Move in Sicily - 06/2015

24
N. 06 | 15 VIAGGIO NELLA CITTÀ DI CIOCCOLATO CATANIA AL VIA LA STAGIONE DEI TUFFI il magazine GUIDA AI PARCHI LETTERARI SICILIANI Ecomuseo Mare Memoria Viva di Palermo

description

Il sesto numero di Move in Sicily comincia con la splendida copertina illustrata di Alessandro Venuto che ci introduce nel mondo dell'Ecomuseo Mare Memoria Viva di Palermo. All'interno non perdetevi i servizi sul cioccolato di Modica, sui parchi letterari siciliani e sulla fantascienza isolana. Ma lo spettacolo non finisce qui, perché sfogliando il numero vi attendono ancora altre storie dal meglio di Sicilia che passano dalla Casa Museo della Società Storica catanese alla musica dei Babil On Suite.

Transcript of Move in Sicily - 06/2015

Page 1: Move in Sicily - 06/2015

N. 06 | 15

VIAGGIO NELLA CITTàDI CIOCCOLATO

CATANIAAL VIA LA STAGIONE

DEI TUFFI

il magazine

GUIDA AI PARCHI

LETTERARISICILIANI

Ecomuseo Mare Memoria Viva di Palermo

Page 2: Move in Sicily - 06/2015

N. 6 | ANNO I | NOVEMBRE 2015Move in Sicily/moveinsicily.com Reg. Trib. di Catania n. 6 del 10/04/2015

Direttore ResponsabileRosario Battiato

[email protected]

Art DirectorUrsula Cefalù

[email protected]

RedazioneDaniela Basile, Martina Distefano, Daniela Fleres,

Viviana Raciti, Emanuele Veneziaviale Bummacaro, 21/A, Librino, Catania

[email protected]

Segreteria di [email protected]

CopertinaIllustrazione di Alessandro Venuto

Hanno collaborato a questo numero: Giorgia Butera, Filly De Luca, Enrico Di Stefano,

Daniela Fleres, Antonio Leo, Alex Munzone, Giuseppe Paternò Di Raddusa,

Gaetano Schinocca, Marco Tomaselli

Ringraziamenti: Cristina Alga, Babil on Suite, Albane Cogne Banou, Riccardo Campisi, Alfio D’Agata, Antonio Di Grado,

Francesco Di Mauro (Ciclope Film), Grazia Dormiente, Cecilia Grasso, Nicola Palmeri

Ufficio StampaSuttasupra

[email protected]

Editore Soluzione Immediata srl via Teatro Greco n. 76, Catania

SEGUICI SU: Move in Sicilywww.moveinsicily.com

Stampa: Italgrafica, via Nocilia 157, Aci S. Antonio (CT)Copyright ©2015. Tutti i diritti riservati. La riproduzione anche parziale di testi, foto e illustrazioni è vietata

in tutti i Paesi del mondo senza previa autorizzazione dell’editore

“A vucca è quantu n’aneddu: s’am-mucca palazzu, turri e macari ‘n casteddu”, spiegava con sguardo severo mia nonna a chi voleva capire. Insomma, ciascuno di noi può divorare tutto quello che possie-de. Roba da rimanerci secchi, se poi hai qualcosa come sette anni. “Cu s’innamura de capiddi e di denti s’innamura di nenti”. Stecchito. Mi sono venuti in mente tutti i proverbi siciliani dell’infanzia, ammirando l’ultima copertina del nostro Ale, dedicata alla memoria. Perché quei detti, i nostri det-ti, sono la cornice entro cui si isola il popolo siciliano, precisi come una linea tracciata con il compasso o come un uovo sodo appe-na sbucciato. Ecco questo numero di Move mi piace pa-ragonarlo a un viaggio nella memoria con-divisa della Sicilia, i cui cocci non si trova-no soltanto nelle bellezze mainstream che il mondo ci invidia, dalla Valle dei Templi al Teatro greco di Taormina, dalle passeg-giate tra i mosaici di Piazza Armerina alle spiagge della Riserva dello Zingaro, financo i tour gastronomici tra le granite di Cata-nia e provincia. La polvere più interessante va scovata nella saggezza di un proverbio aspro e fulminante o per esempio nell’Eco-museo urbano “Mare memoria viva” che a Palermo ha messo insieme storie e racconti di generazioni di cittadini legati indissolu-bilmente alla costa, alla loro costa. Oppure ancora alla Casa museo della Società sto-rica catanese, che custodisce tra splendide chincaglie e quotidiani d’anteguerra l’anima profonda della città di pietra scura. Non si può capire la Sicilia, senza i siciliani. Senza quel fatalismo che trova la sua ragion d’es-sere, di più il dover essere, proprio nella no-stalgia del passato. Perché si stava meglio, quando si stava peggio. E poi sì, insomma, “lamentiti si vo stari bonu”.

La copertina, spiegata male da Antonio Leo

Page 3: Move in Sicily - 06/2015

003

l’indice

009 Scoprire la Sicilia in Sella a un libro

016 coSe di donne Sei Storie per un film corale Sulla Sicilia

017 Swing, elettronica, Sperimentazione Benvenuti dai BaBil on Suite

004 coSi (mai) ViSti- toGlietemi tutto ma non le mie Serie- le Serie ci Sono, per il cinema vedremo

005Viaggio nella città di cioccolatoeSplorazione di modica nel nome di una tradizione conoSciuta nel mondo

010-11 un’iSola nello Spazio Breve Storia dei fantaScientiSti Siciliani

014 SilVia idili e il reSpiro delle iSole

015 zio touring il marchio di qualità Siciliano

008 i beni archeologici Vanno al cinema. a licodia euBea c’è una raSSeGna che racconta l’antico

019 non chiamatelo muSeo il racconto di palermo e il Suo mare nell’ecomuSeo urBano ‘mare memoria viva’

012moVe in hiStorYdentro la caSa-muSeo della Società Storica cataneSe

Storie di ieri, oggi e domani Franco Enna era evidentemente uno che aveva l’occhio lungo, tanto per citare uno dei suoi innumerevo-li romanzi. A lui, al secolo Franco Cannarozzo, poco importava che l’I-talia, come si diceva nei salotti let-terari importanti, non fosse adatta alle atmosfere del poliziesco. E così scrisse, appropriandosi di almeno trenta pseudonimi diversi di matrice angloamericana, racconti e roman-zi giallissimi. E certo altri ancora avrebbero sogghignato soltanto a immaginare quest’autore ennese, nato proprio nel cuore di una Sicilia preindustriale e distante dall’imma-ginario futuristico di un certo tipo di letteratura, ospitato tra le pagine di Urania, la più importante pub-blicazione periodica fantascientifica nazionale. Immodestamente ci pia-ce credere che lo spirito di questo autore animi questo numero, non soltanto per il bel servizio di Enrico Di Stefano sui fantascientisti sicilia-ni, ma per quei profili di storie che fino a qualche anno fa difficilmente avremmo pensato di poter ambien-tare in una Sicilia pigra. Eppure oggi risultano attecchite o quasi. Tra le nostre storie di copertina di questo numero ci sono l’Ecomuseo di Paler-mo, una struttura fatta di racconti che sta aiutando i palermitani a ri-appropriarsi del loro mare, e il cioc-colato di Modica che sta lanciando la città al centro dei più importanti percorsi del cioccolato a livello mon-diale. E poi, sulla strada dell’ibrida-zione, ci sono anche i Babil on Suite, musicisti babilonici già battezzati da Lucio Dalla e pronti a lanciare il loro nuovo album. Le pagine di questo mese, in fin dei conti, sono soltanto porte scorrevoli che lasciano passare e non tratten-gono. E mentre noi prendiamo nota, siamo certi che da qualche parte, negli antri dello scoramento, si ri-peterà ancora che non si può fare. E che non si potrà fare mai. E forse avranno pure ragione, però intanto tutti gli altri, i nostri mille Franco Enna, non lo sanno e continuano a crederci. (rb)

l’editoriale

021 un tuffo a catania alla piScina comunale di neSima naSce la Scuola Siciliana

Page 4: Move in Sicily - 06/2015

004

Cosi (mai) visti

Chi scrive, ahilui, non ha mai sviluppato particolare propensio-ne alla serialità; quasi come se l’avvicinarsi a forme d’intratte-nimento d’appendice potesse, in un certo senso, minare quella già vulnerabile fetta di attenzione dedicata al cinema di lungo-metraggio. Il “tuttavia”, però, è d’obbligo. Al di là dei gusti personali, e di ogni baluardo di tendenze post-hipster, fighette e convenziona-li, va sottolineato come l’amplificazione da-serie-televisiva è un fenomeno non trascurabile un biennio fa, del tutto intrinseco ai nostri nuovi valori culturali (sic!) oggidì. Perché? Non basterebbe un trattatello. Ci si tenta, però. Il cine-ma, per come è fatto oggi nella sua sfilza di forme plasmabili (e infinite) non basta più. Emergono, dal punto di vista dello spet-tatore, molteplici questioni legate alla ricezione. O, più sottil-mente: cosa ci garantisce il cinema oggi, sia pure festivaliero, di cassetta, elitario o stra-indie? Poco, considerata l’amplificazione cui è stato sottoposto nell’ultimo ventennio. Facile – per quanto legittimo – biasimare a Internet, alla pirate-ria, finanche alla televisione: il calo di spettatori nelle sale e più genericamente di chi “è interessato al cinema”, a maglie larghe, potrebbe avvicinarsi alla graduale moria di lettori, ormai prossi-mi al grado zero. E se in Italia nessuno acquista più in libreria, non è di certo perché legge manoscritti o fotocopie. Si dovrebbe ammettere, forse, che per molti è venuta meno l’esigenza di re-cepire, analizzare, vedere cinema. Una visione, ellittica o com-pleta, che si è (temporaneamente?) rarefatta. È venuta meno l’urgenza collettiva di film, sparpagliata in migliaia di frammenti che non riescono più a incidere come un tempo.La serialità, di tutto questo, non ha colpe né vantaggi; il suo universo, retto da furbi dirigenti, prova a inserirsi tra le voragini e le fessure dello spazio vacante garantito dalla Settima Arte. A poco serve, quindi, interrogarsi sul futuro delle serie – ah!, belli i tempi in cui li si chiamava telefilm –, perché ciò che interessa è il modo in cui stanno manipolando il presente. O la maniera in cui la contemporaneità si serve di loro. Sì, si può dibattere per ore di Netflix, dei titoli maggiori, delle nuove ondate che in-vestono il genere e lo dilatano lungo strisce episodiche di varia lunghezza; ma in fondo non è questione prioritaria. Non importa che siano più o meno riuscite o coinvolgenti dei film – e si perdo-ni l’insopportabile vaghezza. Formuliamo meglio: le serie televisive ci sono, fruite indistinta-mente su schermi a plasma o in istreaming su pc poggiati su lettucci da fuori sede. Il cinema, negarlo è inutile, sembra vivere una crisi identitaria di portata notevole: sarà il tempo a decide-re. E, purtroppo, la tendenza.

