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    Tranquillit solo apparente nella placida provincia reggiana.Basta infatti approfondire la storia di alcuni imprenditori

    attivi sul territorio per trovare le tracce di uninfiltrazionemafiosa diffusa. Ma che non desta ancora adeguato allarme

    Reggioinchiesta

    Emilia

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    Benvenuti a Reggio Emilia:Il bancomat delle ndrineAttive nel settore edile, le ndrine calabresi operano da anninellEmilia rossa, senza che nessuno le veda o le voglia

    vedere. Arrivata con lemigrazione dal Sud, la ndranghetaha strozzato i sogni di molti tra coloro che erano partiti incerca di un futuro migliore. Tra di loro imprenditori che davittime diventano presto conniventi

    diGiovanni Tizian

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    Un agguato in piena regola harisvegliato le coscienze assopi-te dei reggiani. il 23 novem-

    bre scorso. Alle 8 di sera VitoLombardo imprenditore edileoriginario di Cutro che dal 68vive a due passi da Coviolo, unafrazione di Reggio Emilia pas-seggia nei pressi della sua abi-tazione, tra via Fratelli Rossellie via Ungheria, in via Nubi diMagellano. Cammina spesso in

    quella pista ciclabile. Ma quellasera ad attenderlo c il piombo.Due proiettili lo trafiggono, unonellanca, laltro al torace.Il primo a soccorrerlo MensahGeorge Osei, un ragazzo ghanese,che raccoglie tra le sue mani ilviso magro di Vito: ancora vivo,subito chiama i soccorsi. Quandoarriva lambulanza, subito ci si

    rende conto che gravissimo.Entra in coma. Ci vogliono dueinterventi chirurgici per salvarglila vita.Gli investigatori iniziano le in-dagini ma Vito a metterli sullastrada giusta. Dopo nove giorniviene arrestato Gino Renato, titolaredellimpresa edile Regil, ufficial-

    mente residente a Cutro, ma di fattodomiciliato insieme alla moglie inun appartamento di via Medagliedoro della Resistenza nel cuoredella Rosta Nuova, un quartiere diReggio. Gino Renato viene indagatoper il tentato omicidio dellimpren-ditore Vito Lombardo. Il moventesarebbe economico. Un debito cheGino Renato avrebbe contratto con

    Lombardo per questioni di giocoo per lacquisto di un terreno inCalabria. Un prestito, secondo gliinvestigatori, che potrebbe esserelievitato. Una delle ipotesi lap-plicazione da parte della vittima ditassi usurai. Oppure tutto potrebberuotare intorno al gioco dazzardo:un giro illegale per il quale Lom-bardo era finito nei guai gi negli

    anni 80, una vicenda cancellatadalla prescrizione. Gli investigatorinon escludono neppure che Renato

    abbia agito per conto di mandantiesterni. Gli scenari sono molteplici.Rimane per il metodo utilizzato,lintimidazione mafiosa. Il piom-bo come strumento di punizioneestrema per chi sgarra o si oppone,tipico della ndrangheta. Da Cutroa Reggio Emilia, da Plat a Milano,la ndrangheta esige il rispetto delle

    regole dettate e imposte.

    Imprenditori nel mirino.Mag-gio 2010. Reggio Emilia brucia.Due attentati incendiari in unasettimana scuotono la citt. Il 7maggio un ordigno rudimentalefa esplodere lauto di un muratorecalabrese. Qualche giorno dopouna Bmw viene incendiata. La

    Bmw era di Vito Lombardo.I fratelli Lombardo vivono tuttinel Reggiano. Antonio un im-prenditore edile, un tempo insociet con Vito. Alfonso, il terzofratello arrivato a Reggio Emilianel 94, un ex agente di com-mercio con la passione dei bar.Appena giunto a Reggio compr

    per i suoi figli il bar River, poidato alle fiamme nel 2002 dallacosca Arena. Per quellepisodiofurono arrestati Nicola Sarcone,Carmine Arena, Marcello e Otta-vio Muto, Vincenzo Niutta. Nomie cognomi che puzzano di mafialontano un miglio, ma che nonhanno convinto della matricendranghetista lo stesso Alfonso

    Lombardo che, a caldo, dichiaralla stampa: Non penso sianostati loro aveva dichiarato allaGazzetta di Reggio perch liconosco, sono clienti del locale.Tra di noi c sempre stato moltorispetto. Rimango dellidea chequelle fiamme siano state unaragazzata, che mi comunquecostata 26mila euro. Sono si-

    curo di non avere nemici. Nonho ricevuto minacce prima diquellepisodio e nemmeno mi

    hanno chiesto denaro dopo lin-cendio. E non posso credere chequelle cinque persone accusatepossano aver fatto una cosa simi-le. Ma come si fa a mettere il fuo-co nel locale di gente amica, cheli ha sempre trattati bene e conrispetto? stata una ragazzata, unbanale colpo di testa di qualcuno.

    Macch mafia aveva conclusoAlfonso Lombardo quella unaltra cosa. A Reggio c sologente che vuole arrivare in fretta,usando mezzi illeciti e facendo iprepotenti. Raggiungere la metavelocemente utilizzando mezziilleciti e la prepotenza. unadelle pi azzeccate definizionicon cui si possono descrivere le

    mafie. Un anno dopo lincendiodel bar, ad essere incendiata una palazzina in costruzione nelcantiere dove lavora la ditta diVito Lombardo. Anche in quelcaso i Lombardo hanno esclu-so la pista mafiosa, nonostantegli investigatori indagassero suambienti ndranghetisti. Infine,

    il 12 maggio scorso, ad essereincendiata la Bmw di Vito Lom-bardo. lultimo segnale primadellagguato. Antonio Lombar-do, contattato da Narcomafie,afferma laconico: Non ho pivoglia di dire nulla. Il timore disollevare malumori tra i casati dindrangheta forte. E i Lombardosono esausti.

    Soprattutto Antonio, che haavuto rapporti ravvicinati conMichele Pugliese, ritenuto uomodei Nicoscia di Isola Capo Riz-zuto, alleati dei Grandi Aracridi Cutro. Narcomafie infattiriuscita a scoprire che nel 2002Michele Pugliese ha acquistatoda Antonio Lombardo una casa,sita in via Cento Violini, in lo-

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    calit Gualtieri, piccolo comunedel reggiano. Antonio Lombardocondivide con Pugliese guarda

    caso il paese di origine, Cutro,in Calabria. dunque il fratellodi Vito Lombardo che vende aMichele Pugliese un immobiledi quattro vani e mezzo per ilquale Michele Pugliese ha sti-pulato un mutuo ipotecario conla Banca Reggiana Credito Co-operativo s.c.r.l. per limporto

    di . 113.620,52 ed un capitale arestituzione di 227.241,04 delladurata di dieci anni, con un pianodi ammortamento in 120 ratemensili a partire dal 17/01/2002di 1.123,54 cadauna, con primarata di 3.626,00. Rate mensiliconsiderevoli per un imprendi-tore come Pugliese che nel 2002ha dichiarato al fisco 23 mila e

    917 euro. Una discrasia che haattirato lattenzione della Dda diCatanzaro, cos nel 2009, dopo gliarresti scaturiti dalloperazionePandora, limmobile stato postosotto sequestro preventivo.

    Grande Aracri Costruzioni.Reg-gio Emilia cresciuta a dismisura.

    La voracit del cemento non harisparmiato neppure le piccolelocalit intorno al capoluogo,ora inghiottite da una colata diasfalto a perdita docchio mentregru e pilastri si ergono svettantidal piatto panorama di unEmiliaun tempo bucolica.Coviolo una piccola frazione diReggio Emilia, ora integrata nel

    tessuto urbano di Reggio, proprioqui hanno tentato di uccidere VitoLombardo. Una piccola piazza, unbar, una chiesa, uno stradone e nul-la pi. E dattorno solo case nuove,edifici residenziali con mattoni avista secondo la moda del fintorustico che da queste parti assaiapprezzata. Dopo avere preso uncaff al bar e avere scattato qualche

    foto, alcuni residenti mi chiedono,sinformano. E spiego loro cosastavo facendo in quel di Coviolo.

