Numero 14 gennaio 2010

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Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] Mario e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected] La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canone classico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, e in ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità. a tutto sesto note di informazione per gli amici del sesto piano RICONOSCERE LE COMPETENZE Uno dei presupposti più validi per assicurare l’efcacia di una proposta, di un progetto, di uno scambio di opi- nioni, è il riconoscere pienamente le competenze altrui. La competenza vera e utile nasce da una seria e ag- giornata formazione specica e da una esperienza real- mente vissuta. Non può esserci competenza se le nostre conoscenze si limitano a una lettura superciale di qual- che avvenimento: serviranno tutt’al più a sostenere una accesa discussione sul derby appena giocato. Non pos- siamo sapere tutto, dobbiamo invece saper riconoscere con semplicità i nostri limiti anche culturali e professio- nali. È facile costatare invece quanto sia diffusa l’abitudine fastidiosa di irrigidirsi sulle proprie convinzioni a propo- sito di un qualsivoglia argomento senza tener conto dei pareri competenti che vengono suggeriti. Saper riconoscere le competenze (valorizzare, utilizzare) ci aiuta a modicare i pregiudizi, a farci uscire dai nostri schemi abitudinari, a migliorare le relazioni, a stimolare la creatività. Signica creare un clima di collaborazione ed è una delle qualità essenziali (insieme alla capacità di delegare) di un buon dirigente ma è anche la caratteri- stica che rende piacevole e sincero ogni tipo di rapporto personale. Presuppone anche una certa dose di umiltà vera e per questo l’ignoranza, la presunzione e l’arro- ganza hanno spesso il sopravvento. Italo Maria Mannucci EDITORIALE «In Italia, come in molti altri Paesi, è fortemente avvertita quella che possiamo denire una vera e propria emergenza educativa. Davanti al nichilismo che pervade in maniera cre- scente il mondo giovanile la Chiesa invita tutti a dedicarsi seriamente ai giovani, a non lasciarli in balia di sé stessi ed esposti alla scuola dei “cattivi maestri” (Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea generale della CEI, 29 maggio 2008). Occorre anche rendersi conto che la necessità di un in- tervento tempestivo, la complessità del contesto e la man- canza di tempo, portano ad affermare che la famiglia da sola non ce la può fare. Tentativi sono stati fatti con i docenti, con risultati insuf- cienti. Si è provato innumerevoli volte a migliorare i pro- grammi scolastici, ma non è cambiato molto. La Chiesa, con gli oratori parrocchiali e gli ordini religiosi, gioca un ruolo esemplare ma non ancora determinante sulla qualità della società. C’è forse un luogo dove trovare – almeno periodicamente – tutti i genitori ? Il luogo c’è, ed è la scuola dove va il glio. E i docenti ? Alcuni genitori preparati e disponibili ed anche alcuni insegnanti, esperti in family school enrichment . Alcune scuole si sono attrezzate a fare ciò: bisogna cono- scerle e sceglierle. La loro scelta può comportare un sacri- cio economico, perché pur essendo pubbliche, non sono statali (sono nanziate dagli stessi utenti) ma rappresen- tano una leva educativa irrinunciabile. A Milano, tra le altre, ci si può rivolgere alle scuole Faes (Famiglia e Scuola): Aurora (scuola dell’infanzia e asilo nido) e i Centri Scolastici Monforte e Argonne (scuola pri- maria, secondaria e liceo). Mario Viscovi 14 gennaio 2011 SU QUESTO NUMERO Albona mia cara La crisi in Europa: il relativismo culturale. La speranza è nei giovani Scuole paritarie, un colpo al cerchio e uno alla botte

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Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected]

La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canone

classico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, e

in ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità.

a tutto sesto note di informazioneper gli amici del sesto piano

RICONOSCERE LE COMPETENZE

Uno dei presupposti più validi per assicurare l’ef!caciadi una proposta, di un progetto, di uno scambio di opi-nioni, è il riconoscere pienamente le competenze altrui.

La competenza vera e utile nasce da una seria e ag-giornata formazione speci!ca e da una esperienza real-mente vissuta. Non può esserci competenza se le nostreconoscenze si limitano a una lettura super!ciale di qual-che avvenimento: serviranno tutt’al più a sostenere unaaccesa discussione sul derby appena giocato. Non pos-siamo sapere tutto, dobbiamo invece saper riconoscerecon semplicità i nostri limiti anche culturali e professio-nali.