Non servirà scomodare Marco Giusti che, ri-ferendosi alla seconda stagione di True De-tective, ha chiuso il suo pezzo per Dagospia

attestando barbaramente: “ormai il cinema è que-sto”. Forse sarà pure così ma visto che delle serie tv si può scrivere soltanto al plurale – lo diceva-no pure del comunismo, pardon, comunismi – il ragionamento non quadra. Infatti alcune di que-ste saranno pure “film da dieci ore” – citazione di Noah Hawley, sceneggiatore di Fargo –, ma in giro c’è tanta roba da consumare e gettare via senza nemmeno leggere l’etichetta. Del resto la ragione d’esistere delle serie è molto semplice: offrire basse e gradevoli emozioni, un godimento che sta a metà tra l’evasione e un’eccitazione tenue. Una prostitu-ta, nella migliore delle ipotesi una escort. Shh. Non ditelo a quei gelosoni dei Taviani. Le serie non ti chiedono se sono più belle del cine-ma, perché sono delle amanti poco esigenti. Non gli interessa sapere nemmeno dove stia di casa il cinema. E di certo non lo stanno usurpando: non c’è stato un passaggio di consegne da cinema a se-rie, nessun pacco con sopra scritto ‘pubblico’ che sanguina denaro. E adesso ve ne spiego il motivo. Per farlo prenderò come esempio una serie di successo: Penny Drea-dful con Timothy Dalton ed Eva Green. Mai nome fu più azzeccato: i penny dreadful erano la versione britannica dei dime novel. Pubblicazioni estreme, basse, volgari, rozze, antesignane della grande ma-rea pulp degli anni venti e poi dei tascabili e via dicendo. Costavano poco, davano grandi emozioni a un lettore semplice e vendevano tantissimo. Oggi quel tipo di pubblico c’è ancora, ma è tentacolare, vuole tutto. Questo consumatore è culturalmente più evoluto, magari legge Michel Houellebecq (lui stesso grande amante di Lovecraft a cui ha dedica-to un bellissimo libretto), e Joe Lansdale. Al cinema si emoziona con Faust di Sokurov e la notte, prima di dormire, come una saporita supposta, deve spa-rarsi un’intera stagione di Broadchurch. Spararsi, appunto.

di Rosario Battiato

Cosi (mai) visti

Le serie ci sono,per il cinema vedremo

di Giuseppe Paternò Di Raddusa

toglietemi tutto

Un altro mese e il dibattito non si ferma: serie tv o film? Vi ricordiamo che se volete partecipare alla grande disfida potete scrivere alla redazione ([email protected]). Le migliori invettive saranno pubblicate sul nostro magazine online (moveinsicily.com/magazine), qualcuna potrebbe persino finire sul cartaceo. A voi la tastiera.

LA GRANDE DISFIDA continua

ma non le mie serie

Page 5: Move in Sicily - 06/2015

005

asciate perde-re le incursio-ni fantastiche de La Fabbri-ca di ciocco-lato di Roald

Dahl e immaginate, invece, una storia più solida e antica che nasce nel patrimonio del-la memoria collettiva e si ada-gia in una realtà contempora-nea eppure ancora artigianale nella produzione e nella qua-lità. È la tradizione cioccola-tiera modicana che andiamo a scoprire guidati da un’auto-rità come Grazia Dormiente, presidente del comitato scien-tifico dell’associazione “La via del cioccolato”.

Ci può raccontare l’impor-tanza della tradizione modi-cana del cioccolato?Modica, l’antica Capitale dell’omonima Contea, grazie all’intuizione di Nino Scivolet-to, direttore del Consorzio di Tutela del Cioccolato di Modi-

ca, ha documentato con fonti archivistiche la presenza di artigiani cioccolatieri almeno dal 1746. Cartacee e ingiallite pagi-ne attraversano, come in un viaggio immaginario, un consistente arco temporale (1746-1915) rivelatore del-la segnicità evocatrice del consumo di cioccolato nella varietà più ricercata, quello confezionato con cacao di ca-racca, come si addiceva nel XVIII secolo all’aristocratica golosità ed alle alte gerarchie ecclesiastiche. Si susseguono nelle note di spese e nei libri di casa parole, e ingredienti, che narrano la storia dei ma-estri cioccolatieri di Modica, custodi di saperi da ascrive-re, certamente, al patrimonio della memoria collettiva. Si è data, pertanto, non solo “cer-tezza anagrafica” alla tradizio-ne cioccolatiera modicana d’i-berica filiazione, ma si è pure avvalorato l’inconfondibile

viaggionella cittàDI cioccolato

a cura di Rosario Battiato

l c«Il cioccolato e lo straordinario albero da cui deriva non sono

un’invenzione degli Aztechi, come molti libri sull’argomento

vorrebbero farci credere, ma degli eccezionali Maya

e dei loro lontani predecessori, gli Olmechi….

Furono i Maya ad insegnare per primi al Vecchio Mondo

come bere il cioccolato, e furono i Maya a darci la parola “cacao”»

S.D. COe, M D.COe, LA VerA StOrIA DeL CIOCCOLAtO,

eDItOre ArChIntO, 1997

c

esplorazione di Modica nel nome di una tradizione antichissima e ormai conosciuta in tutto il mondo

Page 6: Move in Sicily - 06/2015

006

L’associazione “La via del cioccolato” sorta nel 2013 ha presentato la candidatura del cioccolato ad Itinerario Culturale Europeo. La rete europea dei Musei del cioc-colato e quella archivistico bibliografica – dalla Spagna, all’Italia, alla Francia, al Belgio, passando per l’Inghil-terra – danno vita al fascinoso “romanzo” del cioccolato, narrante città e borghi storicamente correlati alla diffu-sione in Europa dell’ esotica prelibatezza. Il cioccolato è “un bene culturale” europeo perché è intriso di storia, di letteratura, di arte e di saperi, custoditi in archivi, biblio-teche e musei, che narrano un originale viaggio anche sul piano simbolico e dell’ immaginario sociale. “La via

del cioccolato” intende ripercorrere l’iter “dolce” che dalla Spagna del XVI sec. si diffuse negli altri paesi europei, dove il gusto amaro della cioccolata precolombiana, be-vanda dal sapore aspro, fu addolcito con l’aggiunta dello zucchero e talvolta del latte. Straordinarie fonti ricavate da diversi campi delle scienze umane confermano la diffusione di tracce sul cioccolato da conoscere e tutelare perché rappresentano significa-tivi indicatori interculturali, capaci di valorizzare la seco-lare diversità di gusto e i segreti di confettieri e maestri cioccolatieri, artefici della creatività umana senza fine. Da bevanda elitaria a consumo di massa, da farmaco

Alimentazione e beneficiIl cioccolato di Modica, in virtù della sua preparazione a basse temperature, incorpora le proprietà del cacao e conserva una sua integrità da tutelare e valorizzare. A sostenere tale assunto è stata Naomi Fisher dell’Har-vard Medical School di Boston, ospite a Modica nel 2011 durante l’agorà di gusto dedicato al cioccolato. L’endo-crinologa americana ha esplicitamente asserito che nel cioccolato prodotto industrialmente i flavanoli, efficaci e benefici antiossidanti del cacao, sostanzialmente sono distrutti dalle fasi di lavorazione ad alta temperatura e dai processi edulcoranti. Ciò non accade al Cioccolato

artigianale di Modica. Anzi la stessa Fisher ha sollecita-to i cioccolatieri modicani a specificare sull’etichetta la quantità di flavanoli presenti nelle barrette di cioccolato per offrire al consumatore quella sicurezza alimentare, oggi più che mai necessaria e urgente, aldilà di tutte le cremose scioglievolezze. Dopo il successo del cioccolato modicano ad Expo 2015, il CTCM continua a rivolgere la sua attenzione alla ricerca medico-scientifica per affron-tare le domande ancora aperte sulla bontà nutrizionale del cioccolato modicano, diverso da qualsiasi altro cioc-colato in commercio.

metodo di preparazione del suo cioc-colato che consiste nel riscaldamento della pasta di cacao a basse tempe-rature per cui lo zucchero dell’amal-gama non fonde ma conserva i suoi granelli nel prodotto finale. Si può perciò parlare di tradizione poiché recipe e tecniche di preparazione si sono ricavati dal fondo archivistico del ramo genovese dei nobili Grimal-di di Modica, probabilmente autori di una protoindustria cioccolatiera. L’importanza di tale tradizione diven-ta palese, poiché non è la ricetta azte-ca ad essere utilizzata, come spesso si legge, ma la tecnica manuale mes-sicana importata dai conquistadores spagnoli e adottata nei loro domini mediterranei. All’influsso spagnolo è tuttavia da ascrivere la consuetudi-ne cioccolatiera modicana. Alla fine dell’ottocento l’epopea del cioccolato di Modica conquista i caffè storici, come dimostrano le auree medaglie e le onorificenze attribuite, alle “fabbri-che di cioccolato”. Quando vi siete resi conto che il cioccolato di Modica aveva tutte

le potenzialità per diventare un brand riconosciuto a livello inter-nazionale?È stato prezioso il lavoro svolto dal CTCM (consorzio di tutela del cioc-colato di Modica, ndr) nell’alimentare un brand di notevole attrazione che ha coinvolto tutta la città. Feconde si sono, perciò, rivelate la cooperazione con i coltivatori di cacao soprattutto dell’Ecuador, la diffusione della ricer-ca archivistica e le animazioni del-la sezione museale “u dammusu ro Ciucculattaru”, dove studenti, turisti e viaggiatori assistono concretamente ed emotivamente alla manipolazione per ottenere il granuloso Cioccolato di Modica. Dalle fonti archivistiche si è ricavato l’uso della “valata ra ciuc-culatti” detta anche “petra ra ciuccu-latti”, un singolare spanatoio ricurvo poggiante su due basi trasversali, costruito interamente in pietra lavica ed usato per la preparazione della ri-nomata specialità che, a prodotto fi-nito, conserva lo scintillio dei cristalli di zucchero. La miscela, composta di pasta amara di cacao, di zucchero se-

molato e di cannella o di vaniglia, è deposta sullo spianatoio ricurvo già riscaldato per essere “travagghiata, passata e stricata” (lavorata, amal-gamata e raffinata, nda) con il “pi¬s-tuni”, speciale mattarello cilindrico di pietra, di diverso peso e spessore in rapporto alle fasi di lavorazione. Solo negli anni Sessanta del novecento, come ci hanno documentato i ciocco-latieri modicani, fu adottato il siste-ma che ancora oggi prevale: sciogliere la pasta di cacao non concata a basse temperature, non superiori ai 40 gra-di. Il brand vincente e ricco di futuro, almeno io credo, è da attribuire alle proprietà salutistiche del cioccolato di Modica che conserva ed esalta gli antiossidanti, perché non è soggetto alla fase del concaggio, ma lavorato a basse temperature e manualmente. Processi garanti di quella bontà che il consumatore informato e accorto sa apprezzare e ricercare.Alla fine di settembre è stata a Milano per l’evento The Chocolate way e in quell’occasione ha tratta-to gli itinerari della via del ciocco-

