New Semplicemente un Fratello - WebDiocesi · 2009. 7. 23. · spartiti in tre gruppi (per un...

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Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217 [email protected] Notiziario locale Direttore responsabile Alberto Migone Vicedirettore: Andrea Fagioli Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983 20 aprile 2008 DAL BOLLETTINO DELLA FRATERNITÀ La comunità di Marugaragara a fraternità di Murugaragara si trova nel nord della Tanzania al confine con il Ruanda, il Burundi e l’Uganda. Si tratta di una zona di rifugiati, con un incrocio di razze, di lingue e di culture, e il cui denominatore comune è la povertà, la precarietà e, sovente, la miseria. La fraternità nacque al tempo dei villaggi «ujamaa» (comunità) voluti dal genio del socialismo africano: J. Nyerere. I fratelli che si sono succeduti hanno vissuto un briciolo di questa originale storia socialista, prendendo parte attiva ai lavori comunitari del villaggio, condividendone le difficoltà e non sottraendosi al penoso e difficile cammino di autogestirsi per la sopravvivenza. In questo momento un fratello del Ruanada, Edouard, sta raggiungendo Lorenzo che era rimasto solo. Murugaragara è un villaggio di 250 o 300 abitanti sparsi su un’ampia vallata. Il nome significa «Bella vista». La gente vive molto poveramente del proprio lavoro agricolo, qualche bananeto, un poco di sorgo, del granoturco, della manioca e fagioli...e tutto a «colpi di zappa». Il mais e le banane sono coltivati principalmente per fare la «birra» (una bevanda che dopo la fermentazione può essere parecchio alcolica) e anche se oggi le autorità proibiscono che se ne faccia un tale uso a causa della sottoproduzione agricola, la gente continua tranquillamente con le loro vecchie abitudini, è questo infatti il solo modo di fare «festa», e di dimenticare i malanni della vita... Ho incontrato Lorenzo - che non vedevo da 7 o 8 anni - in ottima forma malgrado la fragilità della sua schiena e un’ernia, che un giorno o l’altro reclamerà un intervento. È stato molto contento di avere finalmente delle visite e di uscire un poco dal suo isolamento, di poter condividere e scambiare in tranquillità. Nel 2003, Marcel, l’altro fratello che viveva con lui a Murugaragara, è dovuto rientrare in Francia poiché gli attacchi di malaria lo debilitavano paurosamente. Con la sua partenza Lorenzo è rimasto provvisoriamente solo per sistemare le poche cose della fraternità prima di rientrare anche lui in Europa. Devo comunque confessarvi che sono stato colpito da questo piccolo villaggio sperduto nella savana e soprattutto dalla vita di questa fraternità. Essa è un luogo di riferimento per il villaggio. Durante la giornata c’è sempre gente che passa per qualsiasi motivo; la gente si siede sotto l’albero e il tempo scorre dolcemente chiacchierando. Lorenzo continua a lavorare i campi di fagioli, il bananeto, le patate ecc. e con il raccolto riesce ad essere autosufficiente economicamente, almeno per la vita ordinaria. Oltre al suo lavoro nei campi c’è l’accompagnamento del «kigango» - cioè la comunità cristiana di base locale. Grazie a lui, si realizzano molte «piccole cose»" che possono essere delle scintille di speranza per aiutare il villaggio ad uscire dalla mise-ria e soprattutto da una certa inerzia! La comunità lavora dei campi comuni e i suoi membri si impegnano a dissodare il terreno a fare la semina e il raccolto. Parte del raccolto è suddiviso tra i membri il resto appartiene alla cassa del «kigango». Con questi soldi la comunità ha potuto costruire una cappella: orgoglio della comunità. Sul terreno della fraternità c’è un mulino per macinare il mais, una macchina da cucire ed una piccola falegnameria, un pollaio ed una mucca che tra non molto darà, si spera, una vitellina per accrescere la produzione di latte. Tutte queste attività sono sotto la guida di un responsabile che ne ricava un salario come frutto del suo servizio, il guadagno eccedente è sempre versato alla cassa della comunità per gli imprevisti o altri progetti, come per esempio il sogno di comprare un piccolo autobus per il trasporto della gente (soprattutto i malati all’ospedale) e i prodotti dei campi al mercato. Un giovane è già stato inviato in città per prendere la patente di guida. Certamente tutto questo ha potuto prendere il via grazie alla presenza di Lorenzo ed è anche perché lui continua ad esserci che tutto ciò può continuare. Non è facile far entrare nella mentalità della gente il senso del «bene comune»; c’è sovente la tendenza ad accontentarsi passivamente del poco che la vita quotidiana può offrire, c’è una certa carenza di sforzo per andare oltre... La fraternità di Murugaragara fu fondata nel 1978; molti fratelli hanno vissuto qualche tempo accendendo ciascuno un barlume di speranza, ma ahimé, oggi questa fraternità rischia di chiudere... Quanto mi ha impressionato questa fraternità: è una bellissima inserzione tra la gente! La nostra presenza in questo ambiente rurale così povero e svantaggiato ha tutto il suo «senso».Talmente lontano da tutto, essa resta come una scintilla di speranza nella banalità quotidiana di quegli uomini e di quelle donne... Francesco, assistente generale dei Piccoli Fratelli di Gesù L Semplicemente un Fratello «Cosa faccio a Marugaragara? La stessa cosa che fate voi a Livorno: vivo!» orenzo Cantù nasce a Li- vorno, il 27 luglio del 1951. Cresciuto in una fa- miglia religiosa, decide già negli anni del liceo di compiere una scelta di vita radicale. A Ro- ma conosce la comunità dei Piccoli Fratelli di Gesù, una fra- ternità che si ispira agli insegna- menti di Charles de Foucauld e con un carisma particolare: vi- vere tra la gente non per diven- tare i pastori o le guide ma semplice- mente per essere lo- ro fratelli. Questa comunione di vita è la testimonianza propria della frater- nità, la loro parteci- pazione alla missio- ne della Chiesa. Studente alla facoltà di filosofia di Pisa, Lorenzo appena ter- minati gli esami parte per il no- viziato in Spagna nel 1975, e torna a Livorno solo un anno dopo per laurearsi. Dopo la Spagna Lorenzo si trasferisce in Ruanda nella fraternità di Kiga- li, ma fortunatamente prima dei