Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone ... · Perdite e sprechi si verificano...

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Science and Technology Options Assessment Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone Opzioni per ridurre gli sprechi alimentari Sintesi Valutazione delle opzioni scientifiche e tecnologiche Direzione generale dei Servizi di ricerca parlamentare Parlamento europeo Ottobre 2013 PE 513.515 IT

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Science and Technology Options Assessment

Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone

Opzioni per ridurre gli sprechi alimentari

Sintesi

Valutazione delle opzioni scientifiche e tecnologiche

Direzione generale dei Servizi di ricerca parlamentare

Parlamento europeo

Ottobre 2013

PE 513.515

IT

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Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone

Opzioni per ridurre gli sprechi alimentari

Sintesi

IP/A/STOA/FWC/2008-096/Lot7/C1/SC2 - SC4

novembre 2013

PE 513.515

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STOA - Valutazione delle opzioni scientifiche e tecnologiche

Il progetto STOA "Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone - Opzioni per ridurre gli

sprechi alimentari" è stato realizzato dall'Institute for Technology Assessment and Systems Analysis del

Karlsruhe Institute of Technology in qualità di membro dell'ETAG (Gruppo europeo per la valutazione

tecnologica).

AUTORI

Carmen Priefer, Capo progetto (ITAS)

Juliane Jörissen (ITAS)

Klaus-Rainer Bräutigam (ITAS)

AMMINISTRATORE RICERCA STOA

Lieve Van Woensel

Valutazione delle opzioni scientifiche e tecnologiche (STOA)

Direzione Valutazione d'impatto e valore aggiunto europeo

Direzione generale dei Servizi di ricerca parlamentare, Parlamento europeo

Rue Wiertz 60 - RMD 00J012

B-1047 Bruxelles

E-mail: [email protected]

VERSIONE LINGUISTICA

Originale: EN

INFORMAZIONI SULL'EDITORE

Per contattare STOA scrivere a [email protected]

Il documento è disponibile sul seguente sito Internet: http://www.europarl.europa.eu/stoa/

Manoscritto ultimato nell'agosto 2013

Bruxelles, © Unione europea, 2013.

LIMITAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ

Le opinioni espresse nel presente documento sono di responsabilità esclusiva degli autori e non

riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.

Riproduzione e traduzione autorizzate, salvo a fini commerciali, con menzione della fonte, previa

informazione dell'editore e con invio di una copia a quest'ultimo.

PE 513.515

ISBN 978-92-823-5116-1

DOI 10.2861/43106

CAT BA-03-13-508-IT-C

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Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone - Opzioni per ridurre gli sprechi alimentari

Il presente documento è il riassunto per non addetti ai lavori dello studio STOA intitolato

"Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone - Opzioni per ridurre gli sprechi

alimentari". Lo studio completo e un breve documento sulle relative opzioni sono disponibili

sul sito web STOA.

Contenuto dello studio

La riduzione degli sprechi alimentari è considerata uno strumento importante per conseguire

la sicurezza alimentare a livello mondiale, svincolare risorse limitate per adibirle ad altri

impieghi, diminuire i rischi ambientali ed evitare perdite finanziarie. Nella sua tabella di

marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, la Commissione europea ha fissato

l'obiettivo di dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2020.

Il presente studio riflette su una serie di strategie di prevenzione degli sprechi alimentari

partendo da un'analisi esaustiva della dimensione, dei motivi e dell'andamento del fenomeno

nell'UE a 27. L'attenzione è rivolta soprattutto a misure e strumenti che, nell'ambito della

letteratura specializzata o dell'attuale dibattito sul tema, sono giudicati particolarmente utili,

semplici da attuare e/o che hanno già dato prova di efficacia. Tra questi figurano il

miglioramento e l'armonizzazione delle banche dati, la fissazione di obiettivi di riduzione degli

sprechi a livello nazionale e regionale, la revisione delle vigenti norme sull'etichettatura degli

alimenti indicante la data di scadenza, campagne di sensibilizzazione, incentivi economici,

l'ottimizzazione dei flussi di lavoro e una gestione integrata dell'approvvigionamento nel

settore della produzione alimentare e della vendita all'ingrosso/al dettaglio, compreso

l'utilizzo di innovazioni tecnologiche verosimilmente in grado di ridurre gli sprechi alimentari.

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Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone - Opzioni per ridurre gli sprechi alimentari

CONTENUTO

1. CONTESTO E FINALITÀ DELLO STUDIO ................................................................................ 1

2. DEFINIZIONE DEI TERMINI "PERDITA ALIMENTARE" E "SPRECO ALIMENTARE"

2

3. LO STATO ATTUALE DELLA RICERCA .................................................................................. 2

4. PERDITE ALIMENTARI LUNGO LA FILIERA AGROALIMENTARE: ORIGINI E

MOTIVI ..................................................................................................................................................... 3

4.1 PERDITE NELLA PRODUZIONE PRIMARIA ................................................................................... 4

4.2 PERDITE NELLA TRASFORMAZIONE E NEL CONFEZIONAMENTO .............................................. 4

4.3 PERDITE NELLA DISTRIBUZIONE, NELLA VENDITA ALL'INGROSSO E AL DETTAGLIO ............... 5

4.4 PERDITE NEL SETTORE RICETTIVO ............................................................................................... 6

4.5 PERDITE NEI NUCLEI DOMESTICI ................................................................................................. 6

5. DATI DISPONIBILI E RELATIVA ATTENDIBILITÀ ............................................................ 9

5.1 CALCOLI BASATI SU DATI FAOSTAT E METODOLOGIA SIK ..................................................... 9

5.2 RISULTATI DEI CALCOLI CONFRONTATI CON LE RISULTANZE DEL BIOIS .............................. 10

6. CONFIGURAZIONE DELLO SPRECO A LIVELLO DEI NUCLEI FAMILIARI ............. 13

7. IMPATTO DELLA PRODUZIONE DI SPRECHI ALIMENTARI .......................................... 15

7.1 CONSUMO DELLE RISORSE ......................................................................................................... 15

7.2 AUMENTO DELLA QUANTITÀ DI RIFIUTI ORGANICI BIODEGRADABILI ................................... 17

7.3 IMPATTO ECONOMICO ............................................................................................................... 18

8. OPZIONI D'INTERVENTO PER RIDURRE GLI SPRECHI ALIMENTARI ........................ 18

BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................................... 22

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RIASSUNTO PER NON ADDETTI AI LAVORI

1. CONTESTO E FINALITÀ DELLO STUDIO

La valutazione delle perdite di cibo che si verificano nel mondo lungo la filiera agroalimentare è un

percorso irto di incertezze. Ciò che è fuori di dubbio è che le proporzioni del fenomeno sono

considerevoli. L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) stima in

1,3 miliardi circa di tonnellate/anno gli sprechi/perdite alimentari nel mondo, pari a circa un terzo della

produzione di alimenti destinati alla nutrizione umana. Perdite e sprechi si verificano lungo tutta la

filiera agroalimentare, dalla fase iniziale della produzione agricola fino a quella del consumo finale.

Secondo la FAO gli sprechi alimentari pro capite attribuibili ai consumatori europei e nordamericani

ammontano a circa 95-115 kg/anno (Gustavsson et al. 2011). Entro il 2020, stando alle stime del

Parlamento europeo, gli sprechi alimentari aumenteranno del 40% se non saranno adottate azioni o

misure preventive (Parlamento Europeo 2012).

Considerando il problema della denutrizione che affligge oltre un miliardo di persone, la questione dello

spreco alimentare assume soprattutto una connotazione etica. Anche se non è ancora chiaro come il

comportamento dei consumatori nei paesi industrializzati incida sulla fame e sulla povertà rurale dei

paesi in via di sviluppo, poiché la questione è molto dibattuta, è lecito supporre che una gestione

alimentare disattenta da parte dei paesi ricchi comporterà necessariamente un aumento della domanda

globale di alimenti, alla quale corrisponderà un rialzo dei prezzi sul mercato mondiale che potrebbe

indebolire ulteriormente il potere d'acquisto dei poveri nei paesi in via di sviluppo. La proiezione di

medio termine delle Nazioni Unite sulla crescita della popolazione mondiale suggerisce che nel 2050 la

terra avrà 9,3 miliardi di abitanti. L'aumento della popolazione eserciterà una pressione sempre

maggiore sulle disponibilità alimentari mondiali.

La produzione di generi alimentari esercita un impatto ambientale negativo, a prescindere che il cibo sia consumato o sprecato. Lo spreco di cibo comporta la perdita non solo di sostanze nutrienti di supporto alla vita, ma anche di risorse limitate, come i terreni, l'acqua e l'energia, che sono impiegate nella produzione, nella lavorazione e nella distribuzione dei prodotti alimentari. Queste perdite saranno esacerbate con il passaggio netto da una prevalenza di diete a base di cereali a un consumo importante di prodotti di origine animale. A causa della crescente prosperità dei paesi in via di sviluppo, si ipotizza che l'assunzione pro capite di calorie legata al consumo di carne aumenterà del 40% sino a metà del secolo (IMECHE 2013). La produzione di alimenti di origine animale richiede una quantità notevolmente superiore di risorse rispetto alla produzione di alimenti a base di cereali. Oltre all'impatto ambientale negativo, lo spreco alimentare causa notevoli perdite monetarie, sia per il singolo consumatore sia per l'economia nazionale. Analogamente a quanto avviene per l'impatto ecologico, le perdite economiche si accumulano lungo la filiera alimentare, cosicché una tonnellata di sprechi alimentari prodotti a livello dei nuclei familiari (ultimo stadio della filiera) implica costi ambientali ed economici molto più elevati rispetto a una tonnellata di sprechi generati dal settore produttivo. In questo contesto, la riduzione degli attuali sprechi alimentari offre la significativa possibilità di

conseguire la sicurezza alimentare globale, diminuendo i rischi ambientali, conservando risorse limitate

per destinarle ad altri impieghi ed evitando perdite finanziarie. L'attuazione di misure preventive volte a

combattere lo spreco alimentare, tuttavia, richiede un'analisi esaustiva della dimensione, del profilo e

dell'impatto degli sprechi, che è poi uno degli aspetti di cui si occupa il presente studio. L'obiettivo

principale è di esaminare quali misure e strumenti possano contribuire a impedire gli sprechi alimentari,

tenendo conto dell'esperienza già acquisita in diversi paesi. L'attenzione è stata rivolta alle strategie che

nell'ambito della letteratura specializzata o dell'attuale dibattito sul tema sono giudicate particolarmente

utili, semplici da attuare e capaci di produrre vantaggi a lungo termine. Sulla scorta di quest'analisi, sono

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state elaborate delle opzioni d'intervento rivolte ai governi europei e nazionali responsabili della loro

attuazione.

