Moto.it numero 255 2016

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All’Interno MXGP Repubblica Ceca Nico Cereghini “Passi, sentieri e polemiche” Prova: Peugeot Tweet Double Black e Paris News: Bottpower Buell XR1-R | M. Clarke: la tecnica di Kawasaki ZX-10R e Yamaha R1M | MotoGP: il dopo Sachsenring e il nostro DopoGP | Superbike: mercato piloti 2017, Melandri vicino a Ducati | Enduro: A scuola con Ducati DRE | PROVA CROSSOVER | YAMAHA TRACER 700 da Pag. 02 a Pag. 13

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All’Interno

MXGP Repubblica Ceca

Nico Cereghini “Passi, sentieri e polemiche”

Prova: Peugeot Tweet Double Black e Paris

News: Bottpower Buell XR1-R | M. Clarke: la tecnica di Kawasaki ZX-10R e Yamaha R1M | MotoGP: il dopo Sachsenring e il nostro DopoGP | Superbike: mercato piloti 2017, Melandri vicino a Ducati | Enduro: A scuola con Ducati DRE

| PROVA CROSSOVER |

YAMAHA TRACER 700 da Pag. 02 a Pag. 13

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PREGI Finiture | Prezzo

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Prezzo 7890 €DIFETTI Freni

PROVA CROSSOVER

YAMAHA TRACER 700

La famiglia delle crossover di Iwata si allarga verso il basso. Ben

rifinita ed economica, meriterebbe qualcosa di più in zona freni

di Umberto Mongiardini

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I n diretta da Vigo, nello splendido sce-nario dolomitico della Val di Fassa, Yamaha lancia l'attesa Tracer 700 andando a dare una sorella minore alla già apprezzata MT-09 Tracer ed ampliando così la sua gamma sport

touring.La Casa di Iwata ha deciso di partire dalla base della MT-07, su cui ha lavorato a livello di estetica e ciclistica per ottenere una moto più versatile e polivalente. Il prodotto è stato concepito per coinvolgere un pubblico giovane, magari con poca esperienza, ma esigente e, soprattutto, che non vuole spendere cifre troppo alte.La filosofia è (lo dice il nome stesso) la stessa della Tracer 900, che con l’arrivo della sorellina minore perde il prefisso MT-09 dando vita ad

una famiglia caratterizzata dal solo nome Tracer. Gli stessi concetti che hanno definito la crossover tricilindrica si trovano qui declinati su una cuba-tura più contenuta.Il design è aggressivo, con linee decise e spigolo-se. Il frontale è caratterizzato da un gruppo ottico che ricorda la Tracer 900, con luci diurne a tec-nologia LED. Sempre all'anteriore troviamo i paramani che, oltre a rendere più sportivo il look, inglobano in maniera armoniosa le frecce. Forse un po' sottotono il display LCD del con-tachilometri, più adatto ad una naked sportiva come la MT-07 dalla quale deriva.Passando al posteriore, troviamo la luce dello stop a LED presa in prestito dalla 900, così come l'ensemble del porta targa.

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La nuovam Tracer 700 viene proposta nelle co-lorazioni Radical Red, Tech Black e Yamaha Blu.

Motore e ciclisticaIl motore è lo stesso della MT-07, bicilindrico in linea da 689 cc capace di 74,5 cv a 9.000 giri, con 6,9 kgm di coppia a 6.500 giri. Più che i numeri, comunque interessanti, è la fa-satura a 270° a scoppi irregolari (Yamaha parla di “filosofia crossplane” giusto per adeguarlo ai parenti a tre e quattro cilindri) a renderlo inte-ressante per le caratteristiche d’erogazione che sa regalare. Per far rientrare questa moto nei pa-rametri per l'omologazione Euro 4, l'impianto di scarico è stato completamente riprogettato.Il telaio in acciaio è il medesimo della MT-07; ciò che cambia, invece, è il bel forcellone in lega d'al-luminio, che ha una lunghezza maggiorata di 50 mm rispetto alla naked da cui deriva, andando così ad aumentarne il passo fino a 1.450 mm per garantire una maggior stabilità.Per quanto riguarda le sospensioni, sia la forcella che il mono derivano direttamente dalla MT-07,

ma la taratura è stata definita ad hoc. Rispetto alla naked, però, la sella cresce in altez-za di 40 mm, portando così il piano di seduta a 840 mm di altezza da terra.Proprio per coronare la propria vocazione di crossover, rendendola adatta anche ad i viaggi più lunghi, la Tracer 700 monta la forcella tra-dizionale ed il mono con escursione di 130 mm della sorellina naked, con tarature idrauliche che permettono di godere di una corsa più morbida e reattiva, garantendo il massimo del comfort anche nella guida in coppia.Il sistema frenante è composto da un doppio freno a disco anteriore da 282 mm con pinze a 4 pistoncini, e da un singolo posteriore da 245 mm: tutti e tre sfoggiano un accattivante profilo a margherita, donando alla moto un aspetto più aggressivo. L'ABS è di serie.I cerchi tubeless da 17" in lega d’alluminio a dieci razze, sono gli stessi sia della naked 700 che del-le sorelle maggiori da 900 cc, e qui calzano gom-me Michelin Pilot Road 4 da 120/70 e 180/55.La vocazione da tourer della nuova Tracer si può

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percepire dal suo serbatoio da 17 litri (3m in più rispetto alla naked), che la rende adatta anche a spostamenti medio-lunghi, dalla sella mono-scocca in grado di ospitare confortevolmente anche il passeggero, dal rivestimento in gomme delle pedane, sia del passeggero che del pilota,

volte a smorzare ulteriormente le vibrazioni del bicilindrico, e dalla predisposizione per la presa accendisigari da 12V. Il plexiglas sul cupolino, non particolarmente esteso, può essere regolato ma-nualmente in altezza, garantendo una migliore protezione aerodinamica.

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AccessoriDiversi gli accessori che rendono la Yamaha Tra-cer 700 più consona ad un utilizzo più turistico. Si parte dal parabrezza più alto, studiato per ga-rantire una migliore protezione aerodinamica, fino ad arrivare alle borse laterali morbide da 20

litri e al bauletto centrale da 39, che consentono di avere abbastanza spazio a disposizione per viaggi anche di qualche giorno, senza risultare troppo ingombranti nell'uso cittadino.Interessante anche la disponibilità di diversi al-lestimenti che garantiscono sensibili risparmi ri-

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spetto all'acquisto dei singoli optional: la Sport, ben quattro proposte per il turismo (Touring Hard, Touring Soft, Touring Classic, Touring Win-ter) e la versatile/fuoristradistica All Road.

Come vaLa Yamaha Tracer 700 ricorda già a prima vista la sorella maggiore, e pur ereditando un discreto numero di pezzi dalla MT-07, riesce comunque ad avere un'aria personale, collocandosi a pie-no titolo, per motore e posizione di guida, fra le sport-tourer di media cilindrata.La posizione di guida è comoda, con una trian-golatura ben studiata. Il manubrio è alto, anche se un po' stretto, la sella risulta comoda e abba-stanza morbida anche sulle lunghe distanze. Grazie ai rivestimenti in gomma, le pedane sono comode e pressoché prive di vibrazioni. Il passeggero ha a disposizione uno spazio ge-neroso, e due comode maniglie in alluminio a cui aggrapparsi.Il comfort a bordo è buono e le sospensioni, regolabili nel precarico solo al posteriore, sono efficaci nella guida tra le curve, anche strette, grazie ad una buona rigidità: nella guida in città, dove l’asfalto non sempre è in ordine, le buche si fanno parecchio sentire.La protezione aerodinamica è discreta, soprat-tutto quando il cupolino (regolabile manualmen-te su ben 28 posizioni) è impostato sulla posi-zione più alta. Fino a velocità autostradali la protezione del busto è buona, mentre il flusso d’aria, superati i 120 km/h, infastidisce a livello del casco.L'ormai ben noto motore della MT-0, si confer-ma divertente, anche se a causa dei chili in più perde un pochino di brio. Le vibrazioni del motore sono scarse, e si sen-tono un po' sul manubrio solo dopo i 5.000 giri. Per quanto riguarda l’impianto di scarico, trovia-mo un silenziatore inedito, così come il gruppo dei collettori. A causa della normativa Euro 4 il suono dello scarico risulta silenzioso e pacato. Chi desiderasse un sound più coinvolgente all’in-

