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Oltre i verbi… dove c’è scuola c’è fiaba

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Oltre i verbi…dove c’è scuola c’è fiaba

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Classe 4 BInsegnanti Maurizia Carnevale - Nadia Ponci

Scuola primaria statale “Italo Calvino” via Liguria, 11

Cologno Monzese (Milano)

Anno scolastico 2007 - 2008

Questo titolo fa parte del progetto “La scuola come casa editrice”condotto da anni nella scuola “Italo Calvino”

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Autori

Massimiliano AcamporaAntonio BrunettiMiriana CarrinoSimone Drago

Federico FugazziGarofalo MatteoYousef Hamouie Yoanna HeninMarco LiuzziMattia Longu

Valentina MassaroMichele Mileto

Giorgia MonopoliRiccardo MucciElisa Occhiuzzo

Greta PolitoGiulia ReminiSarah Rigoldi

Ylenia SardellaNicole Sempreviva

Noemi Troiano

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Prefazione L’interesse mostrato durante la lettura delle fiabe tradizionali ci ha indot-to ad intraprendere con i bambini un percorso durato due anni, al termine del quale è stato elaborato questo libretto. Sono state analizzate, attraverso un questionario, parecchie fiabe cono-sciute o inedite per i bambini, che così hanno potuto ricavare la struttura stessa della fiaba: l’irrealtà degli avvenimenti narrati, l’imprecisa collocazione nel tempo e nello spazio, i ruoli ben definiti dei vari personaggi, l’aiuto dell’oggetto magico per il superamento delle difficoltà, il finale per lo più lieto di ogni vicenda. In questo mondo fantastico i bambini, identificandosi nelle varie situa-zioni, hanno manipolato parecchi testi, aggiungendo o cambiando delle parti, modificando l’inizio o la fine di una storia, inserendo la parte centrale o descri-zioni più dettagliate.Sono emerse così emozioni, ansie e paure che hanno potuto essere analizzate, discusse e razionalizzate. Ogni bambino ha poi prodotto, tenendo conto della struttura comune, una propria fiaba. La maggior difficoltà incontrata è stata quella di elaborare il tutto in modo logico e coerente, pur navigando nel magico mondo della fanta-sia. La filastrocca di Rodari, Le favole a rovescio, ci ha permesso di produrre “una divertente insalata di fiabe” dove gli ambienti sono stati modificati, le con-clusioni delle storie sono diventate l’inizio di altre e i personaggi delle fiabe più conosciute hanno cambiato il loro ruolo tradizionale. I bambini hanno prodotto anche una serie di carte: disegni di ambienti, di personaggi e di oggetti magici; poi, grazie alla loro casuale distribuzione, è stato possibile costruire un’infinità di intrecci. Ultimo lavoro è stata l’invenzione di una fiaba partendo dai quadri di Lorenzo Mattotti. Le immagini, nonostante non avessero nulla in comune, sono diventate uno stimolo creativo per costruire una storia fantastica, ricca di incre-dibili descrizioni e con un filo conduttore che ha dato continuità a situazioni apparentemente tanto diverse. In questo viaggio nel mondo delle fiabe, così legato all’esperienza indi-viduale di ciascuno e al senso di libertà che la fantasia regala, i bambini hanno risposto in modo estremamente positivo, migliorando la loro produzione scritta che è risultata più ricca di idee e più curata dal punto di vista orto-sintattico.

Le insegnanti

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Leggi le seguenti storie

Biancaneve e i sette nani

Il gatto con gli stivali

La bella addormentata

Hansel e Gretel

Cenerentola

Cappuccetto Rosso

Il principe Felice

Il drago a sette teste

L’oca d’oro

La ragazza mela

I semi

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Per ogni storia letta rispondi al seguente questionario:

Gli avvenimenti di questa storia sono• fantastici • realistici

I fatti narrati si svolgono• in una data precisa • in un tempo imprecisato

La storia si svolge• in un luogo reale • in un paese fantastico

I personaggi di questa storia sono• reali • magici

Quale ruolo hanno i personaggi?…

Il protagonista deve affrontare• prove semplici • situazioni difficili

Che cosa aiuta il protagonista a superare le difficoltà?• il coraggio • l’inganno • un oggetto magico

La conclusione è• un finale lieto • un finale triste

Questo racconto è …

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Considerazioni sulle fiabe analizzate

Sarah: - In ogni fiaba abbiamo individuato degli elementi comuni: il tem-po imprecisato, il luogo immaginario, gli avvenimenti fantastici, il lieto fine, i personaggi irreali.Ylenia: - Ogni personaggio della fiaba deve avere un ruolo preciso: il pro-tagonista che è il personaggio principale, l’eroe che ha il compito di salvare sempre qualcuno, l’antagonista che è il malvagio, causa di tutte le situazio-ni difficili da superare, l’aiutante, il personaggio che solitamente offre un oggetto magico all’eroe.Max: - Nell’ultima fiaba l’eroe è il protagonista…Giulia: - … il finale è triste.Ylenia: - Non è detto allora che in tutte le fiabe troviamo per forza gli stessi elementi caratterizzanti. Infatti nelle fiabe di solito la storia comincia con una situazione triste e si conclude in modo felice, nell’ultima succede il contrario: da felice diventa triste perché si è spezzato l’equilibrio tra natura e uomini. Giorgia: - L’ultima non è una fiaba, è una favola perché ci insegna a rispet-tare la natura. Ylenia: - Secondo me gli abitanti che hanno rotto l’equilibrio non lo hanno fatto di proposito, proprio come noi quando facciamo cose sbagliate senza neanche rendercene conto. Giorgia: - Possiamo mettere a confronto in una tabella le fiabe lette, così verifichiamo se hanno tutte la stessa struttura.Simone: - Potremmo anche noi provare a inventare una fiaba visto che abbiamo capito come si fa!

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Completa le vignette, poi racconta la fiaba

LO ZUFOLO MAGICOYousef

C’era una volta un ragazzo di nome Tom che faceva il taglialegna.Un giorno Tom si alzò più presto del solito per andare nel bosco e incontrò una vecchietta che chiedeva aiuto perché si era persa. Tom allungò un po’ il suo tragitto per accompagnare la vecchietta fino alla strada maestra che portava al paese.La vecchietta per ringraziarlo gli regalò uno zufolo, dicendogli che era magico: suonandolo avrebbe addormentato qualsiasi animale.Tom era felice perché già immaginava di poter addormentare anche l’orso cattivo che c’era fuori dal castello della sua amata e che teneva prigioniera tutta la famiglia reale.La mattina dopo si recò là e subito l’orso bruno gli saltò addosso, ma Tom con abilità tirò fuori dalla tasca lo zufolo magico e iniziò a suonare.Il suono addormentò l’orso che cadde a terra con un gran botto.Udito il forte tonfo, la principessa si affacciò alla finestra e vide quel ragaz-zo coraggioso in piedi davanti all’orso e subito se ne innamorò.Tom trascinò l’enorme bestia dentro una gabbia e, subito, la principessa libera uscì a ringraziare quel giovane coraggioso. Il re felice, come ricompensa per averli liberati, diede al ragazzo la figlia in sposa e i due giovani vissero felici e contenti.

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Aggiungi le parti mancanti

IL FAGIOLO MAGICOMassimiliano

Una donna aveva un solo figlio di nome Janos. Erano poveri e non avevano più niente da mangiare. Così un giorno la madre disse al figlio: - Vai al mercato e vendi la mucca.Janos mentre stava andando al mercato incontrò un signore che gli chiese se voleva un fagiolo magico in cambio della sua mucca. Janos gli disse di sì e fu felice dello scambio.Quando Janos tornò a casa, la madre strillò:- Che cosa hai fatto! A che cosa può servirci un fagiolo?Janos piantò il fagiolo e andò a dormire.La mattina dopo il fagiolo era cresciuto alto, fino al cielo. - Voglio vedere dove arriva! - disse Janos.Si arrampicò e si trovò ben presto in cielo. In cielo c’era una capanna, dentro la capanna c’era una stanzetta e dentro la stanzetta c’era un tavolo, una sedia e un letto.Janos, improvvisamente, udì un forte rumore e si infilò in fretta e furia sotto il letto. Appena in tempo! Ecco entrare un terribile drago che si sedette, cavò di tasca una gallina e ordinò: - Fammi l’uovo!La gallina fece subito un uovo tutto d’oro.Il drago se lo bevve, poi prese un violino e lo suonò. Suonò e suonò fino ad addormentarsi.Janos vide tutto, allora pensò che con quelle uova d’oro fatte dalla gallina la madre e lui sarebbero diventati ricchi, inoltre con il violino si sarebbe addormentato più facilmente senza più incubi la notte. Quindi Janos prese la gallina e il violino, uscì dalla capanna e si mise a scendere dalla pianta. La gallina si mise a starnazzare, ma Janos continuò a scendere cercando di zittirla.Il ragazzo era quasi arrivato in basso, quando si accorse che il drago lo inseguiva. Janos scese più rapidamente che poté, stringendo la gallina e an-che il violino. Balzò a terra, acchiappò un’ascia e tagliò la pianta: il drago

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precipitò a terra e si ruppe l’osso del collo.Da quel giorno il ragazzo e la madre vissero felici. La gallina faceva le uova d’oro, la madre andava al mercato a venderle e Janos suonava il violino.

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Inventa il seguito della storia facendo intervenire uno o più nanetti.

IL FOLLETTO PERDUTOGreta

In una casetta, in mezzo a una grande e tetra foresta, viveva un povero boscaiolo. Aveva moglie, sei figli e un gatto nero con un solo occhio che teneva lontano i topi.La famiglia riusciva a stento a tirare a vanti con lo scarso guadagno del bo-scaiolo, anche se egli usciva di casa prima dell’alba e tornava a casa esausto dopo che il sole era tramontato da un pezzo.Benché avessero legna in abbondanza e acque limpide in un fiume vicino, la moglie diceva spesso: - Come potremo farcela a crescere tutti i bambi-ni? E il boscaiolo si stringeva nelle spalle.Un giorno, mentre tornava a casa, vide in lontananza, nella luce del crepu-scolo, il gatto che usciva dal bosco con un ratto in bocca. Ma c’era qualco-sa di strano: il ratto non aveva la coda. Il boscaiolo si avvicinò al gatto... e vide che non era un ratto, ma un folletto dai piedi grossi, di statura bassa, magro e con una testa enorme.Il boscaiolo si meravigliò e lo tirò fuori dalla bocca del gatto che mise in punizione, poi fece entrare in casa il folletto e gli chiese: - Come ti chia-mi? - 54NBG.La moglie gli domandò: - Perché hai un nome così difficile? 54NBG rispose: - 5 è il numero degli anni di mio papà, 4 il numero degli anni di mia mamma e NBG è il mio codice fiscale. Il boscaiolo gli domandò se si era perso e il folletto rispose di sì. Il boscaiolo lo invitò a dormire da loro, nella camera da letto dei suoi figli e gli preparò il letto nella scatola dei fiammiferi. Il giorno dopo lo riaccompagnò a casa sua, dove la sua famiglia lo aspet-tava con ansia. Mamma e papà folletti accolsero a braccia aperte anche il boscaiolo e lo ricompensarono per la sua generosità.