tragici fatti del ’94, viene mandato in Tanzania a Maruga- ragara dove si trova attualmen- te. «In Italia – racconta il fratello Gabriele – torna praticamente ogni cinque anni, ma è tornato anche dopo la morte di nostro fratello e di nostro padre. Quando viene, si trattiene circa un mese, ma non vede l’ora di ripartire: dice che viviamo trop- po freneticamente, che siamo tutti pazzi…a volte fa fatica an- che a respirare, lui, abituato a vivere su un altipiano, è più sensibile all’aria inquinata a cui noi non facciamo più caso. Se gli domando: ma laggiù cosa fai? Mi risponde: la stessa cosa che fai tu a Livorno, vivo! Noi non siamo mai andati a trovarlo perché lui ci sconsiglia sempre di andare: per arrivare là dove vive, ad ovest del lago Vit- toria, molto lontano dalle città, è un viaggio lunghissimo e ab- bastanza pericoloso, ma ci sen- tiamo tutte le settimane nei 10 minuti (!) in cui tiene acceso un cellulare che gli è stato regalato solo poco tempo fa. Purtroppo anche scrivergli è diventa- to difficile ed anche spe- dirgli denaro o altro. Ma invece di parlarmi delle difficoltà – sottoli- nea ancora Gabriele - quando lo sento mi rac- conta entusiasta tutto ciò che stanno costruendo:a Murugaragara stanno av- venendo infatti grandi cambiamenti. Lorenzo ha acquistato per il villaggio delle macchine per macinare cereali (soglia, mais, manioca...) dal campo dell’Onu che accoglieva i profughi del Ruanda e che sorgeva nella sa- vana poco lontano (un campo di 400.000 persone sorte in bre- ve dal nulla e altrettanto veloce- mente ora smantellato!). Le macine permettono di ottenere farine e di migliorare molto il vitto (là si mangia comunque ancora una sola volta al gior- no). Prima si macinava con la pietra. Ora vengono anche dai villaggi vicini per farsi macinare i cereali. È stata acquistata per il villaggio anche una mucca dal latte che è estremamente utile anche il concime che produce. Hanno costruito una capanna/chiesetta del villaggio con annessa stanza riunioni. È stato allestito un laboratorio di falegnameria che ha il duplice scopo di costruire ciò che serve, ma anche di formare dei giova- ni del villaggio... manca un vero esperto falegname e si supplisce con tanta buona volontà e... correggendo gli errori! È stata acquistata una macchina da cu- cire che funziona a pieno ritmo. Un invalido del villaggio la sa usare bene e sta insegnando alle donne molti lavori: dagli indu- menti alle tende. È presente a Rulenge, ma passa molte ore a Murugaragara, un giovane tec- nico di una ONG tedesca. Gra- zie al suo aiuto si è impiantata una coltivazione di 4000 piante di jatrofa (non so bene come si scriva). I fiori di queste piante, opportunamente trattati, servo- no a due scopi: come carburan- te diesel per le maci- ne (pare incredibile, ma Lorenzo assicura che funzionano be- nissimo) e per farci del sapone. Le donne del villaggio si sono specializzate in que- sto e riescono perfi- no a vendere il sapo- ne nei villaggi vicini. Stanno allestendo un’attrezzatura (le macchine sono giap- ponesi) per portare acqua ai campi da una riviera che si tro- va non lontano dal villaggio. Qui non ho capito bene, ma penso si tratti di pompe e cana- lizzazioni: so per certo che il la- voro è immane a quel che mi racconta… sono mesi che stan- no lavorando a questo. In effetti le coltivazioni del villaggio di- pendono del tutto dal clima. Basta una stagione un po’ più secca e i raccolti vanno in rovi- na con conseguenze immagina- bili. L’agricoltura è infatti quella tipica di sussistenza e circola poco la moneta per fare acqui- sti. Poter irrigare i campi quan- do bisogna sarebbe la salvezza. A proposito di acqua, vale la pe- na ricordare che nei villaggi esi- ste solo un pozzo, ma è molto lontano. Lorenzo stesso racco- glie l’acqua piovana con bidoni agli angoli della sua baracca. Accanto alla chiesa hanno dis- sodato dei campi e li hanno spartiti in tre gruppi (per un to- tale di una trentina di persone). Vi hanno seminato cereali e piantato banani. Le loro bana- ne sono diverse da quelle che conosciamo, sono verdi anche se mature e più piccole delle nostre. Gli uomini spesso le fanno fermentare per ottenere bevande alcoliche (l’alcolismo è da sempre una piccola piaga nel villaggio). Nella zona bassa del villaggio dove ci so- no acquitrini hanno messo da poco can- na da zucchero…È una nuova iniziativa ancora in embrione. I progetti nuovi non mancano in una zo- na che resta tra le più povere del pia- neta, con altissima mortalità infantile e dove la vita media è estrema- mente breve. Lorenzo è da tem- po considerato un “vecchio” del villaggio. Come si è visto, si al- ternano progetti di aiuto... a so- pravvivere ad altri in cui si cerca di mettere i locali in condizioni di andare avanti da soli. Per tutte queste attività, il Ve- scovo della diocesi tanzaniana ha parlato di Murugaragara co- me di una comunità pilota, un esempio per tutta la regione. Ma questi progetti non sarebbero stati possibili senza gli aiuti che arrivano da fuori e di cui la par- rocchia di N.S. del Rosario di Li- vorno è stata parte essenziale». c.d. L Il carisma della Fraternità dei Piccoli Fratelli di Gesù a Fraternità, sull’esempio della vita di Gesú a Nazaret, realtà umile e nascosta, trova il suo scopo e la sua realizzazione in una vita contemplativa che le è propria : l’adorazione di Cristo nel Sacramento della Eucarestia, la pratica della povertà evangelica, il lavoro manuale ed una partecipazione reale alla condizione sociale di coloro che non hanno un nome né un’influenza nella società. La loro vita è contemplativa perchè non ha altro fine che l’imitazione di Gesù a Nazaret, ma essi non sono chiamati ad isolarsi dal mondo, come ci si ritira in un monastero, bensì ad immergersi interamente nel mondo, al punto tale che «amore contemplativo verrà raggiunto non solo nel contatto con gli uomini, ma per mezzo di questo contatto stesso». Per saperne di più: http://www.piccolifratellidigesu.it L Gabriele Cantù racconta al nostro giornale l’esperienza del fratello Lorenzo, partito per l’Africa 30 anni fa... Una vocazione radicale maturata negli anni del liceo Il villaggio sta cambiando grazie alle nuove macchine e ai laboratori di mestieri

