Incontro Aprile 2009

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Per una Chiesa Viva www.incontroravello.blogspot.com www.chiesaravello.it Anno V- N. 3 – Aprile 2009 La Pasqua è l’avvenimento centrale della fede, della vita cristiana e dell’anno litur- gico. Senza la Pasqua l’anno liturgico della chiesa non avrebbe senso. La stessa Eucarestia senza la Pasqua che cosa signi- ficherebbe? Il pane e il vino è Cristo, perché Cristo è risorto e quindi è vivo. La vita eterna che attendiamo sulla pro- messa di Cristo sarebbe una pura utopia senza la resurrezione di Cristo. Paolo, infatti, scriveva ai cristiani di Corinto: Se Cristo non è risorto, vuota è la nostra predicazione, vuota anche la nostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio,perché con- tro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risuscitato,se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, nean- che Cristo è risorto;ma se Cristo non è risorto,vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti”.Solo se Cri- sto è risorto possiamo parlare della sua divinità, della redenzione e salvezza uma- na da Lui compiuta con la sua vita offerta sul Golgota, in sacrificio di espiazione per amore del Padre e dei fratelli; della sua sostanziale differenza da ogni altro uomo passato sulla terra. Diversamente Egli, per la sua incommensurabile gran- dezza, sarebbe uno dei più eminenti per- sonaggi della storia: il più buono, più bravo, più intelligente e saggio, ma nien- te di più. Ci sono stati altre singolari personalità della storia che dai racconti della vita risultano più o meno come Lui. Gesù Cristo è unico per la sua resur- rezione. La sua sublime dottrina rimar- rebbe certamente bella,affascinante,utile, ma non molto dissimile dalle altre, se mancasse dell’evento unico della sua resurrezione, primizia anche della futura resurrezione degli uomini con cui Egli ha stretto un patto di profonda solidarietà: Se poi noi abbiamo speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini”. Il cristianesimo si può definire come la religione della resurre- zione di Cristo e degli uomini. La resur- rezione è il momento originale della fede cristiana. La resurrezione non è soltanto un punto dottrinale della fede della chie- sa: permea tutta la vita del cristiano e, per conseguenza, costituisce il cuore della vita cristiana. Nell’anno della chie- sa, perciò,la Pasqua di risurrezione di Cristo non rappresenta solo un’occasione di festa: è un motivo di rinascita e di for- te e determinante risveglio spirituale. Ogni settimana,la Domenica,il giorno del Signore risorto, nella logica della fede, i cristiani celebrano la Pasqua di Cristo per intensificare il loro inserimen- to nel mistero pasquale del Signore. Quello che la grande Pasqua fa per tutto l’anno, la Domenica fa per la settimana dei cristiani, consapevoli della grazia e dell’impegno di appartenenza e unità di vita con il Cristo risorto. Con questa intenzione la chiesa celebra l’Eucaristia tutte le domeniche dell’anno, perchè il cristiano, sacramentalmente unito al Cri- sto risorto, possa sperimentare la gioia di vivere con Lui e divenire capace di espri- merlo con la testimonianza della propria esistenza. La fede nella resurrezione non può e non deve rimanere confinata in un cassetto della memoria per essere tirata fuori una volta l’anno.Siccome la fede autentica è ordinata alla vita, la resurre- zione deve passare nella vita,nelle piccole e grandi scelte di ogni giorno,ravvivando il ricordo della presenza di Cristo in noi , nel mondo e negli avvenimenti della sto- ria. Sentiremo,allora, Cristo come il vivente, cioè il Risorto che cammina con noi, parla al nostro cuore, ci guida e ci sostiene con la forza del suo Spirito. Non ci sentiremo più soli, perchè potremo sperimentare la verità della sua promes- sa: “Ecco,Io sarò con voi tutti i giorni,fino alla fine del mondo”. Don Giuseppe Imperato La certezza della Resurrezione di Cristo P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO La Risurrezione di Cristo ha realizzato la nostra salvezza. Festeggiamo nella gioia la certezza di essere salvati, vi- vendo con fede la comunione fraterna di coloro che appartengono al mistero di Cristo vivente nella Chiesa. Serena e felice Pasqua di Risurrezione! La redazione

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Serena e felice Pasqua di Risurrezione! La redazione PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO Anno V- N. 3 – Aprile 2009 La Risurrezione di Cristo ha realizzato la nostra salvezza. Festeggiamo nella gioia la certezza di essere salvati, vi- vendo con fede la comunione fraterna di coloro che appartengono al mistero di Cristo vivente nella Chiesa. INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA PAGINA 2 PAGINA 3 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA Marina Corradi da “Avvenire” PAGINA 4 Armando Santarelli Elisa Mansi PAGINA 5

Transcript of Incontro Aprile 2009

Page 1: Incontro Aprile 2009

Per una Chiesa Viva

www.incontroravello.blogspot.com www.chiesaravello.it Anno V- N. 3 – Aprile 2009

La Pasqua è l’avvenimento centrale della fede, della vita cristiana e dell’anno litur-gico. Senza la Pasqua l’anno liturgico della chiesa non avrebbe senso. La stessa Eucarestia senza la Pasqua che cosa signi-ficherebbe? Il pane e il vino è Cristo, perché Cristo è risorto e quindi è vivo. La vita eterna che attendiamo sulla pro-messa di Cristo sarebbe una pura utopia senza la resurrezione di Cristo. Paolo, infatti, scriveva ai cristiani di Corinto: ”Se Cristo non è risorto, vuota è la nostra predicazione, vuota anche la nostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio,perché con-tro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risuscitato,se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, nean-che Cristo è risorto;ma se Cristo non è risorto,vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti”.Solo se Cri-sto è risorto possiamo parlare della sua divinità, della redenzione e salvezza uma-na da Lui compiuta con la sua vita offerta sul Golgota, in sacrificio di espiazione per amore del Padre e dei fratelli; della sua sostanziale differenza da ogni altro uomo passato sulla terra. Diversamente Egli, per la sua incommensurabile gran-dezza, sarebbe uno dei più eminenti per-sonaggi della storia: il più buono, più bravo, più intelligente e saggio, ma nien-te di più. Ci sono stati altre singolari personalità della storia che dai racconti della vita risultano più o meno come Lui. Gesù Cristo è unico per la sua resur-rezione. La sua sublime dottrina rimar-rebbe certamente bella,affascinante,utile, ma non molto dissimile dalle altre, se

mancasse dell’evento unico della sua resurrezione, primizia anche della futura resurrezione degli uomini con cui Egli ha stretto un patto di profonda solidarietà: ”Se poi noi abbiamo speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini”. Il cristianesimo si può definire come la religione della resurre-

zione di Cristo e degli uomini. La resur-rezione è il momento originale della fede cristiana. La resurrezione non è soltanto un punto dottrinale della fede della chie-sa: permea tutta la vita del cristiano e, per conseguenza, costituisce il cuore della vita cristiana. Nell’anno della chie-sa, perciò,la Pasqua di risurrezione di Cristo non rappresenta solo un’occasione di festa: è un motivo di rinascita e di for-te e determinante risveglio spirituale. Ogni settimana,la Domenica,il giorno del Signore risorto, nella logica della fede, i cristiani celebrano la Pasqua di

Cristo per intensificare il loro inserimen-to nel mistero pasquale del Signore. Quello che la grande Pasqua fa per tutto l’anno, la Domenica fa per la settimana dei cristiani, consapevoli della grazia e dell’impegno di appartenenza e unità di vita con il Cristo risorto. Con questa intenzione la chiesa celebra l’Eucaristia tutte le domeniche dell’anno, perchè il cristiano, sacramentalmente unito al Cri-sto risorto, possa sperimentare la gioia di vivere con Lui e divenire capace di espri-merlo con la testimonianza della propria esistenza. La fede nella resurrezione non può e non deve rimanere confinata in un cassetto della memoria per essere tirata fuori una volta l’anno.Siccome la fede autentica è ordinata alla vita, la resurre-zione deve passare nella vita,nelle piccole e grandi scelte di ogni giorno,ravvivando il ricordo della presenza di Cristo in noi , nel mondo e negli avvenimenti della sto-ria. Sentiremo,allora, Cristo come il vivente, cioè il Risorto che cammina con noi, parla al nostro cuore, ci guida e ci sostiene con la forza del suo Spirito. Non ci sentiremo più soli, perchè potremo sperimentare la verità della sua promes-sa: “Ecco,Io sarò con voi tutti i giorni,fino alla fine del mondo”.

Don Giuseppe Imperato

La certezza della Resurrezione di Cristo

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

La Risurrezione di Cristo ha realizzato la nostra salvezza. Festeggiamo nella gioia la certezza di essere salvati, vi-vendo con fede la comunione fraterna di coloro che appartengono al mistero di Cristo vivente nella Chiesa.

Serena e felice Pasqua di Risurrezione!