    Inizio un proficuo dialogo con unbancario di Reggio Emilia e un pen-sionato originario del cosentino.Noi questa pressione di cui oggiparlano i giornali la avvertiamo daventanni esordisce il bancario . la politica locale che continua asottovalutare e poi si risveglia ognivolta che sparano o incendiano

    unauto di un imprenditore. Ilpensionato calabrese annuisce,concorda con il vicino di casa. Miindica ledificio di nuova costruzio-ne dove abitano. Una parte dellanostra casa lha costruita GrandeAracri. normale chiosa inquesta zona hanno costruito tuttocon le loro aziende. Il signorecosentino aggiunge: Per c da

    dire che sono fatte bene. Con-corda il bancario che mi raccontala sua esperienza in banca. Sivede di tutto nelle banche reggiane.Anche nella mia banca arrivanocerti imprenditori... A Reggio landrangheta ha costruito e costru-isce. Non mai stato un segreto,almeno tra i cittadini.

    Alla Camera di Commercio diReggio Emilia, ad ottobre 2010,risultano iscritte 13.246 impresedi costruzioni, di queste, 10.756sono artigiane. Un numero che fadella provincia di Reggio Emiliauna delle province con il pialto numero di imprese di co-struzioni.

    Ditte in odore di ndrine, e nonsolo.Lagguato allimprenditoreLombardo avvenuto a pochi me-tri dal cartello che indica liniziodi Coviolo, nella via che conduceallIren Emilia (lex Agac, cheil 4 novembre 2002 ha affidatolappalto da 1,9 milioni di europer lampliamento della discaricadi Poiatica di Carpineti (RE) alla

    ditta Ciamp Paolo srl di Crotone,coinvolta in Black Mountains,linchiesta sui rifiuti tossici coor-

    dinata dalla Dda di Catanzaro).LIren una multiutility finitadi recente sulle prime paginedei quotidiani locali per ave-re revocato, insieme allAsl diReggio e un Comune del Reg-giano, numerosi appalti concessia ditte per le quali la Prefetturaha emesso uninterdittiva e ha

    sospeso il certificato antimafia.Tra le imprese radiografate dallaprefettura figurano il consorzioPrimavera e limpresa Giadasrl, entrambe guidate da Raffa-ele Todaro, ex genero del bosscutrese Antonio Dragone (chea Reggio Emilia ha dominato lascena almeno fino 2004, annoin cui viene ucciso a colpi di

    kalashnikov dai Grande Ara-cri, alleati dei Nicoscia di IsolaCapo Rizzuto). Raffaele Todaro lex marito di Caterina Dragone,figlia del boss, con il quale lostesso Todaro era in rapporti. Losi evince da una informativa deicarabinieri, datata 2004, in cuisi fa riferimento a un episodio

    avvenuto quattro anni prima:Todaro e lallora moglie Caterinasi recarono in carcere dal bossAntonio Dragone, una visita incarcere in cui il boss esterna aidue i suoi propositi di vendetta:Io lo devo vedere soffrire giornoper giorno, figlia mia gli devo farpagare le sofferenze dellinferno,dice il boss alla figlia e al genero.

    Todaro la ndrangheta lha vistain faccia e ci ha parlato. Poi nel2004 il matrimonio entra in crisi equalche anno dopo avviene la se-parazione. Rapporti familiari cheprobabilmente hanno inciso sulladecisione della prefettura controla quale Todaro il 3 settembrescorso ha presentato un ricorsoal Tar di Parma per la mancata

    [Fotografe di Daniele del

    Monte, Gabrielede Giovanni, Nicola Poluz,Sergio Barbieri, Nikloid,Virna, Cino]

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    concessione della certificazioneantimafia, chiedendo anche unrisarcimento danni. Il Tar, il 14

    settembre scorso, gli ha dato inparte ragione ma nellordinanzasono stati chiesti ulteriori appro-fondimenti su alcuni punti allaprefettura, che ha gi depositatouna memoria. Il pronunciamentodel Tar fissato per il prossimoaprile.

    Da Reggio Emilia a LAquila perricostruire. Il Tar dellEmiliaRomagna ha respinto il ricorsodi altre due ditte a cui la pre-fettura ha revocato il certificatoantimafia. Si tratta dellimpresaVasapollo, di Giuseppe Vasa-pollo, e la ditta Lomonaco, diFrancesco Lomonaco. Entrambehanno ottenuto due subappalti

    nella costruzione di Map, Moduliabitativi provvisori, a LAquila.Le ditte hanno lavorato per ilraggruppamento temporaneo diimprese, costituito da Cme eCosmo Haus, che si aggiu-dicato uno dei lotti in appaltodel valore di circa 12 milionidi euro. Cosmo Haus e Con-

    sorzio imprenditori edili sonoaffermate realt imprenditoria-li emiliane. La prima con sedea Reggio Emilia, la seconda aModena, queste tra le impresescelte come subappaltatrici hanno dato commesse in subap-palto a Vasapollo e Lomonaco.Un appalto di notevole entit,quello aggiudicato da Cosmo

    Haus e Cme in cui le impresedi Vasapollo e Lomonaco sonoriuscite a infilarsi, almeno finoa quando la Dda del capoluogoabruzzese non ha chiesto infor-mazioni alla Dda di Bologna. Egli accertamenti hanno portatola prefettura di Reggio Emilia arevocare il certificato antimafiaalle due ditte.

    Sul bisogno di un centro operativo

    Dia in Emilia Romagna RobertoAlfonso, procuratore della Ddadi Bologna, risponde chiaro: Laquestione della Dia stata sollevatada pi parti. Anche il Procuratoregenerale di Bologna favorevo-le allistituzione di una centraleoperativa della Dia in Emilia Ro-magna. necessaria, purch vengarealizzata con tutti i crismi, e noncome costola di quella di Firenze.

    O si fa con risorse umane ed eco-

    nomiche oppure meglio lascia-re stare, lasciando intatta quellafiorentina. La Dia sarebbe daiutonelle attivit dindagine preventivae permetterebbe di puntare piefficacemente ai patrimoni mafiosi. utile soprattutto per le misure diprevenzione patrimoniale, con-clude il procuratore Alfonso. Ilmessaggio, lanciato da pi voci,spetta al Ministero coglierlo.

    I nomi di Vasapollo e Lomonacosarebbero legati a Nicola Sarco-ne, coinvolto nelloperazione

    Edilpiovra del 2002. Sarcone,secondo gli investigatori, sarebbestato uno dei mediatori utilizzatidalla cosca Grande Aracri perestorcere denaro agli imprendi-tori del reggiano.

    Elenchi trasparenti.Dopo lanotizia del ritiro delle certifica-

    zioni antimafia, a Reggio Emiliasi tornati a parlare di ndran-gheta. Le ndrine fanno affarinel reggiano dagli anni 80, malindignazione e i buoni propositisvaniscono in fretta e lasciano ilposto alla politica della sottovalu-tazione. Sarebbe stato sufficienteaccorgersi che negli elenchi dellaprovincia di Reggio Emilia, dove

    sono indicate le ditte idonee ad

    essere chiamate con procedureristrette e semplificate (chiamatedirette) per svolgere lavori pub-

    blici, inserita la Giada srl.Proprio la ditta il cui procura-tore speciale Raffaele Todaro,a cui la prefettura ha revocato ilcertificato antimafia. La Giadasrl anche negli elenchi dellaprovincia di Piacenza, e nel rap-porto 2008 sugli appalti stilatodalla Regione Emilia Romagna

    risulta vincitrice di 3 appaltipubblici per un valore che superadi poco il milione di euro. Einoltre, il Consorzio Primavera,partecipato da Giada srl, in cuiTodaro sempre procuratore spe-ciale, ha realizzato nel Comunedi Garda, in provincia di Verona,una piattaforma ecologica (Eco-centro). Nel 2009 il Consorzio si

    aggiudicato quellappalto da

    Emilia Romagnasenza Dia,

    il ProcuratoreAlfonso: necessaria

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    480 mila euro, con un ribassodel -14,630%. Una cifra che si gonfiata a lavori ultimati, da