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terno del catalogo accessori troverà un apposito terminale omologato marchiato Akrapovic.Per quanto riguarda l’impianto frenante sarebbe apprezzabile una frenata più decisa, soprattutto al posteriore, dove il comando risulta essere un po' spugnoso e dove l’intervento dell’ABS, di se-rie su questo modello, è un po' invasivo. Quanto ai pneumatici, in tutta franchezza i Pilot Road 4 non offrono il grip che la Tracer si meri-terebbe, esibendosi ogni tanto in pattinate del posteriore. Tirando le somme, possiamo dire che la Tracer 700 è una moto onesta, non pretenziosa e che,

grazie alla condivisione di moltissimi pezzi con la MT-07, riesce a ridurre fortemente il prezzo finale. La nuova Tracer è una moto adatta, se dotata dei giusti accessori, anche a viaggi medio lunghi, anche in compagnia, così come potrebbe esser-loper l'uso cittadino, grazie alla sua leggerezza e agilità.

Casco: X-Lite X-802RRGiubbotto: Dainese Pantaloni: Tucano Urbano GinsGuanti: DaineseStivali: Ixon Zebra

ABBIGLIAMENTO

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YAMAHA TRACER 700 7890 euroCilindrata 689 ccTempi 4Cilindri 2Raffreddamento a liquidoAvviamento elettricoAlimentazione iniezioneDepotenziata NoEmissioni Euro 4Capacità serbatoio 17 Lt Potenza 75 cv - 55 kw - 9.000 giri/minCoppia 7 kgm - 68 nm - 6.500 giri/minPneumatico ant. 120/70 ZR 17M/C(58W) (Tubeless)Pneumatico post. 180/55 ZR 17M/C(73W) (Tubeless)ABS SìPeso in ordine di marcia 196 Kg

SCHEDA TECNICA

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PREGI Prezzo | Agilità | Linea

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DIFETTI Sospensioni rigide | Assenza ABS

PROVA SCOOTER

PEUGEOT TWEET DOUBLE BLACK

E PARISBelle e curate, le due nuove declinazioni del Tweet

piaceranno a giovani e pubblico femminile. I 125 costano rispettivamente 2.050 euro e 2.220 euro, cento in più se si vuole il 150. 50 a partire da

1.750 euro. Manca l’ABS

di Edoardo Licciardello

Prezzi da 1750 €

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P iccolo, agile e bello: il Tweet di Peugeot - lanciato sul mercato nel 2010 e subito best seller di Casa con oltre 28.000 esem-plari venduti – si inserisce a pieno titolo fra le migliori pro-

poste cittadine (con qualche escursione in tan-genziale per i 150..) senza farsi intimidire da una concorrenza che si fa spietata ogni giorno che passa, perché il segmento è quello più impor-tante del nostro mercato.Proposta low-cost nel prezzo ma con contenuti di primo piano, lo scooter Peugeot a ruote alte si rinnova e offre due nuove declinazioni per il 2016: Double Black e Paris. Praticamente identiche nello stile, cambiano nella dotazione e nella livrea, andando ad allet-tare entrambi i sessi grazie a colorazioni azzec-cate che ne cambiano in maniera importante la percezione estetica e caratteriale.

Più grintoso, dicevamo, il Double Black: minimali-sta, leggero e guizzante già nell’impatto estetico con copriscarico, portapacchi e fregio anteriore in nero lucido, per giocare tutto su un total black tono-su-tono; il Paris invece è più raffinato e femminile, con la colorazione blu chiaro e la Tour Eiffel, ma anche e soprattutto la borsa Jadise, il bauletto da 30 litri e il parabrezza di serie.

Com’è fattoLa base, dicevamo, resta immutata rispetto al Tweet Evo che abbiamo provato due anni fa. Il propulsore è un monocilindrico raffreddato ad aria alimentato a carburatore (Euro-3), proposto nelle versioni 50, 125 e 150 Euro-3 con le sole, ov-vie, variazioni di cavalleria.La base ciclistica fa affidamento ad un comparto sospensioni tradizionale: una forcella telescopica con steli da 30mm e un doppio ammortizzatore regolabile, con l’eccezione del 50cc che si affida

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ad un monoammortizzatore. L’impianto frenante conta su due dischi da 226 mm, solidali a due cerchi da 16” calzanti pneuma-tici entrambi da 110/70. Il peso è contenuto in 100 kg per la versione 50cc, qualcosa di più, naturalmente, per 125 e 150.

Le finitureIl nuovo Tweet (da notare che la versione base e l’RS restano in listino) si fa notare per un look più curato e moderno. Sullo scudo è ricavato un co-modo vano diviso in tre scomparti (apribile con chiave), mentre nel sottosella, accessibile elettri-camente con il comando luci sul blocchetto sini-stro, si può riporre un casco jet con visiera. La pedana piatta facilita il carico di piccoli oggetti.Le versioni 125 e 150 vantano un cruscotto misto analogico/digitale, mentre su tutte e tre troviamo gancio portaborsa sul retroscudo, portapacchi posteriore in alluminio che funge da maniglione per il passeggero, e cavalletto laterale con siste-ma di sicurezza.Belle le pedane pieghevoli per il passeggero, soli-de al tocco e funzionali.

Come vaL’impatto con Tweet è molto gradevole. Compatto, leggero e maneggevole fin da fermo grazie a peso ridotto e dimensioni molto contenu-te, si manovra con grande facilità sia da fermo che nel traffico già nei primi istanti. La sella è comoda e spaziosa, ed accoglie bene sia pilota che passeggero; la posizione è rilassata e comoda e i comandi tutti ben posizionati e pia-cevoli al tocco. Sulla versione Paris il parabrezza, viste le dimensioni contenute, è molto vicino al pilota – più protettivo, ma al primo acchito un po’ claustrofobico.Agile e guizzante, il Tweet si districa subito bene nel traffico cittadino. Si gira nel classico, metafori-co fazzoletto, e grazie ad una ciclistica ben studia-ta si entra subito in sintonia. Il 125 è un po’ pigro alle prime aperture dell’ac-celeratore, causando un piccolo ritardo – a cui si

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fa rapidamente l’abitudine – ma poi si distende bene. Meglio (potendo) il 150, più vivace e robu-sto nell’erogazione a tutte le velocità.Capitolo ciclistica: i freni lavorano bene ed offro-no comandi pastosi e ben modulabili, rendendo l’ABS (che manca…) superfluo in quasi tutti i frangenti. Le sospensioni, piuttosto rigide, ren-dono il Tweet preciso e scattante nelle manovre, ma per contro offrono una risposta decisamente secca sulle asperità tipiche dei fondi urbani, limi-tando in maniera sensibile il comfort sulle super-fici più sconnesse. Per contro, quando le velocità salgono, la stabilità resta irreprensibile.