2. DEFINIZIONE DEI TERMINI "PERDITA ALIMENTARE" E "SPRECO

ALIMENTARE"

Ad oggi non esiste una definizione comunemente accettata dei termini "perdita alimentare" (food loss in

inglese) e "spreco alimentare" (food waste in inglese), né a livello dei quadri giuridici nazionali ed europei

né nell'ambito della letteratura scientifica. In linea con la posizione di altri autori in materia, si propone

in questa sede di tenere i due termini distinti. Per perdita alimentare s'intende una quantità di cibo

destinata al consumo umano che per diverse ragioni fuoriesce dalla filiera alimentare. Lo spreco

alimentare è un sottoinsieme della perdita alimentare e corrisponde al cibo ancora idoneo al consumo

che finisce nell'immondizia per effetto di azioni o inazioni umane. La differenziazione è d'uopo, in

quanto nelle prime fasi della filiera alimentare i residui e i prodotti scartati possono essere riutilizzati nel

processo produttivo, per cui non tutte le perdite alimentari si tramutano in sprechi, mentre il cibo

inizialmente destinato al consumo umano che viene estromesso dalla filiera alimentare è considerato

spreco anche se adibito a un uso non alimentare. I prodotti non più vendibili recuperati per il consumo

umano, e che rimangono quindi nella filiera alimentare, non sono considerati né perdite né sprechi (si

pensi ad esempio alla rilavorazione e trasformazione in pangrattato dei prodotti di panetteria rimasti

invenduti).

Oltre alla differenziazione tra spreco e perdita alimentare, la comunità scientifica opera un'ulteriore

distinzione tra spreco "evitabile" e spreco "inevitabile". Per spreco alimentare evitabile s'intendono i

prodotti che al momento in cui sono gettati via risultano ancora idonei al consumo umano, oppure i

prodotti che sarebbero stati commestibili se fossero stati consumati in tempo utile. Per spreco alimentare

inevitabile s'intendono i prodotti o gli ingredienti inadatti al consumo umano. Tra questi figurano le

parti non commestibili (p. es. bucce di banana, ossa, gusci d'uovo), come pure i prodotti che, per effetto

del clima, di malattie o parassiti, sono danneggiati al punto da non essere più consumabili. La terza

categoria adottata nel dibattito odierno, ossia quella dello "spreco alimentare

possibilmente/parzialmente evitabile" fa riferimento a prodotti o ingredienti che alcune persone

consumano e altre no, a seconda delle preferenze individuali (p. es. croste di pane, bucce di mela) o a

cibo che può essere commestibile se cucinato in un modo piuttosto che in un altro (generalmente, la pelle

del pollame fritto è consumata, la pelle del pollame bollito no). Questa categoria dovrebbe essere

abbandonata poiché le quantità in questione non incidono che in maniera marginale sugli sprechi

alimentari complessivi.

3. LO STATO ATTUALE DELLA RICERCA

Nel gennaio 2012 il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione "Come evitare lo spreco di alimenti:

strategie per migliorare l'efficienza della catena alimentare nell'UE", in cui chiama la Commissione ad

adottare iniziative concrete per dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2025. La stessa Commissione è

invitata inoltre a effettuare un'analisi dell'intera catena alimentare, dai campi alla tavola del

consumatore, allo scopo di individuare in quali settori si verifichi il maggiore spreco di alimenti. Sulla

base di tale analisi, è necessario definire per gli Stati membri obiettivi specifici di prevenzione degli

sprechi di alimenti, nel quadro degli obiettivi generali di prevenzione dei rifiuti che gli stessi devono

conseguire entro il 2014 (direttiva quadro sui rifiuti del 2008). Con riferimento alle citate iniziative, nella

sua "Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse", la Commissione europea ha

fissato l'obiettivo di dimezzare lo spreco di alimenti commestibili nell'UE entro il 2020 (Commissione

europea 2011).

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A livello europeo, gli studi relativi alla dimensione, alle cause e all'impatto della produzione di sprechi

alimentari sono molteplici. Esistono indagini nazionali per il Regno Unito, i Paesi Bassi, la Danimarca, la

Svezia, la Finlandia e la Norvegia, la Francia, l'Italia, il Portogallo, la Germania, l'Austria e la Svizzera. Le

attività di ricerca, come pure le iniziative politiche, provengono essenzialmente dall'Europa occidentale,

centrale e settentrionale e solo in misura marginale dai paesi dell'Europa meridionale. Alcuni paesi

dell'Europa meridionale e quasi tutti quelli dell'Europa orientale sono scarsamente rappresentati nel

dibattito in corso. Gli studi sugli sprechi alimentari sono pubblicati da istituzioni diverse, tra cui

figurano università, istituti di ricerca, ONG, società industriali, ministeri nazionali, organizzazioni

internazionali ed europee. È opportuno osservare che le risultanze dei singoli studi, ancorché vertenti sul

medesimo argomento, sono scarsamente confrontabili vista la disomogeneità dei presupposti da cui

muovono per quanto riguarda la definizione dei termini "perdita alimentare" e "spreco alimentare", la

fissazione delle delimitazioni di sistema, il modello e la portata dell'indagine e i metodi adottati per la

raccolta e l'analisi dei dati.

Si annovera ad oggi un solo importante studio paneuropeo: si tratta del "Preparatory study on food

waste across EU-27" (Studio preparatorio sugli sprechi alimentari nell'UE a 27) (Monier et al. 2010). Gli

autori vi valutano l'entità delle perdite alimentari europee sulla scorta di dati EUROSTAT e di

informazioni ricavate dagli studi nazionali. Vi sono anche diversi studi che offrono una visione

d'insieme del fenomeno a livello mondiale, realizzati dal WWF e dalla FAO (Grethe et al. 2011;

Gustavsson et al. 2011) e vari studi americani (Buzby & Hyman 2012; Gunders 2012; Hall et al. 2009).

Allo stato attuale, esistono due progetti dell'UE in materia: nel progetto "Green Cook", paesi come la

Francia, la Gran Bretagna, i Paesi Bassi, il Belgio e la Germania collaborano alla messa a punto di un

modello nordeuropeo di gestione sostenibile del cibo. Il programma contempla anche l'elaborazione di

una definizione univoca del termine "spreco alimentare" e la messa in atto di un quadro di valutazione

del fenomeno. Nel progetto europeo FUSIONS (Food Use for Social Innovation by Optimising Waste

Prevention Strategies), sostenuto dal settimo programma quadro (7PQ), sono coinvolte 21 istituzioni di

13 Stati membri. Il progetto contribuirà ad armonizzare il monitoraggio degli sprechi alimentari, ad

assicurare la fattibilità sociale di misure innovative per ottimizzare l'uso del cibo nella filiera alimentare e

a permettere l'elaborazione di orientamenti per una politica comune sugli sprechi alimentari nell'UE a

27.

In Europa, il Regno Unito riveste un ruolo di primo piano in questo campo, grazie al programma WRAP

(Waste & Resources Action Programme – programma d'azione sugli sprechi e le risorse) istituito nel

2000. L'obiettivo di questa iniziativa, finanziata dallo Stato, è di ridurre gli sprechi di ogni genere e

specie nel settore privato come in quello industriale. Il tema degli sprechi alimentari occupa un posto

importante nel programma WRAP e rimarrà in agenda per diversi anni. Obiettivo primario è stimare

l'entità delle perdite alimentari nel Regno Unito, unire i soggetti interessati e richiamare l'attenzione dei

consumatori attraverso campagne come quella intitolata "Love Food Hate Waste" (ama il cibo, odia gli

sprechi).

4. PERDITE ALIMENTARI LUNGO LA FILIERA AGROALIMENTARE: ORIGINI

E MOTIVI

Negli ultimi decenni la filiera agroalimentare si è allungata, diventando sempre più complessa. Le

ragioni sono riconducibili alla globalizzazione dei mercati, alle maggiori aspettative dei consumatori in

termini di varietà di scelta e a una crescente domanda di carne, frutta, ortaggi e altri prodotti facilmente

deperibili. Le crescenti migrazioni dalle zone rurali verso quelle urbane dilatano le distanze tra luoghi di

produzione e luoghi di consumo. E questo comporta trasporti più lunghi, catene del freddo più lunghe e

il ricorso a un maggior numero di intermediari. Inoltre, gli abitanti delle città gestiscono il cibo in

maniera assai diversa rispetto agli abitanti delle campagne. Partendo da diverse analisi condotte sui

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rifiuti, uno studio austriaco ha rilevato che i cassonetti predisposti nelle città contengono una quantità di

cibo molto più elevata rispetto a quelli delle zone rurali (Obersteiner & Schneider 2006).

4.1 Perdite nella produzione primaria

Nei paesi industrializzati le perdite attribuibili al settore della produzione primaria (agricoltura,

trattamento post-raccolto, immagazzinamento) sono relativamente esigue rispetto a quanto avviene nei

paesi emergenti e in via di sviluppo. Una delle possibili cause delle perdite di alimenti nei paesi

industrializzati si fa ricondurre al fatto che, essendo la produzione orientata alle esigenze del mercato,

può accadere che talvolta l'offerta superi la domanda. La necessità di rispettare rigidi termini contrattuali

e rigorosi criteri di qualità definiti dalla grande distribuzione può anch'essa dare origine a produzioni

eccedentarie.

Anche se la selezione vegetale consente di coltivare piante aventi le caratteristiche desiderate, gli

agricoltori non sono in grado di prevedere con esattezza la resa del raccolto, anche a causa della

variabilità delle condizioni atmosferiche. D'altro canto, per poter riscuotere il prezzo pattuito,

l'agricoltore è obbligato a fornire il quantitativo concordato e una qualità ineccepibile. Questo a sua volta

fa sì che enormi quantità di prodotti agricoli rimangano nei campi. Va detto, tuttavia, che per i loro

prodotti eccedentari, agricoltori e aziende alimentari si avvalgono generalmente di circuiti commerciali

alternativi.

