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Parliamo di noi ...

di Aldo T erreni(Presidente della Sezione di Firenze)

Carissimi,

innanzitutto grazie per la fiducia che mi aveteconfermato per il prossimo triennio, vi assicuro chefarò del mio meglio per meritarla.

Ci aspetta un periodo molto difficileeconomicamente, perché dovremo ingegnarci perrimediare al mancato introito del Rifugio Firenze, chedal 1° gennaio 2011 sarà gestito direttamente dallaProvincia Autonoma di Bolzano che ne è laproprietaria. E’ un vero peccato e sicuramente ancheun’ingiustizia, che dopo 86 anni e l’impegno che lanostra Sezione ha sempre messo per migliorare ilRifugio Firenze, questo ci venga tolto, ma cosìstanno le cose e non abbiamo appigli legali perpoterci opporre a una decisione politica che ci hascavalcato.

Il 2009 è stato un anno molto intenso per lanostra Sezione, e tutti i gruppi e le Sottosezionihanno svolto una grande attività, vorrei segnalarein particolare il Corso di Sci di fondo, proposto dallaSottosezione di Scandicci e poi realizzato con laSezione con un risultato veramente lusinghiero, che

CONSIGLIO DIRETTIVO

Informiamo i Soci che il risultato elettorale scaturito dalleoperazioni di voto, svoltesi lo scorso 7 ed 8 novembre 2009,per il rinnovo cariche sociali valide per il triennio 2010-2012, ha dato il seguente esito e che, pertanto, il nuovoConsiglio Direttivo è così composto:

Aldo Terreni (Presidente)

Carlo Marinelli (Vice Presidente)

Carlo Barbolini (Consigliere)

Arrigo Cinti (Consigliere - Segretario)

Piero Lazzerini (Consigliere)

Marco Passaleva (Consigliere)

Enrico Sani (Consigliere - Tesoriere)

COLLEGIO DEI SINDACI REVISORI

Nel corso della stessa consultazione elettorale sono statialtresì eletti, sempre per il triennio 2010-2012, i seguentiSoci che compongono il Collegio dei Sindaci Revisori:

Giancarlo Tellini (Presidente) - Marco Isidori - Guido Verniani

si sta ripetendo anche per questo anno. La sinergia fra Sezione eSottoSezioni nell’organizzazione delle gite sta dando ottimi risultati eriusciamo a utilizzare il pullman quasi sempre. Come tutti sapetequest’anno a L’Aquila c’è stato un terremoto disastroso, e in segnodi solidarietà abbiamo deciso di fare il gemellaggio con la Sezionedel C.A.I. di quella città, anche in omaggio ad Andrea Bafile, aquilano,deceduto pochi mesi fa. La cerimonia si è svolta durante la FestaSezionale del 22 novembre scorso ed ha avuto momenti di grandecommozione e partecipazione. A proposito della festa credo che siaindispensabile ringraziare quanti hanno lavorato per la buona riuscitadella manifestazione, un grazie particolare alle signore che con grandearte e sapienza hanno preparato un buffet semplicementespettacoloso, un abbraccio ai premiati per i 60 e 65 anni di iscrizionealla nostra Sezione per la grande simpatia con cui hanno commentatole fotografie che ricordavano episodi della loro gioventù.

Una menzione particolare merita il coro “La Martinella” checon i suoi concerti benefici, due sono stati fatti anche per l’Abruzzo,sta dando un tangibile segno di solidarietà a molte iniziative fatte infavore di chi è in difficoltà. Quest’anno avremo un’altra ricorrenza dacelebrare degnamente, i 100 anni dello Sci Cai, Daniela e il suogruppo stanno lavorando intensamente per la buona riuscita di questocentenario.

Un abbraccio e buona montagna a tutti.

Aldo

[email protected]

Quadrimestrale della Sezione di Firenzedel Club Alpino It alianoVia del Mezzetta, 2M - 50135 FIRENZEtel.: 055 6120467 - fax: 055 6123126

Direttore Respo nsabileRoberto Masoni

RedazioneAlfio Ciabatti, Marco Bastogi,Sergio Cecchi, Giorgia Contemori,Carlo Marinelli, Cristina Marrani,Giuliano Pierallini, Stefano Saccardi,Roberto Smarrini,Marina Todisco, Andrea Tozzi

CollaboratoriMarco Gori, Sergio Rinaldi

Spedizione in abbonamento postale45% art.2 comma 20/B Legge 662/96Filiale di FirenzeAutorizzazione del Tribunale di Firenze n.68 del 14/3/49

Gli originali, di regola, non si restituiscono; le diapositivesaranno restituite, se richieste. La Redazione accetta articoliriservandosi, a suo insindacabile giudizio, se pubblicarli eriservandosi ogni decisione sul momento e la forma dellapubblicazione, compatibilmente con lo spazio disponibile.Tutti i diritti sono riservati, la riproduzione anche parziale deitesti e delle immagini senza consenso è vietata salvoautorizzazione del CAI FirenzeStampa:Stabilimento Grafico CommercialeCosto della pubblicazione: Euro 5,00

La Rivista è distribuita ai Soci della Sezione Fiorentinadel CAI, alle Sezioni Tosco-Emiliano Romagnole, ai GruppiRegionali, a Gruppi Escursionistici della Provincia, adAmministrazioni locali ed alle Comunità Montane

in copertina: Palestra di roccia di MaianoGiovanni Bertini, negli anni ‘60, durante l’apertura di una via(foto L. Benincasi)

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CONVOCAZIONEASSEMBLEA STRAORDINARIA DEI SOCI

L’Assemblea Straordinaria dei Soci della Sezione di Firenze del Club Alpino Italiano è convocata presso la sede sociale,via del Mezzetta 2M - Firenze, per le ore 15,00 di mercoledì 17 febbraio 2010 in prima convocazione,e

per le ore 17,00 del giorno GIOVEDI’ 18 FEBBRAIO 2010, in seconda convocazione,

per discutere il seguente Ordine del Giorno:”Modifica statutaria finalizzata all’ottenimento della Personalità Giuridica

Regionale sulla base del testo pubblicato sul numero 1/2010 di Alpinismo Fiorentino”.

Modifiche allo S tatuto della Sezione

Le modifiche da apportare allo Statuto attuale della Sezione si sono rese necessarieper adeguarlo agli standard che la Regione Toscana richiede alle Associazioni, comela nostra Sezione CAI, per concedere l’iscrizione al Registro delle personalitàgiuridiche. In pratica, si è trattato di questo:- togliere dallo Statuto della Sezione ogni richiamo esplicito allo Statuto e alRegolamento Nazionali;- all’art. 5 definire esattamente chi sono i soci benemeriti, ordinari, familiari e giovani- chiarire che se la Sezione dovesse essere sciolta, la delibera di scioglimentodovrebbe essere approvata con le modalità previste dall’art. 21, comma 3, del Codicecivile.Ecco allora le modifiche in questione: (per brevità non riportiamo, per gli articolimodificati, tutto l’articolo, ma solo il comma modificato, sono evidenziate in rosso leparti da togliere ed in verde le aggiunte).

Art. 1 – Denominazione e durat aOmissis

Vecchia versione, ultimo capoverso:Lo svolgimento di attività diverse da quelle menzionate, purché ad esse connesse,può avvenire solo in aderenza alle direttive ed orientamenti della Sede CentraleNuova versione: tutto da togliereArt. 5 – SociVecchia versione:Sono previste le seguenti categorie di soci: benemeriti, ordinari, famigliari e giovani.Non è ammessa alcuna altra categoria di soci.Nuova versione:Sono previste le seguenti categorie di soci: benemeriti, ordinari, famigliari e giovani.Non è ammessa alcuna altra categoria di soci.- Sono soci benemeriti le persone giuridiche che conseguono l’iscrizione alla Sezioneversando alla stessa un notevole contributo;- Sono soci ordinari le persone fisiche di età maggiore di anni diciotto;- Sono soci familiari i componenti il nucleo familiare del socio ordinario e con essoconviventi, di età maggiore di anni 18 che ne facciano espressa richiesta;- Sono soci giovani i minori di anni 18.Art. 14 – AssembleaVecchia versione, primo capoverso:L’Assemblea dei Soci è l’organo sovrano della Sezione; essa rappresenta tutti i sociordinari e familiari di età maggiore di anni diciotto, e le sue deliberazioni vincolanoanche gli assenti o i dissenzienti.Nuova versione:L’Assemblea dei Soci è l’organo sovrano della Sezione; essa rappresenta tutti i socie le sue deliberazioni vincolano anche gli assenti o i dissenzienti.

OmissisVecchia versione, quarto capoverso:elegge i delegati all’Assemblea dei Delegati del Club Alpino Italiano, nel numeroassegnato, scelti tra i soci maggiorenni ordinari e familiari della sezione, con lemodalità stabilite dall’ordinamento nazionale, con esclusione del voto percorrispondenza o per delegaNuova versione:elegge i delegati all’Assemblea nazionale dei Delegati del Club Alpino Italiano, nelnumero assegnato, scelti tra i soci ordinari e familiari della sezione, con esclusionedel voto per corrispondenza o per delega

OmissisVecchia versione, quinto capoverso:delibera le quote associative ed i contributi a carico dei soci, per la parte destinataalla sezione ed eccedente le quote stabilite dall’Assemblea dei Delegati;Nuova versione:delibera le quote associative ed i contributi a carico dei soci, per la parte destinataalla sezione ed eccedente le quote stabilite dall’Assemblea nazionale dei Delegati;

OmissisVecchia versione, ottavo capoverso:delibera lo scioglimento della sezione;Nuova versione:delibera lo scioglimento della sezione con le modalità previste dal seguente art.18;

OmissisArt. 16 – Partecip azioneVecchia versione, primo capoverso:hanno diritto di intervenire all’assemblea ed hanno diritto di voto tutti i soci ordinari efamiliari di età maggiore degli anni diciotto in regola con il pagamento della quota

sociale relativa all’anno in cui si tiene l’assemblea; i minori di età possono assistereall’assemblea.Nuova versione:hanno diritto di intervenire all’assemblea ed hanno diritto di voto tutti i soci ordinari efamiliari in regola con il pagamento della quota sociale relativa all’anno in cui si tienel’assemblea; i minori di età possono assistere all’assemblea.

OmissisArt. 18 – DeliberazioniOmissisVecchia versione, quarto capoverso:La deliberazione di scioglimento della sezione deve essere approvata con lamaggioranza di tre quarti dei soci aventi diritto al voto.Nuova versione:La deliberazione di scioglimento della sezione deve essere approvata con le modalitàpreviste dall’art. 21, comma 3 del Codice civile.

OmissisArt. 29 – Costituzione (scuole)Vecchia versione, primo capoverso:Al fine di provvedere all’organizzazione e alla gestione di corsi di formazione per leattività alpinistiche, sci-alpinistiche, di arrampicata libera, di alpinismo giovanile, dispeleologia ed eventuali altre attività secondo quanto deliberato dal comitato CentraleIndirizzo e Controllo, possono essere costituite in seno alla Sezione Scuole a caratterepermanente.Nuova versione:Al fine di provvedere all’organizzazione e alla gestione di corsi di formazione per leattività alpinistiche, sci-alpinistiche, di arrampicata libera, di alpinismo giovanile, dispeleologia ed eventuali altre attività possono essere costituite in seno alla SezioneScuole a carattere permanente.

OmissisArt. 30 – Costituzione (sottosezioni)Vecchia versione, primo capoverso:Il Consiglio Direttivo può, a norma e con le procedure previste dallo Statuto e dalRegolamento Generale del CAI, costituire una o più Sottosezioni; la Sottosezione faparte integrante della Sezione agli effetti del tesseramento e del computo del numerodei delegati elettivi all’assemblea dei delegati del CAI.Nuova versione:Il Consiglio Direttivo può costituire una o più Sottosezioni; la Sottosezione fa parteintegrante della Sezione agli effetti del tesseramento e del computo del numero deidelegati elettivi all’assemblea dei delegati del CAI.

OmissisArt. 33 – Tentativo di conciliazioneVecchia versioneLa giustizia interna al Club Alpino Italiano è amministrata sue due gradi di giudizio: ilprimo a livello regionale, il secondo a livello centrale. Il Collegio Regionale dei Probiviriè l’organo giudicante di primo grado, il Collegio Nazionale dei Probiviri è l’organogiudicante di secondo grado. Le controversie che dovessero insorgere tra i Soci ofra i Soci ed organi periferici, relative alla vita sociale, non potranno essere deferiteall’autorità giudiziaria, né al parere o all’arbitrato di persone o enti estranei al sodalizio,se prima non vengano aditi gli organi competenti a giudicare, secondo le normeprocedurali stabilite dallo Statuto, dal Regolamento Generale del CAI e dalregolamento disciplinare, e non si sarà esaurito nei suoi possibili gradi l’intero iterdella controversia relativa.Nuova versioneLa giustizia interna al Club Alpino Italiano è amministrata sue due gradi di giudizio: ilprimo a livello regionale, il secondo a livello centrale. Il Collegio Regionale dei Probiviriè l’organo giudicante di primo grado, il Collegio Nazionale dei Probiviri è l’organogiudicante di secondo grado. Le controversie che dovessero insorgere tra i Soci ofra i Soci ed organi periferici, relative alla vita sociale, non potranno essere deferiteall’autorità giudiziaria, né al parere o all’arbitrato di persone o enti estranei al sodalizio,se prima non si sarà esaurito nei suoi possibili gradi l’intero iter della controversiarelativa.Art. 34 – ( Rinvio alle norme del Club Alpino It aliano ) (Entrat a in vigore)Vecchia versione, primo capoverso:Per tutto quanto non previsto nel presente ordinamento si applicano le disposizionidello Statuto e del Regolamento Generale del Club Alpino Italiano. Il presenteordinamento entrerà in vigore dopo la sua approvazione da parte del Comitato centraledi indirizzo e controllo del CAI.Nuova versioneIl presente ordinamento entrerà in vigore dopo la sua approvazione da parte delComitato centrale di indirizzo e controllo del CAI.

Omissis

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Il Coro La Martinella, del C.A.I. Firenze, ha partecipato al 7° Fes-tival europèen de Choeurs d’Hommes tenutasi in Francia tra il 30 - 31maggio 2009, con il sostegno del Conseil Général du département Isèree dei comuni di Saint Marcellin e Chatte nella regione del Delfinato.

Nei due giorni in cui si è svolta la manifestazione, si sono succedutitre eventi canori nei centri di Saint Marcellin, di Chatte e nella splendidaabbazia gotica di Saint Antoine. L’incontro canoro ha visto lapartecipazione di cinque cori, tre dei quali francesi: il coro locale Entresol,della regione del Delfinato, organizzatore del festival, il coro LousGaouyous della zona basca pirenaica e il coro La Solorma della vicinazona delle prealpi di Vercors. Era inoltre presente il coro irlandeseBallinteer M.V.C. di Dublino e naturalmente il nostro Coro La Martinellache ha portato, come sua consuetudine, all’attenzione dellamanifestazione internazionale oltre al canto della Montagna, anche il cantopopolare toscano.

La manifestazione ha avuto un successo inaspettato;complessivamente, nelle tre occasioni canore si è avvicendato un pubblicodi circa 1.800 spettatori. Particolarmente emozionante è stata l’aperturaufficiale del festival alla presenza del Sindaco di Chatte, in una strutturaadiacente al palazzo comunale, dove alla presentazione di ogni coro ospitato,è seguita la banda che ha scandito le note dei rispettivi inni nazionali che ognicorista naturalmente ha prontamente intonato. Il concerto conclusivo, tenutosidomenica 31 maggio nello spazio-Dumoulin Vincendon a Chatte, ha vistoun altro momento significativo e particolarmente emozionante. Mentre tutti icori erano riuniti sul palco, al termine dell’esecuzione di un canto comune,

preparato appositamente per questa manifestazione, su richiestaspontanea del pubblico, è stata richiesta “La Montanara”.

Sorprende che questo canto sia conosciuto da cori stranieri,tipicamente dediti a repertori ben diversi da quello del canto diMontagna, ma è successo che dopo pochi istanti, il tempo di deciderechi doveva dirigere l’esecuzione e chi faceva il solista, e tutti i 150coristi presenti, hanno cantato La Montanara. Questa semplice ebella melodia che con poche parole evoca tempi e luoghi immaginariesercita certamente un fascino particolare che pochi altri canti sannoinfondere; bastano le prime note per riconoscerla e per portare ilsapore ed il piacere della Montagna anche alla gente di pianura.Questo brano è particolarmente sentito da noi del Club Alpino Italianoperché è nato ad opera dell’alpinista, accademico del C.A.I. ToniOrtelli, su uno spunto melodico da lui udito in un’osteria nel lugliodel 1927. Lo trascriverà per ricordare l’amico e guida alpina EmilioBich tragicamente scomparso quell’anno sul M. Rosa;successivamente il maestro Luigi Pigarelli, ne curerà la stesuraarmonica e poetica.

Il canto, divenuto cavallo di battaglia del grande coro trentinodella SAT che lo ha reso famoso e ne ha curata la prima edizionenel 1930; è quindi a buona ragione riconosciuto ormai da tutti comel’inno internazionale della Montagna e quest’occasione hadecisamente constatato la veridicità della cosa. Il coro La Martinellaha raccolto un’infinità di calorosi applausi e la simpatia del pubblicoFrancese; un pubblico molto attento ed educato a questa specificaespressione musicale che non è assolutamente facile incontrarenelle nostre consuete occasioni canore. Per il Coro è statacertamente un’occasione memorabile per far conoscere una realtàmeno nota di Firenze, quella del coro popolare di montagna checontribuisce, nel suo piccolo, a portare in alto il nome della nostracara città, unendo nazioni e culture diverse sotto l’egida del Canto:espressione di pace e concordia tra i popoli.

La Mont anaraè l’inno della Mont agna

di Marco Bastogi(Coro La Martinella)

Foto Claudio Porrati

!CONVOCAZIONEASSEMBLEA ANNUALE DEI SOCI

L’Assemblea Ordinaria dei Soci della Sezione di Firenze del Club Alpino Italiano è convocata presso la sede sociale, viadel Mezzetta 2M - Firenze, per le ore 12,00 di giovedì 11 marzo 2010 in prima convocazione,e

per le ore 17,00 del giorno SABATO 13 MARZO 2010, in seconda convocazione,

per discutere il segeunte Ordine del Giorno:

1 Elezione del Presidente, del Segretario dell’Assemblea e di tre Scrutatori; 2 Lettura ed approvazione del verbale dell’Assemblea Annuale svoltasi sabato 14 marzo 2009; 3 Relazione del Presidente sull’attività svolta nell’anno 2009; 4 Relazione dei Reggenti delle Sottosezioni e dei Responsabili dei Gruppi della Sezione

sull’attività svolta nell’anno 2009; 5 Lettura del Bilancio Consuntivo dell’anno 2009 e relazione dei Sindaci Revisori; 6 Approvazione del Bilancio Consuntivo dell’anno 2009; 7 Presentazione del Programma del’attività per l’anno 2010 e lettura del Bilancio preventivo per

l’anno 2010; 8 Quote sociali per l’anno 2011; 9 Elezione dei Delegati sezionali all’Assemblea dei Delegati del Club Alpino Italiano; 10 Varie ed eventuali.

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Chiudo il cancello della casa di Bivigliano; mamma miache buio! Il cielo è nero con tante stelle. Monto in macchina e ilnonno di non addormentarmi perché può darsi di vederequalche capriolo. Infatti, poco dopo, un capriolo ci attraversala strada nascondendosi tra i cespugli: che bello! “Svegliati “dice il nonno. Siamo in un piazzale vicino alla Casetta Pulledrari.

Iniziamo a camminare nel bosco che è ancorabuio.Saliamo e il cielo comincia a schiarirsi. Dopo una ripidasalita arriviamo al rifugio del Montanaro, una bella casetta inmezzo al bosco. E’ chiuso. Facciamo una piccola sosta quindiriprendiamo il cammino e poco dopo si apre davanti a noi unmagnifico panorama: siamo sul crinale, sia a destra sia a sinistraimmense valli e catene di monti a non finire. Proseguiamo percresta e dopo una ripida salita arriviamo in cima al monteGennaio (m. 1850).

In cima al monte, dentro una scatola di ferro, c’è il “Librodi vetta”, un quaderno dove gli escursionisti scrivono il proprionome.Metto la mia firma e mi sdraio per riposarmi. Dopo un po’iniziamo a scendere ma non facciamo lo stesso percorsodell’andata. A un certo punto deviamo per raggiungere la Fontedell’Uccelliera. E’ una sorgente che viene da sotto due massi.Quest’acqua, come scritto su una targa, con un lungo percorsosi tuffa nel mare Adriatico davanti a Pola.

Dopo mangiato e bevuto quest’acqua freddissima ilnonno mi propone di andare a vedere un altro rifugio: il rifugioPortafranca.Per mia fortuna è aperto. Entriamo e sentiamo unprofumo di mangiare.Salutiamo il custode che ci dice che stapreparando fagioli e salcicce. Il nonno mi fa vedere l’interno

del rifugio: la cucina, la sala da pranzo e peruna scala si raggiungono le camere con i lettia castello; è la prima volta che vedo un rifugio.

Riprendiamo il cammino si torna alrifugio del Montanaro e qui ci aspetta untemporale che ci accompagna fino allamacchina. Ci cambiamo i vestiti, monto inmacchina e… “ che giornata! Quanteemozioni: il Libro di vetta, la fontedell’Uccelliera, il rifugio Portafranca e iltemporale”. Mi risveglio a Bivigliano.

QUOTE SOCIALI PER

L’ANNO 2010Si ricorda che, a norma di Regolamento Generale, le quote socialidevono essere corrisposte alla Sezione

entro il 31 marzo di ogni anno

Si informano i Soci che, in caso di versamento delle suddette quotein data successiva al 31 marzo, sarà loro sospesa sia la coperturaassicurativa relativa al Soccorso Alpino e Speleologico sia l’inviodelle pubblicazioni nazionali e sezionali del CAI. Si informa inoltre chein caso di ritardato pagamento delle quote sociali sia la coperturaassicurativa sia l’invio delle sopracitate pubblicazioni saranno riattivateesclusivamente a decorrere dall’effettiva data del versamento.

Le quote sociali per il 2010, stabilite dall’Assemblea Ordinaria deiSoci della Sezione, sono le seguenti:

Soci Ordinari Euro 53,00 - Soci Familiari Euro 25,00

Soci Giovani Euro 20,00 - Soci Vitalizi Euro 20,00

(massimali: morte 55.000,00 - invalidità permanente80.000,00 - Spese di cura 1.600,00)

E’ possibile, al momento del rinnovo o della nuova iscrizione al CAIFirenze, richiedere una copertura con i massimali più alti (morte110.000,00 - invalidità permanente 160.000,00 - Spese di cura1.600,00), con un costo aggiuntivo di Euro 2,00.

Il versamento può essere effettuato in contanti, o tramite assegnobancario, Bancomat, Carta di Credito, presso:- la sede sociale - Via del Mezzetta 2M - 50135 FIRENZE (tel.: 0556120467 - fax: 055 6123126 - [email protected]

nei giorni:- dal lunedì al giovedì dalle ore 16,00 alle ore 19,00

- il venerdì dalle ore 9,00 alle ore 13,00 e dalle ore 16,00 alle

ore 19,00

- ed inoltre il mercoledì dalle ore 21,00 alle ore 22,30 fino a

mercoledì 31 marzo compreso.

oppure, Il versamento può essere effettuato in contanti, o tramiteassegno bancario, Bancomat, Carta di Credito, presso:- la sede sociale - Via del Mezzetta 2M - 50135 FIRENZE (tel.: 0556120467 - fax: 055 6123126 - [email protected]

oppure, esclusivamente entro il 31 marzo presso i seguenti negozi,secondo i rispettivi orari di apertura:CLIMB - via Maragliano, 149/151 r. - 50144 FIRENZELIBRERIA STELLA ALPINA - via Corridoni, 14 r - 50134 FIRENZEOBIETTIVO MONTAGNA - Via Arnolfo 6 L/M - 50121 FIRENZE

Il versamento della quota sociale può inoltre essere effettuatotramite bollettino di Conto Corrente postale (conto corrente postale

n° 28036507, intestato a Sezione Fiorentina del Club Alpino Italiano,via del Mezzetta 2/M - 50135 FIRENZE). Con ‘occasione si ricordache coloro che effettuano il versamento sul conto correntepostale sopraindicato, sono tenuti a corrispondere alla Sezionela quota maggiorata di Euro 3,00 (per nucleo familiare) per ilrimborso della spesa postale per l’invio del Bollino annuale delCAI tramite Raccomandata.

Che giornat a!Ricordi di una gita in montagna

di Irene Gramegna Marinelli(CAI Firenze)nella foto sopra:

annotazione sul libro di vettasotto:al Rifugio Montanaro e sulle scale del Rifugio Portafranca

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Se mi chiedessero un valido motivo per giustificareperché, per tanti anni, ho frequentato Maiano non avreiesitazioni a rispondere che la bellezza del luogo ha sempreprevalso sull’aspetto tecnico. Con qualunque mezzo vi sigiunga, Maiano è pur sempre una boccata d’ossigeno, unimmergersi fra le colline che si trovano a settentrione diFirenze, dove si può camminare, leggere, magari fermarsianche solo per qualche minuto a scambiare due parole congli amici di sempre e, mentre l’occhio corre sui merli dellaTorre di Vincigliata, trovare tutta la serenità che questo luogosa trasmettere.

E’ pur vero, tuttavia, che Maiano è essenzialmenteconosciuto, nel nostro ambiente, per la sua parete di roccia.Nel 1987 apparvero sul nostro bollettino due articoli, uno diLeandro Benincasi, l’altro di Andrea Astorri, che avevanol’obiettivo di celebrare i vent’anni di attività della palestrasimbolo degli arrampicatori fiorentini. Ne sono passati, adoggi, oltre quaranta; motivo di più per raccontare gli ultimivent’anni ed, al tempo stesso, ricordare l’importanza chequesto “muro color ocra”, come Leandro lo chiamò, ha svoltonella realtà fiorentina.

Maiano nasce, alpinisticamente parlando, nel 1967anche se, è pur vero, che vi si arrampicava anche prima ditale data, già dai primi anni ’50. Fu “per iniziativa di PaoloGori che … nasce”, infatti, “nel 1952, in una cava di MonteCeceri ancora in parte interessata dall’attività estrattiva, laprima “palestra alpina”, un nome mutuato da altre palestredell’arco alpino. Fu intitolata ad Emilio Comici, un nome cherichiamava la memoria di colui che, forse più di altri, eraconsiderato, in quel periodo, un idolo per le nuove generazionidi alpinisti” (da: Roberto Masoni – Mezzo secolo di alpinismo).Fra questi primi frequentatori della palestra, ne cito solo alcunianche se l’elenco sarebbe molto più lungo, ricorderò PaoloMelucci, Giancarlo Dolfi, Sandro Cencetti, Guido Ridi.Successivamente alla “Comici”, e sempre nel comprensoriodi Monte Ceceri, fu aperta quella che, a breve distanza ditempo, avrebbe assunto il nome di “ASNU” dal nome delconsorzio incaricato della pulizia urbana della città, l’odiernaQuadrifoglio per intenderci. Siamo nella seconda metà deglianni ’60. Il nome ASNU “dice tutto sul genere di degradolamentato: la cava veniva usata come discarica delleimmondizie del comune di Fiesole e presto ne divenneimpossibile la frequentazione” (da: Leandro Benincasi – Quelmuro color ocra).

Dall’abbandono di questa discarica nasce la palestradi Maiano. A scorgerla ed a valutarla, come poi verificatosi,potenzialmente adeguata all’arrampicata furono LeandroBenincasi e Giancarlo Campolmi. “A trovare questo nuovomuro … furono … Istruttori della Scuola che per primi netracciarono le vie, una tradizione che si è d’altronde protrattanel tempo. Quasi tutte le vie di Maiano sono state aperte daIstruttori della Scuola, per primi Benincasi, Ghiandi e Ponticelli,seguiti dai Verin, Bertini, Barbolini, Denti ed altri, passandoattraverso le esperienze dell’arrampicata sportiva, con itracciati aperti da Cirri, Schlatter, Virgilio, Piccini, fino agiungere agli anni ’90, alle ultime linee di arrampicata aperteda Masoni” (da: Roberto Masoni – Mezzo secolo di alpinismo).

Quel muro color ocra

di Roberto Masoni(Alpinismo Fiorentino)

salvo diversa indicazione,tutte le foto sono di R. Masoni

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A frequentare, per primi, la palestra furono, insiemea Leandro, anche Umberto Ghiandi e Paolo Ponticelli. Nel1967, data che, come abbiamo detto, segna ufficialmentel’inizio dell’attività di Maiano, aprono la loro prima via. Comeera ovvio che fosse, sfruttarono il tratto di parete da lorogiudicato più vulnerabile, la via si chiamerà via dei diedrineri, nome che, nel tempo, si trasformerà in via dei neri, ineri, attualmente solo Neri. Fu aperta naturalmente dalbasso, come costume voleva, utilizzando i normali chiodiper la progressione. Seguì poco dopo l’apertura della viadell’acqua minerale, nome legato al nobile gesto di qualcunoche “in una giornata di lavoro alpinistico particolarmente caldaebbe l’amorosa idea di andare a comprare una bottiglia diminerale e di offrircela” (L. Benincasi – c.s.). I tre non sifermano, aprono Nicoletta, in onore di Nicoletta Strambelliin arte Patty Pravo, via destinata poi a scomparire a causadei numerosi crolli (attaccava all’incirca in corrispondenzadell’attuale Acqua Minerale e finiva traversando fino alterrazzino, poi crollato, della Neri), e Le Mura, il primo

itinerario cheaffrontava la fasciadi placche centraliall’apparenza cosìrepulsive. C’è dadire che, oltre lasosta attuale, la viaLe Mura proseguivaquasi in verticale eterminava nonlontano dallasommità dellaparete. Fu apertanel 1968 e fuchiamata Le murasuperiore, credoche molti degliattuali frequentatoridi Maiano nonsappiano nemmenosia esistita.

Con la scopertadella parete diMaiano si aprono

anche nuove opportunità d’insegnamento per la Scuola diAlpinismo Tita Piaz che subito ne usufruisce per i propri corsi.La utilizza infatti, già nel 1967, per tre uscite del corso dialpinismo. Ricercando fra le carte della Scuola dirò che gliallievi di quel corso erano: S. Barucci (1950), P. Bruscoli(1942), D. Bonosi (1943), G. Campi (1943), L. Campolmi(1951), A. Casini (1940), G. Casini (1946), P. Cavini (1950),A. Del Taglia (1946), S. Donati (1942), D. Fantaccini (1950),F. Fattirolli (1952), E. Martinelli (1943), V. Minelli (1939), E.Perrone (1946), E. Pranzini (1947), F. Torricini (1944), T.Torricini (1939), M. Vicario (1950), R. Pagnini (1941), C.Toccafondi (1947), A. Vieri (1949). La quota di iscrizione delcorso ammontava a 5.000 lire mentre per i Soci del GSF eminori di 21 anni si riduceva a 3.500 lire. Dirò anche cheGilberto Campi, allievo del corso, parteciperà, solo due annidopo, alla spedizione all’Ararat organizzata dalla Scuola,composta anche da Valdo Verin e Giancarlo Campolmi, sottola guida di Paolo Melucci.