Per chi sono i nuovi Tweet?In Peugeot hanno pensato a due anime diverse

per le nuove declinazioni del Tweet, com’è evi-dente dalla dotazione fin dal primo sguardo. Il Tweet Double Black è bello ma più essenziale: con la livrea total black piacerà sicuramente di più al pubblico maschile, mentre il Paris è evi-dentemente destinato a quello femminile – se non bastasse la livrea, ci pensa la modaiola bor-sa Jadise a confermarne la destinazione d’ele-zione. Entrambi sono ben fatti, proposti ad un prezzo giusto e con finiture di buon livello: non possia-mo garantire sulla durata, ma vista la collocazio-ne economica si può sicuramente giudicare in maniera positiva l’aspetto estetico e sostanziale sia alla vista che al tatto. E se non bastassero queste considerazioni, va sottolineata la garanzia di 3 anni (più due di as-

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sistenza stradale) che rende Tweet una scelta fattibile in completa serenità.Resta un assetto un po’ rigido, che su pavè e sconnessioni diminuisce il comfort, e l’assenza dell’ABS nel 2016 fa storcere il naso: ma ancora una volta, alla luce della proposta economica e dei contenuti dello stile, ci sentiamo di promuo-vere e consigliare tranquillamente il “cittadino” Peugeot a chi desidera un mezzo a ruote alte si-curo e maneggevole, con un occhio al portafogli.

Per i (o le) quattordicenni, va segnalata anche la versione 50, che mantiene invariata tutta la sostanza di cui sopra ma consente la guida già con patente AM, e ferma il conteggio degli euro necessari per l'acquisto rispettivamente a 1.750 (Double Black) e 1.950 (Paris)

Casco GiVi 12.3 StratosGiubbotto Tucano Urbano Straforo

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PEUGEOT TWEET 125 2120 euroCilindrata 124,6 ccTempi 4Cilindri 1Raffreddamento ad ariaAvviamento elettricoAlimentazione iniezioneDepotenziata NoEmissioni Euro 3Capacità serbatoio 5,7 Lt Potenza 9 cv - 7 kw - 7.500 giri/minCoppia 1 kgm - 9 nm - 7.000 giri/minPneumatico anteriore 110/70-16"Pneumatico posteriore 110/70-16"ABS NoPeso a secco 109 Kg

SCHEDA TECNICA

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BOTTPOWER BUELL XR1-RUna spettacolare special da gara su base XB, realizzata dal preparatore spagnolo. Obiettivo Pikes Peak

V i ricordate di Bottpower? Ve ne abbiamo parlato qualche stagione fa, sempre a proposito di una special su base Buell. Il preparatore spagnolo, specializzato

nelle elaborazioni sulle XB prodotte dal defunto marchio statunitense, per le quali realizza kit con cui tutti possono ottenere la propria special, ha deciso di impegnarsi in una versione da gara del-la XR1 di cui vi avevamo già parlato.David Sánchez, da bravo tecnico racing (passa gran parte della stagione estiva in giro per le tap-pe italiane del Mondiale Superbike), ha pensato

bene che la sua special su base Buell potesse ca-varsela più che bene sui tracciati più tormentati, e ne ha realizzato una versione racing. Un’operazione utile a provare le parti speciali che vanno poi a far parte dei kit, ma che dovrebbe avere interessanti risvolti agonistici con la parte-cipazione alla Pikes Peak di quest’anno, una volta arrivati al livello di sviluppo desiderato. Ma di questo ne parleremo dopo.Il pezzo più pregiato è forse il telaio a doppio tra-ve in titanio (che verrà affiancata da una versione in materiale standard per l’uso in gara, visto che

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Special

l’impiego del metallo nobile è vietato) su cui si imbullona un telaietto scomponibile. Il serbatoio viene diviso in tre parti, con un’uni-tà in fibra di carbonio in posizione tradizionale e due collocate più in basso, in una delle quali si trova la pompa della benzina originale. Tutti pezzi disponibili dal catalogo Bottpower, compreso il codino in fibra di carbonio..Arrivano anche nuove sospensioni, con la forcella Showa di una CR1125 ed un mono Öhlins al posteriore, ed un impianto frenante più prestante, con pompa radiale Brem-

bo, che permette di sfruttare meglio le coperture slick adottate, visto l’uso closed circuit only.Il motore è stato rinvigorito con uno scarico dell’i-taliana GPR, aspirazione originale Bottpower ed elettronica aggiuntiva, con controllo di trazione e gestione multimappa. Il tutto per uno sviluppo che è solo agli inizi: l’idea è di partecipare al Pikes Peak, non appena si arriverà al rapporto peso/potenza desiderato di 1:1, in questo caso 150 chili per 150 cavalli. Non diteci che non vi viene l’ac-quolina in bocca…

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LA TECNICA DI ZX-10R E R1MLO STATO DELL’ARTEdi Massimo Clarke | Due moto straordinarie che rappresentano al meglio la raffinata tecnica delle attuali ultrasportive

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Tecnica

Q uattro cilindri in linea, distribuzione bialbero a sedici valvole, 200 cavalli dichiarati per due realizzazioni di analoga architettura complessiva

ma con varie importanti differenze, a cominciare dalle misure caratteristiche.Il motore della Yamaha ha un alesaggio maggiore e una corsa minore, il che gli consente di impie-gare valvole più grandi e di girare leggermente più forte rispetto al Kawasaki (il regime di poten-za massima è di 13.500 giri/min contro 13.000), pur con una velocità media del pistone lievemen-te inferiore (22,9 metri al secondo contro 23,8).

SIAMO DI FRONTE A DUE AUTENTICI “MOSTRI”, CHE PERFETTAMENTE IN REGOLA IN QUANTO A EMISSIONI ACUSTICHE E DI SCARICO, FORNISCONO UNA POTENZA IMPRESSIONANTE

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La potenza erogata è però analoga e questo gra-zie al fatto che nel quadricilindrico della ZX-R le singole fasi utili sono più “vigorose”; in termini tecnici, la pressione media effettiva è più elevata (13,6 bar contro 13,1; si tratta di valori impressio-nanti per dei motori di serie).Siamo di fronte a due autentici “mostri”, che perfettamente in regola in quanto a emissioni acustiche e di scarico, forniscono una potenza impressionante; le migliori superbike a quattro cilindri di 750 cm3 che correvano nel mondiale a metà anni Novanta arrivavano giusto a 200 cavalli/litro, e questo con una cilindrata unitaria minore e con scarico e aspirazione liberi…

Soluzioni e materiali al topTra le differenze tecniche più evidenti, vi è l’impie-go di bilancieri a dito (con riporto DLC, utilizzato anche sugli spinotti) da parte della Yamaha, che segue quindi la strada indicata dalla BMW con la S 1000 RR adottando questa soluzione tipica dei motori di Formula Uno. La R1, che dispone di trombette di aspirazione di lunghezza variabile e di una valvola exup allo scarico, ha valvole di aspirazione (in titanio) da 33 mm e di scarico da 26,5 mm; nella ZX-R (che ha tutte le valvole in titanio e i condotti accura-tamente levigati) queste misure sono rispettiva-mente 31 e 25,5 mm.