Un altro aspetto importante dell'analisi in questione riguarda il contesto giuridico. L'obiettivo sociale

della prevenzione dei rischi per la vita e la salute dei consumatori, radicato in diversi regolamenti e

direttive dell'UE, può entrare in conflitto con l'ambizione di evitare gli sprechi alimentari. A tale

proposito, occorre distinguere tra contaminazioni alimentari che si verificano durante la produzione,

residui di pesticidi sui prodotti agricoli e residui di farmaci veterinari negli alimenti di origine animale.

Per tutte queste tipologie di contaminazione sono stati definiti a livello europeo una serie di limiti di

concentrazione massima. Uno studio della Wageningen UR (Waarts et al. 2011) individua in questi limiti

legali statuiti dal diritto europeo una significativa fonte di sprechi alimentari a livello della produzione

primaria.

4.2 Perdite nella trasformazione e nel confezionamento

Il problema dell'eccedenza produttiva esiste in parte anche nel settore della trasformazione. Nonostante

siano numerose le aziende che cercano di evitare alti tassi di rimanenza con consegne "just in time", le

eccedenze di produzione non possono essere escluse.

Per la trasformazione dei prodotti, l'industria alimentare richiede dimensioni e standard specifici. Le

numerose operazioni di selezione condotte nelle diverse fasi di trasformazione danno luogo a elevate

percentuali di spreco. Gli ortaggi e la frutta, spesso venduti in confezioni, sono selezionati durante il

processo per ottenere unità di imballaggio di dimensione e peso uniformi. La commercializzazione in

confezioni comporta anche perdite presso i punti vendita, poiché in caso di prodotti danneggiati, diventa

eccessivamente oneroso aprire le confezioni e porre in vendita le merci rimanenti. La trasformazione

alimentare produce inoltre residui che potrebbero comunque essere utilizzati per la nutrizione umana. In

alcuni casi trovano impiego in altri settori, ma di solito sono gettati perché la loro eliminazione risulta

meno dispendiosa e impegnativa.

Altro fattore in grado di generare perdite è la produzione di diverse denominazioni commerciali e di

determinati marchi commerciali di un prodotto. I latticini, ad esempio, sono rappresentati sul mercato

con una molteplicità di denominazioni commerciali e appartengono alla categoria dei prodotti alimentari

deperibili. La loro produzione, per via della diversità delle ricette, impone il cambio dei lotti. Questo fa sì

che nella riempitrice intervenga una fase ibrida il cui prodotto è generalmente scartato per motivi di

gestione degli allergeni. Un'alta frequenza dei cambi di lotto determina poi una maggiore quantità di

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Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone - Opzioni per ridurre gli sprechi alimentari

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residui dovuti alle operazioni di pulizia. Infine, chi realizza i prodotti a marchio dei supermercati non

può vendere le proprie eccedenze presso altri circuiti.

La manipolazione di prodotti di origine animale, come latte, latticini, carne e insaccati, è disciplinata da

una molteplicità di regolamenti UE che impongono un regime rigoroso in materia di norme igieniche. I

regolamenti dell'Unione europea obbligano altresì a una chiara documentazione della filiera

agroalimentare, che deve essere tracciabile attraverso una marcatura d'identificazione sulla confezione.

La carne e gli insaccati sono generi alimentari particolarmente deperibili a causa della loro sensibilità

microbica. La trasformazione delle materie prime richiede il rigoroso rispetto della catena del freddo.

Nei supermercati e nei discount, che in molti casi offrono enormi quantità di carni fresche di diverse

varietà, il rischio di spreco dei prodotti è particolarmente elevato a causa dei ridotti tempi di rotazione.

Interruzioni della catena del freddo, eccessi di temperatura e contaminazioni danno luogo nella maggior

parte dei casi all'eliminazione di questi alimenti.

4.3 Perdite nella distribuzione, nella vendita all'ingrosso e al dettaglio

Definendo gli standard di qualità cui devono conformarsi i prodotti agricoli, il settore commerciale

esercita una forte influenza sulla produzione primaria, lasciando ai produttori le merci rifiutate. La

perdita di alimenti è dovuta alla necessità di selezionare i prodotti in base ai criteri di dimensione, forma,

colore e aspetto imposti alla produzione.

Nel 2009 il numero delle norme europee specifiche per l'immissione sul mercato di frutta e ortaggi

freschi è stato ridotto da 36 a 10. Nonostante ciò, il settore commerciale continua a richiedere prodotti

standardizzati in ragione del fatto che i processi logistici nelle fasi di stoccaggio, confezionamento e

distribuzione non sono in grado di gestire prodotti di dimensioni e forma irregolari. Il settore

commerciale ha inoltre interesse a mantenere gli standard, in quanto costituiscono un parametro

oggettivo che agevola i rapporti commerciali tra produttori, fabbricanti e rivendite al dettaglio. Ne

consegue che diverse aziende alimentari applicano tuttora le disposizioni di legge iniziali sotto forma di

norme private.

Prima di essere immessi sul mercato, i generi alimentari devono affrontare il trasporto e la distribuzione.

In queste fasi, è possibile incorrere in perdite di alimenti nel caso in cui siano superati i tempi

programmati dalle imprese di trasporto per la consegna e lo scarico delle merci. Durante il tragitto,

possono verificarsi perdite o danni ai prodotti o agli imballaggi laddove le condizioni di trasporto siano

inadeguate. I prodotti possono subire danni anche durante le operazioni di carico e scarico e di

accatastamento. Un altro problema a livello logistico è rappresentato dalla permanenza delle merci nei

depositi, giacché in caso di sovrastoccaggio dei prodotti, può accadere che il termine minimo di

conservazione non rispetti più i requisiti di vendita o, persino, che gli alimenti si deteriorino.

Il raggiungimento della data di scadenza è causa di sprechi anche nel settore della vendita

all'ingrosso/al dettaglio. Rietichettare e vendere i prodotti che abbiano oltrepassato il termine minimo di

conservazione (indicato dalla dicitura "da consumarsi preferibilmente entro il") non è vietato, purché sia

garantito che non vi sono rischi per la salute. Per motivi di responsabilità giuridica, tuttavia, questa

pratica non è diffusa. Waarts et al. (2011) hanno rilevato che i produttori fissano la scadenza indicata

dalla dicitura "da consumarsi preferibilmente entro il" in maniera molto prudenziale, onde contenere i

rischi in termini di responsabilità sul prodotto e di potenziale danno alla reputazione. Per lo stesso

motivo, i dettaglianti scelgono di non rietichettare i prodotti che hanno oltrepassato tale data di

scadenza. Si ritiene infine che alcune strategie di marketing, come ad esempio la formula "paghi uno

prendi due", siano fonte di sprechi alimentari a livello di nucleo domestico, in quanto incoraggiano i

consumatori ad acquistare prodotti non richiesti.

Nonostante siano numerosi i fattori che provocano le perdite alimentari nel settore della distribuzione e

del commercio all'ingrosso e al dettaglio, le quantità interessate sembrano essere relativamente esigue.

Secondo le stime del BIOIS e di altri studi, il settore commerciale incide solo per il 5% sul totale degli

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sprechi alimentari nell'UE. Vero è, tuttavia, che in questo comparto i dati empirici sono particolarmente

limitati, ed è pertanto indispensabile eseguire ricerche più approfondite per misurare con maggiore

accuratezza l'entità degli sprechi alimentari prodotti.

4.4 Perdite nel settore ricettivo

Per i ristoranti e altri servizi di ristorazione, la quantità degli sprechi dipende in larga misura dalla

dimensione delle porzioni offerte. A causa della tendenza a servire porzioni più abbondanti, che si

riscontra da qualche anno in America come in Europa, cresce il numero dei clienti che lascia parte del

cibo nel piatto. Per quanto riguarda i ristoranti a buffet, la maggior parte degli sprechi si deve al fatto che

gli esercenti cucinano una quantità eccessiva di cibo che non può essere conservata o servita come

diversa pietanza in un secondo tempo. Uno dei motivi è legato alle aspettative dei clienti, che in molti

casi non contemplano che il cibo possa esaurirsi, soprattutto nei locali di più alto livello, costringendo

così gli operatori a preparare quantitativi notevolmente superiori a quanto sarà effettivamente

consumato.

A favorire le perdite alimentari nel settore ricettivo, contribuiscono anche problemi di natura logistica.

La variabilità del numero degli ospiti impedisce alla direzione dei locali di acquistare gli alimenti nelle

giuste quantità. Le prenotazioni, pur agevolando le stime dei quantitativi occorrenti, non sono pratica

comune in alcune tipologie di ristorante: nelle tavole calde, ad esempio, questo sistema non è utilizzato.

Nei locali con servizio a buffet, le prenotazioni consentono solo in parte di prevedere l'entità della

domanda.

Se un locale prevede di riutilizzare o di riproporre le rimanenze, deve disporre di uno spazio sufficiente

per la refrigerazione. Tuttavia, in situazioni di stress, risulta spesso più semplice eliminare il cibo che

non imballarlo e surgelarlo. Il riutilizzo delle rimanenze risulta inoltre complesso per via del fatto che le

proposte del giorno sono tendenzialmente decise in anticipo e non vi sono molti margini di flessibilità

per cambiare il menu. La quantità degli sprechi alimentari rimane poi invisibile, poiché nella maggior

parte degli esercizi di ristorazione i rifiuti alimentari non sono raccolti e pesati in maniera differenziata;

non esiste pertanto una misurazione degli sprechi e neanche una riflessione sugli eventuali

miglioramenti a livello delle procedure interne che potrebbero rendere più efficiente l'uso dei prodotti

alimentari.

Le disposizioni di legge rivestono anch'esse un ruolo importante nel settore della ristorazione. A causa

delle norme igieniche vigenti, il riutilizzo delle rimanenze alimentari è legale solo se queste non sono

mai uscite dal locale cucina. La garanzia di due ore prevista per i prodotti non refrigerati (inserita nel

"pacchetto igiene alimentare" dell'UE) dà luogo a sprechi in quanto i ristoratori che offrono alla vendita

per più di due ore prodotti normalmente destinati alla conservazione in frigorifero sono costretti a

gettare tali alimenti. Infine, Waarts et al. (2011) hanno riscontrato che in molti casi i ristoratori, i

dettaglianti e gli operatori che si occupano di trattamento dei flussi residui applicano norme più severe

di quelle imposte per legge, onde evitare problemi di responsabilità giuridica e danni alla reputazione.