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In questa fiaba mancano titolo, introduzione e conclusione

LA RAGAZZA DI CERAYlenia

C’erano una volta una moglie e un marito. Ogni giorno il marito aveva sempre da ridire: - La pasta è fredda!... Il pavimento è sporco!... Non abbiamo figli!...Un giorno la moglie, stanca di sentirlo lamentare, gli disse di prendere del-la cera, della pasta di pane, del miele e dello zucchero e di farne una figura che raffigurasse una ragazza.Così fecero i due e misero dentro il corpo del filo di ferro in modo che la testa e il busto potessero muoversi come se fosse una figlia viva.Questa figura era molto bella e i due vecchi avevano l’abitudine di metterla al balcone.Un giorno che passava di lì il figlio del re vide la ragazza e, prendendola per viva, se ne innamorò.L’indomani mandò a dire ai due vecchi che li pregava di inviare la figlia al suo palazzo.I due si spaventarono credendosi persi appena il principe si fosse accorto di essere stato imbrogliato.La mattina dopo vennero otto servitori con una portantina d’oro dove misero la ragazza e tirarono le tendine.In cammino, i servitori si fermarono a bere e, intanto che erano all’oste-ria, dodici fate che passavano di lì tirarono le tendine e guardarono nella portantina. - Che bella creatura! Bisogna farle un regalo! - esclamarono. Decisero di regalare alla statua la vita e anche l’istruzione.Quando tornarono i servi, si chiesero: - Come mai la portantina è diven-tata così pesante?La ragazza li sentì e rispose: - E voi non siete diventati più pesanti dopo aver mangiato e bevuto? Anch’io ho fatto lo stesso.Durante il viaggio, la ragazza pensava ai due vecchi e a come avvertirli.Presto giunsero al palazzo.

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Ma prima di arrivare la ragazza fece fermare i servitori e ordinò loro di tornare un momento a casa sua. I servitori obbedirono. La ragazza salì dai suoi e spiegò tutto. I vecchi si tranquillizzarono e la ragazza con i servitori ripartì.Giunti al palazzo reale, il principe appena la rivide le disse: - Ti voglio come mia sposa!La ragazza accettò.Organizzate le nozze, si sposarono e vissero felici e contenti.

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Inventa una fiaba in cui trovi posto il drago descritto nel testo E. Nesbit, La lotta col drago, Mondadori

L’ULTIMO DEI DRAGHIGiorgia

C’era una volta un paese chiamato Dolcearia, perché le case e il castello del re erano fatti di cioccolato, di biscotti, di caramelle, di panna monta-ta… In questo paese però c’era un cattivo di nome Amarone che mangiava ogni giorno un pezzo di casa o di castello. Le abitazioni diminuivano di giorno in giorno e il paese diventava sempre più vuoto perché gli abitanti traslocavano.C’era soltanto una cosa che potevano fare il principe e la principessa: chia-mare il loro amico drago. Cercarono a lungo, ma del drago non si trovava traccia. Finirono in una grotta buia dove svolazzavano pipistrelli in quan-tità.La principessa rabbrividì e disse con voce flebile: - Drago! Drago caro!E il drago venne fuori. Il principe sguainò la spada e la principessa sguainò la sua. Ma non attaccarono: indietreggiarono lentamente mentre il drago usciva, in tutta la sua immensa lunghezza squamosa, e strisciava lungo co-m’era sulla roccia, con le ali distese a metà e il suo splendore argenteo che luccicava come diamanti al sole.Alla fine non poterono indietreggiare più perché la roccia scura alle spalle sbarrava loro la strada e con la schiena contro la roccia stettero ad aspetta-re. Il drago si avvicinava sempre più: veniva strisciando lentamente verso di loro dimenandosi un po’ come un cucciolo che vuol giocare.Poi videro grosse lacrime scendere lungo le gote.- Che diamine succede? - disse il principe.Il drago spiegò ai due che non riusciva a muoversi perché aveva un forte, anzi fortissimo mal di pancia.Il principe, che era laureato in medicina, lo visitò, poi con fare serio dia-gnosticò che il drago aveva l’appendicite.Appena il drago lo seppe, scoppiò di nuovo in lacrime, ma il principe lo rassicurò: - Prendi questa fragola e masticala bene, ti farà sparire l’appen-

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dicite. Il drago obbedì. Dopo un’oretta il male era passato, probabilmente anche l’appendicite era sparita, così tutti e tre raggiunsero Amarone e lo ammaz-zarono.Il paese intero festeggiò i tre eroi e tutti vissero felici e contenti per sem-pre.

Giorgia

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LE FAVOLE A ROVESCIO

C’era una voltaun povero lupacchiotto, che portava alla nonnala cena in un fagotto.E in mezzo al bosco

dov’è più foscoincappò nel terribile Cappuccettto Rosso, armato di trombone

come il brigante Gasparone...Quel che successe poi,

indovinatelo voi.Qualche volta le favole

succedono all’incontrarioe allora è un disastro:

Biancaneve bastona sulla testai nani della foresta,

la Bella Addormentata non si addormenta,

il Principe sposauna brutta sorellastra,

la matrigna tutta contenta,e la povera Cenerentola

resta zitella e fala guardia alla pentola.

Gianni Rodari

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INSALATA DI FIABEI bambini della 4° B

C’era una volta una foresta incantata dove succedevano cose strane.Una ragazza di nome Cenerentola, aiutata da scarafaggi di ogni

tipo, aveva il compito di ripulire la foresta dai rifiuti gettati da avventurieri di passaggio.In quel luogo regnava il gatto Gerry perseguitato da Tommy, un topolino guastafeste.Un giorno passò di lì Biancaneve con un kit da boxing da portare alla nonna che si doveva allenare per partecipare al torneo di arti marziali, che avrebbe dovuto svolgersi il mese successivo nel castello della Bella e la Bestia.Le perfide sette guardie nane di Gerry sottrassero il kit a Biancaneve che trasformarono in una ranocchia, volevano donarlo al loro re per diventare ancora più potenti.Nonostante ciò, Biancaneve proseguì la sua strada fino a raggiungere la casa della nonna. Purtroppo la nonna aveva una terribile avversione verso le rane, per cui cominciò a dare delle sonore scopate alla povera ranocchia che se la diede a zampe levate, ma incappò nei Teletubbies che la ipnotiz-zarono bloccandola come una statua.Nel frattempo la nonna, aspettando invano l’arrivo della nipote, si addor-mentò russando così rumorosamente da svegliare anche gli animali in le-targo, che protestarono furiosamente.Gerry, intanto, sorpreso per il regalo inaspettato, promosse le sette guardie nane a sette samurai affinché lo aiutassero a vincere il torneo di arti mar-ziali.Il guastafeste Tommy, però, chiamò il Gatto con gli Stivali per sostituire Gerry e fargli perdere il torneo umiliandolo pubblicamente, infatti il Gatto con gli Stivali era famoso per la sua lentezza e la sua stupidità.Lo scambio riuscì perfettamente e Gerry venne rinchiuso nelle sue stesse segrete dove comandava la terribile Rottermeyer.Anche Cenerentola voleva partecipare al torneo, ma non sapeva come allenarsi. Si offerse di aiutarla il canarino Titti: prima lezione era imparare

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a saltare, seconda schivare i colpi, terza ed ultima maneggiare con abilità i bastoni.Giunse il giorno del torneo; si presentarono tanti concorrenti. Arrivarono alle finali Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Gretel, il più piccolo dei tre porcellini, Pinocchio e il brutto anatroccolo.Alla finalissima, contro ogni previsione, parteciparono il più piccolo dei tre porcellini e il brutto anatroccolo.Durante lo scontro finale arrivò la nonna infuriata, cercava Biancaneve per rimproverarla di non averle portato il kit.Nella confusione un ranocchio rimase colpito dalla bellezza statuaria della ranocchia che, immobile, aspettava il risveglio, il ranocchio la baciò. Im-provvisamente l’incantesimo svanì e Biancaneve poté giustificarsi con la nonna.Dalle segrete del castello riuscì a liberarsi anche Gerry, grazie proprio al-l’aiuto della Rottermeyer che, invecchiando, diventava sempre più buona.Fu annullato il torneo. Qualcuno reclamò, qualcuno si mostrò soddisfatto, fatto sta che la vita nella foresta riprese il suo corso.Qualche cambiamento ci fu: Cenerentola, sostituita da Tommy e il Gatto con gli Stivali, aprì una scuola di arti marziali; il gatto Gerry si trovò una gattina deliziosa e si liberò delle perfide guardie, i Teletubbies organizzaro-no corsi di illusionismo; Cappuccetto Rosso cambiò look e decise di acqui-stare i suoi abiti solo da Giorgio Armani; il brutto anatroccolo divenne un famoso culturista; Biancaneve decise di allevare rane e la nonna divenne uno spericolato centauro in viaggio per il mondo a cavallo della sua Harley Davidson.

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Ricc

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FIABE INDIVIDUALI

LA PRINCIPESSA DEGLI OCEANIGiulia

C’era una volta sul fondo dell’oceano un castello meraviglioso fatto di coralli e conchiglie.

Il castello aveva un potere magico: se qualche cattivo si fosse avvicinato al castello, le conchiglie e i coralli si sarebbero scagliati come proiettili contro il nemico.Nel castello abitava la principessa Cristallina che comandava gli oceani, i mari e tutti gli animali marini.Si chiamava Cristallina perché sparava schegge di cristallo quando si ar-rabbiava. Un giorno Cristallina, per il compleanno di nonna balena, or-ganizzò nel castello una gran festa. Nel bel mezzo del gran ballo, apparve una sirena cattiva e tutti gli animali scapparono. Cristallina rimase sola ad affrontare il pericolo, ma il castello venne in suo aiuto. Iniziò a sparare conchiglie e coralli, si aggiunsero anche schegge di cristallo, ma la sirena respinse gli attacchi e scappò.Cristallina non capiva dove fosse andata quella terribile sirena. Dopo qual-che giorno Cristallina sentì tante urla, uscì dal castello e vide tutti gli ani-mali dentro una gabbia con attorno una barriera di lingue di fuoco.Cristallina capì subito che doveva cercare e combattere la perfida sirena.La lotta durò dieci ore fin quando la sirena urlò: - Galeo gles tuga intana lalina!, ma Cristallina capì quella strana lingua: “Gabbia nella barriera in-trappola Cristallina”, per cui Cristallina diede fondo a tutte le sue energie: sparò i suoi cristalli più grossi che colpirono la coda della sirena.La sirena piroettò come una trottola, poi piano piano la coda cominciò a staccarsi dal suo corpo che, finalmente liberato dall’incantesimo, tornò ad essere quello di una normale ragazza.Come per magia anche gabbia e barriera svanirono, così tutti gli animali uscirono in libertà.Cristallina, visto che era la principessa e che la ex sirena era diventata buo-na, decise di considerarla sua sorella. Così vissero tutti felici e contenti.