Nel 1968 Mario Verin e Giovanni Bertini fanno il loroingresso a Maiano, un ingresso vitale che segnerà il futurodella palestra che già svolgeva un ruolo allenante ma era,pur sempre, un tipo di attività che aveva una connotazionepropedeutica. La palestra cittadina come una montagna in

sopra:una foto, primi anni ‘50, della Palestra Emilio Comici

(foto S. Cencetti)sotto:

la Palestra ASNU (foto L. Benincasi)

a sinistra: il nulla-osta del corso 1967

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miniatura, dove vigevano, tuttavia, le regole fondamentalidell’attività alpinistica vera e propria. In questo contesto lapresenza di Mario Verin riuscirà a produrre un sostanzialecambiamento della mentalità ed a dare una nuova visionedel concetto di “palestra” e quindi dell’effetto addestranteche tale pratica procurava. Il livello si innalzerà subito, iproblemi tecnici del momento saranno entro breve risolti.

Verin e Bertini aprono quella che sarà considerata lavia più dura del momento, Aulin, dedicata ad Ewa Aulin,attrice svedese dalle abbondanti quanto accattivanti forme.Quindi in rapida successione la diretta le mura e lo spigolino,oggi comunemente chiamato spigolo, che Giovanni apre, inartificiale, in compagnia di Leopoldo Fiaschi. Nel giro di pochimesi vedono la luce Charlie Brown e Charlie BrownSuperiore. Quest’ultima coincideva esattamente all’attualePiri Piri. Una variante, aperta da Mario Verin, usciva a destraprima del traverso per giungere al punto di sosta delle Murasuperiore, di cui ho già parlato. Nello stesso periodo vieneaperta anche Che Guevara, via che porta la firma di GiovanniBertini e Paolo Melucci. Va detto, a beneficio dei più giovani,che Che Guevara aveva uno sviluppo completamente diversodall’attuale, il tracciato originario coincideva grosso modocon l’attacco attuale della Dio, quindi obliquava a sinistraaggirando il grande tetto alla sua destra e raggiungendo,tuttavia, il medesimo punto di sosta odierno. Vale la penaricordare un episodio curioso legato all’apertura di questavia. Sembra, infatti, che, una volta ultimata la chiodatura,fosse posta, al riparo del grande tetto, un’immagineincorniciata del celebre rivoluzionario argentino. Sufficientea scatenare la reazione di sostenitori dell’altra sponda che,sfruttando il buio della notte ed a più riprese, cercarono diabbattere il quadro a sassate, senza tuttavia riuscirvi. Buonsenso volle che, per il quieto vivere, il ritratto fosse tolto.Certo è che l’episodio, siamo nel 1969 non dimentichiamolo,ebbe il merito di provocare acute e astute riflessioni, da partedei frequentatori più smaliziati, del tipo “l’alpinismo è di destrao di sinistra?”. Nel clima goliardico del momento le discussionisi sprecavano con altrettante varianti, ad esempio “lapastasciutta è di destra o di sinistra?” e così via.Meglio andare avanti …

Siamo agli inizi degli anni ‘70, Maiano si va popolandoed attrae un numero sempre crescente di frequentatori.Frequentatori ai quali è ben chiaro quale fosse il livello, per

non dire il pensiero eminente di difficoltàche “… era in quegli anni direttamentelegato al grado di chiodatura dell’itinerario(concetto di ispirazione messneriana cheaffermava che un vero passaggio di VIgrado è tale solo se superato da primi dicordata, con l’ultimo chiodo di sicurezzaposto per lo meno a 10 metri di distanza).Per questo motivo molte vie erano spessochiodate con eccessiva scarsezza ...” (L.Benincasi – c.s.).

Si cominciano ad esplorare molti trattidi parete facendo uso della corda dall’alto,si va delineando un costume che diverrà,nel tempo, consuetudine: l’aperturadall’alto. I chiodi tradizionali sarannosostituiti con quelli a pressione. E’ conquesta tecnica che saranno aperte Miriam(aperta in artificiale, attaccava più a destradell’attuale nella quale si inserivaall’altezza della prima placca), il Diedro,Francobollo a lungo chiamato “ i l

passaggio di Mario”, Giulia. Fa la sua comparsa a Maianonel 1971, appena uscito dal corso roccia 1970 della TitaPiaz, Carlo Barbolini. Aprirà alcune delle vie ancora oggi piùfrequentate, le prime nel 1972: diretta lo spigolo e Dio. Tolgola curiosità sull’origine di questo nome che avrebbe dovutoavere, nelle intenzioni di Carlo, qualcosa al seguito. In pocheparole, una best… ehm … un sostantivo sacrilego. Colto sulfatto, mentre stava scalpellando il nome della via sulla roccia,fu tuttavia convinto a più miti e pii propositi. Il nome si fermòa Dio, questa la vera storia di un nome sul quale molto si èdiscusso. Per ironia della sorte, solo un anno dopo, nel 1973,Stefano Denti, detto Gesù, apre, appunto, Gesù, pocodistante dalla Dio. Due vie dal condensato mistico. Dirò ancheche la diretta lo spigolo fu successivamente rinominata inSalto dello Sgranocchiatore a causa di Stefano Costa,conosciuto appunto con il soprannome di Sgranocchiatore,volato e caduto a causa della rottura di un moschettone.Ancora nello stesso anno, nel 1972, Carlo apre Barbara, viache volle dedicare alla bellissima Barbara Bouchet, attriceallora molto in voga in film stile commedia all’italiana, e l’annosuccessivo la Diretta al diedro. Ed a proposito di nomi, vieneaperta in questo periodo anche Nancy, via dedicata a NancySinatra, figlia di Frank, che in quel periodo riscosse notevolesuccesso, scalando la cima, per rimanere in tema, di tutte leclassifiche, con la canzone “These boots are made for walk-ing”. Canzone che ha segnato i ricordi di tutti coloro chefanno parte della nostra generazione.

Nella prima metà degli anni ’70 vengono, inoltre,aperte due vie, che ho lasciato volutamente per ultime eche segneranno una tappa fondamentale nell’evoluzionedell’arrampicata a Maiano. Si tratta di Istruttori e 3V. La primaviene aperta dai soliti, terribili, Benincasi, Verin, Bertini eGhiandi, la seconda da Walter Persico, Valerio Campioni eValdo Verin, fratello di Mario; tre “V” come le lettere inizialidei loro nomi. Va detto anche che originariamente, primache Mario Verin risolvesse il problema del passaggio iniziale,Istruttori attaccava dopo un prolungato traverso a sinistrache si affrontava dal ballatoio iniziale della 3V. Si avverte inquesto periodo, un certo calo di interesse da parte deifrequentatori della palestra. Il mondo alpinistico, d’altronde,va lentamente modificandosi “… profondi mutamentivengono a scuotere l’ambiente un po’ stanco di Maiano.Decisiva risulta la concomitante azione di due fattori: il primocostituito dall’afflusso in palestra di giovani alpinisti

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provenienti spesso da ambienti diversi dalla consueta matricedella Scuola di Alpinismo di Firenze, il secondo costituitodall’influenza, che anche qui in Italia si comincia ad avvertire,delle nuove esperienze provenienti dall’estero e che sipossono sintetizzare nella cosiddetta arrampicata sportiva”(L. Benincasi – c.s.).

Sono gli anni dell’ingresso nella scena mondiale diWolfang Gullich, grande personaggio che portò l’arrampicataa livelli impensabili. Livelli che, all’epoca, sembravanoriconosciuti solo a quei grandi arrampicatori d’oltre oceanoche rispondevano al nome di Warren Harding, Royal Robbins,Yvon Chouinard, Wayne Merry, Galen Rowell, Chuck Pratt,Tom Frost, John Harlin, Greg Lowe, Ray Jardine, Jim Bridwell(mamma mia … e sono solo alcuni). Nel 1972, anno in cuiviene accolto nel Club Alpino Accademico, Giampiero Motti,padre del “Nuovo Mattino”, scrive “I Falliti” sulla Rivista mensiledel CAI. Insomma è un periodo di profondi cambiamenti che,pur nel nostro piccolo, sono avvertiti anche a Maiano.

Con l’avvicinarsi degli anni ’80 la ricerca sistematicadi nuove linee riprende. Nel 1978 Giovanni Bertini e RaffaeleGallo aprono una delle vie, ancora oggi, più impegnativedell’intera palestra: Polverosa, un mix di difficoltà e ricercaestetica del movimento. Nel 1978, Andrea Astorri e MassimoBoni aprono Placca Bianca. Carlo Barbolini apre, nel 1979,Dino poi chiamata Lametta (anche se i ricordi non sonounanimi e anche se oggi la presa della “lametta” non c’èpiù), e nello stesso anno, Cirri, detto Ciro, e Astorri apronola via del Ciro con tre soli chiodi! Una via che ha subìto,purtroppo, alcuni crolli iniziali tanto da non poterla ripetere,oggi, nel suo sviluppo originario. Il livello tecnico è cresciutomolto a Maiano e le nuove vie aperte lo testimonianoampiamente.

Si dovrà attendere, comunque, il 1983 perfesteggiarne l’apertura di una nuova. Anno in cui LeonardoPiccini apre Strizzaiola ed in compagnia di Nicola GambiPizzaiola. Arriva il 1984, Piccini e Federico Schlatter apronouna variante al diedro chiamata Tetto del diedro, quindi Brododi giuggiole (riveduta e corretta da chi scrive dopo alcunicrolli), quindi viene aperta Filetto (Astorri-Piccini), Controfiletto(Piccini-Schlatter), Camomilla (Palagi-Schlatter) e Flipper(Palagi-Piccini). Tutte vie che alzano notevolmente il livellodi difficoltà della palestra, effetto di una nuova tendenza moltoinfluenzata dal consolidarsi dell’arrampicata sportiva più ingenerale. Nel 1985 Piccini apre Lavorare stanca che nascecome una variante di Lametta. Piegava infatti a destra primadella placca centrale, quella della lametta, per poi superaredirettamente lo strapiombo posto sotto la sosta. Sempre nel1985, Piccini e Schlatter aprono la Fessura, oggipraticamente scomparsa e sconosciuta ai più, a lungoconsiderata la più impegnativa via di Maiano. Salivaverticalmente dalla sosta della Charlie Brown ed usciva adestra, dopo la fessura, fino alla sosta delle Mura superiore.

Il 1986 è l’anno della più bella, estetica, elegante viadi Maiano (almeno per me): Eta Beta. Ad aprirla sono duegiovani che dimostreranno, nel tempo, tutto il loro valore:Cristiano Virgilio, oggi affermata Guida Alpina, ed AlbertoTommasi. Astorri traccerà una variante d’attacco ancora piùimpegnativa e, sempre nel 1986, Alberto aprirà ancheRossella. Siamo quasi agli anni ’90.

Ed è proprio a cavallo degli anni ’90, che intorno aquesto “muro color ocra” si venne a creare un discretomovimento di giovani arrampicatori. Mimetizzati all’internodi quest’ultimi anche un gruppetto di agguerriti “meno giovani”

che avevano ereditato, sì, la cultura alpinistica dei “padrinobili” ma che avvertivano in ugual misura un certo pruritoarrampicatorio. Tutta gente che non ha, e non ha avuto, lapretesa di entrare negli annali di Maiano ma che ha dato unproprio, inequivocabile contributo anche se taluno loconsidererà irrisorio. I “tempi d’oro” erano passati ma Maianosuscitava ancora interesse, vi era soprattutto la percezioneche certe “linee” fossero ancora possibili e assicurasseroancora una certa logica. L’ambiente era preparato, un mix di“vecchi tromboni” e “giovani leoni” che non mancavano diguerreggiare amichevolmente fra loro, ma con sempremaggior esasperazione, sui passaggi più duri, talvolta menofrequentati. A Maiano il più era stato fatto, eppure vigevaancora il desiderio di emulazione, la voglia di trovare lineenuove che potessero amalgamarsi con quelle ormai credutedecisive degli anni ’70-’80.

Avevo ripreso a frequentare Maiano sul finire deglianni ’80. Fra gli habitué si era ormai sedimentato il concettoche la parete fosse satura, che non vi fosse più spazio pernuove proposte; in una parola, che l’evoluzione, se dievoluzione vogliamo parlare, si fosse arrestata poiché nonvi era più niente da chiodare. Scrutando la pareteinventammo, tuttavia, qualcosa di nuovo. Banale certo, manuovo almeno. Fra quelle mediocri “invenzioni” scoprimmoil “traverso alto”, salivamo lo spigolo e traversavamo fino aldiedro, più o meno all’altezza delle catene; praticamentestavamo in parete un pomeriggio intero. Enrico Sani, unodei più assidui, passava ore e ore in parete alla ricerca dinuove soluzioni, nuovi problemi da risolvere. E di solito ciriusciva. Inutile ricordare che, da almeno vent’anni, esistevaanche il “traverso basso”. Antesignano del bouldering il

C. Barbolini in compagnia di M. Passaleva,a Maiano, negli anni ‘70(archivio M. Passaleva)

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traverso era, ed è, un “particolare percorso che si snoda aquota modesta da terra per tutta la lunghezza della palestra… dove ognuno, nell’ambito delle proprie possibilità, puòspingersi fino all’estremo limite delle forze e del volo, senzarischi apprezzabili” (L. Benincasi. c.s.). A conferma della diffusagrullaggine, sembrerà strampalato ma lo facevamo, talvolta,anche con metodi del tutto inusuali. Innanzitutto eliminandouna mano, e legandosi naturalmente il braccio inutile dietrola schiena, talvolta senza utilizzare - ma solo in certi tratti -ambedue le mani, il che richiedeva ovviamente tempi diprogressione lunghissimi e giochi di equilibrio degni di unmimo. Carlo lo affrontò con tanto di benda sugli occhi, talvoltalo facevamo cronometro alla mano (i tempi migliori erano sottoi due minuti!). Insomma … divertimento allo stato puro.

In questo contesto, chiodai la mia prima via a Maianoalla quale detti nome Anestesia mentale, francamente, nonricordo perchè. Una via che niente aveva di particolarmenteattraente salvo assicurare almeno un paio di movimentiinteressanti. Poco prima, Bobo, con l’aiuto del Conte, al

secolo Alvaro Ghini, aveva aperto Oggettino per amatori,via di notevole intuito, niente male come livello di difficoltà,un cazzotto allo stomaco per la concentrazione richiesta seeseguita con alcune, fondamentali “regole”. L’anno dopo,con l’aiuto di Luciano Burgalassi, chiodai Saluta tutti,tormentone del momento che si rifaceva ad un notopersonaggio di Panariello, via che portammo poi fino al bordosuperiore della palestra, su terreno a dir poco delicato.Praticamente ghiaia e nemmeno di quella buona. Ma c’eraancora il grande tetto, a destra della via, da risolvere.Provammo, riprovammo … poi finalmente, trovata la chiave,aprimmo il Tetto delle meraviglie in un clima da tregenda, inun’atmosfera da Giudizio Universale che ci costrinse a lungo,a ripararsi sotto il nostro tetto appena chiodato. Meravigliefu mutuato da una nota via del Muzzerone, oggi non piùpraticabile a causa di un crollo di grandi proporzioni.

Ma la linea più bella (più bella per me, ovvio) ancoranon c’era. Presi dalla frenesia di chiodare, ormai senza freni,e dopo aver aperto una via all’Argentario, a destra dellospigolo delle Canne d’Organo, richiodammo, dopo questobreve intervallo, Neasmi tarroccandola un po’ e trovandoleuna nuova uscita, più impegnativa. Per i curiosi dirò che lavia originale aperta da Cantali significa Nucleo EsercitoAccademia di Sanità Militare Interforze, NEASMI appunto.Poi … in un afoso giorno di primavera mi avventurai su PiriPiri, via frequentata pochissimo, forse a causa del temutotraverso prima dell’uscita sopra i tetti centrali. Fu da quelpunto di osservazione che realizzai come nessuna via

passasse a sinistra dei grandi tetti.L’ispirazione impiegò poco a manifestarsiconcretamente. Con Luciano aprimmo Tantavoglia di lei, via impegnativa ed ancora oggi,a quanto mi dicono, per questo la cito, unicavia non ancora “liberata”. Ma non era ancorafinita. Quelle realizzate erano tutte vie apertedall ’alto, tanto da volermi cimentare,scimmiottando i “padri nobili”, con l’aperturadal basso. In una calda mattina di fineautunno, aprii Accendi beppe. Beppe è, alsecolo, Giuseppe Cortesi. “Beppeeeeeeeee,accendi il compressore perdio ………”vociavo. Nacque così quest’ultima via. Anzi.. penultima visto che circa un anno dopo videla luce Beatrix, un clone di Giulia, poco più.

Ad essere sinceri c’era anche un altroprogetto. Progetto appunto … perché maifinito, ma che desidero ugualmente ricordare

soprattutto per tornare con la mente ad un amico che purtropponon c’è più e che ha molto frequentato Maiano. Se levate gliocchi verso il bordo della parete, in alto, più o meno incorrispondenza della Placca Bianca, vedrete una catena isolata,inutile. Questa catena doveva essere il punto di sosta di unavia mai ultimata che avrebbe dovuto chiamarsi 27.7.97. Avrebbevoluto essere un omaggio a Nicola Galeazzo, Istruttore dialpinismo della Scuola Vero Masoni del CAI Sesto, con il qualeho avuto il piacere di arrampicare, morto il 27 luglio 1997 sulloSperone Frendo, all’Aiuguille di Midi nel Gruppo del Bianco. Loseppi dalla radio mentre tornavo a casa. Nicola era una per-sona splendida, era innanzitutto un amico, un ottimo alpinista,una persona che aveva dedicato molto se stesso per portarein montagna gruppi di handicappati. Bisognerebbe fare di più,a cominciare da me, per ricordarlo.

In questo periodo di cui ho parlato, Maiano non erasolo vie, traversi, esplorazione. Maiano era anche luogo diincontro, salotto, luogo di grandi feste; non solo l’abitualepanettone di Natale ed il brindisi di capodanno, come

sopra: Roberto Masoni, nel 1992, sul “Tetto del diedro”sotto: luglio 1995 - Festa a Maiano

(da sinistra: S. Chioccini, S. Pietrini, R. Masoni, Rosetta e Aldo Terreni)(archivio R. Masoni)

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Diedro 5b 1970 Benincasi-DeiDiretta al diedro 5c 1974 BarboliniVecchia diretta 5b 1991 (Masoni)Tetto del diedro 6c 1984 Piccini-SchlatterPolverosa 6c 1978 Bertini-GalloOggettino amatori 6c 1995 Palagi-GhiniBarbara 6a 1973 BarboliniSangue Bollente 6b 1990 Arcaleni-MelliEta Beta 6a+ 1986 Tomasi-VirgilioVariante Eta Beta 7a 1986 AstorriNeasmi 6a+ 1987 CantaleNancy 5b 1973 ?Brodo di Giuggiole 6a+ 1984 Piccini-SchlatterFiletto 6c 1984 Astorri-PicciniControfiletto 6c 1984 Piccini-SchlatterAulin 6a 1968 M. Verin-BertiniMiriam 6a+ 1970 CancianiTry again Luise 6a ? TomasiVariante Diretta 6b+ 1992 MasoniNeri 5b 1967 Benincasi-GhiandiAccendi Beppe 6c 1997 MasoniLametta 6a 1979 BarboliniLavorare Stanca 5c 1985 PicciniSaluta Tutti 6a 1996 Masoni-CiuffiTetto Meraviglie 6b+ 1996 Masoni-BurgalassiPlacca Bianca 5c 1978 Astorri-BoniVariante attacco 6a 1983 Piccini-SchlatterAcqua Minerale 5c 1967 Benincasi-GhiandiGesù 5b 1973 DentiChe Guevara 6c 1969 Bertini-MelucciDio 5b 1972 BarboliniThe alla menta 5b ? ?Tanta Voglia ... 6b A0 1997 Masoni-BurgalassiAnestesia Mentale 5c 1995 MasoniCamomilla 7a 1984 Palagi-Schlatter... Express 7a+ 1985 SchlatterCharlie Brown 5c 1969 M. Verin-BertiniPiri Piri 6b 1969 M. Verin-BertiniDiretta Le Mura 5b 1968 BertiniLe Mura 5b 1967 Benincasi-Ghiandi-

PonticelliDiretta Storta 5b 1975 TonniSpit Span 6a 1990 “Veleno”Francobollo 6a 1972 M. VerinRossella 6a 1986 TomasiBeatrix 5c 1996 MasoniGiulia 5c 1970 CancianiIstruttori 6a+ 1970 Benincasi-Bertini-

Ghiandi-M. VerinCiro 6b+ 1979 Astorri-Cirri3 V 6a+ 1972 Campioni-Persico-

V. VerinPizzaiola 6b+ 1983 Gambi-PicciniStrizzaiola 6b+ 1983 PicciniSalto Sgranocch. 6b 1972 Barbolini-FiaschiLa Vela 6a ? ?Spigolo 5c 1968 Bertini-FiaschiFlipper 6a 1984 Palagi-Piccini

tradizione vuole, ma anche grandi grigliate, di solito in luglio,alle quali partecipavano, talvolta, 100/120 persone, tutteorbitanti nell’ambiente dell’arrampicata fiorentina.

Si partiva presto, il pomeriggio. Qualcuno prendevaun giorno di permesso per aiutare nell’organizzazione: tagliodell’erba, approvvigionamento di ciccia, rosticciana, salsiccee, di solito, tanto vino. Si smontava la “porta” di ferro dellapalestra per utilizzarla come grande griglia sopra massi,messi in circolo, sotto Lavorare stanca. Paolo di Scandicci,detto Decò, che lavorava alle Ferrovie, procurò traversine dilegno, quelle per intendersi dei binari, che servirono per farepanchine. Piero Staderini, ancora oggi rimpianto, procuravala carne dal suo macellaio di fiducia. Pierdomenico, chelavorava all’Enel, e Aldino Pentericci si incaricavano, di solito,di mettere le luci. L’effetto, al calar del sole, era alquantoorientale ma, devo dire, estremamente pratico. Tantelampadine collegate da un unico cavo dalla neri alle mura ealimentate dallo stesso generatore che utilizzavamo ancheper “chiodare”. Era un ambiente arruffato, forse, maappassionato.

Verso le sei del pomeriggio la carovana degli ospiticominciava a muoversi. Fra costoro, sempre, Andrea Bafile,Giancarlo Dolfi, altri. Il bello, tuttavia, veniva dopo.Probabilmente, io credo, per effetto del vino, tutto prendevauna piega di assoluto benessere comune. Organizzammoanche una gara di arrampicata, certo non era il Rockmasterdi Arco, ma ci divertimmo. Mettemmo una campanella allasosta della Neri, da utilizzare, stile “Lascia e raddoppia”, perinterrompere il cronometro. Campanella gentilmenteprestata, fra mille raccomandazioni, dall’amico Roberto,l’inventore del “nodo Marotta” per intenderci, oggi affermatoe capace titolare della Libreria Stella Alpina. E poi nel mezzo… anche un po’ di follia. Ricordo serie di “ripetute” su Miriam,sulle Meraviglie, con scarpe da ginnastica e pila frontale,ricordo un mezzo spogliarello sul “love stone” (chi vuole puòcercarlo, è un grande masso sul quale vi è scolpito, appunto,“love stone”), uno spogliarello talmente improvvisato e cosìvelocemente interrotto che ancora oggi grida vendetta(ovviamente si dice il peccato e non il peccatore). Ricordograndi battaglie a suon di gavettoni, Ricordo, soprattutto, econ nostalgia, le poesie, la chitarra e gli stornelli di Andrea.Poi, quando a notte fonda la maggior parte dei presenti facevaritorno alle proprie abitazioni, qualcuno di noi, diciamo unaquindicina ai quali sarebbe stato sufficiente un cerino davantialla bocca per dare fuoco a tutto il prato di Maiano, rimanevaa tirare mattina salvo verso le tre, le quattro, scantonare velociscortati dagli abitanti del luogo armati di bastoni.

Di storie da raccontare ve ne sarebbero ancora molte,per ora chiudo qui.

Roberto Masoni

AVVISO IMPORTANTE

1) E’ bene ricordare a tutti che la Palestra di roccia di Maiano è una proprietàprivata e, pertanto, ne è vietato l’ingresso. Avendo, tuttavia, da sempre,beneficiato della tolleranza del proprietario, della qual cosa riteniamo opportunodoverlo ringraziare, invitiamo tutti i frequentatori a comportarsi, anche in fu-turo, con la consueta consapevolezza e ad usare con rigore, nella praticadell’arrampicata, le dovute assicurazioni.

2) La palestra vive attualmente un momento di evidente degrado. Non tantoper la chiodatura, che è tuttora affidabile, quanto per l’area circostante cheultimamente è alquanto trascurata. Sotto il profilo della sicurezza è altresìopportuno rilevare come nel settore di destra (Spigolo-3V) si sono verificatiultimamente crolli considerevoli che ci spingono ad invitare i frequentatori anon utilizzare per le loro arrampicate tale settore. Ciò non toglie che si debbasempre, e comunque in ogni settore, usare dovuta cautela e dovute protezionicontro la caduta di sassi.

A conclusione di quanto scritto, ritengo opportunodare un’indicazione dei gradi di difficoltà della Palestra diroccia di Maiano facendo ben presente che queste sono,nient’altro, che le mie personali (e pertanto “criticabili”)valutazioni.

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Il colle di Monte Ceceri, come oggi lovediamo, è il risultato di un profondorimodellamento operato da secoli diestrazione della pietra per usoprevalentemente ornamentale. Lo sviluppodell’attività estrattiva di questa pietra è legatostrettamente all’espansione urbana di Firenze,soprattutto tra i secoli XIII e XV. Dal ‘400 larichiesta di pietra, la Pietra Serena dal nomea essa attribuito dagli architetti del ‘700 perquella sua colorazione cerulea chiara -azzurra, quando non alterata, che ricorda ilcielo in certe giornate autunnali, diventa tantoinsistente che l’escavazione in origineconcentrata nella valle del Mugnone, siespande a tutta l’area di Monte Ceceri edanche presso Signa (cave della Gonfolina).

A Monte Ceceri, esistono due diversetipologie di cave. Ci sono le “cave ficcate” o“fitte”, quando si aprono nel “masso” epenetrando al suo interno formano delle cavitàspesso molto grandi a testimonianza dellaprolungata attività di escavazione che si èprotratta nel corso dei secoli, oppure possonoessere a “cielo aperto”, le così dette “Tagliate”.La scelta tra le due diverse tipologie,dipendeva dal modo con il quale sipresentavano gli strati sul versante e quindinella diversa tecnica con la quale si dovevaaggredire lo strato di roccia. Nel caso della“Tagliata”, il taglio dei blocchi in pietra iniziavadalla parte più alta del tratto di versante eprocedeva verso il basso, scoprendo via, via,i “filari”, cioè gli strati rocciosi secondo il gergoin uso tra i cavatori, con le loro caratteristichedi dimensioni, qualità, colore, grana ecc..Questo modo di procedere era possibilequando le operazioni di “scoperchiatura”,ovvero l’asportazione della coltre detritica edi alterazione che ricopre la stratificazionerocciosa utile, era possibile senza dovermuovere spessori eccessivi (al massimo unmetro e mezzo). L’estrazione procedevaestesa su tutta l’estensione dello strato,

Le cave di Maiano

Testo e foto di Marco Bastogi(Alpinismo Fiorentino)

una palestra di arrampicatafra storia e geologia

nella foto a sinistra:il fronte della cava con i suoi strati

nella pagina a fianco:in alto, Impronte dovute alla corrente su strati molto inclinati.

La diversità delle forme deriva dalla differente energia cheaveva la paleo corrente a contatto del fondale marino.

in basso, l’estremità piegata di uno strato in conseguenza dellostress compressivo lungo una linea di rottura (faglia)

modellando così un fronte verticale comequello che oggi possiamo vedere presso il“pratone” di Maiano, da molti anni palestra diarrampicata di rinomata fama. Se invece, lastratificazione rocciosa (i così detti “filari” e“filaretti”), erano coperti da una coperturadetritica eccessiva di detrito o comunque distraterelli privi d’interesse commerciale, erapiù indicato procedere attaccandodirettamente il “banco roccioso” eapprofondendosi verso il suo interno,formando una sorta di scala lungo la quale,dal punto più alto (detto cielo), si procedevaabbassandoci gradualmente e si facevanodiscendere i blocchi cavati senza rischi didanneggiamento. Al termine dei lavori discavo, si otteneva un’ampia cavità con unaparete di fondo perfettamente verticale.Attualmente queste grandi “camere” che sisviluppavano attorno ad un pilastro centrale,risparmiato dal banco per il sostegno per lavolta, testimoniano la maestria raggiunta etramandata nell’arte della lavorazione dellapietra da generazioni di scalpellini e sonodiventate pericolanti.

Gli strati di Pietra Serena cavati,avevano potenze (spessori), varianti da oltre2 metri fino a pochi centimetri; quelli più sottilivenivano utilizzati per la copertura dei tetti.Nel 1741 il naturalista Targioni Tozzetti esegueuno studio di dettaglio sull’argomento; in essosi riportano le caratteristiche delle dueprincipali categorie in cui si distingue la Pietradi Monte Ceceri. Si apprende così come gliarchitetti fiorentini distinguessero due qualità:la Pietra Serena e la Pietra Bigia; perentrambe si poteva individuare la varietà“ruspa”, (renosa con grana grossolana) e lavarietà “fine”. Un’ulteriore distinzionecontemplava le caratteristiche di tenacità delmateriale; si poteva riconoscere una varietà“forte” ed una “tenera”. Infatti, alla notauniformità dei pochi costituenti mineralogici,si contrappone la variabilità, anche per lo

stesso strato, della qualità e della quantità delcemento e della grana spesso media o fine,ma talvolta grossolana. La Pietra Serena è dicolor ceruleo chiaro tendente all’azzurrognoloed è la più abbondante rispetto alla PietraBigia che ha un color “terra” uniforme o comesi diceva in passato, utilizzando un teminedecisamente singolare: “leonato sudicio”,sottolineando la tonalità conferitadall’ossidazione. La varietà “Bigia” èparticolarmente resistente agli agenti esternied è più dura e compatta rispetto alla qualitàSerena. Il Targioni Tozzetti riconobbe da subitoche le due pietre costituivano due toponimimerceologici dello stesso tipo litologico, bendistinto tuttavia dalla “Pietraforte”, nonpresente sui colli fiesolani, che piùconvenientemente, per le miglioricaratteristiche di resistenza, era utilizzatacome materiale da costruzione per i palazzifiorentini e i lastrici stradali.

Le arenarie che affiorano al MonteCeceri e sul fronte roccioso di Maiano,costituiscono una formazione sedimentaria diorigine “torbiditica” di età Oligocene Superiore- Miocene Inferiore (circa 24 milioni di annifa). Un deposito torbiditico è formato da unaserie di colate successive di sedimenti per lopiù sabbiosi, che si accumulano sul fondo diun antico bacino marino situato di fronte aduna catena orogenica in fase di evoluzione (ilfuturo Appennino nel nostro caso). La correntetorbida è provocata dallo spostamento inmassa dei sedimenti contenuti in sospensionein un corpo d’acqua; il fluido reso più densodalla sospensione, scorre sotto quello menodenso. Le condizioni scatenanti perchéavvengano queste colate dense sottomarine,sono da ricercarsi in eventi meteorologici,gravitativi o sismici che mettono in movimentouna massa di sedimento accumulata almargine di un ripido bacino. Una colata torbidapuò essere seguita immediatamente daun’altra, oppure se si verifica un periodo di

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stasi, viene sepolta da fango. In conseguenzadei processi di trasformazione in roccia(diagenesi), il fango formerà l’interstratosiltitico – argillitico (noto come Galestro),mentre il deposito sabbioso di colata, formeràlo strato di arenaria intercalato al precedente,così com’è oggi osservabile lungo il fronte dicava della palestra di roccia. Tale depositoritmico nel suo complesso viene definitoflysch. Una caratteristica tipica degli stratiarenacei di flysch è la loro “gradazione”(selezione granulometrica verticale deglistrati), crescente dall’alto verso il basso cheha un riflesso immediato sull’utilizzo comemateriale ornamentale.

