui“monitorare la reale applicazionedell’educazione terapeutica strutturata inItalia: i dati dell’indagine conoscitiva ( l.Cipolloni , A . Lai ) che riporta i dati di unquestionario sull’educazione terapeutica neicentri diabetologici che hanno aderito alprogetto.

Il PND ci chiede chi fa e come si fa ET: larelazione della dott.ssa Visalli su “registrarel’appropriatezza degli interventi sia profes-sionali sia organizzativi: il modulo educativo”fa emergere la tracciabilità di un percorsoeducativo. Grazie alla collaborazione con ilgruppo GISED, anche OSDI ha potuto contri-buire e collaborare alla preparazione delmodulo educativo inserito all’interno della

cartella informatizzata utile per standardiz-zare gli interventi monitorando il tempo, iltipo di paziente, il percorso scelto e le areeesaminate. Osdi ha dato un contributo im-portante riguardo il “saper essere” attraversodei semplici questionari. Nella relazione vienedescritto il modulo educativo che si apre conun’analisi dei bisogni che da avvio ad azioniindividuali o collettive in base alle esigenzedel paziente. Il modulo educativo, insiemeal modulo assistenziale, saranno strumentifondamentali per dare visibilità e qualità alnostro lavoro.

La promozione dell’empowerment,l’educazione del care-giver, la complessitànella cura della popolazione migrante, ildiabete gestazionale, le nuove terapie e tec-nologie rappresentano alcune delle tanterelazioni che si sono intervallate nelle variesale del Centro Congressi.

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Nella giornata di venerdi il PresidenteNazionale OSDI, Katja Speese, ha moderatoinsieme alla Dr.ssa Musacchio la sessione“La medicina del benessere: tutta un’altrasanità” con la partecipazione di un foltopubblico in platea a conferma dell’interesseverso un aspetto molto importante del teamdi cura, oggetto delle relazioni che sono statepresentate.

La Dr.ssa A. Ercoli ha aperto i lavoripresentando un percorso di consapevolezzasuggerendo strumenti efficaci nelle dinami-che relazionali sanitarie. La Dr.ssa Pellegriniha completato la sua relazione riportandola voce degli operatori sul ruolo delle emo-zioni in diabetologia con un bellissimo fil-mato in coda. E’ poi seguito un interventodel Dr. Cortesi sul benessere dell’operatoresanitario.

Nella seconda parte della mattinata, aconclusione della sessione sull’ap-propriatezza e sicurezza della terapia insu-linica in ospedale, il Presidente Osdi Nazio-nale ha presentato la Consensus AMD –OSDI sulle tecniche iniettive. E’ un importante

documento redatto dal gruppo intersocietarioAMD OSDI che ha visto la collaborazione diLia Cucco e del presidente CDN dimissionarioGiovanni Lo Grasso come contributo dellanostra Associazione.

Il documento “raccoglie tutte le evidenzescientifiche disponibili su questa tematica ele organizza secondo criteri gerarchici in cuioccupa un ruolo fondamentale un’azioneeducat iva strutturata , f inal izzataall’acquisizione da parte della persona condiabete delle conoscenze e delle abilità ne-cessarie all’autogestione consapevole dellamalattia” (Il Giornale di AMD 2014;17:176-181)

L’invito a partecipare al Convegno AMDha assunto un importante significato di col-laborazione per OSDI, collaborazione che cisi augura possa rappresentare in futurooccasione di lavoro e di confronto reciproco.

Per il CDNKatja, Vilma, Tiziana, Clara, Alberto,

Elisa, Roberta

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OSDI TOSCANA

Nell’ultimo decennio, l’assistenza in-fermieristica in Italia, ha vissuto delle rile-vanti evoluzioni segnate da importantitappe grazie alle quali la professione si èvista riconoscere uno specifico ambito diautonomia, competenza e responsabilità.

Un grande passo avanti e’ stato deter-minato dall’inserimento della formazioneuniversitaria, con il corso di laurea in infer-mieristica,la laurea specialistica,il dottoratodi ricerca e i master di specializzazione.Nonostante sia provata la necessità di unaformazione specifica per operare in questodelicato contesto assistenziale, ancora oggisono pochi i percorsi formativi mirati.

La Regione Toscana con DGRT 920 del

28/10/2011 ev idenzia la f iguradell’infermiere esperto in diabetologia cheè colui che, oltre a possedere le conoscenzedi base circa la prevenzione e la cura dellamalattia diabetica e delle sue complicanze,è la figura professionale che nel team diassistenza ha acquisito le abilità necessarieper individuare e valutare i bisogni dellapersona con diabete.

L’infermiere esperto dovrà essere ingrado di programmare ed erogare inter-venti di terapia educazionale attraversoambulatori infermieristici dedicati. Operasia nelle strutture specialistiche diabetolo-giche di secondo livello che nel team delChronic Care Model, in quest’ultimo am-

PISTOIA 9 MAGGIO 2015

AMBULATORIO INFERMIERISTICODIABETOLOGICO:FRA UTOPIA E REALTÀ

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bito, il personale infermieristico particolar-mente addestrato può svolgere il ruolodel case manager con funzione di controllodelle procedure operative dell’assistenza,rappresentando il primo riferimento orga-nizzativo per l’assistito, la sua famiglia etutti gli operatori coinvolti nel piano dicura individuale.

Il presidente Osdi Toscana MarilenaCarnevale e il Past President CristianoBeltrami hanno fortemente voluto questocorso per poter fare un costruttivo con-fronto tra l’ospedale e il territorio.

Un ringraziamento al dott. Anichini,Direttore della SOC di Diabetologia NuovoOspedale San Jacopo di Pistoia che, conla sua presentazione, ha messo in luce lostato dell’arte attuale per quanto riguardal’educazione terapeutica strutturata indiabetologia.

Dopo l’interessante relazione di Cri-stiano Beltrami, infermiere presso SOCDiabetologia Ospedale San Giovanni diDio asl 10 Firenze, che verteva sul ruoloe sull’importanza dell’infermiere espertoin diabetologia, si è succeduta, con la suarelazione, Cristina Landini ,infermiera pres-so la diabetologia e malattie metabolicheOsp. Borgo San Lorenzo, che ci ha parlatodell’importanza della consulenza infermie-ristica diabetologica.

Nadia Gallori, infermiera presso Sanitàd’iniziativa ASL 10 Firenze, Sonia Salvadori,infermiera presso Sanità d’iniziativa ASL4 Prato e Federica Paolacci, infermiera

Sanità D’iniziativa ASL3 Pistoia,si sonoconfrontate, ognuna con la propria realtà

territoriale, di mezzi e di preparazione,sulle criticità nella gestione integrata in-fermieristica Ospedale-Territorio della per-sona con diabete.

La tavola rotonda ha messo in lucevarie problematiche peraltro ben risoltecaso per caso nell’ambito territoriale conuna buona integrazione tra ospedale eterritorio.

La situazione attuale è comunque inevoluzione, visto i cambiamenti che stannoper avvenire nella gestione delle aree vaste.

L’obiettivo generale e’ quello di svilup-pare la consapevolezza che le sedute diterapia educazionale individuale svoltadall’infermiere esperto con formazionespecifica in campo diabetologico deveessere strutturata in appositi ambulatoriinfermieristici dedicati.

Ringrazio tutti i relatori che hannocollaborato alla buona riuscita degli obiet-tivi del corso che sono stati quelli di avereun confronto costruttivo nella gestioneospedale -territorio del paziente diabetico.

Per CDR Osdi ToscanaMarilena Carnevale

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XI CONGRESSO OSDIEMILIA ROMAGNA

BOLOGNA 23 MAGGIO 2015

Si è svolto il 23 maggio 2015 con sedea Bologna presso hotel Europa l’XI Con-gresso Osdi Emilia Romagna. Sono inter-venuti come relatori Imma Cacciapuoti,coordinatore infermieristico area gestionee cronicità Regione E. R., la Dr.ssa CavaniRita, responsabile della Diabetologia pro-vinciale AUSL di Modena, il Dr. GiovanniChiari, titolare di insegnamento ufficialedi Pediatria Università di Parma, il Dr.Donato Zocchi, Medico di Medicina Ge-nerale di Bologna, Tiziana Risolo, coordi-natore infermieristico della Casa dellaSalute di Colorno AUSL di Parma, MarcoGanassi, responsabile infermieristico strut-

tura Diabetologia Ospedale S.Maria NuovaReggio Emilia, Marina Zambrini infermieradiabetologia Ospedale nuovo di Imola,Pietro Miale infermiere U.O. PediatriaSpecialistica A.O. Universitaria S. OrsolaMalpighi, Giovanna Guareschi Responsa-bile Assistenziale Dipartimento EmergenzaUrgenza e Area Medica Generale e Spe-cialistica AOU Parma, Rosetta Vasi infer-miera Ospedale Civile S. Maria delle CrociRavenna.

Dopo il saluto del Presidente uscenteSimonetta Fantini sono seguiti gli interventidelle autorità: La dr.ssa Cavani PresidenteAMD ER, Il Dr. Gabriele Forlani Presidente

IL PERCORSO DIAGNOSTICO TERAPEUTICOASSISTENZIALE ALLE PERSONE CON DIABETENELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA (LINEE DIINDIRIZZO, RETE DI ASSISTENZA, STRATEGIE)

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di SID ER e la Sig.ra Agata Magaletta inrappresentanza dell’Associazione DiabeticiBologna.

L’apertura dei lavori dove i professionistisi sono confrontati in una tavola rotondaesponendo i loro punti di vista, vede lamoderazione curata dalla Dr.ssa ValeriaManicardi, Direttore della U.O.Complessadi Medicina Interna, ospedale di Montec-chio RE e di Clara Rebola, infermiera delladiabetologia dell’istituto Gaslini di Genovae Componente del CDN Osdi.

Imma Cacciaputi, che collabora conl’Assessorato alla Sanità, ha illustrato leprospettive nella Regione ER sottolineandoche il DIABETE si inserisce in un disegnopiù grande che è la gestione delle cronicità.Le cure primarie sono gestite da Team conservizi che devono essere accessibili, inte-grati e centrati sulla persona. Queste quindile strategie fondamentali: identificazionedi popolazioni a rischio, con valutazionedei bisogni assistenziali e vari livelli diintervento, ma soprattutto gestione dellaproattività e non di attesa dell’evento.

Il punto di vista del Diabetologo offertodalla Dr.ssa Cavani sottolinea nuovamenteche al centro di tutta l’organizzazionedella cura del diabete deve esserci unaintegrazione della rete dei professionistie l’uso concreto delle risorse. L’incrementodella malattia diabetica deve orientare emigliorare la capacità del SSN di erogaree misurare le cure, ponendo come obiettiviprincipali il lavoro di Team la multidiscipli-narità e la promozione del self-management. Ma sottolinea anche dellecriticità che rispondono alla mancanza diun modello codificato per la cura dellecronicità e la carenza cronica di risorse.La tavola rotonda segue con l’interventodel Pediatra dr. Giovanni Chiari che illustrail diabete in età pediatrica e la sua evolu-zione evidenziando un passaggio moltocritico che è il collegamento tra pediatriae adulto. Ha valorizzato il ruolo importan-tissimo della famiglia emotivamente moltocoinvolta nel processo di cura e della scuolache diventa il sostituto della famiglia perun tempo molto lungo. L’intervento delMMG Dr. Zocchi mette in evidenza ladifficoltà nella comunicazione tra i variprofessionisti che spesso non riescono adinterfacciarsi tra di loro per carenza di

strumenti informatici. Segue l’interventodi Tiziana Risolo vice presidente Osdi ERche conferma l’ importante ruolodell’infermiere all’interno del Team e riba-disce che l’incremento delle patologiecroniche rende sempre più importante losviluppo di ambulatori in grado di garantireinterventi di promozione della salute, dieducazione terapeutica, di self manage-ment di follow-up e di supporto nellagestione nella malattia e molti di questiinterventi possono essere soddisfatti inautonomia dall’infermiere.

