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25 luglio 2010 vita trentina 10 MERIDIANI La Fondazione Ivo de Carneri nell’anniversario della sua presenza sull’isola rilancia e rafforza il suo impegno nella ricerca e nella formazione L di Valeria Confalonieri* L’ aereo è atterrato puntuale. Il sole splende: non lo vedrò molto in questi giorni sull’arcipelago di Zanzibar. La stagione delle piogge è finita, ma quest’anno continuano i temporali: l’aria è fresca, ma certo è meno agevole girare per il Paese sotto scrosci d’acqua improvvisi e violenti, alternati a pioggia battente e schiarite. Il fango diventa una costante sulle strade che percorro, in particolare sull’isola di Pemba, più povera e meno conosciuta dell’altra isola (Unguja, o Zanzibar) dell’arcipelago, dove molte sono le strade sterrate e sconnesse. Sull’isola di Pemba sono iniziate le attività della Fondazione Ivo de Carneri, di cui seguo la comunicazione scientifica. I giorni passati sull’arcipelago sono stati un’immersione nella vita del Paese, con le diverse persone che con impegno, ogni giorno, lavorano per costruire un futuro, per loro e per i loro figli. Sin dall’inizio della sua storia a Pemba, la Fondazione ha lavorato con la comunità locale, con chi conosce le esigenze e le possibilità, le priorità su cui non si può perdere tempo e quello che può aspettare, il modo in cui lavorare e arrivare a un risultato, e per mantenere quanto raggiunto. Un risultato da ottenere integrandosi nella realtà, lavorando con le autorità sanitarie di Zanzibar e in accordo con i piani sanitari locali La Fondazione Ivo de Carneri Onlus (www.fondazionedecar- neri.it), nata nel 1994 in me- moria di Ivo de Carneri, è una organizzazione non governati- va impegnata in progetti sani- tari di cooperazione, ricerca e formazione, nell’ambito delle malattie parassitarie e della povertà. Il primo progetto è stato il Laboratorio di sanità pubblica Ivo de Carneri (Public Health Laboratory Ivo de Car- neri) sull’isola di Pemba (Zan- zibar, Tanzania). Il Laboratorio è stato costruito su un terreno donato dal Ministero della sa- nità e del welfare di Zanzibar, è integrato nel sistema sanitario locale e si pone come una risor- sa, un elemento di formazione e supporto alla ricerca e ai pia- ni sanitari del Paese. Inaugura- to 12 giugno del 2000, il Labo- ratorio raggiunge quest’anno i primi dieci anni di attività. la Fondazione Il Laboratorio di salute pubblica di Pemba. Accanto, L’Autrice (seconda da sinistra) con la signora Alessandra Carrozzi De Carneri e alcuni operatori del Laboratorio perché il risultato sia condiviso e sostenibile nel futuro, con un cammino autonomo. E’ proprio a fianco della comunità, con interventi collegati al contesto e in base alle necessità, che la Fondazione Ivo de Carneri fa partire e porta avanti i progetti sull’isola, dal Laboratorio di sanità pubblica al progetto per far avere acqua sicura, dal sostegno a un reparto di chirurgia a quello a un dispensario per la cura di mamme e bambini. Un’attenzione al contesto che ha caratterizzato il lavoro fin dalla costruzione del Laboratorio, edificio che si inserisce nello stile locale: un quadrilatero con un cortile interno. Una serie di locali attrezzati per la ricerca in virologia, batteriologia, parassitologia, uffici e sale riunioni si affacciano su un corridoio interno aperto sul cortile. Come aperta su un cortile appare la sede del Ministero della sanità a Unguja, con i diversi uffici sui due piani che affacciano su di esso. Come intorno a uno spazio aperto si distribuiscono le aule di una scuola che ho avuto l’opportunità di visitare nella città di Chake Chake a Pemba. Ecco quindi che lo spazio libero, intorno a cui ruotano le attività lavorative, ritorna come una costante, un elemento di armonia e di applicabili. E sempre in questa direzione si pone il sostegno dato alla formazione degli abitanti dell’arcipelago, perché siano artefici diretti del loro futuro, appassionandosi alla loro terra e impegnandosi per essa. Una passione che emerge anche dalle parole del direttore del Laboratorio, Said Mohammed Ali: “Prima di diventare equilibrio, di orizzonte aperto. Il Laboratorio rappresenta un centro di ricerca e di formazione che lavora in e per un Paese dove ci sono ancora molte malattie che potrebbero essere non solo curate ma anche prevenute. Malattie dai nomi più noti come il colera o la malaria a meno conosciuti come schistosomiasi o elminti trasmessi dal suolo. Malattie della povertà, collegate a condizioni