È facile costatare invece quanto sia diffusa l’abitudinefastidiosa di irrigidirsi sulle proprie convinzioni a propo-sito di un qualsivoglia argomento senza tener conto deipareri competenti che vengono suggeriti.

Saper riconoscere le competenze (valorizzare, utilizzare)ci aiuta a modi!care i pregiudizi, a farci uscire dai nostrischemi abitudinari, a migliorare le relazioni, a stimolarela creatività. Signi!ca creare un clima di collaborazioneed è una delle qualità essenziali (insieme alla capacità didelegare) di un buon dirigente ma è anche la caratteri-stica che rende piacevole e sincero ogni tipo di rapportopersonale. Presuppone anche una certa dose di umiltàvera e per questo l’ignoranza, la presunzione e l’arro-ganza hanno spesso il sopravvento.

Italo Maria Mannucci

EDITORIALE

«In Italia, come in molti altri Paesi, è fortemente avvertitaquella che possiamo de!nire una vera e propria emergenzaeducativa.Davanti al nichilismo che pervade in maniera cre-scente il mondo giovanile la Chiesa invita tutti a dedicarsiseriamente ai giovani, a non lasciarli in balia di sé stessi edesposti alla scuola dei “cattivi maestri” (Benedetto XVI, Discorsoall’Assemblea generale della CEI, 29 maggio 2008).

Occorre anche rendersi conto che la necessità di un in-tervento tempestivo, la complessità del contesto e la man-canza di tempo, portano ad affermare che la famiglia dasola non ce la può fare.

Tentativi sono stati fatti con i docenti, con risultati insuf-!cienti. Si è provato innumerevoli volte a migliorare i pro-grammi scolastici, ma non è cambiato molto. La Chiesa,con gli oratori parrocchiali e gli ordini religiosi, gioca unruolo esemplare ma non ancora determinante sulla qualitàdella società.

C’è forse un luogo dove trovare – almeno periodicamente– tutti i genitori ? Il luogo c’è, ed è la scuola dove va il !glio.E i docenti ? Alcuni genitori preparati e disponibili ed anchealcuni insegnanti, esperti in family school enrichment . Alcune scuole si sono attrezzate a fare ciò: bisogna cono-scerle e sceglierle. La loro scelta può comportare un sacri-!cio economico, perché pur essendo pubbliche, non sonostatali (sono !nanziate dagli stessi utenti) ma rappresen-tano una leva educativa irrinunciabile. A Milano, tra le altre, ci si può rivolgere alle scuole Faes(Famiglia e Scuola): Aurora (scuola dell’infanzia e asilonido) e i Centri Scolastici Monforte e Argonne (scuola pri-maria, secondaria e liceo).

Mario Viscovi

14 gennaio 2011

SU QUESTO NUMERO

Albona mia cara

La crisi in Europa: il relativismo culturale.La speranza è nei giovani

Scuole paritarie,un colpo al cerchio e uno alla botte

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Scuole paritarie, un colpo al cerchio ed uno alla botte

Nel mondo della scuola la parola «tagli» è non solofrequente nel linguaggio comune ma sembra costi-tuire la regola ed il principio ispiratore di quella cheviene de!nita «riforma».

La riduzione delle spese nella scuola pubblica si ma-nifesta attraverso l’esercito dei precari e la riduzionedei posti di lavoro, delle ore di insegnamento e la con-trazione delle cattedre.

Tutto ciò è vero ed è sotto gli occhi di tutti. Occorrecomunque dare uno sguardo in giro e constatare che,se lo Stato dovesse provvedere al servizio scolasticoanche dei 650 mila bambini della fascia 3-5 anni chefrequentano le scuole dell’infanzia paritarie, dovrebbeistituire 26 mila nuove sezioni, alle quali dovrebbe as-segnare 52 mila insegnanti, senza considerare le mi-gliaia di collaboratori scolastici necessari per l’assi-stenza nei servizi.

L’aumento di organici avrebbe ripercussioni anchesul dimensionamento degli istituti comprensivi e deicircoli didattici con sicuro effetto di incremento degliorganici del personale amministrativo, ma con qualisoldi? Dalla presenza delle scuole dell’infanzia nonstatali che accolgono il 40% dei bambini iscritti, loStato ci guadagna e ne ha un notevole risparmio.

