n°XIII 17/05/2018 ilC OSMO · possiamo dire di ave-re ancora un barlume di ... Il matrimonio? In...

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a 1,739 euro al litro. E il gasolio? Mal comune, mezzo gaudio verrebbe da dire in quanto la va- lutazione del Diesel, ne- gli ultimi giorni, ha toc- cato quota 1,483 euro al litro nel prezzo medio, ai massimi, in questo caso, dal giugno 2015. Insom- ma, per far andare avanti l’automobile ci converrà andare a far scorta oltre confine. Sul caso, però, possiamo dire di ave- re ancora un barlume di speranza. Il Codacons ha, infatti, richiesto l’inter- vento dei Nas per valuta- re l’esorbitante aumento dei listini. E noi paghiamo… L’Editoriale Aumentano invece i matrimoni Gay: “L’amore non è diverso”. Le storie di Marilisa e Francesca e di Delia e Grace Fiori d’arancio in diminuzione del 17% rispetto al 2006. Crescono le convivenze: “Ci si sceglie ogni giorno” Il matrimonio? In Italia sta diventando un pezzo raro. Chi decide di convolare a noz- ze, di media, lo fa con due anni di ritardo rispetto a dieci anni fa. Aumentano anche i riti civili, a scapito di quelli religiosi. un universo di notizie SMO C il O www.il-cosmo.com Mentre anche Taffo iro- nizza sulla costituzione del nuovo Governo del Bel Paese, l’Italia si tro- va a fare i soliti conti con l’aumento di tasse, ac- cise e balzelli. In prima linea, tanto per cambia- re, l’amata benzina che nel nostro Stato costa di più di un diamante tar- gato Cartier (se poi ti tocca fare riafornimento in autostrada assicura- ti di avere un defibrilla- tore nel bagagliaio per sopportare la presa dal- la tasca del portafoglio). Il prezzo medio prati- cato sulla rete italiana, secondo quanto emerge dalle tabelle del Mise ag- giornate al 14 maggio, è tornato sopra quota 1,6 euro, portandosi a 1,606, ai massimi dal luglio 2015. Quotidiano ener- gia, che spacchetta i vari dati su cui viene calco- lata la media, indica che oggi in modalità self la benzina costa in media 1,615, mentre in modali- tà servito la media è pari Eventi Film, mostre ed eventi da non perdere! continua 2 Michela Trada n°XIII 17/05/2018 In fase di registrazione presso il tribunale di Vercelli Editore: il Cosmo SRL via degli Oldoni 14, Vercelli. Direttore responsabile: Michela Trada www.cooperativacolibri.com visita il sito: Assistenza domiciliare e casa famiglia per anziani autosufficienti In Italia non ci si sposa più e si preferisce il rito civile Rubrica, Salute & Benessere Gli ingredienti per una colazione perfetta di Sabrina Falanga pag.16 Intervista Marco Pentagoni: dall’incidente alle telecamere di Real Time di Deborah Villarboito pag. 20 Sport Edoardo, la piccola stella del Baseball di Deborah Villarboito pag. 19 Rubrica Quando il cane è in casa: le regole per affrontare la solitudine di Sabrina Falanga pag.15 Food Tagliatelle gialle promate al limone di Chiara Bellardone pag.12/13 E noi paghiamo…

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a 1,739 euro al litro. E il gasolio? Mal comune, mezzo gaudio verrebbe da dire in quanto la va-lutazione del Diesel, ne-gli ultimi giorni, ha toc-cato quota 1,483 euro al litro nel prezzo medio, ai massimi, in questo caso, dal giugno 2015. Insom-ma, per far andare avanti l’automobile ci converrà andare a far scorta oltre confine. Sul caso, però, possiamo dire di ave-re ancora un barlume di speranza. Il Codacons ha, infatti, richiesto l’inter-vento dei Nas per valuta-re l’esorbitante aumento dei listini.

E noi paghiamo…

L’Editoriale

Aumentano invece i matrimoni Gay: “L’amore non è diverso”. Le storie di Marilisa e Francesca e di Delia e Grace

Fiori d’arancio in diminuzione del 17% rispetto al 2006. Crescono le convivenze: “Ci si sceglie ogni giorno”

Il matrimonio? In Italia sta diventando un pezzo raro. Chi decide di convolare a noz-ze, di media, lo fa con due anni di ritardo rispetto a dieci anni fa. Aumentano anche i riti civili, a scapito di quelli religiosi.

un universo di notizieSMOCil O

www.il-cosmo.com

Mentre anche Taffo iro-nizza sulla costituzione del nuovo Governo del Bel Paese, l’Italia si tro-va a fare i soliti conti con l’aumento di tasse, ac-cise e balzelli. In prima linea, tanto per cambia-re, l’amata benzina che nel nostro Stato costa di più di un diamante tar-gato Cartier (se poi ti tocca fare riafornimento in autostrada assicura-ti di avere un defibrilla-tore nel bagagliaio per sopportare la presa dal-la tasca del portafoglio). Il prezzo medio prati-cato sulla rete italiana, secondo quanto emerge dalle tabelle del Mise ag-giornate al 14 maggio, è tornato sopra quota 1,6 euro, portandosi a 1,606, ai massimi dal luglio 2015. Quotidiano ener-gia, che spacchetta i vari dati su cui viene calco-lata la media, indica che oggi in modalità self la benzina costa in media 1,615, mentre in modali-tà servito la media è pari

EventiFilm, mostre ed eventi danon perdere!

continua 2Michela Trada

n°XIII 17/05/2018

In fase di registrazione presso il tribunale di VercelliEditore: il Cosmo SRL via degli Oldoni 14, Vercelli. Direttore responsabile: Michela Trada

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In Italia non ci si sposa più e si preferisce il rito civile

Rubrica, Salute & BenessereGli ingredienti per una colazione perfettadi Sabrina Falanga pag.16

IntervistaMarco Pentagoni: dall’incidente alle telecamere di Real Time

di Deborah Villarboito pag. 20

SportEdoardo, la piccola stella del Baseball

di Deborah Villarboito pag. 19

RubricaQuando il cane è in casa: le regole per affrontare

la solitudine

di Sabrina Falanga pag.15

FoodTagliatelle gialle

profumate al limone

di Chiara Bellardone pag.12/13

E noi paghiamo…

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Lo fa sapere l’Istat, che parla di un vero e proprio crollo dei fiori d’arancio negli ultimi dieci anni nel nostro Paese, per lungo tempo tradizionalista e quindi at-taccato anche allo sposalizio.L’Istat ha preso in esame la situazione nel 2006 e quella all’inizio del 2016. C’è stata una diminuzione del 17,4%,. La diminuzione non c’è soltanto in termi-ni assoluti, ma pure in proporzione alla popolazione residente: da 4,2 per mille a 3,4 per mille. Non c’è un motivo solo alla base della scelta di utilizzare il ma-trimonio solo come estrema ratio. Si va dalla mancanza di soldi alla voglia di li-bertà, fino a un cambiamento nella cul-tura e nella società.Come anticipato prima, chi decide di fare il fatidico passo pronunciando la frase ‘sì, lo voglio’ è mediamente più anziano nel 2016 rispetto al 2006. Di media, gli uomini di 2,3 anni (32,4 anni nel 2006, 34,9 nel 2016), le donne di 2,5 anni (29,4 nel 2006, 31,9 nel 2016). Variazioni di cui tenere conto riguarda-no pure gli aspetti economici: il regime in comunione dei beni passa dal 40,9% al 27%. Se prima si sceglieva spesso la chiesa e il rito religioso, adesso si opta per il rito civile. Quest’ultima ipotesi viene scelta da quasi una coppia su due (46,9%), dieci anni fa eravamo a una su

tre (34%). C’è stato dunque un aumento di 12,9 punti percentuali.Nel 2015 sono stati celebrati in Italia 194.377 matrimoni, 4.600 in più dell’an-no precedente (aumento più consistente dal 2008). Il dato, però, se confrontato nel periodo 2008 – 2014, vede il matri-monio ridursi al ritmo di quasi 10 mila all’anno. La lieve ripresa è dovuta alle prime nozze tra sposi di cittadinanza italiana: 144.819 celebrazioni nel 2015 (2 mila in più del 2014); dal 2008 al 2014 erano diminuite di oltre 40 mila. Aumenta la propensione alle prime noz-ze (429 per 1.000 uomini, 474 per 1.000 donne). Anche in questo caso, valori in-feriori del 20% rispetto al 2008.Le seconde nozze, o successive, sono sta-te 33.579 nel 2015 (3 mila in più sul 2014, +9%). L’incidenza sul totale dei matri-moni raggiunge il 17%. Con rito civile, sono stati celebrati 88 mila matrimoni (+8% sul 2014). Gran parte dell’aumen-to è dovuto alle seconde nozze. I matri-moni in cui almeno uno dei due sposi è straniero sono 24 mila (12,4% del 2015), -200 unità rispetto al 2014.Con l’introduzione del divorzio breve, c’è stato un aumento consistente dei di-vorzi: 82.469 (+57% sul 2014), mentre le separazioni sono state 91.706 (+2,7% ri-spetto al 2014). Con l’introduzione degli

accordi extraconiugali per separazione e divorzio, presso gli Uffici di stato civile sono stati definiti 27.040 divorzi (pari al 32,8% dei divorzi del 2015) e 17.668 separazioni (19,3% delle separazioni). Al momento della separazione, media-mente, si stava insieme da 17 anni. Ne-gli ultimi 20 anni è raddoppiata la quota delle separazioni per matrimoni di lun-ga durata (11,3% del 1995 al 23,5% del 2015). Quando avviene la separazioni, i mariti hanno mediamente 48 anni, le moglie 45. La fascia d’età più numerosa è quella tra i 40 e i 44 anni per le mogli (18.631 separazioni, 20,3% del totale), tra i 45 e i 49 anni per i mariti (18.055, il 19,7%). Ci si separa di meno se ci si è sposati con il rito religioso. A distanza di 10 anni dalle nozze, i matrimoni so-pravviventi sono praticamente gli stessi per le coorti di matrimonio del 1995 e del 2005 (rispettivamente 911 e 914 su 1.000). I matrimoni civili sopravviventi scendono a 861 per la corte del 1995 e a 841 per quella del 2005.

di Alessandro Pignatelli

Attualità

Giurisprudenza: dalla famiglia alle famiglie

A seguito dei più recenti interventi le-gislativi, nonché dell’evoluzione giuri-sprudenziale i rapporti familiari hanno assunto una nuova fisionomia. La fami-glia costituisce, infatti, un istituto spesso definito come “storicamente orientato”, plasmato dalla storia e inevitabilmente influenzato dai mutamenti sociali.Con la legge n. 76/2016 si assistito infat-ti al passaggio “dalla famiglia alle fami-glie”.Sino al 2016 dal punto di vista norma-tivo esisteva esclusivamente la famiglia fondata sul matrimonio, mentre gli al-tri consorzi erano considerati giuridi-camente irrilevanti in quanto produtti-vi solo di doveri morali e sociali. Oggi invece la famiglia è divenuta un istituto

quadripartito. Alla famiglia “classica” (fondata sul matrimonio) si affiancano le unioni civili tra omosessuali, le con-vivenze regolate contrattualmente e le convivenze non contrattuali.La famiglia “classica”, quella fondata sul matrimonio, presenta quattro trat-ti fondamentali: l’esclusività, in quanto incompatibile con altri vincoli; la ca-pacità espansiva, in quanto atta a crea-re rapporti di parentela e di affinità; la stabilità, in quanto presupposto della cessazione (divorzio) è la separazione; la vincolatività, in quanto sono previsti doveri inderogabili che limitano la li-bertà del singolo.Quanto alle unioni civili tra omosessua-li, già prima dell’intervento del legisla-

tore tali convivenze erano state consi-derate “formazioni sociali”, ma solo nel 2016 divengono un vero e proprio isti-tuto familiare produttivo, come il ma-trimonio, di diritti e di doveri rilevan-ti. L’estensione per le unioni civili della maggior parte delle norme previste per il matrimonio ha addirittura portato a parlare di “matrimonializzazione delle unioni civili”. Tuttavia sono presenti al-cune “stranezze”, alcune delle quali de-rivanti da retaggi storici, altre del tutto incomprensibili. Tra queste ad esempio non è stata riconosciuta la filiazione. Si tratta infatti di una questione delicata che è ancora molto dibatutta. Inoltre lo scioglimento dell’unione civile non pre-suppone, come nel matrimonio, alcuna

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Perché si divorzia? Secondo studi scien-tifici, sostanzialmente sono cinque le cause alla base di questa decisione che, oggi, arriva di media 17 anni dopo il ma-trimonio. Secondo Stan Tatkin, auto-re di ‘Wired for Love’, non sempre c’è un evento improvviso. Anzi, il più del-le volte è come la goccia che batte sem-pre sullo stesso punto della roccia fino a romperla. Spesso è la donna a sentire di aver rinunciato a troppe cose, magari ha messo da parte la carriera per i figli. Oppure sente che il rapporto è logo per-ché non c’è mai stata collaborazione fa-migliare.Altro motivo del divorzio è l’età. Se c’è molta differenza tra marito e moglie, quello all’inizio non sembra un ostacolo, poi lo diventa. Ma succede anche quan-do si ha la stessa età, intorno ai 40 anni pare che in molti desiderino un cambia-mento. Si desidera tornare indietro nel tempo. Succede a 15 e poi a 40 anni. La cosiddetta crisi di mezza età, che spesso troviamo associata al maschio che, ma-gari, inizia una relazione con una donna molto più giovane per soddisfare il de-siderio, ossia fingere di essere tornato indietro.La noia? C’è eccome. Lo dice Steve Sie-bold, coach di psicologia della perfor-mance e di resistenza mentale. Avere

sempre, 24 ore su 24, la stessa persona accanto, può portare alla lunga ad anno-iarsi. Ecco perché sarebbe consigliabile provare sempre a vivacizzare il rappor-to e a non isolarsi, concedendosi magari una serata alla settimana con gli amici (per lui) o con le amiche (per lei). Non può mancare la questione economica alla base del divorzio. Sono le difficoltà finanziarie le principali imputate. Atti-vità dei figli, spese, rette universitarie: ti ritrovi senza risparmi e con debiti sul-le spalle. E accusi l’altro/a di aver speso troppo.Infine, c’è il sesso. L’incompatibilità sot-to le coperte, secondo Jessica O’Reilly, autrice di The New Sex Bible, è alla base della rottura. “I cambiamenti ormona-li che si manifestano con l’età possono causare mutamenti nel desiderio ses-suale. Anche se ogni coppia, a ogni età, subisce variazioni del desiderio, quest’a-spetto può accentuarsi con gli anni.

di Giulia Candelone

AttualitàDivorzio: ecco le cinque motivazioni principali

di Alessandro Pignatelli

separazione. Infine manca un richiamo alla fedeltà, quindi viene meno uno dei caratteri fondamentali del matrimonio rappresentato dalla stabilità.Quanto, invece, alle convivenze, esse erano prima riprovate, poi accettate e infine riconosciute grazie alle pronun-ce giurisprudenziali che sono interve-nute nei diversi ambiti del diritto. Fino al 2016 le convivenze erano sì tutelate in quanto “formazioni sociali”, ma non producevano, sul piano giuridico, alcun vincolo. Oggi esistono due tipi di convi-venze: le convivenze contrattuali e quel-le meramente legali. Nel primo caso la convivenza è regolata da un contratto che può concernere solo gli aspetti pa-trimoniali. Nel secondo, che si verifica quando non vi è un contratto, sono pre-visti effetti legali derivanti direttamente dalla convivenza in sé. Tuttavia tra tali effetti non rientrano né i doveri perso-

nali, né i doveri patrimoniali. La convi-venza in tali casi finisce per produrre sul piano giuridico effetti esclusivamente in pochi ambiti tra i quali quello assisten-ziale, lavorativo e saniratio.Alla luce di quanto illustrato è peranto evidente che sebbene il legislatore abbia fatto un enorme passo in avanti affinché anche il diritto di famiglia si confaces-se finalmente ai mutamenti sociali de-gli ultimi anni, in materia di convivenze (sia eterosessuali che omosessuali) non molto è cambiato rispetto al passato. Di conseguenza le coppie unite in unione civile sono oggi più tutelate rispetto alle coppie che convivono.

