Neuromiopatie acquisite in rianimazione

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Neuromiopatie acquisite in rianimazione B. De Jonghe, T. Sharshar, S. Spagnolo, J.-C. Lachérade, C. Cléophax, H. Outin La neuromiopatia da rianimazione è la più frequente delle patologie neuromuscolari incontrate in rianimazione. Il sistema neuromuscolare periferico, il più delle volte indenne da qualsiasi patologia precedente, può essere colpito a tutti i suoi livelli: assone, trasmissione ed eccitazione muscolari e miocita stesso. I due fattori di rischio principali sono l’aggressione infiammatoria grave che ha portato il paziente in rianimazione, spesso di origine settica e responsabile di un’insufficienza multiorgano, e l’immobilizzazione muscolare prolungata sotto ventilazione meccanica. La diagnosi si basa essenzialmente sull’esame obiettivo effettuato in un paziente che ha ritrovato un livello di coscienza e di cooperazione soddisfacente, che egli sia ancora o meno sotto ventilazione meccanica. Il principale segno è una debolezza muscolare diffusa che predomina nei muscoli prossimali e che può andare dalla tetraparesi moderata a una tetraplegia completa, che risparmia i muscoli del volto. Essa può essere quantificata con l’ausilio del punteggio MRC. Dopo più di una settimana di ventilazione, un paziente su quattro presenta una debolezza muscolare significativa al suo risveglio. La sua durata è variabile, ma può arrivare a vari mesi, nei casi più gravi, ostacolando in modo importante il ritorno all’autonomia. L’elettroneuromiografia è necessaria solo in caso di presentazione clinica o di contesto atipici o nel paziente cerebroleso. La neuromiopatia da rianimazione interessa i muscoli respiratori, il che provoca delle difficoltà di svezzamento e un prolungamento significativo della durata della ventilazione meccanica. Essa è associata a un aumento della mortalità ospedaliera. Lottando contro l’immobilizzazione muscolare profonda e prolungata, l’alleggerimento della sedazione può contribuire a ridurre l’incidenza e la gravità dalla patologia, come anche l’incitamento del paziente a eseguire precocemente e giornalmente, anche sotto ventilazione meccanica e sotto la supervisione dell’equipe curante, degli esercizi di mobilizzazione nel letto o vicino ad esso o degli esercizi muscolari con pedalamento a letto o sulla sedia. © 2011 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati. Parole chiave: Neuromiopatie da rianimazione; Debolezza muscolare; Svezzamento ventilatorio; Sepsi; Immobilizzazione Struttura dell’articolo Introduzione 1 Individuazione della lesione neuromuscolare a livello degli arti 2 Quadro clinico 2 Indagini complementari 2 Individuazione della lesione neuromuscolare respiratoria 3 Conseguenze 3 Difficoltà dello svezzamento e prolungamento della ventilazione meccanica 3 Aumento della mortalità residua alla dimissione dalla rianimazione e dall’ospedale 4 Difficoltà di ritorno all’autonomia 4 Fisiopatologia 4 Fattori di rischio e misure preventive 4 Considerazioni generali 4 Fattori fortemente coinvolti 5 Fattori di ruolo incerto o controverso 5 Fattori di rischio della lesione neuromuscolare respiratoria 6 Introduzione La neuromiopatia da rianimazione (NMR) insorge in pazienti indenni da qualsiasi patologia neurologica precedente e vittime di un’aggressione acuta grave, che mette in gioco la prognosi vitale e che può essere trattata solo nell’ambito della rianima- zione. A questo titolo, la NMR rappresenta una complicanza di due tipi di fenomeni. In primo luogo, la patologia iniziale stessa, che coinvolge spesso in modo simultaneo diversi organi, sotto la forma di un’insufficienza multiorgano, di cui la lesione neuromuscolare periferica è solo una manifestazione. Tuttavia, paragonata alla lesione di altri organi come il sistema cardiovas- colare, polmonare, renale o epatico, la lesione del sistema neuromuscolare periferico si distingue per un’individuazione spesso differita di diversi giorni dopo l’arrivo in rianimazione (il paziente deve essere sveglio per individuare la patologia) e per un’evoluzione a volte prolungata, ben oltre l’uscita dalla rianimazione. In secondo luogo, il ricorso prolungato a delle terapie pesanti (ventilazione meccanica invasiva, depurazione extrarenale, somministrazione di catecolamine, ecc.) impone a molti pazienti delle costrizioni che agiscono come dei fattori I – 36-914-A-10 1 Anestesia-Rianimazione

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Neuromiopatie acquisite in rianimazione

B. De Jonghe, T. Sharshar, S. Spagnolo, J.-C. Lachérade, C. Cléophax, H. Outin

La neuromiopatia da rianimazione è la più frequente delle patologie neuromuscolari incontrate inrianimazione. Il sistema neuromuscolare periferico, il più delle volte indenne da qualsiasi patologiaprecedente, può essere colpito a tutti i suoi livelli: assone, trasmissione ed eccitazione muscolari e miocitastesso. I due fattori di rischio principali sono l’aggressione infiammatoria grave che ha portato il pazientein rianimazione, spesso di origine settica e responsabile di un’insufficienza multiorgano, el’immobilizzazione muscolare prolungata sotto ventilazione meccanica. La diagnosi si basaessenzialmente sull’esame obiettivo effettuato in un paziente che ha ritrovato un livello di coscienza e dicooperazione soddisfacente, che egli sia ancora o meno sotto ventilazione meccanica. Il principale segnoè una debolezza muscolare diffusa che predomina nei muscoli prossimali e che può andare dallatetraparesi moderata a una tetraplegia completa, che risparmia i muscoli del volto. Essa può esserequantificata con l’ausilio del punteggio MRC. Dopo più di una settimana di ventilazione, un paziente suquattro presenta una debolezza muscolare significativa al suo risveglio. La sua durata è variabile, ma puòarrivare a vari mesi, nei casi più gravi, ostacolando in modo importante il ritorno all’autonomia.L’elettroneuromiografia è necessaria solo in caso di presentazione clinica o di contesto atipici o nelpaziente cerebroleso. La neuromiopatia da rianimazione interessa i muscoli respiratori, il che provocadelle difficoltà di svezzamento e un prolungamento significativo della durata della ventilazionemeccanica. Essa è associata a un aumento della mortalità ospedaliera. Lottando control’immobilizzazione muscolare profonda e prolungata, l’alleggerimento della sedazione può contribuire aridurre l’incidenza e la gravità dalla patologia, come anche l’incitamento del paziente a eseguireprecocemente e giornalmente, anche sotto ventilazione meccanica e sotto la supervisione dell’equipecurante, degli esercizi di mobilizzazione nel letto o vicino ad esso o degli esercizi muscolari conpedalamento a letto o sulla sedia.© 2011 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati.