La redazione

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PAGINA 2 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Cari amici, la prossima Domenica delle Palme celebreremo, a livello diocesa-no, la XXIV Giornata Mondiale della Gioventù. Mentre ci prepa-riamo a questa annuale ricorrenza, ripenso con viva gratitudine al Signore all’incontro che si è tenuto a Sydney, nel luglio dello scorso anno: incontro indimenticabile, durante il quale lo Spirito Santo ha rinnovato la vita di numerosissimi giovani convenuti dal mondo intero. La gioia della festa e l’entusiasmo spirituale, speri-mentati durante quei giorni, sono stati un segno eloquente della presenza dello Spirito di Cristo. Ed ora siamo incamminati verso il raduno internazionale in programma a Madrid nel 2011, che avrà come tema le parole dell’apostolo Paolo: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7). In vista di tale appunta-mento mondiale dei giovani, vogliamo compiere insieme un per-corso formativo, riflettendo nel 2009 sull’affermazione di san Paolo: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10), e nel 2010 sulla domanda del giovane ricco a Gesù: “ M ae s t ro b uono, c he c o s a de vo f a r e per a v e r e i n e r e d i t à l a v i t a e t e r n a ? ” 1 . L a g i o v i n e z za , t e m p o d e l l a sp e r a n z a A Sydney, la nostra attenzione si è concentrata su ciò che lo Spiri-to Santo dice oggi ai credenti, ed in particolare a voi, cari giovani. Durante la Santa Messa conclusiva, vi ho esortato a lasciarvi pla-smare da Lui per essere messaggeri dell’amore divino, capaci di costruire un futuro di speranza per tutta l’umanità. La questione della speranza è, in verità, al centro della nostra vita di esseri umani e della nostra missione di cristiani, soprattutto nell’epoca contemporanea. Avvertiamo tutti il bisogno di speranza, ma non di una speranza qualsiasi, bensì di una speranza salda ed affidabile, come ho voluto sottolineare nell’Enciclica Spe salvi. La giovinezza in particolare è tempo di speranze, perché guarda al futuro con varie aspettative. Quando si è giovani si nutrono ideali, sogni e progetti; la giovinezza è il tempo in cui maturano scelte decisive per il resto della vita. E forse anche per questo è la stagione dell’esistenza in cui affiorano con forza le domande di fondo: perché sono sulla terra? che senso ha vivere? che sarà della mia vita? E inoltre: come raggiungere la felicità? perché la sofferenza, la malattia e la morte? che cosa c’è oltre la morte? Interrogativi che diventano pressanti quando ci si deve misurare con ostacoli che a volte sembrano insormontabili: difficoltà negli studi, man-canza di lavoro, incomprensioni in famiglia, crisi nelle relazioni di amicizia o nella costruzione di un’intesa di coppia, malattie o disabilità, carenza di adeguate risorse come conseguenza dell’attuale e diffusa crisi economica e sociale. Ci si domanda allora: dove attingere e come tener viva nel cuore la fiamma della speranza? 2 . A l la r i c e r c a d e l la “g r a nd e sp e r a n za ” L’esperienza dimostra che le qualità personali e i beni materiali non bastano ad assicurare quella speranza di cui l’animo umano è in costante ricerca. Come ho scritto nella citata Enciclica Spe sal-vi, la politica, la scienza, la tecnica, l’economia e ogni altra risorsa materiale da sole non sono sufficienti per offrire la grande speranza a cui tutti aspiriamo. Questa speranza “può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli,

non possiamo raggiungere” (n. 31). Ecco perché una delle conse-guenze principali dell’oblio di Dio è l’evidente smarrimento che segna le nostre società, con risvolti di solitudine e violenza, di insoddisfazione e perdita di fiducia che non raramente sfociano nella disperazione. Chiaro e forte è il richiamo che ci viene dalla Parola di Dio: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il be-ne” (Ger 17,5-6). La crisi di speranza colpisce più facilmente le nuove generazioni che, in contesti socio-culturali privi di certez-ze, di valori e di solidi punti di riferimento, si trovano ad affron-tare difficoltà che appaiono superiori alle loro forze. Penso, cari giovani amici, a tanti vostri coetanei feriti dalla vita, condizionati da una immaturità personale che è spesso conseguenza di un vuo-to familiare, di scelte educative permissive e libertarie e di espe-rienze negative e traumatiche. Per alcuni – e purtroppo non sono pochi – lo sbocco quasi obbligato è una fuga alienante verso com-portamenti a rischio e violenti, verso la dipendenza da droghe e alcool, e verso tante altre forme di disagio giovanile. Eppure, anche in chi viene a trovarsi in condizioni penose per aver seguito i consigli di “cattivi maestri”, non si spegne il desiderio di amore vero e di autentica felicità. Ma come annunciare la speranza a questi giovani? Noi sappiamo che solo in Dio l’essere umano tro-va la sua vera realizzazione. L’impegno primario che tutti ci coin-volge è pertanto quello di una nuova evangelizzazione, che aiuti le nuove generazioni a riscoprire il volto autentico di Dio, che è Amore. A voi, cari giovani, che siete in cerca di una salda speran-za, rivolgo le stesse parole che san Paolo indirizzava ai cristiani perseguitati nella Roma di allora: “Il Dio della speranza vi riem-pia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo” (Rm 15,13). Durante questo anno giubilare dedicato all’Apostolo delle genti, in occa-sione del bimillenario della sua nascita, impariamo da lui a diven-tare testimoni credibili della speranza cristiana. 3 . S a n P a o l o , t e s t i m o n e d e l l a s p e r a n z a Trovandosi immerso in difficoltà e prove di vario genere, Paolo scriveva al suo fedele discepolo Timoteo: “Abbiamo posto la no-stra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10). Come era nata in lui questa speranza? Per rispondere a tale domanda dobbiamo partire dal suo incontro con Gesù risorto sulla via di Damasco. All’epoca Saulo era un giovane come voi, di circa venti o venticinque anni, seguace della Legge di Mosè e deciso a combattere con ogni mez-zo quelli che egli riteneva nemici di Dio (cfr At 9,1). Mentre sta-va andando a Damasco per arrestare i seguaci di Cristo, fu abba-gliato da una luce misteriosa e si sentì chiamare per nome: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Caduto a terra, domandò: “Chi sei, o Signore?”. E quella voce rispose: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!” (cfr At 9,3-5). Dopo quell’incontro, la vita di Paolo mutò radicalmente: ricevette il Battesimo e divenne apostolo del Vangelo. Sulla via di Damasco, egli fu interiormente trasformato dall’Amore divino incontrato nella persona di Gesù Cristo. Un giorno scriverà: “Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me”. Da persecutore diventò dunque testimone

MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI PER LA XXIV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

(5 APRILE 2009)

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e missionario; fondò comunità cristiane in Asia Minore e in Gre-cia, percorrendo migliaia di chilometri e affrontando ogni sorta di peripezie, fino al martirio a Roma. Tutto per amore di Cristo. 4.La grande speranza è in Cristo Per Paolo la speranza non è solo un ideale o un sentimento, ma una persona viva: Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Pervaso intima-mente da questa certezza, potrà scrivere a Timoteo: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10). Il “Dio vivente” è Cristo risorto e presente nel mondo. E’ Lui la vera speranza: il Cristo che vive con noi e in noi e che ci chiama a par-tecipare alla sua stessa vita eterna. Se non siamo soli, se Egli è con noi, anzi, se è Lui il nostro presente ed il nostro futuro, perché temere? La speranza del cristiano è dunque desiderare “il Regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo” (Catechismo d e l l a C h i e s a C a t t o l i c a , 1 8 1 7 ) . 5 .I l c a mm ino ve r so la g r a nd e sp e ra nza Come un giorno incontrò il giovane Paolo, Gesù vuole incontrare anche ciascuno di voi, cari giovani. Sì, prima di essere un nostro desiderio, questo incontro è un vivo desiderio di Cristo. Ma qual-cuno di voi mi potrebbe domandare: Come posso incontrarlo io, oggi? O piuttosto, in che modo Egli si avvicina a me? La Chiesa ci insegna che il desiderio di incontrare il Signore è già frutto della sua grazia. Quando nella preghiera esprimiamo la nostra fede, anche nell’oscurità già Lo incontriamo perché Egli si offre a noi. La preghiera perseverante apre il cuore ad accoglierlo, come spie-ga sant’Agostino: “Il Signore Dio nostro vuole che nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio, così che diventiamo capaci di riceve-re ciò che Lui intende darci” (Lettere 130,8,17). La preghiera è dono dello Spirito, che ci rende uomini e donne di speranza, e pregare tiene il mondo aperto a Dio (cfr Enc. Spe salvi, 34). Fate spazio alla preghiera nella vostra vita! Pregare da soli è bene, an-cor più bello e proficuo è pregare insieme, poiché il Signore ha assicurato di essere presente dove due o tre sono radunati nel suo nome (cfr Mt 18,20). Ci sono molti modi per familiarizzare con Lui; esistono esperienze, gruppi e movimenti, incontri e itinerari per imparare a pregare e crescere così nell’esperienza della fede. Prendete parte alla liturgia nelle vostre parrocchie e nutritevi abbondantemente della Parola di Dio e dell’attiva partecipazione ai Sacramenti. Come sapete, culmine e centro dell’esistenza e della missione di ogni credente e di ogni comunità cristiana è l’Eucaristia, sacramento di salvezza in cui Cristo si fa presente e dona come cibo spirituale il suo stesso Corpo e Sangue per la vita eterna. Mistero davvero ineffabile! Attorno all’Eucaristia nasce e cresce la Chiesa, la grande famiglia dei cristiani, nella quale si entra con il Battesimo e ci si rinnova costantemente grazie al sa-cramento della Riconciliazione. I battezzati poi, mediante la Cre-sima, vengono confermati dallo Spirito Santo per vivere da auten-tici amici e testimoni di Cristo, mentre i sacramenti dell’Ordine e del Matrimonio li rendono atti a realizzare i loro compiti apostoli-ci nella Chiesa e nel mondo. L’Unzione dei malati, infine, ci fa sperimentare il conforto divino nella malattia e nella sofferenza. 6 . A g i r e s e c o n d o l a s p e r a n z a c r i s t i a n a Se vi nutrite di Cristo, cari giovani, e vivete immersi in Lui come l’apostolo Paolo, non potrete non parlare di Lui e non farlo cono-scere ed amare da tanti altri vostri amici e coetanei. Diventati suoi fedeli discepoli, sarete così in grado di contribuire a formare co-munità cristiane impregnate di amore come quelle di cui parla il libro degli Atti degli Apostoli. La Chiesa conta su di voi per questa impegnativa missione: non vi scoraggino le difficoltà e le prove che incontrate. Siate pazienti e perseveranti, vincendo la naturale tendenza dei giovani alla fretta, a volere tutto e subito. Cari ami-