Per ogni bambino iscritto ad una scuola dell’infan-zia lo Stato spende annualmente 6.116 euro, mentreper un bambino iscritto alla stessa scuola non stataleversa un contributo pari a 584 euro, risparmiandocosì 5.532 euro.

In tutto annualmente il risparmio dello Stato per lascuola dell’infanzia è di 3 miliardi e 436 milioni.

Con lo stesso criterio si può stimare in un altro mi-liardo e 202 milioni il risparmio dello Stato per glialunni iscritti in scuole primarie paritarie (uno stu-dente in scuola statale costa 7.366 euro, contro gli 866di contributo pro capite in scuola paritaria).

Per la scuola secondaria di I grado il risparmio s!orai 500 milioni, mentre per le superiori è di un miliardoe 110 milioni. Se le scuole paritarie non esistessero,lo Stato dovrebbe spendere 6 miliardi e 245 milioniall’anno per accogliere il milione e 60 mila studentiattualmente iscritti a scuole non statali.

Ma si fa !nta di dimenticarlo ogni volta che si stan-ziano i fondi per la paritaria.

Da bravi operatori dello Stato smettiamola di lan-ciare slogan di opposizione preconcetta verso le scuoleparitarie. Sono messaggi che risultano non veritieri.

Le scuole paritarie hanno il diritto di esistere e diaver il contributo deciso per legge, dato che anch’essesvolgono una funzione ed un servizio «pubblico»,degno di rispetto e di attenzione educativa e sociale.Questa ri"essione non intende, comunque, favorire idiplomi!ci, né le realtà aggregative che non meritanoil nome di «scuola» e proprio lì è forse il caso di ope-rare i necessari tagli e mettere ordine nell’universocaotico delle scuole «private».

Giuseppe Adernòpreside dell’Istituto “G. Parini” di Catania

da Zenith.org

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La crisi in Europa: il relativismo culturale.La speranza è nei giovani

Il 25 gennaio la prof. Alessandra Modugno, ricercatrice in !loso!a all’Università di Genova, ha tenuto una conversazione per i nostri amici su un tema di grande attualità e importanza.Riportiamo qui una breve sintesi del suo intervento.

La «questione europea» è attualmente tra le più com-plesse sul piano culturale. La lunga gestazione del-l’unità politica ha recentemente assunto la formadell’Unione Europea, un’insieme di istituzioni giuridi-che ed economiche a cui liberamente alcune nazioni,geogra!camente de!nibili europee, hanno aderito, im-pegnandosi contestualmente al rispetto di parametrieconomici e ad altri vincoli. Il compimento di tale pro-cesso ha convinto molti della “soluzione” del problemaeuropeo.

È possibile tuttavia concepire l’Europa in termini piùprofondi ed ampi, culturali, e su questo piano non solola «questione» non è «risolta», ma è complessa e al-quanto delicata. Molti studiosi – tra i più signi!catividei quali non si possono dimenticare l’attuale e il pre-cedente ponte!ce – da decenni focalizzano l’attenzionesui principi di riferimento su cui la costituzione del-l’Europa unita deve fondarsi se intende radicare nellatradizione che la costituisce – il pensiero greco, il di-ritto romano, la fede giudaico-cristiana – e segnalanola perdita di identità da parte di molti europei.

Che cosa possono dire gli uomini di cultura, nellospeci!co i !loso!, rispetto ai principi costitutivi della

cultura europea? Senz’altro la ri"essione sulla «que-stione europea» esplode all’inizio del Novecento, dopola crisi provocata dalla I guerra mondiale, e non a caso,proprio come reazione ai totalitarismi e al II con"ittomondiale, si sviluppa l’idea di costituire un’alleanza tranazioni europee in forza di una fondamentale conso-nanza di valori. Tuttavia, nonostante la lezione deiprimi 45 anni del XX secolo, i protagonisti della scenapolitica non hanno cercato una risoluzione profondanella crisi.

