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n.1 / aprile 2009 Periodico dell'Associazione Culturale Amici di San Bevignate. via del Bosso. 13 - 06131. Montemalbe, Perugia - Direttore responsabile Luciano Gianfilippi San Bevignate. Uno spazio per la cultura L a lunga attesa è finita il 20 marzo 2009, salutata da una tormenta di neve fuori stagione. Il tempio di San Bevignate, dopo restauri all'edificio guidati dall'archi- tetto Fabio Bussani e al ciclo di affre- schi, è stato finalmente riaperto al pubblico. Adesso questo complesso monumentale potrà essere visitato, inizialmente un giorno alla settimana o su prenotazione, grazie alla gestio- ne comunale del Sistema Musei. Ora potrà anche diventare un "Centro di documentazione sull'Ordine dei Templari e Ospitalieri", in relazione con i principali centri di ricerca e le università di tutta Europa. Perugia avrà qui uno spazio di grande presti- gio per convegni di alta cultura e in- contri internazionali. Fu nel 1256 che la presenza dei "Pauperes commilito- nes Christi templique Salomonis" portò alla costruzione alle porte di Perugia della chiesa di San Bevigna- te. E oggi, 753 anni dopo, la chiesa si mostra intatta nelle sue linee architet- toniche originarie, a differenza di tan- te altre chiese templari sparse per l'Europa, soggette a trasformazioni e alterazioni nei secoli successivi alla dissoluzione dell'Ordine. Purtroppo non si è salvata la totalità dei dipinti che racchiude all'interno. Ma quelli rimasti sono un prezioso segno della simbologia dei cavalieri. Sono una testimonianza del messag- gio che i Templari hanno lasciato all'u- manità: fede, coraggio, coerenza alla missione che si erano dati, difesa del- la civiltà e della cultura europea, ca- pacità di costruire una solida impre- sa anche finanziaria, che oggi po- tremmo definire una prima "multina- zionale". Alla storica giornata di riapertura del- la chiesa di San Bevignate hanno par- tecipato il sindaco Renato Lecchi, l'assessore regionale alla Cultura Silvano Rometti, l'editore perugino Mario Bellucci. il professor Pietro . Lca Vcrdesi. Chiesa di San Be\-ignate. 1915 ca.. disegno acquerellato eseguito con la guida del Professor Ugo Tarchi Scarpellini. autore di minuziosi studi sul ciclo degli affreschi, la direttrice della Soprintendenza ai Beni Cultu- rali Vittoria Garibaldi. Terminata questa prima fase, del recupero del tempio, adesso se ne apre una seconda per la associazione degli "Amici di San Bevignate": quella di difendere questo patrimonio monumentale e di sviluppare studi e ricerche sulla presenza dei Templari a Perugia e in Umbria. Luciano Gianfilippi L'età dei Templari: lineamenti > E unanimemente accettata la defini- zione di rinascita per l'età che si apre con l'anno Mille e che cor- risponde in termini tecnici (anche se elastici e talora nebulosi) al basso medioevo. È altresì opinione consoli- data che tale rinascita dopo l'anno Mille sia in verità iniziata prima di quella scadenza e che non sia legata, secondo una visione romanzesca e in fondo meccanicistica, al sospiro di sollievo delle popolazioni europee cri- stiane nel constatare che, nonostante le correnti interpretazioni dell'Apocalisse e il rigido e improprio conteggio dei mille anni, il mondo non era bruciato e la vita continuava anzi sembrava più lieta. In effetti, nuove condizioni e situazioni politico-militari, mutazioni sociale ed economiche, realtà storico- sociali nuove o rinate, consolidamento di un ciclo climatico favorevole, sono ritenuti elementi in grado di spiegare quella rinascita. Il termine delle invasioni con l'addomesticamento di Normanni e Ungari e il contenimento degli incur- sori saraceni, la maturità e quindi l'immobilità del sistema economico e sociale feudale, la ripresa della vita cittadina con la nascita, soprattutto al di delle Alpi, di nuove città, la bene- fica azione di un clima temperato, insieme alla vivacità delle iniziative e delle innovazioni in campo commer- ciale e agricolo, indicano l'uscita del- l'umanità euro-pea dal lungo periodo di passività e di laboriosa elaborazione di una nuova cultura, non più solo romana, che sarà poi quella dell'Europa cristiana. La vivacità dei tempi e degli spiriti si manifesta anche nella effervescenza riformatrice in ambito ecclesiastico che coinvolge non solo gli ordini mo-nastici ma anche i semplici fedeli e che si mani- festerà clamorosamente nella predica- zione della riscossa armata cristiana nei confronti dell'Isiam. L'Europa in armi, dopo secoli e per secoli, uscirà dai propri confini per competere nel Mediterraneo e. poi, nel sempre più vasto mondo. In tale contesto sommariamente deli- neato si collocano, da un lato, il movi- mento di rinnovamento della Chiesa promosso da Cluny (909-10, fonda- zione del monastero) e da altri centri monastici (Camaldoli, Vallombrosa, la Grande Chartreuse) di poco posteriori, e poi la riforma delle riforme con la restaurazione della regola benedettina ad opera dei monaci di Citeaux (l'antico Cistercium) e dal rigoroso, austero, penitenziale e mistico movi- mento ci-sterciense; dall'altro, la lunga opera di svincolamento dalla tutela imperiale da parte del papato e