vostri coetanei e adulti, sono in cerca della “grande speranza” che dia senso alla loro esistenza. Se Gesù è diventato la vostra speran-za, ditelo anche agli altri con la vostra gioia e il vostro impegno spirituale, apostolico e sociale. Abitati da Cristo, dopo aver ripo-sto in Lui la vostra fede e avergli dato tutta la vostra fiducia, dif-fondete questa speranza intorno a voi. Fate scelte che manifestino la vostra fede; mostrate di aver compreso le insidie dell’idolatria del denaro, dei beni materiali, della carriera e del successo, e non lasciatevi attrarre da queste false chimere. Non cedete alla logica dell’interesse egoistico, ma coltivate l’amore per il prossimo e sforzatevi di porre voi stessi e le vostre capacità umane e profes-sionali al servizio del bene comune e della verità, sempre pronti a rispondere “a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3,15). Il cristiano autentico non è mai triste, anche se si trova a dover affrontare prove di vario genere, perché la presenza di Gesù è il segreto della sua gioia e della sua pace. Maria, Madre della speranza Modello di questo itinerario di vita apostolica sia per voi san Paolo, che ha alimentato la sua vita di costante fede e spe-ranza seguendo l’esempio di Abramo, del quale scrive nella Lette-ra ai Romani: “Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli” (Rm 4,18). Su queste stesse orme del popolo della speranza – formato dai profeti e dai santi di tutti i tempi – noi continuiamo ad avanzare verso la realizzazione del Regno, e nel nostro cammino spirituale ci ac-compagna la Vergine Maria, Madre della Speranza. Colei che ha incarnato la speranza di Israele, che ha donato al mondo il Salvato-re ed è rimasta, salda nella speranza, ai piedi della Croce, è per noi modello e sostegno. Soprattutto, Maria intercede per noi e ci guida nel buio delle nostre difficoltà all’alba radiosa dell’incontro con il Risorto. Vorrei concludere questo messaggio, cari giovani amici, facendo mia una bella e nota esortazione di san Bernardo ispirata al titolo di Maria Stella maris, Stella del mare: “Tu che nell’instabilità continua della vita presente, ti accorgi di essere sballottato tra le tempeste più che camminare sulla terra, tieni ben fisso lo sguardo al fulgore di questa stella, se non vuoi essere spazzato via dagli uragani. Se insorgono i venti delle tentazioni e ti incagli tra gli scogli delle tribolazioni, guarda alla stella, invoca Maria ... Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità, pensa a Maria, invoca Maria.

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BENEDICTUS PP. XVI

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Seguendo i suoi esempi non ti smarrirai; invocandola non perde-rai la speranza; pensando a lei non cadrai nell’errore. Appoggia-to a lei non scivolerai; sotto la sua protezione non avrai paura di niente; con la sua guida non ti stancherai; con la sua protezione giungerai a destinazione” (Omelie in lode della Vergine Madre, 2,17).Maria, Stella del mare, sii tu a guidare i giovani del mondo intero all’incontro con il tuo Figlio divino Gesù, e sii ancora tu la celeste custode della loro fedeltà al Vangelo e della loro speranza. Mentre assicuro il mio quotidiano ricordo nella preghiera per ognuno di voi, cari giovani, di cuore tutti vi benedico insieme alle persone che vi sono care. Dal Vaticano, 22 febbraio 2009

BENEDICTUS PP. XVI

Ai giovani ebbri del nulla la proposta di un

«Dio accanto» Rivolgendosi ai ragazzi nel messaggio per la prossima 24ª Giornata mondiale della gioventù Benedetto XVI ha parlato di un giovane, «uno come voi», sui venti o venticinque anni. Uno che duemila anni fa se ne andava a cavallo verso Damasco, fiero della Legge di Mosè e deciso ad affermarla con la forza contro ai suoi nemici. Quel tal ragazzo dunque, ha rievocato il Papa, improvvisamente abbagliato da una gran luce cadde da cavallo, mentre una voce gli chiedeva: Saulo, perché mi perse-guiti? Ben nota è poi la storia di colui che scrisse: «Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente», e aprì la strada a generazioni di cristiani. Ma colpisce nel messaggio papale quella annotazione, «era un giovane come voi». Paolo, uno come voi, nel fiore dell’età, e forte, e certo dei suoi disegni; Paolo disarcionato a terra sulla sabbia della strada per Dama-sc o , c o s tr e t to a doma ndar e i n g i nocc h io a q u e l D i o i g n o t o : c h i s e i ? È paolino il percorso che porterà verso la Gmg di Madrid del 2011: «Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede», è il tema. E Paolo, dice non a caso il Papa, era un giorno come uno di voi. Uno che aveva tutto, all’apparenza, e a cui però mancava l’essenziale: la speranza, la grande speranza dei cristiani. Che non è una speranza contingente, né attesa di fortunati destini, né il disporre le cose in modo che, ragionevolmente, ce la caviamo. La grande speranza, dice Benedetto, «può essere solo Dio». Un Dio che conosce e ama ciascun uomo, e che promet-te a ciascuno «il centuplo quaggiù», e la vita per sempre. La speranza dunque è senso che colmi ogni giornata, per quanto sfortunata o dolorosa o banale. Martedì, sulla prima pagina di Repubblica Pietro Citati sosteneva che l’evangelista Giovanni «non provava il minimo interesse per la vita quotidiana», per l’«insignificante» nascere e morire degli uomini, ma solo ten-deva alla vita eterna. È vero esattamente il contrario: già "questa" vita dalla promessa di Cristo è colmata, così che l’eterno con Cristo si è fa tto quotidiano. Ed è questo che il Papa continua a dirci: «La fede – ha scritto nella Spe salvi – non è soltanto un personale protendersi verso

le cose che devono venire ma sono ancora totalmente assenti (...) Essa attira dentro il presente il futuro, così che quest’ultimo non è più il puro "non-ancora". Il fatto che que-sto futuro esista, cambia il presente; il presente viene toccato dalla realtà futura, e così le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in quelle future». È la speranza, dice il Papa, la questione fondamentale dell’oggi, quando «l’oblio di Dio» si allarga in «evidente smarrimento, con risvolti di solitu-dine e violenza». E qui parla dei giovani – e «purtroppo», dice «non sono pochi» – «feriti della vita», esposti alla deriva di un vuoto familiare o di un’educazione distratta. Come, si chiede, annunciare la speranza anche a loro? (Perché, dice il Papa, «il desiderio di amore vero e di felicità non si spegne», neanche in quelli che paiono i peggiori). Come annunciare? La speranza, ripete Benedetto XVI con l’insistenza con cui si dice qualcosa di troppo a lungo dimenticato, «non è un ideale o un senti-mento, ma una persona viva: Gesù Cristo». Non è un "valore" o un’astratta nobile morale: è un Dio vivo, è un Dio accanto, cui l’uomo sta a cuore. Un Dio che dice ai giovani seguaci del nulla, ai violenti, a chi sembra perduto e gli è dunque ancora più caro: la speranza, sono io. Come lo disse un giorno a un giovane ebreo persecutore di cristiani, uno che si sentiva giusto e "a posto". E per farsi sentire dovette buttar-lo giù dal suo orgoglioso cavallo: perché quello, a vent’anni, potente, pago di sé, non ne voleva sapere di ascoltare.

