orme #2 wunderkammer

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Wunderkammer

WUNDERKAMMEREDITORIALE

#2/08

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Ammirazione, stupore e meravilia. La wunderkammer è letteral-mente “la stanza delle meraviglie” dove il collezionista del passato raccoglieva il frutto delle sue ricerche, dalle grandiosità barocche sino alle curiosità scientifiche proprie dell’illuminismo. Un modo per mostrare grandezze, virtuosismi e forme d’arte non comuni, ma so-prattutto per condividere tali preziosità.

La sola differenza è che qui non troverete barattoli di vetro che cu-stodiscono amenità, rocce o pietre rare, zanne di elefante, rami di corallo, nè piante esotiche essicate. Tra le pagine vi si presenteran-no parole, immagini e sensazioni raccolte nel tempo. Il laboratorio di Ancillotti, il fienile di Crisp, la gelateria della Bonazzi, i sentieri di Elisa, l’obiettivo della macchina fotografica di Bazooka, le parole di Marcello e di Beppo; tutto esposto sugli scaffali e nelle vetrinette di questo numero.

Lasciate che la Meravilia vi colga.

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Sono dunque seduto su di un trespolo, intento a ripassare veloce-mente il taccuino sul quale ho appuntato durante il viaggio alcune domande. La luce tagliente del neon illumina il pavimento di cotto della tavernetta dove alcuni carri posteriori appena saldati se ne stanno fermi immobili nella loro lucentezza. Qui tutto è vissuto. Nella penombra sotto al bancone i truccioli si moltiplicano. Il vecchio tor-nio unto e graffiato nè avrebbe di storie da raccontare. Una piccola scrivania di camera da ragazzino ospita nella taverna il computer, tra adesivi, appunti e macchina fotografica. Due favolose Tomaso, inedite nei colori rosa e azzurro, sono sui cavallettti e attendono di essere nominate di incarico. Al centro della stanza la dima: una tavolozza dove tra cifre, sigle e puntelli vengono fissati e imbastite le geometrie della conduzione. Alberto e Tomaso qui concretizzano il loro pensiero in splendide biciclette. Siamo nel laboratorio di An-cillotti.

testo Tarantola, foto Carlo “Carletto” Venturelli - Orme.tv

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Nessuna factory californiana su un vecchio molo, ma una taverna tra gli uliveti della campagna Toscana. E credo proprio che le intu-izioni e la qualità del lavoro non siano da meno. Orme ha puntato la prua fino a Sambuca Val di Pesa, nel laboratorio dove nascono le famose e pluripremiate bici da discesa Ancillotti. Siamo venuti fin qui per dare un volto all’intraprendenza e alle intuizioni di questo marchio. Un azienda che originariamente nasce ad inzio secolo, e trova ampio riscontro nel settore off-road motociclistico. Un vero punto di riferimento per gli appassionati, che si contraddistigue per la continua innovazione e creatività espressa attraverso importanti soluzioni che ancora sono le più adottate nello standard costruttivo motociclistico odierno. E non solo motociclette. Infatti Ancillotti disse anche la sua mettendo le mani su quella che a metà anni sessanta divenne un istituzione: la lambretta. Solo per citare un episodio, nel novembre del 1966, i due fratelli Ancillotti, caricata la famosa lam-bretta da competizione sul tetto della loro Fiat 600, partirono per il circuito di Elvington in Inghilterra per stabilire il record di velocità sul quarto di miglio e miglio con partenza da fermo. Un avventura alla quale difficilmente non ci si possa appassionare. E per poter sfio-rar con mano questa felice irrequietezza, e vivere per una giornata l’entusiasmo di Alberto abbiamo deciso di parcheggiare la nostra enorme palla stellata tra gli attrezzi della sua officina.

Un ingegnoso appassionato costruttore di moto che, accantona i motori e si dedica alla biciclette; anche questo accade a causa dell’amore per i propri figli. Infatti, il figlio Tomaso, appena quindi-cenne, si appassiona alla mountain bike e insistentemente contagia il padre Alberto, che con il suo bagaglio di conoscenze tecniche, si rende presto conto di come la tecnica applicata ai sistemi di sospen-sione della bicicletta fosse ancora pressapoco primitiva. Mentre ci racconta ciò infatti esclama: “mi resi subito conto che questi ciclisti non ci capivano mia tanto!!”. Bicicletta quindi, ma direttamente mi-rata alla disciplina, la discesa, che più faceva rivivere ad Alberto il suo habitat fatto di tecnica, fango e campi di gara.

