Monografia Stupor Mundi (Federico II)
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Credo che i collezionisti abbiano dato un enorme contributo
non solo al mercato ma agli stessi artisti…
Queste persone che comprano, che stabiliscono i valori del mercato,
fanno venire a tutti gli altri una gran voglia di emularli.
Philip Johnson
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di Roberta Bernabei
PALADINO
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un invito la pittura di Paladino, un invito a lasciare
l’esperienza ordinaria del quotidiano per immergersi, in silenzio, in luoghi emozionali dove informale e formale,
storia e natura, mito e modernità, evocazione di un’antichità lontana e frammenti del presente, si fondono in
un flusso libero di immagini potenti e coinvolgenti, opere che posseggono il fascino estetico del frammento
ma sono capaci di alludere a forme universali che ci appartengono, che invitano a recuperare quella capacità
di osservazione che rende disponibili e attenti a cogliere l’affascinante equilibrio dei contrasti di questo originale
linguaggio visivo. «Ciò che più mi interessa – afferma l’artista – è l’assoluta libertà di lettura attraverso il dato
fantastico che propongo: così il casuale stratificarsi di tutte le possibilità di decifrazione, che contemporanea-
mente danno scacco alla schematicità intellettualistica, generano uno stato di duplicità di riflesso, e quindi di
ambiguità, che credo sia una costante di tutto il mio lavoro» (1). L’arte di Paladino non è narrativa ma simboli-
camente evocativa: molteplici segni e forme figurative e astratte, ora descrittive, ora indecifrabili, vocaboli in-
tercambiabili di un lessico pittorico unico, e quindi inconfondibile, convergono sulla superficie articolata del
dipinto originando insiemi significativi che rendono la sua opera immediatamente riconoscibile.
Dopo l’iniziale esordio nell’ambito dell’arte concettuale, che aveva monopolizzato per alcuni anni il panorama
artistico internazionale, e dopo la realizzazione alla metà degli anni Settanta di fotografie contaminate dall’ir-
ruzione della scrittura, Mimmo Paladino rivendica il piacere della figurazione e nel 1977 appare un’opera che
annuncia tutta la produzione successiva: Silenzioso, mi ritiro a dipingere un quadro. Il dipinto è un punto di
svolta nella sua opera e segna la fuga dal dogmatismo intellettualistico e dai rigorismi del concettuale, indicando
all’artista la strada di un “ritorno” alla forma del quadro, alla pittura e alle sue infinite possibilità espressive.
Questa nuova fase, ascrivibile alla corrente denominata Transavanguardia, teorizzata e definita criticamente
da Achille Bonito Oliva, è caratterizzata da un nomadismo stilistico e dal recupero di miti, simboli e memorie
silenti e ancestrali, che non denunciano regressione o anacronismo ma rivendicano una libertà eclettica, la vo-
lontà di lavorare sul tempo e sul recupero di un passato, anche molto lontano, che appartiene alla storia della
nostra cultura figurativa. Un recupero per nulla rassicurante o addomesticato, anzi notevolmente sperimentale,
inquietante, eccessivo e a tratti anche audace. I cinque autori prediletti da Bonito Oliva, Enzo Cucchi, Sandro
Chia, Mimmo Paladino, Francesco Clemente e Nicola De Maria, sono artisti che, come afferma il critico, ope-
rano nel campo della Transavanguardia inteso come attraversamento della nozione di avanguardia senza alcuna
preclusione, adottando rimandi stilistici, formali, iconografici, narrativi, in tutte le direzioni.
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E’
Un’arte che si nutre di memorie
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Determinanti per la nascita della Transavanguardia sono state una serie di pubblicazioni di Achille Bonito
Oliva, come La Transavanguardia italiana (Milano, 1980) e La Transavanguardia internazionale (Milano, 1982),
e alcune mostre alle quali partecipano i cinque artisti: la sezione Aperto della Biennale di Venezia nel 1980
– e inoltre nel 1982 la grande rassegna Transavanguardia Italia/America tenutasi alla Galleria d’Arte Contem-
poranea “Emilio Mazzoli” di Modena, la settima edizione di “Documenta” a Kassel, la mostra
Avanguardia/Transavanguardia 68/77 tenutasi a Roma presso le Mura Aureliane (2). «L’arte finalmente ritorna
ai suoi motivi interni, alle ragioni costitutive del suo operare, al suo luogo per eccellenza che è il labirinto –
scrive Achille Bonito Oliva nel 1980, nel volume La Transavanguardia italiana, che segna l’esordio critico del
movimento (3) – inteso come “lavoro dentro”, come escavo continuo dentro la sostanza della pittura. L’idea
dell’arte alla fine degli anni Settanta è quella di ritrovare dentro di sé il piacere ed il pericolo di tenere le mani
in pasta, rigorosamente, nella materia dell’immaginario, fatta di derive […] e mai di approdi definitivi. L’opera
diventa una mappa del nomadismo, dello spostamento progressivo praticato fuori da ogni direzione preco-
stituita da parte di artisti che sono dei ciechi-vedenti che ruotano la coda intorno al piacere di un’arte che
non si reprime davanti a niente, nemmeno davanti alla storia. […] L’arte degli anni Settanta trova nella crea-
tività nomade il proprio movimento eccellente, la possibilità di transitare liberamente dentro tutti i territori
senza alcuna preclusione con rimandi aperti a tutte le direzioni. Artisti come Chia, Clemente, Cucchi, De
Maria e Paladino operano nel campo mobile della transavanguardia, intesa come attraversamento della no-
zione sperimentale dell’avanguardia, secondo l’idea che ogni opera presuppone una manualità sperimentale,
la sorpresa dell’artista verso un’opera che si costruisce non più secondo la certezza anticipata di un progetto
e di un’ideologia, bensì si forma sotto i suoi occhi e sotto la pulsione di una mano che affonda nella materia
dell’arte, in un immaginario fatto di un incarnamento tra idea e sensibilità».
Fra gli artisti della Transavanguardia, Paladino è quello più interessato alla continuità perfino con la pre-
cedente arte concettuale e minimalista – Joseph Beuys e Jannis Kounellis – infatti nella sua opera affiorano
influenze dell’arte italica e di quella primitiva, dei mosaici di Pompei e di quelli paleocristiani, dell’atmosfera
rarefatta e meditativa delle icone bizantine, suggestioni da Giotto, Paolo Uccello, Piero della Francesca,
echi dell’immediatezza e dell’intensità cromatica di Matisse ma anche di Hans Hofmann, della deformazione
corrosiva e della violenza coloristica adottate dagli artisti espressionisti tedeschi, degli impalpabili labirinti
segnici ideati da Paul Klee, allusioni all’incisività di figure e maschere che appaiono nella pittura di Picasso,
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Nella pagina accanto, Silenzioso, mi ritiro adipingere un quadro, olio su tela, 70 x 50 cm,1977
LʼArtista al lavoro
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alle inquietanti atmosfere di De Chirico, alla pittura poeticamente rarefatta di Osvaldo Licini, alla sintesi stilistica
operata da Mario Sironi, alla forza espressiva dell’Action Painting (conosciuta attraverso viaggi a New York).
Nelle sue creazioni scultoree – che iniziano ad apparire all’inizio degli anni Ottanta – sono evidenti legami con
Arturo Martini, Alberto Giacometti, Constantin Brancusi. A tutto questo va aggiunta la fascinazione operata
sull’immaginario dell’artista campano dalla religiosità misterica della sua terra, dalla potenza del mito, ma an-
che riflessioni su tradizioni altre, lontane, come quella del Brasile, dove Paladino ha compiuto diversi viaggi
che gli hanno dato l’occasione di conoscere la ritualità e il primitivismo di una cultura distante non solo geo-
graficamente, la quale ha lasciato sulla sua pittura un’emotività profonda e un’intensità nuova. Il concetto di
libertà eclettica nell’ispirazione e il nomadismo stilistico rappresentano nella loro complessità temi nei quali
l’artista si identifica: «nomadismo per me significa attraversare i vari territori dell’arte, sia in senso temporale
sia in senso geografico, con il massimo della libertà tecnica e creativa» (4).
Nell’evoluzione del linguaggio espressivo di Paladino il 1977 rappresenta un anno importante perché rea-
lizza Silenzioso, mi ritiro a dipingere un quadro, opera che, come suggerisce il pittore stesso, va anche con-
templata in silenzio – nel silenzio l’artista invita a recuperare le infinite “sonorità” dell’esperienza emotiva – e
nella quale sono presenti già molti elementi che si ritroveranno nella produzione successiva. «È un quadro
che dichiara il senso del dipingere – spiega Paladino: stanco dell’immagine fotografica che pure accostavo
ai disegni, comprai una tela standard 50x70 cm, i tubetti di colore a olio, e mi misi a dipingere un quadro con
la coscienza e lo scopo preciso di non voler dipingere nulla, se non l’atteggiamento stesso del dipingere. Ma
ero ben sicuro che sarebbe rimasto un unicum. Poco dopo averlo terminato feci una mostra a Torino e lo
esposi contestualizzandolo nello spazio della galleria segnato da disegni sulle pareti, e nel frattempo cominciai
a fare grandi superfici monocrome. La rinuncia a dipingere un quadro narrativo come Silenzio l’avevo ben
chiara, mentre pittori della mia generazione esploravano proprio questa via. In realtà mi sentivo ancora legato
al mondo dell’astrazione» (5). Nel dipinto compaiono tinte vivacissime e una evidente intenzione di annullare
ogni aspirazione narrativa o autobiografica, seppur poi accennata nel titolo dell’opera. Memorie, atmosfere
sospese, simboli, segni, tornano faticosamente a connotare la superficie pittorica, recuperati a fatica dopo
innumerevoli naufragi e oblii. Nonostante il sentimento di enigmatica solitudine e assorto silenzio, l’opera è
pervasa da un’atmosfera di pacata gaiezza che connota l’ambiente che accoglie la figura sulla destra, raffi-
gurata in un atteggiamento che svela il lato insolito ed enigmatico del reale. Quest’opera non narra una storia
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Veliero, pigmenti su tela, 50 x 70 cm, 1978
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ma si offre secondo associazioni inconsce, non reali, che non spiegano ma alludono disvelando una dimen-
sione temporale ferma, enigmatica, che trova il suo motivo d’essere in una manifesta aspirazione alla ieraticità
del classico, come sarà evidente, successivamente, nelle opere che appartengono al suo stile maturo.