Marina Corradi da “Avvenire”

Quaresima Venticinque febbraio, cinque aprile…Quaresima, quaranta giorni…, tanti, troppi, o forse troppo pochi per fare qualcosa che di continuo facciamo anche senza rendercene conto… riflettere. Il vero problema è come lo si realizza, c’è sempre una questione a cui pensare: un problema, un imprevisto, una semplice scelta (cosa mi met-to?), spesso però si medita po-co sul proprio esistere. Non perché, ma come. La quaresi-ma dovrebbe essere appunto questo, un tempo per riflette-re, di discernimento sulla per-sonale identità, per i religiosi cattolici, sul proprio essere cristiani. Il primo esempio ce lo diede Nostro Signore, oltre duemila anni fa, che passò qua-ranta giorni nel deserto, al di-giuno, in preghiera e continuamente tentato dal diavolo. Da ieri, a oggi. Quaranta giorni in solitudine sembrano un’eternità, nessuno li affronta volontariamente, eppure c’è chi è solo per più tempo, perché malato o semplicemente vec-chio. Di digiuni, si contano solo gli scioperi della fame, spesso strumentalizzati per ottenere concessioni non sempre così vitali da mettere in pericolo il dono della vita, e quelli di forza, ancora oggi nel 2009, c’è tanta gente che muore di fame. La preghiera, si fa quando si ha voglia o se ne ha il tempo, può

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darsi che le uniche preghiere “costanti” siano quelle degli ordi-ni monastici, in particolare di clausura (redentoriste, clarisse,…) e di adorazione perpetua (calasanziane,…), per il resto, solo il segno di croce, forse, è un’abitudine. Le tentazioni del diavolo, argomento interessante, perché le sue facce si sono moltiplicate: dipendenza, depressione, indifferenza, protagoni-smo, egoismo, e più comunemente, illusione, inganno, consu-mismo. Certo non tutto, e non contemporaneamente affolla la vita di un individuo, il Buon Pastore, non porta le proprie pe-core lungo un dirupo, bensì su un sentiero erboso, purtroppo ogni tanto si ci perde e allora i quaranta giorni cominciano a servire. Interrogarsi non è piacevole, potrebbero venire fuori risposte se non errate, almeno poco consone al viver cristiano può, però, rivelarsi necessario, anche in folle corsa, ci si può fermare. La Quaresima è un tempo per tutto questo, un deser-to da coltivare, chi dice che nella sabbia non c’è niente? Certo la natura è un po’ aspra, ma non assente. L’uomo è spesso de-finito, “un animale sociale”, poiché capace di ragionare e rela-zionarsi con gli altri esseri viventi, solo che non ragiona quanto dovrebbe su se stesso. E’ un po’ come l’esame di coscienza, andrebbe fatto prima di ricevere il Sacramento della Riconci-liazione, andrebbe, e così è la riflessione sulla propria identità cristiana. La quaresima, andrebbe, sperimentata in prima per-sona come ricerca di se stessi, andrebbe... Gli strumenti e gli aiuti non mancano: gli incontri di ascolto, la lectio divina, la Via Crucis, la catechesi, le quarant’ore,…sta poi a ciascuno, personalmente, approfittarne, per una vera Pasqua di Resurre-zione. Si tratta di perdere un po’ di tempo, per se stessi, e nonostante la prestazione sia gratuita, non è sempre eseguita. Il check-up del corpo si esegue perché capita di aver paura di lasciare questo mondo, per quello dell’anima si pensa ci sia sempre tanto tempo…Non rendiamo la quaresima, un tempo sprecato.

Elisa Mansi

AMORE, PRIMI PASSI Ci sono persone sorde all’incanto della musica, della letteratu-ra, dell’arte, all’amor di patria, al sentimento religioso. Per quanto inclini siano gli esseri umani ad apprezzare tali valori, esistono individui che appaiono incapaci di godere del brivido della bellezza, della forza della fede, della gioia intima che tra-smette la lettura di una poesia. Ma credo che non esistano per-sone che non abbiano mai provato lo sconvolgimento dei sensi provocato dalla nascita di un amore. Lo ricordate, vero? E’ quando avete avuto la certezza che la creatura che cercavate era lei, proprio lei, quella che era finalmente dinanzi ai vostri occhi, e che riconoscevate come la persona capace di cambiare la vostra vita. Quella che sin dal primo istante ha prodotto in voi un mutamento emotivo, mentale, affettivo, che non avreste mai pensato di poter provare; l’essere umano capace di donar-vi una gioia piena, fatta di sguardi, di passione, della consape-volezza di essere pronti a donarsi a lei in maniera totale. L’innamoramento, e quello che una volta chiamavamo “fidanzamento”, possiedono la forza di trasfigurare ogni cosa intorno a noi: tutto è più bello, più interessante, più giusto, più degno di essere vissuto, persino quando soffriamo, persino

nei momenti in cui ci sferza la gelosia e sentia-mo di vivere il nostro amore più come una schiavitù che come una fonte di piacere. Ma allora, se pen-siamo di avere accanto la per-sona che aspettavamo, che vorremmo amare per tutta la vita, perché non impegnarsi per lei con la stessa intensità? Impostare un rapporto in modo gioioso ma serio, responsabile, parlare e comportarsi in modo leale e sincero: ecco in quale senso do-vremmo sviluppare lo stato sentimentale che si instaura dopo l’incendio dell’innamoramento. Un banco di prova fondamen-tale, un crogiolo entro il quale si cesella un gioiello di incalco-labile valore: la certezza di non provare mai, in futuro, il rim-pianto di aver costruito l’edificio amoroso con materiali sba-gliati o scadenti. E’ solo in questo modo che due amanti posso-no procedere verso la grazia dell’amore, quel valore che ci fa considerare il nostro sentimento come un qualcosa da curare ogni giorno, da rinnovare continuamente attraverso l’offerta di sé, la fedeltà, la piena fiducia nel rapporto che si vive insieme. E’ meraviglioso, ma sempre più raro, udire un giovane fidan-zato che, posto dinanzi a una facile occasione di tradimento, è capace di opporre queste parole: “Non posso. Amo un’altra persona”. Difficile? No, dovrebbe essere invece la cosa più facile; di sicuro, le parole che ho riferito sono le più belle che si possano collegare all’amore, più belle ancora del “ti amo” con cui tutto è iniziato. Non mi pare così difficile capire che si deve rinunciare a beni minori per mantenere un bene più gran-de, sul quale si basano esistenze che fondano la comunità più importante della nostra società: la famiglia. Non si può dire di amare una persona se non si sa rinunciare a un pezzo del pro-prio ego; “l’amore”, ha scritto Jiddu Krishnamurti, “è la cosa più pratica del mondo”. Naturalmente, non voglio ridurre la questione a un fatto utilitaristico: il problema è soprattutto etico. La fedeltà all’amato è una prova decisiva: è sfida, è lotta, ma è anche gioia, orgoglio, è il comportamento coniugale che rappresenta la cartina di tornasole del nostro carattere, della nostra forza, del nostro senso morale. Perché l’amore di cop-pia vuol dire sì esclusività, ma vuol dire anche che due persone si fondono in una e costituiscono una nuova comunità. No, non siamo idealisti: nella consapevolezza che qualsiasi rapporto debba conservare un certo margine di incertezza e di mistero, io credo che trattare l’amore coniugale come un qualcosa di sacro, di puro, e dunque di assoluto, sia il modo migliore per costituire la comunità vivente sulla quale, da sempre, sono state poste le basi di quella che chiamiamo umanità.

Armando Santarelli

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Domenica 15 febbraio, freddo incredibile e mani ghiacciate, ma cuore caldo e spirito di primavera tra le mura del Mona-stero femminile Redentorista in Scala: un nuovo incontro di Pastorale Vocazionale Giovanile stava per iniziare! “Siete pron-ti?” “Si!” “Allora in silenzio che si comincia!” Così ci ha esortato Padre Alfonso per introdurci alle lodi mattutine, allietate dai canti e recitate a cori alterni, e al testo biblico oggetto della riflessione per l’incontro: “La vocazione di Paolo” (Atti degli Apostoli 9,1 – 20). In realtà, nelle Sacre Scritture, ci sono diversi racconti della vocazione di San Paolo, e tutti trattano del suo incontro con Gesù, ma chi era Paolo? Innanzitutto, come ci ha spiegato Padre Alfonso, era Saulo e non Paolo, uo-mo benestante, colto, cittadino romano, ciò che gli consentiva una certa libertà di movimento tra i confini del vasto Impero Romano, persecutore dei cristiani non per moda, bensì per convinzione. La sua condizione di fariseo, osservante della leg-ge di Mosè, gli impediva, infatti, di vedere quella che fu la ri-voluzione dell’Amore portata da Ge-sù, e, probabilmente, senza l’incontro con quest’ultimo, avrebbe continuato la sua vita così come i suoi predeces-sori, forse addirittura insegnando nel-le sinagoghe. Persuaso di essere nel giusto, Saulo opprime i cristiani non solo nella sua città, Tarso, ma chiede una dispensa per poter servire il Dio dei suoi padri anche a Damasco, ed è sulla strada per giungervi, che Gesù lo chiama al suo servizio. Saulo, è spa-ventato da quest’incontro, ma, il testo preso in esame, ci presenta anche un altro personaggio spaven-tato, Anania, già uomo del Signore. Entrambi hanno paura di quello che il Signore chiede loro, tuttavia, hanno cieca fiducia: Saulo si lascia condurre a Damasco dove per tre giorni non vede, non prende bevande né cibo, e Anania, si lascia convin-cere ad incontrare uno dei più accaniti torturatori della nuova fede. I tre giorni che separano questi due uomini, sono per Saulo di valutazione del suo io, del suo essere, del perché pro-prio a Lui, di orientamento sul da farsi…, interrogativi umani ed è proprio per le sue qualità di essere umano che il Signore lo rende pescatore di uomini. L’incontro con Anania, donerà alla storia della cristianità Paolo, “strumento eletto per portare il nome del Signore dinanzi ai popoli”, per cui il Papa, Bene-detto XVI, ha indetto l’Anno Paolino, apertosi il 29 giugno (memoria liturgica dei Santi Pietro e Paolo) 2008, che si con-cluderà lo stesso giorno di quest’anno. Paolo, sulla via di Da-masco, ha fatto un incontro importante, un incontro che lo ha orientato verso Dio e noi su quale strada camminiamo? Come al solito le domande di Padre Alfonso ci lasciano un po’ come i personaggi dei cartoni animati, con tanti punti interrogativi sulla testa. Per fortuna non pretende risposte, non immediate almeno, e ci lascia sempre il tempo di meditare e poi in nostro soccorso ci sono sempre le Monache che preparano il volantino guida con interessanti spunti di riflessione posti sotto forma di

