Omnia n1 2014/1015

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Primo numero di Omnia dell'anno scolastico 2014/2015, a cura degli studenti del Liceo Primo Levi.

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SOMMARIO

Attualità3-4-5

Intervista6-7

Esperienze8-9-10-11

Musica12

Arte13-14-15

Racconti16-17

Moda18

Giochi19

EDITORIALE

Arriva, dopo anni di staticità, il momento di fare grandi innovazioni: dopo il telesco-pio™ di Galileo, il Mac™ di Steve Jobs, ecco la nuova edizione di Omnia! A partire da quest’anno, la grafica è rivoluzionata e il blog è rinnovato in modo da essere più in-tuitivo, interattivo e accattivante. In questo numero troverete articoli di vari argomenti, che spaziano dal terrorismo internazionale alla moda, dalle esperienze di viaggio verso nuovi continenti a quello che succede tra le mura del nostro liceo.Oltre ai cambiamenti che abbiamo citato la novità principale siamo proprio noi, la nuova redazione! Ben 26 ragazzi hanno accettato con entusiasmo la sfida che ab-biamo proposto all’inizio dell’anno e ora collaborano con passione per realizzare il vostro giornalino, disegnando, scrivendo, creando, condividendo le proprie opinioni e mettendosi in gioco al 100%.Ringraziamo le ex direttrici di Omnia, Alessia e Camilla, per aver creduto in noi affidandoci la direzione di questo impor-tantissimo progetto, per gli insegnamenti che ci hanno dato negli anni passati e per averci aiutati e spronati anche quest’anno.Ringraziamo la professoressa L’arab, il nos-tro docente di riferimento, e la Preside, per averci permesso di crescere e migliorare con Omnia.Infine ringraziamo voi che ci sostenete dando un senso al nostro lavoro, offrendo-ci sempre la possibilità di migliorarci con consigli e critiche. Speriamo di coinvolger-vi, intrattenervi e appassionarvi come gli anni scorsi, se non di più. Buona lettura!

Benedetta, Caterina, Chiara e Federico

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Assemblee: istruzioni per l’uso

Chi ha avuto il piacere di parteci-pare a un’assemblea d’istituto per la presentazione delle liste sa che è una delle più stimolanti di tutto l’anno, perché si assiste a un vero dibattito fra studenti che sostengono con convin-zione le proprie idee. Purtroppo non sempre si riesce a ot-tenere altrettanti risultati soddisfacen-ti nelle assemblee che seguono, molti dicono a causa del disinteresse da par-te degli studenti. Ma mi domando, e in-vito i lettori a fare lo stesso, è davvero questa la ragione? Trovo che sia una motivazione troppo superficiale, non si può essere indifferenti ai così tanti stimoli cui siamo sottoposti. Credo invece che ci sia qualcosa di più dietro. Credo che ai giovani sia riservato così poco spazio per dire la propria nella vita di tutti i giorni. Non sempre a casa si discute di temi di attualità, forse neanche con gli amici, tanto meno a scuola, che così passa per essere un edificio in cui si studia solo per prendere voti posi-tivi per passare l’anno. Invece no. La scuola è molto più di questo, e se c’è un’occasione per capirlo, questa è l’assemblea. Così è nata questa lista di consigli pratici (sia per partecipanti che per relatori), che spero possa aiutare chi vuole “imparare” a dire la sua, ma anche chi delle idee vere e proprie ancora non ce le ha

Partecipanti• Non siete a un’interrogazione: potete dire davvero la vostra! Siate aperti a quello che dicono gli altri e ar-ricchitevi: potreste cominciare a formarvi delle opinioni personali.• Leggete il giorno prima più cose che potete sull’argomento che vi interessa di più. Non dovete arrivare per forza all’assemblea con delle risposte, ma anche solo con delle domande. • Se siete timidi scegliete un amico con cui stare. Durante il dibattito potreste scoprire qualcosa di nuovo su di lui.• Cogliete le occasioni come la lettura in classe del giornale (se la fate) per informarvi e discutere. Relatori • Siate stimolanti: non improvvisate troppo, tenete a mente uno schema preciso cercando allo stesso tempo di seguire il verso della discussione• Siate rassicuranti: magari nel vostro gruppo si nasconde un Cicerone con molto da dire ma poco coraggio per farlo!• Prendete esempio dai vostri professori preferiti, non sono lì solo per insegnare la loro materiaForse seguendo questi consigli potrete dare un senso a quello che nel 1974 è diventato un diritto che per-mette agli studenti di riunirsi per discutere di temi diversi. Infatti questa opportunità non c’è stata da sempre e, forse, non per sempre ci sarà. Diamogli significato “allenandoci” per diventare persone attivamente parte-cipi nelle scelte del nostro futuro.

Kate

ATTUALITÀ 3

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Dei Ragazzi come NoiProvate ad immaginare: un giorno arrivate a scuola, attraversate il corridoio, superate le solite classi e notate che una è vuota; passano le ore, uscite all’intervallo e in quella classe non c’è ancora un’anima viva. Passano i giorni, le settimane e in quella classe non ci mette piede più nessuno. Provate ad immaginare 40 studenti spariti nel nulla, un’intera classe scomparsa. Vi sorgono dubbi, vi ponete domande come: “Dove sono finiti?”, “Perché loro e non noi?”.

Questo è quello che è successo lo scorso 26 settembre in Messico, precisamente nella città di Iguala nello Stato di Guerrero, uno dei più po-veri e violenti del Paese e roccaforte dei cartelli della droga. I ragazzi della Scuola Normale Rurale di Ayotzi-napa erano scesi in piazza per protestare con-tro la riforma dell’istruzione e contro quelle che consideravano misure discriminatorie in favore degli studenti delle città, uno degli argomenti trattati nel comizio della moglie del sindaco Josè Abarca. La protesta provocò la dura repressione

della polizia locale e finì nel sangue. Sei persone morirono, 43 scomparvero nel nulla. Gli agenti municipali bloccarono i bus con a bordo gli studenti, li consegnarono ai Narcos che li trasferirono nella discarica di Coluca. Gli studenti furono radunati e interrogati brevemente: i loro carcerieri volevano sapere a quale gang rivale appartenessero. Ma le povere vittime non potevano ammettere quello che non erano. Così i prigio-nieri furono assassinati in modo brutale dai Narcos, che decisero di sbarazzarsene bruciandoli su una pila di rifiuti, vecchi pneumatici e carburante. Causa di tutto ciò: la moglie del sindaco, Maria De Los Angeles Pineda Villa. Il sindaco di Iguala avrebbe commissionato il rapi-mento dei ragazzi perché non di-sturbassero il comizio della moglie Maria, sorella di guerriglieri e nar-cotrafficanti. Gli investigatori han-no scoperto che il Primo Cittadino di Iguala versava grandi somme di denaro al gruppo criminale per ga-rantirsi appoggio e protezione in un territorio segnato da sparizioni e uccisioni. Sono in totale 53 le per-sone fermate e legate alla vicenda, di cui 36 poliziotti e 17 membri del gruppo criminale dello Stato di Guerrero. Si dice che gli avvenimenti, fino a quando non ci toccano personalmente, non ci importano, ma non è così. Siamo ragazzi, abbiamo delle idee, dei valori, crediamo nel libero pensiero e abbiamo la fortuna di poterlo esprimere. Ma pensate al Messico, un paese in cui la polizia è corrotta e i Narcos hanno il potere: lì urlare per affermare le proprie idee è pericoloso, perché si rischia di sparire nel nulla. Provate ad immaginarlo. Rifletteteci. Questo è il mondo in cui viviamo.