4.5 Perdite nei nuclei domestici

Diversi studi rivelano che gli sprechi alimentari tendono a crescere con l'aumento della prosperità.

Anche nei paesi a reddito medio-basso, è osservabile una tendenza allo spreco nelle classi più abbienti. Il

continuo calo del prezzo degli alimenti verificatosi nel secolo scorso sul mercato mondiale, contrastato

solo da un aumento marginale nel primo decennio del nuovo secolo, ha fatto sì che la spesa alimentare

rappresentasse una parte sempre più esigua del reddito delle famiglie. Mentre all'inizio del XX secolo un

nucleo familiare medio era costretto a spendere più della metà del proprio reddito disponibile per

sfamarsi, oggi, nell'UE a 27, la quota di spesa desinata al cibo va da percentuali inferiori al 10% fino a un

massimo del 20%. A causa di questo nuovo stato di cose, il valore generalmente attribuito al cibo è

scemato (Gerstberger & Yaneva 2013).

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Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone - Opzioni per ridurre gli sprechi alimentari

7

Anche i cambiamenti demografici gravano sul fenomeno in esame. La continua crescita del numero delle

famiglie unipersonali nei paesi industrializzati produce un aumento degli sprechi alimentari. Non

avendo la possibilità di condividere il cibo, tali nuclei registrano percentuali di spreco pro capite

superiori a quelle delle famiglie composte da più membri. La gestione degli alimenti è influenzata anche

da una terza dinamica, ossia la percentuale in crescita delle donne che lavorano. Il moltiplicarsi delle

incombenze legate alla vita professionale e familiare fa sì che il tempo disponibile per gli acquisti sia

contingentato e che sia più difficile comprare gli alimenti giorno per giorno. Si acquistano così maggiori

quantitativi da far durare tutta la settimana e aumentano le probabilità che alcuni alimenti siano gettati

senza essere mai stati consumati. Esistono prove empiriche che dimostrano che chi ha un'occupazione a

tempo pieno tende a gettare più alimenti.

Un altro fattore che incide notevolmente sull'aumento degli sprechi alimentari è l'atteggiamento

comportamentale dei nuclei familiari. I consumatori pianificano gli acquisti quotidiani in modo

inadeguato e comprano più di quanto sia loro necessario. L'ampia offerta di generi alimentari e prodotti

di convenienza li induce a provare articoli nuovi e sconosciuti. Una certa quantità di alimenti, acquistati

per la prima volta, finisce nella spazzatura perché non è di loro gradimento. Le confezioni di grandi

dimensioni riducono al minimo l'esigenza di materiali di imballaggio e la quantità dei rifiuti di

imballaggio. Tuttavia, in molti casi, risulta impossibile consumare tutti i prodotti della confezione prima

che deperiscano. Le confezioni piccole sono molto più costose delle grandi. Inoltre, i consumatori sono

spesso disinformati sulla corretta gestione degli alimenti sotto il profilo della conservazione e del

mantenimento.

Le norme dell'Unione europea in materia di etichettatura degli alimenti obbligano a specificare

sull'imballaggio la durata minima di conservazione dei prodotti preconfezionati. Esistono

principalmente due etichette basilari per indicare la data di scadenza, corrispondenti alle diciture "da

consumarsi preferibilmente entro il" e "da consumare entro". Mentre l'espressione "da consumare entro"

indica il termine ultimo raccomandato per l'utilizzo di un genere alimentare (ad esempio la carne

macinata o il pesce fresco) dal punto di vista della sicurezza alimentare, la dicitura "da consumarsi

preferibilmente entro il" non si riferisce alla sicurezza del prodotto. Può essere considerata come una

garanzia di responsabilità del produttore, e gli alimenti devono potersi consumare senza rischio anche

dopo tale data. Tuttavia, il fatto che regni una grande confusione in merito al significato delle etichette

dà luogo a ulteriori sprechi alimentari. Diversi studi empirici sul comportamento dei nuclei domestici

nell'UE rilevano che il superamento della data indicata dall'etichetta "da consumarsi preferibilmente

entro il" è responsabile dell'eliminazione di molti alimenti in ambito familiare, in quanto i consumatori

collegano entrambe le diciture al deperimento e alla non commestibilità dei prodotti.

La Tabella 1 presenta una sintesi dei principali fattori che contribuiscono allo spreco di alimenti nelle

diverse fasi della catena alimentare

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STOA - Valutazione delle opzioni scientifiche e tecnologiche

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Tabella 1: Sintesi dei principali fattori che contribuiscono allo spreco di alimenti nelle diverse fasi

della catena alimentare nei paesi industrializzati

Fasi Fattori

Produzione agricola

Selezione e scarto dei prodotti nelle aziende agricole per soddisfare i

rigorosi standard qualitativi (in materia di peso, dimensione, forma e

aspetto) imposti dalla grande distribuzione

Prezzi di mercato che non giustificano le spese di raccolta

Sovrapproduzione riconducibile a contratti di fornitura conclusi con

catene di vendita al dettaglio

Colture danneggiate durante il raccolto

Industria alimentare

Ridimensionamento o completa eliminazione dei prodotti di forma

irregolare

Deformazione o danneggiamento dei prodotti attribuibili alla non

omogeneità dei processi produttivi

Perdita di qualità dovuta a contaminazioni nei processi produttivi

Deperimento dovuto a problemi di confezionamento

Impossibilità di vendere altrove le eccedenze dei prodotti a marchio

dei supermercati

Eccedenze di stock per resi o annullamento di ordini

Distribuzione e vendita

all'ingrosso/al dettaglio

Mancata conservazione in luoghi refrigerati/interruzione della

catena del freddo

Danni ai prodotti dovuti a difetti di imballaggio

Eccedenze dovute ad atteggiamenti approssimativi nell'ordinazione

e nella previsione della domanda

Obbligo per i dettaglianti di ordinare un'ampia varietà di prodotti e

marchi dallo stesso produttore per ottenere prezzi vantaggiosi

Mancato rispetto delle norme minime in materia di sicurezza

alimentare (p. es. contaminazioni microbiche, residui di pesticidi)

Strategie di marketing del tipo "paghi uno prendi due "

Settore ricettivo e della

ristorazione

Portate sovradimensionate

Offerta di buffet a prezzi fissi che incoraggiano a prendere più cibo

di quanto se ne possa consumare

Separazione di confezioni dimensionate per la ristorazione negli

alberghi e negli esercizi di ristorazione (ad es. per marmellate,

cereali, succhi e latte) o utilizzo di confezioni individuali non

corrispondenti alle esigenze dei consumatori

Difficoltà di valutazione della domanda (numero di clienti)

Norme d'igiene UE, p. es. garanzia di due ore sui prodotti non

refrigerati

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9

Nuclei familiari

Assenza di pianificazione/conoscenza per quanto riguarda

l'acquisto e la conservazione dei cibi

Acquisti decisi d'impulso (di articoli non corrispondenti alle

esigenze del momento)

Acquisto di nuovi prodotti che non risultano in seguito di

gradimento del consumatore

Confezioni di dimensioni inadeguate (p. es. pasti pronti

sovrabbondanti)

Cattive condizioni di conservazione (p. es. involucri inadeguati)

Confusione in merito alle diciture riportate sulle etichette ("da

consumarsi preferibilmente entro il" e "da consumare entro")

Deficit di tecniche e competenze in merito alla preparazione dei cibi

Insufficiente esperienza nella pianificazione dei pasti

Preparazione di pasti sovrabbondanti

Incapacità di riutilizzare gli avanzi per preparare nuove pietanze

Fonte: Parfitt et al. (2010); Monier et al. (2010); Gustavsson et al. (2011); BFCN (2012); IMECHE (2013)

5. DATI DISPONIBILI E RELATIVA ATTENDIBILITÀ

Sono principalmente due gli studi che analizzano i dati paneuropei sul fenomeno degli sprechi

alimentari: lo studio realizzato dal Bio Intelligence Service (BIOIS) per conto della Commissione europea

(Monier et al. 2010) e quello condotto dallo Swedish Institute for Food and Biotechnology (SIK) per conto

della FAO (Gustavsson et al. 2011, 2013). Entrambi presentano punti forti e punti deboli. Il primo

esamina l'insorgenza degli sprechi alimentari in tutte le fasi della filiera alimentare nell'UE a 27,

escludendo la produzione agricola e non considerando le diverse categorie di prodotto. Il secondo

osserva il fenomeno degli sprechi alimentari in tutte le fasi della catena alimentare, prendendo in

considerazione anche la produzione agricola e scomponendo i dati per tipologia di prodotto.

Diversamente dal primo, il secondo adotta una prospettiva mondiale e suddivide il pianeta in diverse

regioni, facendo rientrare nel gruppo dei paesi a reddito medio/alto, l'UE a 27, la Russia e altri paesi

europei non membri dell'UE. Lo studio del SIK si basa sui dati FAOSTAT del 2007, mentre quello del

BIOIS si avvale dei dati EUROSTAT del 2006 e di diverse fonti nazionali.

5.1 Calcoli basati su dati FAOSTAT e metodologia SIK

Per lo studio del BIOIS è stata utilizzata una combinazione di dati formata da dati EUROSTAT, studi nazionali ed estrapolazioni effettuate dallo stesso Bio Intelligence Service. Tutte le cifre presentate dal BIOIS sono da intendersi come stime approssimative rappresentative dei migliori dati a disposizione. Tuttavia, è lecito chiedersi se esse riflettano correttamente la reale quantità di sprechi generati nelle diverse fasi della catena alimentare. I dati EUROSTAT (utilizzati principalmente per l'industria alimentare) sono quelli presentati dai singoli Stati membri, ma non esiste una metodologia standard di raccolta ed elaborazione. Le estrapolazioni del BIOIS (impiegate principalmente per il settore del commercio all'ingrosso/al dettaglio e per quello dei servizi di ristorazione/catering) applicano una serie di valori medi basati su una quantità limitata di studi nazionali. Questo metodo rende un'immagine offuscata delle differenze esistenti tra gli Stati membri. Si presuppone che gli studi nazionali siano realizzati con maggiore cura e che i dati forniti siano più solidi; tuttavia, le definizioni e le metodologie di calcolo variano notevolmente da Stato a Stato, riducendo i margini di comparabilità dei risultati.

