Move in Sicily - 04/2015

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IL TALENTO DI ELDA LARO LA MOSSA DELLA MENTE: GLI SCACCHI RACCONTATI DA RICCARDO MERENDINO UN ANNO DI APPUNTAMENTI LETTERARI SICILIANI il magazine N. 04 | 15 In principio era il Mediterraneo Q SPECIALE FRANCESCO ALLIATA Q AURELIO GRIMALDI E L’ARANCIO AMARO PRIMA PIANTA ALL’ORTO BÒTANICO

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Il quarto numero del magazine del portale Move in Sicily si presenta con uno speciale imperdibile dedicato a Francesco Alliata e alla Panaria Film per scoprire le origini del cinema siciliano. Parliamo ancora di cinema e Sicilia con Aurelio Grimaldi e di liscìa lombarda con Stefano Chiodaroli. Un numero ricchissimo che, tra le altre cose, vi offre anche la mappatura di tutti i festival letterari dell'Isola.

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IL TALENTODI ELDA LARO

LA MOSSADELLA MENTE:GLI SCACCHIRACCONTATI DA RICCARDO MERENDINO

UN ANNO DI APPUNTAMENTI

LETTERARISICILIANI

il magazineN. 04 | 15

In principio era il Mediterraneo q Speciale FranceSco alliata q

AURELIOGRIMALDIE L’ARANCIO AMAROPRIMA PIANTAALL’ORTO BòTANICO

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N. 4 | ANNO I | SETTEMBRE 2015Move in Sicily/moveinsicily.com Reg. Trib. di Catania n. 6 del 10/04/2015

Direttore ResponsabileRosario Battiato

[email protected]

Art DirectorUrsula Cefalù

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RedazioneDaniela Basile, Martina Distefano, Daniela Fleres,

Viviana Raciti, Emanuele Veneziaviale Bummacaro, 21/A, Librino, Catania

[email protected]

Segreteria di [email protected]

CopertinaIllustrazione di Alessandro Venuto

Hanno collaborato a questo numero: Giorgia Butera, Giuseppe Caruso, Alessandro De Filippo,

Daniela Fleres, Sebastiano Gesù, Danila Giaquinta, Emanuele Grosso, Franco La Magna, Antonio Leo, Giuseppe Paternò

Di Raddusa, Gaetano Schinocca, Marco Tomaselli

Ringraziamenti: Albane Cogne Banou, Stefano Chiodaroli, Nello Correale,

Francesco Di Mauro (Ciclope Film), Cecilia Grasso, Aurelio Grimaldi, Elda Laro, Riccardo Merendino (Comitato

Scacchistico Siciliano), Nicola Palmeri, Rosaria Sardo, Lucia Scuderi, Milena Viani (Terra di Bò)

Ufficio StampaSuttasupra

[email protected]

Editore Soluzione Immediata srl via Teatro Greco n. 76, Catania

SEGUICI SU: Move in Sicilywww.moveinsicily.com

«Sono nato il 21 novembre del 1919 – distra-zione o scaramanzia di papà, visto che ero ve-nuto alla luce il 17 – in quella grande e son-tuosa stanza in cui erano nati mio padre, mio nonno, il mio bisnonno e, prima ancora, tanti altri Alliata». In questo numero anche la rubri-ca “la copertina, spiegata male” rende onore al Principe del cinema e si inabissa nei mari isolani emergendo con una breve presentazio-ne estratta dall’autobiografia Il Mediterraneo era il mio regno di Francesco Alliata, prota-gonista dello speciale che leggerete tra qualche pagina. Un tributo dovuto e sentitamente vo-luto a un protagonista della scena siciliana e nazionale che, prima ancora di essere un bril-lante innovatore, ha sempre agito guidato da principi di responsabilità e dai doveri dettati dalla sua posizione, senza cadere nella facile ostentazione del potere. «Sin da bambino mi fu fatto pesare il privilegio di discendere da una stirpe le cui origini si perdono nei miti degli Imperi romani d’Occidente e d’Oriente, ma anche da una stirpe ‘eccentrica’, poiché i miei genitori esigevano dalla loro prole – quattro fratelli e una sorella – soprattutto il rispetto dei doveri materiali e morali, più che l’esibizio-ne del potere. Fummo quindi allevati (pratica-mente solo da nostra madre, rimasta vedova quando avevo nove anni) con criteri di sana spartanità: non ci mancò mai il necessario, ma niente di più. “La vita uno se la deve costruire con le proprie capacità sulla base di una solida cultura e di una ancor più solida educazione”, era il principio di mamà».A fare da cornice alle parole del Principe, che si è spento lo scorso primo di luglio, la splendida copertina realizzata da Alessandro Venuto e le fotografie che ritraggono alcuni momenti della sua esistenza. Uno speciale che continua nelle pagine interne con gli approfondimenti cura-ti da Alessandro De Filippo, Sebastiano Gesù, Franco La Magna e un’intervista al regista Nel-lo Correale. Un grande viaggio nella storia del cinema nazionale. Anzi, un grande tuffo.

Una copertina sotto il mare

Stampa: Italgrafica, via Nocilia 157, Aci S. Antonio (CT)Copyright ©2015. Tutti i diritti riservati. La riproduzione anche parziale di testi, foto e illustrazioni è vietata

in tutti i Paesi del mondo senza previa autorizzazione dell’editore

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Sulle spalledella leggendaMisurare le lunghe leve della leggenda è sempre un’operazione estrema, fati-cosa. Non tutte le leggende, o forse sol-tanto le vere leggende, sanno accorcia-re il passo e farsi avvicinare. Francesco Alliata ha speso la sua esistenza sulla sottile corda della sperimentazione – “non un semplice avventuriero”, ci am-monirà Nello Correale all’interno dello Speciale che leggerete nelle prossime pagine – e non soltanto nel cinema. E per ogni passo compiuto in avanti, lungo sentieri inesplorati, c’è sempre stato uno sguardo rivolto all’indietro, una prospettiva onnicompresiva, sul mondo che si portava appresso. «In fin dei conti le nostre soddisfazioni dopo tanti anni ce le siamo pigliate, la Sicilia l’abbiamo fatta conoscere, in America ci siamo arrivati, e poi il mare, questo nostro bel mare eoliano, l’abbiamo fat-to conoscere a tutti». Nell’Alliata ap-prezzato in video, tramite i suoi lavori o nel bel documentario di Nello Correale I ragazzi della Panaria da cui è tratta la citazione, emerge una tensione co-scienziosa, una sorta di imperativo ca-tegorico nei confronti della Sicilia e dei siciliani, un ruolo di custode e divulga-tore al quale per la sua posizione e cul-tura avrebbe dovuto adempiere. Se la lotteria sociale della nascita gli è stata favorevole, di certo ha fatto di tutto per meritarsela. Questo nostro speciale è stato un modo per celebrarne la storia e per sentirci, in qualche misura, mi-nuscoli continuatori dell’opera di diffu-sione dei mari, in senso lato, dell’Isola. I contenuti di questo numero, ovvia-mente, non finiscono qui. Nella nostra movimentata esplorazione isolana a passo sostenuto aggiungiamo anche i talenti acquisiti, rappresentati dalla celebre pianista albanese Elda Laro, e altri soltanto in visita come il caba-rettista televisivo Stefano Chiodaroli. E a proposito di passi di un certo peso, inauguriamo anche le interviste con gli ospiti dell’Orto Bòtanico, il percorso dedicato ai più importanti nomi della cultura isolana e ospitato all’interno di Villa Di Bella. Il primo assegnatario è stato Aurelio Grimaldi, maestro, scrit-tore e regista, e testimone prezioso di quest’Isola in movimento. (rb)

l’editorialel’indice

010 linosart: Un’isola per l’arte

021 la mossa della mente. gli scacchi siciliani raccontati da riccardo merendino

012 siciliani tra le righe. un anno di appuntamenti letterari

017 videogames in sicily

019 la pista altomontana dell’etna

la rubrica di approfondimento Cosi (mai) visti, tornerà nel numero di ottobre.

004speciale francesco alliatain principio era il mediterraneo

011 esplosioni fantastiche. le fiabe d’aUtore di lUigi capUana

009stefano chiodaroliliscìa servita alla lombarda

014l’arancio amaro di aUrelio grimaldiil primo passo nell’orto bòtanico

016 il talento di elda laro

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SPECIALEaLLIATA

Foto gentilmente concesse da Neri Pozza Editore

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il mediterraneo era il mio regno

#autobiografiaIntroduzione e didascalie di Stefano Malatesta.Neri Pozza Editore

la storia di France-sco Alliata non ha niente a che vede-re con gli eccessi sfarzosi dei Savoia o con l’ossessione dei Colonna nei confronti della re-ligione. Sebbene

da giovane Francesco par-tecipi alle battute di caccia, alle corse automobilistiche e ai ricevimenti musicali con centinaia di illustri in-vitati, lui non è tipo da inte-ressarsi alle neghittosità e allo «sperpero di patrimoni in futili attività» che Toma-si di Lampedusa descriveva nel Gattopardo. Francesco Alliata vuole prima costru-irsi «una solida cultura e una ancor più solida educa-zione» e poi usarle entram-be per rendere produttive le proprie passioni. Solo così onorerà il motto di famiglia: «Bisogna essere principi, piuttosto che apparirlo».È ancora un bambino quando si imbarca nella sua prima impresa «ciclo-pica»: correggere le 7500 pagine dell’opera incom-

piuta del nonno – Storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia – che lo trasfor-meranno nell’«amanuense a macchina» di famiglia. A undici anni ha una stanza tutta sua per muoversi au-tonomamente tra gli archivi del palazzo. A tredici studia la storia antica, incuriosi-to dai racconti del secon-do marito della madre, il direttore del Museo Arche-ologico di Palermo, Ettore Gabrici. Ma è solo al ginna-sio che Francesco scopre la passione che lo accompa-gnerà per il resto della vita: il cinematografo.Passeggiando tra i ricordi di famiglia e descrivendo sapientemente le tradizioni più oscure e i tic più eccen-trici della nobiltà siciliana, Francesco Alliata spalanca una finestra su un mondo seducente e fuori dal tem-po. Un viaggio unico, in-comparabile, in una delle stagioni più importanti del-la vita culturale e civile d’I-talia, in compagnia dell’ul-timo grande aristocratico del Novecento.

Le memoriEdell’ultimO GRANDEARISTOCRATICO SICILIANOFRANCESCO ALLIATA

Estratto della scheda di presentazione della casa editrice:

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nel cinema, le scene subac-quee sono di grande effetto, per quell’aura di mistero che ancora circonda la profondità e le sue creature. Oggi gli strumenti dei professionisti sono telecame-re miniaturizzate, e riprendere sott’acqua è davvero facile. Ma settant’anni fa era un’impresa.