Durante la pausa si sono svolte leelezioni per il rinnovo del Consiglio Diret-tivo OSDI Regione ER

la sessione del pomeriggio è proseguitacon lo stato dell’arte nell’assistenza diabe-tologica in Emilia Romagna con alcuneesperienze di ospedale, territorio, ambu-latori infermieristici.

Rosetta Vasi ha descritto la gestionedei microinfusori e l’iter educativo, MarinaZambrini la sua esperienza di EducazioneTerapeutica e l’importanza della comuni-cazione, Giovanna Guareschi ha descrittoil progetto di riorganizzazione che hacoinvolto i servizi ambulatoriali di diabe-tologia, dell’AOU di Parma, per una ge-stione integrata del paziente diabetico.

Un meraviglioso contributo è statoportato con la documentazione anchefotografica di un campo scuola pediatricodove forti emozioni si sono mescolatealle parole di descrizione di Pietro Miale.

L’esperienza della dimissione protettae continuità assistenziale, che ha portatoMarco Ganassi, ha posto ancora una voltain evidenza l’importanza del ruolo infer-mieristico per garantire una maggiorepresa in carico del paziente diabetico erendere fruibile un rientro a domicilio inpiena sicurezza. Interessanti le descrizionidei passaggi educativi che vedonol’infermiere responsabile di un percorsodi cura.

Il congresso si è chiuso con una riccadiscussione tra i professionisti cui è seguital’assemblea dei soci e la comunicazionedei risultati delle elezioni per il rinnovo delnuovo Direttivo.

Tiziana RisoloPresidente Osdi Emilia Romagna

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VIII CONGRESSO OSDISICILIA

Nella splendida cornice di Viagrande,paesino alle pendici dell’Etna, tra le splen-dide e sontuose dimore del posto tra cuiVilla del Principe Manganelli GiuseppePaternò Asmundo realizzata dall’architettoCarlo Sada famoso per i decori architetto-nici del bellissimo Teatro Massimo dedicatoall’artista catanese Vincenzo Bellini, Il 23maggio 2015, si è celebrato, presso ilGrand Hotel Villa Itria, il Congresso Regio-nale OSDI Sicilia dal titolo “Ruolodell’infermiere nella prevenzione e tratta-mento dell’ipoglicemia”.

Destinatari dell’evento 50 infermieriOSDI.

Gli obiettivi essenziali dell’evento sonostati, il confronto e lo scambio di informa-zioni sull’importanza dell’educazione tera-peutica nei confronti della persona affettada diabete, che vive l’esperienzadell’ipoglicemia, evento particolarmente

infausto che può mettere a serio rischiola sicurezza del paziente se non trattatoadeguatamente e può, inoltre, essere causadi danni fisici, sociali e psicologici.

Ha dato inizio ai lavori il PresidenteOsdi Sicilia Salvatore Strano, che dopo gliiniziali saluti e ringraziamenti a coloro chehanno permesso la real izzazionedell’evento, apre la sessione dedicata alsaluto delle Autorità; il consigliere AMDDott. Luciano Lorenti fa risaltarel’importanza dell’infermiere come com-ponente del TEAM nell’educazione tera-peutica del paziente per il trattamento ela prevenzione dell’ipoglicemia. Successi-vamente, il Dott. Michele Di Maria consi-gliere IPASVI Catania, sottolinea la figuradell’infermiere esperto, facendo riferimentoalla legge sulle competenze avanzate eall’opportunità di affrontare la gestionedelle ipoglicemie attraverso protocolli

RUOLO DELL’INFERMIERE NELLA PREVENZIONEE TRATTAMENTO DELL’IPOGLICEMIA

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condivisi da mettere in pratica sia inospedale come degenza e pronto soc-corso che in ambito domiciliare. Graditis-simo l’intervento del nostro ex presidentenazionale Giovanni Lo Grasso, che haportato i saluti del Consiglio DirettivoNazionale OSDI e ha dettagliato gli argo-menti del congresso sottolineandol’importanza della prevenzione e del trat-tamento dell’ipoglicemia. Giovanni LoGrasso non ha potuto fare a meno diaccennare alle sue recenti dimissionidall’Osdi, una decisione sofferta ma im-procrastinabile a causa di problematichepersonali e familiari che lo hanno costrettoa lasciare anticipatamente il suo incarico.

La prima relazione della giornata èstata affidata al Dott. Vito Borzì“Ipoglicemia : cos’è e come si manifesta”,e successivamente prosegue la Dott.ssaLoredana Intrigila con “Prevenzionedell’ ipoglicemia: strategie farma-cologiche”. I due relatori illustranol’importanza dell’ipoglicemia, dei farmaciche possono creare tale danno e la stra-tegia per prevenirla. I lavori procedonocon la relazione del vice presidente regio-na le Osd i , Maur i z io Gando l fo“l’innovazione tecnologica nell’auto-controllo domiciliare come strumento perprevenire l’ipoglicemia”, il quale ha fornitouna descrizione delle nuove frontieredell’automonitoraggio glicemico e il ruolodelle nuove tecnologie a supporto dellacura del paziente.

A seguire la relazione del Presidenteregionale OSDI, Salvatore Strano “ Latecnica iniettiva e l’ipoglicemia “ il qualeha messo in risalto l’ importanzadell’educazione terapeutica alla correttasomministrazione dell’insulina e alle com-plicanze legate alla scorretta tecnica iniet-tiva. Le due relazioni sono state di grandeinteresse e hanno stimolato, nei parteci-panti, un grosso coinvolgimento.

Nell’ambito del congresso sono statipresentati i consiglieri candidati al nuovodirettivo regionale e durante la pausapranzo si sono svolte le elezioni per ilrinnovo del CDR.

I lavori sono ripresi dopo la pausapranzo con la relazione di Miriam Fascia-nella, Infermiera coordinatrice LDPA Amb. diabetologia P.O. “ M. Ripamondi di San

Cataldo (CL), dal tema “ Come educarea correggere e gestire le ipoglicemie”,anche questo intervento ha stimolatointeressanti argomenti di discussione dacui sono nate idee proficue per il nostrolavoro quotidiano. Di seguito, AndreasGulino infermiere PTA Amb. Bronte (CT),ha introdotto la relazione dal titolo“L’attività educativa per la prevenzionedelle ipoglicemie” quest’ultima relazioneha messo in evidenza come, l’aspettoeducativo, può essere importante nel cor-reggere l’ipoglicemia per migliorare laqualità vita del paziente.

In chiusura, il presidente SalvatoreStrano, ringrazia e saluta i consiglieri uscen-ti: Giovanni Di Mauro, Giovanni Lo Grassoe Luisa Perniciaro e da lettura di unarelazione dettagliata sul lavoro svoltodurante il suo mandato. Comunica, altresi’,che con questa data termina il suo man-dato di Presidente e subentra MaurizioGandolfo che da vice presidente andrà a ricoprire il ruolo di Presidente per i pros-simi due anni. Il nuovo CDR risulta cosìcomposto: Maurizio Gandolfo Presidente,Salvatore Strano Past President, MiriamFascianella Consigliere, Mariarita GarofaloConsigiere, Donatella Pardo Consigliere.

Il congresso si è concluso con grandesoddisfazione dei partecipanti per gli ar-gomenti trattati e per il clima di confrontocostruttivo che ha dato vita a interessantie stimolanti spunti di discussione.

Per il CDR SiciliaSalvatore Strano

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OSDI VENETO

Siamo sempre più convinti che nonserve una biblioteca immersa nel silenzioe multi accessoriata per far fluire i nostripensieri, ma che sia sufficiente “ la zonapranzo dell’IKEA”.

Ebbene si, avete capito è il nostroritrovo, l’Ikea di Padova è la sede delDirettivo Osdi Veneto che da molti annirinnova e riscopre in quell’ambientequell’atmosfera magica per convogliaree dar forma e costrutto alle proprie idee.

Proprio in occasione di un direttivo perla pianificazione delle attività formative2015 abbiamo portato l’attenzione adalcune considerazioni che da tempo ciaccompagnano e che riguardano i cam-

biamenti repentini ai quali stiamo assisten-do nei nostri ambiti lavorativi e quantoquesti ci stiano richiedendo sempre piùun cambio di stile nel modo di essere e distare nelle relazioni tra colleghi e con gliutenti.

Nasce così l’idea di progettare unpercorso formativo su tematiche relazionali,strutturato in tre incontri separati tra loroma connessi e consequenziali in modo dadare la possibilità, a chi volesse, di parte-cipare ad un solo evento o a tutti e trea seconda della propria disponibilità ointeresse.

Tale percorso formativo ci avrebbeaiutato ad:

DALL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA,ALL’INNOVAZIONE RELAZIONALE:“QUANDO IL COMPORTAMENTO SI FA DURO,GLI INFERMIERI FANNO LA DIFFERENZA”

CHIOGGIA 9 MAGGIO 2015

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• acquisire maggior conoscenza di noistessi e di come funzioniamo nelle rela-zioni con gli altri

• utilizzare le nostre consapevolezze e lenostre motivazioni per motivare gli uten-ti

• apprendere le abilità e gli strumentinecessari per rendere più efficaci gliinterventi di educazione terapeuticarivolti agli utenti.

La stupenda cornice di Sottomarina(Chioggia VE) ci ha permesso di dar vitail 9 Maggio all’evento formativo focalizzatosugli aspetti motivazionali dal titoloDall ’ innovazione tecnologica,all’innovazione relazionale: “Quandoil comportamento si fa duro, gli infer-mieri fanno la differenza”.

Già il titolo sottolinea che le tematicheosservate r iguardano i l termine‘motivazione’, che, pur nella varietà delledefinizioni che ne sono state date, vieneabitualmente usato per indicare i motiviche spingono gli individui ad agire. Studiarela motivazione significa quindi cercare dirispondere all’interrogativo: “Perché gliindividui pensano e agiscono nel modo incui lo fanno?” Agiscono sospinti da ne-cessità interne o attirati da obiettivi cheidentificano nella realtà o nella loro imma-ginazione? E ancora, la presenza di undisturbo o come nel nostro caso la presen-za della patologia diabetica, le conseguentiindicazioni di aderire alle terapie farma-cologiche, all’autocontrollo strutturato,alle prescrizioni dietetiche, ai consigli peruna vita più sana, sono motivazioni suffi-cienti perché le persone modifichino leloro abitudini consolidate da tempo? Secosi fosse non avremmo di che discutere ma le evidenze non dimostrano questo,anzi, dimostrano invece la difficoltà chele persone incontrano per adattarsi alnuovo stato di salute, a convivere con lelimitazioni e i sacrifici imposti dalla pato-logia diabetica.

Sono dati questi che ci fan riflettere,che mettono in evidenza quanto sia ancoraalto il rischio di sviluppare complicanzeacute e croniche per la nostra popolazionediabetica perché, in realtà, quello chemolte persone vedono della propria pa-tologia durante tutta la loro vita è ilsacrificio a cui sono sottoposte rispettoad un risultato che rimane comunqueincerto. Spesso le persone chiedono cer-tezze ..”Siamo sicuri che se faccio l’attivitàmotoria consigliata non passerò alla terapiainsulinica?” “Forse…” “Siamo sicuri chese abbasserò glicemia, colesterolo, trigli-ceridi non andrò incontro alle complican-ze?”. “Forse…Ci sono buone possibilità…”.

In questo scenario l’ infermiere cheopera nell’Ambulatorio o nel Servizio diDiabetologia, per il suo ruolo, si ponespesso come interlocutore privilegiato epiù continuativo nei confronti della personadiabetica, è testimone di quelli che sonoi dubbi, le incertezze ma anche le speranzee le potenzialità della persona stessa edè quindi uno dei soggetti fondamentalinel sollecitare e facilitare i processi di

cambiamento e di rafforzamentodella motivazione.

