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DOMENICA 29 OTTOBRE 2017 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 21 di GIUSEPPE CONTE L’ amore muove tutto, muove Omero e muove il mare. Così pensava Osip Mandel’štam, uno dei grandi poeti vittime della violenza della storia nel secolo scorso. I poeti hanno sempre saputo che l’amore è una corrente di energia origina- ria e divina che non si può recintare, è un oscuro e sfolgorante desiderio di vita, di rinascita, che si esprime nel canto del- l’uomo e nelle forme in continuo movi- mento e in continua metamorfosi del- l’universo. L’amore è liberazione e dono, scatenamento e dedizione, ribellione e assenso. Quando è vero, è fuga dalla mor- te, dal potere, dal possesso. La letteratura non ha fatto che parlare dell’amore nei suoi molteplici aspetti da quando è nata. Da Saffo a Catullo, da Dante a Petrarca, da Goethe a Stendhal, da Flaubert a Tolstoj, da Whitman a Neruda, da Nazim Hikmet ad Adonis. E il mito, che è il racconto del- le origini e innerva tutti gli altri racconti, ci ha mostrato nelle sue figure il senso più complesso e misterioso dell’amore: ad esempio nella storia di Orfeo e Euridi- ce. Proprio da lì prende le mosse il libro ambiziosissimo di un giovane autore che sinora è stato forse frettolosamente inca- sellato nella definizione di «scrittore per ragazzi», Alessandro D’Avenia (Ogni sto- ria è una storia d’amore, Mondadori). Un che di adolescente c’è di sicuro in lui. Nel modo un po’ pedagogico di orientare il lettore, nell’innocenza delle proprie pas- sioni e della propria fede, nella ricchezza debordante dell’affabulare, nelle doman- de martellanti che soltanto l’adolescenza sa porre al cuore umano. Ma è tutto que- sto che mi ha coinvolto nella lettura del libro: anche quando mi arrestavo per prenderne le distanze, in nome della mia devozione a Ermes e a un eros più multi- forme e profano, e della mia visione radi- cale e non eurocentrica del mito, inaugu- rata tanto tempo fa. D’Avenia lavora molto bene sulla strut- tura di un libro che è a metà tra saggistica e narrativa: passi delle Metamorfosi di Ovidio sul mito di Orfeo e il ventaglio di l’istantaneità del desiderio sino a soste- nere che bisognerebbe farsi tutte le don- ne del mondo. La storia di Orfeo e Euridice insegna che nell’amore bisogna perdersi per po- tersi ritrovare. Orfeo perde la sposa du- rante la festa di nozze, quando lei muore per il morso di un serpente. L’amore allo- ra spinge Orfeo con il suo canto ad arriva- re alle sponde del fiume Stige, a trovare le forze per passarlo, a chiedere al re del- l’Ade, Plutone, di riavere la propria sposa, di permetterle di uscire dall’ombra eter- na e di tornare alla luce, come già ciclica- mente è stato permesso a Persefone, ogni primavera. Il canto di Orfeo ottiene che Euridice venga liberata. Ma sulla strada del ritorno Orfeo non resiste, infrange la proibizione di guardare in volto la sposa. E lei deve ridiscendere all’Ade. C’è forse, si chiede D’Avenia, un’oscura volontà in Orfeo di perdere Euridice per poterla evocare con il canto più potente, che è proprio quello delle cose perdute? Le tre perfette tappe dell’amore sono de- scritte con tre straordinari verbi presi in prestito da Dante: «intuarsi», «infuturar- si» e «insemprarsi»: entrare in profondi- tà nella vita dell’altro assumendosi il ri- schio di condividerne il futuro e svinco- landosi insieme dalle leggi del tempo orizzontale per puntare a quello verticale dell’eternità. «Non esistono amori felici», scriveva Aragon: e le trentasei donne che compa- iono nel libro hanno spesso destini tragi- ci, e sono spesso vittime dei loro uomini. Gli amanti più egoisti sembrano i poeti: le loro compagne sono soltanto pretesti, stimoli per la loro arte e specchi dei loro sogni, come fu Fanny per Keats, o un «elemento animatore», un amico, come fu Amalia per Gozzano, una madre, sorel- la, segretaria, musa, infermiera come Ge- orgie (persino il suo nome fu sacrificato in George a favore di una rima) per Yeats, un’ispiratrice ma persino una domestica e una badante come Olga per Pound, una complice nella debolezza e nello spirito di distruzione come Caitlin detta Cat per quell’«Orfeo ubriacone», quel «bastar- do» di Dylan Thomas. Compaiono anche donne che con la loro civetteria (Fanny Targioni Tozzetti, regina dei salotti fiorentini) o i loro calco- li (Constance Dowling, che voleva entrare da protagonista nel cinema italiano) eb- bero però il merito di ispirare versi come quelli supremi di A se stesso a Leopardi o di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi a Pa- vese. Sono poche le storie d’amore che si so- no «insemprate»: spicca, felice anche nell’esito narrativo, quella di Alfred Hi- tchcock e Alma Reville. Dopo 54 anni di matrimonio e 60 film insieme, il regista dichiarò in pubblico che le persone cui doveva tutto erano quattro, una monta- trice, una sceneggiatrice, la madre di sua figlia e una cuoca capace di miracoli: tut- te e quattro avevano lo stesso nome: Al- ma Reville, la moglie. E colpisce la storia di Edith Bratt e