Parole chiave: Neuromiopatie da rianimazione; Debolezza muscolare; Svezzamento ventilatorio; Sepsi;Immobilizzazione

Struttura dell’articolo

¶ Introduzione 1

¶ Individuazione della lesione neuromuscolare a livello degli arti 2Quadro clinico 2Indagini complementari 2

¶ Individuazione della lesione neuromuscolare respiratoria 3

¶ Conseguenze 3Difficoltà dello svezzamento e prolungamento della ventilazionemeccanica 3Aumento della mortalità residua alla dimissione dalla rianimazionee dall’ospedale 4Difficoltà di ritorno all’autonomia 4

¶ Fisiopatologia 4

¶ Fattori di rischio e misure preventive 4Considerazioni generali 4Fattori fortemente coinvolti 5Fattori di ruolo incerto o controverso 5Fattori di rischio della lesione neuromuscolare respiratoria 6

■ IntroduzioneLa neuromiopatia da rianimazione (NMR) insorge in pazienti

indenni da qualsiasi patologia neurologica precedente e vittimedi un’aggressione acuta grave, che mette in gioco la prognosivitale e che può essere trattata solo nell’ambito della rianima-zione. A questo titolo, la NMR rappresenta una complicanza didue tipi di fenomeni. In primo luogo, la patologia inizialestessa, che coinvolge spesso in modo simultaneo diversi organi,sotto la forma di un’insufficienza multiorgano, di cui la lesioneneuromuscolare periferica è solo una manifestazione. Tuttavia,paragonata alla lesione di altri organi come il sistema cardiovas-colare, polmonare, renale o epatico, la lesione del sistemaneuromuscolare periferico si distingue per un’individuazionespesso differita di diversi giorni dopo l’arrivo in rianimazione (ilpaziente deve essere sveglio per individuare la patologia) e perun’evoluzione a volte prolungata, ben oltre l’uscita dallarianimazione. In secondo luogo, il ricorso prolungato a delleterapie pesanti (ventilazione meccanica invasiva, depurazioneextrarenale, somministrazione di catecolamine, ecc.) impone amolti pazienti delle costrizioni che agiscono come dei fattori

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aggravanti, come una sedazione e un’immobilizzazione prolun-gate. Questi ultimi due fattori possono essere oggetto di misurepreventive.

La NMR è la più frequente delle patologie neuromuscolaririscontrate in rianimazione [1-3]. Questa frequenza elevata derivaallo stesso tempo da una migliore identificazione della patologiada parte del medico e dall’aumento verosimile della sopravvi-venza di alcuni pazienti gravi, conseguenza del miglioramentodelle tecniche e delle strategie di gestione dei distress vitali inrianimazione. La NMR colpisce il sistema neuromuscolareperiferico a tutti i suoi livelli: assone, trasmissione ed eccita-mento muscolari e miocita stesso. Il muscolo diaframmatico èinteressato quanto i muscoli degli arti. La posta in gioco è,quindi, doppia: locomotoria e respiratoria.

■ Individuazione della lesioneneuromuscolare a livello degli arti

Quadro clinicoLa diagnosi di NMR è, prima di tutto, clinica. L’esame

evidenzia una debolezza muscolare che interessa i quattro artiin modo relativamente omogeneo e che predomina, in partico-lare nella fase acuta, sui muscoli dei segmenti prossimali di arti,spalle e anche. Si tratta del segno principale della NMR.L’intensità dalla debolezza muscolare può andare da unatetraparesi moderata a una tetraplegia completa. I muscoli delvolto sono, il più delle volte, risparmiati (la conservazione dellamotilità del volto è utilizzata per testare il livello di compren-sione degli ordini semplici). I riflessi osteotendinei sonotipicamente aboliti o francamente ridotti, ma possono essereconservati. La loro accentuazione e anche l’esistenza di unasindrome piramidale o di un’asimmetria franca della debolezzamuscolare devono far rimettere in causa la diagnosi. Dei disturbisensitivi possono presentarsi quando è presente una compo-nente assonale. L’amiotrofia, frequente, è inizialmente masche-rata dall’inflazione idrosodica abituale in questi pazienti.

La debolezza muscolare deve essere quantificata. Un punteg-gio semplice da utilizzare è quello del Medical Research Council(MRC) [4, 5]. Esso misura la forza muscolare, quotata da 0 a 5,nei tre segmenti (prossimale, intermedio e distale) su ciascunodei quattro arti (Tabella 1). Il punteggio totale varia, dunque, da0 (tetraplegia completa) a 60 (forza normale). Una sogliainferiore a 48 è, generalmente, utilizzata per individuare ipazienti colpiti da una NMR, benché non sia stato raggiuntoalcun consenso su questo punto. Questo punteggio è facile dautilizzare. La riproducibilità interosservatore, confermata daisoggetti di rianimazione ventilati colpiti da sindrome diGuillain-Barré [6] o da un accidente vascolare cerebrale (AVC) [7],è stata, negli ultimi tempi, mostrata su popolazioni nonselezionate di rianimazione [8, 9]. Tuttavia, esiste un’imprecisionenei valori superiori del punteggio MRC (quale livello di resis-tenza deve riuscire a vincere il paziente per essere classificato

4 o 5?). La dinamometria manuale [10] potrebbe essere utilizzataa complemento del punteggio MRC in questi pazienti chepresentano un deficit di livello scarso o medio.

Prima di testare la sua forza muscolare, è importante assicu-rarsi della buona comprensione del paziente e della sua coope-razione, che egli sia ancora intubato o già estubato. Unmomento privilegiato per realizzare la prima misurazione ècertamente l’inizio dello svezzamento ventilatorio (prima provadi ventilazione spontanea) [1], da una parte perché il paziente è,in genere, sveglio a questo stadio (i pazienti cerebrolesi costi-tuiscono un’eccezione) e, dall’altra, perché l’evidenziazione diun deficit motorio grave rischia di prolungare lo svezzamentodalla ventilazione meccanica. La misurazione della forzamuscolare può essere ripetuta tutte le settimane e deve, ad ognimodo, essere realizzata al momento dell’uscita del paziente dallarianimazione, al fine di individuare i pazienti che avrannobisogno di una fisioterapia intensiva. Altre tecniche di misura-zione della forza muscolare si basano sulla stimolazione elettricadel nervo motore e non richiedono, dunque, la cooperazionedel paziente. La dorsiflessione del piede [11] o l’abduzione delpollice [12] possono essere esaminate in questa maniera. Tutta-via, la sofisticazione della metodica, il numero ristretto diterritori neuromuscolari valutati e una disponibilità moltolimitata in numerosi servizi di rianimazione ne limitanol’utilizzo nella pratica quotidiana, anche nei pazienti cerebrolesi.