Maia, Beatrice

ATTUALITÀ4

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ATTUALITÀ 5

In questo periodo i giornali e le televisioni parlano frequentemente di ISIS e del terrorismo internazionale che sta oramai dilagando nei paesi arabi, costituendo una minaccia per la sicurezza nazionale dei paesi oc-cidentali.

L’ISIS è un’organizzazione di gruppi islamici che definisce se stessa come “stato”. Il leader di questo presun-to “stato” è Abu Bakr al-Baghdadi che promuove ideali jihadisti, ossia una politica anti-occidentale basata su l’estremismo islamico, considerando infedeli tutti quelli che ne danno una diversa interpretazione. L’ISIS ha un’origine antica, infatti è attiva dal 1999, in seguito alla seconda Guerra del Golfo. Dopo questo evento si fece notare attraverso attenati kamikaze e decapitazioni di ostaggi ma raggiunse la massima notorietà nel 2004,

quando strinse un’alleanza con Osama bin Laden. L’organizzazione è tornata sulle prime pagine dei gior-nali in seguito alla decapita-zione dei giornalisti americani James Foley e Steven Sotloff “a causa dell’arrogante politica estera nei confronti dello stato islamico” da parte degli Stati Uniti. Dopo questi omicidi atroci il governo americano si è mosso per contrastare l’ISIS attraverso raid aerei e, proprio in queste ultime ore, i media riferiscono che il leader attuale sia stato ferito.

Tuttavia, come spesso succede in questi casi, le informazioni sono confuse e ci giungono notizie differenti: il Comando Centrale americano (Centcom) riferisce di aver colpito il leader islamico attraverso un attacco aereo nella zona di Mosul, in Iraq. Al contrario, il ministero di Baghdad sostiene che l’attacco sia stato com-piuto dall’intelligence irachena ad Al Qaim. In Italia il pericolo maggiore è costituito da possibili attacchi a Roma e in particolar modo alla Città del Vaticano, essendo il centro nevralgico del cattolicesimo occidentale. Un’altra piaga per l’Europa è l’arruolamento di musulmani occidentali a sostegno del causa dell’ISIS: infatti l’ONU in questi ultimi giorni ha allertato l’Europa che 15mila “foreign fighters” sono partiti alla volta di Iraq e Siria per combattere con l’ISIS.

In conclusione si può affermare che i governi dovrebbero prendere iniziative militari per debellare questa minaccia per la sicurezza degli Stati occidentali. Gli USA, col presidente Obama, non vogliono trattare coi terroristi, volendo eliminare la minaccia estremista. Sarà un’intervento massiccio del governo americano a porre fine a questa assurdità? Non possiamo saperlo, ma si spera che questo clima di terrore e queste morti ingiuste finiscano presto.

Alessandro

Terrorismo Internazionale

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Intervista ai RappresentatiAnche quest’anno vi proponiamo la tradizionale intervista ai rappresentanti d’istituto. Sono stati rie-letti Gabriele e Andrea, che ormai ci rappresentano da 3 anni, insieme a Giulia, che frequenta il liceo linguistico nella sede di San Giuliano, e Francesco, della 4^A scientifico. Ci auguriamo che insieme possano rappresentarci al meglio e cogliamo l’occasione per augurare a tutti un buon anno scolastico!

Gabriele Di Giacomo Se potessi tornare indietro nel tempo, cambieresti qualcosa?Assolutamente no, sono soddisfattissimo di ciò che sono e siamo riusciti a fare in questi anni, le proposte che sono state portate avanti e le “battaglie” che siamo riusciti a vincere.

Cosa significa per te essere rappresentante d’istituto?Per me essere rappresentante d’istituto è il modo in cui posso darmi da fare ed essere utile alla mia scuola e ai miei compagni. A volte è anche un divertimento ma allo stesso tempo ci sono periodi in cui non tutto va come vorresti, gli impegni sono molti e ti ritrovi a chiederti chi te l’ha fatto fare; nonostante questo, fortunatamente, la voglia di lavorare è riuscita sempre a spingermi oltre.

Qual è, secondo te, il problema della scuola italiana?Come ho già detto milioni di volte il problema della scuola italiana è la burocrazia. Siamo tutti (professori, studenti ecc.) succubi di questa enorme macchina dagli ingranaggi lentissimi e così tutto ciò che potrebbe essere svolto in pochi minuti diventa un processo lunghissimo e macchinoso, del quale molto spesso ci si stanca e da cui non riusciamo a liberarci.

Pensi che andrà a buon fine la collaborazione con gli altri tre rappresentanti?Ormai è il terzo anno che io e Sorichetti veniamo eletti insieme e questo di sicuro ci aiuta e ci ha permesso di riuscire a collaborare in maniera costruttiva sia tra di noi che con gli altri organi scolastici; allo stesso modo penso che riu-sciremo ad instaurare un rapporto produttivo anche con Francesco e Giulia che si sono dimostrati persone intelligenti e con le quali si possono raggiungere nuovi obbiettivi che stiamo ponendo in questi giorni grazie anche all’aiuto del comitato studentesco.

Andrea Sorichetti Pensi di aver fatto un buon lavoro gli scorsi anni?Tutto sommato sì, per quel che mi riguarda sono contento del mio operato e di quello di chi è stato rappresentante con me, anche se per queste cose sono un perfezionista e spesso vorrei poter fare di più. I risultati, sulla distanza, si sono visti e di questo sono contento.

Cosa significa per te essere rappresentante d’istituto?E’ una domanda che mi sono posto più volte e a cui non so bene come rispondere. Sicuramente la vedo come un’opportunità di far interessare altre persone al vivere la scuola in un modo diverso, soprattutto perché mi piace pen-sare che le assemblee che propongo possano lasciare qualcosa a chi partecipa, proprio come succedeva a me quando stavo “dall’altra parte”.

Qual è, secondo te, il problema della scuola italiana?Purtroppo il Liceo Primo Levi è solo una delle innumerevoli scuole in Italia, quindi la mia visione non può che essere influenzata da quello che vedo nel nostro istituto.I problemi della scuola sono molti, a partire dall’eccessiva burocrazia che macchina alle sue spalle fino ad arrivare a delle decisione parecchio sconsiderate di chi la scuola la vede solo come un’istituzione generica e non sa più effettiva-mente cosa significhi essere uno studente del 2014.In sostanza credo che i problemi principali delle scuole siano rappresentati da chi prende decisioni senza effettiva-mente ragionare su cosa possa essere davvero d’aiuto a studenti e professori e cosa potrebbe invece rendere il loro lavoro più complicato, senza contare che personalmente trovo che la presenza troppo influente dei genitori all’interno

6 INTERVISTA

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della sfera decisionale delle scuole sia molto spesso dannosa

Pensi che andrà a buon fine la collaborazione con gli altri tre rappresentanti?Io e Gabriele ormai lavoriamo fianco a fianco da tre anni e ci conosciamo molto bene, quindi so che con lui posso star tranquillo anche se spesso ci si vomita insulti addosso reciprocamente per lo stress, mentre Francesco e Giulia li co-nosco ancora troppo poco per poter fare previsioni, ma spero riescano a rendersi conto in fretta di cosa significa fare i rappresentanti d’istituto e spero che la nostra collaborazione vada per il meglio.