J.R.R. Tolkien, sulla cui tomba sono scritti i nomi di Beren e Lu- thien, personaggi di un racconto mitico in cui l’autore del Signore degli anelli, da giovane, aveva trasfigurato se stesso e la propria sposa. Ma forse la storia più terribilmente bella (e meglio raccontata) è quella di Na- dežda Jakovlevna, la moglie di Mande- l’štam , che impara a memoria i testi di lui imprigionato in un gulag come unico modo per salvarli dalla distruzione, e ci riesce, convertendo persino una spia so- vietica alla religione della poesia. Amore fu per Nadežda essere custode «del desti- no di un altro». E così facendo, del canto di Omero, e della voce del mare. © RIPRODUZIONE RISERVATA Se c’è di mezzo l’ amore anche Hitchcock è poeta Mitologie Alessandro D’Avenia percorre i destini di trentasei donne partendo dall’antichità. E la storia di Orfeo ed Euridice è uno degli archetipi di un sentimento che l’autore non associa mai al piacere e al godimento ma classifica nelle varianti «vera», «romantica» e «cinica» D’Avenia chiede alle donne la verità sull’amore perché è convinto che esse «sanno, non per sentito dire come gli uo- mini, che la luce è una spinta di sangue e dolore»: che l’amore è aprirsi, fare spa- zio, dare la vita. Questa concezione preci- puamente materna dell’essere femminile ha un fondamento a tratti cupo: nel libro non si parla mai di frenesia, godimento, piacere, sensualità trasgressiva, che pure hanno una gran parte nella sessualità delle donne. Come non si accenna mai a storie di amori omosessuali, che hanno prodotto pagine di non trascurabile qua- lità letteraria. Dichiarandosi «filomito», D’Avenia chiosa Ovidio con puntigliosa , indomita volontà di capire: per lui l’amore vero è una storia, quello romantico è il sogno di una storia, quello cinico, fondato su un’attrazione temporanea, è una barzel- letta che non fa neppure ridere. Ma io credo che ridesse Ovidio, proprio lui, quando esaltava nell’ Ars amatoria considerazioni che ne trae l’autore se- gnano come pietre miliari un tragitto che prevede una partenza, dieci «soste» e un arrivo. Tra una pietra miliare e l’altra, tre brevi racconti di altrettanti amori, nell’insieme trentasei in tutto: ciascuno di essi ha per titolo il nome di una donna, coinvolta in un rapporto con uno scrittore, un poeta, un pittore, un musicista, un regista, in- somma con qualcuno che ha avuto a che fare con l’arte e con le Muse. Un poema sulla vecchiaia. In un tempo senza tempo, quello sospeso della fiaba, vivono 47 fanciulle sessantenni, tutte innamorate di un gran mago. È il tema della raccolta in prosa poetica All’epoca che le fanciulle di Cetta Petrollo (Zona contemporanea, pp. 118, e 12). Nata a Roma nel 1950, vedova dello scrittore Elio Pagliarani, con raffinata abilità l’autrice usa il filtro dell’ironia per elevare un inno al vitalismo dell’eros goduto a qualsiasi età. { Soglie di Franco Manzoni Eros senza età Mondi Michele Cocchi ambienta la storia in un orfanotrofio Infanzia dentro, guerra fuori di ALESSANDRO BERETTA L a vita dei bambini nella Casa è scandita da una ritualità protettiva, del mondo esterno non devono sapere nulla. Ogni settimana si presenta- no degli adulti per «la scelta» di uno di loro, quella che, tra timore e desiderio dei piccoli, potrebbe liberarli. Si apre in uno scenario chiuso il secondo romanzo di Michele Cocchi La Casa dei bambini (in uscita da Fandango) e fin dall’inizio tanti dettagli spingono la percezione di un orfanotrofio verso altri livelli, in una distopia. I piccoli protagonisti, i cui rap- porti sono narrati con sincera intensità, sognano di uscire, ma fuori li aspetta un Paese, senza nome, in mezzo a una lunga guerra civile tra ribelli e militari. I destini di quattro amici usciti dalla Casa, l’intro- verso Sandro, il ribelle Nuto, l’acrobata Dino e il politico Giuliano, si intrecciano per trent’anni difficili, nel conflitto e dopo: la nave della loro prima amicizia resisterà, forse, come scialuppa per la fiducia nella vita. Cocchi conferma un talento, già apprezzato nell’esordio La cosa giusta (Effigi, 2016), nel creare per- sonaggi e mondi borderline empatici con il lettore definiti da una scrittura nitida, all’ombra ideale di certo Cormac McCarthy. Se resta la curiosità di vederlo alle prese con una storia contempora- nea, l’autore libera nella trama un movi- mento concettuale su una triade di temi — verità, menzogna, fantasia — alle prese con la violenza ben condotto e affascinante. La guerra non si dimentica, tantomeno l’infanzia. © RIPRODUZIONE RISERVATA MICHELE COCCHI La Casa dei bambini FANDANGO Pagine 272, € 15 In libreria dal 31 ottobre i ALESSANDRO D’AVENIA Ogni storia è una storia d’amore MONDADORI Pagine 320, e 20 In libreria dal 31 ottobre Alessandro D’Avenia (1977) debuttò con Bianca come il latte, rossa come il sangue i Ulla Wobst (Gelsenkirchen-Buer, Germania), Orfeo ed Euridice (olio su tela), courtesy dell’artista/Saatchi Gallery, Londra Esempi La moglie di Mandel’štam, chiuso nel gulag, ne imparò a memoria i componimenti e così fece di sé la «custode del destino di un altro» S S S