Page 7: Move in Sicily - 06/2015

007

Gli eventi e le tappe imperdibili per il turista

Tappa modicana di sicuro richiamo è proprio il Museo del Cioccolato di Modica, che tra l’altro è allogato nel Palaz-zo della Cultura, dove tra i reperti del Museo Civico “F. Libero Belgiorno” risplende l’Ercole di Modica (bronzo III sec. A. C.) e tra i dipinti della pinacoteca quasimodiana si ritrovano gli artisti del Novecento e le memorie del Nobel modicano. Evento imperdibile permane Choco-Modica che quest’anno si svolgerà dal 5 all’8 dicembre, rinnovando la sua festosità culturale e conviviale.

La via del cioccolato

La Commissione Europea in visita Al Museo Cioccolato di Modica

a quaresimale astinenza, da afrodisiaco ad ispiratore di arte, da eccitante a rimedio salutistico, il cioccolato con-corre a definire la mappa del gusto dolce, cui ancorare la rete dei tratti identitari europei e la rilevanza dei paesaggi adatti a comunicare, dif¬fondere ma anche a creare cul-tura. I territori in effetti, con la ricchezza delle loro pluri-me singolarità, riverberano pure la sociabilità dei salotti, dei circoli, dei caffè, cioè di quei luoghi di incontro e di consuetudine cioccolatiera che accelerarono scambi di idee e crescita culturale . E che “la via del cioccolato”, sia soprattutto turismo culturale sono a documentarcelo se-coli di fonti scritte e interi repertori di testimonianze. Da

essi è possibile desumere come per l’uomo di ogni epoca storica e contesto geografico gli alimenti e i dolci in modo particolare siano prodotti fortemente investiti di significa-to sociale, religioso, comunicativo, e, non ultimo, gustati-vo-sensoriale. La via del cioccolato intende esaltare, per-ciò, i segni materiali ed immateriali esibiti in musei che del cioccolato documentano sia l’evoluzione del processo di lavorazione, sia le innovazioni tecniche e produttive, collegate ai mutamenti socio-economici. Tale associazio-ne ha già realizzato attività di cooperazione e formazione, approfondimenti tematici che sono documentati nel sito ufficiale www.thechocolateway.eu.

lato e la promozione del turismo europeo e della cultura. Nel mio intervento al convegno svolto-si nell’EU pavilion EXPO 2015 ho cer-cato di delineare le ragioni storico-cul-turali che sostengono la candidatura dell’Itinerario Culturale Europeo “La via del Cioccolato”. Ragioni non assi-milabili all’ambito commerciale, trap-pola insidiosa e non adeguata a rap-presentare la stratificata cultura del cacao e del cioccolato, oggi più che mai coinvolgente nella rinnovata cifra interculturale connotante il vissuto di popoli e nazioni. È a tutti ben noto che il cacao, mitico dono delle civiltà mesoamericane, è giunto in Europa dal mare, oceanica e inedita traver-sata. Così, si originarono l’arte cioc-colatiera europea e i cerimoniali della golosità, sfociati, dopo la rivoluzione industriale nel diffuso e quotidiano consumo del nostro tempo. Caravel-le, galeoni, brigantini, mezzi d’imbar-co e sbarco cominciarono alla fine del Cinquecento a riversare nel Mediter-raneo il cacao, prodotto coloniale e “felice moneta”. Straordinarie pagine

di letteratura ne spiegano le influen-ze storico-antropologiche decisive, sia pure nella lunga durata, degli stili di vita, delle abitudini alimentari e delle virtù medicamentose. Soprattutto nei paesi meridionali dell’Europa, Spa-gna e Italia, si affermò fra il Seicento e il Settecento il consumo della cioc-colata. Una prima ragione può essere ricavata dalla configurazione del “pa-esaggio dolce” simile ad un mosaico le cui tessere concorrono a definire l’integrazione di società, economia e ambiente nello spazio e nel tempo. Ri-corro all’uso metaforico della parola “paesaggio”, poiché riassume estesa-mente e materialmente fattori d’iden-tità comunitaria. Tuttavia decisiva e motivante diventa la documentata constatazione che il cioccolato in Eu-ropa evoca le anse che la storia e i popoli hanno tracciato: prima con le reti matrimoniali delle Corti Europee e con le rotte dei prodotti coloniali, poi con i flussi migratori e infine con gli eventi del crescendo mediatico in-ternazionale, cui il cioccolato presta gusto, fabbrilità e ispirate declina-

zioni culturali. Le soste indicate ne “La via del Cioccolato” privilegiano, infatti, musei e patrimoni archivisti-ci-documentari, come fonti capaci di spiegare l’attuale seduzione planeta-ria del dolce più amato. In tale pro-posta diventa determinante il catasto patrimoniale, da cui si diramano fili invisibili ma percepibili che ritessono e perciò comunicano le parentele cul-turali ed antropologiche tra prodotto e territorio.

GRAZIA DORMIENTEPhoto credit: © S. Brancati

Page 8: Move in Sicily - 06/2015

i sono luoghi che, solo per il fatto di esiste-re, raccontano una storia di popoli, di civiltà, di guerre, di

epoche lontane e che, attraverso studi storici

e archeologici, sono arrivati fino a noi. Negli anni i modi di raccontare si sono evoluti e il video risulta essere il mezzo più immediato per far sì che la narra-zione di un determinato evento possa rivivere, seppur solo scenicamente, e arrivare a un pubblico sempre più am-pio. Se pensate, dunque, che il docu-mentario sia un genere ormai superato e da relegare a genere di “nicchia”, vi sbagliate di grosso. La narrazione del-

la realtà, quotidiana o storica che sia, sceglie questo modo di rappresentarsi ed esiste, in Sicilia, una rassegna de-dicata in maniera particolare al docu-mentario e alla comunicazione arche-ologica. Move in Sicily ha incontrato gli organizzatori della “Rassegna del documentario e della comunicazione archeologica”, che si svolge ogni anno a Licodia Eubea, e questo è il risultato della chiacchierata con il regista Lo-renzo Daniele e l’archeologa Ales-sanda Cilio.A che edizione è arrivata la rassegna?La Rassegna, che ha luogo all’interno dell’ex chiesa di San Benedetto e Santa Chiara, è giunta, quest’anno, alla sua quinta edizione.Come vi è venuta l’idea di dedicare un festival al cinema archeologico?La manifestazione, nata nel 2011 per iniziativa congiunta dell’Archeoclub di Licodia Eubea e della casa di pro-duzioni cinematografiche Fine Art Pro-duzioni di Augusta, nasce dalla con-statazione di una generale crescita, in termini di qualità e di appeal, dei

prodotti cinematografici (documentari, docufiction e docudrama) incentrati sul patrimonio culturale, e di un interesse sempre maggiore da parte di un pub-blico eterogeneo nei confronti di queste tematiche.È un genere diffuso o è difficile re-perire materiale?Quello della cinematografia archeolo-gica è un genere relativamente recen-te, in grado di coniugare la creatività e la qualità artistica, tipica dei film di finzione, con i dati e le informazione che caratterizzano il genere documen-taristico. Il risultato è un prodotto ca-pace di informare e, al tempo stesso, coinvolgere emotivamente lo spettato-re, mettendolo al corrente delle storie

che caratterizzano l’archeologia: storie di popoli e civiltà, ma anche storie di ricercatori appassionati che si spen-dono nella comprensione del passato. Se sino a qualche anno fa questo tipo di prodotto era considerato di diffici-le reperibilità (complice, in Italia, la carenza di distribuzione in sala o nei palinsesti televisivi), oggi la situazione è decisamente migliorata e molti film sono accessibili on line o attraverso la rete di festival e rassegne che si sta len-tamente costruendo in Europa, Asia e America.A quale tipo di pubblico si rivolge questo genere cinematografico?Il nostro pubblico è misto: archeologi ed esperti del settore, ma anche ap-passionati di storia o di cinema, curio-si, studenti, bambini. Chiunque abbia un interesse nei confronti della storia, della ricerca archeologica o dei prodotti audiovisivi.Come è composta la Rassegna?L’evento è strutturato in sezioni: una dedicata alla proiezione di film arche-ologici, una alle conversazioni con i

suoi principali protagonisti (archeo-logi, film-makers, produttori...), una ai ragazzi e alle scuole (caratterizzata dunque da film più facilmente fruibili da un pubblico non adulto), una alla storia del documentario siciliano. A fare da contorno all’evento vi sono una mostra fotografica e le visite guidate nel territorio di Licodia, pensate con l’o-biettivo di valorizzare le bellezze natu-ralistiche e storico-artistiche di questo comprensorio.C’è un premio per i vincitori?La Rassegna ha previsto, nelle sue edizioni, il premio “Antonino Di Vita”, intitolato alla memoria dell’illustre ar-cheologo chiaramontano che a Licodia Eubea fu sempre affezionato, conferito

a chi abbia speso la propria professione a favore della conoscenza del patrimo-nio culturale; e il premio ‘Archeoclub d’Italia’, assegnato al film più gradito dal pubblico.La rassegna vive, quindi, grazie all’unione di vari contributi…La rassegna trova l’apporto fondamen-tale nell’organizzazione dell’Archeoclub d’Italia “Mario di Benedetto” di Licodia Eubea e alla disponibilità di cittadini ed esercenti locali di Licodia. Non bisogna dimenticare i partner: la nostra rasse-gna fa parte del Coordinamento Festi-val Sicilia e gode del patrocinio della Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto e della Scuo-la di Specializzazione in Beni Culturali dell’Università di Catania. Il Comune di Licodia Eubea, contribuisce economi-camente all’evento, Quest’anno abbia-mo chiesto e ottenuto anche un piccolo contributo da parte del MIBAC direzio-ne Cinema e questo ci dà conferma del fatto che la nostra Rassegna, comincia a crescere e ad avere una levatura na-zionale.