Alberto continua:“quando gli altri si affidavano a sistemi primitivi con elastomeri, come fisher, carraro, o pro-flex, noi adottammo naturalmente una soluzio-ne di sospensione Pull-Shock con un vero moderno ammortizzato-re idraulico. Poi l’ambiente iniziò un pelo a movimentarsi e solo per citarne alcuni, verlicchi e cannondale, inziarono a sperimentare so-luzioni. Addirittura una Schwinn e la favolosa GT RTS si potevano considerare sistemi assimilabili al nostro Pull-Shock, solo che nella prima il sistema era completamente in estensione e nella seconda

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io credo si fossero dimenticati di mettere un infulcro!... Gli altri era-no produttori di biciclette che si stavano cimentando in una nuova avventura tutta da scoprire, noi invece sapevamo già come sarebbe stato il futuro e ci divertivamo a portare le nostre conoscenze moto-ciclistiche alla bicicletta! Basta infatti osservare il nostro modello di allora per vedere come contenesse già, a differenza degli altri, tutte le soluzioni tecniche che si sono affermate oggi.

Orme/ Parlare di Ancillotti significa parlare di Pull-Shock. In alcuni sistemi il forcellone aziona in compressione con dei puntoni i leve-raggi, invece il vostro ha un fuzionamento contrario, ovvero in tra-zione, Pull appunto. Mentre tutti pensavano push, Alberto andava controcorrente pensando pull. Non vi sono mai venuti dei dubbi a riguardo?Ancillotti/Sorride e risponde.Perchè mai? Il forcellone automaticamente tende a stabilizzarsi e autocentrarsi, soprattutto con il crescere delle sollecitazioni il po-steriore rimane diritto e non flette come inevitabilmente succede nei sistemi push. Il baricentro inoltre risulta più basso ed appunto “centrato”, anche questo agevola notevolmente la guida, per finire il sistema risulta piu’ compatto e leggero. Ci sono tutti i presupposti per garantire un ottimo e migliore comportamento della bicicletta come ormai è dimostrato dall’uso pressochè totale in campo moto-ciclistico e c’è grande crescita anche in campo ciclistico.

Orme/ Da sempre i motociclisti ettichettano e snobbano gli appas-sionati di pedali definendoli biciclettai. Ancillotti avrebbe mai imma-ginato di cambiar idea?Ancillotti/E’ verissimo, ricordo che quando ero in officina da mio padre e capitava un ciclista con delle richieste, quasi lo si cacciava scherzandolo. Ma l’entusiamo di Tomaso e il fascino della bicicletta da discesa mi ha fatto cambiar opinione e alla grande soprattutto perchè ora c’è della vera tecnica e c’è da divertirsi anche se non c’è il motore da preparare.

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Orme/Scarab. Un nome che accompagna dapprima i modelli della produzione motociclistica, poi le biciclette. Immagino lo stesso sca-rabeo che ad ali spiegate campeggia anche nel vostro marchio... Ancillotti/ C’è uno scarabeo sull’architrave di ingresso della pirami-de al parco delle cascine di Firenze. Abbiamo voluto eleggere uno scarabeo come portafortuna per tutte le nostre avventure!

Orme/ Da oltre 15 anni Ancillotti vive in prima persona i campi di gara della discesa Italiana e non solo. Alberto è forse l’uomo dei paddock che ha visto crescere ed evolvere questo ambiente. E non solo. Un titolo mondiale con la Bonazzi, argento e ed Europeo con D.Vasquez, due argenti consecutivi con una certa Fionn Griffiths, altre medaglie bronzi ed Europei, 6 mondiali master e tanti tanti titoli italiani.... Ancillotti/Al Ciocco nel 92 osservavo le altre biciclette in gara e non mi spiegavo perchè avessero così poca escursione e perchè le sospensioni fossero così rigide... Credevo davvero che nella bi-cicletta ci fosse una notevole possibilità di sviluppo. E per me fu un incredibile motivazione. Da quel giorno si sono davvero fatti tantis-simi passi avanti, ed ora la nostra Tomaso ha 240mm di escursione e credo che servano proprio tutti!La Griffiths per noi fù un immensa soddifazione. Nacque tutto ca-sualmente. Un giorno arrivò un fax dal nostro importatore inglese, e quindi si mandò su un telaio in modo che potessero provarlo. Poco tempo dopo, Fionn alla prima gara con la nostra bici a Maribor cominciò con un quinto posto in quello stesso anno fu seconda al mondiale dietro solo la estraterrestre Chausson, lo stesso accadde l’anno successivo; i due anni migliori della sua carriera.

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www.ancillotti.com http://ancillotti-team.blogspot.com

Orme/Ancillotti oggi più che mai come una bicicletta artigianale ma anche con tutti i requisiti della tecnica più sofisticata, frutto dell’ingegno e dell’abilità italiana. Una ristretta produzione, una replica per i piloti rispetto ai numeri dei grandi marchi delle produzioni taiwanesi.Ancillotti/Conoscevo ottimi saldatori che saldavano per numerose ditte italiane. Oggi sono finiti a fare seggiole e tavoli. Si sta davvero spostando tutto a taiwan ma noi rimaniamo qui, Ancillotti oggi siamo mio figlio Tomaso, ed io e non vogliamo in-grandire l’attività più di così. E’ molto più divertente ed efficace essere piccoli, tutto diventa più raffinato, più “race” e meno commerciale. E in questo modo è possibile seguire ed ascoltare le esigenze di ogni singolo cliente per poter mettere a sua di-sposizione tutte le nostre conoscenze.