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  • Via del Seminario, 6157122 Livornotel. e fax0586/210217

    [email protected]

    Notiziario locale Direttore responsabileAlberto MigoneVicedirettore: Andrea Fagioli

    Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983

    20 aprile 2008

    DAL BOLLETTINO DELLA FRATERNITÀ

    La comunità diMarugaragara

    a fraternità di Murugaragara si trova nel nord dellaTanzania al confine con il Ruanda, il Burundi e

    l’Uganda. Si tratta di una zona di rifugiati, con un incrociodi razze, di lingue e di culture, e il cui denominatorecomune è la povertà, la precarietà e, sovente, la miseria.La fraternità nacque al tempo dei villaggi «ujamaa»(comunità) voluti dal genio del socialismo africano: J.Nyerere. I fratelli che si sono succeduti hanno vissuto unbriciolo di questa originale storia socialista, prendendoparte attiva ai lavori comunitari del villaggio,condividendone le difficoltà e non sottraendosi al penosoe difficile cammino di autogestirsi per la sopravvivenza. Inquesto momento un fratello del Ruanada, Edouard, staraggiungendo Lorenzo che era rimasto solo.Murugaragara è un villaggio di 250 o 300 abitanti sparsisu un’ampia vallata. Il nome significa «Bella vista». Lagente vive molto poveramente del proprio lavoro agricolo,qualche bananeto, un poco di sorgo, del granoturco, dellamanioca e fagioli...e tutto a «colpi di zappa».Il mais e le banane sono coltivati principalmente per farela «birra» (una bevanda che dopo la fermentazione puòessere parecchio alcolica) e anche se oggi le autoritàproibiscono che se ne faccia un tale uso a causa dellasottoproduzione agricola, la gente continuatranquillamente con le loro vecchie abitudini, è questoinfatti il solo modo di fare «festa», e di dimenticare imalanni della vita...Ho incontrato Lorenzo - che non vedevo da 7 o 8 anni -in ottima forma malgrado la fragilità della sua schiena eun’ernia, che un giorno o l’altro reclamerà un intervento.È stato molto contento di avere finalmente delle visite edi uscire un poco dal suo isolamento, di poter condivideree scambiare in tranquillità.Nel 2003, Marcel, l’altro fratello che viveva con lui aMurugaragara, è dovuto rientrare in Francia poiché gliattacchi di malaria lo debilitavano paurosamente. Con lasua partenza Lorenzo è rimasto provvisoriamente solo persistemare le poche cose della fraternità prima di rientrareanche lui in Europa.Devo comunque confessarvi che sono stato colpito daquesto piccolo villaggio sperduto nella savana esoprattutto dalla vita di questa fraternità. Essa è un luogodi riferimento per il villaggio. Durante la giornata c’èsempre gente che passa per qualsiasi motivo; la gente sisiede sotto l’albero e il tempo scorre dolcementechiacchierando. Lorenzo continua a lavorare i campi difagioli, il bananeto, le patate ecc. e con il raccolto riescead essere autosufficiente economicamente, almeno per lavita ordinaria.Oltre al suo lavoro nei campi c’è l’accompagnamento del«kigango» - cioè la comunità cristiana di base locale.Grazie a lui, si realizzano molte «piccole cose»" chepossono essere delle scintille di speranza per aiutare ilvillaggio ad uscire dalla mise-ria e soprattutto da unacerta inerzia! La comunità lavora dei campi comuni e isuoi membri si impegnano a dissodare il terreno a fare lasemina e il raccolto. Parte del raccolto è suddiviso tra imembri il resto appartiene alla cassa del «kigango». Conquesti soldi la comunità ha potuto costruire una cappella:orgoglio della comunità.Sul terreno della fraternità c’è un mulino per macinare ilmais, una macchina da cucire ed una piccolafalegnameria, un pollaio ed una mucca che tra non moltodarà, si spera, una vitellina per accrescere la produzionedi latte.Tutte queste attività sono sotto la guida di unresponsabile che ne ricava un salario come frutto del suoservizio, il guadagno eccedente è sempre versato allacassa della comunità per gli imprevisti o altri progetti,come per esempio il sogno di comprare un piccoloautobus per il trasporto della gente (soprattutto i malatiall’ospedale) e i prodotti dei campi al mercato. Ungiovane è già stato inviato in città per prendere la patentedi guida. Certamente tutto questo ha potuto prendere ilvia grazie alla presenza di Lorenzo ed è anche perché luicontinua ad esserci che tutto ciò può continuare. Non èfacile far entrare nella mentalità della gente il senso del«bene comune»; c’è sovente la tendenza ad accontentarsipassivamente del poco che la vita quotidiana può offrire,c’è una certa carenza di sforzo per andare oltre...La fraternità di Murugaragara fu fondata nel 1978; moltifratelli hanno vissuto qualche tempo accendendociascuno un barlume di speranza, ma ahimé, oggi questafraternità rischia di chiudere... Quanto mi haimpressionato questa fraternità: è una bellissimainserzione tra la gente! La nostra presenza in questoambiente rurale così povero e svantaggiato ha tutto il suo«senso».Talmente lontano da tutto, essa resta come unascintilla di speranza nella banalità quotidiana di quegliuomini e di quelle donne...

    Francesco, assistente generale dei PiccoliFratelli di Gesù

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    Semplicemente un Fratello«Cosa faccio a Marugaragara? La stessa cosa che fate voi a Livorno: vivo!»

    orenzo Cantù nasce a Li-vorno, il 27 luglio del1951. Cresciuto in una fa-miglia religiosa, decide già

    negli anni del liceo di compiereuna scelta di vita radicale. A Ro-ma conosce la comunità deiPiccoli Fratelli di Gesù, una fra-ternità che si ispira agli insegna-menti di Charles de Foucauld econ un carisma particolare: vi-vere tra la gente non per diven-tare i pastori o leguide ma semplice-mente per essere lo-ro fratelli. Questacomunione di vita èla testimonianzapropria della frater-nità, la loro parteci-pazione alla missio-ne della Chiesa.Studente alla facoltàdi filosofia di Pisa,Lorenzo appena ter-minati gli esami parte per il no-viziato in Spagna nel 1975, etorna a Livorno solo un annodopo per laurearsi. Dopo laSpagna Lorenzo si trasferisce inRuanda nella fraternità di Kiga-li, ma fortunatamente primadei tragici fatti del ’94, vienemandato in Tanzania a Maruga-ragara dove si trova attualmen-te.«In Italia – racconta il fratelloGabriele – torna praticamenteogni cinque anni, ma è tornatoanche dopo la morte di nostrofratello e di nostro padre.Quando viene, si trattiene circaun mese, ma non vede l’ora diripartire: dice che viviamo trop-po freneticamente, che siamotutti pazzi…a volte fa fatica an-che a respirare, lui, abituato avivere su un altipiano, è piùsensibile all’aria inquinata a cuinoi non facciamo più caso.Se gli domando: ma laggiù cosafai? Mi risponde: la stessa cosa

    che fai tu a Livorno, vivo!Noi non siamo mai andati atrovarlo perché lui ci sconsigliasempre di andare: per arrivare làdove vive, ad ovest del lago Vit-toria, molto lontano dalle città,è un viaggio lunghissimo e ab-bastanza pericoloso, ma ci sen-tiamo tutte le settimane nei 10minuti (!) in cui tiene acceso uncellulare che gli è stato regalatosolo poco tempo fa. Purtroppo

    anche scrivergli è diventa-to difficile ed anche spe-dirgli denaro o altro.Ma invece di parlarmidelle difficoltà – sottoli-nea ancora Gabriele -quando lo sento mi rac-conta entusiasta tutto ciòche stanno costruendo:aMurugaragara stanno av-venendo infatti grandicambiamenti.Lorenzo ha acquistato per