008

c

i beni archeologicivanno al cinema: A Licodia Eubea c’è una Rassegna che racconta l’antico

di Daniela Fleres In foto: Letizia Battaglia e il regista Lorenzo Daniele

Page 9: Move in Sicily - 06/2015

009

uello che resta di Leonardo Scia-scia, in Sicilia, è un rilievo mol-to difficile da quantificare: se ci rifacessimo esclusivamente alla sua opera di scrittore dovrem-

mo comunque iniziare a prendere dimestichezza con l’idea dell’incom-

mensurabilità, senza peraltro aver abbracciato la totalità della materia, della conoscenza sua e della riconoscenza nostra. Una difficoltà ad arri-vare al punto che è il giusto contrappasso da do-ver sopportare se ci si accosta a un autore come Sciascia e ai suoi romanzi mai del tutto gialli, per humus, ragioni antropologiche o, con Calvino, per “l’impossibilità del romanzo giallo nell’ambiente siciliano”. Se non le parole, ci è concesso contare le pietre, rimodellate nei luoghi sciasciani in una Fondazione ed un Parco letterario. Quest’ultimo si snoda attorno all’itinerario del Parco lettera-rio Regalpetra, paese immaginario, teatro della memoria autobiografica e letteraria dello scritto-re, suggestionato dalla lettura di un conterraneo, Nino Savarese, autore del romanzo I fatti di Petra. Vi è soprattutto una trasfigurazione non idealizza-ta della sua Racalmuto, delle sue latenti proble-maticità, dei contadini e dei minatori delle solfare, spesso al centro delle sue produzioni narrative e saggistiche. Proprio da Racalmuto parte il nostro percorso let-terario, dal castello di epoca chiaramontana, ve-detta principale del Parco, e dalla chiesa di S. Ma-ria del Monte, dove si svolge la tradizionale festa della Vergine, affrontando in corsa la lunga sca-linata in sella al mulo. Da Racalmuto a Caltanis-setta, dove la Biblioteca comunale Scarabelli e la Libreria Sciascia, solo un caso di omonimia, sono state primarie fonti di ispirazione per i romanzi a sfondo storico dello scrittore. In centro, troviamo piazza Garibaldi, in cui sorge a Pruvidè, la Chiesa della Provvidenza dove Sciascia sposò Maria An-dronico il 19 luglio 1944. Era il 27 gennaio 1987 quando il consiglio comunale di Racalmuto sancì formalmente l’acquisto della vecchia centrale elet-trica, ancora oggi sede della Fondazione Leonar-do Sciascia, pensata e resa materia dalla città natale negli ultimi anni di vita dello scrittore. Anche Siracusa ha voluto omaggiare un suo gran-de concittadino: dal 2003 è attivo il Parco lette-rario Elio Vittorini, strutturato in un percorso ideal-sentimentale, Il Garofano rosso, che mette in risalto quei luoghi che hanno maggiormente ispirato la poetica dello scrittore, tra i principali conoscitori della cultura americana nell’immedia-to dopoguerra. Tra Palermo, luogo di nascita e di scrittura, e Palma di Montechiaro, feudo di fami-glia, è possibile visitare il Parco letterario Giu-seppe Tomasi di Lampedusa: le nobili origini e una conduzione di vita profondamente appartata spiegano l’itinerario di questo percorso, compo-sto perlopiù dalle magnifiche dimore di famiglia, primarie fonti di ispirazione del suo capolavoro letterario, uscito postumo, Il Gattopardo, reso im-mortale dalla trasposizione cinematografica di Lu-chino Visconti del 1963.

q scoprirela siciliain sellaa un libro

di Marco Tomaselli

Parchi letterari

Page 10: Move in Sicily - 06/2015

010

#intervista

Parchi letterariAntonio Di Grado è il direttore letterario della Fondazione Leonardo Sciascia, oltre che uno stimato Docente di Letteratura italiana dell’Università di Catania. ha risposto con cortesia alle nostre domande, tra ricordi indelebili e nuove prospettive.

Catanase, finalista di nu-merosi premi (Cristalli sognanti nel 1999, Cour-mayeur nel 2000, Yorick nel 2002, Lovecraft nel 2003) e vincitore di altri (Premio Akery nel 2002, Premio Ita-lia per il miglior saggio bre-ve amatoriale nel 2008). Nel 2013 si è aggiudicato il Pre-mio Vegetti con il romanzo L’ultimo volo di Guynemer (edizioni Della Vigna). Il suo ultimo lavoro è Ritorno al Frisland (Edizioni della vigna, 2015).

Chi è EnricoDi Stefano

Con quali propositi è nata la Fondazione, sorta ne-gli ultimi anni di vita dello scrittore?La Fondazione è nata nel 1990, ma anni prima l’allora sindaco di Racalmuto aveva contattato Leonardo Scia-scia, manifestandogli la vo-lontà di intitolargli una Fon-dazione nel suo paese natale: lui ne fu molto contento, ma per pudore aveva pensato di farla intitolare a Fra’ Diego La Matina, protagonista del suo Morte dell’Inquisitore. Lo scrittore ebbe il tempo di scegliere il luogo, l’ex centra-le Enel ristrutturata dall’ar-chitetto veneziano Foscari, e di stabilire il suo lascito di libri, traduzioni e soprattutto dei propri carteggi, che aveva intrattenuto con il fior fiore dell’intellighenzia italiana ed europea, oltre ad una colle-zione di ritratti di scrittori, che si può ammirare ancora in Fondazione. In più, aveva anche stabilito l’organigram-ma: pensò a me come diret-tore letterario, e di ciò gli sono infinitamente grato; ci conoscevamo da alcuni anni, da quando avevo scritto una monografia su di lui, aveva-mo stabilito un bel rapporto di amicizia e mi ha voluto onorare di questa scelta.Prendo spunto da queste parole per strapparle un ri-cordo personale di Leonar-do Sciascia.L’ho frequentato nell’ultimo decennio della sua vita, so-prattutto ricordo con dolore gli ultimi due anni, quando era ormai afflitto dal male che lo stava corrodendo: era-vamo a Enna per un Premio letterario e mi regalò a pran-

zo Il cavaliere e la morte, il suo bellissimo romanzo te-stamentario, in cui come non mai si era posto a confronto con la morte. Lo lessi in po-che ore e nel pomeriggio corsi da lui, a comunicargli le mie impressioni di ammirazione miste a struggimento. Negli ultimi suoi mesi di vita, mi affidò un suo racconto affin-ché lo traducessi in un atto unico teatrale per il Teatro Stabile di Catania, e venne fuori il divertente Quando non arrivarono i nostri, che ebbe molto successo: forse gli regalai l’ultimo sorriso, prima che, da lì a pochissimo tempo, Vincenzo Consolo mi telefonò per comunicarmi la tristissima notizia.Quali sono i progetti per l’immediato futuro?Dal 2000, il Comune non dà più il finanziamento an-nuale alla Fondazione, nata anche sulla promessa di un costante aiuto locale: pur-troppo tutte le realtà stanno soffrendo di mancanza di li-quidità e anche la Regione, da circa quattro anni, non ha più la possibilità di sostene-re sovvenzionamenti. Siamo sempre aperti al pubblico e, come ogni anno, il 20 e il 21 novembre lo ricordiamo in un’iniziativa con varie scuole incentrata su una sua opera, quest’anno su Gli zii di Si-cilia. È importante che non si tratti del solito convegno chiuso tra studiosi, ma di due giornate in cui è possi-bile rileggere Sciascia attra-verso gli occhi degli studenti, che in questi anni si sono ci-mentati in performance tea-trali e produzioni video molto interessanti. (mt)

Page 11: Move in Sicily - 06/2015

a Sicilia, la cui cultu-ra è molto influenza-ta dalla dimensione dell’immaginario, non poteva non essere pa-

tria di numerosi “fan-tascientisti” ovvero delle

persone che, in vario modo, si occupano di quella che gli anglosassoni chiamano Science Fiction. Volendo riassumere le vicende di costoro, qualcuno esordi-rebbe dicendo: «tutto inizia con Franco Enna». Affermazione assai imprecisa se è vero che gli autori siciliani si cimen-tano già prima della Grande Guerra con la “protofantascienza”, a comincia-re da Luigi Capuana. Questi pubblica alcuni racconti tra i quali ricordiamo Nell’isola degli automi (1906), La città sotterranea (1908) e L’acciaio viven-te (1913). Luigi Pirandello, più tardi, esplora l’utopia sociale con la pièce tea-trale La Nuova Colonia (1928). Succes-sivamente si mettono in evidenza due scrittori palermitani: Eugenio Prandi e Armando Silvestri. Del primo, inviso al regime fascista, ricordiamo un interes-sante romanzo, Il Sentiero delle Ombre (1933) che tratta temi quali il potenzia-mento delle facoltà mentali e i viaggi nel tempo. Il secondo, meglio accetto dall’establishment politico italiano degli anni trenta, ha il merito di proporre la creazione di una rivista di fantascien-za italiana, ispirandosi all’americana Amazing Stories. Della sua produzione letteraria va ricordato il romanzo Il Si-gnore della Folgore (1941) ambientato a Palermo. Negli anni ‘50 Silvestri di-viene condirettore di Oltre il Cielo, te-stata di aeronautica e astronautica che ospita racconti di Science Fiction. Sulle pagine di Urania, nel marzo del 1953, appare L’Astro Lebbroso del già citato Franco Enna, nom de plume assunto da Francesco Cannarozzo per omaggia-re la città natale. L’opera rappresenta una felice incursione nella Space Opera da parte di quello che è considerato un bravo giallista. Due eventi segnano gli