Ci provò, e ci riuscì, nel 1946, don Francesco Allia-ta, principe di Villafranca: primo al mondo a lavorare sul fondo del mare con una professionalissima Arri-flex 35mm. Questa è la sua storia. Che si sofferma sul ruolo di pioniere del cinema subacqueo di France-sco Alliata, ma narra anche una straordinaria vicenda umana, culturale, imprenditoriale: quella dei “ragazzi della Panaria” che furono premiati a Cannes nel 1947 per i loro documentari subacquei; produssero Sesto

continente, il film di culto di Folco Quilici; scritturarono un mito quale Anna Magnani e la schierarono in pri-ma linea nella “guer-ra dei vulcani” con-tro Ingrid Bergman e Roberto Rossellini; portarono sul set, per il film La carrozza d’o-ro di Jean Renoir, un autentico cocchio. È la storia, insomma, di un grande protagoni-sta della cinematogra-fia mondiale.

il principedelle immagini

di Gaetano CafieroAddictions-Magenes Editoriale

francesco alliatadi villafranca pionieredel cinema subacqueo

Estratto della scheda di presentazione della casa editrice:

#biografia

Oltre lo schermo,una vita

da leggendaato a Palermo nel 1919 Francesco Al-liata, principe di Villafranca e duca di Salaparuta, è stato uno dei leggendari fondatori della Panaria Film (1946), i quattro ragazzi scopritori nel dopoguer-ra della vocazione turistica delle isole

Eolie e inventori del cinema subacqueo (i cosiddetti “Panaria boys”). Dopo l’esperienza acquisita da stu-dente universitario prima presso il CineGuf dell’Uni-versità di Palermo e poi in quello di Napoli, divenuto ufficiale, durante il secondo conflitto mondiale Alliata propone la costituzione di un Cinereparto Specia-le per la documentazione fotografica e cinematografi-ca delle azioni di guerra. Inviato in Sicilia, al comando del “Nucleo n. 13”, per cinque anni documenta come reporter di guerra vicende belliche e bombardamenti. Nel dopoguerra collabora con l’O.F.S. (Organizzazione Filmistica Siciliana), girando tutte le riprese delle sce-ne della tonnara di Turi della tonnara (1946) di Pino Mercanti e Giuseppe Zucca e inizia ad occuparsi di fotografia subacquea, con una attrezzatura costruita insieme agli altri soci. Nell’agosto del ’46 salpa (con i soci) per le Eolie realizzando “avventuristicamente” le prime riprese subacquee al mondo girate in mare aperto, oggi di proprietà dell’Istituto Luce. Nasce così il documentario Cacciatori sottomarini (1946), girato in 45 giorni che viene selezionato a Cannes. Durante le riprese di Cacciatori sottomarini viene anche gira-ta una breve sequenza del film Turi della tonnara nel quale l’avventuroso Alliata non disdegna di agire da controfigura del protagonista. L’inaspettato successo ottenuto con i documentari spinge i quattro soci-amici a creare una vera e propria casa cinematografica - la Panaria Film - fondata a Palermo alla fine del ’46 che realizza 15 documentari professionali, 5 dei quali finalmente restaurati godono oggi meritatamente d’un’esaltante diffusione postu-ma: Tonnara (1948), Tra Scilla e Cariddi (1949, sulla pesca del pesce spada nello Stretto di Messina), Bian-che Eolie (1947, presentato al Festival di Edimburgo nel 1950), Isole di Cenere (1947, presentato alla Mo-stra di Venezia nel 1948), Opera dei pupi (1949). Esuarita la fase documentaristica la Panaria pas-sa alla produzione di lungometraggi: Vulcano (1950) di William Dieterle (al centro della clamorosa vicen-da nota come “guerra dei vulcani”); La carrozza d’o-ro (1952) del grande Jean Renoir; Il segreto delle tre punte (1952) regia di Carlo Ludovico Bragaglia; A fil di spada (1952) sempre di Bragaglia e Sesto continen-te (1953) di Folco Quilici. Vacanze d’amore (1954) di Jean Paul Le Chanois e Agguato sul mare (1955) di Pino Mercanti, sono produzioni della Al.Mo Film, oggi assommate a quelle della Panaria.

di Franco La Magna

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ell’immediato dopoguer-ra, Francesco Alliata fu il più ardito dei quattro intraprendenti e spor-tivi giovanotti di nobile famiglia che, accomu-

nati dalla passione per la pesca subac-quea e dall’amore per la fotografia e il cinema, fondarono a Palermo la Pana-ria Film, una tra le prime case di produ-zione dell’Isola, riuscendo a immergere negli incontaminati fondali sottomarini eoliani una Arriflex 35 mm., che ripor-tò alla superficie le stupende immagi-ni di un misterioso mondo sommerso di incomparabile bellezza. Cacciatori sottomarini che, all’epoca, costituì per l’audacia dell’impresa e la nitidezza dei fotogrammi una autentica rivelazione

in campo cinematografico, nel 1947, al Festival di Cannes ebbe un grande successo di critica e di pubblico. Il do-cumentario diede l’avvio a una brillante e cospicua produzione filmica della Pa-naria, che nel corso del decennio 1946-1955 comprese 14 cortometraggi, 6 film a soggetto e un documentario di lungo-metraggio. Se Ugo Saitta fu il cantore dell’Etna e delle sue genti, Alliata e i “ragazzi della Panaria” furono i disvelatori delle bel-lezze paesaggistiche dell’Arcipelago eo-liano e della cultura dei suoi abitanti: una cultura fatta di riti immobili e an-tichissimi, di gesti reiterati, di sudore e povertà. Non ci fu angolo di quel mondo che non rimase impresso nella celluloi-de della Panaria. E quelle isole sperdute

in mezzo al Tirreno che bagna le coste settentrionali della Sicilia, fino allora co-nosciute solamente come luoghi di con-fino, si rivelarono al mondo universi di rara e incontaminata bellezza. Una co-stellazione di immagini di grande sugge-stione e verità, a cui oggi si attribuisce il valore di bene culturale, di testimonian-za antropologica e storico-sociale. Col cinema di fiction, Alliata, impavido, ingaggiò con Rossellini e la Bergman uno scontro secolare, contrapponendo alla coppia di Stromboli William Dieterle e Anna Magnani che giravano contem-poraneamente Vulcano. I due film pas-seranno alla storia del cinema italiano come la “guerra dei Vulcani”. Qualche anno dopo, battagliero, il Principe si permise di licenziare Luchino Viscon-

NON SOLO CINEMA. PAROLA DI NELLO CORREALENello Correale è il regista del do-cumentario I ragazzi della Pa-naria (2004), che ricostruisce la storia della casa di produzione ci-nematografica siciliana fondata da quattro giovani, tra cui il principe Francesco Alliata. Se dovessi riassumere una vita e un percorso così complesso, cosa diresti di questo monumento del cinema siciliano e italiano? Francesco Alliata è un eclettico, dopo averlo conosciuto ho subito pensato: “ecco, questo è un personaggio che mi può dare una storia per farne un film”. Ed effettivamente con lui cominciai a scrivere una storia che sembrava inventata: quattro ragazzi che nel 1946 arrivano a Lipari nel-le Eolie e cominciano a immaginare l’industria cinematografica in Sicilia. Così parte e in due settimane arriva a Los Angeles dove contatta i mag-giori cineasti e produttori americani. Dopo il lungo viaggio cominciare a progettare un film e la Panaria film diventa la prima casa di produzio-ne cinematografica importante del dopoguerra. Riusciranno persino a produrre film come La carrozza d’oro di Jean Renoir. Un anticipatore a tutti gli effetti. Si innamora di tanti progetti, tra cui quello del cinema nel mondo subac-queo e ne diventa il pioniere. Con la Panaria film produce Sesto Con-

tinente, il primo lungometraggio a colori subacqueo che verrà girato da Folco Quilici. È un blockbuster per-ché tecnicamente aveva realizzato l’irrealizzabile, cioè illuminare sottac-qua e impressionare tutto a colori. Come fanno quattro ragazzi gio-vanissimi a fare tutto questo? Certo sono ragazzi ricchi, di buona famiglia, ma non basta. Francesco Alliata non è stato soltanto un eclet-tico, un pioniere, oppure un avventu-riero come alcuni pensano. Secondo me, è stato un vero e proprio produt-tore. E ha sempre dimostrato di voler intraprendere strade nuove in tutti gli ambiti in cui si è sperimentato. Ad esempio...È stato il primo a mettere in piedi un’industria legata alla filiera del freddo in Sicilia, cioè l’uomo che ha portato il gelato industriale in quest’isola. Il procedimento era sem-pre lo stesso, quello di uno che vole-va sapere. Di solito meno conosceva in quel preciso momento e più era spinto a conoscerne tutti i dettagli. Diceva che la sua ignoranza gli dava la possibilità di individuare traietto-rie che altri forse non valutavano. Insomma, Alliata non è solo ci-nema. È personaggio significativo per le storie che a noi interessano del cine-ma, ma è interessante per la storia della Sicilia e dell’Italia.

il disvelamento delle eoliedi Sebastiano Gesù

Un mondo impresso nella celluloide della Panaria

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l cinema rac-conta sto-rie. E così f a c endo , r a c con ta

la nostra storia. Anche

il cinema che è stato gira-to vent’anni o sessant’anni or sono ci parla di noi, di ciò che siamo stati e di ciò che siamo diventati adesso. Ogni film di valore è una macchina del tempo, che at-traverso la luce filtrante da una pellicola ferita sa dirci chi vogliamo essere.Ed è così che il cinema di Francesco Alliata di Villa-franca riempie i nostri occhi di passione per la Sicilia e di

voglia di restituire ciò che di più bello e di più sconosciu-to l’isola nasconde. Tutto il cinema di Alliata è una sfi-da. Da operatore di guerra, penetra con l’Arriflex di ordi-nanza nel Duomo di Messina in fiamme. Tra crolli di travi lignee e vampate del fuoco, prova a riportare a casa la pelle, insieme alle ultime immagini di una delle chiese più sorprendenti di Sicilia. Finita la guerra, “scopre” le isole Eolie. Nessuno, no-nostante la loro seducente bellezza, aveva avuto modo di osservarle dal vivo, né al cinema, perché erano state negate alla fruizione pub-blica e destinate a servire