    il villaggio delle macchine permacinare cereali (soglia, mais,manioca...) dal campo dell’Onuche accoglieva i profughi delRuanda e che sorgeva nella sa-vana poco lontano (un campodi 400.000 persone sorte in bre-ve dal nulla e altrettanto veloce-mente ora smantellato!). Lemacine permettono di ottenerefarine e di migliorare molto ilvitto (là si mangia comunqueancora una sola volta al gior-no). Prima si macinava con lapietra. Ora vengono anche daivillaggi vicini per farsi macinarei cereali. È stata acquistata per ilvillaggio anche una mucca dallatte che è estremamente utileanche il concime che produce.Hanno costruito unacapanna/chiesetta del villaggiocon annessa stanza riunioni. Èstato allestito un laboratorio difalegnameria che ha il duplicescopo di costruire ciò che serve,ma anche di formare dei giova-

    ni del villaggio... manca un veroesperto falegname e si suppliscecon tanta buona volontà e...correggendo gli errori! È stataacquistata una macchina da cu-cire che funziona a pieno ritmo.Un invalido del villaggio la sausare bene e sta insegnando alledonne molti lavori: dagli indu-menti alle tende. È presente aRulenge, ma passa molte ore aMurugaragara, un giovane tec-nico di una ONG tedesca. Gra-zie al suo aiuto si è impiantatauna coltivazione di 4000 piantedi jatrofa (non so bene come siscriva). I fiori di queste piante,opportunamente trattati, servo-no a due scopi: come carburan-te diesel per le maci-ne (pare incredibile,ma Lorenzo assicurache funzionano be-nissimo) e per farcidel sapone. Le donnedel villaggio si sonospecializzate in que-sto e riescono perfi-no a vendere il sapo-ne nei villaggi vicini.Stanno allestendoun’attrezzatura (lemacchine sono giap-ponesi) per portare acqua aicampi da una riviera che si tro-va non lontano dal villaggio.Qui non ho capito bene, mapenso si tratti di pompe e cana-lizzazioni: so per certo che il la-voro è immane a quel che miracconta… sono mesi che stan-no lavorando a questo. In effettile coltivazioni del villaggio di-pendono del tutto dal clima.Basta una stagione un po’ piùsecca e i raccolti vanno in rovi-na con conseguenze immagina-bili. L’agricoltura è infatti quellatipica di sussistenza e circolapoco la moneta per fare acqui-sti. Poter irrigare i campi quan-do bisogna sarebbe la salvezza.

    A proposito di acqua, vale la pe-na ricordare che nei villaggi esi-ste solo un pozzo, ma è moltolontano. Lorenzo stesso racco-glie l’acqua piovana con bidoniagli angoli della sua baracca.Accanto alla chiesa hanno dis-sodato dei campi e li hannospartiti in tre gruppi (per un to-tale di una trentina di persone).Vi hanno seminato cereali epiantato banani. Le loro bana-ne sono diverse da quelle checonosciamo, sono verdi anchese mature e più piccole dellenostre. Gli uomini spesso lefanno fermentare per ottenerebevande alcoliche (l’alcolismo èda sempre una piccola piaga nel

    villaggio).Nella zona bassa delvillaggio dove ci so-no acquitrini hannomesso da poco can-na da zucchero…Èuna nuova iniziativaancora in embrione.I progetti nuovi nonmancano in una zo-na che resta tra lepiù povere del pia-neta, con altissimamortalità infantile e

    dove la vita media è estrema-mente breve. Lorenzo è da tem-po considerato un “vecchio” delvillaggio. Come si è visto, si al-ternano progetti di aiuto... a so-pravvivere ad altri in cui si cercadi mettere i locali in condizionidi andare avanti da soli.Per tutte queste attività, il Ve-scovo della diocesi tanzanianaha parlato di Murugaragara co-me di una comunità pilota, unesempio per tutta la regione. Maquesti progetti non sarebberostati possibili senza gli aiuti chearrivano da fuori e di cui la par-rocchia di N.S. del Rosario di Li-vorno è stata parte essenziale».

    c.d.

    L

    Il carisma della Fraternitàdei Piccoli Fratelli di Gesù

    a Fraternità, sull’esempio della vita diGesú a Nazaret, realtà umile e nascosta,

    trova il suo scopo e la sua realizzazione inuna vita contemplativa che le è propria :l’adorazione di Cristo nel Sacramento dellaEucarestia, la pratica della povertàevangelica, il lavoro manuale ed unapartecipazione reale alla condizione sociale dicoloro che non hanno un nome né un’influenza nella società.La loro vita è contemplativa perchè non ha altro fine che l’imitazione di Gesù aNazaret, ma essi non sono chiamati ad isolarsi dal mondo, come ci si ritira in unmonastero, bensì ad immergersi interamente nel mondo, al punto tale che «amorecontemplativo verrà raggiunto non solo nel contatto con gli uomini, ma per mezzo diquesto contatto stesso».Per saperne di più: http://www.piccolifratellidigesu.it

    L

    Gabriele Cantù racconta al nostro giornale l’esperienza del fratello Lorenzo,partito per l’Africa 30 anni fa...

    Una vocazioneradicalematurata negli anni del liceo

    Il villaggio stacambiandograziealle nuovemacchine e ai laboratoridi mestieri

  • LA SETTIMANA DI LIVORNOTOSCANA OGGI20 aprile 2008II

    LA MESSA PER IRIBELLI PER AMORE

    na Messa in ricordo dei testimoni del Vangelo durantela Resistenza e la Ricostruzione. È questa l’iniziativa

    organizzata dall’Ufficio diocesano per i Problemi sociali edel lavoro e dall’Ufficio Scuola/Università in collaborazionecon associazioni ecclesiali in occasione del prossimo 25

    aprile, anniversario dellaLiberazione. Un momentopensato per fare giustamemoria di quanti (comele figure ricordate in questapagina) hanno, in nomedel Vangelo, lottato per lalibertà, la democrazia e lagiustizia negli anni difficilia cavallo tra fascismo eRepubblica.La Messa sarà officiata dalvescovo monsignor SimoneGiusti, giovedì 24 aprile,ore 18, presso laparrocchia di N.S. delRosario (Via Mangini, 30).

    L’invito è aperto alla cittadinanza e alle autorità.L’iniziativa, che ha trovato buona accoglienza da partedella Provincia e dell’Istituto Storico per la Resistenza e laStoria Contemporanea di Livorno, vuole coinvolgere inprimo luogo i ragazzi delle scuole medie superiori delladiocesi: in questi giorni nelle classi 4° e 5° sta infattigirando un libretto sui «Testimoni del Vangelo, ribelli peramore» con scritti di Giovanni Paolo II e don RobertoAngeli. Un modo, si legge in copertina, per far conoscere aigiovani «aspetti poco noti della nostra storia.Volti e paroledi chi a Livorno ha combattuto per le libertà democratichetestimoniando il Vangelo».