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Periodico dell'Associazione Culturale Amici di San Bevignate. via del Bosso. 13 - 06131. Montemalbe, Perugia - Direttore responsabile Luciano Gianfilippi

San Bevignate.Uno spazio per la cultura

La lunga attesa è finita il 20marzo 2009, salutata da unatormenta di neve fuori stagione.

Il tempio di San Bevignate, doporestauri all'edificio guidati dall'archi-tetto Fabio Bussani e al ciclo di affre-schi, è stato finalmente riaperto alpubblico. Adesso questo complessomonumentale potrà essere visitato,inizialmente un giorno alla settimanao su prenotazione, grazie alla gestio-ne comunale del Sistema Musei.Ora potrà anche diventare un "Centrodi documentazione sull'Ordine deiTemplari e Ospitalieri", in relazionecon i principali centri di ricerca e leuniversità di tutta Europa. Perugiaavrà qui uno spazio di grande presti-gio per convegni di alta cultura e in-contri internazionali. Fu nel 1256 chela presenza dei "Pauperes commilito-nes Christi templique Salomonis"portò alla costruzione alle porte diPerugia della chiesa di San Bevigna-te. E oggi, 753 anni dopo, la chiesa simostra intatta nelle sue linee architet-toniche originarie, a differenza di tan-te altre chiese templari sparse perl'Europa, soggette a trasformazioni ealterazioni nei secoli successivi alladissoluzione dell'Ordine.Purtroppo non si è salvata la totalitàdei dipinti che racchiude all'interno.Ma quelli rimasti sono un preziososegno della simbologia dei cavalieri.Sono una testimonianza del messag-gio che i Templari hanno lasciato all'u-manità: fede, coraggio, coerenza allamissione che si erano dati, difesa del-la civiltà e della cultura europea, ca-pacità di costruire una solida impre-sa anche finanziaria, che oggi po-tremmo definire una prima "multina-zionale".Alla storica giornata di riapertura del-la chiesa di San Bevignate hanno par-tecipato il sindaco Renato Lecchi,l'assessore regionale alla CulturaSilvano Rometti, l'editore peruginoMario Bellucci. il professor Pietro

.

Lca Vcrdesi. Chiesa di San Be\-ignate. 1915 ca..disegno acquerellato eseguitocon la guida del Professor Ugo Tarchi

Scarpellini. autore di minuziosi studisul ciclo degli affreschi, la direttricedella Soprintendenza ai Beni Cultu-rali Vittoria Garibaldi.Terminata questa prima fase, delrecupero del tempio, adesso se neapre una seconda per la associazionedegli "Amici di San Bevignate":quella di difendere questo patrimoniomonumentale e di sviluppare studi ericerche sulla presenza dei Templari aPerugia e in Umbria.

Luciano Gianfilippi

L'età dei Templari:lineamenti

>

Eunanimemente accettata la defini-zione di rinascita per l'età che siapre con l'anno Mille e che cor-

risponde in termini tecnici (anche seelastici e talora nebulosi) al bassomedioevo. È altresì opinione consoli-data che tale rinascita dopo l'annoMille sia in verità iniziata prima diquella scadenza e che non sia legata,secondo una visione romanzesca e infondo meccanicistica, al sospiro disollievo delle popolazioni europee cri-stiane nel constatare che, nonostante lecorrenti interpretazioni dell'Apocalisse