da carcere borbonico prima e da confino politico du-rante il fascismo. Per cento anni, nascoste allo sguardo di tutti, eccole invece, ma-gicamente restituite a tutti gli spettatori interessati. E scrivo magicamente, perché questo Alliata è anche un prestigiatore della tecnica cinematografica. Non sol-tanto un grande fotografo e operatore di ripresa, ma an-che inventore e innovatore, pronto ad affrontare sfide sempre nuove.Il 16 agosto del 1946, in Cacciatori sottomarini, per la prima volta, grazie a un guscio impermeabile di otto-ne per la sua fedele Arriflex, che ha riscattato economi-camente dopo la guerra, può filmare le prime riprese subacquee in mare aperto, le prime della storia del ci-nema mondiale, per inten-derci. Così, qualche anno dopo, in Tonnara (1947), deciderà di filmare la cattu-ra dei tonni immergendosi nella camera della morte di una mattanza sanguinosa, e filmando, dalla soggettiva della preda, una delle tecni-che di pesca più antiche del Mediterraneo. Continuerà a inventare altri strumenti di ripresa sempre funzionali alla diegesi dei suoi film e mai come superficiali effetti

speciali. Nasce così l’iposco-pio, per filmare la “caccia” del pesce spada con la fio-cina, in Tra Scilla e Cariddi (1948). Lo scafandro, utiliz-zato nei film precedenti, è troppo statico e non permet-te di filmare gli inseguimenti del pesce spada nello Stretto di Messina, per questo Allia-ta di volta in volta trova una soluzione, un adeguamento di carattere tecnico.Questo era il cinema in que-gli anni eroici, in cui non esisteva la GoPro Hero e tutto sembrava impossibile e irraggiungibile. Ma si lot-tava per riuscire, si cerca-va e cercava, fino a quando non si inventava qualcosa di nuovo. Per tutti questi moti-vi, ricordare oggi Francesco Alliata non serve soltanto a commemorare un gran-de regista scomparso, ma anche a indicare ai giovani spettatori, agli studenti uni-versitari di cinema, che la nostra storia cinematografi-ca è basata sulla competen-za tecnica, sulla professio-nalità, ma anche sul rischio, sulla voglia di mettersi in gioco e sull’inventiva. I gran-di maestri documentaristi siciliani ci hanno indicato una strada, che è impervia e per questo avventurosa. Ma, bisogna ricordarlo: il futuro è nelle radici.

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Illustrazione: Alessandro Venuto

MovExtra

Per tutti i contenuti extrae le interviste video

dello Speciale Alliata

moveinsicily.com

Move in Sicily

il futuroè nelle radiciil cinemadi francesco alliata

ti che aveva scritturato, perché troppo esoso, sostituendolo col suo maestro Jean Renoir che a suo posto girò per la Panaria La Carrozza d’oro, film as-sai amato in Francia, in special modo da François Truffaut, che come segno di riconoscimento chiamerà la sua casa di produzione Les films du Carrosse. Chiusasi la stagione del cinema, Alliata si dedicò all’industria del freddo, produ-cendo ottimi gelati e sorbetti col mar-chio di famiglia Duca di Salaparuta. A entrambe le imprese del Principe, il re-gista Nello Correale dedicherà due suoi documentari che raccontano le vicissi-tudini cinematografiche e il coraggio im-prenditoriale di Alliata. Il primo porta il titolo I ragazzi della Panaria, l’altro, in uscita in questi giorni, ha per titolo Il si-gnore delle nevi. Il principe Alliata fu l’ultimo erede di una nobile Famiglia che ha gestito il commercio della neve dell’Etna fin dal-

la seconda metà del Settecento per ben oltre un secolo. Alla veneranda età di 95 anni, prima di lasciarci, il Principe Allia-ta, passeggiando tra i ricordi di famiglia e descrivendo con arguzia le vicende eccentriche della nobiltà siciliana, col suo libro di memorie, ultima sua impre-sa, Il mediterraneo era il mio regno ci spalanca lui stesso una finestra su un mondo seducente e fuori dal tempo: un viaggio dentro una classe sociale ormai in estinzione.

di Alessandro De Filippo

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tefano Chiodaroli non è siciliano. E l’aver sposa-to una siciliana non gli conferisce certo cittadi-nanza, né gli trasmette

usi e costumi dei locali. Tuttavia, come ci ricordava

Totò Calì qualche Move fa, la liscìa è un codice universale. È siciliana nella sua cadenza, nell’espressività, ma in fondo alberga in tutti i cuori degli uo-mini che non sanno prendersi sul serio. E Stefano, che abbiamo intervistato in quanto doppio testimonial del Mizzi-ca Film e di State aKorti, avrebbe dovuto ricevere un’onorificenza parti-colare, per questo suo costante, e ben riuscito, sforzo di irretire i trabocchetti della quotidianità. Dalle sue prime av-venture fino alla più recente ambizione di costruire una storia nerissima della Milano contemporanea. Volto noto del cabaret televisivo, inven-tore di numerosi personaggi cult come il panettiere in canotta di Colorado Cafè, ha cominciato dall’arte di strada. «Ho fatto il mangiafuoco soltanto per pochi mesi – ci racconta – perché mi sono reso conto che il sapore di petro-lio di lampada non se andava via dalla bocca nemmeno bevendo la birra, anzi mi trovavo costretto a fumare un sigaro per togliere il sapore di birra e petrolio. Il risultato era devastante: in bocca mi restava una miscela di tutti i sapori». Poi diventa acrobata – «almeno fino a quando il vigore della gioventù ha ret-to», ci spiega – e studia in una scuola di teatro. Un periodo intenso che di fatto lo porta a sentire «l’urgenza di parla-

re» e verso la metà degli anni Novanta comincia a scrivere. Qualche anno più tardi frequenterà in maniera assidua il Circolone di Legnano. Da queste parti cominciano a sbocciare alcuni dei suoi personaggi più celebri. Il panettiere, ad esempio, nasce nel marzo del 1998. «I miei personaggi nascono da suggestio-ni forti, osservazioni della realtà. Da giovane lavoravo da un grossista e c’era questo panettiere che era abbastanza sopra le righe, e ci faceva molto ridere, sapevamo che da quella bocca sareb-be uscito l’inferno». Altre grandi figure del piccolo schermo, si delineano tra i fumi alcolici. «Il mago abat-jour, ad esempio, deriva dall’osservazione di me ubriaco». Poi arriva la tv. Siamo verso la fine degli anni Novanta. Ci sono Ze-lig, poi Convenscion a colori, nel 2002, e quindi Colorado Cafè. I personaggi si moltiplicano e giunge a lavorare fianco a fianco con i mostri sacri – Cochi e Renato, ad esempio – mentre il suo mondo è in espansione. «Arrivavo in te-levisione fuori da qualsiasi tipo di dina-mica, dal punto di vista emotivo è stata una bomba nello stomaco, poi mi sono ambientato». Si è ambientato a tal punto che ormai è pronto per lanciarsi in altro, continuando a fare il cabarettista (non

preoccupatevi). Uno slancio che si inne-sca da una situazione apparentemente sfavorevole. Ed è qui che scatta, ancora una volta, l’iniezione di liscìa. «Da cinque anni sono senza patente, visto che se l’è tenuta la stradale, e vivo la notte mila-nese tra passaggi, taxi e bus. Mi sono reso conto che alcuni film ambientati a Milano sono troppo stereotipati, in un senso o nell’altro, io invece voglio rac-contare quella città nera e difficile con personaggi discutibili e controversi». Un progetto per la televisione o per ci-nema? «Un progetto difficile – corregge immediatamente il tiro – anche perché l’uso della forza e della violenza non mai è facile dal punto di vista cinematografi-co, ormai in Italia si producono soltanto commedia». Però attenzione. «Alla fine ci ricorderemo di tutti quelli che hanno detto di no e di sì», tuona minaccioso e sorridente. In questa monumentale durezza, c’è spazio soltanto per la con-cretezza. Stefano Chiodaroli è testimo-nial di City Angels. Una onlus che si occupa dell’assistenza dei senza tetto. «Tutti i problemi dei nuovi poveri deri-vano dall’essere senza qualcosa, l’opera di City Angels è di togliere questi senza. Trovo che non si tratta di fare la carità ma è un’opera di giustizia sociale».

di Rosario Battiato

liscìa servita alla lombardastefano chiodaroli

MovExtra

Per l’intervista video

moveinsicily.com

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un'iSola per l'arte

Foto gentilmente concesse dall’Organizzazione del Festival

inosa è un’iso-la che fa parte dell ’arcipelago delle Pelagie, fin troppo spesso, però, perde la sua identità per-

ché citata in coppia con l’isola mag-giore, Lampedusa, pur non essen-do vicinissime tra loro. Qualcuno ha deciso di far conoscere quest’i-sola avvolta nel mistero, dare a essa la popolarità che merita, per la straordinaria bellezza di mare e paesaggi, e farla risplendere grazie alle più svariate forme d’arte. Li-nosArt è all’edizione zero, si tiene dall’1 al 6 settembre, ma promet-te di continuare e crescere affin-ché l’isola diventi, a tutti gli effetti, terra di arte e di cultura. Le menti creative sono quelle di Salvatore Tuccio, Fabio Sanfilippo e Federi-capaola Capecchi, mossi dall’am-biziosa volontà di creare, a Linosa, un laboratorio per gli artisti d’Italia e d’Europa legati da un unico tema conduttore: l’immigrazione, a sua volta stretta a doppio filo al viaggio e al diritto inalienabile di spostarsi. Come nasce l’idea del Linosart? La genesi del festival è emozionale. Nasce come reazione alla strage in mare del 3 ottobre 2013 e alle suc-cessive stragi di migranti nel Medi-terraneo, diventato mare di morte e disperazione. Un festival all’e-stremo lembo meridionale d’Euro-pa che si occupi di tutti i sud del mondo, di convivenza, tolleranza e civiltà. Questo progetto non è solo una vetrina ma un’idea per creare un laboratorio interattivo, di lavo-ro, di formazione e di pratiche con-crete di cittadinanza, riflessione, incontro tra culture e solidarietà.Dove si svolgerà il festival?Prevalentemente nell’anfiteatro, per ragioni logistiche. La scarsità di fondi con la quale stiamo avviando l’edizione zero non ci ha consentito di noleggiare un service che per-

metta di vivere anche altri luoghi dell’isola. Lo faremo nelle prossi-me edizioni. Non mancheranno comunque alcune sorprese come uno degli spettacoli a Mannarazza illuminato solo da padelle romane. Sono previste delle sezioni speci-fiche per le varie arti? Il festival prevede diverse sezioni: danza, teatro, musica, video, in-stallazioni, workshop-dibattiti, in-contri. Nella sezione danza si pro-porranno spettacoli in cui il corpo diventa veicolo non solo di emo-zioni ma di nuovi segni, di nuovi linguaggi e nuove poetiche intrise d’impegno sociale e civile. Spettaco-li e artisti attenti al proseguimento della scoperta e il disegno di nuove e inedite scritture coreografiche tra tradizione, improvvisazione, nuovi canoni e codici. Il teatro toccherà la narrazione, in varie forme: dal cunto siciliano alla narrazione-cro-naca, ai vecchi griot africani. Nella sezione musica prenderanno vita mix linguistici e sonori, tradizione e avanguardia insieme. La sezione linguaggi, infine, proporrà incontri, dibattiti, proiezioni, conferenze e workshop con protagonisti e osser-vatori attenti al dialogo tra culture. Cosa offre l’isola ai suoi visi-tatori? Linosa offre un ambiente marino e un paesaggio terrestre assolu-tamente raro al mondo, è l’unica isola rimasta davvero “isola” e per questo, i suoi colori, i suoi odori hanno qualcosa di magico, qualco-sa che sa ancora meravigliarti ed emozionarti. Come hanno preso l’avvento del festival i cittadini di Linosa? Al momento la manifestazione è più conosciuta fuori dall’isola, so-prattutto da chi utilizza i social network. LinosArt è stato, comun-que, propagandato, durante le se-rate estive linosane, organizzate dall’associazione giovanile Tempu Nivuru, partner del LinosArt.