Orme/L’intervista non esaurisce, e sfocia in una piacevolissima mattinata di scam-bio e confronti. Alberto pesca dal fondo della cantina il prototipo del telaio mono-scocca in carbonio del 1993. Poi la prima Scarab DH con la forcella ammortizzata con sistema Pull-Shock di sua ideazione. E tra gli ulivi della collina visitiamo la pista privata da allenamento di Tomaso. La passione per il loro lavoro è tangibile, e d’ora in poi quando vedremo sfrecciare un Ancillotti davanti ai nostri occhi sapremo che non sono solo quattro tubi, ma c’è dietro un mondo; un mondo che abbiamo avuto il privilegio di vedere e toccare.

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la bicicletta è in (questo è quello che avevo da dire...)

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ieri sono andato a fare un giro in bici. primo della stagione. sulle colline a nord di treviso. città dove abito, famosa per la sue strette viuzze medievali, l’ombralonga ed il ratto delle panchine. più nord ci sono le dolomiti, che però in questa prima metà di aprile sono ancora cariche di neve. prima delle dolomiti ci sono le colline. i colli asolani e le prime modeste elevazioni che hanno nome montello. sono boscose, cespugliose. fitte fitte ed intersecate da strade che partendo da sud, scollinano sulla dorsale per poi scendere a nord. é un bel posto. non moltissimi sentieri, c’è però una certa attività sot-terranea. tracce estemporanee che seguono i contorni naturali del terreno. solo se conosci trovi. basta un po’ di vegetazione, e l’im-bocco scompare. la salita è dolce, la compagnia è buona. io sono il più vecchio ma non noto la differenza di età. durante queste uscite di gruppo avviene un livellamento automatico del ceto e dell’età. non c’è ricco non c’è povero. non c’è giovane non c’è vecchio. ci si prende in giro ma con una benevolenza sdrammatizzante che solo la condivisione di un piacere regala. e questo mi porta a parlare di questo piacere. infatti vi vorrei parlare della bici. ieri leggevo un articolo di tim parr su bike mag. tim parr è il fonda-tore di swobo. queste le ultime parole del suo articolo: “the bike, the simple idea, is beginning all over again. keep it simple. keep it fun. a doctrine for the future. a message from the past”. the bike, the simple idea, is beginning all over again. capire? queste parole? la bici, il semplice quasi banale concetto della bici, sta tornando in auge, sta riprendendo piede. la bici va oltre la modernità. la bici infatti è post-moderna. è un messaggio dal passato ed una dottrina per il futuro. è vero! io che sono un evangelizzatore di provincia, lo penso da tanto. diffondo il verbo ed esorcizzo la velocità del tem-po con la lentezza della pedalata. cosa vorrò mai dire? non so ma diciamo pure che andare piano ti fa andare forte. nel senso per niente metaforico che la mente si muove di più quando sei lento. la macchina pensa per te. la bici no, mai notato? non ci sono sensori

testo Marcello “cane acuto” Libralato

La bicicletta richiede poco spazio. Se ne possono parcheggiare diciot-to al posto di un auto, se ne possono spostare trenta nello spazio divo-rato da un’unica vettura. Per portare quarantamila persone al di la di un ponte in un ora, ci vogliono dodici corsie se si ricorre alle automobili e solo due se le quarantamila persone vanno pedalando in bicicletta.“Elogio alla bicicletta” Ivan Ilich – Bollati Boringhieri – 2006

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per la retromarcia, nè satelliti per dirti dove andare. la bici sei tu. come la coop. se dici lento, pensi sfigato. errore. se dici lento, pen-sa contento. non ci credete? si rischia di cadere nel luogo comune, fratelli. ma fate le strade che non fate mai e vedrete cose che non avete visto mai. a due metri da casa. the slower you go, the faster you are. che bisogno c’è di scrivere in inglese poi ma se avessi risposte a tutte le domandi sarei alberoni e scriverei concentrati di saggezza nella prima pagina del corriere. ma io sono un essere canino altamente difettoso e l’unica cosa che posso dire è questa: la rivoluzione comincia oggi. questo l’ho capito. ho capito il valore della semplicità. ohhh, che roba, eh? so quello che state pensan-do. questo de treviso el xe un po’ mona e c’è del vero nel vostro inespresso pensiero ma non fermatevi a questa prosa inconsulta. e pensate un secondo con me. che sono vostro tutor auto-nominato e foriero di un messaggio latente nell’aria. il messaggio è: andare in bici significa di più che andare in bici. la bici è semplice perchè la semplicità non è niente altro che ciò che rimane quando si è tolto il superfluo. non è semplice perchè è stupida. è semplice perchè come michelangelo diceva quando togli dalla pietra quello che non serve, rimane l’anima. quando togli dalla vita quello che non serve, rimane quello che importa. ed allora cosa importa? ma ve lo devo dire io? importa vivere, ostia. in sostanza: io della vita non ho capito niente. vado in bici. godo del paesaggio. dell’aria. e della compa-gnia. mi sembra abbastanza o forse è tutto. non saprei e comunque sia questo è tutto quello che so.