Da tempo è opinione co-mune considerare il concetto dicomunicazione o di motivazionecome un processo “spontaneo”,affidato alla sensibilità ed alle

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Il 50% dei pazienti cronici nonriesce a seguire tutti gli aspetti

della terapia consigliataAssal J.P. Traitement des maladies de longue durée, Eneyel Med

Chir elsevier Paris therapeutique 25 a 10,1996

• I 46,1% pratica attività fisicain quantità inferiore a quanto

raccomandato (parzialmente attivo)• Il 25,3% è completamente sedentario

Il 45% dei fumatori ha tentatodi smettere di fumare nell’ultimo

anno senza riuscirci, di questiil 91% ha tentato da solo

L’adesione alle raccomantazionidietetiche è all’incirca del 65%

Sistema di Sorveglianza sui Progressi delle AziendeSanitarie per la Salute Rapporto Regione Veneto 2008

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singole capacità personali dell’operatoresanitario. Tutti ormai concordanonell’affermare che una comunicazioneefficace è centrale sia per tutti i processiassistenziali sia per il loro esito. Nel nostrocontesto assistenziale gli aspetti comuni-cativi e motivazionali assumono mag-giormente le connotazioni di un processodinamico e non statico, un processo chenon ha inizio né fine, ma che è in continuoprogresso proprio perché muta e si evolvenel tempo, perchè si confronta quotidia-namente con il reale e si modula alleesigenze sempre nuove che l’utente pre-senta.

La consapevolezza che la vera curadella persona inizia e si sviluppa nel poteroffrire concretamente alla persona la pos-sibilità di essere partecipe al suo percorsoterapeutico, riprova che anche dare unasemplice informazione, rispetto ad unproblema di salute, può avere un impattomotivante, o semplicemente neutrale, avolte può essere incomprensibile o addi-rittura minaccioso.

Se la comunicazione è l’essenza della“cura” ed è il canale tramite il quale gliinfermieri trasferiscono le cure (Kirbyand Slevin 1992) diventa determinante ilnostro “ruolo”, ruolo che ci vede essere “traduttori” delle prescrizioni mediche,o di ciò che il medico prevede sia la curamigliore per quella determinata persona.

“Essere infermiere traduttore, nel no-stro caso significa “fare veramente ladifferenza” perché cambia la prospettivadella relazione, perché il cambiamentoriguarda non solo l’altro ma anche noistessi, cambia il nostro impegno in terminidi collocazione delle energie da investire eove direzionarle, cambia la qualità di pre-senza, cambia la modalità di vivere i mo-menti di frustrazione cambia il nostro livellodi disponibilità, cambia la nostra autoeffi-cacia Ne consegue che per dare sviluppoa queste abilità e poter governare la com-plessità assistenziale sia indispensabileun’adeguata crescita culturale che neces-sariamente passa attraverso una formazioneprofessionale specifica e specialistica.

La necessità di avere uno strumentoche permetta di operare con responsabilitàprofessionale questa traduzione e di indi-viduare il modo per facilitare l’aderenzaalle prescrizioni è emerso molto chiara-mente durante la giornata e fondamentaleè stata la presentazione del Modello Tran-steorico del Cambiamento da parte deidocenti Dr Forza e Dr Gentile, espertinello studio e nell’applicazione dello stesso.

Si è convenuto che i servizi e gli am-bulatori diabetologici diventano a questoproposito luoghi privilegiati in quanto cipermettono di rivolgerci ad una specificacategoria di persone che presentano de-terminati bisogni o criticità.

Accompagnare quotidianamente que-ste persone nel loro percorso di cronicitàè nostro compito e responsabilità. Taleresponsabilità si realizza non solo attra-verso l’espletamento di attività clinicostrumentali in continua evoluzione e dive-nute tanto specifiche quanto specialisticheda richiedere all’infermiere un aggiorna-mento e una formazione continua, maanche attraverso la realizzazione di una“visione altra”, che è data dall’interioriz-zazione della capacità di:

• accettare l’altro per come è;• sospendere il giudizio;• sospendere i consigli non richiesti.Operare “questa traduzione” significa

agire per prevenire l’evoluzione della pato-logia diabetica ed è qui che si gioca in

modo particolare il nostroruolo. Alla capacità diriconoscere i livelli di ri-

schio di sviluppare complicanze e le con-seguenti disabilità, corrisponde il nostrodovere di agire per incentivare la consa-pevolezza del rischio e la determinazionealla prevenzione del danno d’organo.

Il Modello Transteorico del Cambiamen-to sviluppato negli ultimi 20 anni da JamesProchaska e Carlo DiClemente fornisce aquesto proposito un supporto teorico e diricerca per lo sviluppo di interventi per ilcambiamento dei comportamenti a rischio.Il modello parte dal presupposto che ilcambiamento dei comportamenti è unprocesso che si realizza attraverso il pas-saggio di cinque stadi, ai quali corrispon-dono interventi mirati e differenziati aseconda della fase di cambiamento in cui

Il medico informa > prescrive > la persona segueIl medico informa > prescrive > l’infermiere traduce > la persona aderisce

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le persone s i trovano. Compitodell’operatore è facilitare l’attivazione deiprocessi alla base della motivazione.

Si inizia dalla necessità di saper rico-noscere la disponibilità al cambiamento e di saper utilizzare un linguaggio co-mune che mantenga la dignità alla per-sona e che al contempo possa diventareuno stile che accomuna gli infermieri didiabetologia.– Le persone che ci appaiono non inte-

ressate, troppo tranquille, non consa-pevoli o disilluse sono definite secondoil modello persone precontemplative, esse intravedono pochi benefici afronte di tanti sacrifici e necessitano diascolto e di informazioni pertinenti alloro stato di salute in grado di insinuare in loro ragionevoli dubbi. rispetto alcomportamento in atto

– Al contrario le persone che ci appaionodubbiose, ambivalenti, incerte se aderireo meno ad un comportamento propo-sto, sono definite contemplative enecessitano di veder riconosciuta la loroambivalenza come sentimento legittimoe devono poter esplorare i costi e ibenefici dei comportamenti sia quelliin atto che i nuovi proposti.

– Se vediamo una persona determinatadobbiamo aiutarla a pianificare dei pos-sibili percorsi , ma anche ad ipotizzare possibili difficoltà, momenti critici eindividuare come farne fronte e a qualiaiuti attingere.

– Se invece incontriamo nella nostra quo-tidianità persone che hanno conseguitocon successo un comportamento de-siderato, l’aiuto che dovremmo daresarà invece il sostengo per prevenire lericadute.

Sostanzialmente le abilità che noiinfermieri dobbiamo acquisire risiedono• Nelle capacità di dare le informazioni,

considerando la nostra responsabilitàper come le diamo

• nella capacità di comprendere le prio-rità e gli interessi della persona, chea volte pur essendo diversi dalle nostremotivazione in termini di salute fannocomunque da leva verso il cambiamento

• nella capacità di individuare un cam-biamento alla volta su cui operare,molto spesso siamo noi stessi che chie-diamo alle persone di agire su più com-portamenti contemporaneamente vedifare attività fisica e modificare l’ali-mentazione.

• Nella capacità di utilizzare un linguag-gio in grado di facilitare l’attivazionedei processi alla base della motivazione.

Queste le riflessioni che il nostro grup-po sta facendo ormai da molti anni e dal2000 circa sta studiando, sperimentando,promuovendo e diffondendo tra gli ope-ratori di diabetologia il Modello Transteoricodel Cambiamento come strumento possibileper aiutare le persone ad essere più attivenei confronti della propria malattia; questograzie alla collaborazione con l’AssociazioneBona Tempora e alla costante disponibilitànella presenza e nel supporto a distanzadei suoi docenti Dott. G.Forza e Dott.N.Gentile con i quali da molti anni“navighiamo “ per fare la differenza”.

I nostri ringraziamenti giungano alleditte Abbott Menarini Artsana per ilcontributo non condizionante e per ilsostegno ricevuto alla realizzazione diquesto evento.

Il direttivo OSDI Veneto

Direttivo Osdi VenetoUna grande perdita per la realtà Veneziana delle malattie del metabolismo, Il 24 maggio e’ mancato il Dr. Flavio Virgili, uomo e medicostimato da tutti; Primario Endocrinologo, Dietologo e Diabetologo di Mestre. Ha sostenuto la nascita di ARVOSD , attuale Osdi Veneto,nel lontano 1987, ed è stato parte del Comitato Promotore e Scientifico dei Corsi indetti dalla Regione per l’area diabetologia.Per chi di noi ti ha conosciuto e per chi ha avuto il privilegio di lavorare al tuo fianco eri un medico che credeva profondamente nel teamdiabetologico, ritenevi fondamentale e insostituibile il ruolo dell’infermiere specializzato in diabetologia, della sua formazione continua

e, in questo, hai investito tutte le tue forze.Ci hai lasciato il ricordo di una persona insostituibile.Con stima e affetto, dispiaciuti per la tua scomparsa, affinché il tuo ricordo rimanga sempre vivo nei nostri cuori, il Direttivo OSDI Veneto vuole ricordarti cosi,con il tuo sorriso accogliente e solare in ogni occasione, disponibile nel sostegno che abbiamo sempre sentito; hai segnato per tutti noi il passo della nostra crescita.Grazie Dott. Flavio Virgili

con affetto….”e to tose”! (come te piaxeva ciamarne...)

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a cura di Lia Cucco

nursingdiabetologico

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L’UOMO È CIÒ CHE MANGIA?

PREMESSA

Il cibo non è solo nutrimento ma haanche un ruolo simbolico, sociale e cultu-rale. Dare o ricevere cibo è nel patrimoniodi cerimonie, eventi religiosi, per festeg-giare una nascita, o ritrovarsi dopo unlutto. E’ un modo per costruire, comuni-care, (o trasgredire) regole sociali o religio-se, legami, gerarchie.

La difficoltà della decisione di sospen-dere il nutrimento in una malattia termi-nale, anche per via endovenosa, è unatestimonianza della potenza simbolica delcibo e dell’alimentazione.

Già attorno alla metà dell’ottocento,F lorence Night inga le sosteneval’importanza del ruolo dell’infermierenell’aiutare le persone ad alimentarsi inmodo corretto. Da allora, molto è cambiatonel nursing e nel modo di nutrirsi, mal’infermiere continua a trovarsi in unaposizione chiave nell’educazione dellepersone a scelte alimentari consapevoli esane, nel counseling alla terapia nutrizio-nale necessaria per la gestione di alcunemalattie come il diabete, o nella nutrizioneartificiale.

A livello mondiale, la “novità” piùrilevante degli ultimi decenni è che stiamoattraversando il primo periodo della storiadell’umanità in cui ci sono più personesovrappeso che denutrite, anche se la

denutrizione non è stata ancora sconfitta[1].

Questo paradosso deve tenere contodella globalizzazione che nell’ambito sa-nitario (global health – salute globale) èstata definita come quell’insieme di“aspetti della salute collettiva che trascen-dono i confini nazionali, possono essereinfluenzati da mutamenti o circostanze inaltri paesi e possono essere meglio affron-tati da azioni e soluzioni cooperative”(United States Institute of Medicine) edella transizione epidemiologica, un feno-meno che evidenzia come alcune malattieabbiano una tendenza al declino (moltemalattie infettive e da denutrizione) e altrediventino più impattanti per l’alto numerodi persone che ne sono affette (le malattiecroniche non trasmissibili), una transizioneche, a diversi stadi è presente sia nei paesiricchi che in quelli a basso reddito [2]

Come abbiamo potuto creare un si-stema alimentare mondiale che generacontemporaneamente fenomeni quali fa-me, obesità, cambiamenti climatici e sprecodi cibo è una riflessione che dovremmofare tutti.

L’ articolo si propone, con uno sguardoampio, dal particolare al globale e vicever-sa, cosa significhi nutrire il pianeta e cosasignifichi nutrire le singole persone, sane,o affette da patologie come il diabete e

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come siano importanti tutti i fili che colle-gano il globale alla tavola di ognuno.

ALLA RICERCA DI COME ABBIAMOMANGIATO

La storia è cibo. Le rivoluzioni avvenutealla fine del Paleolitico di coltivare e addo-mesticare sono quelle che hanno compor-tato un radicale mutamento tecnico edeconomico che ha permesso lo sviluppodelle civiltà umane.

