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ANotiziarioINCAonlineN.1 / 2017

ATTI CONVEGNO FILT E INCA

La sicurezza non è una ruota di scortaINFORTUNI, MALATTIE PROFESSIONALI E LAVORI USURANTIPREVENZIONE E TUTELE NEL TRASPORTO DI MERCI E PERSONE

Notiziario

direttore responsabileLisa Bartoli

redazioneMicaela Aureli

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CHIUSO IN REDAZIONEGENNAIO 2017

N1/2017 Notiziario INCA onlinePeriodico | Inca CgilLa rivista telematica è registrata pressoil Tribunale Civile di Roma - Sezione per la stampa e l'informazione - al n. 176/2012 in data 11/6/2012

❚ ATTI CONVEGNO FILT E INCA

La sicurezza non è una ruota di scortaINFORTUNI, MALATTIE PROFESSIONALI E LAVORI USURANTIPREVENZIONE E TUTELE NEL TRASPORTO DI MERCI E PERSONERoma 8 novembre 2016

❚ Relazione introduttiva 5

Alessandro Rocchi

❚ Presentazione 13

Silvino Candeloro

❚ FOCUS SU Rischi per la salute tra gli addetti al trasporto delle merciLe malattie professionali nel settore dei trasporti su strada 19

Marco BottazziNadia Fanelli

❚ Interventi Fabio Pontrandolfi 27

Ester Rotoli 31

Umberto Del Basso De Caro 43

Cesare Damiano 47

Fabrizio Solari 51

Alfonso Cristaudo 55

Francesco Rampi 59

Giulia Guida 63

Morena Piccinini 67

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Sommario

* Segretario generale Filt Cgil

Quando, all’inizio dello scorso me-se di giugno, iniziammo a proget-tare il convegno odierno, non im-

maginavamo che si sarebbe rivelato di cosìstringente attualità. È infatti, proprio di queste ore il dibattitoparlamentare avviato da qualche giorno sulDisegno di Legge di Bilancio 2017, in par-ticolare per quanto riguarda gli interventilegislativi proposti in materia pensionistica,perché, come è del tutto evidente, il «fattoreetà» ha molto a che vedere con ciò di cui di-scuteremo oggi e il tema quindi, sarà affron-tato successivamente senza però voler stra-volgere quanto è all’ordine del giorno. La crisi economica determina tuttora pesan-ti effetti sul lavoro, anche sul lavoro nei tra-sporti. Il contesto sociale nel quale il lavoro viene acollocarsi è ancora molto difficile.Seppure con un andamento che nel corso diquesti anni ha registrato fasi più o menoacute, anche nei trasporti, a partire ormai dal2009, viviamo una crisi occupazionale, ac-compagnata, con andamento progressiva-mente crescente, da un generalizzato peg-

gioramento delle condizioni in cui il lavorosi svolge. In alcuni, in molti, dei nostri settori, un peg-gioramento assai evidente.È questo contesto economico-sociale cosìdifficile che ci ha fatto pensare a questa gior-nata di dibattito.Siamo infatti convinti che un siffatto con-testo di riferimento deve, sottolineo deve,indurre istituzioni, imprese, rappresentan-za del lavoro, a uno sforzo maggiore, quan-to più possibile convergente e condiviso, peraffrontare efficacemente temi quali le con-dizioni di lavoro, la prevenzione dai rischilavorativi, la qualità del lavoro svolto inun’ottica che guardi anche alla qualità del-le attività che quel lavoro svolge e dalle qua-li è determinata la qualità del servizio reso.Se questo sforzo maggiore non si sviluppa, sequesti temi non riacquistano una loro cen-tralità nell’iniziativa istituzionale, nel rap-porto delle istituzioni con le rappresentanzedel lavoro e dell’impresa, nonché nella con-trattazione collettiva, sia nazionale che di se-condo livello, la traiettoria è già tracciata, èquella degli ultimi anni: competizione secca

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Relazione introduttiva ❚ di Alessandro Rocchi*

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sui costi, quindi, in particolare, sul costo dellavoro, sulle condizioni di lavoro, sulla sicu-rezza nel lavoro.Il quadro normativo di riferimento in mate-ria di salute e sicurezza del lavoro nei trasportia oggi ci consegna: • rispetto alle norme generali europee sul

lavoro, numerose sono le «deroghe», an-ch’esse di provenienza sovranazionale, dicarattere settoriale e, nei trasporti, tra isuoi diversi settori.

A solo titolo di esempio e rimanendo nel so-lo ambito dell’autotrasporto, orari di lavorosettimanali di 48 ore di media, con possibili-tà di arrivare a 60 ore; per le attività disconti-nue orari contrattuali di 47 ore settimanali;orari di fatto assai difficilmente quantificabi-li, ma certamente più lunghi, e altrettantocertamente più faticosi e più stressanti di unpassato ancora relativamente recente.Fenomeno, quello degli orari di fatto, che sipresenta evidente per il personale mobile,ma che ormai, sempre più diffusamente, nonriguarda più soltanto il personale mobile.Né esclude più i settori dei trasporti consi-derati storicamente maggiormente «protet-ti» perché fino a un po’ di tempo fa non sot-toposti a dinamiche competitive di mercato,ovvero, o in aggiunta, destinatari di risorsepubbliche, da ormai diversi anni costante-mente decrescenti;• rispetto al Testo Unico per la sicurezza,

permane l’attuazione parziale nei settoriportuale, marittimo e ferroviario.

Siamo tuttora, infatti, in assenza di una leg-ge delega che consenta anche alle normativespecifiche sulla sicurezza di questi tre settoridi coordinarsi completamente con le norme

generali europee e nazionali per la sicurezzanel lavoro.Tale carenza determina, tra l’altro, una par-ticolarità nella particolarità per i lavoratorimobili, i quali, complessivamente intesi, ri-schiano di avere un livello minore di tutelenormative semplicemente perché svolgono laloro attività in un luogo di lavoro «non tra-dizionale», in quanto, appunto, mobile.Almeno per il passato meno recente, rico-nosciamo al ministero del Lavoro il tentati-vo di dare una soluzione positiva al proble-ma. Oggi, però, il prolungato congelamen-to dell’attività della Commissione Consul-tiva Nazionale, a otto anni dall’entrata invigore del Testo Unico, a suo tempo istitui-ta presso quel ministero, non consente unulteriore rinvio perché sarebbe davvero inac-cettabile.Pur avendo un carattere interministeriale,riteniamo che l’iniziativa per risolvere la que-stione debba essere assunta adesso dal mini-stero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di-castero che in tempi recenti ha dimostratouna positiva propensione nell’orientare ini-ziative e interventi di riassetto produttivo, in-dustriale e infrastrutturale in una finalmen-te rinnovata logica di programmazionepubblica e, in questo ambito, di politica deitrasporti;• nei settori diversi da portuale, marittimo e

ferroviario, va altresì definitivamente supe-rata l’eredità che, in qualche forma, tuttorasopravvive malgrado l’entrata in vigore delTesto Unico, relativamente all’obbligo incapo alle aziende di valutare «tutti i rischilavorativi» in ragione del posto di lavoro,quindi anche il mezzo di trasporto, tenen-

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do anche conto del «contesto organizzati-vo di riferimento»;

• ancora per il lavoro mobile, appaiono scar-samente efficaci i controlli ispettivi istitu-zionali operati durante l’effettivo eserciziodei mezzi (eccedenza del carico, supera-mento dei limiti di velocità, manomissio-ne dei tachigrafi digitali ecc.), come spes-so segnalano ai nostri delegati, ad esempio,gli stessi agenti della Polizia Stradale inconseguenza di non sufficienti risorse di-sponibili per l’operatività delle pattuglie.

Tutto ciò, nell’ambito di un atteggiamentogenerale, che ci pare a diffusione crescente, daparte di istituzioni, organi di informazione e,conseguentemente, opinione pubblica, cherivolge al tema della sicurezza nei trasportiuna grande attenzione in occasione di even-ti disastrosi, ma sottovaluta l’imprescindibi-le nesso che connette la sicurezza e la salutedel lavoratore dei trasporti con la sicurezzadelle persone trasportate e degli altri sogget-ti coinvolti nel «sistema trasporto» inteso nelsuo insieme. Non a caso, giova in quest’occasione ricor-darlo, una campagna di iniziative e infor-mazione dedicata qualche anno fa dall’Etf al-l’autotrasporto era intitolata «La faticauccide» e quel titolo, nella sua dura perento-rietà, non distingueva la vita del conducen-te dalla vita del trasportato o degli altri uten-ti della strada…I trasporti registrano in Italia, secondo i da-ti Inail, circa 27.000 infortuni accertati e130 morti ogni anno. Di questi ultimi, oltre100 sono avvenuti in occasione di lavoro e il70 per cento interessano l’autotrasporto e lalogistica delle merci, cioè quelli che tra i set-

tori dei trasporti sono maggiormente espostia fenomeni competitivi sempre più spinti, sianel mercato delle imprese che all’internostesso del mercato del lavoro.Fenomeni competitivi che si sviluppano inmodo pericolosamente distorto, sempre piùdistorto; che ci parlano di competizione eu-ropea e mondiale; che vedono sulla scena la-voratori provenienti da sempre più dispara-ti luoghi del mondo: in Europa e, quindi,anche in Italia, camionisti da Est, ormaisempre più spesso anche al di fuori del-l’Unione Europea, mentre si è andato dif-fondendo rapidamente il reclutamento daAfrica, Sud America, Medio e EstremoOriente di lavoratori impiegati nella movi-mentazione delle merci.Sia nell’autotrasporto che nella logistica del-le merci, queste differenze nell’origine dei la-voratori si annullano quando si analizzano lecaratteristiche fondamentali del loro lavoro:poche regole, tanto lavoro, poco salario; rap-porti di lavoro dei più svariati, dove perfino ilvoucher è spesso sopravanzato dal lavoro ir-regolare inteso nel senso proprio del terminee che, in molti casi, è corretto definire vero eproprio lavoro nero; forme cooperative finte,talmente finte che, specialmente nella logisti-ca, molti lavoratori ignorano addirittura di es-serne soci. E proprio la logistica delle merci, non a caso,mantiene gli indici di gravità e di frequenzadegli infortuni elaborati dall’Inail (quindi,per essere chiari, limitati sostanzialmente aisoli infortuni regolarmente dichiarati…) suvalori tuttora molto elevati per l’insieme deitrasporti, che non hanno un andamento de-crescente nemmeno in ragione del calo oc-

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cupazionale stimabile per l’insieme del setto-re, proprio perché nella logistica il calo è sti-mato meno che proporzionale rispetto alla ri-duzione occupazionale stimabile.Sì, purtroppo, stime…Perché, anche incrociando diverse fonti didati, incerto è il numero degli occupati nel-la logistica delle merci e incerto è il numerodegli incidenti sul lavoro che effettivamen-te accadono nelle attività di movimentazio-ne delle merci e, conseguentemente, i rela-tivi dati.All’analisi e al commento dell’andamentodell’infortunistica sul lavoro, il convegno dioggi affianca il tema delle malattie profes-sionali.Da tempo sosteniamo che il fenomeno del-le malattie professionali è notevolmente sot-tostimato anche in ambito trasportistico.Molte malattie professionali sono il risultatodi una costante usura da lavoro, determina-ta soprattutto dalla fatica e dallo stress.A differenza dei fenomeni infortunistici,per i quali la freddezza e l’oggettività dei nu-meri, pur nelle incertezze cui si è appena fat-to cenno, consentono analisi abbastanzaprecise dei loro andamenti e del ricorso del-le diverse dinamiche e causali, i fenomenidelle malattie provocate dal lavoro sono più«subdoli». La malattia professionale si insedia, si mani-festa e si aggrava lentamente, spesso si con-fonde con forme di malattia «comune». Il suo riconoscimento richiede di solito unlungo tempo anni, perché necessita di unsupporto scientifico che la individui chiara-mente come di origine lavorativa. Spesso ac-cade, però, nel tempo intercorrente tra la

denuncia del lavoratore e il normale iter de-gli accertamenti scientifici, che mutino radi-calmente il contesto lavorativo, le modalitàoperative della produzione, i materiali e le so-stanze impiegate, le mansioni stesse effetti-vamente svolte dal lavoratore. Il trascorreredel tempo rende perciò difficile provare aposteriori l’origine professionale della ma-lattia denunciata e questa difficoltà è ancoramaggiore in anni come questi, di impetuosainnovazione tecnologica.Certo, d’altro canto, gli stessi progressi tec-nologici, anche nella progettazione e nella co-struzione dei mezzi di trasporto, possono in-fluire positivamente, riducendo l’esposizionead alcuni dei rischi lavorativi, ma, all’oppo-sto, malgrado ciò o, addirittura, per effettodei progressi tecnologici stessi, tendenzial-mente si incrementano i ritmi di lavoro, ipossibili fattori di stress e si determinanocondizioni di diversa distribuzione dei cari-chi di lavoro su una platea di occupati pro-gressivamente in riduzione.L’evoluzione dell’insieme di questi fenome-ni e la loro interrelazione hanno indotto nelcorso degli ultimi anni la Filt-Cgil, di solitoin stretta collaborazione con il Patronato In-ca e, spesso, anche in rapporto con l’Inail, aintraprendere diverse iniziative di studio e diricerca nei settori del trasporto su strada, siadi merci che di persone, le cui risultanze sa-ranno nel dettaglio illustrate subito dopoquesta relazione introduttiva.Risultanze che mettiamo a disposizione deldibattito del convegno odierno.Intanto, però, mi pare utile anticipare già inquesta relazione che i dati ci dicono che il fe-nomeno delle denunce di malattie profes-

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sionali nei trasporti è in crescita ed è destinatoa crescere ulteriormente, a fronte di un pre-occupante e decrescente riconoscimento del-le stesse da parte dell’Istituto assicuratore.La combinazione dei fattori cui si è fattocenno poco sopra (innovazione tecnologica,ritmi di lavoro, stress, ridistribuzione dei ca-richi) non può che determinare nel prossimofuturo un andamento in questa direzione.Emblematico è, in questo senso, l’esempiodei disturbi muscolo-scheletrici, determina-ti nell’autotrasporto da postura, vibrazioni,stress, fatica.Il tema è stato oggetto per i trasporti anchedi un’iniziativa di emersione da parte del go-verno e dell’Inail insieme alle parti sociali,ma, allo stato, vanno segnalate due evidentianomalie normative.Da un lato, infatti, si iniziano a intravederealcuni primi riconoscimenti normativi cheevidenziano il nesso causale di alcune malat-tie professionali di natura muscolo-schele-trica nell’autotrasporto merci. All’opposto,però, questo nesso si nega in sede di conten-zioso, spesso paradossalmente e anche daparte dell’Inail, per patologie analoghe de-nunciate da lavoratori del trasporto pubbli-co locale e, più in generale, dell’autotraspor-to di persone.Dall’altro lato, le norme pensionistiche in vi-gore dal 2012 hanno giustamente ricono-sciuto ai conducenti dell’autotrasporto dipersone la qualificazione di lavoro usurante,mentre, con le norme attualmente vigenti,l’età per i camionisti sarebbe destinata pro-gressivamente a crescere fino a 68 anni.Certo, adesso si tratta di capire quali saran-no i contenuti dei correttivi effettivamente

introdotti dalla Legge di Bilancio 2017 e itempi della loro attuazione, ma l’attuale pa-radosso appare evidente, come evidenti ri-sultano peraltro, con le norme attuali, gli ul-teriori rischi che può comportare per lasicurezza stradale la presenza di conducentiultrasessantacinquenni nell’autotrasportomerci.Al riguardo, ritornando al tema della Leggedi Bilancio in via di conversione, appareinoltre anche utile ricordare che il tema del-l’età di pensionamento è «sensibile» per mol-te attività lavorative che si svolgono nei tra-sporti, soprattutto per quanto riguarda illavoro mobile – nell’ambito del quale, vasottolineato a titolo di esempio, non può anostro parere persistere l’assenza di corretti-vi per il personale marittimo navigante – , maanche alcune delle attività lavorative nonmobili dei trasporti che presentano evidentianalogie con altre, come, ancora a solo tito-lo di esempio, quelle degli operatori su gru inambito portuale.Per chiudere rapidamente questa parentesi, èinfine utile ricordare che, nei trasporti, l’etàdi pensionamento incrocia anche l’idoneitàfisica alle mansioni, per la quale per molte fi-gure professionali operanti nei trasporti sonoprescritti requisiti particolari connessi con lasicurezza della circolazione e/o del ciclo pro-duttivo. Tali requisiti possono venire menocon l’avanzare dell’età e la conseguente ini-doneità fisica può pregiudicare la stessa pro-secuzione del rapporto di lavoro, con un evi-dente e iniquo paradosso: ci si usura lavoran-do, per usura e per età possono venire a man-care i requisiti fisici, ma quell’usura e quell’etànon danno al lavoratore titolo né a una qual-

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che agevolazione nel pensionamento, né al ri-conoscimento della malattia professionale…Il tema delle malattie professionali evidenziainoltre una problematica specifica che, perstare agli argomenti di questo convegno, ri-guarda il trasporto pubblico locale, ma in re-altà riguarda tutte quelle attività lavorativeche, nei trasporti, sono interessate alla sor-veglianza sanitaria periodica.Si tratta, sostanzialmente, del fatto che men-tre, da un lato, si è attuata la parte di sorve-glianza periodica destinata alla riduzione delrischio che talune patologie possono deter-minare nella qualità di conduzione del mez-zo, quindi nei confronti delle persone tra-sportate e degli utenti della strada, risultaancora troppo spesso trascurata la parte disorveglianza periodica che la legge prevedeper la medicina del lavoro. In pratica, cioè, nella gran parte delle azien-de del settore risultano assai rari, troppo rari,i casi in cui, in conseguenza di valutazioni deirischi che ne «scaricano» la respon sabilità sufattori esterni, la sorveglianza sanitaria di me-dicina del lavoro non interviene per la pre-venzione a tutto campo dei danni alla salutedegli addetti alla guida. In questo senso, tipico ed esemplare è il caso,soprattutto in alcune città, del manto strada-le particolarmente disconnesso: non è certouna responsabilità dell’azienda di trasporto sele strade sono in quello stato, e le strade inquello stato provocano certamente l’abbassa-mento della qualità del lavoro dei conducen-ti e della qualità del servizio per i viaggiatori;ma in che misura quello stato della pavi-mentazione stradale è valutato come fattore dirischio, visto che l’onere per contenere i dan-

ni alla salute dei propri lavoratori è in ogni ca-so a carico del datore di lavoro? Come pure di particolare rilievo, con i datiche registrano un andamento preoccupante,risulta essere in diversi settori dei trasporti, inparticolare, per stare ai temi del nostro con-vegno di oggi, nel trasporto pubblico locale,il fenomeno delle aggressioni al personale diverifica dei titoli di viaggio e addirittura alpersonale di guida. Fenomeno che, però,non viene praticamente considerato in sededi valutazione dei rischi, soprattutto perquanto riguarda il possibile innalzamentodel livello di stress a carico del lavoratore, siain presenza di episodi specifici che, in ma-niera continuativa, nello svolgimento «ordi-nario» della propria mansione.Questi i temi proposti, con l’obiettivo di ria-prire un dialogo, che, a partire da oggi, as-suma anche un carattere di continuità e si svi-luppi con:• le Commissioni parlamentari competenti

sul lavoro, che hanno da svolgere nelleprossime settimane un intenso lavoro sulD.d.l. Bilancio 2017, ma alle quali chie-diamo, in particolare, anche un contribu-to per dare integrale applicazione del D.lgs.n. 81/2008 ai settori portuale, marittimoe ferroviario;

• il governo, oggi qui rappresentato dal mi-nistero delle Infrastrutture e dei Trasporti,al quale chiediamo, intanto, che congiun-tamente al ministero del Lavoro, promuo-va l’iniziativa per il superamento dell’at-tuale regime di deroga per i tre settoriappena citati. E poi, che, congiuntamenteagli altri dicasteri competenti, riapra il con-fronto anche con le parti sociali in tema di

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sicurezza stradale e del lavoro, attraverso ilpotenziamento dei controlli su strada e unmigliore coordinamento delle norme cheintervengono sulla sicurezza della circola-zione stradale, a volte non applicate anchenei cantieri stradali;

• l’Inail, al quale chiediamo la disponibilitàdi analizzare insieme alle parti sociali, an-che in sedi di confronto specifiche, i più ge-nerali fattori di rischio presenti nelle atti-vità di trasporto, avendo ben presente che,in ogni caso, per i lavoratori del settore nonchiediamo di fornire solo tutele risarcitoriema, prima di tutto, prevenzione;

• le associazioni di rappresentanza datorialenei trasporti, comprese quelle dell’artigia-

nato, con le quali riteniamo utile costruirei possibili punti di convergenza nelle sediistituzionali testé proposte e, soprattutto,anche a livello aziendale e a partire dalle im-prese grandi, attivare confronti che offranoal settore buone prassi e atti di indirizzo suitemi oggetto di questo nostro convegno;

• le comunità e le associazioni scientificheper il supporto che vorranno offrire alle te-si che anche oggi sono rappresentate, con-siderando i loro contributi essenziali al ri-conoscimento più generale, ma sostanziale,dei problemi di salute e sicurezza anche diquesto particolare mondo del lavoro.