e il rigido e improprio conteggio deimille anni, il mondo non era bruciato ela vita continuava anzi sembrava piùlieta. In effetti, nuove condizioni esituazioni politico-militari, mutazionisociale ed economiche, realtà storico-sociali nuove o rinate, consolidamentodi un ciclo climatico favorevole, sonoritenuti elementi in grado di spiegarequella rinascita.Il termine delle invasioni conl'addomesticamento di Normanni eUngari e il contenimento degli incur-sori saraceni, la maturità e quindil'immobilità del sistema economico esociale feudale, la ripresa della vitacittadina con la nascita, soprattutto aldi là delle Alpi, di nuove città, la bene-fica azione di un clima temperato,insieme alla vivacità delle iniziative edelle innovazioni in campo commer-ciale e agricolo, indicano l'uscita del-l'umanità euro-pea dal lungo periododi passività e di laboriosa elaborazionedi una nuova cultura, non più soloromana, che sarà poi quelladell'Europa cristiana. La vivacità deitempi e degli spiriti si manifesta anchenella effervescenza riformatrice inambito ecclesiastico che coinvolgenon solo gli ordini mo-nastici maanche i semplici fedeli e che si mani-festerà clamorosamente nella predica-zione della riscossa armata cristiananei confronti dell'Isiam.L'Europa in armi, dopo secoli e persecoli, uscirà dai propri confini percompetere nel Mediterraneo e. poi, nelsempre più vasto mondo.In tale contesto sommariamente deli-neato si collocano, da un lato, il movi-mento di rinnovamento della Chiesapromosso da Cluny (909-10, fonda-zione del monastero) e da altri centrimonastici (Camaldoli, Vallombrosa, laGrande Chartreuse) di poco posteriori,e poi la riforma delle riforme con larestaurazione della regola benedettinaad opera dei monaci di Citeaux(l'antico Cistercium) e dal rigoroso,austero, penitenziale e mistico movi-mento ci-sterciense; dall'altro, lalunga opera di svincolamento dallatutela imperiale da parte del papato e

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della Chiesa. In effetti, la degradazionedel papato nel secolo X con la contesaspregiudicata e impudente dell'aristo-crazia romana per il puro e semplicepotere, aveva offerto una buonissimamotivazione all'intervento dell'impera-tore Ottone 1 che aveva imposto il pro-prio primato nell'elezione del papa(Privilegium Othonis, 962), e poi alsogno imperiale di breve durata diOttone III con la cesaro-papista renova-tio Imperii e al consolidamento dellasubordinazione della chiesa all'Imperocon il concilio di Sutri (1046) e conl'imperatore Enrico III (1039-1056). Lapurificazione necessaria della vita dellaChiesa e del Clero, la riaffermazionedell'indipendenza del Papato e dellagerarchla soprattutto nei confronti del-l'istituto dei vescovi-conti e dell'asser-vimenlo (politico e culturale) al poterepolitico, la impellenza della riscossaideale e militare nei confrontidell'Isiam, trovano alleati nellaseconda metà del secolo XI, imonaci cistcrciensi con Ber-nardo di Clairvaux continua-tori in questo del program-ma cluniacense, e il papatoche viene vigorosamentee rigorosamente vissutodai papi riformatori Leo-ne IX, Nicolo II, Ales-sandro II, Gregorio VII,intenzionati a riscattarela Chiesa dalle sue ver-gogne simoniache e arestaurarne la moralità, ladisciplina, la sapienza teo-logica, la legittimazionegiuridica.Nel 1054, intanto, s'era con-sumato più per le ambizionipersonali e gli intricati giochi dipotere della corte bizantina, che persostanziali motivazioni teologiche, ildoloroso scisma d'Oriente che avrebbefatto percepire la cristianità bizantinanon solo diversa ma talvolta ostile daparte della elementare e semplificatricementalità dei futuri crociati. Ma la vicen-da del conflitto, non solo ideologico, trapapato e Impero, che avrà il suo puntopiù drammatico con Gregorio VII edEnrico IV con l'esemplare e mitizzatoepilogo di Canossa (1077), troverà lasoluzione definitiva con il Concordato diWorms (1122) e il successivo concilioecumenico lateranense ( 1123) che sanci-ranno l'indipendenza della Chiesadall'Impero. È ovvio che la ritirata im-periale anche se dovuta alla vigorosaoffensiva papale ed ecclesiastica eraaltresì condizionata dalla involuzione eframmentazione del sistema feudale conil contemporaneo irreversibile declino(nonostante illusone rivitalizzazionisuccessive) dell'ideale del Sacro