Grano, olivo, farro e vite, probabilmen-te arrivate in Europa occidentale dal vicinoOriente, hanno accompagnato tutte leciviltà europee, insieme al formaggio ealla carne di maiale [3].

Cum-panis: l’allocuzione latina chesignificava in origine dividere il pane con,ha dato origine a quella che in moltelingue è la parola compagno, connotandoil cibo come un atto di amicizia e di intimità.

Nel periodo dell’impero romano eranoabitualmente consumati tre pasti, soprat-tutto tra le persone anziane, mentre lamaggior parte sopprimeva uno dei dueprimi pasti. Galeno prendeva solo un jen-taculum (colazione) verso l’ora quarta,mentre i soldati si contentavano di unprandium a mezzogiorno. Né il jentaculum,né il prandium erano, secondo Marziale,molto nutrienti: una colazione con panee formaggio e un pranzo con pane accom-pagnato da carne fredda, verdura, fruttae un po’ di vino. Plinio il Vecchio era ancorapiù parco: semplice spuntino a colazione,il pranzo poco più di una merenda… ov-vero degustazioni così veloci che non c’erabisogno di apparecchiare la tavola, né dilavarsi le mani dopo. Il solo pasto completoera per tutti la cena, gustata in mododiverso a seconda delle classi di apparte-nenza, ma con differente moderazioneall’ interno delle stesse classi. Senell’immaginario abbiamo più presenti lespaventose gozzoviglie di Trimalcione, inrealtà le cene non si somigliavano e, se-condo le circostanze, il temperamento eil livello morale, i romani erano capaci difare del loro unico pasto una grezza bal-doria o un banchetto pieno di distinzionee gentilezza. L’alimentazione era varia: daMarziale sappiamo che nei golfi vicinoall’Urbe si pescavano i pesci, i crostacei,le conchiglie del Mediterraneo; nelle fore-

ste del laurentino si dava la caccia allaselvaggina; le campagne più vicine forni-vano la carne e il latte delle loro greggi,il formaggio di Trebula e dei Vestini e tuttii legumi e ortaggi: lenticchie e fave, cavolie lattughe, rape e asparagi. Il Piceno e laSabina erano rinomati per i loro oli. DallaSpagna arrivavano le salamoie per le uova,dalla Gallia i salumi, dall’Oriente le speziee da tutte le contrade d’Italia e dell’imperovini e frutta: mele e pere, fichi di Chio,limoni e melograni dall’Africa, datteri dalleoasi, prugne da Damasco [4].

Chi poteva permetterselo aveva unadieta varia, gustosa e non a chilometrozero!

Il Medioevo è stato un altro periododi innovazione alimentare quando la civiltàislamica porta in occidente nuove tecnicheagricole e irrigue, oltre a molti prodotti.La documentazione del periodo medievaleè soprattutto di provenienza monastica:in essi si sviluppò una medicina basatasulle osservazioni empiriche degli antichie alcune regole alimentari, eredità ippo-cratica della dietetica, secondo cui “glialimenti sono i vostri farmaci e i farmacisono i vostri alimenti”. Ai conventi si deveun contributo fondamentale alla culturaeuropea della buona tavola, in termini diricchezza e raffinatezza di preparazioniculinarie per i frequenti illustri e potentiospiti. La tavola dei benedettini si fondavasul principio di un’alimentazione consape-vole: i testi contenuti nella Cura corporis,così come le regole per la salute dellascuola di Salerno, sono ricche di indicazionisulle piante medicinali e sugli alimenti daconsumare. In “Misura del cibo” Benedet-to prevedeva per il pranzo principale al-meno due diverse pietanze, in modo taleche chi non potesse ristorarsi con uno, lopotesse fare con l’altro. Perciò si tenevaconto dei gusti e al tempo stesso la nutri-zione era equilibrata. Nei periodi di lavoronei campi particolarmente duro, i pastidiventavano più sostanziosi. I cibi eranocostituiti prevalentemente da vegetali:verdure, insalate, cavoli e frutta, più tardisi aggiunsero aglio e cipolla (portate daCarlo Magno). La frutta in eccesso venivaconservata come marmellata e sidro, oessiccandola all’aria, come i funghi. Il paneera il cardine della nutrizione: il panis

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solitus e il panis delicior per i giorni difesta, oltre a una vasta scelta di prodottida forno, dolci o salati, bianchi o neri,realizzati con farine a diverso grado diraffinazione. Tra i prodotti di origine ani-male, “tutti devono rinunciare alla carnedei quadrupedi”, ad eccezione degli am-malati molto deboli, mentre erano tolleratipolli, anatre e altri animali piumati e ipesci, che venivano allevati in stagniall’interno dei conventi. Anche uova eformaggio erano molto appezzati,quest’ultimo oltre che per il sapore, perchéla sua lavorazione consentiva di nonsprecare il latte in eccesso [5].

Per il condimenti basti ricordare quantocitato dal Regimen sanitatis salernitanum:“Salvia, sale, vino, pepe, aglio e prezze-molo; questo ti darà il condimento se solola miscela è quella giusta”.

Il sale, è da ricordare, rendeva possibilela conservazione dei cibi ed era moltoconsiderato, tanto che i Romani gli ave-vano intitolato una strada (Salaria).

Con la scoperta dell’America,l’alimentazione si arricchisce ulteriormentecon pomodori, fagioli, peperoni, patate,cacao, il peperoncino soppianta il costo-sissimo pepe, almeno nelle cucine popo-lane, con processi di ibridazione e accul-turazione che presupponevano l’esistenzadi frontiere culturali sicuramente permea-bili. Nei registri della dogana di Cagliaridel XIV e XV secolo la pasta secca, proba-bilmente diffusa dagli Arabi, compare in

molteplici occasioni e con tipologie diverse(fideos, maccheroni e alatria). La primaricetta scritta di pasta al pomodoro risaleal 1840 e la pizza con pomodoro e moz-zarella è più o meno dello stesso periodo[6]. I prodotti alimentari che più ci carat-terizzano nel mondo hanno una storiarelativamente recente e sono il risultatodi ibridazioni gastronomiche.

Possiamo dire che in ambiti pre-moderni, il mangiare geografico non eraesclusivo, pertanto le specialità locali eranouniversali [7].

E’ la fine della scarsità delle risorsealimentari, nel mondo occidentale, cheha trasformato radicalmente il significatodel cibo e gli stili alimentari, in cuil’edonismo e il consumismo hanno unpeso maggiore, e quindi un significatosocio-culturale più potente.

A questo proposito, la mostra Arts &Foods, dell’Expò di Milano, che ci fa riper-correre gli ultimi 150 anni di produzioneartistica sulla relazione tra arte e cibo, èfonte di interessanti spunti su come si siaevoluto il rapporto tra cibo e cultura. Leopere d’arte, oggetti, documenti, menu,disegni e maquettes di architetti, film,dischi …narrano il rapporto tra uomo ecibo nel proprio contesto storico, sociolo-gico e antropologico. “Una mostra lontanadalla concezione visiva e tradizionale”,come avverte lo stesso Celant, curatoredella mostra “e più vicina a un’esposizioneeclettica e multidisciplinare”. Sono oltre

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mille articoli che rappresentando cucine,nutrizione e convivialità, ci fanno percepirecome sia cambiata la vita quotidianadell’uomo.

Cosi si inizia dall’osservare l’ultimacena di Bonifacio de’ Pitati che ci richiamaall’ innegabile influenza che il Cristianesi-mo, a partire dai vangeli, ha sempre avutonel governo del cibo (con ricadute a livelloiconografico importanti come il Cenacolodi Leonardo da Vinci o le nozze di Canaadi Veronese), e si prosegue, laicamente,con i quadri di Gaugen, le nature mortedi Braque, il ritratto di cuoco di Monet,la cucina di Le Corbusier, le gavette deisoldati di ogni parte del mondo e in tuttisi intravede un rapporto amico con il cibo,anche in condizioni ostili come le guerre.

Giuseppe Franci parla, a propositodella mostra, di un vissuto felice nel rap-porto con il cibo fino al grande trapassoantropologico determinato dal consumi-smo [8].

La transizione dell’inizio degli anni 60rappresenta un salto di discontinuità an-tropologica:

il cibo viene rappresentato nella suaartificiosità, un prodotto industriale dovei gusti sembrano tutti indotti.

MUTAZIONE ANTROPOLOGICA

Quasi di pari passo, c’è stato un altrocambiamento epocale: la progressiva se-dentarietà.

Nel corso della nostra evoluzione,tante funzioni fondamentali per la salute,qualità di vita e longevità si sono legateall’attività muscolare, specialmente aero-bica come la marcia e la corsa [ 9]

Nell’ultimo secolo ci siamo rapidamen-te trasformati da grandi camminatori asedentari motorizzati, in un ambiente conabbondanza di cibo, coinvolgendo in que-sta trasformazione anche i bambini. I datidi Okkio alla salute 2014, ci dicono cheil 16% dei bambini non ha fatto attivitàfisica il giorno precedente l’indagine, il18% pratica sport solo un’ora a settimana,il 42% ha la TV nella propria camera, il35% guarda la TV e/o gioca con i video-giochi più di 2 ore al giorno e solo 1bambino su 4 si reca a scuola a piedi o inbicicletta [10].

Una tale rivoluzione ha portato a unaumento delle patologie collegateall’invecchiamento, conseguenti al pro-gressivo accumulo cellulare di danni mo-lecolari da stress ossidativo, radicali liberi,scorie tossiche[11] Si tratta di patologieneurovegetative, demenza senile, arterio-sclerosi, sarcopenia, e del diabete chetrovano un utile agente preventivonell’attività muscolare per la sua capacitàdi generare restrizione calorica e molecoleche mantengono l’equilibrio metabolico,come dimostrato dalla letteratura degliultimi due decenni.

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SIAMO SCHIAVI DEL CIBO CHE COSTAPOCO

“Siamo schiavi del cibo che costapoco. Gli alimenti più freschi e più salutaricostano di più. Di conseguenza, il proble-ma dell’obesità implica una questioneeconomica di enorme portata. Ne risen-tono soprattutto coloro che dispongonodi minori risorse e hanno, con ogni pro-babilità, la minor comprensione o cogni-zione di ciò che stanno facendo”. Così siesprimeva un ex dirigente di una multina-zionale alimentare (Moss M. Grassi dolcisalati.pp Mondadori pp401-402).

L’industria ha la sua visione salvificadell’economia degli alimenti: sono i suoiprodotti a far si che tutti si possano per-mettere di mangiare. Nel 2012 in America,un gruppo industriale fondò la sua cam-pagna pubblicitaria sulla tragedia di unpianeta con 9 miliardi di persone comeargomento a favore di una continua di-pendenza da alimenti trasformati indu-strialmente. In questo scenario, sale, zuc-chero e grassi non erano nemici, mapiuttosto modi sicuri, affidabili e pococostosi per fornire le calorie necessarie.

L’industria, infatti, sfrutta nella pro-duzione l’ innata predisposizione per idolci percepita in ciascuna delle diecimilapapille gustative delle bocca, tutte colle-gate alle parti del cervello denominatezone del piacere.

Così, per vendere, non è possibileprescindere dallo zucchero, ma neancheda grassi e sale: lo zucchero, oltre adaddolcire, aggiunge volume e consistenza,i grassi esaltano le sensazioni al palato,con poco sale molti prodotti perdono laloro attrattiva. Inoltre sono ingredientieconomici, interscambiabili e potenti forzedella natura racchiuse in alimenti artificiali.A questo fine le società del settore alimen-tare ne studiano e ne controllano l’utilizzoin maniera sistematica e nei loro laboratorigli scienziati calcolano il bliss point (ilpunto di beatitudine), creando, a volte,comportamenti compulsivi e vere e propriedipendenze alimentari nei consumatori[12].