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* Collegio di presidenza Inca Cgil

Abbiamo scelto di occuparci della sa-lute e della sicurezza nel trasporto dimerci e persone perché, ancor prima

di avviare l’indagine su un campione signifi-cativo di 600 questionari raccolti tra i lavo-ratori del settore, ci siamo resi conto di quan-to fosse bassa la percezione dei rischi allasalute tra gli stessi addetti, nonostante l’au-mento degli eventi infortunistici e la consi-stente sottostima delle denunce di malattieprofessionali. Fenomeni che rispecchianospesso condizioni di lavoro insalubri sullequali occorre avviare una riflessione seria, in-sieme alle categorie sindacali, per mettere incampo tutte le misure necessarie per svilup-pare la prevenzione e la tutela previdenziale esocio-assistenziale dei lavoratori. Il progettoper l’individuazione e l’emersione delle ma-lattie professionali nel settore del trasportomerci e persone nasce nel 2015 con la colla-borazione tra Inca e Filt traendo spunto dalDecreto del ministero del Lavoro del 10 giu-gno 2014. Tale Decreto ha previsto l’inseri-mento dell’ernia discale fra le malattie per lequali è obbligatoria la denuncia ai sensi del-l’art. 139 del T.U. 1124/65.

Anche in questo settore, si sta affermando, difatto, una contrapposizione tra il diritto al la-voro e il diritto alla salute. Noi, come patro-nato, vogliamo uscire da questo schema af-finché le due sfere del diritto siano messe inuna relazione positiva. Da questo punto divista, la sorveglianza sanitaria è uno stru-mento fondamentale perché aiuta a preveni-re i danni alla salute imprimendo uno scat-to in avanti verso l’affermazione di una nuovacultura della sicurezza e un aumento dellaconsapevolezza dei rischi da parte di chi ope-ra quotidianamente sui mezzi pesanti. Ciò implica una responsabilità penale o ci-vilistica, nei casi di incidenti o di malattieprofessionali, ma anche una responsabilitàsociale. Se un trasportatore si ammala a cau-sa del lavoro e non può più svolgere quellamansione, le conseguenze non ricadono sol-tanto sulla persona, ma anche sulla sua fa-miglia e, più in generale, anche sulla collet-tività, che, attraverso l’Inail, dovrà farsi caricodi sostenere le spese di assistenza per aiutar-lo a guarire e a riprendere il proprio percor-so di vita. Un diritto sacrosanto che richiamala responsabilità sociale.

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Presentazione❚ di Silvino Candeloro*

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Per il nostro patronato, indagare su questosettore ha significato mettere sotto osserva-zione le reali condizioni di lavoro che, conbuona probabilità, sono all’origine del feno-meno sia degli infortuni sia delle malattieprofessionali del settore, come in altri. Spes-so si tratta di condizioni inadeguate, sotto ilprofilo della prevenzione, per i mancati in-vestimenti da parte del datore di lavoro nelrinnovare il parco macchine, nel rispettare ilimiti orari di lavoro e di riposo, nell’opera-re al fine di ridurre i rischi di incidenti o l’in-sorgere di una patologia. Questo richiama l’esigenza di incoraggiareogni atto, ogni misura che possa aiutare arimuovere le cause per riaffermare che il di-ritto alla salute e il diritto al lavoro sonodue facce della stessa medaglia, impossibilida disgiungere. Occorre, quindi partire dalla conoscenza deirischi presenti all’interno dei luoghi di lavo-ro, elaborando un Documento di valuta-zione che rispecchi fedelmente le condizio-ni di lavoro, non omissivo, come spessoavviene. Solo in questo modo si potrannoavviare azioni di prevenzione reali, rispet-tando le prerogative di tutti all’interno diogni azienda. In questo nuovo percorso èimportantissimo valorizzare il ruolo dei rap-presentanti dei lavoratori alla sicurezza for-nendo loro la formazione necessaria e lapossibilità di esercitare il diritto a vigilare suciò che accade nei luoghi di lavoro, senza do-ver subire alcun ricatto. Ciò chiama in cau-sa anche il medico competente che deveesercitare le sue prerogative con la necessa-ria sorveglianza sanitaria, indicando anchequali sono gli elementi reali indispensabili

per elaborare il Documento di valutazionedei rischi, in ogni azienda, che rispecchi re-almente le condizioni di lavoro. Sappiamoche non è semplice, soprattutto in un setto-re dove è prevalente la presenza di piccole epiccolissime imprese, anche individuali.Troppo spesso le aziende, per paura di subi-re un aumento del premio assicurativo do-vuto all’Inail, inducono il lavoratore infor-tunato o tecnopatico a ritirare la denuncia.Nelle imprese individuali, quando il lavora-tore infortunato si identifica con l’impresastessa, l’omissione della denuncia è incorag-giata perché troppo alto il rischio di perde-re l’occasione di lavoro. È una prassi che noi non possiamo accetta-re. Per questo dobbiamo attivare ogni pic-cola misura che aiuti a far emergere gli in-fortuni e le malattie professionali in questosettore. Solo in questo modo riusciremo adaccrescere la nostra capacità di tutela indivi-duale e la rappresentanza degli interessi diogni lavoratore. La tutela collettiva delle persone e quella in-dividuale sono due facce della stessa medagliae devono stare insieme. Il nostro obiettivonon è semplicemente quello di portare a ca-sa un maggior numero di denunce di malat-tie professionali, ma quello di analizzare la si-tuazione per evitare che il lavoro continui aessere fonte di malattie o di infortuni. Perraggiungerlo è necessario lavorare sulla pre-venzione, ed è fondamentale in questo sen-so la collaborazione tra le parti anche nelrapporto con Inail.Ci sono tre aspetti, secondo me, che incido-no sulla salute delle persone. Il primo chiamain causa le condizioni di lavoro; poi sicura-

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mente l’età; infine anche il patrimonio per-sonale genetico. Tenendo insieme questi treaspetti, vogliamo offrire con questa iniziati-va pubblica una sede di dibattito coinvol-gendo tutti gli attori istituzionali per affron-tare i nodi da sciogliere e avviare un percorso

virtuoso perché si superi la inaccettabile con-trapposizione tra diritto alla salute e diritto allavoro che, soprattutto, con la precarietà e lacompressione dei diritti, si sta affermando inmodo molto pericoloso, compromettendola dignità di ogni singolo lavoratore.

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FOCUS SU

Rischi per la salute tra gli addetti al trasporto delle merci

Giacomo Manzù, Il nostro domani si chiama lavoro, 1977

* Responsabile della consulenza medico-legale Inca Cgil** Responsabile dell’ufficio salute e sicurezza Filt nazionale

Siamo partiti fondamentalmente dalfatto che, soprattutto per quanto ri-guarda il trasporto, in particolare

quello su strada di merci e persone, si regi-stra non soltanto una evidente sottostima,ma anche una percezione alterata di quelliche sono i rischi lavorativi. Una indaginerealizzata dall’istituto francese su salute e si-curezza dei francesi fa emergere che i datimostrano una concentrazione degli eventiinfortunistici legati ai mezzi di trasporto sustrada molto più alta rispetto a quella regi-strata nel nostro paese. I dati francesi ci di-cono, infatti, che solo un decimo degli in-fortuni, nel settore dei trasporti, avviene sustrada. La maggior parte degli eventi, in-fatti, avviene nelle operazioni di carico escarico delle merci, nella discesa e nella sa-lita dal mezzo, cioè quando i camion sonoin uno stato di «fermo».Nel settore trasporto merci su ruota si regi-stra il tasso infortunistico più alto e grave ri-spetto a quello che noi consideriamo comepunto di riferimento, cioè l’edilizia. Quindi,necessita di essere messo sotto osservazione.

Una buona parte degli infortuni non vienedenunciata all’Inail e, spesso, gli eventi fini-scono per essere considerati come malattiecomuni. Questa sottostima non riguarda sol-tanto gli incidenti, ma anche le malattie pro-fessionali. I dati Inail rilevano che le principali patolo-gie lavoro correlate si manifestano per lo piùcon disturbi a carico del segmento mano-braccio e a carico del rachide, della colonnavertebrale; dati che sono confermati anchedall’Organizzazione internazionale del lavo-ro. Alcuni altri problemi di salute sono lostress, la fatica, i disturbi muscolo-scheletri-ci, l’obesità. Negli altri paesi europei, lo stress,cui sono sottoposti i lavoratori di questo set-tore, è prevalente, ma non in Italia. Le rapi-ne o le aggressioni sono le principali fonti dipaura, che mettono a repentaglio la sicurez-za di chi guida i mezzi pesanti. Nel nostropaese, secondo la nostra indagine, questo ri-schio non è emerso. Tuttavia, dovremo faremolta attenzione perché la sua mancata rile-vazione potrebbe avere ragioni diverse, tra cuianche la paura di percepire lo stress non co-

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Le malattie professionali nel settore dei trasporti su strada

❚ di Marco Bottazzi* e Nadia Fanelli**

me fattore di rischio, ma come ostacolo allaprosecuzione del lavoro. Per quanto riguarda il nostro paese, i dati delministero sulle malattie professionali, diffusiin occasione di campagne di comunicazionesull’argomento, segnalano come le patologiemuscolo-scheletriche siano impor tanti e dun-que un problema serio; tant’è che sono au-mentate del 65 per cento. Nel 2008, anno incui sono state aggiornate le tabelle Inail, c’èstato un aumento delle denunce di queste pa-tologie, a cui però non è seguito un adegua-to livello di riconoscimenti delle prestazionida parte di Inail.Su quest’ultimo aspetto del problema oc-corre un ulteriore approfondimento che in-vesta la sfera della valutazione del rischio: sudov’è il rischio, chi lo calcola, come lo si cal-cola e, soprattutto, se la valutazione del ri-schio tiene conto non solo del rischio azien-dale, ma anche complessivamente di quellolegato alla mansione. Mi riferisco, per esem-pio, allo stato del manto stradale. Se si fa l’in-dagine solo sulla vibrazione emessa da unmezzo di trasporto, sicuramente si ha un ri-schio molto inferiore a quello percepito re-almente dal lavoratore. E noi diciamo sem-pre che la colonna vertebrale del lavoratorenon è così intelligente da differenziare tra ilrischio vibrazioni del camion e quello dellevibrazioni derivanti dal manto stradale rovi-nato. Quindi la valutazione andrebbe fattacomplessivamente e deve fotografare la real-tà dell’esposizione lavorativa.Da qui siamo partiti prima con un progettosperimentale, che ha coinvolto tre realtà, rac-cogliendo oltre 600 questionari. Natural-mente c’è stata tutta una fase preparatoria

nella quale sono stati investiti gli Rls e gliRsu, coinvolti nell’indagine, che è stata con-dotta con una metodologia standardizzata,ben consolidata e recepita anche dall’Orga-nizzazione internazionale del lavoro (vedi al-legato 1, pagina successiva). Questa modalità di lavoro si basa sul con-cetto fondamentale della «mappa del cor-po»; in altre parole chiediamo al lavoratore diindicare quali sono le parti del corpo che fan-no male dopo un turno di lavoro in modopersistente, periodico od occasionale, permisurare la gravità del sintomo. Alla persona abbiamo sottoposto, quindi, unquestionario tradotto in tre lingue perché èstata nostra intenzione voler rappresentareun campione realistico della composizionedegli addetti che, come sappiamo tutti, nonsono soltanto italiani. Questa scelta perònon è stata premiata perché abbiamo potu-to rilevare che c’è soprattutto tra i lavorato-ri stranieri un maggiore timore nel rispon-dere alle domande del questionario, anchesolo nel dare informazioni sul proprio statodi salute. Per questo tipo di indagine abbiamo volutocoinvolgere anche i lavoratori autonomi, unpo’ perché, nella storia di questi anni, moltidipendenti sono diventati essi stessi autono-mi, e un po’ anche perché i lavoratori auto-nomi potevano essere meno condizionati inquanto non soggetti a eventuali aumenti dipremi assicurativi da pagare all’Inail. Quin-di, la loro presenza nella composizione delcampione su cui concentrare la nostra inda-gine è stata utile per avere più informazionisulle malattie professionali, cui sono sogget-ti gli addetti del settore.

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Quindi, i risultati dello studio rappresenta-no realtà molto diverse, purtuttavia diffusesul territorio nazionale. Ciò ci ha permessoanche di capire quali possono essere le diversemodalità di svolgimento dello stesso tipo dilavoro. Il campione analizzato vede una prevalenzadi italiani e una parte significativa di lavora-tori rumeni, gli unici che si sono mostrati di-sponibili a sottoporsi a questo tipo di inda-gine (vedi allegato 2).

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Allegato 1

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Il primo dato significativo riguarda l’età delmezzo che nella maggior parte dei casi supe-ra i dieci anni di vita (vedi allegato 3).Un fattore che ci fa sostenere la necessità diavviare anche nel settore del trasporto unacampagna come quella già collaudata in agri-coltura sui trattori, per incoraggiare il rin-novamento delle macchine, perché anchel’usura del mezzo fa aumentare sicuramentele esposizioni a rischi per la salute. Strettamente connesso a questo problema èl’orario di lavoro. In buona parte, i lavorato-ri sono alla guida dei camion per sette orecontinue, quasi verso il limite massimo per-messo dalla normativa europea. Normativache, ricordiamolo, vale non solo per i 24paesi della Unione Europea, ma anche per al-tre aree geografiche extra Ue (vedi allegato 4,pagina successiva). Se alle ore di guida dedicate, si aggiunge chela maggior parte dei lavoratori intervistati si

occupa anche delle operazioni di carico e sca-rico delle merci, il rischio di affaticamentoraddoppia in modo netto. Considerando i ri-sultati, l’indagine fa emergere che ben 302 la-voratori su 453 segnalano di avere problemial tratto lombosacrale. L’altro segmento im-portante che viene coinvolto è il «distrettosuperiore», cioè quello che viene indicatodai lavoratori come collo, nuca, spalle.Il dolore lombosacrale è direttamente pro-porzionale all’età del lavoratore, ma co-munque precocemente accusato anche daaddetti giovani, a dimostrazione di come lamansione svolta abbia ripercussioni dege-nerative non fisiologiche: 103 intervistati siconcentrano nella fascia 50/60 anni e al-trettanti sono tra i 40 e i 50 anni; cioè per-sone che potrebbero avere una colonna an-cora in buone condizioni. Ciò è confermatoanche da un altro risultato. Quasi un deci-mo dei lavoratori con problemi di dolore

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lombosacrale si colloca nella fascia di età trai 30 e i 40 anni; a conferma del fatto di co-me il lavoro intervenga a determinare quel-la sintomatologia e quel problema alla co-lonna (vedi allegato 5, pagina successiva).Ad agire in modo preponderante sul proble-ma del rachide e della colonna vertebrale è ol-tre all’età anche l’anzianità di servizio: quin-di, una persona giovane, ma con una lunga

anzianità di servizio manifesta problemi di sa-lute e disturbi alla colonna lombosacrale pro-porzionalmente maggiori rispetto al lavora-tore, magari più anziano, ma con meno annidi servizio.Queste patologie lavoro correlate colpisconosicuramente chi si occupa del carico e delloscarico delle merci, quindi, chi fa movimen-tazione manuale, ma sono segnalate anche da