Romano Impero. Ma la vivacità e laenergia della nuova Europa, pur desta-bilizzando le istituzioni altomedievalicon i prepotenti particolarismi cultura-li, sociali e politici, erano il motoredell'espansione e della riscossa, del-l'ampliamento anche geografico, del-l'intensificazione degli itinerari siacommerciali sia culturali, della reazio-ne politica e militare. Tra XI e XIIsecolo la cristianità occidentale, oltre adar vita alla 1 ' Crociata per la riconqui-sta di Gerusalemme, conduce unavigorosa offensiva contro la presenzaislamica in Europa che ha le sue mani-festazioni più vistose nella conquistanormanna della Sicilia con Ruggero IIche ne diventerà re nel 1130, e nell'av-vio della reconquista della Spagna

Non nobis. Domine, non nobis. sed nomini tuo daGìoriam.Non a noi. o Signore, non a noi: ma solo ai Tuonome da gloria.

musulmana ad opera di Alfonso VI diCastiglia e del leggendario Cid Cam-peador. In tale clima prendono vita gliordini monastico-cavallereschi, in par-ticolare i Templari, che rappresentanola sintesi della forza militare e dellafede cristiana, così come si intendeva inquel tempo che non riteneva la religio-ne un fatto privato né sospettava cheesistesse il "politicamente corretto".

Mario OlivieriL"iiiversità per gli Stranieri dì Perugia

I monaci e il Icone

Tra le immagini della controfacciatadella chiesa di San Bevignate cherappresentano episodi della vita

templare in Terrasanta, risalta, per laposizione isolata ed anche apparente-mente per una scarsa attinenza con ilresto, una composizione che rappresentadei monaci, rivestiti degli abiti conven-tuali e al riparo delle mura del monasteroe della torre, rivolti verso l'esterno che èvisibilmente desertico con palmizi. ce-spugli di vegetazione tìpica, dune, e conla presenza incombente di un Icone.L'atteggiamento di uno dei monaci delmanipolo posto sulle mura è caratteriz-zato dalla proteasione della sua manodestra verso la zampa del leene che è inposizione rampante. Sembra perciò che sisia instaurato un rapporto non ostile tra ilmonaco e il leone. C'è ovviamente una

interpretazione materiale che trovafondamento, come ricorda anche F.

Tommasi (1981). nella diffusionenel Medioevo di animali feroci

come il leone e il leopardo e^ nella regola templare che

permetteva ai monaci, inderoga al divieto di cac-cia, di abbattere i leonicome è d'altra parte ri-cordato nell'episodio em-blematico del crociato diWicher, durante appun-to la prima crociata. Equindi la presenza delleone in questo contestopotrebbe soltanto ricor-

dare aspetti della realtàstorica contemporanea, spe-

cialmente del vicino Orien-te. Tuttavia è innegabile che,

sotto il profilo simbolico, illeone porta con sé altri significati

e quindi dia luogo ad altre legittimeinterpretazioni. Nella tradizione ebrai-ca, infatti, il leone ha un valore simbo-lico negativo in quanto rappresenta lafase del male, si veda l'episodio di Da-niele nella fossa appunto dei leoni. Aquesta tradizione si rifa certamentePietro il quale nella sua prima lettera (IPetr, 5, 8-9) esorta i fedeli a vigilarecontro le insidie del diavolo che è rap-presentato come "leo rugiens'' che "cir-cuii quaerens quem devoret" e al qualesi deve resistere con la forza della fedee rivivendo nel mondo la passione diCristo. Perciò è possibile leggere nellareliquia pittorica la rappresentazionedella lotta vittoriosa dei monaci che, alriparo delle sacre mura del monaslero,non solo non temono le insidie chevengono dal leone. ma addiritturasembra che lo ammansiscano e domi-nino. Si può peraltro ricordare che inun teslo prolocrisiiano che è il

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Terzo Maestro di San Bcvignate, particolare dell'affresco della controfacciata, seconda metà del secolo Xlll

Physiologus il Icone viene propostocome complesso simbolo di Cristo, siaperché la sua abitudine a cancellare leproprie tracce con la coda rappresente-rebbe il nascondimento della divinitànell'umanità del Figlio di Dio, sia per-ché la leggendaria attitudine del leonea dormire a occhi aperti nella propriacaverna sarebbe figura della passione,sia perché, infine, le circostanze dellasua nascita che vedono il parto di uncucciolo inanimato che verrà poi riani-mato dal soffio del leone maschio,sarebbero applicabili alla potenzaredentrice e vivificatrice di Cristo edello Spirito santo. È evidente quindiche la rappresentazione di cui si parla èricca di stratificazioni semantiche chene testimoniano la complessità e insie-me l'inserimento in un contesto tradi-zionale di valori evangelici e di comu-nicazione attraverso forme simbolichedi insegnamenti e di episodi edificanti.