La velocità della corrente (vortici) o iltrascinamento di elementi estranei produconodelle tipiche forme concave a bulbo più omeno allungate che successivamenteriempite dal nuovo sedimento, si presentanooggi negli affioramenti rocciosi sotto forma dirilievi mammellonari (contro impronte) che aigeologi forniscono importanti dati sullaposizione originaria dello strato e sulledirezioni delle antiche correnti marine.Recenti studi sedimentologici e petrograficihanno caratterizzato con più accuratezza laformazione rocciosa affiorante sul colle diFiesole e di Monte Ceceri, attribuendola nonpiù alla formazione del Macigno, ma a quelladelle Arenarie di Monte Modino. Le dueformazioni comunque rappresentano unasuccessione continua di analoga origine di cuile Arenarie di Monte Modino costituiscono iltratto della sequenza superiore. A MonteCeceri è esposta quindi la partestratigraficamente più alta della sequenzatorbiditica (circa gli ultimi trecento metri). Lastruttura geologica della dorsale Monte Rinaldi– Monte Ceceri, mostra il fianco rivolto versoFirenze con un’inclinazione molto piùaccentuata (circa 40°) rispetto a quell’oppostonord orientale (di circa 20°); t ale asimmetriasottolinea l’esistenza di una discontinuitàtettonica (faglia distensiva) che conorientamento parallelo alla dorsale stessa,(NNW-SSE), è responsabile della formazionedel bacino occupato da Firenze che prosegueverso nord ovest con l’area di Prato e Pistoia;in questa depressione, nel Quaternario siformò un lago. Un sistema di faglie trasversalialla dorsale fiesolana, sempre di tipodisgiuntivo, ha dislocato successivamente lastruttura rocciosa in blocchi scalati in altezzaad iniziare da quello posto in estremità nordovest che risulta il più alto (collina di

Trespiano). I blocchisuccessivi, da nordovest verso sud est,sono: il blocco diMonte Rinaldi -Fiesole e quello diMonte Ceceri -Incagliata. Inparticolare il rilievo diMonte Ceceri, risultadelimitato da duefaglie parallele tra loroe a direzionea n t i a p p e n n i n i c a(NNE-SSW). Sul latoo c c i d e n t a l el’allineamento S.Michele a Doccia -Borgunto, sul latoo r i e n t a l e ,

l’allineamento Maiano - asse torrente Bucine.Morfologicamente la faglia occidentale èsottolineata dall’avvallamento del Pelagaccioche interrompe la continuità del crinale,separando Sant’Ansano da Monte Ceceri. Lafaglia orientale, lungo la quale si è impostatoil corso del fosso del Bucine, mette a contattola sequenza arenacea di Monte Ceceri conterreni prevalentemente argillosi delComplesso Caotico della zona di Vincigliata.Questa faglia arriva a interessare il bacinofiorentino, essendo responsabile assieme alladislocazione Castello-Scandicci (che delimitala dorsale di Monte Rinaldi - Monte Ceceriall’estremità nord occidentale), delsollevamento avvenuto nel Pleistocene medio- superiore (tra 700.000 anni e 1,25 milioni dianni) che ha portato l’area di Firenze adinnalzarsi di qualche metro, rispetto allarestante parte del bacino.

Il fronte cava della palestra di Maiano,offre a chi ama arrampicare, molte possibilità;è noto, infatti, che le pareti in arenaria tendonoa far sviluppare una tecnica raffinata; sirichiedono movimenti in aderenza anchequando le pareti sono molto ripide, i movimentidi incastro in fessura devono essere effettuatiin maniera accurata edè necessario abituarsiad appigli e supportiper lo più sfuggenti. Laparete offreinnumerevoli varianti inquesto senso,innalzandosi per unacinquantina di metri,mostra un’alternanzadi strati o gruppi distrati, arenacei dispessore variabile tra50 cm e 2 - 3 metri,alternati a straterelli di20 – 30 cm argillitici esiltitici. Guardando conocchi da Geologo laparete, si possonoosservare anchealcune particolarità cheraccontano alcuniepisodi della storia dideposizione di questisedimenti. Sulladestra, è possibileo s s e r v a r eun’interessantissimastruttura deformativa

che ha coinvolto alcuni strati, lasciando tuttaviaindisturbati quelli soprastanti e quellisottostanti. Questa anomalia deformativa,testimonia un fenomeno avvenuto durantela deposizione della corrente torbida, oppurein un periodo successivo, ma precedente alprocesso di litificazione (diagenesi), quandoil sedimento aveva ancora uncomportamento plastico. Ciò che con “occhioallenato” si può vedere, è una superficie difaglia inversa, cioè una linea di frattura lungola quale la sequenza stratificata di destra hasovrascorso su quella di sinistra. L’effetto delmovimento è rimarcato all’uncinatura oarricciamento degli strati sui due lati dellafaglia. Nella parte medio alta del fronte dicava si possono inoltre osservare alcuniorizzonti ad assetto caotico che testimonianoantichi franamenti, avvenuti poco dopo ladeposizione del sedimento.

La “Pietra del Fossato”, ricordata daGiorgio Vasari nel suo “Le Vite”, si trova apoche decine di metri di distanza dallapalestra di Maiano, presso il fossato deltorrente Mensola. Chiamata anche Cava delleColonne perché le sue pietre sono servite perla costruzione delle colonne della Cappelladei Principi in San Lorenzo, ha fornito aMichelangelo il materiale con il quale ornarela Biblioteca Laurenziana. In questa cavaficcata, erano noti strati con “saldezze” (ledimensioni dei blocchi estraibili comedicevano gli antichi architetti), notevoli, utili allarealizzazione di colonne molto grandi. Laqualità della pietra era inoltre particolarmentefavorevole alla polimentatura per la granaestremamente fine. Questa cava, fu utilizzatada John Temple Leader, nella seconda metàdell’800 per ricostruire il castello di Vincigliatain cui ha vissuto. Al termine del restauro,Leader fece cessare l’attività estrattiva, feceaffluire l’acqua del Mensola nella cavità,trasformando la cava in un laghetto con unattiguo giardino romantico. Se vogliamo, sitratta di un progetto di recupero ante litteram.A proposito, John Temple Leader è stato unodei primi soci della nostra Sezione.

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Corso roccia vist a maredi Emanuele Crocetti(Scuola di Alpinismo T ita Piaz)

Il corso di arrampicata su roccia organizzato dallaScuola Tita Piaz nel 2009 è stato svolto in primavera, all’iniziodella stagione alpinistica, quando ancora le basse tempera-ture e la presenza della neve hanno impedito le abituali uscitesia in Apuane che in Dolomiti. E’ stata l’occasione perampliare gli orizzonti degli allievi dimostrando che si puòarrampicare su roccia tutto l’anno scegliendo, come abbiamofatto in questo caso, strutture in bassa quota che spesso cihanno regalato, mentre eravamo appesi alle soste, suggestiviscorci sul mare.

Il corso concentrato nel mese di Aprile, si è svoltooltre che nella struttura artificiale del Palamandela e nellaconsueta uscita nella palestra di Monsummano per iltradizionale battesimo con roccia e corde doppie, in dueuscite pratiche di più giorni. La prima in Liguria sul calcare

del Finalese, con base nel pittoresco ostello, un castellettorosso, dalle cui terrazze si godeva della vista del golfo diFinale Ligure. Nella prima giornata di arrampicata siamo statisul monte Cucco dove, complice un gelido vento ditramontana che ci ha fatto compagnia mentre aspettavamoil nostro turno per scendere in corda doppia, la montagna,seppur piccola e modesta, ha dimostrato che può esseresempre severa. Le facce si sono riaccese di colore e i sorrisisono ritornati dopo, in centro a Finale, in compagnia diMelanie, Paola e Umberto, man mano che le bottiglie di vinorendevano i racconti della giornata sempre più epici. Ilsecondo giorno siamo stati alla Rocca di Perti dove nei 150metri di salita della via Simonetta gli allievi hanno iniziato aprendere confidenza con la progressione della cordata manmano che si allontanavano dal suolo. Via varia, divertente etempo bello. Sulla vetta un autoscatto ci ritrae sorridenti disoddisfazione.

Ancora mare per la seconda uscita di tre giorni cheabbiamo passato all’isola d’Elba. Campo basenell’accogliente affittacamere Anna Maria a Chiessi , checonsiglio sia per la cucina che per l’alloggio. Con Vanniabbiamo condiviso una romantica camera con terrazza vistamare, sognando diversa compagnia. All’Elba abbiamo visitatola falesia del Ginepro in zona Capoliveri, dove la bellissimaspiaggia nera è circondata da una bella struttura di placcheappoggiate e da un settore strapiombante dove, in attesache il tempo si rimettesse, ci siamo dilettati nelle manovre dirisalita della corda e nell’arrampicata con le staffe. Poi sulmonte San Bartolomeo in ambiente decisamente montanoa ripetere la Via dei Gigli Martagoni sul granitosgradevolmente ricco di viscidi licheni, ma anche con il beltraverso fra cielo e mare. Sulla vetta conquistata da tutti gliallievi con onore, la vista del mare non ci ha tolto la

soddisfazione per le nostre imprese ‘alpinistiche’. L’ultimogiorno la pioggia e un recente crollo sul Monte Cotete cihanno portati ancora con i piedi vicini al mare nella falesia diFetovaia, ancora per arrampicate e manovre.

Il numero contenuto di allievi (sei) e la compattezzadel corso ci hanno permesso di creare un clima cameratescodi amicizia e di condividere la passione per la montagna eper l’arrampicata. Gli allievi pieni di entusiasmo si allenanoe migliorano ogni giorno, arricchendo la loro esperienza inun percorso che mi auguro ne farà futuri istruttori con ilcompito e il piacere di trasmettere ad altri questa passione.Un bravo agli allievi Benedetta Barsi, Vanni Bertini, LorenzoCaponetto, Marco La Volpe, Paola Portone e Andrea MariaRizzo e un ringraziamento agli istruttori della Scuola checon la loro partecipazione hanno permesso la realizzazionedi questo corso, un grazie particolare a Paola Corsini.

Nella foto:E. Crocetti sul traverso della via dei Gigli Martagoniall’Isola d’Elba(foto Archivio Crocetti)

Nella pagina a fianco, in alto:Corso Roccia Primavera 2009 - Foto di gruppo allievi-istruttoria sinistra: Isola d’Elba - a destra: all’uscita della “via Simonetta” a Finale

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Posso affermare che la gita sezionale sul Monte Popera delloscorso settembre è stata caratterizzata da una bella dose di fortunadal punto di vista meteorologico. Già, perché non è da tutti evitare perben due volte la pioggia per un brevissimo lasso temporale.

Siamo partiti con delle previsioni meteo davvero pocoincoraggianti, confermate poi dal cielo completamente plumbeo al nostroarrivo in Val Fiscalina, nel cuore delle Dolomiti di Sesto. Per la verità,durante la salita per raggiungere il Rifugio Zsigmondy-Comici, qualchesprazzo di sereno, oltre ad offrire begli scorci sulla Croda dei Toni,aveva infondato un po’ di ottimismo sul prosieguo del tempo a venire,ma non appena l’ultimo componente del gruppo varcava la soglia delrifugio, è iniziato a piovere copiosamente.

Comunque, le preoccupazioni maggiori solitamente sonosempre volte all’indomani, ossia al giorno della salita. Ancor più,quando le previsioni danno per scontato abbondanti precipitazioni findal tardo mattino. Anche se ciò fa parte del gioco, l’eventuale rinunciaad ogni modo resta sempre dura da digerire. Al mattino, salutato ilgruppo diretto alle Tre Cime di Lavaredo e al Rifugio Locatelli, saliamovelocemente fin dove una traccia entra nella “Busa di Dentro”, lospettacolare vallone che divide il Monte Popera dalla Cresta

Zsigmondy. Qui, a metà vallone la progressione subisce unrallentamento per via del terreno franoso, e si procede con fatica finquando non mettiamo piede sulle rocce gradinate alla base del monte.Sotto un cielo completamente coperto facciamo una breve sosta ec’imbrachiamo. Per avvantaggiarci, con Stefano vado avanti adattrezzare la via di salita: un canale abbastanza inclinato e moltofriabile. Terminata la collocazione di una corda fissa il gruppo inizia asalire fino ad uscire su un ghiaione sospeso, dove ci attende una densanebbia. Ormai la vetta è vicina. Tutti speriamo nella clemenza del tempo,anche se la maggior parte del panorama è precluso dalla vista.

La croce della vetta invece ci accoglie offrendoci brevi istantidi visibilità e qualche scorcio di panorama mozzafiato. Ma in certi casiè meglio non abusare di tanta clemenza; così, dopo una breve sostae le foto di rito ci mettiamo in marcia per il ritorno. La discesa lungo ilcanale friabile avviene senza particolari problemi. Recuperiamo il materialee scendiamo veloci, raggiungendo in breve i pendii franosi fino a metterepiede sui nevai.Il tempo di togliersi l’imbracatura e giù di corsa verso ilrifugio, dove inaspettatamente siamo accolti dal sole. In Val Fiscalina ciricongiungiamo con il gruppo proveniente dal Rifugio Locatelli.

E così, come il giorno precedente, giusto il tempo di salire sulbus, alla chiusura delle portiere improvvisamente la perturbazione piùvolte annunciata da sfogo alla sua natura diluviando. Giova sottolineareche buona parte del successo è stata opera dei partecipanti, che sisono mossi con velocità e disinvoltura, rendendo l’escursione piacevolee, per quanto mi riguarda, colma di soddisfazione.

Sfida con il tempo

di Roberto Smarrini(Gruppo Alpinistico T ita Piaz)

La gita Sezionale al Monte Popera

Nella foto:Sulla cima del Monte

Popera(foto R. Smarrini)

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Purtroppo Gianni il prossimo finesettimana è di turno e non puòmuoversi:“……beh , mi dispiace, sarà per laprossima volta!“.

Sono abbattuto, dopo anni diattesa e di sogni, proprio ora che sonoal top dell’allenamento e le condizionisono perfette il mio compagno non può.Faccio qualche altro tentativo senzasuccesso per non vanificare l’occasioneirripetibile; finalmente, ormairassegnato a passare il week end acasa, il Bepo mi conferma la suadisponibilità:“ … devo però accompagnare primamia moglie in campagna … quindipartiremo molto tardi … “.Pazienza, l’importante è andare!

Non immaginavo di giungere aCourmayeur quasi a buio, d’inverno legiornate sono molto corte; già in auto-strada ci eravamo rassegnati a perderela funivia e salire al Rifugio Torino apiedi: pazienza, una faticaccia in più maormai indispensabile. Iniziamo apreparare gli zaini con il rito di sempre,il materiale sparso sul piazzale delparcheggio, le domande reciproche sucosa portare, l’abbigliamento più adatto:“ … guarda, ho comprato proprio lascorsa settimana dal nostro merciaiodi Chamonix questa maglietta che perdomani mi sembra proprio adatta …anzi forse se porto la mid potreirisparmiare la giacca mettendo soprasolo il windstopper pesante …; quanteviti, bastano sei normali e una corta?… io porto anche Pinco, il mio martellopiccozza leggero come terzo attrezzo,non si sa mai …”.

Una salit a indimenticabile

di Marco Passaleva(Scuola di Alpinismo T ita Piaz)

(ovvero ... l’insopportabile cronaca di un’avventura)

Nella foto:Il Rifugio Torino Nuovo(foto R. Masoni)

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Finalmente riusciamo achiudere gli zaini colmi di materiale e ciavviamo con entusiasmo su per ilpendio: in un angolo c’è già la Luna chefa capolino, è quasi piena e domani cifarà molto comodo … Dopo due ore emezzo entriamo nel Torino Vecchio - ilnuovo 80 m. più in alto è chiuso -trovando Giorgio, il gestore, che ciaspetta con la minestra già pronta.Poco dopo mi trovo ad osservareestasiato le luci riflesse della Lunaattraverso la finestrina che si apre sulversante della Brenva, disteso sullabranda in cerca di riposo. Ripassomentalmente ciò che mi aspetterà dopola sveglia, il percorso, le difficoltà, ilfreddo … finalmente mi addormento.

Sono le due e trenta, al primobip dell’orologio scatto in piedichiamando il Bepo ancora sprofondatonel sonno. Dopo alcuni biscotti ed il thecaldo che Giorgio ci ha lasciato nel ther-mos sul tavolo, ci infiliamo l’imbraco edusciamo nel freddo; è buio pesto - manon doveva esserci la Luna piena!? -la frontale ci è indispensabile. Iniziamosubito a salire ma dopo qualche metro,senza avvedermene, scivolo sulghiaccio vivo riprendendomi solo per uncaso. Non avevo mai visto tantoghiaccio in questo punto, bucato dallaluce della frontale è verde, quasitrasparente … Dico al Bepo chedobbiamo metterci i ramponi. Proseguopiuttosto lento, le punte anteriorimordono a dovere sollecitando ipolpacci, la pendenza non è notevolema la quota, il freddo e soprattutto ilpeso dello zaino si fanno sentire.Saliamo ancora in conserva ma dopouna scivolata del Bepo che mette maleun rampone decido che dobbiamolegarci; salgo molto lentamente sotto ilpeso dello zaino ed ogni due, tre passisono costretto a fermarmi periperventilare. Finalmente possofermarmi a recuperare il Bepo che miraggiunge con qualche difficoltà; mirendo conto che siamo molto lenti,riparto dalla sosta imponendomi unritmo più veloce ma senza tropposuccesso. Un passo dietro l’altro, lapendenza è costante e monotona,senza interruzione, tanto che difrequente metto un piede sulle puntedei ramponi e l’altro “piatto” per riposarela gamba … non avevo mai fatto tantafatica né avevo mai trovato tantoghiaccio; continuo ancora piùlentamente con il sacco che sembrapesare sempre di più, tengo duro efinalmente sbarco su un ampio ripianodove, poco dopo mi raggiunge il Bepo.

Il fascio della frontale spaziad’intorno colpendo solo pareti bianche

… quando d’un tratto individuo la portad’entrata al Rifugio Torino Nuovo: siamosul pianerottolo in cima alla scala deltunnel di collegamento con il Vecchioche abbiamo appena percorso salendosolo 80 m.!

INCREDIBILE! Una maleficascala ripida e ricurva che a questa quotacol sacco sulle spalle è sempre faticosa,ma d’inverno … può diventareproibitiva! Ormai si è fatto tardi ed èinutile uscire sul ghiacciaio e proseguire, mettiamo in bocca un Enervit eriscendiamo in attesa della prima funiviaper Courmayeur. Abbiamo fatto ilpossibile e siamo comunque contenti,sarà per la prossima volta … !

Post Scriptum :Per chi non è mai stato sui luoghi delracconto:1) la ripida e tediosa scala-tunnel dicollegamento fra il Rifugio TorinoVecchio ed il Nuovo (Monte Bianco)esiste davvero come pure, d’inverno,qualche gradino ghiacciato.2) Il racconto è di fantasia (ma nontroppo) ma ben si adatterebbe adinnumerevoli altre salite, lunghe o corte,diverse fra loro ma apparentementecosì identiche e monotone. Si fonda sulseguente canovaccio:3) descrizione dei preparativi conevidenza delle difficoltà incontrate areperire un Cristo che mi possa seguire4) Imprevisto di vario genere (partenzaritardata) che consenta di suscitareulteriore ammirazione per il suo brillantesuperamento, tuttavia da passare sottotono (casuale menzione delle“impossibili” due ore e mezzo perraggiungere il rifugio Torino in inverno)5) implicita sottolineatura dell’amiciziastorica con il gestore (lo chiamoconfidenzialmente per nome , sa giàcosa deve fare per noi)6) pausa romantico-contemplativa(ammirazione della Luna) per farcomprendere che non sono solo una“macchina” da salita7) pedissequa descrizione dei gesti edei movimenti, fino al parossismo, inmodo da far comprendere al lettore chesono effettivamente padrone dellasituazione e che sto facendo qualcosadi unico, con sottofondo di sofferenzaed imponderabilità (sovente richiamoalla fatica ed alla lentezza) perevidenziare al massimo l’esclusività diciò che sto raccontando8) menzione del compagno con ildovuto rispetto ma in modo che siapercepibile la mia superiorità tecnica edi esperienza (vedi decisione di legarsia seguito della sua incertezza)9) rinuncia alla salita posta in modonaturale, senza alcun dettaglio, con breve

sintesi, a significare che in fondo noninteressa, è cosa marginale … anche sesi è partiti volendola a tutti i costi!10) falsa conclusione filosofica efatalista

Domande :Non è che molti racconti chenormalmente leggiamo sulla stampaspecializzata seguano più o menoquesto schema, monotono quantoscontato?Non è per caso che i racconti delle salitein montagna siano spesso simili aquello della scala-tunnel del RifugioTorino, vanificando ogni interesse daparte del lettore?Non è che la maggior parte di chi va inmontagna spesso non sappia propriotrasmettere qualcosa di diverso,evitando inutili ed odioseautocelebrazioni?

E’ aperto il dibattito.

Ringrazio Marco della provocazione edavendo il vantaggio di aver letto il raccontoin anticipo, apro volentieri il dibattito. Amodo mio, però ... seguendo cioè il filonenarrativo aperto da Marco.

Ne è valsa la pena ...

Mini racconto, fra il serio e il faceto,di Roberto Masoni

C’era un forte odore di terranel bosco.

Walter saliva lento, convintocom’era che solo la lentezzapermettesse di assaporare il piaceredi muoversi. Almeno in montagna.

Passo dopo passo, posandoi piedi con la consueta maestria suisassi ormai levigati del sentiero,sentiva allontanarsi i rumori delprogresso, le grida dei turisti che,come ogni anno, avevano presod’assalto il paese. Di quando inquando, camminando, buttava unocchio al cielo. La pioggia aveva dapoco lasciato il posto ad un pallidosole che, benevolo con gli uomini,aveva preso per mano un alito divento che stava lentamentemantenendo la promessa di liberareil cielo dalle nuvole.

Saliva ripensando almessaggio di Marco che avevatrovato, di buon mattino, nella postaelettronica. Un messaggio inattesoche criticava un certo tipo di stampa.Solo la sera prima si eraaddormentato sull’ultima pagina di

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un libro che raccontava la storia di duefratelli, noti come i miglioriarrampicatori al mondo, e non avevaprovato alcuna emozione, solo una se-quela di cime conquistate, dimovimenti sempre più esasperati.“Che abbia ragione Marco?” pensava.

In quel momento, Cesare se nestava seduto accanto alla portad’ingresso del rifugio, un’ora dicammino dal paese. Sfiorava con lamano il legno consumato della pancachiedendosi da quanti anni fosse mutatestimone di arrivi e partenze, di zainiappoggiati e rimessi sulle spalle, dibambini che saltano, di corde gettatealla rinfusa, di panini mangiati in frettaprima di ripartire. E mentre rifletteva,buttava ancora un occhio sul materialedisteso per terra in attesa dell’arrivodi Walter: corda, moschettoni, qualcheattrezzo. Da quella posizione potevavedere buona parte del sentiero chemenava al rifugio, Walter ancora nonsi vedeva. Tirò fuori il tabacco dallozaino, si costruì una sigaretta, l’acceseguardando con piacere gli arabeschidi fumo dileguarsi grazie allo stessoalito di vento che, in quel momento,stava asciugando la fronte di Walter.

Saliva veloce, ora, Walter. Ilbosco aveva lasciato spazio al cieloaperto, ma mano che saliva siandavano scoprendo in tutta la lorobellezza splendidi appicchi rocciosi deiquali conosceva ogni segreto.

“Ma sì … Marco haragione – pensava fra se – c’è troppaautocelebrazione. Solo in pochi

riescono a trasmettere qualcosa di piùinteressante di una banale sequenza dimovimenti, di passaggi sempre più duri,brillantemente risolti dal protagonistadel libro. Quasi nessuno parla dellanatura se non per raccontarne glieccessi, imprevisto che accresceovviamente il valore della salita”.

Si fermò improvvisamente.Ma sì … perché non ci aveva

pensato prima, finalmente una luce.

“Ma non sarà proprio il congenitoprotagonismo degli alpinisti, lacompetitività fra loro, a limitarequalunque forma di racconto?”

Walter ne sapeva qualcosa …si era sempre impegnato permigliorarsi, per rendere migliore la suaforma fisica, impegnato a salire sempreun gradino in più di quella bizzarra scalache è alla base dell’azione. Ma insiemeai gradini aveva scalato anche la suasmania di protagonismo, tante, troppevolte manifestata senza ragione,ostentata senza gli fosse chiesto. Ancheora salendo al rifugio avvertiva la stessasmania ben sapendo che Cesare lostava aspettando con impazienza.

“Si … Marco ha ragione. Ci sonolibri, racconti che non trasmettononiente; il senso di una salita, lapercezione di ciò che ci circonda,talvolta anche solo il significato di unagita. Solo in pochi riescono ad ascoltareun bosco, i suoi animali, ascoltare ilprofondo silenzio di una valle riuscendoa descriverlo. Da ora in avanti – pensòWalter - scriverò solo delle mie

emozioni”.

Immerso in questi pensieri giunse alrifugio. Cesare lo guardò negli occhisenza dire niente ma non servivanoparole fra loro. In quegli occhi Walterlesse ciò che voleva sentire, lesse cheera valsa la pena essere lì, ora, in quelmomento, e condividere con lui questanuova esperienza. Non potevanofermarsi ora, ad un passo dalla sfida.

Anche il vento sembròrendersene conto, soffiava ora con piùvigore quasi a coronare i loro intenti.Prepararono il materiale con lamassima attenzione, poi Cesare siallontanò qualche metro. Walter presea correre e finalmente … l’aquilonevolò. Lassù, vicino alle poche nuvolerimaste, sullo sfondo di imponentiguglie, si fece anch’egli accarezzaredal vento.

E nel vento, guardando il cielo,provarono una profonda felicità.Cesare aveva sciolto il nodo chelegava il fazzoletto che portava alcollo, si asciugò la fronte. Appoggiòl’altra mano sulla spalla di Walter, cheancora ansimava, e gliela strinse forte.

Capirono in quel momento,dopo tanto girovagare sulle pareti delmondo, dopo aver affrontato millepericoli, che la vita è anche poesia. Sì,ne era valsa la pena. Seguendo con losguardo, come bambini frastornati, ivolteggi di quel semplice gioco, unpezzo di carta attaccato ad una corda,capirono che il loro viaggio non sarebbefinito fintanto si fossero sentiti liberi divolare con la mente … E così fu.

Roberto Masoni

…per una serie di motivi che mi paiono abbastanza validi.

Anzitutto vuol dire che qualcuno che si conoscevaè morto (dei necrologi di illustri sconosciuti non pensointeressi a qualcuno); spesso sono intesi come un“dovere” e i redattori non s’impegnano per nulla; comele lapidi nei cimiteri son buoni solo a dire “quant’erabuono, quant’era bravo, gran lavoratore, ottimo padredi famiglia, tutto casa e chiesa..” e avanti cianciando,suscitando quindi l’ilarità di coloro che il defunto loavevano conosciuto per davvero: emerito fannullone,praticamente scialacquatore semi-alcolizzato, robustobestemmiatore che bastonava moglie figli come fosserotamburi ecc.ecc.…

Il ricordo di Marco Rulli pubblicato sull’ultimoBollettino Sezionale, pur non rientrando nella categoria predetta, m’è parso invero troppo riduttivo e ha rafforzato la mia innata repulsa. Senzavoler fare l’ipercritico mi pare però che due parole, solo due ben inteso, sulla sua attività alpinistica si sarebbero anche potute dire purlimitandosi solo alle Apuane. Cito a braccio una bella via sulla Est del Procinto con Dolfi, un’altra alla Punta Lenzi con Zaccaria (Torrioni delPizzo delle Saette) e, soprattutto, la prima invernale della Nord del Pizzo d’Uccello (via Oppio) con Sorgato e Zaccaria. Quanto sopra senzaintenti polemici e solo per l’affetto che avevo per Marchino

Ho ripulsa per i necrologi ...

Riceviamo da Paolo Melucci evolentieri pubblichiamo:

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il Sentiero della Memoria

Testo e fotodi Gabriele Inghirami

(Sottosezione di Pontassieve)

Il Sentiero della Memoria è un percorso escursionistico,percorribile anche a cavallo ed in mountain-bike (con apposita variantededicata in un certo tratto), che unisce Pontassieve alla Consumapassando da Rufina e da tre luoghi ove nel 1944 sono avvenute stragidi civili. Il sentiero, voluto dai Comuni di Pelago, Pontassieve e Rufina edalla Comunità Montana della Montagna Fiorentina e realizzato dalGruppo Escursionisti Organizzati di Sieci e dalla Sottosezione diPontassieve, è stato inaugurato lo scorso 25 aprile 2009. In occasionedell’inaugurazione è stata organizzata una bella passeggiata di duegiorni lungo tutto il percorso, che ha visto la partecipazione di circa 200persone il primo giorno e di una sessantina il secondo, purtroppo piovoso

e non sereno come il precedente. I tre Comuni, con il contributo dellaProvincia di Firenze, hanno offerto vitto e alloggio a tutti i partecipanti,merende comprese. L’evento è stato preceduto da un incontro tenutosiil 31 gennaio in occasione della Giornata della Memoria a Villa PoggioReale a Rufina, dove, alla presenza di numerosi ragazzi delle scuole,sono state lette e anche raccontate dal vivo le testimonianze delle trestragi da chi le ha vissute, come Monsignor Saccardi, all’epoca Parrocodi Pomino. Riguardo a quel che avvenne in quei tragici giorni e allevittime, rimando alla lettura della Cartoguida stampata dai tre Comuni,distribuita gratuitamente da essi, dal GEO, dalla Sottosezione diPontassieve, dalla Sezione e scaricabile anche da http://www.caipontassieve.it/sm, insieme alle tracce GPS, a un po’ di foto ealle immagini delle tabelle informative posizionate nei tre luoghi delle stragi.