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DOMENICA 29 OTTOBRE 2017 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 21

diGIUSEPPE CONTE

L’ amore muove tutto, muoveOmero e muove il mare. Cosìpensava Osip Mandel’štam,uno dei grandi poeti vittimedella violenza della storia nel

secolo scorso.I poeti hanno sempre saputo che

l’amore è una corrente di energia origina-ria e divina che non si può recintare, è unoscuro e sfolgorante desiderio di vita, dirinascita, che si esprime nel canto del-l’uomo e nelle forme in continuo movi-mento e in continua metamorfosi del-l’universo. L’amore è liberazione e dono,scatenamento e dedizione, ribellione eassenso. Quando è vero, è fuga dallamor-te, dal potere, dal possesso. La letteraturanon ha fatto che parlare dell’amore neisuoi molteplici aspetti da quando è nata.Da Saffo a Catullo, da Dante a Petrarca, daGoethe a Stendhal, da Flaubert a Tolstoj,da Whitman a Neruda, da Nazim Hikmetad Adonis. E il mito, che è il racconto del-le origini e innerva tutti gli altri racconti,ci ha mostrato nelle sue figure il sensopiù complesso e misterioso dell’amore:ad esempio nella storia di Orfeo e Euridi-ce.

Proprio da lì prende le mosse il libroambiziosissimo di un giovane autore chesinora è stato forse frettolosamente inca-sellato nella definizione di «scrittore perragazzi», Alessandro D’Avenia (Ogni sto-ria è una storia d’amore, Mondadori). Unche di adolescente c’è di sicuro in lui. Nelmodo un po’ pedagogico di orientare illettore, nell’innocenza delle proprie pas-sioni e della propria fede, nella ricchezzadebordante dell’affabulare, nelle doman-de martellanti che soltanto l’adolescenzasa porre al cuore umano. Ma è tutto que-sto che mi ha coinvolto nella lettura dellibro: anche quando mi arrestavo perprenderne le distanze, in nome della miadevozione a Ermes e a un eros più multi-forme e profano, e della mia visione radi-cale e non eurocentrica del mito, inaugu-rata tanto tempo fa.D’Avenia lavora molto bene sulla strut-

tura di un libro che è ametà tra saggisticae narrativa: passi delle Metamorfosi diOvidio sul mito di Orfeo e il ventaglio di