ldi Daniela Fleres

Linosa offre un ambiente marino

e un paesaggio terrestreraro al mondo:

i suoi colori, i suoi odori, hanno qualcosa

di magico

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un'iSola per l'arte

Esplosioni fantastiche: le fiabe d’autoredi luigi capuana

di Danila Giaquinta

era una volta Tiz-zoncino, una for-naia “brutta più del peccato mortale”

che diventa Reginotta. E

un papà che decide di uccidere i suoi piccoli perché non muoiano di fame finché uno si trasforma in Ranoc-chino e poi in Reuccio. Un’altra Reginotta ca-valca un pesciolino e cede le orecchie a due pesciolo-ni voraci per risalire da un pozzo. Da cacciatore a ciccione che non passa dalle porte, un Re spo-sa Cecina. Ci sono pure una Regina che partorisce Ser-pentina e una Mam-madraga che si nutre di bambini. Ironiche, grottesche, surreali, comiche sono solo alcune delle 74 fiabe del Raccontafiabe di Mineo, Luigi Ca-puana, tutte den-tro Stretta la foglia, larga la via, Donzelli editore, raccolta che tra l’altro esce in oc-casione del centena-rio della sua morte e che ha coinvolto due catanesi: l’edizione integrale dei cinque volumi originari è a cura di Rosaria Sardo, docente di Lin-guistica Italiana all’Università di Catania, mentre le 24 illustrazioni portano la firma di Lucia Scu-deri, Premio Andersen 2013 come

“Miglior illustratrice”. Reucci e Re-ginotte, Orchi e Lupi Mannari, mi-nistri, fabbri, contadini e ciabattini, l’umanità c’è tutta in quel lungo la-

voro letterario (1881-1915) che dalla realtà va oltre tempo

e spazio fino a diventare universale e sconfinare in una sorta di “fanta-scienza” per ribaltare cliché e creare un “mi-crocosmo favolistico

piuttosto rivoluzionario” in cui non c’è sempre l’hap-py end ma s’intrufola spes-so un Fato-Fata che cam-

bia destini e caratteri. «Sono fiabe d’autore che sembrano provenire dalla viva voce del popolo – spiega

Sardo –. Trame nar-rative rielaborate, reinventate a partire da più spunti, sulla base di schemi inte-riorizzati. L’ossatura è quella del raccon-to orale, ma la carne ce la mette lui. C’è il suo piglio verista, l’occhio attento alla realtà come pure lo scatto magico e l’e-splosione fantastica. Un’ironia sottile cre-scente che prova a esorcizzare il mal di

vivere che va insinuandosi in que-gli anni. Oltre a re senza qualità, ministri bruciati di cui “nessuno si diede pensiero”, ci sono Reginot-te indipendenti che se ne vanno in giro per il mondo come Piuma d’o-ro o donne che respingono orchi o

reucci. Le fate non sempre sono be-nefiche e la Sorte è spesso bizzarra. In parte fatalista, Capuana credeva negli spiriti, era un amante dell’oc-culto. Le figure cattive sono messe in ridicolo, e se non fanno poi così tanta paura, riesci ad affrontarle più facilmente. Questa è una delle “morali della sua favola”. L’altra è che bisogna seguire la propria stra-da e diventare ciò che siamo».Tra rime, filastrocche e ritornelli, le 74 si rivelano opere “multimediali” e “plurisensoriali”, dotate di ritmo e teatralità. Dialetto non ce n’è, e la Sicilia s’intravede. «Quelle della se-zione “Fiabe musicali e teatrali” an-darono in scena – continua la lin-guista –. C’è una musicalità interna dovuta a strambotti popolari, rime baciate, versi brevi. Leggi ed è come se le stessi ascoltando e vedendo. C’è poco siciliano, tutto nascosto, ma va considerato l’impegno di Ca-puana nel contribuire a creare l’ita-liano medio. Si è lavorato sul testo in direzione del criterio di leggibilità cambiando solo le forme di diffici-

le disambiguazione, per esempio i verbi con enclisi pronominale come raffigurolla, o le forme lontane dalla norma attuale, in modo da non cre-

c’

Rosaria Sardo

Lucia Scuderi

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na panoramica che si possa definire esaustiva sull’odier-na letterarietà sici-liana, almeno per quel che riguarda il

2015, deve passare, a buon diritto, da quegli eventi in cui le parole stam-pate vengono messe in primo piano, garantendogli, almeno per qualche giorno, le luci della ribalta: le fiere e i festival letterari. Il debutto si è regi-strato a Messina, che il 28 Febbra-io ha ospitato la prima edizione del Take Care, un concorso di poesia con finalità benefiche in favore della Maris Onlus di Catania. Aprile è sta-to il primo mese veramente fertile con tre importanti appuntamenti come il Premio letterario La Giara all’Auditorium Rai Sicilia di Palermo, il Premio Poesia Asas di Messina e il Siracusa Book Festival, pri-mo evento fieristico e di confronto tra le varie realtà editoriali siciliane.È stato giugno il mese più affollato: dal 5 al 7 è toccata alla tre giorni pa-lermitana di Una Marina di libri, giunta quest’anno alla sua sesta edi-zione e ormai entrata a pieno titolo e merito nel gotha delle fiere libresche, in compagnia dei “fratelli” di Torino, Milano, Roma, Pordenone e Modena. Come da tradizione, l’evento, nato da un’idea del CCN Piazza Marina&-dintorni in collaborazione con le si-cilianissime case editrici Navarra e Sellerio, ha avuto il suo epicentro nel GAM - Galleria d’Arte Moderna - di piazza Sant’Anna, potendo contare sulla presenza di grandi autori come Andrea Camilleri, Francesco Piccolo, Piero Melati e Antonio Manzini. Il pre-cipuo merito della fiera palermitana è aver avuto il coraggio di ideare, e farne materia, uno spazio privilegiato per editori indipendenti, ben 49 gli aderenti tra cui 14 al debutto. Una scelta controcorrente rispetto all’oli-garchia regnante sul mercato del li-bro e con ottimi riscontri di vendite, che hanno registrato un aumento del 12% rispetto alla scorsa edizione. Sesta edizione anche per il festival ragusano A tutto Volume, nel weekend tra il 12 e il 14 giugno; nel

centro storico di Ragusa Ibla, la ras-segna organizzata dalla Fondazio-ne degli Archi si è sempre con-traddistinta per la pluralità di voci e tematiche, tra cui hanno spiccato quest’anno le sezioni di dialogo, fa-vola, teatro e cucina. Radio Capital e la testata online Gli amanti dei libri sono stati i media partner della mani-festazione, a cui hanno aderito anche quest’anno nomi di spicco come l’ex magistrato Gherardo Colombo, An-tonio Caprarica, Chiara Saraceno e Raniero La Valle. Sempre a giugno, il 23, nella Sala Chiesa del San Dome-nico Palace di Taormina, grande an-teprima con David Grossman del Taobuk in programma tra il 19 e il 25 settembre; il concept di quest’an-no, intitolato “Gli ultimi muri”, siano essi razziali, economici o religiosi, si sposa al meglio con la presenza dell’autore israeliano, che ha sfrutta-to il suo ruolo di intellettuale per farsi ambasciatore laico di valori univer-sali come la convivenza pacifica tra i popoli e la difesa dei diritti umani. Grossman ha presentato la sua ulti-ma fatica letteraria, Applausi a scena vuota, romanzo pubblicato in Italia da Mondadori alla fine dello scorso anno, che rappresenta un prologo di altissimo livello alla quinta edizione del festival di Taormina. A Catania, il 9 settembre, merita grande attenzione Viaggi lettera-ri nella Sicilia contemporanea, un recital che raccoglie testi scritti per l’occasione da poeti provenienti da tutto il mondo. Sempre nel cen-tro etneo imperdibile l’appuntamento con Buk Catania, il festival della piccola e media editoria. Dal 23 al 27 settembre la vostra meta può essere Giardini Naxos, dove ritorna Naxo-slegge, ormai punto di riferimento a livello nazionale ed entrato a far parte di quella interessantissima e contro-corrente esperienza collettiva de Le Città del libro. Chiudiamo con il Con-corso letterario nazionale Pentèlite, in cui si misureranno aspiranti poeti e narratori, in occasione dell’annuale Mostra-Mercato dell’editoria siciliana che si svolgerà a Sortino dal 3 al 5 ottobre.

u

Siciliani tra le righeUn anno di appuntamenti letterari

di Marco Tomaselli

Illustrazioni di Lucia Scuderi

are confusione ortografica per il lettore in età scolare, pur rimanendo fedeli al narrato, senza spostare una virgola. I termini desueti sono poi spie-gati in nota». Non ebbe figli ma tanti nipotini e con quel “linguaggio così semplice, così efficace, così drammatico” Ca-puana riuscì a conquistare il pubblico piccino. L’intento è consegnare quel patrimonio ai piccoli di oggi anche gra-zie alle illustrazioni di Lucia Scuderi, colorate, buffe, tut-te acquerelli e inchiostro di china. «Le fiabe sono raccon-ti senza tempo e in queste ho colto quel tardo Settecento siciliano che ho ricostruito in ambienti, vestiti, mobili – spiega l’artista – Una siciliani-tà che ho messo nei colori, in una forte disparità tra la po-vera gente con i costumi tipici e i Re che potrebbero essere francesi, tra artigiani e i loro mestieri e una nobiltà inter-nazionale. Nelle immagini c’è una Sicilia dai contrasti for-ti, dalla natura dirompente. E siciliana mi è sembrata l’iro-nia con cui l’autore prende in giro quei Reucci che non ne fanno una buona. Alla fine chi la vince è il nobile d’animo. C’è pure dell’horror, come in quella tartaruga con la testa di un bambino. Ho cercato di ricreare quel ritmo narrativo, lo stupore, il fiato sospeso. Fiabe per bambini ma non

“bambineggianti”, tutte fatine e dai toni edulco-rati. Fiabe a volte dure e spietate, che stupi-scono e in cui tutto è

imprevedibile».