interrogativi, tipo: quali sono le difficoltà incontrate nella vita; se cerchiamo di vivere alla giornata o abbiamo dei punti fermi per le nostre scelte; cosa ci guida in queste scelte, l’intelletto o i sentimenti; se c’è qualcuno che ci aiuta; etc. Durante il deser-to, è stato reso disponibile il sacramento della Riconciliazione per essere pronti alla Celebrazione Eucaristica, officiata alle 12.00, alla quale ciascuno di noi ha apportato il proprio contri-buto: chi ha scritto le preghiere dei fedeli, chi le ha lette, le postulanti hanno servito la Messa, chi si è prestato al servizio della lettura e infine tutti insieme, con il dono della voce, per l’animazione liturgica. La prima lettura, tratta dal Libro del Levitico, ci ha introdotto agli insegnamenti di Mosè riguardo la lebbra; la seconda, tratta dalla Prima lettera di San Paolo ai Corinzi, ha esposto alcune norme di comportamento in osser-vanza alla legge del Signore; ed infine, il Vangelo, ci ha propo-sto la guarigione del lebbroso. In sintesi, l’insegnamento della Parola di Dio nella vita quotidiana, prima attraverso la legge di

Mosè, poi con l’emulazione di Di-o, attraverso gli scritti di San Pao-lo, infine la misericordia della Sua parola, che guarisce. Dopo la Mes-sa, abbiamo condiviso il pranzo con un po’ di chiasso, ma tanta allegria e riassettato tutto, con le Suore abbiamo dato inizio alla condivisio-ne del deserto. Le Suore hanno disposto sul pavimento quattro fogli indicanti i quattro punti cardi-nali così da interpretare: il nord, rappresentava chi si lascia guidare

dalle mode; il sud, dai valori; l’Est, per chi seguiva elusiva-mente i propri pensieri, e l’Ovest, riservato per chi è alla deri-va, senza orientamento. Completata la spiegazione, ci hanno chiesto di disporci sui punti cardinali secondo le nostre inclina-zioni. In pochi secondi, ognuno era al suo posto, deciso e senza ripensamenti, evidentemente frutto del “buon deserto” effet-tuato nella mattinata!. Stranamente ci siamo disposti per fasce d’età e quando le Suore ci hanno chiesto la motivazione della nostra disposizione, anche le risposte sono state simili. Venia-mo ai risultati: all’Ovest, si è disposta la fascia d’età inferiore, l’età della spensieratezza dove tutto è sogno e tutto è opportu-nità, studenti ancora incerti. A seguire dal Nord all’Est, chi con qualche anno in più per ora si accontenta di seguire l’onda del momento, poi sceglierà; chi è indeciso tra il far da solo e il seguire una tendenza; e chi pensa che “chi fa da sé, fa per tre”. Al Sud, l’età media, che scoperta la forza dei valori, li segue, almeno all’inizio, come un faro, per avere la stella dell’orientamento sul proprio percorso di crescita, e le postu-lanti, che hanno trovato la loro ragion d’essere nel Cristo. Infi-ne, a Sud – Est, l’età più adulta, quella secondo la quale i valori devono guidare le scelte, tuttavia quando sì ci comincia a scon-trare con le grandi difficoltà della vita, occorre scegliere e spesso non il bene migliore, bensì il peggio, perché il migliore non c’è ancora. Con questa condivisione abbiamo costatato che

Orientarsi…

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il buio e la luce nella vita sono momenti che affrontano tutti; l’incertezza e la sicurezza, fanno parte del nostro cammino e l’età, è solo la clessidra che scandisce questi momenti. Per la fine dell’incontro le Suore, poi, ci hanno preparato proprio una bella sorpresa: un’ora di adorazione comune. Prendendo spunto da un testo di S. Antonio Maria Claret, abbiamo fatto, ciascuno in silenzio, una piccola chiacchierata con Gesù che ci ha chiesto, attraverso le voci guida, se avevamo qualcosa da chiedergli per qualcuno, per noi stessi, se avevamo un proget-to, se eravamo tristi o di cattivo umore, se volevamo condivi-dere con lui qualche gioia, e, infine, se volevamo promettergli qualcosa. Che silenzio in quell’ora…qualche lacrima versata e al termine, una preghiera che ciascuno di noi ha scritto, ripie-gato e offerto a Gesù. Dopo l’Adorazione, nello spazio anti-stante l’ingresso della Chiesa, abbiamo bruciato le preghiere, così offerte, sicuri che Nostro Signore le aveva già lette, per-ché conosce ognuno anche meglio di se stesso. Questi incontri rappresentano per i partecipanti un forte momento di crescita per scrutare nell’animo, fermarsi a riflettere, e potersi con-frontare con gli altri, il prossimo si terrà il 29 marzo, e la porta d’ingresso è sempre aperta.

Elisa Mansi Riflessioni sulle

Giornate Eucaristiche All’inizio della Quaresima, la nostra Comunità Parrocchiale ha vissuto intensamente le “Giornate Eucaristiche”, dal Lunedì 2 al Giovedì 5 Marzo. Al mattino,l’Esposizione del Santissimo Sacramento dopo la Celebrazione Eucaristica, celebrata da don Carlo e da don Peppino. Ogni mattina, don Carlo, all’Omelia, prenden-do spunto dalle Letture proclamate ci ha indicato l’impegno di preghiera per la giornata da realizzare davanti a Gesù Sacra-mentato. Il primo giorno siamo stati invitati ad accogliere i bisognosi, pregare per loro, a non chiudere il nostro cuore alle necessità dei fratelli. Il secondo giorno don Carlo ci ha esortato a meditare e a pregare con le Parole del Padre Nostro, come Gesù stesso ci ha insegnato. Il terzo giorno il nostro im-pegno di preghiera è stato chiedere a Gesù un cuore penitente per realizzare il rinnovamento del nostro cammino di fede. L’ultimo giorno, partendo dal Vangelo di Matteo (7,7-12) “ Chiedete e vi sarà dato,cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto,perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto”, l’invito è stato di rivolgerci con grande fiducia al Padre, abbandonandoci alla Sua Misericordia. I fedeli non hanno mancato la loro visita a Gesù,avvicendandosi alla Presenza del Signore. Alle 17,00 la recita del Rosario Eucari-stico, seguito per tutti i quattro giorni, alle 18,30 , dal canto dei Vespri e dalle meditazioni di don Carlo sul significato della Domenica, “ Pasqua della Settimana e giorno dell’assemblea Eucaristica”. Don Carlo, prendendo spunto dalla scena di Em-maus (Lc.24,13-35) ci spiega come Gesù facendo la catechesi