Giulia Bocchiola Come pensi di poter integrare al massimo il linguistico con la sede?Io penso che da un paio d’anni a questa parte ci siano stati dei grandi progressi per quanto riguarda l’integrazione del linguistico con la sede di San Donato e quindi mi piacerebbe continuare il lavoro iniziato gli anni precedenti, mantenendo i rapporti con la sede attraverso assemblee, progetti, lavori e perché no, magari proponendo esperienze culturali comuni.

Cosa significa per te essere rappresentante di istituto?Credo che essere rappresentate d’istituto significhi saper ascoltare la voce di tutti gli studenti che si rappresenta, avere pazienza, prendersi responsabilità e cercare, nel nostro piccolo, di cambiare qualcosa.

Qual è, secondo te, il problema della scuola italiana?Al giorno d’oggi, purtroppo, la scuola italiana è piena di problemi: dall’estenuante burocrazia, al cambio continuo dei professori; dalla scuola obsoleta, alle strutture fatiscenti. Credo però, che uno dei problemi più grandi, spesso, sia la mancanza di passione di molti docenti.

Pensi che andrà a buon fine la collaborazione con gli altri rappresentanti?Ho avuto modo di incontrare poche volte gli altri rappresentati d’istituto in carica con me, ma da quello che ho potuto vedere e sentire, credo che siano ragazzi in gamba e che tengano molto alla scuola, quindi penso proprio che la nostra collaborazione oltre ad andare a buon fine, darà buoni risultati.

Francesco Di Rauso Riuscirai a collaborare al meglio con gli altri rappresentanti nonostante le differenze evidenziate dall’ultima assemblea?Non credo che ci saranno problemi nel collaborare con gli altri rappresentanti. Dopo tutto, abbiamo lo stesso obbiet-tivo: rendere migliore la scuola e il suo sistema.

Cosa significa per te essere rappresentante d’istituto?Essere rappresentante d’istituto vuole dire essere la voce di tutti i componenti dell’istituto. Raccolgo le proposte e le porto ai “piani alti” per scoprire se approvarle o negarle.

Qual è, secondo te, il problema della scuola italiana?A parte i problemi economici, che sono ovunque, nella maggior parte delle scuole italiane mancano lo spirito d’iniziativa per nuove attività, la tolleranza nei confronti di persone diverse e la collaborazione anche tra compagni della stessa classe. Sono stato in abbastanza scuole italiane per poterlo dire per esperienza.

Ti aspettavi di essere eletto? Non sapevo cosa aspettarmi dalla nomina, poiché non sapevo quali fossero gli interessi dei votanti e cosa pensassero di me. Ho atteso con calma il giorno della nomina.

Alice, Caterina, Chiara

7INTERVISTA

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8 ESPERIENZE

“Ciao mamma, io parto!”

Era questo uno dei tanti slogan che aveva ideato l’anno scorso Intercultura, associazione che come tante altre permette a centinaia di ragazzi ogni anno di “salpare” alla scoperta dei cinque continenti. Vivere e studiare per un periodo all’estero è un’esperienza che arricchisce le persone, che fa rendere conto di poter realizzare cose che prima non ci si credeva in grado di fare e fa scoprire di possedere risorse che nemmeno si immaginava di avere. Gli insegnamenti che si ricevono durante un viaggio all’estero sono moltissimi! Ma uno in particolare mi af-fascina più degli altri: appena arrivati ci si ritrova completamente soli, in un angolo da cui bisogna trovare la propria strada per poter essere accettato in una società con una diversa cultura, diverse tradizioni e usanze. Molti ragazzi nella nostra scuola sono partiti per vivere una fantastica esperienza all’estero lo scorso anno scolastico, quindi ho deciso di raccogliere le loro esperienze e di raccontarle in modo che tutti noi possiamo in qualche modo immedesimarci in loro e vedere e conoscere attraverso i loro racconti un piccolo pezzetto del mondo che hanno conosciuto.

Marcella Franco, una anno in Germania“Sono partita il 12 Ottobre dell’anno scorso per la Germania, più precisamente Amburgo. La famiglia ospi-tante (che io già conoscevo, perché aveva ospitato mio fratello 3 anni fa) è venuta a prendermi in stazione e, sarò sincera, il primo impatto non è stato dei migliori. I tedeschi sono conosciuti come persone molto fredde, severe e riservate, ebbene è proprio così e mi sono resa conto di questo subito, al momento dell’incontro: per salutarmi mi hanno abbracciata, ma non ti immaginare uno di quegli abbracci calorosi da italiani, no, era più uno sfiorarsi, un contatto che manteneva le distanze. All’inizio non capivo assolutamente niente; ho studiato tedesco alle medie, ma subito dopo l’esame di terza media, ho rimosso tutto ciò che avevo imparato. Un’altra grande difficoltà è stata la scuola. Mi immaginavo un ingresso in classe tipico dei film americani, tutti gli occhi puntati addosso; ma io sono partita per la Germania non per gli Stati Uniti, per cui se i loro occhi erano rivolti verso di me, se ne sono guardati bene dal farlo notare. Ho dovuto vincere la mia timidezza, perché di certo loro non venivano a cercarmi, dovevo essere io ad inserirmi nelle loro vite e a cercare di creare un legame. Alla fine di questa esperienza posso dire di esserci riuscita. I primi giorni sei la novità, ma la cosa difficile è diventare la quotidianità, diventare parte integrante della classe e di una compagnia. Oltre alle difficoltà con i compagni di classe, ci sono stati i numerosi ostacoli con lo studio. Spesso ci lamentiamo di quanto siano noiose e pesanti le nostre lezioni, ma niente in confronto al passare 6/7 ore seduto al banco senza capire niente. Avrei dato qualsiasi cosa per poter capire più parole possibili, partecipare ed essere in grado di fare i compiti. La mia giornata tipo: uscivo di casa verso le 7.40, a parte il mercoledí che entravo a scuola alle 10. La giornata scolastica non era mai uguale, non avevo orari fissi, dipendeva tutto dalle lezioni che avevo scelto; capita-vano giorni in cui avevo solo 4 ore e altri in cui ne avevo 8. Tra una lezione e l’altra avevamo un intervallo di mezz’ora o 15 minuti, che io trascorrevo con un gruppo di 9 ragazze, che è diventato il mio gruppo. Nel pomeriggio studiavo se c’erano compiti, uscivo con amici e in piú facevo atletica. Il sabato non andavo a scuola per cui venerdí e sabato sera li trascorrevo tra una festa e un’altra. I miei genitori erano simpaticis-simi. Mio fratello di 12 anni era tenerissimo. La sorella maggiore, Anne, ha 20 anni, era molto molto molto introversa, non mi parlava quasi mai. Mi chiedi se mi sento cambiata e la mia risposta è si. È inevitabile. vivere un anno in un’altra città, senza la tua famiglia, gli amici, il dover parlare un’altra lingua, imparare a cavarsela da soli...sono tutte cose che segnano profondamente e determinano il carattere di una persona. È stata un’esperienza intensa, piena di alti e bassi, momenti difficili in cui mi sentivo sola e contavo i giorni che mi separavano dal ritorno, e momenti meravigliosi in cui sognavo una vita là e non volevo piú tornare. Il ritorno non è stato semplice, ma ho imparato una cosa: questa esperienza non è finita e ció che ho imparato stando là, ció che mi ha fatto crescere, viene fuori adesso. Ho una seconda famiglia in Germania, amici te-deschi, brasiliani, argentini, cinesi, americani...ho vissuto in un’altra città e grazie alla mia associazione ho

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9ESPERIENZEconosciuto ragazzi provenienti da tutti il mondo, con culture e modi di fare che siamo soliti definire “strani”, quando in realtà sono semplicemente diversi. Ma alla fine siamo tutti giovani, abbiamo gli stessi interessi, le stesse speranze e in mezzo alle tante diversità abbiamo anche molto in comune.”