M.O.

Ma quale idolo...

Durante il corso degli interrogatorisi parlò per la prima volta di unidolo, il famoso Batòmetro, che i

Templari avrebbero adorato durante ceri-monie segrete organizzate, talvolta, conla presenza di avvenenti fanciulle.Già all'interno delle istruzioni, impar-tite alle guardie del re per l'arresto dei

Templari, si descriveva «un idolo cheha la forma di una testa d'uomo conuna gran barba, la quale testa essibaciano e adorano nei loro capitoliprovinciali, ma questo non lo sannotutti i fratelli, solo il gran maestro e glianziani». Le origini del nome di que-sto idolo sono ancora avvolte dalmistero, benché si siano sviluppate,per il nome, teorie più o meno serie.Tra le prime, il Du Cange. nel suo"Glossarium mediae et infimae latini-tatis", specifica che nel medioevo iltermine Baphomet veniva utilizzatocome sinonimo di Maometto (Mahomet),ed infatti anche in alcune canzoni pro-venzali si utilizzava "Bafometz" alposto di "Maometto". Secondo gliinquisitoli, quindi, i Templari adorava-no una testa che avrebbe raffigurato ilprofeta dell'Isiam: ma come avrebbe-ro potuto avere un tale oggetto se lareligione islamica proibiva qualsiasieffige della divinità?Se oscure sono le origini del Bafo-metto, altrettanto lo è la sua forma.Nella lettera del re si specifica generi-camente che esso è a forma d'uomo conuna gran barba e seguendo le istruzio-ni ricevute gli inquisitoli chiesero aiTemplari prigionieri, anche utilizzan-do la tortura, quale forma avesse que-sto idolo. Molti di loro rimasero sulladifensiva affermando di non saper nul-la della testa, altri rilasciarono delledichiarazioni pienamente aderenti alladescrizione fatta nella lettera, forseseguendo i suggerimenti, più o meno"forzati", degli inquisitoli. Coloro che

dissero di aver visto la testa conferma-rono che si trattava della testa di unuomo con la barba, o qualcosa di simi-le, ma ci fu anche chi aggiunse qual-che dettaglio, come il visitatore diFrancia Hugues de Peyraud, il qualespecificò che la testa aveva anche«quattro piedi, due davanti, ai latidella faccia, e due dietro»; al contra-rio, il tesoriere del Tempio, Jean de laTour II, disse di aver visto la testadipinta su una tavola. Di cosa fossefatta questa testa, però abbiamo pocheinformazioni in merito; Huguet deBure disse che «non era di legno, magli parve fosse d'argento, di rame(giallo) o d'oro (giallo)», mentre perGuillaume d'Herblay era «di legno,argentata e dorata all'esterno», specifi-cando anche che egli credeva si trat-tasse della testa di una delle Undi-cimila Vergini. Durante l'interrogato-rio di quest'ultimo fratello gli inquisi-toli gli chiesero se, nel caso gli venis-

Chicsa di San Bcvignate. Portale, seconda metà XIIIsecolo (particolare)

se mostrata, egli sarebbe stato in gradodi riconoscerla. Fra' Guillaume rispo-se di sì e quindi fu inviato un emissa-rio per farsi portare questa testa.Tempo dopo si presentò l'amministra-tore dei beni dell'Ordine a cui vennechiesto di «presentare tutte le figure dimetallo o di legno che avesse raccoltodurante la confisca. Egli allora portòuna grande testa d'argento dorato,molto bella, d'aspetto femminile;all'interno di essa vi erano due ossadella testa, avvolte e cucite in unpanno di lino di lino bianco, con sopra,un altro drappo rosso con una cedolacucita in cui era scritto; CaputLVII1"1». Fra' Guillaume non riconob-be l'oggetto come la testa che aveva