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coloro che si limitano alla guida dei mezzi pe-santi. Quindi, non è solo la movimentazio-ne manuale di carichi che determina il pro-blema del dolore lombosacrale, ma c’è ancheuna quota importante di intervento di tuttoil tema delle vibrazioni cosiddette «wholebody», cioè al corpo intero, cioè il rischio ti-pico di chi conduce il mezzo. Dato concor-de, questo, con quello emerso nella indagineche abbiamo condotto alcuni anni orsononel settore del trasporto pubblico locale.Un altro segnale che indica come effettiva-mente il lavoro incida sul rischio di questi la-voratori è il cosiddetto «colpo della strega»,accusato da quasi due terzi dei lavoratori in-tervistati, sotto forma di episodi di lombal-gie acute, in gran parte recidivanti che inve-stono soprattutto i 30-40enni. Quindi,persone che si collocano in una fascia anco-ra estremamente giovanile.Un altro elemento significativo riguarda la

segnalazione dei disturbi a carico delle spal-le, accusati a fine turno di lavoro. Interse-cando il dato della patologia dolorosa dellaspalla con l’età, non emerge una correlazio-ne con l’utilizzo di mezzi di trasporto vecchi,che potrebbero richiedere uno sforzo mag-giore nella conduzione. Mentre, risulta evi-dente il nesso tra la sintomatologia doloro-sa della spalla e il numero di ore di guidagiornaliera effettuato. Infatti, questi distur-bi vengono accusati a fine turno tra coloroche stanno alla guida dei camion per più disette ore e aumentano proporzionalmentecon il prolungamento orario ulteriore al vo-lante. Questi dati indicano che sono propriole condizioni di lavoro a provocare la sinto-matologia dolorosa, sulle quali va posto nelgiusto rilievo l’aspetto ergonomico del postodi lavoro. Tra le sintomatologie rilevate dall’indagine, cisono anche quelle a carico del ginocchio, un

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tema sul quale con l’Inail stiamo ragionandoda tempo, in vista della revisione delle tabel-le. Molti sono gli infortuni provocati du-rante la discesa rapida dai camion, dopo tan-te ore di guida.Per ultimo, ma non meno importante è il fe-nomeno dei cosiddetti «colpi di sonno», chesono più frequenti nelle ore postprandiali eassenti durante la mattina o la sera. Quindi,probabilmente, in parte legati a un elemen-to aggiuntivo, che è quello dell’alimentazio-ne. Tuttavia, i lavoratori che dicono di aver-ne sofferto, attribuiscono la causa alladeprivazione del sonno, cioè al non aver dor-mito in modo sufficiente prima di mettersialla guida del mezzo. Il che richiederebbeuna riflessione seria sul rispetto della nor-mativa comunitaria, laddove stabilisce 11ore di pausa tra un turno e l’altro e un ri-chiamo alla sorveglianza sanitaria sui lavora-tori del settore che accusano anche fenome-ni di apnee notturne. L’elemento che ci ha colpito di più è il fattoche tanti addetti non conoscessero il proble-ma, pur essendo stati colpiti da episodi diapnee notturne. Oltre 10 per cento degli in-tervistati han detto di soffrire di questo pro-blema. Si tratta di lavoratori in buona parte insovrappeso, anche giovani.Il tema dell’obesità e quindi dell’alimentazio-ne implica una problematica complessa chemerita di essere oggetto di attenzione specifi-ca. Molti intervistati hanno segnalato pro-blematiche del tratto gastrointestinale. Il 15per cento del campione segnala problemiemorroidali.Sono tutte problematiche importanti sullequali occorre lavorare e riflettere per mettere

in campo interventi di prevenzione definen-do accorgimenti e modificando comporta-menti che possono incidere sul verificarsi omeno di eventi di questo tipo. Per questa ragione è importante l’attività disorveglianza sanitaria sugli operatori del set-tore che allo stato attuale non è efficace. E lodimostrano i dati della nostra indagine, lad-dove verifichiamo che lavoratori affetti da im-portanti patologie cardiovascolari, già sotto-posti a interventi chirurgici, non avesseroalcuna limitazione prescritta dal medico com-petente. Occorre, quindi, ragionare sulla qua-lità della sorveglianza sanitaria e soprattuttosulla partecipazione del medico competenteall’attività di formazione di questi lavoratori,al quale spetta il compito di fornire tutte le in-dicazioni inerenti l’igiene alimentare e l’igie-ne di vita del lavoratore, utili per dare rispo-ste efficaci ad alcune delle problematicheemerse nell’indagine. Ciò consentirebbe disvolgere la sorveglianza sanitaria in modo so-stanziale e non formale, come purtroppo re-almente avviene. L’aspetto più preoccupante, che emerge conevidenza dalla nostra indagine, è che lavora-tori con patologie chiaramente invalidantinon sono stati raggiunti da giudizi di «nonidoneità» o di «idoneità limitata», neanchequando sono stati segnalati al medico com-petente. Quasi a prefigurare un atteggiamen-to elusivo rispetto all’obbligo di denuncia,pur previsto dall’art. 139 del Testo Unico del’65. È un tema importantissimo che dobbia-mo affrontare insieme ai Medici competentiper sollecitare azioni concrete di contrasto edi emersione del fenomeno delle malattieprofessionali.

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* Confindustria (Lavoro e welfare). Testo non rivisto dall’autore

Questa esperienza ci dimostra chequando Confindustria e organizza-zioni sindacali lavorano insieme,

riescono a raggiungere risultati positivi. Que-sto vale anche quando collaboriamo insiemecon le istituzioni, come l’Inail o come il mi-nistero del Lavoro, che, di fronte a un’azio necondivisa, più serenamente arrivano a consi-derazioni affini alle nostre e sono più dispo-nibili nell’aprire nuove possibilità. Quindi,sicuramente, un passo comune su questi te-mi lo abbiamo fatto. Dobbiamo partire dal-la considerazione che il trasporto è il motorefon damentale della ripresa di questo sistemaeconomico, che è ancora in crisi e che anco-ra non vede un momento di vera ripresa; edè proprio nel trasporto che va identificata lalinfa vitale che fa spostare persone e merci, econsente, quindi, di movimentare la produ-zione, il lavoro. È dunque un fattore di com-petitività, in Italia e soprattutto all’estero,perché solamente se le merci si spostano, se ilavoratori si spostano, se le persone si sposta-no, si può dare uno strumento fondamenta-le alla parte manifatturiera del paese che ha

bisogno di produrre, di commerciare e di tra-sferire beni.I dati che ha messo in evidenza l’indaginemettono in luce quello che, secondo noi, è ilvero approccio a questa materia, la sicurezzanelle strade, che è la prevenzione. Cioè, l’ana-lisi delle malattie professionali, delle moda-lità in cui si manifestano, delle cause, dellepossibili considerazioni consequenziali e,quindi, il giudizio di idoneità, il giudizio diinidoneità, le paure. I riflessi sulla salute, inprimis, sono un elemento che non può esse-re preso in sé, non può essere considerato insé, ma deve avere una conseguenza. Tutte lericerche si fanno perché abbiano delle con-seguenze. In questo caso, come sempre accade in ma-teria di salute e sicurezza, tutte le valutazio-ni non possono essere funzionali solo a sta-bilire le tutele ex post; quindi a stabilirequando l’istituto debba riconoscere e se deb-ba riconoscere il nesso causale. Il vero pro-blema è cessare di introdurre, nel sistema la-vorativo, quei fattori di rischio che sono insitinel lavoro.

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Interventi❚ Fabio Pontrandolfi *

C’è quindi un primo punto che per questosistema rappresenta un momento fonda-mentale di prevenzione e di competitività, equindi di sicurezza, ed è l’investimento suimezzi. Si è parlato delle condizioni della stra-da, ma l’investimento sui mezzi di trasportoè un assetto fondamentale e il poter dispor-re di finanziamenti, di incentivi fiscali, aiutaa orientare la scelta dell’impresa verso la so-stituzione della macchina; cosa che è avve-nuta in agricoltura, per esempio con i trattorivetusti, e che deve avvenire anche nel mon-do dei trasporti.Finanziamenti che devono essere certi estrutturali e non casuali, probabili e incertida prevedere, perché l’impresa fa una pro-grammazione degli investimenti nella qua-le ci deve essere anche la certezza del finan-ziamento, altrimenti la programmazionerischia di fallire.Inoltre, per rendere competitivo il sistema ènecessaria una semplificazione burocraticaperché ci sono vincoli in questo ambito; evincoli e burocrazia devono essere limitati edeliminati.La tecnologia in questo campo credo che siamolto importante perché, attraverso unosviluppo tecnologico dei mezzi di trasporto,si incide direttamente e immediatamentesulla sicurezza sul lavoro. Camion o mac-chine più sicuri sono un fattore di sicurezza.E non parlo tanto della sicurezza nei con-fronti dei terzi, perché lì credo che siamo ar-rivati a livelli abbastanza evoluti. Parlo pro-prio della conformazione del luogo di lavo-ro, quindi dell’abitacolo, di habitat del lavo-ratore. E questo in una logica di sostenibili-tà che passa attraverso una riduzione del co-

sto del lavoro, ma che è anche ambientale,perché non ci scordiamo che il mezzo di tra-sporto, al pari di tutti gli altri elementi, in-quina. Quindi, più si investe nella sostitu-zione e nell’ammodernamento dei mezzi,meno si inquina. Dunque, dobbiamo parlare di malattia, main una logica di prevenzione. Una preven-zione che si attua in un luogo particolare cheè la strada, un luogo affollato, un luogo nelquale transita di tutto, la bicicletta, la mac-china del privato, il grande autocarro. E tran-sitano nell’ambiente. Quindi, questo ambi-to uomo/ambiente/veicolo va assolutamenteindagato perché, se non interveniamo su tut-ti e tre gli elementi, cioè sull’uomo, sul vei-colo e sull’ambiente circostante, non rag-giungiamo l’obiettivo. Poi dobbiamo intervenire sulla cultura dellasicurezza, la formazione, la responsabilizza-zione, che non vuol dire dare responsabilitào colpe, ma piuttosto responsabilizzare sui ri-schi che ci sono. Cioè rendere la personaconsapevole che il rispetto dei turni, dei ri-posi, l’avere uno stile di vita personale cor-retto, possono incidere sulla propria e sul-l’altrui sicurezza.Sul tema della formazione e dei comporta-menti personali tornerò perché sono parti-colarmente importanti. È un campo, questodella sicurezza, nel quale molto spesso insie-me agli amici del sindacato interveniamocongiuntamente proprio perché condividia-mo gli obiettivi. Ma l’investimento è fonda-mentale, perché noi ci stiamo avviando auna Industria 4.0, cioè a un sistema in cuil’innovazione tecnologica la farà da padrona,in un mondo nel quale la tecnologia ci aiu-

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terà a superare molti aspetti che oggi sono ri-messi ancora all’uomo.Penso, per esempio, alla manutenzione del-le macchine, con l’utilizzo di chip o di altreattrezzature tecnologiche che consentano dirilevare sistematicamente i vizi o gli obblighidi manutenzione. Questo sarebbe fonda-mentale perché ridurrebbe gli incidenti emigliorerebbe la qualità del lavoro.Un altro aspetto fondamentale sul quale bi-sogna insistere, però, è quello della regolari-tà, della legalità. Cioè il mondo dell’autotra-sporto, come il resto dell’attività produttiva,può competere solo nel rispetto della legali-tà perché con l’illegalità, con il dumping,con i comportamenti scorretti non si puòcompetere. Anche la formazione deve essere intesa comeun investimento, ma c’è bisogno che sia diqualità. E abbiamo tutti l’impressione che,invece, ancora oggi, gli interventi su questamateria siano più orientati alla quantità, al ri-spetto formale che non ad aspetti veramen-te sostanziali. Quindi, formazione, ma diqualità.I comportamenti e gli stili di vita sono fon-damentali. Lo sono in qualsiasi lavoro, ma neltrasporto ancora di più. C’è inoltre il temadella sorveglianza sanitaria su droga e alcol, sucui stiamo lavorando. In questo senso, a esem-pio, l’accordo Stato-Regioni su droga e alcolè fortemente carente. Manca di molti aspet-ti ed è eccessivo per tanti altri versanti perchéva molto oltre le finalità della sorveglianza sa-nitaria del medico del lavoro e del datore dilavoro, perché entra in scelte di vita che nonsono di competenza del datore di lavoro, en-tra in un tema qual è la tutela delle dipen-

denze che non compete evidentemente al da-tore di lavoro, purtuttavia ha una valenza so-ciale ben più alta. Allo stesso tempo, però,l’accordo è carente perché non si occupa, peresempio, di imprese senza dipendenti; non sioccupa degli stranieri che pure sono tra quel-li che, non rispettando le nostre regole, rap-presentano un fattore di dumping sociale eanche di insicurezza per la stessa circolazione.Il rispetto dell’orario di lavoro, inoltre, è fon-damentale. Non dobbiamo pensare che l’in-tervento prevenzionale debba agire sull’ora-rio di lavoro, ma deve agire sulle condizionidi lavoro, su come si lavora; cioè deve con-tribuire a ridurre il rischio lavorativo.Si è accennato alle condizioni delle strade,ma è evidente che gli automezzi sono a nor-ma, sono marcati Ce; sono quindi auto-mezzi che hanno tutte le caratteristiche perpoter circolare in sicurezza. Ciò che non èadeguato, spesso, sono le strade. Ed è suquesto che bisogna investire molto. E nonparlo solo delle buche o dell’asfalto, parloproprio di condizioni stradali che sono ve-ramente inadeguate.Certo, questo è anche un tema molto deli-cato, perché l’attività di guida, dalla quale so-stanzialmente derivano le malattie eviden-ziate nell’indagine, a parte il carico e loscarico delle merci, è percepita come menopericolosa, perché è comune. Non lo è perl’orario, non lo è per le modalità, però in re-altà, forse anche per questo, è avvertita comemeno a rischio, perché è un’attività che fac-ciamo tutti. Cioè, tutti guidiamo la macchi-na, certo non la guidiamo con le modalità,con le ore e con la pesantezza con le quali vie-ne svolta da un trasportatore.

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Tuttavia, le malattie professionali in questosettore sono tendenzialmente multifattoria-li, sono a eziopatogenesi multifattoriale.Quindi, interpellano un’analisi delle cause,anche ai fini del riconoscimento, molto dif-ficile, perché il fattore personale, soggettivo,nonché il fattore dell’età, incidono in ma-niera non indifferente insieme agli stili di vi-ta. Questi vari elementi messi insieme na-scondono un problema di fondo che è quellodei comportamenti, cioè quello delle scelteche ciascun lavoratore fa in coerenza con leproprie abitudini, in coerenza con quelli chesono veri e propri stili di vita. Parlando di er-gonomia, dobbiamo capire se i camion, lemacchine utilizzate, sono adeguatamente er-gonomiche o se il problema dell’ergonomianon dipende dalla reazione che hanno que-ste macchine rispetto ai problemi del mantostradale. C’è inoltre il tema della certifica-zione di idoneità e quello dei lavori usuran-ti, perché questa attività è oggettivamenteusurante. Agire sulla prevenzione è l’unico modo perprevenire le malattie, perché significa inter-venire prima che esse si manifestino. Su que-sto tema credo che dovremmo riflettere mol-to perché, come è emerso, tanti lavoratorisono in sovrappeso, molte attività vengonosvolte anche nel pomeriggio quando ci sonoi colpi di sonno o in condizioni di traffico pe-sante, e poi c’è il rischio della strada, ma an-che il problema delle patologie personali,che nulla hanno a che fare con il lavoro. Èchiaro che, nel momento in cui un lavoratoreha paura di dichiarare al medico competen-

te una propria patologia cardiaca o di altro ti-po, mette in pericolo se stesso innanzitutto.Questo è un tema proprio di tutte le denuncedi malattia professionale, cioè la paura delgiudizio di inidoneità ma, anche, vista dalversante delle imprese, il problema degli ef-fetti del giudizio di inidoneità, e cioè la pos-sibile indisponibilità ad altre mansioni. Perun’azienda di autotrasporto che ha, per esem-pio, una segretaria e trecento lavoratori chesvolgono quest’attività, altre mansioni non cene sono. Quindi, il problema dell’inidonei-tà è maggiormente avvertito. Dunque, è giusto pensare a un intervento re-lativo alla tutela, ci mancherebbe altro, quin-di al riconoscimento della malattia comeprofessionale, però dobbiamo stare attentiperché il fattore professionale, dell’età e del-lo stile di vita si intersecano in maniera mol-to stretta.L’ultima osservazione che volevo fare è rela-tiva all’attuazione della normativa del TestoUnico 81 del 2008, con riferimento ai tre set-tori che ancora non sono resi coerenti, dalpunto di vista normativo. Abbiamo un for-te timore che, in materia di salute e sicurez-za, il legislatore, invece di costruire una nor-mativa funzionale all’esigenza manifestata didisciplinare questi settori, come è già avve-nuto con il D.lgs. n. 81, introduca ulterioricriticità, complessità, norme che eccedono lefinalità della sicurezza. Anche su questoaspetto dovremo manifestare una unità di ve-dute tra Confindustria e organizzazioni sin-dacali, che su alcuni temi c’è già, per chiedereun tavolo di confronto.