La relazione tra la produzione alimen-tare industriale globale e le conseguenzesulla salute non è ancora sufficientementestudiata [12] ,ma intanto l’industria ali-mentare, con tecniche simili a quelle usatein passato nell’industria del tabacco, inve-ste in massicce campagne pubblicitarie,indirizzate ad alcune fasce della popola-zione particolarmente fragili (es i bambini).Loghi e confezioni contribuiscono a ven-dere e anche i più piccoli riconoscono edesiderano i marchi famosi [13]. Ci si poneil problema se confezioni anonime percibi poco sani possano ridurne il consumo(come si sta facendo con successo per iltabacco in Australia) ma attualmente nonci sono studi e diversi sistemi sanitari sistanno orientando sulle avvertenze. Peresempio, gli alimenti ricchi di calorie egrassi, dovrebbero portare etichette conscritto “Il contenuto in grassi di questoprodotto può causare malattie del cuore”.

Oggi l’industria alimentare è in gradodi assicurarsi il controllo dell’intera filieradell’alimento, dalla raccolta alla distribu-zione, con vantaggi contrattuali enormi,utilizzando sistemi di alta meccanizzazione,manipolazione, concentrazione della ven-dita in pochi ipermercati e a costi ridotti.Si investe nel cibo come su un qualsiasibene di consumo perché il cibo, non più

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semplice prodotto della terra e della ma-nipolazione familiare o artigianale, più ètrasformato in bevande e cibi pronti, piùè redditizio. Si pensi che a livello globalele transazioni legate al cibo sono l’11%del totale, più dei carburanti, con unaspesa pubblicitaria globale passata da 216miliardi di dollari nel 1980 a 512 nel 2004e negli Stati Uniti è al primo posto [14 -15]. La pubblicità riguarda prodotti alta-mente calorici e grassi. Qualche anno faa Londra, durante il periodo natalizio, era reclamizzato l’intero pranzo di Natale inun solo hamburger a 1.99 sterline!(Sainsbury’s ).

Ricordiamo che il termine spam cheutilizziamo per definire ciò che è indeside-rabile nella comunicazione, deriva dalnome di un tipo di carne in scatola, laSpam, commercializzata nel 1937, diqualità sicuramente non ottimale.

Un’altra forte tendenza è la snatura-lizzazione dei prodotti agroalimentari etniciche ci vengono presentati in busta, pienidi conservanti ricchi di glutammato, cuibasta aggiungere l’acqua per avere il couscous alla marocchina , il riso alla cantone-se…., mentre c’è il tentativo di brevettarediversi cultivar tradizionali di basmati daparte di multinazionali, di sterilizzazionedei semi, di brevetti per specie animali evegetali.

“Nell’era della globalizzazione, i benicomuni vengono recintati e il potere dellecomunità è messo a repentaglio dallerecinzioni aziendali, nelle quali la vitastessa sta venendo assimilata alla proprietàprivata delle aziende” [16]

I cambiamenti sociali ed economicipossono letteralmente sconvolgere il mododi alimentarsi di intere popolazioni. E’ ilcaso della piccola isola di Narau, nel Paci-fico: un aumento di ricchezza legato arisorse naturali esauribili (il guano), latendenza ad effettuare investimenti finan-

ziari a rischio (perdita di terreno coltivabile),la distruzione di una economia tradizionale(agricoltura e pesca), la riduzione drasticadell’attività fisica, l’importazione di cibiindustriali come sostituti del cibo tradizio-nale hanno portato ad una frequenza didiabete che nel 1974 superava il 14% eoggi l’isola, sempre più povera si trova adover affrontare un’epidemia di obesitàe diabete con scarsissime risorse sanitarie.

Gli effetti di crisi economiche sullasalute sono state studiate in Grecia, dovea partire dal 2011 è aumentata la mortalitàal di sopra dei 55 anni e un terzo di questoaumento è attribuito a misure di austeritàe più specificatamente al ridotto accessoalle cure [17] .Un’ osservazione che è statafatta anche in altri paesi colpiti dalla crisiè che le persone tendono a rinunciare ainvestimenti sulla salute che porterebberobenefici nel lungo periodo come le curedentistiche e il consumo di frutta e verdurafresche.

In Italia, lo studio Passi (2008-2013)evidenzia “nel complesso un peggiora-mento della situazione economica gene-rale nella popolazione, con la crescita delgruppo economicamente più svantaggia-to, che mostra sempre abitudini di vitapiù dannose alla salute (infatti questogruppo di persone fuma e beve più fre-quentemente, è più sedentario e consumaminori quantità di frutta e verdura) indu-cendo a prevedere un aumento della quotadi popolazione con stili di vita sfavorevolialla salute. Dallo studio effettuato in To-scana [18] sappiamo che con la crisi dimi-nuisce l’acquisto di generi alimentari alivello generale: si consuma meno carnebovina (con un effetto paradossalmentebenefico per la salute), ma anche menofrutta, pesce, e latte (alimenti protettiviper molte malattie). A partire dal 2008 èin lieve aumento la percentuale dei seden-tari, soprattutto tra i meno scolarizzati,ma si interrompe il trend in aumento delsovrappeso negli ultimi 10 anni: questopotrebbe essere la diretta conseguenzadella riduzione dei consumi alimentari.Con la crisi sembrano accentuarsi, comenel resto del Paese, alcune differenze diclasse sociale, con una prevalenzadell’obesità e sovrappeso maggiore neimeno istruiti. La diminuzione dei consumi

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di frutta e verdura è confermato da unaltro recente studio [19] secondo il qualeil calo è del 18% dal 2000 ad oggi, conuna perdita pro capite di 17 chili di con-sumi di frutta (calata del 15% rispetto al2000) e verdura fresca (meno 6%).

Consumi di frutta e verdura Fonte: Nomisma 2014

Oggi non solo siamo scesi sotto laquota raccomandata dall’OMS di 400grammi al giorno, ma solo il 18% dellapopolazione di età superiore a tre anniconsuma quotidianamente almeno quattroporzioni di frutta e verdura. Tra gli altrigrandi Paesi europei, solo la Spagna haconsumi in linea con le raccomandazioniOms. In Francia i consumi giornalieri sifermano a 223 grammi, nel Regno Unitoa 273

ALIMENTAZIONE E PREVENZIONE

Gli interventi preventivi sono spessoefficaci per più malattie: la dieta el’esercizio fisico hanno un effetto positivosu diversi tipi di tumore, sulle malattiec a rd i o v a s c o l a r i , s u l d i a b e t e ,sull’ipertensione…Tuttavia, per essereefficace, la prevenzione deve basarsi suinterventi collettivi e purtroppo l’attualeclima economico e politico non facilita unimpegno concreto per la prevenzione.

C’è una forte tendenza a promuoveremodalità individualizzate per prevenire lemalattie non trasmettibili, anche se si sonodimostrate poco efficaci in alcune speri-mentazioni randomizzare [20].. La strategiamolto pubblicizzata del 25x25, ridurre del25% la mortalità per malattie cronicheentro il 2025 [21] pone grande enfasi suifattori di rischio individuali piuttosto chesugli obiettivi a livello di popolazione esugli interventi dello stato. I casi dell’alcoole del tabacco, dimostrano il contrario.

La promozione individuale della salute

non si è dimostrata efficace se non incontesti molto limitati e porta a disugua-glianze di salute [22]

Nell’ultimo Global status report onnon communicable diseases 2014, pub-blicato nel gennaio 2015 [23], si richiamala responsabilità degli Stati nel contrastoal tragico bilancio di morti premature(prima dei 70 anni di età) e prevenibili:16 milioni nel 2012, il 42% di tutti i decessiassociati alle malattie croniche non tra-smissibili, oltretutto in costante crescitacome numero assoluto di anno in anno.Attenzione particolare meritano le Nazionia reddito medio-basso, dove si concentracirca il 75% della mortalità prematura eben l’82% di quella prematura evitabile. Viene ribadita la lotta a quattro fattori dirischio associati allo stile di vita: l’uso deiprodotti del tabacco, il consumo rischiosodi alcol, l’alimentazione non salutare e lasedentarietà

A titolo di esempio virtuoso vienecitata la Turchia, la prima Nazione a im-plementare tutte le misure più vantaggiosedi contrasto al tabacco. Dal 2012 le av-vertenze sulla nocività del fumo copronoil 65% della superficie delle confezioni diprodotti del tabacco, mentre le tasse con-corrono all’80% del loro prezzo; il divietoalla pubblicità e alla sponsorizzazione ètotale. Questi interventi hanno portatoad una diminuzione del 13,4% del tassodi fumatori tra il 2008 e il 2012.

In Ungheria l’applicazione di una im-posta sulla produzione di alimenti nonsalutari (ricchi di zucchero, sale o caffeina)ha prodotto un cambiamento nella pro-duzione del 40% delle aziende alimentariche hanno rivisto la composizione dei loroprodotti, le vendite si sono ridotte del27% e i consumi del 25-35%.

Nella promozione della riduzione delquantitativo di cloruro di sodio negli ali-menti confezionati e nel pane è pionierala Finlandia, con campagne promozionaliiniziate negli anni ’70, che conl’introduzione nel 1993 dell’obbligo didichiarare nelle etichette degli alimenti ilcontenuto di sale e l’adozione, da unaparte di warning per gli alimenti ad altotenore, dall’altro di un logo di alimentoraccomandato dalla associazione dei car-diologi finlandesi per quelli a basso tenore,

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ha ottenuto in un trentennio il dimezza-mento del contenuto di cloruro di sodionella dieta delle donne finlandesi (WhoGlobal Action Plan for the Prevention andControl of Ncds 2013-2020 ).

Le persone con alto rischio di diabetedevono essere incoraggiate all’introduzionedi una alimentazione ricca di fibre prove-nienti da ortaggi, frutta e cereali nonraffinati e povera di grassi di origine ani-male. Ottenere e mantenere un calo pon-derale è auspicabile per le persone insovrappeso attraverso la modificazionedello stile di vita, con una riduzionedell’apporto calorico e un incremento deldispendio energetico, per ottenere unlento, ma progressivo calo ponderale.Vanno preferiti i carboidrati a basso indiceglicemico e cibi ricchi di fibre.

Poiché sia la qualità che la quantitàdei carboidrati possono influenzare larisposta glicemica, la quantità dei carboi-drati va controllata. I grassi trans vannoeliminati o fortemente ridotti, vanno evitatioli di cocco e di palma, per prediligerel’olio di oliva.

Due grossi studi hanno dimostratoche la combinazione di attività fisica ealimentazione controllata può ridurre ilnumero di casi di diabete di tipo 2. NelDPP [24] con intervento intensivo sullostile di vita i casi di diabete sono stati il58% in meno rispetto a chi aveva ricevutoinformazioni standard e placebo, mentrechi aveva ricevuto metformina e informa-zioni alimentari standard ha ridotto ilnumero dei casi del 31%. Il cambiamentodello stile di vita si è dimostrato più efficacee potenzialmente in grado di prevenirealtri problemi di salute legati ad un eccessodi peso, cosa che il farmaco non è in gradodi fare. Nel secondo studio [25] i casi didiabete sono stati ridotti del 58% conminimi cambiamenti dello stile di vita, fra

cui l’esercizio fisico, la perdita di peso euna dieta moderatamente povera di grassi.

EDUCAZIONE

Portare su di sé un peso eccessivopuò compromettere molto la mobilitàfisica, il lavoro, la salute mentale, la per-cezione di sé e la vita sociale [26].

Tenere sotto controllo il peso è unascelta di vita a lungo termine. Se si èacquistato peso lentamente, non ci si puòaspettare di perderlo in poco tempo. Sesi pensa di gestire la perdita di peso comeuna gara di velocità, con regimi alimentarialtrettanto poco salutari e costrittivi, sicorre il rischio di non desiderare altro chetornare a mangiare come prima.

Qualsiasi programma educativosull’alimentazione non può prescinderedalle preferenze delle persone, da impli-cazioni emotive, sociali e culturali, compresii preconcetti relativi al cibo e dalla presenzao meno di uno o più stati patologici.

E’ il primo passo per attivare una col-laborazione e far emergere la motivazione,entrambe necessarie per aderire a unospecifico programma alimentare.