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Giu

lia

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IL BOSCOMattia

C’era una volta uno strano bosco fatto di rocce e sassi dove bisognava stare attenti perché c’erano animali morti e pipistrelli. Sulle punte

delle rocce crescevano alberi nani che come frutti facevano delle perle pre-ziose. Le rocce erano pericolose perché erano appuntite. Chiunque entra-va nel bosco si faceva male.Un giorno d’inverno in una giornata buia e scura, un aereo cadde.Sull’aereo c’erano 5 persone e solo una si salvò, si chiamava Luigi. Il povero Luigi era ferito e non riusciva ad uscire dall’aereo. L’aereo era incastrato su una roccia appuntita. Luigi chiedeva aiuto urlando ma nes-suno gli rispondeva.La notte i pipistrelli si accorsero che c’era quell’aereo incastrato nella roc-cia appuntita e decisero di andare a vedere chi c’era dentro. Quando si ac-corsero di Luigi cominciarono a morderlo, lui era disperato e non riusciva a mandarli via. Ad un certo punto, mentre cercava di liberarsi toccò una perla dell’albero nano che si era incastrato nell’aereo. Come per magia i pipistrelli scomparvero, le rocce diventarono una pista sulla quale l’aereo poté atterrare. Luigi, ancora incredulo, tornò a casa sano e salvo.

Mattia

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LA CODA MAGICANoemi

V erde era un bosco piccolo dove crescevano alberi di tante specie: ca-stagni, querce, pini, abeti e molti cespugli. Mirghi con la sua amata

moglie Mirga e il loro cagnolino, vivevano tranquilli vicino a Verde, erano maghi ma non avevano mai usato i loro poteri magici. In mezzo a quegli alberi c’era una grotta buia e umida perché dentro pioveva sempre e qual-che volta grandinava pure. Un giorno gli abitanti videro una luce dentro la grotta e si domandarono cosa potesse essere. Arrivò Spanespolo, un simpatico ragazzino, che con coraggio si avventurò dentro la grotta e, con suo grande stupore, vide uno strano cane dalla coda luminosa. Quando Spanespolo uscì dalla grotta, rassicurò tutti gli abitanti di Verde.Un brutto giorno, mentre Mirghi e Mirga litigavano, per sbaglio trasfor-marono il bosco in una palude con le sabbie mobili.Spanespolo con altri bambini furono catturati dalle sabbie mobili e inizia-rono a gridare per chiedere aiuto. Gli abitanti, terrorizzati da quel catacli-sma, chiesero aiuto proprio al cane dalla coda magica. Il cane contento finalmente di uscire dalla grotta, salvò Spanespolo e i suoi amici con un colpo di coda, poi fece tornare il bosco come era prima e, alla fine, corse abbaiando verso il cagnolino dei maghi: aveva ritrovato il suo cucciolo. Mirghi e Mirga chiesero perdono per il danno che avevano causato e si misero a studiare sul libro delle magie per non combinare più guai. Tutti gli abitanti fecero festa al cane dalla coda luminosa e da quel giorno non ebbero più paura della grotta.

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GLI EURONI SCOMPARSIYoanna

C’era una volta un paese di nome Euroni. In quel paese il valore della moneta dipendeva dalla grandezza dei soldi. I poveri possedevano

gli euri, i ricchi possedevano gli euroni. Bastava perciò 1 eurone per avere 6 vestiti da ballo, 5 euroni per un’automobile.In quel paese viveva Felice, un ragazzo che aveva 1800 euroni. Ogni gior-no comprava 2 oggetti di cristallo, poi ritornava a casa e sistemava i suoi cristalli ovunque perché a lui piacevano i giochi di luce.Un giorno arrivò in paese un vecchietto che diceva di chiamarsi Cattin, dall’aspetto sembrava buono, invece era super malvagio. Ogni notte que-sto vecchietto andava nelle case degli abitanti di Euroni per rubare appun-to gli euroni.Una sera Cattin si intrufolò nella casa di Felice e gli rubò 800 euroni.La mattina dopo Felice aprì il suo salvadanaio per andare a comprare i soliti due oggetti di cristallo quando si accorse che mancavano tanti soldi, perciò si mise a strillare come un pazzo: “Oh mio Dio mancano 800 euro-ni! Come farò adesso?”Felice girò tutto il paese per chiedere chi avesse rubato i suoi euroni. Il giovane incontrò anche Cattin e gli domandò: - Tu, per caso, hai rubato 800 euroni?- No! - rispose il vecchio bugiardo.Felice ritornò a casa per trovare una soluzione. Provò a consultare un indovino che sicuro gli disse: - E’ stata la signora Esmacherina.Il ragazzo ringraziò e promise di ricompensarlo con 6 euroni d’oro. Trovò la donna, ma non gli euroni, lei possedeva solo 25 euri. Felice capì di essere stato ingannato e proprio allora si ricordò che sua madre, prima di morire, gli aveva lasciato una maglietta magica: chi indossava quella maglietta e pronunciava la formula magica: “Sia, sci sciu!” vedeva tutto e quindi pote-va scoprire chi aveva rubato nelle case di Euroni.Felice non perse un attimo e indossò la maglietta magica. Non appena pro-nunciò la formula magica scoprì che il vecchietto incontrato era proprio

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il ladro.Felice lo trovò e si fece restituire tutti i soldi rubati agli abitanti del suo pae-se, compresi i suoi, poi lo cacciò da Euroni e restituì ad ognuno la refurtiva. Il giorno dopo cacciò anche l’indovino, perché non era giusto imbrogliare le persone.Gli abitanti decisero di premiarlo nominandolo re di Euroni e così Felice diventò ancora più ricco.

Yoanna

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IL CASTELLO DEGLI GNOMIMiriana

C’era una volta un castello sopra una altissima montagna.Era un castello piccolissimo: si entrava da una porta bassa e tutti co-

loro che cercavano di entrare venivano aggrediti da un ferocissimo cane.In quel castello abitavano due gnomi.I poveri gnomi erano in trappola da moltissimi anni, avevano voglia di esplorare il mondo, ma non potevano farlo. Cercarono tante volte di usci-re, ma il cane era sempre più feroce, era un “pittbull”.Quel cane andava sempre vicino a quel castello per fare le passeggiate insieme al suo padrone, quando era in vita. Quando il suo padrone morì, il cane si convinse che erano stati quegli gnomi ad ucciderlo, perciò voleva vendicarsi.I poveri gnomi non avevano nessuna colpa, ma non sapevano come fare per spiegarlo al cane.Una mattina d’agosto il cielo era luminoso, faceva tanto caldo e ad un cer-to punto arrivò un altro cane con il suo padrone, un mago pastore. Il cane era bellissimo: aveva il pelo lungo e bianco e uno sguardo intelligente. Quando gli gnomi lo videro, capirono subito che quel cane dal pelo mor-bido li avrebbe potuti aiutare.Gli gnomi iniziarono a chiamare il mago pastore, ma lui non riusciva a sentire perché gli gnomi essendo molto piccoli avevano anche la voce bassa bassa. Dopo molti tentativi da parte degli gnomi, quell’uomo finalmente sentì e si avvicinò alla loro finestra. I due poveretti gli spiegarono tutto e il mago pastore decise di aiutarli. Comandò al suo bianco cane di spiegare a quella bestia feroce che il suo padrone non era stato ucciso da loro, ma era morto perché aveva mangiato dei funghi velenosi che crescevano da quelle parti. Non fu facile per il cane morbido e bianco comunicare con il pittbull, ma alla fine ci riuscì. Ad un tratto il cane cattivo si trasformò in un tenero cucciolotto. Gli gnomi non stavano nella pelle, dopo tantissimi anni potevano uscire da quella trappola! Ringraziarono il mago pastore e vissero la loro vita in compagnia del pit-tbull.

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Miri

ana

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LE PUNTE MAGICHEYousef

C’era una volta un paese chiamato Paesmam, perché lì vivevano tante mamme. Il paese era molto bello, con boschi e laghi, e gli abitanti

erano molto affettuosi.Un giorno arrivò un bellissimo principe con un abito azzurro, le scarpe rosse e un cappello bianco in cerca di un posto tranquillo. Nello stesso giorno nello stesso paese arrivò un mago cattivo con un abito marrone, un cappello nero e con una bacchetta magica con la quale assoggettava chi incontrava. Gli abitanti colpiti dal maleficio erano costretti a lavorare per il mago, compreso il principe che cercò di ribellarsi e provò a fuggire dal mago.Provò con una catapulta, ma non riuscì; ritentò arrampicandosi sulle mura, ma non riuscì perché le mura erano molto scivolose; usò tutta la sua forza per aprirsi un varco, ma si fece solo male. Pensò di chiedere aiuto a un poliziotto perché i poliziotti di Paesmam erano armati di punte. Le pun-te erano molto appuntite e resistenti, ma soprattutto ritornavano sempre quando qualcuno le lanciava. - Distruggi il mago! - gli ordinò il poliziotto, - perché io non ho una buona mira. Il principe prese le punte e andò ad af-frontare il mago che accettò il duello. Cominciarono a combattere. Il prin-cipe lanciava le punte, ma il mago era bravissimo a schivarle. Per fortuna le punte ritornavano sempre al principe che non si stancava di rilanciarle. Per un attimo di distrazione, il mago non riuscì a schivarle e le punte subito gli entrarono nella pelle. Poco dopo il mago morì.Gli abitanti di tutto il paese ringraziarono il principe e gli regalarono il loro castello dove conservavano oro e gioielli. Il principe e gli abitanti vissero felici e contenti senza più alcuna difficol-tà.

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LA PERGAMENAMatteo

C’era una volta Boscopoli, un bosco ricco di vegetazione, animali e cibo.

Un brutto giorno Boscopoli si incendiò.Un principe e una principessa che vivevano in un vicino castello, si accor-sero del fuoco e chiamarono i pompieri. Quando però arrivarono i vigili del fuoco, era troppo tardi per salvare vegetazione e animali. Spento comunque l’incendio, un pompiere disse: - Grazie per averci avvi-sati, conservate questa antica pergamena perché vi potrà servire.Dopo sette settimane arrivarono al castello un mago e una maga famosi per la loro perfidia. I principi li attaccarono, ma i due maghi scomparvero come fantasmi.Il principe si ricordò del dono e lesse ad alta voce: - Toloton tic toc, bilicu-non sinic sinoc, parotì parotà - e tutti i maghi comparvero là. Allora il principe si affrettò a leggere la seconda formula per impedire loro qualsiasi magia: - Cococà nononà, popotà sososà magì - e tutte le magie andarono via.La principessa e il principe riconobbero così i due maghi malvagi e riusci-rono ad ucciderli.La terza formula servì per ridare la magia ai maghi bravi: - Braviss culu-miss, curicuvi caricavi.La quarta formula fu letta dai maghi in coro: - Teneton colatite, mereton colazite - e a Boscopoli ricomparvero vegetazione, animali e cibo.L’ultima formula recitava così: - Michichì conopì, armonia vieni qui! - e tutti vissero felici e contenti.

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CLOROFILLAMarco

I n un paese lontano cresceva a vista d’occhio un’enorme quantità di erba, cresceva su tutto il villaggio, sugli alberi, sulle case, su tutte le vie

del paese e la vegetazione sostituì anche i semafori. Il paese fu chiamato Clorofilla.Nel paese vicino viveva Gastroit che mangiava sempre dolci e giocava col video-game. Un giorno Gastroit uscì di casa e, camminando camminan-do, arrivò fino a Clorofilla. Quando vide tutte quelle piante, incominciò a tagliarle, ma ricrescevano talmente veloci che Gastroit si arrese.Una persona del villaggio disse: - Qui siamo a Clorofilla, il paese sotto gli incantesimi malefici del mago Verde.Gastroit disse: - Clorofilliani ucciderò il mago, ma prima ho bisogno di riposare un po’. La signora Flora, che passando sentì la coraggiosa pro-messa, lo invitò a casa sua e gli donò una radice che diventava potente solo nelle mani di un temerario.Il mattino seguente Gastroit salì sulla collina buia e avvolta nella nebbia dove viveva il mago. Gastroit si arrampicava faticosamente quando all’im-provviso gli piovvero addosso tanti sassi catapultati dal mago. Gastroit ri-corse subito alla sua arma segreta e con la potente radice pietrificò il mago che rotolò a pezzetti giù per la collina.Il paese fu salvo, la vegetazione tornò normale e la collina divenne splen-dida sotto i raggi del sole.Gastroit divenne principe e visse con la signora Flora a casa sua.