La forcella della Kawasaki è dotata di un serbatoio esterno, contenente azoto in pressione. Lo smorzamento idraulico in compressione e in estensione viene regolato qui, separatamente, per mezzo di apposite valvole

I pistoni della ZX-R sono forgiati in una lega di alluminio diversa da quella impiegata in precedenza e hanno un riporto superficiale a basso attrito sul mantello. Spiccano la conformazione del cielo e l’altezza estremamente ridotta rispetto al diametro

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I pistoni sono forgiati in entrambi i casi; quelli della moto di Iwata hanno una struttura “brid-ged box”, con nervature all’esterno delle portate per lo spinotto e ponticelli di irrigidimento inter-ni, che collegano le pareti laterali. La Kawasaki ha cambiato lega di alluminio per i suoi pistoni, di altezza straordinariamente ri-dotta (è meno del 50% del diametro); presumi-bilmente è passata da una lega al silicio a una al rame, come la 2618 usualmente impiegata per questi componenti, se destinati ai motori da competizione.La cosa appare logica, dato che la potenza specifica areale raggiunge un autentico valore record per un motore di serie: ben 1,10 CV per ogni centimetro quadrato di superficie dei pi-stoni! Si tratta di un valore analogo a quello di un V10 aspirato da 3000 cm3 di Formula Uno del 2000-2001 erogante 800 cavalli a un regi-me dell’ordine di 17500 giri/min…Entrambe le moto hanno un equilibratore di-namico per ridurre le vibrazioni generate dalle

forze d’inerzia del secondo ordine (che nei qua-dricilindrici in linea non sono bilanciate); quello della Kawasaki è a massa singola, come usuale, mentre quello della Yamaha è costituito da due masse eccentriche poste alle due estremità di un alberello ausiliario collocato nella parte anteriore del basamento.Nel motore della casa di Iwata spiccano le bielle in lega di titanio, tipicamente riservate alle realiz-zazioni da competizione, e l’albero “crossplane”, con manovelle disposte su due piani a 90°. Le fasi utili (che nei quadricilindrici in linea tradizionali si susseguono ogni 180°) sono distanziate quindi di 270°… 180°…90°…180°. Entrambi i motori hanno la bancata dei cilindri disassata e un albero a go-miti con inerzia sensibilmente ridotta rispetto al modello precedente.In quello della ZX-R vengono impiegate bronzine con un nuovo materiale antifrizione e le pareti che separano le canne contigue hanno visto il loro spessore passare da 5 a 6 mm, a vantaggio della rigidezza strutturale.

Questa immagine della ZX-R nuda consente di osservare chiaramente la struttura del telaio e degli altri componenti della parte ciclistica. La ricerca della massima centralizzazione delle masse è evidente

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Ciclistica regolabilePer quanto riguarda la parte ciclistica, una prima analisi delle misure più importanti conferma il fatto che in questo settore non esistono “formule magiche”; i parametri in gioco sono tanti e quote differenti possono talvolta portare a risultati ana-loghi. La Kawasaki ha un interasse maggiore, un cannotto di sterzo più inclinato e una avancorsa superiore, rispetto alla Yamaha. Questi freddi nu-meri potrebbero far pensare che quest’ultima sia più agile e nervosa e che la rivale sia più stabile. Ma occorre anche fare i conti con la distribuzione dei pesi, la posizione del baricentro, le caratteri-stiche complessive del telaio, la funzionalità delle sospensioni…

In questa vista del motore Yamaha parzialmente sezionato si possono notare i bilancieri a dito (al posto delle punterie a bicchiere impiegate in precedenza) e una delle due masse eccentriche dell’albero ausiliario di equilibratura, posto nella parte anteriore del basamento. La ridotta lunghezza è rimarchevole

Tutte e due le moto impiegano una forcella con canne da 43 mm di diametro. La Showa della Kawasaki è innovativa in quanto dotata di un serbatoio esterno (Damping For-ce Chamber) contenente azoto in pressione. Lo smorzamento idraulico in compressione e in estensione viene così effettuato al di fuori dello stelo.Pure le sospensioni posteriori monoammortizza-tore sono realizzate secondo i più avanzati orien-tamenti tecnici nel settore. I telai a doppia trave sono costituiti da più sezioni in lega di alluminio, ottenute per fusione in con-chiglia e quindi saldate.La ZX-R è dotata di un ammortizzatore di sterzo il

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cui intervento è gestito elettronicamente.La R1 è dotata di un telaietto posteriore in lega di magnesio.In quanto ai freni, gli schemi sono identici, ma la Kawasaki, che all’avantreno adotta una pompa radiale e due pinze monoblocco Brembo, im-piega dischi di diametro leggermente maggiore (330 contro 320 mm).Anche la Yamaha utilizza pinze monoblocco ad attacco radiale, nelle quali però i cilindri sono ottenuti mediante una lavorazione meno sofi-sticata, costituita da foratura passante e suc-cessiva chiusura con tappi filettati. Sulla R1 spiccano le ruote in lega di magnesio.Molto interessanti le possibilità offerte dalla Ka-

wasaki con il suo kit di preparazione per impiego agonistico, che prevede bussole eccentriche per la regolazione dell’avancorsa e della inclinazio-ne dell’asse di sterzo e offre anche la possibilità di spostare in senso verticale, su due posizioni (oltre a quella originale), il fulcro del forcellone oscillante.

Elettronica per gestire la potenzaCome era logico attendersi, l’elettronica è stra-ordinariamente evoluta; impiega infatti soluzioni che fino a poco tempo fa erano esclusive delle MotoGP. Le possibilità di regolazione sono sem-plicemente straordinarie. Si va dalla gestione della erogazione da parte del

La Yamaha R1 ha l’albero a gomiti con manovelle disposte su due piani a 90°. Le bielle sono in lega di titanio, come quelle delle MotoGP e delle Formula Uno

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motore al controllo di trazione che tiene conto anche di quanto è inclinata la moto e dell’entità di un eventuale slittamento laterale della ruota motrice. La centralina agisce sulla fasatura di accensione, sulla dosatura della miscela aria/carburante e sul grado di apertura delle valvole del gas.Entrambe le moto sono dotate di una piattafor-ma inerziale a sei assi che informa la centralina di gestione in merito alla accelerazione longitudina-le (frenata, accelerazione), a quella trasversale e a quella verticale, oltre che all’entità del rollio, del beccheggio e della imbardata. In questo modo la centralina stessa sa esattamente cosa sta facen-do la moto in qualunque situazione. Oltre al controllo di trazione le moto dispongono di un launch control che consente di partire con la manopola del gas spalancata (regola il regime del motore evitando che possa risultare troppo elevato e impedisce il “pattinamento” della ruota motrice e le impennate), un sistema antibloccag-gio delle ruote in frenata e via dicendo. Really impressive.

In questa immagine dell’avantreno della R1 si possono osservare la ruota in lega di magnesio e la

forcella con canne da 43 mm di diametro. Sui dischi da 320 mm agiscono pinze monoblocco

ad attacco radiale

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Tecnica

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MANCATA NOTIFICA: 30 GIORNI PER IMPUGNARE IL PAGAMENTOdi Alfonso Rago | Confermato in trenta giorni il termine per presentare ricorso contro una cartella di pagamento, nel caso di mancanza di notifica del verbale

L a circostanza è una delle più odiose e temute: trovare nella cassetta del-le lettere una cartella di pagamento di Equitalia, in cui viene contestato al de-

stinatario il mancato pagamento di una contrav-venzione per violazione del Codice della Strada.Può però essere successo (e davvero moltissime volte accade) che la multa in questione non sia mai stata notificata al diretto interessato: per esempio, spedita per posta ad un indirizzo diver-so da quello di residenza, o consegnata a sogget-to non abilitato a riceverla (come un familiare non convivente o di età inferiore a 14 anni), oppure

ancora depositata presso la Casa Comunale, ma senza darne comunicazione al destinatario irre-peribile. In tutti questi casi, la cartella di Equitalia è nulla. La legge, infatti, prescrive che, nell’iter del procedimento amministrativo di notifica della richiesta di pagamento, prima ancora dell’avvio delle azioni esecutive (pignoramenti) e cautela-ri (fermi auto, moto o ipoteche), il contribuente deve sempre essere messo nella condizione di estinguere il debito bonariamente, versando l’im-porto richiesto senza aggravi di sanzioni, interes-si ed oneri di riscossione.Questo significa che la multa (cosiddetto “atto

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Attualità

prodromico”, ossia che viene prima) deve esse-re sempre stata consegnata all’automobilista, o al motociclista, che deve aver avuto i classici 30 giorni per ricorrere al Giudice di Pace, o 60 per ricorrere al Prefetto. Attenzione, però: attraverso la sentenza n. 12412 dello scorso anno, la Cassa-zione ha in proposito affermato che il termine per presentare ricorso contro una cartella di paga-mento, in assenza di notifica del verbale di conte-stazione, è di 30 giorni e non di 60, come invece previsto per la maggior parte delle impugnazioni contro le cartelle di Equitalia.Nello specifico, la Suprema corte ha infatti preci-

sato che in caso di mancata contestazione della violazione l’impugnazione della cartella esatto-riale svolge una funzione “recuperatoria”, perché assolve lo scopo di mettere il ricorrente nella stessa posizione giuridica nella quale si sarebbe trovato se l’atto, con il quale gli veniva contestata l’infrazione al Codice della Strada, fosse stato no-tificato a tempo debito. Quindi, trascorso l’ultimo giorno utile, calcolato a partire dalla notificazione della cartella di pagamento, l’accertamento con-tenuto nel verbale di contestazione dell’infrazio-ne, anche se non è stato mai notificato, diventa definitivo.