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Attualità

pagina 4

di Alessandro Pignatelli

Se i matrimoni in Italia sono in calo, sono invece in aumento le coppie che decido-no di convivere, senza ufficializzare l’u-nione con rito civile o religioso. E’ ancora l’Istat a fornire statistiche e a dare un’in-dicazione sui motivi di questi numeri: la minore propensione al matrimonio sa-rebbe dovuta proprio al proliferare delle unioni libere, non più preludio al giorno del sì.Dal 2008 le unioni di fatto sono più che raddoppiate, superando nel 2013-2014 la soglia psicologica del milione. In par-ticolare, le convivenze more uxorio tra partner celibi e nubili arrivano a 641 mila nel 2013-2014. Questa è anche la com-ponente che fa registrare gli aumenti più sostenuti (è cresciuta dieci volte rispetto al 1993-1994). Non solo: sempre più figli nascono proprio dalla convivenza: oltre un nato su quattro, nel 2014, aveva geni-tori non sposati.

Le unioni civili, anche in Italia, negli ul-timi anni hanno goduto di normative fa-vorevoli. In particolare la legge del 20 maggio del 2016, la numero 76, che ha istituito proprio questo tipo di unioni, disciplinando diritti e doveri delle coppie di fatto e introducendo i contratti di con-vivenza. Una legge che si attendeva da una ventina d’anni, costituita da un solo articolo e 69 commi. Al comma 36 c’è la definizione di coppia di fatto: “Due per-sone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vin-colate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.

Convivere è meglio, più di un milione di coppie nel 2014

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Intervista

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di Alessandro Pignatelli

di Alessandro Pignatelli

di Alessandro Pignatelli

Dopo 14 anni di convivenza, ci voleva una proposta di matrimonio ‘teatrale’ per ottenere il sì della dama. Così Silvia, 42 anni, psicolo-ga, alla fine ha ceduto, ma non senza far sof-frire il futuro marito per qualche istante: “A cena, lui mi ha dato l’anello e un biglietto con sopra scritto: ci sposiamo? Gli ho risposto: ci devo pensare. Ma stavo scherzando”. Sarebbe stato bello vedere la faccia del cavaliere...Battute a parte, Silvia è sposata da otto mesi circa, ha due figli, ma non esclude di arrivare al numero perfetto, tre: “Ogni tanto ci pensia-mo, ma forse siamo un po’ troppo vecchierelli. Una femmina? Perché no, dopo due maschi”. Racconta l’inizio della storia d’amore, lei: “Ci siamo messi insieme nel 2003, ma ci cono-scevamo già perché lui era amico di quello che poco prima era ancora il mio fidanzato. Lavorava a Pavia, ma quando ci siamo fidan-zati è tornato a Terni. Ha preso casa e abbia-mo iniziato una fase di semi-convivenza, nel

Ci sono sempre meno matrimoni in Italia ma, a sorpresa, aumentano le agenzie di wedding planner, ossia professionisti che si occupano di organizzare dalla A alla Z le nozze, insieme agli sposi naturalmente. Forse, a ben pensarci, non è una sorpresa che anche il nostro Paese abbia visto nascere e fiorire questo lavoro. Si ha sempre meno tempo, anche per organiz-zare quello che dovrebbe essere il giorno più importante per due persone. Meglio, quindi, delegare.Siccome nel nostro Paese, però, resta più che in altri la voglia di partecipare ai preparativi del proprio matrimonio, ecco che in Italia i wed-ding planner ‘vendono’ anche mini servizi: la ricerca della location, il catering, le bombo-niere, l’animazione per i bambini, il coordina-mento dei fornitori il giorno del matrimonio, la semplice consulenza. Per tradizione, sono le donne in maggioranza a intraprendere questa professione. A livello mondiale, esiste anche

Il matrimonio? Sì e no. “Per motivi burocratici, amministrativi e assistenziali direi di sì, ma...”. Annalisa, 37 anni, convive da cinque anni con Alessandro, 42 anni, ma i fiori d’arancio non sono così vicini. E neanche la prole, a quanto sembra: “Il periodo storico non mi piace e non piace neanche al mio partner, non mi piaccio-no i metodi con cui si crescono oggi i bambi-ni, c’è troppa scuola, stanno troppe ore lontani dai genitori. A Milano, se non mandi all’asilo i tuoi figli, le famiglie degli altri bambini non li accettano. Altra cosa che non mi piace sono i vaccini obbligatori, non c’è più possibilità di scelta da parte dei genitori”. In compenso: “Ho un cane e prima ne avevo un altro a cui sono tuttora legatissima: sono i nostri figli pelosi”.La coppia funziona, ammette Annalisa: “Ab-biamo avuto una crisi, risolta in 48 ore, ma ancora non convivevamo. Lui era un periodo

senso che io avevo sempre la valigia pronta”.Capita il primo avvenimento importante e decisivo: Silvia resta incinta: “Lo volevamo? Il desiderio c’era ed era condiviso, ma non è stato proprio cercato in quel momento. Co-munque, a quel punto, abbiamo acquistato un’altra casa ed è iniziata la convivenza vera e propria. E’ nato il primo figlio, due anni dopo il secondo”.Per entrambi, è stata la prima convivenza. Ma come mai, dopo così tanto tempo, si è arrivati alla scelta di sposarsi? “Ne abbiamo sempre parlato. In occasione del mio 40esimo com-pleanno, è arrivata la proposta e non ho sapu-to dire di no. Stavamo bene insieme, abbiamo pensato fosse giusto che anche i nostri figli partecipassero a qualcosa in cui i genitori credevano. Li abbiamo resi protagonisti del-la giornata e sono stati molto felici ed emo-zionati. Il viaggio di nozze non lo abbiamo ancora fatto, ma ci porteremo dietro anche i

un premio annuale per la miglior wedding planner, all’interno degli ‘International bridal awards’, organizzato dalla rivista ‘Elle.L’Italia ha un primato a livello europeo: è lo Stato con gli organizzatori di matrimonio meno cari. Anche per questo motivo, c’è sem-pre maggiore richiesta da parte degli sposini. Attualmente, in tutta la penisola, sono un mi-gliaio i professionisti. Ancora non molti, ma in crescita. Le regioni in cui questo professio-nista più richiesta sono Campania, Puglia e Sicilia. I prezzi. In Inghilterra, per assicurarsi un wedding planner, bisogna prevedere da un 15 a un 20 per cento sul costo complessivo, in Svizzera siamo al 18%, in Germania al 17%, in Francia tra 12 e 15%, in Italia tra 10 e 12%.Prima di presentarsi sul mercato, è consiglia-bile seguire un corso o un master. Mentre è praticamente indispensabile ormai avere un sito web vetrina. Da una ricerca recente è emerso come esistano agenzie specializzate in

nostri due ‘bambini’. Sicuramente”.Un altro motivo che ha portato Silvia a con-volare nozze è stato “quello burocratico. Non volevo che a gestire certe cose fosse un estra-neo, uno sconosciuto. Tipo la polizza di fine vita, ma non solo. Adesso sono decisamente più tranquilla”.Una famiglia contenta, una famiglia tradizio-nale, ma nata e cresciuta con la convivenza. Allietata da due ragazzini che, in più, hanno potuto partecipare al grande giorno. Insom-ma, alla fine, si sono rivelata tutte scelte az-zeccate. E poi, diciamolo, quale donna direb-be di no al cavaliere con l’anello che, durante una cena romantica, ti regala se stesso e una vita insieme?

temi specifici, come per le comunità straniere (quelle cinesi, per esempio), ma anche profes-sionisti virtuali, che seguono le coppie esclu-sivamente via chat e telefono. In questo modo, si abbattono pure i costi del trasferimento e si raggiungono coppie lontane.Da uno studio condotto nel 2015 dalla Ca-mera di Commercio di Monza e Brianza, si è evidenziato un aumento del 6,1% delle im-prese di wedding planner, che oggi sarebbe-ro 50.630: 1042 organizzatori di cerimonia (+1,7%); 20.948 aziende di confezioni di altro abbigliamento esterno (+2,4%); 26.039 attivi-tà di commercio al dettaglio di confezioni per adulti (+9,5%); 1.275 attività di commercio al dettaglio di bomboniere (+0,2%); 974 cate-ring (+11,8%).

negativo, aveva perso il padre, e mi cacciò via da casa”. Da quando Ale e Annalisa hanno ini-ziato a vivere insieme, le cose hanno funzio-nato sempre. Forse anche perché la decisione di condividere tutta la quotidianità è arrivata dopo ben 11 anni di fidanzamento: “Il sabato e la domenica io andavo a casa sua e dormivo lì. Perché ci abbiamo messo tanto a decidere? Io studiavo, mentre lui lavorava. Io volevo prima avere indipendenza economica, qualche soldo da parte. Alessandro avrebbe fatto anche pri-ma, invece”. Continua: “Non c’era necessità di vivere insieme perché tanto io potevo andare da lui quando volevo, anche durante la setti-mana”.Il periodo storico che non piace ad Annalisa è però anche quello in cui si muovono passi concreti verso i matrimoni gay in Italia. Sono arrivate intanto le unioni civili: “Io sono fa-

vorevole a queste forme di unione, che sono anche un modo per potersi aiutare vicende-volmente. In pronto soccorso, per esempio, non farebbero mai entrare due uomini, ma se fossero marito e moglie...”. Non solo: “Giusto il diritto all’assistenza reciproca, in particolare nel momento del bisogno”. La filosofia di vita è del resto una soltanto: “L’amore deve vincere sempre. Viva l’amore”. E viva chi lo vive con naturalezza: “Sposarsi significa che quello sarà l’uomo o la donna della tua vita, ma chi ti dice che poi non cambi idea? Se convivi, almeno, eviti la burocrazia nel caso in cui dovesse fini-re male la storia. Invece io sono dell’idea che bisogni scegliersi ogni giorno, giorno per gior-no”.

Silvia, il ‘sì’ dopo 14 anni di convivenza. Tutto merito di un anello...

Wedding planner: 1.042 professionisti in Italia, ma sono in crescita

Annalisa, 37 anni, la convivenza: “Ci si sceglie ogni giorno”

Attualità

Intervista

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Un sostegno attivo, che sia pratico e concreto e non solo un astratto modo di dedicarsi all’altro. È questo lo sportello d’aiuto attivo grazie ad Arcigay “Rainbow” Valsesia, Vercelli e Biella, Associazio-ne che, oltre ai diversi e numerosi progetti per i quali si impegna quotidianamente, ha dato vita a uno sportello rivolto (anche) ai migranti che ne-cessitano un sostegno relativo al proprio orienta-mento sessuale. Di speciale, questo sportello, ha che per la prima volta in Italia vede l’impegno di un gruppo di attivisti africani che si occupano di fare formazione contro le discriminazioni all’in-terno dei centri di accoglienza per i loro conna-zionali.«La maggior parte delle persone richiedenti asilo che seguiamo proviene da paesi dell’Africa, dove l’omosessualità è ancora ritenuta illegale – spiega Giulia Bodo, referente dell’Associazione -. Que-ste persone, quindi, vivono una difficoltà nel-la difficoltà: oltre alle questioni di natura legale e burocratica che devono affrontare per la loro condizione di immigrati in attesa di una regolare sistemazione, si ritrovano a non saper come gesti-