ai discepoli su Mosè ed i profeti ha manifestato il legame intimo di Dio col suo popolo, culmina-to nella nuova alleanza suggellata dal suo San-gue, ha mostrato “l’opera suprema del Verbo che si offre come Cibo nel Suo Corpo Immolato”. Già il Concilio Vaticano II invitava a riportare al centro della vita cristiana “la liturgia del-la Parola e la liturgia Eucaristica”, soprattutto la Domenica, giorno del Signore, Pasqua settimanale. Come ai discepoli di Emmaus Gesù si accosta e cammina con noi, per condurci sulla Via , anche a noi spiega le Scritture attraverso i Vangeli per portarci alla Verità, spezza il Pane per donarci la Vita. I discepoli di Emmaus, con il cuore gonfio di gioia, pieni di ardore, lasciano la mensa e corrono per gridare a tutti : “Il Signore è veramente risorto ! Noi l’abbiamo visto !” Essi corri-spondono all’Amore di Gesù e ne fanno partecipi gli altri della Comunità. E’ l’insegnamento valido per noi oggi. L’adesione a Gesù si esprime con l’adesione alla Comunità e si alimenta nell’Eucaristia senza la quale non esiste Comunità. E’ proprio attraverso l’Eucaristia Domenicale che si deve raggiungere la “koinonìa”, la comunione fraterna, altro nome dell’agape, dell’amore cristiano, perché nel clima di fede, di carità, di preghiera, possa sbocciare la giustizia, il perdono e la solida-rietà,,’impegno sociale, e la Comunità stessa può così testi-moniare agli altri la Vita Nuova che Gesù ci ha donato con la Sua Morte e Resurrezione .Già negli Atti degli Apostoli, è tratteggiata la Chiesa di tutti i tempi, raccolta intorno agli Apostoli, convocata dalla Parola di Dio, unita nella frazione del Pane, capace di una condivisione totale. Tutto ciò noi bat-tezzati del terzo millennio lo realizziamo nella Eucaristia do-menicale, dove riviviamo l’esperienza fatta dagli Apostoli la sera di Pasqua, quando il Risorto si manifestò ad essi “ riuniti insieme” (Gv 20,19) e come Comunità ci ritroviamo insieme in maniera corale per realizzare l’ideale più alto di Comunio-ne. La Comunità inoltre, nell’Eucaristia domenicale rinnova la sua coscienza di essere segno e strumento per quelli che sono lontani, e vivono un periodo di solitudine, di smarrimento, di disagio. L’identità del nostro essere cristiani, l’autenticità delle nostre celebrazioni eucaristiche saranno comprovati dalla capacità della Comunità di essere volano di dialogo, di condivi-sione,di comunione, di pace, di sollecitudine per chi è nel bi-sogno, di amore vicendevole. Speriamo allora che il momen-to intenso di preghiera che abbiamo vissuto durante le Giorna-te Eucaristiche possa dare frutti abbondanti per la nostra cre-scita interiore ed abbia aiutato ciascuno a far riscoprire il Do-no dell’Eucaristia domenicale come forza e luce per il nostro cammino quotidiano, sulle strade del mondo, in modo da non esitare, come i Martiri di Abitene a dichiarare apertamente “sine dominico non possumus,” e sentire sempre il desiderio di andare a “ Messa saltando di gioia !”, come ci suggerisce il tito-lo di un bellissimo libro sull’Eucaristia Domenicale .

Giulia Schiavo

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Venerdì 27 Marzo 2009, la comunità parrocchiale ravel-lese ha vissuto due momenti che, an-che se caratteristi-camente ben diversi tra loro, hanno mirato ad una pre-parazione persona-le, spirituale ed emotiva, in vista della Settimana Santa. Alle 18.30 si è svolta la via Crucis Liturgica in Piazza Duomo. In quattordici punti del-la piazza, infatti, sono state collocate le stazioni sulle quali la croce, seguita dal parroco e dai fedeli, ha fatto sosta per medi-tare sugli ultimi momenti della vita di Cristo. La Via Crucis rappresenta un momento di preghiera, di riflessione e un cam-mino penitenziale per i devoti. Il pio esercizio della Via Crucis, infatti, è arricchito dall'indulgenza plenaria concessa dalla Chiesa. Per ottenere l'indulgenza, i fedeli devono pregare so-stando in ciascuna stazione, meditando sul mistero della Pas-sione. Al termine della Via Dolorosa, con la quattordicesima stazione sul sagrato del Duomo, il parroco, dopo la solenne benedizione, ha invitato i presenti ad assistere alla rappresenta-zione “Martyres…Testimoni di Cristo” che si è tenuta all’interno. La rappresentazione, curata dai giovani di Maiori, è risultata essere molto particolare. Infatti la sua struttura è partita sì dal Vangelo, dalle Scritture da cui si evince la storia di Gesù, vissuto circa duemila anni fa, ma soprattutto mirava a far riflettere come il suo messaggio diventi, tutt’oggi, emble-ma di salvezza e redenzione per chi decide di essere un suo testimone, un martire. Il regista ha ritenuto opportuno analiz-zare la vita, e soprattutto la Passione di Cristo, mettendola in parallelo con chi ha pronunciato il suo “fiat” professando la fede in situazioni limite, a partire dai suoi discepoli, per poi parlare di San Francesco, Edith Stein ed infine i missionari martirizzati in quelle terre dove l’evangelizzazione fu ed è, tutt’ora, purtroppo, un motivo di espiazione e sacrificio. La struttura della rappresentazione è stata impostata su quattro palchi su cui si sono snodate le scene che, come flash back, si sono avvicendate sui ripiani, accompagnate dai canti dei Bat-tenti, i quali con le loro melodie, dal suono e dall’armonia arcaica, hanno reso l’atmosfera ancora più viva invitando lo spettatore ad una maggiore riflessione. Al termine il regista, Costantino Amatruda, ha tenuto a precisare che il fine di que-sta operazione teatrale non è l’applauso o i ringraziamenti, ma la gioia di aver trasmesso nei presenti degli spunti di riflessione che permettano di riportare il sacrificio di Gesù sulla croce a chi tutt’ora prega per una redenzione e una rivelazione di Cri-sto anche in terre lontane o vicino a casa nostra.

Raffaele Amato

Cosa è per noi, oggi, uomini della modernità, chiari esempi dell’antico e lungimirante processo di secolarizzazione, la Via Crucis? Come intendiamo assistere a questa storica manifesta-zione di fede? Questi, credo, i due fondamentali quesiti che spontaneamente affiorano alla mente di tutti noi, se emotiva-mente e, spesso, anche personalmente, trascinati da un tale avvenimento. Non credo si possa essere solo spettatori; non credo possiamo assistere senza esserne coinvolti in prima per-sona. La “Via Crucis in costume” non è solo uno spettacolo, non è un semplice tentativo di rievocare i dolorosi momenti della passione di Cristo. Intendo, infatti, ritenerla una via che conduce fin dentro al Mistero di Cristo, in cui la pietà popola-re e la pietà sacramentale si fondono e si legano; e, anche, una scuola di fede in cui opera non solo la carità ma anche il senti-mento. E’ con tale premessa che noi ragazzi del gruppo teatra-

le “La Ribalta”, anche quest’anno, come ormai da trentennale tradizione ravellese, organizziamo, con sinergico impegno e profonda determinazione, uno degli eventi più attesi delle Pa-squa in Costa d’Amalfi. Un avvenimento, ritengo, di elevato spessore, in grado di catturare anche il più distratto cittadino. Celate le insegne, i cartelli stradali e le vetrine, smorzati i lam-pioni pubblici e le luci domestiche, con la partecipazione di circa 300 tra figuranti e attori, Ravello potrà, anche se solo per una breve serata, immergersi nuovamente in un’atmosfera mistica, d’altri tempi. Dopo una breve “forzata pausa ristora-trice” durata circa un anno, ma con la carica di sempre, siamo di nuovo qui, pronti a regalare a chiunque volesse una serata d’intensa spiritualità. Sempre, però, sotto la guida del regista Alfonso Mansi, che, costantemente sostenuto dai numerosissi-mi membri del trentennale sodalizio, con intimo e profondo sentimento di fede, ricostruiamo e commemoriamo il percorso doloroso di Cristo che si avvia alla crocifissione sul Golgota. E così, tra “fede e spettacolo”, anche noi cerchiamo, in piccola par-te, di rendere tutti partecipi di brevi riflessioni, spesso allego-

UN INTENSO VENERDI’ PER PREPARARCI ALLA SETTIMANA SANTA

La “nostra” Via Crucis in costume

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ricamente attualizzate, sulla storia del Salvatore del mondo; ma anche di incidere nei cuori, in modo semplice ma mirato, le Sue parole, principi fondanti e dogmi imprescindibili per ogni cristiano. Difatti è proprio nello “specchio della Croce”, come ricorda il sommo pontefice Benedetto XVI, che “troviamo tutte le sofferenze di ieri e di oggi, ma anche mo-menti di consolazione e speranza ”. Nostro Signore stesso ri-cordava che: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto” (Gv 12,24). Ed è proprio con questa breve citazione del Vangelo, densa di significato, che voglio concludere questo mio breve intervento: il breve percorso terreno di Gesù di Nazaret, co-me quello del chicco di grano, solo attraverso la morte arriva a “produrre frutto”. Ed è proprio la Sua morte a mostrarci un Dio che condivide le sofferenze degli uomini, che non rimane impassibile e distante, ma fattosi uomo per portare la nostra croce. Come afferma il Papa: “La gloria passa dal Calvario”.