igienico-sanitarie scadenti, che interferiscono con le attività lavorative degli adulti e scolastiche dei bambini. Malattie con conseguenze croniche, che segnano la vita e il futuro. In questo ambito si concentrano gli sforzi della Fondazione e del Laboratorio, per portare avanti ricerca, controllo e formazione sulle malattie parassitarie e infettive. Il lavoro insieme con la comunità rappresenta una costante della Fondazione, che accanto alle sedi italiane ha una sede decentrata a Zanzibar, con personale locale che segue direttamente i progetti, conosce le persone, parla con loro e vive nello stesso Paese, confrontandosi con gli stessi problemi e fatiche. Questo aiuta a cogliere al meglio le necessità, e a cercare le soluzioni più appropriate e direttore ero preoccupato . Il Laboratorio non era ancora ben conosciuto quale risorsa e possibilità di sviluppo sanitario. Sapevo che sarebbe stata una sfida difficile. Ma io sono di Pemba, conosco la situazione e desidero lavorare per migliorarla. Ho accettato senza esitare, e le cose si stanno muovendo nella direzione giusta. E’ importante per me lavorare presso questa struttura perché si chiama ‘Laboratorio di sanità pubblica’: porta con sé l’idea di sostenere la comunità e quello che c’è intorno a Pemba e a Zanzibar in generale. L’idea di sostenere la comunità rappresenta l’obiettivo finale di qualunque istituto. L’educazione sanitaria è molto importante, e tutte le ricerche che vengono condotte al Laboratorio vanno spiegate alla comunità, va raccontato quello che si sta cercando; allo stesso modo i risultati degli studi vanno illustrati, condivisi e poi seguiti nel tempo. Ci sono problemi sanitari nel Paese e bisogna lavorare insieme per risolverli”. Un percorso che continua grazie a un lavoro di gruppo, che tiene conto delle priorità e degli strumenti a disposizione, cercando di andare avanti e allargare l’orizzonte delle possibilità e dei risultati raggiunti e raggiungibili. l *responsabile comunicazione scientifica Fondazione Ivo de Carneri onlus LO SCAFFALE Maria Attanasio, Dall’Atlan- te agli Appenini , orecchio acerbo, Roma, 2008, dai 10 anni Il racconto richiama in modo esplicito il famoso “Dagli Ap- pennini alle Ande” di Edmon- do De Amicis. Non è Marco che da Genova si im- barca per Buenos Aires per raggiungere la madre che vi lavora. È Yousef che dall’Atlante marocchi- no viene in Italia perché non ha più notizie della madre emigrata. L’autrice ha ricalcato il famoso racconto non certo a caso: un popolo che ha co- nosciuto nella sua carne le ferite della migrazio- ne deve essere capace di vedere quanto ora in Italia sta accadendo, il dolore di chi parte e di chi resta, della lontananza, dell’impossibilità di co- municare. Anche qui la paura del viaggio e la so- litudine di un ragazzino, lo sfruttamento, ma an- che la vicinanza umana di qualcuno. Il testo è magnificamente illustrato in bianco e nero da Francesco Chiacchio, con un tratto evocativo, a volte cupo, sempre di grande lirismo. Maria Rosa Cutrufelli, Terrona, Cit- tà aperta, Troina (EN), 2004, dai 10 anni È raccontato da una bambina che si trasferisce con la famiglia dal sud al nord d’Italia, dalla Sicilia a Bolo- gna, negli anni Cinquanta delle migrazioni inter- ne. La protagonista non sa di essere un’immigra- ta, non sa di essere una «terrona», lo scopre sol- tanto quando a scuola una compagna glielo chiede con un po’ di cattiveria. Il breve romanzo, accompagnato da illustrazioni, ha il merito di ri- cordare un momento importante della storia ita- liana, di descrivere la diversità interna allo stes- so paese, in cui la bambina si stupisce di abitudi- ni e tradizioni che al sud non aveva mai visto (co- me ad esempio l’albero di Natale) e che testimo- niamo la ricchezza culturale di un paese relativa- mente piccolo come l’Italia ma per molti aspetti così eterogeneo. Per bambini segnaliamo la casa editrice Car- thusia, www.carthusiaedizioni.it e in particolare due collane: - Racconti con le ali (dai 5 anni) presenta titoli che aprono finestre su storie della tradizione po- polare di altri paesi; - Storiesconfinate (3-9 anni), collana di testi bi- lingui, curata da Graziella Favaro. Il particolare formato dei volumi permette una duplice lettu- ra: da una parte si sfogliano come un vero e pro- prio libro dove il testo è presente in due lingue, mentre dall’altro lato la storia è visualizzata at- traverso un’unica grande immagine, lunga 138 cm. Segnalazioni bibliografiche a cura de “Il Gioco degli Specchi”