Nei dipinti di poco successivi, Senza titolo (1978), Stregato (1978), Notturno (1978), Pieno di stelle (1979),
Poeta all’ombra (1979), Sul muro di novembre (1980), Senza titolo (1980), Con due dita (1980), Plenilunio
(1981), Paladino crea grandi campiture, spesso adottando colori vividi e accesi, da cui echeggiano schegge
11
Veliero, pigmenti su tela, 40 x 60 cm, 1978; inbasso, Stregato, tecnica mista su tela, 200 x300 cm, 1978
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di figurazioni arcane, indecifrabili, che alle volte assumono consistenza tridimensionale, come in Senza titolo
(1979), Porta (1980), Sul muro di novembre (1980), Rosso silenzioso (1980): sono memorie silenti, immagini
dal significato fuggevole, allusioni ad un mondo oscuro, ctonio, che si insediano sulla superficie del dipinto
incastonandosi alle volte timidamente, altre con notevole capacità assertiva. Poi segni e simboli prendono il
sopravvento con libertà eclettica sulla stesura colorata – alle volte pastosa e materica – degli sfondi, e sono
segni decisi e inquieti, vitalistici, un mondo di frammenti testimoni di una sotterranea oscurità, l’intuizione di
una spiritualità di sorprendente visionarietà, narrazioni enigmatiche che non si esauriscono nell’immagine:
Vieni qui a prendermi (1981), Giocolieri (1981), Notte di Pasqua (1981), Gli spiriti delle case (1981), Nuotatori
(1981), Grande Cabalista (1981-82), Senza titolo (1982), Senza titolo (1983), Viandante (1983), Scorticato (1983).
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Notturno, pigmenti su tela, 50 x 60 cm,1978; in basso, Con due dita, tecnica mi-sta su tela, 200 x 360 cm, 1980; nellapagina accanto, Porta, tecnica mista sutela, 220 x 80 x 15 cm, 1980
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In alto, Rosso silenzioso, tecnica mista sutela, 300 x 465 cm, 1978; in basso, Vieni quia prendermi, encausto su tela, 200 x 400 cm,1981
Nella pagina accanto, Quadro muto pitturabugiarda, olio su tela e legno, 220 x 150 cm,1983
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L’agile fluttuazione di segni e simboli con il passare del tempo assume quasi la forma di un racconto inten-
zionalmente incoerente dal punto di vista narrativo, un evocativo sincretismo capace di creare un incanto di
notevole incisività emotiva, un mondo arcaico assorto che si rivela e prende energia nella sapiente orchestra-
zione di forme e di colori, spesso squillanti e vitalistici – Senza titolo (1983), Tre comete (1983) – icone che
raccolgono nello spazio del quadro pensieri dipinti, di un realismo sempre e comunque intriso di mistero, di
attesa fremente, di sospesa evocazione di atmosfere ancestrali, mitiche, di potente suggestione: si vedano
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Notte di Pasqua, olio su tela, 200 x 305 cm,1981
Nella pagina accanto, Plenilunio, olio su tela,110 x 90 cm, 1981
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ad esempio Alle prime luci dell’alba (1981), Senza titolo (1982), Ara (1982), Senza titolo (1983), Spiriti che abi-
tate le mie mura (1984), Sonno al tempio (1984), Vasca (1984), Una pittura lontana venti anni (1984), Senza
titolo (1985), 1953-Film (1985).
Sono questi gli anni in cui l’artista inizia l’esperienza appassionante e fertile d’esiti creativi nel mondo del-
l’incisione: acquaforte, acquatinta, xilografia, linoleografia, diventano tecniche essenziali all’ulteriore sviluppo
espressivo. Dal 1983 in poi Paladino avvia inoltre una ricerca autonoma della terza dimensione in sculture
anche di grande formato: da questo momento pittura e scultura si svilupperanno di pari passo nella sua pro-
duzione artistica. «Quasi seguendo la raffinata composizione della simbologia araldica, le icone di Paladino
dispiegano un esoterico dizionario iconografico attraverso il quale è possibile ridefinire la mappa di una delle
più interessanti poetiche contemporanee – scrive Danilo Eccher: infatti proprio la ricca enciclopedia di imma-
gini raccolta nelle icone consente, quasi come fossero le pagine di un intimo e segreto manuale di magia, di
estendere i criteri interpretativi a tutto il complesso linguaggio artistico di Paladino. [...] Nelle icone l’immagine
non rappresenta, è. La sua sacralità risiede proprio nell’assoluto mistero del simbolo che assorbe in sé il peso
intero della verità. Come de Chirico, anche Paladino utilizza i propri dettagli per scombinare lo sguardo, libe-
rarlo dall’ossessione dell’immagine, consentire sobbalzi e nuove fantasie interpretative. La superficie è così
percorsa dall’ansia di scorgere nuovi frammenti, di imbattersi in dettagli inattesi, sulla cui scia accedere a
nuove emozioni. [...] Abbandonarsi alla lettura delle icone – conclude Eccher – significa affrontare il viaggio
nel buio dei segreti della poetica di Mimmo Paladino, significa riconoscere il suo carattere, abitare le sue me-
morie, frequentare il popolo delle sue visioni. Allora sarà possibile riconoscere le icone nascoste nelle grandi
tele, affiorare nei disegni, emergere nelle sculture, sarà possibile cioè ridefinire la complessa articolazione di
quest’arte» (6).
Dall’inizio degli anni Ottanta Paladino, che ha sempre lavorato portando a termine più di un’opera contem-
poraneamente, crea una serie di dipinti che spesso si appropriano, come superficie pittorica, anche dello
spazio tradizionalmente attribuito alla cornice. Sono opere sagomate e quindi a metà strada tra la pittura e la
scultura, creazioni che spesso presentano inserzioni polimateriche, capaci di appropriarsi con audacia creativa
della materia che contiene in sé tutto il potenziale espressivo. Queste icone quindi non cercano più solo di ri-
produrre lo spazio della rappresentazione ma lo costruiscono in termini reali e concreti facendone il luogo
eletto ad accogliere interazioni eterogenee tra materiali non omogenei, suggerendo l’idea di una spazialità
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Grande cabalista, olio e pigmenti su tela indue parti, 225 x 280 cm, 1981-82
Nella pagina accanto, Senza titolo, olio su telae legno dipinto, 330 x 221 cm, 1983
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Nella pagina accanto, Spiriti che abitate le miemura, olio su legno e tela, 69 x 87 cm, 1984
Scorticato, olio su legno e tela, Ø 300 cm,1983
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intrinseca all’opera: si tratta di un nuovo modo di guardare la materia e le sue molteplici possibilità espressive.
In opere quali VINCItore/Tutta la musica del bosco/qui davanti/Passaggio di segreti (1982), La virtù del fornaio
in carrozza (1983), Senza titolo (Tronchi d’albero) (1983), Quadro muto pittura bugiarda (1983), Le tane di Napoli
(1983), Senza titolo (1983), Una pittura lontana vent’anni (1984), Film 1953 (1985), Veglia (1985), Parade (1985),
Vento orfico (1985), Porta d’Occidente (1988), Choral (1988), Paladino evoca segreti di cui ha scarso desiderio
di svelare il significato, mette in scena immagini che sono fuori da ogni codice, che hanno un forte carattere
rituale, sotterraneo, esoterico, che sembrano appartenere a una civiltà lontana nel tempo, scomparsa, di cui
viene evocata sulla superficie dell’opera una traccia, una testimonianza. Queste opere notturne, umbratili,
popolate da figure che emergono da fondi scuri, che abitano spazi dall’atmosfera sospesa e silenziosa, imitano
le strategie narrative e compositive dei dipinti antichi, con la potenza arcaica della loro simbologia che sfugge
ad ogni tentativo di districarne il significato in quanto la narrazione si esaurisce proprio nell’immagine, nella
forza dei segni, di primitivistica forza espressiva, i quali è come se azzerassero secoli di civiltà pittorica per
tornare ad origini tribali, ad un passato ancestrale. La stregonesche e visionarie presenze che abitano questi
dipinti appartengono ad un’iconografia inquietante che prepotentemente allude alla morte e ai suoi riti, im-
magini di lontananza mitica che appartengono al mondo immaginativo dell’artista ma anche alla storia dell’arte
e della cultura. L’artista non vuole abbandonare il linguaggio scritto all’unilateralità e all’astrazione del con-
cettuale, né – come scrive Germano Celant – «il desiderio, inconscio nella scelta, di condurre in altro territorio,
più sensuale e storico, l’arte, riavvicinandola al mito genuino e naturale di culture che sono ‘evocate’ e vanno
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salvaguardate. Un’aspirazione ad attingere in entrambi i territori del presente e del passato, per costruire una
lingua non fredda e indifferente, ma vissuta e storica» (7).
A partire dagli anni Novanta Paladino approda, in opere di sempre maggiori dimensioni, ad un vitalismo
sincretico, ad una dilatazione espressiva e compositiva, ad una soggettività enigmatica ma energica, che si
nutre della polivalenza di motivi e di stimoli espressivi anche attraverso la libera associazione di forme inattese,
segni di grande forza, raffinati e sorprendenti accostamenti cromatici, che apportano alle sue creazioni nuovi
riflessioni e inaspettate aperture. In questa fase la scultura, che aveva costituito una sorta di naturale prose-
guimento e una esplorazione parallela alla matericità della pittura, si afferma e assume presto anche un ca-
rattere di monumentalità: nascono in questo contesto le grandi installazioni a carattere ambientale, come La
montagna di sale a Napoli (1990-95), Dormienti (1998), Caduto a ragione (1998), Carro (1999), Senza titolo
(2000), Guerriero di pace (2002), Disco per Beuys (2004), forme spesso essenziali che non hanno alcun intento
narrativo, espressioni evocative polimateriche e polifoniche, arricchite dalla consapevolezza della modernità,
capaci di coniugare emozioni colte ed energia dirompente, un’esperienza estetica dove immagini, idee, ma-
teria convivono, forme che si offrono alla luce con la loro compattezza, capaci di attrarre lo sguardo annullando
tutto ciò che sta intorno e che tendono spesso anche verso l’architettura.