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PITA PITA E IL GELATOAntonio

C’era una volta Gelatino un paese fatto tutto di gelato: le case, i sassi, i semafori, le fontane e tutte le altre cose.

Un giorno arrivò Pita-Pita-mangia-gelato-da-una-vita, un bambino molto vivace, molto goloso, molto curioso che ficcava il naso ovunque. Quando gli abitanti lo videro si spaventarono, ma Pita-Pita-mangia-gela-to-da-una-vita li tranquillizzò:- Non temete, non sono cattivo! Per sicurezza però gli abitanti lo accom-pagnarono dal grande capo, nella sua casa ricoperta di graffiti scolpiti sul ghiaccio.Quello stesso giorno, però, arrivò un vento caldo che cominciò a sciogliere tutto il gelato.Pita-Pita-mangia-gelato-da-una-vita, provò a fare qualcosa, ma non ci riu-scì né il secondo giorno, né il terzo, né il quarto, né il quinto. Il sesto gior-no Pita-Pita-mangia-gelato-da-una-vita, tornato a casa, prese il libro delle magie e lesse che i venti si potevano controllare con una semplice rosa mentre si pronunciava una frase magica. Pita-Pita-mangia-gelato-da-una-vita, non perse altro tempo, cercò una rosa profumata, arrivò al castello del re, salì sulla torre più alta e, puntando la rosa, gridò la frase magica. Il vento cambiò direzione immediatamente. Gelatino era salvo.Il grande capo ringraziò Pita-Pita-mangia-gelato-da-una-vita e gli chiese di vivere per sempre a Gelatino con la sua rosa dei venti, in cambio avreb-be potuto dare delle leccatine ogni tanto ai gusti che gli piacevano di più.

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UN FIGLIO CORAGGIOSOElisa

C’era una volta nell’oceano uno strano paese dove abitavano tantissimi pesci pagliacci, tra cui Marleno e la moglie Nemina.Mamma Nemina covava le uova, quando improvvisamente vide un pesce barracuda che si mangiò lei e le uova.Marleno spaventato si nascose dentro un anemone. Quando poté uscire dall’anemone, vide un solo uovo con dentro un piccolissimo pesciolino.Papà Marleno lo chiamò Merleno e decisero di abitare dentro l’anemone.Merleno era molto vivace e curioso, perciò fin da piccolo volle andare a scuola. Un giorno Merleno vide improvvisamente un grosso squalo cono-sciuto col nome di Ciccione. Ciccione mangiava in continuazione tutto e tutti. Tutti scapparono compreso papà Marleno, ma il piccolo Merleno riuscì ad ingannarlo e lo squalo cadde a terra rompendosi il naso. Merleno divenne un eroe perché dimostrò non solo coraggio, ma anche astuzia. Papà Marleno e suo figlio Merleno vissero il resto dei loro giorni felici e contenti nel loro anemone.

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Giu

lia

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GOLOSOFederico

U n tempo la città conosciuta col nome di Cioccolato Fondente era molto ricca. Aveva le case di biscotto, le strade di glassa, le macchi-

ne di cioccolato bianco e i prati erano ricoperti di pistacchio. Gli abitanti ogni tanto mangiavano le macchine, ogni tanto le case, qualche volta an-che le strade.I soldi erano di pane che per nessun motivo, potevano essere assaggiati. A Carnevale i bambini per spaventare gli abitanti si mascheravano di cre-me caramel e cioccolato nero. Quando nevicava la panna montata, gli abitanti la mangiavano in grande quantità. Questi abitanti avevano una pancia!In questo paese viveva Goloso perché ogni giorno si mangiava un camion di cioccolata bianca. Qualcuno pensava che era cattivo perché faceva sem-pre i dispetti alla gente, invece era solo un burlone. Aveva 105 anni, non era ancora morto e non usava neanche il bastone, si considerava ancora un “ragazzo”. Indossava dei vestiti di velo di cioccolato stracciati come quelli dei giovani moderni e scarpe di liquirizia numero 46. Era professore di matematica perché a lui piaceva giocare con i numeri.Un giorno in paese arrivò drago Terribile con un occhio solo, dodici nasi, zero orecchie e una bocca come il cratere di un vulcano. Col fuoco che sputava dai dodici nasi, poteva sciogliere la città e far scomparire gli abi-tanti del paese.Goloso cercò di fare qualcosa, ma il drago gli sferrò “uno zampo”, cioè un pugno dato con una zampa, così violento che si fece male lui stesso. Il naso di Goloso colava sangue a catinelle e ciò dispiacque alla fata Vaniglia che donò a Goloso un bastone fatto di dolci scaduti. Il drago ritornò perché ormai si credeva il più forte, ma Goloso gli ficcò il bastone di dolci scaduti nelle sue enormi fauci. Il drago lo inghiottì quasi senza rendersene conto, si preparò per sputare più fuoco possibile, ma subito dopo schiattò. I dolci scaduti avevano ottenuto l’effetto desiderato!Gli abitanti eressero una statua a Goloso e con la pancia piena vissero tutti felici e contenti.

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Fede

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POMODORÌGreta

G li abitanti di Verdur erano i meravigliosi frutti della natura. Le case di questa città erano delle enormi zucche che per comignoli ave-

vano delle carote e per imposte bastoncini di cannella. Le strade erano ricoperte di spinaci per far scivolare meglio le auto-lumache che non supe-ravano mai i limiti di velocità.Un giorno Pomodorì, un pomodoro con degli occhi tondi e lucidi, senza gambe, ma con dei piedi a palla, pedalava spensierato sulla sua bicipatata, quando incontrò Aranciomeg, un’arancia grossa e succosa che si divertiva a fare scherzi a tutti.Aranciomeg afferrò Pomodorì e lo intrappolò in una grossa bolla traspa-rente.Pomodorì cercava di uscire, ma la bolla non si rompeva. Pomodorì riprovò usando tutta la sua forza vitaminica: risucchiò il gas e lo soffiò lontano come un tornado.Ciliegoia, una lucente e dolcissima ciliegia rossa, vide ciò che era successo e rimproverò Aranciomeg: - Io non sono d’accordo con le tue burle, questa è arroganza!Pomodorì, finalmente libero, si commosse nel sentire le parole di Ciliegoia e la ringraziò. Dopo poco tempo Pomodorì e Ciliegoia si sposarono e vis-sero felici e contenti.

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Gre

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LA CAMERIERA EROINAGiorgia

C’era una volta una città chiamata Crismeraldo perché gli alberi, il castello, le case, tutto era fatto di smeraldi e di cristalli.

Ogni cosa produceva suoni diversi, infatti ogni sera venivano grandi musi-cisti che facevano concerti classici, moderni, pop…Questa città era premiata ogni anno per la sua speciale brillantezza.In questa città viveva Matilde, una ragazza che lavorava come cameriera. Aveva gli occhi color smeraldo, le labbra rosso rubino e i capelli biondo oro.La sua eleganza era riconosciuta da tutti perché la regina le regalava spes-so delle vesti bellissime. In questa città viveva anche Lasmedro, una persona cattivissima ladro di smeraldi. Lasmedro non poteva fare a meno di rubare gli smeraldi perché era stato colpito da un incantesimo.Un giorno Lasmedro rapì Matilde che finì in un congelatore. Matilde stava per assiderare, ma per fortuna venne a mancare l’energia elettrica.Matilde cercò di spingere lo sportello, ma non riuscì ad aprirlo, fece un se-condo tentativo, ma niente. Allora rassegnata sussurrò: - Non c’è più nien-te da fare! - e pianse. Una lacrima cadde sul ciondolo che portava sempre con sé. Il ciondolo raffigurava un piccolo angioletto che, sensibilissimo alle lacrime, si animò e le annunciò: - I tuoi occhi smeraldo sono un laser, usali per bucare il congelatore. Matilde non perse tempo e subito fu libera.Cercò Lasmedro e usò i suoi occhi per colpirlo. Lasmedro cadde a terra, ma subito dopo si rialzò finalmente liberato dall’incantesimo.La ragazza fu premiata e diventò l’erede della regina con la quale visse per sempre felice e contenta.

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Gio

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LA BATTAGLIA VINTASimone

C’era una volta un paese che profumava di ogni delizia, di nome Ma-gnon. I muri delle case avevano mattoni di caramello e i tetti travi

di liquirizia; una fontana zampillava aranciata e un’altra the al limone; le strade erano lastricate di cioccolata, rossi fragoloni sostituivano i cartelli di pericolo e le auto erano babà ripieni. Vicino al paese c’era un bosco di “cioccolagni”, castagni che producevano cioccolatini.In questo paese si viveva proprio bene, ma pochi sapevano che dentro la prima fontana c’era un anello magico e sotto la seconda era stato impri-gionata un mostro che, per un incantesimo, non avrebbe potuto liberarsi finché la fontana avrebbe continuato a zampillare tè al limone.A Magnon tutti conoscevano due fratelli, Andred e Diwi. Andred era pi-gro e vagabondo, stava spaparanzato a mangiare sempre; Diwi invece era simpatico e coraggioso, spesso si tuffava nelle avventure più strane. Sape-va, però, che oltre il bosco non si poteva andare, lì iniziava un silenzio di tomba. C’era una grotta di melma verde davanti alla quale delle lapidi spuntavano dal terreno per spaventare i viandanti e i cittadini di Magnon, dalla melma affioravano enormi scheletri. Quello era il regno del mostro che un tempo era stato un orco cattivo e prepotente che si divertiva a imputridire ogni cosa nella viscida melma.Un giorno il goloso Andred purtroppo si bevve tutto il tè che zampillava dalla seconda fontana, liberando inconsapevolmente il mostro che, rom-bando come un tuono, si diresse verso la casa del sindaco.Diwi, uscito di casa, capì immediatamente che un grosso pericolo stava per abbattersi su Magnon. Si ricordò che nel bosco di cioccolagni una volta trovò uno strano messaggio “Quando il rombo squarcerà l’aria, solo l’anel-lo d’arancio salverà Magnon”. Diwi si domandava spesso cosa volesse dire, ma mai era riuscito a capire, ora aveva tutto chiaro!Diwi si diresse verso la prima fontana mentre il mostro si avvicinava sem-pre più devastando tutto ciò che gli si parava davanti. Diwi raggiunse la fontana, prese l’anello magico e lo puntò verso l’orco che si era circondato

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di melma. Una folata di vento gelido trasformò la melma in roccia dentro la quale il mostro si dimenava per liberarsi e rese invisibile Diwi. L’or-co sembrava esplodere per la rabbia, mentre Diwi ebbe tutto il tempo di prendere la mira e colpirlo con un “fulmdine”, un fulmine di grandine, e il mostro finalmente morì per sempre.Gli abitanti cominciarono a ricostruire la parte di città distrutta. Il sin-daco di Magnon nominò Diwi cavaliere della città e da quel giorno Diwi visse sempre felice perché con il suo oggetto magico si poteva buttare in qualsiasi avventura. Infatti sposò la figlia del re di un paese che era stato incenerito da un drago.