Nei pazienti che hanno richiesto una gestione di diversigiorni in rianimazione, l’incidenza della NMR è elevata. Dopouna settimana passata sotto ventilazione meccanica, un pazientesu due circa presenta un deficit motorio conclamato (MRCinferiore a 48) [8, 13]. L’incidenza passa a 1 su 4 quando siconsiderano i deficit franchi persistenti più di una settimanadopo il risveglio [14], il che, sia detto di sfuggita, sottolineal’impatto della definizione utilizzata sull’incidenza dellapatologia e sulla frequenza dell’identificazione di un deficitmotorio (MRC inferiore a 48) transitorio che regredisce (MRCsuperiore o uguale a 48) soltanto in alcuni giorni. Quest’ultimofenomeno potrebbe essere spiegato dall’esistenza di falsi positividovuti a una cooperazione ancora insufficiente del paziente almomento del risveglio, per un effetto miorilassante residuo dialcuni agenti come le benzodiazepine, oppure da un’autenticaregressione rapida della patologia. Quest’ultima testimonierebbe,allora, una lesione più funzionale che strutturale del sistemaneuromuscolare, il che si potrebbe ipotizzare nei pazienti chepresentano un’ineccitabilità di membrana muscolare esclusiva(si veda più avanti). L’incidenza della NMR dipende anche dalcase mix della popolazione studiata, poiché la NMR è piùfrequente nelle popolazioni che comprendono un maggiornumero di pazienti a rischio di NMR, come quelli colpiti dashock settico o da sindrome di distress respiratorio acuto(SDRA). L’incidenza dipende, infine, dalla soglia utilizzata sulpunteggio MRC per distinguere i pazienti con NMR da quellisenza NMR, poiché una soglia inferiore alla soglia spessoutilizzata di 48 corrisponde a un’incidenza più bassa diNMR [15].

Indagini complementariAl di fuori della ricerca clinica, il ricorso all’elettroneuromio-

grafia (ENMG) è necessario solo in caso di dubbio diagnosticoall’esame obiettivo; in definitiva è piuttosto raro ed è suggeritoda una presentazione clinica atipica o da un quadro inconsueto.Lo scopo è quello di escludere un’altra causa di tetraparesiflaccida in un paziente cosciente. Il sospetto di una causacentrale, in particolare a livello del midollo cervicale o deltronco cerebrale, porta, innanzitutto, a praticare una diagnosticaper immagini. Le diagnosi differenziali di origine neuromusco-lare periferica sono rare e sono rappresentate essenzialmente dauna patologia neuromuscolare presente al momento del rico-vero, ma passata inosservata. Dei casi eccezionali di sindrome diGuillain-Barré sono, inoltre, stati riferiti nel decorso di unachirurgia cardiaca [16]. Un’ENMG può essere realizzata anche inun paziente nel quale il deficit motorio rimane massivo e stabilesenza alcun segno, anche minimo, di miglioramento in10-15 giorni. Infine, ricordiamo che l’ENMG è il solo mezzo

Tabella 1.Punteggio Medical Research Council (MRC). Ogni funzione è valutata da0 a 5. Il punteggio totale va da 0 (tetraplegia completa) a 60 (forzamuscolare normale).

Funzioni valutate(6 a destra e 6 a sinistra)

Punteggio attribuito ad ogni gruppomuscolare

Antepulsione del braccio 0 = assenza di contrazione visibile

Flessione dell’avambraccio 1 = contrazione visibile senza movimentodell’arto

Estensione del polso 2 = movimento insufficiente per vincerela gravità

Flessione della coscia 3 = movimento che permette di vincerela gravità

Estensione della gamba 4 = movimento contro gravità e controresistenza

Flessione dorsale del piede 5 = forza muscolare normale

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diagnostico per confermare una NMR in un paziente cerebro-leso, insufficientemente sveglio e cooperante, per trarre vantag-gio da una valutazione affidabile della sua forza muscolare.

All’indagine elettroneuromiografica standard, il profilo tipicoassocia una riduzione del potenziale d’azione muscolare almomento della stimolazione nervosa e la presenza di attivitàelettriche muscolari spontanee, il tutto osservato in diversiterritori neuromuscolari. Questo profilo è riscontrato nel10-70% dei pazienti dopo 7-10 giorni di ventilazione meccanica,nel quadro della gestione di una sepsi grave o di un’insuffi-cienza multiorgano [3]. Queste anomalie elettrofisiologichepossono essere identificate ben prima del risveglio del paziente,talvolta dopo soltanto 48-72 ore dal ricovero in rianima-zione [17, 18]. Il profilo ENMG è molto suggestivo della diagnosidi NMR ma solo raramente permette di distinguere tra le variecomponenti possibili del quadro neurologico, ovvero unalesione assonale, un’autentica miopatia, una riduzione o ancheun’eliminazione dell’eccitabilità della membrana muscolare o,infine, l’eccezionale blocco neuromuscolare legato a unacurarizzazione persistente dopo l’interruzione dei curarici. Ipotenziali d’azione sensitivi possono essere alterati, testimo-niando, allora, l’esistenza di una componente assonale, esclusivao meno. L’analisi della morfologia e del reclutamento deipotenziali di unità motoria durante la contrazione muscolarevolontaria potrebbe permettere di confermare una componentemiopatica, ma questa ricerca è impossibile nei pazienti noncollaboranti o che presentano un deficit tanto profondo da nonrendere possibile alcuna contrazione muscolare.

Una tecnica elettrofisiologica recente, la stimolazione musco-lare diretta, permette, quando è accoppiata a un’ENMG stan-dard, di distinguere tra una riduzione del potenziale d’azionemuscolare dovuta a un’assonopatia (stimolazione muscolarediretta normale) e una dovuta a una perdita dell’eccitabilitàdella membrana muscolare (riduzione del potenziale d’azionemuscolare per stimolazione diretta) [19, 20]. Questa tecnica,sofisticata e ancora difficile da attuare, ha, comunque, permessodi constatare che un gran numero di pazienti che l’ENMGstandard avrebbe fin qui classificato come colpiti da assonopatia(o critical illness polyneuropathy) presenterebbe, in effetti, undisturbo esclusivo o predominante dell’eccitabilità di membranamuscolare [20, 21]. Questa distinzione ha presumibilmente uninteresse non solo accademico, poiché alcuni lavori recentisuggeriscono che, rispetto alle assonopatie, le ineccitabilità dellamembrana muscolare avrebbero un potenziale di recupero piùrapido [21, 22].

La biopsia muscolare è raramente realizzata nella praticacorrente. Essa può mostrare una vera e propria miopatia conperdita dei filamenti spessi di miosina, con o senza lesioni dinecrosi muscolare, a volte associata a delle lesioni di denerva-zione. Il tasso di creatina fosfochinasi (CPK) può innalzarsi incaso di miopatia, ma l’innalzamento è spesso transitorio e puòmancare.

■ Individuazione della lesioneneuromuscolare respiratoria

Benché la lesione neuromuscolare respiratoria possa essereall’origine di difficoltà di svezzamento e del prolungarsi dellaventilazione meccanica e rappresenti, quindi, una sfida impor-tante per il rianimatore, la sua individuazione è delicata. Laquestione si pone davanti a un paziente che presenta dei segniclinici di NMR a livello degli arti all’inizio dello svezzamentoventilatorio o di fronte a un paziente che presenta delledifficoltà di svezzamento ventilatorio dopo parecchi giorni diventilazione meccanica in un contesto compatibile con lacomparsa di una NMR. Come per la lesione degli arti, esistonodue approcci principali: l’esame elettrofisiologico frenodiafram-matico e lo studio funzionale della forza dei muscoli respiratori.