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DUCATI DRE: CON MULTISTRADA ENDUROSOGNANDO IL FUORISTRADAdi Matteo Valenti | Abbiamo inviato il nostro Matteo Valenti, automobilista ma con esperienza sulle due ruote, alla splendida scuola Ducati dedicata alla nuova "Multi" Enduro. Il suo racconto da un puntodi vista diverso

O rmai dev'essere una sorta di tra-dizione. Quando sopraggiungono i primi caldi dell'estate in redazione viene recapitato, puntuale come un

orologio, un invito per partecipare ad un corso di guida Ducati. Ma se l'anno scorso si parlava di pi-sta, questa volta cambiamo completamente sce-nario. La proposta della Casa di Borgo Panigale del resto parla chiaro. Due giorni in sella alla nuovissima Multistrada 1200 Enduro per muovere i primi, veri passi in

fuoristrada. Si tratta del DRE Enduro, il corso svi-luppato direttamente da Ducati per chi sogna – magari, un giorno – la Dakar, aperto a tutti i tipi di motociclisti, compresi i principianti.

Dalle auto... alla Multi 1200 EnduroEd è proprio quest'ultimo dettaglio a fare la diffe-renza, almeno nel nostro caso. Inutile partecipare con un tester già rodato tra la polvere – pensano nella Redazione di Moto.it. Servirebbe qualcuno di inesperto, magari che

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Corsi di Guida

non abbia mai portato le due ruote lontano dall'a-sfalto. Come per esempio un collega di Automo-to, che di solito prova le auto ma che da qualche parte, nel portafoglio, ha ancora una impolvera-tissima patente della moto. È così che nel giro di pochi giorni, senza quasi rendermene conto, mi ritrovo in sella alla Ducati Multistrada Enduro. Una moto senza dubbio im-pegnativa, almeno per chi, come il sottoscritto, è da un po' che non si mette in sella e non ha mai provato il brivido dell'off-road a due ruote.Per fortuna, per gestire i 250 kg di peso di questa “Multi” molto speciale e i 160 CV del mitico bici-lindrico Testastretta, abbiamo dalla nostra parte alcuni armi da non sottovalutare. Prima di tutto la raffinatissima elettronica di questa moto. In modalità Enduro l'erogazione, le sospensioni semi-attive, l'ABS e il controllo di tra-zione godono di una taratura specifica, ottimiz-zata per la guida in off-road, mentre la potenza del motore viene limitata – per nostra fortuna – a 100 CV. Ma ci facciamo forza anche grazie alla magnifica squadra di istruttori messa in piedi dal

Direttore Tecnico del DRE: Beppe Gualini, ex-da-kariano che si è schierato 65 volte alla partenza dei leggendari rally-raid africani, con ben 10 par-tecipazioni alla “vera” Parigi-Dakar.

Con Beppe Gualini, dalla teoria alla praticaCon la lezione teorica, che apre ufficialmente i la-vori del corso, Beppe riesce ad entrare subito in sintonia con gli allievi. Il suo particolarissimo modo di fare, a volte duro ma incredibilmente diretto e – a tratti – esilaran-te, rapisce in poco tempo l'attenzione di tutti. Si passa così dalle caratteristiche della nostra moto all'ABC dell'endurista che, prima di mette-re in moto, non può non conoscere la posizione corretta in sella e sulle pedane, ma anche tutte le manovre del caso, a seconda delle diverse situa-zioni di guida. Dalla teoria si passa però rapida-mente alla pratica. Per prendere le misure della Multistrada Enduro in fuoristrada iniziamo ad affrontare tutta una serie di esercizi, anche se forse sarebbe meglio

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definirli vere e proprie prove di sopravvivenza (in sella, si intende). Il percorso, progettato dallo stesso Gualini, ci in-segna a bilanciare il peso della moto con il nostro corpo, un dettaglio fondamentale in off-road, ma anche a sviluppare doti di equilibrio fuori dal co-mune. Si continua poi con le diverse tipologie di frenata fino alla gestione degli imprevisti tipici del fuoristrada (moto per terra, motore spento in sa-lita, ecc.,).

Nei boschi con il TestastrettaIl secondo giorno però si fa sul serio. Dopo la

classica sessione di stretching, coordinata dagli esperti di Technogym, siamo pronti per andare “nei boschi”, come dicono gli istruttori. Al mitico Beppe Gualini brillano gli occhi, si vede lontano un miglio che muore dalla voglia di por-tarci a fare un po' di enduro vero dopo il riscalda-mento di ieri. In men che non si dica ci ritroviamo a fare sul se-rio, su un sentiero di quelli nudi e crudi. Non c'è più spazio per ridere e scherzare, qui bi-sogna darsi da fare per davvero tra pietre, sudore e soprattutto fango. Tantissimo fango, che rende il percorso una spe-

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Corsi di Guida

cie di immensa scatola di uova, dove basta un at-timo per fare una bella frittata.Passiamo così alcune ore difficili, veramente im-pegnative per chi, come noi, non è per niente abi-tuato a questo tipo di scenari. Alla fine però torniamo alla base non solo tutti interi, anche se un po' doloranti. Ma soprattutto soddisfati, con un sorriso a 32 denti stampato sul volto. In sella alla Multistrada siamo riusciti a maturare in pochissimo tempo una consapevolezza di guida in fuoristrada ecce-zionale, che ci ha permesso di fare cose impensa-bili soltanto fino a poche ore prima.

Che sorpresa in off-road!All'inizio la “Multi” Enduro, con le sue dimensio-ni giunoniche, ci aveva un po' allarmato. Invece abbiamo scoperto a sorpresa una moto che, grazie a una elettronica raffinatissima, riesce a dimostrarsi facile e coinvolgente anche per un assoluto neofita. Ripensando a dove ci siamo ar-rampicati e fino a dove ci siamo spinti, abbiamo scoperto che questa 1200 Enduro ha un poten-ziale insospettabile in off-road. È vero, il serbatoio da 30 litri sembra immenso. Ma dove conta davvero in fuoristrada, cioè nella zona della sella, tra le gambe, la Multistrada En-

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duro è incredibilmente snella e questo la fa sen-tire facile anche su terreni difficili, con pendenze micidiali. L'elettronica fa il resto, trasformando un motore potente e che sembrava indomabile, soprattutto in basso, in uno “sherpa” pronto a mettersi al tuo servizio.È per questo che un corso come il DRE Enduro è perfetto non solo per chi vuole migliorare la sua consapevolezza in sella, ma anche per toccare con mano il limite che si può raggiungere oggi con una moto come questa nuova Multistrada Enduro. Un limite che, con il prezioso aiuto degli istruttori Ducati, vi lascerà senza dubbio a bocca aperta. Parola di automobilista.