*Responsabile direzione centrale Prevenzione Inail

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Interventi❚ Ester Rotoli

Il settore europeo dei trasporti è un setto-re cardine nel sistema produttivo ed eco-nomico nazionale e internazionale, che

grazie agli sviluppi di mezzi di trasporto, at-trezzature e strumentazioni a supporto ri-sulta in continua evoluzione.Peraltro con l’allargamento dell’Unione eu-ropea, l’intensificazione dei rapporti tra ipaesi componenti, la libera circolazione del-le merci, la maggiore sensibilità alle proble-matiche ambientali, diverse metodologie discambi commerciali con l’avvento dell’e-com-merce, si è assistito nel corso degli anni amodifiche delle modalità di lavoro delleaziende del settore con conseguenze relativeanche alle condizioni dei lavoratori.Le attività del settore, sono dunque fonda-mentali per la promozione della produttivi-tà, della crescita economica, dell’evoluzionedella società e per la tutela dell’ambiente.Le politiche connesse alla tutela dell’am-biente costituiscono peraltro un’opportuni-tà di sviluppo delle politiche intersettoriali edi possibile integrazione tra gli obiettivi di sa-lute e la cosiddetta «green economy», am-pliando il concetto di salute secondo la defi-

nizione dell’Oms, e conducendo a una ri-flessione sul concetto di Prevenzione defini-ta dal D.lgs. n. 81/2008 (art. 2, comma 1,lettera n) come «Il complesso delle disposi-zioni o misure necessarie anche secondo laparticolarità del lavoro, l’esperienza e la tec-nica, per evitare o diminuire i rischi profes-sionali nel rispetto della salute della popola-zione e dell’integrità dell’ambiente esterno». Il legame tra prevenzione, salute e ambientein generale (includendo l’ambiente di lavo-ro) è pertanto un legame stretto, come pe-raltro evidenziato nei documenti strategicieuropei e nazionali.A fronte di sistemi complessi e risorse limi-tate è dunque evidente come la definizione distrategie di intervento efficaci debba rispon-dere a requisiti stringenti di appropriatezza especificità e come questi possano essere me-glio individuati e applicati, se maggiore è laconoscenza dei fenomeni che intendiamorappresentare e affrontare. In questo contesto l’Inail dispone di nume-rose banche dati, alimentate dalle dichiara-zioni/comunicazioni obbligatorie dei datoridi lavoro, che grazie anche alla disponibilità

di una infrastruttura informatica avanzata ein continua evoluzione in termini di ade-guamento agli standard di gestione, ne per-mettono la fruizione da parte dei soggettifunzionalmente preposti alla declinazionedegli obiettivi di sicurezza e dunque agli in-terventi di prevenzione dei rischi collegati aidiversi settori produttivi.In questo senso il sistema Open Data del-l’Istituto rappresenta un modello tra i piùavanzati tra quelli delle Pubbliche ammini-strazioni: finalizzato alla definizione di unnucleo di dati elementari da rendere pubbli-co per rappresentare in modo adeguato i fe-nomeni degli infortuni sul lavoro e delle ma-lattie professionali, risponde, infatti, a unalogica di condivisione con le altre Istituzio-ni, con la Comunità scientifica, con le Asso-ciazioni di categoria. Se da un lato la comprensione dei fenome-ni necessita di un’ampia base di dati in gra-do di generare informazioni utili e specificheper le politiche e gli interventi di prevenzio-ne, dall’altro l’attività di ricerca relativa allaconoscenza dei rischi e all’innovazione tec-nologica permette di affrontarli per ridurnel’impatto in termini di rischio sulla salute ela sicurezza dei lavoratori. Ricerca che in ta-luni casi, come in tema di riabilitazione,reinserimento lavorativo o ancora di dispo-sitivi di protezione individuale e collettiva,giunge a progettare strumenti e dispositivitecnologicamente avanzati che potrebberoessere prodotti attraverso modelli agili diproduzione come quello delle start up. Sitratta di ambiti in cui l’Istituto ha inteso re-centemente investire: rafforzando il ruolodella ricerca delle proprie strutture e delle ri-

sorse a essa dedicate con il Piano delle atti-vità di ricerca 2016-2018, ampliando la re-te della ricerca in riabilitazione e reinseri-mento con le collaborazioni attualmente incorso con l’Iit di Genova e con la Scuola su-periore Sant’Anna di Pisa, configurandoun’ipo tesi normativa per l’attivazione di startup per lo sviluppo, la produzione e la com-mercializzazione di prodotti o servizi inno-vativi di alto valore tecnologico, o per la rea-lizzazione di progetti in settori tecnologicialtamente strategici.È evidente che se i dati, le informazioni cheda essi generano e l’attività di ricerca e di pro-duzione di prodotti o servizi tecnologica-mente avanzati permettono di conoscere eprevenire i rischi per la salute e la sicurezzacollegati all’ambiente di lavoro o derivanti dadisabilità, il poter disporre di adeguati mo-delli di trasferimento delle soluzioni al siste-ma produttivo permette in concreto di ridurlio eliminarli. Come pure assume carattere dirilievo, in questo contesto, il rapporto con leIstituzioni e gli Enti centrali per lo scambiodi dati e informazioni e la definizione di po-litiche comuni di intervento. Il lavoro in re-te che l’Istituto svolge da tempo con istitu-zioni, parti sociali e associazioni attraversoprotocolli d’intesa e accordi di partenariato,a carattere prevalentemente operativo, è cer-tamente orientato in tal senso.L’attuale scenario legislativo in materia di sa-lute e sicurezza sul lavoro, le attività intra-prese dell’Istituto, la rete delle collaborazio-ni in campo scientifico e sociale, collocanodunque l’Inail nel sistema prevenzionale co-me ente istituzionale di riferimento con com-piti di informazione, formazione, assistenza,

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consulenza e promozione della cultura dellaprevenzione, rafforzandone e ampliandone leattribuzioni e le competenze.

▼ Il settore dei trasporti

Criticità di applicazione della normativa di Ssl

In riferimento agli aspetti relativi alla pre-venzione nello specifico settore, permango-no precipue criticità nell’applicazione dellanormativa di tutela della Ssl rappresentata dalD.lgs. n. 81/2008, viste le particolarità del-l’ambiente di lavoro in questo settore. I lavoratori infatti, svolgono spesso un’attivitàlavorativa lontana da un luogo di lavoro fis-so, che li espone non solo ai pericoli del traf-fico ma anche a un’altra serie di rischi relati-vi alle infrastrutture stradali e al mezzo ditrasporto. Riguardo quest’ultimo aspetto il mezzo ditrasporto rientra nel campo di applicazioneex art. 3 del D.lgs. n. 81/2008 in quanto èconsiderato luogo di lavoro e come tale og-getto della valutazione dei rischi da parte deldatore di lavoro. Questa impostazione è suf-fragata da due sentenze della Cassazione pe-nale1, che hanno visto la condanna dei datoridi lavoro per il mancato adempimento dellenorme di salute e sicurezza sul lavoro.Un’altra importante criticità è rappresentatadall’accesso dei lavoratori del settore alla for-mazione e alla relativa opportunità di ap-prendimento: i lavoratori dei trasporti devo-

no operare utilizzando attrezzature comples- se, e ciò aumenta l’esigenza di una formazio-ne continua e adeguata al passo con i cam-biamenti organizzativi e tecnologici e le esi-genze sempre crescenti dei clienti nonché perla gestione dei rapporti con l’utenza.Le attività che sottendono al settore del tra-sporto stradale sono molteplici e compren-dono il trasporto di persone (trasporto pub-blico, taxi), il trasporto di merci, il trasportoespresso attraverso corrieri.In quest’ambito sono presenti rischi diversi-ficati, non solo riferiti al versante infortuni-stico e inerenti alla guida e ai pericoli dellastrada, ma anche al versante dei rischi pro-fessionali quali la movimentazione manualedei carichi, l’esposizione a sostanze pericolo-se, anche in ambienti confinati, l’esposizionea fumi, polveri stradali e diesel, le posture fis-se e prolungate, gli agenti fisici (vibrazioni, ru-more), gli agenti biologici (es. carico e tra-sporto di animali), le condizioni climaticheestreme nonché i rischi di natura organizza-tiva (turni, lavoro notturno, lavoro in solita-rio) e il rischio da aggressioni e violenze. Un altro aspetto trasversale al settore e daconsiderare in termini di prevenzione è raf-figurato dalla sicurezza delle attività lavora-tive che si svolgono in presenza di trafficoveicolare, con riferimento al Decreto inter-ministeriale del 4 marzo 20132, che stabili-sce i criteri generali di sicurezza relativi alleprocedure di revisione, integrazione e appo-sizione della segnaletica stradale destinataalle attività lavorative di cui sopra.

1 Sentenza sezione 4 del 15 luglio 2010, n. 27666, esentenza sezione 4 del 13 giugno 2014 n. 25222.

2 Promulgato ai sensi dell’articolo 161, comma 2-bis,del D.lgs. n. 81/2008.

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Inoltre sono certamente da considerare ipossibili danni a carico di terzi e dell’am-biente, causati da incidenti stradali, even-tuale perdita di carico, esplosione, incen-dio, intossicazione, anche in base al tipo dimerci trasportate.

▼ La cornice normativa di riferimento e i documenti di indirizzo

Lo scenario normativo in tema di salute e si-curezza nello specifico settore è rappresenta-to da una parte dal D.lgs. n. 81/2008 appe-na richiamato e dall’altra dalle norme cheregolano la circolazione stradale (D.lgs. 30aprile 1992, n. 285 e s.m.i. – Codice dellastrada).I presupposti dell’azione prevenzionale, oltreche nelle norme suddette, risiedono in do-cumenti nazionali e internazionali quali laComunicazione della Commissione euro-pea 2014-2020 e il Piano nazionale di pre-venzione (Pnp) 2014-20183.L’Istituto declina le proprie politiche pre-venzionali in logica di coerenza con quantodelineato dalla sopra citata Comunicazionedella Commissione al Parlamento europeorelativa a un quadro strategico dell’Ue inmateria di salute e sicurezza sul lavoro 2014-2020, che ha definito tre sfide principali inquesto ambito:

1. Migliorare l’attuazione delle disposizioni dilegge da parte degli Stati membri, in par-ticolare rafforzando la capacità delle mi-croimprese e delle piccole imprese di met-tere in atto misure di prevenzione deirischi efficaci ed efficienti.

2. Migliorare la prevenzione delle malattie le-gate al lavoro affrontando i rischi attuali,nuovi ed emergenti.

3. Far fronte al cambiamento demografico.A livello nazionale il Pnp 2014-2018 ema-nato dal ministero della Salute rappresentaun punto di riferimento per dare attuazioneconcreta alle suddette sfide.Tra gli obiettivi prioritari dell’azione preven-zionale delineati nel suddetto Piano sono in-dicati, in particolare, gli infortuni su strada,i settori agricoltura ed edilizia, l’emersionedelle malattie professionali.Il trasporto rientra in pieno, quindi, neisettori a maggiore criticità in termini di in-cidenza infortunistica e pertanto richiede at-tenzione e politiche di prevenzione mirate.

I Piani nazionali

Nell’ambito del Pnp vengono definiti speci-fici Piani nazionali, insieme di azioni di si-stema partecipate da ministeri, Regioni, Inaile Parti sociali che rappresentano un esempiodi condivisione divenuta nel tempo la sceltadi fondo delle politiche di prevenzione.Il Pnp 2014-2018 prevede cinque piani na-zionali tematici, declinati a livello regiona-le di cui, in particolare, sono trasversali alsettore dei trasporti il Piano per l’emersionee la prevenzione delle patologie dell’appara-to muscolo-scheletrico, il Piano nazionale diprevenzione del rischio stress lavoro-corre-

3 Intesa, ai sensi dell’art. 8 comma 6 della legge 5 giu-gno 2003 n. 131, sulla proposta del ministero della Sa-lute concernente il Piano nazionale per la prevenzioneper gli anni 2014-2018 emanata il 13 novembre 2014.

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la to/pro mozione benessere organizzativo eil Piano nazionale di prevenzione sui can-cerogeni.

▼ La prevenzione in Inail

Il ruolo dell’Istituto si svolge di concertocon i ministeri, le Regioni, le Parti sociali,con cui peraltro collabora sui tavoli norma-tivi e tecnici a sostegno della diffusione del-la cultura della salute e sicurezza nei luoghidi lavoro e dell’individuazione di soluzionitecniche per la prevenzione degli infortuni edelle malattie professionali, negli specificisettori lavorativi.Ciò esprime al meglio il concetto di colla-borazione in rete auspicata dalla Comuni-cazione della Commissione sopra citata,che prevede tra i propri obiettivi il consoli-damento delle strategie nazionali e un mi-gliore coordinamento degli sforzi a livellonazionale e internazionale in materia di sa-lute e sicurezza sul lavoro.In questo contesto, il ruolo dell’Inail si espli-ca a sostegno delle imprese, sviluppandoprogetti finalizzati a fornire supporto alleaziende, in particolare medie e piccole, comeauspicato dalla prima sfida della Comunica-zione suddetta, su mezzi, strumenti e meto-di operativi per: la riduzione dei livelli di ri-schiosità in materia di salute e sicurezza sullavoro; l’individuazione degli elementi di in-novazione tecnologica in materia con finali-tà prevenzionali, raccordandosi con le altreistituzioni pubbliche operanti nel settore econ le parti sociali; il sostegno allo sviluppodella rete della bilateralità.

L’asse portante della collaborazione in rete èrappresentato dalla stipula di specifici Ac-cordi di collaborazione sulla base del reci-proco interesse al perseguimento di una spe-cifica finalità, la cui realizzazione rappresen-ta il primo passo verso la costituzione della«logica di sistema» della prevenzione deli-neata dalla normativa vigente e auspicatadalla Comunicazione europea suddetta.

▼ Linee di attività Inail

ATTIVITÀ DI ASSISTENZA E CONSULENZA

Le attività di assistenza e consulenza alle im-prese si esplicano attraverso la diffusione disoluzioni organizzative e tecniche finalizza-te a ridurre i costi sociali, economici e assi-curativi.

Accordi di collaborazione

A questo proposito l’Inail promuove, attra-verso la stipula di Accordi con i diversi sog-getti del sistema prevenzionale – Istituzionie Associazioni di categoria –, azioni e progettivolti a risolvere criticità specifiche rilevatenei vari comparti.Tra gli accordi con le Istituzioni si cita in par-ticolare l’Accordo tra Inail, ministero dellaSalute e Conferenza delle Regioni e delleProvince autonome che ha come obiettivi:• l’individuazione di percorsi prevenziona-

li caratterizzati da interventi sostenibili emisurabili in termini di processo e di ri-sultato;

• lo sviluppo e il consolidamento di Siste-mi informativi/gestionali e di Sorveglian-

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za tra Inail, Regioni e Province autonomee la relativa fruibilità delle rispettive ban-che dati;

• il supporto tecnico alla redazione, alla rea-lizzazione dei Piani nazionali di preven-zione e dei Piani nazionali e regionali disettore da questi derivanti e al monitorag-gio dei risultati ottenuti;

• le metodologie e gli strumenti destinati almiglioramento dei livelli di salute e sicu-rezza nei luoghi di lavoro.

In particolare, nell’ambito del sostegno aiPiani nazionali, si cita il Piano nazionale ma-lattie professionali, disceso dal Pnp 2010-2012, per il quale l’Istituto ha lavorato in-sieme ai ministeri del Lavoro e delle Politichesociali e della Salute, alle Regioni e Provinceautonome, in collaborazione con le Orga-nizzazioni sindacali e le Organizzazioni dirappresentanza dei datori di lavoro alla Cam-pagna nazionale prevenzione malattie pro-fessionali, avviata nel 2012.L’obiettivo principale della Campagna è sta-to di elevare i livelli di prevenzione sul lavo-ro realizzando una più ampia acquisizione diconoscenze e consapevolezze finalizzate a in-cidere sui comportamenti quotidiani di tut-ti i soggetti coinvolti. Le aree di intervento di partenza sono statei disturbi muscolo-scheletrici e le malattie re-spiratorie, con riferimento ai settori Tra-sporti, Agricoltura e Grande distribuzione;i destinatari principali dell’iniziativa i dato-ri di lavoro e i loro collaboratori, i lavorato-ri e i loro rappresentanti, i responsabili deiServizi di prevenzione e protezione delleaziende, i rappresentanti dei lavoratori per lasicurezza e i medici.

Per lo specifico settore dei Trasporti la cam-pagna ha riguardato la prevenzione dei di-sturbi muscolo-scheletrici nei lavoratori ad-detti alla guida di mezzi su gomma e allerelative attività correlate (carico e scarico delmezzo).Sono stati realizzati poster, spot televisivi e ra-diofonici diffusi tramite canali di comunica-zione sia convenzionali – quali stampa quo-tidiana e periodica, radio, televisione eInternet – sia non convenzionali – quali ci-nema e affissioni nei circuiti autostradali, sa-nitari e ferroviari. Sono state prodotte, inol-tre, tre brochure sulla prevenzione deiDisturbi muscolo-scheletrici nel settore deitrasporti indirizzate rispettivamente a medi-ci, lavoratori e datori di lavoro. L’Istituto esprime un vivo interesse per dareun nuovo impulso alla Campagna nazionaledi prevenzione delle malattie professionali,auspicando la ripresa dell’attività dei gruppidi lavoro, anche con l’eventuale individua-zione di altre patologie e/o altri settori d’in-tervento.Ulteriore esempio di accordo con le istitu-zioni, molto aderente alle problematiche disettore, è rappresentato dall’Accordo stipu-lato con il ministero dell’Interno, diparti-mento della Pubblica sicurezza – Serviziopolizia stradale. Tale accordo ha come obiet-tivo lo sviluppo di iniziative congiunte nelsettore della prevenzione degli incidenti sul-le strade per il miglioramento dei livelli disicurezza sulle strade italiane e il conteni-mento dell’incidentalità.Per raggiungere tale obiettivo sono previsti inseno all’accordo interventi di formazione/in-formazione e sensibilizzazione volti a favori-

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re le azioni di prevenzione finalizzate alla ri-duzione degli incidenti sulle strade, un di-namico scambio dati sul fenomeno infortu-nistico con analisi delle statistiche relativeagli incidenti sulle strade, un attivo con-fronto finalizzato al miglioramento della ri-levazione del dato infortunistico relativo agliincidenti sulle strade, la condivisione di stra-tegie per l’incremento della prevenzione de-gli incidenti stradali anche attraverso le atti-vità di controllo.

Sostegno all’applicazione dei Sistemi di gestione

Relativamente invece agli accordi con le as-sociazioni di categoria essi sono finalizzati al-la stesura di linee di indirizzo applicative di-versificate per comparto produttivo perl’adozione dei Sistemi di gestione per la salutee sicurezza sul lavoro.Alla luce di quanto prescritto dall’art. 30comma 5 del D.lgs. n. 81/2008, infatti, e,conformemente alle Linee guida Uni Inaildel 28 settembre 2001, l’Istituto promuovel’applicazione dei sistemi di gestione della sa-lute e sicurezza sul lavoro. In particolare, tali Accordi sono finalizzati al-la stesura di linee di indirizzo applicative di-versificate per comparto produttivo per l’ado-zione dei Sistemi di gestione per la salute esicurezza sul lavoro. La valenza di questi modelli applicativi ri-siede sia nell’approccio sistemico alla gestio-ne della sicurezza sul lavoro, sia nell’oppor-tunità economica che la loro applicazioneattribuisce alle aziende. Infatti, le aziendeche implementano un sistema di gestioneconforme alle suddette Linee d’indirizzo,

possono richiedere la riduzione del tasso me-dio di tariffa ai sensi dell’art. 24 delle Moda-lità di applicazione delle tariffe dei premi(D.m. 12/12/2000 e s.m.i.) dopo il primobiennio di attività.Tra le molteplici esperienze maturate per di-verse finalità, infatti, sono da considerare inparticolare l’elaborazione e la pubblicazionedi strumenti di indirizzo per l’applicazionedei sistemi di gestione quali, Linee di indi-rizzo specifiche, a esempio, dei settori: Ener-gia e petrolio, Grandi aziende a rete, Aero-nautico, Costruzioni navali, Igiene urbana,Gomma - plastica, Microimprese, Industriachimica, Servizi ambientali e territoriali, Ser-vizi pubblici locali che operano nei settoriEnergia elettrica, Acqua e Gas.L’applicazione volontaria dei Sgsl produce acascata ricadute relative a diversi aspetti qua-li: la riduzione dei costi derivanti da inci-denti, infortuni e malattie professionali mi-nimizzando i rischi cui possono essere espo-sti dipendenti, clienti, fornitori; l’aumentodell’efficienza e della prestazione di impre-sa; il miglioramento dei livelli di salute e si-curezza sul lavoro; la massima facilità nel po-ter produrre tutta la documentazione ri-chiesta dalle norme; il miglioramento del-l’immagine interna ed esterna dell’azienda. La promozione dell’applicazione dei suddet-ti sistemi è mirata, in particolare, a contri-buire al superamento della logica dell’adem-pimento e dell’approccio esclusivamentetecnico alla prevenzione, favorendo di con-verso un approccio manageriale di caratterepartecipativo. È inoltre ormai dimostrato da studi condottidall’Inail e da ricerche internazionali, che

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l’utilizzo di Sgsl induce un abbattimentodegli indici infortunistici e tecnopatici4.