I pazienti in cui è fallito lo svezzamento e che hanno unquadro elettrofisiologico di NMR a livello degli arti presentanospesso delle anomalie elettrofisiologiche frenodiaframmati-che [23]. Il profilo elettrofisiologico comporta una riduzione delpotenziale d’azione muscolare diaframmatico al momento della

stimolazione del motoneurone frenico e delle attività elettrichemuscolari diaframmatiche spontanee, anomalie identiche,quindi, a quelle osservate agli arti [24]. La forza muscolarediaframmatica può essere valutata con la misura della pressioneinspiratoria transdiaframmatica [25] o tracheale [26] al momentodi una stimolazione elettrica o magnetica del nervo frenico alivello cervicale. I valori di pressione transdiaframmatica cosìottenuti sono bassissimi in molti soggetti al momento dellosvezzamento [25], ma il confronto delle pressioni transdiafram-matiche con la forza muscolare degli arti non è stato realizzatoa tutt’oggi. Sfortunatamente, la disponibilità di queste tecnicheelettrofisiologiche e funzionali rimane limitata nella praticaquotidiana in rianimazione.

La forza dei muscoli respiratori può anche essere valutatadomandando al paziente di eseguire degli sforzi inspiratori oespiratori volontari contro resistenza, all’occorrenza, nelpaziente ventilato, contro un’ostruzione molto transitoria dellasonda di intubazione o della cannula di tracheotomia. Lepressioni inspiratorie ed espiratorie massimali (PiMax e PeMax),così come la capacità vitale (CV), sono degli indicatori classicidella forza muscolare respiratoria [27]. Come per la valutazionedella forza a livello degli arti, la misura della PiMax, dellaPeMax e della CV richiede una comprensione e una coopera-zione soddisfacenti da parte del paziente [28]. Inoltre, dopoparecchi giorni di connessione permanente a un respiratore, lemanovre necessarie per la misura della PiMax e della PeMax(movimento inspiratorio o espiratorio contro una sonda occlusamanualmente o equipaggiata di una valvola unidirezionale)possono generare una notevole angoscia, che rende la misura-zione non interpretabile. Così, in alcuni pazienti che hannoriacquistato uno stato di veglia e di comprensione normaledopo più di 7 giorni di ventilazione meccanica (VM), unamisura della PiMax, della PeMax e della CV è stata possibile solonel 75% di essi [13]. In questi ultimi, tuttavia, i valori ottenutisono globalmente molto alterati. Le anomalie di PiMax e PeMaxall’inizio dello svezzamento sono associate in modo significativoe indipendente alla durata dello svezzamento ventilatorio,prendendo in considerazione la durata della ventilazionemeccanica non solo prima dell’estubazione, ma anche,all’occorrenza, dopo una reintubazione. È interessante notareche i valori di PiMax, PeMax e CV sono significativamentecorrelati al valore del punteggio MRC misurato lo stesso giorno,suggerendo che i muscoli degli arti e i muscoli respiratori sonocolpiti in modo relativamente proporzionale. Inoltre, la previ-sione della durata dello svezzamento non era differente aseconda che si utilizzasse un parametro di forza respiratoria(PiMax o PeMax) o di forza degli arti (MRC) [13], suggerendo chela misura della forza degli arti potrebbe essere sufficiente pervalutare il rischio di prolungamento della durata della ventila-zione meccanica in rapporto con la NMR.

■ Conseguenze

Difficoltà dello svezzamentoe prolungamento della ventilazionemeccanica

L’integrità del sistema neuromuscolare respiratorio è unadeterminante importante dello svezzamento ventilatorio. Unarelazione stretta tra NMR e un prolungamento della durata dellaventilazione meccanica (VM) è stata formulata in numerosistudi osservazionali, condotti in pazienti che hanno, il più dellevolte, richiesto una VM di almeno 7 giorni per una patologiaspecifica (sepsi grave o shock settico, asma, complicanza dichirurgia cardiaca) o aspecifica [29]. Questi studi hanno mostratoun aumento significativo della durata totale della VM neipazienti in cui era identificata una NMR a livello degli arti conun esame clinico o, più spesso, elettrofisiologico. Nella maggiorparte di questi studi, tuttavia, non è possibile distinguerel’effetto della NMR sulla durata della VM da quello di una VMprolungata sulla comparsa di una NMR. In due studi, comun-que, la ricerca di una NMR è stata realizzata all’inizio dellosvezzamento dalla VM, e la durata dello svezzamento dalla VM

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può, allora, essere considerata una conseguenza della NMR [30,

31]. La NMR era diagnosticata clinicamente (punteggio MRCinferiore a 48) [30] o elettrofisiologicamente [31].

La durata dello svezzamento ventilatorio era moltiplicata per3 [30] e per 7 [31] nei pazienti nei quali una NMR era identificataal risveglio. La presenza di una NMR al risveglio era un fattoreindipendente di allungamento della durata della VM dopo ilrisveglio nei due studi. Gli insuccessi dello svezzamento, definitida un insuccesso nell’estubazione o dalla necessità di ricorrerea una tracheotomia, erano significativamente più frequenti neipazienti con NMR (79% contro 20%; p < 0,001). Il rischio direintubazione, spesso differito, è stato sottolineato da altriautori [32] ed è riscontrato nella pratica quotidiana. Le compli-canze legate al prolungamento della ventilazione meccanica(pneumopatie infettive, in particolare) contribuiscono moltoverosimilmente all’aumento della mortalità residua recente-mente evidenziato nei pazienti che presentano una NMR almomento del risveglio [8, 33].

È attualmente difficile affermare che un paziente nel quale èdiagnosticata una NMR al risveglio debba beneficiare di unastrategia di svezzamento ventilatorio diversa da quella degli altripazienti. Anche se il caso dei pazienti con NMR non è specifi-camente preso in considerazione nelle ultime consensus confe-rence sullo svezzamento [34, 35], sembra, tuttavia, logico cercaredi assimilarli a quelli colpiti da una malattia neuromuscolarepreesistente all’arrivo in rianimazione, nei quali le condizioni direalizzazione della prova di ventilazione spontanea (VS) su tubo(o di ventilazione spontanea con aiuto inspiratorio [VS-AI])differiscono da quelle applicate alla popolazione generale inrianimazione. La prova di VS su tubo deve presumibilmenteessere continuata per diverse ore e comportare la realizzazionedi un’emogasanalisi alla fine della prova, per individuareun’ipercapnia, che dovrebbe, allora, far ritardare l’estubazione.La sorveglianza deve essere particolarmente ravvicinata neigiorni che seguono l’estubazione, tenuto conto del rischio dipeggioramento respiratorio differito che può richiedere unareintubazione. In caso di fallimento delle prime prove di VS odi reintubazione, il ricorso a una tracheotomia può essererapidamente affrontato con il paziente, in particolare sequest’ultimo presenta un deficit motorio grave.