Ducati DRE Enduro - I prezzi del corsoCorso DRE Enduro: 680 euroIl prezzo include:• corso della durata di un giorno e mezzo• l’utilizzo della nuova Multistrada 1200 Enduro per tutta la durata del corso• due pranzi e una cena a base di prodotti di pri-ma qualità tipici della tradizione toscana• assistenza medica durante tutta la durata degli esercizi pratici• visita guidate nelle cantine storiche del castello di Nipozzano• welcome kit e attestato di partecipazione

Il prezzo non include:• Il pernottamento• Assicurazione personale sul partecipante

Tariffa accompagnatore: 140 euroil prezzo include:• due pranzi e una cena a base di prodotti di pri-ma qualità tipici della tradizione toscana• possibilità di assistere allo svolgimento del cor-so pratico• visita guidate nelle cantine storiche del castello di Nipozzano

Tariffa accompagnatore (solo cena): 60 euro, il prezzo include la cena al castello di Nipozzano.

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NICO CEREGHINI“PASSI, SENTIERI E POLEMICHE”Ressa, confusione, proteste, i motociclisti spesso malvisti. C'è un modo per convivere? Sì, se noi rispettiamo gli altri e gli altri rispettano noi. Come nella valle del Tassobbio

C iao a tutti! Si sa che una delle mete preferite dai motociclisti di mezza Europa,

da giugno a fine settembre, è quella delle Alpi e in particolare delle Dolomiti. Panorami inegua-gliabili, strade dove guidare è uno spettacolo e perfino il motore se la gode. Naturalmente tanto fascino ha un prezzo: a luglio e agosto ci trovi molte moto, ma anche cen-tinaia di auto, camper e ciclisti. Finisce che tanti di noi preferi-scono girare al largo, la confusio-

ne sui passi, le code, gli incidenti e le severissime forze dell'ordine fanno di tutto per fiaccarci il mo-rale e spegnere il sorriso.Da qualche anno sui media loca-li si parla di disciplinare il traffico estivo. Manco a dirlo, tra quelli che strillano più forte ci sono i talebani che vorrebbero le misu-re più drastiche soprattutto nei nostri confronti, con messa al bando delle moto o pagamento di pedaggi salati; ma per fortuna i personaggi più ascoltati, tra i quali gli alpinisti Messner e Co-rona, difendono il diritto di tutti a frequentare quei posti. In base a quale principio -si chie-

dono- possiamo rispedire a casa quelli che vengono dalla città per conoscere le nostre montagne? Certo siamo trop-pi e questa è la realtà, dunque bisogna che ciascuno rinunci a qualcosa. La soluzione più gettonata prevederebbe l'apertura dei passi nelle prime ore del mat-tino, fino alle 9 o alle 10, e poi la sera dopo le 18, con parcheggi e navette che portano in alto turisti ed escursionisti che arrivano nelle ore centrali di chiusura. Se ne discute, e fortunata-mente si è capito che il pe-

Media

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daggio non funziona: al passo del Rombo, che collega la Val Passiria all'Austria a 2500 metri di altezza, si pagano 21 euro per le auto e 19 per le moto. Andata e ritorno. Ebbene a legge-re le cronache locali sembra che la situazione sia addirittura peg-giorata, perché i veicoli restano comunque troppi e dicono che i motociclisti, dopo aver pagato, si sentono in diritto di andar su a tutta manetta. Quest'ultima sarà una leggenda, ma tant'è.E lo stesso discorso vale anche per i sentieri, dove camminatori, ciclisti e motociclisti non riesco-no a convivere pacificamente. Il Club Alpino Italiano non brilla per disponibilità, diverse uscite dei dirigenti nazionali profumano di integralismo radicale, del tipo "noi e nessun altro". È chiaro invece che una soluzio-ne comune va trovata, e deve

Editoriale

DA QUALCHE ANNO SUI MEDIA LOCALI SI PARLA DI DISCIPLINARE IL TRAFFICO ESTIVO. MANCO A DIRLO, TRA QUELLI CHE STRILLANO PIÙ FORTE CI SONO I TALEBANI CHE VORREBBERO LE MISURE PIÙ DRASTICHE SOPRATTUTTO NEI NOSTRI CONFRONTI

passare attraverso l'amore del-la natura, dei luoghi e il rispetto degli altri utenti che, osservan-do le regole comuni, hanno uguali diritti.Si capisce che anche noi dob-biamo rinunciare a qualcosa: per esempio a sentirci i più forti. Io stesso, che sono prima di tutto motociclista e poi cam-minatore, ho dovuto qualche volta rinnegare la mia prima anima. Mi è costato. Ma c'è gente che circola sulle mulattiere come se fosse in prova speciale, e quando incrocia un bipede con lo zaino, invece di rallentare e cedere il passo accelera, e sembra si diverta a sparar sas-si. Parlo di giovani, di ragazzini, ma anche di adulti. Si deve partire dal rispetto del-le regole, è chiaro, a cominciare dalla targa regolarmente espo-

sta e dall'impianto di scarico a norma.E mi piace segnalare che an-che nel CAI c'è gente aperta. La sezione di Reggio Emilia infatti ha siglato recentemen-te un accordo, un vero Codi-ce Etico, insieme al Comitato Escursionisti su Ruote, alla fe-derazione motociclistica, quel-la degli sport equestri e il coor-dinamento valle del Tassobbio. Si chiarisce come si fa a con-vivere tutti quanti su centinaia di km di sentieri nei comuni di Castelnuovo Monti, Canos-sa, Carpineti, Casina e Vetto d'Enza. I rispettivi sindaci hanno con-trofirmato. Il principio è la condivisione e l'amore del territorio e poi il rispetto delle regole tra i pedoni e chi va in mountain bike, in moto, anche a cavallo. Si può fare.

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MOTOGP

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MOTOGP

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D a zero a dieci:

M1: LA MIGLIOR MOTOGP, MA…Per il secondo GP consecutivo, sul

podio non c’era nemmeno un pilota Yamaha: era addirittura dal GP d’Olanda del 2014 che non ac-cadeva. Eppure, si dice, la M1 è la miglior moto della categoria. A #DopoGP, l’ingegner Giulio Bernardelle spiega cosa non ha funzionato al Sa-chsenring.

ZERO, COME LE YAMAHA SUL PODIO IN GER-MANIA

NEI PRIMI TRE DOPO OLTRE UN ANNOCal Crutchlow non saliva sul podio dal GP Argen-tina 2015 (allora giunse terzo, dietro a Rossi e Do-vizioso) e per la terza volta nella sua carriera è arrivato secondo al traguardo.UNO, COME IL NUMERO DI PODI CONQUISTATI DA CRUTCHLOW NEL 2016

GP DI GERMANIADA ZERO A DIECIdi Giovanni Zamagni | Da zero a dieci: numeri, statistiche e voti sul GP di Germania, un modo per ripercorrere quanto accaduto al Sachsenring, non solo in pista.

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MotoGP

MAI COSI’ VELOCI IN QUALIFICAAndrea Locatelli ed Hèctor Barberà hanno con-quistato in qualifica il terzo e il secondo tempo, rispettivamente in Moto3 e MotoGP: mai erano partiti in prima fila nella loro categoria. Per Locatelli, ovviamente, avendo corso solo in Moto3, si è trattato anche della prima volta in prima fila (nel motomondiale) nella sua carriera.DUE, COME I PILOTI PER LA PRIMA VOLTA IN PRIMA FILA

“C’E’ OLIO IN PISTA”? “NO”Incredibile quanto accaduto durate le qualifiche della Moto3: nonostante fosse evidente, dalle immagini televisive, l’olio lasciato sulla pista dalla Mahindra di Denny Webb, i commissari di per-corso, a precisa domanda della direzione gara, hanno risposto negando che ci fosse del liquido sull’asfalto. Questo nonostante i piloti cadessero a ripetizio-

ne, e tra di essi lo sfortunatissimo Niccolò Anto-nelli, che si è fratturato la spalla sinistra: è stato costretto a saltare il GP e a farsi operare. Solo dopo altre quattro cadute la Race Direction ha deciso di interrompere la sessione e di anda-re a verificare sul luogo delle tante scivolate (alla curva 4), scoprendo, ovviamente, che l’olio effet-tivamente c’era.TRE, IL VOTO AI MARSHALL TEDESCHI