anni ’60: il cineasta catanese Ubaldo Ragona dirige nel 1964 il film L’ultimo Uomo sulla Terra; l’anno successivo viene pubblicato un interessante fu-metto di fantascienza, Atoman contro Killer, disegnato dall’eclettico artista si-racusano Santo D’Amico. Le novità arrivano, nel decennio suc-cessivo, da Palermo dove il fandom si sviluppa intorno alle figure di Gian Filippo Pizzo e Pippo Marcianò che di-rigono rispettivamente due fanzine de-stinate a fare epoca: Astralia (1974) e Intercom (1979). Nel capoluogo sicilia-no si muove anche il mondo accade-mico e nel 1978 la Cattedra di Esteti-ca dell’Università, all’epoca tenuta dal prof. Luigi Russo, organizza un conve-gno internazionale, “La Fantascienza e la Critica”, al quale partecipa il Gotha della Science Fiction italiana. Purtrop-po questa lodevole iniziativa rimane isolata e un intero decennio, gli anni ’80, trascorre senza particolari novità di rilievo, a parte l’impegno di Gian Filip-po Pizzo come autore di buoni racconti. Ma molto bolle in pentola e una nuova generazione si affaccia alla ribalta della fantascienza nazionale.Il 1992 vede l’affermazione del messi-nese Francesco Grasso che si aggiudi-ca il Premio Urania con il romanzo Ai due lati del muro. Nello stesso anno un palermitano ventiduenne, Maria-no Equizzi, inizia le riprese di un me-diometraggio, Syrena, che completerà solo nel 1998. Successivamente dirige alcuni corti molto interessanti come AgentZ e Ginevra Report, quest’ultimo vincitore del Premio Italia. Un agguer-rito gruppo di suoi giovani concittadini, nel 1994, dà alle stampe la fanzine Ter-minus: Emiliano Farinella, Alessandro Borroni, Maurizio Clausi e Emanuele Manco. La pubblicazione ha vita breve e conclude il suo ciclo dopo pochi nu-meri, ma il segno rimane. A Catania, nello stesso periodo, nasce ZAP, fanzine dedicata in primis al fumetto ma mol-to attenta alla fantascienza. Ne sono

animatori Bruno Caporlingua e Nando Messina. La pubblicazione, sia pure in forma aperiodica, dura fino alla fine de-gli anni ’90. Nel 2000 Francesco Grasso si ripete aggiudicandosi il Premio Ura-nia con 2038: la rivolta. Il nuovo millen-nio comincia con una nuova iniziativa: il catanese Claudio Chillemi e chi scrive distribuiscono il numero zero (ovvero di prova) di Fondazione, fanzine gene-ralista di fantascienza. Affiancati da un gruppetto di appassionati della Sicilia orientale, cui si aggiunge il collezionista palermitano Emilio Di Gristina, inizia-no un’avventura che dura da quindici anni. Fino ad oggi, Fondazione Science Fiction Magazine (nome abbreviato in FSFM) ha vinto cinque Premi Italia ed ha ospitato sulle sue pagine i più bei nomi della fantascienza internaziona-le. Gli anni successivi vedono i siciliani tra i protagonisti del fantastico italiano. Mariano Equizzi nel 2004 dirige il me-diometraggio R.A.C.H.E., trasposizione cinematografica del racconto O Gorica tu sei maledetta di Valerio Evangelisti. Emanuele Manco diventa curatore del seguitissimo portale Fantasymagazine.it mentre Gian Filippo Pizzo si afferma come autorevole saggista. La catanese Rosaria Leonardi viene eletta segreta-ria della World SF Italia (l’associazione nazionale degli operatori della fanta-scienza) e la sua concittadina Cinzia Di Mauro si segnala come promettente autrice. Un altro etneo, Francesco Spa-daro, diventa uno dei principali punti di riferimento del fandom italiano di Star Trek. I racconti di Claudio Chillemi e del lentinese Fabio Centamore vengo-no pubblicati negli Stati Uniti. Infine, la redazione di FSCM organizza nel 2010 la prima Aetnacon, convention sicilia-na del fantastico che, con scadenza annuale, è ormai giunta alla sesta edi-zione. Attualmente la Sicilia può esse-re considerata a buon diritto uno dei terreni fertili della fantascienza italiana alla quale continua a dare molti attivi e influenti protagonisti.

011

UN’ISolanello spazio

di Enrico Di Stefano

lBreve storia dei fantascientisti siciliani

Page 12: Move in Sicily - 06/2015

012

er conosce-re a fondo Catania, pa-rafrasando John Fante, bisognerebbe

chiedere alla polvere. Oppu-re ai cinquantamila volumi, ai quasi 100 libri pubblicati, alle 600 tesi realizzate gra-zie all’archivio storico, alla raccolta infinita di oggetti-stica d’antan e alla splendi-da chincaglieria vintage del-la Società storica catanese. Sono passati sessant’anni da quel 20 ottobre 1955, quan-do l’Associazione ha aperto i battenti, iniziando ad ac-cumulare i cimeli che oggi raccontano e custodiscono a un tempo l’identità profonda della Città dell’Elefante. Alfio D’Agata, regista con un piede a Roma e uno in Sicilia, non-ché presidente della Ssc, si accende un toscanello men-tre con passo sicuro accoglie gli ospiti tra i saloni di Palaz-zo Nicotra Bertuccio. Il piano nobile dell’edificio ottocen-

tesco di via Etnea (al civico 248, solo qualche passo dal-la Villa Bellini) ospita la Ca-sa-Museo, la biblioteca, l’e-meroteca, nonché i testi editi in qualità di casa editrice. «Qua sono passati tutti gli intellettuali catanesi, si di-videvano tra filo Capuana e filo Verga», racconta Alfio. Il padre, Michele D’Agata, scomparso nel 2007, è tra i sette fondatori della Società, inizialmente «un circolo cul-turale legato alla conserva-zione della memoria», del quale facevano parte avvo-cati, medici, scrittori, storici, poeti. Professionisti e uomi-ni di cultura che nel tempo hanno lasciato un pezzettino delle loro passioni, dei lori ricordi. Tutto custodito e si-stemato per diventare passa-to comune. «Da statuto, più che un lascito in denaro, era importante donare qualcosa: ognuno aveva una collezio-ne e portava il proprio con-tributo con libri, francobolli, cartoline, accendini. Queste

donazioni hanno permesso di realizzare una vera e pro-pria casa museo, ancora oggi accessibile a cittadini e turi-sti per visite guidate, eventi o per fare delle ricerche speci-fiche, per esempio sulla poe-sia dialettale e sui quotidiani editi in Sicilia o solo a Cata-nia». Materiale da cui hanno attinto centinaia di studenti universitari: «Tra la Società Storica e il Magistero di ser-vizio sociale, con cui siamo gemellati, sono state sforna-te circa 540 tesi, più un’altra ottantina di pubblicazioni di vario tipo». Ogni stanza della casa ag-giunge un pezzo alla storia cittadina, che sia per mezzo di un busto dello scultore Zagarella (lo stesso che ha realizzato le statue della Villa Bellini), di una lettera auto-grafa di Garibaldi che chiede fucili al principe Biscari o di reperti delle due guerre mon-diali. E poi «solo qui ci sono le sculture dei Borbone con la testa intatta, visto che a

Catania li hanno decapitati tutti!». Da un salone all’altro si volta pagina e così il Regno delle Due Sicilie lascia la scena al cameratismo siculo. «Per non sposare l’idea del mu-seo fine a se stesso, che visiti una sola volta e poi non hai più intenzione di tornarci, stiamo cercando di creare delle stanze tematiche», spie-ga ancora Alfio. Tutto parla e persino il bagno con la va-sca del Barone Nicotra sta lì a raccontare il fatto suo. Un suk di ricordi che si fanno occulti nella stanza dell’eso-terismo e si fanno scienza nell’angolo della medicina. Perché anche un bisturi, il-lustrato in un testo di inizio novecento, è già allegoria dei tempi che furono.Ma insomma, perché una Società storica catanese?Perché all’epoca sette ragaz-zi, di cui mio padre era il più piccolo, si erano messi in testa di salvare e tutelare la memoria storica della città e

Due passi tra le memorie di Catania e della Sicilia

p

Move in History

dentro la casa-museo della società storica catanese

di Antonio LeoPhoto credit: © Alfio D’Agata

Page 13: Move in Sicily - 06/2015

013

MovExtra

Per l’intervista video ad Alfio D’Agata

moveinsicily.com/magazinee YouTube - Move in Sicily Channel

Move in Sicily

della Sicilia. Inizialmente raccoglievano libri, poi riviste e gior-nali. Quindi si è passati anche all’oggettistica. Si riunivano in questo circolo nei primi degli anni ’50 per discutere di poesia, di letteratura o di questioni culturali legate soprattutto alla città di Catania. Col tempo nacque la Casa editrice: si sen-tì l’esigenza di pubblicare soprattutto poesie e libri di storia, specialmente di autori locali. Poi negli anni ’70 e ’80 si istituì il ‘Maggio letterario’, un mese dedicato alla letteratura e alla poesia, con concorsi che permettevano ai nuovi talenti di met-tersi in luce. E c’era di tutto: dal poeta muratore, che faceva realmente il capo mastro e scriveva pensieri d’amore, fino al tranviere appassionato di versi.Quando è possibile visitare la Casa-museo?Generalmente siamo aperti la mattina dalle 9 fino alle 16, mentre il sabato e la domenica su appuntamento (basta con-sultare la pagina facebook o il sito web, nda).Come si può fruire dei testi, dei volumi o persino degli oggetti della Società?Tramite l’Università riceviamo le richieste di studiosi o studen-ti e noi siamo ben lieti di accoglierli anche perché siamo gemel-lati con il Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania. Basta comunque una mail o una telefonata.Secondo te quali sono i cimeli che valgono il prezzo del biglietto? Chi è appassionato di storia siciliana e ne vuole sapere di più dei nostri autori, qui trova non dico tutto, ma quasi. Dalla chicca dell’autografo con dedica di Giovanni Verga fino alla let-tera di Garibaldi che ‘raccomanda un suo amico’. Ultimamente sono molto richiesti i quotidiani pubblicati soltanto negli anni della guerra, o solo a Catania, o ancora soltanto per brevi pe-riodi. Attraverso i giornali dell’epoca è possibile conoscere una Catania totalmente diversa da come ce l’hanno raccontata.Le istituzioni vi supportano?Macché sono totalmente assenti, anzi dopo anni il Comune c’ha mandato la Tarsu! La spazzatura a una Casa-Museo! C’è qualche attenzione – crescente – solo dai privati, ma per il re-sto mi sento totalmente solo: se si esclude il presidente com-missione cultura Salvo Giuffrida che quanto meno mi suppor-ta ‘moralmente’, c’è il nulla che avanza… La litania è sempre quella: non ci sono soldi; anche quando magari stai chiedendo altro… Ma gli amministratori non riescono nemmeno a per-correre i pochi metri che ci separano dal Comune per venire a trovarci. Prima vedilo, e poi parliamo se è un posto che vale la pena valorizzare o meno. Pesa soprattutto la burocrazia: anche per fare una mostra, per esporre quattro busti, è tutto complicato. E sono più i no che i sì.Insomma in tempi di magra, come si apre la Società sto-rica alla città?Per sfruttare al massimo le potenzialità di questo luogo, siamo abbastanza inclini a sposare tutte le iniziative fattibili e di inte-resse. Recentemente è stata data la possibilità a tre ragazze di-plomate all’Accademia di organizzare una sfilata di moda. Qui inoltre ospitiamo presentazioni di libri, esposizioni di quadri moderni, letture di poesie, musica da camera, e ultimamen-te – in collaborazione con l’associazione Cotumè, che realiz-za piatti antichi in palazzi storici – abbiamo aperto la cucina di fine ottocento della Casa-museo per cene a tema. Qualche mese fa, poi, abbiamo ospitato una produzione coreana per un documentario. La società storica è in continuo fermento, è ancora viva.E cosa ti piacerebbe vedere realizzato in futuro?Una maggiore continuità. Vorrei programmare bene l’anno con degli eventi che non siano solo una tantum o con questa difficoltà nel metterli in piedi. Creare un calendario affinché questo posto possa dare anche lavoro: potremmo impiegare qualcuno che tenga aperto sempre e sia il referente. La cultura non è un hobby, ma un settore su cui puntare.