«Non ricordo quali possono essere stati gli inizi – spiega Paladino, raccontando quando ha avuto inizio il
suo rapporto con l’architettura – forse però la costruzione del mio studio [a Paduli, presso Benevento] è stato
un momento importante: mi sono trovato a dover costruire uno spazio in relazione alle mie esigenze di mo-
vimento, di studio e di lavoro all’interno di esso. In particolare, quando dipingo, è importante che la luce sia
in un determinato posto piuttosto che in un altro. Poi nel tempo, venendosi ad accumulare una serie di lavori
architettonici, per ragioni di committenza o di mio personale interesse, mi sono reso conto che ciò che io im-
maginavo spazialmente lo avevo già realizzato sul disegno e in pittura: quando leghiamo insieme tre linee nel
disegno, per un gesto istintivo, innato, siamo portati a dargli un senso nello spazio» (8). Lo stesso Paladino
racconta il suo incontro con la scultura: «mi ritrovai per caso a modellare, o comunque in seguito a una coin-
cidenza fortuita. Nel 1982 il gallerista Emilio Mazzoli mi chiese di provarci, consigliandomi di lavorare a Pie-
trasanta, ne uscì Giardino chiuso. Dovendo pensare alla scultura, il mio punto di riferimento naturale non poté
che essere Arturo Martini con la sua composizione geometrica e la fissità arcaica delle sue figure, forse in
maniera anche imprevedibile per un artista che lavorava in un periodo orientato verso altri maestri» (9).
Nella pagina accanto, lʼartista al lavoro perRomanzo epico, 2005
Nelle pagine precedenti: Zenith, alluminio,290 (h) x 50 x 50 cm, 2007, installazione alMuseo dellʼAra Pacis, Roma, 2008; I dor-mienti, installazione con sculture di terracottae ferro, Poggibonsi, Fonte delle Fate, 2000
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La poliedrica versatilità e i suoi molteplici interessi culturali hanno portato l’artista ad operare anche in
ambito teatrale e cinematografico: risale alla fine del 2005 la grande mostra dedicata al Don Chisciotte di
Cervantes allestita al Museo di Capodimonte a Napoli con dipinti, sculture, disegni e il film Quijote che è
stato poi presentato al Festival del Cinema di Venezia del 2006. Nella stessa occasione Paladino realizza un
libro d’artista con 60 opere grafiche e gli acquerelli che illustrano l’edizione integrale del Don Chisciotte,
pubblicati dalla casa editrice Editalia/Gruppo Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, e successivamente
presentati in mostra a Palermo, a Palazzo Sant’Elia (2008). «Il quadro o la scultura – spiega Germano Celant
– si tramutano allora in un habitat che si nutre di sacralità e di enigmi, di colori e di geometrie, di parole e di
simboli. Un territorio iniziatico dove tra tutti i segni esiste continuità. [...] Paladino costruisce “soglie”, in
forma di pitture, attraverso cui passano le contraddizioni e le possibilità dei diversi gradi del pensare immagini.
Sono momenti bifronti in cui si allude alla polarità del suo muoversi, dove la parola e la figura sono estrema-
mente solidali. […] L’arte è allora scrittura solidificata, quella che mette in armonia tutti i linguaggi, scrittura,
architettura, cinematografia, musica e teatro, tanto che Paladino, negli anni a venire, si impegnerà in essi» (10).
Diverse opere degli anni ’90 e dell’ultimo decennio appaiono realizzate intorno alla riflessione sul sacro e
sulla religiosità che connotano il concetto di icona. «L’idea dell’icona mi piace – afferma Paladino – perché mi
pare che storicamente il monaco prima di dipingere meditasse per lungo tempo. L’icona stessa era un’espe-
rienza di meditazione e quest’idea della concentrazione massima su un piccolo oggetto mi piace» (11). L’artista
27
Nella pagina accanto, una tavola del librodʼartista Don Chisciotte edito da Editalia in100 esemplari, acquaforte, acquatinta e col-lage, 2005
Fotogramma dal film Quijote, 2006, con Pep-pe Servillo; in basso, Vento dʼacqua, bronzo,circa 120 x 200 cm (ogni scultura), 2005; nellepagine successive, Canto I, olio su tela, 225x 325 cm, 1995
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recupera il significato contemplativo attraverso l’adozione di volti enigmatici, tondi, stelle, carri, croci e, in al-
cune opere, anche l’uso dell’oro, che conferiscono a queste immagini una complessità di significati, un clima
di religioso trasporto, un’accentuata aspirazione all’estasi della contemplazione. «Assumo l’idea della croce
– afferma Paladino – solo come segno che riporti bellezza estetica e non tanto per il valore simbolico di cri-
stianità o di primitivismo. L’oro è per me materia di alchimia, di mutazione di qualcosa di prezioso, di sfolgo-
rante, che viene dal sottosuolo, in quanto nella mia pittura è importante la qualità luminosa. Intendo la luce
dell’oro come per i Bizantini, una qualità che voleva annullare qualunque cosa, una specie di horror vacui,
delle figure che navigano quindi in un’idea di inafferrabile» (12).
L’opera Senza titolo del 2003, una narrazione per imma-
gini, assorte e contemplative, emergenti – alcune tri-
dimensionalmente – da una preziosa superficie
oro, veicolo per esprimere una visione anche
spirituale che coinvolge la sfera del sacro
suscitando un vibrante sentimento di ar-
caico misticismo, esprime perfettamente
questa nuova riflessione intorno al con-
cetto di icona. «L’oro e l’immaterialità
dell’imperscrutabile superficie splen-
dente – scrive Rudy Fuchs – hanno af-
fascinato anche gli artisti moderni,
come Yves Klein e Lucio Fontana.
Questo è inevitabile: nella cultura cri-
stiana europea l’oro è un materiale alta-
mente liturgico, il divino portatore di luce.
Luce non solo come lucentezza e splendore,
ma come luce che incorona. […] Paladino suo-
na l’oro come il violinista il suo strumento» (13).
Elementi distintivi nell’opera di Paladino, sempre in
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Paladino nello studio di Paduli
In basso, Senza titolo, olio su tela montata sulegno, Ø 250 cm, 1993; nella pagina accanto:a sinistra, Euclide II (part.), olio su tela, 250 x195 cm, 1999; al centro, Senza titolo (part.),olio su tela, 200 x 300 cm, 2004; a destra,Euclide I (part.), olio su tela, 250 x 195 cm,1999
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(1) Mimmo Paladino. L’opera su carta 1970-1992,catalogo della mostra (Trento, Galleria Civica d’Ar-te Contemporanea) a cura di D. Eccher, Milano1992, p. 8.
(2) Tale tendenza al recupero di sistemi tecnicitradizionali come la pittura, il disegno, la scultura,e della figurazione come linguaggio espressivoprivilegiato, viene ulteriormente confermata an-che dal padiglione tedesco ai Giardini di Castellodella biennale veneziana dove a rappresentare laGermania sono chiamati Georg Baselitz e An-selm Kiefer. Tali nuove correnti artistiche, paral-lele alla Transavanguardia, sono indicate con lapiù generica definizione di Neo-Espressionismo,termine usato anche per le strette relazioni tra ipittori tedeschi (fra cui Gerhard Richter) e un fi-lone dell’arte americana contemporanea (Jean-Michel Basquiat, Julian Schnabel, David Salle)
diversa dal punto di vista formale ma ugualmenteneoespressionista.
(3) A. Bonito Oliva, La Transavanguardia italiana,Milano 1980, p. 44 e sgg.
(4) A. Vettese, Mimmo Paladino, in “Flash Art In-ternational”, n. 134, maggio 1987, p. 99.
(5) F. Arensi, Cortocircuito, in Paladino PalazzoReale, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Rea-le) a cura di F. Arensi, Firenze 2011, p. 154.
(6) D. Eccher, Il segreto delle icone di Mimmo Pa-ladino, in J. Sallis, D. Eccher, Paladino. Una mo-nografia, Milano 2001, pp. 48-56.
(7) G. Celant, Tra le radici: Mimmo Paladino, in Pa-ladino Palazzo Reale, cit., p. 48.
(8) R. Fuchs, La luce coronata, in Paladino. I maestridi Terrae Motus, catalogo della mostra (Reggia di Ca-serta) a cura di E. Cicelyn, Milano 2004, pp. 117-118.
(9) F. Arensi, cit., p. 157.
(10) G. Celant, cit., p. 57.
(11) Ibidem, pp. 59-60.
(12) Il testo dell’intervista a Paladino di G. Politi, G.Di Pietrantonio, H. Contova è pubblicato in: G. Ce-lant, cit., p. 60.
(13) R. Fuchs, cit., pp. 8-16.