IN FUGA DAL MUGELLOMàrc Màrquez va in vacanza con 48 punti di van-taggio su Jorge Lorenzo, e 59 su Valentino Rossi: un margine molto elevato, accumulato in gran parte negli ultimi quattro GP, nei quali Màrquez ha totalizzato 85 punti, contro i 32 di Lorenzo e i 33 di Rossi. Quattro gare da incubo, tra rotture, cadute e sbagli tattici per il team Yamaha.QUATTRO, COME I GP DA INCUBO PER LA YA-MAHA

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UN MOMENTO DIFFICILISSIMOPer Jorge Lorenzo è un momento davvero diffici-le, come conferma anche il dato relativo alle sue cadute: solo nel GP di Germania, il pilota della Yamaha è scivolato tre volte (FP1, Q1 e Q2), esat-tamente come le cadute da lui stesso totalizzate in tutto il 2015. Meno male che a inizio stagione aveva dichiarato di essere entusiasta del com-portamento delle Michelin.CINQUE, COME LE CADUTE IN PIU’ DI LORENZO RISPETTO AL 2015

GIUSTO PROVARCIFranco Morbidelli è caduto al 23esimo giro, dopo essere stato al comando della Moto2 dal 17esimo al 22esimo giro. E’ chiaro che quando scivoli è perché esageri, ma nel caso del Morbido è più che comprensibile: ha visto la possibilità di conquistare il primo succes-so in carriera, ma gli è andata male. Secondo me è stato giusto provarci, anche se il risultato, purtroppo, non l’ha premiato.SEI ,COME I GIRI AL COMANDO DI MORBIDELLI

PETRUCCI PRIMO PER SETTE GIRIA proposito di piloti al comando, per la prima volta nella sua carriera lo è stato anche Danilo Petrucci. Il pilota del Team Pramac, per la verità, ci era riuscito anche ad Assen, ma l’esposizione della bandiera rossa per la troppa acqua in pista, aveva di fatto annullato il suo mezzo giro al co-mando, che quindi non compare nelle statistiche. Fino ad oggi, sette piloti hanno effettuato almeno un giro in testa: Lorenzo (71 giri); Rossi (49); Màr-quez (47); Dovizioso (18); Miller (11); Petrucci (7); Iannone (5).SETTE, COME I PILOTI IN PRIMA POSIZIONE

UN ALTRO ITALIANO VELOCISSIMOSono tanti i piloti italiani che vanno fortissimo in Moto3: purtroppo non c’è nessuno che riesca ad essere costante, e per questo non siamo messi benissimo in classifica generale; ma ogni GP pos-siamo lottare per la vittoria o, quanto meno, per

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MotoGP

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il podio. Con il secondo posto di Andrea Locatelli, sono ben otto i piloti italiani che hanno conqui-stato almeno un podio in questa stagione: ovvero Fenati, Bagnaia, Bulega, Bastianini, Antonelli, Di Giannantonio, Migno e, appunto, lo stesso Loca-telli.OTTO, COME I PILOTI ITALIANI SUL PODIO IN MOTO 3 NEL 2016

TRE GRANDI PROTAGONISTIVisto che siamo in tema di Moto3, è giusto sot-tolineare la prestazione di Andrea Locatelli (2°), Enea Bastiani (3°) e Fabio Di Giannantonio (5°), grandissimi per diversi motivi: Locatelli, come detto, ha conquistato il suo primo podio in car-riera; Bastianini è andato forte per la prima volta in vita sua sul bagnato; Di Giannantonio, alla sua nona gara nel motomondiale, ha confermato di avere grande talento, ma anche grande maturità.

NOVE: E' IL VOTO CHE SI MERITANO LOCATELLI, BASTIANINI E DI GIANNANTONIO

UN TEAM MANAGER DA APPLAUSIIl Massimo voto, però, questa volta non va a un pilota, ma a un team manager: Lucio Cecchinello, che, finalmente, ha potuto festeggiare il secondo posto del suo pilota. Cecchinello è un team manager per certi versi atipico: pur essendo un “privato” e sempre alle prese con il budget, non fa mai mancare nulla al suo pilota, cerca sempre di accontentarlo in ogni richiesta. Non solo: il team LCR è un esempio di professionalità, ma anche di familiarità e umani-tà, viste tutte le iniziative a favore di bambini in qualche modo in difficoltà. Bravo Lucio!DIECI: VOTO DECISAMENTE MERITATO PER LU-CIO CECCHINELLO

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MotoGP

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DOPOGP CON NICO E ZAMIL GP DI GERMANIANona prova dell’anno, il GP di Germania ha visto il trionfo di un grandissimo Marquez e il naufragio delle due Yamaha. Parliamo di strategie, di gomme e di piloti

T rionfo di un grandissimo Marquez e il naufragio delle due Yamaha. Rossi soltanto ottavo dopo una prima parte da protagonista, e Lorenzo addirittura

quindicesimo. Con il nostro DopoGP cerchiamo di capire perché Jorge è stato così apatico e so-prattutto quali sono stati gli errori di Vale e del suo team, se di errori si può parlare, nella strategia e nella scelta delle gomme per la seconda moto.

Video

Il pneumatico intermedio di Michelin funziona come deve? La stessa Michelin non lo considera una vera opzione per la gara. Perché la seconda M1 di Rossi è stata così lenta sull’umido? E’ per via dello stesso problema che l’aveva rallentata il venerdì sull’asciutto con il fred-do, spiega tecnicamente l’ingegner Bernardelle.Ducati poteva vincere, invece Petrucci è caduto da leader della corsa (a proposito, perché la sua moto

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MotoGP

si è incendiata?) e il Dovi, che sul bagnato era for-tissimo, quando le condizioni sono cambiate ha potuto salvare solo il terzo posto. Alle spalle di un grande Cal Crutchlow. Ma le rosse avevano sorpreso per efficacia anche sull’asciutto, fin dalle prove del venerdì, ed è una bella iniezio-ne di fiducia perché su questa pista non avevano mai brillato. Poi si parla ancora clamorosamente di Stoner, che sta provando oggi e domani sull’A1 Ring e potrebbe rientrare per il GP d’Austria del 14 agosto. Questo sarà chiarito solo domani da Duca-

ti, che probabilmente trema per la crisi di Lorenzo anche se nega la circostanza.C’è ancora da capire –e il nostro DopoGP indaga- come mai la peggior Honda degli ultimi anni sta dominando di fatto il campionato, perché le Su-zuki sono finite così indietro, come stanno le Apri-lia. E festeggiare il podio di Locatelli e Bastianini in Moto3. Ora tutti vanno in vacanza fino a metà agosto. Poi appuntamento su una pista completa-mente nuova, della quale raccontiamo le caratte-ristiche salienti.

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GLI SCATTI PIÙ SPETTACOLARI DEL GP DI GERMANIA

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VAN DER MARK IN YAMAHA E MELANDRI SEMPRE PIÙ VICINO A DUCATIdi Carlo Baldi | Nella pausa estiva il mercato piloti si vivacizza. L’olandese non rinnova con Honda e passa in Yamaha, mentre Aruba insiste per Melandri. Torna Aprilia?