In presenza di pre-patologie o patolo-gie, la gestione dell’alimentazione va in-segnata e questo riguarda tutto il teamdi cura che deve decidere insieme qualeapproccio, quali insegnamenti, in qualitempi, con quali strumenti e in quali spazi.Lavorare con una dietista può essere faci-litante, ma non significa delegare comple-tamente l’approccio alla dieta: parlare lostesso linguaggio è fondamentale per nongenerare confusione e demotivazione, maanche per dare all’alimentazionel’importanza che ha.

Un programma dietetico deve esserespiegato, compreso, attuato e verificato:occorrono tempo e dedizione.

Scegliere tecniche pedagogiche chefavoriscono la comunicazione el’interazione e possibilmente improntatealla pratica. L’educazione per piccoli gruppiha dei vantaggi: favorisce gli interscambi,facilita il feedback di ritorno e la comuni-cazione, permette l’utilizzo di strumentidi lavoro interattivi (simulazioni, esercita-zioni pratiche), in un clima di lavoro per-cepito come non giudicante e quindi piùaperto all’apprendimento.

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Le verifiche pratiche come preparareun pasto, o il riconoscimento della com-posizione degli alimenti durante una fe-sta… permettono di capire il comporta-mento e rendere più mirato l’approccioindividuale.

Le abitudini alimentari sono il risultatodi componenti nutrizionali, emotive, socialie pertanto vanno considerate anche nellerelazioni che le interconnettono.

Insegnare come mangiare fuori casaè importante per evitare un’assunzioneeccessiva di calorie, con elevato contenutodi grassi e bassa assunzione di micronu-trienti [27].

Insegnare a non sprecare il cibo èimportante eticamente, perché dà valoreal cibo come nutrimento e cucina-re/comprare in modo consapevole e parcoaiuta a perdere peso.

CONCLUSIONI

Non era nello scopo di questo articolorielencare le evidenze della terapia medicanutrizionale per le persone con diabete,ben descritte nelle Raccomandazioni Osdie negli Standard Italiani per la cura deldiabete mellito, alle quali rimando pereventuali approfondimenti. La riflessioneè che se “Siamo quello che mangiamo”come asseriva nell’ottocento il filosofotedesco Ludwig Feuerbach, sostenendoche un popolo può migliorare migliorandola propria alimentazione [28], l’educazionealimentare dieteticamente sostenibile devebasarsi sulla conoscenza di che cosa c’ènel nostro piatto e in quello dei nostriassistiti e di come ci arriva. Se ci chiedes-sero di mangiare ad occhi chiusi qualcosache ci viene dato da sconosciuti, accettaresarebbe molto difficile. Eppure lo facciamo

tutte le volte che non mangiamo consa-pevolmente e non mangiamo con gustoperché non riconosciamo più i sapori deisingoli alimenti, trasformati, gonfiati, salati,maltrattati. Il cibo spazzatura ( junk food),termine utilizzato per la prima volta nel1972 da Michael F. Jacobson direttoredel Center for Science in the Public Interestdi Washington (USA), per indicare unatipologia di cibo non sano con un bassis-simo valore nutrizionale e molti grassi e/ozuccheri, è l’estremizzazione di un modelloalimentare che in nome del tempo, delprezzo, del gruppo che frequentiamo,delle mode, ci porta ad acquistare cibogià pronto del quale sappiamo ben poco,se non quello che la pubblicità ci fa vedere.Nonostante la crisi economica globale,dal 2007 il numero di ristoranti McDonald’snel mondo è cresciuto del 10%“.Ma man-giare male è solo una scelta individuale? In verità come è possibile parlare di sceltequando si è limitati dalla disponibilità,dalla pubblicità, dalle politiche di produ-zione? L’ art 32 della nostra Costituzioneci dice che “La Repubblica tutela la salutecome fondamentale diritto dell’individuoe interesse della collettività, e garantiscecure gratuite agli indigenti..”. Se la saluteè un interesse collettivo e l’alimentazioneè un pilastro della salute, perché nonvengono fatta azioni vigorose contro igrassi trans, le bibite super zuccherate ei vari cibi spazzatura? Perché non avvertirein modo chiaro sulle confezioni dei rischiche si possono correre mangiando certicibi? Leggere le etichette è fondamentale,ma per farlo occorre il più delle volte unalente di ingrandimento! I grandi successinella lotta alle infezioni nell’ottocentoderivavano da azioni collettive (fogne eacqua potabile), la lotta alle malattie in-

Rapporto 2014sullo sprecodomestico

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fettive è stata fatta con imponenti cam-pagne di vaccinazioni. Un simile sforzoper le malattie non trasmissibili non c’è,anzi la crescente appropriazione privatadella natura, solidifica un processo specu-lativo che porta a carenze dietetiche ecarestie determinate dalle fluttuazioni deivalori dei raccolti in borsa. Sul pianeta c’èsuperficie arabile a sufficienza e con buoneprecipitazioni che permetterebbe ad ogniessere umano di mangiare otto piatti dipasta e fagioli al giorno, ma oggi buonaparte dei cereali prodotti serve per produrre

carne e un terzo delle produzioni agricolemondiali viene gettato durante le fasi dicommercializzazione: nella preparazionee nel confezionamento, nel condiziona-mento, nel trasporto, nello stoccaggio amigliaia di chilometri di distanza. Il proble-ma è della qualità/controllo e dell’accessoa un cibo sano [29-30]. Nutrire il pianetaè uno slogan suggestivo, ma avere comesponsor ufficiali Mc Donald’s e Coca Colache tipo di messaggio è? Chi non conosceil cibo, non può capire le malattiedell’uomo (Ippocrate (460-357 a C).

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In questi mesi si moltiplicano incontrie convegni circa la possibile evoluzionedella legislazione riguardante la nostraprofessione per giungere finalmente ariconoscere le attività e le competenzeche oggi gli infermieri svolgono quoti-dianamente.

Contemporaneamente, con la schi-zofrenia che spesso caratterizza la nostranazione, ogni giorno nelle varie regionisi assiste alle più diverse proposte perfar fronte ai continui tagli finanziari ealla contrazione delle risorse economi-che, spesso penalizzanti la nostra pro-fessione e la qualità dell’assistenza for-nita ai cittadini.

Inoltre la nuova normativa sul lavoro,il jobs act, introduce criteri di possibileimpiego degli operatori a seconda dellenecessità organizzative, prevedendoanche un livello inferiore delle mansionisvolte.

Quindi la posta in gioco è molto piùampia di quella discussa anche sui massmedia circa l’art. 1 comma 566 dellalegge di stabilità di dicembre 2014, peraltro spesso ignorata o sottovalutatadagli infermieri stessi.

Il nostro Collegio Professionale alivello nazionale sta cercando di agireper ottenere il riconoscimento dellecompetenze infermieristiche, anche at-traverso l’introduzione di figure infer-mieristiche adeguate al cambiamentosociale e sanitario attuale, comel’infermiere di famiglia.

Questo si spera possa contribuiread ottenere l’ammodernamento di unsistema ormai troppo vecchio per poterospitare al suo interno questi nuovi

cambiamenti, basta pensare che su tuttoil nostro territorio nazionale le unicheprestazioni tariffate con apposito codicesono quelle mediche, per altro parzialianche quelle, visto che mancano tuttele più recenti come la telemedicina.

In tutto questo che fine fal’infermiere esperto, inizialmente citatoe poi sparito nei documenti dove figurasolo l’infermiere specialista, quello chenel suo percorso formativo ottiene unmaster specifico dopo la laurea triennale?

Ho posto personalmente questadomanda alla dott. Mazzoleni, segretarianel Direttivo IPASVI Nazionale duranteun colloquio e lei mi ha spiegato chetutto è compreso all’interno di un per-corso ben presente nei nostri rappresen-tanti.

Ottenuto infatti il primo riconosci-

Il CAMMINO VERSO IL NUOVOINFERMIERE: A CHE PUNTO SIAMO?A cura di Tiziana TerniInfermiera Poliambulatorio ICP Cologno Mse. Presidente OSDI Regione Lombardia

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mento attualmente in discussione, occor-rerà pensare a riformare l’attuale forma-zione di base infermieristica attualizzan-dola alla nuova situazione epidemiologicasanitaria, che vede l’assistenza territorialee la continuità assistenziale come i nodifondamentali delle nuove reti sanitarieregionali, mentre i corsi di laurea attualifocalizzano l’assistenza ospedaliera.

Nel contempo occorrerà definire lecaratteristiche e le attività dell’infermiereesperto, quali sono i criteri che lo defini-scono, l’eventuale riconoscimento delpercorso fatto sia come esperienza agitanel corso dell’attività lavorativa sia comepercorso formativo ECM, e non, svoltoper adeguare le proprie competenzeall’ambito lavorativo, andando verso lacertificazione e l’accreditamento del pro-fessionista come sta avvenendo nel mondoanglosassone.

Su questo, un’ipotesi potrebbe esserequella di un tavolo a cui dovrebbero par-tecipare tutte le associazioni infermieristi-che specialistiche per elaborare documenticondivisi.

Oggi siamo fermi ancora alla grandediscussione che però non deve trovareassente né ciascuno di noi, né la nostraassociazione che contribuiamo a far vivere

anche con il nostro singolo impegno disocio e collaborando attivamente.

Anche l’Europa pone scadenze aglistati membri e per quanto ci riguardaentro il 2015 deve essere fornito l’elencodelle professioni regolamentate per unavalutazione reciproca.

Il nostro Direttivo Nazionale e moltidirettivi regionali sono attivi per presidiaregli sviluppi che avvengono nelle istituzioni,sempre pronti a fornire il proprio contri-buto; cercheremo di avere anche contributioriginali dei protagonisti sulla nostra rivista,perché tutti si possa essere informati ecoinvolti.

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LA TECNOLOGIA A SUPPORTODELL’AUTOGESTIONE DEL DIABETEMELLITO DI TIPO II IN UN PAZIENTEANZIANO

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A cura di Giulianna MontecinosEstratto dalla Tesi di laurea in infermieristica: la tecnologia a supporto dell’autogestione del diabete mellito di tipoII in un paziente anziano: case report. Università degli studi di Verona, sede di Trento; corso di laurea in infermieristicaAA 2013-2014.Autrice Giulianna Montecinos, relatore Dott. Claudio Ramponi, correlatore Dott. Renzo Gennaro e Dott.ssa Katja Speese.

SUMMARY

Negli ultimi anni la diffusione del diabete mellito nel mondo occidentale

ha raggiunto picchi vertiginosi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della

Sanità circa 347 milioni di persone soffrono di questa patologia tanto da

poter parlare di “epidemia mondiale“. Il 90% della popolazione diabetica

inoltre è affetta da diabete mellito di tipo II. La crisi economica ha aggravato

maggiormente la situazione comportando la diminuzione delle risorse

disponibili per far fronte a tale patologia. Lo scontrarsi di queste due

situazioni ha portato a ricercare nuove strategie, ritrovando nella tecnologia

un metodo efficacie per far fronte al problema.

Il presente case report riporta la storia del paziente XX di 83 anni affetto

da diabete mellito di tipo II, il quale ha riscontrato diverse difficoltà

nell’autogestione della patologia, che si traducevano in una continua

richiesta di supervisione da parte del Centro diabetologico di riferimento.

Per questo motivo, la Fondazione Bruno Kessler, in collaborazione con

la Provincia Autonoma di Trento e con l’Azienda Provinciale per i Servizi

Sanitari hanno proposto al paziente di entrar a far parte in un progetto di

ricerca che comprendeva l’utilizzo sperimentale di un’applicazione installata

in un tablet: un diario digitale. Lo scopo di tale diario era di monitorare

il paziente e intervenire in tempo reale in caso di necessità.

L’applicazione è stata accettata positivamente dal paziente e nei due

anni successivi alla sua introduzione, il suo utilizzo ha determinato molteplici

risultati.

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IL CASO

La storia del paziente XX

Il paziente XX di 83 anni soffre didiabete mellito di tipo II dal 2000.Dall’anamnesi emerge la presenzad’ipertensione arteriosa, polineuropatiasensitiva ed emicolectomia sinistra.