Aumento della mortalità residuaalla dimissione dalla rianimazionee dall’ospedale

Oltre al fatto che la NMR prolunga indiscutibilmente losvezzamento ventilatorio, la presenza di una NMR al risveglio èassociata a un aumento della mortalità residua tanto alladimissione dalla rianimazione che dall’ospedale [8, 15, 33]. Inanalisi multivariata, l’odds ratio della mortalità dei pazienti dirianimazione che presentano un punteggio MRC inferiore a48 al risveglio, rispetto a quelli con un punteggio superiore ouguale a 48, varia da 2 [33] a 7 [8]. Questo aumento dellamortalità resta, tuttavia, ancora relativamente poco spiegato. Ilprolungamento della VM e del soggiorno in rianimazione e inospedale provocato dalla NMR potrebbe contribuire ad aumen-tare la mortalità, aumentando la frequenza delle infezioninosocomiali, in particolare polmonari, e il rischio tromboembo-lico. È ipotizzabile anche che la lesione neuromuscolare alrisveglio rappresenti la sequela neurologica di un’aggressioneiniziale particolarmente grave e che sia, quindi, un riflessoindiretto e tardivo della gravità iniziale della patologia che hacondotto il paziente in rianimazione. Infine, è possibile che laconstatazione di un deficit neuromuscolare prolungato nel corsodi un soggiorno in rianimazione influenzi le decisioni sullalimitazione delle cure in caso di nuovo aggravamento dellacondizione clinica.

Difficoltà di ritorno all’autonomiaUna volta svezzato dal ventilatore il paziente, anche se si può

riscontrare un miglioramento della funzione locomotoria fin daiprimi giorni o dalle prime settimane, il ritorno a una forzamuscolare vicina alla norma e la capacità di deambulare senzaaiuto possono, talvolta, richiedere diversi mesi [36-38].

La distanza media percorsa in 6 minuti da coloro che sopra-vvivono a una SDRA grave 12 mesi dopo il ricovero in rianima-zione rappresenta solo il 66% della distanza percorsa daisoggetti sani, aggiustata per l’età e per il sesso, mentre ilrecupero della funzione polmonare è, dal canto suo, quasicompleto [39, 40]. In linea più generale, circa il 30% dei pazientiaffetti da NMR alla dimissione dalla rianimazione è gravementelimitato a lungo termine nella propria autonomia fisica [37]. Ilperiodo di recupero è, il più delle volte, inizialmente impreve-dibile, e solo l’evoluzione della forza muscolare nelle primesettimane può permettere di precisare meglio la prognosifunzionale.

Questa alterazione delle capacità motorie contribuisce indis-cutibilmente all’alterazione della qualità della vita riferita daipazienti nel decorso di un soggiorno in rianimazione [39, 41, 42].Si deve notare, tuttavia, che molti altri fattori intervengononella valutazione della propria qualità della vita da parte deipazienti, e alcuni di essi costituiscono delle vere e propriesequele del soggiorno in rianimazione allo stesso titolo dellaNMR. Fra di essi, si constatano dei fenomeni di anchilosiarticolare, che inducono una ripercussione funzionale alladimissione dall’ospedale in circa un quarto dei pazienti chehanno soggiornato per più di 2 settimane in rianimazione [43],oppure, ancora, alcune disfunzioni cognitive croniche, presentiin circa un terzo dei pazienti che hanno presentato unadisfunzione cognitiva acuta (delirium degli anglosassoni) inrianimazione [44].

■ FisiopatologiaLa fisiopatologia della NMR è ancora mal compresa. A livello

muscolare, si riscontrano spesso un’atrofia e una perdita deifilamenti spessi di miosina. I lavori sul muscolo settico,principalmente nell’animale [45, 46] ma anche nell’uomo [47],hanno mostrato un’accentuazione dello stress ossidativo e delleattività dei sistemi ubiquitina-proteasoma e calpaina, che induceuna proteolisi muscolare e una liberazione di glutamina. È stataanche evidenziata, nell’uomo, un’insufficienza mitocondrialesotto l’effetto della sepsi [48], che conduce a un’insufficienzaenergetica che potrebbe contribuire alla debolezza muscolare.Infine, è frequentemente individuata anche un’ineccitabilitàdella membrana muscolare, tanto su modelli sperimentali chenel paziente di rianimazione [49, 50]. Essa sarebbe dovuta in partea una modificazione del potenziale a riposo e della permeabilitàdei canali sodici di membrana, che chiama in causa la subunitàNav1.4 del canale sodico.

È stata anche avanzata l’ipotesi di un’ineccitabilità dellamembrana assonale [49]. L’assone è, inoltre, considerato unbersaglio delle citochine e di altri mediatori liberati nella sepsi,benché non si sia potuta evidenziare alcuna correlazione tra itassi circolanti di citochine e le anomalie elettrofisiologichedella NMR [51]. Potrebbero anche essere implicate delle altera-zioni microcircolatorie [52], come suggerisce l’attivazione dellecellule endoteliali dell’endonevrio osservata nei soggetti affettida NMR [53].

■ Fattori di rischio e misurepreventive

Considerazioni generaliL’incidenza elevata della NMR e le sue conseguenze poten-

zialmente gravi a breve come a lungo termine sottolineanol’importanza dell’identificazione dei fattori di rischio di questapatologia e dello sviluppo di misure preventive. Diversi studi suifattori di rischio di NMR, individuata clinicamente o elettrofi-siologicamente, sono stati realizzati durante l’ultimo decen-nio [2]. Molti tra questi erano studi prospettici osservazionali checomportavano un’analisi multivariata dei potenziali fattori dirischio [29]. La maggior parte degli studi si è basata su pazientiche avevano richiesto più di 5-7 giorni di ventilazione mecca-nica. Una fonte di informazioni importante sui fattori di rischio

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delle NMR è disponibile anche attraverso due grandi studirandomizzati che confrontavano gli effetti di un controlloglicemico rigido e convenzionale in termini di mortalità, maanche di altri parametri, come la comparsa di una NMR.L’insieme di questi lavori permette di individuare cinque fattoridi rischio, così come le eventuali misure preventive ad essiassociate [54]. Due fattori di rischio sono molto probabilmentefortemente coinvolti nella comparsa di una NMR: un’insuffi-cienza multiorgano prolungata, in genere nel quadro di unasevere inflammatory response syndrome (SIRS) grave, e l’immobi-lizzazione muscolare. Sono sospettati anche altri tre fattori, con,tuttavia, un livello di certezza più basso: l’utilizzo di corticoste-roidi e di curari e l’iperglicemia.