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013

di Marco Tomaselli

febbraio28 “taKe care” concorso letterario i ediZione | messina

marZo premio di letteratura umoristica umberto domina V ediZione | rotary club enna http://premiodomina.blogspot.it

aprile10 premio lettererio “la giara” iV ediZione auditorium rai sicilia – palermo www.premioletterariolagiara.it

17 premio poesia asas iii ediZione università telematica pegaso messina 24 siracusa book festival / siracusa 26 (strada maneggio -spinagallo) www.siracusabookfestival.it

giUgno05 una marina di libri / V ediZione | palermo07 http://unamarinadilibri.it

12 a tutto volume. libri in festa a ragusa / Vi ediZione | ragusa14 www.atuttovolume.org 25 premio letterario nazionale / “i. russo”28 sciacca - agrigento

26 letterando in fest / Vi ediZione | sciacca - agrigento 28 www.letterandoinfest.it

j trofeo nazionale di poesia popolare siciliana “turiddu bella” XXiV ediZione | siracusa

j “etna comics” | V ediZione Centro fieristico “Le Ciminiere” catania www.etnacomics.com

lUglio11 premio letterario nazionale domenico portera Viii ediZione | cefalù - palermo

013

agosto08 premio letterario giuseppe tomasi di lampedusa XXii ediZione | santa margherita di belice – agrigento www.premiotomasidilampedusa.it

20 premio “filippo maria tripolone” concorso diaristico XiV ediZione | hotel assinos palace - giardini naxsos (me) www.lanternabianca.it

settembre09 Viaggi letterari nella sicilia contemporanea castello ursino - catania

10 incontro con peter Waterhouse contemporanea biblioteca comunale di gangi palermo

18 buk catania / palazzo platamone - catania20 buk.festival.it

19 “taobuK” / taormina book festival25 V ediZione | taormina www.taobuk.it

23 naXoslegge / V ediZione | giardini naxos27 www.naxoslegge.it

ottobre03 concorso letterario nazionale / “pentèlite” 201505 sortino - siracusa www.pentelite.it

j concorso letterario “urbe parthenicum” i ediZione teatro gianì di partinico – palermo www.centoxlarteelacultura.it

novembre21 premio letterario “Vincenzo licata” Vii ediZione | sciacca - agrigento www.vincenzolicata.it

j mondello giovani Vi ediZione (2013) palermo http://premiomondello.it

Spec

iale

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un arancio amaro per Au-

relio Grimaldi, che ha piantato il primo “pie-de” nell’Orto Bòtan-ico, la Sicily Walk of

Fame di Villa Di Bella nel comune di Viagrande,

che, in memoria della tradizione agri-cola di questi luoghi, ha sostituito le stelle hollywoodiane con le piante iso-lane. Un percorso già scritto per un insegnante, regista e scrittore appas-sionato di botanica – «il mio sogno è dare un nome a tutte le piante che vedo», ci rivela – fondatore della casa di produzione Arancia Film e con una figlia di nome Arancia. «Un arancio me lo meritavo, e anche se hanno scelto un arancio amaro la prendo come una bellissima sug-gestione». Di suggestione ideale si tratta, appunto, per un intellettuale che con i suoi libri e il suo cinema ha intinto la lama nelle molteplici dupli-cità di Sicilia in un percorso da ma-estro-scrittore-regista che ha sempre avuto un comune denominatore. «Per me fare l’insegnante era bellissimo, e sono sempre stato convinto che mae-stri di scuola si nasce e non si diven-ta». Un bagaglio che non si perde in stazione – «mi porto sempre dietro il mio essere stato e sentirmi insegnan-te», spiega – e ha costituito un forte stimolo per la stesura del suo primo romanzo. Meri per sempre, dal quale Marco Risi trarrà Mery per sempre con Miche-le Placido per la sceneggiatura dello stesso Grimaldi, deriva proprio dall’e-sperienza di insegnante nel carcere minorile di Malaspina a Palermo. «Vissi quell’esperienza molto intensa-mente e quando le ragazze della casa editrice La Luna mi chiesero di scri-verci un romanzo, ero già prontissi-mo. Ci misi appena tre settimane». Per chiudere la trilogia dei sogni da realizzare, dopo maestro e scrit-tore, non poteva che piazzarsi dietro la macchina da presa col debutto de La discesa di Aclà a Floristella (1992), storia di un ragazzino (Aclà) costret-to a lavorare nelle miniera di zolfo, “solfara” in lingua siciliana, di Flori-stella. Una carriera che prosegue nel segno di una profonda e acuta ricer-catezza nel vasto e complesso mondo della sessualità. Da Le buttane (1994) passando per Il macellaio (1998) a La donna Lupo (1999) e per chiudere con L’educazione sentimentale di Eugénie (2005). «Per me la sessualità è mol-to importante e ovviamente quando racconto delle storie, la sessualità dei personaggi è determinante per com-prenderne la natura. Io penso che ci

sia una sorta di ipocrisia nel cinema che cerca di raccontare storie in cui la sessualità è adombrata». Non è un caso che quello che considera il mi-glior romanzo della letteratura italia-na, cioè I promessi sposi, gli è sem-brato sospeso «per l’assenza di quella prima notte di nozze tanto agognata e sulla quale ho voluto anche scrivere un racconto visto dalla parte di Lu-cia». Una filmografia che comprende anche i tre “pezzi” dedicati a Pasolini – Nerolio (1994), Rosa Funzeca (2002) e Un mondo d’amore (2003) – e la di-

rezione di una giovanissima Penelope Cruz ne La ribelle (1993). In mezzo a questa carriera formida-bile, il pensiero si accartoccia su se stesso e viaggia a ritroso sempre verso gli anni Ottanta, verso il Malaspina. Non è un caso che proprio quel pri-mo romanzo, costruito sulle sue espe-rienze di insegnante ventiquattrenne al carcere palermitano, sia tornato in stampa in edizione integrale nel 2013 per Elliot edizioni col titolo di Malaspi-na. «Per fortuna un po’ di cose sono cambiate, adesso hanno tolto i ca-

L’arancio amaro di aurelio grimaldi

di Filippo Grasso

il primo passo nell'orto botanico'

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Per aver raccontato la Sicilia attraverso le pagine e la pellicola, sapendo im-primere “sapori” sempre differenti, dagli esordi come autore di una realtà lontana dall’immaginario comune toccando, spesso, argomenti scomodi come in Mary per sempre, all’amarezza dei sotterranei della miniera, visti sul gran-de schermo ne La discesa di Aclà a Floristilla. Con striature dolci e fiabesche è narrata la storia di Iris che, attraverso il suo percorso, fa un excursus dei vari modelli del genere umano fino a incappare anche nel male, che riesce ad affrontare con la scoperta di una precoce maturità. La passione color granata dell’erotismo, rappresentata ne Le buttane e ne Il macellaio, è mischiata al nero della cronaca e della realtà, utilizzando ingredienti ricercati e mai banali. Ad Aurelio Grimaldi la prima pianta dell’Orto Bòtanico della Terra di Bò, l’arancio amaro, frutto bello come la Sicilia ma che, come essa, nasconde e fa troppo spesso i conti con l’amarezza della quotidianità.

Speciale Orto Bòtanico

MovExtra

Per l’intervista video ad Aurelio Grimaldi

moveinsicily.com

Move in Sicily

meroni, sostituiti con delle stanzette a due a quattro». Le cose cambiano, ma «la storia si zappa a millimetri», ci spiega citando Ignazio Buttitta. «Oggi per esempio le giovani coppie del pro-letariato non fanno più 8/9 figli, la di-spersione scolastica è diminuita, ma non scomparsa. Resta una disoccu-pazione spaventosa, e nelle case di questa gente, così come vent’anni fa ai tempi dei miei ragazzi di Malaspi-na, non ci sono giocattoli educativi, non ci sono libri, il livello culturale re-sta basso e manca una dignità lavora-tiva per i giovani genitori». L’ultimo passo, in attesa che ne com-pia ancora molti altri, è il documenta-rio Alicudi nel vento (2015). Non è una chiusura del cerchio, ma la pro-secuzione del suo mestiere. Aurelio interpreta se stesso, cioè un maestro che arriva nella minuscola isola delle Eolie, così come è realmente avvenuto circa vent’anni fa, e si rapporta con la gente del luogo. «Abbiamo tentato di fare un documentario che non fosse noioso, anche perché in questi ultimi trent’anni ho sempre sognato di rac-contare questa stranissima isola, una realtà che resta per me un mondo unico e speciale».

Aurelio Grimaldi è uno dei pochi, in Italia, che sa ancora crollare nel fango e sporcarsi le mani. È sempre stato un cineasta fuori tempo massimo, un autore che a spasso coi tempi ci va solo quan-do gli pare, seguendo forme e direzioni plasma-te esclusivamente dal suo rigore. Basti pensare al suo lavoro di sceneggiatore per Marco Risi nel fortunato dittico Mery per sempre – Ragazzi fuori (il primo ispirato al suo omonimo romanzo): Gri-maldi è uno dei primi, se non il primo, ad affidare in Italia un ruolo predominante a un’attrice tran-sgender, e a regalare alla tematica una dignità fil-mica di notevole spessore civile. Sullo sfondo, una Palermo insudiciata e meravigliosa, un non luogo (anti)urbano che Grimaldi magnifica con penna acuta e feroce. Il debutto dietro la macchina da presa non è lontano: il bellissimo – e sottostimato – La discesa di Aclà è un’opera dura, aspra come la Sicilia che le fa da cornice. La Sicilia, e le don-ne: le grandi ossessioni – se così si possono defi-nire – del cinema di Grimaldi. A seguire dalla sua seconda fatica, La ribelle (con una giovanissima Penélope Cruz, Laura Betti e un finale memorabi-le), e soprattutto da quello che è forse il suo titolo più celebrato, Le buttane: un lavoro irriverente ed

estremo dedicato a un gruppo di mignotte, ispi-rato a un romanzo dello stesso Grimaldi intinto nell’impietoso, bellissimo bianco e nero firmato da Maurizio Calvesi. È un autore, Aurelio Grimaldi, che con il realismo e (soprattutto) con Pasolini ha sempre fatto i conti a modo suo: dichiaratamente nel biografico Un mondo d’amore (2003), con mag-giore fantasia in Nerolio – Sputerò su mio padre, e con l’omaggio Rosa Funzeca, libero remake di Mamma Roma. E che, ancora secondo le sue te-starde convenzioni, ha raccontato il sesso e l’eroti-smo come fossero un rigurgito contemporaneo di zozze, inevitabili concessioni umane: torride nella Palermo del Macellaio (1998), laccate nell’Educa-zione Sentimentale di Eugénie (2005, da de Sade). E tanti corpi, tanti sessi arrabbiati: come quello della predatrice Loredana Cannata nella Donna Lupo (1999), tensivo canto di rivolta ai perbeni-smi posticci che se non è uno dei film italiani più ingiustamente sottostimati degli ultimi anni poco ci manca. In mezzo ci sono altri titoli (Iris, L’ul-timo re, il doc Figli di chi s’amava), e un futuro che vorremmo vedere presto: perché di Grimaldi, capitomboli e lirismi inclusi, abbiamo fatto a meno troppo spesso. È (ancora) tempo di rimediare.