    U

    «Così nascosi gli ebrei e aiutai i prigionieri alleati»

    acchée r o e -parti-giano,

    macché azioni straordi-narie. Io ho fatto il pre-teee». Te lo dice conquelle «e» che si dilun-gano a dare forza alconcetto. Non c’è versodi farglielo dire a padreGiuseppe Spaggiari (nella foto al centro tradon Angeli e don Roberti)che quello che ha fattopiù di sessant’anni fa,tanto ordinario nonera. A Livorno ha na-scosto qualche decinadi ebrei, in Lucchesiaha aiutato più di 100prigionieri alleati, hadisegnato preziose car-te per il Comando clan-destino di Roma. Permolto meno si ricevo-no medaglie e onorifi-cenze-di-Stato. «Ma no,ho fatto poco poco –dice lui - ero un porta-borse, uno di secondafila, quello che ho fattol’ho fatto trainato o peramicizia. Mi sono acco-dato a don Roberto An-geli, era lui l’anima ditutto». Sarà pure così:menomale ci sonostralci di un suo diariodepositato all’IstitutoStorico della Resistenzadi Firenze a dirci di piùdel «poco poco». Lui ce-la tutto dietro quellasua risata trascinante:così ha fatto per 60 an-ni. «Che vuoi, – dice –erano ragazzate».

    IN MUTANDE PER I PRIGIONIERIDiciamone una per co-minciare. È passato l’8settembre ‘43: alla sta-zione S. Marco, stipatiin carri merci, ci sonodecine di marinai ita-liani di stanza all’Isolad’Elba catturati dai na-zisti e pronti per esserspediti in Germania. Fi-schiano le sirene del-l’allarme aereo, confu-sione, è il momentobuono per la fuga. Nel-la corsa tra i binari unosi rompe la gamba. Viaall’Ospedale, ma è unatrappola per i compa-gni: come uscire? I te-deschi piantonano leporte dell’Ospedale.Sul diario di Spaggiarisi legge: «Saputolo, in-sieme a don Angeli eErminia Cremoni cor-riamo in aiuto. Procu-rati degli abiti borghesici occupiamo del trave-stimento di quei soldatie non bastando i vestititrovati, ci spogliamodei nostri e sotto la to-naca indossiamo i lo-ro». Se glielo ricordi og-gi lui tira giù una risata:«Ti dirò di più, vennivia senza i pantalonisotto la tonaca».

    ALTRO CHE BURLE…Classe 1917 e una fac-cetta che schizza simpa-tia, 91 primavere porta-te con una freschezzada far dispetto a qual-

    che ventenne d’oggi.Padre Spaggiari è l’ulti-mo di quei preti livor-nesi «ribelli per amore»che può raccontarci conla sua viva voce gli annidella Resistenza fiancoa fianco a don Angeli,in bilico tra terrore e re-denzione. Lo scoviamoa Firenze, al conventodella SS. Annunziatadei Servi di Maria: è lìdal 1978, dopo una vitapassata a Livorno, pri-ma da prete (fino al’62)e poi da frate (dal ’64 al’73). Nel Vangelo neiLager don Angeli gli de-dica due pagine intereintere, con lui – scrive –«fummo un “duetto”inseparabile in ogniimpresa». Senza conta-re che è proprio Spag-giari uno dei «due pre-ti» protagonista delleprimissime pagine dellibro. Rileggere quellerighe insieme a lui dà

    emozioni forti e un’in-sospettabile allegria.«Aveva il gusto delleburle» scrive don Ange-li. E c’è da credergli.«Girando in bicicletta –continua – non si la-sciava sfuggire l’occa-sione propizia per svel-lere o rigirare in dire-zione opposta i cartellistradali tedeschi che in-dicavano le sedi dei co-mandi». Lui mentre ri-legge quasi si sganascia:«Ne ho fatte di mara-chelle eh». Fu lui cheinsieme a don Angeli sioccupò del trasferimen-to dei 23 ebrei rimastiall’Ospedalino Israelitadi via degli Asili. Da lì litrasferirono in via Nar-dini e via Micali procu-rando loro viveri, dena-ro, acqua, luce. «Me loricordo bene – ricorda-ho scavicchiato io laporta di casa di un mioamico per farli entrare».

    MOSCHETTI AI PARTIGIANIPadre Giuseppe sbrigliai fili della memoria. «Tene racconto una belli-na», dice, e attacca:«Dalle suore della casadi cura di via Montebel-lo si erano rifugiati alcu-ni soldati di Badoglio.Dopo l’8 settembre fug-girono e sotterrarono leloro armi nel giardino.Con Luciano Merliniimprovvisatosi carrettie-re le feci trasportare acasa di mia nonna inCorso Amedeo: 21 mo-schetti con più di 700colpi, 20 bombe a ma-no e 6 pistole». È il no-vembre 1943, i suoi era-no già sfollati a Ponte aMoriano, lui li avrebbeseguiti a breve. Già inquei mesi però faceva laspola tra Livorno e lazona di Lucca («quasisempre in bicicletta», di-ce), lì aveva preso con-

    tatti con i partigiani diManrico Ducceschi, ilmitico comandante«Pippo». «Insieme a Gu-glielmo Giannecchini, ilmio punto di riferimen-to in Lucchesia, nascon-demmo le armi in unsaccone e le infilammonel barroccio tra la mo-bilia pronta a raggiun-gere la mia famigliasfollata. Se l’avesse sa-puto la mia mamma…».Niente (o quasi) di stra-no se non fosse che du-rante le operazioni dicarico c’era una ronda ditedeschi che faceva in sue giù per Corso Ame-deo. «Se, Dio ne guardi,avessero detto “control-liamo lì!”, ci fucilavanotutti. Che incoscienza!».

    AIUTI PER 120 ALLEATISì rischiava la pelle sì,«ma un prete deve starevicino a chi ha biso-gno». Padre Giuseppeaveva l’occhio puntatoalla persona, non ai pe-ricoli: «se c’era da aiuta-re un tedesco ferito omalato non ci saremmotirati indietro». Da sfol-lato le sue “birichinate”aumentarono d’inten-sità. A due passi dallasua chiesa c’era un cam-po di concentramento:lì si prodigò di nuovoper gli ebrei e i familiaridei partigiani. E divennea tutti gli effetti partigia-no di «Pippo». «Bah –puntualizza - non homai voluto la tesseraperché non ci credevo aquelle baggianate. M’a-vevano dato anche lacarta d’identità falsa.Mai usata». Ma che fecein Lucchesia? «Assisten-za, solo assistenza», di-ce. Detta così par pochi-no. Nella zona c’erano icampi di concentramen-to 704 e 705, da lì riusci-rono a scappare moltimilitari alleati. Don An-geli era in contatto conla contessa GiulianaBenzoni a Roma (damadi compagnia di MariaJosè di Savoia) con cuiaveva imbastito una ca-pillare rete assistenziale.Provennero da lì gli aiu-ti che Spaggiari, insiemea Emilio Angeli e Gian-necchini, procurò aifuggiaschi. Li andò ascovare uno per uno i120 tra sudafricani e in-glesi sparsi nei casolari etra le montagne dellePizzorne. Fino all’arrivodelle truppe alleate (5settembre 1944) scrisseloro lettere («perfino ibiglietti di Natale per lefamiglie» ricorda) perinvitarli a sperare e a re-sistere, procurò abiti eviveri. E poi fece arrivareal comando clandestinodi Roma notizie sullaDivisione Goering distanza in quelle zone euna mappa dettagliatadi tutte le fortificazionifatte dai nazisti nellaValle del Serchio fino alPasso delle Radici. «Biri-chinate»?