Trattandosi di episodi inseriti in un contesto storico ancorarecente e oggetto, negli ultimi anni, di discussioni e revisioni con accentie sfumature dal sapore fortemente politico, prima di iniziare i lavoriabbiamo premesso che, dato che il CAI non è associato ad alcun partito,

avremmo mantenuto una posizione neutrale rispetto alle interpretazionidate a questo periodo storico dai vari schieramenti. Posizione neutraleche però non ha ostacolato una nostra fattiva collaborazione nelpreservare il ricordo di veri e propri massacri di persone innocenti, chenon sono un’opinione, ma una verità storica documentata, accertata etestimoniata da persone ancora in vita. Se poi guardiamo all’itinerarioda un punto di vista paesaggistico, naturalistico o come ulteriore tassello

inserito nel mosaico di sentieri della zona, ecco che troviamo subitonumerose altre conferme della bontà dell’iniziativa. Sì, perché vieneinnanzitutto colmata una lacuna nella rete sentieristica, in precedenzapriva di percorsi lungo il fondovalle e di collegamenti diretti daPontassieve e Rufina verso la Consuma. Il fatto poi che queste localitàsiano ben servite dai mezzi pubblici (treno e autobus) consente nonsolo di evitare il ricorso alle auto, a tutto beneficio dell’ambiente, maanche di poter percorrere in un giorno in un senso tutto il sentiero oanche solo una parte, in base al proprio livello di allenamento e al tempoa disposizione. Il sentiero è lungo complessivamente circa 29 km e,percorrendolo da Pontassieve verso la Consuma, ha un dislivello

complessivo di circa 1680 metri in salita e 800 in discesa. La partenzaè nelle vicinanze del municipio di Pontassieve; il primo tratto, in comunecon il sentiero 7, salendo conduce fuori dal paese, dove, circondatidagli ulivi, si gode presto di belle vedute su Vallombrosa, la Secchietaed il suggestivo castello di Nipozzano. Dopo un tratto in prevalenzaboscoso, ma non privo di scorci panoramici, si giunge alla Pievecchia,teatro della strage dell’8 giugno 1944, sul cui muro di cinta ove fuconsumata l’esecuzione sono ancora presenti gli inquietanti buchi deiproiettili. Il sentiero prosegue ora su strade e stradelle, in mezzo a campie boschi, mantenendosi sempre, pur con qualche saliscendi,sostanzialmente in quota, per poi scendere fino alla strada asfaltataproveniente da Monterifrassine, che seguirà fino a Montebonello,contornato da prati e vigneti in un tratto piuttosto spazioso del fondovalledella Sieve, con il massiccio del Monte Giovi sulla sinistra a dominare indistanza la scena e quello della Secchieta che fa capolino sulla destra.Superato il paese di Rufina, s’imbocca la vallata di Pomino, prima conun tratto in falsopiano su strada asfaltata, successivamente alternandosalite e discese in mezzo a stradelle e viottoli di bosco e di campo, finoa ritornare praticamente al livello del fosso per poi salire più a lungo sustrade sterrate in mezzo a vigneti e oliveti, in una valle ora più spaziosa,fino al piccolo borgo di Pinzano. Da lì, in breve, si perviene poi a Pomino,transitando in prossimità della Pieve di S. Bartolomeo. Superato il paese,si riprende a camminare lungo stradelle di campo in un ambiente agresteormai quasi montano, con panorami che spaziano dal vicino MonteGiovi alla Pania della Croce, fino a giungere al piccolo abitato di Berceto,ove avvenne la strage del 17 aprile 1944. Si entra a questo punto nelbosco per incontrare presso l’Oratorio della Madonna dei Fossi primauna graziosa cappellina dedicata a San Francesco, poi il sentiero 5,che si segue per un certo tratto per dopo scendere fino al torrente erisalire quindi fino ad attraversare la strada regionale per la Consuma.Per strada sterrata si perviene infine alla Fattoria di Podernuovo; perarrivare alla villa, luogo della terza strage, compiuta il 25 agosto 1944,occorre seguire una piccola deviazione sulla destra. Ancora ben visibilied impressionanti i segni lasciati dai proiettili sull’inferriata di una finestra.Anche per raggiungere la villa di Lagacciolo è necessario prendere,poco più avanti in direzione della Consuma, una deviazione sulla destra.In breve il Sentiero della Memoria trova il sentiero 6, a cui si sovrapponefino alla Consuma, dove arriva anche il 5. Nella piccola piazza del paeseil percorso ha termine (o inizio), ma i segni dello 00 ivi passanterammentano che si può ancora continuare a camminare verso altremete. Il programma gite della Sottosezione di Pontassieve e quello delGruppo Emilio Orsini ricordano invece che si può percorrere insieme inpiacevole compagnia il Sentiero della Memoria il prossimo 7 marzo 2010.

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Val Ridannadi Francesca Chitt aro(Sottosezione di Scandicci)

In trepidante apprensione: questoil mio stato d’animo alla vigilia dellapartenza; spolverata la superficie dieccitazione ed emozione, un nucleo didenso terrore: lo zaino pesante, gli oltre1000 m di dislivello schiacciata da quei13-15 kg (mai avuto il coraggio dimisurarlo), il freddo (e le incertezzesull’adeguatezza dell’abbigliamento), lemie caviglie, la stanchezza: le difficoltàche potevo intuire erano tutte manifestedavanti a me. A darmi un’idea di quelleche per inesperienza non potevoimmaginare - che costituivano poi gliautentici pericoli che avremmo potutocorrere, cioè quelli legati alla roccia, masoprattutto al ghiaccio - ci hanno pensatodurante il viaggio.

Era sempre più chiaro chesarebbe stata non solo un’esperienzaimpegnativa dal punto di vista fisico, mache avrebbe richiesto anche attenzione,precisione e prudenza. Timore edeccitazione. Curiosità. Impazienza.Ansia. E orgoglio. Qualcosa che nonavevo mai fatto, per impegno e difficoltà,e forse al limite delle mie potenzialità. Illimite, del resto, va lambito per esserelocalizzato, va frequentato per esserespostato in avanti.

“Istruttiva, perché dimostra che lamontagna non è solo bel tempo econdizioni favorevoli”.’’ il commento,parafrasato, di una delle guide sullapioggia che ci ha accompagnato durantela prima parte del cammino.Personalmente, ho invece apprezzatol’aria fiabesca che essa donava alpaesaggio. Si sa che il verde dei pratirisalta sotto le nubi, mentre soffre lacompetizione con un cielo terso.

Le pietre luccicavano di riflessimetallici (è una zona mineraria), i pratierano rigati da ruscelli argentei, il sentieroserpeggiava placido attraverso le valli.Con passo tranquillo e costantearrivammo al rifugio Vedretta Piana, quota2254 m. Sopra, 300 metri sopra,scorgevamo la nostra meta, il rifugioVedretta Pendente (2546 m), sporgeredalla roccia. Evitammo di rilassarcitroppo: “L’ultimo tratto sarà molto ripidoe faticoso”. Ci prendemmo un lungo thecaldo, prima di ripartire.

Il rifugio stava in cima ad unosperone di roccia, da cui si domina la ValRidanna. Questo primo giorno eraconcluso. Il cielo aveva scaricato le sue(e le mie) tensioni in un acquazzone, poila schiarita terminò la giornata,promettendoci un indomani terso (delresto, invece, la neve riluce al sole). Primopiatto di canederli. Ci ritrovammo stanchinel camerone, ci preparavamo adun’alzata antelucana. Chiusi gli occhisotto un lucernaio stellato.

Secondo giorno, alba luminosa,abiti pesanti, colazione abbondante,ghette già calzate; marcia mattiniera.Continuammo ad avanzare calpestandorocce lucenti, il percorso talvoltapresentava qualche difficoltà cherichiedeva l’ausilio delle mani, maprocedemmo tranquilli, avvicinandoci altemuto-anelato ghiacciaio, che sisquadernò d’improvviso. Formicoliogenerale: comparvero le corde, sisentirono parole strane - nomi di nodi, diconfigurazioni -, io - immobile, per il terroredi sbagliare qualcosa - mi ritrovaiimbragata, assicurata alla cordata,avvolta in dieci metri di corda residua,

piccozza in mano, in coda al gruppo.Camminare sulla neve non fu un grandeproblema, o, almeno, non su quella neve.Mi risulta abbastanza naturale, forse cisono abituata da quando ero bambina,bisogna affondare bene il tacco, perpoggiare su uno strato solido. La piccozza- oggetto orrendamente ingombrante, siain mano sia riposta - ci accompagnavacome un bastone di vecchiaia.Finalmente arrivammo al rifugio CimaLibera (3145 m). Finalmentealleggerimmo lo zaino. Poi su, verso lavetta, Cima Libera (3419 m). Di nuovolegati. Una placida avanzata tra la nevescintillante. Eravamo distanti, separati dai10 metri d’ordinanza, io non chiudevo piùil gruppo (solo la mia cordata), rallentavoperiodicamemte per mantenere la cordatesa, e scivolai tra i miei pensieri, in mezzoa quel deserto abbagliante.

Sulle famigerate “roccette”(diffidare da questo termine, di solitoindica che c’è da stare molto attenti,malgrado l’ingannevole vezzeggiativo) hoavuto paura. Perché non abbiamoestratto il kit da ferrata, che pure pesavanello zaino? E perché - soprattutto -continuammo a stare legati? Le miecompagne - più esperte, più disinvolte,più veloci - avanzavano rapide, io dovevorallentare sempre la loro salita, con iltimore che un mio errore si sarebbe potutoripercuotere sulle altre. In qualche modo,si superarono le roccette. Camminammosullo spartiacque, sul confine conl’Austria. Camminare in cresta questavolta non mi ha impensierito, anche sec’era neve da entrambe le parti (o forseproprio per questo, la neve è pericolosa,ma non lo sembra). Alla fine della cresta,la cima. 3418 m. Mai stata così in alto.Davanti a me - attorno a me, sotto di me- un enorme volume di vuoto. Milioni dimetri cubi d’aria, davanti, attorno, sottodi me. Il manto di neve, i rifugi, la valle, lemontagne distanti, la crosta corrugata,tutto giaceva sotto di me.

Eh, ma bisogna anche scendere.Scendere per le “roccette”. No. Allora mislegate. Non voglio tirarmi dietro le altre,quando cadrò. Uhm. Forse c’èun’alternativa, si scende per il canalonequa sotto, sulla neve. Va bene, per laneve, ma la neve sta molto sotto, e comefacciamo ad arrivarci? E intantoricominciano i balbettii concitati, sicarpiscono nomi strani di tecniche e nodi,situazioni e soluzioni, e solo dopo che ilcapogita è partito, ho cominciato a intuirecosa avremmo dovuto fare: scendere perquella via friabile legati alla corda appenacalata dal capogita. “La facciamoassieme’’, mi dice uno degliaccompagnatori. Quello severo. Ma nonc’è scelta: niente orgoglio, niente fierezza,niente “ce la faccio da sola’’: ho bisognodi aiuto; e la montagna è anche umiltà.

Accetto l’aiuto e ringrazio, veloce.Però, così, la discesa è stata fatta, la

sopra verso il Rifugio Cima Libera

(foto A. Ciabatti)

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difficoltà è stata superata. E anche quellasulla neve, anche se con troppe cadutee scarsa resa estetica. Alla fine, anchese forse un po’ in ritardo, tornammo alrifugio. Fu il suono di un trombone adannunciarci con grazia la cena. Cicoricammo quasi forzatamente, sollecitatidall’interruzione della corrente, motivatidal programma di una sveglia ancora piùindigesta, necessaria per anticipare ilmaltempo previsto.

“Alfio, c’è nuvole basse’’. Mi piacequesto costrutto così diffuso in Toscana,verbo al singolare, soggetto al plurale.Chissà se deriva dal latino. Macomunque, che significa “nuvole basse’’?Si va? Non si può andare? Uscimmocomunque, e la defezione di una dellepartecipanti ci costrinse in due cordateda quattro persone. La progressione sullaneve fu lenta e gradevole, ma, giunti allerocce, formazioni lontane di nuvolestavano annunciando - a chi le sapevaleggere, non certo a me - un imminentepeggioramento. Pare irragionevole,ingiusto, doversi ritirare per delle striscepiatte all’orizzonte. Tant’è. Attendemmoil maltempo - l’impossibilità di stareall’aperto - giocando su di una lastra dighiaccio accanto al rifugio. Mammachioccia-Alfio, ramponi calzati, faceva trepassi, e noi-pulcini, dietro, ripetevamo glistessi tre passi con precisione millimetrica.Lezione di progressione su ghiaccio. Poi,il maltempo previsto comparve puntuale,e ci rinchiuse nel rifugio.

Quarto giorno. Tanta pazienza. Glizaini pronti, attendevamo solo unaccenno di miglioramento, un metro in piùdi visibilità, per scappare. Sarebbebastato che qualcuno fosse salito alrifugio, e ci avesse segnato una tracciasulla neve. Gli altimetri segnavanosprofondamenti mesoscopici chegeneravano speranze cosmologiche, manoi rimanemmo inchiodati su quelle

panche, rubandoci i pochi libri in italianopresenti nel rifugio, ammazzando il temponei modi più fantasiosi.

Ero ancora - sostanzialmente - traestranei, ma mi sentivo tra amici. Laconvivenza, per quanto minima, creaaffiatamento e stima reciproca. Ancorauna volta mi fu confermato che la quotaseleziona le persone, che la montagnaattrae persone interessanti, di valore.Intanto, gl i espert i tra di loroconfabulavano per studiare uneventuale cambio di percorso, nel casoin cui la neve avesse resoirrintracciabile il sentiero inizialmente inprogramma.

L’ultima sera era imbevutadell’atmosfera ambigua della partenza, incui sotto l’impazienza di indossare dinuovo gli scarponi e continuare la marciac’era un fondo pesante e amaro chericordava che quell’avventura stavafinendo. Il mondo era lontano - non solofisicamente, anche esistenzialmente - enon ero sicura di voler colmarenuovamente quella distanza.

L’alba dell’ultimo giorno erasadicamente magnifica. Il sole ghignava,la neve scintillava, modellata dal ventocome fosse stata sabbia: un desertocandido. Avanzammo attraverso questovento gelido, scavalcammo il colle, ecominciammo la discesa, fino al LagoNero del Tumulo. Purtroppo anche lavariante scelta era stata coperta dallaneve, per cui non restava che la terzaalternativa, anche se era la più scomodalogisticamente. Cominciammo a scendere.Faceva sempre più caldo. Riponemmo gliattrezzi, ad uno ad uno, nello zaino, semprepiù incombente sulle spalle, l’operazioneaveva il sapore di una regressione.Scendevamo, la neve si scioglieva,impregnava il terreno, schizzava gli abiti.Sempre più caldo, l’aria zuppa d’umidità:

La Val Ridanna è situata nelle AlpiBreonie di ponente e si trova poco primadel passo del Brennero dove si diparteda Vipiteno verso ovest per circa 18 Km.È nella provincia di Bolzano ed èamministrativamente nel comune diRacines che comprende anche le valli diRacines e Fleres. La valle tipicamenteglaciale, è molto conosciuta in invernoanche per le sue splendide piste per losci di fondo. Non sono presenti impiantidi sci da discesa e questo forse la rendepiù autentica almeno durante la stagioneinvernale. In primavera ed estate èun’esplosione di colori, nei prati e neiboschi si possono vedere tutte lesfumature del verde punteggiate di fiorigiall i . Le case, nel rispetto dellatradizione altoatesina, hanno i balconiguarniti di coloratissimi gerani.

Un aspetto particolare della valleè la storia legata alle miniere situate acavallo tra la val Ridanna e la ValPassiria. La località –Monteneve2355mt-, tra la Val Passiria e la Valle diRidanna, fu la più grande miniera dipiombo, zinco e argento del Tirolo. Giàdal 1200 si hanno documenti scrittisull’attività estrattiva in Ridanna le cuiminiere resteranno attive fino al 1985. Lapiù alta miniera d’Europa e forse quellapiù a lungo produttiva nell’arco alpino èstata oggi riadattata e aperta al pubblico.Gli impianti minerari situati all’interno delmassiccio montuoso compreso tra la Val

Tra ghiacciaie miniere

Testo e foto Alfio Ciabatti(Reggente Sottosezione di Scandicci)

sentivo il bagnato addosso, sul viso, sugliscarponi melmosi.

Una sosta alla malga, oramaiquasi arrivati. Mangiammo senza troppogusto. Poi pochi minuti, fino alla fermatadell’autobus, dove il gruppo si divise: gliautisti andarono a recuperare lemacchine, grazie ad un passaggio, noirimanemmo lì in attesa. In un limbo: lagita era finita, ma noi restavamo lì adaspettare chiacchierando, di fronte al via-vai dei turisti, immersi nel verde, aguardare le cime innevate da cui eravamoarrivati. Per avvicinarci al resto del gruppo,prendemmo due autobus. A Moso, mentreattendevamo il secondo, era pieno diescursionisti, di zaini, di bacchette e discarponi. Solo noi avevamo la piccozza.Noi avevamo fatto di più.

Guardai la mia piccozza già connostalgia: essa era simbolo e ricordo diqualcosa di grandioso che, inquell’istante, aveva definitivamentecessato di esistere.

In vetta a Cima Libera(foto A. Ciabatti)

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Ridanna e l’Alta Val Passiria sono quasiinteramente ben conservati e sono statiriaperti recentemente a scopo turistico epercorribili a testimonianza di un passatodi immense fatiche per un lavoro umilema fatto con orgoglio. Nelle gallerie siaccede con i caratteristici trenini delleminiere. Una particolarità di questaminiera è stata la rete di trasporto delminerale dall’estrazione alla lavorazionetramite piani inclinati e ferrovie tipoDecauville fino a Vipiteno con unalunghezza complessiva di circa 21Km.(http://www.monteneve.org - http://www.museominiere.it/it/bergbaumuseen/information/index.asp).

La testata della valle è chiusa unimponente bacino glaciale che è il più vastocomplesso dell’Alto Adige e che fa daspartiacque con la zona dello Stubai. Ilghiacciaio è oggetto di studio e vienecostantemente monitorato dall’Istituto

Idrografico della Provincia di Bolzano anchea causa del lento ma inesorabile regresso.(vedi rivista Neve e Valanghe n° 53). Nelversante meridionale fanno da corona unasuperba serie di vette: Cima del Prete(3453) - Il Capro (3251) - la Croda Nera(3354) - Cima Libera (3419) - Il Pan DiZucchero (3505). La zona è terreno idealeper lo scialpinismo d’avventura sia perl’isolamento dovuto alla chiusura dei rifugiin inverno, che per la distanza dai centriabitati. I rifugi dove siamo passati fannoparte del percorso dell’itinerario dei “13rifugi” da Bolzano a Merano.

IL NOSTRO PERCORSO

1° giornoSalita al Rifugio Vedretta Pen-

dente/Teplitzer Hütte 2586 mt CAI

Vipiteno. La partenza della escursione èstata da Masseria 1410 mt. Dalparcheggio, lasciati gli impianti minerarialla nostra sinistra, abbiamo seguito ilsentiero n 9 che attraversa prima diinerpicarsi la piana proglaciale diAglsboden. Il sentiero è senza particolaridifficoltà e costeggia il torrente impetuosoin questo periodo per l’acqua di fusionedel ghiacciaio e dei nevai. Con una sostaristoratrice lungo strada al piccolo egrazioso rifugio Vedretta Piana /Grohmannhütte -CAI Vipiteno 2254mt-accolti da un simpatico quanto teutonicogestore, in circa cinque ore circa abbiamoraggiunto il rifugio Vedretta Pendente -CAI Vipiteno 2586mt-. Una nota di meritoper questo bel rifugio oltre che perl’accoglienza ed alla posizione magnificadominante la val Ridanna, è per l’acquacalda corrente e abbondante, fatto piùunico che raro per la quota, dovuta al fattoche la struttura è dotata di un piccolo

generatore idroelettrico alimentato dalleacque di fusione della Vedretta Pendente.

2° giornoTraversata al rifugio Cima Libera/

Muellerhuette 3145 mt CAI Bolzano.Lasciato di buon ora il rifugio, abbiamopercorso il sentiero n° 9 che sale semprenel lato destro della valle glaciale su unpercorso alquanto lavorato e cheattraversa nella sua parte finale ilghiacciaio di Malavalle. L’ambiente è diselvaggia bellezza dove il marroneintenso delle rocce inframezzato da rariciuffi d’erba con fiori colorati, si staglianel cielo azzurro e sul ghiacciaio ancoracon intense zone innevate creando deigiochi di colore da lasciare inebriati. Unavera estasi di bellezza.

Il sentiero sale tra rocce, cenge esfasciumi e, in qualche tratto esposto oparticolarmente ripido, è attrezzato concorde metalliche. Abbiamo attraversatoprima una lingua del ghiacciaio chescenda da Cima Libera e poi quasiorizzontalmente, a quota 3000mt, laVedretta di Malavalle fino sotto al rifugioCima Libera. Il percorso fin qui è stato dicirca 5,30 ore. Il sentiero passa sotto ilpittoresco rifugio Biasi al Bicchiere /Becherhaus –CAI Verona 3195 mt- almomento chiuso. Dal rifugio, alcunihanno raggiunto Cima Libera (3418 mt)in circa 2 ore in parte su ghiacciaio e poiper le roccette della cresta.

3° giornoDal rifugio Cima Libera era

prevista la salita di Cima di Malavalle, maarrivati alla base della cresta rocciosa,l’improvviso cambiamento del tempo, hacostretto alla strategica ritirata. Il

pomeriggio ha iniziato a nevicaree la precipitazione è durata anchetutto il giorno successivo.

4° giornoSosta forzata al rifugio

Cima Libera causa neve. Sonostate determinanti le iniziative perpassare il tempo. Nella libreria delrifugio è stato trovato uno stranomanoscritto della Val Ridanna maabbiamo deciso che saràanalizzato successivamente.

5° giornoRientro. A causa della

ingente precipitazione non è statopossibile percorrere a ritroso ilsentiero per la val Ridanna,pertanto abbiamo deciso per ilrientro in val Passiria. Su buoni40 cm di neve fresca, abbiamotraversato la Vedretta di Malavallesotto l’omonima cima, fino allaforcella della Croda Nera 3059 mtpoi lungo il sentiero 29, siamoscesi per il vallone verso il LagoNero del Tumulo. Ancora discesaper il sentiero 30 fino a

raggiungere la decisiva Malga Tumulo /Timmelsalm dove patate, speck e birrahanno permesso di recuperare le energieperse. Da qui per il sentiero, ormai stradacarrareccia, fino al ponte sul Rio Tumulo1794 mt. Il rientro a Masseria è statopossibile grazie alla cortese disponibilitàdel padre di Andrea che ha trasportatogli autisti fino a Masseria permettendo ilrientro a Firenze ad un’ora decorosa.

Per l’attrezzatura si segnala cheè necessario, oltre quella normaleattrezzatura da escursionismo in altamontagna, anche quella da ghiacciaio percui imbracatura, corda, ramponi, piccozzae pertanto la conoscenza dellaprogressione in tale ambiente. CartaTabacco 1:25.000 foglio 038 e 039.

Verso il Rifugio Cima Libera (foto A. Ciabatti)

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CLUB ALPINO ITALIANOSezione di FirenzeVia del Mezzetta, 2M - 50100 FIRENZEtel.: 055 6120467 - [email protected]

PROGRAMMA GITE 2010

DA A Descrizione Organizzazione Difficoltà Trasporto

03/01 06/01 Epifania sulla neve - Valtournanche SCI CAI MPR10/01 Foreste Casentinesi (Ciaspolata) GEEO - SS. PONTASSIEVE EAI BUS14/01 Colli Fiorentini - Grassina/Poggio Fattucchia SS. CASSA RISPARMIO FI MPR17/01 Fonti Scomparse di Monte Morello GEEO E MPR17/01 Ciaspolata in alta Garfagnana da Vianova SS. PESCIA E17/01 Escursione in Appennino (Ciaspolata) SS. SCANDICCI EAI MPR17/01 Uscita in grotta con G.S.F. SS. PONTASSIEVE17/01 Corso sci - Corno alle Scale SCI CAI BUS24/01 App. Toscano - M. Gazzarro (Ciaspolata) GEEO EAI MPR24/01 Corso sci - Corno alle Scale SCI CAI BUS24/01 Corso sci di fondo - Piandelagotti SS. SCANDICCI BUS30/01 31/01 Da Rifugio a Rifugio (Ciaspolata)

dal Passo della Calla al Rifugio Fangacci SS. STIA EE MPR30/01 31/01 Weekend - Monte Cimone SCI CAI BUS31/01 Corso sci di fondo - Piandelagotti SS. SCANDICCI BUS31/01 Sentiero delle Burraie GEEO - SS. PONTASSIEVE E MPR31/01 Ciaspolata all’anello dei faggi secolari SS. PESCIA E

07/02 ALpi Apuane - Monte Sumbra GEEO - SS. PONTASSIEVE - GATP BUS07/02 Escursione in Appennino (Ciaspolata) SS. SCANDICCI EAI MPR07/02 Corso sci - Corno alle Scale SCI CAI BUS09/02 Liguria - Promontorio di Punta Bianca SS. CASSA RISPARMIO FI BUS13/02 14/02 Notturna Foreste Casent. - Fangacci-P.Scali SS. PONTASSIEVE EAI13/02 14/02 Weekend - Corno alle Scale (Fine corso e gara) SCI CAI BUS14/02 Corso sci di fondo - Piandelagotti SS. SCANDICCI BUS14/02 Marcia Scialpinistica

Memorial P.Brilli e P.Della Bordella SS. STIA E MPR14/02 Chianti - Anello di Fonterutoli E MPR14/02 Lago Scaffaiolo (Ciaspolata) SS. PESCIA E20/02 Chianti - Monte San Michele SS. CASSA RISPARMIO FI T MPR21/02 Corso sci di fondo - Piandelagotti SS. SCANDICCI BUS21/02 Firenze e i suoi colli

da Pian dei Giullari a Piazza Signoria SS. STIA MPR21/02 Frazioni Camaioresi GEEO E BUS27/02 28/02 Val di Fassa (Ciaspolata - Sci di fondo) GEEO - SS. SCANDICCI EAI BUS28/02 Appennino TE - da Pratorsi (Ciaspolata) SS. PESCIA E

06/03 09/03 Tirolo - ski-tour in Austria SCI CAI07/03 Escursione in appennino con le ciaspole SS. SCANDICCI EAI MPR07/03 Casina di Foresta (Anello) SS. STIA E MPR

07/03 Sentiero della Memoria: Rufina-Consuma GEEO E PUB07/03 Appennino Reggiano - Pietra di Bismantova SS. CASSA RISPARMIO FI E/EEA BUS14/03 Levanto-Deiva Marina (Liguria) GEEO E BUS

LEGENDA :

GEEO Gruppo Escursionistico Emilio Orsini MPR Mezzi propri TRE TrenoGATP Gruppo Alpinistico Tita Piaz PUB Mezzi pubbliciGSF Gruppo Speleologico Fiorentino PUL Mini bus

NAM Gruppo Namastè - Montemignaio SS. Sottosezione

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DA A Descrizione Organizzazione Difficoltà Trasporto

14/03 15/03 Sci di fondo - Alpi di Siusi SS. SCANDICCI BUS14/03 Dal Santuario Della Madonna di Reggio

al Santuario della Madonna di Soviore SS. PESCIA T14/03 Anello di Cetica-Croce del Pratomagno SS: STIA EE MPR20/03 Pranzo Sociale Rist. Casa di Caccia (Mugello) SS: CASSA RISPARMIO FI MPR21/03 Mattina - Calvana SS. SCANDICCI E MPR21/03 Sentiero delle Burraie SS. STIA E MPR21/03 Croce al Cardeto (Ciaspolata) GEEO - NAM - SS. PONTASSIEVEEAI MPR24/03 Garfagnana - Canyon di Vico Pancellorum SS. CASSA RISPARMIO FI MPR28/03 Via Francigena zona Senese SS. SCANDICCI T MPR28/03 Traversata del Montalbano - Colline Toscane GEEO E BUS28/03 Arezzo - Chiusi (Sentiero della Bonifica) SS. PONTASSIEVE28/03 Camminata sul Montalbano SS. PESCIA T

10/04 (App.Tosco Romagnolo) Camaldoli - P.so Calla SS. CASSA RISPARMIO FI E BUS10/04 11/04 Da Stia a Firenze alla ricerca dei vecchi percorsi SS. STIA E BUS11/04 Oasi LIPU di Montepulciano NAM E MPR11/04 Passeggiata - bambini e genitori SS. SCANDICCI T MPR11/04 Da Portofino a San Fruttuoso SS. PESCIA T11/04 Chiocchio-Figline Valdarno GEEO E BUS18/04 Anello Bagnoro - Monte Lignano - Bagnoro SS. STIA E MPR18/04 Man. Sentieri GEEO E MPR18/04 Macchia della Magona - Bibbona (LI) SS. SCANDICCI E BUS21/04 (M.Amiata) Eremo del Vivo - Ermicciolo SS. CASSA RISPARMIO FI BUS25/04 Badolo - Ferrrata e gita B SS. SCANDICCI E/EEA BUS25/04 Giornata manutenz. sentieri

(Parco delle Foreste Casentinesi) SS. STIA25/04 Da Riomaggiore a Portovenere SS. PESCIA E25/04 Anello di Travalle Prato NAM E MPR25/04 Mugello Selvaggio GEEO - SS. PONTASSIEVE EE MPR30/04 02/05 Traversata dell’Elba

GEEO - SS. PONTASSIEVE - SS. STIA - SS. SCANDICCI E BUS-PUB

08/05 Alpi Apuane - MonteCroce e Monte Nona SS. CASSA RISPARMIO FI E BUS09/05 Foresta di Monterufoli GEEO E BUS09/05 (Alto Casentino) Consuma - Croce a Mori NAM E MPR09/05 Monte Cucco (Umbria) SS. PONTASSIEVE E09/05 Monte Prana dal Passo del Lucese SS. PESCIA EE16/05 Monte Subasio - La Montagna di Assisi SS. SCANDICCI E PUL16/05 App. Tosco-Emiliano - Sasso Tignoso GEEO E BUS16/05 Pietrapazza - Anello sul crinale della Bertesca SS. STIA E MPR16/05 Giornata di sistemazione sentieri

Montagna Pesciatina SS. PESCIA E20/05 Monte Sagro-Rifugio Carrara (Alpi Apuane) SS. CASSA RISPARMIO FI E BUS22/05 23/05 Monte Catria e Nerone (2 escursioni) SS. STIA EE PUL23/05 Passo Eremo - Passo Peschiena (Romagna) GEEO E BUS23/05 Montefalco e Falterona (Sorgenti dell’Arno) SS. PESCIA E23/05 Santa Brigida - Sentiero delle Burraie NAM E MPR23/05 Balzo Nero da Vico Pancellorum SS. SCANDICCI EE MPR29/05 (App. Tosco/Emil.) Passo Radici - Lago Santo SS. CASSA RISPARMIO FI E BUS29/05 05/06 Creta (Iscr. dal 15 marzo) GEEO E PUB30/05 (Alpi Apuane) - Ferrata Tordini-Gallicani (Foce Siggioli) e gita B

GEEO - SS. SCANDICCI - SS. PONTASSIEVE EE/EEA BUS

02/06 Colline di Scandicci - MTB e a piedi - mattina SS. SCANDICCI T MPR05/06 06/06 Laghi e ghiacciai nel Parco dei Cento Laghi SS. PESCIA E

CLUB ALPINO ITALIANOSezione di FirenzeVia del Mezzetta, 2M - 50100 FIRENZEtel.: 055 6120467 - [email protected]

PROGRAMMA GITE 2010

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DA A Descrizione Organizzazione Difficoltà Trasporto

06/06 (Alpi Apuane) Passo Croce - Canale Pirosetto GEEO EE BUS06/06 Alta Val Tiberina: Alpe della Luna- M.Maggiore NAM E MPR06/06 Monte Catria (Umbria/Marche) SS. PONTASSIEVE E06/06 GEA la prima tappa - Anello di Bocca Trabaria SS. SCANDICCI E PUL09/06 I Prati di Logarghena(Lunigiana) SS. CASSA RISPARMIO FI BUS13/06 Svizzera Pesciatina - verso Lucchio SS. SCANDICCI E MPR13/06 Abetone-Cimone (Passo del Lupo) GEEO EE BUS19/06 20/06 Celebraz. fondazione S/S Stia (escurs.e manif.) SS. STIA EE19/06 20/06 Monti Sibillini SS. PONTASSIEVE E19/06 (App. Tosco Emiliano) Croce Arcana - Abetone SS. CASSA RISPARMIO FI E BUS20/06 Stia - Falterona - La Burraia GEEO - SS. STIA E MPR20/06 Anello del Monte Sagro SS. PESCIA EE20/06 (A.Apuane) Monte Altissimo - Pian della Fioba SS. SCANDICCI EE PUL24/06 27/06 Dolomiti di Brenta (programma da definire) NAM E MPR26/06 27/06 (Alpi Apuane) 2 giorni alla scoperta delle Apuane SS. STIA EE MPR26/06 27/06 Prado - Cusna (Anello da Abetina Reale)

Pernottamento al Rifugio Battisti SS. SCANDICCI EE PUL27/06 Passo Radici - Passo Pradarena (Appennino) GEEO EE BUS