    480 si sarebbe arrivati a 700 milaeuro, stando a quanto dichiaratoda alcuni consiglieri del Comunedi Garda. E sempre il consorzioPrimavera ha realizzato la stradadi accesso allEcocentro, per altri250 mila euro.Nelle liste della Provincia diReggio Emilia e Piacenza per

    lassegnazione di lavori pubblicitramite chiamata diretta compareanche limpresa Vertinelli srldi Palmo Vertinelli, gi indagato,processato e poi assolto nel 2003nellambito del procedimentoScacco matto. NellindagineVertinelli entr in qualit diutilizzatore delle cosche, pergodere, cio, di una posizione

    di vantaggio rispetto agli altrioperatori economici del reggiano.Dopo lassoluzione Vertinelli tornato in attivit, diventandoamministratore unico della dittaedile che porta il suo nome, sullaquale la prefettura ancora non haespresso pareri. Ad affiancarlo il fratello che gestisce ancheunaltra attivit economica, unristorante a Montecchio.Nel 2006 il contesto cambia:da imputato in un processo perndrangheta, Palmo Vertinellidiventa imprenditore da cui lecosche di Cutro e Isola CapoRizzuto vanno a riscuotere de-naro contante per poi cenarenel ristorante del fratello, come

    emerge nellordinanza dellope-razione Pandora. Ad apriledi questanno Palmo Vertinel-li, con la sua impresa edile, havinto lappalto da 350 mila eurobandito dal comune di Crotoneper la realizzazione di un centroper anziani e per la formazioneprofessionale. Lamministrazio-ne comunale calabrese ha per

    chiesto informazioni alla prefet-tura di Reggio che, nellagostoscorso, ha disposto la revoca

    dellappalto.Il collaboratore di giustizia Sal-vatore Cortese ex braccio destrodi Nicolino Grande Aracri dettoManuzza, e le cui dichiarazio-ni sono state ampiamente riscon-trate descrive la relazione tra gliimprenditori, tra cui Vertinelli,che operano a Reggio Emilia e uo-

    mini delle cosche crotonesi cheesigono rispetto: Loro denuncenon ne farebbero mai perchormai vogliono la tranquillit,la pace ha raccontato Cortese. Diecimila euro, per loro, sonocome io accendermi una sigarettae fumarmela, quindi loro conquesti 10mila euro mantengonola pace con tutti, sia con gli Arena

    che con i Nicoscia, i Capicchianoe Manfredi, sia con Grande AracriNicolino, vogliono la pace. E laottengono, oltre a non riceveremai minacce esplicite: i loro can-tieri e mezzi di lavoro vengonoprotetti dagli stessi che avreb-bero potuto bruciarglieli. Unaprotezione fittizia e imposta, dal-la quale gli imprenditori operantinel reggiano non sono riusciti asvincolarsi. Per le cosche rappre-sentano una vera e propria cassacontinua dalla quale prelevaredenaro contante, ma i vantaggisono anche altri. Nel caso fossenecessario, alcuni degli impren-ditori taglieggiati sono di casa incerte banche del reggiano e del

    mantovano, conoscono direttorie li frequentano. Il passo brevetra essere imprenditore, vittimadelle richieste estorsive dellamafia, e diventare connivente efinanziatore.

    Reggio citt di Cutro.Usciti dalcasello di Reggio Emilia, proce-dendo verso il centro della citt,

    ci si immette su un vialone. viale Citt di Cutro. Un ricono-scimento della citt emiliana

    agli emigranti onesti che conil loro lavoro hanno arricchitoeconomicamente e culturalmen-te la provincia emiliana.Due citt distanti mille chi-lometri, unite dal martoriatopercorso umano degli emigrantiin cerca di una vita nuova interra emiliana. A partire dagli

    anni 50 una folta comunit dicutresi ha scelto la provinciareggiana per lavorare e rea-lizzarsi onestamente. Oggi civivono oltre dieci mila cutresie passeggiando per le vie e lepiazze del centro storico capi-ta spesso di sentire parlare indialetto calabrese. Un idiomaaspro, duro, ricco, mescolanza

    di storia passate e presenti. AReggio Emilia si formata unavera e propria borghesia cu-trese, attiva nelle professionie nella piccola impresa, cheesercita un ruolo di calamitaper nuovi flussi di migranti.Una presenza che ha scalato legerarchie sociali, influenzandoanche la politica e proponendopropri rappresentanti nel partitoegemone, prima i Ds ora Pd. Perun breve periodo stato ancheattivato un volo per Crotonetre volte la settimana con lacompagnia Air Emilia.Nei primi anni 90, per colpadi una minoranza criminale, lacomunit cutrese viene messa

    sul banco degli imputati comese lessere cutrese presuppones-se lessere ndranghetista. Unrazzismo dovuto alla paura eallacuirsi delle violenze tra lendrine cutresi che negli anni 90hanno intriso la citt emilianacon lodore acre della polvere dasparo: da Cutro a Reggio sanguechiamava altro sangue.

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    Gli anni 80.Il primo mamma-santissima a insediarsi a ReggioEmilia stato Antonio Drago-

    ne, nel 1981. Confinato, con lasventurata misura del soggiornoobbligato, nella ricca provinciaemiliana trov terreno fertile per isuoi affari. Il boss Nicolino GrandeAracri, Manuzza, scelse inveceBrescello come residenza, il paesereso famoso dai racconti di Gua-reschi. A Brescello risiedono due

    sorelle di Nicolino Grande Aracri,i nipoti, tra cui Salvatore (vedi p.42, ndr.), e il fratello Francesco,attualmente detenuto.Alla fine degli anni 90 lalleanzatra i Grande Aracri e i Dragonesi spezza, sfociando in una san-guinosa faida, circoscritta allaCalabria, ma che indirettamentesi ripercuote sugli equilibri di

    potere nel reggiano. Era tempo dinuove alleanze per affrontare laguerra. Si strutturarono cos soli-di rapporti con le cosche di IsolaCapo Rizzuto: i Grande Aracri sischierarono con i Niscoscia, e iDragone con gli Arena. E mentreal Sud si sparava e si uccideva perle strade, nel reggiano si facevano

    affari in silenzio.

    Gli anni 90, il periodo di san-gue.Nel 1991 viene ucciso Ni-cola Vasapollo mentre si trovavaagli arresti domiciliari a ReggioEmilia. I Vasapollo rappresenta-vano unala scissionista dei Dra-gone e avevano ingaggiato comekiller Paolo Bellini, la primula

    nera di Reggio Emilia. Lamiciziatra Bellini e gli ndranghetistinacque ancora prima, durante unperiodo di detenzione, quandoBellini conobbe Nicola Vasapolloil quale gli chiese di fare da SanGiuvanni, ovvero da padrino, alfiglio di un suo parente. Nel 1992vengono uccisi due muratori diCutro che lavoravano a Reggio

    Emilia. Per il duplice omicidiofurono condannati allergastoloalcuni esponenti della ndrina

    cutrese dei Dragone.Si arriva cos a cavallo tra il 98e il 99. Un periodo che a Reggio ricordato come il periodo disangue e destinato a rimanerescolpito nella memoria dei reg-giani. Lotto dicembre del 1998venne ucciso un ragazzo vicinoai Dragone, Giuseppe Abramo. A

    seguire venne lanciata una bombaa mano allinterno del bar Pendo-lino di Reggio: dieci feriti. Il barPendolino era conosciuto comeil bar dei calabresi. Lobiet-tivo della bomba sarebbe statolautore dellomicidio di NicolaVasapollo. Fortunatamente nonriuscirono ad ucciderlo e cos gliinvestigatori poterono ricostruire

    la scia di sangue che dal 1991al 1998 ha bagnato le strade diReggio Emilia. Non si trattava di

    vere e proprie faide tra famiglie,piuttosto di episodi legati a lotteintestine nella stessa ndrina.