In realtà i primi a venir meno al loro impegno «for-mativo» sono stati i !loso! che si sono fatti troppospesso «cantori» della crisi, dell’impossibilità di repe-rire verità forti, stabili, condivisibili, capaci di tutelaree promuovere le persone. Molti hanno in realtà contri-buito a un progressivo oscuramento delle coscienze, lacui principale ricaduta si riscontra sul piano educativo,osservando le giovani generazioni, il loro disagio, il di-sorientamento che manifestano, sotteso ad atteggia-menti spesso di indifferenza, protervia, relativismo es!ducia.

Proprio dai giovani e dalle loro insopprimibili inter-pellanze è d’altra parte necessario ricominciare: in vistadelle risposte che hanno diritto ad avere, è necessariosiano gli adulti ad interrogarsi sulla fondatezza degliideali che hanno !nora trasmesso e ad assumersi concoraggio la responsabilità di discuterli e modi!carli senon sono davvero promotori della crescita umana.

Alessandra Modugno

il Parlamento europeo a Strasburgo

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Una bella cittadina, dal nucleo storico veneziano inca-stonato sulla cima di un colle che sovrasta il mare, leisole e la parte occidentale della penisola istriana.Baluardo di difesa del con!ne orientale.

Così la vedono i poeti:

FESTA GRANDE ALBONA RUGGERITTA IN PIÈ SU LA COLLINA

IL RUGGITO DELLA BELVASCROLLA TUTTA FARASINACONTRO SFIDA LEONINA

ECCO RAGGHIO DI SOMAROEIA GUARDIA DEL CARNARO

ALALÀ(Gabriele D’Annunzio)

E il sommo vate Dante Alighieri qui pone la frontiera

quando uno Stato unitario italiano non era neppureimmaginabile:

SÌ COM’A POLA PRESSO DEL CARNAROCH’ITALIA CHIUDE E SUOI TERMINI BAGNA

(Dante, Par. c.IX)

Costruita sui resti di un castelliere (costruzioni di pie-tre a secco a centri concentrici dell’età del bronzo),venne occupata de!nitivamente da Roma nel 29 a.C. Il suo vero nome (che oggi non trovate, perché sosti-tuito da quello croato di Labin) è stato scolpito in unalapide del 180 d.C.

RES PUBLICA ALBONESSIUM

ancor prima che la città fosse eretta a Municipium Ro-manum.

Circa 12000 abitanti, 320 m. sul livello del mare, Albona rimane il modello meglio conservato in Istria degliantichi abitati formatisi nei molti secoli di vita. La città attuale è costituita da tre parti, la città vecchia o alta,la città bassa o Piedalbona e la località balneare di Portalbona o Porto di Albona (Rabac) situata a circa 5 kmdal centro. Cittadina di carattere veneto, possiede vari ricordi del dominio veneziano; fra questi il Duomo, cherestaurato nei secoli XVI e XIX, reca sulla facciata un Leone di San Marco del XV secolo, la loggia di stile vene-ziano, il palazzo Lazzarini ed altri edi!ci religiosi e civili.

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Albona mia cara

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Stato e nazione

«Ogni Stato ha bisogno di un popolo, ma il popolonon è tale in forza dello Stato, lo precede in quantonon è una somma di individui ma una comunità dipersone, e una comunità vera e af!dabile è sempre diordine spirituale ed etica, ha un’anima. Ed è questa lasua spina dorsale. Ma se l’anima si corrompe, alloradiventa fragile l’unità del popolo, e lo Stato si indebo-lisce e si s!gura. Quando ciò può accadere? Quando sioscura la coscienza dei valori comuni, della propriaidentità culturale. Lo Stato non può creare questaunità che è pre-istituzionale e pre-politica, ma nellostesso tempo deve essere attento e preservarla e a nondanneggiarla. Sarebbe miope e irresponsabile atten-tare a ciò che unisce in nome di qualsivoglia prospet-tiva.» (A.Bagnasco, I cattolici soci fondatori dell’Italia).

Tutto ciò vale per la nazione italiana ma anche per lanazione croata. La Croazia ebbe uno Stato indipen-dente dal 925 al 1097 e dal 1991 ad oggi (salvo la pa-rentesi ustascia di Ante Pavelic dal 1941 al 1945).