Per sottoporre i risultati dello studio BIOIS a un controllo di plausibilità sono stati realizzati calcoli

secondo modelli basati sui dati FAOSTAT e sulla metodologia fornita dal SIK (Gustavsson et al. 2013).

Tali calcoli sono stati eseguiti separatamente per i diversi gruppi di alimenti e le diverse fasi della filiera

alimentare in ciascuno dei paesi dell'UE a 27. Per permettere il confronto con i risultati dello studio

BIOIS, i calcoli sono stati eseguiti con i dati FAOSTAT relativi al 2006.

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La metodologia utilizzata consente di individuare le "zone calde" (p. es. paese, tipo di alimento, fase

della filiera alimentare) maggiormente responsabili degli sprechi alimentari. Poiché tutte le fasi della

catena alimentare possono essere modellizzate in maniera coerente, le perdite alimentari che si verificano

a un particolare stadio influenzano direttamente i dati di entrata di tutti gli stadi successivi della catena

alimentare. Questo sistema permette di evitare i conflitti derivanti dall'utilizzo di dati provenienti da

fonti diverse.

Tuttavia, è bene osservare che vi sono anche molte restrizioni che limitano l'attendibilità dei risultati. Le

percentuali fornite dal SIK per le perdite alimentari registrate nelle singole fasi della filiera alimentare

sono in maggior parte valori medi per tutti i paesi europei e, pertanto, non tengono conto delle

condizioni specifiche per paese. I risultati riflettono principalmente le differenze esistenti negli equilibri

alimentari tra i paesi. Nonostante i limiti di cui sopra, questo tipo di impostazione rende possibile una

verifica di plausibilità sui risultati di altri studi, consentendo una migliore interpretazione dei dati

disponibili.

5.2 Risultati dei calcoli confrontati con le risultanze del BIOIS

La Figura 1 indica in che misura i singoli stadi della filiera alimentare contribuiscono alla totalità degli

sprechi alimentari nell'UE a 27 e dimostra che le maggiori quantità di sprechi sono generate nel primo e

nell'ultimo anello della filiera. La constatazione secondo la quale la produzione agricola e la

manipolazione e lo stoccaggio post-raccolto nell'UE a 27 contribuiscono in misura notevole alla totalità

degli sprechi alimentari in Europa contraddice in certa misura i risultati di altri studi. L'opinione

dominante, infatti, è che nei paesi industrializzati, al contrario di quanto accade nei paesi in via di

sviluppo, le perdite riconducibili alla produzione primaria sono marginali.

Figura 1: Incidenza in percentuale delle diverse fasi della filiera alimentare sul totale degli sprechi

alimentari prodotti nell'UE a 27 (calcoli ITAS)

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Secondo i calcoli, è possibile osservare un elevato tasso di spreco tanto in paesi dell'Europa meridionale

come Cipro, Spagna, Grecia e Italia quanto nei Paesi Bassi, in Belgio e in Polonia. Tutte queste nazioni

vantano una grande produzione agricola, il che significa che una percentuale significativa degli alimenti

prodotti è destinata all'esportazione e non è consumata internamente. Questo risultato suggerisce la

necessità di coinvolgere il settore agricolo in una strategia europea di riduzione degli sprechi alimentari.

In linea con le risultanze di altri studi, i calcoli ITAS indicano che i nuclei familiari producono in

percentuale più sprechi di tutti gli altri anelli della filiera alimentare, il che induce a concludere che il

lavoro di messa a punto delle misure preventive dovrebbe concentrarsi sul comportamento del

consumatore finale, senza tuttavia trascurare le fasi precedenti della catena alimentare.

La Figura 2 presenta le quantità (kg) di sprechi alimentari pro capite prodotte nel 2006, ordinate in senso

discendente sulla base dei calcoli eseguiti. Poiché lo studio BIOIS esclude le prime due fasi della filiera

alimentare (produzione agricola e manipolazione e stoccaggio post-raccolto) facendo riferimento solo

alle fasi a valle, i calcoli eseguiti nel presente studio utilizzano il medesimo quadro di riferimento. La

figura indica che il livello di conformità dei risultati è relativamente buono, tranne per i Paesi Bassi, il

Belgio e la Polonia, dove le cifre del BIOIS, basate su dati EUROSTAT, non risultano plausibili in quanto

non possono spiegarsi con le inefficienze tecnologiche o la dimensione dell'industria alimentare di tali

paesi.

Figura 2: Quantità pro capite di sprechi alimentari, esclusi agricoltura e manipolazione post-raccolto

– confronto tra calcoli ITAS e risultati BIOIS per l'UE a 27 nel 2006

Si osservano inoltre differenze notevoli, ad esempio, per quanto riguarda la Grecia, la Romania, la

Slovenia, Malta e la Repubblica Ceca (dati dello studio BIOIS nettamente inferiori) nonché per l'Estonia e

Cipro (dati dello studio BIOIS nettamente superiori). Uno dei motivi di tali discrepanze potrebbe

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dipendere dal fatto che, per mancanza di riscontri empirici, i dati utilizzati dal BIOIS sono stati

estrapolati dai risultati di altri paesi. In secondo luogo, le percentuali fornite dal SIK per le diverse fasi

della filiera non fanno distinzione tra i paesi e ciò potrebbe contribuire a sua volta a spiegare le disparità

osservate. Questo stato di cose indica con tutta evidenza che per valutare gli sprechi alimentari prodotti

dai diversi Stati membri è necessario disporre di dati migliori e più affidabili, ripartiti in base alle diverse

fasi della catena alimentare e alle categorie di alimenti.

Per concludere il raffronto tra i calcoli ITAS e i risultati dello studio BIOIS, la Figura 3 illustra il

fenomeno degli sprechi alimentari a livello dei nuclei famigliari. I paesi dell'UE a 27 sono stati

raggruppati in linea con le fonti di dati sulle famiglie di cui allo studio BIOIS. Per i paesi sul lato sinistro

della figura (dalla Grecia alla Bulgaria) gli sprechi alimentari sono stati calcolati dal BIOIS sulla base di

uno "scenario minimo"; per tutti questi paesi, la quantità specifica di sprechi (kg pro capite) stimata dal

BIOIS è nettamente inferiore alle cifre calcolate dall'ITAS; ciò potrebbe dipendere dal fatto che il valore

prescelto dal BIOIS per lo scenario minimo è eccessivamente basso.

Figura 3: Produzione pro capite di sprechi alimentari a livello dei nuclei familiari – confronto tra

calcoli ITAS e risultati BIOIS per l'UE a 27 nel 2006

Per i paesi sulla destra della Figura 3, lo studio BIOIS si è avvalso dei dati provenienti dagli studi

nazionali o da EUROSTAT. In generale, il livello di conformità è nettamente superiore rispetto a quanto

riscontrabile per i paesi sulla sinistra. Si osservano differenze importanti per l'Italia, la Polonia, l'Irlanda

e l'Estonia, probabilmente attribuibili all'inaffidabilità dei dati EUROSTAT. Ad esempio, nello studio

BIOIS, il dato relativo all'Italia è molto inferiore a quello di altri paesi con pari tenore di vita e reddito

famigliare disponibile, e pertanto non sembra essere plausibile.

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6. CONFIGURAZIONE DELLO SPRECO A LIVELLO DEI NUCLEI FAMILIARI

A livello dei nuclei domestici, gli sprechi variano in misura considerevole in base alla categoria

alimentare osservata; tali differenze possono essere studiate con varie soluzioni metodologiche. Gli studi

nazionali a disposizione si avvalgono di indagini sulle famiglie, talvolta combinate con la compilazione

di diari familiari, oppure di analisi della composizione dei rifiuti. Entrambi i metodi presentano vantaggi

e svantaggi.

Le indagini sulle famiglie sono semplici da realizzare sul piano metodologico, ma solitamente riescono a

produrre solo informazioni qualitative, poiché le stime quantitative per quanto concerne il peso degli

alimenti acquistati e gettati sono fornite dagli interessati sulla base di quanto sono in grado di ricordare e

risultano quindi particolarmente soggette a errori. L'esperienza inoltre insegna che nel riferire in merito

ai propri comportamenti, i consumatori tendono a sottovalutare ampiamente le perdite di cui sono

artefici. I diari domestici sono fonte di dati affidabili, tuttavia la loro compilazione richiede molto tempo

e può indurre i partecipanti chiamati a registrarvi le proprie abitudini a modificare il proprio modo di

gestire gli alimenti in quanto soggetti consapevolmente coinvolti nell'indagine; ciò è tanto più vero

considerando che l'argomento "sprechi alimentari" è associato a giudizi di carattere emotivo e morale. Le

analisi della composizione dei rifiuti, realizzabili senza la partecipazione attiva e consapevole dei nuclei

famigliari, sono considerate più obiettive e precise come metodo per determinare la quantità degli

sprechi alimentari a livello dei consumatori. Il punto debole di questa impostazione è legato all'assenza

di una metodologia internazionale standardizzata di raccolta e alla mancanza di coerenza tra le

definizioni utilizzate.

La stragrande maggioranza degli studi a disposizione applica il secondo metodo e indica la quantità

degli sprechi come percentuale dei rifiuti domestici. La Tabella 2 fornisce una panoramica della

composizione degli sprechi domestici nei vari paesi europei.