03/07 04/07 Presanella GEEO-SS. PONTASSIEVE-GATP EEA BUS04/07 Marmitte dei Giganti SS. PESCIA EEA10/07 11/07 Ferrata Del Centenario (Abruzzo) SS. PONTASSIEVE EEA MPR11/07 17/07 Settimana sulle Alpi SS. CASSA RISAPRMIO FI MPR11/07 Sentiero delle Cappelle e Arboreto SS. STIA E MPR11/07 (Alpi Apuane) Monte Nona NAM E MPR11/07 Notturna sul Pratomagno GEEO - SS. SCANDICCI E BUS14/07 18/07 Trekking sulle Alpi (4 gg. da rifugio a rifugio) SS. SCANDICCI EE/EEA MPR18/07 Pratospilla (Percorsi ad anello) SS. PESCIA E18/07 La Diga di Ridracoli e La Lama SS. STIA E MPR18/07 Risalita del Rovigo GEEO E MPR24/07 25/07 Alba alla Croce di Pratomagno (con tenda) NAM E MPR24/07 25/07 (Dolomiti) Ferrata Lipella- Tofana di Roces SS. PONTASSIEVE EEA24/07 31/07 Valpelline (Val d’Aosta) GEEO E/EE MPR25/07 Spaghettata al Rifugio dei Fangacci SS. STIA T MPR25/07 Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi SS. SCANDICCI E MPR

01/08 Madonna della Neve (escursione M.Falterona) SS. STIA T MPR01/08 Monte Falterona - Santa Messa SS. PONTASSIEVE E01/08 Alpi Apuane - Ferrata del Monte Procinto SS. PESCIA EEA08/08 Montemignaio: risalita del torrente Fiana NAM E10/08 Escursione nella notte di S.Lorenzo

con cena Rifugio La Calla SS. STIA T MPR15/08 Ferragosto ai Rifugi della Sezione SS. STIA MPR21/08 28/08 Settimana sulle Alpi SCI CAI MPR15/08 24/08 Gita nel Parco naturale di Fanes, Senes e Braies SS. PESCIA E/EE21/08 Lanterne nel bosco (fiaccolata per bambini) NAM T22/08 Montemignaio: inauguraz. del Sentiero Natura NAM E

05/09 Grigliata alla Casetta dei pastori SS. PESCIA T10/09 12/09 Gita Sociale sulle ALpi - Monte Cervino SS. STIA EE BUS11/09 12/09 Pale di S. Martino (Ferrata Bolver Lugli+ gita B) GEEO-SS. PONTASSIEVE-GATP EEA BUS11/09 Alpi Apuane - MonteFiocca (Cena da Raffaello) SS. CASSA RISPARMIO FI E/EE BUS12/09 Casentino: Camaldoli-Poggio dei tre Confini NAM E MPR12/09 Corno alle Scale ( Anello Madonna dell’Acero -

Salita dai Balzi dell’Ora) SS. SCANDICCI EE MPR14/09 Casentino: il Castello di Monte Gonzi SS. CASSA RISPARMIO FI MPR

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PROGRAMMA GITE 2010

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DA A Descrizione Organizzazione Difficoltà Trasporto

19/09 Alpi Apuane - Pania della CroceAnello da Fociomboli - Mosceta - Costa Pulita SS. SCANDICCI EE PUL

19/09 Alpi Apuane - Monte Fiocca da Arni SS. PESCIA E/EE19/09 Camogli - Santa Margherita Ligure GEEO E BUS25/09 26/09 Dolomiti - Sass Rigais + gita B GEEO EEA BUS25/09 26/09 Pasubio e Piccole Dolomiti SS. CASSA RISPARMIO FI E/EEA25/09 26/09 Foreste Casentinesi

Gita intersezionaqlele con il CAI Gubbio SS. STIA E MPR26/09 Mugello - Trenotrekking:Marradi NAM E26/90 Orrido di Botri SS. PONTASSIEVE EE26/09 Valle del Farma - ANPIL SS. SCANDICCI E MPR

03/10 Monti della Calvana SS. PESCIA T03/10 Rapolano Terme - escursione ad anello SS. STIA E MPR03/10 Cascate Dardagna GEEO E BUS03/10 Crinali dell’Abetone - Anello da Orto Botanico

(Traversata dei Denti della Vecchia) SS. SCANDICCI EE MPR09/10 App. Tosco/Emil.: V.di Luce-Rondinaio-L.Santo SS. CASSA RISPARMIO FI E BUS09/10 17/10 Fiera di Scandicci - Stand della Sottosezione SS. SCANDICCI10/10 Romagna: Campigna Fonte del Raggio NAM E MPR10/10 Saline di Volterra: la storica ferrovia GEEO E MPR14/10 Volterra e la Val di Cecina SS. CASSA RISPARMIO FI BUS16/10 23/10 Pollino: Orsomarso (Calabria) GEEO EE PUB17/10 Passeggiata - bambini e genitori SS. SCANDICCI T MPR17/10 Foreste Casentinesi GEEO E BUS17/10 Pieve di Gropina - anello zona Loro Ciuffenna SS. STIA E MPR17/10 Liguria - Monte Zatta SS. PONTASSIEVE E17/10 Penna di Lucchio e Memoriante SS. PESCIA E/EE24/10 Sent. Namaste’-Pescina ore (Pranzo Sociale) NAM E24/10 Trenotrekking: Crespino-Ronta GEEO - SS. SCANDICCI E TRE31/10 Breve gita lungo la Linea Gotica SS. PESCIA E31/10 Anello di Bagno Vignoni - Val d’Orcia GEEO E BUS

07/11 Lucca e i suoi Bastioni GEEO E BUS07/11 Anello di Palazzuolo Sul Senio SS. SCANDICCI E MPR13/11 Pratomagno SS. CASSA RISPARMIO FI E MPR14/11 Monte Ferrato - Prato SS. SCANDICCI E MPR14/11 Pranzo Sociale SS. PESCIA14/11 Ballottata GEEO - SS. STIA TE MPR17/11 Maremma - Il Castello di Cotone SS. CASSA RISPARMIO FI BUS21/11 Argentario - Il mare in autunno SS. SCANDICCI T PUL21/11 Alpe di Poti - escursione sul crinale SS. STIA T MPR21/11 Anello di S. Godenzo GEEO E MPR28/11 Anello di Pratariccia (Montemignaio) GEEO E MPR28/11 Pranzo Sociale SS. PONTASSIEVE

05/12 (Mattina) Colline del Chianti Anello di Poggio alla Croce - Badia Montescalari SS. SCANDICCI E MPR

05/12 Macchia dei Tatti e For.del Berignone GEEO - SS. PONTASSIEVE E MPR07/12 Versilia (MonteGabberi-Pietrasanta) SS. CASSA RISPARMIO FI BUS12/12 Anello Case di San Romolo GEEO E MPR19/12 Pranzo di auguri al Rifugio La Calla SS. STIA MPR19/12 Montepiano - Futa GEEO E BUS

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Se vedete un nidiaceo a terra non raccoglieteloimmediatamente, ma mettetelo in un posto un po’ riparato, al sicuro daeventuali predatori, e rimanete ad osservarlo da lontano in silenzio.Probabilmente vedrete i genitori che di tanto in tanto vengono adimbeccarlo. Avrete così conferma che l’uccellino non è in difficoltà, masta semplicemente affrontando la sua prima, e senza dubbio piùpericolosa, avventura fuori dal nido. Molti piccoli infatti (ad esempi merli,passeri, rapaci) lasciano il nido quando non sanno ancora volare, macontinuano ad essere nutriti dai genitori.

Chi ci parla è Paola, volontaria della LIPU. Paola opera conassiduità, passione e competenza. al centro recupero rapaci di Vicchio. Siamo in una trentina, tra ragazzi, accompagnatori e genitori, adascoltarla con attenzione, avidi di schiudere gli occhi su questo spicchiodi volontariato sconosciuto a molti. Volontariato che, come molti altri,richiede grande dedizione ed impegno, e come molti altri, annaspa tragli scarsi contributi e qualche piccola fonte di reddito, come la visitadell’Alpinismo Giovanile. Il centro recupero rapaci del Mugello nascecollo scopo di recuperare, riabilitare e reintrodurre in natura i rapaci siadiurni (pellegrini, gheppi, poiane, pecchiaioli, sparvieri ecc) che notturni(gufo reale e comune, assioli, civette, barbagianni, allocchi) Ferite efratture causate da armi da fuoco, impatto con autoveicoli e fili sospesi,intossicazioni da pesticidi e cadute di piccoli dal nido sono le principalicause del loro ricovero. Il centro è uno dei primi sorti in Italia, dopo lasede nazionale di Parma e il centro di Livorno; quest’ultimo accoglieprevalentemente uccelli acquatici. A Vicchio arrivano più di mille animaliall’anno: oltre ai rapaci vengono portati molti altri uccelli appartenentialla fauna selvatica (merli, tordi, cornacchie, gazze, ghiandaie, frosoni,verdoni ecc) e in primavera tantissimi nidiacei, che costituiscono, collaloro necessità di essere imbeccati almeno ogni ora, un impegnoestremamente gravoso per gli operatori). Negli ultimi anni il Centro sista occupando anche di piccoli mammiferi selvatici come ricci, faine,lepri, volpi ecc.

E quest’aria di grande dimestichezza e amore verso gli animalisi respira fin dai primi momenti, quando ci fanno sedere in semicerchionel prato dove Beba, la pecora Suffolk, e 9 oche passeggianotranquillamente in gruppo serrato, avvicinandosi a noi senza timore.Paola ci dà tante notizie curiose ed interessanti, i ragazzi la tempestanodi domande, si emozionano quando via via vengono loro mostrati adistanza ravvicinatissima alcuni degli animali irrecuperbili: un falcopecchiaiolo, (a questi poveri uccelli migratori si dà una caccia ferocenel sud dell’Italia, perché una credenza popolare, ancora viva, sostieneche chi abbatte uno di questi animali è immune per un anno da qualsiasitradimento), un falco pellegrino, la civettina. Si trattengono, cercano diresistere alla tentazione di avvicinarsi di più all’uccello tenuto con amoree sapienza dalle mani della volontaria, qualche volta non ce la fanno esi accalcano intorno a lei. E’ stato detto loro che l’animale soffre, se sispaventa per tutte quelle presenze, quelle vocine, e rapidamente,quando vengono richiamati, si riallontanano premurosi.

Continua così la “lezione”: apprendiamo che possiamo toccareun uccellino senza comprometterne il rapporto coi genitori, perché gliuccelli, appunto, non hanno il senso dell’olfatto sviluppato. Un piccolo dimammifero non va invece assolutamente toccato: se questo avviene,la madre lo abbandonerà: i piccolini dei mammiferi sono inodori: è laloro unica difesa, insieme all’immobilità, per non farsi trovare dai predatoriquando sono nel nido, in attesa della mamma andata alla ricerca dicibo. Se toccate, per esempio, un leprotto che trovate in un campoinsieme ai suoi fratelli, la mamma, una volta tornata, non lo allatteràpiù: in natura c’è una legge assoluta ed non trasgredibile: ogni energiava risparmiata; allattare un piccolo che ha una minor possibilità disopravvivenza, perché può essere fiutato dai predatori, è uno spreco dienergie preziose.

Sta venendo buio, interrompiamo la chiaccherata per visitarele voliere dove vengono messi gli uccelli una volta guariti. Quiricominciano ad esercitare la muscolatura dopo l’immobilitàdell’infermeria. La maggior parte di essi arriva ferita alle ali o agli occhi,proprio quelle parti che devono funzionare al meglio perché essi possanosopravvivere. I veterinari, anche loro volontari specializzati in questosettore, si adoperano per cercare di rimetterli in condizione di volareperfettamente e quindi di poter cacciare. Una frattura d’ala vienericomposta in anestesia generale con un vero e proprio intervento; il piùdelle volte viene stabilizzata tramite un fissatore esterno. Una voltaoperati gli uccelli fanno la loro convalescenza in infermeria, dove sonosottoposti a cure quotidiane da parte dei volontari. Le ossa cave dei

volatili si saldano rapidamente. Dopo un certo periodo di tempo ilfissatore, che ha tenuto allineato l’osso, viene tolto e l’animale puòfinalmente essere messo nella voliera, dove Paola e gli altri operatoricercheranno di entrare il meno possibile, in modo che i rapaci perdanola familiarità coll’uomo. E’ proprio per questo che le voliere sonocompletamente coperte da quei teli verdi che tanto comunemente siusano in campagna. Dopo qualche mese il passo successivo è l’aperturadella grande gabbia, dove però si continuerà per un po’ a mettere delcibo, aiuto importante in caso di insuccesso nelle prime cacce. Alcuniuccelli non riusciranno mai a staccarsi del tutto, ma per molti la libertàassoluta è un bene non barattabile.

I ragazzi si accalcano alle feritoie per ammirare gli animali. E’proprio buio quando cerchiamo di indovinare le forme immobili all’internodelle ultime voliere. Salutiamo Paola. Chissà se fra qualche annoqualcuno di questi ragazzi non verrà a darle una mano.

Visit a al Centro RecuperoRapaci del Mugello

Testo e foto di Flavia Rizzini(Alpinismo Giovanile)

in alto: un merlonella foto sopra: un cucciolo

nella pagina a fianco:una foto di M. Giovi da Berceto e, sotto, le lapidi

del Sentiero della Memoria

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La neve che cade ci può infondere almomento un senso di euforia e di gioia puer-ile ma anche un certo disagio pensando a chisoffre in fondovalle o nella piana. Lesensazioni e le reazioni variano da individuoa individuo. L’alpinista pensa subitoall’accumulo della neve sulle montagne e sidomanda quanto spessore può averericoperto la natura trasformandola con quelbianco manto invernale. La sensibilitàdell’uomo è attirata e sorpresa daquell’incanto caduto dal cielo.

Ci si affida a volte alle informazioniprovenienti dai bollettini meteo/niveo, ainternet o alle e-mail degli amici e, come unimprovvisato tam/tam, si ottiene rapidamentel’aggiornamento della situazione. Ecco chescatta in noi il desiderio impellente diconoscere personalmente le condizioniinnevate della montagna. La nostra esistenzaviene sconvolta e l’equilibrio tra il rapporto delnostro stato di quiete latente e l’ambiente cosìtrasformato è cambiato, facendoci vincere la

pigrizia della nostra sedentarietà. Ma undisturbo psicologico ci turba ancora, legatoall’incertezza della vera situazione ambientalederivata da quella coltre bianca che ha creatodentro di noi emozione ma anche un certosenso di tensione sotto l’effetto del nuovostimolo. Pensiamo allora al confronto con ilfreddo ambiente invernale per raggiungere untraguardo, forse inutile, con le difficoltà eottenere così il consenso generale degli amici.Il pensiero a volte si esalta sotto l’effettodell’emozione che tende a sfuocare gliostacoli e le barriere della natura, cercandodi trasferire sugli altri il nostro stato di scarsaefficienza del momento per riceverne aiuto eapprovazione. A volte anche il nostro deficitvisivo può sottovalutare il territorio, le pietre,le rocce, la neve e il ghiaccio che sostengonole montagne che, con la loro esistenza, nefanno oggetto di puro desiderio di conquistasolo per appagare il proprio equilibriopsicofisico e un senso di compiacimentopersonale irresistibile. Ma dobbiamo saperedominare questo stato euforico giovanile che

ci assale misurandolo con il disagioambientale o i possibili pericoli che lamontagna ci può riservare. Con la conoscenzadei rischi si potrà ottenere un buon livello diazione e di comportamento che gli espertidelle Scuole di Montagna del CAI, nei varilivelli, trasferiranno agli allievi le propriecompetenze ed esperienze per aumentarnela sicurezza nell’andare in montagna. Però lasola teoria e tecnica può non bastare per unapproccio impegnato e sicuro al 100% .

Spesso i messaggi giornalieri emessidai media non sono precisi e possono variareda un giorno all’altro e quindi le informazionivanno valutate con criterio. Un tempo nonavevamo notizie recenti e si affrontavano imonti a cuor leggero, senza sapere lo stratodella neve ma guidati solo dal proprio istinto,riservandoci di assaggiarla sul posto. Oggi sipossono avere notizie fresche consultando isiti del Corpo Forestale, della Guardia diFinanza, di A.N.Ne.Va., di meteomont, delSoccorso Alpino e delle relative sedi del CAI.Evitiamo le uscite quando lo stato di pericolodel bollettino niveo segnala il grado 4 o 5. Madobbiamo soprattutto fidarci delle nostre forzee del nostro intuito, sapendo scegliere ilmomento più conveniente per scalare lamontagna. Trascuriamo in parte l’aumentodell’ansia per evitare che essa possatravolgere e trasformare la nostra tranquillitàdi ragionamento in angoscia. Bisogna anchesapere mitigare l’ambizione di superare i nostrilimiti e i propri maestri con un comportamentoa volte irresponsabile che sappia inveceregalarci una scelta di vita priva dal contagiodi quella insidiosa malattia che è l’ansia. Lostato ansioso può derivare anche dal desideriopersonale di mettersi in gioco o alla prova,nonostante l’incertezza dal maltempo inarrivo, profetizzato dal bollettinometeorologico di quel momento. Bisognaevitare di barare con noi stessi e con lecondizioni ambientali previste o con le regoleche la diminuzione della pressioneatmosferica provocano su di noi quando siabbassa la circolazione dell’aria, creando unostato di preallarme.

Sono cambiati i tempi in cui sipensava: Fortuna adiuvat audaces!

Teniamo presente che, nonostante leesercitazioni, nel sapere usare bene l’ARVA(apparecchio di ricerca in valanga) esso nonscongiurerà il pericolo di quando una massainstabile di neve decide di interrompere la suastaticità e di precipitare sulla nostra testa.Spesso la sopravvivenza per gli sci alpinisti,per i ciaspolatori, per gli alpinisti e per gli ice-climbers è molto ridotta e legata ai soli 15minuti utili per il nostro rinvenimento.Cerchiamo quindi di evitare movimentitemerari o irrazionali che possano generare

Attenzione ...pericolo valanghe!

di Sergio Rinaldi(CAI Firenze)

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in seguito motivi di vero rischio per le squadredel Soccorso Alpino che accorreranno allanostra ricerca.

Lasciamo le imprese più impegnativeai super eroi della montagna che sannoquando e come affrontare con esperienza ipericoli della roccia, della neve e del ghiaccioinsidioso, ma ricordiamoci che è sempre benediffidare dei pericoli latenti o delle circostanzedall’apparenza banale che però possonoessere sospesi sopra di noi come una spadadi Damocle. Quando la valanga si decide discendere a valle essa non farà certamentedistinzione tra i professionisti o i dilettanti, mai travolti dovranno solo affidarsi alla sorte cheavrà riservato loro il Buon Dio. Si intuisce chequando le cime sono appesantite da unospesso manto di neve, queste si voglionoscrollare di dosso al più presto di quel fardellobianco pesante. Forse quello è il momento direstare a casa e di non sfidare la naturaaddormentata.

Anche i valligiani hanno unsacrosanto terrore delle valanghe e li hannobattezzate con paurosi nomi locali e nonescono all’aperto se prima non è precipitatain basso quella massa di neve sospesa. Avolte anche le case sono in pericolo, domi-nate da ghiacciai minacciosi come quello dellaBrenva o quello della Grande Jorasses il cuiboato e il soffio della massa di neve spostatae caduta dal suo versante Sud innesca unoscivolamento nevoso anche sul versanteopposto formando accumuli di blocchi di neveghiacciata alti diverse decine di metri come aPlan-Pincieux (in val Ferret, sopra Entreves).Ma i rischi saranno forse diminuiti e piùcalcolati se ciascun alpinista, seppure spintodal desiderio di eccellere o di conosceremeglio se stesso e i propri limiti sarà conscioe responsabile delle proprie azioni e possibilitàdel momento e avrà imparato ad interpretarei segnali che la montagna gli ha inviato. Peresempio il pericolo di un rialzo termico, unsovraspessore di accumulo di neve oltre i 30-40 cm., la presenza di cornici, di crepaccinascosti, le rigole scavate dai sassi, il rumoredei crac che avvertono di un equilibriointerrotto improvvisamente, l’aumento dellapendenza di inizio stagione. Salvo le corniciquesti pericoli sul nostro Appennino sono pocomarcati, ma sulle Alpi non sono dasottovalutare. Gli insegnamenti ricevuti dagliesperti non serviranno solo per le nozionitecniche apprese se non sapremo avvalercidi un’esperienza personale più direttaimpegnandoci a convivere anche con ledifficoltà della montagna senza cercare disuperarle oltre le proprie possibilità, purcerando di evitare ineluttabili fatalismi.

I disturbi ambientali o psicologiciderivati da stress e legati allo sforzo fisico odalla tensione sono a volte limitati conun’adeguata dieta ricca entro certi limiti dizuccheri e indispensabile per l’equilibriodell’organismo. Ma non sempre le proteine,l’acqua, la frutta secca, i cibi energetici e levitamine sono sempre sufficienti a produrreenergia aumentando le calorie con un’azioneautoregolatrice e sono in grado di farciadattare più facilmente alle fatiche,all’abitudine per gli eventi ambientali estagionali, alle vertigini, all’altitudine, alle tem-perature, all’umidità della pressione

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atmosferica e quindi le emozioni vanno sapute dominaresecondo la propria capacità. Con la stanchezza bisognaevitare di andare in DISPNEA, quel malessere legatoall’assenza di fiato, o ad un improvviso scompenso o a quellostato ansioso che ci taglia il respiro o lo rende affannoso.

Ma anche l’evacuazione, in posizione tranquilla enon esposta, può aiutarci ad affrontare più leggeri i rischi diuna salita impegnativa. Io invito spesso gli sciatori alpinisti,che sono con me, nei tratti piani e difficilmente rintracciabiliin caso di nebbia, a segnalare il percorso con la propriaurina, come fanno i cani, sul lato opposto del senso di marciasopra i blocchi di neve o di ghiaccio accumulati come unometto improvvisato. Questa segnalazione mi è stata a volteutile nel ritorno a valle sullo stesso percorso della salita spe-cie in presenza di scarsa visibilità.

Gli effetti benefici della cosiddetta montagna-terapiapossono derivare non solo dall’aspetto più o menoimpegnativo di un rischio calcolato o limitato dalle difficoltàe dai pericoli che ci presenta la montagna, ma anche esoprattutto nel percorrere sentieri o percorsi più tranquilli epiù rilassanti o nel fotografare scorci di albe o tramonti, fiorie rocce che la natura ci invita ad osservare sapendo coglierecon relax l’attimo fuggente.

Le attrezzature e le apparecchiature di oggi beneesprimono l’avanzare del progresso tecnologico dei tempima, seppure utili e indispensabili, non sempre sono utilizzaticon la dovuta competenza e l’abilità necessaria e nonsempre rappresentano una garanzia assoluta sulla vita senon si sanno percepire i segnali di pericolo emessi dallamontagna. Le cornici aggettanti, generate dal vento, che ainizio di stagione contribuiscono a rendere più ripido unpendio sono a fine stagione sparite perché crollate e pre-cipitate in basso sotto forma di valanghe che hanno addolcitolo scivolo, rendendolo praticabile e più sicura la neve ancheagli sci di qualche provetto sci alpinista. I canali sotto la crocedel Corno alle Scale (sui 45-55°) sono percorribili con gli sciin genere verso la metà del mese di Maggio. La neve alta eaccumulata da recenti nevicate e non amalgamata con lostrato sottostante, sia di erba o di ghiaccio, risulta instabilee pericolosa se tagliata trasversalmente.

La discesa con gli sci va eseguita seguendo il piùpossibile la massima pendenza, con una serie di strette ser-pentine che a mò di dentatura di un ingranaggio non taglinoil pendio facendolo slittare e provocando valangheindesiderate, come diceva la buona e vecchia guida ToniGobbi di Courmayeur. Le rocce poi non sempre bloccanola neve ma esse sono le prime a risentire l’influenza deiraggi solari, provocandone il distacco e rilasciando eventualisassi cementati dal ghiaccio. Le onde sonore degli urli umaniemessi nei canaloni o su ripidi pendii possono provocare la

caduta di pietre e di ghiaccio o addirittura il distacco delle cornici terminali. Misovviene alla mente di quelle tre o quattro volte che la neve mi ha giocato unbrutto scherzo trasportandomi velocemente a valle con rotoloni e capitomboliindesiderati, come si pensa sia la classica immagine della valanga tradizionale.Sul Ruitor (in Val d’Aosta) cercai di nuotare con le braccia aperte anche se eroimpedito dagli sci legati sopra lo zaino. Sulla Rognosa del Sestriere (in Val diSusa) riuscii a far partire di proposito una valanga avendone intuito il pericolo ecosì procedere tranquillamente con i ramponi nel suo solco. Sulla parete Norddell’Argentera (nelle Alpi Marittime) cercai di ingaggiare una furibonda lotta perarrestare la mia corsa con la piccozza in mano e i blocchi di ghiaccio in movimentocaduti dall’alto. Ma sono sempre riuscito ad uscire fuori da tanti altri impattiravvicinati con la neve che però, pur avendomi segnato nel fisico, ho avuto laforza di reagire e la fortuna di raccontarla in po’ per la mia buona sorte e un po’per l’astuzia o per l’esperienza personale. Vorrei potere raccontare di tantevicende dove la neve mi ha coinvolto, ma lo spazio mi è tiranno e così mi limiteròa sintetizzarne qualcuna che mi è rimasta particolarmente impressa nel tempo.

Un giorno stavamo salendo con gli sci sullo zaino tra il Rifugio Mondovìe il Rifugio Garelli, (sulle Alpi Liguri) quando ci trovammo il passaggio sbarratodalla ripida bastionata del Biecai per una cornice aggettante e continua di ghiaccio.Rinunciare sarebbe stato più semplice, ma insistere e forzare quel passaggiospiovente voleva essere una dimostrazione di efficienza fisica per evitare ladelusione di un ritiro. Spinti dall’entusiasmo dell’età giovanile riuscimmo, a forzadi piccozzate, a fare un tunnel nelle cornice e a passare oltre con un notevoledispendio di energie. In anni recenti mentre scendevo con gli sci il versante Estdella Cima dell’Osservatorio, (sui Monti Sibillini) abbastanza ripido e reso insidiosoe insicuro da un susseguirsi di piccole slavine che impedivano la continuità dellaprogressione, mi stancai nell’attesa del loro lento movimento.

Impaziente di scendere a valle volli provare a sciare sopra quella neveformata da blocchi mobili e instabili. La mia discesa risultò essere più velocedella massa di neve in moto e così riportai una strana sensazione di capogirooriginata dalla mia velocità che risultava essere maggiore, ricevendo l’impressionecome se quella neve avesse perso la sua forza di gravità tanto da sembrarerisalire verso l’alto per effetto della differenza di moto. Un’altra avventurosadiscesa di circa trent’anni fa la ricordo ancora oggi con un misto di orgogliopersonale e d’incoscienza giovanile. Fu quando si dovette scendere a valle dalRifugio Martellihutte (o Corsi), nel gruppo del Cevedale. Nei giorni precedenti viera già più di un metro di neve fresca e nella notte se ne erano aggiunti altri 40-50 cm, fortunatamente farinosa. Già nelle prove effettuate precedentemente siera riscontrato il pericolo di un inconsistente stato della neve. Quel mattinonevicava abbondantemente e la visibilità era ridotta a non più di un metro.Decidemmo comunque di tentare di scendere a valle verso la Val Venosta.Eravamo più di una ventina di sci alpinisti. Dopo una prima serie di curve un po’strette ci trovammo con la neve fin sotto le ascelle. Mi consultai con gli amiciistruttori del Gruppo Focolaccia di Lucca che però volevano risalire al Rifugio,date le avverse e proibitive condizioni di visibilità. Ma per ritornare indietro sidoveva cercare di mettere le pelli di foca in quei due metri di neve farinosa in cuiavremmo certamente affondato e questa sarebbe stata un’operazione precariae destinata a fallire. Io proposi di continuare la discesa “alla cieca”, guidati solodall’istinto e da una certa abilità sciatoria purché tutti avessero seguito da vicinola mia traccia a non più di un metro di distanza. Io ero il più anziano e in quelmomento, pur essendo sprovvisto dell’ARVA, decisi di sacrificarmi come ilcapitano di una nave che sta per affondare, e tracciai un solco di serpentineprofonde fino alle spalle però agevolato da un’ottima neve. Credo che tuttiseguirono in silenzio la mia scia aperta nella neve profonda, uniti come i vagonidi un treno o di un’unica lunga cordata. Quel serpentone umano scese per untempo indefinito senza il minimo riferimento, salvo l’indicazione dell’ago dellabussola. Quando arrivammo su un pianoro, molto in basso, la nebbia incominciòa diradarsi un poco e il gruppo si compattò felice. Anche due tedeschi che ciavevano seguito, meravigliati del nostro ardimento o della nostra incoscienzavennero a stringermi la mano per il coraggio di avere aperto un percorsosconosciuto e reso invisibile per la tormenta. E’ ovvio che provai un certo orgoglioper essere riuscito a giocare d’astuzia, con un po’ di fortuna, per la scappatoiarubata a qualche pericolosa slavina. Più a valle i boati delle valanghe crearonoaccumuli di blocchi di ghiaccio enormi, trascinando alberi e sassi in una pazza einarrestabile corsa, ma noi eravamo allertati e così cercammo di passare lontanoda quel pericolo sospeso.

Da allora adottai l’ARVA, che confesso so usare pochino, ma incompenso ho acquisito un sensibile fiuto ed attenzione per tutti quei segnali chela montagna ci invia. La mia lunga esperienza di 60 anni di vita tra i monti mi hainsegnato tante malizie per evitare incontri troppo ravvicinati con le valanghe e illoro potenziale e imprevedibile agguato. E’ buona norma ricordarci che se lamontagna nel momento da noi scelto non si presenterà nelle condizioni ideali,essa sarà sempre lassù per noi ad aspettarci un’altra volta per una nuova sfidase vorremo ancora riprovarci con maggiore fortuna e garanzia di riuscita.

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Caro Andrea, ora che ci hai lasciati, come possiamoricordarti degnamente? Dico ricordarti, e non commemorarti.Perché sono certo che non ti sarebbe piaciuto essere“commemorato”. E voglio usare la parola “ricordarti”, nel suosignificato più profondo, di ri-cordarti, nel senso di riportare alcuore. Vi sarebbero tanti modi per ricordarti, e su tanti argomenti.La tua personalità, così ricca e molteplice, potrebbe darci tantispunti per riviverti in tanti momenti, in tante occasioni.Immediato pensarti come alpinista, ma altrettanto facilericordarti sciatore, scrittore, stornellatore, intrattenitore, e tantoaltro ancora. Ci hai allietato con i tuoi canti d’Abruzzoaccompagnandoti con la chitarra, ci hai raccontato delle tueesperienze giovanili sul Gran Sasso, e poi come dimenticarele memorabili interpretazioni dei versi danteschi della DivinaCommedia, scanditi a memoria e successivamente commentatiper dimostrarci con lampante evidenza di come Dante avessesicuramente frequentato il Procinto e fosse altresì pratico dicome si prepara e si lancia una “corda doppia”.

Ma io qui, in queste poche righe, ti voglio ricordaresoprattutto come alpinista, anzi come l’alpinista-ingegnere-divulgatore, come colui che, unico fra tanti, ha saputotrasmetterci una visione dell’alpinismo intensa ma prudente,spirituale ma spiritosa, poco elitaria ma rivolta ai più, con i piediposati per terra e senza pericolose fughe eroiche. Sei stato uninstancabile inventore di tecniche, di pratiche, di attrezzature,tutte indirizzate alla riduzione dei rischi dell’alpinismo. Lo haifatto, ovviamente, da ingegnere, alternando le raccomandazioni“del buon padre di famiglia” con le fredde considerazioniscientifiche che miravano a scalfire alcune nostre infondatecertezze di allora (avevamo corde che reggevano unatonnellata, dunque impossibili da rompere!). Celebri le tue provea Maiano e a Monte Ceceri, nelle quali dimostravi quantofossero fragili le nostre corde (prova questa, Andrea, questacorda ha solo 10 anni!) sottoponendole a strappi in simulazionedel volo del primo di cordata. E poi l’orribile sorpresa di vederlespezzarsi dopo un paio di strappi.