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testo Tarantola, foto Luca “Bazooka” Orlandiniwww.luca-orlandini.com

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Il cosìdetto ozio [...] non è affatto il non fare nulla, ma piuttosto il fare una quantità di cose non riconosciute dai dogmatici re-golamenti della classe dominante.Robert Louis Stevenson, Elogio dell’Ozio

Siamo una rivista di ozi e vizi, oramai lo sapranno anche i muri. E di fronte a una citazione del genere ci inchiniamo e crediamo che nessua altra parola valga quanto gli scatti fotografici di Bazooka. Così che sia nulla, ozio o silenzio... deliziate i vostri occhi. E poi sappiateci dire se non valga la pena oziare...Brekkanekka trail - Lavagna, Genova.

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“HOW THE WEST WAS WON”

PUNTATA PRIMA: NAHBS

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“A differenza del Texas, qui in Italia puoi girare in bicicletta senza che nessuno ti spari o ti tiri le bottiglie vuote!”

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NAHBS

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PUNTATA PRIMA: NAHBS

NORTH AMERICAN

HANDMADE BICYCLE

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testo Darren Mark Crisp - www.crisptitanium.com e Orme.tvfoto Carlo “Carletto” Venturelli - Orme.tv

L’esuberanza del mio immaginario ciclistico si risveglia ora, eccitando i miei occhi da qualche tempo assonnati . Ragioni di mercato che spengono ogni leggiadra passione e che annoiano le mie visioni. Ma nulla è perduto.Sotto l’egida del NAHBS la fantasia viene portata in rassegna, abdicando ad ogni sterile causa commerciale. NAHBS, ovvero North American Handmade Bicycle Show. Sono di nuovo qui. Sono passati solo 4 anni. La squallida hall dell’Hotel Ramada Inn di Houston, Texas, ospitava alcuni coraggiosi e pazzi costruttori di biciclette che credevano seriamente nel loro lavoro. Credevano che la bicicletta fosse uno strumento più che magico. E credevano che fosse giunto il tempo che tale strumento avesse uno spazio di incontro e scambio fantasioso, libero e diretto. Ricordo la prima maglietta legata all’evento che riportava la frase:

PUNTATA PRIMA: NAHBS

NORTH AMERICAN

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NORTH AMERICAN HANDMADE BICYCLE SHOW, Houston, Texas, Jan 15-16, 2005...”the first time the world’s finest bicycle framebuilders gather for a weekend of sharing ideas, concepts, and cold beer!”Tra questi furiosi sognatori c’era Brian Baylis, Craig Calfee, Nick Crumpton, Mike DeSalvo, Doug Fattic, Don Ferris, Skip Hujsak, Alex Morgan, Bill Rider, Richard Sachs, Paul Sadoff, Don Walker, Ed Westhead, Sacha White, Bill Boston, Fairing Industrial Inc., Frameforum.org, Roadie International, The Racing Post, True Temper Sports, Velo News, Vintage Bicycle Quarterly... e il sottoscritto, Darren Crisp. Da alcuni scambi di opinioni su www.frameforum.org, e dall’intraprendenza di Richard Sachs nasceva il NAHBS. Bicicletta allo stato dell’arte, o se meglio preferite la bicicletta come modo di esprimersi. Ora la fiera è cresciuta da quella prima edizione. Sono felice ed entusiasta per il pensiero della bicicletta che si diffonde qui. Si respira un atmosfera potente. Facce e persone in carne ed ossa, non imponenti marchi accecanti ed impersonali.Le mani si stringono e c’è la possibilità di parlare per davvero con chi mette i tubi in dima tutti i giorni.Ora che siamo giunti alla quarta edizione c’è l’equilibrio perfetto. Il rischio è che il NAHBS assuma troppa importanza e si possa inginocchiare alle grandi aziende; quando nacque era riservato a costruttori che non realizzavano tra i 150 e i 200 telai all’anno. Serviva appunto come vetrina e laboratorio espressivo per i piccoli costruttori. E spero vivamente che lo rimanga.