Beatrice Ciani, un anno negli USA“Io sono stata in Tennessee per 9 mesi. La mia primissima impressione è stata “wow, qui è tutto è più grande!”. Una delle prime differenze che ho notato è stato il fatto che lì tutti si muovono sempre in macchina e che le persone sono molto più cordiali. La differenza più grande però, è stata sicuramente il fatto che ab-biano pistole e fucili ovunque, il che mi ha un po’ scioccata all’inizio.Non ricordo di aver vissuto grandi difficoltà, ad eccezione di alcuni momenti in cui mi sentivo sola o spae-sata, ma niente di drammatico.La mia giornata iniziava alle 5.15 del mattino, prendevo il bus giallo (quello che si vede in tutti i film), svol-gevo 4 lezioni da un’ora e quaranta minuti (con mezz’ora di pausa pranzo e mezz’ora di intervallo) e poi due volte a settimana avevo l’incontro con il DECA club. Il venerdì c’erano le partite di football o basketball per cui rimanevo a scuola con amici fino a sera. Il weekend invece andavo al cinema o in città.Mi sono trovata benissimo nella mia famiglia, anche perchè la mia host mom ci lasciava molta libertà e quindi con la mia compagna di stanza\amica sembrava più di essere in college che in una famiglia. Mi sento sicuramente cambiatissima. Vedo le cose secondo una prospettiva diversa e il mondo mi spaventa meno, ho imparato a convivere con me stessa e ad accettare le differenze degli altri. Ho rivalutato molto l’Italia e la scuola italiana, ed allo stesso tempo ho conosciuto ed apprezzato l’America negli aspetti che mi sono stati accessibili. Il valore più grande che ho tratto è stato sicuramente la rete di amicizie vere e sincere che ho tes-suto. In primis ho rafforzato i rapporti con i miei amici in Italia che si sono mostrati veri e con cui mi sono sentita per tutta la durata dell’esperienza e che mi hanno aiutata molto a reinserirmi al mio rientro, ma ho anche costruito dei rapporti meravigliosi con le persone che ho incontrato là, e che mi porterò sempre nel cuore.”

Lorenzo Brogioni, un anno negli USA“Sono stato a Prior Lake, in Minnesota, dove ho trascorso 10 mesi. La prima impressione che ho avuto è stata che tutte le persone fossero molto cordiali e che quello fosse un posto favoloso.La prima differenza in assoluto che ho notato è stata che gli americani non si salutano dandosi un bacio sulla guancia (ho fatto anche una figuraccia con una amica di mia sorella). Un’altra differenza è che le distanze sono molto più grandi e i ragazzi sono completamente autonomi già da 16 anni. Non ricordo di aver avuto grandissime difficoltà a parte il fatto di aver sentito un po’ la mancanza di casa sotto periodo natalizio. La mia giornata tipo cominciava verso le 6, e dopo aver fatto una passeggiata con il cane in mezzo alla neve, facevo colazione e andavo a scuola verso le 7:15. Finivo i compiti per la giornata e alle 8 iniziava la prima lezione, avevo 40 minuti a disposizione tra le 10 e l’1 per pranzare, la scuola finiva alle 3 e subito dopo avevo gli allenamenti. Verso le sei tornavo a casa, cenavo e facevo i compiti.Ora che sono tornato mi sento molto cambiato. Vedo tutto con occhi diversi. Credo di essere meno superfi-ciale. Conoscere una cultura diversa dalla tua apre la mente a idee completamente nuove che non mi sareb-bero mai passate per la testa prima. Il valore più grande che ho tratto da questa esperienza sta nei rapporti con le persone. Ho avuto la possibi-lità di ricominciare da capo la mia vita. In 10 mesi si riesce ad instaurare legami che in 17 anni della propria vita non si è mai riusciti a instaurare. Ho conosciuto così tante persone e alcune di queste hanno avuto un grande impatto sulla mia vita. Mi hanno motivato a fare meglio, a dare sempre di più.”

Pietro Camisa, un anno negli USA“Allora, io sono stato da agosto 2013 a luglio 2014 negli Stati Uniti, a Phoenix, capitale dell’Arizona. Tra le cose che ho notato di primo impatto c’erano semplici dettagli come le enormi dimensioni delle macchine, delle strade, il fatto che ci fossero Cactus ovunque, ma soprattutto sono stato subito sorpreso dal caldo (in estate arriva intorno ai 46-48 C°). Da un altro punto di vista, mi hanno stupito anche la disponibilità e gentilezza delle persone, per quanto riuscissi a capire quello che dicevano... Appunto una delle difficoltà

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ESPERIENZEprincipali all’inizio è stata capire bene la lingua e riuscire a rispondere in modo sciolto senza sembrare stupido ogni volta che aprivo bocca. Oltre a questi problemucci iniziali, è stato piuttosto difficile abiutuarsi alle dinamiche della vita sociale, con gli amici, in famiglia o a scuola. Anche questa però, è stata solo una questione di tempo! Penso che sia stato proprio attraversando e superando tutte le difficoltà sul percorso che questa esperienza mi ha cambiato, e mi ha aperto gli occhi non solo verso una società e una cultura di cui prima sapevo poco, ma anche su alcuni aspetti di me stesso, che altrimenti non sarebbero mai venuti fuori. È un’esperienza speciale che sicuramente consiglierei a chiunque. Poi è fantastico arrivare a pensare e sognare in inglese, ti rende in grado di vedere le cose da tutta un altra prospettiva.”