Nel 2010 il paziente è stato preso incarico dal Centro Diabetologico a seguitodella segnalazione del Medico di MedicinaGenerale. Fino al 2010 il paziente man-teneva quotidianamente sotto controllola sua patologia attraverso la dieta e losvolgimento di attività fisica (della duratadi 30 minuti). Successivamente, a causadi uno scarso controllo glicemico, hainiziato la terapia con ipoglicemizzantiorali. Nell’agosto del 2012 gli è statadiagnosticata una polimialgia reumatica,a seguito della quale ha iniziato la terapiacortisonica.

L’inserimento della terapia cortisonicaha determinato un aumento dei livelliglicemici e di conseguenza è stata incre-mentata la terapia ipoglicemizzante orale,senza alcun beneficio; di fronte a talequadro, nell’ottobre 2012, si è vista lanecessità di iniziare la terapia insulinica.

Al momento della presa in carico daparte del Centro Diabetologico il pazienteè stato istruito a tenere un diario giorna-liero delle auto-misurazioni della glicemia,che consegnava agli infermieri ad ognivisita di controllo. Il follow-up venivaeffettuato ogni 4-6 mesi.

Nel gennaio 2013 il paziente XX pre-sentava uno scarso controllo glicemico eil valore dell’emoglobina glicata era salitoa 11.6%; di fronte a questo scompensoglicemico e all’impostazione della terapiainsulinica, il paziente esprimeva il bisognodi ricevere maggior supervisione da partedel Centro Diabetologico di riferimento.Tale necessità è stata manifestata ancheattraverso diversi contatti telefonici che ilCentro di riferimento riceveva quotidiana-mente.

Il 29 gennaio 2013 si è deciso dunquedi proporre al paziente di partecipare adun progetto di ricerca condotto dallaFondazione Bruno Kessler, in collaborazio-

ne con la Provincia Autonoma di Trentoe con la l’Azienda Provinciale per i ServiziSanitari. La sperimentazione prevedeval’utilizzo da parte del paziente di unapiattaforma elettronica chiamata TreC edi un diario clinico informatizzato per laraccolta e l’osservazione dei dati legatialla gestione quotidiana della patologiadiabetica ed al suo monitoraggio remotoin tempo reale.

Descrizione dell’intervento

La piattaforma TreC

La piattaforma TreC è composta da:1. Piattaforma dei servizi web: è una

piattaforma di servizi web attraverso laquale l’applicazione mobile e i cruscottiweb possono scambiarsi dati clinici.

2. Diario del diabete mobile: è il diarioclinico informatizzato, sviluppato me-diante un’applicazione Android, chepermette al paziente di registrare inmodo strutturato parametri relativi alproprio stato di salute. I dati inseriti neldiario sono memorizzati in tempo realein un database centralizzato e possonoessere visualizzati da operatori sanitariattraverso un cruscotto web.

3. Cruscotto web: permette la visualizza-zione dei dati inseriti tramite il diariodel diabete. I dati sono disponibili attra-verso grafici, tabelle e statistiche.

È stato creato in due versioni simili traloro per contenuti e funzionalità che pos-sano essere utilizzate sia dal paziente siadall’operatore sanitario, in modo da ga-rantire l’accesso quotidiano al CentroDiabetologico. L’accesso al cruscotto websi ha con le stesse credenziali a cui si haaccesso al diario. Mediante questo cru-scotto il diabetologo può inserire il rangeglicemico ottimale del paziente, il qualesarà caricato automaticamente nel diario.

Il diario del diabete mobile

Il diario è disponibile su Google Playe per accedere è necessario possedereuna connessione Internet, che può esseregarantita dal Wi-fi oppure dalla dotazionedi una SIM CARD ed un account Google.

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Per accedere al diario sono necessariedelle credenziali che sono fornite dallaFondazione Bruno Kessler. I dati inseritiall’interno del diario rimangono in memo-ria finché non avviene la sincronizzazione;questa procedura è di fondamentale im-portanza poiché rende i dati inseriti dalpaziente immediatamente disponibili alteam diabetologico. La sincronizzazionepuò essere eseguita attraverso la modalitàautomatica del programma oppure sele-zionando la voce “sincronizza” dello stes-so.

All’apertura dell’applicazione il pazien-te può vedere la pagina divisa in due parti:nella colonna a sinistra sono presenti ottotipi di funzionalità, invece nella colonnaa destra vi è uno spazio in cui sono riportatii dati immessi dal paziente in una lista(Figura 1).

I dati gestibili tramite l’App sono divisisecondo livelli graduali di difficoltà, inmodo da facilitare il paziente anziano alsuo utilizzo. Solo quando si ha la completagestione di un livello, è possibile passareal successivo. I dati sono raggruppati sullabase dei seguenti livelli:• Livello 1: valori glicemici, febbre, attività

fisica, controllo del piede (crampi, cal-losità, lesioni, ferite, lacerazioni, feritasanguinante o presenza di pus), presen-za di eventuali sintomi.

• Livello 2: ai dati del livello uno si ag-giunge la gestione del piano terapeuti-co.

• Livello 3: ai dati del livello due si ag-giunge la gestione dell’alimentazione,

con la descrizione della quantità dicarboidrati assunti e della composizionealimentare del pasto.

• Livello 4: ai dati disponibili attraverso illivello tre si aggiunge l’inserimento dipeso, altezza, pressione arteriosa, fre-quenza cardiaca, esami di laboratorio,stick urine per eventuale glicosuria echetonuria, sonno, malattie intercorren-ti, contatti con operatori sanitari.

Ogni informazione inserita dal pazien-te all’interno dell’applicazione è contrad-distinta da una data e da un’ora specifica;i dati sono disponibili in una lista chemostra la raccolta dei dati dal meno alpiù recente e possono essere riportati inun intervallo temporale che può andareda un giorno a un anno. Inoltre questiultimi sono visualizzabili attraverso grafici,i quali consentono la facile lettura deivalori glicemici, dei farmaci, dei pasticonsumati e dell’attività fisica effettuata.

All’interno dell’applicazione vi è unsistema di “allarmi e suggerimenti” asupporto del monitoraggio remoto e dellaself-care, che prevede l’inserimento diallarmi per notificare in modo automaticostati di salute critici, sia all’operatore sani-tario che al paziente. Nel caso di notificaal paziente, il sistema, oltre alla notificadella presenza di uno stato critico, sugge-risce una serie di azioni da compiere.L’obiettivo dell’inserimento di questa fun-zionalità è d’integrare nell’applicazionemobile tutte quelle indicazioni che sonofornite al paziente durante la fase educa-tiva.

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Figura 1. Pagina principale dell’App Android deldiario del diabete per tablet. Sono riportati i seguentipunti: (1) nome dell’utente (2) freccia per sposta-menti temporali nel passato o nel futuro (3) datadei dati riportati nella lista sottostante (4) tasto chepermette la visualizzazione grafica dei dati (5)funzionalità per l’inserimento dei dati (6) funzionalitàavanzate (7) tasto per la sincronizzazione dei datie uscita dal diario.

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Nel caso in cui il team diabetologicolo ritenesse necessario, interverrà telefo-nicamente, attivandosi per comprenderel’accaduto.

Il paziente XX e il suo diario

Al fine di facilitare il paziente XXnell’approccio iniziale con il dispositivo,la Fondazione Bruno Kessler si è presa acarico gli aspetti tecnici, consegnando alpaziente il tablet con l’App scaricata edotandolo di una SIM CARD affinché fossegarantita la connessione Internet.

La consegna del diario al paziente èstata organizzata secondo quattro livelligraduali di difficoltà, in accordo ai livellidi funzionalità dell’App:• primo incontro (29 gennaio 2013): il

paziente è stato educato all’utilizzo delprimo livello e gli è stato mostrato chei dati sono riportati in una lista giorna-liera sulla destra e che tenendo premutoa lungo su un dato dell’elenco è possi-bile cancellarlo.

• secondo incontro (6 febbraio 2013): ilpaziente è stato introdotto al secondolivello, che comprende la gestione delleassunzioni dei farmaci. La sua terapiaè composta da diversi farmaci e spessosubisce dei cambiamenti nel corso deltempo; per questo motivo la FondazioneBruno Kessler ha deciso di prendersi acarico la gestione del piano terapeutico.La modifica è avvenuta inizialmente adomicilio del paziente, in concomitanzadegli incontri avvenuti durante la faseeducativa. e in seguito su richiesta te-lefonica.

• terzo incontro (4 marzo 2013): il pa-ziente è stato formato alla gestione delterzo livello che comprendeva la regi-strazione dei cibi assunti.

• quarto incontro (12 marzo 2013): èstato presentato il quarto livello, chepermetteva l’arricchimento delle tipo-logie di dati gestibili attraverso il secon-do livello.

In seguito di tali incontri, il pazienteXX ha richiesto un breve periodo di adat-tamento al touchscreen.

Per quanto riguarda le funzionalitàpresenti nel diario, il paziente registra

quotidianamente la glicemia, il supplemen-to di eventuale terapia insulinica, l’attivitàfisica effettuata e la pressione arteriosa.Spesso il paziente XX utilizza la visualizza-zione grafica per visualizzare l’andamentoglicemico e ritiene che tale funzionalità lofaciliti nella comprensione dei dati.

Le altre funzionalità presentinell’applicazione non sono utilizzate dalpaziente, come ad esempio l’inserimentodei cibi assunti durante il giorno, poichéla ritiene troppo complessa.

Attualmente il paziente XX continuaad utilizzare quotidianamente il diariocartaceo per la registrazione dei dati e lasera li trascrive in quello digitale. Dopo laregistrazione dei dati, il paziente eseguela sincronizzazione, in modo tale che ilCentro Diabetologico ne possa averel’accesso. Inoltre utilizza frequentementeil cruscotto web per verificare se la sincro-nizzazione sia andata a buon fine.

L’assistenza del Centro Diabetologico

Il Centro Diabetologico esegue ognimattina un controllo del sistema di allarmiper verificarne l’eventuale presenza e nelpomeriggio effettua quello relativo aicruscotti del paziente. Il paziente XX ricevedelle telefonate da parte dell’infermieraesperta in caso di eventuale necessità diintervento. Quando ad esempio il pazientepresenta dei valori glicemici che si disco-stano dai suoi valori ottimali, l’infermierainterviene telefonicamente per compren-dere le motivazioni che abbiano portatoa questo stato ed in caso lo ritenga op-portuno viene attivato il diabetologo. Letelefonate avvengono anche per dare alpaziente dei feedback positivi riguardoalla gestione della propria patologia.

I Risultati

I risultati ottenuti con la sperimenta-zione sono molteplici, nonostante le inizialidifficoltà riscontrate dal paziente riguardoall’utilizzo di un dispositivo completamentenuovo.

Durante un colloquio avuto con ilpaziente, egli dichiara di sentirsi soddisfattorispetto alla gestione della patologia at-

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traverso l’utilizzo di questo dispositivo edi sentirsi più tranquillo e maggiormentesupervisionato. Prima della partecipazionealla sperimentazione, il paziente esprimevaun bisogno di maggior “controllo” dellasua patologia attraverso numerosi contattitelefonici con il Centro Diabetologico diriferimento. Al termine della sperimenta-zione è possibile notare una notevoleriduzione dei contatti telefonici con ilCentro e questo calo rispecchia una sen-sazione di maggiore tranquillità che èstata precedentemente espressa.

Un importante esito riscontratodall’utilizzo dell’App si può ritrovarenell’andamento glicemico: all’inizio dellasperimentazione la glicemia del pazienteera al di sopra dei range ottimali definitidal diabetologo (90 mg/dL pre prandiale- 180 mg/dL post prandiale), in media300 mg/dL circa e con un HbA1c di11,6% (Figura 2a).

A seguito della sperimentazione i livelliglicemici sono rientrati all’interno deirange glicemici ottimali e si può anchenotare una riduzione dei picchi iperglice-mici, con il mantenimento di una glicemiapressoché stabile. La media glicemica èdi 160 mg/dL (Figura 2b).