Il tuo pensiero alpinistico può essere condensato nelnome di un attrezzo da te inventato, il famoso “dissipatore”. Sichiamava ABA, acronimo di “Arrampica Ben Assicurato”. Comedire: cari miei amici alpinisti, non dimenticatevi di unire, allacrescita delle capacità alpinistiche, anche le necessarietecniche e metodologie indispensabili a ridurre i rischi di unacaduta che, per quanto bravi possiate essere, può sempresuccedere. Ma la tua passione per la ricerca e l’invenzionenon si fermava all’interno della ristretta cerchia degli esperti,perché la tua massima aspirazione era quella di poterlatrasmettere a tutti, anche a quelli che potevano avere qualchedifficoltà con le leggi della fisica e della meccanica.

Hai saputo esporre in maniera semplice e comprensibileconcetti complicatissimi, avvalendoti spesso di piccolesimulazioni, o di modellini, le cui dimostrazioni hanno saputochiarire, più di ogni altra parola erudita, i termini della questionesicurezza in alpinismo. Chi potrà mai dimenticare, tra i fortunatiche ne sono stati spettatori, quella tua celebre lezione, in sede,con quel piccolo pupazzo che facevi cadere, simulando un voloda primo di cordata, e che si spezzava in due tronconi uniti dauna molla oscillante e molto indicativa delle conseguenze diuna cattiva gestione della assicurazione in cordata? GrazieAndrea. Noi ti porteremo sempre nel nostro cuore.

Andrea BAfile

nel ricordo diLeandro Benincasi

(Scuola di Alpinismo Tita Piaz)

Ha avuto luogo nel 2009, a Pieve a Nievole,un’interessante iniziativa organizzata dalla nostra Sottosezionedi Pescia che, attraverso una serie di conferenze e di attivitàpratiche all’aperto, aveva lo scopo di illustrare le innumerevolipossibilità che la montagna offre sia sotto l’aspetto sportivo cheturistico. Organizzata con la collaborazione dell’AmministrazioneComunale di Pieve a Nievole, che ha sposato con entusiasmo ilprogetto di promozione della montagna, questa iniziativa hacoinvolto sia la Sezione di Firenze, con l’allestimento della paretemobile di arrampicata nell’ambito dei festeggiamenti del Patronodella città, sia, e soprattutto, la Sottosezione stessa che, nonsolo, ha promosso due conferenze sul tema, appunto, della“Montagna come salute e alpinismo” e “Montagna come sport eturismo”, ma anche un’escursione sul Monte Croce nel periododi fioritura delle giunchiglie.

Durante le due conferenze è stato ricordato, una voltadi più, lo scopo del Club Alpino Italiano che è quello dipromuovere l’alpinismo in ogni sua manifestazione, laconoscenza e lo studio della montagna e la difesa del suoambiente naturale. Espressione che si rifà, d’altronde, al nostroStatuto e che, negli anni, fin dalla fondazione del nostro sodalizio,è la matrice comune che lega i nostri Soci nelle loro attività. Unideale punto di partenza per la formazione delle nuovegenerazioni alle quali trasmettere i valori di un impegno civile emorale nei confronti dell’ambiente e della natura più in generale.

Grazie alle numerose, bellissime foto presentate, le dueconferenze hanno proposto e spiegato, sul piano pratico, alcuniitinerari, che possono essere considerati “turistici”, riguardantiluoghi conosciuti ma pur sempre suggestivi ed attraenti comela Pania della Croce o il Monte Croce, nelle Alpi Apuane, o,senza allontanarci troppo da Pieve a Nievole, il Sentiero di“Poggio alla Guardia”.

A conclusione della manifestazione, l’impegnodella Sottosezione di Pescia èstato premiato con una largapartecipazione di Soci allevarie iniziative e, cosa ancorpiù gratificante, dimoltissimi non Soci. AllaSottosezione anche ilringraziamento delleAmministrazioni locali.

Sottosezione di

Pescia

La Mont agna comesport e turismo

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Sono un socio ormai ventennale del CAI Firenze anchese da molti anni risiedo a Prato. Ho incontrato il Gruppo Namastèdi Montemignaio e mi sono sentito subito in sintonia perchéapprezzo quello che fanno, non solo per il CAI, ma perl’ambiente e il paese. Si sono infatti proposti come gruppoaggregante con gite e manifestazioni per i più piccoli edorganizzano con molto spirito di sacrificio eventi aperti a tutto ilpaese. E mi è piaciuta l’amicizia che li lega, la giustacompetitivita ma anche il continuo aiutare chi resta indietro.Risiedendo a Prato ed amando la montagna in tutte le sueaccezioni e non avendo la possibilità, a parte pochi giorni l’anno,di viverla dove è grande, ho girato in lungo e largo la Calvanae i monti vicini. E mi è piaciuto molto quando ho potuto portareil gruppo sulla “mia” Calvana che non conoscevano e che hannotrovato molto interessante. Far partecipi gli amici di quello checonosco, dei sentieri, della storia, di tutto quello di cui è ricca lamontagna, mi fa sentire molto appagato. Ho avuto il piacere diaccompagnarli per tre volte e quest’anno sarà per la quartavolta, con un percorso che oltre alla camminata e al panoramaunisce la storia medioevale con costruzioni ben conservate el’archeologia con tombe dell’età etrusca arcaica.

Quando mi è stato chiesto dal presidente di scrivere unarticolo da pubblicare su “Alpinismo Fiorentino” ho accettatoperché l’argomento era a mia discrezione, per cui scriverò nonil resoconto di una gita o di una impresa ma di qualcosa a cuitengo molto e che spero possa essere condiviso da chi avrà lacortesia di leggermi.

Nonostante a me piaccia camminare in compagniascambiando una battuta che alleggerisca il cammino ocommentare quello che si vede, la mia passione vera e piùgrande è prendere lo zainetto, il bastone, la macchina

Camminare ...oltre il Gruppo

di Adolfo Ciucchi(Gruppo Namastè)

foto di Luca Matulli

fotografica oltre al, purtroppo necessario, cellulare e uscire dicasa magari quando il sole deve ancora levarsi ed andare acamminare sulla Calvana o, in genere, sugli Appennini da solo.

Per sentieri ormai ben conosciuti dove il piede conoscetutti i sassi, ascoltando il mio respiro che si fa col passare deglianni sempre più rumoroso, sentire i rumori del bosco, deglianimali che sempre più diminuiscono, il suono del vento e dellapioggia. Camminare nella nebbia quando anche il sentieroconosciuto si fa arduo e nello stesso tempo sentirsi protetto ecapito. Vedere il sole che si alza e solleva il vapore dai pratisommitali vuoti eppure pieni di vita e di pace. Cammino con imiei pensieri che lassù diventano piccoli, li condivido e listempero nello sforzo fisico. Mi piacciono i cambiamenti che lamontagna fa col cambiare delle stagioni, apprezzo come un’operad’arte una foglia che è rimasta prigioniera in una pozza ghiacciata,un albero che cambia aspetto ad ogni stagione. Mi ritengofortunato se sorprendo degli animali nelle radure del bosco e miincanto a vedere un rivolo d’acqua che saltella tra i sassi.

Passo davanti a ruderi che furono case e penso allevite, alle speranze, alle fatiche che si sono consumate tra queimuri di pietre dure come doveva essere la loro vita. Casupolepiccole, senza aria che oggi sarebbero giudicate inabitabili mache racchiudono le nostre radici. Vite vissute sul quotidianonella serena e disperata accettazione di un destino duro chepotrebbero insegnarci tante cose solo volessimo fermarci ariflettere.

Vedo con enorme dispiacere il degrado delle cose chel’uomo ha costruito con fatica in un passato che ci sembra, anoi moderni, così remoto ma che era solo ieri: fontiabbandonate, rogge che non portano più acqua, terrapieni che

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crollano, alberi da frutto cresciuti per l’amore e l’impegno di chili aveva piantati ormai inselvatichiti e dovunque il bosco haripreso possesso.

Il degrado del bosco non più pulito con alberi semprepiù malati che cadono attraverso il sentiero mi angosciapensando alle opportunità che stiamo a poco a poco perdendo,ma mi solleva la sua ricchezza in frutti e in pace ed è belloimmergersi in tale pace. A volte mi è capitato di sentirmi piùvicino ad un creatore in un bosco che in una cattedrale. LaCalvana, e qualsiasi altra montagna, è ricca di tutte questecose, le positive e le negative. L’uomo l’ha abitata e sfruttatafin dall’età del ferro e sulle sue pendici si sono succeduti tutti ipopoli che hanno fatto la nostra storia e tutti hanno lasciatoqualcosa. Io ci vado come un poeta e quando torno giù sonosenz’altro più ricco e incontrando quelli che, meno mattinieri dime, salgono spero che riescano a sentire e provare quello cheio provo e sento.

A chi gira i cartellio cancella i segni sui sentieri

Poiché il buon Dio perdona tutti i malicerto ti accoglierà con un sorrisoma prima di donarti un paio d’alivorrà tu vada a piedi in paradiso.

La via sarà tortuosa e spesso durae costellata di biforcazionima va’ tranquillo, non aver paurati basterà seguir le indicazioni!

Ma se i cartelli avrà qualcun voltatidovrai girovagar forse in eternoassieme ad altri spiriti dannatia destra e a manca, forse anche all’inferno!

Andrai senza né bussola né mappain lungo e in largo senza posa alcunacome ubriaco vinto dalla grappatentando ad ogni bivio la fortuna.

E tutto questo a causa di un burloneche non si cura che qualcun si perdache si diverte, da vero mattacchionee che, come te, è un gran pezzo... d’asino(*)!

(*) Ad ogni poeta manca una rima...

Giuseppe S peranza(Sottosezione di Pontassieve)

Un ringraziamento a Silvia Macherelli per avermiricordato questa poesia di Andrea Bafile (R.M.)

L’idea mi piace ma è parechio ardita,tante saranno le difficoltà;si tratta quasi quasi di cambiar vitama se mi impegno ci posso arrivare. Fatica, studi, esami, allenamentoestate e inverno presto la mattinaper un mestiere che ne vale cento:il Maestro di Sci e la Guida Alpina E ora accompagna sopra tanta gente,per un giorno vi fa scordar le pene.Che bellezza veder facce contente!Grazie Montanga mia ti voglio bene. Che bellezza veder facce contente!Grazie Montagna mia ti voglio bene.

100 ANNIINSIEME ALLO SCI

CAI FIRENZE

Come abbiamop r e c e d e n t e m e n t eannunciato, nel 2010ricorrono i 100 anni difondazione del GruppoSCI CAI FIRENZE, natoproprio nel 1910 come“Gruppo Skiatori” dellaSezione. Per ripercorrere

insieme gli avvenimenti che hanno caratterizzato questo lungoperiodo di attività del Gruppo, v’informiamo delle manifestazioniche avranno luogo a breve: Da Venerdì 7 Maggio a Domenica 9 Maggio nella Salett aParterre (V ia del Ponte Rosso 2, Firenze) allestiremo un percorsostorico-fotogafico che, partendo dai primi momenti in cui gli sci fecerola loro comparsa sulle nevi di Vallombrosa e dell’Abetone, si sviluppasoffermandosi sulle tappe che hanno caratterizzato l’evoluzione dellosci fino ai giorni nostri: dall’organizzazione delle prime comitive, allapartecipazione ai campionati e gare di sci; dall’interesse per ilmiglioramento dello stile fino all’organizzazione dei veri e propri corsidi sci e negli ultimi anni anche corsi di snowboard. Durante le giornate della mostra saranno proiettati filmati e fotodelle epoche passate; verranno premiati gli allievi del 38° corso disci e snowboard di questo inverno e i partecipanti alla gara sociale. Considerando questi giorni della mostra anche l’occasione perrincontrarsi e ritrovare vecchi amici, vi aspettiamo numerosi!

Daniela Serafini(Presidente dello SCI CAI Firenze)

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“Camminare nei monti,camminare nella vit a”

testo e foto di Luca Matulli(Sottosezione Cassa di Risparmio di Firenze)

Giunto al momento di scrivere quest’articolo, mi fermoa riflettere sul mio sodalizio col CAI. Sono tesserato da diecianni con la Sottosezione Cassa di Risparmio di Firenze, nontantissimi ma abbastanza per aver accumulato un certo“monte” di esperienze tecniche e umane; focalizzandomi suqueste ultime mi ritrovo quindi a ripensare ai tantissimipanorami ammirati dalle cime raggiunte, ripenso diconseguenza alle difficoltà affrontate per salire su quellevette, ripenso al calore relativamente accogliente del rifugio(o del pullman) alla fine della giornata di escursione, ed infineripenso ai tanti, tantissimi volti di tutti quei miei compagni/amici di montagna con i quali ho condiviso emozioni maanche fatica, con i quali ho condiviso anche la cena ed illetto (a castello o “multipiazza”) del camerone di rifugio. Già,i volti delle persone, mi sembrano gli stessi di dieci anni fa!Sono colpito da questa riflessione, possibile che m’inganni?Del resto quando vedi una persona con regolarità, è difficileaccorgersi dei cambiamenti in corso. Voglio controllare lefoto delle mie prime escursioni ... in effetti noto certi“miglioramenti” nei volti dei miei amici ma, e lo dico in tuttaonestà, si tratta di modesti cambiamenti e, soprattutto, cosaancor più importante, sostanzialmente sono in gamba comeallora! Possibile che la montagna rallenti in parte il regolarecorso della vita? Secondo me sì.

In effetti, negli anni, l’immobilità paesaggistica eculturale della montagna e delle zone alpine in generale, si

è contrapposta al modus vivendi sempre più frenetico dellezone urbane, seppur negli ultimi tempi si stia assistendo aduna forte accelerazione di quel processo che sta portando amutare certe zone di montagna in una sorta di caricaturadelle periferie urbane, soprattutto in determinati periodidell’anno. In armonia coi miei ideali, ho invece gradito moltol’appartenenza alla “mia” Sottosezione CAI perché, nel corsodi centinaia di escursioni, grazie ad essa, ho sempre vissutoe respirato l’aria di una montagna non da sfruttare ma luogodi grande simbolicità, un luogo dove l’uomo si misura conintelligenza e rispetto con la montagna medesima; quelrispetto che ci ha portati ad affrontare anche le escursionipiù impegnative senza perdere di vista alcunaraccomandazione. In quest’ottica mi sento di affermare conattendibilità quasi scientifica che la montagna è salute.

Vivere la montagna, in relazione con le proprieaspirazioni e le proprie possibilità, mutevoli negli anni,significa affrontare un cammino di vita all’insegna di un giustoequilibrio tra movimento fisico, lucidità mentale e relazioniumane; riguardo queste ultime ci tengo a sottolineare comela montagna sia anche un modo di vivere che crea e rafforzai rapporti tra le persone, le quali si legano tra loro non soloidealmente ma anche fisicamente, quando si trovino adaffrontare coscientemente le difficoltà poste dalla montagnamedesima. Mi riferisco in particolare alle cordate sughiacciaio o parete; in certi momenti poniamo praticamente

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la nostra intera esistenza nelle mani di quel nostro compagnoa noi legato qualche metro più in là. A tal proposito mirammenterò bene per tutta la vita il mix di emozioni fortissime,e in assoluto difficilmente descrivibili, provate nel 2005quando sono stato calato la prima volta per un pezzo di paretedel Procinto letteralmente appeso ad un semplice nodomezzo barcaiolo, costruito e manovrato dal mio compagno(istruttore di arrampicata)! In quel momento prendiviolentemente coscienza che la tua vita è di fatto nelle manidell’altro, per quei pochi minuti tu non conti più, non esistipiù! Esiste solo Lei, la Montagna, che tiene lo spit, ed il tuoCompagno che tiene la corda (passatemi le maiuscole). Lamontagna, pertanto, come esperienza di nascita econsolidamento di legami umani, la montagna che costruiscequel viatico di esperienze personali che si rivelerà poi unbagaglio da cui trarre ricordi ed insegnamenti, universalmenteutili, non solo in quota.

Ma torniamo a parlare del camminare e di salute;personalmente penso al trekking non come ad uno sport, loinquadro di più tra le attività salutari, perché svolto in ambientiancora salubri, un’attività da svolgere essenzialmente senzacompetitività, quindi un camminare rispettoso della natura edella storia del territorio attraversato; un camminare buonoper il corpo, ma buono anche per lo spirito. Mi riaggancioalla mia riflessione di apertura mettendo in relazionel’abitudine di vita, ispirata dal movimento, dei miei amici disodalizio più “grandi”, col camminare lento ma salutare inmontagna, cioè col trekking, precisando che l’aggettivo lentonon si riferisce alla semplice velocità espressa dalle gambe,di fatto c’è anche chi ha un passo molto veloce, ma fariferimento a una forma non troppo competitiva di muoversiin ambienti naturali, osservando, con gli occhi e con lo spirito,l’ambiente circostante. Se dovessi fare oggi un paragone trale persone di mia conoscenza “non-trekking” over 50-60, maancor di più over 70 o addirittura 80, ecco, mi fermo qui,stendendo umanamente un velo sul risultato; in effetti lo statogenerale di forma vantata dagli amici camminatori conosciutiall’interno del CAI è, nella maggioranza dei casi, al di sopradella media, a riprova di quanto affermato in precedenza.Insomma, la montagna ed il camminare lento portano lontano.

In quest’ottica la Sottosezione Cassa di Risparmio diFirenze, fondata nel 1952 ed attualmente con oltre 250 iscritti,ha completato il suo calendario 2009 con la sua abituale edeterogenea offerta di escursioni idonee a soddisfare leesigenze di tutti gli iscritti, un calendario completo ed ancheadeguato al nostro ambiente di predilezione, la Toscana,naturalmente. La Sottosezione ha sempre posto attenzionealle esigenze di tutti i componenti del gruppo, quindi ai piùprestanti ma anche a chi ha una “prestazione” inferiore,costruendo spesso due gite in una: in pratica prevediamo dipartenza due tipi di percorsi differenti (gita A e gita B)caratterizzati da differenti difficoltà escursionistiche; alla fineperò è d’obbligo, anche se giunti da strade diverse, ritrovarsitutti insieme.

Vorrei inoltre approfondire qui l’ampiezza delcalendario gite citando una caratteristica peculiare dellaSottosezione Cassa di Risparmio di Firenze, cioè l’offerta,ogni mese, di una gita infrasettimanale, dedicataprevalentemente ai soci con “più tempo libero” (leggi inpensione), ma frequentata anche da chi ancora in servizio,poiché si tratta spesso di gite con un taglio culturale opaesaggistico molto interessante: si visitano quindi pievi,castelli, antiche strade romane, ma anche parchi naturali opezzi di natura posti a pochi chilometri da casa nostra maspesso dimenticati. Questo tipo di gita prevede non di radola fermata per il pranzo, alternativamente al solito panino a

sacco, in una trattoria tipica del luogo, conosciuta o contattataper l’occasione, a condizioni di favore; quale miglioreoccasione che a tavola davanti ad un buon bicchiere di vino,per trovare, e ritrovare, serenità e amicizia?

Riassumendo quindi l’attività svolta nel corso del 2009abbiamo visitato “infrasettimanalmente” luoghi d’interessedei colli fiorentini, del Mugello e del Chianti (Baroncoli,Lebbiano, Panzano, Rufina), il Padule di Fucecchio, il Parcodell’Uccellina, il parco delle Cinque Terre ed abbiamopercorso un pezzo della Cassia vetus (Donnini). Con le gitedel sabato abbiamo ulteriormente camminato in Garfagnana(Lucchio, Casabasciana, Orrido di Botri), in Apuane (MonteLieto, Monte Gabberi) e sull’Appennino Tosco-emiliano(Passo delle Radici); abbiamo effettuato anche gite inambiente marino all’Isola d’Elba (Cavo, Rio Marina) ed inLiguria (Moneglia, Framura). La gita di due giorni si è svoltanelle Alpi Apuane: il primo giorno, divisi in due gruppi comespiegato sopra, ci siamo tutti ritrovati al rif. Orto di Donna,arrivandoci chi da Val Serenaia e chi, dal versante opposto,salendo per la lunga ferrata del M. Contrario. Cena, canti enanna presso il rif. Donegani. Il giorno successivo, il primogruppo ha raggiunto la Capanna Garnerone e di ritorno èsalito sul Grondilice mentre il secondo gruppo è salito sulPizzo d’Uccello.

Per la settimana in Alpi abbiamo scelto di visitare igruppi dolomitici del Sella e del Sasso Lungo accantonandocipresso il rifugio Passo Sella. Di norma la settimana in rifugioprevede la pianificazione serale dell’attività del giornosuccessivo in base prevalentemente alle condizioni meteoattese e sempre offrendo almeno due gite diverse per gradodi difficoltà. Purtroppo nel 2009 siamo stati non del tuttofortunati col meteo per cui non siamo riusciti a completaretutto il programma relativamente alle sole escursioni più

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impegnative (in particolare vie ferrate) che l’ambienteeccezionale offriva.

La Sottosezione organizza naturalmente peri propri soci, oltre alle numerose gite, anche specialioccasioni di socialità quali il pranzo annuale,consumato quest’anno presso il Ristorante Artemide,e la festa di fine anno che prevede la cena offerta aisoci convenuti, l’estrazione a sorteggio di più premie la proiezione delle foto riguardanti le gite svoltenell’anno. Da sottolineare che i soci, anzi inprevalenza le socie, non sono solo passive maanche attive….molte di loro preparano ottime tortedolci o salate che vanno a costituire un apprezzatofine cena.

A conclusione posso serenamente affermareche la Sottosezione Cassa di Risparmio di Firenze,con ormai quasi 58 anni sulle spalle, è caratterizzatadalla vitalità delle sue iniziative e dei suoi iscritti chenumerosi partecipano alle escursioni, è pertantosempre molto attiva, rispettosa dei valorifondamentali della montagna e dei valori del buoncamminare per i monti.

Camminare nei monti, camminare nella vita, perstare meglio. Auguri e tanta montagna a tutti.

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Lagastrello - Cerreto, soloandata: non una minaccia ma unarealtà, nel senso di percorso, nel sensodi escursione, nel senso di pullman cheti lascia in un posto e ti viene ariprendere in un altro e tu non deviscarpinare per recuperartelo (anche) oin alternativa fare un anello(escursionistico). Vado, non vado, saràtroppo difficile? Ho già fatto qualcosadi simile o no? Mi vedo appesa aqualche spuntone di roccia incapace diandare avanti o indietro, bloccandomagari tutta una fila di persone per lamia imbranataggine ... Santa Fifa èsempre in agguato: beh, non sarei laprima, immagino ... E poi gli altriaspetterebbero ed io sopravviverei,spero, per quanto ferita nell’amor prop-rio. Ma devo dire che mi ferisce un po’anche il pensiero di aver bisogno diessere salvata dal periglio ...

Ho fatto qualcosa del genere inpassato? Ho fatto dei tratti attrezzati?Ferrate cioè? Qualcosa sì, certo, epoi...Beh, andiamo: mio marito ha giàdeciso ed io decido subito dopo: mipiacerà sicuramente e...il resto si vedrà.Ho imparato, e cerco di applicarlo pernon dimenticarmelo, a nonpreoccuparmi troppo. Scopriamo,ancora prima di partire, che uno degliaccompagnatori è assente e la gita, maquesto lo sapremo dopo, è amputata diun tratto ritenuto difficile: la sostanzadell’escursione però resta intatta.Partire ogni tanto la mattina presto

Lagastrello-Cerreto

di Mariella Braccini

un’escursione

comincia a diventare, per me e miomarito, un’abitudine rinnovata chescopro mi costa meno di un tempo. Lozainetto sulle spalle, la luce che c’è enon c’è a seconda delle stagioni,l’appuntamento in piazza con il pullman... e infine la partenza, questa come lealtre volte.

Imbocchiamo l’autostrada fino aSarzana e poi ancora una strada tuttacurve che ci porta fino all’attaccodell’escursione: giusto il tempo dicambiarci le scarpe e via: via con ilsentiero e un tuffo nel passato.L’ignoranza dei luoghi, dei nomi,l’ostinato non ricordare, non legare avolte luoghi e nomi mi difende un poco:ma perché difendersi? Riandare allemie esperienze di montagna è, per me,sfogliare l’album deiricordi; ho avuto lafortuna di non farlo datroppo vecchia: troppovecchia per potermelivivere ancora. Masono così lontani che la

realtà sfuma nella fantasia, nel mezzoinventato, nel Chissà. E’ il mondo deitesori sotterranei, quelli che ti vengonoin soccorso quando il resto fallisce, edella nostalgìa. Nostalgia sottile che miprende come cominciamo a salire frala trasparenza verde degli alberi,mentre i miei piedi calpestano il suoloappena umido del bosco, con le fogliecadute e le erbe nascoste. La lucearriva a noi filtrata dalle foglie, si fastrada più diretta nel diradarsi dei rami:i raggi del sole ci scaldano: tra poco lovedremo scoperto all’allargarsi deglialberi, ma ancora no. Saliamo e poiancora di più. Il sentiero disegna dellecurve e noi le seguiamo guidati daisegni rossi e bianchi che spiccano frale tinte più morbide della vegetazione.L’affanno leggero che mi prende mi dàla dimensione del limite del mio corpo,della mia resistenza fisica e delle miepossibilità: così è per tutti. Siamo ungruppo numeroso e di età variabile e atratti ci fermiamo per aspettarci: frapoco, come programmato, cidivideremo su due percorsi diversi perriunirci a fine gita.

Arrivano i ricordi: hanno il coloredei miei vent’anni, portano l’odore dellagiovinezza, della casa dei genitori, degliamori giovanili che lasciano la loroimpronta indelebile nel cuore. E’ comeuna voce tenera che parla dentro di mee che viene dal passato: dalla dolcezzadell’accudimento per la bambina e perla ragazzina, dalla nostalgia che prendeil volto, sfumato dalla lontananza e dallaverde trasparenza delle foglie, degliamori perduti, degli amori lasciati allespalle per volontà o per destino:“Piccola mia, non ho potuto darti di più”.Quando sali, su, su, con l’energia vivache aspetta solo di liberarsi e cercainsieme un canale e un argine: usciamoinfine dal bosco. Usciamo incontro alsole, agli speroni nudi di roccia chelanciano verso il cielo il loro grido diforza pietrificata: come altrimentidescrivere la potenza racchiusa, lapotenza imprigionata negli strati cheaffiorano come ferite fra lavegetazione... Una potenza che si èaccumulata nel tempo sul fondo deimari e dei bacini lacustri e che ora sitrova a misurarsi con la luce del sole. E

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Talvolta capita di guardarsi indietro edi cominciare a ricordarsi di fatti e situazionirealmente accaduti, ma con un senso diirrealtà, probabilmente a causa del fatto chetornano alla mente vicende tanto pazzeschequanto lontane dal presente. Che si tratti diescursioni, viaggi, amicizie, incontri, insommaesperienze di ogni genere e tipo: non haimportanza. Affiorano ricordi...

Io ho il ricordo di un’escursione alLago Scaffaiolo che, rivista adesso, mi pareirreale. Non tanto per la difficoltà, quanto peril senso di coraggio e vacuità che pervasequella gita, per la sua unicità e per quellavoglia di mettersi in gioco, che francamenteadesso non so se avrei.

Era da alcuni anni che la miacompagna ed io, insieme a Paolo eMaddalena (che da queste pagine vogliosalutare dal loro lungo soggiorno in India),bazzicavamo il campo Rom del Poderaccio,zona Argingrosso, prima discarica sullasinistra, periferia di Firenze, Italia, inizio terzomillennio. Ho molti ricordi di quel posto, alcunimolto belli, altri molto brutti, troppo brutti perfarsene una ragione... a meno che non siabbia il cuore di pietra e una cinica mentalità.

Lungi da noi pensarci come educatoridi strada o samaritani in cerca del modo diespiare chissà quali colpe, finimmo comunquecon il passare molto del nostro tempo in quelluogo e in altri “non luoghi” della realtàfiorentina e nazionale. Come sempre capitaquando si comincia a frequentare un posto,si cominciano a tessere rapporti, a conosceresituazioni nuove e alla fine si creano legamiaffettivi. Da buoni scienziati, visto che tutti equattro siamo fisici (fatto curioso, ma davverocasuale!) e in considerazione del fatto cheoramai eravamo come di casa, tentammo diorganizzarci e razionalizzare i nostri sforzi.Individuammo un gruppo, che secondo glistandard occidentali era composto quasiesclusivamente da bambini e ragazzetti, epartimmo con un’attività autofinanziata di...“conoscenza del mondo” fuori dal Poderaccio.Può parere attività inutile e ridondante perdelle persone definite “nomadi”... se di nomadisi trattasse! Anche se noi ci ostiniamo achiamarli tali, quelle famiglie son profughi,scappati dalla guerra in Bosnia o da quella inKossovo o da quella che sta per scoppiare nelposto X. Spesso son fuggiti lasciandosi allespalle pezzi di famiglia e case distrutte: le loro!

Con una irresponsabilità disarmantee molto coraggio cominciammo a portarli ingiro per conoscere cose e persone, perparlare con gente di ogni genere e tipo,scolaresche, preti, assessori, volontari,chiunque volesse ascoltarci, prima a Firenzepoi in giro per l’Italia e decidemmo anche difare un’escursione in montagna, perchè, chidall’Agesci, chi dai centri sociali, s’era tuttiappassionati di montagna. Quando si dice unapassione trasversale!

Il Lago Scaffaiolo ci parve la metagiusta: ben conosciuta a noi gagè (1), priva dipericoli vista la stagione e comunque bensegnata. Soccorso alpino in zona. Facemmola spesa tutti insieme nel più vicino discountdell’Isolotto e la mattina dopo ci ritrovammoal kampo (nomadi). Vuotate le nostre

come descrivere la voragine, addolcitadai vapori dell’umidità, dagli accumulidetrito, dal verde dell’erba e degliarbusti, che disegna i pendii, che separauna cima dall’altra, una cresta dall’altra,uno sperone dall’altro.

I mirtilli quassù non sono ancoramaturi, non sono anzi ancora comparsele piccole macchie bluastro scuro chepunteggiano, a quota inferiore, lavegetazione bassa. Ma prima di arrivarefin qui ci siamo già separati, divisi indue gruppi per due itinerari di differentedifficoltà. La separazione è avvenuta alrifugio Città di Sarzana, accanto a unplacido laghetto verde, a due minuti dipercorso da una sorgente, come dice ilcartello. Guardiamo l’itinerario sullacarta grande esposta su un pannelloturistico-escursionistico, mangiamoqualcosa, chi vuole, ripartiamo. E poisono le creste, il crinale verso cuisaliamo un po’ alla volta, i puntiattrezzati là dove la roccia nuda affioralungo il nostro cammino e il pendioscivoloso si fa troppo vicino. All’attaccodella prima ferrata ci fermiamo per“vestirci” ovvero per metterci addossoun’imbracatura. Possediamo o abbiamopreso a nolo l’attrezzatura a norma eora la indossiamo.