(14) Ibidem, p. 82.
equilibrio sul crinale tra astrazione gestuale e figurazione evocativa, sono cifre e forme come le teste – alle
volte più definite, altre volte semplici sagome – e i palmi di mani aperte, che emergono con calibrata eloquenza
interrompendo l’integrità della superficie pittorica vigorosamente connotata da colori spesso accesi e violenti:
sono archetipi di emblematica allusività con un valore puramente evocativo, i quali si riferiscono a tematiche
di ordine mitico che rimandano ad un contesto culturale ellenico (Canto I, 1995; Euclide I, 1999; Euclide II,
1999), italico (L’Etrusco, 1998-99; Monte di Lucania, 1999; Paesaggio di Tarquinia, 1999), o più in generale
mediterraneo (Parade, 1994; Canto I, 1995; Rapsodia IV, 1997-98). Tali frammenti di idoli, vagamente reliquiari,
dal valore quasi oracolare, totemico, magico-sacrale, invitano all’introspezione, ricongiungono i tempi recu-
perando profondi echi della storia e dell’esistenza (L’ospite della sera, 1994; Miracolo I, 1995; Testa, 1999;
Paesaggio con testa, 1999; Senza titolo, 2003; La stanza danzante, 2004; Senza titolo, 2004), sono segni di
un tempo perduto, immagini introiettivamente evocate che connotano in modo unico il linguaggio di Paladino
che trova ispirazione proprio in tali memorie ancestrali. «L’opera di Paladino si espande nel futuro e fino ad
oggi in tutte le direzioni possibili, manifestando un’attitudine propositiva del tutto singolare nel panorama
contemporaneo. Dal disegno al quadro, dalla pittura alla scultura, dall’architettura alla scenografia, sembra
che l’arte possa ricostruire ordine e senso, ricreando un universo senza tempo, in cui tornino a circolare storie
e leggende che renderanno abitabile la terra e affascinante la vicenda umana» (14).
NOTE
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È un’esperienza estetica ed emozionale, una gratificazione ottica e interiore, avere tra le mani un’opera di
un grande artista, osservarla, leggere i dettagli, assaporare con la mente i colori, i loro abbinamenti, i contrasti,
seguire le linee che si susseguono e dialogano in un discorso muto ma avvincente, guardare come ogni forma
magicamente si nutre e si esalta nella sapiente giustapposizione che trova, nell’insieme di quella creazione,
l’equilibrio perfetto che sa esprimere pensiero, sentimento e significato in un’armonica risonanza di particolari
perfettamente orchestrati. Un’opera d’arte è sempre e comunque un viaggio verso un paesaggio della mente
che è fatalmente anche un paesaggio di idee, di immagini, di allusioni a una dimensione collocata tra realtà,
percezione, immaginazione. Mimmo Paladino è un grande sperimentatore ma è anche un artista che ama
una tecnica tradizionale come l’incisione, che trova avvincente impegnarsi per trovare il giusto modo di piegare
modalità esecutive antiche e ormai acquisite a una sensibilità nuova, nutrita di suggestioni e di immagini che
trovano ispirazione in un mondo ricco e variegato.
Stupor Mundi è un’opera nata in questo contesto di ricerca continua che caratterizza tutta la brillante car-
riera di Paladino. Questa xilografia eseguita nel 2010, realizzata utilizzando ventidue legni incisi e sagomati e
poi stampata con diciassette colori, è dedicata ad uno dei più celebri personaggi del Medioevo, l’imperatore
Federico II di Svevia (1194-1250), la cui corte divenne un luogo di incontro e fusione di molte culture. Questa
straordinaria figura, che ha saputo lasciare una traccia profonda nella cultura della sua epoca e nella storia
del Meridione d’Italia, ha attirato l’attenzione di Paladino il quale, da uomo del Sud, gli ha voluto rendere
omaggio. Appartenente alla nobile famiglia sveva degli Hohenstaufen, Federico II era popolarmente cono-
sciuto come Stupor Mundi, ovvero “meraviglia del mondo”, un appellativo che derivava dalla sua inesauribile
curiosità intellettuale e da un eclettismo che lo portò ad approfondire numerosi ambiti del sapere: la filosofia,
l’astrologia, la matematica, la letteratura, la medicina. Federico II scrisse anche un libro, un manuale sull’arte
della falconeria, il De arte venandi cum avibus, “L’arte della caccia con gli uccelli”, che Paladino cita in questa
xilografia di grande formato.
L’opera, composta di varie sezioni giustapposte tra loro e connotate attraverso l’uso di colori diversi, ruota
intorno alla figura dell’imperatore, raffigurato al centro, di profilo, ieratico, assorto, quasi un’evocazione. Os-
servando l’opera di Paladino viene immediatamente alla mente la celebre immagine che raffigura Federico II
in trono, con accanto l’aquila imperiale contenuta nel manoscritto del trattato duecentesco De arte venandi
cum avibus, conservato nella Biblioteca Vaticana (Pal. Lat. 1071). Nella xilografia di Paladino in alto a sinistra
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L’Arte incontra l’Arte
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è raffigurato un profilo incombente, scuro, enigmatico, che affiora come un ricordo, mentre a destra appare
la sagoma di un uccello allusivo sia al vessillo imperiale sia ai falconi con i quali l’imperatore andava a caccia.
Federico II ha il braccio alzato simbolo della volontà del potere, quello imperiale, che comanda. La luce di
una candela, non solo fisica ma anche fortemente simbolica, allusiva alla luce della conoscenza, è posta in
alto, mentre più in basso, sempre a sinistra, appare una tazza, dalla forma semplice, che conferisce valore e
significato alla potente evocazione di una storia lontana e pregnante di significati. A sinistra dell’immagine
dell’imperatore appare una porta, un efficace simbolo del concetto di “passaggio” da uno stato ad un altro,
tema che Paladino ha più volte affrontato. La porta – con il concetto di soglia: luogo in comune tra ambiti di-
versi – sta a simboleggiare il dialogo e la necessaria accessibilità che diverse culture producono (pro-ducere)
per gli stessi significati fondamentali dell’esistenza dell’uomo, proprio come avveniva nel cenacolo culturale
che si riuniva attorno a Federico II, principe organizzatore delle diversità in ossequio all’ideale di Imperium
romano che con lui vivrà il definitivo tramonto. La porta restando chiusa sta a significare una potenzialità allo
stato puro che a tutt’oggi resta ancora da poter essere colta. Da Stupor Mundi a Imago Mundi.
Le sigle araldiche che connotano i diversi spazi di cui è composta questa xilografia appaiono decantate da
ogni aspirazione mimetica del reale e si riducono all’essenziale, a una salda bidimensionalità, assumendo un
carattere più mentale, meditato, assorto. I tratti forti, decisi, i colori intensi, la sapiente giustapposizione delle
singole parti conformano e connotano un insieme che è suggestivo, inedito e complesso, e che sa dialogare
con il passato ma anche inserirsi in modo straordinariamente unico nell’espressività contemporanea.
Paladino ha più volte scelto la xilografia come tecnica per realizzare le sue incisioni, una tecnica con una
storia che risale a moltissimi secoli fa. La xilografia è l’arte di incidere il legno per ottenere una matrice di
stampa che viene successivamente inchiostrata e utilizzata per la realizzazione di più esemplari dello stesso
soggetto, su carta e a volte su seta. Sulla matrice l’intaglio è eseguito attraverso l’uso di coltellini affilati e
sgorbie, risparmiando il disegno da riprodurre che quindi risulta a rilievo. La tecnica è di origine cinese e risale
al VI secolo d.C., fu introdotta in Giappone nel corso dell’VIII secolo e per circa ottocento anni fu monopolio
quasi esclusivo dei monasteri buddisti che se ne servivano per diffondere i testi sacri. Conosciuta in Europa
fin dal XII secolo, fu utilizzata a partire dal Trecento per la stampa di immagini sacre, carte da gioco e per l’il-
lustrazione di testi: essendo un tipo di incisione a rilievo, la matrice di legno veniva inserita nelle forme tipo-
grafiche e così era possibile stampare contemporaneamente il testo e le immagini. Nel XVI secolo la xilografia
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Nella pagina precedente, lʼartista al lavoro perla mostra I Maestri di Terraemotus alla Reggiadi Caserta, 2004
Strumenti di lavoro e “lista degli artisti” nel la-boratorio di Romolo e Rosalba Bulla
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assurse a una grande dignità artistica, che il celebre incisore Albrecht Dürer condusse a livelli altissimi. Sempre
nel Cinquecento si diffuse la tecnica di incisione detta a chiaroscuro con due, tre e quattro legni, per ottenere
stampe a colori: l’invenzione è da attribuirsi al veneto Ugo da Carpi. Caduto in oblio nei secoli XVII-XVIII per
l’affermarsi della calcografia e della litografia, il linguaggio netto e sintetico della xilografia venne recuperato
da parte di numerosi esponenti del Post-Impressionismo e dell’Espressionismo alla fine dell’Ottocento, anche
grazie alla diffusione delle stampe giapponesi che cominciarono a circolare in Occidente.
Paladino ha lavorato a quest’opera in stretta sintonia con gli artigiani che hanno saputo tradurre il suo
segno netto e pregnante. L’artista è partito dalla testa di profilo al centro del foglio, quasi un’icona sacra mo-
derna, che ha personalmente sagomato nel legno e poi inciso attraverso l’uso di coltellini affilati e sgorbie. La
xilografia prevede diversi colori e quindi l’artista, lavorando presso lo studio della Stamperia litografica Bulla
di Roma, ha preparato matrici diverse, ognuna destinata ad essere inchiostrata con un particolare colore.
L’opera Stupor Mundi non è stata solo stampata presso questa stamperia, ma è proprio nata negli stessi
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Prove di stampa in controparte; in basso, di-sposizione delle sagome e montaggio dellamatrice xilografica
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ambienti dove da circa cinquant’anni lavorano Romolo e Rosalba Bulla, in via del Vantaggio, a due passi dal-
l’Accademia di Belle Arti di via Ripetta: Paladino, come raccontano i fratelli Bulla, ha iniziato a lavorare a
questa xilografia con grande impegno, e loro hanno potuto assistere con emozione e partecipazione a tutte
le fasi creative che hanno condotto all’opera compiuta.