Emma Savio, 6 mesi in Australia“Io sono stata a Sydney per 6 mesi, precisamente a Kings Langley una sorta di periferia della città che potevo raggiungere facilmente in treno in una 20ina di minuti. La mia primissima impressione è stata molto positiva soprattutto perché sono stata accolta dalla mia famiglia con un grande calore e il mio arrivo è stato atteso per tantissimo tempo. Nel viaggio che ho fatto dall’aeroporto a casa ho avuto la possibilità di passare attraverso il centro della città e mi è sembrata così grande che mi sentivo talmente piccola e inferiore da non poter affrontare quello che mi sarebbe toccato.Le prime differenze sicuramente le ho trovate nei rapporti con i miei coetanei, infatti loro sono molto chiusi mentalmente e quindi il loro approccio è stato molto distaccato. Questa situazione l’ho affrontata con molta calma: avevo al mio fianco la mia famiglia che cercava di farmi vivere tutto questo nel modo più positivo possibile e poi piano piano quello che mi aspettavo, ovvero il tentativo di instaurare delle amicizie, è arri-vato, e le cose sono andate sempre meglio.La mattina andavo a scuola e pranzavo lí nella mensa della scuola, dove succede a grandi linee quello che si vede nei film. La mia famiglia era la mia famiglia vera: i cugini di mia mamma, infatti, mi hanno ospitata e trattata come una figlia, tant’è che nei weekend e nei periodi festivi sono stati talmente bravi e interessati al fatto che la mia permanenza fosse il più piacevole possibile, che mi hanno portata in tutti i posti visitabili che si possono immaginare! Poi con una serie di agganci, ho trovato un lavoro in un negozio di alimenti (indovina un po’...?!) italiano dove tra l’altro mi pagavano più che profumatamente!Devo ammettere di sentirmi molto cambiata ma sono sempre la stessa persona, non sono nè più bella, nè più brava, nè tantomeno più responsabile, sono sicuramente molto più positiva e fiduciosa in quello che potrà essere il mio futuro e fondamentalmente non sono più terrorizzata da quello che mi aspetta. Sono aperta e determinata ad accettare e superare tutti gli ostacoli che mi si porranno davanti nel percorso della mia vita.Ho intrapreso questo viaggio soprattutto per una questione egoistica: avevo passato un brutto periodo in famiglia e pensavo che prendere del tempo ESCLUSIVAMENTE per me stessa, cambiando aria, sarebbe stato utile per la mia persona, ma nel corso del viaggio ho capito che non avrei mai potuto raggiungere un equi-librio interiore, una pace e una serenità, se non avessi avuto al mio fianco tutte le persone che mi hanno aiu-tata durante l’esperienza. Ho capito quindi che la felicità non la si trova in sè stessi nè nel posto in cui sei, ma la trovi nelle persone che TU scegli che stiano al tuo fianco. La felicità è vera quando è condivisa (ringrazio il mio prof di religione per avermi dato questa citazione) e spero che tutti possiate scegliervi le persone con cui vivere, perché saranno loro a cambiare il vostro modo di affrontare il mondo e la vita.”

Per vedere le foto delle esperienze dei ragazzi, inquadrate con il vostro smartphone il codice QR in copertina oppure seguite il link omniablog.altervista.org per andare sul nostro blog e leggere l’articolo completo!

Arianna

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ESPERIENZE

Da parecchi anni nel nostro liceo è aperta un’iniziativa per i ragazzi di terza e quarta supe-riore che prevede uno stage lavorativo nel periodo delle vacanze estive, della durata di due settimane.

Il Primo Levi è stato uno dei primi licei ad offrire questa opportunità ai ragazzi: infatti in passato questa risorsa era riservata soprattutto agli alun-ni degli istituti tecnici. La referente del progetto, la prof.ssa Bacci, da anni si occupa dell’iniziativa. La docente, verso la fine dell’anno scolastico pas-sa personalmente nelle classi lasciando un mo-dulo di pre iscrizione nel quale i ragazzi scelgono l’indirizzo desiderato. In seguito, dei tutor tengono una lezione pomeridiana per indirizzare gli interes-sati verso uno stage che rispecchi le loro attitudini, e in questa sede avviene la vera e propria iscrizione.

Alla fine dell’esperienza coloro che hanno parte-cipato riceveranno un attestato che servirà per il credito scolastico. Quest’anno il progetto ha visto la collaborazione delle riviste Sciare e Golf, della

casa editrice Principato, del Policlinico di San Donato e dei Comuni di San Donato, San Giu-liano e Peschiera. I ragazzi sono rimasti molto entusiasti per le attività svolte, soprattutto gli stagisti del Policlinico che hanno avuto la pos-sibilità di assistere ad un intervento chirurgico. Il 19 ottobre si è svolta la cerimonia della conse-gna degli attestati alla quale hanno partecipato il Sindaco di San Donato Andrea Checchi, la dottoressa Lucato, la dott.ssa Cuppone (diret-trice sanitaria del Policlinico di SDM), la dott.ssa Torri e il dott. Torcello della casa editrice Prin-cipato, la DS Concetta Pragliola, la sig.ra Paola Formica, la DSGA Lorena Orrù e infine, ultima ma non per importanza, la professoressa Bacci.

Per quest’anno ci sono importanti novità da parte del Ministero che sta dando parecchia im-portanza al rapporto scuola-lavoro; pertanto tutor di aziende verranno durante l’anno sco-lastico ad approfondire le possibilità nel mondo del lavoro per i giovani. I 50 studenti che hanno aderito al progetto hanno espresso pareri molto positivi sull’esperienza, perciò noi invitiamo tutti coloro che sono interessati a rivolgersi alle prof.ssa Bacci, perché oltre al canonico studio sui libri è anche importante capire la realtà che ci circonda. Certamente con due settimane di stage non potremo dire di aver imparato tutto, ma è un’esperienza fondamentale per crescere e confrontarci con un mondo che prima o poi ci toccherà affrontare.

Alessandro

Stage

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12 MUSICA

Forse non tutti sanno che i Paesi scandinavi e l’Islanda negli ultimi anni stanno guadagnando grande presti-gio in campo musicale e che gli appassionati del metal e del post-rock possono contare su band come Dimmu Borgir, Opeth, Nightwish, Insomnium e Sigur Rós. Per capire lo spirito di queste zone basta considerare che in Finlandia esistono cinquantadue band metal ogni centomila abitanti. Ma quali sono queste band? Ci-tarle tutte sarebbe impossibile, ma certamente due di queste sono Árstíðir ed Avatar, entrambe venute in tour in Italia.

Gli Árstíðir, formatisi nel 2008, rappresentano il lato dolce e folk dell’Islanda: la maggior parte dei brani presenta elementi di musica classica, con una spiccata abilità nell’uso del violino. Tutti i membri del gruppo sono anche cantanti, divenuti famosi per aver cantato una litania islandese in una stazione. Pubblicheranno a breve il loro terzo album, Hvel, il cui primo singolo, Things you said, continua a racchiudere l’essenza del gruppo: grande attenzione alla natura, malinconia, ma anche slancio alla vita.

L’altro gruppo sono gli Avatar. Di genere decisamente più forte, hanno scalato la scena metal prima come supporter in Svezia di Megadeth e Slayer, poi nel tour europeo degli Avenged Sevenfold. Quello che colpisce di questo gruppo è quanto si siano perfezionati in un

tempo così breve, facendo incetta di fan. L’ultimo album, Hail the apocalypse, unisce infatti parti di cantato pulito, simili a ninna nanne dal tono pro-fondo, a growl gutturali che lasciano senza fiato, pezzi melodici a riff di chitarre elettriche, il tutto dominato da sonorità oniriche e circensi.

Non c’è dubbio che continueranno a stupire gli a-scoltatori, come hanno fatto in Italia grazie anche al loro look eccentrico e all’abilità di stare sul pal-co (nonostante la poca esperienza, i membri della band riescono ad eseguire assoli incrociati o cos-truire intricati riff seguendo tempi folli scanditi da headbanging). Inoltre, hanno deciso di tornare in Italia il 15 novembre a Romagnano e può darsi che, da band emergente, si affermino saldamente nel panorama musicale metal.

Monica

Scandinavia ed Islanda: una continua fonte di ispirazione musicale

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“I am the one who knocks”Breaking Bad, la famosissima serie televisiva scritta e girata da Vince Gilligan e trasmessa sulla AMC, viene definita la migliore del suo genere fino ad oggi.Ragazzi, adulti e anziani vengono trascinati in questo climax discendente di eventi che rende la serie unica e imperdibile, sia per la sua struttura e la sua storia, sia per i personaggi unici, interpretati attraverso le egregie performances dei protagonisti Walter White (Bryan Cranston) e Jesse Pinkman (Aaron Paul).Ora è giusto fare un breve excursus sulla serie, senza rivelarne i punti salienti (per non farvi gridare allo spoiler e minacciarmi di morte).