Sostegno della bilateralità

Sulla base delle prescrizioni del D.lgs. n.81/2008 l’Istituto mette in campo diverseazioni nella logica politica della valorizzazio-ne degli organismi paritetici e del sostegnodella bilateralità. Tra queste azioni si annoverano:L’accordo con Cncpt (Commissione nazio-nale comitati paritetitci territoriali) che, purriguardando direttamente il settore edile pre-vede un sostegno dell’Istituto alla studio deirischi da interferenze che potrebbe interessa-re anche il carico e scarico di merci nei can-tieri e di conseguenza le attività dell’autotra-sporto.L’accordo tra Inail e Opna (Organismo pa-ritetico nazionale dell’artigianato) per porrele condizioni più favorevoli per l’individua-zione di linee di attività congiunte e per larealizzazione di azioni di sistema e interven-ti sempre più incisivi in risposta alle esigen-ze e alle problematiche relative alla salute e si-curezza sul lavoro.

Strumenti applicativi per la Valutazione del rischio

Le attività di assistenza alle imprese hannoavuto un ulteriore impulso con la modificadell’articolo 28 (in particolare con l’aggiun-ta del comma 3 ter) del D.lgs. n. 81/2008,apportata dal D.lgs. n. 151/2015, che assegnaufficialmente all’Istituto, anche in collabo-

razione con le Asl e per il tramite del Coor -dinamento tecnico delle Regioni e degli Or-ganismi paritetici, il compito di rendere di-sponibili, al datore di lavoro, strumenti tec ni cie specialistici per la riduzione dei livelli di ri-schio, compito cui l’Inail si dedica ormai datempo. A tal proposito, l’Istituto ha collaborato allarealizzazione di strumenti a sostegno dellasemplificazione della valutazione del rischioquali le Procedure standardizzate di cui alDecreto interministeriale del 30 novembre2012. Alcuni strumenti di supporto realizzati in talsenso derivano altresì da specifiche attività diricerca, come a esempio per ciò che concernelo strumento «Agile», relativo alla gestionedella sicurezza rispetto a infortuni e inciden-ti rilevanti nelle piccole e medie imprese cherientrano nel campo di applicazione della co-siddetta normativa «Seveso», e alla definizio-ne di una metodologia di valutazione del ri-schio da stress lavoro-correlato. L’Inail coordina inoltre il tavolo del proget-to Oira (Online interactive risk assessment),un’applicazione online realizzata dall’Agenziaeuropea per la salute e la sicurezza sul lavo-ro, che favorisce la semplificazione suppor-tando le Pmi nel processo di valutazione deirischi, il cui primo impianto sta riguardandoil settore degli uffici.In aggiunta, ai sensi dell’art. 3 comma 13-terdel D.lgs. n. 81/2008 e s.m.i., devono esseredefinite, con apposito Decreto dei ministeridel Lavoro e della Salute, le misure di sempli-ficazione per la valutazione del rischio, l’in-formazione, la formazione, la sorveglianza sa-nitaria per le imprese agricole, con particola-

4 Studio Contarp/Csa Inail 2011: riduzione frequen-za infortuni del 27 per cento e indice di gravità del 35per cento.

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re riferimento a lavoratori a tempo determi-nato e stagionali e per le imprese di piccole di-mensioni. L’Inail collabora alla definizione delle succi-tate misure, di concerto con le Regioni e lealtre Istituzioni di riferimento tra cui il mi-nistero per le Politiche agricole, nell’ambitodel Piano nazionale agricoltura.

▼ Incentivi e sistemi premiali

Oscillazione del tasso per prevenzione(OT 24)

Per ciò che concerne lo specifico settore,l’oscillazione del tasso per prevenzione(OT24) è rappresentato da riduzioni sui pre-mi versati per la realizzazione di alcuni in-terventi non obbligatori per la riduzione delrischio stradale.Tra gli interventi compresi nello sconto si an-noverano, a esempio, l’istallazione di dispo-sitivi per la rilevazione e l’allarme in caso dicolpo di sonno, di scatola nera-registratore dieventi; la realizzazione di percorsi formativispecifici sulla guida sicura e basati sulla rile-vazione degli incidenti stradali occorsi nel-l’anno di riferimento; l’attuazione di specifi-ci programmi volti all’educazione di miglio-ri stili di vita per la prevenzione dell’uso di so-stanze psicotrope o stupefacenti o dell’abusodi alcol.

Finanziamenti Isi

Il programma degli incentivi alle imprese –il sistema di finanziamento Isi – partito conuna edizione sperimentale nel 2010, è ormaiun programma strutturale dell’Istituto e ha

visto lo stanziamento di circa 1,3 miliardi dieuro dal 2010 a oggi, importo di grande ri-levanza che, in un panorama di recessioneeconomica come quello attuale, sostiene pa-rallelamente il rilancio dell’economia delpaese. Questi numeri danno la misura dell’impegnodi risorse dell’Istituto in termini di incentivialle imprese, nonché l’utilità che tale impe-gno può produrre nel tessuto delle aziende,in particolare medie e piccole sul territorionazionale, anche nello specifico settore deltrasporto.

ATTIVITÀ DI RICERCA L’attività di ricerca, sviluppando competen-ze e conoscenze di carattere scientifico, teo-rico e sperimentale, è orientata a garantireuna concreta realizzazione delle azioni diprevenzione e sicurezza sul lavoro.In questo ambito si sottolinea che il Pianotriennale della ricerca Inail si avvale di oltre 38milioni di euro di risorse per la realizzazionedi progetti specifici in diversi settori. Per ciò che concerne lo specifico settore deltrasporto, oltre alla realizzazione di disposi-tivi e strumenti derivanti dalla ricerca sul-l’innovazione tecnologica per l’abbattimen-to dell’esposizione (quali a es. la realizzazio-ne di un dispositivo miniaturizzato per ilcontrollo dello stato di serbatoi contenentiliquidi infiammabili a carattere esplosivo, diun biosensore per il monitoraggio del ben-zene, di un sistema per ammortizzare le vi-brazioni su postazioni di lavoro nonché diotoprotettori a controllo attivo del rumore),sono di particolare interesse le attività di ri-cerca svolte dal Laboratorio rischi agenti fi-

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sici dell’Inail relative alla trasmissione di vi-brazioni al corpo intero in presenza di po-sture incongrue e movimentazione manua-le dei carichi su mezzi di trasporto terrestri.I risultati di tale ricerca vanno a implemen-tare le informazioni contenute nel Portaleagenti fisici realizzato dal Laboratorio di sa-nità pubblica dell’Azienda sanitaria Usl To-scana Sud Est (ex Azienda Usl 7 Siena) conla collaborazione dell’Inail e dell’Azienda Usldi Modena, al fine di mettere a disposizioneuno strumento informativo che orienti gli at-tori aziendali della sicurezza e gli operatoridella prevenzione a una risposta corretta ai fi-ni della prevenzione e protezione da agenti fi-sici tra i quali le vibrazioni e il rumore.

ATTIVITÀ AGENZIA EUROPEANel 2015 Eurofound ha condotto la sesta in-dagine europea sulle condizioni di lavoro(Ewcs) in collaborazione con l’Ipsos, intervi-stando oltre 43 mila lavoratori in 35 paesi eu-ropei per il sesto ciclo dell’indagine.Dai primi risultati emerge che i lavoratori dietà superiore ai 50 anni sono maggiormen-te esposti a condizioni di lavoro difficili sia intermini di contenuto del lavoro (riorganiz-zazione e ristrutturazione del lavoro) che dicontesto del lavoro (nessuna opportunità diformazione come detto sopra, scarse pro-spettive di avanzamento di carriera), fattori dirischio che possono portare allo stress lavo-ro-correlato.In particolare per lo specifico settore, i datieuropei (Report Osha, 2011) ci dicono chela forza lavoro del trasporto è in una fase diinvecchiamento, soprattutto nel trasporto sustrada e nei trasporti pubblici.

Nel corso dei prossimi decenni, è stimato al-tresì che l’Unione europea registrerà un au-mento della percentuale di lavoratori anzia-ni. Le tendenze demografiche riguardanti lapopolazione attiva nell’Ue-28 indicano che lafascia d’età target compresa tra 55 e 64 anniaumenterà di circa il 16,2 per cento (9,9 mi-lioni) tra il 2010 e il 2030, mentre le altre fa-sce d’età diminuiranno dal 5,4 per cento(40-54 anni) al 14,9 per cento (25-39 anni). I dati europei sull’invecchiamento vengonoconfermati anche a livello nazionale.Da tutto ciò discende la necessità di svilup-pare politiche attive di sostegno al cosiddet-to invecchiamento attivo, per il benesserelavorativo a ogni età.A tal proposito l’Inail Focal Point dellaAgenzia europea per l’Italia promuove laCampagna Eu-Osha 2016-2017: «Ambientidi lavoro sani e sicuri a ogni età» per la so-stenibilità e benessere lungo tutto l’arco del-la vita lavorativa e l’invecchiamento attivosul lavoro.

Premio europeo buone prassi

Elemento portante della campagna, il premiobuone prassi si affianca agli studi, alle ricer-che, agli strumenti operativi, alle linee guidaper sviluppare consapevolezza, per attivareuna rete di collaborazione tra le imprese e perle imprese, per mettere a fattor comune espe-rienze e approcci operativi.Il premio ha lo scopo di evidenziare i mi-gliori esempi di collaborazione finalizzataalla prevenzione dei rischi tra managementaziendale e lavoratori, e prevede il ricono-scimento di buone prassi efficaci e innova-tive, nonché la definizione di soluzioni per

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l’invecchiamento attivo sul lavoro. A livelloNazionale è in corso la raccolta delle Buonepratiche italiane.

▼ Conclusioni

In conclusione preme sottolineare l’impor-tanza del lavoro in rete con le istituzioni, lacomunità scientifica, le parti sociali per ilpiù ampio e condiviso sostegno, in un’otticadi sistematizzazione delle relazioni e di «so-cializzazione delle conoscenze» in ambito digestione della salute e sicurezza per contri-buire al miglioramento delle condizioni di si-curezza e salute dei luoghi di lavoro e alla ri-duzione del fenomeno infortunistico etecnopatico, come peraltro auspicato dallasuddetta «Comunicazione della Commis-sione al Parlamento europeo», sostenendolo sviluppo di basi dati funzionali alla cono-scenza dei fenomeni.È convinzione dell’Inail che un approccio in-tegrato di sistema per la prevenzione, espri-ma al meglio il concetto di rete in una poli-tica di collaborazione che permette peraltrodi sviluppare produttività e competitività.La sfida è incentivare, in un’ottica di azione

di sistema fra istituzioni e imprese, politichevolte al sostegno delle aziende ai fini dellapromozione del benessere nei luoghi di la-voro coniugando tra l’altro l’aumento dellacompetitività, la crescita economica e la sal-vaguardia dell’ambiente.La promozione della cultura della salute edella sicurezza anche nel settore del tra-sporto trova un essenziale punto di forzanell’adozione di un approccio olistico checonsideri la centralità della persona inte-grando aspetti relativi al benessere fisico,psicologico e sociale del lavoratore nella co-siddetta ottica win win (vince il Dl vince illavoratore), con notevoli benefici per i la-voratori stessi (maggiore benessere e soddi-sfazione sul lavoro), per i dirigenti (forza la-voro più sana, motivata e produttiva), per iluoghi di lavoro (miglioramento delle pre-stazioni, riduzione del tasso degli incidentie infortuni, minor assenteismo) e per la so-cietà (riduzione dei costi e degli oneri per iservizi).Ciò risulta particolarmente significativo inun settore in cui, peraltro, la persona, con ilsuo stile di vita e i suoi comportamenti, è alcentro di un meccanismo di lavoro in cui èprotagonista della sua e altrui sicurezza.

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* Sottosegretario al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

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Interventi❚ Umberto Del Basso De Caro *

Ringrazio per l’invito che mi è stato ri-volto e chiedo scusa per la mia rapi-da apparizione dovuta a impegni in

Commissione al Senato. Ci tenevo a parte-cipare al convegno della Filt per molte ra-gioni che mi sono proprie e che chi mi co-nosce sa.I temi che oggi voi trattate e che ho letto nel-la relazione introduttiva del segretario gene-rale Rocchi attengono certamente alle com-petenze del ministero del Lavoro. Io non misottraggo tuttavia a qualche considerazioneche va nella direzione auspicata dalle conclu-sioni che ho ascoltato e anche dalla relazioneintroduttiva. Vale a dire che il tema della si-curezza della circolazione stradale, della pre-venzione è un tema ormai sempre più strin-gente.Il trasporto, non solo l’autotrasporto, è unsettore sul quale l’Italia gioca buona partedelle sue chance di modernità. La riforma deiporti, per esempio, viene da tutti letta comela riduzione del numero delle autorità por-tuali. Il che è certamente vero, ma questo èargomento di suggestione e di semplificazio-ne giornalistica. In realtà, si tratta dell’ap-

provazione del piano nazionale della logisti-ca. Una efficace razionalizzazione del settoredella logistica e dei trasporti vale, secondo lestime degli esperti, non meno di 3 punti diPil, circa 50 miliardi di euro. E vale soprat-tutto per il trasporto marittimo, se conside-rate che la somma delle merci movimentateda tutti i porti italiani è lievemente inferiorealle merci movimentate nel solo porto diRotterdam. Le opportunità che ci derivanodal recente raddoppio del Canale di Suez do-vrebbero vedere naturalmente l’Italia, che èuna piattaforma logistica naturale nel Medi-terraneo, ricevere questo immenso traffico dimerci proveniente dall’Oriente; e invece, al-lo stato attuale, le merci preferiscono com-piere altri 4 o 5 giorni di navigazione e arri-vare al porto di Rotterdam. Perché? Perchépossono contare sulla logistica.Noi stiamo cercando di fare uno sforzo,anche per integrare i sistemi di ferro e digomma con quelli marittimi attraverso l’ul-timo miglio. Faccio l’esempio di Gioia Tau-ro, che è un porto di transhipment, da navea nave: non ha assolutamente piattaformalogistica e non c’è neanche l’ultimo miglio

ferroviario che collega al ferro. Ed è evidentee nota anche la tendenza del governo a mo-dificare l’attuale rapporto di merci che cam-minano su gomma incrementando il ferroe incrementando l’alta capacità. L’alta ca-pacità non è l’alta velocità: quella riguardale persone. L’alta capacità riguarda le merci che dovreb-bero camminare lungo i corridoi europei: laNapoli-Bari è l’ultima, come la Messina-Ca-tania-Palermo, come il collegamento Napo-li-Palermo. Il ponte sullo Stretto è solo unaconnessione. Non è un’occasione di polemi-ca né di propaganda: si tratta di connettereNapoli con Palermo.Questo tema, che a noi è caro e che certa-mente incrocia le competenze del ministerodove lavoro, si rivolge naturalmente ai lavo-ratori e quindi sicuramente centra in pieno ilcuore del dibattito odierno, il tema cioè dellasicurezza dei lavoratori, della sicurezza dellacircolazione stradale, intesa non solo per ilconducente, ma anche per i trasportati. Ri-cordiamo tutti quello che è accaduto tra An-dria e Corato. Poi tutti hanno appreso dopoche si trattava di una linea ferroviaria conces-sa, di proprietà della Regione Puglia, a bina-rio unico, che non significa meno sicuro ne-cessariamente, ma con un sistema di sicurez-za che non era sottoponibile alla competenzadell’Agenzia nazionale per la sicurezza ferro-viaria, ma a una normativa diversa e di gradoe di intensità più basso (Ustif ). Ora si va na-turalmente a un cambiamento, ma mi do-mando: devono accadere sempre disastri con40-50 morti per capire come e dove si deveapplicare una normativa più cogente che diamaggiore sicurezza?