Si fanno sempre meno figli in Italia, eppure le istituzioni provano a stimolare l’incremento demografico con sussidi e contributi. Nell’ul-tima legge di bilancio, quella del 2018, sono stati inserite nuove facilitazioni, così come ne sono state riconfermate altre.Una larga fetta è rappresentata dal Bonus Isee 2018 per le famiglie a basso reddito: assegno di maternità 2018 dello Stato (la domanda va presentava per via telematica all’Inps en-tro 6 mesi dalla nascita del figlio o in caso di adozione o affidamento, da quando il bambi-no fa il suo ingresso in famiglia), assegno di maternità 2018 dei Comuni (da presentare al Comune di residenza entro 6 mesi dalla na-scita del bimbo o della sua entrata in famiglia se adottato o preso in affido), riduzione delle rette degli asili nido e altri servizi educativi per l’infanzia e mense scolastiche. Le donne in gravidanza hanno diritto pure al dentista sociale 2017 (consente di accedere a cinque prestazioni odontoiatriche, tra cui otturazio-ne, protesi ed estrazione, a prezzi molto più bassi di quelli standard).C’è il Bonus bebè 2018 Inps: un assegno di 960 euro all’anno per ciascun figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2017 per la durata di massimo tre anni d’età. L’assegno vale per le famiglia adottive o in af-fido, purché abbiano reddito fino a 25 mila

re la loro personale sessualità a causa di paure e pregiudizi derivanti dai Paesi in cui sono cresciu-ti. È in questo senso che il nostro sportello, gestito proprio da persone loro connazionali, attraverso le quali quindi contribuire a creare una situazione di sintonia, fiducia e tranquillità, si rivela un so-stegno pratico e utile».Come giustamente sottolineato da Giulia, sono ancora tante le zone dell’Africa in cui l’omosessua-lità è illegale; in alcuni paesi, benché non ci siano leggi specificatamente contrarie, la condannano attraverso altre leggi; ci sono, poi, alcune regioni in cui vige ancora la pena di morte. In Angola, ad esempio, esistono leggi specifiche contro l’omo-sessualità e la pena sono i campi forzati; in Gam-bia, si possono passare fino a 14 anni in prigio-ne; in Malawi sono previste punizioni corporali, così come in Nigeria dove si viene puniti a colpi di frustate e si rischia la morte per lapidazione: le aree legalmente governate dalla Sharia stabili-scono la condanna a morte per donne e uomini. Ogni gruppo o associazione di supporto, dialogo, pro-matrimonio riguardanti la società Lgbt (sigla

euro per ottenere un bonus da 80 euro o 160 per le famiglie a basso reddito, fino a 7 mila euro. Le famiglie con più di 3 figli possono richiedere l’assegno terzo figlio. Tale bonus va richiesto tramite il Caf o direttamente sul sito dell’Inps e viene erogato direttamente dall’i-stituto, ma solo se la domanda è presentata entro il 31 gennaio dell’anno successivo per il quale viene richiesta l’agevolazione.E ancora: bonus mamma domani 2018: 800 euro per le mamme che entrano nel settimo mese di gravidanza. Assegno quarto figlio 2018 (famiglie con almeno quattro figli mino-ri). Il nuovo congedo parentale, esteso dagli attuali 8 anni del figlio a 12, e quello parzial-mente retribuito, al 30%, da 0 a 3 anni fino ai 6 anni del figlio e agli 8 anni per la famiglie a basso reddito. Il Bonus 3 figli prevede, per le famiglie numerose con reddito basso, un so-stegno economico di 141,30 euro al mese per un totale annuo di 1836,90 euro, concesso dal Comune di residenza, ma erogato dall’Inps in due rate semestrali. Se le famiglie sono com-poste da almeno 4 figli minori, c’è un’ulteriore riduzione di 1.200 euro complessivi, qualun-que sia il reddito del beneficiario o del nucleo familiare.

usata per indicare persone lesbiche, gay, bisessua-li e transgender) rischiano il carcere fino a 4 anni.«L’ambiente sociale dal quale provengono queste persone è talmente difficile, per quanto riguarda la possibilità di vivere il proprio orientamento sessuale, che è comprensibile arrivino con delle paure legate al pregiudizio ed eventualmente alle conseguenze. Parliamo di persone che rischia-no di essere legalmente uccise perché gay e che credono che quello sia l’unico modo di guarda-re all’omosessualità. È necessario, quindi, met-terle in una condizione di libertà e tranquillità di espressione che vada a migliorare la loro vita quotidiana».L’inserimento di attivisti africani all’interno delle attività dello sportello gestito da Arcygay “Rain-bow” è stato un’idea che ha riscosso un gran suc-cesso: «Siamo stati invitati a parlare sia in Parla-mento – racconta Giulia – per la stesura di una legge in materia sia al congresso nazionale di Certi Diritti a cui ha preso parte anche Emma Bonino. I ragazzi sono stati seguiti da tre tesisti, da due fotografi e una scrittrice, intervistati da Radio Radicale e sono stati protagonisti del vide-oclip musicale di una band italiana, gli Oslavia, e di una cantante italonigeriana, Miss Humanro-ot. In più sono stati selezionati per un progetto europeo di ricerca portato avanti dall’Università del Sussex, hanno fatto formazione in centri di accoglienza nel torinese, nel novarese e nell’ales-sandrino. Non è solo uno sportello: è un vero e proprio movimento che colora l’intera Nazione: ci stanno contattando da diversi paesi del mondo. È un progetto del quale andare veramente fieri».

Archigay Rainbow: pari diritti per pari uguaglianza

Famiglie con figli: tutti i bonus previsti

di Sabrina Falanga

di Alessandro Pignatelli

Attualità

di Sabrina Falanga

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IntervistaDalia e Grace: sono i bambini ad insegnarci che cos’è l’amoreConoscersi, per Delia e Grace, è significato smetterla di cercare vie di fuga e nascondersi dietro a bugie: “In realtà ci ho messo un anno a dire ai miei che ero fidanzata con Grace. Loro – riprende Delia – l’avevano già cono-sciuta perché spesso veniva a casa mia, a Bre-scia, così come tante volte ero io ad andare a Torino da lei, ma erano convinti che fosse solo un’amica. Credo, però, che mia madre l’avesse capito: erano tante le volte in cui, dal nulla, mi ripeteva che a lei ‘potevo dire tutto, che sarebbe sempre e comunque stata al mio fianco’. E un giorno, quindi, le ho lasciato un bigliettino...”.

Per comprendere i sentimenti di diversa na-tura di cui parla questa storia bisogna met-tersi al pari di un bambino. Perché i bambini non hanno pregiudizi, siccome la loro mente è ancora ‘pura’. “Sì, spiegare ai nostri bimbi la nostra storia d’amore è stato più semplice di quanto pensassimo. Loro non hanno tabù e la loro ingenuità non li porta a giudicare, piuttosto a incuriosirsi, com’è giusto che sia. È la mente adulta che, ormai, è infarcita di preconcetti e chiusure”.

Parlano dei ‘nostri’ bimbi perché la loro re-lazione è iniziata quando i bambini erano ancora piccoli e sono cresciuti con loro e le chiamano ‘mamma uno’ e ‘mamma due’. “O più semplicemente ‘mamma’. In quel mo-mento sappiamo perfettamente di chi hanno bisogno”. Loro sono Delia e Grace e questa è la loro storia d’amore: non solamente quella che hanno costruito insieme ma anche quella che hanno dovuto instaurare con loro stesse, prima di trovare una vicendevole felicità.Delia Giambuzzi, 30 anni, è di origini bre-sciane. Grace Castaneda, 34 anni, è delle Fi-lippine ma vive in Italia da quando ne aveva 17. Hanno entrambe un passato molto simi-le, fatto di rinunce e costrizioni: “Abbiamo obbligato noi stesse a non esprimere ciò che sentivamo di essere. Per tanto tempo”.

Quando Grace arriva in Italia, incontra poco dopo l’uomo che sarà il suo compagno per molti anni e dal quale avrà due figli. “Non ero felice. Sentivo di star vivendo una vita non mia, una vita in cui non ero protagonista. Fino a un certo punto ho saputo fingere an-che con me stessa: questo perché – racconta

Grace – temevo che le persone non mi avreb-bero capito. Mi avrebbero risposto con i soliti modi convenzionali: hai un lavoro, un com-pagno, dei figli, cosa ti manca? Quello che mi mancava era la mia stessa persona. I bambini erano ancora molto piccoli quando ho deciso che fare finta di nulla non era la soluzione. A quel punto ho detto al mio compagno che non volevo più stare con lui: ‘perché mi piac-ciono le donne. Sono lesbica’ senza troppi giri di parole. Inizialmente abbiamo vissuto come i classici ‘separati in casa’ ma è durato poco perché non era facile, per nessuno dei due, vivere il distacco. Anche decidere di tornare a casa da mia madre non è stato semplice: fu proprio il mio compagno a dirle la motivazio-ne per cui ci eravamo lasciati e lei fece molta fatica ad accettarlo. Veniamo da una cultura, quella filippina, che non è ancora così aperta e pronta come quella occidentale. Gli omo-sessuali vengono tollerati, certo, ma sempre guardati come quelli ‘diversi’, persone ‘di serie B’. A quel punto decisi di sparire per qualche giorno, appoggiandomi a qualche amica che nel frattempo avevo conosciuto su un Forum online: una vera e propria comunità di donne lesbiche, riunite per conoscersi, fare amici-zia, darsi conforto e nella quale sentirsi meno sole. È proprio grazie al Forum che ho cono-sciuto Delia”.

“Settembre 2011 – interviene Delia -, era set-tembre 2011 quando ci siamo conosciute. Grace aveva organizzato il suo compleanno, al quale io avevo deciso di partecipare: era la prima volta che ci incontravamo di persona, dopo esserci sentite qualche rara volta attra-verso il Forum. Il nostro è stato un colpo di fulmine: io, attraverso lei, ho finalmente ri-trovato me stessa. Prima di Grace avevo avu-to diverse storie, sia con uomini sia con don-ne, non avevo ben chiara la mia strada e ci fu un periodo in cui raggiunsi l’apice del mio malessere. Ero fidanzata con un ragazzo ma non ero felice. Per stare bene con lui dovevo, ogni volta, ubriacarmi. Ogni sera. Tra alcol e cibo ci è mancato poco che non raggiungessi i cento chili. Non è per niente facile esprimere se stesse quando hai paura dei giudizi e quan-do, probabilmente, sei talmente offuscata dai tuoi timori che nemmeno tu sai chi sei e che cosa vuoi. Cercavo continuamente il mio po-sto nel mondo, anche a livello geografico: ho

studiato all’estero e girato diverse città. Ma è un continuo vagabondare finché non accetti che non esiste luogo in cui star bene se non esci dalla gabbia dorata che tu stessa ti sei co-struita e nella quale con forza ti sei rinchiusa”.

Quando si sono fidanzate, sei anni fa, hanno voluto che i bambini di Grace conoscessero subito la situazione sentimentale della mam-ma: “Non abbiamo mai detto loro menzogne, non abbiamo mai nascosto loro la verità. Ini-zialmente avevamo paura di come avrebbe-ro affrontato la cosa e invece è andata bene: i bambini sono puri, non hanno pregiudizi, non sono ancora stati intaccati da preconcetti culturali” ripete Grace. Anche Delia, quando parla dei due bimbi (che ora hanno 12 e 10 anni), racconta i loro come ‘i miei figli’: “Per-ché sono di chi li cresce, non solamente di chi li fa: io, amando Grace, amo anche queste due piccole creature, alle quali cerco quotidiana-mente di dare insegnamenti e valori morali. Li seguo nelle loro attività, gioco con loro e, insieme alla mia compagna, li curo se hanno la febbre. Cosa mi differenzia da una mamma biologica, dunque? Perché non dovrei consi-derarli i miei figli?”“Non è così semplice per tutte le coppie, però. Specialmente – sottolinea Grace – per quel-le che si trovano a gestire figli grandi, magari adolescenti. Noi siamo state fortunate, forse abbiamo trovato anche il giusto modo per vi-vere la situazione. Abbiamo partecipato qual-che volta a un gruppo di auto mutuo aiuto, a Torino, ma non ne abbiamo più sentito la necessità perché con i nostri figli non abbia-mo problemi. Ma sono gruppi che servono perché aiutano a sentirsi meno soli: ci sono tanti genitori omosessuali, sia uomini sia donne, che soffrono la solitudine. Sapere che c’è qualcuno che ti può capire è utile a non sprofondare nella propria angoscia”.

Delia e Grace hanno deciso, fin da subito, di vivere insieme, con i due bimbi, a Torino. Lo scorso anno, il 16 giugno 2017, si sono sposa-te: “C’è solo un’ultima cosa da dire: è l’amore, in senso generico, l’amore tra gli esseri uma-ni, a salvarci”.

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Così diverse eppure, proprio per questo, così complementari. Una relazione che, inizialmen-te, appariva così complicata: proprio per que-sto, però, così forte. Sono Marilisa e Francesca le protagoniste della storia che, si può dire, vede il suo lieto fine ogni giorno. E che, ogni giorno, vede anche il suo lieto inizio. Perché da quando si sono conosciute, cinque anni fa, non hanno mai smesso di lottare – contro tutto e contro tutti – pur di restare insieme: e l’amore, come sempre, ha trionfato.Quella di Marilisa Prandelli e Francesca Con-giu sembra essere una storia che traccia per-fettamente il percorso che fa il destino, quando quest’ultimo decide che due persone sono fatte per stare insieme. Due vite distanti, complice anche una differenza di età di undici anni, che trovano però il modo di intrecciarsi: è una pro-fessoressa, che a distanza di dieci anni dall’aver conosciuto Marilisa si ritrova come alunna an-che Francesca, le mette in contatto. Perché in quel periodo Francesca aveva bisogno di “una spalla”, di una persona amica che potesse aiu-tarla a superare il forte momento di difficoltà che stava vivendo e quell’insegnante ha pensato che Marilisa potesse, in qualche modo, aiutarla.Ne nasce immediatamente una forte amicizia: le lunghe chiacchierate, le confidenze che na-scono spontanee grazie a una fiducia reciproca che si manifesta fin da subito. Una complicità che solo tra chi è così caratterialmente diverso può fiorire: Marilisa, così riservata e introversa, trova in Francesca la parte che le manca, quella del romanticismo, dell’espansività. È una mi-scela di caratteristiche personali esplosiva, che crea una completezza di connotati capaci di nu-trirsi uno con l’altro.Inizia così la favola di Marilisa e Francesca: da un’amicizia che aveva l’obiettivo di sorreggersi a vicenda, di trovare la luce in quel buio che a volte capita che ti avvolga. Francesca trova nel-la sua amica il sostegno adatto a reggere una quotidianità di difficoltà, causate dalle difficoltà esterne di accettare la sua omosessualità, il suo stile di vita; Marilisa trova, nell’altra, uno spec-chio in cui riflettersi e capire meglio la sua stes-sa vita, in cui guardarsi e chiedersi se effettiva-mente la sua realtà la soddisfa, la rende felice.Fino a quel giorno, dopo mesi di puro affetto scambiato, in cui un abbraccio spontaneo parla da sé: «Era la prima volta che Marilisa, sempre