Ma torniamo alla mia visita: capellino in testa, scarpe comode e digitale alla mano. La giornata sarà lunga. Sono mimetizzato nella schiera di visitatori. Voglio essere visitatore di questo mondo. Sono qui per questo. Ma anche per rincontrare vecchi amici. Voglio sostenere il progetto quest’anno senza l’impegno di esporre. Salire a bordo di questo trenino e lasciarmi sorprendere dalla fantasia fatta bicicletta. E soprattutto per capire cosa sia la bicicletta nella testa degli altri artigiani, della gente e per l’anno che verrà. Perchè in fondo io non so cosa sia per davvero la bici. Non so come si salda per davvero il titanio. La mia è solo una visione di un giovane saldatore, che si è perso un gran pezzo di storia della bicicletta. E mi interessa sapere, farmi raccontare dalla gente che bicicletta desidera e come sia la bicicletta più straordinaria.Ora vi lascio. Ho già visto di chè innammorarmi...

www.crisptitanium.comwww.frameforum.orgwww.handmadebicycleshow.com

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FIRST NAHBS

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RACCONTO REALE DI UN SABATO DI MERDA

testo Andrea “Beppogatto” Benesso

Un gabbiano, alcuni piccioni, un cipresso, un grat-tacielo verde, la cupola di una chiesa e due gru.Mentre me ne sto steso in sala operatoria, il blu del cielo è imprigionato da tre finestre.Cercando di non far caso ai due medici che stan-no usando una specie di trapano su di me dietro un piccolo sipario, mi distraggo canticchiando. Facceta neeeraa, dell’abissinia, aspetta e spera cheggiàlorasi avvininaaaa. No meglio di no, an-che se il sound è di quelli che predono. E forza itaaaaliaaaa, che siamo tantissimiiii. Lasciamo perdere la musica. Non sto bene.Recito qualche poesia funerea. Li sento che ra-schiano le mie ossa.

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L’azzurro del cielo sopra di me è però un richiamo troppo forte al principe bolkonskji e al suo cielo azzurreggiante. Un eroe. Sotto anestesia è più facile, figliolo.La sala operatoria è ad ogni modo un luogo anche accogliente, se non fosse per quegli schizzi di sangue malcelati sul soffitto. Mi sem-bra di essere un maroncelli del 3° millennio. Che meraviglioso weekend da guerriero freeride mi attende: mi alzo, mangio, caco, lavo, vesto, preparo, carico e via verso i colli Euganei per una lunga giornata nel bosco.Mio fratello viene a prendermi all’ospedale di monselice. Ci sono rimasto dalle 10 alle 13. Girando per il pronto soccorso, ortopedia e radiografia vestito da freerider. C’è uno scemo in ospedale, pare. Ero io.

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L’ortopedico mi spedisce in chirurgia a Padova. Lì queste cose non le fanno. Quali cose? La mano, chirurgia della mano. Ma mi ta-glieranno un pezzo? Non credo. Come non crede. No, direi di no: è vascolarizzato. Ah! È vascolarizzato! La tenga in alto. Mi ero di-stratto.Guidando versi i colli penso già ai salti, penso al giorno dopo ad aviano – a che ora mi devo svegliare? -. Ho il serbatoio quasi pieno, un vecchio pezzo dei REM nelle orecchie e un bullit nel bagagliaio. Sono felice bambola, e non ho bisogno di te.Con un dito mozzato e sanguinante come si fa a mettere una bici da 19 kili nel portabagagli? Non lo so.Lei è il dito di monselice? Sono io! Si accomodi in sala operatoria allora. Grazie. Posso far la pipì prima? Si sbrighi.Non è semplice abbottonare i pantaloni. Perché la nostra civiltà ha rinunciato alle cerniere? Con la lampo scoperei meno? Meno di così?! Non credo. Appunto.Tolgo la bici dal portabagagli, la appoggio sull’erba. Accenno anche un doppio passo sulle note di sitting still. Un coglione. Credo di essere uno dei più grandi uomini di quest’epoca. Se non altro nel parcheggio di valsanzibio.2 ore in sala operatoria. Mi infilano un chiodo nel dito, mi cuciono l’unghia – crescerà storta, dicono -, mi danno una ventina di punti interni e esterni. Sangue dappertutto.L’ortopedico di monselice guarda le lastre. Non è molto rassicu-rante. Indossa occhiali viola e sorride. Mi dice che l’ultima falange si usa poco. Io penso ai miei freni formula oro. Peggio che per un violinista. Una potente anestesia mi fa sorridere. Faccio anche il simpatico. 6 ore dopo me ne sarebbe passata del tutto la voglia.