    PER 14 ANNI SEGRETARIO DI PICCIONIpiù anziani lo ricorderanno ancora allaguida della «Topolino» del Vescovo.

    All’epoca ancora “don”, padre Spaggiari èstato infatti dal 1945 al 1959 segretario dimonsignor Giovanni Piccioni. «Si può direche ero il suo famiglio», racconta Spaggiari.«Ho vissuto con lui 14 anni nella palazzinaPate di via Calzabigi. Mi chiamò il 23dicembre del ’45 e me ne partii in biciclettada Ponte a Moriano col mio fagottino sullacanna». Da lì, insieme al presule, inizia agirare come una trottola tra le macerie diuna città da ricostruire. Lo troviamo anchetra i fondatori e attivisti del ComitatoLivornese di Assistenza («di cui sono ancorafieramente socio», dice) insieme a donAngeli. Nato a Pietrasanta, ma entrato nelSeminario «Gavi» di Livorno già dal 1927,diventa prete nel ’41, poi le vicende dellaguerra e lo sfollamento. È un pozzo dianeddoti, soprattutto sul dopoguerra.«Piccioni leggeva libri fino a mezzanotte, avolte le due. Per tenersi sveglio si beveva unabella tazzona di caffè nero forte». Descrivecon ricchezza di dettagli le vicende di queglianni: la discussa ricostruzione del Duomoche portò al lungo braccio di ferro colComune («andai io dall’avvocatoLombroso a chiedere i suoi servizi»), irapporti tra Piccioni e don Angeli («avevanoun carattere simile: distinti, seri. Non eranocompagnoni come me!»), tra il Vescovo esuo fratello Attilio, esponente di spiccodella Dc degasperina («se ne arrivava con una borsata di libri da leggere, tale equale al fratello»). Poi nel ’62, la decisione («meditata da tempo») di entrarein convento tra i Servi di Maria a monte Senario. Dal ’64 al ’73 è però dinuovo a Livorno dove contribuisce a tirar su la parrocchia dei Sette Santi («sec’è una via dei Sette Santi a Livorno è anche merito mio», dice) divenendoneparroco dal ’67. Dal 1978 è a Firenze e tra una preghiera e una burla si divertea scrivere memorie in rima. In una scrive: «Miracoli, prodigi non ho fatto, maneppure buggerate! Speriam dican che ho fatto: il prete, il frate».

    II testimoni del Vangelodurante la Resistenza

    COSÌ MORIRONOPER LA LIBERTÀ

    ravamo animati da una profonda decisione:volevamo attuare quella carica di fraternità umana e

    di giustizia che si trova nel Vangelo». Queste parole di donRoberto Angeli danno forse il senso più pieno di quella che èstata la partecipazione dei cattolici alla Resistenza. Di sicuromolti agirono senza pensare troppo, per puro istintoevangelico (la partecipazione culturalmente fondata fupatrimonio di ristrette élite), così come molti furono coloroche non agirono affatto. La storia - come sempre - ciriconsegna volti e gesta di chi ha potuto o voluto raccontare,di chi può parlare attraverso i documenti. Qui, in occasione

    di questo 25 aprile, oltre apadre Spaggiari, vogliamoricordare quattro figure (2sacerdoti e 2 laici) che per lacausa della libertà persero lavita.Testimoni del Vangelo,ribelli per amore.Don Italo Gambini (nellafoto). Morì a soli 25 anni.Prete da un anno. «Fu ilsostegno della popolazione diCastiglioncello, durante glianni più terribili della guerra»,scrive don Angeli. «Alpassaggio del fronte – scrive

    don Renato Roberti su Fides – col crescere del pericolodivenne più audace, più generoso, più sereno. Piovevano lecannonate e don Italo continuava a confortare le famiglieancora nascoste in varie case del paese». Fu proprionell’accompagnare una famiglia per proteggerla che rimaseucciso da una mina. Era il 9 luglio 1944.Don Renzo Gori. In un documento del C.L.N. di Camaioresi legge: «Siamo a conoscenza che il Sac. Renzo Gori si èdistinto per abnegazione e ardimento, non risparmiandosi esfidando ogni pericolo onde portare aiuto alla popolazione esoccorrere le vittime della ferocia nazista». Era sfollato daLivorno in Lucchesia. Il 6 settembre 1944 – scrive donAngeli - «mentre si recava a seppellire un’ennesima vittimadei tedeschi, venne arrestato e condotto nelle carceri diMalaspina a Massa Carrara. Fu fucilato il 10 delle stessomese per “intelligenza coi partigiani”». Aveva 24 anni.Anna Maria Enriques Agnoletti. A Livorno ci sono unavia e una scuola dedicate a lei. Il Liceo Scientifico Enriquesle ha intitolato l’Aula Magna. Ma chissà quanti studenticonoscono la storia intensissima di questa donna-coraggio,medaglia d’oro della Resistenza. Ebrea di genitori livornesi,scelse il cattolicesimo, e fu per don Angeli una compagna dilotta insostituibile «instancabile propagandista (tra Roma,Firenze e Livorno) delle idee di libertà e giustizia contenutenel programma del Movimento cristiano-sociale». Fuarrestata e fucilata dalla Gestapo il 12 giugno 1944 aCercina nel fiorentino. Aveva 37 anni. Al momentodell’arresto le furono trovate in mano molte copie di«Rinascita», il foglio clandestino dei cristiano-socialilivornesi.Renato Pini. Ingegnere della Solvay. Faceva parte delC.L.N. come ispettore delle formazioni partigiane dellaProvincia di Livorno e rappresentante del Movimentocristiano-sociale. Partecipò a duri combattimentiprovvedendo soprattutto alla guida dei gruppi partigiani chesi formarono tra Castellina e Suvereto. Morì il 14 luglio1944, colpito dal fuoco amico degli alleati avanzanti aliberare Livorno. Era andato ad avvertire di non spararecontro la cava delle magnesite dove erano al riparo decinedi sfollati. Lo scambiarono per un tedesco.

    Giovedì 24 aprile N.S. del Rosario

    «A fianco di don Angelinascosi gli ebreirimastiall’OspedaleIsraelita in via Micali e via Nardini»

    «In Lucchesiagiravo tra i casolari e le montagnein cerca deiprigionieri alleatiin fuga, portandoaiuti e speranza»

    «Partii in biciclettada Ponte a Morianoil 23 dicembre1945, da allorasono stato a fiancodi Piccioni tra lemacerie deldopoguerra, a girarela città per laricostruzione»

    i fili della MEMORIA

    PADRE GIUSEPPE SPAGGIARI/3di Gianluca della Maggiore

  • LA SETTIMANA DI LIVORNO TOSCANA OGGI20 aprile 2008 III

    AGENDA DIOCESANAVENERDÌ 18 APRILE- 16.00 il Vescovo celebra la Messa all’Istituto S.Caterina per la festa della beata Savina Petrilli.- 17.45 parrocchia Ss. Pietro e Paolo incontroorganizzato dal SAE su «Essere Chiesa: esistenzaper gli altri e in comunione tra noi». Relatorepadre Stefano Zamboni.- 18.00 il Vescovo incontra le Autorità e gli Amicidella Diocesi. Partecipa il dottor Vittorio Sozziresponsabile del Progetto Culturale della CEI.