    Ritorno allantico. Dal 2006 ledue cosche contrapposte, GrandeAracri-Nicoscia e Dragone-Arena,hanno avviato delle trattativeper ristabilire la pace nei lorofeudi calabresi. Dal 1999 Cu-tro e Isola Capo Rizzuto eranodiventati campi di battaglia di

    una guerra sanguinosa che li-mitava molto i movimenti degliaffiliati e i profitti delle cosche. Idirigenti delle famiglie mafiosedel crotonese decisero cos diporre fine alla carneficina chestavano perpetrando in Calabriaper concentrarsi, come a ReggioEmilia, negli affari. solo unodegli aspetti emersi dallindagine

    che ha portato alloperazionePandora del novembre 2009.Il regista principale della tregua

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    Unora di macchina separa Reg-gio Emilia da Milano. I boss delcrotonese residenti in provinciadi Reggio Emilia sono in strettocontatto con i locali della ndran-gheta lombarda. Non da escludersiche le strategie decise dagli altivertici della struttura La Lombar-dia, in accordo con la Provincia

    calabrese, coinvolgano lEmilia.Nellordinanza delloperazioneTenacia, uno dei filoni nordicidella pi vasta indagine Crimine,unintercettazione dovrebbe fareriflettere. Reggio Emilia lo sa?,sentenzia Mario Polito, uomodel locale di Erba in stretto contattocon gli Arena di Isola Capo Riz-zuto (che hanno forti interessi tra

    Reggio Emilia e Modena), duranteuna conversazione con SalvatoreStrangio, ndranghetista di Natiledi Careri, socio quasi occultodella Perego General Contractordi Lecco. In quella conversazionePolito e Strangio elencavano le co-sche che erano a conoscenza dellapotenza economica della Perego, dicui si erano appropriati e che potevaessere utile a tutte le famiglie, da

    Reggio Calabria a Crotone passandoper la Piana e lAspromonte fino adarrivare in Lombardia ed Emilia.

    Unaltra traccia del legame tra Lom-bardia ed Emilia rinvenibile se-guendo i movimenti di Carlo Cosco,ndranghetista di Petilia Policastro,residente a Milano e arrestato peril brutale omicidio della collabo-

    ratrice di giustizia Lea Garofalo. Ifratelli Cosco di Petilia Policastro,e residenti da anni a Milano, sonoindagati per averla uccisa e scioltonellacido. Un monito per le futuree potenziali ribelli. I camion diCarlo e Giuseppe Cosco lavoravanonei cantieri della M5, la linea incostruzione della metropolitanamilanese. La storia dei Cosco legata a quella dei Carvelli: a Quarto

    Oggiaro comandano loro.Cosco nel periodo in cui ha ma-turato lidea di uccidere la mogliecerca lavallo del boss PasqualeNicoscia. I Nicoscia a Reggio Emiliae provincia possiedono svariatiinteressi. Portati avanti anche daMichele Pugliese legato da vin-coli parentali sia con i Nicoscia

    che con gli Arena , considerato ilvero intermediario tra la cosca e gliimprenditori del Nord. Che Coscocerchi lassenso del boss Nicoscianon di poco conto. Vuol dire chelo riconosce come un esponenteinfluente della ndrangheta da cuidipende lagire della cosca di Petiliadi cui Cosco un affiliato.

    La presenza di Cosco a Reggio Emi-lia stata testimoniata dal collabo-ratore Salvatore Cortese nel febbraio2008. Ho avuto modo di incontrareCarlo Cosco due volte, nellanno2007, prima del mio ultimo ar-resto: una prima volta in ReggioEmilia presso il locale Amnesia,dove lui si trovava insieme a suocugino Rosario, soprannomina-to Capizzeddu, titolare di una

    grossa impresa di costruzioni inReggio Emilia; la seconda volta,in Colorno (Parma) presso il night-club Bataclan, ove si trovavain compagnia di Luca Megna ealtri soggetti originari di Papanice,frazione di Crotone. Il cugino diCarlo Cosco, ai tempi dellincontroraccontato da Cortese, era titolare aReggio Emilia di unimpresa edile

    che risulta aver cessato lattivit nel2008. Attualmente risulta socio insieme a unaltra donna di PetiliaPolicastro e amministratore unicodi una srl per la valorizzazione epromozione immobiliare di benipropri. E di unaltra ditta edile consede a Parma. Capizzeddu chenon risulta indagato da PetiliaPolicastro ha stabilito la sua baseimprenditoriale in Emilia.

    diG. T.

    traffico di cocaina dei fratelliCapicchiano, arrestati nel 2008,che a Reggio Emilia trafficavano

    loro bianco della ndrangheta.A volte i soldi li portava in Calabriadirettamente Michele Pugliese,altre saliva al Nord il boss Sal-vatore in persona. Sono cifre alte,che nessun imprenditore ha maiavuto il coraggio di denunciare.Uno degli aspetti pi allarmanti,che emerge dagli atti giudiziari, la pronta arrendevolezza deitaglieggiati di fronte alle richieste.In nome della tranquillit e dellasalvaguardia dei propri volumi-nosi affari, le vittime inconsape-volmente rischiano di diventarefinanziatori di due cosche tra lepi violente della Calabria. Uncomportamento che emerge dallesomme ripetutamente versate alle

    famiglie e dal loro rifiuto di rivol-gersi allautorit giudiziaria.Imprenditori che da vittime ri-schiano di trasformarsi in com-plici, come nel caso delle fattureper operazioni inesistenti. Unmetodo che gli imprenditori dellecosche crotonesi conoscono a me-raviglia, gi svelato nellinchiestaEdilpiovra del 2002, e funziona-le ad occultare la provenienzaillecita del denaro frutto delleestorsioni. Con lemissione diuna fattura da parte dellimpresamafiosa lestorsione viene ca-muffata come pagamento di unafornitura o di un lavoro in realtmai effettuato. Un meccanismoche ha permesso agli uomini dei

    Nicoscia e dei Grande Aracri diaccumulare una montagna didenaro. E Pugliese, spavaldo allaguida del suo Porsche Cayen-ne, ostentava la sua ricchezza.Daltronde lui si ritiene un im-prenditore, il titolare di diverseimprese, nel Reggiano e a Trento,e la pratica estorsiva vissutacome un secondo lavoro.

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    Da don Camilloai Grande AracriLa ndrangheta spadroneggia nella pianura padana facendodi Brescello, il paese di don Camillo, la silenziosa capitaledi un impero criminale, quello dei Grande Aracri, ndrinacon le radici a Cutro e le mani nel cemento

    diGiovanni Tizian

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    Reso famoso da Peppone eDon Camillo dei romanzi diGuareschi, e ancor pi dalle

    riduzioni televisive con Fer-nandel e Gino Cervi, Brescello per tutto lo Stivale il locusamoenus per eccellenza, pla-cido borgo di covili e granaiagitato solo dalle schermagliebonar ie tra sindaco e prete.Eppure Brescello o Cu-trello, come con ironia lochiamano i reggiani vive unasituazione meno idilliaca diquanto si possa immaginare,essendo da anni residenza pri-vilegiata della ndrina GrandeAracri. Unimportante costoladel casato vive in questo placi-do paese della bassa reggianaal confine con la provinciamantovana. Nicolino Grande

    Aracri, il boss dellomonimafamiglia che deve scontare 17anni di carcere, a Brescello sisentiva protetto, circondato difratelli, sorelle, nipoti e amici.La loro prepotenza e il lorosenso di onnipotenza li haspinti a compiere anche gestiinconsueti da queste parti,come nel 2003, quando chie-sero il pizzo al gestore del barDon Camillo, sotto lo sguar-do incredulo delle due statuedi bronzo di Peppone e DonCamillo. Esausto il proprie-tario chiuse per alcuni giorniil bar e affisse un cartello conscritto Chiuso per minaccemafiose ed estorsioni. Invece

    di ricevere solidariet, assi-stette inerme alla scomparsadel cartello e dovette subire,si racconta in paese, lira delsindaco secondo il quale par-lare di mafia avrebbe storpiatoirrimediabilmente limmaginedel paese.A Brescello la vita scorre pia-no. Per certi versi molto

    simile ai paesi dellentroterracalabrese dove tutto sembraimmutabile e neppure la bru-

    sca accelerazione subta dallesociet riesce a imporre uncambiamento nelle relazionisociali. In questo contestoi Grande Aracri hanno svi-luppato la loro strategia: mi-metizzarsi nel quieto viverepadano. Facendo affari doro,ovviamente.