Simone

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QUINDICI CENTAURIRiccardo

L o spazio sembrava una città piena di semafori, rotonde, edifici e bar.

Nello spazio non serviva la tuta degli astronauti perché gli spaziali non respiravano l’ossigeno, ma usavano gli occhiali da luna perché era la luna, non il sole, la loro sorgente di vita.Famoso tra gli spaziali era Elegantus, verde all’esterno e pieno di cellule rosse all’interno come tutti, ma elegante come pochi, anche se ai terrestri poteva sembrare cicciottello, pieno di brufoli arcobaleno, con un sacco di denti cariati e con un bitorzoluto naso a patata! Elegantus era abbastanza ricco da permettersi quasi tutto; viveva in un edificio rosso di dieci stanze e di duecentoquaranta metri quadrati, ma non aveva moglie né figli. Ogni giorno andava al bar a giocare a carte con gli amici e si divertiva molto.Una sera, appena giunto ad una mostra di Vermus, fu rapito da quindici centauri che, spaccato il soffitto di vetro, rubarono anche tutte le coppe d’oro in esposizione, vinte da Vermus durante le gare interplanetarie a cui aveva partecipato.I centauri portarono Elegantus come ostaggio al Polo Ovest, il loro quar-tier generale. Mentre percorreva lo stretto labirinto, Elegantus pensava: “Cosa mi faranno? Cosa mi succederà? Potrò tornare a casa?”Quando giunsero al Polo Ovest, Elegantus fu accolto dal capo che gli spiegò: - Ogni spaziale catturato, vale quindici centauri. Io diventerò il padrone dell’Universo se supererò in combattimento ogni prigioniero. Se ucciderai me, tutti gli altri centauri scompariranno.Il capo diede il via al combattimento ed Elegantus si trovò di fronte quin-dici centauri armati di spade. Prima ancora di rendersi conto di ciò che gli stava accadendo, Elegantus fu subito infilzato dalle quindici spade. Trovò lo stesso la forza di rialzarsi e cercare di tirare un pugno, ma il centauro numero uno gli bloccò il polso e lo buttò nello spazio. Fu allora che un raggio di luna colpì Elegantus sul petto rimarginandogli le ferite e l’ami-co barista arrivò in suo soccorso perché possedeva una carta da briscola

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magica. Elegantus la scagliò con la forza della disperazione proprio contro il capo dei centauri e lo tagliò a metà. Nello stesso istante tutti i centauri scomparvero.Elegantus un po’ malconcio con il suo amico tornò a casa riportando le coppe rapite a Vermus.Vermus felicissimo disse: - Tu hai ucciso il nemico dello spazio e mi hai riportato le coppe, che per me sono molto preziose, meriti di sposare mia figlia Nora. Come regalo di nozze avrai quindici coppe d’oro.Dopo il matrimonio, Elegantus con Nora fecero dieci gemelli che occu-parono tutte le stanze. La loro vita non era facile, allora chiesero aiuto ai genitori che diventarono baby-sitter a tempo pieno.Così vissero tutti felici e contenti.

Riccardo

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LE PIETRE COLORATEYlenia

C’era una volta un villaggio povero, dove vivevano tanti piccoli topo-lini coltivatori, governati da un rosso drago cattivo. Gli abitanti del

villaggio erano costretti a dare quasi tutto il raccolto al grosso drago.Un giorno un topolino di nome George, triste e sconsolato, andò a fare una passeggiata nel bosco; mentre camminava vide un luccichio e incu-riosito si avvicinò, era un amuleto, lo raccolse e lo portò a casa senza dire nulla a nessuno.Durante la notte George vide l’amuleto brillare, stupito si avvicinò e sentì una voce: - Puoi salvare il villaggio se saprai trovare le tre sfere colorate in fondo al fiume.George era sempre più incredulo, ma il mattino successivo si alzò prima di tutti, senza fare rumore prese un pezzo di pane e un pezzettino di formag-gio e si mise in cammino verso il fiume.Il viaggio fu lungo e faticoso, ma il topolino non si fermò neanche di fronte a qualche pericolo, finché finalmente arrivò al fiume. Si riposò un istante, poi cominciò ad osservarlo e fu allora che si rese conto che non avrebbe mai potuto andare a cercare le sfere sul letto del maestoso fiume. Preso dal-lo sconforto cominciò a piangere, ma ad un tratto un guizzante pesciolino gli domandò:- Perché piangi?George gli raccontò la sua storia e il pesciolino Edoardo decise di aiutarlo dandogli un’alga speciale: - Mangia quest’alga, ti darà ossigeno sott’acqua per un intero giorno. Ricordati però che potrai portare in superficie solo le tre sfere, non toccare gli altri tesori del fiume altrimenti non potrai portare a termine la tua impresa!George assicurò il pesciolino, lo ringraziò e si tuffò. Con la scorta di ossi-geno che aveva, non fu difficile trovare le tre sfere perché racchiudevano i colori dell’arcobaleno.Tornò al villaggio, chiamò tutti i topolini e disse loro di tenersi per zampa e di formare un grosso cerchio intorno al villaggio con al centro le pietre colorate.Come per magia dalle sfere si diffuse una grande luce bianca da cui piano

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piano uscì il grande drago blu che avrebbe potuto sconfiggere il drago rosso.Il villaggio fu finalmente liberato e tutti vissero felici e contenti.

Ylenia

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GIOVANI EROIValentina

C’era una volta un’isola molto piccola a forma di pasticcino con al centro una fragola rossa, da lontano poteva essere scambiata per la

gobba di un cammello.Su quest’isola era naufragata la famiglia Mar che aveva trovato rifugio in una grande grotta con tante incisioni rupestri. Tutti avevano un solo desiderio: costruire una barca per tornare a casa. Ognuno di loro aveva un compito ben preciso: il papà Tom tagliava gli alberi, la mamma Jane raccoglieva le liane che servivano per legare i legni, i due figli, Giacomo, molto coraggioso, e Carlo, che voleva diventare un archeologo, facevano la guardia perché sull’isola viveva il drago Mammut che bruciava tutte le cose che trovava sulla sua strada. Quando avevano quasi finito di costruire la loro barca, improvvisamente comparve il drago che gliela bruciò.La famiglia Mar era disperata e non sapeva più cosa fare per poter ritorna-re alla loro casa, ma Carlo ebbe un’idea: - Cerchiamo di leggere le pareti delle grotte, magari scopriamo dove si nasconde il drago e in che modo potremmo sconfiggerlo.Rimasero dieci giorni chiusi nella grotta per cercare di capire il significato delle incisioni. Un bel giorno di prima mattina, con il sole splendente, riuscirono a deci-frare che il drago abitava nel fondo dell’oceano, che per poterlo raggiun-gere bisognava scavare la fragola e che, arrivati in fondo, era necessario affrontarlo direttamente.Tom e Jane avevano paura, allora Carlo e Giacomo li rassicurarono: - Ci pensiamo noi! - e partirono. Raggiunsero la fragola rossa e scavarono. Appena toccarono il fondo si sentì uno sbadiglio, il drago si era svegliato. Subito dopo uscì fuori barcollando un po’ a destra e un po’ a sinistra, si guardò intorno e vide i due ragazzi. Era pronto a bruciarli, ma fu pietrifi-cato dalla formula magica che Carlo aveva letto sulle incisioni e che Gia-como, coraggiosamente, urlò davanti al drago, che già aveva spalancato la sua enorme bocca.

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I due ragazzi ritornarono in superficie dove i genitori aspettavano con an-sia. Felici fecero festa tutti insieme. La mattina successiva ricominciarono a costruire la barca.Appena terminata, partirono e, quando arrivarono, vissero felici e contenti nel loro bel paese. E ancora oggi si può vedere nelle profondità dell’oceano una strana roccia a forma di drago.

Valentina

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KASHMIRSarah

C’era una volta una principessa molto bella, ma prigioniera di un ma-leficio della regina Malvagia che distruggeva uno per uno i paesi del

suo regno. Kashmir rimase intrappolata in un castello dalle mura altissime mentre gli abitanti scappavano dal paese. Se ne andò anche la vecchia fata per chiedere aiuto al Grande Saggio.Un giorno però Malvagia scomparve, così tutti gli abitanti poterono ritor-nare felici. Solo Kashmir non poté uscire dal castello. Malvagia in realtà era andata in un altro paese per distruggerlo e dopo cinque anni ritornò. Nel frattempo passò dal castello un principe che sentì Kashmir cantare, cantava per non sentirsi sola. Il principe si avvicinò al castello per conosce-re la fanciulla che aveva quella bellissima voce. La principessa gli spiegò che era prigioniera del maniero.- Tra poco tornerò a salvarti - le promise il principe che cominciò a chie-dere aiuto alle persone del paese. Ad un certo punto una signora molto vecchia, vestita in modo strano, ma molto gentile gli disse: - Tieni questa spada, usala solo quando ne avrai bisogno veramente.Il principe ringraziò, poi corse subito al castello. La regina Malvagia, però, lo vide e cercò di sbarrargli la strada con degli alberi spinosi, ma il prin-cipe con la spada magica li tagliò tutti e alla fine uccise anche la perfida regina.L’incantesimo si ruppe: la fata ritornò giovane, la principessa poté final-mente uscire dal castello e conoscere il principe.Il principe e la principessa si innamorarono e vissero per sempre felici e contenti.

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Sara

h

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LA SALVEZZA DI SVITALLULANDIAMassimiliano

I n una strana galassia parallela, per precisione sul pianeta Svitallulan-dia dove i vulcani (e)ruttavano uova di strane creature, dove gli angeli

svitati giocavano d’azzardo, dove vecchie televisioni in bianco e nero an-davano a pascolare sui monti, dove le mucche mungevano i fattori, uno strano bambino di nome Bò era intelligente ed educato.Questo era molto strano perché tutti gli svitallulandesi, a parte lui e il vec-chio saggio, erano sgarbati ed ignoranti.Un giorno Bò leggendo il giornale fu colpito da una fotografia: una specie di tigrotto con i pantaloni e la maglia blu, le scarpe a stringhe rosse e gli occhi braci fiammanti, era il suo ritratto! Sicuramente era Bà, il suo ge-mello malvagio.Bò incuriosito andò dal vecchio saggio che gli disse semplicemente: - Bà molti guai causerà, se il mondo vuoi salvare, l’uovo e il regalo della foresta devi trovare.Bò spaventato ringraziò, poi corse via nell’unica foresta che conosceva: la svitata foresta magica.Quando Bò si inoltrò nell’intrico dei rami, il terreno tremò e cadde giù dal cielo un uovo arancione a pois grigi, da cui uscì un elefandrago.Bò si diresse verso l’elefandrago che cresceva a vista d’occhio, ma inciampò su qualcosa: era un casco di banane. Non fece in tempo a raccoglierlo che da una grotta uscirono cinque massi che si dirigevano verso di lui sempre più velocemente, allora Bò saltò sull’elefandrago che in un pico secondo creò un tornado di fuoco che distrusse i massi.A quel punto apparve Bà che beffardo urlò: - Ora prova a battere me e il mio scorporilla!Bò all’istante buttò per terra una buccia di banana, pensando che lo scor-porilla ci sarebbe scivolato sopra, invece con incredibile agilità riuscì a sal-tare su un albero mimetizzandosi.Allora l’elefandrago lanciò fulmini su ogni albero finché cadde lo scorpo-rilla che riuscì comunque a dileguarsi.Allora Bò, preso alla rabbia, mugugnò: - Mi sono sfuggiti... - ma subito

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aggiunse, - potrei mettere una banana flambé dentro la macchina del tem-po!!Bò applicò il suo piano e corse via.Sentendo quell’odorino Bà e lo scorporilla si buttarono nella macchina che li portò alla velocità della luce nel 4 000, ma prima di scomparire Bà gridò: - Nooo, non ti libererai di meee, io ritornerooò!Bò non raccolse la minaccia di Bà e per tutta Svitallulandia cantò la sua felicità. Da quel giorno tutti gli svitallulandesi, liberati dall’incantesimo, diventaro-no gentili, educati e molto istruiti.