Tabella 2: Composizione in % degli sprechi domestici in sette paesi europei

Regione

target

Carne e

pesce Latticini

Ortaggi

freschi

Frutta

fresca

Prodotti

di

panetteria

Pasti Altri

Regno

Unito1

9 8 27 16 11 10 19

Paesi Bassi2 6 13 23 10 17 18 13

Svezia3 10 3 38 15 27 8

Norvegia4 10 6 31 27 15 11

Finlandia5 7 17 19 13 13 18 6

Austria6 12 15 13 8 13 15 24

Germania7 7 9 27 19 16 13 9

1(Johnson & Quested 2009), 2(van Westerhoven & Steenhuisen 2010), 3(Andersson 2012), 4(Syversen & Marthinsen

2010), 5(Silvennoinen et al. 2012), 6(Schneider 2008), 7(Hafner et al. 2012)

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STOA - Valutazione delle opzioni scientifiche e tecnologiche

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La tabella mostra che, in tutti i paesi analizzati, frutta e ortaggi freschi rappresentano la categoria più

importante nella composizione degli sprechi alimentari domestici, seguita dai prodotti di panetteria e dai

pasti. Tali risultati sono suffragati dai calcoli eseguiti nel presente studio. La Figura 4 indica le

percentuali delle diverse tipologie di alimenti rispetto al totale degli sprechi alimentari prodotti a livello

delle famiglie nei diversi paesi. Per la maggior parte degli Stati membri dell'UE, la categoria alimentare

più importante è quella della frutta e degli ortaggi, seguita dai cereali. La percentuale degli scarti di

carne e pesce rispetto al totale degli sprechi alimentari è relativamente esigua, mentre quella delle colture

da olio e dei legumi è trascurabile.

Figura 4: Percentuali delle varie categorie alimentari rispetto al totale degli sprechi alimentari

prodotti dai nuclei famigliari nell'UE a 27 nel 2006 (calcoli ITAS)

Analizzando in maggiore dettaglio gli sprechi alimentari prodotti dalle famiglie, distinti per paese e per

tipologia di prodotto, il quadro che si ricava dai risultati dei calcoli del presente studio è il seguente: i

maggiori tassi di spreco per la categoria frutta e ortaggi sono riscontrabili in alcuni paesi dell'Europa

meridionale, come Cipro, Italia, Grecia, Spagna, Malta e Portogallo, ma anche in Lussemburgo, Francia,

Ungheria e Romania. I tassi relativi ai cereali raggiungono le punte massime nei paesi dell'Europa

orientale, come la Bulgaria, la Slovacchia e la Repubblica Ceca. In alcuni paesi dell'Europa orientale,

come la Polonia, l'Estonia, la Lettonia e la Lituania, ma anche in Danimarca e nel Regno Unito, si

registrano i massimi tassi di spreco per quanto riguarda il gruppo radici e tuberi. Per la categoria latte e

uova, i valori più altri di spreco si riscontrano in alcuni paesi dell'Europa settentrionale (Svezia,

Finlandia e Paesi Bassi) e dell'Europa centrale (Lussemburgo e Germania) ma anche in Lituania. I tassi di

spreco legati alla carne sono simili in tutti i paesi dell'UE a 27. Le punte più elevate per quanto concerne

lo spreco di prodotti ittici si osservano in alcuni paesi dell'Europa meridionale, come il Portogallo e la

Spagna, ma anche in paesi dell'Europa settentrionale, centrale e orientale come Svezia, Finlandia, Francia

e Lituania. Lo spreco di colture da olio e legumi è trascurabile in tutti gli Stati membri.

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Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone - Opzioni per ridurre gli sprechi alimentari

15

I risultati dei calcoli sono altresì in linea con le conclusioni degli studi sulle differenze tra i modelli

alimentari dei paesi dell'UE a 27. Dopo l'integrazione nell'UE, i paesi meridionali (Spagna, Portogallo,

Italia, Grecia e Cipro) hanno via via abbandonato la dieta tradizionale e adottato le abitudini alimentari

degli Stati membri centrali. Negli ultimi 40 anni i paesi mediterranei hanno incrementato enormemente il

consumo di carne, e oggi la loro disponibilità di carni rosse appare superiore rispetto a quella dei paesi

centrali/nordici. Si sono analogamente livellate nel tempo le enormi differenze tra paesi mediterranei e

paesi centrali/settentrionali riscontrate negli anni 60 per quanto riguardava il consumo di frutta e

ortaggi (Naska et al. 2006). Nonostante l'armonizzazione delle abitudini alimentari, sussistono ancora

differenze significative tra i paesi. Ad esempio, le popolazioni del Mediterraneo consumano più carni

rosse, pesce, crostacei, frutta e ortaggi freschi rispetto al resto d'Europa. A questi prodotti altamente

deperibili, soprattutto nelle condizioni climatiche del Sud, corrispondono perdite alimentari (a livello dei

nuclei domestici) superiori ai valori medi.

7. IMPATTO DELLA PRODUZIONE DI SPRECHI ALIMENTARI

La produzione alimentare è uno dei settori a più alto consumo di risorse e un'importante fonte di

emissioni di inquinanti. Le emissioni dirette dell'agricoltura si presentano soprattutto sotto forma di

metano e protossido di azoto, i cui effetti sui cambiamenti climatici sono molto più pronunciati di quelli

del CO2. Le principali fonti di emissioni di gas a effetto serra in ambito agricolo sono l'uso di fertilizzanti

minerali, l'allevamento di animali e la coltivazione del riso. Anche le conversioni da terreno erboso a

terreno agricolo possono in larga misura comportare l'emissione di gas serra. Le colture irrigue

assorbono circa il 70% delle risorse globali di acqua dolce. L'impiego di fertilizzanti e pesticidi, come

pure la compattazione del suolo dovuta all'uso di macchinari pesanti, opprimono i terreni e le falde

acquifere. L'espansione dell'agricoltura intensiva, l'aumento delle monocolture e la penetrazione della

produzione agricola in aree ecologicamente sensibili causano una riduzione della biodiversità e il

deterioramento dei servizi ecosistemici. Gli sprechi alimentari comportano non solo guasti ambientali

ma anche perdite economiche lungo tutta la filiera alimentare.

7.1 Consumo delle risorse

Un uso più responsabile ed efficiente degli alimenti prodotti comporterebbe un risparmio di risorse in

termini di terreni, acqua, energia, impianti e forza lavoro, e la capacità di produzione agricola liberata

potrebbe essere resa disponibile per altri usi.

Un importante aspetto della riflessione sull'uso dei terreni e sulla produzione alimentare è il fenomeno

dei cambiamenti indiretti di destinazione dei terreni (ILUC - indirect land use change). Importando

alimenti dai paesi emergenti e in via di sviluppo, l'Europa non fa altro che trasferire all'estero i siti

produttivi. Mentre la domanda di prodotti agricoli continua a crescere e i miglioramenti di produttività

dei terreni sono limitati, in altre regioni si attuano conversioni di terreni in termini di deforestazione

delle foreste pluviali, insediamento di colture su terreni erbosi naturali, ampliamento dei terreni agricoli

a discapito di zone protette. Nuove preferenze alimentari, come il maggiore consumo di prodotti a base

di carne, possono provocare in altre parti del mondo l'intensificarsi dei cambiamenti di destinazione dei

terreni.

Seguendo la stessa logica, si può affermare che la prevenzione delle perdite alimentari potrebbe ridurre

l'"impronta idrica". Questo valore, registrato sistematicamente per diversi anni in tutto il mondo,

comprende il consumo diretto e indiretto di acqua. Per consumo diretto si intende la quantità di acqua

utilizzata per finalità domestiche, ad es. per bere, cucinare e lavare. Per consumo indiretto si intende

invece la quantità di acqua impiegata nel proprio paese e altrove per produrre i beni consumati a livello

nazionale. Per indicare questo apporto occulto di acqua in tutte le tipologie di prodotto (beni alimentari,

abbigliamento, carta, prodotti tecnologici) si utilizza il termine "acqua virtuale".

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In Germania, ad esempio, il consumo indiretto di acqua è all'incirca il triplo di quello diretto. Più dei due

terzi del primo sono attribuibili alla produzione di seminativi, circa un terzo alla realizzazione di

prodotti di origine animale. La maggior parte dei prodotti agricoli consumati in Germania (il 59% circa) è

d'importazione, e pertanto lo è anche l'acqua impiegata per la loro coltivazione e trasformazione; vi è

dunque un risparmio delle risorse idriche nazionali a discapito dei paesi produttori (Sonnenberg et al.

2009). Il fenomeno è particolarmente problematico se si considera che una certa percentuale dei prodotti

d'importazione proviene da zone aride con condizioni idrologiche sfavorevoli. In questo tipo di zone è

sempre più frequente il ricorso all'irrigazione artificiale per la coltivazione dei prodotti agricoli, una

pratica che grava sulle risorse idriche naturali e provoca conflitti con altri utenti dell'acqua. Tra i prodotti

ad altissima impronta idrica figurano il cacao, il caffè, il manzo, il riso, il grano, il latte e le mele. Un uso

più consapevole di tali prodotti alleggerirebbe la pressione sulle risorse idriche.

Una gestione efficiente degli alimenti, oltre a far risparmiare risorse, consentirebbe di ridurre le

emissioni agricole. Diversi studi attestano che la quota maggiore di emissioni deriva

dall'approvvigionamento di prodotti di origine animale, anche se tali articoli sono interessati da un

livello di spreco minore rispetto a quanto osservato per frutta, ortaggi e prodotti di panetteria. La Figura

5 mostra l'impronta sull'utilizzo delle materie prime e l'impronta di carbonio delle varie categorie di

alimenti con riferimento agli sprechi alimentari annui della Germania.

Figura 1 : Impronta sull'utilizzo delle materie prime e impronta di carbonio degli sprechi alimentari

in Germania, comprese le fasi a monte della filiera alimentare; dati pro capite/anno suddivisi per

categorie di prodotto

Fonte: Göbel et al. 2012

I grafici a torta mostrano che in Germania la categoria alimentare più soggetta a sprechi è quella della

frutta e degli ortaggi, seguita a una certa distanza dagli alimenti a base di cereali. I prodotti a base di

carne, sebbene registrino i minori valori di spreco, generano un'impronta sull'utilizzo delle materie

prime (legata alla produzione e al trasporto) che è pari a quella della frutta e degli ortaggi. Anche i

latticini comportano un elevato consumo di risorse. Il record della minore impronta sull'utilizzo delle

materie prime spetta agli alimenti a base di cereali, anche se in questa categoria i tassi di spreco sono più

elevati rispetto a quelli che interessano i latticini. Parimenti, l'impronta di carbonio più marcata è quella

indotta dalla produzione e dal trasporto degli alimenti a base di carne, seguiti dai latticini e quindi dalla

categoria frutta e ortaggi.