Se scopriste di avere un cancro ai polmoni che non vi lascia speranza di una lunga vita, non fareste di tutto per preservare il benessere della vostra famiglia? Non vi spingereste al limite pur di permettere un futuro ai vostri cari? Beh, forse voi no, ma Walter White sì, e ce lo ha dimostrato al meglio.Un normalissimo insegnante di chimica di una normalissima scuola che vive in una normalissima città del New Mexico con la sua normalissima famiglia ha solo un problema: questa normalità non gli va a genio e, quando scopre di avere una malattia terminale, decide di cambiare le cose. Si da il caso che questo normale professore di chimica abbia delle conoscenze della sua materia molto avanzate, ma quanto? Tanto avanzate da produrre la metanfetamina più pura del paese, se non del mondo intero, e questo gli assicurerà mol-tissimo denaro ma anche moltissimi problemi e ancor di più moltissimi nemici. Facendo squadra col giovane Jesse Pinkman, uno spacciatore tossicodipendente dalle abitudini parecchio discutibili, affronterà disavventure come trovare cadaveri sciolti in vasche da bagno e montagne di soldi da non saper dove nascondere. Il loro rapporto, unico nel suo genere, è caratterizzato da un continuo sen-timento di odio e amore che li accompagnerà fino alla fine della serie. La serie è inoltre responsabile della creazione di quelli che sono tra i migliori antagonisti della televisione di sempre, passando dal pazzoide Tuco Salamanca al serio e impassibile re del traffico di droga Gustavo Fring, nemesi per eccellenza di Walt. Ora che sapete abbastanza di questa serie sensazionale e accattivante, potete sedervi davanti al computer, liberarvi la mente e guardarla tutta in poco più di un mese (come ha fatto il sottoscritto). Buona visione!

Francesco

ARTE

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Il dubbio che la realtà in cui viviamo possa essere pura finzione è un tema molto ricorrente nella let-teratura e cinematografia sia antica che moderna. Il primo di cui abbiamo traccia è Cartesio che nel 1600 iniziò a chiedersi se i nostri sensi siano così affidabili da distinguere quando è realtà e quando sogno. Suo contemporaneo fu l’autore Pedro Calderòn De La Barca che scrisse un dramma proprio sulla domanda di Cartesio e che diventò un autentico capolavoro del teatro barocco.

L’opera narra la storia del protagonista Sigismondo, principe di Polonia. Le stelle prima della sua nasci-ta avevano predetto al padre che il figlio si sarebbe trasformato in un principe terribile e cruento, per evitare ciò e per salvaguardare il futuro del suo regno, il re alla sua nascita decide di chiuderlo in una torre isolata. Qui Sigismondo, ignaro completa-mente delle sue reali origini, vive in un triste stato di prigionia dove l’ unico contatto con la realtà esterna è la sua guardia. Quando il figlio è diventato ormai adulto, il re, preso dai sensi di colpa, non sa più se la sua sia stata una scelta giusta e se abbia fatto bene a credere alle stelle. Così per dimostrare al popolo che ha sempre agito in loro salvaguardia e che non sta usurpando il trono al figlio, escogita un piano: farà ritornare il figlio e gli affiderà il potere, se si comporterà bene diventerà re, ma se le stelle non avranno sbagliato la loro predizione ed egli si rive-lerà un cattivo monarca,allora dopo un giorno da principe, la notte stessa lo riporterà nella torre e gli dirà che è stato tutto un sogno. Arrivato a palazzo, Sigismondo è del tutto stupito ed elettrizzato dalla

diversità di quel mondo, si sente finalmente libero, scopre nuove emozioni, vede per la prima volta una donna e capisce cos’è l’amore, si sente amato dal padre e acclamato dal suo popolo, ma tutto è de-stinato a finire. Egli, infatti, incapace di controllare dentro di sé il peso di quelle stravolgenti novità, si rivela il principe sanguinario e cruento come era stato predetto e nella notte viene riportato alla torre e gli vien detto che è stato tutto un sogno. In questo stato di finzione e menzogna, Sigismondo è totalmente confuso, pensa che se quello che ha sognato è solo un sogno e ancora lo ricorda cosi in modo perfetto tanto da sembragli di averlo vissuto veramente, allora tutto quello che gli sembra reale potrebbe essere un sogno. Ed è proprio a questo punto che Sigisismondo recita il monologo, a parer mio, più bello di tutta l’opera:

“[...]e nel mondo in conclu-sione, tutti sognano ciò che sono, ma nessuno lo com-

prende. Io sogno che qui mi trovo da questi ceppi fiaccato e ho sognato di vedermi in più lieta condizione. Cos’è la vita? Delirio. Cos’è la vita? Illusione,

appena chimera ed ombra, e il massimo bene è un nulla,

perché tutta la vita è sogno, e i sogni, sogni sono.”

“La vida es sueño”, è un’opera ricca di in-terrogativi molto attuali, intensa e appas-sionante che consiglio a tutti coloro che ab-biano voglia di immergersi nel conflitto tra libertà e destino, tra verità e ingannevole apparen-za.

Beatricethegirlwiththeredcoat.blogspot.it

La Vita è SognoIl Mondo tra Realtà e Finzione

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ARTE 15

Tutto ciò che ci troviamo di fronte altro non è che un immenso strato di colore, di cui la Natura è la più maestosa portatrice.Nelle sue infinite sfumature racchiude pura bellez-za e misterioso pericolo.L’artista è in grado di racchiudere nella sua opera un frammento della magia concreta di un semplice fiore: un’ammirazione non ancora del tutto oppres-sa dal distruttivo desiderio di dominio e superiorità che l’uomo prova.Rappresentare la semplicità può diventare estrema-mente complesso; riprodurre le incomparabili ar-monie della natura è impossibile, ed infatti non è ciò che il pittore ha come fine. Il colore steso su tela vuole riprodurre il reale nella forma in cui viene concepito dall’animo del poeta, privandolo dello strato di oggettività che quotidianamente lo rico-pre.Tra l’immensa varietà di elementi di cui la Natura è composta,proprio il Girasole, uno tra i più sgar-gianti doni della terra, è stato scelto come imma-gine da interpretare.La maestria dell’artista è innegabile, ciò che sembra dare vita al foglio sono le corte ed agili pennellate che contraddistinguono lo stile di Van Gogh. Il colore dà così vita al movimento, sottolineando il tema della preziosità del tempo, dell’importanza che ogni attimo racchiude. Come dice Peter Weir, personaggio del film “l’attimo fuggente” «Lo stesso fiore che oggi sboccia domani appassirà»L’opera sembra essere attraversata da linfa vitale; ogni fiore appare fragile, mosso da una leggera brezza, ed allo stesso tempo sembra sprigionare luce.Van Gogh era un profondo amante del Giallo, sim-bolo di gioia e speranza.