Come quelle di tutta Europa, anche le radici dellaCroazia sono radici cristiane. Il periodo comunista inJugoslavia (1941-1948, ma anche dopo, nonostante larottura con Stalin) per quanto ferocemente anticatto-lico (assassinii di sacerdoti, la carcerazione del Cardi-nale Stepinac, beati!cato da Giovanni Paolo II) non haeliminato la fede né la devozione per la Madonna (Ma-rija Bistrica è un santuario grandioso a 40 km da Za-gabria, assiduamente frequentato).

Più volte subì invasioni dei barbari e nel sesto e set-timo secolo fu sotto il dominio di Bisanzio, poi deiFranchi e in seguito dei Patriarchi di Aquileia.

Dal settimo secolo gli slavi cominciarono ad entrarein Istria surrettiziamente, cioè alla spicciolata, senzaun esercito o un re, spesso col favore di qualche signorelocale che aveva bisogno di gente da lavoro. Quando illoro numero diventava eccessivo, gli stessi feudatariprotestavano presso la corte di Carlo Magno (Placitodel Risano, 804).

Decaduto il grande Patriarcato (che nel momento dimassimo splendore arrivava !no a Como, in Svizzera,Baviera e all’Ungheria), Albona si sottomise alla Sere-nissima il 3 luglio 1420 e ne rimase fedele !no a Napo-leone (trattato di Campoformido, 1797).

Anche Venezia aveva importato «schiavoni» perchéaveva avuto bisogno di manodopera per costruire conla bianca pietra d’Istria i suoi palazzi e le sue piazze.

Albona visse civilmente sotto l’Austria !no al 1918;la cittadina continuò ad essere italiana e il contadocroato. La tradizionale politica austriaca (millenaria!)del divide et impera non impediva ai miei genitori dis!lare per le vie cittadine con la bandiera italiana nellefeste della Lega Nazionale.

Le due etnie italiana e croata convissero paci!ca-mente nei propri ruoli !no alla nascita delle ideologienazionaliste, negatrici dei diritti umani fondamentali;inizialmente (sec. XIX) esse erano l’espressione di al-cune élites ma con l’avvento del fascismo e soprattuttodel comunismo nel XX secolo sono de"agrate.

Io sono nato ad Albona dove ho sempre parlato ita-liano; lo stesso vale per mia madre e i suoi antenati (iNegri o de Nigris), albonesi da almeno cinque secoli.

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Fiume a Bari, si pubblicano studi, ricerche, romanzi,giornali, si organizzano eventi da persone italiane ecroate in Italia e in Croazia e scambi commerciali e tu-ristici che favoriscono e preparano una nuova convi-venza civile tra etnie.

Nonostante i suoi limiti burocratici, anche l’UnioneEuropea è !n da ora un promettente collante, prepa-rato da anni da Alpe Adria ed altre istituzioni interre-gionali delle due sponde. Le tecnologie informatichesono senza dubbio un mezzo comunicativo inarresta-bile che aiuterà la convivenza.

Dobbiamo imparare qualche cosa dalla Svizzera, doveda 750 anni convivono paci!camente (e per interesse)quattro etnie diverse.

Ho lasciato Albona nel 1946. Avevo 18 anni.

Mario Viscovi

A partire dal 1946 tutti i sacerdoti di Albona sono fug-giti profughi assieme alla quasi totalità del popolo ita-liano. Tuttavia in Istria diversi sacerdoti sono statimassacrati. Negli anni ’50 molti croati cattolici delladiaspora vennero assistiti per incarico di Pio XII da ungiovane sacerdote profugo da Zagabria (Vladimir Vince,che la mia famiglia ebbe la fortuna di conoscere a Mi-lano) prima che i comunisti facessero precipitare l’ae-reo nel quale viaggiava.

Il martirio è stato sempre fecondo. Personalmente,ho fede nelle potenzialità di ripresa dell’uomo. Credonella Provvidenza di Dio che sa ricavare il bene daquello che per noi è male e che Lui permette nel ri-spetto della libertà che ha voluto per l’uomo. Col suoaiuto l’uomo ha saputo sempre ripartire, ricominciare.

Da che mondo è mondo, "ussi di civiltà scorrono trale due rive dell’Adriatico, soprattutto (ma non sola-mente) da occidente verso oriente; anche oggi, da

1910. Casa Viscovich (detti Sturla): abitazione e magazzini. Da destra a sinistra: nonno Valentino, nonna Giuseppina, papà Vico, zia Catina, zio Miro, zio Ciso

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Trieste

Albona