La collaborazione tra l’artista e questa stamperia storica di Roma risale a diversi anni fa: i Bulla hanno in-
contrato Paladino nel 1994 in occasione delle stampe realizzate per il libro Dogana, una raccolta di litografie
originali, poesie e fotografie di diversi autori, e da allora hanno collaborato spesso con l’artista campano. Pa-
ladino, come ricordano i fratelli Bulla, è sempre stato un forte sperimentatore, un artista che si è dedicato alla
grafica con grandissima competenza, con esperienza e inventiva, ricercando con costanza e impegno nuove
tecniche per poter raggiungere risultati inediti e innovativi. Stupor Mundi è nata in questi ambienti dove sono
passati negli ultimi cinquant’anni numerosissimi e celebri artisti non solo italiani, che hanno trovato nelle mani
e nei gesti dei Bulla la più perfetta collaborazione e intesa per realizzare le loro opere di grafica.
Paladino quindi, una volta sagomate e definite le diverse matrici di legno che compongono la sua opera,
con le sgorbie ha praticato le incisioni sulla superficie del legno riducendo le figure e le immagini agli elementi
espressivi fondamentali. Una volta raggiunta la conformazione definitiva nella giustapposizione dei diversi
elementi, l’artista ha scelto i diciassette colori, sempre in stretta sintonia con i fratelli Bulla.
A questo punto è iniziato il lavoro certosino dei due artigiani che hanno proceduto nel definire il registro sul
quale comporre le matrici di legno ognuna con il suo colore. Infatti per i vari colori si devono preparare matrici
diverse, ognuna specificamente inchiostrata, e ricomporre poi sul registro la posizione delle singole parti che
andranno a formare l’opera compiuta. Per registro dei clichés, nella stampa a più colori, si intende il segno
che indica il limite esatto per la distribuzione dei colori di cui si effettua la stampa con ciascun cliché (mettere
a registro significa collocare i clichés in modo che i segni del registro si sovrappongano esattamente). La dif-
ferenza fondamentale tra la xilografia giapponese e quella occidentale è che i giapponesi non usano il torchio
ma stampano a mano con uno strumento particolare detto baren, che spesso amano costruire da soli con
fibre di bambù intrecciate intorno ad un supporto circolare formato dalla sovrapposizione di più fogli di carta
incollati fra loro. Il foglio per la stampa è precedentemente inumidito, viene quindi posizionato sulla matrice
o sulle matrici di legno inchiostrate – sistemate utilizzando le tacche di registro – su di esso viene posto un
altro foglio di carta stavolta asciutto: col baren si esercita, attraverso sapienti movimenti circolari, la pressione
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Il baren, strumento di origine giapponese conil quale il foglio, attraverso movimenti circolari,viene pressato sulla matrice per il trasferimen-to dellʼinchiostro; nella pagina accanto, messaa registro dei clichés
Nelle pagine successive, strumenti per la sa-gomatura e lʼinchiostratura delle matrici xilo-grafiche; la stesura dei colori, dalle tinte piùchiare alle cromie più accese; prove di stampacon la pregiata carta giapponese Okawara
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necessaria al trasferimento dell’inchiostro sulla carta. È quello che hanno fatto i Bulla per realizzare le stampe
dell’opera di Paladino, recuperando la tecnica giapponese. Come loro stessi raccontano, la stampa dei colori
chiari ha preceduto quella delle cromie più accese. Ogni volta che hanno inchiostrato una matrice con un
piccolo rullo seguendo movimenti ormai consueti ma derivati da una pratica più che trentennale, l’hanno po-
sizionata sul registro sul quale hanno adagiato il grande foglio di carta – in questo caso molto pregiata, la
Okawara delle cartiere giapponesi Awagami – e poi attraverso il baren hanno trasferito il colore sul foglio. Una
volta utilizzati i primi colori si è proceduto alla stampa dei successivi aspettando per ogni passaggio che l’in-
chiostro tipografico fosse perfettamente asciutto sul foglio.
I Bulla hanno una grandissima esperienza in quanto sono i discendenti di una famiglia franco-elvetica di
stampatori ed editori d’arte con una lunga tradizione alle spalle, che si dedica a questa attività con grande
successo da quasi duecento anni. François Bulla giunse a Parigi dal Canton Ticino con la moglie e i cinque
figli nel 1818 e fu attratto dalla nuova tecnica della litografia che ebbe da subito un grandissimo successo: si
trattava di un metodo di stampa con lastra piana che adoperava come matrice la superficie levigata di una
pietra e che utilizzava per l’inchiostratura un procedimento fisico-chimico, adottato per la prima volta dal pra-
ghese Alois Senefelder, basato sulla repulsione fra acqua e sostanze grasse. Presentata ufficialmente al Salon
parigino del 1817, la tecnica monopolizzò l’attività di François Bulla e successivamente di tutti i suoi figli, im-
pegnati nel laboratorio parigino.
Anselmo, il bisnonno di Romolo e Rosalba, aprì a Roma nel 1840 una stamperia litografica che iniziò presto
a lavorare per il Vaticano e le maggiori istituzioni romane. Nel corso degli anni Roberto ha affiancato il padre
nell’attività di famiglia così come hanno fatto cinquant’anni fa Romolo e Rosanna, imparando da ragazzi tutti
i segreti della stampa, compreso il recupero di una tecnica antica e difficile come la xilografia. Attraverso le
stanze della stamperia Bulla sono passati grandi artisti: da Giuseppe Capogrossi a Giorgio De Chirico, da
Jim Dine a Pietro Dorazio, da Giacomo Manzù a Carla Accardi, da Mimmo Paladino a Jannis Kounellis. «Rea-
lizzare una stampa con un grande artista è un’esperienza davvero stimolante – afferma Romolo – ogni volta
impariamo qualcosa di nuovo anche noi. Quando un artista arriva nella nostra stamperia deve sentirsi a suo
agio per esprimere al meglio quello che ha in mente, l’opera che dovrà compiersi attraverso il nostro suppor-
to». «Ogni opera d’arte che realizziamo – aggiunge Rosalba – è un viaggio che si fa insieme all’artista, un
viaggio molto piacevole che ti conduce ogni volta verso nuovi traguardi tecnici».
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Lʼartista firma e numera ogni singolo multiplo
Nella pagina accanto, Stupor Mundi, 108x79cm, xilografia a 17 colori incisa su 22 legnistampata a mano con baren giapponese sucarta pregiata Okawara, 30 copie di cui 25 nu-merate con numeri arabi e 5 con numeri ro-mani, 2010
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omenico Paladino, meglio noto come Mimmo, nasce a Paduli
(Benevento) il 18 dicembre 1948, è un pittore, scultore e incisore ita-
liano. È tra i principali esponenti della Transavanguardia, movimento fondato
da Achille Bonito Oliva nel 1980 che individua un ritorno alla pittura, dopo le varie correnti concettuali svilup-
patesi negli anni Settanta. Lo zio paterno, Salvatore, è pittore e lo avvia ad interessi artistici, che confluiranno
nella frequentazione del Liceo Artistico di Benevento (1964-68). Nel 1964 visita la Biennale di Venezia dove
sono esposte nel padiglione americano opere di Robert Rauschenberg che gli suscitano una grande impres-
sione e che gli rivelano le ultime tendenze dell’arte americana. Nel 1968 si diploma al Liceo artistico di Bene-
vento e, appena ventenne, espone suoi lavori in una mostra alla Galleria Carolina di Portici (Napoli) presentata
dal giovane critico Achille Bonito Oliva, che lo affiancherà nel corso di tutta la sua carriera artistica, includen-
dolo successivamente nel novero dei più importanti esponenti della Transavanguardia. L’anno successivo lo
Studio Oggetto di Caserta di Enzo Cannaviello organizza una sua personale, presentata da Bonito Oliva.
In questi anni di esordio Paladino è attratto dall’arte concettuale ed esprime un forte interesse per la foto-
grafia, orientamenti espressivi che trovano un ampio riscontro nella sua personale presso la Galleria Nuovi
Strumenti di Brescia (1976). Il trasferimento a Milano nel 1977 apre nuovi orizzonti alla sua ricerca espressiva:
in questo anno realizza Silenzioso, mi ritrovo a dipingere un quadro, un’opera che è stata considerata un sim-
bolo del ritorno degli artisti alla pratica della pittura dopo la lunga stagione delle proposte concettuali.
Sempre nel 1977, affascinato dal disegno, Paladino realizza un grande murale a pastelli per la Galleria Lucio
Amelio di Napoli. Amelio aveva aperto la sua galleria nel 1965 dando grande rilievo alla cultura e all’arte te-
desca, che culminerà nel ’71 con la prima mostra in Italia di Joseph Beuys. Il gallerista espose i più importanti
artisti europei e americani degli anni Sessanta e Settanta – tra i quali Warhol, Rauschenberg, Kounellis, Paolini,
Gilbert&George – e dette l’occasione di far conoscere la propria attività tra il post-Concettuale e la Transa-
vanguardia a molti giovani artisti, tra i quali, oltre a Paladino, anche De Maria, Ontani, Tatafiore. La tecnica
delle realizzazioni su muro viene utilizzata altre volte in questi anni, in particolare nel 1978, in occasione delle
personali presso la Galerie Paul Maenz di Colonia e presso la Galleria Toselli di Milano dove realizza Il Brasile
si sa è un pianeta dipinto sul muro di Franco Toselli. In questo periodo emerge nella sua opera la scoperta
della figurazione pittorica e iniziano a comparire maschere, rami, segni geometrici su un fondo monocromo,
elementi che rimarranno costanti nel suo lavoro.
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Mimmo Paladino
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Nel 1978 compie il suo primo viaggio a New York, città nella quale tornerà spesso e dove esporrà negli
anni successivi. Nel 1979 Bonito Oliva comprende Paladino tra gli artisti della Transavanguardia le cui opere
vengono esposte nelle mostre Le stanze al Castello dei Colonna di Gennazzano presso Roma, Opere fatte ad
arte, nel Palazzo della Città di Acireale, e poi nel 1980 in Aperto ’80, all’interno della Biennale di Venezia, dove
il movimento viene ufficialmente presentato: Paladino espone I giardini dei sentieri che si biforcano, Lampeg-
giante e Porta. Nello stesso anno espone in diverse personali organizzate in varie città europee che segnano
l’inizio di un successo internazionale confermato della prima mostra a New York, dove è presente contempo-
raneamente alla Marian Goodman Gallery e presso Annina Nosei. Nelle opere realizzate in questo periodo, di
grandi dimensioni, prende forma un repertorio iconografico popolato da forme allegoriche ricche di evocazioni
rituali primitive.