Massimiliano

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RE E REGINAMichele

C’era una volta in un paese lontano, un re di nome Sebastian e sua moglie Catrin, che erano stati trasformati in ranocchi da un mago

malvagio. Nonostante ciò continuavano ad essere amati dai loro sudditi.Un giorno il re e la regina furono avvertiti dal loro servo Lumerdis che una persona li voleva incontrare. Il giorno dell’appuntamento il re e la regina accolsero lo sconosciuto che li invitò a casa sua. I reali ranocchi accettarono. Quando arrivò il momento di recarsi a casa dello sconosciuto, il re e sua moglie salirono sulla loro car-rozza reale e si presentarono curiosi di conoscere la causa di un tale invito, ma, appena aperta la porta, il re e la regina si trovarono rinchiusi dentro una gabbia di ghiaccio. Sebastian e Catrin si erano fatti fregare ancora una volta dal mago malva-gio che già li aveva trasformati in ranocchi.Il re e sua moglie si stavano già disperando quando riuscirono, con grande destrezza, ad impadronirsi della bacchetta magica del mago che era geloso dell’amore che i sudditi avevano per il loro re. Subito espressero i loro desideri: 1° diventare di nuovo esseri umani, 2° liberarsi dalla gabbia, 3° far morire il mago malvagio. Non fecero neppure in tempo ad esprimerli che i desideri si avverarono immediatamente.Quando tornarono a casa con la loro carrozza reale, il re e sua moglie furono accolti da tutti con grande gioia e vissero felici e contenti nel loro castello insieme ai loro devoti sudditi.

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VIETATO INNAMORARSINicole

C’era una volta una principessa di nome Nicole: era molto bella, mol-to brava e molto ricca, ma non voleva sposare nessun uomo perché

aveva subito un maleficio.Un giorno un drago cattivo, un essere mostruoso con venti occhi, venti zampe e venti dita per zampa, la vide, se ne innamorò e, mentre dormiva, la rapì e la portò nel suo castello.Dopo qualche giorno passò sul suo cavallo bianco sotto il castello un prin-cipe di nome Luca e sentì la principessa che piangeva e chiedeva aiuto.Il principe si avvicinò alla finestra e le chiese:- Perché piangi?La principessa gli rispose: - Sono prigioniera di un drago.- Ti salverò io! - gridò il principe.- Non puoi perché il castello è circondato da tanti coccodrilli, - lo avvertì Nicole.- Non preoccuparti, vado a chiedere aiuto e torno, - la rassicurò il princi-pe.Luca si recò da un famoso mago e gli chiese come poteva salvare la princi-pessa di cui si era innamorato.Il mago gli consegnò una pozione liquida che lo avrebbe salvato dai coc-codrilli.Luca la prese e ringraziò. Il principe spronò il suo cavallo per raggiungere prima possibile il castello dove la principessa Nicole era tenuta prigioniera. Versò quasi tutto il liquido nell’acqua dove c’erano i coccodrilli che mori-rono avvelenati, poi spruzzò il rimanente liquido negli occhi del drago e salvò la principessa che, contemporaneamente, si liberò anche del malefi-cio e poté finalmente innamorarsi.Luca e Nicole, con grande rabbia del drago accecato, vissero felici e con-tenti.

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IL GIOCO DELLE CARTEAMBIENTE

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PROTAGONISTA

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ANTAGONISTA

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OGGETTO MAGICO

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ORECCHIE D’ASINOMattia e Miriana

Susy era una ragazza dai lunghi capelli neri, magrolina e dal viso pallido perché viveva in una città con alti palazzi che non lasciavano passare la luce del sole e con tante macchine rumorose e inquinanti che rendevano l’aria irrespirabile. Susy si vestiva sempre di arancione perché le piacevano i colori vivaci.Un giorno sfogliando un giornale vide la pubblicità di un agriturismo e decise di prendersi una vacanza. Partì per “Hello!”, l’agriturismo della pubblicità, e vi giunse mentre il sole sorgeva e illuminava prati, alberi, case e un lago con le ochette.Nella tranquillità della campagna Susy si sentiva serena e felice mentre passeggiava per i prati.Da lontano la vide Super C17, uno stregone riconoscibile dalla lunga tu-nica rossa e da un medaglione verde. Subito egli cercò di far venire a Susy due lunghe orecchie d’asino, perché pensava che se fosse stata meno bella sarebbe diventata sua amica.Fortunatamente per Susy lo specchio magico capì ogni cosa e abbagliò lo stregone impedendogli la magia.

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IMMOTGiorgia

Molto tempo fa, quando ci furono le crociate Angeli contro Diavoli, tutto fu a rischio distruzione, a parte una foresta… magica. C’erano canne di bambù che crescevano in diagonale, alberi ricoperti di edere viventi, ca-sette quadrate con il tetto a cupola, tivù e lettori DVD che volteggiavano per aria con la faccina da smile, macchine ecologiche che sfrecciavano tra i rami.In quella foresta viveva l’ultimo gruppo di angeli, i giallini (si chiamavano così perché avevano le ali gialle). Immot era un angioletto di appena cin-que anni, aveva una luminosa aureola al posto dei capelli e vestiva una tunica blu. Come tutti i suoi fratelli avrebbe voluto uscire da quella foresta e conoscere mondi nuovi, perciò spesso si sentiva triste e disperato. Un giorno per strada trovò una carta da gioco dove dietro c’era scritto: Per vincere i diavoli vorrai, questa carta utilizzerai.Immot, tutto contento, non perse tempo e si intrufolò tra i diavoli che erano proprio allergici all’asso di picche. Provocò un tale shock anafilattico che i diavoli caddero uno dopo l’altro. Finalmente i giallini tornarono libe-ri e riconquistarono il mondo intero, ormai fuori pericolo.

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LA POP STAR FIORDALBEROMassimiliano

C’era una volta un paese di alberi e fiori che si trasformavano in oggetti parlanti. Un giorno Lana, la figlia quattordicenne del re, infastidì Kirikù, il demonio, risvegliandolo dal suo sonno millenario. Kirikù trasformò le orecchie della ragazza in orecchie di coniglio e la ricoprì di una folta pelliccia proprio come i conigli. Lana in un primo momento sembrò felice perché i conigli le piacevano tanto, ma poi iniziarono i problemi: c’erano peli ovunque e finivano anche nel cibo, inoltre lei soffriva di continuo prurito. Pensò di fare lunghi bagni, ma i peli continuavano a perseguitarla. Doveva trovare una soluzione, ma non sapeva cosa fare e, mentre pensava, raccolse dei fiori. Quello con lo stelo più lungo si trasformò con bagliori fosforescenti in microfono parlante: - Chi ti ha fatto quegli orecchioni? Di sicuro il re dei buffoni! Se te ne vuoi liberare una canzone con me dovrai cantare.Lana scrisse una canzone e tornò nella grotta del demonio.Kirikù non resse alla canzone e sparì insieme al suo incantesimo: Lana tornò normale, ma per poco tempo perché, scoperta la sua vena canora, incise un CD e divenne la pop-star di Fiordalbero.

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LO SCUDOYoanna

Tanti anni or sono c’era un’isola chiamata Paninorum perché era fatta tutta di pane: le nuvole e i tetti delle case erano soffici, morbidi e caldi in tutte le stagioni; sugli alberi al posto di fiori e frutti crescevano bocconcini; i bambini correvano su pagnotte di prati. Un giorno d’estate atterrò su un francesino uno strano essere: era verde, con una testa enorme sulla quale ciondolava un ciuffo grigio, aveva mani e piedi triangolari. Verdem, così si presentò, portava un bracciale che lo aiutava a parlare il paninesco.Tutti gli abitanti di Paninorum disprezzavano Verdem perché era strano e imbranato. Dopo tre anni a Paninorum arrivò Stre, un essere lungo lungo, ricoperto di macchie marroni e con una lingua rossa sempre penzolante. Stre era un essere malvagio che più malvagio non si poteva. Per divertirsi fece uscire dalle sue macchie marroni semi terribili. Questi semi germogliarono in un battibaleno e trasformarono Paninorum in un paesaggio tetro, gli alberi ormai davano solo fiori neri e frutti marci.Verdem decise di aiutare il paese per dimostrare che non era così inutile, ma non sapeva come fare quando inciampò in uno scudo luminoso. In-curiosito lo raccolse, ma, imbranato com’era, lo fece cadere facendo ro-teare la scia luminosa. Magicamente quel pezzo di bosco tornò normale e Verdem capì come avrebbe dovuto utilizzare lo scudo per far scomparire quell’orribile boscaccio. Paninorum ritornò fragrante e tutti gli abitanti dell’isola giudicarono Verdem un eroe.

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IL CINEMA DEI FANTASMISimone

C’era una volta una città sotterranea, Fantasmagorius, dove vivevano solo fantasmi.La città era in una grotta con tantissime stalattiti. Ogni stalattite era la casa di un fantasma. La vita trascorreva tranquilla e ogniqualvolta nasceva un piccolo tutti festeggiavano.Fantasmagorius non sapeva che un’altra città Clownismus, abitata da clown, poteva diventare una seria minaccia.Il giorno del settimo compleanno di Fantimus, un simpatico e furbetto fantasma, la città fu invasa dai clown liberatisi dalle prigioni di Clowni-smus. I clown fecero piazza pulita di tutte le comodità di Fantasmagorius e costrinsero i suoi abitanti a fare lavori pesanti. Prese il comando della città Plukker, il più cattivo dei clown. I clown avevano una sola debolezza: non sopportavano la luce. Un giorno Fantimus trovò uno specchio magi-co che fu subito distrutto, ma Fantimus riuscì a nasconderne almeno un frammento. Intanto, mentre altri fantasmi scavavano nuove gallerie, si aprì uno spiraglio che permise a Fantimus di puntare la luce del sole su Plukker. L’urlo del clown fu così potente che crollarono le stalattiti permettendo a tutti i fantasmi di fuggire. I clown morirono inesorabilmente sotto le ma-cerie. Fantimus, raccolti tutti i suoi amici e trovata una nuova casa, decise di aprire un cinema per raccontare la sua storia e le storie di tutti quelli che avevano qualcosa da raccontare.