Sono giovanissimi: 16 e 18 anni. Ivan e Alessan-dro, di Biella, sono uno il primo amore dell’al-tro. E, per la più romantica delle visioni, dicono: «Speriamo di essere anche l’ultimo. O meglio: l’unico».I due ragazzi frequentano lo stesso Liceo, dove si sono conosciuti l’anno scorso: è bastato uno sguardo durante un corso extra orario scolasti-co, dedicato alla scultura, per far sì che si di-cessero tutto senza dover dire nulla: «Ho capito immediatamente che Alessandro poteva essere una persona interessante. Inizialmente mi colpì fisicamente – racconta Ivan – poi mi ha attirato il suo modo di lavorare alla scultura e, soprat-tutto, il suo modo di parlare, di esprimersi. Non mi sono mai sentito a mio agio con i miei coe-tanei, perché mi ritrovo spesso a confrontarmi con ragazzi che non hanno voglia di vedere la vita in maniera più profonda; Alessandro, inve-ce, mi ha mostrato da subito di essere una per-sona capace di andare oltre, di guardare insie-me a me verso prospettive più lunghe».Per Ivan, quello con Alessandro è stato anche il suo primo bacio: «Ma lo sa solo lui. Ho mentito, in passato, sulle mie esperienze: mi sono sem-

così trattenuta, si lasciava andare e mi mostrava la sua parte disinvolta. Ed era la prima volta che io, in genere così spigliata, mi sentivo improv-visamente rigida – racconta Francesca -, sinto-mo che dentro di me qualcosa era cambiato. Mi lasciai andare al suo abbraccio, abbandonata al momento: mi sentii semplicemente a casa. Mi sentii nel posto giusto, al momento giusto, come mai era capitato prima di allora. E, devo dire, è la stessa sensazione che provo ancora oggi, ogni volta che Marilisa mi abbraccia».L’amore ci rende nudi, di fronte alla realtà: ci fa tornare allo stato originario di noi stessi, ci av-vicina alle parti della nostra personalità che in genere nascondiamo dietro le maschere sociali che ci sentiamo obbligati a portare. L’amore ci dà l’opportunità di toglierli, questi pesanti tra-vestimenti, e regalarci finalmente nuovi polmo-ni con cui respirare a pieno il profumo di una nuova esistenza basata sul più tangibile con-cetto di libertà. Quello di essere semplicemente autentici.«Ho vissuto sempre, fino a quando non ho in-contrato Marilisa, nascondendo in qualche modo la mia vera identità perché non mi sen-tivo accettata nel microcosmo in cui ero inseri-ta. Non è facile trovare la motivazione che ti dia il coraggio di capire che non ti deve importare del giudizio delle persone, chiunque esse siano. L’unica cosa che conta è sentirsi felici e l’unico modo per esserlo è rimanere fedeli a se stessi. Marilisa è stata la mia motivazione, quella che mi ha dato il coraggio di uscire dal mio guscio e iniziare, finalmente, a vivere. E a smettere di sopravvivere».

pre vergognato di dire che non avevo ancora trovato nessuno con cui condividere così spon-taneamente la mia fisicità. Alessandro, invece, aveva una storia quando ci siamo conosciuti: era fidanzato con una ragazza, con la quale però non era felice. E, forse, nemmeno lei...».A scuola è difficile vivere liberamente la loro storia d’amore. Così come lo è al di fuori dell’e-dificio scolastico, in realtà: «In Istituto credo abbiano capito che sia io sia Alessandro siamo gay, anche se nessuno ha mai avuto il coraggio di chiedermelo esplicitamente. Non mi dareb-be fastidio, anzi – spiega Ivan -: il non chieder-mi come mai non ho una fidanzata o evitare di fare battute sulle ragazze quando ci sono io è peggio. Mi fa sentire come quando si evita ap-positamente di guardare un disabile, fingendo normalità e invece si mostra solo rigidità e inca-pacità di apertura al mondo. In ogni caso, non è un problema “nascondere” la nostra relazione a scuola: anche le coppie eterosessuali, nate tra i nostri compagni, non si mostrano palesemente. È solo una questione di rispetto per l’ambiente scolastico e per i professori, che comunque ci chiedono un certo comportamento. Credo sia

Anche Francesca è stata un punto di svolta per Marilisa: quest’ultima, infatti, ha trovato nella fidanzata la forza per superare i suoi tratti ca-ratteriali pur di renderla felice. Prova ne è sta-ta la proposta di matrimonio che Marilisa ha preparato a Francesca: «Innanzitutto, Marilisa è quella persona che avrebbe giurato che non si sarebbe mai sposata. Poi, tenendo conto del fatto che non è caratterialmente romantica, mi aspettavo al massimo un mazzo di fiori – rac-conta Francesca emozionata – e invece mi ha chiesto di sposarla con un anello. Non solo: è riuscita a superare la sua timidezza, la sua ri-servatezza, facendomi la proposta di matrimo-nio davanti a numerose persone. Penso sia una delle più grandi prove d’amore che si possano mettere in atto: superare le proprie barriere pur di regalare gioia a chi amiamo. Non esiste dono più grande, non esiste un modo diverso per di-mostrare che, quello che si prova, è l’amore più vero che ci sia».Marilisa e Francesca si sposeranno mercoledì 23 maggio, a Castelnovo; a celebrare il matri-monio sarà la loro amica Giulia Bodo: «Non potevamo scegliere un’altra persona. Giulia è energica, passionale, empatica... immensa. È l’esatta rappresentazione di chi, in quel ruolo, deve rappresentare solo ed esclusivamente una cosa: l’amore più autentico».

anche giusto. Mi pesa, invece, sentirmi osser-vato per la città se cammino mano nella mano con Alessandro: a volte, quando abbiamo voglia di libertà, prendiamo il treno e andiamo a To-rino o a Milano, dove ci si confonde meglio tra le persone e sei solamente uno dei tanti e non il “diverso” dietro al quale nascondere risatine e gomitate. Soprattutto perché né io né Ales-sandro siamo “diversi”: la nostra omosessualità è semplicemente parte integrante della nostra personalità. Così come si è “normali” sia se si è introversi sia se si è estroversi, non dovreb-be esserci differenza tra etero e gay. Io e Ales-sandro ci diciamo sempre una cosa – conclude Ivan -: siamo fortunati ad essere giovani, per-ché abbiamo speranza nel futuro e siamo certi che non manchi molto a una pacifica rivoluzio-ne che darà alle persone un nuovo modo di ve-dere le cose».

di Sabrina Falanga

di Sabrina Falanga

L’amore autentico, quello che ti libera da maschere e catene

Ivan e Alessandro, il primo bacio e quella promessa di “per sempre”

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Attualità

PoliticaCi eravamo permessi di anticipare la scorsa settimana di non considerare le parole sot-tese alle intenzioni di Matteo Salvini e Luigi Di Maio riguardo ad un possibile accordo di Governo. Siamo tuttavia, malgrado gli sviluppi, a no-stro agio. Le parole si sono moltiplicate, gli incontri tra i due leader anche, le dichia-razioni sempre più ottimiste, ma il Gover-no in effetti ancora non c’è. Si chiede altro tempo, ancora un pochino di tempo, un po’ come da bambini, quando la mamma ci diceva che era ora di andare a letto ma “no! Ancora cinque minuti, dai!”. Alla fine comunque a letto si andava, cinque minuti prima o cinque minuti dopo. L’impressione è un po’ questa: giorno dopo giorno il contratto di Governo fa dei passi avanti, l’ottimismo cresce, ma pare sempre che il voto sia l’unica prospettiva verosi-mile. Di traverso infatti, oltre al tempo, ci sono diversi fattori. L’Europa pronostica

Uno dei grandi problemi delle società multietniche è la formazione di quartieri ad alta densità di popolazioni immigrate, quelli che normalmente vengono defini-ti quartieri-ghetto o banlieues, alla fran-cese. Da quartieri come quello di Mo-leenbek a Bruxelles sono partiti alcuni degli attentatori che hanno colpito in Eu-ropa, altri sono stati intercettati a Saint Denis, sobborgo a Nord di Parigi. Politici e opinionisti hanno individuato un lega-me tra multiculturalismo, formazione di comunità immigrate chiuse e separate dal resto della società, radicalizzazione, violenza terrorista. L’addensamento di minoranze di origine immigrata in quartieri popolari, solita-mente ma non necessariamente periferi-ci, sempre però di bassa qualità costrut-tiva, deriva in gran parte da politiche pubbliche benintenzionate. In anni di sviluppo economico tumultuoso e di con-seguente afflusso di lavoratori nazionali e stranieri, i governi di diversi paesi eu-ropei hanno finanziato la realizzazione di un parco di edilizia sociale destinato ad accoglierli, in quartieri di nuova costru-zione ben distinti dalle zone residenzia-li di pregio. Solitamente la dotazione di servizi è rimasta al di sotto delle necessi-tà, ma non si è sviluppato nessun parti-colare progetto di tipo multiculturalista, ossia teso a promuovere istituzioni au-tonome delle minoranze immigrate. Più semplicemente, gli abitanti dei quartieri popolari sono stati abbandonati a se stes-si. I più brillanti e fortunati, soprattutto tra i nazionali, con il tempo sono riusci-ti a migliorare le loro condizioni e sono andati a vivere altrove. I più deboli sono rimasti lì. Con il tempo le fabbriche han-no chiuso, molti abitanti si sono ritrovati disoccupati di lunga durata e dipendenti dai sussidi pubblici, gli edifici e i servizi si sono degradati. Altre famiglie povere sono arrivate, perlopiù immigrate. I figli,

scenari apocalittici sulla nascita di un Go-verno Lega-M5S, Silvio Berlusconi, appe-na riabilitato, tornerebbe a votare domani mattina, Giorgia Meloni è offesa, il PD ha crisi esistenziali e Mattarella ha le scatole piene, probabilmente pensa ad un trasloco in Germania. Venendo al contratto in via di stesura poi, pare sempre più complesso mettere insieme due anime che di simile hanno pressoché solo la spinta populista. Si parla di giusti-zia, tema caro a Berlusconi, ma la direzio-ne verso cui se ne parla sembra opposta al leader di Forza Italia. Si parla di deficit, e di mirabolanti future richieste al vertice della BCE Draghi di eliminare centinaia di miliardi di euro di deficit, magia alquanto oscura ci vien da pensare. Si parla di carce-re per gli evasori e questa è davvero curiosa: il presupposto di questa pensata è che colo-ro che non hanno rispetto per lo Stato ven-gano dallo Stato rinchiusi per anni, così da

benché diventati cittadini, spesso non sono riusciti a trovare una strada, né nel sistema educativo, né nel mercato del la-voro. I nazionali di solito imputano il vi-sibile degrado dei quartieri alla crescente presenza di abitanti di origine immigra-ta, ma il rapporto causale è ancora una volta più complesso: il declino economi-co ed edilizio svuota i palazzi e fa scen-dere i prezzi, così le popolazioni a basso reddito e quelle seguite dai servizi sociali trovano casa proprio lì. In altri termini, il declino precede solitamente l’arrivo de-gli immigrati e lo favorisce. La concen-trazione di popolazioni di origine immi-grata non è la causa, ma la conseguenza della perdita di attrattiva di un quartiere.Ora, per una parte di questi immigrati poveri ed esclusi dal sistema occupazio-nale, l’identità culturale e religiosa rima-ne l’unica risorsa accessibile. Possono rivendicarla, sentirsene orgogliosi, adot-tarla come spiegazione del loro confina-mento ai margini della società. Questo avviene soprattutto quando gli immigrati sono degli estranei dal punto di vista reli-gioso, e nessuna religione è sentita come più estranea all’Occidente dell’Islam. La diversità religiosa potenzia la contrappo-sizione noi/ loro. Accanto a forme di islamismo moderato, impegnato in attività educative e nel so-stegno ai bisognosi, predicatori radicali, a volte incendiari, spesso non ricono-sciuti, trovano in queste periferie socia-

li un terreno favorevole per conquistare seguaci. Da qui al terrorismo c’è ancora una notevole distanza, e infatti il travaso dalla militanza islamica radicale alla lotta violenta è tuttora molto minoritario. Ma altri fenomeni, come le periodiche rivol-te urbane, trovano in questi processi una base sociale e culturale che li alimenta. La chiusura sociale non è comunque sol-tanto un problema di certi quartieri ad alta concentrazione di popolazioni im-migrate: le ricerche sul tema rivelano che ancora più chiusi sono i circoli delle éli-tes economiche e sociali. Queste hanno rafforzato l’autosegregazione residenzia-le, in certi casi chiudendosi all’interno di gated communities, di sobborghi recin-tati e sorvegliati giorno e notte da guar-die armate. Frequentano quasi soltanto persone degli stessi ambienti altolocati, si sposano fra loro, s’incrociano profes-sionalmente in aziende e consigli di am-ministrazione. Anche le ricerche sul “multiculturali-smo quotidiano” dei quartieri multietni-ci individuano una maggiore resistenza all’incontro e alla mescolanza da parte delle classi più abbienti native che da parte degli immigrati di modeste condi-zioni sociali.

imparare a rispettare lo Stato stesso; un po’ come se dovessimo insegnare ad un bam-bino il rispetto per gli adulti mancandogli di rispetto. Infine l’ultima grande proposta: uscire dall’euro. Inutile ragionare sulle con-seguenze nel prendere con leggerezza que-sta decisione, soprattutto si ci immaginia-mo il Premier terzo, politico e decisionista che un giorno esce dall’euro, inventa una nuova moneta tutta italiana, e il giorno suc-cessivo si reca con decisione alla BCE per chiedere a Draghi di risparmiare centinaia di miliardi di non si sa più quale moneta. O forse, chissà, si pensa di chiedere prima la cancellazione del debito e poi dae l’addio all’eurozona? Quanta fretta, ma dove corri?