    Dalledilizia alla discoteca.Salvatore Grande Aracri, ni-pote di Nicolino e figlio diFrancesco, nel giugno 2009 stato arrestato per droganella sua Brescello e subitoaccompagnato in un localeriservato di una delle pinote discoteche dellEmilia,

    dove la polizia aveva trovatomezzetto di cocaina e alcunemunizioni. rimasto in car-cere pochi giorni e ha attesola conclusione del processoda uomo libero: il 16 febbraio2011 stato assolto perch ilfatto non sussiste.Il nipote del boss un im-prenditore che dal 2006 al2008 risulta socio della SanFrancisco Immobiliare insie-me a Michele Pugliese, il figliodi Franco. Con loro ancheAntonio Muto e Giulio Giglio.Nel 2007 Salvatore GrandeAracri acquista le quote deglialtri soci e lanno successivocede le sue quote ad altri due

    soggetti, un uomo e una donnadi Reggio Emilia. Questi a lorovolta, dopo quattro mesi, lecedono a un altro anonimopersonaggio di Cutro. Il nipotedel boss si libera cos dellequote pochi giorni dopo che ilpm, a Catanzaro, chiese pesan-ti condanne per i capi storicidella cosca Grande Aracri.

    Da quel momento Salvatorerisulta socio soltanto dellaEuro Grande Costruzioni e

    della Nu.sa. Marmi srl, conuna quota di 45 mila euro.Nel 2009 cede le quote dellaEuro Grande a due giovaniparenti. E nel 2010 chiude ilcerchio cedendo le quote dellaNu.sa. Marmi ad un altroimprenditore di Isola CapoRizzuto. Da quel momentonessuna societ fa pi capodirettamente a lui.Durante una delle primeudienze del processo di Reg-gio Emilia in cui il nipote delboss era imputato, i titolaridella discoteca Italghisahanno escluso che Salvatorepotesse essere loro socio, almassimo un pierre, hanno

    sostenuto.Vediamo allora chi sono i tito-lari della discoteca Italghisadi Reggio Emilia, allinternodella quale gli investigatorihanno rinvenuto cocaina emunizioni. Si tratta dei fra-telli Antonio e Cesare Muto.Questultimo stato socio finoal 2007 di Salvatore GrandeAracri nella San FranciscoImmobiliare e dal 2006 sta-to nominato amministratoreunico della Cproject srl,la societ che gestisce la di-scoteca in questione. AntonioMuto in alcune intercettazio-ni, trascritte nellordinanzaPandora del 2009, promette

    a Pugliese di recuperare alpi presto i contanti richiesti.Gli investigatori sostengonoche Pugliese gli stesse chie-dendo quel denaro a titolo diestorsione.A sostenere che SalvatoreGrande Aracri stato socio,quantomeno occulto, delladiscoteca Italghisa anche

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    Abbiamo incontrato il dirigente dellaSquadra Mobile di Reggio Emilia, An-tonio Turi. Per lui e la sua squadra la

    ndrangheta crotonese non ha segreti.Il lavoro che conduciamo da anni metodico. Per contrastare le coschepresenti sul territorio reggiano ne-cessario un monitoraggio costante checi permetta di cogliere i cambiamenti.Le dinamiche criminali, specie del cri-mine organizzato, partono da lontanoe risentono di sviluppi, alleanze, nuoviassetti. Per contrastare efficacementele organizzazioni mafiose necessario

    un lavoro investigativo preventivo econtinuo.

    Quali sono gli indicatori della presen-za maosa sul vostro territorio?Noi li chiamiamo reati spia. Intendiamogli incendi di natura dolosa, i furti edanneggiamenti nei cantieri. Questi epi-sodi vengono radiografati per capire lariconducibilit al contesto e alla matrice,

    per cercare di essere pronti ad avviareunindagine pi complessa.

    E partendo da queste spie sieteriusciti a scoprire consistentigrumi di interessi maosi.Diverse indagini sono state avviateproprio da incendi dolosi o furti neicantieri. Lattivit investigativa ha poismascherato che dietro quelle intimi-dazioni si celavano gli interessi dellandrangheta.

    Un esempio?

    A fine 2003 siamo partiti con uninda-gine perch cera stato lincendio di unescavatore allinterno di una ditta che livendeva. Le indagini sono poi confluitenelloperazione Grande Drago del2005. Che ci ha permesso di fare lucesu omicidi avvenuti in Calabria.

    Escludendo le operazioni degli anni 90,Cane Rosso e Pendolino, dal 2000quali sono state le indagini che hannoriguardato Reggio e provincia?Nel 2000 si conclude Scacco Mat-to, nel 2003 Edilpiovra, nel 2005Grande Drago e loperazione Pan-dora conclusa nel 2009 ma iniziataa fine 2006. Come si pu vedere appe-

    na terminata unindagine cominciaquella successiva.

    Quali sono gli affari delle ndrinenel reggiano?

    Tutto ruota intorno alledilizia, comeambito nel quale mettere a frutto laprovenienza e gli interessi della cosca.Per edilizia si intende anche lindotto:autotrasporti, materiali inerti, mo-vimento terra, cantieri. Nelledilizialavorano molti imprenditori calabresionesti che, provenendo dalle stessezone degli uomini delle cosche, sono

    consapevoli della forza intimidatricedellassociazione.

    Ma lestorsione come avviene?Nellindotto delledilizia ci possono es-sere costrizioni a rifornirsi di materialeda una certa ditta, ad assumere unapersona piuttosto che unaltra, quindinon solo la classica estorsione dammii soldi altrimenti tincendio... Dalle

    indagini sono emersi anche questiaspetti. Da questo si pu capire lam-piezza dellindotto delledilizia.

    Avete indagato soltanto sulle ndrinedi Cutro e Isola Capo Rizzuto?A febbraio 2007 ci sono stati dei furti dimacchinari dai cantieri della Tav. Sonostate rubate due grandi gru del valorecomplessivo di 350 mila euro. Il furtopresupponeva unorganizzazione. Par-timmo con le indagini e individuammocome responsabili i Mazzaferro di Gio-iosa Ionica. Abbiamo poi accertato chenon cerano legami con il territorio mafurti occasionali, nel senso che ceranopersonaggi della cosca che giravanoper i cantieri e rubavano grossi mezzidi lavoro per poi rivenderli allestero,specialmente in Croazia. I Mazzaferronon erano stabili nel territorio reggiano,

    ma di passaggio.

    Il collaboratore di giustizia Corteseparla di anche di riscossione credi-ti e truffe tramite la creazione disociet fantasma per lacquisto diescavatori. Avete avuto riscontri inquesto senso?

    Le dichiarazioni di Cortese sono statepienamente riscontrate da numerose

    procure. uno spaccato raccontatoda una persona che ha avuto mododi conoscere bene queste dinamiche

    interne. Le modalit sono diverse, maquando si parla di indotto dellediliziaparliamo di false fatturazioni, estor-sioni, falsi furti, ricettazione di mezzi,reati tributari, reati fiscali, creazione disociet fantasma o di scatole cinesi perevadere il fisco e per riciclare denarosporco. Cortese riferisce modalit fun-zionali allo scopo della cosca. Confer-mate nelle numerose indagini.

    Radicamento o inltrazione? evidente che un radicamento disoggetti ritenuti contigui, vicini, affi-liati, c stato, come hanno dimostratole indagini. Gli emissari della coscaa Reggio Emilia avvicinano gli im-prenditori per reati quali estorsioni,false fatturazioni, elusione di fisco,riciclaggio di denaro. La permanen-za di soggetti che gravitano intorno

    alledilizia continua ad esistere. Eevidente che una forma di rete e diarricchimento c. Sar sempre piimportante colpire queste personenon soltanto con la limitazione dellalibert personale, ma soprattutto in-taccandone la ricchezza. Scardinandoil modello dellarricchimento facile,anche i giovani potranno vedere chenon conveniente essere mafioso.

    Avete notato un cambiamento ne-gli anni del modus operandi dellendrine?

    I morti ammazzati si fanno gi, qui sicerca di coinvolgere con finezza gliimprenditori in una sorta di concorso.Come nel caso delle false fatturazioniper operazioni inesistenti.