l’istantaneità del desiderio sino a soste-nere che bisognerebbe farsi tutte le don-ne del mondo.La storia di Orfeo e Euridice insegna

che nell’amore bisogna perdersi per po-tersi ritrovare. Orfeo perde la sposa du-rante la festa di nozze, quando lei muoreper il morso di un serpente. L’amore allo-ra spinge Orfeo con il suo canto ad arriva-re alle sponde del fiume Stige, a trovare leforze per passarlo, a chiedere al re del-l’Ade, Plutone, di riavere la propria sposa,di permetterle di uscire dall’ombra eter-na e di tornare alla luce, come già ciclica-mente è stato permesso a Persefone, ogniprimavera. Il canto di Orfeo ottiene cheEuridice venga liberata. Ma sulla stradadel ritorno Orfeo non resiste, infrange laproibizione di guardare in volto la sposa.E lei deve ridiscendere all’Ade.C’è forse, si chiede D’Avenia, un’oscura

volontà in Orfeo di perdere Euridice perpoterla evocare con il canto più potente,che è proprio quello delle cose perdute?Le tre perfette tappe dell’amore sono de-scritte con tre straordinari verbi presi inprestito da Dante: «intuarsi», «infuturar-si» e «insemprarsi»: entrare in profondi-tà nella vita dell’altro assumendosi il ri-schio di condividerne il futuro e svinco-landosi insieme dalle leggi del tempoorizzontale per puntare a quello verticaledell’eternità.

«Non esistono amori felici», scrivevaAragon: e le trentasei donne che compa-iono nel libro hanno spesso destini tragi-ci, e sono spesso vittime dei loro uomini.Gli amanti più egoisti sembrano i poeti:le loro compagne sono soltanto pretesti,stimoli per la loro arte e specchi dei lorosogni, come fu Fanny per Keats, o un«elemento animatore», un amico, comefuAmalia per Gozzano, unamadre, sorel-la, segretaria, musa, infermiera comeGe-orgie (persino il suo nome fu sacrificatoin George a favore di una rima) per Yeats,un’ispiratrice ma persino una domesticae una badante come Olga per Pound, unacomplice nella debolezza e nello spiritodi distruzione come Caitlin detta Cat perquell’«Orfeo ubriacone», quel «bastar-do» di Dylan Thomas.Compaiono anche donne che con la

loro civetteria (Fanny Targioni Tozzetti,regina dei salotti fiorentini) o i loro calco-li (Constance Dowling, che voleva entrareda protagonista nel cinema italiano) eb-bero però il merito di ispirare versi comequelli supremi diA se stesso a Leopardi odi Verrà la morte e avrà i tuoi occhi a Pa-vese.Sono poche le storie d’amore che si so-

no «insemprate»: spicca, felice anchenell’esito narrativo, quella di Alfred Hi-tchcock e Alma Reville. Dopo 54 anni dimatrimonio e 60 film insieme, il registadichiarò in pubblico che le persone cuidoveva tutto erano quattro, una monta-trice, una sceneggiatrice, la madre di suafiglia e una cuoca capace di miracoli: tut-te e quattro avevano lo stesso nome: Al-ma Reville, la moglie. E colpisce la storiadi Edith Bratt e J.R.R. Tolkien, sulla cuitomba sono scritti i nomi di Beren e Lu-thien, personaggi di un racconto miticoin cui l’autore del Signore degli anelli, dagiovane, aveva trasfigurato se stesso e lapropria sposa.Ma forse la storia più terribilmente

bella (emeglio raccontata) è quella di Na-dežda Jakovlevna, la moglie di Mande-l’štam , che impara amemoria i testi di luiimprigionato in un gulag come unicomodo per salvarli dalla distruzione, e ciriesce, convertendo persino una spia so-vietica alla religione della poesia. Amorefu per Nadežda essere custode «del desti-no di un altro». E così facendo, del cantodi Omero, e della voce del mare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Sec’èdimezzo l’amoreancheHitchcockèpoeta

MitologieAlessandroD’Aveniapercorre idestini di trentasei donnepartendodall’antichità. Ela storiadiOrfeo edEuridice èunodegliarchetipi di un sentimentoche l’autorenonassociamai al piacere e algodimentomaclassificanelle varianti «vera»,«romantica»e«cinica»