Monto la bici: ruota anteriore, ruota posteriore.Le gomme sono un po’ sgonfie. È vascolarizzato. Cosa? Non so. Bene. E ora come sarà il recupero? L’operazione è andata bene, ma dovrà stare 20 giorni a riposo: bisogna vedere come guarirà il tendine che era molto sfilacciato. Poi 2 mesi per tornare a posto. Vedremo. Ma di sicuro l’ultima falange resterà rigida.Il cambio di questa bici non funziona mai benissimo…vediamo un po’. Scusi mi può accompagnare all’ospedale più vicino? Certo, sali, cossa ghetto fato? Ziocàn.Riparando il cambio non mettete mai le dita tra i raggi.

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Una donna malvagia tormenta. Una donna per bene annoia. Questa è la sola differenza che passa tra loro. Oscar Wilde

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testo Tarantola, Elisa Canepa e Giovanna Bonazzifoto team Playbiker - Iron Horse (Elisa canepa)e Tarantola (Giovanna Bonazzi)

Tormentate e malvage. Nel senso più energico e felice. Così le abbiamo cercate; due splendide amazzoni che ci hanno conquistato e fatto innnamorare. Hanno sguardo abbagliante, fisico scultoreo e tratti d’alta sartoria. Sono donne; quanto di più bello e prezioso ci ha saputo regalare la natura. Se poi si aggiunge anche l’intraprendenza sportiva, allora crediamo che ogni uomo possa rimanere basito di fronte a tale potente splendore. Elisa e Giovanna. Due donne. Due storie. Una sola cosa in comune: la bicicletta e la discesa. E il coraggio di lasciarsi dietro in classifica tantissimi ometti orgogliosi e pieni di sè.Le abbiamo rintracciate, pedinate e assillate. Schiavi dei loro sorrisi, abbiamo realizzato un’intervista doppia alla donna più veloce dei primi anni 90, e la donna più veloce del 2008.Stategli dietro se siete capaci...

Una donna malvagia tormenta. Una donna per bene annoia. Questa è la sola differenza che passa tra loro. Oscar Wilde

//INTERVISTA DOPPIA AD ELISA CANEPA E GIOVANNA BONAZZI

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Foto team Playbiker - Iron Horse

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ELISA CANEPA

Elisa Canepa. Inizia ad andare in bici nel 2004, e nel 2006 gareggia in coppa del Mondo. Ventunesima a Schladming e diciottesima a Mont S.Anne in Canada. Dal 2007 corre anche il 4X e i risultati sono un crescendo: ottava a Champery, sesta in Canada e quinta all’europeo in Grecia. Titolo Italiano a Cortina e titolo italiano di 4X a Rossana. Oggi Elisa fa parte della nazionale italiana di Discesa, e fa parte del Team Playbiker - Iron Horse. Ci ritroviamo ad inseguirla nel favoloso “toboga di Canova” nei boschi sopra Finale Ligure, dove lei vive, si allena e ama portare a spasso gli amici. A spasso si fa per dire... lei ora ha la bici da 4X, gli affascinanti capelli biondi che escono dall’integrale e la intravediamo solo all’imbocco del sentiero.. poi sfugge velocissima!

Orme/Se mi avvicino mordi?Elisa/“Se ti avvicini non mordo al massimo lo fà il mio team manager..(scherzo)”

Orme/La Discesa? Come ti ha conquistato e come hai inziato?Elisa/“Ho iniziato a fare discesa con le prime gare, prima facevo solo giri xc e la discesa era piuttosto limitata, ma già avevo ben chiaro che mi piaceva più scendere che salire. La prima bici ammortizzata me la fece provare il mio ex ragazzo e da quel giorno ho incominciato ad uscire con la mia bike tutti i giorni!!

Orme/La tua carriera agonistica è breve ma già ricca; qual’è il tuo piazzamento preferito?Elisa/“Il miglior piazzamento non credo sia ancora arrivato, in realtà io non sono mai soddisfatta dei risultati; lo sono solo quando più di così non avrei potuto.... Credo che sia a Schaldming che in Canada l’anno scorso abbia raggiunto il mio limite, quindi sono soddisfatta di queste due gare”.

Orme/Le amazzoni, questo popolo favoloso di donne guerriere della mitologia, si mutilavano la mammella destra; un’ azione che voleva rappresentare un occultamento degli attributi femminili e quindi un desiderio di raggiungere abilità belliche tipicamente maschili.La vostra strategia? Terza abbondante da esibire nei paddock, o amazzoni vere e pure pronte a tutto (ma proprio tutto...!!)Elisa/“Diciamo che al mio seno ci tengo e non lo toccherei per niente al mondo. Posso dire che dò il massimo e sacrifico molto per il mondo della dh, spero di riuscire a togliermi delle belle soddisfazioni e se non ci riuscirò comunque saranno tutte delle belle esperienze di vita. Poi riguardo alla terza abbondante da esibire nei paddock, ma chi ti ha detto che ho la terza?! Scherzo, non sono il tipo che si esibisce, siamo tutte vestite da maschiacci, solo di sera si ritorna ad essere un pò più femminili.”