    Ma in questo modo limprenditore

    diventa complice...S, sta in questo la finezza criminale. Lafalsa fatturazione non la denunceraimai, perch limprenditore chelha emessa. Limprenditore recu-pera liva su operazioni mai fattee il mafioso ricicla. Gli imprenditorisottostavano e collaboravano nellefalse fatturazioni, una forma dicostrizione che fa comodo a tutti.

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    intervista aAntonio Turi,di G.T.

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    il collaboratore Salvatore Cor-tese, che nellinterrogatoriodel 19 marzo 2008 dichiara:

    Mi recai alla discoteca Ital-ghisa di Reggio Emilia doveSalvatore socio e parlai diquesto debito (contratto dalcognato di Salvatore, ndr.).Salvatore mi assicur cheavrebbe pagato il debito delcognato.

    Un anno e il boss torna libe-ro. Nellottobre 2008, semprea Brescello, stato arresta-to Francesco Grande Aracri fratello del capobastoneNicolino detto Manuzza per la condanna diventatadefinitiva a 3 anni e 6 mesi.In realt, sottratta la carcera-zione preventiva, tra un anno

    potr tornare a casa. E magaririprendere le redini della dittaedile di cui era proprietario.Nelle vicinanze di Brescellovive anche Massimo Turr, unautotrasportatore originariodi Cutro, accusato dalla Ddadi Catanzaro di associazionemafiosa nello stesso proce-dimento che vede coinvoltoun altro reggiano dadozione,Ernesto Grande Aracri, fratel-lo di Nicolino.Brescello, come Reggio Emiliacon Cutro, ha sancito lunionecon la comunit calabrese. gemellato con Isola CapoRizzuto, la terra dei Nicoscia,alleati dei Grande Aracri. I ca-

    labresi originari del crotonesesono molti, rappresentanoun pacchetto di voti impor-tante in grado di cambiare lesorti della politica reggianae stimolare condotte incon-suete da parte della classedirigente locale. NellEmiliarossa si respira infatti unclima pesante, qui i Gran-

    de Aracri si sentono padronie hanno la consapevolezzache, in fondo, sono in pochi

    a credere al radicamento delloro potere mafioso sulle terredella Resistenza.Lo stesso procuratore capo diReggio Emilia, Giorgio Gran-dinetti, ha dichiarato il 17febbraio 2011 che a Reggio landrangheta ha avuto qualcheinfiltrazione, ma non c unvero insediamento. Qui cuna colonia di calabresi chepu aver facilitato qualchetentativo di penetrazione, ma sbagliato creare allarmismi.Bisogna stare attenti, anche alivello dei media, a non con-vincere la gente che qui siamoin Campania o in Calabria.Comunque mia intenzione

    potenziare le misure di pre-venzione.Eppure la ndrangheta ha ol-trepassato la Linea Gotica daun trentennio e, come perosmosi, economia mafiosa elegale si compenetrano senzasoluzione di continuit.

    Da Brescello alla Sardegna.Alfonso Diletto e FrancescoMuto, entrambi residenti aBrescello, sono stati coinvol-ti nel 2008 nelloperazioneDirty Money. Unindagineche ha portato allarresto di9 persone legate alla coscaFerrazzoIazolino di Meso-raca, provincia di Crotone, e

    ha svelato un vorticoso girodi riciclaggio tra Lombardia,Sardegna, Calabria, Svizzerae Spagna. Gli uomini del-la cosca avrebbero riciclatodiverse decine di milioni dieuro frutto dei traffici illecitidella ndrina di Mario Fer-razzo, detto Topolino. Landrangheta e i suoi colletti

    bianchi avrebbero derubato1.700 clienti dei loro inve-stimenti e prodotto un buco

    pari a 100 milioni di franchinelle societ finanziarie daloro gestite.Per Diletto e Muto, reggianidadozione e soci in affari, nonsono scattate le manette, masono sotto processo in Sarde-gna. A loro infatti contestatoil reinvestimento del denaroillecito della cosca Ferrazzonel territorio sardo. Avrebberoacquistato terreni e immobili,favorendo gli affari e la pene-trazione dei capitali illecitidei Ferrazzo nelleconomialegale. Diletto e Muto vivononel reggiano da molto tempo eportano avanti diverse attivitimprenditoriali tra Brescello

    e Parma. Nel 2009 diventanosoci di una societ di costru-zioni con sede a Brescello. Enel curriculum societario diDiletto compare ancora, comecessata, la Di.Mu. immobi-liare con sede a Olbia. Sarebbela societ con cui Diletto eMuto, secondo i magistrati diMilano, avrebbero reinvestitoil denaro illecito in Sardegna.Scrive il gip di Milano: Insostanza la societ Di.Mu. erastata creata al fine di essereusata da Zoccola (Alfonso) percontrollare la quota del 49%in Gmp, grazie alla disponi-bilit di soggetti calabresi (ecio Diletto e Muto) in con-

    tatto con Andali (Fortunato).Quanto alla Gmp stato giampiamente illustrato comeil reimpiego in Sardegna deifondi sottratti alla WFS/PP finanziarie World financeService (Wfs) e Pp Financedi Zurigo dovesse avve-nire proprio attraverso talesociet.

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    Tra la via Emiliae Baghdadintervista a Enrico Bini diGiovanni Tizian

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    Ci sono 7 mila nuovi appar-tamenti invenduti, molte areeda costruire, il mercato satu-

    ro. Le parole di Enrico Bini,presidente della Camera diCommercio di Reggio Emilia,ben descrivono la situazione diuna provincia e di una regioneasfissiata dal cemento e dove,nonostante la crisi economi-ca, la crescita di aree edificatenon si arrestata. Ho avuto lapercezione che stiano cercandoanche mercati esteri.

    Quali?Iraq. Imprese edili che vorreb-bero investire perch in questomomento ci sono meno con-trolli e un business incredibi-le. Qualche segnale in questosenso lho avuto durante la

    visita del console di Baghdada Reggio Emilia.

    Ha visto imprenditori che locorteggiavano?In un certo senso s.

    Imprese sospette?Imprese legate a un certo mon-do edile. Possiamo definirle

    imprese un po chiacchierate.

    Ho messo un po in guardia ilConsole, quantomeno la Ca-mera di Commercio non vuole

    essere quella che favoriscelesportazione del businessdella ndrangheta.

    I settori pi colpiti dagli in-teressi della ndrangheta?Edilizia, trasporti e commer-cio. Le indagini partite daLAquila confermano comele imprese edili in odore dindrangheta siano ben presentisul territorio reggiano.

    Quali segnali la preoccupanomaggiormente?La crescita di ditte di autotra-sporto in un momento in cuinon cos facile crescere. Ditteche hanno molte commes-

    se e crescono ulteriormente.Altri segnali sono gli autisticostretti a trasportare droga,autisti tenuti in schiavit. Maanche imprenditori del tra-sporto che camminano con leauto blindate e scorta privataal seguito.

    La rete di appoggi e di col-

    lusioni ampia?

    Sono presenti molti uomi-ni di paglia. Teste di legnoinsospettabili che portano

    avanti gli affari, creano dittee business. uninfiltrazionesilenziosa, sono riusciti ad en-trare nelleconomia reggianaperch non si sono fatti sen-tire. Erano quelli che appenaarrivati aiutavano le societsportive, le proloco, hannosostenuto le iniziative localicome sagre e attivit ludi-che. il metodo dei collettibianchi, dei professionisti,hanno dato lavoro a tutti iprofessionisti reggiani. Molticontinuano ad affermare chenon c la ndrangheta perchhanno visto la faccia pulitadei mafiosi. E i loro soldi permolti non hanno odore.

    Le ditte della ndranghetaprediligono il privato o ilpubblico?Hanno fatto il pubblico altavelocit e discariche e ilprivato anche in societ conimprenditori reggiani, ma per-ch molti impresari locali nonsanno riconoscerli e accettano

    i prezzi bassi che offrono.