Lo stesso è valso per il grave incidente diMonteforte Irpino, nel quale il pullman deipellegrini uscito fuori strada in un rettilineo(ne parlo perché è a pochi chilometri da casamia, meno di venti chilometri, quindi cono-sco bene il luogo) ha causato 39 morti. Anchelì vi è un incrocio di responsabilità che l’au-torità giudiziaria ha evidenziato riguardare inparte coloro che avrebbero dovuto provvede-re alla manutenzione della strada e dei guar-drail, in parte la motorizzazione civile che, se-condo l’accusa, avrebbe falsificato i certifica-ti dichiarando perfettamente in regola unpullman che aveva un impianto frenante as-solutamente privo di efficienza. E poi, natu-ralmente, la revisione cui non era stato sotto-posto quell’automezzo, ma che invece risul-tava essere stata effettuata.Questi sono soltanto esempi che però appun-to giustamente vanno nel tema del vostroconvegno dal titolo sicuramente pertinente:«La sicurezza non è una ruota di scorta», cioènon si può adoperare soltanto in caso di ne-cessità. E questo è un dato permanente e unaconquista del mondo del lavoro.Le conquiste del mondo del lavoro, comenoi sappiamo, sono state negli ultimi annipiuttosto compresse, per così dire. Io, se pos-so spogliarmi per un attimo della veste isti-tuzionale, vi dirò che sono un vecchio socia-lista e ho sempre lavorato per migliorare lecondizioni dei lavoratori, per quanto eranelle mie possibilità, e per difendere la di-gnità del lavoro, la sicurezza del lavoro, la sa-lute dei lavoratori. Nella mia lunga espe-rienza amministrativa e parlamentare, nonpoche volte, mi sono trovato a dover tutela-re quei lavoratori, per esempio autisti delle

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municipalizzate, che erano sottoposti alleprevisioni del Testo Unico 148 del 1931, chenaturalmente, addetti a lavori particolar-mente usuranti e quasi tutti affetti da erniadel disco, avevano timore di denunziare lapropria patologia per paura di perdere il po-sto di lavoro.Questo avveniva non tanto con le aziendemunicipalizzate pubbliche, ma con quelleprivate in concessione. E certamente, quan-do poi oggi si pensa di poter fare arrivarequesti lavoratori all’età di 68 anni, è eviden -te che c’è un rischio immediato per la sa lutedel lavoratore e indirettamente per la salu-te e la condizione di sicurezza dei terzi tra-sportati.Colgo l’appello che Rocchi ha fatto, nellaparte finale della relazione, sul superamentodel regime derogatorio per i lavoratori dei tra-sporti marittimi; penso che questo lavoro siaormai maturo per essere compiuto. Pensoche, ovviamente, sia innanzitutto in capo alministero del Lavoro. La parte nostra che ri-guarda più propriamente la sicurezza dellacircolazione noi la facciamo sempre. Anchequi, non siamo i soli competenti: c’è ancheuna competenza molto forte e anche moltoesclusiva del ministero dell’Interno, la dire-zione generale della Polizia stradale, con laquale ogni anno, proprio nel mese di no-vembre, incrociamo il ferro, simbolicamen-te, per stabilire quali sono le giornate in cuiapplicare il divieto di circolazione. Le impresevorrebbero naturalmente avere meno divie-ti possibili per poter circolare di più e fare an-che più Pil, produrre più ricchezza. Il mini-stero dell’Interno è orientato in senso piùrestrittivo, invece, ad ampliare il numero di

giornate di divieto dove appunto il traffico èo si prevede essere particolarmente intenso:questa previsione, quindi, va a incidere sullasicurezza stradale.Comprendo il tema dei lavori usuranti e laprevisione già c’è. Per i lavori usuranti c’è latendenza dell’Inps ad abbattere il numerodelle pensioni di invalidità. È una tendenzache io considero in numerosi casi giusta, acondizione di non generalizzarla perché altri-menti faremmo l’applicazione dell’anticobrocardo «Summum ius, summa iniura». Iovengo dal Meridione e molti hanno accusatoi meridionali di aver usato le pensioni di in-validità come ammortizzatori sociali per mol-ti o troppi anni. L’obiezione, devo dire, non èdel tutto priva di fondamento; a condizioneappunto che non venga generalizzata.Evidentemente i lavoratori dei trasporti si tro-vano in una diversa condizione, anche perchéla valutazione prevalente riguardava al Sud icoltivatori diretti, quelli esposti a un tipo dilavoro usurante, che incideva non solo sullacapacità di lavoro, ma, secondo la miglioregiurisprudenza di Cassazione, su quella anchedi guadagno; cosa differente come concetto,in quanto implicante il riferimento alle con-dizioni socioeconomiche e dunque al conte-sto. Quindi, non vi era solo una valutazionedi carattere invalidante proprio, ma una va-lutazione molto più estesa al contesto.Su questo fronte l’impegno del ministeroche rappresento qui è totale. Ovviamente, so-no a disposizione per interloquire con le as-sociazioni sindacali, con la Filt Cgil natural-mente sempre, l’ho fatto anche pochi giornifa su un altro tema, che pure sta per essere in-trodotto nell’ordinamento giuridico italia-

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no, riguardante il recepimento di una diret-tiva comunitaria sui materiali alternativi aquelli da fossile, la quale entro il 18 novem-bre deve essere convertita; fui ospite, inoltre,della Cgil nella sede della Camera del lavo-ro, dove ci siamo confrontati su questo tema.

Ripeto, fermo restando la competenza pri-maria del ministero del Lavoro, faremo la no-stra parte fino in fondo, come sempre, contotale disponibilità e, per quanto mi riguar-da, anche con un grado di sensibilità che hoacquisito sul tema nel corso degli anni.

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* Presidente della Commissione lavoro della Camera dei deputati. Testo non rivisto dall’autore

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Interventi❚ Cesare Damiano *

Per quanto riguarda il tema che voistate affrontando, faccio brevissimeosservazioni sulle implicazioni che esi-

stono nel verbale di Cgil, Cisl e Uil sotto-scritto con il governo. Credo che sia un pun-to di partenza molto importante per alcunimotivi. Non era scontato che ci fosse questopercorso di dialogo perché il governo, il miogoverno, non ha amato molto i sindacatinella concertazione o nel dialogo in occa-sione della Legge di bilancio. Quindi, è si-curamente un risultato. Inoltre, un verbale, per sua natura, contieneun giudizio articolato, che a me non sfugge.Nei suoi contenuti, c’è una questione, se-condo me importante, che è il tema dei lavorigravosi. Ho avuto modo di interloquire invarie occasioni con le organizzazioni sinda-cali, e la battaglia che è stata condotta per al-largare il tema dei lavori usuranti ci è nota.Nei lavori usuranti c’è il trasporto, però è iltrasporto di una tipologia particolare di au-tisti, quelli che conducono mezzi che tra-sportano più di nove persone. Si tratta, quin-di, del vecchio elenco, che io avevo ereditato

quando ero ministro, al quale avevo aggiun-to la catena di montaggio e il lavoro nottur-no, ma avevamo messo a disposizione 2 mi-liardi e 520 milioni. Tuttavia, non c’è dubbioche fosse rimasta aperta quella ferita: il fattodi non avere, nelle categorie dei lavori usu-ranti, una significativa presenza del settore deitrasporti.In termini sicuramente parziali, un passoavanti è stato compiuto, con questo verba-le. Voi avete negoziato l’elenco. Io avevo inmente, lo dico per onestà intellettuale, alcu-ne categorie di lavoratori, come quella deimacchinisti, del personale viaggiante delleferrovie, degli infermieri, degli operai del-l’edilizia e delle maestre dei nidi e degli asi-li, ma non avevo in mente il trasporto mer-ci, gli autoarticolati, i tir. È stato fatto un lavoro, secondo me moltoimportante, che è andato oltre queste prio-rità. Quindi, anche con il concorso vostro,siamo arrivati a 11 categorie per quanto ri-guarda il lavoro gravoso.Credo che non solo macchinisti e persona-le viaggiante delle ferrovie, ma anche il tra-

sporto merci meritino finalmente uno spa-zio molto importante per quanto riguarda iltema della previdenza e della cognizionedella gravosità del lavoro ascrivibile a questecategorie. Però la vera questione, secondo me, è quelladei criteri attraverso i quali sono state sele-zionate queste categorie. Lo stress correlato allavoro, l’incidenza delle malattie professionalie degli infortuni sul lavoro, mortali o non,connessi al crescere dell’età, questi sono i trecriteri che hanno consentito poi di indivi-duare le platee di persone da inserire nel-l’ambito dei cosiddetti lavori gravosi.Penso che questa sia la strada giusta; cioèconsidero questo un risultato che bisogna di-fendere in Parlamento, anche se c’è chi vor-rebbe mettere in discussione l’assetto di quel-l’impianto e di quell’equilibrio. Questi trecriteri cominciano a introdurre nel sistemaprevidenziale anche il concetto non solo dilavoro usurante, ma di gravosità del lavoro.L’altro punto molto importante del verbaleche, secondo me, andrebbe valorizzato, èquello relativo all’aspettativa di vita, che è sta-ta bloccata dal 2019 al momento esclusiva-mente per i lavoratori addetti ad attività usu-ranti. È un principio preziosissimo ancheperché si riconosce, per la prima volta, che ilfuturo del sistema pensionistico può essere le-gato a due criteri.Un criterio è quello della flessibilità, vale adire il superamento di un’assurda rigidità disistema soprattutto nel momento in cui an-diamo via via verso il sistema tutto contri-butivo, se ci riferiamo ai chi andrà in pen-sione nel 2036 avendo cominciato a lavora-re nel 1996. Intorno agli anni trenta di que-

sto secolo ci sarà il sistema contributivo apieno regime che avrà soppiantato quellomisto. Quindi, il criterio della flessibilità èun criterio indispensabile.Il secondo criterio è immaginare nel futuro,come capita nei paesi del Nord Europa, un si-stema che, oltre a essere flessibile, sia taratosulla gravosità del lavoro. Cioè, nel verbale èpassato finalmente il principio in base al qua-le il lavoro pesante fa vivere di meno, men-tre il lavoro leggero fa vivere di più. Poi sta-tisticamente può verificarsi anche il contrario,ma questo è il trend che dobbiamo ricono-scere. Si tratta di un’acquisizione molto im-portante perché, al tempo del governo Ber-lusconi, il ministro Sacconi aveva introdottol’aspettativa di vita agganciando l’età in mo-do indistinto, senza tener conto delle diffe-renze che derivano dal tipo di lavoro svolto.L’altra questione è quella dei giovani. Ancheil presidente dell’Inps ha dichiarato che que-sto accordo, ancora una volta, privilegia levecchie generazioni e non tiene conto deigiovani. Io direi che questo non è vero. Nonè vero perché, quando parliamo di anticipopensionistico a 63 anni, come abbiamo so-stenuto in tante circostanze, noi alludiamo alfatto che, se la mia generazione va in pen-sione prima, si apre qualche spazio di turno-ver per i giovani. Poi, lo so che c’è la Fabbri-ca 4.0, le ristrutturazioni ecc., quindi diecilavoratori escono e non ne entrano altri die-ci, ma, sicuramente, se non esce nessuno,non entra nessuno e anzi, probabilmente, cisono persino degli esuberi.La seconda questione è quella del cumulo.Rendendo gratuito il cumulo pensionistico,è evidente che possiamo in qualche modo fa-

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vorire soprattutto le giovani generazioni chehanno il cosiddetto lavoro discontinuo e ver-sano i loro contributi in più fondi pensione.Quindi, se il cumulo è gratuito, questo su-pera un ostacolo a vantaggio soprattutto del-la mobilità del lavoro che caratterizza le gio-vani generazioni.La terza questione è quella della fase due, cheio mi auguro prosegua, ed è quella che si pre-occupa di concepire, per i giovani che avran-no le pensioni totalmente contributive, lacosiddetta pensione contributiva di garanzia.Quando diciamo che i giovani saranno pen-sionati poveri, non dimentichiamo che sonostati lavoratori poveri, perché hanno comin-ciato tardi a lavorare, tra voucher, stage, la-voro nero; ed è evidente che, a 60 anni, si tro-

veranno con 20 anni di contributi e noncon 40, con salari bassi e una contribuzioneinferiore al 33 per cento, che è lo standard dellavoro dipendente. Tutto questo, dicevo, nel sistema di calcolocontributivo, provoca ovviamente l’impo-verimento del risultato pensionistico. Quin-di, se si fa strada l’idea che alle giovani ge-nerazioni del contributivo puro dovremmodare, attraverso un’operazione di redistribu-zione della fiscalità generale, uno zoccolodi base, metti l’assegno sociale di 448 euro,sul quale si costruisce la pensione contribu-tiva, a quel punto non risolviamo il proble-ma, ma aiutiamo a risolverlo, fermo restan-do che la questione va aggredita nel mercatodel lavoro.

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* Segretario nazionale Cgil

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Interventi❚ Fabrizio Solari *

Facendo idealmente seguito alle cosegià riferite da Cesare Damiano, noisappiamo che tra le incompiute (e ce

ne sono molte) legate alla necessaria manu-tenzione, tra cui la legge di riforma dellepensioni, ce n’è una che investe il settoremarittimo, particolarmente penalizzato. Suquesto bisognerà comunque mantenere altal’attenzione.Per semplificare al massimo vorrei dire que-sto. Voi avete discusso molto in questa gior-nata. Non c’è dubbio che il tema della sicu-rezza ha due grandi sotto temi. Da un lato,c’è la cosiddetta prevenzione, cioè tutto quel-lo che si può fare per evitare che succedanodegli eventi infortunistici; e poi, dall’altro, c’èil tema del risarcimento. Su quest’ultimoaspetto (che metto tra parentesi perché se neoccupa prevalentemente e molto bene il pa-tronato Inca, con il quale abbiamo lavoratoper costruire questa discussione) segnalo so-lo che ci sono alcune »situazioni» che, alme-no dal punto di vista statistico, diciamo co-sì, non ci tornano, soprattutto riferite allemalattie professionali e al danno biologico.Quindi, evidentemente c’è anche qui da fa-

re un qualche lavoro di approfondimento.Poi Francesco Rampi prima ci ha spiegatoche ci sono anche delle opportunità ag-giuntive nell’azione di prevenzione chel’Inail stessa mette in campo per minimiz-zare il rischio.Però, come dicevo, non voglio dimenticareche c’è il tema del risarcimento e la necessi-tà di arrivare a qualche correzione utile suquesta materia, ma non c’è dubbio che il cen-tro della discussione è la capacità di fare pre-venzione.Ora io vorrei rapidamente sottolineare ununico aspetto, sapendo che se ne potrebbe-ro a cascata aggiungere diversi. La primaquestione (credo che nessuno possa sostene-re il contrario) è che la sicurezza sul posto dilavoro è un diritto. E non parlo solo del-l’estrema ingiustizia di non tornare a casa,ma, in generale, è un diritto connesso allepersone e, come tale, è una questione diestrema rilevanza.Non troverai mai nessuno che ti dice che nonè vero. Il punto è quanto siamo conseguenti aquest’affermazione di principio, tutti. Mi han-no riferito che il rappresentante di Confindu-

stria stamattina ha detto: «Va beh, poi ci sonoanche i comportamenti individuali». È vero,ci sono anche i comportamenti individuali equelli sono difficili da prevenire. Allora con-centriamoci sul resto. Avere questa culturadella sicurezza significa agire su una plateacomplessa e molto vasta di fattori.Dico di più. In un settore come quello deitrasporti, alle normali esigenze di tutela dellavoro si aggiungono anche norme specifiche,perché, non sempre, ma quasi sempre, un in-fortunio o un incidente nel mondo dei tra-sporti è destinato a coinvolgere anche altrepersone che non sono direttamente correla-te al lavoro, dagli incidenti stradali al tra-sporto di persone e via di seguito. Quindinon c’è dubbio che è necessaria un’attenzio-ne maggiore.La normativa ce l’abbiamo? Sì. Il D.lgs. n. 81è una delle leggi più avanzate al mondo. C’èqualche tentativo di smontarne qua e là qual-che pezzo? Anche questo è vero. Il ricatto dellavoro – nel senso dello scambiare la sempli-ficazione per riduzione dell’attenzione – ma-gari qua e là fa capolino e bisogna stare attentiche ciò non avvenga.Ma, detto questo, non credo che l’emergen-za nostra sia quella di avere norme aggiunti-ve. L’emergenza nostra mi pare essere quelladi applicare correttamente quelle che ci sonoe mutare alcuni nostri comportamenti. Di-co «nostri», poi spiego il perché e concludo.Esiste (come qui è stato ripreso anche nel di-battito, e non voglio perdere troppo tempo)ancora una situazione nella quale la forma diimpresa è molto spesso frantumata (parliamoin particolar modo del trasporto merci), c’èuna logistica che stenta ad avere un riferi-

mento preciso ed è più sbilanciata, proprio invirtù della presenza delle piccole aziende inItalia, sulla parte più povera della catena,cioè il fatto che si garantisce il trasporto vet-toriale di una merce o delle persone, ma sap-piamo che, nel ciclo della logistica, la ric-chezza non sta nel vettore.La parte buona è quella che sappiamo faremeno. Ripeto, non è un problema di sceltadi volontà: è figlio di una struttura produt-tiva fatta in un certo modo.Se si ha uno stato delle infrastrutture che èquello di cui si è parlato, tutto ciò incide. Senon è sicuro che il cavalcavia regga, se non cisono momenti di interscambio tra modalitàdi trasporto efficienti ecc. A tutto questo, che sono i guai atavici, pos-siamo dire che si aggiunge un elemento og-gettivo? Cesare Damiano ci ha raccontatogiustamente quel poco che riusciamo a muo-vere in questa direzione ma, a questa situa-zione di fatto, che oggettivamente induce aun sistema produttivo più esposto all’inci-dente (e spiegherò poi rapidamente il perché),va aggiunto che c’è un fortissimo rischio, mache ormai è una realtà, ossia l’invecchiamen-to degli operatori, visto che la legge Monti-Fornero allontana la pensione, molto banal-mente, e c’è un invecchiamento dei mezziperché mancano gli investimenti da tempo.Tutto ciò aumenta il rischio. In costanza dileggi, in costanza di attenzione, in costanzadi comportamenti, in realtà questa cosa, oriz-zontalmente, aumenta il rischio.Allora che cosa si può fare? Bisogna assolu-tamente invertire una situazione nella qualemanca all’economia nazionale il 30 per cen-to degli investimenti; e manca il 30 per cen-

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tecnologie figlie della quarta rivoluzione in-dustriale.Bisogna che facciamo altrettanto. È assolu-tamente necessario immaginare che questa fi-losofia, fatta di regole, di opportunità, dicontratti, di qualità, e quindi di aumento del-la produttività, e quindi di aumento dellacompetitività, sia inserita in un quadro di re-gole condivise, in cui, cioè, non è possibileche ognuno operi come ritiene. Se facciamoquesto, credo davvero che noi riusciremmo,da un lato, a dare un contributo alla possi-bilità reale di creare lavoro e sviluppo e, dal-l’altro, a comprimere ulteriormente il rischiosempre presente connesso ai temi della salu-te e della sicurezza sui luoghi di lavoro.Si può fare? Io penso che questa sia la sfida.Lo dico anche ai rappresentanti delle asso-ciazioni, e li ringrazio di essere intervenuti aquesta nostra discussione. Discutiamo diquesto. C’è bisogno di cambiare le regole diingaggio? C’è bisogno di discutere più a fon-do anche della struttura della contrattazione?Facciamolo, ma avendo presente che c’è unobiettivo: quello di un sistema logistico 4.0che metta dentro e che investa tutto sullaqualità e sulla necessità di avere imprese chegarantiscano la copertura dell’intero seg-mento logistico, e non solo della parte piùpovera. E, sulla base di questo, con tuttoquel che significa (formazione, obblighi, do-veri e diritti), provare a costruire una pro-spettiva per questo nostro paese.Io credo che sia ancora possibile farlo e, daparte nostra, offriamo la massima disponi-bilità.