Io mi “avvito” nella mia. E menomale che la avevo provata il giornoprima a casa! Qui le gambe, lì lebraccia, stringere qui, annodare di là,moschettoni, lacci, fibbie: beh, diciamoche è un modello un po’ complicato: nonricordo di aver messo nulla di similenella mia verde giovinezza ma può darsiche la memoria mi faccia difetto. Anzi,sicuramente. Vedo che altri hanno i mieistessi problemi. La guida controlla chesia tutto a posto: partiamo. Scopro conpiacere che non è difficile: in fin dei contisi tratta di attaccarsi e di fare sicura suun cavo metallico fissato alla parete diroccia al fine di rendere più sicuri e piùfacili dei tratti pericolosi. Ma è più unariscoperta che una scoperta e mi rendoconto a posteriori che ho fatto cose piùdifficili in giovinezza anche se non sottola luce del sole. Nel buio delle grotteperò sì, e lì non c’era la vistarassicurante e libera del cielo aperto mal’oscurità più totale rischiarata dallelampade ad acetilene (si usa ancora?)o anche a pile. Ho sempre pensato cheho potuto fare certe cose grazie al buio.Al buio che ci confinava al nostrobozzolo di luce oscillante e impediva direndersi conto dei baratri chesuperavamo così, incoscientementeanche in libera a volte, alcuni di noi. Ilprimo tratto attrezzato finisce seguitoda un secondo, da un terzo fino a cheperdo il conto, ma non sono molti, e

neanche lunghi in realtà e forse per unamia incoscienza, forse per la sicurezzadata dal cavo metallico, non misembrano difficili. In alcuni puntiarrampichiamo un poco, in altri, almenodue, scavalchiamo il crinale. E’ piùdifficile cavalcare lo spuntone di rocciache tagliare il pendio, ma tutti, chi confacilità, chi con difficoltà, lo facciamo.Sotto di noi si allungano in scivolata ilastroni di roccia che digradano nelprato, giù fino al fondo di valli pensili, eancora la vista si spinge a individuarele valli a v dai fianchi ripidi chescendono verso l’incisione praticatadalle acque di scorrimento. E’ un mondoselvaggio e naturale che ci comunicala sua grande forza.

Sopra di noi il cielo non è piùazzurro come alla partenza e le nuvoleche si accumulano irregolarmentecoprono spesso il sole. Contro il verdedella vegetazione e il grigio della roccia,i nostri abiti, le giacche, i pantaloni,disegnano macchie di colore. Ariafrizzante come il vino: dove ho lettoqueste parole? In un libro di ormai moltianni fa riferito a un luogo diverso elontano da qui ma che anche a qui siadattano benissimo. Non ricordavo chel’aria di montagna facesse questoeffetto: è da un paio di anni che l’horitrovato: aria frizzante come il vino eche come il vino può dare alla testa. E’il vento che ci passa addosso, ciscompiglia i capelli e corre fra le roccee l’erba: chi siamo noi che possiamopermetterci questa forza e questa gioia?Questa gioia di essere sani, vivi e liberie di respirare a pieni polmoni l’ariaselvaggia dei monti? Chi siamo noi equale dio dobbiamo ringraziare perquesto? Discutiamo brevemente sucome organizzarci e poi ci fermiamoa mangiare i nostri panini. C’è ormaisolo un tratto di ferrata e lo facciamodi slancio: slancio verticale e nonorizzontale, questa volta. Trovodivertente fare questa piccolearrampicate, soprattutto quando si haa portata di mano un rassicurantecavo. E dopo è discesa: primascoperta e poi, nell’ultimo tratto,dentro i l bosco. Discesa che ciricongiunge infine all’altra metà delgruppo che ha fatto un percorso meno“roccioso”.

Una volta in pullman cicambiamo le scarpe e ci rifocilliamo:resta da fare la strada del ritorno, mac’è chi guida e possiamo permetterciuna ristorante pisolata. Ci resta il ricordodi una bella giornata, qualche fotografiae domani qualche crampo di stanchezzapostuma alle gambe. E una porta apertasu una nuova esperienza.

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ancora in lamiera. Qualcuno tira fuori un pòdi spiccioli e fra monetine da cinquecento liree qualche foglio da mille ecco che anche lacanonica sosta al Bar è realizzata: thè pertutti! Usciamo seguiti dagli sguardi curiosi degliavventori. Rimaniamo un pò di tempo attornoal laghetto chiaccherando, raccontandoci fatti,storie e quant’altro ci salta in mente. Anche idue più grandi si sono un pò rasserenati.L’attenta macchina organizzativa richiamal’attenzione sull’ora e fra berci ed incitamentisi riparte per tornare giù “alle macchine”.Arriviamo al campo che il sole tramonta.Riaccompagnamo tutti alle baracche,rassicuriamo qualche mamma e ci salutiamorumorosamente. Il giorno dopo telefono aGianer e gli chiedo cos’ha fatto poi a casa:“quando son tornato a casa ero rosso infaccia per il sole. Mi son sdraiato ariposarmi... e son crollato stecchito!” (3).

Note:(1) la parola “gagè” è usata dai Rom perindicare tutte le persone non Rom.(2) L’esclamazione “dafcedà” è in realtà lacomposizione di più parole in lingua Romanè,la lingua parlata dai Rom, e la scrivo cosìcome viene pronunciata. Anche se di faciletraduzione è di difficile comprensione... moltodifficile! La lingua Romanè ha in sè unaprofonda ironia e termini non proprio gentili,per non dire offensivi, possono talvoltaacquisire un’accezzione fortementeamichevole e gioiosa come nel caso,appunto, di “dafcedà”.(3) La vicenda raccontata è statadiversamente narrata dai ragazzi in unaraccolta più vasta dal titolo “Mi bruciano gliocchi, ‘che ho letto due minuti!” scrittodall’Associazione Amengià e pubblicato sulla“Antologia Vieusseaux”, VIII, 24, settembre-dicembre 2002, Firenze, Polistampa. Lapubblicazione fu conseguente allapartecipazione dell’Associazione al concorso“Raccontare le perifierie” ed aver ricevuto il“premio di diaristica e di memorie inedite”indetto dal Gabinetto Vieusseaux.

Dafcedà !La Montagna come luogo d’incontro

e prezioso simbolo di solidarietà

Testo e fotodi Andrea T ozzi

(Alpinismo Fiorentino)

scassatissime auto dei bambini che ci eransaliti per giocare, caricammo ben beninomateriale e persone e partimmo. “Si va inmontagna” dicevano con un pizzico di orgoglioa chi gli domandava dove fossimo direttistavolta. Arrivammo alla Doganaccia conmolto comodo, dopo le non poche canonichee rituali fermate all’Autogrill, al Benzinaio, alBar, al Tabaccaio e quelle meno canonichedovute al mal d’auto.

Ricordo la salita lungo il sentierodiretto al Passo Della Croce Arcana con moltoaffetto. I più piccoli, felici come pasque, eranoincontenibili e salivano su che parevano dellegazzelle, con noi dietro ad urlare che noncorressero. I più grandicelli parevan proprionon averne voglia, ma fra moccoli e fiatone,fra una pausa e l’altra, arrancavano su pureloro. Altri, un paio più grandi, eran fin tropposeri e fin dalla mattina presto... qualche grossanuvola stava per addensarsi sopra le loroesistenze e la vista dei monti avrà forse loroispirato una risolutrice ma impossibile fuga equella giornata credo sia stata l’ultima dellaloro breve infanzia.

Arrivati sul crinali incontriamo deicacciatori con i loro bei fucili abbandonatilungo il sentiero mentre si godevano ilpaesaggio un poco più in là... le conseguentiosservazioni circa l’irresponsabilità della cosaporta ad un diverbio fra gagè appassionati dicaccia e non. I nostri bravi ragazzimaliziosamente rinfocolano subito per beninola polemica, non mancandogli ironia e battutapronta. Qualche bercio e si riprende ilcammino: noi si procede per lo Scaffaiolo, loroper il Libro Aperto a caccia di non so qualipredatori. Mai discutere con chi ha un fucile...Arriviamo al Lago Scaffaiolo sgranati come ilgiro d’Italia sul Pordoi: rompiamo subito latranquillità dell’ameno luogo, a noi tutti noto,con una serie di urli, richiami, minacce a nontuffarsi, diffide a piantarsi accanto a chi anelapalesemente a stare in pace, mentre Paolotenta pacatamente di far percepire a tutti la

suggestione del luogo, la calma che nedovrebbe naturalmente scaturire e laconseguente gioia interiore.

Maddalena saggiamente e piùpragmaticamente urla le fatidiche parole: “Simangia!” e tutti accorrono. L’attenta epremurosa macchina organizzativa si scatenavomitando quantità industriali di panini di ognitipo tutti rigorosamente “porc free”. Escon fuoridei pericolosi wurstel di pollo ed ecco chequalcuno se ne esce suggerendo l’accensionedi un fuoco: proibiamo tassativamentel’accensione di qualsivoglia fiamma, forti anchedel fatto che lì di alberi o cespugli non se nevede l’ombra dall’era carbonifera.

Il piccolo Gianer preso da entusiasmoirrefrenabile lancia un “dafcedà !” (2) a centodecibel che risuona rimbombando dalla cimadel Cupolino. E mentre il fuoco che nondoveva riuscire prende vita scoppiettandoallegramente, ecco che si vede avvicinarsiCaterina, operatrice della cooperativa CAATe che lavora al... Poderaccio! Senza parole,basita e stupefatta, viene subito festeggiatada tutti. “Non ci potevo credere! Quando hosentito urlare dafcedà ho pensato ad unaallucinazione! Ma che ci fate quassù?!!”. Egiù con il racconto dell’avventurosa e“faticosissima” ascensione. Il pranzoprosegue tumultuosamente: al solitoriusciamo a far allontanare tutti nel raggio d’unchilometro. Alcuni ragazzi attratti dalla cimadel Cupolino cominciano a correrescommettendo a chi arriva prima. Io e Paoloa malincuore andiamo loro dietro... Sulla cimail paesaggio è decisamente bello e per moltidei ragazzi è la prima cima della loro vita edanche la prima escursione in montagna a benvedere! Tentiamo di rispondere alle lorodomande su cos’è quel monte dov’è il campe Firenze si vede? Ma il mare è lontano? Leauto chissà dove sono dafcedà....

Tornati alla base non si riesce adevitare la temuta irruzione al rifugio. all’epoca

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Lo Sci di Fondo, chiamato anche SciNordico, per evidenti motivi di nascita,tradizione e diffusione, è da considerare l”altrosci”, contrapposto, ma con sproporzionenotevole, allo Sci Alpino. Ora la situazione ela proporzione è migliorata rispetto a quasiventi anni fa, ricordo: corso CAI di Sci Alpinoal Corno alle Scale e corso di Sci di Fondo aMadonna dell’Acero; si partiva da Firenzecon due Pullman, ma a Madonna dell’Aceroc’era qualcuno, sempre lo stesso, cheimmancabilmente annunciava: “chi è venutoper sciare prosegue, gli altri scendono qui!”.Appunto gli altri, gli sciatori di fondo; noi unadecina, gli altri cinquanta, sessanta e magaridi più.

Mi ritornava in mente quella frasequando, nell’autunno scorso (2008),contattavo il Centro di Fondo di Boscoreale(Piandelagotti) per organizzare, per laSottosezione CAI di SCANDICCI, un “Corsodi Sci di Fondo – Base”, corso che mancavada molti anni dall’ambiente CAI Fiorentino, enon solo.Telefonavo: “senti Max(Massimiliano, responsabile dei maestri)saremo certamente cinque o sei, forsearriveremo a dieci, vorremmo organizzare uncorso di base; qualcuno ha già qualcheesperienza di sci alpino, altri sonoprincipianti”.

Il corso lo abbiamo organizzato, èiniziato Domenica 18 Gennaio ed è finitoDomenica 8 Marzo, con tre intervalli ed unfine settimana ad Asiago. Abbiamo avutotrenta partecipanti al corso, con nettamaggioranza femminile, ed altri 14 sono

Lo sci di fondo“L’orgoglio del Fondista – Lo Sci di Fondo è disciplina piùcompleta, al fondista si richiede infatti di sapersi destreggiareanche in discesa; e solo chi ha provato a calzare le scarpetenute solo in punta sa quali siano i problemi ...”

occasionalmente venuti a sciare, senzaprendere lezione. Il successo e lasoddisfazione sono stati evidenti, sia negliorganizzatori che nei partecipanti e Mercoledì11 Marzo la pizza e la consegna degli attestatidi partecipazione è stata la festa che haconfermato le amicizie e le simpatie che cistimolano a rimettere in moto la macchinaorganizzativa per il 2010: 2^ Corso di Sci diFondo. Lo aspettano, per molti sarà il secondo,per altri sarà l’occasione mancata l’annoscorso. Cercheremo di accontentare tutti.

Dice Viviana: Sono sempre andatain montagna, ma con lo Sci (alpino) nonavevo mai avuto a che fare. Poi ho presoqualche confidenza con sci e scarponi e fattodue o tre uscite sulle piste, ma la coda per loskilift, la musica assordante, il pericolocostante di sbattere con uno snowbordista ela grande quantità di gente che ti frulla intornoa gran velocità No! Troppo caotico per unache passa l’inverno con racchette e ramponi,nei boschi o sulle creste, nel totale silenzioin compagnia di uno zaino e alcuni compagnidi escursione! Decisamente lo Sci Alpino nonfa per me.

Poi la Sottosezione CAI di Scandiccipropone un corso di Sci di Fondo, base, pertutti. La solita mia curiosità per le attivitànuove che riguardano la montagna saleprepotente. M’informo ovunque posso: Sci diFondo classico o pattinato, Sci di Fondoescursionistico, su percorsi che ricordanotanto i posti che frequento di solito. Allora hofatto il Corso e Conclusione?…. Richiedefiato e coordinazione, ma con questi due

ingredienti s’impara facilmente. Dopo quattrolezioni a Piandelagotti siamo andati sullepiste di Asiago e sono stata in grado di farepercorsi più lunghi, stando fuori tutto il giorno.

Ti muovi spesso in pieno bosco,senza troppo affollamento, e respiri in pienol’energia che l’ambiente montano ti da. E’ unosport che puoi fare anche se non sei a grandilivelli. Ci sono piste per tutti. Ben tracciateed è impossibile sbagliare. Scegli quella piùadatta a te e ..via! Il corpo si affatica, ma latesta si libera da tutti i pensieri e sei in pacecol mondo! Ho trovato un altro modo di amarela montagna e non vedo l’ora di rifarlo ilprossimo inverno.

Dice Lorella: Ho scoperto un modotutto speciale per godere del divertimentodella neve insieme alle magiche emozioniche la bellezza della montagna d’inverno puòdare: lo sci di fondo. Per una fortunatacoincidenza sono venuta a conoscenza delcorso di sci di fondo organizzato dal CAI diScandicci. Subito ho trovato un ambientegradevole e molto familiare che mi hapermesso così di imparare e praticare unodei miei sport preferiti, di vivere la montagnad’inverno e di conoscere persone, con cui lacondivisione di questa passione è stata labase per avviare una grande amicizia.Questo sport, che pure contempla sia unnotevole allenamento fisico che l’agonismo,nello stesso tempo è filosofia di vita e sfidacon i propri limiti quindi un mezzostraordinario per conoscere se stessi. Lo scinordico come la corsa e il ciclismo sono dis-cipline che vanno ben oltre la sola attività

nella foto:sulle belle piste di Asiago

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piste di discesa sei troppo preso dal brividoe dall’adrenalina per soffermarti e guardartiintorno e notare le piccole cose, come icristalli di neve sugli alberi o le impronte diqualche animale sulla neve. A fine giornata tisenti rigenerata dal contatto con i boschi econ le persone che praticano questo sport,che sono più tranquille rispetto agli scialpinisti, c’è più tempo per parlare e per farnascere grandi amicizie.

E proprio durante questo inverno siè costituito un bel gruppo di donne che sonodiventate grandissime amiche e che tutt’ora,a sei mesi dalla fine del corso, si ritrovanoper il rito dell’aperitivo e si scambiano gli ultimipettegolezzi. Queste donne, che si sonoribattezzate “Sex and CAI” hanno deciso diproseguire con questo sport bellissimo ecostituiranno senza dubbio lo zoccolo durodella prossima stagione sciistica.

“Sex and CAI”! Ricordo che cantavaDe André nella “Città Vecchia”: “… dove sonoandati i tempi di una volta, per Giunone!?Quando per fare il mestiere …. “, ma questesono brave ragazze, Quintino può riposare inpace, la loro è ironia tutta femminile, ed anchetanta amicizia, fortuna quando c’è; ce nevorrebbero metri, come la neve dello scorsoinverno.

Se lo “Sci di Fondo” è in grado diprovocare tanto entusiasmo, fra gliappassionati (appassionate!) di montagna,

fisica, richiedono uno stile di vita e una forzamentale che ti spingono ad un continuoconfronto con te stesso e con le angolaturedel proprio carattere. Sono sufficienti pochicentimetri di neve che imbiancano i fianchidelle montagne per cambiare profondamenteil paesaggio e la natura che ti circonda inmontagna.

Quando, nel Gennaio scorso, siamoarrivati a Piandelagotti per la prima voltaabbiamo trovato un ambiente veramentesuggestivo. La neve copiosa e abbondantefaceva si che tutto intorno prendesse unaspetto di candore e nello stesso tempo ilfreddo e le condizioni climatiche che spessoci hanno riservato vento e neve ci hannomesso tutti a dura prova. Ma una volta chehai iniziato a scivolare sul binario oppure apattinare, facendo scorrere gli sci sulla neve,in pochi minuti tutto cambiava profondamenteintorno a me. Lo sci nordico per la suaambientazione e per il fatto di decidere tucome praticarlo, scegliendoti sia la velocitàche la difficoltà di esecuzione, ti permette dipenetrare nel silenzio dell’ambiente montanoin punta di piedi. Gli sci diventano il mezzoideale per avvicinarsi a questo magicoambiente, permettendo molte opportunità diosservazione. Frequenti anche le occasionidi incontro con uccelli che si possono trovarenegli habitat più tranquilli mimetizzati nel foltobosco. Ricordo ancora quando il silenzio èstato bruscamente interrotto da uno scalpitio,che mi ha fatto fare un sobbalzo per lospavento, sono scivolata e mi sono trovata afaccia a faccia con un capriolo, che, in quelmomento provato e spaventato più di me, hacapitombolato nell’alta coltre di neve neltentativo di darsela a gambe per il curioso einatteso incontro. Nello stesso modo mi èstato concesso di osservare un gruppo dicamosci costituito da due esemplari adultiseguiti due cuccioli che nelle radure del boscoerano in cerca di pascolo. .

L’esperienza del corso di sci di fondocon il CAI di Scandicci è stata veramentestrepitosa permettendomi di vivere questebellissime emozioni con persone checondividono con me l’amore per la montagna,per lo sport, il rispetto per la natura, insiemealla voglia e alla disponibilità a saper cogliereil meglio da tutto questo per condividerlo. Alrientro la domenica sera tutti noi eravamostanchi ma con la gioia negli occhi perl’avventura vissuta e condivisa. Unringraziamento speciale a tutte le persone delCAI di Scandicci che ci hanno messo adisposizione con molta pazienza, la loroesperienza e le loro conoscenze perchépotessimo imparare facendoci superare tuttele nostre difficoltà e paure. Condividerel’esperienza ad Asiago con tutti loro mi hapermesso di capire dove mi trovassi e dacosa fossi circondata. Imparare ad orientarsinello spazio montano in cui ti trovi affina lospirito d’osservazione e alla fine uno sportfaticoso come lo sci nordico diventa un giocodivertente, intelligente e gratificante seaffiancato dalla conoscenza dell’ambiente edalla possibilità di condividerlo.

Dice Laura: Ho fatto diversi anni disci alpino, ma ho scoperto un nuovo sport incui riesci ad apprezzare la natura che ticirconda e ti avvolge coi suoi silenzi. Sulle

andiamo a vedere più da vicino la storia e lecaratteristiche di questo bello Sport.

La storia

Lo sci come mezzo di locomozionenacque dall’esigenza dei popoli nordici easiatici di muoversi in un ambiente copertodalla neve per molti mesi all’anno. Ecco cheper semplice caso o per intuizione geniale,un giorno qualcuno iniziò a mettersi ai piedicortecce, rami intrecciati in grado di sostenerlosulla neve. Con l’andare del tempo questerudimentali racchette da neve subirono unalenta, ma costante evoluzione che le portò,soprattutto nelle regioni dove il terreno eraondulato, a scivolare in modo da renderemeno faticosa e più veloce la marcia. Nelleregioni scandinave incisioni rupestri, graffiti edipinti preistorici mostrano cacciatori con aipiedi lunghe assi ricurve, inseguire cervi ebisonti. Da alcuni reperti ritrovati nelle torbieredella Svezia si ritiene che si utilizzassero unosci più corto e uno più lungo. Quello corto,ricoperto di pelle, serviva per dare la spinta,per frenare e per cambiare direzione; quellolungo serviva per scivolare in velocità.

Numerose sono le testimonianzestoriche che parlano degli sci. A partire dallamitologia scandinava, in cui si narra di un certoLeminkeinnen che usava uno sci corto e unolungo. Addirittura Senofonte, storico grecovissuto attorno al IV secolo a.C. parla di popoliasiatici che usavano calzature speciali peravanzare agevolmente sulla neve.

nella foto:Piandelagotti

l’ambiente e la lezione

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Testimonianze più recenti ci giungonodai paesi scandinavi. Nel 1520 in SveziaGustavo Vasa, ribelle contro la dominazionedanese, mentre si recava in esilio fu raggiuntosul confine da due sciatori mandati dagli insortiper farlo ritornare e guidare la rivolta. Epicofu il suo ritorno da Salen a Mora dove, unitosiai ribelli, scacciò gli invasori e fu coronato redi Svezia con il nome di Gustavo I. In ricordodi questa epica impresa nel 1922 fu istituitauna gara di gran fondo, la Vasaloppet (corsadi Vasa), di 90 km che si snoda sullo stessopercorso. Fu nella seconda metàdell’Ottocento che lo sci assunse ancheconnotati sportivi. La prima gara di cui ci sononotizie documentate risale al 1843. Si disputòa Tromso (Norvegia) e fu vinta da un lapponeche percorse i 5 km in 29 minuti. Nel 1884 sisvolse la prima gara di gran fondo sullaragguardevole distanza di 200 km, vinta in 21ore dal lappone Lars Tourda. Confinati sia perconoscenza che per utilizzo nelle regioniscandinave, gli sci ebbero il loro momento dinotorietà internazionale grazie all’impresa delnorvegese Fridtjoff Nansen che, nel 1888compì la traversata dell’inesplorataGroenlandia, utilizzando appunto gli sci.

Le attuali tecniche dello Sci diFondo su pist a.

La tecnica classica

La tecnica classica, detta anche apasso alternato o, per brevità, alternato, èstata l’unica fino agli anni 80 e si esegueutilizzando il binario tracciato su neve battuta,che consente allo sciatore un facile appoggiodello sci e una guida sicura in fase di scivolata.I bastoncini trasmettono la spinta degli artisuperiori e si piantano nella neve per mezzodel puntale, mentre gli sci per trasmettere laspinta degli arti inferiori necessitano di sciolinadi tenuta, o di altri sistemi, che consente

“l’ancoraggio” della soletta, condizioneindispensabile per ottenere la spinta.

Gli sci procedono paralleli,normalmente nei binari, ad eccezione dellaspina di pesce che si esegue fuori dalle traccecon sci a punte divaricate e disposti sullospigolo interno. In tecnica classica, conl’aumentare della velocità di avanzamento, itempi di applicazione della forza si riducono,fino al punto in cui l’ancoraggio dello sci nonsarà più possibile e si dovrà procedere conla sola azione di spinta degli arti superiori,per questo con l’aumento della velocità siutilizza il passo spinta e successivamente lascivolata spinta.

La tecnica di pattinaggio - Skating

La tecnica di pattinaggio, è piuttostogiovane poiché incomincia a fare la suacomparsa agli inizi degli anni 80. Ad alto livellouno degli sperimentatori del nuovo passo fu ilfinlandese Pauli Siltonen che, nella stagioneinvernale 1981 - 82, cominciò ad usare unpasso che fu poi chiamato dai tecnici federalicome “scivolata spinta pattinata”. La confermadella bontà di questo nuova tecnica la diede lostatunitense Bill Koch nella stagione successivain cui riuscì, primo e ultimo fondista americano,ad aggiudicarsi la Coppa del Mondo.

Nata inizialmente come tecnicapuramente agonistica, è stata ben prestoassimilata anche da sciatori meno provetti.Nella tecnica di pattinaggio gli sci nonprocedono nel binario, ma scorronoalternativamente, divaricati di punta, su unterreno privo di tracce e diagonalmenterispetto al senso di marcia. Il vantaggio, intermini di rendimento, è che durante l’azionedi spinta dell’arto inferiore lo sci può continuarea scorrere nella sua direzione consentendocosì allo sciatore di mantenere la velocità

anche in fase di spinta. La velocità diavanzamento risulta così più elevata rispettoalla tecnica classica.

Questa tecnica richiede maggiorintervento muscolare e un buon equilibrio;spesso si può contare su un solo puntod’appoggio e la fase di passaggio del pesodel corpo, da un piede all’altro, deve esseremolto rapida poiché gli sci seguono traiettoriedivergenti.

Attrezzatura

Gli sci sono privi di lamine e leparticolari scarpette si fissano agli sci solo inpunta, consentendo al tallone di sollevarsiliberamente.

Per la tecnica classica, gli sci hannouna soletta specifica che impedisce discivolare all’indietro durante il passo alternato:la parte centrale viene ricoperta da unasciolina particolare (“di tenuta”) o ha dellepiccole scaglie rilevate. Quando il peso delcorpo poggia su questa zona, lo sci si bloccae non arretra, le scarpette sono avvolgenti,ma alte fino alla caviglia.

Per lo Skating, le scarpe hanno ungambaletto più alto, la soletta degli sci èuniformemente liscia. La presa sulla neveviene garantita dalla disposizione obliqua edalla presa di spigolo degli sci.

Per la lunghezza degli sci ci sonotabelle in base all’altezza e si differenzianoper tecnica e per uomo e donna, ma in lineadi massima considerare come segue:uomo, 20-25 cm più dell’altezza; donna, 15-20 cm più dell’altezza.

Bastoncini, per principianti e pertecnica classica considerare 0,80 per l’altezza

della persona; per skatingconsiderare 0,85-0,90 per l’altezzadella persona.

Abbigliamento

L’abbigliamento del fondistadeve ben consentire i movimenti,quindi deve essere elastico, madeve assicurare l’isolamentotermico, l’assorbimento del sudoree la traspirazione.La biancheria deve essere del tipoche facilita la traspirazione, quindifatta con fibre artificiali.Per chi pratica l’agonismo vannomolto bene le tute leggere edaderenti, ma per i turisti ed amaggior ragione per i principiantiche effettuano corsi, sono meglioindumenti più pesanti, ma sempreelasticizzati, esempio salopettespecifiche più magliette di materialesintetico, anche in questo caso bentraspiranti.

Serve poi un giubbinoleggero, tipo “wind stopper”,oppure un “pile”, ma nonpesantissimo. Importanti i guanti,che devono proteggere il palmodella mano, che stringe ilbastoncino, ma anche proteggere

nella foto:sulle belle piste di Asiago

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dal freddo, quindi palmo in pelle e partesuperiore imbottita.

Il 15% del calore corporeo vienetipicamente disperso dalla testa per cui èfondamentale utilizzare un adeguato cappelloo ampia fascia, preferibilmente in “Pile”.Calzettoni, non pesantissimi, ma morbidi;quelli usati per il trekking vanno bene,eventualmente un secondo paio corto eleggero da inserire a contatto del piede.

Lo Sci di Fondo fuori pist a – SciEscursionismo

Nel 1982 il CAI ha dato un contributoformale alla nascita dello Sci di FondoEscursionistico deliberando la costituzione diuna specifica commissione e scuola centrale,più precisamente: “lo sci di fondoescursionistico è affine allo sci-alpinismo alquale si deve affiancare, senza interferire,come forma complementare” inoltre: “ lo scidi fondo escursionistico si avvale diattrezzature e tecniche specifiche, intermediefra quelle dello sci di fondo in pista e quelledello sci-alpinismo, ………. lo sci di fondoescursionistico costituisce il ritorno allo scioriginario quale mezzo per muoversi sullaneve, colmando una lacuna che si era formatacon lo sviluppo delle varie specialità”.

In ambiente CAI l’indirizzo verso loSci di Fondo Escursionistico è generalmentepiù apprezzato rispetto al perfezionamentoverso lo Skating: questo è comprensibile, maappresa la tecnica base poi ognuno farà lescelte che più gl’interessano e che più lodivertono: che alla fine è sempre lo scopo diqueste nostre attività.

L’attività nel 2010

Il corso a Piandelagotti inizierà il 24Gennaio e si concluderà il 21 Febbraio; Ilviaggio avverrà con Pullman e potràpartecipare anche chi vorrà sciare incompagnia, senza prendere necessariamentelezioni. Sono poi previsti 2 fine settimana supiste Dolomitiche, con viaggio in Pullman:

Sabato 27-Domenica 28 FebbraioVal di Fassa

sulle piste della famosa ”Marcialonga”.

Da Venerdì 12 a Domenica 14 MarzoAlpe di Siusi

si scia davanti al Sasso Lungo e SassoPiatto, a due passi dallo Sciliar.

L’articolo è di Paolo Brandani(Sottosezione CAI di Scandicci)

Gli interventi sono di:Laura Giorda

(Sottosezione CAI di Scandicci)Lorella Bonaccorsi

(Sottosezione CAI di Scandicci)Viviana Rossi

(Sottosezione CAI di Scandicci)

Foto di:Manuela Belli

(Sottosezione CAI di Sarzana)

Ad Andrea Bafile

Da giovane salisti come aquilanella tua terra d’Abruzzole vette del Gran Sassoe innalzasti a gradi eccelsil’ardire delle tue imprese.

Completati gli studi, iniziato illavoroe formata una bella famigliavenisti in terra toscanae volgesti mano e piedeall’Appennino e alle apuane Alpi

Fosti ingegnoso costruttoredi nuovi strumentidi sicurezza in montagnae ricercato tecnico e collaudatoredi apparati di risalitaalle vette nevose.

Valente sciatore,eri elegante nei tuoi movimentied elegante era la tua tracciasul fresco candido tappeto.

Ma fosti anchepaziente e sagacenostra guida e maestrosui bianchi pendii invernali,e noi, attenti tuoi allievi,molto da te abbiamo imparato.

Tu sei stato ancheuomo di studi e cultura.Come facondo e argutoconferenziereci hai fatto conoscere Dantequale alpinista ante litterame la raffinata poesiadel tuo conterraneo D’Annunzio.

Tu stesso poeta fostinella natia lingua abruzzesee, rivestiti di note i tuoi versi,fosti rapsodo della tua tradizioneaccompagnando con la chitarrail tuo canto.

Ti ricorderemo a lungo, Andrea,ogniqualvolta poseremo il piedesu quelle montagneche con il tuo esempio e la tuaamiciziaci hai insegnato ad amare erispettare.

Claudio Malcapi

Il Bafile ci ha lasciato Per quelli che, come me,hanno scoperto la montagnaalla fine degli anni ’50,Andrea è stato la nostraguida,il nostro Maestro,a volte severo, ma anchecompagno e amicoaffettuoso.

Ci ha insegnto comeaffrontare la montagna, arispettarla e a temerla.

Ci ha iniziato alloscialpinismo,insegnato a sciare in pistae in particolare, fuori pista.

Ma come riuscire, nonostantele sue lezioni,a fare nostre le sue inimitabilicurve?(La famosa curva Bafile).

Ha avuto sempre grandestima per i “bravi”,ma anche per i meno bravi,quando ci sapeva animati dagrande passione.

Da tutti noi che ti abbiamovoluto bene:grazie Andrea

Giovanna

Una gita al Gran Sasso - anni ‘50 -con A. Bafile (foto P. Melucci)

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sicuro cambio auto, e Doc, il medico delgruppo, ci guiderà fino a Levigliani. Sarà ilfreddo, e l’appressarsi dell’evento, non ho piùsonno, non posso non pensare a questobell’inizio.