Mariano Mansi

Il Seminario “Teologia delle immagini e tutela dei Beni Culturali” Un’occasione per riflettere e progettare

Nella cornice di Villa Rufolo, si è svolto dal 28 febbraio al 1 marzo u.s. il seminario Architettura, Arti sacre e Liturgia, “Teologia delle immagini e tutela dei Beni Culturali”, nell’ambito della seconda edizione del Master di 2° Livello in Architettura, Arti Sacre e Liturgia, organizzato dall’Università Europea di Roma, dall’Ateneo Pontifico Regina Apostolorum, con il patrocinio della Pontificia Commissione per i Beni Cul-turali della Chiesa. Il seminario, realiz-zato grazie al supporto del Centro Uni-versitario Europeo per i Beni Culturali, che ha sede a Ravello, ha visto la parteci-pazione di importanti personalità scien-tifiche nel campo della liturgia e dell’architettura sacra che hanno struttu-rato i loro interventi nelle cinque sezioni in cui sono stati suddivisi i lavori semina-riali. L’apertura dei lavori è stata affidata a Don Salvatore Vitiello, coordinatore dell’ambito teologico del Master, che, presentando ai partecipanti il senso del discorso del Santo Pa-dre Benedetto XVI ai sacerdoti di Bressanone tenuto ad agosto 2008, ha sviluppato l’interessante tematica sul coinvolgimento dei fedeli al Mistero del vero attraverso la visione delle archi-tetture e delle opere sacre. Il prelato ha insistito sul ruolo che hanno le chiese, le tavole dipinte e le musiche che ascoltiamo durante le celebrazioni nella provocazione all’incontro con il Mistero da parte di coloro che partecipano alle liturgie o visita-no i luoghi sacri. I lavori sono proseguiti con la presentazione da parte del Prof. Pietro Graziani e dell’Ing. Salvatore La Roc-ca, membri del Comitato Scientifico del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali, e di Mons. Manuel Del Rio Car-

rasco, Sottosegretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, che hanno delineato in modo chiaro la normativa legislativa italiana circa la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, sempre a rischio e talvolta non valorizzati. Interessante e preoccupante allo stesso tempo quanto detto da Mons. Del Rio, il quale ha riferito come anche la percezione di bene culturale in alcuni casi manchi, citando l’esempio delle comunicazioni da parte dei Vescovi dell’America Latina che praticamente ritengono di non poter contare nelle loro diocesi nessun bene culturale, ignorando il valore posseduto anche dai semplici registri dei battesimi. A conclusione della serata è stato presentato un esempio importante di bene ignorato e fortunatamente ritrovato e recuperato: l’Antifonario di Rocca di Mezzo (prov. L’Aquila), un codice risalente al 1500 di valo-re inestimabile già per l’epoca e conservato per secoli nella sagrestia di una piccola chiesa della zona. La seconda giornata dei lavori si è aperta con la relazione del Prof. Morello, che ha analizzato alcune opere del Beato Angelico da cui traspare l’incontro tra la Verità e la bellezza. Tra queste opere interes-santissimo il Volto di Cristo, conservato alla religiosità popola-re nella Cattedrale di Livorno, che, anche nella drammaticità del momento, non è “l’immagine di un uomo vinto, ma di un uomo forte che guarda innanzi a sé per interrogare gli spettatori e provocarli nell’intimo”. A metà mattinata, c’è stato il saluto del Presidente del Centro Universitario Europeo, il senatore Alfonso Andria, che ha sottolineato come il Centro da oltre 25 anni lavori per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, e di Sua Eccellenza Mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi-Cava de’Tirreni. La conclusione dei lavori della seconda giornata è stata caratterizzata dalla partecipazione alla liturgia prefestiva

celebrata nel Duomo di S. Maria Assunta. Celebrante Mons. don Uwe Michael Lang, consultore della Litur-gia in Vaticano e coordinato-re del Master, che ha con-centrato la sua omelia sul significato della Quaresima e sui caratteri propri di questo tempo di preparazione, men-tre il canto gregoriano sotto-lineava la semplicità e la bel-lezza con cui la Chiesa ac-compagna le proprie liturgie. La terza giornata del semina-

rio si è aperta in Duomo al canto del Salve Regina, intonato dai partecipanti ai lavori. Qui si è svolta la lezione del Prof. Mo-rello sul ruolo degli amboni in generale e sulle caratteristiche di quello “Rufolo” di Ravello in particolare; é seguita la visita della chiesa di S. Maria a Gradillo e la conclusione dei lavori a Villa Rufolo, affidata a Don Lang, che ha risposto alle domande dei partecipanti che hanno voluto sottolineare l’interessantissimo rapporto tra il Bene, il Vero e la Bellezza. Per noi che viviamo a Ravello i temi presentati in questo semi-nario dovrebbero essere il motivo conduttore di ogni nostra azione. Continua a pagina 10

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La nostra massima preoccupazione dovrebbe, infatti, mirare a rendere possibile per i tanti visitatori l’incontro con il Miste-ro, cioè con Dio, attraverso le bellezze architettoniche e natu-rali che possediamo; poter leggere gli amboni, quello Rogadeo e quello Rufolo, non solo come splendide opere d’arte ma anche come strumenti per rendere comprensibili più facilmen-te agli altri la ricchezza di fede presente, è un imperativo a cui non possiamo sottrarci. Far partecipare anche chi si trova oc-casionalmente nelle nostre chiese al canto che accompagna le celebrazione significa permettere di vivere in pienezza l’incontro con Cristo e non far sentire gli altri semplici spetta-tori di liturgie belle ma fredde. Il canto, la liturgia della Paro-la, le parti cantate della messa devono dimostrare questa atten-zione perché tutto quello che abbiamo deve diventare per gli altri strumento di maturazione spirituale, in pieno accordo con quanto ha ricordato il Santo Padre ai sacerdoti di Bressanone: “Se guardo questa bella cattedrale (la cattedrale di Bressanone): è un annuncio vivente! Essa stessa ci parla, e partendo dalla bellezza della cattedrale riusciamo ad annunciare visivamente Dio, Cristo e tutti i suoi misteri: qui essi hanno preso forma e ci guardano”.

Maria Carla Sorrentino

LA PARROCCHIA E L’ACCOGLIENZA AI TURISTI

Sabato 28 Marzo,2009 dalle 9,30 alle 13, 00 si è svolto ad Amalfi presso la Basilica del Crocifisso un interessantissimo Convegno regionale di pastorale del Turismo, promosso dalla Conferenza Episcopale Campana dal tema : “La Parrocchia e l’accoglienza ai turisti”. L’introduzione al Convegno è stata fatta dal Prof. Rocco Gervasio, incaricato al Turismo ed al tempo libero dalla Conferenza Episcopale Campana. Egli ha spiegato che il Convegno intende promuovere uno slancio delle Parrocchie, affinché partendo da una cultura di acco-glienza ai turisti,secondo lo spirito evangelico, si arrivi a rea-lizzare una Pastorale del Turismo che sappia realmente valo-rizzare e porre attenzione al turista, come persona. Tutto ciò potrà concretizzarsi se si sarà capaci di organizzare un sistema integrato di tutti i soggetti presenti sul territorio, sia parroc-chiali che non, gruppi associazioni, operatori turistici, enti locali ed istituzioni, capaci di interagire tra loro per accogliere al meglio coloro che arrivano nei nostri luoghi incantevoli . E’seguito l’ intervento della Dott.ssa Maria Pia Bertoluc-ci ,presidente nazionale del Centro turistico giovanile. Parten-do dall’analisi del verbo viaggiare e del “viaggio inteso come superamento delle proprie ed umane debolezze, come sfida verso il nuovo,” la Dott.ssa Bertolucci, ha dato una prospettiva storica del Turismo, dalla nascita del Gran Tour romantico, “dove l’intellettuale borghese non ritiene completa la sua for-mazione e decide di vedere con i propri occhi le vestigia che rimangono dell’antica cultura, per rendere testimonianza alla comunità intellettuale di cui fa parte” al passaggio del Turismo Sociale, nato nel 1841,quando Thomas Cook portò ad un