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Chiesa di San Bevignate, Portale, seconda metàXIII secolo

visto e il confronto terminò così. Que-sto episodio è molto strano. Primo, peril lasso di tempo trascorso tra l'invioemissario e la convocazione dell'am-ministratore (dal 5 febbraio ali' 11 mag-gio); secondo, perché alla fine gli in-quisitoli non dimostrarono nulla, anzial contrario mostrarono di essere aconoscenza della presenza di un reli-quiario tra i beni templari. Ma allora,quale era la differenza tra una testareliquiario di forma femminile ed unadi forma maschile, con la barba? Per-ché la prima veniva accettata comecosa santa da adorare e la secondacome un idolo? Solamente durante ilprocesso tenutosi a Cipro, nel qualenon fu utilizzata la tortura, i Templaridell'isola «respinsero l'accusa di ado-rare strani idoli dalle teste mostruose,affermando che l'unica testa da essivenerata era quella di Santa Eufemia,la reliquia custodita nella fortezza di

www.amicisanbevigDate.it

Registrazione Tribunale di Perugian.26/2006dcl 1.02.2006

Comitato di redazioneGianfranco Cialini, Fabrizio FabbriLuciano Gianfilippi. Mario Olivieri

Luisa Proietti

Progetto grafico,\ideoimpaginazione e stampa digitale

Studio Fabbri, Perugia

Castel Pellegrino in Terrasanta e porta-ta, dal penultimo gran maestroThibaud Gaudin, a Cipro insieme adaltre e al tesoro del Tempio». Tra lealtre reliquie, oltre alle succitate testa,l'Ordine del Tempio possedeva anchequella di una delle Undicimila Vergini.Questi reliquiari passarono in seguitotra i beni dei Giovanniti, che li venera-vano e li esponevano nel corso digrandi cerimonie pubbliche.

Enzo ValentiniDirettore Cronache Medicali

I Templari fra l'assoluzionedall'accusa di eresiae lo scioglimento dell'Ordine

I!; 1 fascino e il mistero che accompa-gnano la vicenda dei Templari han-no alimentato suggestive ricostru-

zioni storiche. La scarsità delle fontidocumentali finora reperite ha favori-to le interpretazioni più diverse. Persemplificare, le diverse tesi si divido-no fra quella che sottolinea il decadi-mento dell'Ordine e la sua definitivasoppressione e quella che sostiene lagrave ingiustizia che i Templari subi-rono ad opera di Filippo IV. re diFrancia, e la mancanza di un atto dellaChiesa che abbia chiuso definitiva-mente la questione. In un contestocosì pieno di incertezze, èbene cercare di isolarequel poco che si può as-serire con sicurezza daquel tanto che, invece,è rimesso all'immagi-nazione e ai desideri.È certo che a seguitodella brutale aggres-sione subita dai Tem-plari da parte di Fi-lippo IV e del pro-

cesso dallo stesso intentato, con imetodi di allora, che portò alle con-fessioni, poi ritratte, e all'uccisionedei dignitari del Tempio, il PapaClemente V attivò un parallelo proce-dimento (non è dato capire se ammi-nistrativo o processuale). In quellasede, stando ai verbali che sono per-venuti (pergamena di Chinon, 1308), iTemplari ammisero le loro colpe, chie-sero il perdono e l'assoluzione dallascomunica, abiurarono l'eresia eottennero l'assoluzione dalla Com-missione dei tre cardinali incaricatidal Papa. Questa ricostruzione è con-tenuta anche nella Bolla pontifìcia" Vox in excelso" adottata da ClementeV mentre era in corso di svolgimentoil Concilio di Vienne ( 1311-13Ì2) chenon aveva espresso un orientamentounanime sulla questione dei Templari.La stessa Bolla riferisce che la grandemaggioranza dei Padri conciliari erafavorevole a che si tenesse un vero eproprio processo dando agli "imputa-ti" una effettiva possibilità di difen-dersi. Resta il fatto che il 20 marzo1312 la Bolla "far in excelso" fuemanata dal Papa, con il consenso delConcilio. La Bolla esclude che l'Or-dine possa essere dichiarato ereticocon sentenza definitiva ma, con prov-vedimento apostolico (cioè in base alpotere che l'ordinamento canonicoriconosce al Papa), dopo aver descrit-to il decadimento dell'Ordine, nedichiara la soppressione "con normairreformabile e perpetua" comminan-do la pena della scomunica a chivolesse mantenerlo in vita. Così è, e

poco vale sostenere, come pro-babilmente è vero, che laBolla fu estorta da Filippo

V, che era giunto a Vienneproprio nei giorni precedenti.

I provvedimenti papali sonogiuridicamente revocabili ma

ciò non significa che non ab-biano effetto o che lo perdano,

fino ad un eventuale nuovo prov-vedimento della stessa Autorità.

Gianpaolo RossiUniversità degli Studi

Roma Tre