Eccoci tutti qui, in totale siamodiciassette, un numero che suscita sempreperplessità fra noi italiani. Gli esperti e gliistruttori si scambiano battute con altri gruppidi speleologi, su come avessero guadato efatto la doccia il giorno precedente in un’altragrotta, sul fatto che armeranno, ovveroattrezzeranno, per noi neofiti la traversatadell’Antro del Corchia, nelle amate Apuane,entrando dalla buca di Eolo per uscire dallabuca del Serpente dopo circa cinquecentometri di dislivello a scendere e una trentina asalire, e dove si contano ben quattordiciverticali da un minimo di un paio di metri finoai ben cinquanta metri del Pozzacchione.L’atmosfera è tranquilla, quasi pigra, nonsapendo proprio cosa fare, sono rimasta lì aosservare flemmaticamente intorno a me edè proprio mentre faccio queste riflessioni, chevengo finalmente istruita sul prossimo passo,che dà un’accelerata, si fa per dire, alleoperazioni: la vestizione.

Ho sentito dire che la vestizione è unrito per gli speleologi, e mi rendo conto dellaragione. Prima di tutto c’è la famosa tuta damettere, è intera, e bisogna decidere cosatenere sotto. E’ bandito il cotone, ammonisceGiovanni, meglio indumenti acrilici traspiranti,e abbastanza caldi, un pile almeno, poi ipantaloni, per chi ha freddo. Ho visto anchetute intere da SuperPippo appese adasciugare sui portelloni aperti delle auto, atestimonianza della grotta bagnata raccontatadel giorno prima. Ricordano molto gliindumenti intimi in lana dei nostri bisnonni, mamolto più colorati, sì, perchè anche la lana vabene. Anch’io sono alle prese con questidettagli essenziali, e appena allacciata perintero la mia tuta arancione, mi ricordo chesarà meglio fare l’ultimo pit stop, e, tanto pervelocizzare le attività, ora che cerco un luogoadatto e mi svesto e rivesto, ho già perso dieciminuti, ma questo, stranamente, non sembraimportare a nessuno. Si prosegue lavestizione con calma, ora è la voltadell’imbrago speleo, due cosciali, e una fas-cia che cinge i lombi, collegabili solo nellaparte anteriore attraverso una maglia rapidaa C, veramente robusta, il maillon, l’ho sentitochiamare, forse dal francese maillon rapide.Dicono che l’imbrago speleo è il più scomodonoto in tutta la storia, in particolare per imaschietti; infatti ho potuto raccogliere molteconferme di maltrattamenti indesiderati. Almaillon si agganciano varie cose prima diusarlo per chiudere l’imbrago intorno alleanche, la più importante è il discensorespeleo, attraverso cui passerà la corda in tuttele occasioni in cui si dovranno fare delle calateper perdere quota, un moschettone per ilrallentamento della calata in ausilio aldiscensore, un cordino con due moschettoni,tipo il nostro kit da ferrata semplificato, avendoanche un altro uso, infine, il croll un frenomonodirezionale usato per la salita, che vienetenuto in posizione da una fascetta. Mi ricordoche la mia era blu e nella fattispece serve perl’impacchettamento finale, infatti passaincrociata all’imbrago per poi aderire sullespalle e cingersi nella parte anteriore sul croll,

Piove ancora, sono ormai quattrogiorni che il tempo è inclemente qui a Firenze,e per il fine settimana non si prospetta meglio.D’altronde è novembre, e per come è andatafino ad ora, ci possiamo ritenere fortunati, ilclima è stato mite e ci ha permesso di goderedi ogni giorno passato in montagna.

Rispondo mollemente al telefono, èSergio, il mio compagno di cordata. La nostraamicizia è nata al corso di roccia, siamo andatisubito d’accordo anche in merito alle questionialpinistiche, così è da allora che non perdiamooccasione per arrampicare insieme. Laconversazione è un po’ lenta, fuori sembranotte malgrado siano le undici del mattino, ela decisione su cosa fare durante il weekendsembra ovvia, con questo clima non si puòarrampicare. La giornata passa rapida, equando alzo lo sguardo alla finestra, fuori ègià buio, questa volta davvero. Il telefono miriporta alla realtà: ‘ Ciao Marina, novità rispettoa prima! Ci sarebbe la possibilità di andare ingrotta domenica, un’uscita semplice, che nepensi?’. Sento l’entusiasmo nella sua voce,forse vede salvo il weekend perchè, inalternativa, con la parola grotta, io, nonimmagino molto, e tantomeno riesco adelettrizzarmi. Ricordo di essere stata dabambina nelle grotte di Castellana, facevafreddo lì sotto in pieno agosto. Il driver dellamia decisione è banale: sotto terra non piove,allora si può fare. L’appuntamento èconfermato per un’orario oltremodo prestostile uscita su ghiaccio, che mi mette un po’ inansia. Mando subito un’email a Jerry, unodegli esperti del CAI che organizzano l’uscita,con alcune domande, che affiorano come uniceberg di dubbi fra il conscio e l’inconsciodelle mie sinapsi. Di tutta risposta ricevosinteticamente il consiglio di portare una tutada meccanico, 3 pile stilo o una frontale, ciboe acqua per 8-10 ore, perchè il resto loportano gli istruttori. Mi viene confermato chela traversata del Corchia non ha difficoltàtecniche oggettive, essendo un’uscita tipicadel primo corso di speleologia. Ritorno acapofitto nel lavoro, piove ancora.

Sabato lo dedico ad una nuotata inpiscina, non sarà mai più umido che fuoriall’aperto, ed è bracciata dopo bracciata checomincio a pensare con più attenzione

all’indomani. Un sacco di domande si liberanonella mia mente, ed in questo mezzo liquidoin cui mi trovo, le vedo diluirsi come il ghiacciodisciolto dallo stesso iceberg di prima che orava alla deriva verso il tropico. Non riesco adisolare nessun concetto dubbio in modoparticolare, tutto si muove fluido, mutevole,incerto, e rimango con una sensazione diinquietudine.

L’impegno di fare lo zaino mi donauna mezzora di consapevolezza; so di certocosa mettere nello zaino, ce lo hanno dettoun sacco di volte Piero, Aldo, tutti, dopo ilcorso di escursionismo e di alpinismo si sabene: doppi guanti, cappello e occhiali da soledi scorta, oltre alla frontale e al telo termico,da dimenticare sul fondo dello stesso. Magarisorvolerò sugli occhiali da sole, vistal’occasione, ma il resto lo metto dentro senzaindugi. Mi sento molto fiera di comprimercianche la mia tuta da lavoro, arancione comeun’aragosta e bella imbottita, la stessa cheho usato quando lavoravo in piattaforma neimari del nord; c’è anche il mio nome ricamatosul petto, oltre alle varie macchie di fango adolio utilizzato per la perforazione dei pozzipetroliferi, mai sparite nemmeno dopo ilavaggi a cento gradi degli operatori dilavanderia, a dimostrazione che ho davverolavorato lassù. Chiudo tutte le cerniere,nessun ripensamento. La serata austera daalpinista non mi spaventa, vado a letto presto,vista la levataccia infame che mi aspetta, manon riesco a prendere sonno, quasi fossi su,a capanna Margherita. Mi addormento conun’eco vaga nella mente..grotta, grotta.

La domenica mattinaall’appuntamento leggo nelle facce di molti lamia sensazione di sonno, siamo parecchi, manon tutti, gli altri li incontremo al sentiero diaccesso. Dopo aver brevemente discusso conSergio, vince lui la solita battaglia per chiprende la macchina, a quest’ora non riescoproprio ad insistere; spostiamo gli zaini eprendo posto con gli altri sulla vettura. Il sonnomi accoglie come in un nirvana, ma vengosubitaneamente svegliata da un rumorestrano: abbiamo forato. Usciamo tutti esembriamo il team della Ferrari, Sergio lavorae gli altri guardano; in pochi minuti, comunque,siamo di nuovo su strada. Si decide per un più

Dodici ore nel ventre del CorchiaTesto e foto di Marina T odisco(Alpinismo Fiorentino)

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come a chiudere un pacco regalo dicompleanno. Attraverso i cosciali passa ancheil cordino di servizio con il moschettone diservizio, che pende dunque sotto l’imbrago ea cui si aggancia lo zaino per passare inanfratti non abbastanza larghi per indossarlosulle spalle. Perchè ci saranno anche pertugicosì stretti?

La mia vestizione è usata comeesempio per tutti gli altri neofiti, e sono la primaad essere ben impacchettata in questamaniera. Vengo dunque dotata delle ultimecose. La maniglia con il suo cordino per ilpedale, mi spiega Sandro, accessorio perrisalire la corda, poi, il casco con già montatala lampada elettrica. Intuisco nella parteposteriore l’alloggiamento per le pile stilo e leinserisco, stando attenta alla direzione più emeno degli anodi e dei catodi, la provo pureper sicurezza, non si sa mai, e poi, vedo unerogatore. E’ il fornello o bruciatore, mi vienespiegato, cuore della lampada ad acetilene.

Acetilene, questo è il primo miracolodella giornata. Il fornello distribuiscelocalmente il gas infiammabile usato per fareuna fiammella che ci accompagnerà durantetutta la permanenza in grotta, insieme ad unodore caratteristico. L’acetilene viene creatograzie alla reazione chimica fra acqua ecarburo di calcio in una bottiglia di plasticanera che si porta appesa all’imbrago. Fra lealtre cose sprigiona anche calore, che a volteè piacevole laggiù. Riempio la mia bottiglianel setto inferiore con i sassi di carburo,perchè questo minerale mi si presenta in fasesolida, e nella parte superiore rabbocco conacqua, agito bene il cocktail e apro la valvoladel gas che è collegata ad un tubo che siimmette nel mio erogatore sul casco. Creo lascintilla attraverso lo sfregamento di pietrefocaie alloggiate su una leva dell’erogatore emiracolosamente la mia fiammella nasce esi espande fino a diventare vigorosa ebiforcuta, attirando le peggiori illazioni sul miomatrimonio. Poco dopo la fiamma si stabilizzae penso di essere pronta, invece no.

Ultimo tocco di varietà rispettoall’alpinismo è lo zaino. Vengo tranquillamenteinformata che il mio zaino si strapperebbetutto, meglio usarne uno da dotazione speleo.Si tratta di un sacco giallo tubolare in plasticasemirigida spessa poche decine di millimetri,sembra assolutamente impermeabile,sicuramente è spartano, con i soli duespallacci non imbottiti in cordura e un lacciuoloa chiudere. Perplessa ci butto dentro solo iltermos, il telo termico, la mia frontale, lealbicocche disidratate, utili contro gliaccecamenti da ghiacciaio, so cosa statepensando, e il cioccolato, tanto cioccolato;penso che ne avrò bisogno. Ora sono davveropronta. La vestizione di tutti dura un tempoinfinito per me abituata ai tempi concitatidell’arrampicata, ma l’attesa caratterizzerà lamia giornata comunque.

Si fanno dei turni di attesa perricevere il passaggio in macchina, perchènessuno è disposto a fare i trentacinque minutidi camminata per arrivare all’imbocco. Nonposso biasimarli, anche io mi mettodiligentemente in fila, perchè con tutta questaroba addosso, inclusa la tuta imbottita, i mieimovimenti sono rallentati, o forse è

semplicemente la situazione che mi rallenta?Al contrario della fretta con cui si attacca unavia di alpinismo per sfruttare bene la giornata,qui pare non interessare a nessuno che frapoco verrà buio. Siamo pur sempre anovembre.

Andrea ha il fuoristrada e sa di doverdare il passaggio a tutti. Certo è che, quandouno speleologo compra il fuoristrada, è votatoa questo sacrificio. In pochi tornanti ripidi,ghiaiosi di strada bianca, sapientemente erapidamente condotti, il fuoristrada arriva adestinazione. Ecco che ci si materializza difronte l’attacco della via, lo chiamo così percercare di rimanere ancora per poco legataalle mie certezze di alpinista, ma questo èsenza dubbio, l’ingresso della grotta. Perentrare, devo togliere lo zaino e lanciarlo nelbuco buio che ho di fronte a me, poi mi piego,mi siedo, e i miei piedi, le mie gambe, il miocorpo a poco a poco spariscono alla vista, sonocircondata dalla roccia, ho solo le braccia e latesta fuori. Bene, immetto aria nei polmoni,cerco il sole con lo sguardo, non lo trovo inquesta bruma umida giornata, non importa,trattengo il respiro, ed entro...è mezzogiorno.Solo 4 ore di luce rimangono qui fuori.

Ci metto poco ad abituarmi allaluminosità ridotta dopo essere sbucata in unambiente piuttosto grande che si dirama asinistra in un largo e lungo corridoio dove midirigo vedendo glialtri. E’ un’immaginebarocca, lap e n o m b r adell’ambiente in cui sidistinguono benesolo le fiammelledelle lampade ada c e t i l e n e ,perpetuamente inmovimento dovutoalla pressione dellareazione chimicaall’interno dellabombolina, fiaccoleche avanzano convita propria inun’ordinata fila. Poi sifermano, ecco c’èuna raccolta d’acqua, sembra molto limpida.Mi spiegano che nelle grotte l’acqua non èesattamente potabile, infatti, malgrado siamolto filtrata nello scorrere sulla roccia, èestremamente alta la concentrazione dicarbonati, e comunque, nel Corchia, l’acquanon è nemmeno ben filtrata, essendo la grottanon lontana dalla superficie esterna. Mentregli ultimi arrivati ricevono la stessaspiegazione, e visto che siamo impazientiall’attesa, con Tiziana e Andrea ciallontaniamo proseguendo nella direzione dimarcia. Questo corridoio è enorme, le paretisaranno alte dieci metri, e senti che silenzio,si intuisce un tenue mormorio di acqua chefiltra. Abbiamo perso gli altri.

Il dramma dura poco. Ecco che inbreve, ritornando velocemente sui nostri passi,ci riuniamo al gruppo che si sta parcamentedirigendo nel ramo alla destra dell’accesso,verso un’area che si raggiunge scendendo suroccia calcarea bianchissima. Ovviamente laroccia è bagnata, ed oltre a sembrare viscida,è decisamente scivolosa. La disarrampicata,

con passaggi di primo e secondo grado e cheprevede inoltre di spingere lo zaino davanti asé, mi mette alla prova psicologicamente;infatti il dubbio su come uscire da qui nel casomi facessi male, mi si prospetta in tutto il suosvantaggio. Luciano scherza su ipotetichetransazioni economiche che potrebbe farecon i miei parenti per lasciarmi qui. Si arrivaad un tratto armato con corde fisse. Usiamoil cordino con i due moschettoni come fossimosu una ferrata dopo un temporale, visto chetutto intorno a noi è così bagnato esdrucciolevole, raggiungendo infine un lungocorridoio che all’apparire mi piace. E’ comeun canyon scavato dall’acqua, ci si puòcamminare al centro, sormontando le cengecontrapposte fra le quali l’acqua, che ancoratraspira dalla roccia, ha scavato una piccolafessura. I miei pensieri rivolti alla bellezza diquesto paesaggio irreale sono man manoindirizzati a concentrarmi sui vari passi perprocedere. La piccola fenditura si fa via viapiù grande, e queste due cenge su cuicammino, sempre più irregolari, sia nelladimensione che va riducendosi, sianell’inclinazione che aumenta, miimpediscono di poter camminaretranquillamente come prima. Cosa fare? Mifermo di fronte all’apertura ormai enorme,come un camino diedro in orizzontale. L’acquacola silenziosamente sulle pareti. Gli espertiistruttori sono già avanti, gli altri, ancora dietro,forse ad ammirare il canyon. La fiammella

della lampada mi si spegne. Tento diriaccenderla, sento lo scatto della leva a mollasu cui è montata la pietra focaia. Niente. Il buioè indescrivibile, nauseante come la nebbia sulghiacciaio. Ci riprovo un paio di volte efinalmente una fioca luce. Come risvegliandosicon la luce, il mio corpo diligentemente riceveun’istruzione inconscia e, senza ragionare,inizio a procedere lungo il canyon con il metododella sostituzione. Eccomi lì, gambe inspaccata, poi una mano sostenuta dal bracciosostituisce uno dei piedi, faccio un paio di passisulla parete opposta, rispacco e così via.Eccomi qui. Ho raggiunto rapidamentel’avanguardia. Si fa una sosta, attendiamo tutti.Sono già le due e mezzo del pomeriggio.

Mi spiegano che da ora in poi ci aspettala traversata, di una decina di ore visto che siamoparecchi, ovvero si comincia a scendere sul serio.Sarà dopo una mezzora che si riparte, ma forseè passato più tempo?

A questo punto le calate sisusseguono alle pause di attesa in altrettante

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sale e pozzi in cui il tempo e lo spazio sonoconcetti che non si misurano nell’infinitasemioscurità. I racconti di Andrea, l’istruttoreche ormai seguo da non so quante ore, mirapiscono durante tutto il tempo in cui siaspettano le corde dall’alto per poter armarei tratti successivi. Faccio molte domande,sono argomenti nuovi e affascinanti, e ricevoesaurienti risposte.

Arriviamo al mitico Pozzacchione incui scendiamo per ben cinquanta metri,dove, dopo circa venticinque metri, perevitare che la corda si logori sfregando sullaroccia, si fa un frazionamento. Lo stessosarebbe molto utile anche in caso di risalita,ma noi non rifaremo lo stesso percorso alritorno, ci prepariamo dunque a disarmare.

Per gli alpinisti, il frazionamento èassimilabile ad una sosta fra due doppie,dove, però, la calata, che in grotta si fa conil discensore speleo, usa una sola corda dicui un capo è legato con un otto ripassatonegli anelli della sosta. L’ultimo scende sullacorda passata direttamente sugli anelli;scende sempre su corda singola, ma uncompagno alla base blocca il tratto di cordalibera con gli autobloccanti. In alternativa,l’ultimo può scendere con un discensorealpinistico per le corde doppie.

Calarsi è estremamente divertente.Penso possa essere un’esperienzapiacevole anche per chi ha paura del vuoto,e teme le doppie. Di fatto ci si cala frachiaroscuri di luce e coni d’ombra che fannoperdere la sensibilità dell’altezza. Bisognacomunque conoscere le norme di sicurezzaper fermarsi in caso di necessità, bloccandola corde tramite la chiave, ovvero una seriedi mirati avvogimenti attorno al discensorespeleo che sono l’unica garanzia di fermatae bloccaggio. Considerato che non esistenulla di paragonabile al nostro Machard, se,mentre scendi, molli la corda che staifrenando con la mano, allora sì, che provil’ebbrezza della caduta libera.

Degne di nota sono la calataappoggiata sullo scivolo di cinquanta metriche si trova a seguire, dove l’acqua continuaa lavorare creando un canale di calcarechiaro su cui sarebbe bello sedersi esguciare a velocità vertiginosa, e la calatainfinita completamente nel vuoto che portain un’enorme sala con un laghetto, chequalcuno premurosamente, complice lasemioscurità, addiziona dei propri sali minerali,e dove facciamo l’ennesima pausa.Rienergizziamo la nostra lampada sostituendola ormai esaurita polvere di carburo con i sassiche abbiamo trasportato in contenitoriimpermeabili nello zaino. Non so perchèancora chiedo l’ora, ma sono già, o solamente,le otto di sera.

Un’ultima brevissima calataattraverso un pozzo, ci apre l’accesso allepasserelle delle grotte turistiche. Raggiungola passerella con un traverso sulla cengiascivolosa sotto cui continua il pozzo, e qui,si accendono le luci sulla sala, il miracolodei sensori di prossimità. Bianchissimesfavillanti stalagmiti, stalattiti, colonne, e poipareti con sporgenze di forme tra le più varie,vediamo anche la statua della libertà, una

civetta, una tigre, guarda, il prato innevatodel presepe con i pastori e le caprette.Continuo con Filippo e Sergio a camminaresulla passerella del giro turistico, si apronoaltre sale luminose e, ogni volta chepassiamo davanti ad un sensore, si accendeuna luce che illumina un’area meravigliosadi cui, nella penombra, non immaginavamol’esistenza. Camminiamo in discesa perbuoni venti minuti, negli occhi lo stupore deibambini, poi, decisamente di corsa torniamoindietro, il rumore del metallo delle passerellesotto i colpi delle nostre scarpe. Sandroprende in carico l’avanguardia del gruppo eci dirigiamo verso sinistra seguendo semprele passerelle. Sergio è avanti, e ci ritroviamoa correre nuovamente in salita fino alcancello di ingresso della grotta turistica,ovvero l’uscita. Sprangato.

Ho un fiatone pazzesco, prendorespiro mentre alla chetichella arrivano glialtri e Sandro ci spiega che ora, per uscire,dovremo risalire la corda che loro hannopreventivamente armato dall’alto al mattino,lungo una parete di circa trenta metri, usandola maniglia con il pedale ed il croll. Di frontealla parete, questa volta estremamentebagnata e contro tutti i miei principi, rinuncioad arrampicare, malgrado sembri un 5c almassimo.

Sono la prima a seguire Sandro, fraun francesismo e un altro, perchè all’inizio,non essendo la corda tesa, nemmeno ilnostro noto sistema di machard coi cordiniper risalire la corda sarebbe efficiente. Seiin piedi, la maniglia sale solo se pieghi lagamba sul pedale. Avendo la parete difronte, il ginocchio non ha scampo e vienein collisione con la parete, fino a che nonentra in azione il croll in vita che ti permettedi rimanere appeso come ad una sosta e diusare l’altra gamba per mantenere una sanadistanza per piegare il ginocchio. Insomma,qualcuno infine, tira la corda dal basso e lamanovra è decisamente facilitata.

Salgo in cima come un vermicellofra piegamenti e distensioni e raggiungo uncorridoio stretto e inclinato, noto comeSerpente perchè sono varie le contorsionida farsi, sempre spingendosi lo zaino avanti,per raggiungere uno stretto buco da cui siesce. Mi muovo serpeggiandosinuosamente, dimenticando che c’è acquache cola copiosa dalle pareti cheirrimediabilmente mi tangono da presso,bagnando la mia tuta. Sento aria che misoffia sul viso, ma spesso si ha questapercezione in grotta. Arrivo ad un bucostretto, che mi impedisce la vista oltre, lanciolo zaino in avanti, mi abbasso e striscioattraverso il vero Serpente, è il buco di uscita,la mia testa è ora fuori.

Rimango lì sdraiata non so quanto,con le mani sotto il mento, mezzo corpofuori, mezzo corpo ancora nella grotta, quasimi dispiace lasciare l’antro del Corchia. L’ariainsolitamente tiepida di questa nottenovembrina mi avvolge. E’ mezzanotte, èbuio, ma nessuno sembra esserepreoccupato.

Marina Todisco

A marzo abbiamo sciato sulle pistedi Coppa del Mondo in Austria. Illustrobrevemente l’idea che il Consiglio del gruppoSci Cai, su proposta di Andrea Frilli, avevaapprovato nella programmazione del 2009:«Attraverso il Tirolo», gita di quattro giorni sullaneve in quattro diversi comprensori austriaci,in pullman. Questo era il programma iniziale:nel mese di gennaio, un venerdì partenza daFirenze e pomeriggio sul ghiacciaio delloStubai; sabato giornata nel comprensorio diSaalbach – Hinterglemm; domenica giornatadi sci nella ski-area di Zell Am See; lunedìcomprensorio di Kitzbuhel e ritorno a casa.Che ve ne pare ?

Erano anni che avevamo questavoglia di organizzare un’attività all’estero, persperimentare le nevi di Oltralpe. In particolareci interessava il comprensorio di Kitzbuhel coni suoi 150 km di piste e specialmente lafamosa discesa di Coppa del Mondo: la Streif.Una perplessità era legata alla quota di questezone, infatti, la città di Kitzbuhel si trova a 800metri e quindi la parte bassa delle piste è, perforza di cose, soggetta alla temperatura; eccoperché volevamo andare in pieno inverno, mal’Austria è diversa, le precipitazioni nevosesono di solito più abbondanti che nel versantemeridionale delle Alpi.

L’anno scorso avevamo provato conSamnaun in Svizzera – vicino al Silvretta –ma era troppo caro! Abbiamo così ripiegato(per modo di dire) su uno ski-tour delleDolomiti dal 7 al 10 marzo 2008, gita apertaanche agli appassionati di sci da fondo, conpullman a disposizione per raggiungere lezone sciistiche dei comprensori di Falcade -San Pellegrino, Alleghe - Civetta, Arabba -Marmolada. Posti bellissimi, e ci è servitoinoltre come «banco di prova» organizzativo.In ottobre partiamo con la programmazione,sperando che sia la volta buona, e la stagioneci riempie di fiducia perché nevica tanto (inItalia tantissimo … in Austria un po’ meno equesto è il colmo). All’inizio, e mi ripeto, erastato deciso di fare il Tour nel mese di gennaio,ma non è stato possibile per la concomitanza

Attraverso il T irolo

di Sergio Cecchi(Vice Presidente Gruppo Sci Cai)

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e il nostro autista Antonio arriva al Gignoroper iniziare a prenderci a bordo … vediamol’alba dalla pianura padana, ci sono da fare lesoste obbligatorie e prima di mezzogiornosiamo alla biglietteria del ghiacciaio delloStubai; iniziamo a sciare e il gruppo si divide,la neve è molto bella, temperatura sottozeroe sole alto. In 4 ore giriamo quasi tutto ilcomprensorio, poi ci ritroviamo al pullman,soddisfatti della bella giornata. Ma non è finita,ci aspetta un viaggio di 180 km attraverso laZiller-Tal, addirittura il pagamento di unpedaggio … scende la notte sul Gerlos Pass,questa è una gita turistica fuori programmanel riverbero blu del tramonto tirolese.Finalmente Kaprun, dove si cena tutti vestitiprima di andare in camera con i bagagli e ladoccia è rimandata a dopo.

Il secondo giorno inizia col maltempo,a Kaprun è pioggia, partiamo per Saalbach— mezz’ora di pullman — dove è bufera dineve e vento. Cominciamo subito dalla pistan° 1 che scende dallo Schattberg, la «nera»dove si svolge la discesa libera di Coppa: unameraviglia ! Si è formato un gruppetto di

«irriducibili», ci spostiamo verso Hinterglemmperchè vogliamo girare tutta l’area; anche glialtri gruppi, contemporaneamente, si spostanoda un versante all’altro. Le discese sono moltobelle, anche se facili, purtroppo la neve è buonasolo da metà pista in su, addirittura in bassopiove. Siccome nevica sempre, oggi facciamoun’eccezione e ci fermiamo a uno chalet perpranzo. Prima di andare al pullman, propriomentre gli impianti chiudono, andiamo a fareun’ultima volta la pista n° 1 dalla cima. Oggi cispetta di diritto la doccia calda prima di cena, ilmenù è tutto tirolese; dopo cena andiamo inpaese, in birreria.

Il 16 la giornata inizia bene, il cielosembra che si stia rasserenando, in un’orasiamo arrivati a Kitzbuhel dove non c’è unparcheggio per gli autobus e bisognaarrangiarsi. Con le leggendarie cabine,saliamo tutti all’Hahnenkamm; i principiantivengono lasciati sulle piste azzurre delPengelstein e poi ci buttiamo sulle piste nere.Il tempo regge, ma c’è una sorpresa: il«muro» iniziale della discesa di Coppa delMondo non è una pista battuta, ma unripidissimo fuori-pista che per noi, ovviamente,è un invito a nozze ! comunque anche le

con l’inizio del nostro corso; e poi, una voltadeciso di spostare la data in marzo, l’idea eradi trovare tre alberghi diversi per spostarsi neiquattro comprensori, ma si è rivelatairrealizzabile per motivi strettamente logistici:nessuno degli hotels interpellati era disponibilea ospitare trenta o quaranta persone per unanotte sola in periodo di settimane bianche.Infine, non è stato possibile partire di venerdì,sempre per motivi legati all’inizio dellesettimane bianche. La decisione finale è statadi stabilirsi come base a Kaprun e da lì, conspostamenti di circa un’ora di viaggio, recarsinei diversi comprensori; e poi diciamo la verità,anche meno faticosa per i partecipanti … senzala necessità di fare i bagagli tutti i giorni.Soltanto il primo giorno ci sarebbe stato unlungo trasferimento oltre il viaggio della mattina,due ore supplementari di viaggio dallo Stubai.L’albergo a Kaprun, un normale «tre stelle» checi aveva chiesto un prezzo piuttostoeconomico, in fondo si è rivelato di ottimaqualità, compreso il «centro benessere» al pi-ano seminterrato con la sauna.

L’ultimo mese, dopo la fase finale delcorso di sci e prima di partire, è stato moltoimpegnativo: le iscrizioni aumentavano, mal’albergo era già al completo e bisognavatrovare altre camere, dopo una serie ditelefonate in inglese e di e-mail (pure ininglese, perché nessuno di noi sapeva unaparola di tedesco) alcuni soci sono statiospitati in una struttura privata adiacente alnostro albergo. Viene finalmente il momentodi partire, perché questo è il bello della nostraattività: si lavora per organizzare, ma alla finesi va in montagna insieme ! L’ho fatta un po’lunga, ma è importante raccontare un minimoquello che c’è «dietro le quinte». Il gruppo eranutrito, come dicevo, anche più di quantiavevamo previsto: giovani e meno giovani,compagni di vecchia data e persone chevenivano con noi per la prima volta, sciatoriprovetti, freschi reduci dal corso di sci fuoripista e sciatori appena usciti dallo«spazzaneve». Non solo, anche qualche «nonsciatore», ragazzi venuti per fare fondo eciaspole. È sabato 14 marzo, è ancora notte

numero 17, 23 e 38 hanno una bellapendenza, sono ampie, stupende. Cispostiamo per andare a prendere la famosa«tri-fune» che scavalca una vallata aun’altezza di centinaia di metri; due piste di làa Wurzhohe … poi rientriamo e siamo ungruppone di venti fiorentini «casinisti» infunivia. Per ultimo, arriviamo in paese con lapista n° 20, che però da mille metri in giù èuna vera pappa.

Perché le cabine rossedell’Hahnenkamm sono speciali? ognuna èdedicata a un atleta che ha vinto qui, compresiGhedina e Tomba. L’area sciabile di Kitzbuhelè talmente grande che, quando siamo almassimo della distanza dalla partenza,continuiamo a vedere all’orizzonte altriimpianti e altre piste, sempre facenti parte delcomprensorio. Alle 5 Daniela ci saluta tuttiperché deve tornare a Firenze col treno, unviaggio avventuroso che durerà quasi tutta lanotte; passiamo a prendere l’ultimo gruppettodi 4 che è sceso con le piste a Jochberg, indirezione del Passo Thurm. A Kaprun, dopocena, c’è voglia di andare fuori e ci facciamo

trascinare nella piccola discoteca del paese.

Martedì è l’ultimo giorno e facciamoi bagagli prima di colazione, il tempo è buono.L’area sciistica di Kaprun è a pochi km. e sisale con la cabinovia verso il ghiacciaio delKitzstein, su è bellissimo ! Ci facciamo le fotoe la prima pista tutti insieme in fila, poi cisepariamo: dei fuori-pista belli con nevefarinosa … è del mio gruppetto che storaccontando, tutti gli altri sono «nelle» piste.Mentre il cielo si rannuvola, altri itinerari in nevefresca, anche un azzardo su una cresta, peròè bello. Prima della fine, saliamo fino al rifugioa quota tremila; da qui una discesa tutta dineve fresca fino a valle; anzi no, perché perarrivare veramente al parcheggio si devonoprendere le cabine in discesa. Alle 3 il pullmanriparte, la strada è lunga, è stato deciso dipassare da Villach. Passando da Flachau, civiene un’idea per l’anno prossimo e si fannoprogetti. Si rientra in Italia e si cena alle 7 ½ inprovincia di Pordenone. Il viaggio è piùscorrevole dopo la sosta e si arriva a Firenzeverso mezzanotte, ma alle mie spalle sentodei commenti: è stato molto bello.

E mercoledì mattina … sveglia alla solita ora !

Nelle foto:Panorami da Kitzbuhel(foto M. Falorni)

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