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Orme/Portafortuna o gesti scaramantici prima della partenza?Elisa/“In effetti dovrei cominciare a procurarmelo un portafortuna.. per ora non faccio niente di speciale. Ultimamente cerco di rilassarmi il più possibile, ma non ho grossi risultati, dovrei imparare a fare yoga, ma non sono proprio il tipo”.

Orme/Come si allenava Elisa Canepa?Elisa/“In inverno seguo l’allenamento del mio coach, Silva il ct della nazionale. Vado in palestra e faccio gli allenamenti specifici su strada. Ora che la stagione è iniziata, quando sono a casa faccio un pò di palestra e tanto xc. Ovviamente durante l’anno ogni volta che posso vado in discesa”.

Orme/Mountain Bike solo in gara o anche in garage?Elisa/“Mountain bike sempre e comunque. Anche quando finirò di gareggiare penso che continuerò ad andare in bici, è troppo divertente e poi è anche una valvola di sfogo se si lavora tutto il giorno”.

Orme/Hai sfrecciato ovunque, ma se dovessi consigliare la discesa più bella?Elisa/“Potrei dirti quelle che non mi sono piaciute, perchè a me piacciono sempre quasi tutte le discese. Ovviamente quelle di Finale Ligure sono le migliori, e se qualcuno volesse venire a girare dalle mie parti basta che mi contatti e si organizza. Anche il bike park di Pila in estate è uno spettacolo, e poi quest’anno ci saranno gli italiani proprio a Pila, motivo in più per andare”.

Orme/Quanto tempo dedichi alla discesa in bicicletta oggi, e quanto segui le gare?Elisa/“Prima viene la discesa e poi tutto il resto, quindi dedico tutto il tempo che occorre.”

Orme/L’episodio più divertente o strano accaduto durante la tua carriera?Elisa/“Mi viene in mente quando l’anno scorso a Maribor durante la qualifica del 4x saltai una bandierina, quindi fui squalificata. Che vergongna, ma almeno non fui l’unica stordita, ci fu un altro ragazzo che fece lo stesso mio errore. Quest’anno la prima cosa che ho fatto quando sono arrivata sul percorso è stata guardare la bandierina poi ho guardato i salti”.

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Foto team Playbiker - Iron HorseWWW.ORME.TV

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GIOVANNA BONAZZI

Giovanna Bonazzi, medaglia d’oro ai mondiali del Ciocco nel 1991 e a Metabief nel 1993, poi due bronzi e due secondi posti in coppa del mondo nel 1993 e nel 1995. Una serie infinita di vittorie nazionali, ed un record di velocià su neve. Di lei un’immagine è impressa negli occhi. Il suo sorriso e le sue livree colorate e fantasiose. Sono le 19.50, arriviamo a Parona in provincia di Verona trafelati e ci corsa. Le porte della gelateria sono chiuse, e c’è la luce solo nel retro. Bussiamo e ci fa cenno di entrare. Giovanna oggi si diletta con il solito entusiasmo nel creare delizie di gelateria e pasticceria. E su questo possiamo anche garantire (slurp).

Orme/Se mi avvicino mordi?Giovanna/“No!!” e sorride incuriosita....

Orme/La Discesa? Come ti ha conquistato e come hai inziato?Giovanna/“Tu non ci crederai ma sono approdata alla discesa dal cross-country! Già nel 1988 correvo le gare, e proprio in quell’anno ho vinto il primo titolo italiano. Nel 1991 ho vinto il titolo italiano di cross-country, discesa e velocità a cronometro. E proprio in quegli anni c’era anche una certa Paola Pezzo...Per un pò ho corso sia in cross-country che in downhill, anche perchè nel 1991 c’erano soltanto 5 gare di discesa in Italia. Addirittura vanto un terzo posto agli europei di cross-country.Ma c’era un ma: andavo in salita solo per arrivare in cima e gustarmi la parte che amavo di più, ovvero la discesa. E quando la discesa è diventata più importante e iniziava ad avere il giusto respiro mi sono chiesta chi me lo faceva fare!! Da allora solo discesa!!

Orme/L’oro al Ciocco del ‘91, o il terzo posto alla prima Kamikaze?Giovanna/“Senza dubbi: Ciocco. La Kamikaze era magica per l’ambiente e la sua americanicità. Ma in fin dei conti era uno stradone sterrato tutto dritto con due curve. Invece, la Reebok Eliminator, che si correva sempre nell’ambito della Kamikaze, era adrenalina pura... ma niente di paragonabile al successo del Ciocco”.