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25 luglio 2010

vita trentina10 MERIDIANI

La Fondazione Ivo de Carnerinell’anniversario della sua presenza

sull’isola rilancia e rafforzail suo impegno nella ricerca

e nella formazione

Ldi Valeria Confalonieri*

L’ aereo è atterratopuntuale. Il sole splende:non lo vedrò molto inquesti giorni

sull’arcipelago di Zanzibar. Lastagione delle piogge è finita, maquest’anno continuano i temporali:l’aria è fresca, ma certo è menoagevole girare per il Paese sottoscrosci d’acqua improvvisi e violenti,alternati a pioggia battente eschiarite. Il fango diventa unacostante sulle strade che percorro, inparticolare sull’isola di Pemba, piùpovera e meno conosciuta dell’altraisola (Unguja, o Zanzibar)dell’arcipelago, dove molte sono lestrade sterrate e sconnesse.Sull’isola di Pemba sono iniziate leattività della Fondazione Ivo deCarneri, di cui seguo lacomunicazione scientifica. I giornipassati sull’arcipelago sono statiun’immersione nella vita del Paese,con le diverse persone che conimpegno, ogni giorno, lavorano percostruire un futuro, per loro e per iloro figli.Sin dall’inizio della sua storia aPemba, la Fondazione ha lavoratocon la comunità locale, con chiconosce le esigenze e le possibilità, lepriorità su cui non si può perderetempo e quello che può aspettare, ilmodo in cui lavorare e arrivare a unrisultato, e per mantenere quantoraggiunto. Un risultato da ottenereintegrandosi nella realtà, lavorandocon le autorità sanitarie di Zanzibar ein accordo con i piani sanitari locali

La Fondazione Ivo de CarneriOnlus (www.fondazionedecar-neri.it), nata nel 1994 in me-moria di Ivo de Carneri, è unaorganizzazione non governati-va impegnata in progetti sani-tari di cooperazione, ricerca eformazione, nell’ambito dellemalattie parassitarie e dellapovertà. Il primo progetto èstato il Laboratorio di sanitàpubblica Ivo de Carneri (PublicHealth Laboratory Ivo de Car-neri) sull’isola di Pemba (Zan-zibar, Tanzania). Il Laboratorioè stato costruito su un terrenodonato dal Ministero della sa-nità e del welfare di Zanzibar, èintegrato nel sistema sanitariolocale e si pone come una risor-sa, un elemento di formazionee supporto alla ricerca e ai pia-ni sanitari del Paese. Inaugura-to 12 giugno del 2000, il Labo-ratorio raggiunge quest’anno iprimi dieci anni di attività.

la FondazioneIl Laboratoriodi salute pubblica di Pemba.Accanto, L’Autrice(seconda da sinistra)con la signora AlessandraCarrozzi De Carnerie alcuni operatoridel Laboratorio

perché il risultato sia condiviso esostenibile nel futuro, con un camminoautonomo.E’ proprio a fianco della comunità, coninterventi collegati al contesto e in basealle necessità, che la Fondazione Ivo deCarneri fa partire e porta avanti i progettisull’isola, dal Laboratorio di sanitàpubblica al progetto per far avere acquasicura, dal sostegno a un reparto dichirurgia a quello a un dispensario per lacura di mamme e bambini. Un’attenzioneal contesto che ha caratterizzato il lavorofin dalla costruzione del Laboratorio,edificio che si inserisce nello stile locale:un quadrilatero con un cortile interno.Una serie di locali attrezzati per la ricercain virologia, batteriologia,parassitologia, uffici e sale riunioni siaffacciano su un corridoio interno apertosul cortile. Come aperta su un cortileappare la sede del Ministero della sanitàa Unguja, con i diversi uffici sui due pianiche affacciano su di esso. Come intorno auno spazio aperto si distribuiscono leaule di una scuola che ho avutol’opportunità di visitare nella città diChake Chake a Pemba. Ecco quindi che lospazio libero, intorno a cui ruotano leattività lavorative, ritorna come unacostante, un elemento di armonia e di

applicabili. E sempre in questa direzionesi pone il sostegno dato alla formazionedegli abitanti dell’arcipelago, perchésiano artefici diretti del loro futuro,appassionandosi alla loro terra eimpegnandosi per essa. Una passioneche emerge anche dalle parole deldirettore del Laboratorio, SaidMohammed Ali: “Prima di diventare