Perché non possiamo fare a meno di Grimaldi

Le motivazioni dell’assegnazione

di Giuseppe Paternò di Raddusa

a cura di Daniela Fleres

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lda Laro è pianista, clavicem-b a l i s t a , direttore

mus ica l e del palcosce-

nico, direttore del coro e vocal Coach. Pur essendo albanese di nascita e citta-dina del mondo, per i suoi lunghi viaggi di formazione in tutta Europa, ha un rap-porto particolare e intimo con la Sicilia.

Com’è stata la vita di una bambina prodigio nel mondo della musica? Per me è stata una vita mol-to divertente, variopinta, svariata, con alti e bassi. Da un lato c’era la scuola che frequentavo perché mi di-vertiva moltissimo e dall’alto lato c’era la famiglia che era lontana, ma la musica mi ha portato la gioa totale. Quando ti sei resa conto che avresti fatto la pianista? Fu mia madre a rendersi conto del mio talento. A tre anni chiese a un suo caro amico di fare alcune prove musicali e lui rimase stupito. Le disse che avevo davvero un grande talento. Per cin-que anni studiai a Scutari, la mia città che si trova nel nord dell’Albania, in seguito il ministero della Cultura mi portò a Tirana. A quel punto eri già una pic-cola star in Albania, ma poi hai sentito questa urgenza di continua a formarti altro-ve. Cosa è successo? Ho cominciato a viaggiare. La prima tappa è stata l’I-talia e precisamente il Con-servatorio Giuseppe Verdi di Torino. Del vostro paese ho

appreso lo stile, la cultura, l’arte, tutto ciò che riguar-da la cultura, e qui penso di aver migliorato moltissimo la qualità del suono. Ormai mi sento un’italiana d’adozione a tutti gli effetti. Dopo l’Italia, in questo tuo peregrinare in giro per l’Europa, c’è anche una tappa in Francia. A 21 anni sono andata a Pa-rigi per mia volontà, perché c’era un mio amico belga che si era trasferito da pochi

mesi. Rimasi per tre setti-mane come turista, poi fui ascoltata da una decina di pianisti parigini, uno di que-sti disse che era molto inte-ressato. Si trattava del piani-sta Claude Helffer e grazie a lui ricevetti una borsa di stu-dio. Per me è stata una gran-dissima fortuna. Ricordo che prima ancora che comincias-si suonare mi diceva sem-pre: “Elda, è troppo forte” e io rispondevo che non avevo nemmeno toccato il piano. E lui: “È comunque troppo for-te, anche quando respiri devi farlo in modo dolce”. Per me studiare con lui è stato dav-vero molto importante. L’esplorazione della musi-ca contemporanea non ti ferma, perché passi anche all’approfondimento della cameristica all’Accademia di Fiesole e quella di Mu-sikhochschule Mozarteum a Salisburgo in Austria. Poi arriva la Sicilia. La Sicilia giunge per caso, forse perché è proprio il caso a portare le cose più belle. All’epoca, siamo tra il 1999 e il 2000, seguivo l’Accade-mia di Alto Perfezionamento del Teatro alla Scala come

Maestro Accompagnatore, quando venni a sapere che c’era un’audizione al Teatro Massimo Bellini di Catania. Prima di prendere questa decisione ne parlai con un amico che mi disse: “La Sici-lia è fatta per te”. Senza esi-tazione, non guardai nem-meno il programma, feci il biglietto e fu una vera fortu-na perché venni presa e così cominciò la mia avventura in Sicilia. Un incontro speciale, visto che ancora oggi tornare da queste da parti è una tappa obbligata per te. Sì, decisamente. Di questo posto mi piace veramente tutto: dai profumi, alla luce, al colore. La vita mi ha poi portato a prendere altre de-cisioni, ad allontanarmi, perché spesso sento di do-ver cambiare. Però anche se non lavoro più qui, tor-no sempre ogni anno, come un appuntamento fisso. La scorsa estate ho portato in tournée in Sicilia il Konzer-tchor Muenster, un coro di cui sono direttrice, eseguen-do il Requiem tedesco di Ja-hannes Brahms nella ver-sione con due pianoforti. In

questo modo ho potuto far conoscere la Sicilia anche ai componenti del corso. A che punto ti trovi in questo continuo percorso in giro per l’Europa?Da tre anni sono direttrice musicale del palcoscenico presso lo Stadttheater di Muenster, Germania, di-rettore del Konzertchor, e Vocal Coach presso la Mu-sikhochschule di Muenster. Dal gennaio del prossimo anno, invece, mi trasferirò al Deutche Oper di Berlino dove sarò maestro sostituto. Al momento questa è la mia tappa più importante anche se ho ancora tante idee. Ad esempio vorrei inaugurare l’anfiteatro di Villa Di Bella dirigendo La bohème.

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Photo credit: © Cecilia Grassoil Talentodi elda laro

MovExtra

Per l’intervista video a Elda Laro

moveinsicily.com

Move in Sicily

di Rosario Battiato

e

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di Antonio Leo

VIDEOGAMES IN SICILY

LA LEGGENDA DI NAPS TEAM

Dall’Amiga alla Playstation 4, la straordinaria (e folle) storia di una software house con base a Messina.

Che ora l’ha pure ricostruita nel suo ultimo videogioco

Dice che c’è una software house che da oltre vent’an-ni, dall’Amiga alla Playstation 4, sforna videoga-mes di successo. In Sicilia, a Messina. Dice che

c’è una leggenda secondo cui i suoi fondatori «sono alti due metri e lanciano palle di fuoco». A sentire i racconti di Domenico Barba, co-papà del Naps Team insieme a Fabio Capone, oggi entrambi quarantenni, si ha la sen-sazione di stare dentro a un pezzo di storia dei videogiochi. Una narrazione incredibile che inizia quando due semplici appassionati di programmazione e grafica si mettono in testa di realizzare videogames. In Sicilia, a Messina. Una follia, pensando che a quei tempi non c’era internet e i giochi per Amiga non si scaricavano da qualche App store né tantomeno si potevano pubblicizzare a mezzo facebo-ok. L’uzzolo dei due siciliani, però, si rivela lucidissimo. Pionieri in Italia insieme a Milestone (in origine Graffiti), il loro primo successo è Shadow fighter, picchiaduro (per i non avvezzi, si tratta dei giochi dove vince chi dà più

botte) persino migliore del più celebre Street fighter, con-vertito senza lode dai Coin-op (i cabinati delle sale giochi). «All’epoca – precisa Domenico – contemporaneamente al rilascio di Shadow fu convertito Mortal Kombat, che per assurdo era un nostro concorrente a livello internazionale. Noi piccolini contro Mortal Kombat». Una favola scritta so-prattutto con tanta passione. «Io programmavo da tempo, anche Fabio faceva diversi lavori grafici. Si creavano dei gruppi di lavoro, di condivisione di determinate conoscen-ze. Per i giovani di oggi è sicuramente fuori dal mondo, ma a quei tempi c’erano le demoscene, cioè ragazzi che si or-ganizzavano in gruppi per fare solo demo. Da quello viene la mia esperienza nella programmazione».Certo il percorso non è stato tutto rose e fiori. «Dopo Sha-dow, abbiamo realizzato altri titoli che non hanno avuto la stessa fortuna. La nostra strada è costellata anche di insuccessi che ci hanno aiutato a crescere. Da lì, infatti, venne fuori Gekido». «Sì, vabbè! L’hanno fatto in Sicilia, a

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Messina!», verrà da esclamare a chi ci ha giocato almeno una volta. Rilascia-to nel 2000 per la prima Playstation, Gekido è un picchiaduro a scorrimen-to considerato uno dei migliori nel suo genere dagli appassionati di tutto il mondo. Una lotta urbana impre-ziosita dai personaggi disegnati dal noto fumettista Marvel, Joe Madurei-ra, e dalle musiche di Fatboy Slim e Apartment 26. A quel punto il Naps team non era più soltanto il fortunato autore di un buon gioco per Amiga, ma una realtà consolidata del pano-rama internazionale.«Dalla fondazione a oggi – racconta Barba – siamo arrivati a quaranta ti-toli pubblicati. L’ultimo di rilievo è sta-to Boot Camp academy, realizzato per Ubisoft. Ultimamente, abbiamo prodotto un advergame dei Polaretti

per conto della Dolfin. Una scom-messa tutta siciliana. Grazie a questa App, l’azienda ha ottenuto quattro volte i numeri di realtà grandi come Barilla o Ferrero. Si tratta di un pas-satempo senza pretese per i più pic-coli». Il bello, però, deve ancora veni-re. Come rivela Barba a Move, infatti, entro i primi mesi del 2016, arriverà in versione mobile il sequel di Gekido. Inoltre nelle prossime settimane Naps team rilascerà un altro titolo, sempre per smartphone, Legendary kni-ght. «Ma il progetto certamente più grosso – precisa Domenico – è Iron wings, che uscirà su Xbox e PS4. Si tratta di un videogioco di volo – un air game non simulativo – ambientato durante la seconda guerra mondiale, a cui lavoriamo da tre anni. Manca ancora un po’ di sviluppo, ma stiamo

lanciando una campagna su Kick-starter (uno dei più noti siti di crow-dfunding, ndr) per accelerare i tempi e finirlo entro un anno». Addirittura nel gioco, che alcuni publisher han-no definito il Call of duty dell’aria, sarà possibile sorvolare la Città dello Stretto, ricostruita interamente per l’occasione. «L’abbiamo presentato a Microsoft, Sony, Konami. Nonostante i loro pareri positivi, lo pubblichere-mo da soli». Infatti ormai per vendere un videogame non è più necessario il formato fisico, una cartuccia o un dvd (con tutte le spese che ne conseguo-no, dal packaging alla distribuzione), in quanto si scaricano direttamente dagli store online delle console. Per-ciò, afferma Barba, «tenteremo la strada solitaria: vogliamo continuare a crescere». In Sicilia, a Messina.