Il personaggioAlfio D’Agata

L’accento è quello romano di Cinecittà, ma Al-fio D’Agata è catanese doc, anzi igp. Cresciuto a calia e letteratura tra le stanze della Società storica catanese, è entrato nel “magico mondo dù cinemà”, come gli piace dire, dalla porta del “Lo Po’”, storica sala etnea ubicata giusto sotto la sede dell’Associazione. «Ogni pomeriggio – racconta Alfio – puntualmente finivo qua. Tra giocare a nascondino e perdermi nei discor-si dei vari intellettuali, spesso riuscivo anche ad andare al Lo Po’. Uno dei soci, il cavaliere Grasso, era tra i proprietari del cinema. Co-sicché mentre mio padre era preso dal lavoro, finivo a vedere lo stesso film due o tre volte». Laurea in lettere, ufficiale di complemento e poi – circa 15 anni fa – il salto nella Capitale, dove D’Agata ha iniziato a girare una serie di corti per Studio Universal fino all’incontro con il suo attuale mentore, il direttore della foto-grafia Maurizio Calvesi. Insieme hanno girato più di trenta film. Ma se la testa e la fantasia erano a Roma, il cuore non ha mai smesso di battere per la Società storica, dove tra l’altro ha girato diversi lavori, ultimo dei quali il do-cumentario su Lucio Piccolo, cugino di primo grado di Tomasi di Lampedusa. Da quando è presidente, la Società storica catanese anno-vera tra i suoi soci Nino Frassica, Leo Gullotta, Aldo Baglio e Silvana Fallisi (al)

Alfio D’Agata

Page 14: Move in Sicily - 06/2015

n ordine cristallizzato, forme pla-stiche che traggono spunto dal-la stratificazione volumetrica di Giotto e dalla fissità espressiva del Beato Angelico, colori a volte

asettici, ma pregni di trame fitte che scivolano sulla superficie attraverso il

contatto preciso del pennello che costruisce archi-tetture cromatiche. Il lavoro di Silvia Idili, classe 1982, è un processo continuo verso il raggiungi-mento di multiple visioni che non si discostano dalla realtà, ma anzi la riformulano decifrandosi in una sorta di linguaggio della tragedia vivisezionata, sondata come fosse fotografata da scorci e attimi che delineano un’intima violenza del quotidiano. Gli infiniti tasselli geometrici che si agglomerano e si ornano di una propria fertile comunicazione, riescono a connettersi ad un equilibrio generale delle forme già decifrate o intrise di misticismo ar-caico. L’azione, l’atto o il progettato verificarsi del movimento, non incidono sulla locazione dei sog-getti o del soggetto, ma si irradiano e si fondono con essi instaurando un integro e coerente appa-rato esistenziale. In ogni segno, in ogni derivazione espressiva, nelle autentiche complessità della for-ma, nei panneggi solidificati che si stagliano sulla membrana organica del colore, è evidente il vissuto creativo, percettivo e formativo dell’artista. Silvia, infatti, nasce a Cagliari dove vive fino al 2008 per poi trasferirsi a Milano, nella calda isola Sarda dove i movimenti oscillatori delle acque che si infran-gono violentemente sugli scogli, quasi a divorarne l’essenza, modellano i costoni rocciosi della terra, dove il Monte Urpinu si deframmenta rigenerando o forse espellendo le tracce di una presenza umana accerchiante e costante e dove più a nord le ster-minate pareti in granito e basalto di Jerzu decora-no un intero paesaggio scolpendone l’andamento

prospettico, l’artista non poteva che essere travolta e introdotta, assieme a nuovi orizzonti personali, alla pratica dello scalpellare per poi riformulare le grezze pietre sequenziali della vita, per segarne in brandelli cavernosi i simboli archetipi dell’essenza umana. Solo chi vive e respira l’aria dell’isola può immer-gersi negli abissi della “volumetria viscerale”, in quel substrato congenito dove paesaggi schierati, improvvisamente tranciati di netto dal mare, si tramutano per la coscienza dell’artista in schegge pronte per ferire o strumenti predisposti a incidere, con punta affilata, dei segmenti profondi. A ritroso gli aspetti più eclatanti della frangiatura delle for-me da parte d’artisti Isolani la ritroviamo, benché costipato da un’orgia di corpi spesso poco propensi al buongusto, nell’opera complessiva di Guttuso. Tra i contemporanei più di spicco certamente vi è l’ennese Alessandro Piangiamore che riesce, oltre al processo di passaggio da “memoria a forma” in-sito nelle sue installazioni, a sintonizzarsi in una squadratura instabile nelle sue superfici a cera. Nel contemporaneo la maggior parte degli artisti britannici hanno ben intesa l’astuzia dell’ordine e del prospetto tranciato come necessità della pro-pria grammatica attiva, se non necessariamente nella forma, almeno nel colore vagante e oscillante che si succede, un esempio lo si trova nel lavoro di Peter Doig o Justin Mortimer. A differenza dell’o-perato nordeuropeo nel lavoro di Silvia si conserva però l’intuito dei valori plastici Italiani di inizi no-vecento, dalla metrica da “Pictor Classicus sum” di De Chirico e del primo Carrà, al senso dello spaesamento totale e diffuso che crocifigge l’uomo d’oggi nella propria solitudine, soprattutto nella continua e fallimentare ricerca di se, quando or-mai si è totalmente immobilizzati e annientati nella possibilità di trovare l’altro.

014

Silvia Idili e il respiro delle Isole

udi Alex Munzone

© Silvia Idili © Silvia Idili

Page 15: Move in Sicily - 06/2015

015

Sarà il paradosso o sarà che per noi di Move in Sicily è stato un vero parto, ma poter dire “Finalmente è nato lo Zio” ci mette proprio di buon umore. Nato già col baffo e la bombetta - dalla matita di Alessandro Venuto - all’ana-grafe Zio Touring. A dicembre compirà i primi tre mesi.

Chi è?Chiamarlo semplicemente “Zio” lo rende uno di fami-glia. E poi si sa che a Catania lo Zio è sempre il pezzo forte della comitiva. Lo Zio per Move in Sicily si occupa di girare e trovare tutti gli eventi siciliani, nessuna pro-vincia esclusa, li ordina e li raccoglie in un pieghevole mensile. Lui decide sempre di metterli tutti, ma quelli veramente imperdibili li segnala con la sua bombetta e ci mette la faccia.

Il contestNel primo numero abbiamo lanciato un contest su In-stagram per presentarvelo. Il logo di Move in Sicily sulla copertina è stato svuotato del suo pallino colorato, pre-sente invece su tutti gli altri prodotti di Move. È stato un modo per invitarvi a riempirlo nel modo più imma-ginifico possibile. “Ridisegnare il contenuto o forse non era il contenuto?”. Martina, che è nipote e madre dello Zio e membro non proprio benvoluto della redazione, ha voluto aggiungere un pizzico di pesante introduzione architettonica al gioco: “Pensiamolo come un esercizio di ‘Immagine non coordinata’ come ci spiega bene Ste-fano Caprioli nel suo libro Manuale di immagine non coordinata edito da Pietro Corraini”. Per fortuna non l’avete ascoltata e infatti avete risposto in tantissimi. E su instagram il profilo dello zio (zio_touring) è stato preso d’assalto dall’hashtag #ziotouring. Alcune delle vostre creazioni sono riprodotte in pagina.

-------------------------------------------------------------------

Scrivi allo zioVuoi comunicare un evento? Vuoi che venga ripreso dai social di Move in Sicily e dallo Zio Touring? Allora scrivi una email all’indirizzo [email protected] con i tuoi dati, le informazioni relative all’evento e un’imma-gine o una locandina. Le migliori riceveranno il marchio di qualità dello Zio.