Orme/Le amazzoni, questo popolo favoloso di donne guerriere della mitologia, si mutilavano la mammella destra; un’ azione che voleva rappresentare un occultamento degli attributi femminili e quindi un desiderio di raggiungere abilità belliche tipicamente maschili.La vostra strategia? Terza abbondante da esibire nei paddock, o amazzoni vere e pure pronte a tutto (ma proprio tutto...!!)Giovanna/“Terza abbondante? Insomma bisogna accontentarsi di quello che si ha!!!” - sorride e continua - “era invece più interessante la sfida non ufficiale che avevo con alcuni maschietti, vedi Pippo “il Randagio” Marani. Ero a volte più preoccupata di arrivare davanti a lui, piuttosto che ad altre ragazze....”

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Orme/Portafortuna o gesti scaramantici prima della partenza?Giovanna/“Nessuno in particolare. Per sdramatizzare il momento della partenza, ed evitare l’ansia spesso scherzavo e parlavo con i giudici..”

Orme/Come si allenava Giovanna Bonazzi?Giovanna/“60 ripetute da 10 secondi... me lo ricordo ancora! L’allenamento era in bici da corsa, invece l’allenamento tecnico era limitato solo al weekend della gara, e io cercavo di arrivare già dal venerdì in modo da poter fare il maggior numero di discese possibile, che servivano sia come allenamento tecnico che per provare la gara. La nazionale di allora dal punto di vista tecnico non esisteva, ognuno faceva da sè e non c’erano tante possibilità di fare discesa e allenamenti se non autogestiti.

Orme/Mountain Bike solo in gara o anche in garage?Giovanna/“Le mani me le sono sporcate, e come! Chi mi dava una mano e mi ha insegnato era mia cognato Princy, ovvero Claudio Princivalle, che oltre ad essere stato un caro amico e compagno di avventure costruiva anche le mitiche Princycles con le quali correvo. Tra l’altro io in prima persona mi sono messa in levigatrice per rifinire la bicicletta del record su neve. E quando lavoravo per Cannondale tenevo i seminari di tecnica sulle forcelle.”

Orme/Hai sfrecciato ovunque, ma se dovessi consigliare la discesa più bella?Giovanna/“Nel 1997 girai a Morzine, e quella discesa era un parco giochi.”

Orme/Quanto tempo dedichi alla discesa in bicicletta oggi?Giovanna/“Ora ho un bambino di 1 anno circa, e la Gelateria dove lavoro come una pazza proprio durante l’estate che è il miglior periodo per andare in bicicletta e fare discesa... In pratica ad oggi la bicicletta rimane un desiderio. Ma mi consolo con l’altra passione che ho sempre coltivato: i dolci e il gelato! Il medico della nazionale ai mondiali di Metabief nel 1993 si lamentava di come mangiavo e di quanto ero golosa. Poi ho vinto la medaglia d’oro, e si è dovuto ricredere!!!”

Orme/L’episodio più divertente o strano accaduto durante la tua carriera?Giovanna/“Voi non ci crederete, ma Missy Giove faceva pipì ovunque, senza alcun problema, con la stessa disinvoltura dei maschietti e.. tra i maschietti. Una cosa davvero strana, che credo sia la più strampalata che abbia visto sui campi di gara. Invece se parliamo di divertimento, credo che il periodo più piacevole sia all’inizio, quando la discesa in bici era agli albori e vi viveva un clima indimenticabile; si andava in giro con il furgone di Princy, vivendo al tempo, dormendo sul air-camping. Eravamo davvero randagi”.

Non vogliamo infierire ancora su Giovanna, che mentre rispondeva alle nostre domande stava dando lo straccio al pavimento della gelateria. Ora spegne le luci e stiamo per salutarla. Invece con nostro immenso piacere, ci troviamo ad inseguire lei in scooter che corre a folle velocità per le strade della periferia di Verona. Ci ha invitato a casa sua perchè muore dalla voglia di farci vedere la sua mansarda dove conserva biciclette e maglie irridate. La sua passione per la bici pulsa ancora di entusiasmo. Passiamo la serata in sua compagnia, del marito e dello splendido bambino. E la promessa con la quale ci lasciamo è di rimettere sui sentieri una di quelle Princycles molto presto! Grazie Giovanna.56

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Numero 2, anno 2008.Magazine on-line, indipendente, gratuito e scaricabile in formato pdf dal sito www.orme.tv

Progetto e realizzazione a cura della redazione di Orme.tv.grafica, testi, e coordinamento redazionale:Tarantola alias Gianluca Bertoni [email protected]@orme.tv

Hanno contribuito a questo numero:Alberto e Tomaso Ancillottiwww.ancillotti.com

Marcello “cane acuto” Libralato

Luca “Bazooka” Orlandini www.luca-orlandini.com

Darren Mark Crispwww.crisptitanium.com

Andrea “Beppogatto” Benesso

Elisa Canepateam Playbiker - Iron Horse

Giovanna Bonazzi

Carlo Alberto Venturelli

Stefano “Liutaio” Girandolafunesta

Per contattare [email protected]

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