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Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone - Opzioni per ridurre gli sprechi alimentari

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7.2 Aumento della quantità di rifiuti organici biodegradabili

Tra le conseguenze ambientali degli sprechi alimentari figurano anche le emissioni di metano dovute al

deposito di rifiuti organici e l'esigenza di ampliare la capacità ricettiva globale delle discariche. Alle

elevate quantità di rifiuti alimentari prodotti dai nuclei familiari corrispondono ingenti costi di raccolta e

trasporto e quindi di separazione e depurazione presso gli impianti di trattamento dei rifiuti. I rifiuti

biodegradabili, solitamente caratterizzati da un elevato contenuto di acqua e, di conseguenza, da una

limitata capacità di riscaldamento, riducono il rendimento energetico degli inceneritori. È per questo che

in tutto il mondo i rifiuti urbani biogenici sono per lo più conferiti in discarica. Al di fuori dell'Europa,

solo un'esigua percentuale di queste strutture è equipaggiata di impianti per la raccolta e lo sfruttamento

delle emissioni di metano.

In Europa, il deposito dei rifiuti organici non trattati all'interno delle discariche è limitato per legge. La

direttiva sulle discariche del 1999 impone agli Stati membri di limitare la percentuale di rifiuti urbani

biodegradabili destinata all'interro. Secondo le quote giuridicamente vincolanti indicate in direttiva, la

quantità massima di rifiuti organici depositata in discarica deve essere ridotta nel tempo, al 75% (in peso)

entro il 2006, al 50% (in peso) entro il 2009 e al 35% (in peso) entro il 2016, rispetto al 1995. Gli Stati

membri ampiamente dipendenti dalle discariche hanno ancora quattro anni per adeguarsi agli obiettivi

definiti nella direttiva.

Una recente analisi realizzata tra i vari paesi dall'Agenzia europea dell'ambiente riferisce che tra il 2001 e

il 2010 solo undici paesi hanno ridotto i rifiuti urbani pro capite, mentre per 21 la produzione di rifiuti

urbani pro capite nel 2010 ha addirittura superato quella del 2001. Tuttavia, vi sono chiare indicazioni

del fatto che l'interramento stia via via cedendo il passo a metodi più apprezzati di gestione dei rifiuti,

imperniati sulla prevenzione, il riutilizzo e il recupero (energetico). Il numero dei paesi che depositano in

discarica oltre il 75% dei rifiuti urbani è calato drasticamente, mentre è aumentato quello dei paesi che ne

riciclano oltre un quarto. Ciononostante, nel 2010, la maggior parte dei paesi interrava ancora più del

50% dei propri rifiuti urbani (AEA 2013). La Figura 6 offre una panoramica delle percentuali di rifiuti

solidi urbani smaltiti nel 2010 attraverso il conferimento in discarica, l'incenerimento, il riciclo e il

compostaggio. I dati si riferiscono all'UE a 27.

Figura 2 : Trattamento dei rifiuti solidi urbani nei paesi europei nel 2010

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STOA - Valutazione delle opzioni scientifiche e tecnologiche

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Per quanto riguarda il miglioramento dei tassi di riciclo dei rifiuti solidi urbani, questi progressi sono

dovuti principalmente al riciclaggio di materiali come il vetro, la carta, il metallo, la plastica e le fibre

tessili, mentre il riciclo dei rifiuti organici biodegradabili segna ancora il passo. Secondo la Commissione

europea (2010) il 40% (in media) dei rifiuti organici biodegradabili prodotti nell'UE a 27 è tuttora

destinato alle discariche (in alcuni Stati membri il dato sale al 100%). Nel 2009 il traguardo del 50% era

stato superato da undici paesi, mentre sette paesi nel 2010 avevano già raggiunto l'obiettivo del 35%

fissato per il 2016.

7.3 Impatto economico

Oltre a provocare un impatto ambientale negativo, lo spreco alimentare causa notevoli perdite

monetarie, sia per il singolo consumatore sia per l'economia nazionale. Analogamente a quanto avviene

per l'impatto ecologico, le perdite economiche si accumulano lungo la filiera alimentare, cosicché una

tonnellata di sprechi alimentari a livello di nucleo domestico (ultimo stadio della filiera) provoca costi

economici molto più elevati rispetto a una tonnellata di sprechi prodotti nel settore agricolo. I dati a

disposizione sulle perdite economiche fanno riferimento principalmente ai nuclei familiari. Lo studio

britannico "WRAP" (Waste arisings in the supply of food and drink to households) (Lee & Willis 2010)

stima che le famiglie nel Regno Unito gettino via circa 5,3 milioni di tonnellate di cibo all'anno, pari a un

valore economico di 12 milioni di sterline.

8. OPZIONI D'INTERVENTO PER RIDURRE GLI SPRECHI ALIMENTARI

Nell'ambito del dibattito nazionale e internazionale in corso sono state presentate, e in parte già attuate,

numerose soluzioni per incoraggiare i vari attori della filiera alimentare a fare un uso oculato e

responsabile degli alimenti. Lo studio completo offre una panoramica delle misure e degli strumenti in

esame, tenendo conto delle esperienze già acquisite nei vari paesi. L'attenzione è rivolta alle misure e agli

strumenti che, nell'ambito della letteratura specializzata o dell'attuale dibattito, sono giudicate

particolarmente utili, semplici da attuare e capaci di produrre vantaggi a lungo termine. Le opzioni

illustrate di seguito, emerse da tale discussione, sono considerate misure urgenti per conseguire

l'obiettivo fissato dalla Commissione europea. Sono indirizzate ai governi europei e nazionali competenti

dell'attuazione delle scelte proposte.

Fissazione di obiettivi

A norma della direttiva quadro sui rifiuti dell'Unione europea, gli Stati membri hanno l'obbligo di

elaborare, entro il 2013, appositi piani di prevenzione, nell'ambito dei quali dovranno fissare degli

obiettivi obbligatori di riduzione degli sprechi alimentari. Le autorità regionali e locali dovranno

rapportare gli obiettivi nazionali alla propria zona d'influenza. Per misurare i progressi e valutare

l'efficacia delle diverse misure, in tutti gli Stati dell'UE a 27 dovrebbe essere introdotto un monitoraggio

regolare degli sprechi alimentari lungo tutta la filiera. I singoli settori, come l'industria alimentare, il

commercio al dettaglio e il settore ricettivo dovranno acconsentire ad assumere impegni volontari di

riduzione degli sprechi di alimenti.

Miglioramento della base di dati

Tutti gli studi a disposizione indicano nell'assenza di dati affidabili il principale ostacolo all'elaborazione

e all'attuazione delle misure di riduzione dei rifiuti alimentari. Al fine di superare tale ostacolo, sarebbe

opportuno che in ambito EUROSTAT fosse elaborata una definizione concordata e vincolante del

termine food waste che distinguesse tra sprechi alimentari evitabili e sprechi alimentari inevitabili (in

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Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone - Opzioni per ridurre gli sprechi alimentari

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riferimento alle parti non commestibili dei prodotti crudi). Sarebbe poi opportuno standardizzare i

metodi di cui si avvalgono gli Stati membri per la raccolta e il computo dei dati sulla produzione degli

sprechi alimentari. Per agevolare il monitoraggio, dovrebbe essere introdotta la raccolta differenziata

(volontaria od obbligatoria) degli sprechi alimentari a tutti i livelli della filiera.

Revisione della legislazione dell'UE sulla sicurezza degli alimenti

L'obiettivo sociale della prevenzione dei rischi per la vita e la salute dei consumatori, radicato in diversi

regolamenti dell'UE, può entrare in conflitto con l'ambizione di evitare gli sprechi alimentari. La severità

delle norme anticontaminazione, l'obbligo di rispettare le quantità massime di residui di pesticidi e

farmaci veterinari consentite negli alimenti, nonché le norme igieniche in materia di confezionamento e

conservazione dei cibi devono essere considerati importanti fattori di promozione dello spreco di cibo

commestibile. Sarebbe quindi il caso di rivedere l'attuale sistema normativo sulla sicurezza alimentare, al

fine di isolare quelle disposizioni che non sono indispensabili per tutelare la vita umana ma che al tempo

stesso comportano inutili sprechi alimentari. A tale proposito, si rendono necessari ulteriori studi per

stabilire fino a che punto possano essere rivisti i limiti senza inficiare la sicurezza degli alimenti.

Modifica delle norme europee di commercializzazione

Dal momento che l'abrogazione di alcune norme specifiche di commercializzazione avvenuta nel 2009

non ha prodotto i risultati auspicati – ridurre gli sprechi alimentari ed estendere la scelta del

consumatore – il legislatore europeo dovrebbe valutare l'opportunità di abbandonare del tutto il sistema

attuale. I critici chiedono che sia definita un'altra tipologia di norma, non legata all'aspetto estetico di un

prodotto, bensì alle sue proprietà ai fini del consumo umano (gusto, genuinità, valore nutrizionale e

condizioni colturali). La possibile fisionomia di questo nuovo sistema solleva una serie di questioni

complesse che sarebbe opportuno risolvere in stretta collaborazione con i produttori, i dettaglianti, le

organizzazioni della società civile e gli esperti del mondo scientifico.

Apertura di canali di commercializzazione alternativi per i prodotti agricoli

Per agevolare la vendita di frutta e ortaggi non rispondenti agli standard europei di

commercializzazione, occorre promuovere strategie di distribuzione alternative. Escludendo gli

intermediari della filiera attraverso sistemi di commercializzazione diretta come i mercati contadini, le

cooperative di produttori, i gruppi di acquisto solidale e l'agricoltura sostenuta dalla comunità, si può

contribuire in maniera sostanziale a impedire gli sprechi alimentari nell'ambito della produzione

primaria. Questi sistemi stabiliscono un legame più stretto tra produttori e consumatori, abbreviano le

distanze di trasporto e rendono i consumatori consapevoli della fragilità della produzione alimentare e

dei limiti di ordine naturale e stagionale che la caratterizzano. Sono necessari ulteriori studi per valutare

in maggior dettaglio i pro e contro di questi approcci e gli eventuali effetti ricaduta.