-------------------------------------------------------------------

Dove si trova lo ZioLo Zio è sempre aggiornato sul profilo facebook di Move in Sicily e su quello instagram (@zio_touring e @mo-veinsicily), ma la versione cartacea la puoi trovare (completamente gratis) in tutti i più importanti centri siciliani. Se vuoi sapere dove è presente nella tua città scrivici all’indirizzo [email protected] oppure se-gui la nostra azione sui social.

zio touringil marchio di qualità Siciliano

Page 16: Move in Sicily - 06/2015

Una fotografa vicina all’ot-tantina, una vitivinicultri-ce di successo, un’anziana educatrice, una popolare scrittrice, una giovane ar-cheologa, una famosa attri-ce. Queste sono le sei pro-tagoniste di Tà Gynaikeia, traduzione dal greco Cose di Donne, film di Lorenzo Daniele con i testi di Ales-sandra Cilio, prodotto da Fine Art Produzioni srl con il contributo della Film Commission Sicilia, all’interno del programma Sensi Contemporanei. Un film che parla della Si-cilia dal punto di vista tut-to femminile. Ciò che lega le sei protagoniste, infatti, è l’essere donne e l’esse-re siciliane. I loro racconti sono frammenti di una sto-ria dalla matrice comune, che porta in sé i tratti del-la Sicilia, terra fimmina per eccellenza. Lo testimonia la grande varietà di miti, culti e leggende legati alle donne, che nel tempo si sono avvi-cendati e in parte sovrap-posti, divenendo elemento di coesione per tutte quelle popolazioni che hanno oc-cupato il suolo di quest’iso-la. Il film documentario vede

l’alternarsi delle interviste delle protagoniste, ad un racconto che esplora alcu-ni temi legati alla vita delle donne nella Sicilia antica, dalla preistoria all’età gre-ca. L’obiettivo è stato quello di ottenere una narrazione corale, in cui le voci del pas-sato si mischiassero a quel-le del presente, mettendo in evidenza gli aspetti comuni di ogni epoca ma anche le profonde diversità.Le sei testimonial rappre-sentano sei diversi punti di vista, ma anche sei differenti territori, che sono quelli da cui provengono: c’è la Troi-na devastata dalla guerra mondiale di Angela, un’an-ziana donna che ha deciso di spendere la propria vita nella cura e educazione dei bambini con difficoltà; la Palermo polverosa e un po’

provinciale della fotografa Letizia Battaglia, famosa per i suoi scatti nei luoghi della mafia e del dolore; l’A-grigento delle pietre anti-che di Simonetta Agnello Hornby; Vittoria, i carrubi e i vigneti di Arianna Oc-chipinti, che lascia Milano, per produrre il vino della sua terra; la Siracusa del mito e del teatro in cui si trova a recitare la catanese Donatella Finocchiaro; c’è, infine, la Gela decadente e al tempo stesso pittoresca dell’archeologa Angela Ca-tania, costretta ad andare all’estero per approfondire i suoi studi.Sei parti di Sicilia, ma anche tre diverse generazioni, che danno testimonianza di sé. A collaborare nelle ricerche scientifiche per la realiz-zazione del film sono sta-

ti gli studenti della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università di Catania, diretta dal pro-fessore Massimo Frasca, da anni aperta al tema della comunicazione dell’Antico attraverso il cinema.Il film, presentato alla XXVI edizione della Rassegna In-ternazionale del Cinema Archeologico di Rovereto (tenuta dal 6 al 10 ottobre scorso), ha ottenuto grande successo, arrivando al se-condo posto nella sezione “archeologia & etnografia” e ha ricevuto il primo premio “archeoblogger” assegnato da una giuria specialistica di archeologi.A noi non resta che augu-rarci di poter assistere pre-sto a una sua Proiezione, dove? Zio Touring penserà ad avvertirci in tempo!

016

Cose di donnesei storie per un film corale sulla Sicilia

di Daniela Fleres

La scheda del film Tà Gynaikeia. Cose di DonneRegia: Lorenzo DanieleDurata: 52’Produzione: Fine Art ProduzioniPaese: ItaliaAmbientazione: Sicilia

Page 17: Move in Sicily - 06/2015

017

uando Salvo ha incontrato Caterina non si è limita-to ad offrirle una birra, ma molto di più: due brani che custodiva gelosamente nel cassetto, nati da un’ispirazione e in cerca di una voce. Che in quel-la sera del 2007, a Catania, hanno trovato.

Mentre ce lo raccontano sembrano emozionati, for-se ripensando al fatto che hanno scritto l’incipit dei

Babil On Suite o forse perché è intatto il pathos che quel giorno li ha scelti e che oggi, con la band al completo, li guida verso nuo-ve strade. Salvo Dub (artistic producer, double bass e synth), Caterina Cat Clap (voce), Manuel Doca (drums), Giusep-pe Distefano (organo, synth), Manola Micalizzi (percussioni, cori): loro sono i Babil On Suite. Quando li incontriamo per la nostra intervista, sullo sfondo di un biliardo d’epoca aprono la loro “scatola” e ci raccontano passato, presente e futuro di un gruppo “battezzato” da un artista, la cui sola pronuncia del nome emoziona: Lucio Dalla. Nel 2009, produce il primo album “Roulette”, ed è lui a volerli per aprire i concerti del Lucio Dalla & Friends. Un giro fortunato di roulette, verrebbe da dire: da un hard disk ai palchi importanti, per i Babil On Suite si accendo-no così i riflettori su un percorso di crescita che li porta a suonare insieme a grandi nomi della musica italiana. Arrivano i contest, le collaborazioni, i live oltre lo stretto… c’è un fermento che sa di successo, che porta idee e ispirazioni. Li notano e li cercano. Loro si rimettono subito a lavoro e nel 2012 esce La Scatola, prodotto dall’etichetta Viceversa Records / EMI: «Un gioco di prestigio di cui solo i Babil on Suite conoscono il segreto – commentano gli addetti ai lavori – La luce, i suoni ed i ritmi propri della Sicilia condensati nella raffinatezza retrò e spensierata». E ancora: «Una band che sogna di fare da colonna sonora a un film, quando in-vece è capace di aprire le porte dell’immaginazione, raccontando storie vere, canzoni da ascoltare perciò anche ad occhi chiusi». Insomma, un abbraccio di critiche “degne di nota” li avvolge, an-

q

Swing, elettronica, sperimentazione benvenuti nella suite di Babilonia

di Filly De Luca

c

Babil On Suite, la band catanese

scoperta da Lucio Dalla, oggi con il terzo album

in uscita

c

Page 18: Move in Sicily - 06/2015

018

che per le belle collaborazioni con musicisti della loro città, come Cesare Basile. E per la capacità di far incontrare e fondere stru-menti solo apparentemente lontani tra loro, dall’arpa al banjo, dai sintetizzatori all’ukulele, dai campionatori alla tromba.La Sicilia li sente e li ascolta, terra anch’essa di contaminazio-ni, di sfumature, di sound e di diversità che convivono. In una parola: è l’evoluzione. Il desiderio di osare, di sperimentare, quel pathos del primo incontro, diventano parte integrante del grup-po: la suite di Babilonia apre le sue porte a nuove sonorità, accoglie il quinto componente – Manola – si lascia conquistare dall’elettronica e, a tre anni di distanza, sono di nuovo in studio di registrazione. «Babilonia era la città dell’arte, della musica e del fermento – spiegano quando chiediamo la scelta del nome –. Lo stesso che si respirava tra le mura del nostro primo studio, croce-via di incontri con musicisti e artisti, ognuno dei quali ha lasciato qualcosa. On suite… perché è la camera migliore». Allo scorcio di quest’estate, densa di live in tutta l’Isola, coronata dalla partecipazione al Cous Cous Fest, accanto a nomi come Vinicio Capossela ed Elio E Le Storie Tese – scendono dal palco per rimettersi a lavoro, con un’attesa non indifferente da parte del pubblico desideroso del bis.«Non è semplice spiegare a parole le sensazioni che si provano sul palco – continuano – quando senti che c’è un dialogo, uno scambio con il pubblico che si diverte quando noi ci divertiamo. È come un’osmosi, una trasparenza di suggestioni che rilascia energia ed entusiasmo, diventando un valore aggiunto in ogni singolo concerto. Durante questa estate la nostra musica ci ha fatto da Cicerone, portandoci in luoghi della Sicilia che lasciano senza fiato, istantanee che hanno catturato mille sfumature: il cibo, il dialetto, la gestualità, le abitudini. Da un chilometro all’al-tro ci aspettava sempre una nuova avventura». Non svelano molto del nuovo album in lavorazione, ma dicono che…«Ci aspetta un lavoro intenso, ci supporteremo e sopporte-remo! Sarà un album autoprodotto, con la responsabilità di una ‘coerenza’ musicale che non va mai data per scontata. E con un cambiamento di rotta, verso la scelta di brani in inglese, uno in portoghese affidato a Manola, che porta il Brasile nell’anima». Quando chiediamo cosa faranno i Babil On Suite da grandi, ri-spondono semplicemente: «Magari pensiamo a cosa non vorrem-mo fare, cioè smettere di suonare». E noi, non vediamo l’ora di entrare di nuovo nella Suite.

MovExtra

Per l’intervista video dei Babil on Suite

moveinsicily.com/magazinee YouTube - Move in Sicily Channel

Move in Sicily

Photo credit: © Cecilia Grasso e Martina Distefano

Page 19: Move in Sicily - 06/2015

Non chiamatelo Museo

019

NASCITA DI uN ECOMuSEO«Abbiamo deciso di lavorare sul tema del mare attraverso la raccolta di testimonianze dirette, memorie biografiche, storie di persone che hanno visto i cambiamenti della cit-tà – ci spiega Cristina Alga di Clac –, per raccontare la sto-ria collettiva di un pezzo di territorio». un anno e mezzo di lavoro, centinaia di perso-ne coinvolte, per ricostruire la storia di ventisei chilometri di frontemare di Palermo. All’ini-zio c’erano passeggiate esplo-rative, osservazioni, mappa-tura dei luoghi interessanti, visite guidate con persone del luogo, poi interviste, incontri pubblici per esporre il progetto in costruzione. «Il fatto stesso che sia stato difficile trovare spazi in cui incontrare gli abi-tanti del quartiere – precisa Cristina – dimostra quanto i quartieri del frontemare siano ormai periferia». La risposta dei palermitani è stata varie-gata: «All’inizio c’era diffiden-za, ma il mare è una chiave vincente, una volta chiamato in causa è stato difficile non lasciarsi andare al racconto». Da questa mole di materia-le, attraverso un lavoro di scrittura collettiva, si è poi avviato il processo di ideazione e creazione degli spazi dell’E-comuseo per rendere fruibile

una struttura che accumula la memoria collettiva e ripor-ta tutte le cicatrici della città perché «lavorare sul tema del mare significa lavorare sulla storia delle città». Gli accadi-menti che hanno riguardato il waterfront palermitano non possono essere svincolati dai cambiamenti della città: l’abu-sivismo edilizio, l’abbandono del centro storico, la creazione dei nuovi quartieri. L’Ecomu-seo racchiude la scelta com-piuta dalla città di «voltare le spalle al mare sia dal punto di vista urbanistico geografico che dal punto di vista identita-rio culturale». Un lavoro che è servito anche per comprendere che qualcosa sta cambiando: «ci sono stati interventi impor-tanti di rigenerazione urbana, una coscienza civica rinnovata dal punto di vista ambientale e antropologico». Per un turista è importante non lasciarselo sfuggire perché c’è una pro-spettiva nuova, contempora-nea, su Palermo. «Questa città ha tanta storia, ma è difficile capire la Palermo di oggi, noi rappresentiamo l’unico spa-zio permanente che prova a raccontare la contemporanei-tà attraverso il rapporto col mare».NON CHIAMATELO MuSEOL’impressione che riceviamo non è soltanto la nostra. La

troviamo anche nel libro delle firme dove visitatori che arri-vano da tutte le parti d’Europa raccontano l’esperienza della visita in una delicata miscela di stupore e commozione. «L’E-comuseo è un posto particola-re – ci rivela Cristina Alga –, perché rappresenta un’evolu-zione del concetto tradizionale di museo, noi lo consideriamo come un patto tra cittadini che si prendono cura di un territo-rio, anche perché tutto il ma-teriale è frutto di un lavoro di collaborazione e di un dono». La definizione di riferimento, riportata sul sito ufficiale (ma-remoriaviva.it), è di Hugues De Varine, archeologo e stori-co francese: l’ecomuseo è un “museo di comunità o mu-seo del territorio”. Una con-ferma che arriva dalla gratuità dell’ingresso e dalla possibilità di sostenerlo volontariamen-te con le donazioni private tramite il tesseramento o le visite guidate. Non è l’unica particolarità di questo luogo. «È struttura interamente mul-timediale – continua Cristina – con installazioni audiovisi-ve. Si tratta di una scelta su cui ci siamo interrogati, ma è una scommessa che sta fun-zionando e che va nella dire-zione giusta perché il linguag-gio audiovisivo legato al web è un linguaggio trasversale, che