Piwot gamesAd Acireale c’è la factory Piwot Games che prova a far-si strada tra i videogame per smartphone. In principio fu Gear Jack, un runner che è andato così bene sugli store da richiedere un seguito: Gear Jack Black Hole, rila-sciato a maggio 2014. «Nel gioco – ci spiega il fondatore di Piwot Games, Andrea Sancio – si prendono i comandi di un robot che corre e deve evitare ostacoli, raccoglien-do oggetti per fare un punteggio più alto. Un passatempo ideale quando per esempio non hai niente da fare sull’au-tobus». Rispetto al primo che era pagamento, può essere scaricato gratuitamente sui sistemi Android e Ios. «Il vide-ogame – continua Andrea – è andato benissimo, con oltre 3 milioni di download in tutto il mondo. Un risultato che ci ha convinti a usare la stessa formula per il prossimo gioco a cui stiamo lavorando: un visual game con le mac-chinine, in stile micromachine». E ora Piwot non si ferma soltanto al mercato del mobile, ma – complice l’avvento dei formati digitali – rilancia con le console: «Stiamo lavorando alla versione di Gear Jack per Xbox e PC». L’azienda cata-nese si regge di fatto su quattro gambe, quelle di Andrea (programmatore) e del socio Gaetano (grafico). «Per quanto riguarda le musiche ci forniamo da un gruppo di Manche-ster – aggiunge Sancio –. Oggi, quando serve qualcosa, è veramente facile trovare le competenze che ti servono con un semplice scambio di mail». Andrea è ancora giovane, ogni giorno riceve «tantissime offerte dall’estero», ma ha deciso di restare in Sicilia. «Perché a me piace vivere qua e poi per questo tipo di lavoro servi tu e un pc connesso a internet». Certo negli Usa o in Cina «avrei un’attenzione diversa dallo Stato e pagherei meno tasse». (al)

Rimlight studiosRimlight studios pensa in grande. Fondata ad aprile dell’anno scorso, la software house catanese sta portan-do a termine il suo primo videogame, Zheros. «Siamo quasi alla conclusione, stiamo facendo gli ultimi ritocchi e tarando il gameplay – spiega Fabio Ilacqua, direttore artistico e tra i fondatori – Il gioco dovrebbe uscire entro la fine dell’anno. Al momento è previsto per Pc e Xbox one, ma stiamo valutando di realizzare anche la versio-ne per PS4». Ma di cosa si tratta? «Zheros è un gioco in cui si affrontano una serie di nemici per completare un livello. Si rifà ai classici del passato come Double dragon, a cui abbiamo giocato quando eravamo ragaz-zini su Amiga o sul Super Nintendo. Da lì nasce Zheros, che è un po’ strizzare un occhio al passato aggiungendo qualche elemento nuovo e adattandolo ai gusti dei gio-catori di oggi. C’è anche qualche elemento di platform, alterniamo momenti di puro combattimento ad altri in cui bisogna evitare ostacoli, trappole, saltare da una piattaforma all’altra». In controtendenza rispetto a molte piccole case produttrici che iniziano con il mercato del mobile, Rimlight ha deciso di puntare subito sulla Serie A dei videogiochi, le console. «Fin dall’inizio – precisa Fabio – abbiamo fatto una scelta strategica, consideran-do il background del nostro team. E poi, sebbene c’è sta-to un piccolo calo negli ultimi tre anni, il mercato delle console sta tornando ai livelli di un tempo». Quella di Fabio, è una storia di ritorno. A 35 anni, dopo aver avuto varie esperienze all’estero, ha deciso di rientrare nell’Iso-la per costruire “una realtà che vuole dire la sua”. Oggi nell’azienda etnea lavorano otto persone: «Io mi occupo della parte grafica – continua Ilacqua – in un team che è composto soprattutto da stranieri». Una realtà interna-zionale che guarda già oltre Zheros: «Stiamo discutendo del nostro prossimo progetto e cercando nuove figure sul territorio per crescere». (al)

Ad Acireale la factory di videogiochi ormai famosa in tutto il mondo per Gear Jack. A Catania un team internazionale

pronto al grande esordio su console con Zheros.

Screenshot da Gear Jack Black Hole

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la pistaAltomontana

dell'etna

Trekking&Mountain-bike

IL SENTIERO. Dal cancello del Demanio Forestale Feliciusa Milia si per-corre un tratto inizialmente asfaltato tra bei pini larici. Sulla destra si scor-ge un piccolo rifugio. Si prosegue drit-to al primo bivio presso Monte dei Santi - la strada di destra proviene dall’ingresso di Piano Vetore e dal rifu-gio di Monte Nero degli Zappini allestito presso la grotta di scorrimento lavico S. Barbara. Poche centinaia di metri e si costeggia il Giardino botanico Nuova Gussonea, istituito nel 1979. Il Giardino consta di dieci ettari con le diverse essenze arboree endemiche. Più avanti è l’altarino di San Giovan-ni Gualberto (il patrono celebrato dai Forestali) e l’omonimo rifugio con anti-stante area attrezzata. Si prosegue in salita per alcuni chilometri, lasciando a destra Monte Denza e uscendo dalla pineta nell’ampio e panoramico deser-to costituito dalle lave del 1610, sino al rifugio della Galvarina (aperto e munito di acqua). Lasciato a sinistra il

sentiero che proviene dalla bella pineta di Monte Albano, la pista attraversa antiche lave rossastre colonizzate da pini larici e ginepri, con suggestivi scor-ci delle pendici occidentali del vulcano (qui la pista raggiunge la sua quota più alta), e conduce in breve al rifugio di Monte Palestra (o Poggio La Caccia). Qui, una bella single-track sottostante il pianoro panoramico attraversa una sor-ta di giardino roccioso costituito dalla colonizzazione vegetale di una colata del sec. XVII.La pista scende adesso attraverso un boschetto di betulle e pioppi; s’incon-trano in successione: un caratteristico pagghiaru (piccolo ricovero tipico), le Bocche di Fuoco del 1843, la note-vole grotta di Monte Nunziata (mt 1833 s.l.m.). Superate le lave del 1832 (che si arrestarono alle porte di Bronte, nei pressi dell’Altarino della Madonna della Nunziata), si giunge ad un bivio. Qui la pista principale piega a sinistra per il rifugio di Monte Scavo (con ci-

di Giuseppe Caruso

Il sentiero principale che circumnaviga

il vulcano a un’altitudine media di 1750 mt s.l.m. Un viaggio nei boschi

etnei alla scoperta di specie endemiche,

colate storiche, grotte laviche, crateri avventizi

e ampi panorami; con uno sguardo alla storia

millenaria attestata dai diversi toponimi.

E la possibilità di pernottare nei bei rifugi presenti lungo

il percorso

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Photo credit: © Giuseppe Caruso

sterna d’acqua), lasciando a destra il sentiero che consente di passare per il piccolo rifugio di Monte Maletto e la vicina Grotta delle Vanette, con peculiari cunicoli di scorrimento e ingresso anticipato da una trazzera naturale. Si supe-ra la maestosa sagoma di Monte Maletto (mt 1773 s.l.m.) sino a raggiungere il sentiero che sale da Maletto e passa per i due rifugi di Monte La Nave, uno dei quali è poco distante dalla recinzione; l’al-tro si trova molto a valle, in una pi-neta prossima alla caratteristica sa-goma del monte. Proseguendo sulla pista Altomontana, si aprono ampie vedute sulla valle settentrionale dell’Etna (con sullo sfondo i Nebro-di), si attraversano le lave del 1536 e del 1614-24 (che giunsero alle porte di Randazzo) e diversi rimboschi-menti di pini. Finalmente, si giun-ge al colorato Rifugio di Monte Spagnolo (aperto), antistante il quale sono i ruderi della Caser-metta (mt 1440 s.l.m.) e una delle più belle faggete dell’Etna, molto suggestiva in autunno. Da qui si può scegliere di inoltrarsi nella fag-geta, tenendo la destra al bivio che invece scende al Rifugio Saletti, e dirigersi attraverso la magnifica faggeta sino al rifugio di Monte Santa Maria; oppure, allungan-do un po’, proseguire dritto al bi-vio, attraversare le bocche e la lava del 1981 (che lambì ad Est l’abitato di Randazzo) e passare dal Rifugio Saletti (aperto), collocato al confine tra querce, vetuste ginestre (quelle che si incontrano salendo da Case Pirao) e un fitto rimboschimento di pini.Prima di raggiungere il sopraele-vato e aperto rifugio di Monte S. Maria (bella la vallata alle spalle di esso), sulla sinistra un cartello indi-ca il monte (mt 1632 s.l.m.), dal cui orlo si gode un sublime panorama a 360°. Proseguendo oltre il rifugio si attraversano le lave di Colla-basso (un promontorio ricoperto di lava) del 1614-’24 e del Passo dei Dammusi, dove osservare le particolari e rare formazioni laviche (dammusi, lave cordate, megatumu-li, hornitos) di quella eruzione, la più lunga tra quelle storiche. Nei pressi del bivio è la Grotta dei Lampo-ni. Da qui si può iniziare l’impegna-

tiva ascesa alla Grotta del Gelo (2043 m s.l.m.), dove all’interno perenni si conservano stalattiti e stalagmiti di ghiaccio. L’escursione è da affrontare ben equipaggiati e con la giusta attrezzatura, prefe-ribilmente accompagnati da guide esperte. Sempre al bivio, invece, la-sciando l’Altomontana per il sentie-ro di destra, si entra nella faggeta di Monte Timpa Rossa, per poi uscire nell’ampia radura di lave del secolo scorso. Da qui bisogna risa-lire per una cinquantina di metri costeggiando il bosco per trovare il passaggio che porta al bel rifugio Timparossa (aperto e con cister-na). Ancora, dalla radura si può rag-giungere Piano Provenzana (e il recente teatro eruttivo del 2002), attraverso una single-track, avendo come punto di riferimento Monte Nero (m 2049 s.l.m.).Dal bivio presso la Grotta dei Lam-poni si procede per Piano delle Palombe, incontrando, dentro il bosco, la Grotta delle Femmi-ne e la deviazione per quella delle Palombe (quadrivio e indicazione presso un altarino), con rifugio nei pressi (tipico forno a pietra all’inter-no) e un altro caratteristico ricovero lungo la deviazione. Dal quadrivio nei pressi dell’altarino – il sentiero sovrastante è una scorciatoia per/dal rifugio Timparossa – si prosegue sull’Altomontana incontrando cola-te laviche, dagale e sparsi pini larici; punti panoramici sulla Valle dell’Al-cantara; le bocche del 1911 (sulla destra) e la piccola area attrezzata di Monte Rossello. Infine, si entra dap-prima in un bosco misto di querce nei dintorni della Caserma Foresta-le Pitarrone (1481 m. s.l.m), e poi nella magnifica Pineta Ragabo, fino al Rifugio Brunek e al Rifugio Ragabo, entrambi aperti e gestiti. Nei pressi di un tornante, qualche km più sotto del Rifugio Ragabo, un tratto di sterrato sulla destra ci conduce in breve allo Zappinaz-zo, il più grande pino etneo (31 m di altezza, 5 m di circonferenza). Il sentiero si inoltra nella pineta, at-traversa colate laviche (recenti e dei secoli scorsi) e conduce fino alla zona attrezzata con rifugio di Mon-te Crisimo, dove apprezzare una bella vista panoramica del mare di Taormina e della costa calabra.