L’opera è dominata da una pura luminosità, della quale non si riesce a cogliere la provenienza, poiché si presenta sotto forma di un’ intensità uniforme, quasi come se fossero i fiori stessi a sprigionarla.I colori principali (l’azzurro, il giallo e il verde) sono i più vicini alla concezione di natura calma e benevola che in ognuno di noi sopravvive.Un’altra fondamentale caratteristica dei Girasoli di Van Gogh è rappresentata dallo spessore del versato sulla tela, che vuole darne volume, vuole rendere ciò che altrimenti resterebbe piatto e monotono, il più possibile concreto, mobile, percettibile: vivo.Il pittore realizzò una serie di tele con questo stesso soggetto, a lui molto caro, da come si deduce anche dalle lettere mandate al fratello Theo, in cui scrisse: “Il girasole è mio, in un certo senso”.Il Girasole potrebbe essere concepito come una metafora dell’umano, intento ad inseguire la sua luce, ed in grado di sprigionarne a sua volta, fino a quando la linfa in lui non smetta di scorrere.Un ultimo interessante particolare è il fatto che l’artista abbia firmato la propria opera all’interno del quadro, quasi al centro di esso.Ciò sottolinea lo stretto legame che si instaura inevi-tabilmente tra autore ed opera, la quale non è altro che una concretizzazione del mondo interiore di co-lui che l’ha creata.Il vaso dal quale i fiori gialli si diramano può così di-ventare la personificazione di colui che l’ha dipinta: un Van Gogh gioioso, felice, estasiato dalla bellezza che solo i figli della sua amata terra possono confe-rirgli.Ogni fiore appassirà, così come ogni uomo morirà, ma il ricordo di questo mai si disperderà comple-tamente; tutto ciò che ha vissuto può continuare a risplendere, così come la serena luce che avvolge i fiori sulla tela potrà, accarezzare gli occhi di tutti coloro che siano intenti ad ammirarli, verso i quali i Girasoli di Van Gogh saranno volti, indicando il fatto che ognuno di noi è un Sole, a suo modo.La natura ha ancora tanto da insegnarci, e per for-tuna qualcuno se ne è accorto.

Jacopo

I Girasoli di Vincent Van Gogh

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Il cane neroEra sul balcone. Il busto proteso già oltre la ringhiera. Come era vicino l’asfalto sottostante. Era nero, tanto quanto era buia quella notte. L’avrebbe inghiottita. Non inghiottita come tante volte aveva pensato che avrebbe potuto fare il buio che portava dentro, inghiottita fisicamente. Soffiava un vento debole e gelido che le pungeva gli zigomi. Sarebbe bastata una piccola spinta, sarebbe bastato sbilanciarsi leggermente in avanti. Il cane nero l’aveva raggiunta ancora una volta. Con quel suo orribile fetore di morte in bocca e quegli occhi in-cendiati di un fuoco che divora tutto quello che trova sul suo cammino. Il pelo scarmigliato e l’aspetto emaciato. Gli si potevano contare le costole. Laura lo accolse con la spossatezza di sempre. Dopo averle ringhiato a lungo, le morse le caviglie. Le si insinuò dentro, fino alle ossa. Abbaiava forte, le rimbombava nel cervello, nelle membra, nel sangue quell’ululato rab-bioso. Le luci dei lampioni erano lontane e fioche, come lucciole vecchie e stanche. Le strade del quartiere deserte. Vi si poteva ascoltare la solitudine camminarci silenziosa. Il pavimento del balcone in cotto rosso era freddo al tatto sotto i piedi di Laura, la vestaglia da notte non la copriva dal freddo. I capelli ancora non completamente asciutti, neri, appiccicati alle spalle. Fremiti violenti scuotevano il suo corpo. Il cane la stava divorando. Si nutriva di tutti i suoi pensieri positivi, dei barlumi di una speranza. Divorava la felicità, la stava svuotando della vita. Soli, nel buio, non si brilla. Laura lo sapeva bene. Lo aveva imparato nel corso della sua vita. Marco. Come era lontano. Cosa avrebbe pensato se l’avesse vista su quel balcone, con quell’irrefrenabile voglia di buttarsi di sotto. E il pensiero tornava ancora una volta a lui. Egoista. Violento. Sbagliato. L’amore. Lacrime tiepide iniziarono a rigarle il volto prima che Laura riuscisse a rendersene conto. Quel cane nero era sempre lì, immobile, a fare la guar-dia al suo salto. Si sforzò di allontanare ogni pensiero. La ringhiera smaltata di bianco era fredda. Il ventre di Laura, che vi si appoggiava, aveva continui motivo di repulsione verso quel metallo gelido. Un po’ come la repulsione di Laura per la vita. Quella vita che non ri-usciva a trovare un motivo per essere vissuta. Era sola. Nel buio. Poi d’improvviso i ricordi sfondarono la porta della stanza in cui Laura li aveva costretti con doppia mandata di chiave. Cosa avrebbe lasciato? Chi avrebbe pianto per lei? Era la soluzione uscire di scena da una porta di servizio così secondaria? Il viso di sua madre. Tanta luce. Il Natale. Suo padre che le faceva i complimenti per l’ottimo voto nel suo primo compito in classe di liceo. E suo fratello. Le litigate con lui. La distanza. La morte dei suoi che non aveva ancora assimilato. Grigio. Le labbra di Marco. Rosso. Il bianco del vestito. Il viaggio di nozze. Il sesso. L’aborto sponta-neo. Nero. La testa iniziò a girare. Un forte dolore le strinse il petto. Il cane nero le diede una spinta. Perdita di equilibrio. All’indietro. Laura si ritrovò riversa sul pavimento del balcone. La percezione del mondo svanì. Il freddo le si insinuò fino al cuore. Il nulla dentro e fuori di lei. Si rannicchiò in posizione fetale. I fremiti ancora non l’avevano abbandonata. Ma era viva. Qualcosa, di quei pensieri, l’aveva tenuta in vita. L’istinto di sopravvivenza aveva avuto ancora una volta il sopravvento. Gli occhi si fecero pesanti. Le emozioni esplosero tutte in-sieme. I rimasugli della sua anima vagavano per quel luogo buio e dimenticato da Dio. Laura chiuse gli occhi.