Il racconto di Palermo e il suo mare nell’Ecomuseo Urbano ‘Mare Memoria Viva’

di Rosario Battiato

All’ingresso dell’ex deposito delle locomotive di Sant’Erasmo, un padiglione da 1400 metri qua-drati ristrutturato dal comune di Palermo nel 2004 e affacciato sulla foce del fiume Oreto e sul mare, il visitatore si trova immerso in un calderone di storie. A suggerire questa impressione ci sono le foto distribuite in vortici immobili, che calano dal tetto appese a fili sottili e sorgono dal basso su piccoli piedistalli, e poi altri scatti sviluppati su lunghi striscioni, pannelli multimediali touchscreen che contengono racconti preziosi, percorsi, barchette di carta, chioschetti dalle to-nalità azzurre. Ci troviamo nel grande spazio unico dell’Ecomuseo urbano ‘Mare Memoria Viva’, un progetto ideato e condotto da Clac, “impresa culturale” per autodefinizione, sostenuto dalla Fondazione con il Sud e dai partner istituzionali dell’assessorato alla Cultura del comune di Palermo e della Soprintendenza del Mare. Un luogo per raccontare il rapporto tra i palermita-ni e il mare e offrirlo alla città e ai turisti.

Page 20: Move in Sicily - 06/2015

020

Photo credit: © Cecilia Grasso

vale per tutti e noi non volevamo creare un posto elitario». Insomma, un museo di storie raccontate con mezzi contemporanei e in continuo divenire perché i contenuti offerti possono venire aggiornati da nuove testimonianze. Anche la governance dell’Ecomuseo è diversa, come molte altre cose da queste parti. «Abbiamo voluto che non diventasse uno spazio a gestione privata – riporta alle camere di Move la referente di Clac –, perché la natura del progetto è di comuni-tà e serve per dare servizi alla città e al quartiere». In questo modo si è creata una collaborazione, un esempio pressoché unico in Italia, tra una proprietà pubblica e una realtà come Clac, un’impresa cultu-rale che si occupa di progettazione mettendo assie-me lo sviluppo locale, la valorizzazione del territorio e le attività culturali. La struttura fisica appartie-ne al comune di Palermo, ma per sette anni la de-stinazione d’uso è vincolata all’Ecomuseo del mare. Il contenuto, invece, è stata realizzato da Clac grazie alla Fondazione con il Sud. È una collaborazione inedita che non ha ancora una cornice giuridica e un riconoscimento formale. «Anche per questo è innovativa, soprattutto nella gestione del patrimonio culturale crediamo che possa essere una soluzione

per vedere collaborare pubblico e privato sociale per rigenerare spazi. Non è detto che al pubblico si chie-da sempre di mettere dei soldi». FARE IMPRESA CON LA CuLTuRAL’Ecomuseo esiste ormai dal febbraio del 2014. Le riflessioni da fare sarebbero molteplici, almeno que-sto sembrano suggerire le espressioni sul viso di Cristina mentre prova a fare un bilancio di questi due anni di apertura. «Non è sempre uno spazio facile da capire, però sappiamo anche che quasi tutti i feedback che abbiamo sono positivi. È uno spazio per chi è in grado di mettersi in una posi-zione di ascolto, a quel punto è capace di toccare il cuore». Dalla fruibilità del progetto, discende anche la sostenibilità economica che al momento è garan-tita perché Clac riesce a investire delle risorse che arrivano anche da altre attività. «La sostenibilità è sempre un obiettivo – conclude Cristina –, noi siamo imprenditori culturali, quindi c’è sempre un valore sociale, collettivo, ma è il nostro lavoro e dobbiamo trovare dei modi per ripagarlo. In fondo sostenibi-lità significa permettere alle cose di esistere e noi vogliamo che l’Ecomuseo produca valore perché crediamo che questo progetto abbia tutte le caratte-ristiche per farlo». Il sito: marememoriaviva.it

MovExtra

Per l’intervista integralea Cristina Alga

e le riprese dell’Ecomuseo

moveinsicily.com/magazine

Move in Sicily

Page 21: Move in Sicily - 06/2015

021

di Rosario Battiato

un tuffo a cataniaalla piscina comunale di nesimanasce la scuola siciliana

Photo credit: © Martina Distefano

Page 22: Move in Sicily - 06/2015

on c’è estate che tenga. Da qualche mese a Catania è cominciata la sta-gione dei tuffi alla

piscina comunale di Nesima. «La strut-

tura è di nuovo fruibile dalla metà ottobre grazie al comune di Catania – ci spiega Claudio Grancagnolo, presidente di Catania Nuoto 2000, società nata nel 1997 e specializza-ta nelle attività legate al nuoto –, e per la prima volta stiamo iniziando a immettere in questo grande mer-cato una scuola tuffi; è uno sport che molta gente vorrebbe praticare e non ha mai avuto una struttura adeguata, adesso ci siamo noi». È la prima della zona, e addirittura uno dei pochi esempi da Cosenza in giù. «Questa scuola nuoto arriva – con-tinua Claudio – dall’idea di un at-leta che per tanti anni si è allenato a Roma ed era alla ricerca di una struttura che gli garantisse la pos-sibilità di continuare a praticare lo stesso sport anche in Sicilia». L’at-leta, che per l’occasione si è anche improvvisato istruttore, si chiama

Fabrizio Rodonò, campione ita-liano 3m master nel 2009 e quinto lo scorso anno ai mondiali master di Montreal per la categoria 45-49. «Ho cominciato questa disciplina a 32 anni – ci racconta Fabrizio – e ho potuto constatare che è uno sport fattibile, non pericoloso, molto diver-tente». un’attività che agevola la concentrazione, qualità necessaria in uno sport che prevede una prepa-razione di mesi per giocarsi tutto in pochi istanti. «La preparazione al tuffo richiede sangue freddo – con-ferma Riccardo Campisi, atleta della scuola –, tante prove, tante ore di allenamento anche fuori dall’acqua». Per Fabrizio, che intanto si allena per gli europei del prossimo anno, è stata comunque una grande occa-sione per portare il suo sport in que-sta città. «È una valvola di sfogo e facciamo tutto questo per passione, per poter fruire di questo stupendo impianto». La passione per i tuffi attraversa le età. Fabrizio ci racconta di un tuf-fatore della scuola romana che ha cominciato a 89 anni. «Non ci sono limiti – aggiunge – e servono un po’

di allenamento fisico, stretching, addominali, gambe e poi tanti tuf-fi perché bisogna sempre allenare l’ingresso in acqua». uno sport di famiglia veramente per tutti, con-fermano Riccardo e altre coppie di genitori e figli, che arrivano a Nesi-ma per lanciarsi dai trampolini. «Da tanti anni sognavo questa disciplina in Sicilia, oggi vengo qui a praticarla assieme a mio figlio, così riesco a to-glierlo per qualche ora da casa e dai videogiochi». Per il momento è ancora troppo pre-sto per parlare di futuro, visto che la scuola esiste soltanto da qualche mese, però si comincia a pensa-re già in grande. «Oggi siamo un gruppo di appassionati – conclude l’istruttore davanti alla camera di Move –, domani non sappiamo cosa potrà accadere, però conosco tante persone, anche a livello internazio-nale, che sarebbero disponibili a venire a fare gli istruttori a Catania. Di certo sarebbe necessario un investimento per andare oltre la configurazione attuale, però sa-rebbe bello preparare qualcuno per gli eventi importanti».

022

n

MovExtra

Per il video integrale dell’intervistae le riprese dei tuffi dal trampolino

moveinsicily.com/magazine

Move in Sicily

Per iscriversi e/o chiedere informazioni relative ai corsi

facebook.com/CTuffiSocietà “Catania Nuoto 2000”responsabile Claudio Grancagnolo (3315805711)[email protected]

Page 23: Move in Sicily - 06/2015
Page 24: Move in Sicily - 06/2015

ph alfredo magnanti

malizia di Salvatore SamperiItalia 1973, 98’

Trama: Acireale, fine anni cinquanta. Il commerciante di tessuti Ignazio La Brocca, rimasto vedovo con tre figli da crescere, trova nella domestica Angela La Barbera, assunta dalla defunta moglie e arrivata da loro il giorno stesso del funerale, la donna ideale da sposare. L’attraente domestica suscita però anche l’interesse dei due figli più grandi: il maggiore, il diciottenne Antonio, dopo aver visto respinte le sue insistenti attenzioni e aver scoperto le mire del padre, si fa da parte, mentre il quattordicenne Nino, profondamente infatuato della donna, le fa una corte incessante e ostacola anche il matrimonio con il padre.

Location: acireale (Basilica San Sebastiano, Castello Scammacca, Duomo di Acireale, Piazza Duomo, via Molino a Santa Maria La Scala).

Cast: Laura Antonelli, Turi Ferro, Alessandro Momo, Angela Luce.

Tutte le location del film si trovano sull’app di MovieinSicily scaricabile gratuitamente da tutti gli store e/o sul sito movieinsicily.org

A cura di Giorgia Butera e Daniela Fleres