    SABATO 19 APRILE- 8.00 pellegrinaggio mensile a Montenero(ritrovo in P.za delle Carrozze); 9.00 S. Messapresieduta dal Vescovo.

    DOMENICA 20 APRILE- 11.00 nella chiesa S. Seton concelebrazionesolenne per il 40° anniversario della parrocchia:saranno presenti tutti i sacerdoti che sono staticappellani della comunità.- 11.00 il Vescovo celebra la Messa nella chiesadi Castiglioncello e presenta la candidatura adiacono di Remigio Chola.- 15.30 giornata mariana a Montenero: 16.00 Saluto di monsignor Simone Giusti;Catechesi di Padre Raniero Cantalamessa sultema: «MARIA,VIA ALLA CONVERSIONE»; 17.30Solenne Concelebrazione Eucaristica presiedutadal Cardinale Salvatore De Giorgi, Arcivescovoemerito di Palermo - RINNOVATO AFFIDAMENTODELLA TOSCANA A MARIA; 18.30 Fiaccolata eProcessione con la Venerata Immagine dellaMadonna delle Grazie. Al termine: saluto dimonsignor Vasco Bertelli, vescovo presidente delCollegamento Mariano Toscano)

    MARTEDÌ 22 APRILE- 16.00 nel chiostro del vescovado il Vescovoaccoglie don Ciotti e il gruppo di «Libera».- 17.00 il Vescovo è in visita alla parrocchiaSacra Famiglia- 19.30 il Vescovo partecipa alle conclusionidell’incontro di «Libera».- 21.00 alla parrocchia S. Luca a Stagno vegliadi preghiera per le prossime ordinazionisacerdotali.

    MERCOLEDÌ 23 APRILE- 18.00 presso la chiesa delle suoreCalasanziane (via del Bosco) il Vescovo celebra laMessa in ricordo di Chiara Lubich.

    GIOVEDÌ 24 APRILE- 10.00 il Vescovo incontra i Vicari zonali e idirettori dei Centri Pastorali.- 18.00 il Vescovo è in visita alla parrocchia diN.S. del Rosario.

    SABATO 26 APRILE- 11.00 il Vescovo partecipa alla manifestazionedel Trofeo Accademia Navale e Città di Livorno.- 16.00 il Vescovo saluta all’incontro diocesanodei diaconi.

    DOMENICA 27 APRILE- 10.00 il Vescovo celebra la Messa nella chiesadi S. Agostino per il 50° della parrocchia.- 12.00 il Vescovo all’Istituto Mascagni assistead uno dei «concerti della domenica».- 15.00 il Vescovo è relatore al convegnodiocesano di Chiavari.

    LUNEDÌ 28 APRILE- 15.45 chiesa del Sacro Cuore ritrovo delgruppo Apostolato della Preghiera.- 18.00 il Vescovo è in visita alla parrocchia S.Agostino.

    La giornata dei Ministrantialla parrocchia di S. Luca a Stagno

    Se il Signore tichiamasse a seguirlo?

    omenica scorsasi è celebrata laII GiornataDiocesana del

    Ministrante. Circasessanta ministranti(per capirsi: ichierichetti)provenienti da unadecina di parrocchiedella nostra Diocesi sisono ritrovati insiemealla parrocchia di S.Luca a Stagno.L’appuntamento era perle 9.30 del mattino,l’accoglienza e un po’ digiochi insieme divisiper età. Poi unmomento di lettura delvangelo delladomenica: «sappiamoriconoscere la voce delPastore?». Il pranzo alsacco e un po’ di tempolibero. Nel pomeriggiodivisione in gruppi epreparazione alla S.Messa: un gruppo per ilservizio all’altare, altriragazzi a provare icanti, un gruppo adisegnare dei cartelloni,un altro a preparare unmimo sul vangelo; i piùgrandi a preparare lapreghiera dei fedeli.Alle 16.00 è arrivato ilvescovo Simone per lacelebrazione dellaMessa. Durante

    D

    l’eucarestia ha ripreso iltema del vangelo, ilsaper riconoscere lavoce del pastore, e l’hacollegato alla GiornataMondiale per leVocazioni che in tutta laChiesa si celebravaproprio questadomenica. «Cari ragazzise il Signore vichiamasse a seguirloora, sarete in grado diriconoscere la sua voce?Se già a questa età vichiedesse di fare il preteo la suora, gli

    rispondereste di sì? IlSignore non ti frega maiquando ti chiedequalcosa. Lo fa sempreper il tuo bene!». Untema che a volte non sipropone mai a ragazzicredendo che il Signorea questa età non parli enon chiami. La miaesperienza, quella delVescovo e di tanti altri èstata invece proprioquesta. Il Signore si fasentire e come anche aibambini. Il gruppo deiministranti è un terreno

    fertile nel quale i semiche il Signore gettapossono pian pianocrescere. Moltevocazioni di specialeconsacrazione e inparticolare sacerdotalisbocciano all’internodel gruppo deiministranti. Ma nonperché i chierichettigiocano a fare il«pretino» e siinnamorano del«ruolo». Sboccianoperché è un ambientein cui c’è la possibilità

    che si riconosca megliola voce del Signore chechiama. Le vocazioninon mancano mai, nelsenso che il Signorechiama semprequalcuno… è chespesso non c’è nessunoche aiuta il chiamato ariconoscere lachiamata, a riconoscerela voce del buonPastore.Dopo la Messa tuttifuori sul sagrato peruna foto ricordoinsieme al Vescovo epoi tutti a casa.Una giornata bella,gioiosa. Ci auguriamoche possanomoltiplicarsi leoccasioni di incontrotra i vari gruppi diministranti. Unringraziamento a tutticoloro che mi hannoaiutato nella buonariuscita di questoevento. Grazie alVescovo che ci sprona,grazie ai parroci, aipreti e ai variresponsabili che curanoi ministranti.

    Valerio, diacono.