di Federico Bodo

di Maurizio Ambrosini

Lega e Cinque Stelle si parla di intesa, ma il Governo manca ancora

Quartieri ghetto: quando le istituzioni non fanno nulla

“Siamo tolleranti e civili, noi italiani, nei confronti di tutti i diversi. Neri, rossi, gialli. Specie quando si trovano lontano, a distan-za telescopica da noi”. La citazione di Indro Montanelli è la più esaustiva per descrivere l’attuale panorama Politico e Culturale del Bel Paese. “Uno Stato in cui la classe dirigente ha smesso di parlare nelle piazze, usando i mi-granti come moneta di scambio per ottenere il voto anziché discutere di Welfare e Occu-pazione”, sottolinea Islao Patriarca, presiden-te della Cooperativa Versoprobo che dell’ac-coglienza ha fatto il proprio core business. “La nostra è una realtà giovane che impiega oltre 300 soci lavoratori la maggior parte dei quali under 35 – prosegue il vercellese – Pro-fessionisti laureati in Legge, Economia, Psi-cologia, Scienze Infermieristiche e non solo. Versoprobo è nata nel 2009 per mano del sottoscritto, di Mattia Beccari (oggi afferma-to musicista all’estero) e di Jacopo Vetrò (tut-ti provenienti dal campo socio-assistenziale)

e, dal 2015, si occupa di migranti attraver-so i Cas, Centri di Accoglienza Straordina-ria”. Oggi la Cooperativa conta 29 strutture tra Piemonte e Veneto e gestisce oltre 1100 migranti. Un lavoro incompreso in Italia a causa spesso di una cattiva informazione e di uno scarso contesto culturale circostan-te: “Alle persone non piace ciò che facciamo – rivela ancora il 31enne – siamo vittime di razzismo al contrario. Eppure, l’accoglienza da’ lavoro e fa crescere il Pil del Paese oltre ad offrire una qualità della vita migliore per gli ospiti. Non dimentichiamoci che gli stranieri integrati che lavorano in Italia rappresentano il 5% della popolazione e non stiamo parlan-do dei richiedenti asilo”. Patriarca ci tiene a smentire alcuni stereotipi su questo mondo che imperversa sulle prime pagine dei quo-tidiani solo al negativo: “Si domanda che i richiedenti asilo vengano gestiti dal Pubbli-co, ma l’ipotesi non è fattibile – afferma il vercellese – Soprattutto in termini di costi; noi partecipiamo a bandi e gare e spesso si gioca al ribasso da parte dello Stato. I famosi 35 euro ci servono per le spese di gestione ordinarie delle strutture, canoni di locazio-ne, pulizia, Tari e via discorrendo e non sono neppure sufficienti a coprire il nostro fabbi-

sogno. Inoltre, siccome lo Stato paga a sei - sette mesi, siamo altresì costretti a fare ricor-so al credito con tutte le conseguenze che ne derivano – dice ancora il 31enne - La gente pensa che il male dell’Italia sia l’immigrazio-ne quando in realtà gli sbarchi sono notevol-

mente diminuiti (se non cessati) negli ultimi mesi (si parla del 2% dall’inizio dell’anno ri-spetto al passato), ma la ricchezza non è au-mentata. Il diverso non è nemico o ostile; le comunità che hanno la fortuna di avere un Cas si sentono più sicure grazie alla presenza dei ragazzi che sono sempre ottimamente in-tegrati. La nostra cooperativa è tra le prime

dieci in Italia per servizi offerti e la prima in Piemonte ad avere una struttura per minori stranieri non accompagnati”. Punto di forza di Versoprobo è proprio la gestione in stile college dei Cas: “All’interno di essi i ragazzi studiano, fanno sport ed attività di labora-

torio – spiega Patriarca – Non vengono mai lasciati da soli in quanto monitorati h24. E poi vengono impiegati in attività di pubbli-ca utilità grazie agli accordi che da sempre sigliamo tra Prefettura e Comuni; facciamo spesso incontri tra il tessuto sociale abitativo in cui sorgono i Cas e i richiedenti asilo: la conoscenza reciproca è l’unica arma per ab-battere il pregiudizio”. Patriarca pone poi l’ac-cento su quella che risulta essere la vera piaga in termini d’accoglienza per l’Italia: il dopo Cas. “I ragazzi possono fermarsi nelle strut-ture per uno, tre anni al massimo – spiega il presidente della Cooperativa – Poi subentra lo Sprar. Manca un legame però con il mon-do del lavoro. Questi ragazzi hanno tutti tra i 16 e i 25 anni e quando “escono” vengono lasciati completamente al loro destino. Non si tratta di lavoratori qualificati quindi non è vero che rubano il lavoro agli italiani; senza Leggi ed accordi non fanno altro che anda-re ad incrementare il mercato nero”. Infine non manca una stoccata al Governo appena passato: “L’accordo sottoscritto tra Gentiloni e Minniti in termini di migranti ha poco a che fare con il sentimento umano specie se pensiamo all’attività italiana in Libia dove la gente muore in prigione – conclude il vercel-lese – Mi auguro che presto qualcuno se ne accorga e che la situazione possa cambiare. Noi siamo fiduciosi sul futuro, facciamo un lavoro che ci rende orgogliosi e siamo part-ner delle istituzioni: abbiamo dato, e stiamo continuando a dare, un contributo impor-

tante sia in termine economici che di solida-rietà”.

Attualità

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Versoprobo: l’esempio virtuoso dell’accoglienza che dà lavoro a trecento persone

di Michela Trada

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AttualitàIl presidente Patriarca: “La Politica deve scendere nelle piazza per combattere l’odio”

Un presidente giovane e dinamico per una co-operativa giovane e dinamica. Islao Patriarca, vercellese classe 1987, ha fatto dell’accoglienza la sua missione di vita: “Ho aperto la coopera-tiva Versoprobo nel 2009 assieme a due amici, Mattia Beccari e Jacopo Vetrò – spiega il 31enne – Ci occupavamo della gestione di gruppi ap-partamento per malati psichiatrici. Dal 2015 il nostro core business è l’accoglienza dei richie-denti asilo, perlopiù ragazzi tra i 16 ed i 25 anni di nazionalità asiatica e africana”. Diviso tra un campo da calcio e una macchina fotografica, Patriarca è laureato in Scienze Aziendali con indirizzo Management e Organizzazioni: “Ho sempre amato il sociale fin dai tempi delle supe-riori – spiega il vercellese- Ho comunque scel-to di iscrivermi anche alla Facoltà di Filosofia del Piemonte Orientale per passione personale; sono altresì membro del Comitato Scientifico dell’Università Statale di Milano per la ricerca dei fenomeni legati ai processi migratori”. La Politica la sua grande passione: “Mi piacereb-be che la Sinistra Italiana uscisse dai salotti per tornare nelle piazze – chiosa il 31enne – Anche così si combatte l’odio e la paura del futuro”.

di Michela Trada

Clicca qui per vedere il video

“About - pensieri di italiani a proposito di migrazioni

ed accoglienza”

Versoprobo, cooperativa sociale operante nel settore dell’accoglienza di cittadini stranieri richiedenti asilo politico e protezione internazionale,

è sempre alla ricerca di figure professionali quali educatori, infermieri, operatori sociali, psicologi e mediatori culturali!

Se vuoi entrare a far parte del nostro staff invia il tuo curriculum [email protected] all’indirizzo

e visita il sito www.versoprobo.it

Onlus

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Recensione

Tagliatelle gialle profumate al limone

Ingredienti per 4 persone:

350 gr di tagliatelle all’uovo

4 fette di salmone affumicato

100 gr di formaggio tipo stracchino

Due manciate di rucola

Un cucchiaino da the di curcuma

Mezzo limone

Sale, pepe, olio Evo qb

Rubrica

In parrocchia una serata per abbattere i pregiudiziQuanto può far male il pregiudizio?E quanto può infierire nelle relazioni sociali?Tanto, purtroppo.Lo sanno bene i ragazzi ospiti del Centro d’Ac-coglienza di Via Ferrini a Samarate, lo staff Versoprobo che con loro ne vive i disagi e la Parrocchia di San Macario che offre sempre preziosi momenti di collaborazione, integrazio-ne e incontro.Il 10 maggio, proprio nella sede parrocchiale, ha avuto luogo una “serata interculturale” in cui alcuni ragazzi del Centro hanno parlato dei loro Paesi d’origine e di quello che del loro Pae-se, ormai così lontano, continua a rimanere nel cuore.È molto povero il Congo di Malcolm, l’artista del gruppo, benché sia ricco in preziosi minera-li tra cui il Coltan, il prezioso componente fon-damentale per i chip di qualsiasi apparecchio elettronico, la cui estrazione è sotto il controllo dei signori della guerra (“la maledizione della ricchezza”, come la chiama il funzionario ONU Maurizio Giuliano). Ma il suo Congo era ricco soprattutto di musica, quel costante sottofondo di rumba congolese che lui era solito ascoltare, cantare e ballare. In Italia non c’è. Malcolm sa benissimo quanto pesa il pregiudizio e giovedì sera ha espresso davanti a tutta la platea la sua incomprensione verso la gente che, pur di non incrociarlo lungo il percorso, cambia strada. Era nostalgico Charifou, il cuoco del gruppo, che parlando del suo piccolo Togo ha riportato tutti nella magica dimensione delle vacanze che un tempo riunivano tutta la famiglia al chiaro di luna a raccontare storie, quella stessa fami-glia che adesso combatte ogni giorno per difen-dere la propria casa. Precisa e puntuale è stata la descrizione di Justice della Nigeria, della sua Nigeria piena di problemi ma anche di abitudi-

ni e piatti tipici così diversi dagli italiani. Anche il sorridente Don Agostino, parroco nigeriano che ha fortemente voluto questo incontro, ha deliziato tutti con una presentazione in power point molto dettagliata con tutti gli aspetti del suo Paese, non la patria di ladri e stupratori, ma un grande Paese in cui di vitale importanza è il rispetto verso le persone maggiori (ci si pro-stra per terra per salutarle). Toccante il racconto di Youssou, che nel parlare del suo Senegal racconta di suo figlio Ibrahim che non vede da 4 anni ma a cui ogni sera, al telefono, regala qualche pillola di vita italiana e gli ricorda che “in Italia si dice CIAO”.Agli occhi di suo figlio l’Italia deve sembrare un Bravo Bel Paese che permette al suo papà di costruire un buon terreno su cui potersi un giorno ricongiungere per vivere, finalmente, fe-lici e contenti. Chi avrebbe mai il coraggio di raccontare a Ibrahim che al suo forte papà toc-cano quotidianamente pesanti umiliazioni solo perché è stato costretto a scappare su una terra straniera?Proprio ai poveri bambini rimasti in Patria sono andati i pensieri di Alpha e Younoussa, che nel parlare della loro Guinea Conakry, hanno rac-contato quanto le ricchezze del sottosuolo non bastino per mettere fine a famiglie sofferenti.Nessuno di loro aveva mai pensato di arrivare in Italia, amano troppo i loro Paesi per poter decidere razionalmente di abbandonarli. La povertà e il senso di responsabilità li ha por-tati laddove c’era il lavoro promesso, in Libia, ma una volta arrivati lì anche quella promes-sa ha preso le sembianze di una delusione: in Libia la tratta dei neri è ancora attuale e loro, una volta arrivati lì, non possono più tornare indietro.Il barcone, lo stesso barcone discusso ai tavo-

lini aristocratici, è per loro l’unica speranza di vita possibile in un momento in cui non ricor-dano neppure cosa significhi ancora, vita.Dopo tanto vagare, arrivano in Italia e purtrop-po nella maggior parte dei casi per loro le diffi-coltà non sono ancora terminate e la normalità è ancora un lusso da sognare.La serata interculturale di giovedì sera forse è riuscita a far luce su alcuni punti oscuri dell’im-migrazione o almeno ha dato voce a chi dell’im-migrazione ne sa più di altri.Forse la cittadinanza ha bisogno di tempo per capire quanto potrebbe essere migliore una convivenza multicolore e utile conoscere nuove culture. Di certo dopo quella serata più di qual-cuno sarà tornato a casa sperando in una Italia come quella immaginata da Ibrahim, una favo-la in cui tanti sono i cattivi ma in cui gli eroi, quelli buoni, trionfano.

di Antonella Lenge

di Chiara Bellardone

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Mettiamo le tagliatelle a bollire in abbondante ac-qua salata. Intanto fac-ciamo saltare in padella il salmone tagliato in piccoli pezzi sfumandolo col succo di mezzo limone e con un mestolo d’acqua di cottura della pasta (fig.1-2). Tritia-mo e aggiungiamo in padel-la la rucola e lo stracchino (fig.3-4). Scoliamo la pasta conservando due mestoli di acqua di cottura. Uniamo in padella al condimento le tagliatelle, un cucchiaino di curcuma e l’acqua di cot-tura (fig.5-6). Mantechia-mo a fiamma viva finché la pasta non si sarà asciugata (fig.7). Aggiustiamo di sale e pepe, impiattiamo e ser-viamo (fig.8).

Rubrica

Dicono che al Centro e al Sud la gente parli in modo più volgare che al Nord. Ma chiara-mente questo è un pregiudizio. La volgarità può esistere a Trento come a Caltanissetta. Ma siccome proprio recentemente una per-sona che abita al Nord me l’ha detto, mi ha ispirato la rubrica di questa settimana. Per-ché significa che il pregiudizio, in Alta Italia, è resistente. Propriamente ereditato da chi si trasferiva al Nord per lavorare come operaio negli anni ‘60 e ‘70. Spesso persone di bassa cultura, certo non cresciute a caviale e buone maniere. Insomma, è un po’ quello che capi-ta oggi con i migranti: sono sporchi, porta-no le malattie, tutti delinquenti, ci rubano il lavoro. Alcuni, forse, la maggior parte vie-ne da dire perché chi lascia la sua terra lo fa perché è in condizioni disperate. E la dispe-razione non è certo il miglior lasciapassare per cercarsi con calma un’occupazione in un Paese straniero.Toccando con mano ciò che si dice al Cen-tro, posso smentire naturalmente che si parli più volgare che al Nord. In alcune zone, pro-babilmente, il modo di parlare è più rustico. Pure un romano ha delle espressioni lontane anni luce da un milanese. Ciò non vuol dire che ‘pirla’ sia propriamente un vocabolo da educande. Forse, se proprio vogliamo trova-re un collegamento con l’affermazione dell’i-nizio del post, al Centro si parla più come si

mangia. Senza tanti giri di parole. Si va più velocemente e più dritti al punto, nel bene e nel male. Nel criticare e nell’apprezzare qual-cuno o qualcosa. Maggiore schiettezza? Sì, forse. E’ più difficile, qui, evitare la battuta sagace durante una conversazione. Al Nord, invece, ci si trincera meglio, si fa scudo più facilmente con la scusa della freddezza. Da una parte e dall’altra. Salvo poi tirarti per la giacchetta in separata sede.Al Centro si reagisce più a caldo. Magari si alza la voce, pure. Ma cinque minuti dopo i due ‘litiganti’ hanno fatto pace. Pure se si erano detti le peggiori cose. Difficile of-fendersi. Difficile adeguarsi, pure, a questo modo di fare per chi è permaloso o non era abituato. Perché lui scherza, ma tu lo pren-di sul serio. Lui pochi minuti dopo ti parla come se niente fosse, tu c’hai il muso lungo così. E nella testa ti girano le parole o paro-lacce che magari ti sei sentito urlare contro. Al Nord succede in casi limitati: nel traffi-co, per esempio. Lì viene fuori la vera natura umana. Lì il Nord si appiattisce, somiglian-do al Centro e al Sud. Restano le differenze, sostanziali, che riassumo con un esempio.La fila alle Poste. Al Nord si sbuffa, si guarda l’orologio, si borbotta. Al Centro si sbuffa, si inizia a parlare forte perché quello allo spor-tello senta bene. Arrivato il tuo turno, chi sta lavorando si sente pure apostrofare in malo

Benvenuti al CentroParla come mangi

di Alessandro Pignatelli

modo, e magari inizia uno scambio fitto fitto e a voce alta che non fa che rallentare nuova-mente la coda. Al Nord, arrivato il tuo turno, si fa quello che si deve fare e poi si sbuffa di nuovo. Perché, si sa, il tempo è denaro.