Fattori fortemente coinvolti

Insufficienza multiorgano prolungata

La NMR è, prima di tutto, la conseguenza di un’aggressioneacuta grave accompagnata da un’insufficienza multiorganoprolungata, in genere in un contesto di SIRS. Quali che siano gliindicatori utilizzati (punteggio di gravità iniziale, gravità odurata dell’insufficienza multiorgano, durata del ricorso allecatecolamine, ecc.), il rapporto tra NMR e gravità dell’aggres-sione acuta che ha portato il paziente in rianimazione alcunigiorni prima è stato identificato in numerosi studi osservazio-nali o interventistici [14, 15, 55-58]. Benché molteplici situazionipossano causare una SIRS (pancreatite acuta, politrauma, arrestocardiaco, ecc.), la sepsi grave e lo shock settico ne sono la primacausa. Si tratta, quindi, in questo caso, di un fattore di rischioimportante di NMR, anche se questa associazione non comparesempre chiaramente nelle analisi dei fattori di rischio, essenzial-mente perché molti studi si sono focalizzati unicamente suipazienti affetti da una sepsi grave o da uno shock settico eanche, probabilmente, a causa della forte associazione tra sepsie insufficienza multiorgano. Questa forte associazione tra NMRe insufficienza multiorgano rinforza il fatto che la NMR possaessere considerata come un’insufficienza d’organo fra le altre inrianimazione.

In un’analisi retrospettiva di pazienti che hanno presentatoun’insufficienza multiorgano di origine settica, la presenza dianomalie elettrofisiologiche della NMR alla dimissione dallarianimazione era più modesta nei pazienti che avevano ricevutodelle immunoglobuline nel quadro della terapia dell’insuffi-cienza multiorgano [59]. Questi dati preliminari sul ruolopreventivo delle immunoglobuline non sono stati oggetto dinuovi studi in seguito. In linea generale, tenuto conto del ruoloimportante dell’insufficienza multiorgano di origine infettivanella comparsa delle NMR, è verosimile, anche se non è statodimostrato, che l’identificazione e il trattamento quanto piùprecoce possibile, tanto sul piano anti-infettivo che sintomatico,dei pazienti affetti da sepsi grave o shock settico, come consi-gliano numerose società scientifiche [60], possano contribuire aridurre la frequenza e la gravità delle NMR.

Inattività muscolare

Nel soggetto sano, la forza muscolare diminuisce dell’1% pergiorno di allettamento completo [61]. La forza muscolare di unarto immobilizzato in un gesso diminuisce del 25% in7 giorni [62]. Il paziente di rianimazione sotto ventilazionemeccanica è, il più delle volte, sottoposto a un’immobilizza-zione completa o quasi completa. Benché questa non possapresumibilmente spiegare da sola i quadri di tetraparesi grave odi tetraplegia osservati nei pazienti di rianimazione, diversi studiosservazionali che comportavano un’analisi multivariata deifattori di rischio suggeriscono che la durata dell’immobilizza-zione, assimilata, in questi lavori, alla durata della ventilazionemeccanica prima della diagnosi di NMR, potrebbe contribuireall’installazione e alla cronicizzazione della NMR [58, 63, 64], e ciòindipendentemente dalla gravità dell’insufficienza multiorganoiniziale.

L’evidenziazione del ruolo deleterio dell’immobilizzazione edel decondizionamento muscolare ha condotto a sperimentarela fattibilità e l’efficacia di diversi metodi preventivi. In uno

studio randomizzato in pazienti che avevano richiesto più di5 giorni di ventilazione meccanica, una seduta quotidiana, dopoil risveglio, di movimenti di pedalamento degli arti inferiori, aletto o in poltrona, con l’ausilio di una pedaliera che eroga unlivello di assistenza variabile, ha permesso di aumentare inmodo significativo la forza muscolare quadricipitale, la capacitàdi deambulazione e la qualità della vita alla dimissionedall’ospedale [65]. Il materiale utilizzato è poco costoso e lasemplicità dell’esercizio e della sua supervisione ne fa unprocedimento facilmente utilizzabile nella grande maggioranzadei centri di rianimazione.

Più ambiziosi sono i programmi di early mobility therapy(EMT), fondati sull’accompagnamento del paziente nellarealizzazione precoce e graduale, sotto la supervisione di uno odi più fisioterapisti e infermieri, di una mobilizzazione a letto edal letto alla sedia e del mantenimento della stazione eretta aipiedi del letto o, anche, di una breve deambulazione nell’unitàdi rianimazione, che il paziente sia o meno sotto ventilazionemeccanica. Questo tipo di programma si è dimostrato privo dirischi di autoestubazione o di avulsione dei cateteri e bentollerato (purché siano rispettati criteri respiratori, emodinamicie neurologici rigorosi) e realizzabile fin dai primissimi giorni inrianimazione [66-69].

In due studi terapeutici recenti [67, 70], di cui uno randomiz-zato [70], i pazienti sottoposti a un programma EMT hannopotuto lasciare più precocemente la rianimazione e, poi,l’ospedale e presentavano uno stato funzionale e un livello diautonomia alla dimissione dall’ospedale migliori di quelli cheavevano ricevuto una cinesiterapia minimale. Il guadagno intermini di forza muscolare pura misurata con il punteggio MRCera, tuttavia, trascurabile, il che suggerisce che questo tipo diprogramma, contrariamente agli esercizi di pedalamentoquotidiani, non influenza la gravità della NMR, ma permette,verosimilmente, ai pazienti di imparare a gestire meglio ladisabilità indotta dalla NMR. È probabile un effetto neuropsico-logico benefico, come suggerisce la riduzione significativa delnumero di giorni con delirio nei pazienti sottoposti a EMT [70].

Malgrado il loro carattere promettente, non è certo che iprogrammi di tipo EMT siano applicabili rapidamente su largascala nei servizi di rianimazione francesi, spesso con unadotazione insufficiente di fisioterapisti e infermieri. Inoltre, lafattibilità nei pazienti chirurgici dotati di sistemi di drenaggio ela cui mobilizzazione è spesso dolorosa non è stata studiata.L’elettrostimolazione muscolare, i cui effetti benefici sono statiillustrati sulla forza muscolare e sul livello di autonomia neipazienti con insufficienza respiratoria o cardiaca cronica [71], nonè stata oggetto di una valutazione in rianimazione fino a oggi.

Le nuove strategie di sedazione, fondate sul frazionamentoregolare delle dosi di agenti ipnotici e morfinici [72, 73] o sullaloro interruzione quotidiana [74], permettono di ridurre note-volmente le durate della ventilazione meccanica e del soggiornoin rianimazione e in ospedale. Benché non sia stato attualmentechiaramente stabilito che questi effetti benefici sono attribuibili,almeno in parte, a una riduzione dell’incidenza e della gravitàdelle NMR, i livelli più leggeri di sedazione che derivano daqueste strategie hanno verosimilmente un impatto sulla com-parsa di una NMR. Innanzitutto, una sedazione più lieve è, ilpiù delle volte, associata a un risveglio più precoce [73] o piùfrequente [74], permettendo il mantenimento di un tonomuscolare e di un certo livello di attività muscolare spontanea,anche minima, e limitando, così, l’immobilizzazione muscolare,fattore di rischio importante della NMR. Inoltre, un risveglio piùprecoce significa la possibilità per il paziente di interagire piùrapidamente con il personale sanitario, prerequisito indispensa-bile all’inizio di un programma di mobilizzazione precoce [67].