    Si chiama Fortunato Pagliuso, stato arrestato il 3 aprile scorso,

    su di lui pendeva un mandato dicattura europeo per ricettazione. un imprenditore che ha semprelavorato nel reggiano con la suaditta di autotrasporti, la Bazzoni,ma titolare di numerose societ,due edili e una di disinfestazione,in Calabria, a Crotone. A Gualtie-ri di Reggio Emilia ha gestito laAutotrasporti Bazzoni srl una

    delle 1856 imprese di autotrasportoiscritte alla Camera di Commercio

    di Reggio Emilia di cui risultavaamministratore unico dal 2008.Le ditte sono gestite attualmentedal fratello. Il mandato di catturarisale al giugno 2009 ed era statoemesso in Germania con laccusadi ricettazione di autocarri. Ottienesubito gli arresti domiciliari permotivi di salute, si fa ricoverarenellospedale di Reggio Emilia da

    dove, durante la notte, fugge. Faperdere le sue tracce per diverso

    tempo. Fino allaprile 2010 quandola Squadra Mobile di Reggio Emilialo rintraccia in un cascinale nelparmense, nascosto da una fittavegetazione di propriet di suocognato.Fortunato Pagliuso una figuraparticolare, da sempre vicino adalcuni imprenditori delle coschecrotonesi, interessati da indagini.

    Un imprenditore sospetto

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    Esistono imprese reggianeche utilizzano in regime diesternalizzazione ditte ma-

    ose?Certo, ma non le sanno ricono-scere. Si presentano con grossedisponibilit di merci, con unribasso del 3040 per centodelle tariffe, sono disponibi-li a qualsiasi richiesta, c lamassima disponibilit. Stiamochiedendo alla committenza diinsospettirsi quando si trovanodi fronte a ribassi esagerati.

    E poi c lusura...Un fenomeno che colpisce leditte in crisi. E molti calabre-si che soffrono la situazionedebitoria prima di chiuder-la si rivolgono a soggetti chegli prestano soldi. E difficile

    percepire quanto sia profondoquesto fenomeno, ma presen-te. Tanto che con Sos impresa

    stiamo pensando di aprire uncentro di ascolto.

    Avete realizzato un protocollodintesa con alcune Camere diCommercio, ci pu illustrare ipunti salienti del documento?Con le Camere di Commerciodi Caltanissetta, Crotone e Mo-dena abbiamo realizzato unprotocollo che ci permetter discambiarci i dati. Il primo passoche abbiamo fatto iscriveredufficio le aziende che operanosul territorio reggiano ma chehanno la sede legale in Calabriao in Sicilia. Inoltre, i sottoscrit-tori simpegnano a monitorare esviluppare le azioni strategiche

    del sistema camerale. E previ-sto anche un fondo di primointervento nei confronti delle

    imprese colpite dal fenomenoestorsivo, a patto che questedenuncino gli autori.

    Le sue battaglie sono con-divise?Ho fatto fatica con le amministra-zioni locali per far comprendereloro che non sto facendo maleal territorio ma denuncio persalvaguardarlo. Le amministra-zioni si sono chiuse negando lapresenza radicata del fenomeno,affermando di avere gli anticorpinecessari e sostenendo che ledenunce danneggino il territorio.Poi, dopo gli attentati di maggio,si sono convinti, c un climadiverso e meno silenzio.

    Sono circa una decina le impresee i soggetti a cui la Prefettura diReggio Emilia ha negato la certi-ficazione antimafia. Oltre che aConsorzio Primavera, Verti-nelli, Giada Srl, Lomonacoe Vasapollo, linterdittiva hacolpito anche Alberto Filippel-li. Questultimo voleva aprireuna sala giochi a Reggiolo mail comune, prima di conceder-gli lautorizzazione, ha chiestoinformazioni alla Prefettura cheha cos negato la certificazione.Un passato burrascoso, quello delgiovane Filippelli. stato coin-volto nelloperazione Vortice 2

    insieme ad esponenti modenesidella cosca Farao Marincola diCir. Sarebbe inoltre il convi-vente della figlia di GiuseppeMuzzupappa, ritenuto vicino aiMancuso di Limbadi, legati allacosca Grande Aracri.La Global Service si occupa dimanutenzione per conto dellAsldi Reggio Emilia. Nellospedale

    di Scandiano la ditta ha conces-so un subappalto a Luigi Silipoche aveva iniziato gi a lavorarenel cantiere quando arrivato lostop della prefettura: subappaltorevocato. La moglie di Silipo,Maria Giuseppina Salerno, e ifigli Salvatore e Giuseppe Si-lipo erano finiti in carcere il 4maggio scorso per associazionea delinquere e usura. Lo stessoartigiano stato segnalato pergli stessi reati. Lintera famiglia,secondo la Guardia di Finanza,si dedicava allusura, imponendotassi anche del 15% mensile. Ma adestare lattenzione della prefettu-

    ra stato un personaggio coinvoltocon i Silipo nel giro di usura. Vito Giuliano Floro consideratocontiguo al clan Dragone.Certificato antimafia negato ancheper la Morrone Trasporti, consede nel reggiano. Soci e ammi-nistratori sono Enrico Morrone ela sorella Antonia. In Lombardialazienda aveva vinto un appalto

    bandito da Anas e AutostradeCentropadane. Lappalto statorevocato. Sono stati accertati rap-porti con uomini di ndranghetae Cosa nostra. Morrone sarebbein contatto anche con Gerardo eSalvatore Muto, titolari di alcuneditte di autotrasporto a Gualtieri,indicati dalla prefettura comeimprenditori che intrattengonorapporti di lavoro e frequenta-zioni con esponenti dei GrandeAracri.Certificazione negata alla EdilPerna, ritenuta contigua a Cosanostra gelese, che ha ottenutoun appalto pubblico dal comune

    di Parma per la riqualificazionedellarea della stazione ferroviariaex Boschi e un subappalto per lacentrale tecnologica dellOspedalecivile maggiore di Verona.Infine, stop del prefetto ad Ame-deo Amato, di Rosarno, appar-tenente al gruppo degli Zingariche a Reggio Emilia hanno strettorapporti con i Grande Aracri.T

    uttele

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    La maa bianca.Anche in EmiliaFalsi certificati di invalidit a un mafioso catanese. A dicem-

    bre finito ai domiciliari un noto medico di Bologna. statorilasciato il mese scorso, ha lobbligo di dimora. Nel frattem-po altri due dirigenti della struttura sarebbero indagati

    diGiovanni Tizian

    Era stato arrestato Mauro Me-narini, accusato di truffa ag-gravata allo Stato e falso. Gidirettore sanitario allospedaledi Montecatone e direttore deldipartimento di medicina riabi-litativa, nonch docente esternoallAlma Mater, Menarini se-condo laccusa avrebbe favoritoSilvio Balsamo, condannato per

    mafia e omicidio. Balsamo eraritenuto dagli investigatori unmafioso del clan catanese deiFerone al cui vertice c Giusep-pe Ferone, inseguito da condan-ne che lo avrebbero tenuto incarcere fino al 2023. Qui entrain scena Menarini, che avrebberedatto falsi certificati mediciin cui certificava linvalidit

    al 100% di Balsamo il quale,almeno sulla carta, soffriva diuna patologia assai seria: unagravissima siringomielia checostringe i pazienti su una se-dia a rotelle. Ma il malato eraimmaginario. Nel novembre2008 stato sorpreso dai vigiliurbani a guidare unauto. E unvideo amatoriale lo aveva ripre-

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    so a Natale mentre faceva festasotto lalbero con unamica.Grazie ai falsi referti, Balsamo,

    ottenne persino lassegno diinvalidit 730 euro al mese tre carrozzine e i medicinali,ma soprattutto pot usufruiredegli arresti domiciliari persei anni a Montecatone e peraltri tre a casa, ingannando cosil Tribunale di Sorveglianza.Il Tribunale del Riesame harevocato gli arresti domicilia-

    ri a Menarini che deve, per,rispettare lobbligo di dimo-ra. Nel frattempo sarebberoindagati due dirigenti dellastruttura sanitaria. Ilja Gardi,vicepresidente della strutturaimolese, sarebbe indagato perintralcio alla giustizia: secon-do i pm Gardi, nel corso delle

    indagini che poi hanno portatoallarresto di Menarini, avrebbetentato di controllare preven-tivamente le audizioni dei varitestimoni (medici e operatorisanitari) convocati in Procura.In pratica, Gardi avrebbe cerca-to di farsi dire ci che questepersone avevano intenzione diriferire ai magistrati. Augusto