Rubrica

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Francesca è il nome che avrebbero voluto dargli, se fosse nata una femminuccia in quell’afosa giornata del 1979. Sua madre non aveva voluto sapere il sesso del picco-lo corpicino che portava in grembo fino al termine, convinta che comunque sarebbe stata una bellissima bambina. Quel pome-riggio, invece, nacque Marco, un nome di fantasia perché il protagonista di questa storia chiede di rispettare la sua privacy. Di non svelare l’identità di chi c’è dietro questa storia, che Marco ha deciso di rac-contare per spiegare la potenza dell’amore che muove le sue giornate: ma in segreto, perché è un amore di cui pochi, pochissimi sanno l’esistenza.

«Ci tengo a raccontare l’aneddoto che se-gna la mia nascita perché credo faccia sor-ridere l’idea che, quel giorno, la mia fami-glia si aspettasse l’arrivo di una femmina che di fatto sento di rappresentare. Non mi sono mai sentito un bambino, un ragazzo, un uomo. Penso – spiega Marco – di non poter dire nemmeno di sentirmi donna, anche se sarebbe la condizione che sceglie-rei se mi dessero la possibilità di nascere una seconda volta».

Marco cresce tra regali di compleanno che rimangono intatti e vestiti da ammira-re che, però, rimangono in vetrina: «Fin da piccolo mi regalavano automobiline, camioncini, supereroi. Ringraziavo mo-strando estrema felicità, forse avevo già imparato a fingere bene e nemmeno me ne rendevo conto, poi correvo a giocare per spostare l’attenzione dai giocattoli ricevuti in dono e una volta rimasto solo li ritira-vo negli armadi. Non era ingratitudine, la mia. E non ero nemmeno un bimbo vizia-to, anzi. Quello che non sopportavo – dice Marco – era l’idea che dovessero per for-za piacermi quei giochi solo perché ero un maschio. Precisiamo: non volevo bambole o cucine in miniatura. Mi piaceva creare e avrei preferito il pongo, accessori per il decoupage. I momenti migliori che vive-vo erano quelli passati con la mia nonna, quando mi mostrava come si lavorava a maglia con quei lunghi ferri, che io a volte utilizzavo come bacchetta magica deside-rando di trasformarmi, anche per un solo giorno, in quella Francesca che tutti aspet-tavano».

Marco, prima bambino e poi adolescente, mostra di avere una mente molto intro-spettiva, capace di concentrarsi per ore alla riflessione di significati più profondi del quotidiano, della vita concreta. Scrive po-esie, legge tanto. È, comunque, un ragaz-zino felice: «La mia famiglia mi ha amato tanto. Con mio padre, in particolar modo, avevo un rapporto meraviglioso prima che ci lasciasse qualche anno fa. Siamo origi-nari del sud Italia, siamo una famiglia nu-merosa e piena di affetti, con tutti i suoi di-fetti e le discussioni tipiche delle numerose

parentele, ma non ho mai subìto traumi, non ho rancori, non esistono nella mia vita relazioni di malessere. Ci tengo molto a sottolinearlo perché sento spesso dire che l’omosessualità, la bisessualità o la tran-sessualità sono figlie di abusi, di scompen-si sentimentali, di rapporti familiari mala-ti. Nulla di tutto questo. Sono cresciuto in un contesto normale, sereno: la sessualità è qualcosa che appartiene solo ed esclusi-vamente all’individuo e solamente in esso nasce e si sviluppa».

Mentre racconta il suo vissuto, Marco non fa menzione al suo orientamento sessuale. Non si ritiene omosessuale né eteroses-suale. Nemmeno bisessuale, «nonostante io sia sposato con una donna, con la quale ho tre figli, e abbia una relazione con un uomo da numerosi anni». Quest’ultima in-formazione arriva diretta dal discorso di Marco, con la naturalezza tipica di chi sta spiegando qualcosa di bello: «Capisco che possa sembrare strano, sbagliato. Com-prendo che dall’esterno venga percepito il “tradimento” (Marco chiede esplicita-mente le virgolette intorno a questo termi-ne) ma per me non lo è. Amo davvero en-trambe le persone: mia moglie, e insieme a lei i miei figli, e amo anche l’uomo con cui segretamente condivido parti della mia vita. Di lui mi ha fatto innamorare una fra-se che mi disse quando ci accorgemmo di amarci, nonostante io fossi già sposato. Mi disse che sarebbe rimasto con me indipen-dentemente dalla mia famiglia, che non gli interessava che io lasciassi mia moglie né che la nostra storia esistesse agli occhi del mondo: per noi la nostra relazione è esi-stente semplicemente perché è tale per noi due. Non abbiamo necessità di mostrarci, così come nemmeno io e mia moglie sen-tiamo l’impellente bisogno di far conosce-re la nostra storia all’universo sebbene sia, ovviamente, conclamata. È proprio questo che non sopporto, quando si tratta di temi sulla sessualità: il bisogno di fare “coming out”, come se si dovesse ammettere un di-fetto, un limite, una difficoltà. Come se si dovesse avvertire l’altro di una malattia che potrebbe contagiarlo».

Marco, però, non è ipocrita. E ammette, quindi, che «un’altra motivazione per cui ho deciso di non dire a nessuno che, oltre alla possibilità di innamorarmi di una don-na, esiste in me anche la possibilità di in-namorarmi di un uomo, è per preservare la mia famiglia dai pregiudizi. Non me stesso, ma le persone a cui tengo. Come dicevo, la mia famiglia è originaria del sud Italia ed è composta da persone con un’età risalente a generazioni che ancora faticano a com-prendere certi meccanismi sentimentali e umani. Non voglio soffrano a causa mia. Le persone amiche, sebbene siano poche, di cui so che posso fidarmi perché prive di pregiudizi e giudizi conoscono entrambe le parti della mia vita e non ne fanno scan-

dalo. Si rapportano a me in base a quello che sono io, per come vivo personalmente l’amicizia, per quello che do e per come mi spendo per l’altro. Non per la tipologia di persone con cui vado a letto. E in merito al tradimento – aggiunge Marco – sento di non tradire mia moglie semplicemente perché amo profondamente anche lei. Non potrei mai fare a meno di lei, la sposerei di nuovo e con lei avrei ancora i nostri figli, ai quali cerco di insegnare a essere stessi, a non farsi mettere delle etichette e a non metterle agli altri: le etichette si mettono sui barattoli, mica sulle persone. È come il quadro “Gli Amanti” di Magritte: ricono-sciamo chi è la donna e chi è l’uomo solo per come sono vestiti ma nessuno sa real-mente chi c’è sotto quei teli che coprono i volti: stiamo affidando il nostro pensiero

agli abiti che vediamo, quindi qualcosa di assolutamente materiale e superficiale. E se avessero fatto cambio per confondere? Ecco, le etichette sono esattamente que-sto, per me. E a volte siamo noi a metter-cele, proprio come una camicia. Perché non andare “mai contro cuore” significa esattamente questo: non giudicare mai se stessi, non essere mai quello che non si è e non vivere i propri sentimenti e le proprie emozioni solo perché le si ritengono sba-gliate. A volte pensiamo di fare o non fare determinate cose perché altrimenti gli altri le giudicherebbero ma gli altri, a volte, non si accorgono nemmeno di noi e sicuramen-te hanno ben altro da fare invece di stare a pensare alla nostra vita. La gente si diverte a giudicare a tempo perso, ma fondamen-talmente è menefreghista. Quindi, a volte, le paure che abbiamo derivano da giudi-zi che noi stessi inconsciamente ci diamo senza nemmeno rendercene conto. Non andare contro cuore significa – conclude Marco – darsi la possibilità di liberarsi da quel timore di essere giudicato dalla per-sona che ogni mattina vediamo allo spec-chio. E, finalmente, iniziare a vivere non solo con il corpo ma, appunto, anche con il cuore».

di Sabrina Falanga

Mai contro cuoreAmare due persone, un uomo e una donna, si può...

a cura di Sabrina Falanga

scrivete a [email protected]

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Rubrica

È inevitabile che il nostro cane, prima o poi, non rimanga in casa da solo per qual-che ora: che sia in giardino o che sia in ap-partamento, è importante comunque che il quattro zampe abbia un’educazione tale che gli permetta di vivere la “solitudine” con rispetto dell’ambiente che lo circon-da. Ed evitare, così, sia danni agli oggetti e agli arredamenti casalinghi sia che si pro-vochi del male.Il primo consiglio, innanzitutto, è quel-lo di limitare il più possibile il numero di ore in cui il cane rimarrà da solo: sarebbe bene coordinarsi con qualche familiare o amico che possa, per lo meno, far visita al cane durante il tempo in cui è da solo, an-che per una breve passeggiata. O, in alter-nativa, affidarsi alle cure di un dog sitter. Per quelle giornate, invece, che si rivelano più lunghe e si ha quindi difficoltà a capi-re come gestire il proprio quattro zampe dal mattino alla sera, c’è il servizio “asilo” dell’Oasi della Luna Rossa: gli educatori della struttura offrono anche la possibilità di trasportare il cane all’asilo e riportarlo a casa, la sera, dopo una giornata passata insieme ad altri amici pelosi e a educatori che ne seguono il gioco, il riposo, l’alimen-tazione.Insieme a questo primo consiglio, è bene ricordare collateralmente che è importan-te abituare gradualmente l’animale a stare da solo: si inizia con cinque, dieci minuti in cui il cane rimane in una stanza da solo

e non bisogna intervenire subito non ap-pena lo si sente piangere. È fondamentale, poi, che “al ritorno” si sia sempre sereni e si accolga il cane con gioia.Un altro modo per far sì che il cane non soffra la solitudine quando si trova in casa da solo è curare il rapporto con lui: una buona relazione tra il cane e il suo padrone è, infatti, la base per farlo sentire tranquil-lo e al sicuro ovunque si trovi e in qualsiasi situazione sia. Attraverso le buone espe-rienze accumulate dal cane, tramandate proprio dal suo padrone, svilupperà più facilmente capacità di autonomia e indi-pendenza e di gestione delle sue emozioni.E ancora. Stabilire una routine con il pro-prio cane gli permette di ridurre lo stress per la prevedibilità delle situazioni; ri-spettare questa routine fa sì che il cane sopporti meglio il distacco dal padrone. Al contempo, regalare e regalarsi dei mo-menti insieme di qualità aumenta la comu-nicazione e la fiducia tra padrone e cane, che non verrà meno nel caso di solitudine. È importante, quindi, dedicare al proprio quattro zampe lunghi momenti di gioco e interazione attiva.Infine, tra i consigli delle cose da fare c’è il fornire al cane uno spazio sicuro all’inter-no delle mura domestiche o del giardino: una coperta, un cuscino, un luogo recinta-to, una cuccia… una zona dove l’animale si senta al sicuro, dove non viene manda-to per punizione, e dove viene coccolato e

“viziato”. È bene, inoltre, lasciare in quella zona dei masticabili o dei giochi con i qua-li può passare il tempo in attesa del ritor-no del padrone.Cosa non fare, invece? Sgridare il cane… a posteriori. Nel caso il vostro quattro zam-pe avesse combinato un danno, è inutile sgridarlo al rientro perché non assocereb-be il rimprovero al guaio combinato. Que-sto atteggiamento può anche essere frain-teso dal cane, che non capendo il motivo per cui viene sgridato può fargli percepire il padrone come imprevedibile e quindi non meritevole di fiducia.