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iccardo Me-rendino è il presidente del Comitato Scacchistico Siciliano.

Scacchi e Sicilia, un binomio storico.

La Sicilia è una terra dalle grandi tradizioni scacchisti-che, basti citare Paolo Boi detto il Siracusano, gioca-tore di grande fama (XVI Secolo), e il contemporaneo Don Pietro Carrera (Militello CT), sacerdote appassionato e studioso degli Scacchi. A entrambi oggi sono dedica-ti due circoli: il Paolo Boi di Siracusa e l’Accademia Don Pietro Carrera di Catania. La difesa del Nero più giocata a livello mondiale è indubbia-mente la Difesa Sicilia-na per difendersi contro la mossa 1 e4 del Bianco.

Come sta il movimentoscacchistico isolano?

Tra le associazioni siciliane tutte meritevoli di menzione per la passione e l’impegno che le accompagna nella loro quotidiana attività, ri-cordiamo la asd Lilybeta-na, migliore associazione del Sud Italia nel 2013, e campione nei Giochi Spor-tivi Studenteschi per due anni di seguito con il Liceo Scientifico P. Ruggeri di Marsala, il Centro Scac-chi Palermo migliore as-sociazione del Sud Italia nel

2009 e Campione d’Italia a squadre Under 16 nello stesso anno, il Circolo Pa-lermitano Scacchi che disputa la Massima serie del Campionato Italiano a squadre, il Circolo Amici della Scacchiera di Eri-ce che organizza oramai da qualche anno l’evento Inter-nazionale più atteso in Si-cilia, il “Torneo Terra degli Elimi”, l’asd Accademia Monrealese, organizza-trice di eventi nazionali e internazionali in Sicilia e in Italia. Ultimamente ha organizzato il Campionato

Italiano Under 16 di Scac-chi a Montesilvano Lido di Pescara.

021

La scheda LuNghEzza: circa 42 chilometriDISLIvELLO: circa 300 metriTEmpO DI pERcORRENza a pIEDI: 2-3 giorniDIffIcOLTà: medio - altapuNTO DI paRTENza: cancello Demanio forestale Regionale feliciusa milia (m. 1685 slm)puNTO DI aRRIvO: caserma pitarrone, zona pineta di Linguaglossa (m. 1421 slm)

INfORmazIONI uTILIIl sito ufficiale dell’Ente parco dell’Etna: www.parcoetna.it

EquIpaggIamENTO E STagIONaLITà. L’itinerario dell’Alto-montana va preparato accuratamente: l’equipaggiamen-to, gli strumenti, le provviste, l’occorrente per l’eventuale pernottamento. Tutta la pista (40 km circa) si percorre a piedi in due giorni (se allenati, altrimenti è preferibile in tre giorni), pernottando, muniti di sacco a pelo, presso uno dei tanti rifugi dell’Azienda Regionale Foreste De-maniali che s’incontrano lungo il percorso. In moun-tain-bike si percorre anche in un giorno, se ben allenati. Portare acqua al seguito perché per tutto il tratto in ster-rato non ci sono né sorgenti e né possibilità di rifornirsi di acqua potabile. Portare anche barrette, integratori o

altro al seguito. Sconsigliata in inverno.Per raggiungere gli ingressi Bus di linea e bus na-vetta che da Catania (slargo antistante stazione ferro-viaria e altri punti) e dai paesi etnei portano a Zafferana o Nicolosi e da qui al Rifugio Sapienza (Etna Sud), in modo da ritrovarsi a poca distanza dall’ingresso di Piano Vetòre o Feliciusa-Milia; o da Linguaglossa al bosco Ra-gabo (per il versante Etna Nord). Esiste anche qualche buona combinazione con la ferrovia circumetnea, ma le fermate più vicine al Parco sono quelle di Bronte e Adrano (da Piano dei Grilli si raggiunge l’Altomontana passando per la pineta di Monte Albano).

La mossa della mente gli scacchi sicilianiraccontati da Riccardo Merendino

di Rosario Battiato

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022Le foto sono state gentilmente fornite dal Comitato Scacchistico Siciliano

La scheda

953 aTLETI TESSERaTI28 SOcIETà SpORTIvE

30 aRbITRI, 123 ISTRuTTORI,

E 8 ScuOLE DI ScacchIwww.SIcILIaScacchI.IT

sito ufficiale del comitato

scacchistico italiano

State lavorando sui campioni del futuro?

Oggi la Sicilia è tra le più for-ti regioni d’Italia per settore giovanile, organizzazione e per livello dei propri gioca-tori di punta. Per i numeri il settore giovanile siciliano è terzo dopo Lombardia e Veneto. Da noi l’attività ini-zia già dai 6/7 anni con cor-si organizzati presso i cir-coli e le scuole elementari. Siamo tra i primi d’Italia per il numero e la qualità degli Istruttori, ben distribuiti tra le province dell’Isola. I risultati si vedono: proprio quest’anno possiamo van-tare la campionessa Italia-na Under 8 Elena Camalleri della Chess Academy di Bagheria e il Campione Ita-liano Under 18 Andrea Fa-valoro della asd Kodokan di Messina. Entrambe le associazioni sono, insieme alla GelaScacchi di Gela (CL), molto attive nell’attivi-tà giovanile. La qualità del lavoro didattico svolto si vede anche con la maggiore frequenza, rispetto al pas-sato, con la quale i nostri ragazzi acquisiscono il tito-

lo di Maestro, prima evento rarissimo. Solo quest’anno infatti lo hanno consegui-to il sedicenne Riccardo Marzaduri della asd Aci-castello di Catania e Mi-chel Bifulco del Circolo Palermitano e molti altri sono in procinto di raggiun-gere questo obiettivo.

Quasi sono i nomi più importanti tra gli adulti?

Tra i nostri giocatori di punta non possiamo non ricordare i Maestri Fide, Andrea Amato, Mario Ferro e Piero Mazzilli (PA), Fran-cesco Bentivegna (EN), il Maestro Alessandro San-tagati (CT) solo per citare i giocatori con un tetto di elo (rating personale) ol-tre la soglia di 2200 punti. Nostro campione regiona-le è il giovanissimo (Under 20) Pietro Pisacane della Don Pietro Carrera di Catania, che quest’anno ha ottenuto anche il terzo po-sto assoluto nel campiona-to Italiani Under 20. Infine vorrei citare il prof Santo Spina, autore di pubblica-zioni sulla storia degli Scac-chi in Sicilia, vera e propria autorità in campo nazio-nale e Antonino Profera depositario a Mazara di un ampia biblioteca a tema scacchistico.

Qual è il ruolo del Comitato?

L’attività del Comitato Scac-chistico Siciliano è princi-palmente di coordinamento e di indirizzo delle attività delle associazioni. In parti-colare il Comitato organizza annualmente il Campio-

nato Italiano a Squa-dre di tutte le serie dalla Serie A1 alla serie Promo-zione, nella formula “Rag-gruppamento”, in tre giorni, con partecipazione di oltre 50 squadre e più di 250 gio-catori tra titolari e riserve. L’ultima Edizione si è svolta nel mese di marzo presso un noto hotel dell’ennese. Oltre all’organizzazione dei Campionati Regionali Giovanili (150/200 parte-cipanti) e dei Campionati Sportivi Studenteschi (oltre 200 giocatori e decine di scuole), ogni anno il Co-mitato Siciliano organizza un Campus per i Giovani Talenti Siciliani offrendo gratuità nell’alloggio e un grandissimo livello tecni-co nello staff di Istruttori: quest’anno il GM Igor Efi-mov e il Direttore Tecnico della nazionale Italiana il cubano Lexy Ortega, tanto per citare solo le star inter-nazionali presenti in qualità di tecnici. Tutto finalizzato alla migliore crescita dei ra-gazzi, circa 50 in quest’ulti-ma edizione, che nel corso della stagione si sono di-stinti per talento e passione per la nostra disciplina.

Si è finalmente superata la versione cinematografica dello scacchista geniale e distaccato dalla realtà?

Questo nostro impegno nel settore giovanile ha modifi-cato quella che è storicamen-te la visione del giocatore di scacchi, visto spesso come persona geniale, cervelloti-ca o comunque particolare, distante dai problemi quo-tidiani e dagli altri. Oggi gli Scacchi sono lo “Sport per la

Mente” per eccellenza. Sono riconosciuti dal Coni dagli anni ‘90 come sport, strut-turati come qualunque disci-plina sportiva, adatta a qua-lunque età dal giovanissimo all’anziano, apportatrice di benefici oramai riconosciuti universalmente. Parliamo di aspetti spesso trascurati dalle altre disci-pline sportive più “fisiche”, aspetti come la concentrazio-ne, l’attenzione, la capacità di analisi, il pensiero astrat-to. Ma, naturalmente, gli Scacchi hanno anche tutte le funzione proprie degli altri sport, visto come importante collante sociale, nella cresci-ta e formazione della perso-nalità e del carattere, come il rispetto delle regole, l’as-sunzione della responsabi-lità, il rispetto dell’avversa-rio e lo stare insieme.

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ph francesca consoli e Valentina giuffrida

malèna di giuseppe tornatoreItalia 2000, 109’

Trama: Ambientato in Sicilia negli anni della II Guerra Mondiale, è la storia della folle passione che un ragazzino, Renato Amoroso, nutre per la donna più bella e desiderata del paese: Malèna. Mentre Renato scopre la sessualità immaginando la donna, di volta in volta, come la Jane di Tarzan, Cleopatra, la pupa del gangster o la bella dei calendarietti per barbieri, Malèna vive la sua parabola da giovane moglie, poi vedova, a prostituta. Intanto Renato, ora adulto, ricorda quello che gli successe tredicenne in Sicilia. Location: siracusa, catania, realmonte (scala dei turchi), poggiorealeCast: monica bellucci, gilberto idonea, pippo pattavina, lucia sardo

Tutte le location del film si trovano sull’app di MovieinSicily scaricabile gratuitamente da tutti gli store e/o sul sito movieinsicily.org

a cura di giorgia butera e daniela fleres