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* Simlii (Società italiana medicina del lavoro e igiene industriale). Testo non rivisto dall’autore

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Interventi❚ Alfonso Cristaudo *

Come società scientifica ci occupiamodi vari comparti lavorativi ma, nelcaso dei trasporti, ci siamo resi con-

to che questo è un settore in cui le situazionidi rischio e di patologia non corrispondono,perché i rischi evidenziati dai documenti, dal-le indagini effettuate dai colleghi igienisti in-dustriali o dalle Asl o dai consulenti azienda-li stessi, non hanno poi un corrispettivo spe-cifico sulle patologie.I numeri, mi sembra, sono abbastanza chia-ri; perché, a fronte di 27-28 mila infortuni,quasi tutti denunciati, abbiamo poco più di500 malattie professionali. E sono, tra l’al-tro, patologie tutte concentrate in un unicoapparato, il muscolo-scheletrico, e neanchein tutto l’apparato muscolo-scheletrico, per-ché le patologie del nervo ulnare, il tunnelcarpale o le patologie degli arti inferiori nonvengono assolutamente né denunciate, né ri-conosciute.Il compito del medico del lavoro, nel casospecifico, non è solo quello di fare la denun-cia, per la quale corre l’obbligo, ma soprat-tutto di rendere un ambiente di lavoro sanoaffinché tutti possano lavorare, anche quelli

che hanno dei problemi. Penso che questo siaun elemento fondamentale, che deve esserericonosciuto. Questo significa che i rischi la-vorativi devono essere affrontati per renderegli ambienti di lavoro più salubri. Abbiamo in questo caso tre grandi ambiti sucui intervenire: i mezzi, le strade che si per-corrono, e i comportamenti individuali, an-ch’essi molto importanti perché, spesso, pos-sono determinare, in specifici contesti, ilverificarsi di eventi infortunistici.Un altro aspetto determinante è quello del-l’invecchiamento, perché credo che sia vera-mente un tema centrale nelle politiche dellasalute e sicurezza, soprattutto in considera-zione del fatto che ci troviamo, a livello na-zionale ed europeo, di fronte a un anda-mento demografico che fa dire come in unprossimo futuro avremo sempre meno per-sone giovani impiegate e sempre più perso-ne anziane. Persone anziane che, quindi, sommano unafisiologica alterazione del proprio organismoa una condizione di usura legata ad attività la-vorative che, in alcuni casi, sono particolar-mente importanti.

Esistono alcune metodiche che noi utiliz-ziamo in medicina del lavoro per valutare lacapacità lavorativa: è il Wai, il Work AbilityIndex, uno studio che noi applichiamo neinostri posti di lavoro, per capire quanto, ri-spetto all’età, possa diminuire la capacità dilavoro e la sua percezione del rischio e dun-que, con essa, capire quali strumenti indivi-duali sono in possesso della persona per di-fendersi dai rischi lavorativi.Da qui discendono alcune considerazioni: èdiverso parlare di un lavoratore di 20 anni,che affronta un viaggio con un camion pertante ore, rispetto a un altro di 62 anni, chefa lo stesso percorso. A parità di rischio e diimpegno, le condizioni che vanno a influi-re sulla loro salute sono completamente dif-ferenti.Questo non vuol dire che tutti i lavoratori di62 anni subiscano una diminuzione delle ca-pacità individuali. Ci sono molte personeche, a 62 o a 65 anni, hanno più capacità dicoloro che magari ne hanno 20. Quindi èchiaro che stiamo parlando in senso media-to. Ciò significa, invece, che è importante an-che rafforzare le proprie funzioni. La promozione della salute, degli stili di vita,il fumo, il movimento ecc., condizionanomoltissimo la capacità di resistere ai rischi la-vorativi.Veniamo al quesito importante: perché sonocosì poche le denunce di malattie professio-nali quando sappiamo che i rischi sono tan-ti, così come, purtroppo, lo sono le patolo-gie lavoro-correlate? I motivi sono diversi.Sicuramente, c’è la paura da parte del lavo-ratore, quando si rivolge al medico, di riferi-re tutto quello che ha, per timore di essere di-

chiarato inidoneo e, quindi, di non poter poicontinuare a svolgere la propria attività, inmaniera efficace.Ma c’è anche un aspetto importante legatoalla mancata attività di sorveglianza sanitaria,che, sulla base delle nostre esperienze e dellenostre indagini, interessa ancora tantissimeaziende. E questo vale sia per quanto riguar-da il D.lgs. n. 81, sia per quanto riguarda ildecreto n. 88 del 1999. Aggiungo, inoltre, un’altra questione, che èlegata anche alla capacità dei medici di po-ter riconoscere certe patologie. Per esempio,i medici curanti, purtroppo, affrontano ra-ramente questo tipo di problematica. Quin-di, quando un lavoratore si presenta al me-dico curante, difficilmente quest’ultimosvolge un’anamnesi accurata sull’attivitàsvolta o comunque non si sforza di faremergere un eventuale nesso eziologico.Questo atteggiamento si riproduce, spesso,anche quando il lavoratore si rivolge allospecialista.Quindi, tutti quei casi di tumore, rilevatinei nostri studi scientifici (il tumore al pol-mone, il tumore alla prostata, il tumore allavescica), non hanno poi alcuna possibilità diessere sottoposti a una revisione critica daparte dell’ente assicuratore, perché l’urologooppure lo pneumologo neanche si immagi-nano che possa esserci una qualche relazionecon il lavoro.I medici di medicina generale, gli specialistie devo dire, purtroppo, anche una parte deimedici del lavoro non sono tutti all’altezza;non tutti sono preparati. Questo è il motivoper cui una società scientifica come la nostracerca di lavorare per far crescere il livello di

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consapevolezza e di conoscenza su questeproblematiche.Poi, ovviamente, esiste un problema di ri-conoscimento da parte dell’istituto assicu-ratore, che ha i suoi strumenti: abbiamo letabelle delle malattie professionali e abbia-mo anche casi di patologie extratabellari,per le quali viene riconosciuto il nesso conil lavoro. Tuttavia, il nostro sistema, pur-troppo, si basa poco sull’aspetto scientificodel dato. In alcuni casi, abbiamo «mancatiriconoscimenti» perché ancora non c’è con-divisione tra normativa e acquisizioni scien-tifiche. La nostra proposta, come società scientifica,è che si semplifichino le norme anche dalpunto di vista del riconoscimento di malat-tie professionali e che si dia voce alle rap-presentanze scientifiche. In altre parole, ciò

significa procedere come si fa in tutti gli al-tri campi: per esempio, quando si deve in-tervenire per capire come svolgere un deter-minato lavoro, di natura idraulica o elettrica,esistono norme nazionali e internazionaliche ci dicono quali sono i migliori livelli fi-no a quel momento conosciuti. Ecco; cosìdovrebbe funzionare anche nel campo del-la medicina del lavoro.A livello internazionale esistono studi rico-nosciuti che ci dicono quali sono le condi-zioni di salute, le condizioni di rischio e i re-lativi nessi eziologici. Dovremmo affidarcipiù a queste indagini, piuttosto che a vecchietabelle e a vecchi sistemi, che non sono al pas-so con i tempi e, nel caso specifico, non so-no al passo con gli aspetti relativi al rischio ealle malattie che troviamo in un determina-to settore lavorativo.

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* Presidente Civ Inail. Testo non rivisto dall’autore

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Interventi❚ Francesco Rampi *

Vorrei iniziare questo intervento, pre-cisando che sotto il profilo assicu-rativo, l’Inail riconosce l’importan-

za dell’esposizione al rischio sulla base deidanni che un tipo di lavorazione produce.Quindi, se una lavorazione produce pochidanni, significa che è a basso rischio assicu-rativo. Se invece produce molti danni allepersone (che si possono tradurre in infortu-ni, in malattie professionali con danni per-manenti o temporanei) le conseguenze sonoben diverse e hanno ricadute, più o menoconsistenti in ragione della gravità, sul pre-mio assicurativo pagato dall’azienda e sul ri-conoscimento del nesso causale da parte del-l’Istituto assicuratore. Questo è nella storiadell’Inail e questo è quanto prevede la legge,il Testo Unico del ’65, che regola la questio-ne della materia.Sono, perciò favorevole alla semplificazionedelle procedure, ma questo non significa af-fermare concetti semplificatori tout court;cioè, sono contrario a processi, che ogni tan-to diventano di moda, che tendono alla ba-nalizzazione dei diversi argomenti. Penso cheoggi ci sia in primis la questione dell’ade-

guamento e dell’aggiornamento della legge inmateria di assicurazione sul lavoro al nuovocontesto socio-organizzativo del mercato dellavoro. Ad esempio, il Testo Unico n. 1124del 1965 è sostanzialmente ispirato a unaunica modalità di relazione di lavoro, quellafondata sul profilo di una persona, la cui car-riera professionale si svolge in un unico postodi lavoro. Ne discende, quindi, che oggi so-no pochi i dipendenti non assicurati; a esem-pio, alcuni insegnanti. Questo avviene, tral’altro, in violazione di qualsiasi elemento delD.lgs. n. 38 che in materia invece estende l’as-sicurazione a tutto il personale della scuola. Una riflessione a parte, invece, meritano lenuove forme del lavoro sulle quali resta aper-to il problema della tutela Inail.Seconda questione. Sempre il T.U. n. 1124del ’65, delle malattie professionali si interessapoco e tratta la questione delle modalità di ri-conoscimento delle patologie lavoro-correlatein analogia a quelle degli infortuni. Gli arti-coli 53 e 54 parlano di denuncia di infortu-nio e di denuncia di malattia professionale.Nella realtà, i flussi delle due cose dovrebbe-ro essere profondamente diversi, perché, nei

casi di infortunio, la certezza, che pure l’Inailverifica, è sufficientemente meccanica. Men-tre, per le malattie professionali, invece, laquestione porta ad alcuni quesiti. Cioè, il re-ferente dell’Inail è sempre l’impresa, dove sista lavorando, ma considerando la latenzadelle malattie professionali e i diversi datori dilavoro che possono intervenire nella carrieradi una singola persona, chi ne risponde? Al-lo stato attuale, il rapporto dell’Inail è anco-ra con l’ultimo datore di lavoro. Invece, pro-babilmente bisognerebbe guardare il percorsolavorativo della persona infortunata o tecno-patica e andare a ricercare il nesso tra attivitàsvolta ed esposizione al rischio. In particola-re, mi riferisco, a esempio, alle malattie pro-fessionali di origine oncologica, nello specifi-co quelle legate all’asbesto, da cui neanche lostesso settore dei trasporti risulta immune. Poi ci sono invece le malattie derivanti dallesollecitazioni che investono l’apparato mu-scolo-scheletrico. Sotto questo profilo, c’èuna recente normativa che in qualche modopuò venire incontro. In sostanza, l’Inail si èinterrogato sull’argomento in questa manie-ra: possiamo verificare se le modalità di la-voro del passato o ancora presenti oggi, chesegnano la persona, possono comportare unamodifica del modello organizzativo, aiutan-do l’impresa a realizzare un adeguamentoragionevole della postazione di lavoro perpermettere di non amplificare il danno e dinon giudicare inidonea la persona?Da questo punto di vista, la legge di stabilitàdel 2015 ha introdotto un sistema di finan-ziamento alle imprese, recepito con un pro-prio regolamento dall’Inail. Questi finanzia-menti dovrebbero aiutare la ricollocazione di

quei lavoratori, con danni permanenti, anchecontenuti, che possono comunque conti-nuare a svolgere la propria attività adeguan-do la postazione di lavoro, evitando così diessere considerati inidonei. Nel settore del-l’au totrasporto questo potrebbe voler dire,per esempio, cambiare il sistema di ammor-tizzazione dei sedili, che eviti di provocare sol-lecitazioni dannose a carico dell’apparato mu-scolo-scheletrico. Questa operazione, che noichiamiamo di reinserimento, nella realtà sa-rebbe di conservazione del posto di lavoro;non comporta dei limiti di carattere percen-tuale del danno, ma comporta una valuta-zione specifica che aiuta a rimuovere le cau-se della patologia. Ed è importante che i costidell’adattamento della postazione di lavorosono totalmente a carico dell’Inail. È unanorma operativa finanziata nel bilancio 2016con 21 milioni di euro e la considero la no-vità più significativa.La questione di fondo sulle malattie profes-sionali è, a mio avviso, che il flusso di ge-stione delle informazioni è inadeguato e chele modalità di valutazione dei medici legali inItalia da parte dell’Inail non è coerente, néomogenea. Da questo punto di vista, si stacercando di riorganizzare il sistema di valu-tazione per riportarlo a omogeneità e ad ade-guatezza. Complessivamente, la percentuale delle ma-lattie professionali riconosciute dall’Istituto èancora molto bassa, ma per invertire la ten-denza, più che l’armonizzazione delle tabel-le c’è bisogno di una armonizzazione delprocesso valutativo. Questo non significa ne-gare che ci sia l’altro elemento legato all’evo-luzione delle patologie tabellate, ma questa

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operazione dipende da una commissione divalutazione presieduta dall’Istituto superioredi sanità. Per quel che riguarda l’Inail, credoche il problema principale sia l’omogeneità

nella modalità di carattere valutativo e nellaricerca della documentazione comprovante ilnesso tra patologia e lavoro. Questo è l’ele-mento sul quale ci stiamo impegnando.

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* Filt Cgil nazionale

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Interventi❚ Giulia Guida *

Credo che lo spirito con cui abbiamoiniziato questo percorso sia statoquello di avviare un processo vir-

tuoso di emersione e riconoscimento dellemalattie professionali all’interno del mondodel trasporto delle merci e su come, in talesettore, si possa mettere in sicurezza il lavo-ro; ma, soprattutto, sulla nostra capacità difare un’analisi di tale esigenza dal punto di vi-sta sindacale, individuando tutti gli stru-menti, a partire sicuramente dai contratti e inprimis dal contratto aziendale, che possonoessere messi in campo per intervenire su que-sta materia.Intervenire, innanzitutto, per rimuovere lenumerose distorsioni che intervengono ingenerale nel settore. Tuttavia, c’è un tema che, mi permetto di di-re, non è stato rilevato neanche dal mondodelle associazioni. I risultati dell’indaginerealizzata sul lavoro dei camionisti ci indica-no un fatto: il calo dei dati c’è perché, pro-babilmente, diminuiscono le denunce di in-fortunio e di malattia professionale. E incorrispondenza di tutta quella parte datoria-le che non denuncia più gli eventi, ce n’è

un’altra che non siamo riusciti a intercettare. In questi anni, le quote di traffico delle mer-ci vanno aumentando. Nonostante questo,diminuiscono i lavoratori, diminuiscono ilavoratori italiani e, probabilmente, si ridu-cono tutti quelli che non riusciamo a inter-cettare e aumentano coloro che non sono ingrado di denunciare le condizioni in cui la-vorano. Contestualmente, le condizioni deilavoratori peggiorano, e non solo a frontedell’invecchiamento della manodopera, maanche per come si lavora; che cosa fa real-mente un camionista? E in quali condizioni?Perché il camionista arriva a fare uso di alcole droghe? Dall’analisi è emerso che ci sonoorari di lavoro massacranti, che raggiungonoil massimo del livello delle ore disponibili; la-vorano dal lunedì al sabato; vivono e dor-mono su un camion e hanno, purtroppo,condizioni di lavoro, che sono peggiorate, inun sistema di infrastrutture che è decisa-mente disagiato. Non dobbiamo dimenti-carci, infatti, che il nostro paese, a differen-za di altri in Europa, non ha piazzole di sostae quelle esistenti spesso sono inadeguate, fa-cendo mancare ai nostri camionisti il sup-

porto adeguato per il loro riposo. Pertanto,dobbiamo interrogarci sugli strumenti a di-sposizione per intervenire per migliorare lecondizioni dei camionisti e dei nostri lavo-ratori, tra cui il sistema contrattuale e quan-to possa essere delegato alla contrattazione. Stamattina, dall’analisi dei risultati della no-stra ricerca è emerso sicuramente il proble-ma di come riusciamo a garantire il dirittoal lavoro e il diritto alla salute, senza che que-sti siano messi in contrapposizione; perchéil problema vero è che se tutti questi lavora-tori oggi hanno il timore di denunciare leproprie condizioni, è perché sanno benissi-mo che, probabilmente, il sistema dell’inte-ro mondo del trasporto si muove dentrouna normativa europea che non aiuta, per-ché, per quanto la Ce possa rappresentareuno spazio comune, la regolamentazionedel settore presenta differenze profonde dapaese a paese; le condizioni di lavoro e il suocosto sono ancora i fattori di vera concor-renza, che influenzano le scelte delle azien-de e del mercato.Quindi, dobbiamo metterci in discussionetutti; c’è la necessità di creare un sistema diregole quale unico punto di partenza comu-ne; e insieme a queste, l’intervento del go-verno su determinate questioni. Intanto, e inogni caso i contratti vanno rinnovati, perchénon riguardano solo ed esclusivamente ilproblema delle malattie professionali. Credoche lo spessore che abbiamo voluto impri-mere al dibattito contrattuale sia stato pro-prio quello di andare oltre la semplice affer-mazione del diritto a un aumento delleretribuzioni. Si è voluti, infatti, partire dallecondizioni del lavoro per verificare quali pos-

sono essere gli elementi da mettere in cam-po per migliorarle. In questo ambito si gio-ca l’altro aspetto che ci riguarda rappresentatodall’innovazione della contrattazione.Credo che anche oggi la discussione di tuttisia stata incentrata per provare ad arrivare aun punto di sinergia, di sintesi tra di noi,consapevoli dell’inizio di un percorso. Oggi, abbiamo degli strumenti che sono si-curamente determinanti e importanti. Spes-so (ce lo ha ricordato il sottosegretario, e miha fatto piacere che lo abbia fatto), in Italiaabbiamo distribuito risorse a pioggia, chenon hanno sicuramente né aiutato né han-no fatto elevare il sistema imprenditoriale nelnostro paese. È forse arrivato il momento didestinare risorse, anche in maniera ridotta(perché oggi parliamo in un momento in cuile risorse non sono più quelle di una volta),rivolgendole a quel mondo imprenditorialeche guarda all’intermodalità, provando a ga-rantire tutte quelle aziende e quel sistemache fanno impresa vera, perché quando si faimpresa veramente, significa investire su mi-gliori condizioni e qualità del lavoro. Questa riflessione apre un altro ambito di in-tervento. Mi riferisco a quanto è contenutonel verbale governo-sindacati, sottoscritto al-la vigilia del Natale e recepito nella Legge dibilancio 2017 sulle pensioni, che ci offreuno strumento in più. Sicuramente noiavremmo voluto che l’intervento del gover-no fosse quello di affermare una vera flessi-bilità in uscita dal lavoro. Tuttavia, l’aver in-trodotto il principio in base al qualeconsiderare le diversità del lavoro, compren-dendo livelli di gravosità, è stato molto im-portante, soprattutto considerando l’allun-

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gamento dell’età pensionabile, imposto dal-la Legge Fornero. L’aver previsto che taleprincipio comprende anche i camionisti, ilpersonale viaggiante e i facchini, probabil-mente, significa poter garantire e aprire unadiscussione in tal senso.Per ultimo vorrei chiudere l’intervento af-frontando il tema delle inidoneità. L’afferma-zione del diritto alla salute e al lavoro deve pas-sare anche attraverso una reale azione di siner-gia tra sindacato, organizzazioni datoriali e im-prese per far sì che quando il lavoratore nonpuò più svolgere quella determinata mansio-ne ci si assuma la responsabilità di garantirglipercorsi di riqualificazione professionale, uti-li per la conservazione del posto di lavoro.