Qua la zampaQuando il cane è in casa: le regole per affrontare la solitudine

di Sabrina Falanga

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Rubrica

Una buona colazione, un corretto pran-zo, una sana cena. E, in aggiunta, dei salutari spuntini: da oggi affronteremo, grazie ai consigli del nutrizionista Massi-miliano Ciarmatori, ogni volta un pasto per far sì che la nostra dieta quotidiana sia impeccabile. Per stare in forma, sì, ma con piacere.Uno dei peggiori errori - a livello ali-mentare - che si potrebbe fare, è quello di saltare la colazione. Ma bisogna fare attenzione anche a consumare questo pasto, il più importante della giornata, in maniera corretta perché sono tanti gli errori che inconsciamente possiamo commettere a causa di abitudini e neces-sità fisiologiche che mal interpretiamo.«Fare colazione è un rituale che non bi-sogna mai evitare, perché è il carburante che ci permetterà di avere l’energia suffi-ciente per affrontare la giornata – spiega Massimiliano Ciarmatori, nutrizionista -. Darà modo, inoltre, al metabolismo di funzionare a dovere. Quando si parla di “energia” non si intende solo quella fisi-ca: è dimostrato che una buona colazione aiuta a lavorare bene anche mentalmen-te, aumenta la concentrazione e migliora la memoria. Infine, saltare la colazione potrebbe, a lungo, far ingrassare: stare troppe ore a digiuno significa arrivare al pranzo molto affamati, rischiando così di mangiare davvero troppo per saziarsi». In base a quanto spiegato da Ciarmato-ri, fare una buona colazione sostanziosa e con i giusti nutrienti è il primo passo

per rimanere in forma. Quello che ci si chiede ora, quindi, è cosa significhi con-sumare una corretta colazione.«Un errore comune, innanzitutto, è quello di optare per un pasto povero ma ricco di calorie e grassi saturi: è il caso dell’abbinata croissant e cappuccino. Chiaramente parliamo di errore quando ci riferiamo ad abitudini, niente va de-monizzato. Il binomio brioche e cappuc-cio, magari anche zuccherato, apporta una quantità di calorie superiore alla capacità reale di saziare l’organismo. Si immagazzinano, quindi, molti gras-si e si rischia di voler mangiare ancora poco dopo, a causa dei picchi glicemi-ci che abbiamo causato. Per quanto ri-guarda la colazione – dice il nutrizioni-sta – la quantità è relativa alla qualità. È necessario che il pasto sia sostanzio-so ma composto da alimenti sani: frut-ta di stagione, magari abbinata a cereali integrali e yogurt. Un’alternativa da in-serire è il latte vegetale: di nocciola, di cocco o di mandorla, facendo attenzione che non contengano zuccheri aggiunti. Stessa attenzione per marmellate e con-fetture: l’ideale sarebbe scegliere quelle preparate in casa, ma se si consumato quelle industriali è bene controllare che abbiano una buona tabella nutrizionale. Se non si hanno patologie all’apparato digerente, come la gastrite, sono ottime le spremute di agrumi. Ogni individuo, comunque, deve conoscere il suo corpo per capire innanzitutto cosa evitare: a

chi ha problemi di intestino, ad esem-pio, direi di evitare l’abbinata del latte con il caffè».L’Italia è, per eccellenza, il paese in cui si consuma la colazione dolce (la sceglie il 65 per cento della popolazione), a dif-ferenza di altre realtà geografiche in cui viene scelto il salato: «E’ una questione, innanzitutto, di abitudine: non c’è scel-ta più giusta dell’altra, bisogna seguire i propri gusti e le proprie voglie. C’è da sottolineare, comunque, che la necessità di cibi dolci che percepiamo la mattina è fisiologica a causa dei picchi glicemi-ci che derivano dalla notte. È per questo che bisogna fare attenzione a non esa-gerare con gli alimenti carichi di zuc-cheri, perché la tentazione è quella. Una

di Sabrina Falanga

Salute & BenessereGli ingredienti per una colazione perfetta

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RubricaUn giorno in più rispetto al passato pro-prio come nell’edizione dei record in ter-mini di partecipazione del 2017 e l’intro-duzione del concorso bandistico e della sezione orchestre: sono queste le novità della XXXVI edizione del Concorso In-ternazionale di Musica Città di Stresa organizzato dall’associazione Opus Lago Maggiore con il patrocinio del Comune per la direzione artistica del maestro Chri-stian Cocolicchio in programma il 18, 19 e 20 maggio. Duecentocinquanta parte-cipanti fra gruppi e orchestre scolastiche del Vco della Valsesia e di Milano: que-sti i numeri della precedente kermesse, la prima diretta da Cocolicchio; numero confermato per l’edizione che ci si appre-sta a vivere. “Il Concorso ha lo scopo di diffondere la cultura musicale e di stimo-lare i giovani allo studio della musica sia nell’ambito solistico che in quello came-ristico – spiega il Maestro presidente al-tresì dell’associazione Opus – l’evento è riservato a tutti i giovani musicisti italia-ni e stranieri. Crediamo che valorizzare lo studio della musica nonché l’incontro tra musicisti sia un modo di investire sulla cultura, creare una rete, promuovere la conoscenza: il tutto immersi nella splen-dida cornice del Lago Maggiore, un terri-torio tra i più belli d’Italia”. Il Concorso prenderà il via il 18 maggio con la sezione dedicata alle scuole; il 19 toccherà invece alle bande, mentre il 20 sarà la volta del

Concorso internazionale vero e proprio. Dieci le sezioni così suddivise: Ottoni; le-gni; archi; chitarra classica; pianoforte; canto lirico e formazioni corali; compo-sizione; formazioni cameristiche, banda e orchestra giovanile. Venti i commissari tra cui Milton Masciadri dell’Università della Georgia ed il brasiliano Mauricio de Souza. Il Concorso per scuole comprende le se-zioni: Solisti, Musica da Camera e Orche-stra. Gli iscritti sono 250 fra orchestrali e solisti provenienti da scuole di Como, Mi-lano, Torino, Valsesia, Verbania e Stresa. Oltre 160 i partecipanti allo storico con-corso provenienti da Stati Uniti, Germa-nia, Lituania, Spagna, Polonia, Corea ed, ovviamente, ItaliaNell’ambito dell’evento vi sarà uno spa-zio per i liutai interessati a mostrare i loro strumenti di qualità come violini, violoncelli, clarinetti e chitarre ed anche un momento dedicato alle conferenze d’autore.Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito www.stresaconcorso-musica2018.com o inviare una email a [email protected]

di Michela Trada

A Stresa il concorso per il miglior talento musicale

Terminano i campionati di calcio nei vari Pa-esi ma l’estate per questo sport sarà torrida. Il 2018 è anno dei Mondiali di Russia, anche se, con immenso rammarico, e una dose di vergogna acuta per la clamorosa esclusione degli Azzurri, l’Italia non risponderà pre-sente all’appello. Dopo ben 60 anni di conti-nue partecipazioni, uno spartiacque epoca-le, storico. E allora via, pronti al conto alla rovescia, manca sempre meno all’inizio dei Mondiali 2018: il 14 giugno è la data segna-ta in rosso da tutti gli appassionati di calcio. Anche dagli italiani, nonostante la clamoro-sa mancata qualificazione degli Azzurri, in tantissimi seguiranno la manifestazione iri-data, c’è da giurarci. Certo, niente notti ma-giche o trepidazioni febbrili davanti alle tv o maxi schermi in piazza, ma un Mondiale non si può perdere, almeno per chi è dav-vero appassionato di calcio. Sessantaquat-tro partite ci diranno quale, delle trentadue nazionali presenti, si laureerà Campione del Mondo nella finale dello Stadio Luzniki di Mosca. Il torneo si svolgerà in undici loca-lità, in dodici stadi, e tutte le gare verranno giocate con il Telstar 18, il pallone ufficiale della competizione che probabilmente subi-rà un ritocco grafico per l’ultimo atto, come accaduto in Sud Africa e Brasile. Il regola-mento dei Mondiali 2018, la penultima edi-zione del campionato a trentadue squadre, resta lo stesso delle ultime cinque edizioni: dalla fase a gironi, accederanno agli ottavi di finale le prime due di ogni raggruppamento, senza possibilità di ripescaggio per le terze e le quarte classificate. Dagli ottavi inizierà la fase ad eliminazione diretta, quella che

porterà alla finalissima del 15 luglio. Si par-te il 14 giugno allo Stadio Luzhniki di Mo-sca con il match inaugurale, Russia-Arabia Saudita, ma diamo uno sguardo agli otto gi-roni e alle relative favorite per il passaggio del turno, quando la competizione si farà ancor più interessante con un lotto di match ad eliminazione diretta, insomma partite da dentro o fuori. Nel Gruppo A troviamo Rus-sia, Uruguay, Egitto e Arabia Saudita, inu-tile dire che i padroni di casa della Russia e la nazionale sudamericana, capeggiata in attacco da Cavani, sono le favorite del giro-ne, ma attenzione al Egitto che in Salah ha la sua punta di diamante e potrebbe crea-re grattacapi alle due compagini che vanno per la maggiore. Per il Gruppo B il Porto-gallo di Cristiano Ronaldo e le “furie rosse” della Spagna chiudono prepotentemente il pronostico nei confronti di Iran e Marocco, anche se la compagine marocchina è squa-dra di tutto rispetto e conta tra le sue fila un perno difensivo come il bianconero Benatia, mentre il terzo girone, il C, conta su Francia, Perù, Danimarca e Australia, e da questo ro-ster potrebbe uscire qualche sorpresa, favo-rita ovviamente la Francia, allenata da una vecchia conoscenza del calcio italico come Deschamps e che sfoggia tra le sue fila cam-pioni come Griezmann e Pogba oltre ad uno stuolo di giocatori in grande spolvero. Nel raggruppamento D se la vedranno Argenti-na, Croazia, Islanda e Nigeria con la nazio-nale “albiceleste” guidata da Sampaoli e casa dei vari Messi, Higuain e Dybala, stra-favo-rita, ma attenzione alla potenza della Croa-zia ricca di talenti, la sorpresa Islanda che

ha fatto mirabilie agli ultimi Europei di due anni orsono, con la Nigeria che può giocare qualche scherzetto alle formazioni più tito-late. Gruppo E: Brasile, Svizzera, Costa Rica e Serbia, probabilmente un raggruppamen-to già segnato in partenza, con i verdeoro in cima alla lista dei pronostici per il passaggio del turno, con match interessanti e aperti tra le restanti squadre, mentre nel Gruppo F, la Germania Campione del Mondo in carica, non dovrebbe avere problemi negli scontri con Messico, Svezia, e Corea del Sud, che vedranno lotta apertissima per aggiudicar-si il pass per il turno successivo. Nel Girone G, Belgio e Inghilterra sono le favoritissime al cospetto di Tunisia e della neofita Pana-ma, mentre il Gruppo H potrebbe rivelarsi abbastanza aperto, con Polonia e Colombia certamente davanti, sulla carta, a nazionali gregarie come quelle di Senegal e Giappone. Insomma, sarà ancora una volta una mega festa per il calcio a livello planetario con tanti incontri, sorprese eclatanti e un bagno di folla e di spettatori adatti alle grandi oc-casioni, ahinoi senza la Nazionale Italiana. Un vero peccato gustarsi un Mondiale sen-za poter tifare le casacche azzurre storiche, ma i fallimenti gravi e sconsiderati si pagano amaramente, vero Tavecchio e Ventura?

Rubrica

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Il ruggito di Leonetti

Mondiali di Russia 2018: ecco i favoriti degli otto gironi

Lotta serrata in Serie A fino all’ultima giornataLa Juventus si laurea nuovamente Campione d’Italia, con il settimo titolo tricolore conse-cutivo, un record ineguagliabile, la Serie A rimane apertissima fino all’ultima giornata, in bilico tra verdetti che giungeranno sola-mente dopo gli ultimi 90 minuti di gare. In testa tutto è deciso, Napoli e Roma sono qua-lificate di diritto alla prossima Champions League, mentre la quarta squadra con diretto accesso alla massima competizione europea, uscirà dallo scontro diretto in programma tra Lazio e Inter. Una sceneggiatura dal concre-to sapore thrilling che nemmeno Hitchcock avrebbe saputo scrivere meglio. L’Inter, dopo la clamorosa sconfitta interna di sabato sera contro il Sassuolo, pareva aver abbandonato ogni speranza di arrivare nella nobiltà conti-nentale, ci ha pensato invece la Lazio di Mi-linkovic Savic che, in quel di Crotone, non ha saputo vincere, a regalare ancora una chan-ce ai nerazzurri milanesi che si giocheranno tutto nello scontro diretto di Roma dell’ulti-ma giornata di campionato. Una partita sec-ca, senza appelli, che iscriverà una delle due compagini alla prossima Champions, Spallet-ti ha l’obbligo di vittoria, la Lazio di Inzaghi ha l’appannaggio di due risultati su tre per

centrare il prestigioso traguardo. Chi avrà la peggio dovrà confrontarsi nella seconda cop-pa europea. Anche per l’Europa League, le contendenti dovranno ancora sudare, il Mi-lan sopravanza di un punto l’Atalanta, con la quale ha pareggiato domenica, ed è la favori-ta per la conquista del sesto posto che da di-retto accesso, ma gli orobici, in virtù della va-lidità del settimo posto in campionato, visto che la Juventus si è accaparrata nuovamente la Coppa Italia, hanno l’ottimo vantaggio di 3 punti sulla Fiorentina, e sono nettamen-te favoriti, ad una sola giornata dal termine. Grande bagarre invece in zona retrocessio-ne, con gli scenari che cambiano di partita in partita, di minuto in minuto. Domenica è an-data in onda un’altalena pazzesca di emozio-ni contrastanti, che solo il calcio sa regalare. Con Benevento e Verona già tornate in B, gli ultimi 90 minuti regaleranno emozioni per coronarie forti a i tifosi delle rispettive squa-dre coinvolte. Ad oggi a rischiare di più è il Crotone, terz’ultimo a 35 punti in compagnia della Spal, favorita però dalla classifica avul-sa basata tra scontri diretti e quoziente reti, a 36 troviamo il Cagliari che ha saputo cogliere una vittoria insperata e preziosissima in casa

della Fiorentina, mentre Udinese e Chievo a 37 punti non possono stare tranquille, ma dovranno anche loro battersi strenuamente sino alla fine. Insomma cinque squadre per un solo posto verso l’inferno calcistico, c’è da giurarci che, come accaduto nella penultima giornata di campionato, tutto cambierà più volte repentinamente e con sorprese improv-vise. Anche in coda il nostro campionato si rivela avvincente ed appassionante, e allora fuoco alle polveri, i destini di una stagione di ben cinque gloriose compagini, si deciderà negli ultimi scampoli di campionato. In boc-ca al lupo a tutti.