    RICORDANDOLA TRAGEDIADEL MOBY PRINCE

    er non dimenticare», a diciassette annidalla tragedia del Moby Prince si sono

    tenute in città le cerimonie commemorativenel ricordo delle 140 vittime. Al mattino,nella Cattedrale, alla presenza dei gonfalonidel Comune e della Provincia di Livorno,della Regione Emilia Romagna, delle città diSassari e Asti, dei comuni di Ossi (SS),Siderno (RC), Campi Bisenzio (FI),Chatillon (AO), S.Elpidio al mare (AP) eTorre del Greco (NA), insieme ai loroamministratori, si è tenuta una funzionereligiosa presieduta dal Vescovo di Livorno.Monsignor Simone Giusti dopo aver dettoall’inizio della S.Messa che il suffrugioveniva fatto per ricordare gli scomparsi «nelnostro cuore», ha aperto l’omelia con ladomanda: «Cosa vi è rimasto dei vostri caridopo tanti anni da quella notte tragica?» Virimane -ha aggiunto- il sentimento, l’affetto,il suono della voce, l’amore. Rimane dentrodi voi un sentimento vivo che il tempo noncancella e nell’amore vi ricongiungeteidealmente con i vostri cari così come erastato prima. Infatti l’amore è la dimensionefondamentale della nostra vita chesopravvive alla morte. Ieri come oggidunque l’essenziale è l’amore, ciò che fasoffrire in ciascuno di noi è proprio lamancanza di amore, la mancanza d’affetto,la mancanza delle cose non è maiparagonabile alla mancanza d’amore. Ciòche è importante, sempre, per tutti noi èl’amore, perché l’amore «è», non è mai alpassato, è sempre presente ed essenzialecome quello di Cristo per noi che vuole chetutti siano salvi. Sta a noi volere questoamore e accoglierlo, dobbiamo sentire diessere sempre amati da Dio anche se nonsempre lo corrispondiamo. Quando unapersona muore ci si rammarica forse di nonaverla amata abbastanza. Ma -ha terminatoil Vescovo- l’amore è per sempre, nell’amoreDio ha salvato i vostri cari dall’esseresemplicemente polvere, perché Dio li hasalvati dalla morte eterna ed essirisorgeranno come Cristo è risorto. Nelpomeriggio il sindaco, Alessandro Cosimi,ha salutato nella sala consiliare del comunei familiari delle vittime, quindi un corteo hasfilato in centro fino all’Andana degli Anellidove, sotto la lapide che ricorda le 140vittime, è stato deposto un cuscino di roseinviato dal Presidente della Repubblica.

    Gi. Gi.

    Il pellegrinaggio a Osio Sotto di un gruppodi livornesi per ricordare monsignor Savio

    «Una gratuitàimpensabile»

    na gratuità impensa-bile». Questa bellaespressione fa partedel testamento spiri-

    tuale di monsignor Vincenzo Savio:un testo dettato in punto di morte,nel quale, pur tanto sofferente, egliha sentito il bisogno di esprimere lacontentezza e la meraviglia per l’a-more di Dio, per le persone che haconosciuto, elevando un canto di lo-de al Signore per la ricchezza deisuoi doni.Facendo memoria delle ultime,straordinarie parole di Savio, cheriassumono la sua totale adesione efedeltà al progetto di Dio, un gruppodi livornesi ha compiuto, il 31 mar-zo, un pellegrinaggio a Osio Sotto, ilpaese natale di Vincenzo nelle im-mediate vicinanze di Bergamo, inoccasione del quarto anniversariodella sua morte.Monsignor Savio, prima di esserenominato vescovo di Belluno-Feltre,è stato per otto anni vescovo ausilia-re di Livorno e, fino a metà anni ‘80,parroco del Sacro Cuore. E lì, ai «Sa-lesiani», è divenuto per tutti, sempli-cemente «Vincenzo»: non sembri uneccesso di confidenza, perché quelchiamarlo per nome indica in realtàl’affetto profondo della gente per lui,un rispetto e una stima altissimi.Il drappello di livornesi, in gran par-te della comunità parrocchiale delSacro Cuore, nel corso del pellegri-naggio ha meditato su alcuni scrittidi Vincenzo Savio, scelti da RiccardoBurigana, presidente del Centro didocumentazione ecumenica che ètra l’altro impegnato a ricostruire e aconsegnare alla memoria collettival’insegnamento di Savio. «Con que-sto pellegrinaggio – si legge nell’opu-scolo che ha guidato la preghiera –non si vuole semplicemente renderegrazie a Dio per il dono della presen-za di don Vincenzo nella Chiesa lo-

    U«cale di Livorno nei suoi lunghi annidi servizio, ma anche fare memoriadella sua limpida testimonianza cri-stiana, tanto travolgente quantocoinvolgente nell’annunciare la gioiadella speranza in Cristo, Salvatoredelle genti».A Osio le due sorelle ed il fratello diVincenzo Savio hanno accolto ilgruppo di Livorno che ha sostato alcimitero per un primo, commossomomento di preghiera. Poi la chiesaparrocchiale si è riempita di fedeliper la Santa Messa concelebrata: al-l’altare il parroco di Cortina d’Am-pezzo don Davide Fiocco in rappre-sentanza della diocesi di Belluno, ilparroco di Osio don GiannantonioBolis, il parroco del Sacro Cuore diLivorno don Gino Berto e con lui ilconfratello salesiano don Luigi Zop-pi. «Di monsignor Savio vorrei sotto-lineare tre aspetti – ha detto don Ber-to – Il primo si riassume nel concettodella "tenda": sotto la quale Vincen-zo ha saputo ascoltare persone e si-tuazioni, con il sorriso sulle labbra,riconoscendo in ciascuno l’immagi-ne di Dio». Inoltre «Savio ha vissutoun’esperienza ad alta quota, spiritua-le e morale – ha aggiunto il parrocodel Sacro Cuore – convinto che adalta quota non si va da soli ma insie-me, mettendo in comune i doni checiascuno ha ricevuto». Infine, «Vin-cenzo come vetrina di Dio: la sua te-stimonianza è stata tale che chi lo in-contrava poteva dire ‘CertamenteDio ci ama!’».Osio ha tra l’altro ricordato il suoconcittadino presentando al pubbli-co un bel volume appena uscito,«Vincenzo Savio – La meravigliosaavventura di un vescovo sorridente»(Elledici), di Antonio Miscio, conmonsignor Giuseppe Andrich, che aBelluno è succeduto a Savio in qua-lità di vescovo.

    Serenella Guideri

    Le parole del Vescovo ai ragazzi presenti

    DOMENICA 20 NEL CHIOSTRODEL VESCOVADO

    FESTA DEGLI INCONTRI

    Azione Cattolica dei Ragazzipromuove anche quest’anno la Festa

    degli Incontri diocesana: si tratta di unappuntamento tradizionale dell’ACRche, in primavera, invita i ragazzi delladiocesi ad incontrarsi sul tema dell’annoassociativo. Quest’anno il tema è: «Sì,viaggiare» e l’appuntamento è fissatoper domenica 20 alle 10 presso ilChiostro del Vescovado. Il programmaprevede musica e giochi di squadra sia lamattina che il pomeriggio. Lacelebrazione della Messa, presieduta alle16.30 dall’assistente diocesanodell’ACR, don Federico Locatelli,concluderà la giornata di festa.È previsto anche un saluto del Vescovo,monsignor Simone Giusti. Perinformazioni possono essere contattati iresponsabili diocesani: MichelaSchettino (328 6177468) o Matteo Citti(328 6587814)

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