Gli esiti clinici sono stati valutati pe-riodicamente attraverso l’emoglobina gli-cata, il cui valore prima della partecipazio-ne allo studio era di 11,6%, mentre dopodue anni tale valore è sceso a 7,8%,ottenendo così una riduzione del 33%nell’arco temporale di due anni. Senzadubbio i risultati ottenuti a livello meta-bolico non possono essere ricondotti so-lamente alla gestione della patologia dia-

betica mediante tale dispositivo, ma ancheal fatto che il paziente, sentendosi mag-giormente seguito, si è sentito incoraggia-to nel mantenere uno stile di vita adeguatoe nel seguire correttamente la terapiafarmacologica. Esegue infatti attività fisicain modo quotidiano, rispettando il regimedietetico consigliato ed esegue un correttoutilizzo della terapia insulinica, garantendole correzioni necessarie.

Durante l’intervista il paziente spiegache non riuscirebbe più a fare a menodell’App per l’autogestione della patologia,riportando che: “Un diabetico farebbebene ad avere un tablet. Il fatto di averlosempre sotto gli occhi ti motiva ed incen-tiva a stare dentro i range ottimali”.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Le capacità richieste al paziente perottenere un’autogestione ottimale dellasua malattia sono molteplici, infatti lamaggior parte dei pazienti diabetici riportadi avere difficoltà nel realizzare una totalegestione della patologia. Inevitabilmenteciò porta ad uno scarso controllo glicemi-co. Coloro che riescono a raggiungereuna buona autogestione della patologiainvece hanno un controllo metabolicomigliore (Toljamo & Hentinen, 2001).

Una modalità efficace per sostenerel’autogestione della patologia è determi-nata dall’educazione sanitaria e dai pro-gressivi rinforzi. A tal proposito, l’AmericanDiabetes Association (ADA) (2015) riportagli interventi standard che si dovrebberoattuare durante situazioni simili al casodel paziente XX. L’ADA enfatizza il con-

Figura 2b. Glicemie del paziente XX (i). Glicemia dopo 575giorni dall’introduzione dell’applicazione (ii).

Figura 2a. Glicemia del paziente durante il primo mese disperimentazione (i). Range glicemico ottimale (ii).

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cetto secondo il quale, per il pazienteanziano, come per tutti gli altri pazienti,i modelli di diabetes self-managementeducation and support sono “componentivitali” per la cura del diabete. Questimodelli di gestione hanno l’obiettivo diaiutare i pazienti a prendere decisioni,sviluppare capacità di problem solving edun comportamento mirato all’auto-gestione. Per sviluppare tali componentiè inoltre necessaria un’attiva collaborazio-ne con il team di cura in modo da miglio-rare lo stato di salute, la qualità di vita egli esiti clinici. Le modalità di erogazionedi questi modelli di gestione sono molte,ma i migliori risultati clinici sono statiottenuti quando gli interventi educativi siprolungavano nel tempo, focalizzandosisull’autocontrollo della glicemia, sullagestione della terapia, della dieta,dell’attività fisica e sull’auto-monitoraggioattraverso la compilazione del diario car-taceo.

Secondo le Raccomandazioni di trat-tamento assistenziale in campo diabeto-logico (OSDI, 2012), la compilazione deldiario è di fondamentale importanza perla registrazione dei dati. La stesura deldiario richiede una formazione precedentedel paziente e la sua corretta compilazionepuò fungere da “archivio di soluzioni estrumento per ragionare e imparare” (OS-DI, 2012); purtroppo la compilazione deldiario è spesso incompleta e poco accurata(Kazlauskaite, Soni, Evans, Graham &Fisher, 2009).

Spesso i tempi di attesa che trascorro-no tra una visita di controllo e l’altrapossono generare una “mancanza” diadempimento al mantenimento delle ca-pacità sviluppate durante la fase educativa.

Sulla base di queste considerazioni sipuò facilmente comprendere il motivodell’introduzione della telemedicina, unnuovo approccio che da alcuni anni si èdiffuso in vari ambiti sanitari. Di fronte atale situazione ci si è chiesti se esistesseuna metodologia che potesse garantireun contatto più frequente tra paziente eteam sanitario, che potesse dare quindidei feedback immediati, in modo da offrireun supporto più continuo o quotidiano

nella completa gestione della patologia.Negli ultimi anni la letteratura si è

espressa riguardo a tale argomento e tragli studi più significativi troviamo la revi-sione sistematica condotta da Pal et al.,(2013), che si concentra sull’adozione didiversi strumenti tecnologici come il com-puter e il telefono cellulare per l’auto-gestione del diabete e la meta-analisicondotta da Liang et al., (2011) che invecesi focalizza solamente sull’utilizzo deltelefono cellulare. Dal primo studio emergeun beneficio maggiore relativo al controlloglicemico attraverso l’utilizzo del telefonocellulare, con una riduzione del-l’emoglobina glicata del 0,5%, rispetto acoloro che invece utilizzano il computer(0,2%).

Si fa presente che la popolazione re-clutata per questo studio ha un’età com-presa tra i 46 e i 65 anni e che quindi ilpaziente XX ne sarebbe stato escluso. Lameta-analisi condotta da Liang, X et al.,(2011) riporta invece che l’utilizzo deltelefono cellulare riduce di 0.8%l’emoglobina glicata, con un miglioramen-to statisticamente significativo nel controlloglicemico e nell’autogestione della pato-logia. Anche in questa revisione l’età mediadella popolazione arruolata non superavai 62 anni. Alla luce di queste evidenze, siè pensato di costruire la piattaforma TreCdiabete, in modo da creare un sistema ditelesalute mirato a supportare il monito-raggio remoto e la self-care del paziente,anche di quello anziano con età superiorea 65 anni. Al paziente XX è stato cosìproposto l’utilizzo di un diario digitale chesostituisse il tradizionale diario cartaceoe che allo stesso tempo permettesse uncontatto continuo con gli operatori sani-tari. L’App è stata fornita su un dispositivotablet, preferendolo ad uno smartphoneed al computer poiché di più facile utilizzo.All’inizio il paziente XX si presentava an-sioso e manifestava un sentimento dipaura di fronte ad una nuova tecnologia,ma ben presto si è reso conto che questodispositivo avrebbe potuto rispondere alsuo bisogno di supervisione, sedando lasua preoccupazione e sensazione di“sentirsi solo” nella gestione della malattia.

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Per andare incontro alle esigenze delpaziente è stata scelta una modalità dieducazione graduale, in modo da garan-tirgli un periodo di adattamento. Egli haaffrontato ogni livello di difficoltà, dimo-strando grande impegno. Una grandedifficoltà riportata dal paziente è stato ilsecondo livello, dichiarando che questafunzionalità era molto difficoltosa, inquanto impegnava molto tempo della suagiornata. Tale barriera ha costituito unsuggerimento per apportare delle modifi-che all’interno di questa funzionalità alfine di renderla maggiormente accessibilee facile da utilizzare.

Durante il colloquio con il paziente èemerso come la compilazione del diariosia per lui un “fare i compiti”, ma che ilsuo impegno nel trascrivere i dati siaripagato dal controllo continuo e costantedel Centro Diabetologico. Infatti grazie aifeedback ottenuti, il paziente si senteemotivamente protetto ed il fatto di esserecontattato in caso di necessità lo rassicurae lo ripaga della “fatica”.

Il paziente XX ha persino portato iltablet in vacanza, ma ha riscontrato diffi-coltà nelle sincronizzazioni a causa dellascarsa disponibilità della copertura per lascheda SIM CARD del tablet.

Per quanto riguarda la possibilità diproporre l’utilizzo dell’App e del disposi-tivo ad altri anziani affetti dalla stessapatologia, è necessario riflettere sullapresenza di alcuni limiti che potrebbero

rendere difficoltosa la sua diffusione. Inprimis, è necessaria la presenza di unoperatore sanitario dedicato a questatipologia di assistenza e che si occupidell’educazione del paziente relativamen-te al funzionamento dell’App e del di-spositivo stesso. In secondo luogo è in-dispensabile condurre degli studi cheincludano una popolazione con età su-periore ai 65 anni, per comprendere sel’intervento proposto al paziente XX siaefficace e generalizzabile. L’esperienzadel paziente XX è stata positiva a talpunto che dichiara di volerla consigliarea tutti coloro che soffrono della sua stessapatologia e che percepiscono la stessanecessità di sentirsi continuamente emaggiormente supervisionati.

L’utilizzo del dispositivo ed i beneficiottenuti hanno spinto il paziente a chie-dere di poter proseguire l’autogestionedella patologia attraverso questa modalità,malgrado la sperimentazione fosse arrivataal termine. Grazie ai risultati conseguiti,questo tipo di intervento è stato estesoad altri tre anziani ed anche questi ultimihanno riconosciuto, nonostante le diffi-coltà iniziali, i benefici ottenuti grazie atale App ed hanno chiesto di poter conti-nuare ad utilizzarlo anche alla fine dellasperimentazione.

In conclusione, dal caso del pazienteXX si può osservare come l’età del pazientenon costituisca alcuna barriera all’utilizzodi dispositivi tecnologici.

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Al momento della stampa della rivista altri eventi sono in fase di definizione.Rivolgersi al Presidente della Sezione Regionale per eventuali ulteriori informazioni

5 giugno 2015 - Ottaviano (NA) - Casale Ofeo - VII Congresso OSDI Campania. Il giovane con diabete di tipo 1: latransizione dalla diabetologia pediatrica alla diabetologia dell’adulto. Plurisponsor

6 giugno 2015 - Trento - Villa Madruzzo - II Congresso OSDI Trentino. Diabete: un approccio multietinico. Plurisponsor

26 giugno 2015 - Campobasso - P.O. Cardarelli - Con i piedi... in testa. Plurisponsor

3 ottobre 2015 - Fano - Villa Rinalducci - V Congresso OSDI Marche. Diabete: Parliamone prima, prevenire si può.Plurisponsor

3 ottobre 2015 - Bari - Una Hotel Regina - X Congresso OSDI Puglia. Diabete oggi e domani: dalla ricerca scientificaall’assistenza. Plurisponsor

9-10 ottobre 2015 - Milano - Hotel Radisson Blu - Come motivare l’automonitoraggio per la qualità dell’autocontrolloe della cura. Lifescan

10 ottobre 2015 - Ponte San Giovanni (PG) - Park Hotel - Percorsi assistenziali per il terzo millennio. Gli infermierisono pronti. Plurisponsor

17 ottobre 2015 - Riccione - Palazzo dei Congressi - Simposio OSDI - Panorama Diabete. Il passaggio dall’ambulatoriopediatrico all’ambulatorio dell’adulto.

24 ottobre 2015 - Olbia - Doublee tree By Hilton - V Congresso OSDI Sardegna. L’importanza dell’educazioneall’autogestione in diabetologia. Plurisponsor

24 ottobre 2015 - Reggio Calabria - Grand Hotel Excelsior - Essere infermieri oggi: l’evoluzione della professione.Plurisponsor

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Presidente

Past President

Segretaria

Consiglieri

Tesoriere

Katja Speese [email protected]

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Elisa Levis [email protected]

Maria Grazia AccogliGemma AnnicelliLia CuccoRaffaella FiorentinoMarcella LaiVilma MaglianoAlberto PambiancoSilvana PastoriClara ReboraTiziana Risolo

Michele Galantino

[email protected]@[email protected]@[email protected]@[email protected]@[email protected]@libero.it

[email protected]

Abruzzo-Molise

Calabria

Campania

E. Romagna

Friuli V.G.

Liguria

Lombardia

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Puglia

Sardegna

Sicilia

Toscana

Trentino A.A.

Umbria

Veneto

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Francesca Corazziere [email protected]

Nunziata Di Palma [email protected]

Tiziana Risolo [email protected]

Elisa Levis [email protected]

Margherita Zecchini [email protected]

Tiziana Terni [email protected]

Manuela Montoni [email protected]

Maria Grazia Accogli [email protected]

Simonetta Mamusa [email protected]

Maurizio Gandolfo [email protected]

Marilena Carnevale [email protected]

Patrizia Contrini [email protected]

Raffaella Lupatelli [email protected]

Fabio Favaretto [email protected]

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