D’Avenia chiede alle donne la veritàsull’amore perché è convinto che esse«sanno, non per sentito dire come gli uo-mini, che la luce è una spinta di sangue edolore»: che l’amore è aprirsi, fare spa-zio, dare la vita. Questa concezione preci-puamente materna dell’essere femminileha un fondamento a tratti cupo: nel libronon si parla mai di frenesia, godimento,piacere, sensualità trasgressiva, che purehanno una gran parte nella sessualitàdelle donne. Come non si accenna mai astorie di amori omosessuali, che hannoprodotto pagine di non trascurabile qua-lità letteraria.Dichiarandosi «filomito», D’Avenia

chiosa Ovidio con puntigliosa , indomitavolontà di capire: per lui l’amore vero èuna storia, quello romantico è il sogno diuna storia, quello cinico, fondato suun’attrazione temporanea, è una barzel-letta che non fa neppure ridere. Ma iocredo che ridesse Ovidio, proprio lui,quando esaltava nell’Ars amatoria

considerazioni che ne trae l’autore se-gnano come pietremiliari un tragitto cheprevede una partenza, dieci «soste» e unarrivo.Tra una pietramiliare e l’altra, tre brevi

racconti di altrettanti amori, nell’insiemetrentasei in tutto: ciascuno di essi ha pertitolo il nome di una donna, coinvolta inun rapporto con uno scrittore, un poeta,un pittore, un musicista, un regista, in-somma con qualcuno che ha avuto a chefare con l’arte e con le Muse.

Un poema sulla vecchiaia. In un tempo senzatempo, quello sospeso della fiaba, vivono 47fanciulle sessantenni, tutte innamorate di ungran mago. È il tema della raccolta in prosapoetica All’epoca che le fanciulle di Cetta

Petrollo (Zona contemporanea, pp. 118,e 12).Nata a Roma nel 1950, vedova dello scrittoreElio Pagliarani, con raffinata abilità l’autriceusa il filtro dell’ironia per elevare un inno alvitalismo dell’eros goduto a qualsiasi età.

{Sogliedi Franco Manzoni

Eros senza età

MondiMichele Cocchi ambienta la storia in unorfanotrofio

Infanziadentro, guerra fuoridiALESSANDROBERETTA

L a vita dei bambini nella Casa èscandita da una ritualità protettiva,del mondo esterno non devono

sapere nulla. Ogni settimana si presenta-no degli adulti per «la scelta» di uno diloro, quella che, tra timore e desideriodei piccoli, potrebbe liberarli. Si apre inuno scenario chiuso il secondo romanzodi Michele Cocchi La Casa dei bambini(in uscita da Fandango) e fin dall’iniziotanti dettagli spingono la percezione diun orfanotrofio verso altri livelli, in unadistopia. I piccoli protagonisti, i cui rap-porti sono narrati con sincera intensità,sognano di uscire, ma fuori li aspetta unPaese, senza nome, in mezzo a una lungaguerra civile tra ribelli e militari. I destinidi quattro amici usciti dalla Casa, l’intro-verso Sandro, il ribelle Nuto, l’acrobata

Dino e il politico Giuliano, si intreccianoper trent’anni difficili, nel conflitto edopo: la nave della loro prima amiciziaresisterà, forse, come scialuppa per lafiducia nella vita. Cocchi conferma untalento, già apprezzato nell’esordio Lacosa giusta (Effigi, 2016), nel creare per-sonaggi e mondi borderline empaticicon il lettore definiti da una scritturanitida, all’ombra ideale di certo CormacMcCarthy. Se resta la curiosità di vederloalle prese con una storia contempora-nea, l’autore libera nella trama unmovi-mento concettuale su una triade di temi— verità, menzogna, fantasia— alleprese con la violenza ben condotto eaffascinante. La guerra non si dimentica,tantomeno l’infanzia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

MICHELE COCCHILa Casa dei bambini

FANDANGOPagine 272, € 15

In libreria dal 31 ottobre

i

ALESSANDRO D’AVENIAOgni storia

è una storia d’amoreMONDADORI

Pagine 320,e 20In libreria dal 31 ottobre

Alessandro D’Avenia (1977)debuttò con Bianca come il

latte, rossa come il sangue

iUlla Wobst (Gelsenkirchen-Buer, Germania),Orfeo ed Euridice (olio su tela), courtesydell’artista/Saatchi Gallery, Londra

EsempiLamoglie diMandel’štam,

chiuso nel gulag, ne imparòamemoria i componimentie così fece di sé la «custode

del destino di un altro»

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