Fattori di ruolo incerto o controverso

Utilizzo di corticosteroidi

Diversi studi animali hanno evidenziato un ruolo deleteriodei corticosteroidi (CS) sul sistema muscolare. Nel ratto, laterapia corticosteroidea provoca delle lesioni muscolari moltosimili a quelle osservate nella NMR [75, 76]. Le lesioni muscolari

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sono fortemente peggiorate dalla denervazione preliminaredell’arto, il che suggerisce che, nel paziente di rianimazione,l’assonopatia talvolta presente o la denervazione chimicaindotta dai curari potrebbero aumentare la suscettibilitàmuscolare ai CS. Un’ineccitabilità di membrana muscolaresimile a quella osservata nella NMR è riscontrata anche nel rattosottoposto a una terapia corticosteroidea [19].

Malgrado questi argomenti sperimentali forti, gli argomenticlinici a favore del ruolo deleterio dei CS nel paziente dirianimazione sono contraddittori. Quattro studi osservazionalicon analisi multivariata hanno concluso per un effetto deleteriodei CS [14, 15, 39, 56], mentre altri quattro non hanno riscontratotale effetto deleterio [57, 58, 77, 78]. Si possono ipotizzare dueelementi per spiegare queste discordanze. Innanzitutto, l’assenzadi adattamento sulla glicemia media. È il caso dei quattro studiche mostrano un effetto deleterio dei CS, mentre due studi chenon riscontravano questo effetto deleterio comportavano unadattamento sulla glicemia [58, 78], suggerendo che, a glicemiacostante, i CS non sono dannosi sul sistema neuromuscolare eche l’effetto deleterio dei CS potrebbe essere mediato dall’iper-glicemia che essi determinano e che, quindi, potrebbe essereprevenuto da un’insulinoterapia intensiva (si veda la seguentetrattazione). In secondo luogo, i criteri elettrofisiologici utilizzatiper diagnosticare la NMR differivano da uno studio all’altro.Così, in diversi studi che non avevano rilevato un effettodeleterio dei CS, i criteri elettrofisiologici utilizzati per diagnos-ticare la NMR favorivano, in effetti, l’individuazione di unalesione assonale [58, 78], mentre è soprattutto il muscolo a essereinteressato da un’eventuale tossicità dei CS. Viceversa, l’esameobiettivo rileva una debolezza muscolare, che essa sia di origineassonale, muscolare o di entrambi i tipi. Inoltre, tutti gli studicon rilevazione clinica della NMR [14, 15, 39, 56] hanno eviden-ziato un ruolo deleterio dei CS. Questo punto è, probabilmente,essenziale.

Numerosi studi terapeutici che saggiano l’impatto di dosibasse ma prolungate di CS sulla mortalità nello shock setticosono stati condotti in questi ultimi anni [79]. Tuttavia, lacomparsa di una NMR non figurava fra i criteri di giudizio innessuno di questi studi. In un altro studio terapeutico piùrecente sui CS nello shock settico [80], l’incidenza riferita diNMR era, rispetto alle incidenze classicamente riferite inletteratura, eccezionalmente modesta nel gruppo CS come nelgruppo placebo, suggerendo un’individuazione incompleta dellaNMR. In un ampio studio terapeutico sulle CS nella SDRAprolungata [81], non era osservata alcuna differenza in termini dicomparsa di NMR tra il gruppo CS e il gruppo placebo. Tuttavia,la definizione della NMR non si basava su criteri predefiniti epiù della metà dei casi è stata identificata su un’analisi retros-pettiva delle cartelle.

Di conseguenza, anche se esiste un forte dubbio, è difficileconcludere fermamente per il ruolo deleterio dei CS a partiredagli studi osservazionali o interventistici disponibili a tutt’oggi.Nella concezione di nuovi studi terapeutici sull’utilizzo dei CSnello shock settico o nella SDRA, l’accento deve essere postosulla presenza a priori di un criterio di giudizio preciso che sibasa sulla comparsa o meno di una NMR. In pratica, i corticos-teroidi sono un elemento terapeutico essenziale nella gestionedi patologie acute come l’asma acuto grave o alcune vasculiti omalattie autoimmuni. La NMR deve, allora, essere accettatacome un effetto secondario potenziale di un trattamento chepuò permettere al paziente di sopravvivere. Inversamente,l’effetto benefico dei CS sulla mortalità rimane incerto innumerose altre circostanze, tra cui lo shock settico, la SDRAprolungata o lo scompenso della BPCO che richiede unaventilazione meccanica. In queste situazioni, l’effetto beneficoatteso dei CS deve essere bilanciato rispetto al rischio di effettisecondari, in particolare neuromuscolari.

Utilizzo dei curariSono state segnalate delle debolezze muscolari dovute a un

blocco neuromuscolare prolungato per accumulo di curari,persistente parecchi giorni dopo la fine dell’infusione continuadi pancuronio o di vecuronio, in alcuni pazienti con insuffi-cienza renale [82]. Anche alcune anomalie muscolari strutturali

sono state attribuite agli agenti curarizzanti, che potrebbero,inoltre, accrescere la suscettibilità muscolare ai corticosteroidi.Nell’asma acuto grave che richiede una ventilazione meccanica,è individuata una debolezza muscolare al risveglio in moltipazienti, in particolare in quelli che hanno ricevuto deicurari [83-85], in particolare a forti dosi [86]. Tuttavia, il carattereretrospettivo della maggior parte degli studi e l’esistenza dinumerosi fattori confondenti, in particolare la somministrazionecontemporanea quasi sistematica di forti dosi di CS, nonpermettono di trarre conclusioni circa la responsabilità di alcunidei curari. Sembra, tuttavia, ragionevole ritenere che i pazientiche richiedono una ventilazione meccanica per gestire un asmaacuto grave costituiscano una popolazione a elevato rischio disviluppare una NMR [87].

Le precauzioni di utilizzo dei curari proposte dalle societàscientifiche [88], privilegiando in particolare la somministrazionein boli ripetuti a richiesta piuttosto che in infusione continuae, se quest’ultimo si rivela comunque necessario, l’utilizzo diagenti curarizzanti dal metabolismo indipendente dalle funzioniepatiche e renali, associato al monitoraggio regolare con train offour, potrebbero contribuire a limitare ancora di più la respon-sabilità già incerta dei curari nella comparsa di NMR.