equilibrio, di orizzonte aperto.Il Laboratorio rappresenta un centro diricerca e di formazione che lavora in e perun Paese dove ci sono ancora moltemalattie che potrebbero essere non solocurate ma anche prevenute. Malattie dainomi più noti come il colera o la malariaa meno conosciuti come schistosomiasi oelminti trasmessi dal suolo. Malattiedella povertà, collegate a condizioniigienico-sanitarie scadenti, cheinterferiscono con le attività lavorativedegli adulti e scolastiche dei bambini.Malattie con conseguenze croniche, chesegnano la vita e il futuro. In questoambito si concentrano gli sforzi dellaFondazione e del Laboratorio, perportare avanti ricerca, controllo eformazione sulle malattie parassitarie einfettive.Il lavoro insieme con la comunitàrappresenta una costante dellaFondazione, che accanto alle sediitaliane ha una sede decentrata aZanzibar, con personale locale che seguedirettamente i progetti, conosce lepersone, parla con loro e vive nellostesso Paese, confrontandosi con glistessi problemi e fatiche. Questo aiuta acogliere al meglio le necessità, e acercare le soluzioni più appropriate e

direttore ero preoccupato . Il Laboratorionon era ancora ben conosciuto qualerisorsa e possibilità di sviluppo sanitario.Sapevo che sarebbe stata una sfidadifficile. Ma io sono di Pemba, conosco lasituazione e desidero lavorare permigliorarla. Ho accettato senza esitare, ele cose si stanno muovendo nelladirezione giusta. E’ importante per melavorare presso questa struttura perchési chiama ‘Laboratorio di sanitàpubblica’: porta con sé l’idea disostenere la comunità e quello che c’èintorno a Pemba e a Zanzibar in generale.L’idea di sostenere la comunitàrappresenta l’obiettivo finale diqualunque istituto. L’educazionesanitaria è molto importante, e tutte lericerche che vengono condotte alLaboratorio vanno spiegate allacomunità, va raccontato quello che si stacercando; allo stesso modo i risultatidegli studi vanno illustrati, condivisi epoi seguiti nel tempo. Ci sono problemisanitari nel Paese e bisogna lavorareinsieme per risolverli”. Un percorso checontinua grazie a un lavoro di gruppo,che tiene conto delle priorità e deglistrumenti a disposizione, cercando diandare avanti e allargare l’orizzontedelle possibilità e dei risultati raggiunti eraggiungibili.

�*responsabile comunicazione scientifica

Fondazione Ivo de Carneri onlus

LO SCA

FFALE

Maria Attanasio, Dall’Atlan-te agli Appenini, orecchioacerbo, Roma, 2008, dai 10anniIl racconto richiama in modoesplicito il famoso “Dagli Ap-pennini alle Ande” di Edmon-

do De Amicis. Non è Marco che da Genova si im-barca per Buenos Aires per raggiungere la madreche vi lavora. È Yousef che dall’Atlante marocchi-no viene in Italia perché non ha più notizie dellamadre emigrata. L’autrice ha ricalcato il famosoracconto non certo a caso: un popolo che ha co-nosciuto nella sua carne le ferite della migrazio-ne deve essere capace di vedere quanto ora in

Italia sta accadendo, il dolore di chi parte e di chiresta, della lontananza, dell’impossibilità di co-municare. Anche qui la paura del viaggio e la so-litudine di un ragazzino, lo sfruttamento, ma an-che la vicinanza umana di qualcuno. Il testo èmagnificamente illustrato in bianco e nero daFrancesco Chiacchio, con un tratto evocativo, avolte cupo, sempre di grande lirismo.

Maria Rosa Cutrufelli, Terrona, Cit-tà aperta, Troina (EN), 2004, dai10 anniÈ raccontato da una bambina che sitrasferisce con la famiglia dal sud alnord d’Italia, dalla Sicilia a Bolo-

gna, negli anni Cinquanta delle migrazioni inter-ne. La protagonista non sa di essere un’immigra-ta, non sa di essere una «terrona», lo scopre sol-tanto quando a scuola una compagna glielochiede con un po’ di cattiveria. Il breve romanzo,accompagnato da illustrazioni, ha il merito di ri-cordare un momento importante della storia ita-liana, di descrivere la diversità interna allo stes-so paese, in cui la bambina si stupisce di abitudi-ni e tradizioni che al sud non aveva mai visto (co-me ad esempio l’albero di Natale) e che testimo-niamo la ricchezza culturale di un paese relativa-mente piccolo come l’Italia ma per molti aspetticosì eterogeneo.Per bambini segnaliamo la casa editrice Car-

thusia, www.carthusiaedizioni.it e in particolaredue collane:- Racconti con le ali (dai 5 anni) presenta titoliche aprono finestre su storie della tradizione po-polare di altri paesi;- Storiesconfinate (3-9 anni), collana di testi bi-lingui, curata da Graziella Favaro. Il particolareformato dei volumi permette una duplice lettu-ra: da una parte si sfogliano come un vero e pro-prio libro dove il testo è presente in due lingue,mentre dall’altro lato la storia è visualizzata at-traverso un’unica grande immagine, lunga 138cm.Segnalazioni bibliografiche a cura de “Il Giocodegli Specchi”