I motori delle superbike si riaccenderanno solo a metà settembre ed i team mana-ger hanno quindi il tempo per lavorare alla definizione delle squadre SBK 2017. Tra le

trattative ormai in dirittura d’arrivo c’è quella tra Michael Van der Mark ed il team Yamaha. L’olandese non ha rinnovato il contratto con la Honda Ten Kate ed è prossimo alla firma di un biennale con la squadra della casa di Iwata, in so-stituzione di Sylvain Guintoli. Per sostituirlo si è messo al lavoro il manager Honda Marco Chini, lo stesso che lo scorso anno ha portato Hayden in Superbike e che potrebbe stupire tutti anche quest’anno con un colpo a sorpresa. Il team Yamaha 2017 sarà con molta probabilità rivo-luzionato per quanto riguarda lo staff tecnico, nel tentativo di rendere competitiva la YZF-R1. Per quanto riguarda il compagno di squadra di VdMark restano molte le possibilità che Lowes venga riconfermato, anche se alla squadra di Do-soli non mancano certamente valide alternative.Tra i piloti che hanno bussato alla porta del ma-nager italiano c’è Eugene Laverty, la cui volontà di ritornare nel campionato delle derivate è ormai ben nota, ma c’è anche Davide Giugliano. Il pilo-ta italiano, nonostante un finale di campionato in crescendo, sa che difficilmente verrà riconferma-to dalla Ducati al fianco di Chaz Davies (per il qua-le manca solo la firma sul contratto) e si sta guar-dando intorno. La R1 potrebbe essere una moto che ben si adatta alle sue caratteristiche di gui-da, senza dubbio più della Panigale, con la quale Davide non ha mai trovato un grande feeling. Chi prenderà il suo posto? Anche in questo caso tra i candidati c’è Laverty, ma alla fine riteniamo che

prevarrà la volontà dello sponsor/padrone Aruba, che ha bisogno di un pilota che sia italiano e che garantisca visibilità e risultati. E’ l’identikit di Mar-co Melandri; il ravennate è ancora in trattativa con il team Puccetti, ma la sua scelta cadrà molto probabilmente sulla Panigale ufficiale, destinata quindi a scalare di un numero: dal 34 di Giugliano al 33 di Melandri. Per quanto riguarda il team di Puccetti non è escluso che, un volta ricevuto il ri-fiuto da parte di Marco, l’attivissimo manager ita-liano si rivolga proprio a Giugliano, per proseguire nel suo progetto Superbike. Voci sempre più insi-stenti parlano di un rinnovato interesse da parte di Aprilia per i campionati delle derivate dalla se-rie. La casa di Noale è attualmente legata al team Iodaracing, il cui patron Giampiero Sacchi però ultimamente non ha nascosto di essere alla ricer-ca di alternative ad una RSV4 sempre meno com-petitiva, senza aggiornamenti da parte della casa madre. Certo, se Albesiano ed il reparto Aprilia Racing tornassero ad occuparsi di Superbike, le cose potrebbero cambiare e Sacchi potrebbe tornare sui propri passi. A confermare le voci che riguardano l’Aprilia c’è da rilevare l’interesse del team Milwaukee per la moto italiana. La squadra inglese deve fare i conti con uno sponsor dotato di un ottimo budget, che però non richiede solo una grande hospitality, ma anche un team com-petitivo, che possa lottare per le prime posizioni. Da qui la decisione di lasciare l’evanescente BMW per passare alla casa di Noale. Se il matrimonio Aprilia-Milwaukee si concludesse il “rookie of the year” Lorenzo Savadori, pilota Aprilia, andrebbe a sostituire Brookes al fianco di Abraham, preferito all’inglese per la sua dote di sponsor.

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Superbike

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MXGPNAGL E FERRANDIS SI AGGIUDICANO IL GP DELLA REPUBBLICA CECA di Massimo Zanzani | Il tedesco centra una sonora e meritata doppietta MXGP, il francese fa altrettanto nella MX2; solo 7° Cairoli

M ax Nagl migliore regalo non po-teva farlo al team manager Antti Pyrhonen, col quale la sera prima aveva firmato l’accordo che lo lega

all’Husqvarna ufficiale anche per il 2017. Ovvero una doppia vittoria con la quale ha fir-mato la sua prima vittoria stagionale e che lo ha

rilanciato nella classifica generale portandolo a solo 16 punti da Tony Cairoli attuale inseguitore di Tim Gajser. Il tedesco ha mandato in porto due manche esemplari, la prima conquistata dopo essersi sbarazzato di Gautier Paulin al primo giro e poi tenendo a bada la pressione di Gajser, l’al-tra rimanendo alle spalle dello sloveno sino al 13°

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Motocross

giro quando il battistrada ha compiuto un errore del quale Nagl ne ha subito approfittato facendo poi ricorso a tutta la sua motivazione per conte-nere la rincorsa rabbiosa dell’avversario.Vista la determinazione del suo avversario, dopo alcuni svarioni Gajser ha giustamente preferito tirare i remi in barca e accontentarsi della secon-da piazza che gli ha dato ulteriore ossigeno in campionato che ora lo vede in vantaggio di 109 punti su Cairoli che, in sella alla KTM SX-F 350, non è riuscito a fare meglio di 7° e 8°.«Purtroppo abbiamo fatto l’errore di non provare abbastanza le partenze - ha spiegato il messine-se - abbiamo avuto solo una decina di giorni per mettere tutto a punto e questo aspetto lo abbia-mo tralasciato. E proprio in questa pista dove è necessario spuntare tra i primi perché poi è diffi-cile superare, sono sempre partito male. Comun-que il feeling con la moto è molto buono, si tratta

ora solo di mettere tutto bene a punto con i pezzi che stiamo preparando alcuni dei quali che avre-mo già la prossima settimana a Lommel per poi puntare alle prime posizioni».Il terzo gradino del podio è andato a Romain Febvre, il quale pur a corto di allenamento a cau-sa del suo infortunio inglese che lo ha tenuto fer-mo per quasi un mese si è battuto come un leone tagliando il traguardo entrambe le manche in 3ª posizione. Alle sue spalle hanno chiuso Clement Desalle, Jeremy Van Horebeek e Jordi Tixier.

MX2Giornata nera per la KTM nella MX2, che oltre ad aver dovuto fare a meno di Jeffrey Herlings per la frattura di una clavicola ha visto eliminato nelle prime battute di gara anche Pauls Jonass, mattatore della qualifica di sabato, che è caduto atterrando di poco fuori pista da un veloce salto

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in discesa procurandosi un non preoccupante trauma cranico ed altri acciacchi tra cui la frat-tura del naso.Via libera quindi al Dylan Ferrandis, che si è im-posto sia nella prima manche, dove è rimasto al comando per tutta la gara, che nella successiva dove ha guadagnato la testa del gruppo all’8° passaggio dopo essere rinvenuto dal 5° posto. Il francese, che si è portato a 127 lunghezze dal

leader Herlings, ha avuto buon gioco su Jeremy Seewer e Max Anstie terminati alternativamente 2° e 3°. A Samuele Bernardini il migliore risultato azzurro, 7° assoluto dopo aver compromesso la prima manche con una scivolata che lo ha spe-dito in 10ª posizione per poi rifarsi nella seguente che lo ha visto concludere 6°; solo 14° Michele Cervellin preceduto di una posizione da Davide Bonini. Soddisfazione tricolore anche nell’Euro-

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peo 65 che ha visto Matteo Russi assicurarsi la 2ª posizione dietro al lettone Edvards Bidzans e nella 85 dove Alessandro Facca si è aggiudi-cato il 3° posto. Mentre Nagl ha annunciato il suo rinnovo con Husqvarna giusto la domenica sera in conferenza stampa, e tra non molto non dovrebbe tardare anche la conferma dell’ingag-gio di Paulin Gautier da parte della Casa svede-se, pare che tra Honda e KTM sia iniziata una

guerra a colpi di rilancio in quanto l’offerta qua-driennale, a partire dal 2018, fatta ad Herlings dai giapponesi sia diventata molto interessante per l’olandese, ma a quel punto quella austriaca sem-bra abbia messo sul piatto una proposta molto alettante per Gajser che potrebbe comprendere anche un posto nella squadra statunitense. Vedremo se si tratta solo di voci di corridoio o se le illazioni avranno un suo seguito.

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