La passione per il disegno, che lo porterà a collezionare carte di diversi artisti, da Balla a Picasso a Licini,
lo conduce, a partire dal 1980, a sperimentare le tecniche incisorie: l’acquaforte, l’acquatinta, la xilografia, la
linoleografia. Successivamente, nel 1984, l’incontro a Milano con lo stampatore Giorgio Upiglio gli consentirà
di acquisire notevoli capacità tecniche in questo ambito artistico ottenendo risultati di altissimo livello, ampliati
anche dalla collaborazione con Alberto Serighelli, con il quale produrrà fogli di grande formato.
Nel 1980 realizza anche il suo primo libro-oggetto dal titolo EN DE RE con la Galleria Mazzoli di Modena,
anche quest’ultima punto di riferimento della sua carriera espositiva. Il 1981 è un anno molto importante: sue
personali sono allestite presso il Kunstmuseum di Basilea, presso la Kestner Gesellschaft di Hannover e nella
Galleria d’Arte Moderna di Bologna. È dello stesso anno una importante partecipazione all’esposizione A
New Spirit in Painting presso la Royal Academy di Londra, che rappresenta una significativa riflessione sui
nuovi linguaggi pittorici emersi a livello internazionale.
Nel 1982 partecipa a Documenta 7 a Kassel ed espone in personali ad Anversa, Monaco, Napoli, Parigi,
Roma, Zurigo. Inizia ad esporre per la Galleria Waddington di Londra, prestigioso spazio dedicato all’arte
contemporanea internazionale: comincia un rapporto che si consoliderà negli anni ed è tuttora fecondo. An-
cora nel 1982 compie viaggi in Brasile, dove ha occasione di conoscere l’animismo primitivo della cultura lo-
cale che porterà a riflessioni molto importanti per la produzione successiva. Durante gli anni Ottanta Paladino
compie numerosi viaggi negli Stati Uniti, dove nel 1983 allestisce due personali, la prima presso la Galleria
Sperone Westwater di New York e una seconda al New Port Harbour Art Museum di Los Angeles. Sempre
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Nella pagina precedente, lʼartista allavoro su una matrice calcografica
En de re, tecnica mista su carta evetro, 9 x 12 cm, 1977
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nel 1983 realizza a Paduli, insieme all’architetto Roberto Serino, la sua abitazione e i suoi studi. In questi anni
le sue opere vengono acquistate ed esposte dalla Galerie Beyeler di Basilea.
Nel 1985 partecipa a diverse collettive tra cui A New Romanticism all’Hirshhorn Museum and Sculpture
Garden di Washington. A partire proprio dal 1985 è sempre più serrato il dialogo espressivo tra la pittura e la
scultura. Nel 1988 gli viene assegnata una grande sala alla XLIII Biennale di Venezia, dove espone la grande
installazione Sculture nel parco, la Porta di bronzo di sette metri già presentata nella mostra di Basilea, e i
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Enzo Cucchi e Mimmo Paladino
Senza titolo (Disco per Beuys), terracotta eferro, Ø 500 cm, 2004 (esposizione Reggiadi Caserta, 2004)
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primi Testimoni in pietra. Partecipa inoltre alla mostra L’autoritratto non ritratto, per Arte Fiera ’88, poi espone
alla Pinacoteca di Ravenna con l’opera L’albero della vita, che entrerà a far parte delle collezioni permanenti
del Museo d’Arte della città.
Nel 1989 realizza tredici illustrazioni che accompagnano versi poetici di Lévy-Strauss (Bielefeld, Edition
Jesse). Sue personali si tengono al Belvedere di Praga (1991), al Museu de Arte di San Paolo (1992), al Forte
Belvedere di Firenze (1993), al Museo de Arte Contemporaneo di Monterrey (1994). Nel 1994 la prima mostra
antologica dell’opera grafica, con la pubblicazione del catalogo completo del suo lavoro, è stata allestita, a
cura di Enzo Di Martino, al Palacio Revillagigedo di Gijon (Spagna). È il primo artista contemporaneo italiano
a tenere una mostra in Cina, alla Galleria Nazionale delle Belle Arti di Pechino (1994).
Negli anni ’90 comincia a realizzare importanti interventi sugli spazi urbani come l’installazione permanente
Hortus conclusus nel chiostro di San Domenico a Benevento (1992). Nel 1995 Napoli dedica a Paladino una
mostra alle Scuderie di Palazzo Reale, a villa Pignatelli-Cortes e in Piazza Plebiscito dove l’artista installa la
Montagna di sale. Nel 1999 presso la South London Gallery viene organizzata una grande mostra che include
le sculture Testimoni, un nuovo gruppo completo di 20 opere in pietra bianca di Vicenza, e Zenith, una serie
di lavori in tecnica mista su alluminio. L’installazione i Dormienti, ideata nel 1998, viene presentata l’anno suc-
cessivo nel sotterraneo della Roundhouse di Londra: viene accompagnata dalla musica composta da Brian
Eno. Lo stesso anno la Royal Accademy di Londra lo insignisce del titolo di Membro Onorario. In questi anni
Paladino ha realizzato le scenografie di Veglia (1992) a Benevento, con la regia di Mario Martone, La sposa di
Messina di Schiller (1994) a Gibellina con la regia di Elio De Capitani e ancora l’Edipo a Colono (2000) al Teatro
Argentina di Roma, con la regia di Mario Martone.
Nel 2001 viene pubblicato il catalogo generale della sua opera grafica – Opera Grafica 1974-2001 – a cura
di Enzo Di Martino. Nello stesso anno Paladino illustra l’Illiade e l’Odissea di Omero, pubblicati dalla casa
editrice Le Lettere di Firenze. Lo stesso anno realizza un’installazione per la stazione della metropolitana Sal-
vator Rosa a Napoli. Nel 2002 il Centro d’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato gli dedica la più completa
mostra retrospettiva organizzata da un museo italiano, a cura di Bruno Corà. Allo stesso anno risale l’inau-
gurazione del mosaico realizzato per il nuovo Museo dell’Ara Pacis di Roma, progettato dall’architetto ame-
ricano Richard Meier. Al Museo di Arte Contemporanea Castello di Rivoli, nel 2003 viene allestita la mostra
Transavanguardia 1979-1985, curata da Ida Gianelli, dove le opere di Paladino sono presentate accanto a
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Paladino con Giorgio Upiglio nel laboratorio diMilano, 1997; nella pagina accanto, Fonda-zione Gori, Celli (Pistoia), 1982
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Nella pagina accanto, Paladino con BrianEno, installazione alla Roundhouse di Londra,1999
Paladino con la moglie Imma durante lʼallesti-mento della Biennale di Venezia, 1988; inbasso, Montagna del sale, sale, bronzo eferro, installazione in Piazza del Plebiscito,Napoli, 1995
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quelle di Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi e Nicola De Maria. Una sua mostra su Pinocchio
viene esposta nei musei d’arte moderna di otto città giapponesi, nella settecentesca Scola dei Battioro a Ve-
nezia, al Museo Civico di Udine, nel Museo di Palazzo Pio a Carpi e infine a Rotterdam (2004-2006). Nel 2004
realizza le porte per la chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo progettata da Renzo Piano; nel 2005 pre-
senta grandi sculture in una mostra curata da Enzo Di Martino alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’
Pesaro a Venezia.
Alla fine del 2005 allestisce nel Museo Capodimonte di Napoli la grande mostra dedicata al Don Chisciotte
di Cervantes con dipinti, sculture, un libro d’artista e il film Quijote. Il progetto prosegue l’anno dopo con l’il-
lustrazione di una nuova edizione integrale del Don Chisciotte, pubblicata come libro d’artista da Editalia/Grup-
po Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. Il film, su invito di Marco Müller, direttore artistico della Mostra
internazionale d’arte cinematografica di Venezia, viene presentato con grande successo al Festival del 2006.
Nello stesso anno Paladino realizza le porte per la chiesa di San Giovanni Battista a Lecce (progetto di
Franco Purini) e porta a termine l’intervento nella Piazza dei Conti Guidi a Vinci (Firenze). Nel 2007 realizza
due scenografie per gli spettacoli Oedipus Rex e Cavalleria Rusticana per il Teatro Regio di Torino. Sempre
nel 2007 espone al Museo Madre al Palazzo Donnaregina di Napoli, sede del Museo di Arte Contemporanea,
e alla Galleria Civica di Modena. Nello stesso anno viene inaugurato il mosaico realizzato per il Teatro Argentina
a Roma in pendant con quello coevo di Enzo Cucchi. L’anno successivo è presente al museo dell’Ara Pacis
di Roma con musiche di Brian Eno ed espone opere di grafica in una mostra antologica itinerante a cura di
Enzo Di Martino in Sud America, a Buenos Aires, Brasilia, Rio de Janeiro e Lima. Sempre del 2008 è una mo-
stra all’interno della chiesa di Donnaregina a Napoli, con l’intervento dell’architetto Massimiliano Fuksas. Nel
2009 un gruppo di sculture realizzate dall’artista viene esposto en plein air a Orta San Giulio, sul Lago d’Orta,
in una mostra curata da Flavio Arensi. Nel 2010 Mimmo Paladino ha firmato la scenografia di Work in progress,
il tour musicale che ha visto riunirsi dopo trent’anni la coppia Lucio Dalla e Francesco De Gregori. Nello stesso
anno viene installato nell’anfiteatro del Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera (Brescia), la casa-museo di
Gabriele d’Annunzio, un grande cavallo blu. Per l’Abruzzo nel 2011 Paladino realizza la nuova sala permanente
del Museo Nazionale Archeologico di Villa Frigerj a Chieti dedicata al celebre Guerriero di Capestrano e viene
inaugurata al Palazzo De Mayo di Chieti la mostra di sculture Mimmo Paladino e il nuovo Guerriero - La scultura
come cosmogonia.