Terminano i campionati di cal-

di Franco Leonetti

Sport

a cura di Franco Leonetti

Il settimo Scudetto consecutivo della Juventus: pura mitologia

La storia di Edoardo, dal pallone a stella del Baseball

Mancava solo il dato aritmetico e domenica è giunto anche quello, il settimo Scudetto consecutivo della Juventus, quello leggen-dario, appartiene già alla bacheca della so-cietà della Continassa. Una settimana da incorniciare e tramandare quella della Ju-ventus, in quattro giorni due conquiste che entrano, di diritto, nella mitologia del calcio. Due trofei in cinque giorni: prima la quarta Coppa Italia consecutiva, vinta grazie al so-noro 4-0 rifilato al Milan nella cornice del Olimpico di Roma, poi il settimo Scudetto di fila ottenuto sempre nello stesso stadio, frutto di uno pareggio per 0-0 al cospetto dei giallorossi di Di Francesco. Traguardi storici, epici, che entrano di diritto nella mitologia del calcio, mai nessuno nel no-stro Paese era riuscito ad inanellare per ben quattro anni consecutivi la doppietta Cam-pionato e Coppa Italia, risultati impareg-giabili nella storia del calcio moderno. Una Juventus da guinness dei primati, con un

A Edoardo Lariccia piaceva il calcio. Per cinque anni ha rincorso un pallone, poi qualcos’altro ha catturato questo giova-ne sportivo. Tre anni fa, per curiosità gra-zie agli allenatori del Baseball Vercelli che andavano nelle scuole a fare dei corsi, si è appassionato al mondo del batti e corri. Abbandonato il mondo del calcio, Edoar-do, che ora frequenta le scuole medie, si è buttato a capofitto sul diamante portando a casa risultati prestigiosi. «Da subito ha rice-vuto i complimenti in campo fino ad essere convocato dopo solo il primo mese di base-ball al “All Star Game” a Torino dove ve-nivano selezionati i giocatori più bravi con anni di esperienza nel torneo delle regioni – racconta la mamma Simonetta - L’anno scorso è stato riselezionato per le regionali sempre al campo Passo Buole, Torino, ma i veri risultati sono arrivati quest’anno con il superamento di tutte le selezioni delle Na-zionali e con la terza selezione regionale di questo mese». Infatti Edoardo questo mese di maggio parteciperà al raduno della Na-zionale Under 12 che si svolgerà a Tirrenia, Pisa, nel centro di formazione Federale. Il giovane Lariccia ha già superato due sele-zioni prima di questa convocazione, come i Try Out Nazionali Under 12 di Collecchio,

Parma, del primo maggio e quelli del mese di ottobre 2017. Convocazioni anche Re-gionali nel palmarès di questo “piccolo” del batti e corri che ne conta “ormai” ben tre. «Questo sport mi ha subito affascinato ed entusiasmato perché anche se non così pra-ticato come il calcio, ha dato subito gran-di soddisfazioni – racconta Edoardo – mi sono posto grandi obiettivi ormai da tempo e con molti sacrifici, ore e ore di allenamen-to e oltre. Ora sono felicissimo dei risultati ottenuti. Perlomeno essere arrivati sino qui dopo soli tre anni di baseball è stato gran-dioso...Sono molto fiero di me per essere arrivato a questo livello nazionale nel mio sport e non vedo l’ora di entrare nel campo da baseball con la divisa dell’Italia».

allenatore come Massimiliano Allegri che sta diventando il condottiero per eccellen-za. Ma qual è il vero segreto per poter fare man bassa di trofei? L’inconfessato segreto del gruppo è indubbiamente la fame di vit-torie rinnovata, corroborata da forti stimo-li per cercare, ogni anno, di prevalere sugli avversari ogni volta che i giocatori calcano il campo. La Società, ormai ha dimostrato una mentalità vincente, che attanaglia e viene trasfusa a ogni singolo appartenen-te, in primis i giocatori, e un allenatore, che nonostante sfoggi sorriso e ironia, nel-le interviste, è un gestore di risorse uma-ne eccellente e dispensatore di motivazioni come pochi ce ne sono. Cercare di entrare in campo e vincere è stampigliato a fuoco nel Dna della Vecchia Signora, a Torino si parla poco ma si pedala tanto, sempre a te-sta bassa, senza sproloqui e festeggiamenti anticipati, come è accaduto a Napoli, per esempio. Questa squadra, prima capeggia-ta da Antonio Conte, e poi da Massimiliano Allegri, in sette anni, è stata letteralmente devastante e cannibale in Italia, e negli ulti-mi quattro ha fatto incetta di titoli italiani, riacquisendo un pedigree europeo al top. Tutto ciò è stato possibile grazie all’appor-to strepitoso di un grandissimo allenatore come Massimiliano Allegri, che ha posato le basi sull’architrave portante composto dai senatori, veri leader nello spronare i compagni nella buona e nella cattiva sor-te. Un gruppo eccezionale in grado di rin-novarsi ad ogni nuova annata, nonostante cessioni eccellenti. Tutto parte da lì, ma sa-rebbe riduttivo assimilare tutti i trionfi di casa Juve sondando solo una componente, ogni ingranaggio funziona a dovere, in pie-na sinergia con tutte le componenti. Quat-tro i momenti decisivi, sul campo, per cu-

cire sulle maglie bianconere lo scudetto: la vittoria al San Paolo di Napoli con la rete magica del Pipita Higuain, il gol pazzesco di Dybala al novantatreesimo di Lazio–Ju-ventus, a Roma, dove le certezze napoleta-ne hanno subìto un duro colpo, il gol di Hi-guain a Milano contro l’Inter, sul finale di match, ha certificato che la Juve non molla mai ed era pronta a sprintare fino all’ulti-mo secondo per il titolo. Poi, il sigillo de-finitivo, l’entrata di Douglas Costa contro il Bologna al Allianz Stadium, mentre la Juventus era sotto 0-1. Il giocatore brasi-liano ha cambiato le sorti del match, vinto poi per 3-1, sancendo l’acuto finale verso il leggendario settimo scudetto consecutivo. Douglas Costa, è bene dirlo, è stata una del-le armi in più appannaggio di Allegri e della Juve, uomo che a più riprese ha scavato un solco profondo tra le maglie bianconere e gli inseguitori, il vero calciatore-copertina di questo settimo scudetto. Non rimane che la partita interna di sabato 19 maggio con-tro il Verona, allo Stadium, alle ore 15, per celebrare al meglio questo ennesimo tito-lo, una sorta di passerella per salutare, uno ad uno, tutti gli interpreti del tricolore, poi scoppierà la festa nel catino torinese, con la classica liturgia della premiazione, festa che poi si traferirà nelle vie del centro di To-rino. La Juventus era già nella leggenda del calcio, è lapalissiano affermarlo, ma questo settimo titolo consecutivo la consegna alla mitologia indelebile del dio pallone.

di Deborah Villarboito

di Franco Leonetti

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Sport

Spesso e volentieri la vita ci obbliga a cam-biare. I segnali che ci dà possono essere quasi impercettibili o addirittura possono stravol-gere la realtà nostra e di chi ci sta intorno. Nel secondo caso rientra pienamente Marco Pentagoni. Classe 1999, è uno studente delle Superiori sportivo e dinamico che ha dovuto ricalcolare la sua vita qualche anno fa. Il 19 giugno 2013, cercando di recuperare un pal-lone, il quattordicenne Marco è caduto da un tetto. Dopo quel volo tra i vetri, sono stati mo-menti intensi e indimenticabili per i genitori del giovane che dai medici, dopo ore di ten-tativi in sala operatoria, avevano ottenuto un solo responso: per salvare la vita a Marco era necessaria l’amputazione della gamba destra. Il pensiero che un ragazzo appena adolescen-te e amante dello sport, dell’hockey soprattut-to, si ritrovasse senza una gamba aveva scosso tutti. Ma tutti non avevano fatto i conti con la tenacia, la forza di volontà e il coraggio di Mar-co Pentagoni. Il carattere emerge subito dalla voglia di sostenere l’ultima parte dell’esame di terza media in ospedale, perchè “non si può perdere tempo”. E il tempo non l’ha perso: in pochi mesi Marco è tornato a correre. Una sfi-da verso se stesso e a quella vita che lo ha co-stretto ad una delle prove più difficili. Marco continua a correre e a crescere grazie alla sua nuova passione: l’atletica, che gli ha già rega-lato Campionati Italiani e la partecipazione a un Europeo e a un Mondiale Giovanile. Quando nasce la tua passione per l’at-letica?La passione per l’atletica è nata dal mio in-cidente, perchè ha scosso molto la mia vita. Quando ho avuto la mia prima protesi per camminare l’unica cosa che non potevo fare era correre, allora a tutti i costi volevo farlo. Correndo mi sono innamorato dell’atletica. Ho iniziato a praticarla a livello agonistico ponendomi degli obiettivi, naturalmente per gradi: fare per prima cosa la prima gara, se-condo vincere un Campionato Italiano, poi sono andato a disputare gli Europei Assoluti e dopo i Mondiali Giovanili e in entrambi sono

arrivato quarto nel salto in lungo.Quali sono state le tue vittorie più bel-le?Le mie vittorie più belle sono state i Campio-nati Italiani dell’anno scorso e naturalmente le partecipazioni internazionali agli Europei e ai Mondiali anche se non ho vinto medaglie, finora sono state le gare più belle che ho af-frontato.Quali sono i tuoi obiettivi sportivi futu-ri?Per il futuro mi pongo obiettivi come Europei, Mondiali, Olimpiadi come tutti gli atleti, però punto e spero nel concreto nelle Paralimpiadi del 2020 a Tokyo se no si passa a Parigi 2024.Ultimamente hai partecipato al pro-gramma di Real Time “Da qui a un anno”, come è stato?Il programma funziona in questo modo: tu parti ponendoti un obiettivo e per un anno ti seguono facendo video, le telecamere comun-que ti seguono e ti sono sempre dietro per qual-siasi cosa tu faccia, come gli allenamenti o se devi fare un viaggio per cambiare una gamba perchè non va più bene, perchè sei cresciuto, e poi anche alle gare. Alla fine di questo anno esponi come è andata secondo te, cosa è an-dato bene e cosa male e se hai raggiunto il tuo obiettivo. Sono stato contattato dalla redazio-ne del programma e sono stato felice di farlo perchè è stata un’esperienza interessante.Quanto ha influito sulla tua vita l’inci-dente?L’incidente sulla mia vita ha influito molto. Più che altro perchè ho dovuto cambiare tut-to: abitudini, vizi, molte cose non le potevo più fare, dovevo mettermelo in testa, però con la protesi e con il tempo ho imparato a fare davvero tutto.C’è qualche atleta a cui ti ispiri?Prendo riferimento da un atleta che ammiro davvero molto di nome Pietro Mennea che ha fatto grandissime cose nei 200 metri in cui in-staurò un nuovo record del mondo a Città del Messico.

di Deborah Villarboito

Sport

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Coraggio e determinazione: Marco Pentagoni ha vinto la sua sfida

Cosa ti piacerebbe fare da grande?Per adesso non so ancora che cosa fare. Ora vedo la corsa nel mio futuro e la mia fidanza-ta. Poi per il resto ci sto ancora pensandoUn consiglio a quei ragazzi che si tro-vano a vivere una situazione simile a quella che hai vissuto tu.Un consiglio che do ai ragazzi che si trovano o si sono trovati nella mia situazione è di non arrendersi mai, la vita è una sola, se non la vivi appieno te ne penti. Io sono riuscito a cogliere l’attimo e sono riuscito a riprendere in mano la mia vita. Dopo un incidente del genere bi-sogna solo cercare di andare avanti, non pian-gersi addosso perchè sinceramente non serve a niente in questi momenti. Bisogna riuscire a fare quello che si può con quello che si ha.

L’Italia del Taekwondo si fa onore agli Euro-pei di Kazan. Dell’Aquila e Rotolo di bronzo sul tetto d’Europa 2018. Vito Dell’Aquila e Daniela Rotolo lasciano ben sperare in vista di Tokyo 2020. Medaglie d’obbligo in questa edizione visto che dal 1976 l’Italia ha sempre “portato a casa” qualcosa. Vito Dell’Aquila nei -54 kg ha condotto così la sua semifinale: il 17enne azzurro, che conduceva per 35-15 sullo spagnolo Vicente, aveva la finale pro-prio ad un passo quando gli è stata inflitta la decima ammonizione che lo ha dichiara-to fuori dai giochi. Un percorso senza riva-li quello dell’azzurro: dominati nettamente i primi due incontri che lo hanno visto supera-re il serbo Kubrovic e il belga Willemsen, solo una leggerezza lo ha fermato. Daniela Rotolo, anche se non è riuscita a migliorare il risulta-to di due anni fa, si è riconfermata ai vertici del taekwondo femminile. Dopo aver supera-to la svedese Johansson e l’azera Azizova, ha ceduto il passo in semifinale alla britannica Lauren Williams. Gli altri azzurri Daniel Lo Pinto (-54 kg), Matteo Milani (-87 kg) e Mar-tina Corelli (-49 kg) si sono fermati ai quarti

di finale con la possibilità di medaglia pro-prio ad un passo, facendo però ben sperare per il futuro. Il capitano Claudio Treviso (-74 kg), invece, ha ceduto agli ottavi. Ora il mon-do del taekwondo azzurro è in fermento in vista del Gran Prix di Roma di giugno, valido per la qualificazione olimpica, che prevede la partecipazione dei grandi campioni prove-nienti da tutto il mondo.

L’Italia del Taekwondo si fa onore agli europei di Kazan

di Deborah Villarboito

Film, mostre ed eventi da non perdere!Eventi

Film

Mostre

Eventi

Loro 2

è un film di genere biografico, drammatico del 2018, diretto da Paolo Sorrentino, con Toni Servillo e Elena Sofia Ricci. Durata 100 minuti.

Show Dogsè un film di genere avventura, commedia, family del 2018, diretto da Raja Gosnell, con Will Arnett e Giampaolo Morelli. Durata 92 minuti.

A Milano “Arte come rivelazione”

In scena alla Galleria d’Italia, a Milano, dal 16 Maggio al 19 Agosto un progetto espositivo curato da Intesa San Paolo, dove una selezione di opere tra cui spiccano alcune di Andy Warhol creano una collezione espositiva di grande interesse.

Massimiliano e Manet: L’incontro impossibile.

Dopo le celebrazioni per i 150 anni dalla morte di Massimiliano d’A-sburgo, Miramare, con le opere di Manet, mette in scena la denuncia che il pittore ebbe nei confronti dell’imperialismo francese. Alle Scude-rie e Castello di Miramare, fino al 30 Dicembre.

Ad Arese si torna a volare

Un occasione unica ad Arese, quella di poter vedere da vicino i veivoli che hanno fatto la storia dell’aviazione militare moderna, nonchè poter incontrare piloti esperti e vedere dal vivo esibizioni di volo di droni radio-comandati.

“On the road” gli sport di strada a Torino

Sabato 19 Maggio, al Parco Cavalieri di Vittorio Veneto, vanno in scena tutti quegli sport che solitamente vengono considerati “minori”, ma ciò nonostan-te interessanti e divertenti. Questa è l’ottima occasione per conoscerli.

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