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GLI OCCHIALI MAGICIFederico

Tanto tempo fa in un paese collinare, chiamato Tolcol, viveva un uomo di nome Toci. Ai piedi della collina aveva una accogliente casetta gialla dal tetto marrone, all’interno della quale c’erano solo mobili che aveva costruito con legno di ciliegio. Tutt’intorno c’erano campi coltivati e molti alberi.Toci vestiva sempre con dei colori scuri e non abbandonava mai il suo berretto; quando doveva mangiare cucinava sul barbecue le sue adorate salsicce. Passava le sue giornate a curare le pecore o andare in giro con il suo vecchio trattore.Vicino alla sua casa viveva Malvagius, che spesso andava a distruggere i raccolti di Toci. Un giorno Toci si stancò di questa situazione e cominciò a pensare a qualche soluzione, ma non ne trovò neanche una.Il mattino seguente, mentre guidava il trattore, vide abbandonati sul terre-no degli strani occhiali verdi. Scese dal trattore e raccolse gli occhiali, se li mise e, all’improvviso, vide un folletto che gli disse: - Guarda il tuo nemico con questi occhiali e potrai trasformarlo in ciò che vuoi.Toci era contentissimo perché finalmente avrebbe risolto il suo problema.Così andò a casa di Malvagius, bussò alla sua porta e, quando Malvagius aprì, Toci lo guardò intensamente con gli occhiali e lo trasformò… in un buon vecchietto! Da quel giorno Toci ebbe non più raccolti distrutti, ma un compagno con cui giocare a carte.

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STELLO E LE CHIAVI DEL REYousef

C’era una volta in un villaggio sulla Luna un giovane ragazzo di nome Stello, che abitava nel castello del re ed era al suo servizio.Stello era molto buono e gentile con tutti e il re Stellarus, visto che si fida-va tanto, gli diede in custodia le quattro chiavi che aprivano la porta del regno. Un giorno nel villaggio, Galassia 3, scoppiò un’epidemia e tutti, compreso il re, si ammalarono gravemente. Stello disperato uscì dal villag-gio alla ricerca di una medicina che potesse salvare tutti.Appena fuori dalla porta del regno, Stello incontrò un piccolo gnomo, spa-ventosamente brutto, con gli occhi scuri e cattivi, due denti neri e appuntiti e sulla sua maglietta sporgevano minacciosamente le lettere GN.Lo gnomo aveva fatto un incantesimo sul villaggio perché voleva conqui-stare Galassia 3, doveva solo trovare il modo per entrare. Ma per far questo gli servivano le chiavi della porta che Stello portava con sé.Così diede una botta in testa a Stello, gli rubò le chiavi e corse alla porta per aprire le quattro serrature.Appena mise la prima chiave nella serratura, cadde fulminato, infatti lo gnomo non sapeva che le chiavi erano magiche e potevano usarle solo Stello e il re.Con la morte dello gnomo, l’incantesimo svanì e tutti guarirono.

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IL CASTELLO DI MATITEAntonio

In un castello vicino al mare viveva un principino di nome Matita, figlio del re che governava Matitopoli. Il re era Matitomus 3°, aveva 750 minan-ni (un anno equivaleva a una mina).Un giorno il re si ammalò gravemente per colpa del “cancellamento” di vita di Mummiosalma, la mummia-stregone che aveva programmato un piano per eliminare il re.Matita cercò una soluzione nei libri della biblioteca dove trovò una cartina dell’Italia, era l’unica mappa che poteva suggerirgli come battere la mum-mia cattiva.Ormai al re rimaneva ancora poca vita. Matita strinse la cartina che gli indicò un punto preciso: il museo egizio di Torino. Subito il ragazzo chia-mò gli esperti che vennero a riprendersi la mummia che fu nuovamente rinchiusa nel sarcofago.Matitomus 3° guarì immediatamente e visse il resto delle sue mine tran-quillo, felice e contento nel suo bellissimo castello insieme a Matita.

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SPAZZATURA MALEDETTARiccardo

In un tempo lontano, sul pianoro di una montagna, si distendeva Sola-rium, un paese assolato e ricco di vegetazione.In questo paese viveva un ragazzo adorato da tutti in quanto in passato aveva salvato la città e i suoi abitanti da un famelico lupo. Celestino, così era chiamato da tutti per il colore della maglietta che sempre indossava, era un ragazzo sveglio, vivace, solare, simpatico, gentile, generoso e sempre sorridente. Celestino aveva una particolare caratteristica: aveva lunghi capelli che gli davano coraggio, forza, grinta, abilità e moltissime altre cose. Il ragazzo era rispettato e benvoluto da tutti proprio per le sue qualità.Un inaspettato giorno, un camion della spazzatura scaricò a Solarium un bidone contenente rifiuti tossici che, sentendosi circondati da aria pulita ed ossigenata, purtroppo si animarono. Di notte girarono per il paese e lo impestarono di puzze insopportabili. Le persone erano disperate perché non sapevano cosa provocava quegli olezzi maleodoranti, allora chiesero aiuto a Celestino, ma anche lui aveva perso tutti i suoi poteri perché la diossina gli aveva fatto cadere i suoi lun-ghi capelli.Celestino dalla disperazione andò a rifugiarsi in una grotta nel bosco.Lì vide dei folletti che cercavano di prendere su un albero un gattino che non riusciva a scendere. Si avvicinò e li aiutò a prendere il gattino im-paurito che era del loro re. Celestino lo prese, lo coccolò, lo coprì con la sua maglietta azzurra e lo consegnò al re che, per ringraziarlo, gli regalò un paio di pantaloni magici: avevano il potere di rendere invisibile chi li indossava.Celestino decise di utlizzare il potere dei pantaloni per vedere chi si diver-tiva a avvelenare l’aria di Solarium. Aspettò la notte per agire.Quando finalmente la notte arrivò, Celestino si infilò i pantaloni e andò in giro per le strade indisturbato senza essere visto da nessuno. Dopo qualche ora di appostamento vide i rifiuti tossici scorrazzare per le vie del paese e allora capì! Fece un buco nel terreno e lo coprì con un telo. La notte suc-

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cessiva attese che i rifiuti passassero e li spinse nel buco così profondo da non poter più risalire. Quando fu mattina Celestino chiamò la gente del paese per decidere cosa fare dei rifiuti, causa delle loro disgrazie. Insieme decisero di sotterrarli e lasciarli soffocare. Dopo qualche tempo Celestino potè nuovamente accarezzare la sua folta chioma, diventò il sindaco del paese e si sposò con Lina, insieme trascorsero una bella vita piena di av-venture.

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SOLARIUMSarah

C’era una volta un paese dove il sole splendeva sempre, perciò fu chiamato Solarium. In quel paese vivevano solo egiziani, la legge diceva “Tutti gli italiani che mettono piede in questo paese verranno uccisi perché portano brutto tempo”.In quel villaggio viveva Nora, una ragazza timida e dolce. Un giorno passò dal paese un italiano che non conosceva la legge, improvvisamente si mise a piovere, allora tutti esclamarono: - Un italiano!La ragazza che era sotto l’albero si ricordò di avere in tasca una polvere magica che funzionava su tutto. Allora la prese, recitò la preghiera “La-tum, latam, latem”, la sparse dove c’era l’italiano che subito si dissolse perché fu catapultato nel suo paese.La ragazza fu felice di aver salvato una vita umana, ma per molti anni gli italiani non si fecero più vedere.

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SIXBINicole

C’era una volta un’isola in mezzo al mare. Vi crescevano pochi alberi, ma erano state costruite molte case. La casa più grande era di colore giallo ed era abitata da Sixbi, una persona che sembrava uno scimmione sproporzionato. Era grosso, con le spalle lar-ghe come un armadio, una gamba e un braccio corto come le zampette di un coniglio. La faccia era larga e piuttosto schiacciata, aveva un orecchio a sventola e un occhio strabico.Un giorno decise di andare al mare perché non si lavava da tre mesi.Sulla spiaggia viveva Filò che non faceva avvicinare nessuno alle onde del mare.Sixbi si ricordò del temperino magico che gli aveva dato sua sorella Fagot-ta, lo prese dalla tasca e lo posò sulla spiaggia.Il temperino col calore del sole incominciò a crescere e diventò grande grande.Filò si incuriosì, si avvicinò e ci cadde dentro. Immediatamente la lama lo triturò e Filò morì.Da quel giorno tutti poterono ritornare sulla spiaggia e Sixbi riuscì final-mente a fare il bagno.

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LO SCETTROElisa

C’era una volta un vastissimo lago vicino ad un paesino in mezzo a colline, ogni casetta era circondata da una staccionata. Il paese era tranquillo e gli abitanti erano persone tolleranti e rispettose.In quel paese abitava, proprio vicino al lago in una casa di mattoni rossi, un mago che faceva magie un po’ strane e si chiamava Sapientino.Un giorno Sapientino sbalordito notò una moto-cross che correva a tutta velocità e dalla marmitta usciva una densa nube di fumo che rendeva l’aria irrespirabile. Alla guida c’era un ragazzo senza casco con la faccia grigia come il suo fumo e due occhi da far paura. Il ragazzo, vedendo Sapientino che lo guardava, si infastidì e con la sua potente moto lo buttò a terra. Sapientino si rialzò e, per punirlo, ricorse al suo scettro che lanciava palline colorate. Ne lanciò diverse in aria, ma quando una toccò il ragazzo, lo fece esplodere come un palloncino.Sapientino riprese a vivere felice e contento nel suo paese di collina.

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VENDETTAGreta

Un’antica leggenda narrava che mentre una ragazza di nome Selvaggia, dai capelli folti e biondi, giocava in cortile con i suoi genitori, un terribile mostro, fatto di lattine ormai vuote provenienti da una discarica, distrug-geva la città di Umorismo.Si racconta che Selvaggia sentiva il rimbombo dei passi che si avvicina-vano al suo cortile, man mano che il mostro avanzava urlando con voce disumana, finché travolse i genitori della ragazza infuocandoli.Selvaggia corse per ore “sfiatata”, fino ad arrivare ad una zona desertica dove c’erano quattro capanne attorniate da avvoltoi affamati. Il sole era cocente ed intollerabile.Selvaggia in lacrime si avvicinò cautamente ad una capanna. All’improvvi-so uno sciamano uscì da una porticella, Selvaggia si presentò e gli raccontò il dramma che le era successo. Lo sciamano commosso le diede allora una speciale spada ad acqua. Selvaggia ringraziò, prese la spada e in sella ad un cavallo ritornò ad Umorismo che ormai era in fiamme.Selvaggia dal cavallo cominciò a sparare con la sua spada ad acqua. Sparò un colpo, due, tre, finché non si spense ogni fuoco e annientò il mostro. Or-mai, però, nulla la poteva trattenere in quella città semidistrutta e, insieme, al suo cavallo, ripartì in cerca di tranquillità.

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L’ANIMALE MITOLOGICO

C’era una volta, ai limiti di una pianura molto vasta, delimitata da una grande giungla, un paese di nome Forest, nascosto all’interno

di alberi giganteschi. Gli alberi erano imponenti grattacieli senza finestre, con gli ultimi piani coperti da nuvole verdi. Avevano parecchi secoli di vita, ma dimostravano ancora tutta la forza della loro giovinezza. I rami brevi e tozzi sembravano schiacciati da nuvole verdi.