meeting a prezzi agevolati 600 pax .La rivoluzione industriale dell’800, portò altri cambiamenti ,fra quali il diritto al riposo che poi diventerà diritto alla vacanza. “Questi termini si quali-ficano come fattori rigeneranti della persona e come elementi essenziali per la promozione civile e culturale dell’intera socie-tà,rivelandosi diritti insopprimibili .” Il concetto di “Diritto alla vacanza” lo ritroviamo nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, approvata dalle Nazioni Unite, il 10 Dicembre 1948. La curiosità,la mobilità,il viaggiare tutto ciò è turismo. Oggi ci sono però molte modalità o molti stili di turismo, turi-smo di consumo,turismo religioso,turismo solidale ,ecco per-ciò è più corretto parlare di turismi dove questo termine ri-specchia tutto il variegato mondo e le molteplici proposte di chi viaggia. Nel viaggiare restano sempre da salvaguardare l’ambiente e la dignità dell’uomo. Brillante altresì l’intervento di Don Mario Lusek, direttore Ufficio Cei pastorale del tem-po libero, turismo e sport .Don Mario ha fornito prima dei dati interessanti sul mercato turistico, sul volto del turismo , soffermandosi principalmente sul turismo campano, sulla pa-storale e sull’accoglienza in Campania, affermando che essa deve integrarsi con le altre pastorali e con gli altri settori dell’organizzazione ecclesiale, per evitare di perdere la sua efficacia. Ha inoltre parlato delle Parrocchie oggi, e riferendo-si alla Nota della CEI sul Volto Missionario delle Parrocchie in un mondo che cambia, ha esortato a ripensare la realtà stessa delle parrocchie, alla luce dei “ mutamenti sociali, culturali, antropologici che caratterizzano il nostro tempo. Nel settore del turismo due sono le responsabilità della Parrocchia : <educare al turismo > per una fruizione degna dell’uomo , < accogliere i turisti con uno stile evangelico ispirato >.,dopo aver spiegato qual è il Ministero dell’accoglienza,avvalendosi della regola benedettina 53, ed aver dato alcuni suggerimenti sui segni di accoglienza e su come realizzare sul piano pratico l’accoglienza nelle parrocchie, ha concluso il suo intervento riflettendo che “ l’uomo è viandante, camminatore,viaggiatore e…..pellegrino, colui cioè che si mette sulle tracce di uno sconosciuto qualsiasi, ma di colui che ha fatto il primo passo-verso il cuore dell’uomo e poi gli si è affiancato per guidarlo, sostenerlo, incoraggiarlo e nei momenti di fatica sostare con lui ,<il mio cuore è inquieto finchè non riposa in Te > ( S.Agostino )”. Compito delle Parrocchie è anche aiutare i turisti a riscoprire l’Amore di Dio. Il prof .Salvatore Marotta dell’Università del Sannio , ha invece rilevato che non si può realizzare nessun tipo di accoglienza senza assicurare agli ospiti la qualità, la competenza e la professionalità. Dopo i saluti delle autorità, fra i quali l’Asssesore Regionale al Turismo On Cluadio Velardi, ed il messaggio del Card. Crescenzo Sepe, letto da Don Salvatore Fratellanza, ci sono state le conclusioni dell’Arcivescovo di Amalfi –Cava Mons Orazio Soricelli. Egli ha ringraziato tutti per la partecipazione, e partendo da un evento così significativo ha esortato le singole commissioni parrocchiali per il turismo a mettersi a lavoro ed impegnarsi sempre meglio nel porre attenzione ai turisti, mettendo sem-pre di più al centro l’uomo e la sua dignità.

Giulia Schiavo

SEGUE DA PAGINA 9

Page 11: Incontro Aprile 2009

PAGINA 11 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Alle prime luci dell’alba di martedì 10 Marzo, giorno successivo alla data del suo compleanno, ci ha lasciato Fernando Schiavo , ( per me zio Fernando ). Siamo anco-ra increduli e stupefatti dalla rapidità e dalla crudeltà della sua malattia che in tre setti-mane ha stroncato la sua esi-stenza. Una vita spesa per la fami-glia, per il lavoro, per gli amici, adesso Fernando è tornato alla Casa del Padre, ha riabbracciato la sua cara Lina e veglia da lssù sui suoi cari. Non è stata semplice la vita di Fernando ! Con il suo coraggio e la sua determinazione è riuscito a superare i momenti di pro-va che la vita gli ha riservato fin dalla più tenera età. Rimasto solo, poi,senza la sua sposa, è riuscito ad educare i figli, ad avviarli al lavoro, a mantenere unita la famiglia. Fernando, una persona semplice, ma nella sua semplicità ha avuto delle brillanti intuizioni, soprattutto nel suo lavoro. Egli è stato l’antesignano della politica turistica e ha fatto conoscere Ravello in Italia ed anche all’estero con la brillante accoglienza che riservava a tutti. Fernando ed il fratello Alfonso, insigne Maestro Pasticciere, scomparso anch’egli prematuramente sei anni fa, hanno per molto tempo gestito tenacemente,con passione, dedizione e professionalità il “ Bar S.Domingo”, una delle prime attività di ristoro ed accoglienza, ricevuta in eredità dal padre Luigi e dalla madre Emilia. Ancora vivo nella memoria è il ricordo di Fernando che dopo aver soddisfatto le esigenze dei clienti, si intratteneva in amichevole conversazione , regalando informa-zioni e notizie su Ravello, sui suoi monumenti, sulla sua sto-ria. Egli ,infatti era un cittadino che amava molto la sua terra, le tradizioni e la cultura del suo paese. A volte con tono polemi-co, non risparmiava suggerimenti, consigli ma anche rimpro-veri e rimbrotti agli esponenti delle istituzioni locali, al fine di migliorare l’immagine di Ravello. E’stato colui che ha sti-molato le amministrazioni comunali che si sono avvicendate nel corso degli anni, spronando ad agire sempre meglio, per il bene del paese. Con la passione che profondeva in ogni atti-vità ha affascinato molti amici, che non hanno esitato a venire a Ravello, anche da lontano, per rendergli l’ultimo saluto . Era un idealista e avrebbe voluto che le cose andassero per il giusto verso in ogni settore, a cominciare dallo sport: Era un tifoso fedelissimo della squadra del Torino: ricordo ancora con commozione il suo racconto, amareggiato, del disastro che procurò la morte dei giocatori del Grande Torino sulla collina di Superga.Da allora non ha mai smesso di amare questa squa-dra, e mal tollerava gli scandali e le ingiustizie che anche in quest’ambito si sono susseguiti. Amava anche intrattenersi nel

suo bar a giocare a carte, nelle serate d’inverno ,con gli amici che lo cercavano per trascorre un po’ di tempo nello svago. Si adirava se il gioco non andava come lui voleva. Non poche persone sono state da lui rimproverate ; finita la partita a carte però si era più amici di prima, poiché zio Fernando era una persona generosa e sapeva farsi voler bene. Adesso nel Bar S .Domingo regna un silenzio quasi irreale. Grazie zio Fernan-do ! Sei stato un esempio di tenacia per tutti noi! Anche se consapevoli e certi della tua Nuova Vita in Paradiso, ci mancherai !

Giulia Schiavo

LETTERA ALLE FAMIGLIE APRILE 2009

Rendere grazie Cara famiglia, nel clima gioioso del tempo pasquale, penso alla molteplicità di azioni che contrassegnano la vita quotidiana dei tuoi mem-bri. Esse esprimono premure, preoccupazioni, attenzioni, desideri, servizi, disponibilità … nel relazionarsi reciproco tra voi co-niugi, tra voi figli e tra voi genitori e figli: sei, come ogni fami-glia, un vero arsenale di carità! In questo rapportarsi gratuito, fatto di sacrifici e di impegni scambievoli, mai deve mancare la riconoscenza, il ringrazia-mento vicendevole verso chi, nell’intimità familiare, ci sta accanto e si adopera per il bene e la crescita umana e spirituale degli altri. “Quando bevi l’acqua, pensa alla sorgente” – ammoni-sce un vecchio proverbio: la parola “grazie” è breve, ma riem-pie il cuore a chi la riceve, lo rincuora di fiducia, lo ricarica di entusiasmo nel suo essere dono … in famiglia! Con l’augurio che le feste pasquali riempiano il tuo cuore di gioia e di gratitudine, Ti benedico nel Signore risorto. + Arcivescovo Orazio

Aprile 2009 - Tempo Pasquale

Valore: Rendere grazie Slogan del mese: “Grazie perché…” Gesto: In chiesa si allestisce una Cassetta per depositarvi le lettere di ringrazia-mento

IL RICORDO DI FERNANDO SCHIAVO

Page 12: Incontro Aprile 2009

CELEBRAZIONI DEL MESE DI APRILE In questo tempo la Messa vespertina nei giorni feriali sarà celebrata alle 18.30 mentre la Messa prefestiva e festiva (sabato e domenica) sarà celebrata alle 19.00.

2-16-23-30 APRILE Ore 19.00: Adorazione Eucaristica

VENERDI’3 APRILE Ore 18.30: Via Crucis

SABATO 4 APRILE Ore 19.00: Santa Messa Prefestiva

DOMENICA 5 APRILE - DOMENICA DELLE PALME Ore 08.00-19.00:Messe Comunitarie

Ore 10.15 A Santa Maria a Gradillo Benedizione delle Palme e processione verso il Duomo e celebrazione della Messa

LUNEDI’ 6 APRILE Ore 18.30: A Santa Maria a Gradillo, Celebrazione Penitenziale

MARTEDI’ 7 APRILE Ore 18.30: VIA CRUCIS LITURGICA PER LE STRADE

MERCOLEDI’8 APRILE Ore 18.00:Messa Crismale nella chiesa Cattedrale di Amalfi

9 APRILE —GIOVEDI SANTO Ore 19.30: Messa in Coena Domini

Al termine processione dei “Battenti” 10 APRILE - VENERDI SANTO

Ore 18.00: Celebrazione della Passione del Signore Processione del Cristo morto 11 APRILE —SABATO SANTO

Ore 22.00: Veglia Pasquale 12 APRILE —PASQUA DI RESURREZIONE DEL SIGNORE

Ore 08.00-10.30-19.00: Sante Messe 13 APRILE Lunedì fra l’Ottava di Pasqua

Ore 8.00-10.30: Sante Messe Ore 19.00: Messa e breve processione con la statua

del Santo Patrono 18 APRILE

Ore 19.00 Santa Messa Prefestiva 19 APRILE —II DOMENICA DI PASQUA

Ore 08.00-10.30-19.00: Sante Messe 25 APRILE

Ore 19.00 Santa Messa Prefestiva 26 APRILE

III DOMENICA DI PASQUA GIORNATAPER L’UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

Ore 08.00– 10.30-19.00: Sante Messe