Iperglicemia

I risultati di due studi randomizzati condotti durante questiultimi dieci anni [89, 90] hanno portato in primo piano il ruolopotenzialmente deleterio dell’iperglicemia sul sistema neuro-muscolare periferico dei pazienti di rianimazione. Questi duestudi terapeutici monocentrici condotti dal gruppo belga diLouvain hanno valutato l’interesse di un’insulinoterapiaintensiva (ITI) che mira a lottare contro l’iperglicemia, mante-nendo la glicemia sotto 6 mmol/l su un’ampia popolazione dipazienti di rianimazione chirurgica [89] e, quindi, medica [90].Benché il criterio di giudizio principale sia la mortalità inrianimazione, la comparsa di una NMR è stata sistematicamentericercata attraverso un’esplorazione elettrofisiologica dopo unperiodo di ventilazione meccanica di 7 giorni. L’incidenza delleNMR era significativamente ridotta, dal 51,9% al 28,7% neipazienti chirurgici [89] e dal 50,5% al 38,9% nei pazientimedici [90]. Nelle analisi multivariate che accompagnavanoquesti due studi [58, 78], così come nella metanalisi Cochrane incui sono stati aggregati i loro risultati [91], l’insulinoterapiaintensiva era un fattore protettivo contro la comparsa di unaNMR. Non soltanto era fortemente sospettato il ruolo favorentedell’iperglicemia nella comparsa della NMR ma, ancora, la suacorrezione rigorosa appariva per la prima volta possibile e,soprattutto, efficace per prevenire questa patologia.

L’entusiasmo intorno a queste pubblicazioni deve, tuttavia,essere temperato, in quanto due domande essenziali restano, perora, senza risposta. La prima si riferisce alla realtà del ruolodeleterio dell’iperglicemia e del ruolo protettivo dell’ITI su deicriteri non più elettrofisiologici, ma clinici (forza muscolare,attitudine a svolgere le attività della vita quotidiana, ecc.). Laseconda si riferisce alla possibilità di riprodurre su più largascala i risultati ottenuti in termini di sicurezza di utilizzo(rischio di ipoglicemia) e di riduzione della mortalità da partedi alcune equipe forse meno esperte nel controllo glicemicorigoroso di quelle di Louvain. In tre studi terapeutici multicen-trici [92, 93], uno dei quali internazionale e molto recente basatosu più di 6 000 pazienti [93], l’effetto benefico dell’ITI sullamortalità non è stato riscontrato e, anzi, era osservato un lievema significativo aumento della mortalità nel gruppo ITI nellostudio più recente [93]. Per ora è, dunque, di rigore la prudenzanell’utilizzo di obiettivi glicemici molto stretti, con lo scopo diridurre l’incidenza e la gravità delle NMR.

Fattori di rischio della lesioneneuromuscolare respiratoria

I fattori di rischio di NMR riguardano soprattutto il coinvol-gimento degli arti.

Sotto ventilazione meccanica in rianimazione, il diaframma èspesso considerato inattivo, ma, a differenza degli arti, non è

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immobile. Si pone, quindi, la questione dell’estrapolazione alsistema neuromuscolare respiratorio dei fattori di rischioimplicati nella lesione locomotoria. Diversi elementi tendono arispondere affermativamente a tale questione.

In primo luogo, nella pratica clinica, le lesioni locomotorie erespiratorie sono spesso associate, in proporzioni relativamentesimili (cfr. supra) [13, 23, 24, 64]. In secondo luogo, gli studianimali hanno identificato il ruolo deleterio sulla funzionediaframmatica di diversi fattori, quali l’immobilizzazione sottoventilazione meccanica [94], la sepsi [95, 96] e la somministrazionedi curari [97, 98] o di corticosteroidi [99, 100], dato che tutti questifattori sono più o meno fortemente coinvolti nella lesioneneuromuscolare degli arti, tanto nell’animale che nell’uomo.Ognuno di questi fattori è in grado di determinare in alcunigiorni una riduzione significativa della forza contrattilediaframmatica.

Fra questi fattori sperimentali, sono state particolarmentestudiate l’immobilizzazione diaframmatica sotto ventilazionemeccanica e le sue conseguenze funzionali, definite daglianglosassoni ventilator induced diaphragmatic dysfonction(VIDD) [101, 102]. Dopo 72 ore di ventilazione controllatarigorosa, la forza contrattile massimale del diaframma dimi-nuisce di circa la metà, parallelamente alla comparsa di un’atro-fia diaframmatica con aggressione ossidativa e proteolisimuscolare. Queste alterazioni contrattili, strutturali e biochimi-che sono in gran parte prevenute quando si lascia all’animale lapossibilità di attivare il respiratore (in modo assistito-controllato, per esempio), in altre parole la possibilità dimantenere un certo livello di attività diaframmatica [103, 104].Questi dati animali sulla VIDD sono stati recentemente confer-mati in alcuni pazienti in morte encefalica sotto ventilazionemeccanica da 18-69 ore, sottoposti a una biopsia del diaframmain sala operatoria al momento del prelievo d’organo [105].

L’ipotesi che la conservazione di un certo livello di attivitàdiaframmatica sotto ventilazione meccanica possa, nella praticaclinica, limitare la debolezza dei muscoli respiratori, anche sesembra ragionevole, non è stata, per ora, confermata. Latendenza attuale ad alleggerire il livello di sedazione dei pazientidi rianimazione [88] potrebbe facilitare il mantenimento diun’attività diaframmatica sotto ventilazione meccanica.

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“ Punti importanti

• La neuromiopatia da rianimazione è la patologianeuromuscolare periferica a cui il rianimatore è il più dellevolte confrontato.• Il principale segno è una debolezza muscolare deiquattro arti che si rivela nel decorso immediato diun’aggressione acuta grave che ha richiesto una gestionein rianimazione.• Il punteggio MRC permette di quantificare l’intensitàdella debolezza muscolare e di seguire la sua evoluzione.Un punteggio inferiore a 48 su 60 indica una debolezzamuscolare importante.• Sono coinvolti i muscoli respiratori, il che può provocareun prolungamento importante della durata dellosvezzamento ventilatorio.• La mortalità residua dopo la fase acuta è più importantenei pazienti che si svegliano con una neuromiopatia darianimazione rispetto a quelli che ne sono indenni.• I principali fattori di rischio sono la gravitàdell’aggressione e l’insufficienza multiorgano iniziali.• L’immobilizzazione muscolare svolge un ruoloaggravante importante; essa è accessibile a misurepreventive.

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B. De Jonghe ([email protected]).Réanimation médicochirurgicale, Centre hospitalier de Poissy, 10, rue du Champ-Gaillard, 78300 Poissy, France.

T. Sharshar.Réanimation médicale, Centre hospitalo-universitaire Raymond Poincaré, 104, boulevard Raymond-Poincaré, 92380 Garches, France.

S. Spagnolo.J.-C. Lachérade.C. Cléophax.H. Outin.Réanimation médicochirurgicale, Centre hospitalier de Poissy, 10, rue du Champ-Gaillard, 78300 Poissy, France.

Ogni riferimento a questo articolo deve portare la menzione: De Jonghe B., Sharshar T., Spagnolo S., Lachérade J.-C., Cléophax C., Outin H. Neuromiopatieacquisite in rianimazione. EMC (Elsevier Masson SAS, Paris), Anestesia-Rianimazione, 36-914-A-10, 2011.

Disponibile su www.em-consulte.com/it

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