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Nella pagina accanto, un intenso ritratto diMimmo Paladino
Paladino con Lucio Dalla sul set di Quijote,2006; in basso, “…la fantasia gli si riempivadi tutto quel che leggeva sui libri…”, acquerel-lo dal Don Chisciotte versione integrale editoda Editalia, 2006
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Ad aprile 2011 il Comune di Milano dedica all’artista una grande mostra retrospettiva a Palazzo Reale dal
titolo Paladino Palazzo Reale, curata da Flavio Arensi, che comprende anche l’installazione della Montagna
di sale collocata in piazza Duomo, davanti al Palazzo Reale e accanto all’Arengario. Nel 2012 Paladino espone
circa un centinaio di opere nella mostra che il MIC-Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza gli dedica:
sculture di grandi dimensioni e installazioni complesse accanto a produzioni minori, a testimonianza della
colta, fertile e poliedrica personalità dell’artista.
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Lʼartista con Ferdinando Scianna e Marco DeGuzzis, AD Editalia, alla presentazione del li-bro dʼartista Ombre, 2008; in basso, una pa-gina dellʼopera, acquaforte
Nella pagina accanto, stampa originale al car-borundum da libro dʼartista Ombre, edito daEditalia in 125 esemplari nel 2008
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Penso che i collezionisti hanno dato un enorme contributo
non solo al mercato ma anche agli stessi artisti...
Queste persone che comprano, che fissano gli standard,
fanno venire a tutti gli altri una gran voglia di emularli.
1969Galleria Carolina di Portici, NapoliStudio oggetto, Caserta
1976Galleria Nuovi Strumenti, BresciaGalleria Nuova Duemila, Bologna
1977Galleria Lucio Amelio, NapoliGalleria dell’Ariete, Milano
1979Centre d’Art Contemporain, GinevraGalleria Lucio Amelio, NapoliGalleria Emilio Mazzoli, ModenaArt and Project, Amsterdam
1980Galerie Paul Maenz, ColoniaGalleria Giorgio Persano, TorinoMarian Goodman Gallery, New YorkGalleria dell’Ariete, MilanoGalerie Tanit, MonacoKunsthalle, BasileaStedelijk Museum, AmsterdamGalleria Franco Toselli, Milano
1981Galleria Lucio Amelio, NapoliKunstmuseum, BasileaGalleria Comunale d’Arte Moderna,BolognaGalerie Daniel Templon, Parigi
1982Waddington Galleries, LondraLouisiana Museum of Modern Art,HumlebaekGalleria Lucio Amelio, NapoliMarian Goodman Gallery, New York
1985Richard Gray Gallery, ChicagoGalleria Lucio Amelio, NapoliSperone Westwater, New YorkGalerie Michael Haas, BerlinoDolan/Maxwell Gallery, FiladelfiaVirginia Museum of Fine Arts, Richmond
1986Galleria Gian Enzo Sperone, RomaWaddington Graphics, LondraRichard Gray Gallery, ChicagoGalerie Bernd Klüser, MonacoGalerie Holtmann, ColoniaSperone Westwater, New YorkJames Corcoran Gallery, Los AngelesMarisa del Re, New YorkGalleria Franco Toselli, MilanoInstitute of Contemporary Art, Boston
1988Galleria Gian Enzo Sperone, RomaWaddington Galleries, LondraGalleria In Arco, TorinoRichard Art Gallery, Chicago
1989Galerie Daniel Templon, ParigiContemporanea di Giampaolo Becherini,FirenzeGalleria Lucio Amelio, Napoli
1992Galleria Civica d’Arte Contemporanea,TrentoMuseu de Arte Moderna, Rio de JaneiroConvento San Domenico, BeneventoGalleria Emilio Mazzoli, Modena
1993Forte Belvedere, Firenze
1994Waddington Graphics, LondraNational Gallery of Fine Arts, PechinoGalleria Emilio Mazzoli, ModenaMario Diacono Gallery, BostonGalleria Arte ’92, Milano
1995Scuderie di palazzo Reale, Piazza Plebiscito, Museo Diego AragonaPignatelli Cortes, Napoli
1997Fondazione Stelline, Milano
2000Castello di Brunnenburg, MeranoGalleria Scognamiglio, Napoli
2001Galleria Christian Stein, MilanoBoca Raton Museum of Art, Florida
2002Centro per l’Arte Contemporanea LuigiPecci, PratoValentina Bonomo Arte Contemporanea,RomaVolume!, Roma
2004Reggia di Caserta
2005Museo d’Arte della città di RavennaMuseo di Capodimonte, Napoli
2006Galleria l’Ariete, BolognaClaudio Parmiggiani, TorinoIstituto Cervantes, Milano
2007Galleria Civica, ModenaMuseo Madre, Palazzo e Chiesa Donnaregina, Napoli
2008Galleria Scognamiglio, NapoliNouveau Musée National, MonacoCentro Recoleta, Buenos AiresCentro Cultural Banco do Brasil, BrasiliaMuseo de Arte Moderna, Rio de JaneiroSala de la Municipalitad de Miraflores,LimaVilla Pisani, Stra (Venezia)Museo Ara Pacis, RomaPalacio Sastago, Saragozza
2009Antico Seminario Piazza del Duomo,LecceMozarteum, SalisburgoCripta Medievale, PositanoVari luoghi, Orta S. Giulio (Novara)Galerie Kluser, Monaco Galleria In Arco, TorinoLaboratorio d’Arte Grafica Gatti, ModenaCentro Saint-Benin, Aosta
2010Galerie Marlborough, MonacoGalleria Cardi, Pietrasanta (Lucca)Galleria Stein, MilanoGalleria Valentina Bonomo, RomaGalleria Givon, Tel Aviv
2011 Galleria San Fedele, MilanoPalazzo Reale, MilanoTR3 Gallery, LjubljanaPalazzo De Mayo, ChietiMuseo Archeologico Nazionaled’Abruzzo, Villa Frigerj, ChietiZane Bennett Contemporary Art, Santa Fe (Usa)
2012Centro Espositivo Sloveno, VeneziaGalleria Mazzoli, ModenaEx Mercato Comunale, Novoli (Lecce)Alan Cristea Gallery, LondraMIC Museo Internazionale delle Ceramiche, FaenzaVilla Fiorentino, SorrentoPinacoteca Provinciale, Bari
PRINCIPALI MOSTRE PERSONALI
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1985A New Romancicism, HirschhornMuseum and Sculpture Garden,WashingtonImages and Impressions, Institute of Contemporary Art, Filadelfia
1986Scultura da camera, Castello Svevo, Bari
1987Works on Paper, Waddington Galleries,LondraAvant-Garde in the Eighties, Los AngelesCounty Museum of Art
1988Tracce-Materialmente, GalleriaComunale d’Arte Moderna, BolognaXLIII Biennale Internazionale d’Arte,Venezia
1989Boetti, Castellani, De Maria, Fontana,Gilardi, Manzoni, Paladino, Paolini,Pistoletto, Salvo, Edward Totah Gallery,LondraItalian Art in the 20th Century, Royal Academy of Fine Arts, LondraDisegno Italiano 1908-82, StaatlicheMuseen, Berlino
1990Focus on the Image, Laguna Gloria ArtMuseum, Austin, Texas
1991Mirror Image, Gian Ferrari ArteContemporanea, MilanoLa Metafisica della luce, John GoodGallery, New YorkFrancesco Clemente, Mimmo Paladino:gli anni 70, Studio d’Arte Cannaviello,MilanoBruno Ceccobelli, Sandro Chia,Mimmo Paladino, Galerie Brinkham,Amsterdam
1992Terraemotus alla Reggia di Caserta,Fondazione Amelio, CasertaGroup Sculpture Show, SperoneWestwater, New York
1993Transavanguardia, Gian Ferrari ArteContemporanea, MilanoThe Lyrical, the Logical and the Sublime:Chia, Merlino, Paladino, Nohra HaimeGallery, New York
1994A Century of Artists Books, The Museumof Modern Art, New YorkAllor si mosse, e io li tenni dietro,Galleria Lucio Amelio, Napoli
1995Stars, Galleria Cardi, Milano
1997Mediterraneità, Fondazione PalazzoBricherasio, Torino
1998Alighiero Boetti, Nicola de Maria, MimmoPaladino, Galleria Cardi, Milano
1999Bianchi, Paladino, Kounellis, GalleriaChristian Stein, MilanoNew Works, Jamileh Weber Gallery,Zurigo
2001Bianchi, Paladino, Kounellis, Galleria NoCode, BolognaSummer Exhibition, Royal Academy ofFine Arts, Londra
2002Transavanguardia, Castello di RivoliMuseo d’Arte Contemporanea, Rivoli-TorinoGrande opera italiana, Castel Sant’Elmo,Napoli
2003Summer Exhibition, Royal Academy ofFine Arts, Londra
2004XXIV Andamenti Sol LeWitt-MimmoPaladino, Galleria Nazionale d’ArteModerna, Roma
2005Intersezioni. Cragg, Fabre, Paladino,Parco Archeologico di Scolacium,Roccelletta di Borgia (Catanzaro)
2006Transavanguardia, Nuova ScuolaRomana, Galleria L’Immagine, Milano
2007Il Settimo Splendore. La modernità dellamalinconia, Galleria d’Arte Moderna eContemporanea di Palazzo Forti, VeronaMuseo d’Arte Contemporanea, PalazzoDonnaregina, Napoli
2008 The secret garden, Iveagh Gardens,Dublino...di carta, Galleria Cardi, MilanoTracce del vuoto, Studio Angeletti, Roma
2009 Works on Paper, Galerie Kluser, MonacoArte\Natura – Natura\Arte, Palazzo Fabroni, PistoiaBlickachsen Biennale, Bad Homburg