Il sole proiettava ombre gigantesche e lunghissime. Gli abitanti di Forest avevano un forte legame con la natura, infatti la con-sideravano fonte di ogni risorsa, perciò ne avevano il massimo rispetto. Le case all’interno degli alberi erano piccole ed essenziali, accoglienti e ben organizzate. Le stanze, una sopra all’altra, si raggiungevano con scale interne a pioli. In cucina grosse foglie sostituivano i piatti, pezzi di radi-ci scavate all’interno servivano da bicchieri, rametti biforcuti erano usati come posate, tavoli e sedie si ricavavano dai tronchi, solo le pentole erano prodotte con argilla per poter cuocere il cibo. Nelle camere i materassi di paglia stavano ai piedi di armadi costruiti con rami intrecciati.In ogni locale c’erano sciami di lucciole che emanavano una luce soffusa.

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Tra i grossi rami c’era una veranda dove la sera si ritrovavano tutti insieme a chiacchierare. Chiunque passasse vicino agli alberi aveva la sensazione che fossero vivi tanto era il vociare che ne usciva. Il paese di Forest era governato da un re: Foresto II. Era un vecchio re dal portamento maestoso con capelli bianchi e una lunga barba squadrata. Fo-resto II amava il suo popolo, infatti era leale, saggio e aiutava gli altri con atti di generosità. Il palazzo reale, il solo con le finestre, era l’albero più alto ed era situato al centro del paese. Foresto II non aveva eredi e poiché sape-va che aveva ancora pochi anni di vita chiamò a sé tutto il suo popolo per annunciare che alla sua morte sarebbe diventato re colui che fosse riuscito a rendere innocuo l’animale mitologico. Una leggenda tramandata di pa-dre in figlio narrava che gli dei avrebbero protetto i popoli che rispettavano la natura solo se questi fossero riusciti a catturare l’animale mitologico che procurava catastrofi naturali e seminava distruzione. Si diceva inoltre che questo animale aveva la capacità di trasformarsi a seconda dell’ambiente in cui si trovava.Appena sentito l’annuncio parecchi giovani si affrettarono a partire: alcuni desiderosi di nuove avventure, altri curiosi di conoscere nuovi luoghi, qual-cuno per avere il potere, qualche altro per dimostrare il proprio coraggio superando le paure iniziali, pochi per non andare a scuola, i rimanenti per seguire semplicemente il gruppo. Un limitato numero di ragazzi decise, invece, di non partire o per badare ai figli e ai vecchi, o per timore di morire, o per paura di responsabilità, o per incapacità di scelta e una sola ragazza perché sperava che l’animale mitologico raggiungesse spontaneamente il villaggio. I giovani che decisero di partire percorsero il fiume a bordo di una piroga. Lungo le rive del fiume cresceva una rigogliosa e impenetrabile vegeta-zione che mostrava tutte le tonalità e tutte le possibili sfumature di verde. Una sensazione di paura e di smarrimento pervase i naviganti, inoltre la corrente impetuosa del fiume avrebbe potuto ribaltare la piroga da un momento all’altro col rischio di finire divorati dalle fauci di un coccodrillo o straziati dalla voracità di piranha. La piccola isola fluviale era infestata da numerose anaconde che si mimetizzavano con i tronchi sradicati dalle

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piene violente del fiume. Il gruppo remava mantenendo lo stesso ritmo, in assoluto silenzio con lo sguardo fisso sul pelo dell’acqua per evitare sgrade-voli impatti con i famelici rettili. Dopo giorni di navigazione il gruppo arrivò finalmente alla foce del fiume. Di fronte a loro si apriva l’oceano in tutta la sua maestosità. Trascinarono la piroga sulla riva e decisero di incamminarsi lungo la costa alla ricerca di cibo e di riposo. Rifocillati e riposati, ripresero il cammino e arrivarono in un villaggio. Era giorno di mercato, nella piazza principale c’era moltissi-ma confusione: strilli, profumi e puzze tra oggetti di ogni genere e animali strani.

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Decisero di acquistare da un venditore tre elefanti per poter continuare il viaggio. Gli elefanti davano loro l’idea di protezione, forza e imponenza. Comprarono anche delle provviste per poter avere una scorta sufficiente di cibo. Attraversarono una pianura, ma, mano a mano che andavano avanti, la pianura si desertificava sempre più. Trovarono solo poche oasi dove si ri-focillarono con acqua, frutta e radici. Viaggiarono nel deserto per giorni e visto che avevano finito le provviste patirono la fame e la sete. I giorni sembravano sempre più lunghi finché giunsero ai limiti del deserto. Li attendeva un bivio che portava a due foreste apparentemente diverse. Una coppia scorse un animale molto strano: una scimmia con la testa e le

corna di un cervo.Capirono immediatamente di che si trattava e, poiché erano acrobati, riu-scirono con estrema facilità a inseguire l’animale, anche se ad ogni salto l’intreccio dei rami diveniva magicamente sempre più fitto fino ad im-pedirne il passaggio. L’animale, che definirono uno Scervo, riuscì così a dileguarsi e l’intreccio improvvisamente svanì. I due si trovarono davanti un immenso e profondissimo lago dalle acque scure da cui emergeva una corona di montagne disabitate che parevano imponenti e minacciose onde. Sullo sfondo montagne più scure si staglia-vano su un cielo ombroso che sembrava minacciare un forte ed eterno

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diluvio. Mentre la coppia osservava guardinga l’ambiente e la metamorfosi del cielo ormai ricoperto da un’infinità di nuvole scure, dalle acque appar-ve uno strano animale: aveva la forma di una balena, le squame da serpen-te e le corna da capretto. Sicuramente si trattava dell’animale mitologico tanto ricercato. Iniziò una caccia spietata questa volta a Cornobalenus. L’uomo inseguì l’animale cavalcando le onde e dimostrandosi un ottimo surfista. Ma anche questa volta l’animale riuscì a far perdere le sue tracce agitando le pinne che facevano crescere le alghe a dismisura. Per sfuggire alle alghe che sembravano imprigionarlo l’uomo cavalcò un’onda anomala che lo trasportò fino a un deserto roccioso.

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Di fronte a lui si estendeva un immenso strato di rocce da cui spuntavano strane forme che ricordavano monoliti, volti dal collo attorcigliato, turban-ti. Al sopraggiungere della notte vide in lontananza un bagliore, incuriosito si avvicinò e vide delle persone che danzavano intorno a un gran fuoco. Ritrovò la sua compagna. Al termine della danza rituale la coppia chiese al gruppo chi erano e cosa stessero facendo. Il più anziano rispose che erano sciamani e che nel rispetto della tradizione stavano pregando il loro dio secondo un rituale magico che si perdeva nella notte dei tempi. Motivo della preghiera era la richiesta di protezione contro gli spiriti maligni che

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assumevano le forme dell’animale mitologico. A questo punto la coppia chiese se erano a conoscenza del luogo in cui si nascondeva l’animale mi-tologico. Il vecchio saggio li invitò a non pronunciare mai il nome dell’animale per-ché portatore di guai: non ebbe neppure tempo di concludere la frase che sotto ai loro piedi si aprì una immensa voragine che li inghiottì. Precipitarono rovinosamente per parecchi metri, con loro caddero dei tiz-zoni ardenti che permisero di vedere dov’erano capitati: erano all’interno di una grotta che assomigliava alle fauci di un animale mostruoso. Im-mediatamente, dimentichi del dolore e delle ferite, cercarono di trovare un’uscita. L’uomo vide uno spiraglio di luce sopra di loro; fortunatamente lo sciamano più giovane aveva con sé una corda che faceva parte degli oggetti utili al rituale sacro. Ad una estremità venne fatto un lazo e poi venne lanciata più volte verso l’alto, finché si impigliò ad una sporgenza. Iniziarono a scalare la parete rocciosa, finché raggiunsero lo spiraglio di luce. Con un masso più grande allargarono il pertugio e pezzi di roccia e detriti caddero loro addosso. Nel frattempo si era fatto giorno e la luce del sole ferì i loro occhi abituati ormai alla penombra. Usciti, si trovarono inaspettatamente in mezzo ad una foresta intricata e tetra. La foresta era un groviglio di tronchi, rami e radici che non permet-tevano il passaggio e davano una sensazione di grande disorientamento. Il cielo era oscurato dalla massa dei rami e delle foglie. Improvvisamente ap-

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parve un enorme uccello bianco con le ali e la coda da drago, il pungiglio-ne da zanzara e le zampe da canguro: lo definirono Zacango. Lo Zacan-go aveva la capacità di succhiare il nutrimento alle piante che cadevano, sbarrando la strada agli inseguitori. Le persone del gruppo cominciarono l’ inseguimento, ma inutilmente. A fatica riuscirono ad uscire dalla foresta e in quel momento il vortice di un uragano li risucchiò e li catapultò nel Grand Canyon. Videro cactus, montagne rosse ed uno strano ghepardo volante con le orecchie lunghe che parevano quelle di un coniglio, anzi lunghissime come ali; era giallo-gnolo con macchie bordò punteggiate da peli rossi.

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Fu soprannominato Conipardo. Improvvisamente una bufera di sabbia li trascinò in un posto buio, cupo e tetro, delimitato da montagne cieche. In questo ambiente c’era un’enorme distesa lavica, con dei fiori spettacolari: erano grandi, rosa e rossi perché petali di fuoco sbocciavano dalla lava. Tra questi vampanti fiori, c’era un animale che sembrava un dinosauro, ma anche un cane con denti da ba-lena. Lo battezzarono con il nome di Dinobacane. Era verde-azzurro con delle specie di crepe sulla pelle rugosa, sembrava avesse milioni e milioni di anni. Però, subito dopo essere stato avvistato, l’animale mitologico si trasformò

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in un essere che poteva avere sembianze umane sfuggendo ancora una vol-ta alla cattura. L’animale aveva assunto il corpo di un uomo, ma la pelle e le zampe sembravano quelle di una tigre; si appostò sulla sommità di una collina da dove si dominava un’immensa pianura attraversata dai meandri di un fiume. I repentini cambiamenti di luogo e le radicali trasformazioni dell’animale rendevano la vita veramente difficile agli inseguitori. La coppia si trovava ai piedi della collina, ma al tramonto riuscirono a intrappolare Tiger-man: l’essere mitologico sotto le spoglie di animale riu-sciva sempre a dimostrare la sua superiorità rispetto all’uomo, ma sotto spoglie umane diventava prevedibile e quindi vulnerabile.

Trascinarono con i loro paracaduti Tiger-man al villaggio per potersi ag-giudicare il posto di re e regina, infatti arrivati a Forest furono acclamati con calore.

Adesso, caro lettore scegli tu il finale della storia:

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PRIMO FINALE

Re Foresto II prima di morire regalò la sua piscina ai futuri regnanti; la piscina aveva una particolarità: dopo la pioggia l’arcobaleno si tuffava in questa piscina e gli schizzi di colore si spargevano in tutto il villaggio ren-dendolo meravigliosamente gaio.

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SECONDO FINALE

Il re e la regina si recarono al vecchissimo albero sacro, risalente alla notte dei tempi, per compiere un rito di ringraziamento verso il loro dio che avrebbe continuato a proteggere gli abitanti di quelle terre.

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TERZO FINALE

Il re e la regina per annunciare che l’animale mitologico era stato catturato si recarono in riva al mare e suonarono i corni. Il suono, che poteva arriva-re tanto lontano, era il segnale per chi ancora stava continuando la ricerca, affinché tornasse alla tranquilla vita del villaggio.

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QUARTO FINALE

Il re e la regina, che erano degli abili acrobati, chiamarono i loro amici del circo per organizzare un fantasmagorico spettacolo a cui avrebbe parteci-pato tutto il popolo.

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