Mattiamattichiostro.tumblr.com

RACCONTI

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17RACCONTI

Punto di rotturaPrima o poi tutti dobbiamo lasciare la vita, non si sa quando, se domani o tra tanti anni, con gli occhi stanchi guarderemo l’ultima luce spegnersi con la stessa coscienza che quella sarà l’ultima volta che le iridi vedranno le cose amate; affrontare l’ultimo dì con un sorriso tirato tra le rughe, forse anche questo è saggezza: essere consapevoli di sé e della propria fine. Chi non lo è, conosce se stesso? No, e questo è il peggior tipo di dolore mai conosciuto. Io non sapevo chi ero, e forse non lo so nemmeno ora, e ciò che mi accadde di certo non affievolì i problemi che ogni giorno i ragazzi della mia età affrontano. E così, senza neanche darci peso, con tutta la naturalezza possibile nell’umano, oltrepassai con passo lungo una striscia di pra-to bagnata dalla fitta nebbia e dal nevischio di quella fredda mattina di febbraio. Forse il bello di uscire prima dell’alba è il silenzio, nessuno è tanto coraggioso da arrischiarsi ad uscire in un mondo che pare catapultato in un universo in bianco e nero, dove la luce dei lampioni illumina fiocamente piccoli cerchi della strada e rende le goccioline di acqua piccoli cristalli intrappolati nelle ragnatele. Feci un ultimo passo. Poi i fari di un auto mi abbagliarono e un tonfo sordo mi riempì le orecchie. Il tonfo del mio corpo contro il cofano del veicolo. No-nostante avessi gli occhi spalancati la mia vista si offuscò e le luci sfarfallanti dei lampioni si allontanarono, affievolendosi fino a spegnersi del tutto, percepii il ruvido dell’asfalto sbattere contro la nuca, le orecchie iniziarono a fischiare tanto forte da confondermi fino a farmi male e una tempesta di dolore assordante si diramò per tutta l’estensione dei miei nervi, il sangue mi pulsava nei timpani e, in alcuni momenti avevo freddo, in altri caldo. Strinsi i denti e con le dita grattai l’asfalto, tentai di respirare ma mi pareva di avere i polmoni schiacciati sotto un peso, a quel punto anche quella sola azione era così stancante... Non mi sforzai più, il cuore si arrese. Ero forse morta? Si, ero morta. Ma non c’era nessuna luce o creatura strana. Magari era quello l’aldilà. Con un respiro sorpreso e avido spalancai gli occhi e saltai seduta sul ce-mento, respirai veloce e mi portai la mano sul petto per sentire di nuovo il ritmico pulsare del mio cuore. Avevo male ovunque ma la macchina era un po’ più lontana di prima e non portava segni della contusione, ma io sì. Sentii il conducente imprecare contro di me. -Alzati! Non ti ho mica investito, in fondo!- Non mi aveva investito?-Guarda che razza di gente mi ritrovo davanti...!- Un attimo! Lui non aveva parlato, non aveva proprio aperto bocca, ma lo avevo sentito parlare...Cosa significava questo?

Chiara, Ilaria, Elena, Albina

‘‘Punto di Rottura’’ è un racconto scritto in 5 parti che usciranno con i 4 numeri di Omnia di quest’anno, più l’ultima parte sul blog (omniablog.altervista.org). Speriamo che questo esperimento possa incuriosirvi, e per farvi appassionare al racconto abbiamo pensato di far partire un concorso fotografico con tema questa storia. Inviate le foto che più vi sembrano rappresentare o poter accompagnare il nostro racconto tramite la pagina di Facebook di Omnia e le migliori verranno pubblicate sul blog o nel giornalino insieme alle nuove parti della storia.

La Redazione

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MODA18

Hasta lo stile!Moda come espressione dell’essereSe pensiamo a una persona con la passione per la moda, istintivamente la associamo a una persona super-ficiale che pensa solo all’esteriorità. Vediamo la moda come qualcosa di apparente, come la solita passione delle ragazze. Ma per alcuni non è così.La moda in statistica è l’elemento che si ripete più volte e anche la nostra società é soggetta a questo tipo di moda: la moda del tailleur negli anni 50, la moda dei jeans a vita bassa negli anni passati, l’introduzione dei leggins nel guardaroba femminile. La moda diventa tendenza di massa e con l’espressione “essere alla moda” ci riferiamo, quindi, solo a un fattore matematico.A noi piace pensare alla moda non come tanti fattori uguali, ma come espressione della nostra creatività: ognuno ne dà la propria interpretazione e per questo la troviamo davvero interessante.

Chi siamo?“Io sono Beatrice, ho 18 anni e frequento il quinto anno del liceo scientifico. La mia passione per la moda è sempre esistita, fin da quando ero piccola. Se alle elementari è la mamma, di solito, a scegliere i vestiti da farci indossare, nel mio caso, invece, non lo permettevo a nessuno e ci tenevo ad occuparmene io. Crescendo ho coltivato questa mia passione insieme a mia nonna, sempre attenta a ciò che indossa e sempre innovativa tanto che, già qualche anno fa, con le sue Rucoline anticipava le platform che vanno tanto di moda oggi. Così qualche mese fa per una scarica di coraggio e curiosità ho deciso di aprire un blog che ho chiamato “thegirlwiththeredcoat”, che sarei io. Vi chiederete: perché un cappotto rosso? Beh, banalmente perché mi piace il rosso, perché un cappotto rosso non è mai banale, perché dà sempre quel tocco di vivacità in ogni situazione, perché Cappuccetto Rosso aveva bisogno di essere modernizzata, perché oltre alla Ragazza con la sciarpa verde, ora, c’è anche La ragazza con il Cappotto rosso.”

“Mi chiamo Alice, sono nata in un giovedì piovoso di 18 anni fa sotto il segno del toro e frequento il quarto anno del liceo classico. Ho sempre avuto una passione per la fotografia e per la moda che con il passare del tempo si sono assimilate e hanno iniziato a coesistere in modo totalmente naturale. Da qui, circa un anno fa è nato il mio blog alicevike (per chi non lo sapesse, in greco νίκη significa vittoria) con l’intento di mostrare un nuovo mondo che avevo dentro e che volevo condividere con gli altri. Sono fermamente convinta che la vittoria sia per tutti, non solo per pochi eletti e, nel mio piccolo, le visualizzazioni che aumentano e i com-menti di un sacco di persone che mi supportano sono la mia bellissima vittoria personale. In fondo, è o non è anche la moda una vera e propria forma di creatività di cui andare fieri? E come un pittore usa i pennelli o uno scultore il marmo per le proprie opere, io uso il mio corpo e lo vesto d’arte.”

Hasta la vista!Ed è così che, accomunate dalla stessa passione, abbiamo deciso di provare a portare in Omnia un pochino di quello che facciamo e condividerlo con tutti voi.Se avete nell’armadio quel capo d’abbigliamento che non vi dà pace e non sapete come abbinare,se siete cu-riosi di scoprire quali si dice saranno le tendenze della prossima stagione,se ancora non riuscite a decidervi per cosa indossare in quell’occasione particolare,se avete voglia di regalare la possibilià a un vostro amico/a di cambiare look per un giorno, se avete da farci qualsiasi domanda, se avete voglia di divertirvi insieme a noi in questa nuova rubrica, allora scriveteci sulla mail: [email protected] .Vi aspettiamo!

Beatrice, Alicethegirlwiththeredcoat.blogspot.it

alicevike.blogspot.it

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19GIOCHI e REDAZIONE

Disegna la Tua Vignetta!

In redazione:

DIRETTRICIChiara Castello 4A scBenedetta Mura 4C scCaterina Piratoni 4C sc

RESPONSABILEFederico Caruso 5D sc

REDATTORIFederico Lodigiani 1A scAlbina Bekteshi 1D scElena Oldrati 1D scIlaria Ghizzardi 1D scLetizia Torre 1A clChiara Ghimoni 2A clJacopo Militello 2A clBeatrice Castro 3A scMaia Zambarbieri 3D scAndrea Schipa 3A clFrancesco la Pietra 3A clAlessandra Larva 4C scAlessia Ferrari 4C scArianna Rutigliano 4C sc

Alice Andreoli 4A clArianna Cerea 4A clChiara Scoglio 4A clElisa Venturini 4A clSabrina Calabrese 4A clMonica Vitali 5C scAmir Sayed 5D scBeatrice Goldin 5D scKate Palagano 5D scAlessandro Macao 5B clMattia Tortelli 5B clMajdulin Shehadeh 5B ling

Copertina a cura di: Chiara Ghioni, Federico CarusoDisegni a cura di: Chiara Scoglio, Sabrina CalabreseImpaginazione: Federico Caruso

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