Salon International de l’Estampe, GrandPalais, ParigiMixografia, Innovation and collaboration,Vivian and Gordon Gilkey Center forGraphic Arts, Portland MuseumAnni ’80. Il Trionfo della Pittura. Da Schifano a Basquiat, Villa Reale,Monza
2010 30 Jahre Transavanguardia, Galerie Kluser, MonacoNovecento a Napoli, 1910-1980, Castel Sant’Elmo, NapoliRiverberi. Forme d’Arte in Italia 1945-1989, Museo Gamec, BergamoSummer Exhibition, Royal Academy of Arts, LondraIl Grande Gioco. Forme d’Arte in Italia1947-1989, Museo Gamec, BergamoViaggiatori, Galleria Stein, MilanoFabula in Art, Museo Macro, Roma e Museo Madre, NapoliBiennale di Scultura, Castello di Racconigi (Torino)Gli Specchi dell’Enigma, Castello di Miramare, Trieste
2011La Transavanguardia italiana, Palazzo Reale, MilanoIl Giardino Segreto, Museo Archeologicodi Santa Scolastica, BariOltre il Buio. Meditazioni sulla Morte:Georges Rouault, Damien Hirst e MimmoPaladino, Galleria San Fedele, Milano Mario Schifano, Andrea Pazienza,Mimmo Paladino, Accademia Albertinadelle Belle Arti, TorinoLo Splendore della Verità, la Bellezzadella Carità, Aula Paolo VI, Città delVaticanoMaestri dell’Incisione Contemporanea,Muzeum Śląskie, KatowiceLIV Biennale d’Arte, VeneziaLa Transavanguardia Italiana, Palazzo Reale, MilanoCostellazione Transavanguardiae, MadreMuseo d’Arte ContemporaneaDonnaregina, Napoli
2012Il Viaggio, Biblioteca Salita dei Frati 4,LuganoAsche und Gold. Eine Weltenreise, MartaHerford, HerfordPinocchio, Biennale 2012, Museo Luzzati a Porta Siberia, GenovaSummer Exhibition 2012, Royal Academy of Arts, Londra
PRINCIPALI MOSTRE COLLETTIVE
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Mimmo Paladino, catalogo della mostra(Portici, Galleria d’Arte Carolina), Portici1968
Bonito Oliva, Achille, Tre o quattro artistisecchi, Modena 1978
Napens, Klaus (a cura di), Ci ha pensatoun tedesco. 17 Italian Artists, catalogodella mostra (Colonia, Gallerie Maenz),Köln 1978
Bonito Oliva, Achille, La Transavanguardia Italiana, in “FlashArt”, n. 92/93, ottobre/novembre 1979
Bonito Oliva Achille (a cura di), Operefatte ad arte: Sandro Chia, FrancescoClemente, Enzo Cucchi, Nicola DeMaria, Mimmo Paladino, catalogo dellamostra (Acireale, Palazzo di Città),Firenze 1979
Borgogelli, Sandra, Mimmo Paladino, in “Flash Art”, n. 94/95, gennaio 1980
Bonito Oliva, Achille, Transavanguardia,in “Flash Art”, n. 98/99, luglio 1980
Bonito Oliva, Achille, La Transavanguardia Italiana, Milano 1980
Bonito Oliva, Achille (a cura di), Le stanze, catalogo della mostra(Gennazzano, Castello Colonna), Firenze 1980
Toselli, Franco, Mimmo Paladino,catalogo della mostra (Basilea,Kunsthalle), Basel 1980
Bonito Oliva, Achille, Tesoro, Modena1981
Bonito Oliva, Achille (a cura di), Esercizi di lettura, Mimmo Paladino,catalogo della mostra (Bologna, Galleriad’Arte Moderna), Casalecchio di Reno1981
Bonito Oliva, Achille, Mimmo Paladino,Giardino chiuso, Modena 1983
Mimmo Paladino, catalogo della mostra(Lione, Musée St Pierre ArtContemporain), Lione 1984
Mimmo Paladino, catalogo della mostra(Londra, Waddington Galleries), Londra1984
Corà, Bruno, Mimmo Paladino, catalogo della mostra (New York,Sperone Westwater Gallery), New York 1985
Mimmo Paladino, catalogo della mostra(Rotterdam, Galerie Delta), Rotterdam1986
Mimmo Paladino, Works on Paper 1973-1987, catalogo della mostra (Salisburgo,Galerie Thaddaeus J. Ropac), Salisburgo1987
Mimmo Paladino. Opere su carta,catalogo della mostra (Torino, Galleria In Arco), Torino 1988
Mimmo Paladino: il respiro dellabellezza, catalogo della mostra (New York, Sperone Westwater Gallery),New York 1991
Mimmo Paladino: Prints 1987-1991,catalogo della mostra (Londra, Waddington Graphics Gallery), London 1991
Eccher, Danilo (a cura di), Mimmo Paladino. L’opera su carta 1970-1992, catalogo della mostra(Trento, Galleria Civica di ArteContemporanea), Milano 1992
Bonito Oliva, Achille, Rosenthal Norman,Mimmo Paladino, catalogo della mostra(Firenze, Forte Belvedere), Milano 1993
Vettese, Angela, Mimmo Paladino,catalogo della mostra (Milano, GalleriaArte 92), Milano 1994
Paladino, catalogo della mostra (Napoli,Scuderie di Palazzo Reale), Milano 1995
Bucarelli, Angelo; Cicelyn, Eduardo (a cura di), La montagna del sale:Paladino a Napoli, Milano 1996
Eccher, Danilo; Sallis, John, Paladino.Una monografia, Milano 2001
Mimmo Paladino: un mosaico per Roma,[pubblicato in occasione della mostratenuta all’Ara Pacis a Roma], s.l. 2001
Di Martino, Enzo (a cura di), Mimmo Paladino, opera grafica 1974-2001, New York 2001
Corà, Bruno, Paladino, catalogo dellamostra (Prato, Centro per l’ArteContemporanea Luigi Pecci), Prato 2002
Giannelli, Ida (a cura di),Transavanguardia, catalogo della mostra(Rivoli, Castello di Rivoli Museo d’ArteContemporanea), Milano 2002
Bonito Oliva, Achille; Cicelyn Eduardo (a cura di), Paladino. I Maestri di Terrae
Motus, catalogo della mostra (Reggia diCaserta), Milano 2004
Guadagnini, Walter; Barbero, Luca Massimo, Mimmo Paladino. Di segni ritrovati, 1982-2004, catalogodella mostra (Modena, Palazzo SantaMargherita), Cinisello Balsamo 2004
Di Martino, Enzo; Scotton, Flavia (a cura di), Mimmo Paladino, catalogodella mostra (Venezia, Ca’ Pesaro),Milano 2005
Tecce, Angela; Spinosa, Nicola (a cura di), Mimmo Paladino: Quijote, catalogo della mostra (Napoli, Museo di Capodimonte), Napoli 2005
Paparoni, Demetrio (a cura di), Mimmo Paladino. Don Chisciotte a Palermo, catalogo della mostra(Palermo, Palazzo Sant’Elia), Roma 2008
Di Martino, Enzo, Mimmo Paladino.Opera grafica, catalogo delle mostre(Buenos Aires, Brasilia, Rio de Janeiro,Lima), Venezia 2008
Di Martino, Enzo, Mimmo Paladino. La scultura 1980-2008, Milano 2010
Arensi, Flavio (a cura di), PaladinoPalazzo Reale, catalogo della mostra(Milano, Palazzo Reale), Firenze 2011
Casali, Claudia (a cura di), Paladino Ceramiche, catalogo dellamostra (Faenza, Museo internazionaledelle ceramiche), Pistoia 2012
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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Art Gallery, Toronto
Art Gallery of New South, Sidney
Bayerische Staatsgemäldesammlungen,Monaco
Berardo Collection, Sintra Museum ofModern Art, Sintra
City of Beijing Collection, Pechino
Civiche Raccolte d’Arte, Milano
Collezione del Ministero degli Esteri,Roma
Fogg Art Museum, Cambridge,Massachusetts
Fonds National d’Art Contemporain,Puteaux
Fonds Regional d’Art ContemporainMidi-Pyrénées, Tolosa
Fukuyama Museum, Okayama
Galleria d’Arte Moderna, Bologna
Galleria Nazionale d’Arte Moderna,Roma
Kaisma Museum of Contemporary Art,Helsinki
Kunstmuseum, Basilea
Kunstmuseum, Berna
Kunstmuseum, Düsseldorf
Lenbachhaus, Monaco
Louisiana Museum of Modern Art,Humlebaeck
Los Angeles County Museum of Art, LosAngeles
Metropolitan Museum of Art, New York
Musée d’Art Contemporain, Lione
Musée d’Art Contemporain, Nîmes
Musée d’Art Moderne et Contemporain,Strasburgo
Museo di Capodimonte, Napoli
Museum Boijmans Van Beuningen,Rotterdam
Museum of Modern Art, New York
Nationalgalerie, Berlino
Neue Galerie, Kassel
Scottish National Gallery of Modern Art,Edimburgo
Setagaya Art Museum, Tokyo
Solomon R. Guggenheim Museum, New York
Stedelijk Museum, Amsterdam
Tate Modern CGallery, Londra
Virginia Museum of Fine Arts, Richmond
MUSEI PUBBLICI CHE ESPONGONO OPERE DELL’ARTISTA
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Coordinamento editoriale Cecilia Sica
Progetto creativo e impaginazione Daniela Tiburtini
Redazione Laura Orbicciani
Grafico Fabrizio Midei
Referenze fotograficheStudio Paladino; Peppe Avallone; Ferdinando Scianna;
Stefano Tinto; Archivio fotografico Editalia
Fotolito Fotolito Gamba Srl, Roma
Stampa e Allestimento Marchesi Grafiche Editoriali SpA, Roma
Finito di stampare nel mese di ottobre 2012
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