Semplificare l'etichettatura che indica la data di scadenza degli alimenti

Le indagini condotte tra i consumatori in diversi Stati membri tratteggiano un quadro di grande

confusione riguardo all'etichettatura degli alimenti e alla differenza tra le espressioni "da consumarsi

preferibilmente entro il" e "da consumare entro". Il legislatore europeo dovrebbe prendere in

considerazione l'idea di rivedere le norme vigenti sull'etichettatura, al fine di migliorare la presentazione

visiva delle date di scadenza degli alimenti. Inoltre, sarebbe opportuno valutare l'ipotesi di definire le

nuove date entro cui è preferibile consumare l'alimento in base alla reale durata a magazzino del

prodotto, nonché abolire le date di scadenza per i cibi stabili. Governi nazionali e punti vendita

dovrebbero avviare campagne informative sul tema dell'etichettatura. Il settore del commercio al

dettaglio, in cooperazione con l'industria alimentare, dovrebbe contemplare l'idea di abolire le etichette

supplementari (ad esempio quella recante la dicitura "da esporre alla vendita fino al") e di introdurre

sconti per i prodotti prossimi alla data di scadenza.

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STOA - Valutazione delle opzioni scientifiche e tecnologiche

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Migliorare i flussi di lavoro e la gestione della catena di approvvigionamento

Migliorare i flussi di lavoro nell'industria alimentare è importante per non perdere materie prime. I

macchinari di produzione dovrebbero essere sempre conformi agli ultimi sviluppi tecnologici e soggetti

a regolari ispezioni. Occorrerebbe monitorare i residui e reintegrare nel processo produttivo i prodotti

fuoriusciti. La produzione dovrebbe essere organizzata in modo tale che i recipienti richiedano una

pulizia minima e che la miscelazione degli ingredienti inizi in una fase quanto più tardiva possibile. Le

imprese alimentari dovrebbero puntare a un maggiore coordinamento con i dettaglianti, per accordarsi

sulla varietà dei prodotti e sui quantitativi richiesti. I governi dovrebbero sostenere tali sforzi istituendo

programmi speciali di consulenza. L'obiettivo dovrebbe essere una gestione integrata della catena di

approvvigionamento.

Campagne di sensibilizzazione

Tutti gli studi a disposizione concordano sul fatto che l'informazione e l'istruzione sono strumenti

fondamentali per influenzare il comportamento dei consumatori. Le campagne di sensibilizzazione

mirano a richiamare l'attenzione dei consumatori sulla questione degli sprechi alimentari e a ispirare in

loro un maggiore rispetto per il cibo. Insegnano ai consumatori a essere più efficienti nella gestione dei

prodotti alimentari, fornendo loro informazioni e consigli in materia di acquisto, durata a magazzino,

conservazione, preparazione e recupero dei cibi. I governi nazionali, agendo in stretta collaborazione con

i rivenditori al dettaglio e il settore ricettivo e servendosi di svariati mezzi di comunicazione, dovrebbero

lanciare campagne di questo genere calibrandole in base ai diversi gruppi target. Si deve iniziare a

educare il consumatore sin dall'infanzia; perciò, sarebbe opportuno che tutti gli Stati membri inserissero

nei programmi scolastici il tema della gestione oculata e attenta del cibo.

Lotta agli sprechi alimentari nel settore ricettivo

Adeguare le dimensioni delle porzioni alle reali esigenze dei clienti sarebbe un modo semplice ma

efficace di ridurre gli sprechi alimentari nel settore ricettivo. Esistono diverse strategie per mettere in

pratica questo principio: una è quella di offrire porzioni di diverse dimensioni a prezzo diversificato;

un'altra, applicabile nei servizi a buffet, è di sostituire le formule "all you can eat" (mangia quanto puoi)

con soluzioni "pay by weight" (paga in base al peso). I ristoranti e altri servizi di ristorazione dovrebbero

avere la possibilità di testare opzioni diverse per un determinato periodo di tempo, e qualora non le

adottassero spontaneamente, si dovrebbe contemplare da parte dei legislatori nazionali l'idea di imporle

come obbligatorie. Oltre al ridimensionamento delle porzioni, altre misure essenziali per ridurre gli

sprechi alimentari nel settore ricettivo sono il miglioramento delle procedure interne di acquisto,

conservazione e congelamento, la formazione del personale, un'attenta pianificazione dei menu e la

raccolta documentata dei rifiuti.

Incentivi economici

Esiste un ampio consenso sul fatto che la scarsa importanza attribuita al cibo derivi dall'esiguo valore di

mercato dei prodotti alimentari. In questo contesto, molti esperti considerano gli strumenti economici

particolarmente idonei a ripristinare la stima dei consumatori nei confronti degli alimenti. Gli Stati

membri dell'UE dovrebbero rivedere le proprie norme fiscali, in particolare per quanto riguarda

l'imposta sul valore aggiunto (IVA), per eliminare tutti gli incentivi che potrebbero incoraggiare la

produzione di sprechi alimentari. Si dovrebbe valutare l'ipotesi di eliminare l'aliquota IVA ridotta per i

generi alimentari o di introdurre diverse aliquote IVA in base all'impatto ambientale dei prodotti

alimentari. Le difficoltà sociali eventualmente indotte dall'armonizzazione fiscale dovrebbero essere

compensate da un sostegno al reddito mirato che lo Stato potrebbe finanziare con il gettito addizionale.

Un'idonea soluzione alternativa alla tassazione del consumo alimentare potrebbe essere la tassazione

degli sprechi alimentari.

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Opzioni tecnologiche per sfamare 10 miliardi di persone - Opzioni per ridurre gli sprechi alimentari

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Tasse e imposte sul trattamento dei rifiuti

Tasse e imposte sull'interro o l'incenerimento dei rifiuti possono considerarsi un incentivo economico

idoneo a promuovere la prevenzione degli sprechi in quanto rendono complessivamente più costosa la

gestione dei rifiuti. Per utilizzare le imposte sul trattamento dei rifiuti come strumento per prevenire gli

sprechi alimentari, occorre che siano soddisfatti determinati requisiti. Innanzitutto, si deve introdurre la

raccolta differenziata obbligatoria degli sprechi alimentari, sia per i nuclei domestici sia per le imprese

commerciali (soprattutto nel settore del commercio al dettaglio e della ricettività). In secondo luogo,

l'aliquota d'imposta deve essere abbastanza elevata da costituire un sufficiente incentivo all'abbattimento

degli sprechi. In terzo luogo, le vigenti norme volte a promuovere e sovvenzionare l'uso di energie

rinnovabili in Europa dovrebbero essere riviste al fine di identificare gli incentivi non compatibili con

l'obiettivo di prevenire gli sprechi alimentari. Si potrebbe infatti determinare un conflitto di incentivi, se i

legislatori nazionali imponessero tasse elevate per il trattamento dei rifiuti alimentari e

sovvenzionassero, al tempo stesso, la produzione di energia dai rifiuti.

Promozione di programmi di redistribuzione del cibo

Anche nel caso in cui fossero sfruttate tutte le possibilità di contrasto allo spreco alimentare, una certa

quantità di eccedenze continuerebbe a rimanere. I programmi di redistribuzione alimentare sono uno

strumento collaudato che permette di utilizzare tali eccedenze in maniera efficiente e a beneficio degli

indigenti. Un elemento da verificare è se sia necessario modificare la legislazione europea sugli alimenti

adeguandola al "Good Samaritan Act" degli Stati Uniti per limitare la responsabilità dei donatori e delle

organizzazioni caritative che ridistribuiscono gli alimenti in eccedenza. Senza una modifica della

legislazione alimentare europea, questi soggetti potrebbero essere indotti a gettare via i prodotti non

commercializzabili per evitare responsabilità giuridiche. Si dovrebbe inoltre valutare se siano necessari

incentivi finanziari per stimolare l'ulteriore sviluppo del sistema della banca alimentare europea.

Condivisione delle reti per le eccedenze alimentari

La distribuzione gratuita del cibo eccedentario ai bisognosi è un metodo ragionevole per impedire lo

spreco alimentare e per destinare le eccedenze al consumo umano anche a livello privato. L'obiettivo

delle reti assistite dai consumatori non è soltanto di creare le infrastrutture necessarie per la condivisione

del cibo, ma anche di informare i consumatori riguardo alla corretta gestione degli alimenti. I governi

nazionali dovrebbero valutare l'ipotesi di agevolare l'ulteriore sviluppo delle iniziative di condivisione

privata degli alimenti con un sostegno finanziario e una burocrazia più leggera. Sarebbe poi opportuno

avviare progetti di ricerca che possano affiancare il lavoro delle reti di condivisione alimentare, al fine di

misurare e migliorare l'efficacia delle stesse.

Valutazione degli sviluppi tecnologici

Per le varie fasi della filiera agroalimentare esistono innovazioni tecnologiche concepite per la riduzione

degli sprechi alimentari. Mentre i sistemi di ordinazione intelligente per il commercio al dettaglio e la

tecnologia di identificazione a radio frequenza (RFID) per la raccolta dati in fase di distribuzione sono

ampiamente adottati al giorno d'oggi, diverse innovazioni, come le etichette intelligenti per le confezioni,

i frigoriferi intelligenti, i carrelli della spesa intelligenti e i bidoni della spazzatura intelligenti sono

tecnologie del tutto inedite. Anche se promettono miglioramenti e comfort, non è assodato che possano

contribuire effettivamente alla riduzione degli sprechi alimentari. Poiché tutte queste innovazioni

tecnologiche sono ancora agli albori, è importante realizzare studi di accompagnamento e un'attenta

ponderazione dei pro e dei contro. Pertanto, i governi a livello europeo e nazionale dovrebbero avviare

programmi di ricerca per valutare le diverse tecnologie, tenendo conto delle condizioni specifiche dei

vari paesi. Tale iniziativa dovrebbe contemplare anche la realizzazione di studi pilota con il collaudo dei

dispositivi a titolo sperimentale.

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STOA - Valutazione delle opzioni scientifiche e tecnologiche

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ISBN 978-92-823-5116-1

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CAT BA-03-13-508-IT-C

La presente è una pubblicazione della direzione Valutazione d'impatto e valore aggiunto europeo Direzione generale dei Servizi di ricerca parlamentare, Parlamento europeo