Questo significa anche affrontare le nume-rose problematiche che investono un setto-re composto da un numero ridottissimo digrandi aziende e una maggioranza di realtàproduttive piccole e piccolissime, dove l’ec-cessiva terziarizzazione selvaggia e l’affer-marsi di forme di lavoro in somministra-zione non garantiscono una buona base dipartenza per migliorare le condizioni di la-voro.Abbiamo perciò molto lavoro da fare per ri-muovere le cause che rendono ancor oggi illavoro dei camionisti insicuro e insalubre. Glistrumenti ce li abbiamo e le analisi realizza-te oggi ci aiutano. Forse dovremmo impara-re a usarli in maniera molto più concreta.

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* Presidente Inca Cgil

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Interventi❚ Morena Piccinini *

Vorrei ringraziare in primo luogo idelegati e le delegate della Filt e isuoi dirigenti che hanno contribui-

to in modo significativo a far sì che i lavora-tori del settore rispondessero alle domandedel questionario. Un fatto per nulla sconta-to che dimostra come sia forte il rapporto difiducia tra sindacato e lavoratori. Ed è per noiimportante fare tesoro dei risultati di questaindagine per capire come agire di conse-guenza insieme nel portare avanti il proget-to comune di emersione delle malattie pro-fessionali nei trasporti, che per la nostraeconomia restano strategici. La crisi degli ultimi anni si è fatta sentire inquesto settore, anche se non mancano segnalidi ripresa, tuttavia ancora insufficienti, nonomogenei, non lineari e con qualche com-plicazione in più, come ci viene segnalato dalsindacato e da Confindustria. Si è complica-to ulteriormente non soltanto nel rapportotra le aziende italiane e straniere perché lenormative europee non aiutano una sanacompetitività, ma anche perché è diventatapiù complessa la gestione interna del settore.Il fatto di non essere riusciti, in questa inda-

gine, a interpellare gli immigrati non è un ele-mento da sottovalutare. I lavoratori stranieri– lo diceva Rocchi – sono sempre di più e nonsono trattati meglio degli italiani; anzi, inmolti casi sono trattati peggio. Le denunce ri-ferite dalla categoria per quanto riguarda lecooperative spurie, le false cooperative e an-che il caporalato, la dicono lunga su cosa si-gnifica oggi la trasformazione di questo set-tore, dove a fianco delle grandi aziende nellequali ci sono ancora standard anche di di-mensione contrattuale importanti, ci sonoambiti in cui si riorganizza una china semprepiù discendente. E quando la competitività èspesso giocata sull’abbassamento dei costi dellavoro e della sicurezza: è su questi temi cheabbiamo bisogno di soffermarci.Quindi, credo che questo sia un aspetto dalquale dobbiamo partire per vedere anchequali sono le condizioni di lavoro oggi nelsettore perché, come è emerso anche dai da-ti, il tema dei ritmi del lavoro non è una va-riabile indipendente rispetto ai rischi per lasalute a essi correlati. Spesso siamo di frontea situazioni nelle quali né l’orario legale, giàeccezionale, né l’orario contrattuale sono ri-

spettati. Dunque, dobbiamo ripartire dallacondizione di salute di chi lavora per riaffer-mare un bisogno di tutela e di contrattazio-ne. È un terreno ancora tutto aperto.Guardate, rispetto ai lavoratori migranti,dobbiamo davvero prestare una particolareattenzione, perché le condizioni alle qualispesso sono sottoposti, anche in termini di ri-catto occupazionale, per mantenere il per-messo di soggiorno – soprattutto nelle azien-de piccole, non parlo delle aziende grandi –,sono tali e tante che il dumping interno tralavoratori rischia di essere un elemento chepoi produce effetti devastanti sugli italianiimpiegati nel settore.Credo che dobbiamo fare tutti uno sforzo co-mune per instaurare un maggiore rapporto difiducia con i lavoratori stranieri; e voi sape-te che l’impegno del patronato, da questopunto di vista, è molto intenso, anche nellebattaglie che stiamo facendo per fare in mo-do che le condizioni di soggiorno nel nostropaese siano meno vessatorie rispetto a quan-to non siano state fino a ora.Tornando ai dati, credo che l’indagine cheabbiamo condotto ci offra molti spunti. Pri-mo, è indubbio che c’è un grande problemalegato alla cultura della prevenzione, della for-mazione sia per i lavoratori che per le impre-se. Non vi è dubbio che vanno formati i la-voratori e gli Rls, ma bisogna anche convincerele imprese del fatto che è importante investi-re in prevenzione e in formazione. Non stoparlando di un investimento che necessaria-mente sia costoso per l’impresa. È già un in-vestimento, soprattutto nel settore del tra-sporto, organizzare una giornata nella qualepoter parlare con tutti i lavoratori o con la

maggior parte di essi; cosa complicatissima an-che per le peculiarità organizzative del settore.Quindi, la sensibilizzazione, da questo puntodi vista, davvero deve essere a più facce.Noi, come patronato, insieme a tutte le ca-tegorie della Cgil, in particolare con la Filt,stiamo lavorando molto sul versante dellaprevenzione, anche nei rapporti con l’Inail,partendo dall’analisi dei dati che ci proven-gono dai questionari raccolti. Ciò ci per-mette di focalizzare meglio quali sono i rischiper la salute correlati al lavoro e, di conse-guenza, gli ambiti entro i quali agire per ela-borare una nuova cultura della prevenzionee della stessa formazione. Certamente, siamo in un ambito in cui le ti-pologie di rischio sono multifattoriali; ed èevidente che c’è anche un problema legatoagli stili di vita, ma questo non deve diven-tare un alibi per non investire sulla preven-zione e sulla sicurezza, tenendo conto dellespecificità e dell’evoluzione delle reali condi-zioni di lavoro. Ciò significa mettere in cam-po anche azioni più complesse rispetto aquanto non fosse stato storicamente l’analiz -zare semplicemente il rischio da lavoro puroe semplice. Noi, come Inca, abbiamo già av-viato un progetto nel Veneto, per il quale siè fatto un lavoro comune con le singole im-prese e con comparti di settore, che prevedeazioni sulla informazione e formazione ri-volte ai lavoratori, anche attraverso la previ-sione di investimenti.La stessa cosa può essere fatta nel settore deitrasporti con incentivi per l’innovazione delparco macchine e della tecnologia. Certa-mente, la legge di bilancio non aiuta moltoin questa direzione, perché prevede uno sgra-

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vio dell’Ires e quindi solo sugli utili di im-presa. È una scelta che, in realtà, rischia di in-nescare una catena opposta a quella che ciproponiamo come obiettivo.Noi pensiamo quindi che, da questa indagi-ne, si possano trarre elementi utili per co-struire, con i delegati e i lavoratori di quelleaziende, un rapporto diverso e più stretto conl’Inail e, attraverso questo percorso, ricerca-re un’azione comune sul versante della pre-venzione, dell’informazione e della forma-zione. Il che, naturalmente, comporteràanche una rinnovata azione negoziale perraggiungere gli obiettivi prefissati. In questocontesto, non possiamo dimenticare che ilnostro sogno è quello di arrivare a non doverchiedere per nessuno il risarcimento del dan-no, ma è un sogno ancora abbastanza lonta-no dal realizzarsi.Per ora, dobbiamo fare i conti con il fatto chele denunce di infortuni e soprattutto di ma-lattie professionali restano poche, così comesono pochi gli indennizzi riconosciuti, ri-spetto ai danni alla salute, che pure registria-mo. Questo è un dato che riscontriamo unpo’ ovunque e non soltanto nel settore deltrasporto. In molte realtà, abbiamo l’impres -sione che, pur a fronte di analisi dettagliateprodotte, di denunce suffragate e supporta-te da documentazione sanitaria adeguata for-nita dalle categorie e dal patronato, aumen-tano le richieste rivolte all’Inail, ma non iriconoscimenti del nesso causale. Sembraquasi che ci sia un «tetto non detto» oltre ilquale non si va. Però attenzione. Se vogliamo essere davveroefficaci anche sul piano della prevenzione,non possiamo dare l’idea che tutto quello che

è successo o che sta succedendo nei luoghi dilavoro possa essere ricondotto solo all’ambi-to della individualità e a quello degli stili divita di ognuno, o peggio ancora alla paura didenunciare un infortunio o una malattiaprofessionale per non incorrere nel rischio diricevere una dichiarazione di inidoneità equindi di perdere il posto di lavoro. Que-st’ultimo è un altro passaggio delicato. Sonotroppi i lavoratori che evitano di denuncia-re e di riferire quanto succede loro per il ti-more di essere dichiarati inidonei e di perdereil posto di lavoro, con il risultato di non ave-re né il riconoscimento della copertura assi-curativa da parte dell’Inail, né da parte diInps, che ha chiuso porte e finestre anche perquanto riguarda le invalidità. Questo è un te-ma dal quale non possiamo rifuggire.Penso che sia stato molto importante il pro-cesso legislativo in Italia, dopo gli scivoloniiniziali nell’applicazione della direttiva euro-pea del 2000, laddove dava indicazioni benprecise rispetto alla non discriminazione nelcollocamento al lavoro degli invalidi e degliinidonei. È però stato un processo, recupe-rato recentemente dalla legislazione, che di-spone di fare tutto il possibile per ricolloca-re, in quel luogo di lavoro o in un altro luogodi lavoro, il lavoratore inidoneo. E l’Inail èstato fornito anche di risorse per aiutare eagevolare questo processo.Mi rendo ben conto delle difficoltà di ap-plicare questa disposizione nel settore dei tra-sporti, dove la manodopera ha svolto quasiesclusivamente la mansione di guida deimezzi, ma non dobbiamo accantonarla inpartenza, perché c’è un grandissimo spaziodi tutela negoziale e anche di innovazione al-

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l’interno dell’organizzazione dell’azienda.C’è un grande spazio che, prima di respin-gere come non pertinente rispetto a queldeterminato luogo di lavoro, credo abbiabisogno di essere analizzato un po’ più afondo e che abbia bisogno da parte nostra(del sindacato e del patronato) di una mag-giore preparazione, tale da poter identifica-re quelle che possono essere le modifiche ac-cettabili all’interno di quel luogo di lavoro;tale da permetterci anche di innovare le no-stre pratiche negoziali e di tutela, per non la-sciare semplicemente al rapporto lavorato-re/impresa il problema della possibilità omeno di nuovi inserimenti.Ecco allora che tutto questo si inserisce nellaconsiderazione che, se sappiamo tutti di ave-re un percorso lavorativo più lungo, dobbia-mo sapere tutti che il fattore prevenzione di-venta una responsabilità comune; così comelo è, per le imprese e il sindacato, il fattore ri-collocamento, necessario dopo la dichiara-zione di inidoneità lavorativa per riqualifica-re professionalmente queste persone, dandoloro una nuova prospettiva lavorativa. Vorrei, infine, fare qualche accenno alla leggebilancio e anche al confronto tra governo esindacato, dopo tanti anni di assenza. Credoche, rispetto al settore dei trasporti, la mano-vra finanziaria contenga una novità impor-tante. Ricordava Rocchi, giustamente, il di-sappunto, la grande amarezza della categoriae del sindacato quando, nel 2007, fu ricono-sciuto, come lavoro usurante soltanto quellodegli addetti al trasporto collettivo di perso-ne e aveva escluso i trasportatori delle merci.È stato un elemento di grande amarezza perla categoria e per tutti noi, per la Cgil in par-

ticolare, perché noi non abbiamo mai condi-viso la distinzione tra la guida di mezzi per iltrasporto di persone e quella di mezzi per iltrasporto di merci. Devo precisare, tuttavia,che nel 2007 ebbero più forza le imprese pub-bliche o privatizzate del trasporto di personeperché vedevano, in quella opportunità, unaoccasione anche per liberarsi di lavoratori an-ziani. Non a caso, a distanza di quasi dieci an-ni, la maggior parte dei lavoratori, che hannopotuto usufruire delle norme previdenziali sullavoro usurante, ha riguardato prevalente-mente gli addetti al trasporto di persone.Credo che, nel verbale sottoscritto da gover-no e sindacati, in preparazione della legge dibilancio, ci sia un’innovazione significativa,quella sulla gravosità dei lavori. Significativadal punto di vista di principio, dal punto divista politico e sindacale e anche, io spero, digrande prospettiva per il futuro, perché vie-ne riconosciuto il principio che i lavori nonsono tutti uguali e che non ci si può limita-re a quell’elenco ristrettissimo dei lavori usu-ranti definiti nella vecchia legislazione. Ciòha permesso di prevedere, anche con l’ausi-lio dell’Inail nel fornire dati circa la maggio-re esposizione al rischio, un allargamento si-gnificativo delle attività da considerareusuranti, che comprende anche i condutto-ri di convogli ferroviari e del personale viag-giante, i conduttori di mezzi pesanti, come icamion, i facchini addetti allo spostamentodi merci e assimilati. Si tratta di una esten-sione interessante per il settore dei trasportinel complesso, anche se non risolutiva deiproblemi.Dobbiamo fare i conti con l’entità di risorsefinanziarie messe a disposizione che consi-

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deriamo troppo scarse rispetto al bisogno e,soprattutto, con la serie di criteri ancoratroppo rigidi e vincolanti, che rischiano di va-nificare l’obiettivo di ricomprendere nel-l’elenco dei lavori usuranti settori ulteriori etipologie di attività. Pensare che si possa ac-cedere ai benefici previdenziali solo con 36anni di anzianità contributiva e 6 anni con-tinuativi nell’ultimo periodo di attività lavo-rativa, sono davvero due criteri molto stret-ti che riducono la platea dei potenzialibeneficiari. Il punto dolente resta che in un settore comequello dei trasporti o edile, lavorare fino ai67/68 anni o quel che sarà con l’aspettativadi vita, è impensabile, perché troppo alto ilrischio di dover fare i conti con una mano-dopera raggiunta da dichiarazioni di ini do-neità alla mansione, che si troverebbe ab-bandonata a se stessa. Cosa che non pos sia moaccettare. Ne consegue, quindi, la necessità diprevedere una tutela pubblica anche previ-denziale. Dobbiamo riuscire a ottenere il ri-conoscimento della maggiore gravosità diquesti lavori, anche con lo stanziamento di ri-sorse adeguate per permettere concretamen-te a questi lavoratori di poter esercitare i lo-ro diritti previdenziali.In passato le pensioni di anzianità, tanto vi-tuperate, in realtà erano un grandissimo am-mortizzatore sociale. Ora non siamo nellecondizioni di tornare a quello strumento e,quindi, bisogna costruire una rete diversa diprotezione per il riconoscimento della mag-giore gravosità di queste mansioni. Questo sideve tradurre in azioni che consentano ai la-voratori di poter accedere al pensionamentoanticipato, non in modo vessatorio. Bisogna

fare in modo, per esempio, che l’Anticipopensionistico (che noi non abbiamo volutoe che continuiamo a pensare non sia una ri-sposta adeguata) possa essere realmente effi-cace per gli addetti ai lavori usuranti.Vorrei rappresentare un aspetto particolaredel problema. Quando si arriva a un’età ma-tura, oltre i 60 anni, interviene una multifat-torialità evidente dei rischi alla salute, legata al-l’età e alla storia professionale in di vi duale.Credo che questo tema oggi non sia ancoraconsiderato in modo adeguato da parte deidue maggiori istituti previdenziali (Inail eInps). Mi spiego: oltre alle difficoltà di otte-nere il riconoscimento dell’indennizzo perdanni da lavoro, si aggiungono anche quellefrapposte dall’Inps. Infatti, dopo aver ridot-to le pensioni di vecchiaia, aver eliminato lepensioni di anzianità e anche quelle antici-pate, l’Inps non perde occasione di ridurreanche le pensioni di invalidità. Lo dico sa-pendo quel che dico. Al netto dei casi de-nunciati giustamente ogni giorno dei falsiinvalidi, stiamo parlando dei mancati ricono -scimenti di invalidità per persone che sono inattività lavorativa e che non ce la fanno più.È un fenomeno tutt’altro che trascurabile eche sta diventando intollerabile. Il tema del come una persona, oltre una de-terminata fascia d’età, vive la condizione dilavoro e quanto sia effettivamente ricolloca-bile, diventa di grande attualità. E il nostropaese non può ignorarlo, soprattutto in con-siderazione dell’evoluzione delle norme diaccesso al pensionamento. In questo contesto, il riconoscimento dei la-vori gravosi, delle invalidità che ognuno siporta dietro, e dei danni da lavoro, devono di-

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ventare un mix con un valore diverso rispet-to al passato. Questo non corrisponde al de-siderio di voler trovare delle scappatoie, marappresenta una realtà sempre più estesa, fat-ta di tanti lavoratori anziani che hanno persoil posto di lavoro anche a causa delle loro con-dizioni in cui hanno svolto le loro attività pro-fessionali, e che troppo spesso non trovanouna idonea collocazione lavorativa in altri set-tori perché, quando si è anziani, si è anzianiper tutti i settori.Penso che la novità dei lavori gravosi, inseritanel verbale sottoscritto da governo e sindaca-ti ci consegni un quadro sul quale dobbiamoagire per una rinnovata legislazione, una rin-

novata attenzione sul tema dell’invecchia-mento della manodopera in generale. E pernoi, come patronato, per una rinnovata mo-dalità di tutela. Quando, infatti, si parla diprendere in carico una persona e di accom-pagnarla nel suo percorso di vita e di lavoro,significa sempre di più riuscire a vedere tuttiquesti aspetti, che sono molteplici e ancheplurifattoriali, per i quali dobbiamo riuscireinsieme a trovare la risposta più consona.Credo che l’indagine condotta da Inca e Filt cioffra tanti stimoli per un lavoro comune ulte-riore, nella consapevolezza che siamo davverosolo all’inizio di un percorso anche per inno-vare le nostre stesse modalità di lavoro.

NotiziarioINCAonline

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