    Costa, primario nella struttu-ra, sarebbe iscritto per il reatodi false dichiarazioni ai pm.Chiamato a testimoniare sullavicenda di Menarini-Balsamo,Costa avrebbe, secondo lac-cusa, rilasciato dichiarazionireticenti, abbondando nel rac-conto di non ricordo e non

    so. Laccusa nei confronti diCosta, come prevede il Codicepenale, potrebbe un domanicadere qualora il camice biancotornasse davanti ai magistratie correggesse le parole dette inprecedenza. Entrambi i medicihanno ricevuto nelle scorse set-timane lavviso di garanzia.Silviuccio, come lo chiamava

    amichevolmente il primario, si suicidato questanno, dopouna perquisizione. Temeva di

    tornare dentro. Si messo unacorda al collo e si buttatogi per le scale con la carroz-zina. Secondo gli inquirentiquella poteva essere una messain scena. Unimpiccagioneatipica lhanno definita gliinvestigatori. Lipotesi chevolesse simulare un suicidioper dimostrare di avere proble-

    mi psichici, ma poi qualcosa andato storto. Allinterno dellacasa di Balsamo sono state tro-vate e sequestrate lettere cheprovano il legame con il clan,certificati falsi e un computerportatile con scambi di mail trail mafioso e Menarini. Sono statianche trovati migliaia di catete-

    ri mai utilizzati. Dallepisodiodel suicidio partita lindagineche ha portato allarresto delmedico. I pm di Bologna glicontestano anche il reato ditruffa allo Stato. Intanto il Cdadellistituto ha sospeso in viacautelare Mauro Menarini dallesue funzioni di responsabiledel Dipartimento di Medicina

    Riabilitativa ed Unit SpinaledellOspedale di Montecatoneper tutta la durata dello statodi arresto.Dallordinanza spuntano sce-nari inquietanti. In una con-versazione dell11 settembre2010 una dottoressa si sfogacon una collega e le confessa

    di avere paura di riferire ai pm,che lavevano convocata, quelloche sapeva su Balsamo per ti-more di ritorsioni. Un segnaledi preoccupante omert. E tregiorni dopo Menarini scriveun messaggio ad un amico:Sono disperato, e chiosa: Hoi giudici in testa, questa volta lavedo davvero nera. Nel 2004

    un mafioso scrive a Balsamoper chiedergli di intercederecon Menarini per ottenere un

    posto letto il prima possibile.Il rapporto di fiducia tra il me-dico e il boss avrebbe prodottoallinterno (della clinica, ndr.)una situazione di condiziona-mento, racconta una teste. Lastessa testimone riferisce cheun paziente minorenne si sareb-be lamentato perch Balsamodi notte aveva avuto rapporti

    sessuali con delle donne nellastanza. Un altro dipendenteesprime davanti alla poliziaun giudizio: Balsamo trattavaMenarini con i guanti bianchi,anzi bianchissimi, alludendoforse alla cocaina che gli procu-rava. Un altro ancora parla difavori concessi dal medico in

    cambio di stupefacenti.Squadra Mobile e Procura inda-gano. Non si escludono nuovispiacevoli sorprese per il mon-do della sanit emiliana. Dovenon tutto come sembra.

    50| marzo 2011 | narcomae

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  • 8/9/2019 Narcomafie_InchiestaReggioEmilia(1).pdf

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    Una Carta etica per i professionistimodenesi. Contro corruzione e ma-

    fie, i professionisti hanno deciso dache parte stare. La Carta destinataa fare scuola. I professionisti diModena, iscritti nei rispettivi albie aderenti al C.U.P. ( Comitato uni-tario delle professioni di Modena )hanno scelto la strada delletica. Undocumento di undici articoli cheal momento rappresenta la primaesperienza a livello nazionale. La

    Carta etica, presentata venerd 28gennaio a Modena, rappresentauna novit assoluta, la prima inItalia, per il mondo degli Ordiniprofessionali. Al convegno, daltitolo Carte in regola: i professio-nisti modenesi sfidano con leticamafie e corruzione, sono interve-nuti Roberto Alfonso, procuratorecapo della Dda di Bologna, cheha confermato come in Emilia e aModena siano radicate le cosche;Stefania Pellegrini, docente di so-ciologia del diritto presso la facoltdi giurisprudenza dellUniversitdi Bologna, che ha evidenziatola necessit per i professionistidi recuperare la consapevolezza

    del loro ruolo sociale; e don LuigiCiotti, fondatore e presidente di

    Libera, che ha concluso il convegnoauspicando che la Carta si facciacarne elogiando il migliore deitesti antimafia, la Costituzione.La Carta articolo 10 prevede laradiazione del professionista nelcaso di condanna definitiva perreati di associazione mafiosa, o co-munque commessi per agevolare ilsodalizio mafioso, e nelleventualit

    intervenga una confisca definitivadei beni del professionista. Al puntob dello stesso articolo previstala sospensione, anche in via caute-lare, per il professionista indagatoo destinatario di unordinanza dicustodia cautelare. Allarticolo 11della Carta indicata la possibilitper gli Ordini professionali di co-stituirsi parte civile nei processi incui sono coinvolti i professionistiaccusati di mafia.La corruzione lo strumento utiliz-zato dai boss per piegare i colletti

    bianchi, i professionisti e i politici.La Carta etica potrebbe rappresen-tare un argine alle lusinghe dellecosche mafiose che anche a Modenainvestono i loro capitali fin daglianni Ottanta. Ndrangheta e clandei casalesi hanno cellule stabili

    a Modena. Per rintracciare casi dicolletti bianchi collusi sufficientetornare a luglio scorso. I Carabinieridi Modena e la Dda di Bolognascoprono una vasta attivit di truffeportate avanti dalla cosca Arena diIsola Capo Rizzuto. Tra gli arrestatinon solo ndranghetisti, ma ancheun noto commercialista svizzerocon cui gli uomini degli Arena

    effettuavano le truffe carosello.Negli anni 90, a confessare lecollusioni con la ndrangheta stato il dirigente di una bancadel modenese.Tornando al 2010, in una delletre operazioni contro il clan deicasalesi compare la figura di unavvocato spregiudicato che con-siglia al suo assistito di attaccare

    al palo della luce linfame chevorrebbe denunciarlo.

    A Bologna prima di Natale finitotra gli indagati un noto medico

    bolognese, Mauro Menarini (vedip.49, ndr.), colpevole, secondo imagistrati, di avere prodotto uncertificato falso per un mafiosocatanese, condannato a 23 anni,grazie al quale ha evitato il carcere.E sempre a Bologna, nel 2007, aessere arrestato un ingegnere che

    in cambio di appalti da eseguirenella Locride avrebbe pagato leparcelle degli avvocati di potentindranghetisti, i Pelle-Vottari, prota-gonisti della mattanza di Duisburg.E il mese scorso un noto avvocatomodenese stato arrestato dallaMobile di Modena perch avrebbechiesto ad un boss casalese direcuperare dei crediti da un com-merciante veronese. AlessandroBitonti, avvocato civilista fa-moso a Modena per avere tentato,insieme ad altri imprenditori, diacquistare prima la Reggiana e poi ilModena calcio rischia ora, a causadella codice etico, la sospensionedal suo Ordine.La Carta etica utile per nonlasciare solo il professionista che una sentinella della legalit nel

    campo in cui opera spiega allaGazzetta di Modena Pietro Balu-gani, presidente dellOrdine degliIngeneri di Modena . Gode diun osservatorio privilegiato, pusegnalare, informare chi di doverenelleventualit dovesse intrave-dere meccanismi poco chiari.E chiosa: Non abbiamo mol-ti strumenti a disposizione. La

    Carta va in questa direzione. Lapresenza delle mafie, Balugani lasente vicina. Tocca tutti, penetranelleconomia sana della nostraprovincia inquinandola. Va com-

    battuta prima che il cancro divoritutto. La Carta etica proposta dagliIngegneri ha trovato il consensounanime dei professionisti, unottimo punto di partenza.

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    51| marzo 2011 | narcomae

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